YAMAHA YZF-R3 · vere e proprie superbike da 120 cv per le 600 o addirittura 200 cv per una vera...

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Numero 19919 Maggio 2015

97 Pagine

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NovitàNuovo Yamaha NMAX 125, urban scooter entry level

ProveKawasaki Z300, una bicilindrica che completa la serie Z. E’ comoda e facile

MotoGP FranciaLorenzo vince a Le Mans, Rossi secondo. Articoli, commenti e pagelle

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YAMAHA YZF-R3da Pag. 2 a Pag. 15

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YAMAHA YZF-R3Con la entry level YZF-R3, Yamaha completa la gamma della serie R. Una supersportiva facile e adatta anche a chi vuole iniziare a muovere i primi passi in pista, ma qui - e solo qui - le sospensioni sono un po’ morbide. Costa 5.390 euro di Thomas Bressani Foto Alessio Barbanti e Sebas Romero

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Yamaha YZF-R3 Prezzo 5.390 €PREGI Erogazione motore e ABS di serie DIFETTI Cupolino poco protettivo

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P rima del suo arrivo, se si vole-va iniziare a muovere i primi passi in moto, dopo il classico cinquantino preso a quattor-dici anni, lo step necessario da fare era magari pregare

che i genitori ci comprassero il tanto desiderato 125, la nave scuola che ti insegnava a prendere confidenza con il mondo delle moto sportive da strada. Ma se si voleva passare a qualche cosa di più “da grande” ci si trovava di fronte a delle vere e proprie superbike da 120 cv per le 600 o addirittura 200 cv per una vera 1000. Forse un salto un po’ troppo grande da affrontare per un ragazzo, che metteva subito in ansia da presta-zione. Senza contare le disposizioni in termini di limitazioni alla guida per i neopatentati. Ed ecco che oggi a porre rimedio a questo problema ci pensa Yamaha con la sua nuova YZF-R3, insieme

alle sue strette concorrenti KTM RC 390, Kawa-saki Ninja 300 e Honda CBR 300. Tutte medie sportive adatte a un gruppo di neofiti motoci-clisti che vogliono si iniziare ad avere a che fare con un supersportiva derivata dal mondo delle corse, ma allo stesso tempo da poter utilizzare con tutta tranquillità e che inizi ad insegnargli a muovere i primi passi non solo in strada ma ma-gari anche in pista. La Yamaha YZF-R3 va a inse-rirsi a gamba tesa tra la YZF-R125 e sua sorella maggiore YZF-R6, con richiami stilistici che la fanno assomigliare alla più grande della famiglia, la YZF-R1. Pensata per tutti quei ragazzi aspi-ranti motociclisti, ma che strizza l’occhio anche alle giovani ragazze con ancora la passione nel cuore per le due ruote supersportive, che sono in possesso della patente A2 e che non possono guidare moto superiori ai 35 kW (48 cavalli) di potenza. Il suo DNA è ben chiaro e lo si percepi-

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sce al primo colpo d’occhio osservandola bene. Carena con doppio faro anteriore e presa d’aria centrale, linee sportive proiettate in avanti per accentuare ancora di più la sua voglia di sporti-vità e un codino rialzato a punta, abbastanza co-modo per trasportarci un passeggero. Una moto polivalente che permette di divertirsi su strada e tra i cordoli della pista, in tutta sicurezza, senza mai lasciarti prendere in contro piede. Per que-sto motivo è nato e si corre solamente in Francia per il momento, in Italia arriverà probabilmente nel 2016, un campionato R3 Cup e siamo pronti a scommettere che la versione da gara farà gola a molti.

Il motoreIl cuore pulsante della supersportiva Yamaha YZF-R3 è dotato di alcune delle tecnologie che possiamo ritrovare sulle sorelle maggiori R6 e

R1. E’ un nuovo 4T bicilindrico fronte marcia da 321 cc, bialbero e 4 valvole per cilindro. Il bicilin-drico della casa dei tre diapason è caratterizzato da un rapporto alesaggio e corsa di 68,0x44,1 mm e di un rapporto di compressione 11,2:1, questo gli permette di erogare una potenza di 30,9 kW (42 cv a 10.750 giri), con una coppia di 29,6 Nm (3 kgm a 9.000 giri). Grazie a que-ste caratteristiche del motore, i tecnici Yamaha hanno potuto realizzare una moto godibile tutti i giorni, permettendo al pilota di poterla guidare in modo fluido ai bassi regimi ma che all’occor-renza, a giri elevati, sa essere reattivo e pronto. Tutto questo è stato permesso grazie a un cor-po farfallato downdraft e a un angolo più stretto delle valvole di aspirazione e di scarico. C’è tutta la tecnologia delle serie R di cilindrata superiore e lo si può notare grazie alla distribuzione diret-ta, come sulla sorella maggiore R1, all’adozione

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di pistoni forgiati in alluminio, all’utilizzo delle bielle in acciaio al carburo e all’utilizzo di leggeri cilindri DiaSil che riducono il consumo di olio otti-mizzando la dispersione del calore. L’erogazione del motore è molto equilibrata, soprattutto tra i bassi e gli alti regimi, grazie ad un albero motore fasato di 180 grad. Alle basse velocità, soprattut-to nell’uso cittadino, l’erogazione risulta sempre molto gestibile. Questo grazie anche all’utilizzo di pulegge progressive adottate sul comando del gas e sul corpo farfallato, permettendo anche ai meno esperti nella guida di non trovarsi mai in difficoltà.

La ciclisticaSe il motore da 321 cc svolge un ruolo importante nella personalità della R3, ha pure una funzione portante per il telaio tubolare in acciaio dal carat-

teristico design a diamante. Le ridotte dimensio-ni della supersportiva garantiscono un peso di 169 kg con il pieno e permettono così una guida agile e reattiva, questo è permesso anche grazie all’inclinazione del cannotto di sterzo di 25,5°, a un interasse corto di 1.380 mm, alla dimensio-ne dei pneumatici di 17 pollici, a un’altezza della sella di 780 mm e - cosa molto importante - alla distribuzione dei pesi che si avvicina molto a un 50/50 tra avantreno e retrotreno. La YZF-R3 non ha soltanto l’animo da grande supersportiva ma anche l’aspetto, con il suo forcellone lungo ben 573 mm, come sulla YZF-R1. Un forcellone lungo, qui dal disegno asimmetrico, garantisce mag-giore stabilità sul dritto e sulla ruota posteriore la potenza viene trasferita in maniera ottimale. Il reparto sospensioni è costituito dalla forcella con steli da 41 mm e escursione di 130 mm, il

tutto montato su una piastra superiore di sterzo in alluminio. Sul retrotreno troviamo invece una sospensione posteriore di tipo Monocross dall’e-scursione di 125 mm. I cerchi, d’aspetto racing tipico della serie R, sono caratterizzati dal dise-gno a 10 razze in alluminio: montano pneumatici Michelin Pilot Street da 110/70-17 all’anteriore e 140/70-17 al posteriore. Piccola sì, ma con un impianto frenate di tutto rispetto che garantisce frenate decise quando serve ma che non mette mai in crisi, grazie ad un disco flottante da 298 mm con pinze a due pistoncini all’anteriore e 220 mm con pinza a un pistoncino al posteriore. E l’ABS? Naturalmente è di serie. Ricchissima di informazioni e molto bella e ben leggibile la stru-mentazione, completa di contagiri analogico, tachimetro digitale, non manca l’indicatore di marcia, spia carburante, l’indicatore di tempera-tura del liquido di raffreddamento, indicazioni dei consumi, orologio e tripmaster. Tutto in R1 style.

Solo due le colorazioni disponibili, la classica Race Blu Yamaha e la più aggressiva Black, che a nostro parere potrebbe far gola ai più giovani. Il prezzo è di 5.390 euro e per averla bisognerà aspettare ancora pochi giorni, giusto la fine di aprile.

Su stradaIl test della nostra prova inizia lungo le strade cit-tadine nella provincia di Tarragona, Spagna, ed è qui che la supersportiva YZF-R3 si presenta a noi con l’aria da grande, e da una che non teme il confronto con le sue sorelle maggiori della serie R. Saliamo in sella e subito ci troviamo a nostro agio, l’impostazione di guida è comoda, l’altezza della sella permette anche ai meno alti di poter toccare a terra tranquillamente, i semi manubri rialzati e leggermente aperti garantiscono ma-novre anche da fermo in pochissimo spazio e a basse velocità, complice anche il grande angolo

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di sterzata di 68° e il peso quasi impercettibile. Il triangolo di seduta sembra studiato ad hoc per noi e anche dopo alcune ore in sella non ci sen-tiamo per niente affaticati, anzi il piacere di guida è tale che ci fermeremmo soltanto per il pieno di benzina. Dopo un primo tratto cittadino iniziamo finalmente a mettere le ruote lungo un susse-guirsi di curve, larghe e strette, che permettono alla nostra R3 di tirar fuori tutto l’animo racing racchiuso all’interno del bicilindrico frontemar-cia. L’asfalto perfetto catalano è il terreno ideale per la nostra supersportiva e dopo aver preso confidenza anche con i pneumatici di primo equi-paggiamento, i Michelin Pilot Street, rimaniamo sorpresi da come gli inserimenti in curva siano del tutto naturali, senza mai allargare la traietto-ria e lasciando libero sfogo al puro divertimento. Scendere in curva risulta naturale ed istintivo, come se la R3 la guidassimo da sempre, merito

soprattutto del bilanciamento dei pesi che si fa sentire sin da subito. Gli innesti del cambio sono precisi e la frizione dolce, la rapportata delle pri-me marce è abbastanza corta, questo ci permet-te di poter viaggiare anche alle basse velocità a marce alte, senza dover utilizzare troppo spesso il cambio per ricorrere a un rapporto più basso in caso si voglia effettuare un sorpasso. Le vibra-zioni sono impercettibili sia sulle pedane che sul manubrio, bisogna proprio essere super sensibili per sentirne la loro presenza. La R3 ci ricorda ben presto che per potersi divertire con lei bisogna farla girare oltre i 6.000 giri, range sopra al quale ci si inizia a divertire seriamente, con un motore che non strappa mai, sempre lineare su tutta la curva di erogazione e che non mette mai in crisi. Qui iniziamo a danzare lungo tutta una serie di bellissime curve, i cambi di direzione non ci sono mai stati così facili come in sella alla superspor-

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tiva R3. La concentrazione si sposta maggior-mente sulla guida lasciando che il motore, mai brusco e sempre pronto e fluido, passi quasi in secondo piano, ma sempre pronto quando si de-cide di spalancare e sempre in modo graduale. Iniziamo a spingere un po’ e portiamo la YZF-R3 attorno agli 8.000 giri, tirando fuori tutto il carat-tere della serie R. Le sospensioni, dalla taratura morbida, reagiscono bene alle varie sconnessio-ni dell’asfalto, così come anche il freno anteriore che garantisce frenate decise quando serve ma che non mette in crisi e con un ABS mai invasi-vo. Unico difetto è la mancanza di un registro di regolazione per la leva del freno. Ottimo il lavoro del mono posteriore, anche negli avvallamenti, così come la sospensione posteriore. Dopo tutte queste curve, che fanno girare la testa, ma che ci hanno fatto godere fino a fondo l’agilità della

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R3, ci lanciamo lungo un tratto di autostrada per raggiungere finalmente il tanto atteso circuito di Calafat. Inseriamo la sesta marcia, ma il busto semi dritto ci fa capire che il riparo dall’aria su spalle e collo, offerto dal piccolo cupolino, non è del tutto protettivo e quindi decidiamo di accuc-ciarci dietro al plexiglas per un riparo ottimale.

Se la cava bene anche in pistaEccoci arrivati in pista, un tracciato corto ma tecnico, dove i troppi cavalli non servono ed è qui la supersportiva R3 entra in gioco, facendo-ci capire subito quale è il suo ruolo tra i cordoli, permettendoci di concentrarci maggiormente sulla guida piuttosto che sui cavalli da gestire. Gli pneumatici Michelin Pilot Street non sono di cer-to le calze più adatte per questo uso e sarebbe consigliato montare delle gomme ad hoc per l’u-so in pista. Entrati sul rettilineo iniziamo a far gi-rare alta la nostra YZF-R3, mantenendo sempre la lancetta del contagiri al di sopra degli 8.000, range sul quale la R3 acquista decisamente un buon carattere, con una linearità e scorrevo-

lezza che non mette mai in crisi il pilota. Se su strada l’impianto frenante ci ha soddisfatto pie-namente, qui in pista rimaniamo piacevolmente sorpresi nel notare come non soffra le troppe sollecitazioni, con una frenata ben modulabile quando si va ad agire sulla leva del freno anterio-re e con un ABS timido ma che si fa sentire quan-do è necessario. Forcella e mono svolgono bene il loro compito, senza mai risentire dei continui trasferimenti di carico e permettendo di chiude-re bene le curve senza nessuna tendenza ad al-largare le traiettorie ma consentendoci cambi di direzione molto rapidi. Una volta presa la giusta confidenza se si vuole iniziare a spingere sempre più forte, con un cambio che non sbaglia mai un inserimento di marcia, sarebbe opportuno usa-re una taratura delle sospensioni leggermente più rigida. Questo ci fa ricordare che siamo pur sempre in sella ad una supersportiva nata per un uso di tutti i giorni e per piloti ancora alle prime armi che vogliono muovere i primi passi in pi-sta. Tiriamo dunque le somme e mettiamoci nei panni di chi questa moto la vorrebbe acquistare

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Casco X-liteGiubbotto DaineseGuanti Oj Atmosfere Metropolitane - AlpinestarsJeans SpidiTuta DaineseStivali Dainese

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Yamaha YZF-R3 5.390 euro

Cilindrata 321 ccTempi 4Cilindri 2Raffreddamento a liquidoAvviamento elettrico Alimentazione iniezioneFrizione multidisco Potenza 42 cv - 31 kw - 10.750 rpm Coppia 3 kgm - 30 nm - 9.000 rpm Emissioni Euro 3 Numero marce 6 Capacità serbatoio carburante 14 lt ABS SìPneumatico anteriore 110/70-17M/C 54H Pneumatico posteriore 140/70-17M/C 66H Peso in ordine di marcia 169 Kg

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dopo aver avuto sotto mano una sportiva 125. Abbiamo percorso tratti cittadini, una bella serie di curve su alcuni passi di montagna, per finire la nostra giornata tra i cordoli della pista di Ca-lafat. Possiamo dunque dire che questa nuova Yamaha YZF-R3 potrà dare e far togliere molte soddisfazioni a chi ha già una minima esperienza in moto e anche a chi, magari, si avvicina per la prima volta ad una supersportiva. Una moto per tutti e tutte, che sa farsi apprezzare sin da subito per le sue doti ciclistiche ed estetiche nell’uso di tutti i giorni. Una compagna di giochi per chi vor-rà iniziare a divertirsi in modo sicuro e non trop-po impegnativo in pista. Piccola si, ma solo nella cilindrata e con quella caratteristica R che ci fa ricordare da quale nobile famiglia deriva.

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KAWASAKI Z300 Dopo la baby Ninja, sulle strade dal 2012, la Casa di Akashi sfrutta il propulsore bicilindrico 300 anche per la nuova naked Z300 che, insieme alla Z250SL, va a completare la gamma della Z Series. Comoda per chi guida, lo è un po’ meno per il passeggero. E’ già nelle concessionarie a 5.190 euro di Cristina Bacchetti

PROVA NAKED

Kawasaki Z300 Prezzo 5.190 €PREGI Finiture e erogazione motore DIFETTI Spazio riservato al passeggero

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E ccola lì, appollaiata sul cavallet-to laterale tra le sorelle della fa-miglia Z: Z250SL, Z800, Z1000. Sarà il faro che la ricorda, il ser-batoio da 17 litri, il codino all’in-sù, tant’è che al primo colpo

d’occhio è difficile distinguere la Z300 dalla so-rella maggiore Z800. E invece sono un cinquan-tina i chili in meno, 500 i centimetri cubi e 65 i cavalli che separano le prestazioni delle due ver-di naked. Ma è proprio puntando su questa linea da giapponesina cattiva che Kawasaki si cimenta nell’arduo compito di stuzzicare la voglia di due ruote dei più giovani, seguendo quanto già fatto con la Ninja 300 ma con un progetto ancora più azzeccato. Sì, perché se il momento delle care-nate sportive è passato e resta nel cuore di pochi

appassionati e pistaioli, per le nude continua il periodo positivo e la Z300 è davvero un’ottima candidata per puntare al cuore dei futuri biker, ma – come vi racconteremo nella nostra prova - non solo.

Un due cilindri da 296 ccIl cuore della Z300 è lo stesso che batte sotto la carena della Ninja: un bicilindrico parallelo da 296 cc, 4 tempi, raffreddato a liquido. La poten-za, superiore a quella delle concorrenti di stessa cubatura – fatta eccezione per la KTM Duke 390 da 44 cavalli- è di 39 cavalli (29 kW) a 11.000 giri, la coppia massima di 27 Nm a 10.000 giri. I pistoni hanno un nuovo rivestimento in Alumi-te, materiale che protegge dalle alte temperatu-re garantendo nel contempo maggiore durata.

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Piccola ma grande accortezza: i deflettori laterali convogliano l’aria calda proveniente dal motore lontano dal conducente e la ventola – quando si attiva – la spinge verso il basso, per evitare fa-stidiosi spifferi bollenti, soprattutto nelle soste ai semafori o nel traffico. Rivista la sagomatura dei collettori dello scarico 2 in 1: senza alcuna carena a nasconderli nella parte frontale della moto, si sono fatti belli anche loro. Scarico che tra l’altro non disdegna di dire la sua, tirando fuori un bel vocione a tutti i regimi; ma chi non si accontenta può sostituirlo con un bell’Akaprovic che le dona quel tocco di cattiveria in più, disponibile tra gli optional.

Telaio a diamante, ciclistica e componenti NinjaIl telaio a diamante è composto da tubi in acciaio ad alta resistenza, fazzoletti di rinforzo e suppor-ti motore in gomma. La ricercata rigidità, testata in circuito, punta a raggiungere il massimo della

stabilità anche nella guida un po’ più brillante.Obiettivo raggiunto anche con l’aiuto di un buon reparto sospensioni, affidato all’anteriore a una forcella telescopica da 37 mm Showa e al poste-riore al mono Uni-Trak Kayaba caricato a gas e regolabile nel precarico. I cerchi da 17 pollici a 10 razze calzano pneumatici da 110/70 all’anterio-re e 140/70 al posteriore. Ultimo ma non ultimo l’impianto frenante, che vede all’anteriore un disco singolo da 290 mm e al posteriore uno da 220 mm, entrambi a margherita, il tutto assistito dall’ormai immancabile ABS. Nulla di invariato quindi, rispetto alle dotazioni sotto pelle della Ninja 300.

La nostra prova su stradaBella è bella, a nostro avviso, ben fatta ancor di più: trovarle un difetto, a prima vista, è davvero difficile. Allora andiamo a spulciare tutti i dettagli ai quali si presta normalmente meno attenzione, niente. Pedane, blocchetti al manubrio, piastra di

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sterzo, cavi e cavetti: tutto risponde a standard qualitativi elevati, nessuna differenza con le at-tenzioni riservate dai tecnici di Akashi alle altre moto della famiglia Z. Bella anche la strumenta-zione, anch’essa rubata alla baby Ninja e in linea con quella della gamma sportiva Kawa, dove lo schermo LCD riporta tutte le informazioni uti-li: tachimetro analogico, orologio, indicatore di carburante, doppio contachilometri parziale e indicatore di consumo. Le spie di segnalazione, indicatori di direzione e luci vanno a completa-re il quadro comandi. Il peso non è da reginetta delle smilze, ma i 170 kg in ordine di marcia - con ABS - non sono comunque male, soprattutto perché ben distribuiti e facili da gestire in fase di manovra grazie alla sella posta a 785 mm di altezza: piedi a terra assicurati per tutte le taglie. La posizione di guida è comoda, nonostante la

seduta un filo rigida, con le pedane e il manubrio bello largo ben posizionati. Se volete un consiglio spassionato però, montate una bella cover mo-noposto – disponibile tra gli altri accessori – ed evitate alla fidanzata di doversi appollaiare alle vostre spalle in uno spazio sacrificato e “diver-samente comodo”. Ma veniamo al dunque, giro di chiave e vi raccontiamo come va questa Z300. Una moto cittadina? Non solo. Anzi, definirla così è senza dubbio riduttivo. Buona parte del nostro test si è svolta ben fuori dalla città, in collina, tra chilometri e chilometri di curve ininterrotte sul-le colline del Monferrato, dove la verdina ha ri-velato una spiccata attitudine al divertimento e ha tirato fuori l’indole sportiva degna della sigla che porta sulle carene. Il tutto però in sicurezza e con un occhio di riguardo per i neofiti: una fri-zione morbidissima – che stacca un po’ troppo in

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là, bisogna farci la mano – un cambio silenzioso, morbido e preciso negli innesti, e soprattutto un motore dall’erogazione lineare e sempre pronta, che non mette in crisi in caso di cambi di marcia repentini, sorpassi o tratti in salita. Un propulso-re facile per chi è alle prime armi, ma godurioso anche per il motociclista più navigato: come ac-cennavamo all’inizio della prova, questa Zetina si propone sì per accompagnare i motociclisti di domani nel mondo delle due ruote, ma sarà di si-curo apprezzata anche da chi torna in sella dopo qualche anno di stop o da chi desidera muover-si in città e fuori con un mezzo davvero facile e dai bassi consumi. Non abbiamo avuto modo di testarne la velocità di punta ma ricordiamo che, nella prova della Ninja 300 sulle autostrade te-desche libere da limiti, la piccolina aveva sfiora-to i 180 chilometri orari. Non esattamente una

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entry-level quindi: per quello c’è l’ancor più facile Z250SL, della quale potrete leggerete a breve la prova completa qui su Moto.it. Buono il compor-tamento della ciclistica: la Z300 affronta senza problemi il misto stretto così come i curvoni ve-loci, nei quali ondeggia un po’ solo quando le si va a tirare davvero il collo. Un assetto rigido che strizza l’occhio alla guida sportiva ma non va a inficiare il comfort, messo alla prova solo dalla posizione parecchio caricata sull’anteriore, che a lungo andare va a pesare su braccia e pol-si; nulla di strano, è il prezzo della sportività. In compenso non si avvertono vibrazioni nemme-no dopo parecchio tempo passato in sella, né al manubrio né tantomeno sulle pedane. Bene an-che i freni, solo un po’ blando il posteriore, e una lode al comportamento dell’ABS che tira sempre fuori dai guai, soprattutto quando non invadente come questo Nissin che ci ha assistito sulle stra-de bagnate teatro della nostra prova in compa-gnia di questa sbarazzina naked. Lasciarla? Un dispiacere. Ci sarebbe piaciuto scorrazzare an-cora un po’ tra le colline, col fare smaliziato che la contraddistingue.

Prezzi e colorazioniLa Z300 è già nelle concessionarie a 5.190 euro con ABS di serie, le colorazioni disponibili sono il classico verde e nero (Candy Flat Blazed Green / Metallic Spark Black) oppure il più elegante gri-gio opaco (Metallic Raw Graystone / Metallic Flat Spark Black).

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Casco SuomyGiacca Alpinestars Stella T-GP Plus R AirGuanti Alpinestars Stella SP-8Jeans AlpinestarsScarpe TCX X-Street

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OKawasaki Z300 5.190 euro

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Cilindrata 296 cc Tempi 4Cilindri 2Raffreddamento a liquidoAvviamento elettrico Alimentazione iniezioneFrizione multidisco Potenza 39 cv - 29 kw - 11.000 rpm Coppia 3 kgm - 27 nm - 10.000 rpm Emissioni Euro 3 Numero marce 6 Capacità serbatoio carburante 17 lt ABS No Pneumatico anteriore 110/70-17M/C 54S Pneumatico posteriore 140/70-17M/C 66S Peso in ordine di marcia 168 Kg

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NUOVO YAMAHA NMAX 125Sarà in vendita a giugno il nuovo scooter cittadino Yamaha. Ha ruote da 13 pollici e un inedito motore 125 dotato di distribuzione a fasatura variabile in funzione di consumi contenuti

L’ offerta degli scooter Yamaha 2015 vedrà aggiungersi a giugno un nuo-vo modello 125. Si tratta di NMAX 125, definito da Yamaha come un

urban scooter entry level, che esteticamente ri-corda un po’ a serie XMAX e che si presenta con contenuti interessanti e, stando all’aspetto, con un prezzo prevedibilmente competitivo. Il costo in realtà non è stato ancora comunicato, ma le scelte costruttive ci fanno pensare che i 4.290 euro del cugino XMAX 125 saranno distanti. Sono

quattro le colorazioni disponibili (rosso, titanio, nero e bianco), la strumentazione è Lcd e il faro anteriore ha tre luci Led Il motore 125 è una nuo-va unità a quattro tempi e con raffreddamento a liquido caratterizzata dalla distribuzione mono-albero a 4 valvole con fasatura e alzata variabili per le due valvole di aspirazione. Una soluzione che, da una parte dovrebbe aiutare un poco l’e-rogazione della coppia, mentre dall’altra è stata sfruttata per contenere i consumi di carburante: Yamaha dichiara infatti di aver raggiunto i 45,7

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km al litro nel ciclo Wmtc (World Motorcycle Test Cycle). L’alimentazione è a iniezione elet-tronica e il pistone è forgiato. Il radiatore di raf-freddamento è collocato lateralmente al motore permettendo di avere una pedana poggiapiedi più spaziosa. Il telaio in tubi di acciaio si avvale di una forcella tradizionale di una coppia di am-mortizzatori posteriori. Il monodisco anteriore, come il posteriore, misura 230 mm è il sistema ABS è di serie. Le ruote da 13 pollici sono di com-promesso fra comfort, tenuta e ingombro, tanto che sotto la doppia sella c’è spazio per il casco integrale e altri piccoli oggetti.

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DUCATI SCRAMBLER BY RADIKAL CHOPPER PER EICMAdi Maurizio Gissi | E’ stata presentata la special su base Ducati Scrambler realizzata da Andrea Radaelli di Radikal Chopper: aveva vinto il contest Custom International Bike Show 2014 organizzato da Eicma

E’ stato lo spazio di Deus Café, nella sede milanese di Deus Ex Machina, a ospitare giovedì sera un evento Eicma dedicato alla customizzazione. La se-

rata ha visto la presentazione della bella special su base Ducati Scrambler realizzata da Andrea Radaelli di Radikal Chopper. Il noto preparato-re milanese aveva vinto il contest Custom In-ternational Bike Show 2014, tenutosi lo scorso

novembre al Salone di Milano, regolando una decina di customizer con la sua Harley-Davidson FL. Il premio del contest era costituito da una Ducati Scrambler da poter personalizzare se-condo il proprio stile. La moto, come ha sottoli-neato Andrea Radaelli «Non è stata modificata a livello ciclistico, se non sfilando appena gli steli della forcella, perché da guidare andava già bene così. Nessuna modifica all’impianto elettrico e a

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quello frenante. Quindi ho lavorato solamente sulla parte estetica e sulle ruote: se avessi avu-to più tempo dei quindici giorni che ci ho messo avrei aggiunto altri piccoli dettagli. Una cosa che mi ha colpito della Scrambler Ducati è la sua cura costruttiva, nonostante non sia una moto costo-sa, anche in zone nascoste che si potrebbero trascurare». La sua Scrambler, si distingue per le sovrastrutture in alluminio, soprattutto per la coda corta, e la verniciatura bicolore – curata da Cisko - che lascia in vista zone di alluminio luci-dato. Nella linea si nota qualche richiamo a una sua recente Kawasaki W800 café racer. Curato anche il disegno del faro e del suo supporto. Le ruote a raggi JoNich Wheels montano i pneuma-tici di serie, mentre il forcellone e il motore sono stati accuratamente lucidati per dare risalto alla

lega d’alluminio. Informazione per chi fosse in-teressato ad averne una uguale firmata Radikal Chopper: si può valutare il costo della prepara-zione in circa 7.000 euro. L’assenza di porta tar-ga, frecce e retrovisori è solo momentanea, sot-tolinea Radaelli “perché aggiungerò altre cose avendo più tempo...”. Pier Francesco Caliari, direttore generale di Eicma, ha ricordato come le moto «...nell’offici-na di Andrea cambiano e si trasformano, senza però perdere la propria anima. Andrea è un cu-stomizer che si distingue per stile e gusto, le sue moto hanno grande carattere e sono costruite con passione e cura». La Scrambler di Radikal Chopper sarà una delle protagoniste ai prossimi eventi ai quali parteci-peranno Eicma e Ducati.

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INCIDENTI IN MOTOLE NOSTRE INFRASTRUTTURE COLPEVOLI IL DOPPIO DELLA MEDIA EUROPEAdi Maurizio Gissi | Secondo gli ultimi dati disponibili sugli incidenti avvenuti in Italia, si nota da una parte la riduzione di vittime e di feriti su motocicli e ciclomotori, ma anche che la responsabilità attribuibile alle infrastrutture è doppia rispetto alla media europea

L e statistiche relative agli incidenti che hanno visto coinvolti sulle nostre strade i guidatori, e i passeggeri, di ciclomotori, moto e scooter raccon-

tano che negli ultimi cinque anni il numero del-le vittime è diminuito del 37,9%, mentre se si

guarda all’ultimo decennio la riduzione è stata del 45,4%. Valori superiori alla diminuzione del parco circolante conosciuta dal 2007 a oggi e anche alla più contenuta diminuzione d’uso delle due ruote che la crisi degli ultimi anni ha provo-cato e che soltanto nell’ultimo anno – stando ai

Attualità

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consumi di carburante - pare aver recuperato. Il calo c’è stato, complici tante ragioni come la mi-gliore sicurezza dei mezzi più recenti, la maggio-re diffusione di caschi qualitativamente migliori e di protezioni omologate; ci piace pensare che sia dipeso anche da una maggiore consapevolezza e prudenza da parte di motociclisti e automobilisti ma, comenque sia, moltissimo resta da fare. Dati statistici del 2013 alla mano, sono gli ultimi ana-lizzati, emerge che in Italia il numero delle vittime su due ruote è di una ogni 9.400 veicoli circolan-ti. Nel 2013 le vittime alla guida di ciclomotori sono state 133 – nessuna variazione rispetto al 2012 – mentre i feriti sono diminuiti del 15,1% scendendo a 15.739. In Italia nel 2013 il parco circolante dei ciclomo-tori era di poco superiore a due milioni di unità. Le vittime alla guida, o come passeggeri, di moto e scooter sono state invece 774, ovvero il 13,5% in meno rispetto all’anno precedente, mentre i feriti sono stati 45.519, in calo dell’8,9% rispetto al 2012. Il parco motocicli circolante nel 2013 era di poco inferiore a 6,5 milioni di unità. Nel rap-porto fra circolante e vittime siamo subito alle spalle dei Paesi europei più virtuosi. Dove invece la situazione peggiora è nella corresponsabilità attribuibile alle infrastrutture: secondo lo studio MAIDS, ovvero Motorcycles Accidents In Depth Study, le condizioni inadeguate delle infrastut-ture italiane sono state corresponsabili nel 25% degli incidenti. Uno su quattro, circa il doppio della media europea. Nel corso del 2013 la pre-senza di ostacoli accidentali o fissi sulle nostre strade ha provocato la morte di 89 utenti di due ruote (motocilisti nel 27% dei casi) e il ferimento di altri 1.811. Un serio programma di intervento su strade, protezioni salva motociclisti e segna-letica ridurrebbe quindi significativamente le vittime alla guida delle due ruote e, come sottoli-nea l’ANCMA, “Un impegno della sfera pubblica comporterebbe anche un forte contenimento dei costi sociali provocati dagli incidenti stradali: quelli a carico dei motociclisti ammontano a 4,8 miliardi di euro”.

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TECNICA E STORIAGLI ULTIMI DISCHI ROTANTI DA GRAN PREMIOdi Massimo Clarke | I dischi rotanti hanno vissuto anni di fulgore e sono stati adottati da importanti costruttori di tutto il mondo dopo che avevano dimostrato la loro validità già agli inizi del Novecento

C ome abbiamo scritto approfondita-mente nella prima parte dedicata alla storia dei motori a disco rotante nei gran premio, Walter Kaaden ha

mostrato la strada a tutti, con le sue velocissi-me MZ dotate di cilindri con tre travasi, scarico a camera di espansione e ammissione a disco

rotante. Nel 1961 la casa di Zschopau avrebbe si-curamente conquistato il titolo mondiale se il suo pilota di punta, Ernst Degner, non fosse scappa-to ad ovest per passare alla Suzuki, portando con sé i segreti delle straordinarie due tempi tedesche. Per la verità quell’anno impiegavano valvole a disco rotante tanto la Suzuki quanto la

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Yamaha da Gran Premio, ma evidentemente non conoscevano ancora bene la tecnologia dei due tempi da competizione. La defezione di Degner è stata un brutto colpo per la MZ che da allora in poi ha diminuito il suo impegno in campo in-ternazionale, pur procedendo con lo sviluppo dei motori da corsa. Ormai però anche gli altri stava-no rapidamente imparando a sfruttare le onde di pressione e a utilizzare al meglio quanto offerto dalla aspirazione a disco rotante.

Suzuki rilanciaLa Suzuki ha conquistato il suo primo titolo iri-dato nel 1962 e si è imposta addirittura in due classi l’anno successivo. Oramai la strada era indicata. E infatti tutte le moto a due tempi che hanno conquistato il titolo mondiale negli anni Sessanta (ben 15) hanno adottato l’aspirazio-ne a disco rotante. Da noi i pionieri sono stati la

Parilla, per merito dell’ing. Cesare Bossaglia, e Francesco Villa. Rispetto alla classica soluzione con ammissione in terza luce, i vantaggi erano considerevoli. Tanto per cominciare, l’ammis-sione nella camera di manovella risultava svin-colata dal movimento del pistone. Ciò consen-tiva di aumentare notevolmente la durata della fase di aspirazione semplicemente anticipando l’apertura della luce. La fasatura poteva diven-tare nettamente asimmetrica. Con la soluzione tradizionale questo non sarebbe stato possibile. Infatti se in un motore con aspirazione in terza luce si aumenta l’anticipo di apertura della luce, si incrementa in egual misura il ritardo di chiu-sura. Oltre un certo valore di quest’ultimo però non è possibile andare. Di conseguenza la mas-sima durata della fase viene ad essere limitata. L’ammissione a disco rotante consente di su-perare in larga misura il problema. È possibile

Tecnica

La bellissima Guazzoni 125 bicilindrica da Gran Premio del 1970 era dotata di un disco rotante (e di un carburatore) a ciascun lato del motore In una versione dell’eccellente motore Saetta 100 da kart il disco è stato collocato frontalmente, con asse di rotazione perpendicolare all’asse dell’albero a gomito. Il comando è a cinghia dentata

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aumentare l’anticipo di apertura della luce, e quindi la durata della fase, mantenendo invariato il ritardo di chiusura (evitando pertanto che esso risulti eccessivo). Alcuni esempi possono qui essere utili. Nei motori di serie con ammissione in terza luce (da tempo scomparsi dalla scena in quanto sostituiti da quelli con ammissione la-mellare) la durata della fase di aspirazione era dell’ordine di 140°-160°. Nelle (poche) moto da competizione che impiegavano questa soluzione i valori erano più alti; le ultime Yamaha TZ arri-vavano addirittura dalle parti di 200°-205°. Nei motori di serie con ammissione a disco rotante la durata della fase di aspirazione era dell’ordine di 175°-195°. Nella mitica Suzuki 500 RG Gamma della seconda metà degli anni Ottanta quest’ul-timo valore veniva ottenuto con un anticipo di 140° e un ritardo di 55° (195°). Le moto da corsa arrivavano dalle parti di 230° (180° + 50°).

Da MZ al tandem KawasakiAltri vantaggi importanti che l’aspirazione con-trollata da valvola a disco offre rispetto alla tra-dizionale soluzione in terza luce sono costituiti dalla grande rapidità di apertura e di chiusura della luce e dalla assenza di ostruzioni o di restri-zioni nel condotto. Per contro, la disposizione del disco, montato direttamente su una estremità dell’albero a gomito, comporta la necessità di piazzare lateralmente il carburatore. Si può ov-viare piazzando quest’ultimo sul dorso del ba-samento (sempre con il disco laterale), ma ciò peggiora la respirazione del motore in quanto il condotto diventa lungo e assume un andamen-to svantaggioso. La cosa è accettabile per mo-tori da enduro e da cross, non certo per quelli da GP e per gli stradali sportivi. Ad ogni modo, la presenza di un carburatore montato su di un coperchio laterale del basamento non pone

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problemi particolari, a livello di ingombro, per i motori monocilindrici. Nei bicilindrici però le cose possono cambiare. Occorre montare un carburatore a ogni lato del basamento, cosa che in genere è OK nelle 125 (tanto di serie quanto da competizione) e può essere senz’altro accettabi-le nelle stradali anche di cilindrata notevolmente superiore; non si può dire però proprio lo stesso per quanto riguarda le moto da Gran Premio di 250 cm3 e oltre. Viene penalizzata la penetrazio-ne aerodinamica, in quanto la sezione frontale diventa molto considerevole, con una larghezza che può addirittura avvicinarsi a quella di una moto maggiormente frazionata e/o di cilindrata nettamente superiore. Questo ha portato la MZ a realizzare un motore con i cilindri disposti “in tandem”, nel quale cioè si impiegavano due albe-ri a gomito individuali, in presa tra loro, e c’erano due camere di manovella, disposte una davanti

all’altra. In pratica, è come se a un monocilindri-co ne venisse aggiunto un altro, prolungando il basamento. Le moto della casa tedesca dotate di cilindri in tandem sono rimaste allo stadio di prototipo (la 125 è apparsa nel 1969 e la 250 nel 1971). Questa stessa architettura è stata però ripresa qualche anno più tardi con eccezionale successo dalla Kawasaki con la KR (realizzata in versioni di 250 e di 350 cm3, ha conquistato ben otto titoli iridati) e dalla Rotax con il bicilin-drico tipo 256, di 250 cm3. Sempre restando nell’ambito delle competizioni al massimo livello, nella classe 500 l’ammissione a disco rotante ha mostrato ciò che consentiva di ottenere con le splendide Suzuki a quattro cilindri in quadrato; a lungo grandi protagoniste della scena, que-ste moto hanno consentito a piloti come Shee-ne, Uncini e Lucchinelli di conquistare quattro mondiali. Per le 500 in seguito è cominciato un

Tecnica

La tipica, e semplicissima, conformazione di una valvola a disco rotante è chiaramente osservabile in questa foto. Consente di ottenere una fasatura di aspirazione fortemente asimmetrica

L’ultimo 125 da competizione della BBFT, realizzato da Ivo Tosi, aveva il disco (in fibra di carbonio!) sul dorso del basamento, comandato mediante ingranaggi

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predominio indiscusso delle valvole a lamelle, ma nelle classi 125 e 250 l’Aprilia ha mantenu-to alto il vessillo del disco rotante. L’ultimo titolo iridato conquistato da una moto a due tempi, pri-ma del ritorno al 4T reso obbligatorio dalla FIM, è stato appunto ottenuto con un motore che ave-va l’ammissione di questo tipo (ed erogava oltre 400 CV/litro!).

Dai GP alla serieVisti i grandi successi che le valvole a disco ro-tante stavano ottenendo in campo agonistico, nella prima metà degli anni Sessanta questi

dispositivi hanno iniziato ad essere adottati an-che su svariate moto di serie. Da noi ha fatto scalpore la Guazzoni Matta, apparsa nel 1965, il cui motore di 50 cm3 non solo aveva l’ammissio-ne a disco, ma anche lo scarico posteriore, pro-prio come le MZ! L’azienda milanese ha realizza-to anche modelli di 100 e di 125 cm3 con identico schema. In Giappone però di moto con tale tipo di ammissione ne è stato realizzato un gran nu-mero, da parte di tutti i principali costruttori di modelli a due tempi. Si trattava tanto di mono di piccola cilindrata quanto di bicilindrici, alcuni dei quali sono stati venduti negli USA in numeri

Tecnica

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molto consistenti. Particolarmente famosi (e di loro si è parlato anche in Europa) sono sta-ti i motori a due cilindri paralleli realizzati dalla Bridgestone e dalla Kawasaki. Quest’ultima ha ottenuto ottimi risultati anche in campo sportivo con le sue A1 Samurai di 250 cm3 e A7 Avenger di 350 cm3 apparse rispettivamente nel 1966 e nel 1967. Negli anni Settanta hanno realizzato ottime moto da fuoristrada con questo tipo di ammissione la Maico e la Gilera. In seguito, am-pia diffusione hanno avuto i monocilindrici Rotax a disco costruiti in cilindrate comprese tra 125 e 280 cm3; anche in questo caso si trattava di ottimi prodotti, nati fondamentalmente per im-piego fuoristradistico. Nella seconda metà degli anni Ottanta ha fatto addirittura scalpore la stra-ordinaria Suzuki RG 500 Gamma, una vera race replica con quattro cilindri in quadrato e ammis-sione a disco rotante. Si è trattato dell’ultimo grande esempio di impiego di questa soluzione su un modello stradale.

Prototipi, acqua e corseAnche negli altri settori nei quali si impiegano motori a due tempi le valvole a disco hanno tro-vato importanti applicazioni. In campo fuoribor-distico Dieter Konig ha iniziato a interessarsi agli otturatori rotanti già negli anni Cinquanta, ben prima cioè di realizzare i suoi famosi quadrici-lindrici boxer con unico disco collocato sul dor-so del basamento. Fin dai primi anni Sessanta Cesare Bossaglia ha cominciato ad impiegare in misura via via crescente l’ammissione a di-sco rotante in motori per kart. Questo grande progettista ha anche realizzato un interessante sei cilindri boxer per impiego automobilistico, rimasto allo stadio di prototipo, con tre dischi rotanti nella parte superiore del basamento, e un bicilindrico per impiego fuoribordistico con due dischi comandati da un alberello centrale. La Jawa, che ha sempre mostrato un notevole interesse per questo tipo di ammissione, ha ot-tenuto alcuni brevetti relativi a un monocilindrico con disco nella parte superiore del basamento e

a un bicilindrico con unico disco rotante ad asse perpendicolare rispetto a quello dell’albero a go-miti e azionamento affidato a un alberello mosso tramite un rinvio a vite senza fine. Una soluzione di questo genere è stata impiegata a lungo dalla Rotax in un suo motore destinato alle motoslit-te. Per quanto riguarda i monocilindrici, l’idea di piazzare il disco non su di un fianco ma sul dorso del carter, subito dietro la base del cilin-dro, è quella di ottenere una migliore ripartizione del flusso gassoso in entrata, evitando che esso possa tendere ad “alimentare” maggiormente un lato della camera di manovella. Ha impiega-to un disco centrale comandato da ingranaggi la BBFT nel suo ultimo 125, realizzato ad Ivo Tosi e rimasto allo stadio di prototipo. Una luce centra-le può essere però scoperta e ostruita anche da una valvola a disco, sempre con asse di rotazio-ne perpendicolare a quello dell’albero a gomito, spostata lateralmente rispetto al cilindro. Pro-prio questa disposizione è stata adottata dalla CZ in un interessante prototipo per impiego fuo-ristradistico e dalla Aprilia per le sue ultime 125 ufficiali. Nel primo caso l’alberello del disco prendeva il moto direttamente dall’albero a gomito mentre nel secondo veniva azionato dall’albero ausiliario di equilibratura. Per concludere, non si può non ricordare l’ulti-ma realizzazione di quell’autentico geniaccio di Helmuth Fath. Si trattava di un quadricilindrico boxer di 500 cm3 che ha fatto la sua comparsa nel 1972 e nel quale l’aspirazione era regolata da due dischi, posti sul dorso del basamento, che gi-ravano con velocità dimezzata rispetto all’albero a gomiti. Ognuno di essi scopriva (o ostruiva) contempo-raneamente due luci, collocate in posizioni dia-metralmente opposte. In seguito, per ottenere aperture e chiusure delle luci più rapide, il tecni-co tedesco ha adottato una soluzione inusitata, disponendo sopra ognuno di quelli già esistenti un secondo disco, perfettamente coassiale ma controrotante!

Questa sezione di un monocilindrico Maico di 125 cm3 degli anni Settanta permette di osservare chiaramente la disposizione del carburatore e del disco, unitamente all’andamento del condotto di aspirazione

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IL TASSELLOA TUTTI I COSTIdi Alberto Capra | Quando le mode, unite alla beata ignoranza, portano a realizzazioni del tutto illogiche ed improbabili

A vete presente le bici a scatto fisso? Derivano dai modelli progettati per le gare in pista. Hanno delle geome-trie particolarmente radicali, sono

molto chiuse di sterzo e per questo agilissime. Così tanto da diventare i mezzi preferiti da chi, nel traffico, deve destreggiarsi quotidianamen-te per consegnare pacchi da una parte all’altra della città. Le fixed – così sono conosciute oltre oceano – sono le bici con cui i messenger di New York corrono come pazzi per la Grande Mela.

Ed è proprio da alcune delle zone più modaiole di Brooklyn che questo tipo di due ruote ha pre-so a diffondersi in giro per il mondo, divenendo oramai una tendenza di largo consumo. Per il fighetto d.o.c., come potrete immaginare, si tratta di roba vecchia di qualche anno. Il posto delle bici a scatto fisso è stato preso, per molti di loro, proprio dalle nostre amate moto. Molte persone, con questa scusa, si sono avvicinate a un mondo che non conoscevano, dal quale era-no magari soltanto affascinate, e hanno deciso di

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comprarsi per la prima volta una motocicletta. Nulla di male, s’intende, salvo qualche controin-dicazione. La totale assenza della benché mini-ma cognizione tecnica, ad esempio, porta con sé qualche insidia. Prima fra tutte, la scelta delle gomme. Per chi in moto ci va per davvero, non c’è bisogno di dirlo: le gomme sono fondamen-tali, che diamine. Ma se ogni scelta di carattere tecnico è orientata nel senso della migliore resa dal punto di vista estetico, qualche granchio ca-pita di prenderlo. Quanta aggressività è in grado di trasmettere una bella naked – cafe racer, brat, classic o quel diavolo che è – con addosso un bel paio di gomme tassellate? Ha grinta da vendere! Quanto sta in strada? Neanche un po’. Eppure capita di vederne, di special così. Stili che si ac-cavallano, periodi storici che si sovrappongono e un pizzico di fuori strada. Moto che ogni volta fanno esclamare: «Ma perché?» Perché cercare

a tutti i costi di farsi male, oltre che di soffrire (con selle scomodissime), imprecare (con ma-nubri lontanissimi) e rimanere a piedi (con moto di quaranta anni fa)? Certo, anche l’occhio vuole la sua parte. Non a caso più di un costruttore ha preso a realizza-re pneumatici specificamente concepiti per le moto d’ispirazione vintage. Le moderne tecniche di costruzione incontrano così uno stile classico, capace di garantire buone performance e bel-la figura. E quindi perché andarsene in giro con una Guzzi degli anni ’80 – che uno sterrato non l’ha mai visto neanche in cartolina e che un po’ scocciata lo diventa anche solo per rallentare sul dritto – con un paio di gomme che manco Cairoli su una pista sabbiosa? Si consumano, vibrano e non stanno in strada. Contaminazione è la paro-la d’ordine, lo sappiamo. L’importante è che non sia con l’asfalto.

Costume

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RIDE IN THE USACRESCONO LE CRUISER, CALANO LE DUALdi Pietro Ambrosioni | I dati di vendita statunitensi confermano l’uso diportistico delle due ruote. E la totale assenza di scooter

C on il solito mesetto di ritardo mi sono arrivati i dati di vendita moto per il mercato USA, forniti dal MIC (Motorcycle Industry Council). Il

dato che balza subito all’occhio è la crescita meno che esaltante del settore Dual - quello che qui Oltreoceano chiamano Adventure Touring: le vendite per il primo trimestre del 2015 hanno

fatto registrare una crescita del solo 1% per un totale di 7.700 unità. Questa fascia di moto è sta-ta infatti il segmento trainante negli ultimi 4 anni qui in America e vedere che le vendite inizino sta-gnare non può che mettere in allarme non solo le Case motociclistiche, ma anche e forse so-prattutto i produttori di abbigliamento, caschi ed accessori. Sono loro, infatti, che hanno investito

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On the road

pesantemente in questo settore, e negli ultimi 12-18 mesi hanno letteralmente invaso i negozi con prodotti sempre più specifici, nel tentativo di aggiudicarsi una buona fetta della torta di utenti delle BMW GS, Triumph Tiger, Ducati Multistra-da, Suzuki DL e Kawasaki KLR. Il settore delle stradali “On Highway” (che come al solito è do-minato da Harley-Davidson) ha fatto invece re-gistrare un buon +8,6%, mentre continua la cre-scita del settore fuoristrada “Off Highway” tipica dei due trimestri a cavallo dell’inverno, quando si vendono praticamente tutte le cross ed en-duro competizione in circolazione. I numeri MIC parlano di un incoraggiante +12,9%. Sempre in crisi nera gli scooter, che dopo la gloriosa annata del 2008 (quando la benzina negli USA era arri-vata a dei costi inauditi - seppure ancora risibili

rispetto al’Europa) non sono mai più stati in gra-do di mostrare numeri interessanti. Il primo tri-mestre 2015 parla di un ulteriore calo delle ven-dite pari al -2,2%, per un totale di meno di 5.000 unità. Personalmente non amo gli scooter, ma la loro virtuale assenza da un mercato fatto da una po-polazione di 300 milioni di abitanti sottolinea an-cora una volta come le moto in USA siano solo uno svago. Finché non diventeranno anche qui il mezzo perfetto per risparmiare benzina e bat-tere il traffico, le moto resteranno un business relativamente piccolo. A questo proposito voglio sottolineare i numeri totali di vendite per il primo trimestre 2015: il totale è di 148.000 unità ven-dute, che scendono a 102.000 se togliamo gli ATV ed UTV.

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NICO CEREGHINIIL NOSTRO GP QUOTIDIANODa casa al lavoro, un percorso che conosciamo a memoria. Eppure è più insidioso del GP d’Italia al Mugello, perché la ripetizione degli stessi gesti ci porta fatalmente ad abbassare la guardia

fine ricostruisce. Questa matti-na ha spostato la bicicletta del bambino tra l’auto e la moto, per gonfiare le gomme, e cer-cando la valvola della ruota po-steriore ha spostato la bici un po’ indietro. Ecco l’arcano: la bici, fatalità, deve aver aggan-ciato il cavalletto laterale della moto ripiegandolo all’interno. Non c’è altra spiegazione. E la dettagliata vicenda mi serve per mandarvi un messaggio. Spesso è proprio nella ruou-tine, nelle operazioni ripetute tutti i giorni, che si nascondono i maggiori pericoli. Perché lì la nostra attenzione è debole, an-diamo a memoria, diamo per scontate un mucchio di cose. Viceversa quando affrontiamo una giornata speciale, o quan-do facciamo per esempio una strada nuova, la coscienza è vigile e i nostri riflessi sono brillanti. Fateci caso. Andando al lavoro sappiamo già dove troveremo la coda e dove la strada sarà libera, quale incro-cio è trafficato e quale invece è sempre sgombro, dove c’è il cantiere per la metropolitana, il tombino sporgente, la bella curva ben pavimentata per una pieghetta appena appena, che dia senso alla giornata. Quan-te volte vi stupite per essere già arrivati alla meta? Quante volte vi siete detti: “quei due-cento metri là non li ho proprio registrati”? Chissà dove erava-te, con la testa. La verità è che il percorso casa/lavoro è più insidioso del GP d’Italia al Mu-gello.

Ciao a tutti! Ieri mattina sto traf-ficando nel box quando sento un fracasso allarmante di

plastica e acciaio, quel tipo di fragore che fa una moto da 250 chili quando cade da fermo. Avete presente? Brutta roba. Esco ed ecco il mio vicino se-duto a terra, la sua Honda VFR 1200 schiantata sul cemento. Lo aiuto a sollevare la moto, i

danni sono leggeri, ma com’è successo? Lui non se lo sa spie-gare, ha un rito che ripete ogni volta. La sera, quando rientra, appoggia la moto sul cavallet-to laterale, apre il box, spinge dentro la Honda a un metro dal-la macchina, poi la parcheggia sul cavalletto centrale lascian-do il laterale divaricato. Lo sa, una Honda con due cavalletti in opera è un brutto vedere, però al mattino apre il box, fa scendere la moto dal cavalletto

centrale, la porta fuori a mano e infine la inclina sulla stampel-la laterale aperta per chiudere il box. Gli è comodo così. Da anni gli stessi gesti, non si può sbagliare. Ma questa volta il laterale non era fuori e sbam. Allora indaghiamo mentre lui si riprende dallo shock e analizza la sua Honda. Può aver ripiega-to il laterale senza rendersene conto, ma lo esclude. Ci medi-ta sopra una decina di minuti (oggi non abbiamo fretta) e alla

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SPESSO È PROPRIO NELLA RUOUTINE, NELLE OPERAZIONI RIPETUTE TUTTI I GIORNI, CHE SI NASCONDONO I MAGGIORI PERICOLI

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SPECIALE MOTOGP

GP DI FRANCIA

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JORGE LORENZO VINCE IL GP DI FRANCIAdi Giovanni Zamagni | Lorenzo vince il GP di Francia. Completano il podio di Le Mans Rossi e Dovizioso

S econdo trionfo consecutivo per Jorge Lorenzo, davanti a Valentino Rossi e Andrea Dovizioso. Nel GP di Francia solo quarto Marc Marquez

dopo un incredibile duello con un entusiasmante Andrea Iannone. 16esimo, dopo una caduta, il ri-entrante Dani Pedrosa: è crisi Honda. Sembrava imbattibile dopo le prove, al di là del terzo tempo in qualifica, e così è stato: Lorenzo ha domina-to dal primo all’ultimo giro, per un successo che sigilla definitivamente la fine della sua crisi – se

mai lo è stato -, esalta la Yamaha, alla quarta vittoria in cinque GP e dice che Rossi e Lorenzo, adesso staccati di 15 punti, sono in questo mo-mento i grandi favoriti a succedere a un Marquez in evidente difficoltà. In testa alla prima curva, dove si è rischiato per un carenata tra Iannone e Marquez, che poi ha tentato un sorpasso im-possibile cercando di infilarne tre, ma finendo inevitabilmente lungo, Lorenzo ha potuto fare la gara che preferisce, imponendo un ritmo asfis-siante, che solo Rossi ha cercato, a metà gara di

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arginare. Ma è bastato che Valentino guadagnas-se un paio di decimi, perché Lorenzo replicasse, mettendo subito fine alle illusioni del compagno di squadra. «Ottima partenza, ho superato Dovi-zioso all’esterno, ero davanti, ho messo un po’ di margine tra me e lui, poi mi hanno segnalato che Rossi era secondo e ho spinto per conservare il margine: un’altra vittoria importantissima per il campionato» gioisce il fenomeno spagnolo, che con due successi consecutivi diventa il primo av-versario di Rossi.

CINQUE PODI SU CINQUE PER ROSSIPartito dalla seconda fila con il settimo tempo, avvilito dopo un warm up in affanno, Valentino ha compiuto l’ennesima impresa, grazie a una moto completamente rivoluzionata. Quinto al secondo giro alle spalle di Marquez, quarto al terzo, Ros-si ha conquistato il secondo posto al 13esimo

giro, dando l’impressione di potersi avvicinare a Lorenzo. Pur spingendo forte, non è riuscito a ricucire lo strappo e nel finale si è limitato – si fa per dire – a controllare Dovizioso, per un secon-do posto che significa cinque podi in cinque gare: Rossi c’è. «Abbiamo sofferto troppo in prova, ma in gara mi sentivo bene: sono partito al buio, ci ho messo 2-3 giri per capire il comportamento della moto. Ho visto che ero competitivo, ho fatto una bella battaglia con le Ducati, ho provato a pren-dere Lorenzo, ma non è bastato. Un’altra gara positiva, un’altra prova consistente» si frega le mani il capoclassifica del mondiale.

DOVIZIOSO: E SONO QUATTROSe Rossi festeggia il quinto podio consecutivo, Dovizioso può gioire per il quarto podio in cin-que gare: come dire, ancora una volta Andrea è andato forte. Molto forte. «Avevamo problemi di aderenza, dopo 10 giri faticavo a controllare la

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moto. Ho provato a tenere il passo di Rossi, ma non è stato possibile: è comunque un risultato positivo» analizza a caldo. E ha ragione, perché anche se ha perso il secondo posto nel mondiale, ha confermato di essere uno dei grandi protago-nisti.

IANNONE COMMOVENTECosì come lo è Andrea Iannone, quinto al tra-guardo con una spalla sub-lussata quattro giorni fa. Ma Iannone non ha solo entusiasmato per il risultato, ma, soprattutto, per l’incredibile sfida con Marquez: tra il 24 e il 25esimo giro i due si sono passati una decina (!) di volte, con Andrea capace di replicare a ogni attacco di Marc, che per stargli davanti ha preso dei rischi pazzeschi. «Faccio fatica a raccontare la gara, una condizio-ne fisica molto critica, ho pensato di fermarmi: a 10 giri dalla fine non avevo più sensibilità, non

capivo quanto frenavo. Poi sono arrivati Smith e Marquez, è stata una gran battaglia: sarebbe stato bellissimo stargli davanti, ma ci saranno altre occasioni» ha detto sfinito Iannone, che ha fatto la storia di questo GP.

CRISI HONDAViceversa, Marquez, con il quarto posto a 19”890, conferma che la Honda quest’anno non è quella dell’anno scorso: lui prova a metterci una pezza, ma anche il suo talento, in questo momento, non riesce a colmare il distacco con la Yamaha. Un’esagerazione? Forse, ma Pedrosa 16esimo dopo una caduta al secondo giro, Crutchlow e Redding ritirati per altre scivolate dicono che questa moto è difficilissima da guidare. E per stare davanti a un malconcio Iannone, Mar-quez ha dovuto prendere rischi pazzeschi.

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VALENTINO ROSSI“BELLO ARRIVARE COSÌ AL MUGELLO”di Giovanni Zamagni | In grande difficoltà fino al warm up («stavolta la vedevo nera») Valentino ha fatto l’ennesimo miracolo in gara, conquistando un secondo posto da applausi. E il prossimo GP si corre in Italia: il campione della Yamaha ci arriva da primo in classifica e con cinque podi in cinque gare

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Non era andato forte nemmeno nel warm up del GP di Francia: sembrava in grande difficol-tà, ma Valentino Rossi è stato un’altra volta grandissimo. «Bi-sognava rischiare e l’abbiamo fatto» dice sornione per com-mentare l’ennesimo “miracolo tecnico” impossibile da giustifi-care, perché non c’è una spie-gazione logica a un pilota che “litiga” con la moto venerdì, sabato, domenica mattina, per poi essere velocissimo domeni-ca pomeriggio.«Stavolta la vedevo nera. Ero convinto di poter essere com-petitivo nel warm up, invece ero lontano e solo settimo. Il team è stato bravissimo: abbiamo deciso di rischiare stravolgen-do la moto, con una modifica teoricamente valida, ma senza nessuna possibilità di verifica

prima della gara. Sono partito a scatola chiusa, ma bisognava rischiare e le sensazioni sono state subito positive: mi sono divertito e ho conquistato un secondo posto che avrei firma-to con il sangue prima del via. Ho anche pensato di andare a riprendere Lorenzo, ma lui ave-va preparato il GP meglio di me e non è stato possibile batterlo, ma la mia M1 in gara si guidava bene. In qualifica soffriamo un po’, anche Lorenzo, che è uno specialista del giro secco, non riesce ad essere efficace, ma sulla distanza la Yamaha è mol-to competitiva».

Perché arrivate alla giusta messa a punto solo la dome-nica?«Piacerebbe anche a me arri-varci molto prima, anche per-

ché così Silvano Galbusera (il capotecnico, NDA) non per-derebbe mesi di vita quando ci danno dei secondi così facil-mente come è avvenuto vener-dì e sabato».

Hai sperato nella vittoria?«Sì, anche se dopo tre curve avevo già un secondo di distac-co da Lorenzo, più o meno lo stesso svantaggio che avevo a metà gara. Quando sono riu-scito a superare le Ducati, dopo una bella battaglia, lo vede-vo, non era lontano, ma Jorge qui era in versione “Martillo”: quando è così è difficile batter-lo. Ho comunque conquistato 20 punti fondamentali per il campionato ed è importante che siamo arrivati alla giusta messa a punto: ci siamo arri-vati tardi, ma ci siamo arrivati.

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Il problema è che è la pista fa-vorita di Jorge, lì va veramente forte: speriamo, per la Yamaha, di ripetere il risultato di oggi, naturalmente a posizioni inver-tite…».

Cosa puoi dire della squadra?«Sono stati grandissimi: fare una modifica così importante e “prenderci” non è facile, avrem-mo potuto tranquillamente fini-re quinti. Io sono stato bravo a guidarla e ad abituarmi subito, ma loro sono stati bravi a sce-gliere la modifica giusta. Dopo il

warm up ero preoccupato, non pensavo di riuscire a salire sul podio, perché anche Dovizioso era più veloce di me».

Una provocazione: invece di grande squadra non si potreb-be parlare di “pessima” squa-dra che non riesce a trovare subito la giusta direzione?«Direi di no. E’ più colpa del pi-lota, ci ho messo troppo a ca-pire la via da seguire, ma l’im-portante è che ci siamo arrivati. Prendiamo molto come riferi-mento i dati dell’anno scorso,

ma la M1 2015 è molto differen-te: evidentemente non è cor-retto fare riferimento al 2014».

E’ più difficile lottare contro il compagno di squadra o con-tro Marquez con la Honda?«Non fa nessuna differenza. Con il compagno di squadra senti di più la sfida, perché ha la tua stessa moto e se ti arriva davanti vuol dire che è stato più bravo. C’è anche il rovescio della me-daglia, perché dici: se lo fa lui lo posso fare anch’io».

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Quando sono partito non sape-vo bene chi sarebbe stato il mio avversario: Marquez, Iannone, o Dovizioso? Poi ho iniziato a pensare a Lorenzo, perché era sempre lì. Bisognerebbe riu-scire a essere più competitivi in prova e partire più avanti in qualifica, ma quando si pren-dono 20 o più punti è sempre qualcosa di speciale».

Hai preso dei rischi con Mar-quez.«Ho fatto un piccolo errore in frenata e a quel punto ero

nella così detta terra di nessu-no, perché se avessi frenato più forte avrei perso facilmente il controllo dell’anteriore e avrei finito per coinvolgere anche Marc. Così ho deciso di molla-re i freni e ho dovuto chiudere un po’ bruscamente: gli chiedo scusa. Nel 2014 loro (la Honda, NDA) aveva un grande vantag-gio in frenata, adesso siamo molto più vicini».

Credi che Marquez sia in cri-si?«Marc è dietro in classifica

soprattutto per i 20 punti persi in Argentina. Qui è arrivato die-tro, ma può succedere a tutti: non mi stupirei se al Mugello vincesse. Credo che io, Loren-zo, Marquez e Dovizioso, che è veloce e costante, ci giochere-mo il titolo, anche se adesso il pilota più in forma è Jorge».

A proposito del Mugello: cosa ti aspetti?«Sicuramente è bello arrivare al GP di casa in questa situa-zione, in testa al campionato e con cinque podi in cinque gare.

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DUCATIOTTIMA MOTO, GRANDI PILOTIdi Giovanni Zamagni | La GP15 si conferma competitiva e veloce e i due Andrea la sfruttano al meglio: Dovizioso è al quarto podio in cinque gare, Iannone è capace di sorpassi e numeri alla Marquez, nonostante i problemi fisici. Per vincere manca ancora qualcosa, ma si parla di dettagli

A ndrea Dovizioso ottiene sempre il massimo risultato possibile, Andrea Iannone è capace di sorpassi da brividi, anche in condizioni fisiche

tutt’altro che ottimali: la GP15 anche in Francia si è dimostrata una gran moto, ma i suoi due piloti

la sfruttano al meglio. Difficile dire quale dei due Andrea abbia fatto l’impresa più grande: Dovizio-so ha conquistato il quarto podio in cinque gare, Iannone ha dato spettacolo in una sfida perfino commovente con Marquez. Bravissimi entrambi.«Dopo le prove – attacca il Dovi – non mi ero

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fatto illusioni, ma speravo di potermela giocare. La realtà è che siamo molto competitivi, ci man-ca davvero poco, ma non siamo ancora pronti per giocarci la vittoria. Parliamo di dettagli, pic-cole cose, ma che a questo livello fanno la diffe-renza. Aver conquistato quattro podi in cinque gare è qualcosa di grande, ma non dobbiamo di-menticarci che la GP15 ha disputato solo cinque GP, non la conosciamo perfettamente, né il mo-tore né la ciclistica: dobbiamo lavorare, trovare quel qualcosa che ci manca per poterci giocare veramente le vittorie e il campionato».

Al Mugello, molti sono convinti che la Ducati sarà favorita, ma Dovizioso non si fa troppe illusioni.«Sicuramente saremo competitivi, perché ab-biamo fatto i test settimana scorsa e siamo andati forte, ma non credo alle favole, non si

possono fare miracoli: se qui ci mancava qual-cosa, ci mancherà anche là. Come velocità sul giro siamo messi molto bene, come conferma anche la prestazione di oggi nei primi giri, ma ci manca un po’ di costanza, consumiamo troppo la gomma posteriore e fatichiamo a tenere il rit-mo. Ripeto, piccoli dettagli, ma fondamentali con il livello della MotoGP».

IANNONE: “FOSSI STATO A PO-STO, AVREI BATTUTO MARQUEZ”Alla soddisfazione di Dovizioso si aggiunge l’orgoglio di Iannone per una prestazione vera-mente da applausi con una spalla sub-lussata soltanto sei giorni fa al Mugello.«E’ stata una gara difficilissima, forse la più dura della mia vita. Ho fatto le infiltrazioni e sape-vo che all’inizio avrei potuto guidare bene, ma ero anche conscio che la forza sarebbe stata

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limitata, non potevo spingere sulla sinistra. Dopo dieci giri ho cominciato a soffrire tantissimo, ho perso su Lorenzo e Dovizioso, ho sforzato la parte destra per compensare la poca forza del-la sinistra: così ho perso sensibilità in frenata, mi sembrava di staccare fortissimo, invece non frenavo abbastanza. Ho fatto degli errori ed era anche pericoloso, perché non avevo un buon controllo della moto. Ho anche pensato di fer-marmi, ma ho provato a rallentare per qualche giro per recuperare forze. Così Marquez e Smith mi hanno raggiunto, ma ho dato tutto in una bel-lissima lotta con Marquez: più di così non potevo fare. Ho portato Marc a sbagliare un po’ di volte e a fatto fatica ad andarmi via: fossi stato a posto fisicamente l’avrei battuto».

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SPUNTI, CONSIDERAZIONI, DOMANDE DOPO IL GP DI FRANCIAdi Giovanni Zamagni | Cosa è cambiato per Lorenzo? Quali sono stati i punti chiave del GP di Francia? Dopo Le Mans si può parlare di crisi Honda? Come sta Pedrosa?

I n difficoltà nei primi tre GP, imbattibile a Jerez e a Le Mans: cosa è cambiato per Jorge Lorenzo?Risponde Lorenzo: «Niente. Il pilota conta,

ma è importante anche la moto: io ho messo in-sieme tutti i pezzi del mosaico e adesso posso di-mostrare il mio valore. La Yamaha è molto simile a quella del Qatar, ma da Jerez siamo riusciti a migliorare l’entrata in curva, ad essere più effi-caci in frenata, ad essere costante anche con le gomme usate. Nelle ultime due gare sono stato molto veloce, ma Rossi lo è dall’inizio dell’anno: non sarà facile recupere i 15 punti in classifica».

Quali sono stati i punti chiave di questa gara?- La partenza e la prima curva: Lorenzo è scatta-to benissimo, ha superato sullo slancio Marquez e alla chicane ha passato all’esterno Dovizioso. Non ci fosse riuscito, avrebbe faticato di più a te-nere a bada Rossi;- La competitività di Rossi: in grande difficoltà fino a dopo il warm up, Valentino ha ritrovato competitività grazie a una mossa della squadra. «E’ stato cambiato il bilanciamento della moto» ha detto genericamente senza entrare nel detta-glio;- Le difficoltà della Honda: al contrario, Marquez sembrava aver trovato nel warm up una messa a punto efficace, ma in gara tutto è andato male. «Ho lottato più con la moto che con gli avversari, non avevo feeling, faticavo in entrata di curva. Un problema che non avevo solo io, ma tutti i piloti Honda. Ho rischiato di cadere 3-4-5 volte e così

ho rallentato; poi, con lo svuotarsi del serbatoio la situazione è migliorata, fino alla bella sfida con Iannone: è stato l’unico momento divertente del GP» ha detto Marquez, sempre sorridente, ma anche preoccupato per la situazione.

A questo punto, si può parlare di crisi Honda?Sì, stando ai numeri, no secondo il team princi-pal Livio Suppo. «L’anno scorso – è la sua tesi – quando tutti dicevano che la Honda aveva un gran margine, noi dicevamo che non era così, che molto dipendeva dai piloti e dalle piste. E’ così anche quest’anno: sappiamo tutti come è anda-ta, Marc avrebbe potuto vincere le prime tre gare e ci è mancato Pedrosa. Quello di Le Mans è un tracciato favorevole alla Yamaha, in altri circuiti saremo noi più competitivi». Quattro vittorie su cinque GP della Yamaha, Crutchlow, Redding e Pedrosa a terra nello stesso GP devono però fare suonare un campanello d’allarme.

Ma qual è il vero problema della Honda?I piloti, all’unisono, dicono che la RC213V è molto difficile da guidare. «Si muove troppo: per un giro riesci a controllarla, ma sulla distanza fai fatica» dice Marquez, che, a sorpresa, a Le Mans ha corso con uno dei telai scartati a Sepang a ini-zio stagione. Dato che Pedrosa usa una ciclistica piuttosto differente, ma lamenta gli stessi pro-blemi, ecco che il vero punto debole sembra es-sere il motore. «Che però, per regolamento, non si può modificare» sottolinea Marquez. Dentro al box sono tutti convinti che il quattro cilindri sia

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troppo potente, addirittura ingestibile, come pe-raltro aveva subito evidenziato Marquez quando lo aveva provato a Valencia a fine 2014. Da allora sono stati fatti dei correttivi, ma non sufficienti per renderlo trattabile: non sarà facile interveni-re. «Ma la Honda è la Honda, qualcosa deve fare» afferma il fenomeno spagnolo.

Rossi ha detto che dopo poche curve aveva già un secondo di svantaggio, più o meno lo stesso che aveva a metà gara: ha ragione?Sì, come conferma il cronologico dei tempi. Alla fine del primo giro Rossi era quinto a 1”449 da Lorenzo, diventati 2”286 alla fine del terzo, con Valentino in quarta posizione. Al 13esimo giro, Rossi è riuscito a portarsi in se-conda posizione, a 1”882 dal compagno di squa-dra. Poi, dal 19esimo giro, quando ha visto che Jorge era ormai imprendibile, Valentino ha ral-lentato: se fosse partito più avanti, avrebbe forse potuto giocarsi la vittoria.

Dani Pedrosa ha finito 16esimo dopo una cadu-ta al secondo giro mentre era settimo: in che condizioni fisiche?Piuttosto buone, considerando l’operazione e il rientro dopo oltre un mese di assenza. «Sono contento delle mie condizioni: dopo un po’ di giri stavo meglio e questo è senz’altro positivo, con-siderando anche che, dopo la caduta, il gas non tornava più indietro e per chiuderlo dovevo fare un ulteriore movimento».

Cosa è successo ad Aleix Espargaro, ritiratosi al terzo giro?Si è rotta la frizione.

Giri veloci in gara.Rossi 1’32”879 (al quarto giro); Lorenzo 1’33”004 (2); Iannone 1’33”035 (6); Dovizioso 1’33”039 (4); Marquez 1’33”310 (2); Smith 1’33”559 (2); Crutchlow 1’33”585 (3); P.Espargaro 1’33”940 (2); Pedrosa 1’34”083 (26); Redding 1’34”226 (3).

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LE PAGELLE DEL GP DI FRANCIAdi Giovanni Zamagni | Lorenzo è un Martello a Le Mans, 10. A Rossi 9, da applausi; Dovozioso, 8, in gran forma anche in Francia. 7 a Marquez che mette una pezza alle difficoltà HRC

10 JORGE LORENZO Da due GP, nessuno riesce a mettergli

le ruote davanti in gara. Veloce, determinato, sicuro, efficace: sembra il pilota del 2013 o ad-dirittura quello del 2010, quando aveva costret-to un certo Valentino Rossi ad andarsene dalla Yamaha. Quando è così in forma diventa (quasi) imbattibile: in questo momento sembra inarre-stabile. Martello.

9 VALENTINO ROSSIUn altro miracolo tecnico dopo il warm up,

un altro podio conquistato chissà come. «Questa volta la vedevo nera» ha ammesso, ma la squa-dra, l’esperienza, la capacità di prendersi dei rischi, l’abilità nel gestire una situazione compli-cata hanno fatto ancora una volta la differenza. Due vittorie, un secondo e due terzi posti per un totale di cinque podi in cinque gare: da applausi.

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8 ANDREA DOVIZIOSOIn prova aveva illuso di poter lottare per la

vittoria, tanto che molti lo vedevano come fa-vorito. La gara ha raccontato un’altra storia, ha detto che la Ducati è molto competitiva, ma non ancora abbastanza per potersela giocare contro questa Yamaha (e i suoi piloti) così in forma. Ha perso il secondo posto in campionato, ma è co-munque sempre protagonista. In grande forma.

7 MARC MARQUEZHa ragione Dovizioso quando dice che «ci

mette una pezza, nasconde con il suo talento le difficoltà della moto». Probabilmente è così dall’anno scorso, i sui risultati sono stati superio-ri al reale potenziale della Honda. Non si rispar-mia mai, ci prova sempre, anche con qualche rischio di troppo, come ha fatto nell’impossibile staccata alla prima curva, quando ha provato a

infilarne tre in un colpo solo, finendo inevitabil-mente lungo, o nella battaglia ravvicinata con Iannone. Una provocazione: e se fosse come Stoner con la Ducati? Arrembante.

9 ANDREA IANNONEUna gara pazzesca, con dei sorpassi incre-

dibili: nessuno, forse nemmeno Rossi, è così pronto a replicare agli attacchi di Marquez, a ri-spondere colpo su colpo con la stessa durezza e determinazione al fenomeno spagnolo. Com-movente.

7 BRADLEY SMITHIl distacco è molto elevato, si è fatto battere

da Iannone infortunato, ma ha fatto il suo senza sfigurare. Gli va riconosciuta una grande determinazione. Concreto.

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4 POL ESPARGAROSembra in involuzione continua, non riesce

ad esprimere il suo talento. Addormentato.

7 YONNY HERNANDEZIn prova è spesso più lento del compagno di

squadra, ma in gara si difende bene, anche se non è velocissimo. Ha ottenuto il suo miglior ri-sultato stagionale. In crescita.

5 MAVERICK VINALESFatica a mettersi in mostra. All’inseguimen-

to.

6 DANILO PETRUCCIHa preso tre secondi dal compagno di squa-

dra, più esperto e con una Ducati più copetitiva

della sua. Ma in gara deve fare meglio. Da giro singolo.

7 DANI PEDROSAVoto di incoraggiamento, la MotoGP e la Hon-

da hanno bisogno del miglior “robottino”: ben tornato.

5 CAL CRUTCHLOWE’ caduto all’ottavo giro mentre era settimo,

anche lui tradito dall’avantreno della Honda. In difesa.

4 STEFAN BRADLVa piano e cade: difficile fare peggio.

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9 YAMAHA M1 In prova fatica, perché, come sottolinea Ros-

si, anche lo specialista Lorenzo non riesce ad essere super velocissimo in qualifica. Ma in gara è indubbiamente il punto di riferimento, come confermano quattro vittorie su cinque.

8 DUCATI GP15Un’altra conferma che la GP15 è nata bene e

può essere competitiva su tutte le piste. In que-sto momento è più equilibrata della Honda: chi l’avrebbe mai detto?

5 HONDA RC213VMai vista così in difficoltà: Crutchlow, Red-

ding e Pedrosa a terra per la chiusura dell’ante-riore, Marquez lontanissimo dai primi e sempre

appeso a un filo fin da venerdì. In qualifica, il fe-nomeno spagnolo riesce sempre a fare qualcosa di speciale, ma in gara nemmeno lui può fare più di tanto.

5 SUZUKI GSX-RRQuesta volta ha faticato anche in qualifica. E

si è pure rotta in gara.

4 APRILIA RS-GPBautista 15esimo a 1’05”515, Melandri 18esi-

mo (e ultimo al traguardo) doppiato. E non è che sul singolo giro vada meglio: Bautista ha fatto segnare il 17esimo miglior tempo in gara in 1’34”863, 1”984 più lento di Rossi. Distacchi abissali.

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MotoGP Francia

Pos. Pilota Punti

1 Valentino ROSSI 102

2 Jorge LORENZO 87

3 Andrea DOVIZIOSO 83

4 Marc MARQUEZ 69

5 Andrea IANNONE 61

6 Cal CRUTCHLOW 47

7 Bradley SMITH 46

8 Pol ESPARGARO 35

9 Aleix ESPARGARO 31

10 Maverick VIÑALES 27

11 Danilo PETRUCCI 25

12 Yonny HERNANDEZ 20

13 Scott REDDING 13

14 Hector BARBERA 13

15 Dani PEDROSA 10

16 Nicky HAYDEN 8

17 Loris BAZ 6

18 Jack MILLER 6

19 Hiroshi AOYAMA 5

20 Alvaro BAUTISTA 3

Classifica Generale

Pos. Pilota Punti

1 Jorge LORENZO 25

2 Valentino ROSSI 20

3 Andrea DOVIZIOSO 16

4 Marc MARQUEZ 13

5 Andrea IANNONE 11

6 Bradley SMITH 10

7 Pol ESPARGARO 9

8 Yonny HERNANDEZ 8

9 Maverick VIÑALES 7

10 Danilo PETRUCCI 6

11 Nicky HAYDEN 5

12 Loris BAZ 4

13 Hector BARBERA 3

14 Eugene LAVERTY 2

15 Alvaro BAUTISTA 1

Classifica GP

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STORIE DI MOTOGPROMAGNOLI: A LE MANS ALLA PARIIl capo tecnico di Danilo Petrucci, Daniele Romagnoli, analizza curva per curva il circuito del GP di Francia e spiega vantaggi e svantaggi delle diverse moto a Le Mans

I l capo tecnico di Danilo Petrucci analizza curva per curva il circuito del GP di Francia e spiega vantaggi e svantaggi delle diver-se moto a Le Mans. Un tracciato che però

Romagnoli (Team Pramac) ritiene non sfavorire nessuna moto anche se storicamente è nella lista Yamaha. Il circuito francese non ha infatti curve “stop-start”, quel genere di curve con ripartenza

dalla pima marcia che non piacciono alla M1. Si è parlato anche di Ducati e del continuo crescen-do della GP15. Secondo Daniele Romagnoli po-tremmo vedere una rossa sul gradino più alto del podio al Mugello. Non si poteva non fare il punto anche sulla situazione di Petrucci: sempre più veloce e competitivo in prova, ma che ancora in gara fatica ad avere cura delle gomme.

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NICO INTERVISTA VITTO GUARESCHIDUCATI MOTOGP, VR46 E PREZIOSI-DALL’IGNAVitto Guareschi ora si dedica alla concessionaria di famiglia, ma fino a poco tempo fa è stato in Ducati Corse e Sky Racing Team VR46. Nell’intervista di Nico Cereghini ha rilasciato dichiarazioni interessanti

D a quando è uscito dal Team Sky VR46 alla fine dell’anno scorso, Vit-toriano “Vitto” Guareschi è ritornato a occuparsi a tempo pieno della con-

cessionaria di famiglia. Ovvero la Guareschi Moto, che vende, ripara e prepara le Moto Guzzi da una cinquantina d’anni a Parma. Che è poi la città dove Vitto è nato nel 1971. Fratello di Gianfranco, anche lui ex pilota, è sta-to pilota di livello internazionale: due volte vice-campione nel mondiale Supersport 600 nel 1997

e 1998. E’ diventato poi collaudatore di lusso delle Ducati da corsa, SBK e MotoGP, dal 2001 al 2009, portando al debutto la Desmosedici nel 2002. Dal 2009 all’inizio del 2014 è stato diret-tore sportivo nel team Ducati MotoGP, e poco dopo è passato, con il ruolo di team manager, al neonato Sky Racing Team VR46. In occasione dell’ASI Moto Show, tenutosi a Va-rano de’ Melegari lo scorso fine settimana, Nico Cereghini lo ha intervistato sui trascorsi in Duca-ti Corse, nel Team VR46 e su altre questioni. Ne sono scaturite osservazioni interessanti.

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ANDREA DOSOLI“VOGLIAMO RIPORTARE UN POCO DI BLU NEL PADDOCK DELLA SBK”di Carlo Baldi | Dosoli è al lavoro per sviluppare in pista la nuova YZF R1 e portarla poi in Superbike. Yamaha pronta a supportare un team esistente, magari con Pata come main sponsor

Superbike

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Andrea Dosoli ha senza dubbio una lunga esperienza nel ra-cing, sia in Moto2 con il team Forward che in MotoGP con il team Hayate Kawasaki, pilo-ta Marco Melandri. In seguito però è approdato in Superbike, inizialmente con la stessa Ya-maha e ancora con Melandri e successivamente con il BMW Motorrad team dove il suo de-stino si è ancora una volta in-crociato con quello del pilota di Ravenna. Alcuni mesi fa Dosoli è stato richiamato dalla casa dei tre diapason e nominato Road Racing Project Manager, vale a dire responsabile dello sviluppo in pista della nuova Yamaha YZF-R1M, nonché del centro di R&D Racing Yama-ha che ha sede in Germania ed è nato per supportare tutti

i team che utilizzano la nuova superbike di Iwata. Abbiamo incontrato il manager italiano a Imola in occasione del quinto round del mondiale Superbike, per comprendere quale potrà essere il futuro di Yamaha nei campionati delle derivate dal-la serie, anche alla luce delle voci che parlano di un rientro ufficiale in Superbike nel 2016. Dalle sue dichiarazioni è emer-so che, contrariamente a quan-to in molti potevano pensare, non è ancora certo che la R1M sarà al via del mondiale SBK nel 2016 e soprattutto che la casa di Iwata non ha intenzione di organizzare un proprio team ufficiale, come era ad esempio quello che vinse il mondiale con Spies nel 2009. I tempi in Su-perbike sono cambiati e le case

cercano di appoggiarsi a strut-ture esistenti e consolidate, con le necessarie capacità tec-niche ed economiche, ai quali offrire le proprie moto ufficiali e tutto il supporto necessario per lo sviluppo in pista, soprattutto per quanto riguarda la parte elettronica. Senza una casa alle spalle i team non possono competere ai massimi livelli della Superbike e a loro volta senza un team ben strutturato le case non hanno intenzione di investire di tirare fuori tutto il budget necessario per gareg-giare nel mondiale delle deri-vate dalla serie. Ne è un chiaro esempio il team Aruba Ducati che si è appoggiato alla strut-tura ed agli uomini della Feel Racing e può contare sul sup-porto economico dell’azienda

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nel 2014 e YART (Yamaha Austria Racing Team), il team Milwaukee nel British Superbi-ke (piloti Josh Brookes e Tom-my Bridewell) il team MGM nel IDM tedesco (piloti Max Neu-kirchner e Damian Cudlin) ed il team MRS Yamaha nella Su-perstock 1000 FIM Cup (piloti Florian Marino e Kev Coghlan). Inoltre, tramite i nostri distribu-tori, supportiamo altre squadre in vari campionati sia nazionali che internazionali, che non si possono definire ufficiali ma con le quali condividiamo le informazioni e gli sviluppi della nuova R1M. Il nostro obiettivo è quello di dare accessibilità alla

tecnologia racing a più team, per fare in modo che i piloti possano esprimere il loro po-tenziale a pari condizioni. Vo-gliamo riportare un poco di blu nel paddock e, come avrete no-tato, tutte le nostre moto han-no la stessa colorazione».

Questo per un futuro in SBK?«Non è l’obiettivo principale. Attualmente vogliamo creare una base e ricostruire quello che in passato è stato lo spi-rito racing Yamaha. Visto che disponiamo di una moto nata per la pista come è la nuova R1, dobbiamo ricostruire una base che parte da chi va a girare in

pista, prosegue con il team pri-vato e arriva al team del mon-diale».

Siete soddisfatti di quanto avete fatto sino ad ora?«Siamo contenti del lavoro svolto sulla nostra nuova moto, che si è già dimostrata compe-titiva a livello Stock in Spagna, ha vinto nel campionato fran-cese e in quello tedesco. Nel-la Superstock 1000 FIM Cup quest’anno il livello è molto alto e ci scontriamo con realtà supportate direttamente dalle case, che dispongono di ottimi piloti. In questo campionato stiamo crescendo ed abbiamo

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di Arezzo. Oppure l’Aprilia, che ha affiancato il team Red Devils di Andrea Petricca o ancora la Honda, che da anni collabora con il team Ten Kate, economi-camente supportato da Pata, azienda italiana del settore ali-mentare. E a proposito di Pata sono molte le voci che parlano della possibilità che l’azien-da delle patatine, ovviamente scontenta dei risultati del team olandese, possa il prossimo anno supportare il team Ya-maha Superbike, che a questo punto potrebbe anche esse-re una delle squadre che già quest’anno sono appoggiate in maniera ufficiale dalla casa dei

tre diapason. Ammesso quindi che lo sponsor ci sia e che la struttura ed il team, si possano trovare, mancherebbero i pilo-ti. Visti i trascorsi di Dosoli e di Melandri è ovvio che radio pad-dock abbia subito legato i due personaggi, per quello che sa-rebbe un ennesimo ritorno. E a dare adito a queste voci è stata la presenza di Melandri a Imola. Abbiamo visto il pilota di Ra-venna ed il suo manager a col-loquio con Dosoli a tarda sera, nella hospitality Yamaha, ma il manager italiano della casa di Iwata ha ovviamente glissato sull’argomento limitandosi a commentare che, per quanto

ne sa lui, Marco ha ancora un anno di contratto con Aprilia. Riteniamo che abbia ragione e che la visita di Melandri fosse ad un vecchio amico e non al suo futuro team manager. Però come sappiamo “mai dire mai”.

Ci puoi spiegare quale sia l’at-tività racing di Yamaha legata alla nuova R1?«L’impegno di Yamaha nel racing avviene attraverso Ya-maha Europe ed è abbastanza ampio. Supportiamo in modo ufficiale 5 team in 4 campionati diversi. Due team nel mondia-le Endurance, il GMT94 cam-pione del mondo Endurance

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già ottenuto un podio con Co-ghlan, ma vogliamo continuare a crescere e a migliorare».

E la Superbike?«Attualmente vogliamo offrire ai piloti dei campionati naziona-li ed internazionali la possibilità di competere con la nostra R1 ai massimi livelli. E’ chiaro che però, essendosi la moto dimo-strata competitiva, ci siano del-le aspettative soprattutto da parte dei team e dei piloti che la stanno utilizzando in pista. Aspettative che si rivolgono ovviamente al mondiale Super-bike. Al momento non è ancora stato deciso se Yamaha entre-rà nel mondiale 2016. Diverse squadre hanno dimostrato in-teresse nei confronti della no-stra moto per quanto riguarda

il massimo campionato delle derivate dalla serie, ma ad oggi non c’è ancora nulla di definiti-vo e di deciso».

Scarti quindi la possibilità di vedere un team ufficiale Ya-maha in Superbike?«Al momento si. Stiamo valu-tando varie possibilità, ma pen-so che ci potremo appoggiare a squadre di esperienza già presenti nei campionati delle derivate dalla serie, che abbia-no non solo le capacità econo-miche ma soprattutto quelle tecniche per utilizzare le nostre moto. Al momento però dobbiamo ancora chiarire al nostro inter-no quali strategie attuare nei prossimi anni riguardo a que-sto argomento».

Yamaha è impegnata pesan-temente in MotoGP. Ci sono le risorse per la SBK?«Come ti dicevo, se entreremo in sbk sarà per supportare un team che abbia innanzitutto le capacità tecniche necessarie per competere ad alti livelli. In seconda battuta dovrà ovvia-mente avere anche la struttura e le risorse economiche neces-sarie, nonché piloti in grado di sfruttare le potenzialità del team e della moto. Stiamo valutando varie compe-tenze. La speranza è di portare avanti questo progetto per dimostra-re ai massimi livelli quale sia il grado di competitività della no-stra YZF-R1M».

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MAX BIAGGI WILD CARD A MISANO?di Carlo Baldi | Rivedremo Biaggi nel Mondiale Superbike? Sembra sia stata presentata a Dorna una domanda di partecipazione per Max al round di Misano, ma su Twitter il Corsaro smentisce

T orna o non torna? Sembra che Dorna abbia ricevuto una domanda di par-tecipazione da parte dell’Aprilia per Max Biaggi, che tornerebbe quindi in

pista nel weekend del 19, 20 e 21 Giugno al Misa-no World Circuit, su una RSV4, nell’ottavo round nel mondiale Superbike. A riportarlo è il Corriere dello Sport in un articolo a firma Federico Por-rozzi. Ovviamente non è ancora dato sapere se Biaggi sarà il terzo pilota del team Aprilia Racing

– Red Devils o se invece sarà in un altro box, con il team di sviluppo della casa di Noale con il quale da mesi il Corsaro lavora per migliorare le pre-stazioni della RSV4 in versione 2015. Sarebbe un ritorno con molti risvolti positivi e con i media pronti ad amplificare il clamore che deriverebbe dal rivedere in pista il sei volte campione del mon-do. Una maggiore visibilità per il mondiale Super-bike, una molto probabile maggiore affluenza di pubblico in circuito e certamente una maggiore

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audience per le trasmissioni di Italia1, con Me-diaset che lascerebbe quindi volentieri a Max la possibilità di abbandonare momentaneamente il microfono, per impugnare la manopola del gas. Per quanto riguarda l’Aprilia, consentire a Biag-gi di gareggiare con la quattro cilindri di Noale in versione 2015, darebbe l’esatto valore della nuo-va RSV4, che i regolamenti hanno rivoluzionato rispetto alla moto campione del mondo lo scorso anno. In altre parole Haslam e Torres stanno fa-cendo un ottimo lavoro, ma soprattutto in gara Max fornirebbe alla casa italiana dati importan-tissimi per rendere più competitiva la superbike veneta. A differenza di Bayliss, altro ex di lusso tornato a correre in Superbike nei round austra-liano e thailandese, Max non ha mai smesso di scendere in pista e grazie ai test effettuati con il team di sviluppo Aprilia non è solo in perfetta forma fisica, ma ancora pienamente in grado di sfruttare tutto il potenziale di una moto che lui conosce come nessun altro, per averla sviluppa-ta e portata al titolo mondiale. Il tracciato di Mi-sano non è stato scelto a caso, in quanto questa pista è sempre piaciuta a Max, che nei suoi ultimi

anni di attività qui ha conquistato due doppiette con la RSV4 (2010 e 2012) due secondi (2011) posti sempre con la moto di Noale ed un terzo posto (2008) con la Ducati privata Sterilgarda. Tutto farebbe quindi pensare che a Misano rive-dremo all’opera il sei volte campione del mondo, se non fosse che invece il diretto interessato ha pensato bene di smentire tutto su Twitter. “Ciao ragazzi – ha scritto Max - visti i “rumors” vi assicuro che sarò a Misano al 100% per la @WorldSBK ma solo come commentatore TV per @Sport_Mediaset !!” Solo pretattica? Che il Cor-saro voglia mantenere sino all’ultimo la suspense per un ritorno in grande stile? Una smentita che serve solo per facilitare le trattative in corso con i gli sponsor? Oppure Biaggi sta prendendo tem-po per valutare attentamente se tornare o meno a rimettersi in gioco in un campionato difficile e quanto meno diverso rispetto a quello nel quale ha gareggiato e vinto sino al 2012? Staremo a ve-dere. La nostra speranza è naturalmente quella di rivedere in pista Biaggi nel round di Misano e che arrivi quindi presto un comunicato ufficiale che trasformi i rumors in notizie certe.

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FRANÇOIS LEMARIEY“SPERO DI AVERE VILLOPOTO ANCHE NEL 2016”di Massimo Zanzani | Il 30enne team manager della squadra ufficiale Kawasaki fa con noi il punto della situazione in merito all’asso statunitense assente negli ultimi due GP

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François Lemariey è da un paio di anni alla guida del team uffi-ciale Kawasaki che quest’anno ha sostituito Gautier Paulin con Ryan Villopoto. Purtroppo, a parte la soddisfacente vittoria del GP di Thailandia, la prima parte della MXGP non ha ri-spettato le profonde aspetta-tive nate con l’arrivo del fuori-classe statunitense messo KO dalla spettacolare e inusuale caduta del Trentino. La frattu-ra del coccige lo ha costretto infatti a saltare la trasferta di Valkenswaard, ma poi anche quella spagnola dello scorso fine settimana. Nel paddock di Talavera, abbiamo fatto con Lemariey il punto della situa-zione per capire le condizioni di Ryan e non solo.«Dopo il GP del Trentino ab-biamo controllato la situazio-ne giorno per giorno che però

purtroppo non migliorava - ha spiegato il manager Kawasaki - così abbiamo deciso di farlo tornare negli USA per farlo la-vorare con il suo staff medico. Adesso aspettiamo di sentire quali sono le possibilità, se può rientrare per la gara in UK o se deve saltare altri GP, ad oggi ancora non lo sappiamo».

Il problema è il dolore che pro-va o ci sono altre conseguen-ze?«La frattura è stabile, ma è in una parte del corpo molto sen-sibile e dolorosa, e se si fa male ancora nello stesso punto può diventare un danno serio con un ulteriore allungo dei tempi di recupero. Quindi non ha senso correre soffrendo e rischiando un peggioramento, vogliamo che torni in buona forma fisi-ca».

Ryan come si sente?«Ovviamente è triste, per uno che sta correndo per il Mondia-le non può essere diverso. Tra l’altro stava facendo bene an-che in piste difficili come quella di Arco purtroppo gli dispiace saltare le gare ma c’è ancora speranza di rimontare per pun-tare al titolo».

Non molti sono riusciti a ca-pirlo, come è potuto cadere in quel modo?«E’ difficile da spiegare, perché non è stata una caduta norma-le. Credo sia stata la pressio-ne nel voler avere la meglio su Desalle col quale aveva avuto uno scambio di posizioni, il suo punto di forza è la motivazione e forse è andato troppo veloce in quel rettilineo per voler bat-tere il belga e non ha saputo re-agire ai dossi del terreno».

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girare un giorno in più?«Ryan non è abituato a correre due giorni, e la gara di qualifica-zione lo stanca per le gare uffi-ciali in quanto lui da sempre al cento per cento, senza pensare troppo. Invece qui serve un po’ di strategia per arrivare alla domenica in piena forma. Alla gara del sabato devi pensare se è necessario conquistare una buona posizione al cancello oppure no, e dopo averlo deci-so devi gestisci la manche nel modo ottimale».

Che differenze trovi fra l’anno scorso con Paulin e quest’an-no con Ryan?«Con Gautier era più facile per-ché è francese come molti di noi, anche se nel team parliamo comunque in inglese perché abbiamo anche degli italiani, dei tedeschi e dei belgi. Ma con Ryan c’è un bello scam-bio di esperienze perché lui ha la sua americana e noi quel-la europea, impariamo l’uno dall’altro e le cose funzionano. A livello di lavoro comunque non ci sono molte differen-ze perché sono entrambi due campioni e sanno quello che vogliono, ogni loro richiesta cerchiamo di soddisfarla. Ryan però è diverso perché da’ più luce al team, è un ragazzo sem-plice e se dobbiamo dirci qual-cosa lo facciamo senza proble-mi».

Com’è Ryan dietro le quinte?«Come ho detto è un ragazzo

alla mano, ha tanta esperien-za, sa quello che vuole e noi facciamo del nostro meglio per soddisfarlo. Sul lavoro è estre-mamente professionale, quan-do è in gara si focalizza molto sulla pista e sul setup per avere la miglior moto possibile e noi organizziamo tutto in modo che lui possa concentrarsi sulla gara senza distrazioni. Per il re-sto ha una buona relazione con il team e si sta godendo l’espe-rienza europea senza partico-lare stress».

Sua moglie Kristen ha molta influenza su di lui.«Credo che sia un membro im-portante del “team Villopoto”, per lui è una guida, gli organiz-za le giornate nel modo miglio-re e si prende completamente cura di lui».

Ti piacerebbe averlo ancora in squadra il prossimo anno?«Certo, anche perché attual-mente ci sembra di essere in una situazione incompiuta. Abbiamo lavorato bene tutti insieme per arrivare a un buon risultato, stavamo appena ini-ziando ad ottenerlo, ma le cose non sono filate nel verso giusto. Ai tifosi so che manca e che mancherebbe se non ci fosse il prossimo anno, speriamo che almeno adesso risolva i suoi problemi e che torni presto. Attualmente comunque non conosciamo i suoi programmi, e quello del 2016 noi lo faremo partendo dalla sua decisione».

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In questa gara avete usato un motore diverso perché voleva più potenza, strana decisione considerando il fondo estre-mamente sdrucciolevole del circuito trentino.«Abbiamo apportato delle mo-difiche importanti e abbiamo fatto dei test anche nei GP precedenti per trovare il setup giusto per lui, per adattare il suo stile di guida alle piste che abbiamo qui in Europa. Abbia-mo lavorato in collaborazione con Giappone e Stati Uniti per fornirgli la miglior moto possi-bile e stavamo andando bene, purtroppo la caduta è arrivata in un momento in cui eravamo riusciti ad avere anche il se-tup giusto sulle sospensioni. E’ un peccato che per ora non possiamo vederlo all’opera

perché ad Arco era conten-to della moto, si sentiva a suo agio, aveva un buon tempo e stava lottando con i migliori».

Un’altra stranezza è stato il debutto nella sua avventura iridata direttamente con il primo GP saltando le gare di inizio stagione che servono per verificare il livello di com-petitività del pilota e la messa a punto della moto.«Ha scelto lui questo program-ma invernale perché in Ameri-ca non si fanno gare prima del Supercross, si corre subito nel campionato. Forse è stato un nostro errore non insistere sul fargli provare la moto in un’al-tra gara, ma è stata una deci-sione comune di partire subito coi GP».

E così ci si è trovati al cancello della prima manche del Qatar che la moto gli si è spenta… E’ stato un suo errore o un pro-blema della moto?«Non saprei dire - è la risposta “politically correct” - quello che so è che nella seconda man-che ha usato lo stesso setup, non abbiamo cambiato nulla. Bisogna considerare che Ryan in quel momento era molto sot-to pressione, non correva da dieci mesi ed è stato per lui un weekend molto stressante».

Un’altra cosa che lascia per-plessi è il suo ripetuto lamen-tìo della formula di gara dei GP che prevede anche una manche il sabato: come mai un campione del suo calibro si senta in difficoltà a dover

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MXGP IN SPAGNA 2015. LE FOTO PIÙ SPETTACOLARITony Cairoli torna alla vittoria in sella a una KTM 450. Ecco gli scatti più belli della MXGP che raccontano il fine settimana di gare in Spagna di Massimo Zanzani

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RYAN DUNGEY“RISPETTO CAIROLI, UN TALENTO IMMENSO. CORRERE IN MXGP? PERCHÉ NO”di Andrea Perfetti | Il pilota KTM ha vinto il Supercross 2015 e ci parla della sua stagione formidabile, di Villopoto e del livello raggiunto dai piloti europei. Con qualche sorpresa

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è leggera e mi diverto un sacco a usarla».

La nuova motoHai provato a lungo la nuo-va moto prima di portarla in gara?«Direi di no, abbiamo dato le indicazioni durante la stagione alla KTM. Poi abbiamo provato la nuova SX-F 450 solo per al-cuni giorni, per affinare alcuni setting col team. Il lavoro poi prosegue durante le gare. Ma la base è davvero eccellente».

Parlaci delle differenze tra questo titolo e quello vinto nel 2010.«Per vincere quest’anno ab-biamo lottato davvero tanto, siamo scesi in pista in ogni gara per vincere. È stato un campio-nato difficile. In America la sfida del supercross è davvero tosta, ti confronti con piloti agguerriti, tutti vogliono arrivare davanti e si preparano al meglio per farlo. È il campionato di motocross più prestigioso qui negli US, e entrambe le vittorie sono im-

portanti. Quella del 2010 ha un significato speciale perché è la prima, ma quella di quest’anno racchiude tutto l’impegno mio e del team per arrivare alla vit-toria. La volevamo e abbiamo lottato in ogni gara per vince-re».

La tua stagione è lunghissi-ma: 17 gare Supercross e poi via, quasi senza sosta, con le 12 gare outdoor. Come ti pre-pari e come ti senti ora?«Sì, abbiamo una stagione

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Supercross

R yan Dungey nel 2015 entra nella storia del fanta-stico campionato

Supercross AMA. Vince il suo secondo titolo nella massima categoria (la 450), bissando il successo ottenuto nel 2010 con la Suzuki. Nel 2015 Ryan incorona regina del Supercross americano un’azienda euro-pea, la KTM con cui corre dal 2012. È stato un anno trionfale per la Casa di Mattighofen negli USA. Ha dominato la 450 con Dungey (KTM SX-F 450), ma si è anche imposta nella 250 East Coast con Marvin Musquin (KTM SX-F 250) e ha rischiato l’en-plein nella 250 West Coast con Shane Mcelrath (KTM SX-F 250), che è comunque giunto secondo. KTM si è confermata leader quasi incontrastata in pi-sta, consacrando la qualità del prodotto, il talento dei piloti, ma anche la bravura del team manager Roger De Coster e di tutti i ragazzi del reparto racing americano (ve ne parleremo in

dettaglio nei prossimi giorni). Ryan Dungey ha vinto il cam-pionato indoor – quello più seguito in America, ma molto popolare in tutto il mondo – a Houston, con ben tre gare di anticipo. Fuori Roczen (infortu-natosi a una caviglia), Stewart (per doping) e Villopoto (che corre in MXGP contro Tony Cairoli), Ryan ha lottato con ca-parbietà e ha saputo rintuzzare gli assalti dei giovani piloti To-mac, Peick, Seely e Grant. Dun-gey ha dimostrato di essere un vero campione, amministrando il proprio vantaggio e curan-do gli avversari, pronto a dare la zampata vincente quando necessario. Lo abbiamo incon-trato durante la gara del New Jersey, quando era già campio-ne. Lo abbiamo trovato disteso, sorridente e felice di scambiare due battute con la stampa eu-ropea. Ci ha parlato della sua stagione, ma anche della sfida tra Cairoli (di cui si è dichiarato amico) e Villopoto. Vale la pena ascoltarlo, perché Ryan è oggi

un pilota maturo e il suo punto di vista non è mai banale.

Ryan, complimenti per la tua vittoria nel Supercross 450. Quest’anno sei sembrato in grande forma e assistito da una moto assolutamente per-fetta, con un gran motore e una ciclistica davvero a pun-to. Su che cosa avete lavora-to?«La SX-F 450 si è rivelata la moto perfetta per vincere il Supercross. La moto in questi tre anni ha ricevuto un lavo-ro di sviluppo superbo grazie al reparto corse americano, che ha scambiato le informa-zioni e le migliorie con quello austriaco. In questo senso il contributo mio come quello di Antonio Cairoli sono stati mol-to importanti e hanno guidato lo sviluppo della nuova moto. È bello vedere come questi mi-glioramenti siano veramente confluiti sulla moto entrata in produzione quest’anno: la 450 ha un bilanciamento fantastico,

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dalla moto alla preparazione mentale. Il primo titolo con la Suzuki è stato speciale, vince-vo da rookie (esordiente, nda). Ma questo, con la KTM, è anco-ra più speciale perché rappre-senta la vittoria anche di Roger, che ha scommesso sulla KTM e sul lavoro dei ragazzi austriaci. Roger è una persona fantastica e si merita fino in fondo questo successo».

Come l’hai conosciuto?«Ero un pilota amatore di 15 anni e sono andato a parlare da Roger, spinto da mio papà. Gli ho chiesto di mettermi alla prova, di guardare come guida-vo. E la mia vita è cambiata, in

meglio ovviamente. È stato un incontro figo!».

La strategia di garanel SX e il ruolo di Aldon BakerRyan, parliamo della tua strategia di gara. Mi ricordi il nostro Cairoli. Nei primi giri spesso te ne stai buono, la-sci che gli altri si sfoghino. E al momento giusti sferri l’at-tacco che ti porta in testa. Sei molto lucido, attento alla strategia. Ma come fai gestire la pressione in gare così tira-te?«Non puoi controllare tutto. Ma certamente mi alleno tan-

to durante la settimana per partire primo. Se parti in testa, sei giù fuori dai guai. Fai le tue linee, eviti i contatti coi rivali. Ma se sei in testa al campiona-to, ci sono anche giorni in cui devi ragionare e capire quan-do è il caso di accontentarsi di un buon risultato e lasciare la vittoria a un altro. Comunque partire dietro è spesso perico-loso, ci sono troppi contatti. Si rischia la caduta».

Hai un trainer speciale, Aldon Baker. Ma fa davvero la diffe-renza per voi piloti?«Sì, Aldon è il migliore. Ti affidi a lui, gli dai la tua fiducia e non devi pensare più a nulla. Orga-

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logorante, con 17 gare Super-cross, 12 di National. Poi ci sono anche il Motocross delle Nazioni e la Monster Cup. Ci vo-gliono anni per adattarsi a que-sto stress, non solo fisico ma anche mentale. Devi prepararti al meglio, ma devi anche capire come dosare le tue energie. Al-trimenti non ce la fai a finire la stagione da vincente. In Ame-rica un pilota professionista ha una carriera faticosa e per questo anche breve, arrivi a 30 anni e spesso devi dire basta».

Il Motocross delle NazioniHai parlato di Motocross delle Nazioni. È ancora importante

per voi americani?«Certo che lo è e ci teniamo moltissimo. Non ci interessa fare la passerella, ma vogliamo tenere alto il nome del nostro Paese e far bella figura. So che ogni anno, tra gli appassionati, si scatena il dibattito su quale sia il pilota più forte al mondo. Ma non lo si può giudicare da un evento che si apre e si chiu-de in un giorno, dove non c’è possibilità di rimediare a un er-rore. Comunque confermo che resta una gara a cui anche noi americani teniamo parecchio. Vogliamo andare per vincere, c’è un sacco di gente. Non mi piace però la sorta di giudizio finale che pende sui piloti: dopo

un giorno ti eleggono campio-ne o perdente. D’altra parte succede lo stesso anche nelle Olimpiadi, ti alleni per quattro anni, ma poi ti giudicano in po-chi secondi».

Il rapporto paterno con Roger De CosterHai vinto entrambi i titoli Su-percross con Roger De Co-ster. Avete un rapporto spe-ciale, è una secondo papà per te?«Hai ragione, ho un rapporto unico con lui. Lo conosco da quando ero un bambino, è alla base del mio successo sporti-vo. Mi ha aiutato tanto, è parte della mia vita. Mi aiuta in tutto,

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nizza lui la tua giornata e lo fa in modo perfetto. Credo nel suo programma e nel suo lavoro. Lui mi dice cosa devo fare, come mi devo allenare e io lo seguo al 100%. Ho la mente sgombra da ogni complicazione e penso solo ad ottenere il massimo risultato, sia in allenamento che in gara. Baker ha portato tanto equilibrio nella mia carriera, in pista ma anche fuori».

Quest’anno ci sono state tante novità nella tua vita. Moto nuova, ma anche nuova vita. Ti sei sposato!«Sì, ci siamo sposati in novembre, ma abbiamo fatto solo 7 giorni di luna di miele. Ho una brava moglie, che capisce il mio lavoro e mi supporta. È la migliore, mi sta sempre vicino e sempre col sorriso».Gli avversari: da Stewart a Roczen

Quest’anno sono usciti di scena Stewart, Roc-zen e Villopoto. Chi sarebbe stato l’avversario più duro da battere?«Il più forte è Villopoto. Lo conosco bene, abbia-mo corso insieme a lungo e ci siamo allenati sulle stesse piste. È solido, forte. Ma anche i giovani si sono rivelati fortissimi. Tanti di loro si sono di-mostrati capaci di vincere una singola gara. Ma noi li abbiamo battuti, siamo stati più costanti e concreti».

Il commento su Villopoto e CairoliCosa pensi della stagione europea di Villopoto?«Ryan ormai era appagato dalle vittorie in Ame-rica, aveva bisogno di nuovi stimoli e di cambiare dopo tanti anni da top rider nel Supercross. In

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Europa ha però trovato condizioni così diverse. Qui è tutto veloce, rapido. Da voi si inizia invece a correre già il sabato. È una sfida bella tosta, battere i piloti europei è molto difficile. Negli ul-timi 5 anni sono cresciuti tantissimo. Sfortuna-tamente Villopoto è caduto ad Arco di Trento e ha perso terreno, la stagione è compromessa. Spero possa riprendersi al più presto. Rispetto Antonio Cairoli e gli altri della MXGP, hanno un talento immenso. Soprattutto gli 8 titoli di Cairoli testimoniano che è un vero, grande campione».

Nei prossimi anni cosa farai? Pensi anche tu alla MXGP?«Ho firmato con KTM per correre in America con loro altri due anni, fino al 2017. Poi valuterò il da farsi, per ora resto concentrato sui prossimi obiettivi. Non escludo nulla».

Supercross

Page 49: YAMAHA YZF-R3 · vere e proprie superbike da 120 cv per le 600 o addirittura 200 cv per una vera 1000. Forse un salto un po’ troppo grande da affrontare per un ragazzo, che metteva

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