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XXVIII Convegno SISP
Università di Perugia - Dipartimento di Scienze Politiche e Università per Stranieri di Perugia
Dipartimento di Scienze Umane e Sociali
11 - 13 settembre 2014
Militanza e primarie in Sinistra Ecologia Libertà: un connubio sempre attuale?
Marino De Luca [email protected]
Carlo Pala [email protected]
Fabio Sozzi [email protected]
Panel: Le Primarie e la militanza: come cambia il ruolo degli iscritti ai partiti (Giulia Sandri e Antonella Seddone)
1. Introduzione: una sinistra nuova o una nuova sinistra? La nascita di SEL
La sconfitta della “Sinistra Arcobaleno” alle elezioni Politiche del 2008 e la contestuale scelta
del Partito Democratico di presentarsi da solo alle medesime consultazioni elettorali, hanno
riproposto un tema costante nel nostro Paese e nel suo sistema politico: la riorganizzazione
(mancata) di una sinistra erede della tradizione del PCI e non solo. L’idea di unire nel 2008 tutte le
forze di sinistra organizzate (Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi, Sinistra
Democratica) per poter costituire una alternativa a sinistra del PD ha fallito. Il risultato del 3,1%
impediva alla sinistra per la prima volta l’ingresso nel parlamento. Tuttavia l’esigenza di creare
comunque un soggetto unitario della sinistra italiana ha spinto diverse personalità politiche e forze
partitiche a riorganizzarsi e a proporre un soggetto politico, Per la Sinistra, inteso come piattaforma
comune a cui far aderire le diverse esperienze (comuniste, socialiste, ecologiste).
I principali eredi di tale volontà costituivano nel marzo del 2009 un’aggregazione elettorale in
vista delle europee, denominata Sinistra e Libertà (SL). All’interno di tale cartello erano contenuti i
fuoriusciti da Rifondazione Comunista (con Nichi Vendola) di Movimento per la Sinistra, quelli dei
Comunisti Italiani (con Umberto Guidoni) di Unire la Sinistra, i contrari alla nascita del PD (con
Fabio Mussi e Claudio Fava) di Sinistra Democratica e gli ecologisti di Loredana De Petris; in più,
i Verdi e il PSI decidevano di far parte del cartello elettorale di SL, abbandonando comunque tale
esperienza rispettivamente a ottobre e a novembre 2009. A dicembre dello stesso anno, dunque, al
di là dei Verdi e del PSI i quali optavano per un cammino diverso (cercare una nuova costituente
“verde” e, i socialisti italiani, porre le basi per un dialogo sempre più stretto con il PD di Bersani),
le altre forze di SL si sono finalmente accordate per la nascita di un nuovo soggetto politico: il 20
dicembre del 2009 nasce così a Roma Sinistra Ecologia Libertà (SEL). L’Assemblea costituente
che aveva originato SEL non aveva fatto altro che trasformare, in quel dato momento, un cartello
elettorale in un movimento politico; infatti, SEL non aveva ancora celebrato alcun congresso e la
prudenza per una situazione politica ancora in divenire suggeriva ai fondatori del movimento di
attendere, per la costituzione in forza partitica organizzata, gli esiti delle regionali successive. Il
portavoce di SEL è stato individuato in quella personalità politica che più si è spesa per la nascita di
tale soggetto e che, per il ruolo istituzionale che possedeva, si poneva anche mediaticamente come
riconoscibile dall’opinione pubblica: il Presidente della Giunta regionale della Puglia, Nichi
Vendola. Alle regionali del 2010 SEL non ha fatto registrare le percentuali attese all’inizio,
attestandosi più o meno sempre al 3% (e comunque presente solo in 9 regioni su 13 che andavano al
voto), a parte la Regione Puglia, che ha visto la riconferma di Vendola come presidente con quasi il
49% dei consensi e SEL arrivare al 9,8%. Il 22-24 ottobre del 2010 SEL celebrava il suo primo
congresso costituendosi partito politico come da suo Statuto fondativo. Come nella relazione di
Vendola, eletto Presidente (eliminando la figura del “segretario”, maggiormente rappresentativa
nella tradizione storica dei partiti di sinistra), la nascita del Partito «doveva riempire un vuoto della
sinistra in Italia oramai resosi insostenibile» e aveva dunque il compito, metaforicamente, di
«riaprire la partita» (Documento Congressuale, I Congresso fondativo di SEL, 2010).
Ad ogni modo, appare singolare come questo partito abbia fatto parlare spesso di sé e sia
contemporaneamente riuscito a farsi conoscere, malgrado la recentissima formazione e il panorama
politico dominato in quel frangente dal PD e dal PdL. SEL, nel suo primo anno e mezzo di vita
“ufficiale”, ha conseguito una certa notorietà mediatica in seguito alla vittoria di alcune elezioni
primarie comunali in città importanti. Vittoria alle primarie che in seguito, e inaspettatamente nella
maggior parte dei casi, si è trasformata in successo alle comunali stesse. Inizia così il primo
segmento di storia politica di questo partito, segnato proprio dall’affermazione (soprattutto su/i
candidato/i del PD, fattore che evidentemente amplifica la portata di tali successi) alle elezioni
primarie di propri esponenti o comunque di candidati proposti da SEL (Seddone e Valbruzzi 2012).
Giuliano Pisapia a Milano, Massimo Zedda a Cagliari, Marco Doria a Genova, tra il 2011 e il 2012,
hanno contribuito a rendere l’idea collettiva di SEL come partito “acchiappa-primarie”.
In verità, spesso per candidature (in buona parte multiple) contrapposte dal PD non giudicate
all’altezza, SEL ha saputo costruire sui suoi candidati l’immagine del partito che trova in occasione
delle elezioni primarie le proprie migliori performance. La figura di Nichi Vendola, in particolar
modo, ha saputo sostanziare questa idea. Vendola ha vinto infatti due primarie della coalizione di
centrosinistra per la regione Puglia (nel 2005, quando ancora era militante di Rifondazione
Comunista, e nel 2010, già in SEL), ambedue contro lo stesso candidato, vincendo in seguito le
elezioni regionali. La propria leadership interna si era dunque ulteriormente rafforzata, anche grazie
alle primarie vinte nelle varie città da esponenti del suo partito. Inoltre, il partito alle comunali è
riuscito a vincere quella sorta di “maledizione del 3%” che aveva contraddistinto sino allora i
risultati elettorali; in diverse città supererà abbondantemente tale percentuale e contribuirà a far
vincere nettamente i referendum abrogativi del giugno del 2011 sui beni comuni e sul nucleare.
Inoltre, a una festa dell’Italia dei Valori a settembre dello stesso anno, la presenza simultanea di
Vendola, Di Pietro e Bersani, aveva preannunciato che l’asse portante per le prossime Politiche
sarebbe stato costituito dal PD, da SEL e dall’IdV, il cosiddetto “accordo di Vasto”.
Sedi di SEL si moltiplicano in tutta Italia, malgrado il partito perda dal 2011 al 2012 circa
ottomila iscritti. Ad ogni modo, il legame stretto del partito con le elezioni primarie si riproponeva
in occasione delle Primarie del Centrosinistra del novembre-dicembre 2012. Vendola, infatti,
comprendendo che l’accordo di Vasto non era per nulla scontato, ha deciso tra luglio e agosto 2012
la propria partecipazione. I risultati delle Primarie nazionali, sebbene quella di Vendola non potesse
configurarsi come una candidatura di SEL in quanto partito-apparato, sono stati deludenti per le
aspettative iniziali: all’unico primo turno cui ha potuto partecipare, il leader di SEL ha conseguito il
15,6%, ben distanziato da Bersani e Renzi. Tuttavia, il partito annuncia che avrebbe svolto le
primarie per la scelta dei propri parlamentari, le cosiddette “parlamentarie”, a fine dicembre del
2012, negli stessi giorni di quelle organizzate dal PD.
I risultati delle Politiche sono nuovamente deludenti: il 3,2% alla Camera e il 3% al Senato.
Solo il fatto di aver partecipato in coalizione con il centrosinistra di Italia. Bene Comune ha
permesso al partito, che altrimenti non avrebbe superato lo sbarramento, di eleggere 37 deputati e 7
senatori. Malgrado le percentuali non ottimali, SEL ha eletto propri parlamentari per la prima volta
nella sua brevissima storia politica.
L’idillio col PD pare essersi interrotto con la decisione di non appoggiare i successivi governi
Letta e Renzi, stando all’opposizione. Il II Congresso del partito del 24-26 gennaio 2014 a Riccione
conferma tale posizione e decide l’appoggio di Tsipras (in Italia, assieme a Rifondazione
Comunista) come candidato alla Commissione Europea, sancendo una certa “radicalizzazione”
della propria linea politica. Malgrado il buon risultato elettorale del 4% di quella lista conseguito in
buona misura grazie a SEL, questa forza politica non ha eletto nessun europarlamentare. Anche a
seguito di frizioni derivate dall’epilogo di tali consultazioni elettorali, SEL subisce a giugno del
2014 una sorta di “mini-scissione” , perdendo il suo capogruppo alla Camera, Gennaro Migliore, e
altri importanti esponenti come Claudio Fava e Titti Di Salvo, in seguito al voto sul cosiddetto
“Decreto IRPEF”. Alla fine di queste vicende, SEL perdeva 12 deputati.
Sinistra Ecologia Libertà è un partito finora trascurato dalla letteratura scientifica. Questo
paper vuole tentare di colmare questa lacuna, studiando, attraverso una web survey, la membership
del partito, in particolare attraverso l’indicatore costituito dalla accettazione e gradimento delle
primarie come strumento di selezione della classe politica. Grazie ad alcune tecniche statistiche –
CATPCA e cluster analysis – cercheremo di capire gli elementi di somiglianza e di differenza tra
gli iscritti SEL ipotizzando alcune tipologie di membri e atteggiamenti rispetto allo strumento delle
primarie.
2. Framework teorico
Il crollo dei partiti come associazioni di iscritti (Mair e van Biezen 2001; van Biezen, Mair e
Poguntke 2011) ha in qualche modo cambiato la categoria degli aderenti. Tuttavia, nonostante la
dimensione leggera delle organizzazioni partitiche, ovvero di parties without partisans (Dalton e
Wattenberg 2000), i partiti continuano a cercare «partigiani» per le loro organizzazioni (Ware 1996;
Scarrow 2000). Tuttavia, i nuovi iscritti, sono più motivati da «ragioni opportunistiche rispetto ai
militanti dei partiti tradizionali, non vedono più l'adesione ad un partito come una vocazione, o
scelta di vita» (Raniolo 2013, p. 29): una membership infedele e sostanzialmente legata ad interessi?
Probabilmente il processo di modernizzazione con le trasformazioni socio-economiche e gli alti
livelli di istruzione ha spinto in generale l'individuo verso una maggiore autonomia politica (Dalton,
Flanagan e Beck 1984). In questo contesto per von Beyme (1996) siamo davanti a partiti omnibus
dove «le persone entrano nel "veicolo", sono trasportate per un tratto di strada e scendono quando
non vedono alcuna ragione per continuare. La relazione tra partito e iscritti diventa tanto
strumentale quanto quella con i leader» (ivi, p. 147). La vocazione degli aderenti è che la loro
«organizzazione esista ed abbia successo» (Crouch 2003, p. 80) nella speranza che il partito possa
rappresentare determinati valori e politiche.
Il «come e perché si entra nell'organizzazione» (Raniolo 2013, p. 21) ha direttamente a che
fare con «il problema dell'azione collettiva, ovvero della partecipazione (interna) che rimanda alle
esigenze di reclutamento, alla quantità e qualità delle adesioni, al ruolo della militanza, nei termini
di Katz e Mair (1994) alle trasformazioni del partito in quanto associazione di iscritti (il cosiddetto
party on the ground)» (ibidem). Da questa prospettiva, il concetto di aderente è analizzato da una
parte in base alla sua orizzontalità, relativa all'ampiezza della base degli iscritti, ossia il «far parte»,
l'esser parte di una organizzazione partitica (l'estensione della base degli aderenti); dall'altra, la sua
verticalità, ovvero il «prender parte» all'organizzazione partito influenzandone dinamiche interne e
processi decisionali (l'intensità del ruolo degli aderenti). In breve, ci troviamo di fronte a una
dinamica di differenziazione interna tra una visione prettamente quantitativa, legata ai numeri
grezzi degli iscritti, ed una visione qualitativa di valutazione rispetto al «loro ruolo effettivo»
(Raniolo 2013, p. 26).
I processi di democratizzazione interna dei partiti hanno cambiato i rapporti tra iscritti e
organizzazione politica. In pratica, lo spostamento del potere di selezione alla base del partito ha
provocato una diminuzione del ruolo degli attivisti intermedi, coloro che in qualche modo possono
limitare il processo di autonomia della leadership. Il potere cresce ai due estremi, base e leadership,
bypassando in qualche modo le strutture intermedie. «L'espansione del selettorato può essere una
strategia dell'élite per sottrarsi al controllo della base» (Katz 2001, p. 293) dove, appunto, a una
membership più diluita viene attribuito un potere più importante rispetto al passato, nonostante il
crollo dei numeri. Elemento ancora più importante – relativamente alla democratizzazione
intrapartitica – è il fatto che tale processo «viene esteso agli iscritti in quanto individui, invece che a
quella che si potrebbe chiamare la base del partito» (Mair 1997, trad. it. 2006 pp. 148-150)1. La
logica è che «gli iscritti ordinari meno coinvolti nella vita del partito siano più suscettibili a fattori
come la notorietà, e conseguentemente più propensi a seguire le direttive di una leadership dalla
visibilità elevata» (Hazan 2002, trad. it. 2006, 190).
Questa trasformazione del ruolo dell’aderente ha posto alcune questioni importanti alla nostra
analisi: come si rapportano gli iscritti di SEL alle primarie? Come valutano il proprio ruolo di
iscritto rispetto all’aumento di inclusività nei processi di selezione?
3. Nota metodologica
La web survey condotta sugli iscritti SEL aveva l’obiettivo di valutare le attitudini politiche e
il comportamento elettorale in relazione alle primarie2. L'indagine si è concentrata sui modelli di
partecipazione e sugli atteggiamenti relativi alle elezioni primarie del 2012. L'indagine è stata
realizzata sulla base della metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interviewing). Gli iscritti
sono stati contattati dai responsabili di Sinistra Ecologia Libertà. Questo è stato possibile perché al
momento dell’iscrizione al partito, ai singoli iscritti è stato richiesto un contatto email. L'email
inviata dagli uffici centrali del partito conteneva un link ad un sito web, dove gli iscritti all’interno
del campione potevano compilare il questionario (la pagina del sondaggio è rimasta attiva dal 19
novembre 2012 all’11 febbraio 2013).
Alla fine del 2011, Sinistra Ecologia Libertà registrava 40.434 aderenti a livello nazionale.
Durante il periodo di circa tre mesi in cui l’indagine è stata aperta, sono state raccolte 5256 risposte,
delle quali 4486 complete in ogni sua sezione. Gli intervistati rappresentano circa il 13% degli
iscritti generali al partito (popolazione di riferimento). Il tasso di risposta della websurvey è del
superiore all’85%.
Nella nostra analisi abbiamo considerato i 4486 casi di partenza, ridotti successivamente a
3719 per i seguenti motivi:1) gli item relativi all’atteggiamento degli iscritti rispetto alle primarie
(cfr. Tab 2) presentavano una scala a intervallo di 4 punti (“per nulla”, “poco”, “abbastanza”,
“molto”), oltre i “non so” e i valori mancanti; 2) abbiamo eliminato i casi in cui era presente la
modalità “non so” e i missing values in quanto costituivano un problema rispetto all’approccio
statistico adottato (variabili non ordinabili); 3) la scelta ha portato a “purificare” il dataset di 767
casi rispetto all’originale, rendendo le variabili “ordinali”; 4) sui 3719 restanti abbiamo applicato
una CATPCA con optimal scaling per trasformare le variabili ordinali in metriche e
successivamente una cluster analysis sui fattori individuati.
In sintesi, la nostra analisi punta a: identificare il set di indicatori per le dimensioni relative
agli atteggiamenti dei militanti verso le primarie; testare la validità della struttura delle dimensioni
individuate; ipotizzare attraverso una cluster analysis i selettori-aderenti; valutare la significatività
dei cluster con le variabili sociografiche e politiche.
1 «In altri termini, non sono il congresso, o la élite di medio livello, o gli attivisti ad acquisire potere, bensì gli iscritti
ordinari, i quali sono allo stesso tempo più docili e più propensi a sostenere le politiche (e i candidati) proposti dalla
leadership del partito e dal partito nelle cariche pubbliche. Si tratta di una delle tendenze più evidenti […]: può essere
che un partito compiutamente democraticizzato sia più esposto al controllo da parte del partito nelle cariche pubbliche»
(ibidem). 2 In verità, la nostra web survey conteneva domanda anche sul rapporto tra il singolo iscritto e la militanza nel partito, il
modo di intendere la sua vita attiva nel partito, insomma. Ovviamente, in questo lavoro abbiamo utilizzato, per la
successiva cluster alaysis, solo gli items che ci parevano utili allo scopo del presente lavoro.
4. Una premessa: l’identikit sociografico dell’iscritto “sellino”
Questa sezione del paper – utile prima di affrontare i risultati della ricerca – analizza alcune
variabili sociografiche necessarie per avere un quadro generale dell’iscritto-tipo di SEL.
In numeri assoluti, gli iscritti SEL possono essere studiati in base ai soli quattro anni di
attività del partito (2010, 2011, 2012 e 2013). Da questo punto di vista, SEL ha subito un calo di
iscritti fino al 2012, mostrando una certa ripresa nell’ultimo anno di cui possiamo rendere conto.
Infatti, nel 2010, anno della fondazione del partito, SEL contava 45.278 iscritti3, scesi a 40.434 nel
20114. Il “crollo” lo si avverte nel 2012, con il numero di iscritti che diminuisce fino a 32.947
5. Una
piccola ripresa la si è potuta registrare nel tesseramento 2013, nel quale SEL risale fino a 34.279
iscritti6, seimila iscritti in meno che nell’anno della sua fondazione. Probabilmente, la sconfitta di
Vendola alle Primarie nazionali, prima, e il passaggio-ricollocazione all’opposizione dopo le
Politiche 2013, poi, hanno provocato una certa emorragia di iscritti, peraltro presenti in tutti i partiti.
Ora resta da verificare, alla fine del 2014, quanto – e se – avrà pesato la scissione che si è ricordata
precedentemente.
Appare comunque utile provare ad “entrare” dentro il partito e vedere la composizione degli
iscritti. I circa 3.700 rispondenti alla nostra web surbvey sono suddivisi, in base alle proprie
caratteristiche sociografiche, come è illustrato in Tabella 1.
Tabella 1 – Profilo sociografico iscritto SEL
% %
Circoscrizione di appartenenza* Dimensioni comune di residenza
Nord-Ovest 22,5 Meno di 5000 abitanti 11,8
Nord-Est 14,1 Fra i 5000 e i 15000 abitanti 21,1
Centro 29,0 Fra 15000 e i 30000 abitanti 16,1
Sud 23,8 Fra i 30000 e i 100000 abitanti 23,5
Isole 10,6 Fra i 100000 e i 500000 abitanti 13,0
N 3684 Oltre i 500000 abitanti 14,6
N 3719
Genere Titolo di Studio
Donna 26,9 Licenza elementare o nessun titolo 0,5
Uomo 73,1 Licenza media 9,1
N 3719 Diploma di scuola superiore 44,8
Laurea 45,6
N 3719
Età Professione
under 18 0,2 Altro 11,8
18-24 5,7 Dirigente, magistrato, docente universitario 4,2
25-34 15,1 Imprenditore 1,8
35-44 16,8 Lavoratore autonomo 4
45-54 24,1 Libero professionista 9,6
55-64 28,9 Insegnante 6,2
over 65 9,3 Impiegato 27
N 3718 Operaio e simili 5,8
Pensionato/a 16
Disoccupato/a 5,4
Casalinga 0,8
Studente 7,4
3 https://web.archive.org/web/20110129224907/http://www.sinistraeliberta.eu/tesseramento2011/.
4 http://www.sinistraecologialiberta.it/partito/storia/.
5 http://archiviostorico.corriere.it/2013/luglio/23/crollo_degli_iscritti_Dimezzati_sessant_co_0_20130723_64bba554-
f359-11e2-bfc6-66db01863093.shtml. 6 http://www.sinistraecologialiberta.it/notizie/riccione-il-2-congresso-di-sel-al-centro-della-discussione-le-prospettive-
per-il-paese-e-leuropa-la-ricostruzione-di-un-campo-vero-per-la-sinistra/.
N 3719
Frequenza funzioni religiose Contratto di lavoro
Mai 69 Precario 11,7
Due o tre volte all’anno 18,1 A tempo indeterminato 88,3
Una volta al mese 2,9 N 3719
Due o tre volte al mese 3,5
Tutte le settimane 4,4
Non so 2,1
N 3719 *le 5 circoscrizioni territoriali individuate per le elezioni europee
Fonte: websurvey C&LS.
Il primo elemento che si sottolinea è la netta prevalenza di rispondenti uomini: il 73,1%
contro il restante 26,9% di donne. Questo dato è in linea con le percentuali che si possiedono sui
dati finali degli iscritti a SEL7, dove pare costante una prevalenza degli iscritti maschi sulle donne.
Per ciò che attiene il titolo di studio, SEL si presenta come un partito costituito da un insieme di
iscritti in possesso di un grado di istruzione quasi totalmente medio-alto; infatti, il 90,4% assomma
coloro che dichiarano come massimo titolo di studio il diploma (44,8%) o la laurea (45,6%). Per ciò
che attiene le coorti di età dei rispondenti, il numero degli iscritti aumenta con l’aumentare dell’età,
fino ai 64 anni, oltre i quali il dato scema notevolmente. La maggior parte degli iscritti rispondenti
si colloca nella fascia di età compresa tra i 55 e i 64 anni (28,9%), mentre, come era facile
attendersi, sono gli under 18, con appena lo 0,2%, a segnare il dato più basso. Ad ogni modo, il
31,9% è formato da militanti compresi tra i 25 e i 44 anni. I dati sull’età confermano comunque la
crescita di partecipazione politica (in questo caso, di iscrizione a un partito), al crescere dell’età
anagrafica. La professione dichiarata dagli iscritti è in particolare quella impiegatizia (27%), che
mostra una tendenza la lavoro pubblica tra gli iscritti di SEL; poi, seguono i pensionati (16%) e a
una certa distanza i liberi professionisti con il 9,6%. Gli operai o lavoratori ad essi assimilabili, si
attestano al 5,8%, chiaro segnale del fatto che i partiti di sinistra sono no single issue oriented,
mentre i disoccupati con il 5,4% e gli studenti con il 7,4% costituiscono assieme una relativamente
importante presenza nel partito. In buona parte legato a questo tema, e alla conferma di SEL come
partito composto soprattutto da lavoratori appartenenti al pubblico, pare essere il dato sui contratti
di lavoro degli iscritti che dichiarano di averne uno: la stragrande maggioranza, l’88,3%, afferma di
possedere un contratto a tempo indeterminato, dove i precari si “fermano” solo all’11,7%. Dove
invece si conferma appieno quanto ci si attenderebbe da una forza di sinistra (spesso definita
“radicale”) come SEL, è l’analisi della frequenza a funzioni religiose da parte dei militanti: il 69%
degli iscritti dichiara di non partecipare mai ad alcuna funzione religiosa, a testimonianza di un
campione di iscritti decisamente lontano dalle pratiche religiose. Sporadicamente, si reca in chiesa
solo il 18,1% del campione, mentre all’aumentare della frequenza si assiste a una netta diminuzione
delle percentuali. Inoltre, abbiamo anche alcuni dati che mostrano da dove abbiano risposto gli
iscritti di SEL e, di converso e presumibilmente, dove il partito sia più presente e meglio
organizzato. Per “comodità geografica” abbiamo utilizzato le cinque circoscrizioni per le elezioni
europee, tenendo presente che ovviamente il numero di abitanti non è dappertutto similare. Quindi,
il 29% risponde dal Centro Italia mentre appena il 10,6% dalle Isole, mentre quasi il 24% è un
iscritto nel sud Italia. Secondo la dimensione demografica dei comuni di residenza, invece, i
militanti provengono come maggioranza relativa dai centri di medie dimensioni: il 23,5% abita in
Comuni tra i 30mila e i 100mila abitanti, mentre se consideriamo i medi e i piccoli centri assieme
(tra i 5mila e i 30mila abitanti), arriviamo a una percentuale del 37,2%; tutti questi valori
riproducono la distribuzione generale della popolazione italiana e per questo motivo sembrano
maggiormente veritieri.
7 Ad esempio, nel 2013, SEL ha avuto il 63% di uomini e il 37% di donne, mentre nel 2010 si aveva il 68,5% di uomini
e il 31,3% di donne. Cfr. www.sinistraecologialiberta.it.
5. Il rapporto tra iscritti SEL e primarie
Nell’analizzare il nostro dataset, abbiamo usato la CATPCA – Categorical Principal
Components Analysis (Meulman e Heiser, 1999) – con l’obiettivo di identificare componenti
sottostanti al nostro set di variabili osservate qualitative e ordinali (Tab. 2). L’obiettivo principale
nella scelta della CATPCA per l’analisi dei nostri dati riguardava: a) la riduzione della complessità
dei dati; b) l’esplorazione delle relazioni tra le dieci variabili osservate; c) l’identificazione della
struttura latente sottostante.
Tabella 2- Le variabili relative all’atteggiamento verso le primarie
Variabile Etichetta
i1 Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito
i2 Le primarie riducono il potere degli iscritti
i3 Le primarie promuovono il rinnovamento della classe politica
i4 Le primarie aumentano la conflittualità interna al partito
i5 SEL dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere il candidato alla Presidenza del Consiglio
i6 SEL dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati a Presidente di Regione
i7 SEL dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati a Sindaco
i8 SEL dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati al Parlamento
i9 Il voto alle primarie dovrebbe essere consentito ai soli iscritti
i10 Sono favorevole a primarie di partito, senza coinvolgere i partiti alleati della coalizione Fonte: websurvey C&LS.
La CATPCA utilizza procedure di optimal scaling per “valorizzare” le variabili qualitative e
permette l’applicazione dell’analisi delle componenti principali. Per ogni tipo di variabile ordinale
osservata (con l’ordine delle modalità preservato) i valori per struttura fittano una funzione
monotòna, con l’obiettivo di massimizzare la varianza tra le modalità alternative, poste determinate
assunzioni. L’analisi presenta: numero di iterazioni pari a 55; livelli di Cronbach’s Alpha
soddisfacenti (il più alto raggiunge 0,820 con oltre il 38% di varianza spiegata); 4 componenti da
estrarre applicando la regola di Kaiser8 (Tab. 3).
Tabella 3 – Model summary
Dimensione Alpha di Cronbach Varianza
Eigenvalue % di Varianza
1 ,820 3,819 38,189
2 ,400 1,563 15,634
3 ,112 1,112 11,121
4 ,026 1,024 10,243
5 -,575 ,659 6,592
6 -,711 ,610 6,097
Totale ,985a 8,788 87,876
a. Totale dell’Alpha di Cronbach basato sul totale degli Eigenvalue.
Nota: nostra elaborazione su dati web survey C&LS
Le prime informazioni dell’analisi suggeriscono abbastanza chiaramente una soluzione a 4
componenti da valutare attraverso l’interpretazione dei coefficienti fattoriali. Successivamente,
abbiamo applicato un metodo di rotazione obliqua (e.g. Promax) ammettendo una possibile
correlazione dei componenti/fattori tra loro (dovuta anche alla similarità di alcune variabili). Il test
di Bartlett risulta significativo (p=0,000) e l’indice KMO (Kaiser-Meyer-Olkin, Measure of
Sampling Adequacy) è pari a 0,820, dunque il modello fattoriale risulta adeguato per analizzare i
8 Abbiamo controllato gli eigenvalue anche attraverso la parallelanalysis (Horn, 1965), che segnala 4 componenti.
dati in nostro possesso. Per quanto riguarda le comunalità9, per quasi tutti gli indicatori il valore
risulta superiore alla soglia critica di 0,50, con un intervallo compreso tra 0,665 e 0,905, il che
significa che il modello riesce a spiegare dal 66% al 90% della varianza di tutti gli indicatori.
Infatti, l’estrazione a 4 componenti permette di spiegare in termini cumulati il 75,053 della
varianza.
Da una prima analisi della matrice dei coefficienti ruotata (Tab 4), la soluzione a 4
componenti non mostra cross-loading10
. Il primo componente sembra rappresentare l’estensione
dello strumento delle primarie a tutti i livelli (Presidente di Regione, Sindaco, Parlamentare, Primo
Ministro), il secondo in termini di valore aggiunto delle primarie (giudizio del partito e
rinnovamento della politica), il terzo l’inclusività (di forze politiche e selettorato), il quarto in
termini di bilanciamento dei poteri (conflittualità e riduzione del potere di iscritti).
Tabella 4 – Pattern matrix
Component
1 2 3 4
SEL dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati a Presidente di Regione ,954
SEL dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati a Sindaco ,943
SEL dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati al Parlamento ,883
SEL dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere il candidato Premier ,848
Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito ,927
Le primarie promuovono il rinnovamento della classe politica ,736
Sono favorevole a primarie di partito, senza coinvolgere i partiti alleati della coalizione ,841
Il voto alle primarie dovrebbe essere consentito ai soli iscritti ,825
Le primarie aumentano la conflittualità interna al partito ,842
Le primarie riducono il potere degli iscritti ,799
Nota: nostra elaborazione su dati web survey C&LS
I punteggi fattoriali così ottenuti e standardizzati11
sono stati utilizzati per una cluster analysis.
In questo caso abbiamo usato un k-means cluster analysis con i fattori PCA come input per
identificare i profili degli iscritti SEL in relazione al loro atteggiamento verso le primarie. Questa
tipologia di analisi permette di massimizzare la similarità tra gli elementi interni ai gruppi e la
dissimilarità tra i gruppi. In altre parole il metodo k-medie (non gerarchico) permette di
massimizzare la varianza interna e la varianza esterna (nei e tra i gruppi). Abbiamo definito a priori
il nostro range di cluster (da 2 a 7) prendendo in considerazione: i valori del test F; l’interpretabilità
dei cluster sulla base dei centri finali dei cluster (ossia le medie dei cluster rispetto alle variabili di
raggruppamento); la numerosità dei cluster e la loro omogeneità; il calcolo di ogni Pseudo-F
(Calinski e Harabasz, 1974).
In base ai criteri di valutazione le soluzioni più attendibili erano quelle a 2 e 3 cluster. Lo
Pseudo-F presenta valori decrescenti (cluster 2=1260,374; cluster 3=1138,82; cluster 4=994,76
ecc.). Abbiamo optato per una soluzione a 3 cluster considerando anche l’omogeneità superiore
rispetto a quella a due. La Tabella 5 mostra i 3 cluster individuati.
9 Le comunalità indicano la parte di varianza dei singoli indicatori che rimane spiegata dal modello fattoriale nonostante
la riduzione a p componenti e la conseguente perdita di informazione. 10
Ossia coefficienti maggiori di 0,30 in valore assoluto su fattori non attesi. 11
Ossia i punteggi virtuali che i rispondenti avrebbero assegnato ai componenti fattori(con media = 0 e varianza =1).
Tabella 5 -–Cluster analysis e caratteristiche iscritti
1 2 3
1500
(40,3%)
1393
(37,5%)
826
(22,2%)
l’estensione dello strumento delle primarie a tutti i livelli ,38 ,39 -1,35
valore aggiunto delle primarie (giudizio del partito e rinnovamento della politica) ,36 ,17 -,93
l’esclusività (di forze politiche e selettorato) -,74 ,80 ,01
conflittualità e riduzione del potere di iscritti -,59 ,19 ,76
Nota: nostra elaborazione su dati web survey C&LS
Il cluster 1 mostra una sensibilità rispetto alla possibilità di estendere lo strumento delle
primarie a tutti i livelli – Premier, Presidente Regione, Sindaco e Parlamentare – (punteggio
standardizzato 0,38, positivo, sopra la media, anche se non il più alto tra i 3 cluster) e verso la
visione positiva delle primarie come strumento in grado di migliorare l’immagine del partito e
promuovere il rinnovamento della politica (punteggio 0,36, positivo, il più alto tra i 3 cluster). Non
sembra interessato, invece, alla possibilità di rendere le primarie una competizione chiusa e alla
possibilità che creino conflittualità o riducano eccessivamente il potere degli iscritti. Abbiamo
definito questo cluster come il “primarista ottimista”.
Il cluster 2 mostra una maggiore sensibilità verso l’esclusività dello strumento delle primarie
– poca inclusione di altre forze politiche e selettorato – (punteggio standardizzato 0,80, positivo,
sopra la media, il più alto tra i 3 cluster). Il valore più basso, tuttavia positivo, riguarda il valore
aggiunto delle primarie (punteggio 0,17, positivo). Interessante anche il punteggio positivo relativo
all’estensione dello strumento delle primarie (0,39, il più alto tra i 3 cluster). Abbiamo definito
questo cluster come “il primarista prudente”.
Il cluster 3 mostra una sensibilità rispetto alla conflittualità e alla riduzione del potere da parte
degli iscritti (punteggio standardizzato 0,76, positivo, sopra la media, il più alto tra i 3 cluster). Non
sembra interessato, invece, alla possibilità di estendere le primarie a tutti i livelli (punteggio
standardizzato -1,35, negativo, il più alto tra i tre cluster). Abbiamo definito questo cluster come “il
primarista “pessimista”.
A questo punto dell’analisi abbiamo incrociato i tre cluster individuati con alcune delle più
importanti variabili descrittive presenti nel nostro questionario: variabili sociografiche, politiche e
attivismo. Alcune tabelle di contingenza hanno mostrato chi-quadro non significativo e per questo
motivo nel paragrafo successivo tratteremo i dati in relazione alle peculiarità degli iscritti SEL
individuate nella nostra analisi rispetto alla tipologia di primarista “ottimista”, “prudente” e
“pessimista”.
6. Le primarie: un profilo degli iscritti di SEL.
Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che le primarie sono in grado di creare degli
spostamenti – anche importanti – di potere all’interno dei partiti che le adottano. L’allargamento del
suffragio – se così lo possiamo definire – implica una perdita di potere da parte di alcuni attori
politici all’interno dei partiti, e il conseguente avanzamento di altri, meno coinvolti direttamente
nella vita del partito, con logiche, identità e posizioni politiche diverse (May 1973). La valutazione
che gli iscritti danno alle primarie può essere quindi interpretata (anche) alla luce della posizione
che essi occupano all’interno del partito. In particolare ci aspettiamo di vedere che più sono
coinvolti nella vita politica del partito meno gradiscono lo strumento delle primarie. Questo tipo di
atteggiamento è spiegato dalla (relativa) perdita di potere nel meccanismo di selezione. Esagerando
un po’ (o forse no), possiamo dire che questa parte di membership si sente in parte defraudata di
una “rendita” di posizione che gli derivava dall’essere parte attiva di una organizzazione, rendita
che ora è diluita e condivisa con il più ampio selettorato delle primarie.
Poste queste premesse, in questo paragrafo cercheremo di comprendere se e quali fattori
influenzano un atteggiamento ottimista ovvero pessimista nei confronti delle primarie. Chi le
considera una sciagura per il partito? Chi, invece, un’opportunità per cambiare le cose? In questa
parte cercheremo di rispondere a queste domande attraverso una serie di analisi bivariate che
metteranno in relazione tra loro il tipo di primarista con diversi fattori socio-politici che possono
influenzare la visione delle primarie come strumento di selezione della classe politica. Cercheremo,
in altre parole, di capire se chi ha da perdere qualcosa dall’utilizzo delle primarie come strumento di
selezione della classe politica ha un atteggiamento più pessimista nei confronti delle primarie,
mentre chi intravede in esse un’opportunità ha una visione, invece, più ottimistica.
6.1. Viva le primarie! L’ottimismo è giovane e uomo
La selezione dei candidati attraverso le primarie (a qualunque livello) in Italia è uno
strumento piuttosto recente nella storia politica. Allo stesso tempo, costituisce un’opportunità di
rottura del meccanismo di selezione dei candidati e, quindi, della classe politica legata a logiche di
potere interne ai diversi partiti (Rahat e Hazan 2001). Questi due aspetti ci portano a pensare che
l’età dovrebbe essere un fattore in grado di influenzare il giudizio sulle primarie. In particolare, ci
aspettiamo di trovare una situazione per cui al diminuire dell’età, il giudizio nei confronti delle
primarie dovrebbe crescere. Se è vero che la politica in Italia è cosa riservata agli anziani
(Verzichelli 2010), le primarie rappresentano l’unico strumento che i giovani attivisti del partito
hanno a disposizione per ottenere candidature e opportunità di carriera politica. Allo stesso tempo,
la selezione attraverso le primarie apre alla competizione e, come è stato più volte confermato in
letteratura (Norris 2004), sistemi di (s)elezione candidate-oriented (come i sistemi maggioritari)
tendono a sfavorire le donne in politica. Pertanto, dovremmo aspettarci che le donne abbiano un
atteggiamento, quanto meno più prudente rispetto agli uomini, nei confronti delle primarie.
Nella tabella 6 è riportata la relazione bivariata tra il tipo di primarista e l’età, raggruppata in
classi.
Tabella 6 – Relazione tra tipo di primarista e età (%).
Classi di età
under 18 18-24 25-34 35-44 45-54 55-64 over 65
Ottimista 57,1 40,8 36,5 33,7 37,5 46,7 45,6
Prudente 42,9 32,7 36,3 39,5 38,5 35,6 41,3
Pessimista ,0 26,5 27,2 26,8 23,9 17,8 13,1
n 7 211 562 623 895 1076 344
Note: N=3719
Come si può vedere dalla tabella, l’andamento non è lineare. All’aumentare dell’età, la
percentuale di iscritti ottimisti decresce, passando dal 57,1% degli under 18 al 37,5% di quelli con
un’età compresa tra 45 e 54 anni. Dopodiché, la percentuale di ottimisti risale nuovamente –
attestandosi intorno al 45% – per le restanti due classi di età. Andamento opposto tra i prudenti. Più
si alza l’età degli iscritti, più aumenta un atteggiamento prudente nei confronti delle primarie, anche
se la percentuale più alta si trova tra gli under 18 (42,9%). Tra i pessimisti, invece, l’andamento è
opposto rispetto agli altri due tipi di primaristi. In questo caso, al crescere dell’età l’atteggiamento
catastrofista diminuisce. Solo il 13,1% degli over 65 ha questo tipo di atteggiamento, a fronte di un
27,2% all’interno della classe di età compresa tra i 25 e i 34 anni. Nel complesso, l’età non sembra
giocare un ruolo determinante nel tipo di atteggiamento nei confronti delle primarie, quanto meno
non in senso lineare.
La seconda variabile che tratteremo in questa parte è il genere. Come abbiamo accennato in
precedenza, le primarie creano competizione tra i candidati e mettono al centro della scena le loro
caratteristiche personali (non necessariamente politiche). La letteratura ha portato delle evidenze
empiriche piuttosto importanti al fatto che in questo tipo di selezione (così come avviene nei sistemi
maggioritari), le donne sono svantaggiate e tendono a ottenere meno incarichi rispetto agli uomini.
Sulla base di ciò ci aspettiamo, quindi, di individuare una relazione tra genere e atteggiamento verso
le primarie: essendo le donne quelle che hanno “more at stake”, il loro giudizio sulle primarie
dovrebbe essere più cauto rispetto a quello degli uomini. Come si può vedere dalla tabella 7, questa
relazione è confermata. Il 41% degli uomini ha un atteggiamento positivo nei confronti delle
primarie, a fronte del 38,6% delle donne. Diversamente accade tra i pessimisti: in questo caso sono
le donne ad avere un atteggiamento negativo nei confronti delle primarie (25,3%), mentre solo il
21% circa degli uomini vede nelle primarie uno strumento deleterio per il partito di cui fa parte.
Tabella7 - Genere e atteggiamento verso le primarie (%).
Genere
Donna Uomo
Ottimista 38,6 41,0
Prudente 36,0 38,0
Pessimista 25,4 21,1
n 999 2720
Note: N=3719
6.2. L’ottimismo soffre di vertigini?
Oltre alle classiche variabili socio-anagrafiche, anche il ruolo ricoperto all’interno del partito
può, in un qualche modo, influenzare il giudizio e l’atteggiamento verso le primarie. Questo tipo di
selezione dei candidati, come abbiamo già avuto modo di discutere, tende a ridistribuire il potere
all’interno dell’organizzazione partitica e, come ogni ridistribuzione, ci sono alcuni che ci
guadagnano e altri che ci perdono. Ma chi sono i losers delle primarie? Sicuramente coloro i quali
ricoprivano delle cariche dirigenziali a livello nazionale, quelli cioè che sedevano al tavolo in cui si
sceglievano le candidature. Le primarie fanno sì che il loro ruolo nel processo di selezione sia
fortemente ridimensionato. Ma anche la c.d. “base” del partito, intesa in senso collettivo, viene a
perdere di rilevanza a favore dell’iscritto (selettore) come individuo (Katz 2001). Tutto questo cosa
dovrebbe comportare in termini di atteggiamenti verso le primarie? In primo luogo, una tendenza
verso il pessimismo da parte di chi ricopre incarichi dirigenziali a livello nazionale, poiché è a quel
livello che vengono decise le candidature. In secondo luogo, chi frequenta assiduamente le sedi del
partito (a qualunque livello) dovrebbe essere, invece, maggiormente pessimista, in quanto il suo
“lavoro” all’interno del partito può essere non riconosciuto al momento delle primarie (soprattutto
se queste sono aperte). L’allargamento del suffragio, in altre parole, apre le porte a prospettive,
visioni, idee, programmi e candidati che possono essere (e probabilmente lo saranno)
ideologicamente diversi dagli iscritti praticanti (May 1973; Panebianco 1982).
Nella tabella 8 sono riportati i dati che riguardano il livello di attivismo degli iscritti. Come si
può vedere, la nostra ipotesi non è confermata, la relazione che emerge da questi dati è opposta
rispetto a quanto ipotizzato. Tanto più tempo gli iscritti passano all’interno del partito, tanto più
hanno un atteggiamento ottimista nei confronti delle primarie. Solo il 39% di chi non passa
nemmeno un’ora alla settimana nelle sedi del partito è ottimista, a fronte di oltre il 47% che vi passa
oltre 20 ore settimanali. Al contrario, la percentuale più alta (22,9%) dei pessimisti si trova tra chi
frequenta poco (tra 2 e 5 ore) il partito, mentre quella più bassa (19,5%) tra chi dedica dalle 10 alle
20 ore settimanali alle attività di SEL.
Tabella 8 - Tempo dedicato al partito e atteggiamento verso le primarie (%).
Ore settimanali dedicate all'attività di partito
Nessuna Meno di 2 ore Tra 2 e 5 ore Tra 5 e 10 ore Tra 10 e 20 ore Oltre 20 ore
Ottimista 39,0 40,5 38,7 40,8 42,5 47,8
Prudente 38,2 37,2 38,4 36,9 38,0 32,1
Pessimista 22,8 22,3 22,9 22,3 19,5 20,1
n 905 965 846 507 287 209
Note: N=3719
La tabella 9, invece, mostra la relazione esistente tra ruolo organizzativo svolto e
atteggiamento verso le primarie. In questo caso, la relazione che avevamo ipotizzato è parzialmente
confermata. Da un lato, infatti, gli atteggiamenti pessimistici nei confronti delle primarie tendono a
crescere tanto più ci spostiamo verso il livello nazionale laddove, cioè, si decidono le candidature.
Oltre il 31% di chi ricopre un ruolo organizzativo a livello nazionale considera le primarie un
fattore negativo per il partito, mentre solo il 20% circa di chi opera a livello locale le considera un
problema per SEL. Insomma, come ipotizzato tanto più si sale verso le “stanze del potere”, tanto
più le primarie vengono viste negativamente. Dall’altro, però, lo stesso tipo di relazione si incontra
anche tra gli ottimisti: i livelli nazionali (quasi il 42%) sembrano considerare le primarie
un’opportunità piuttosto che una sciagura.
Tabella 9 – Incarico all’interno dell’organizzazione di partito e atteggiamento verso le primarie (%).
Incarico ricoperto nell'organizzazione di partito
No, sono un
semplice iscritto
Sì, a livello
locale
Sì, a livello
provinciale
Sì, a livello
regionale
Sì, a livello
nazionale
Ottimista 39,5 40,8 42,7 42,7 41,7
Prudente 38,2 39,2 33,3 33,1 27,1
Pessimista 22,3 19,9 23,9 24,2 31,2
n 2233 813 468 157 48
Note: N=3719
7. Conclusioni
Da questi dati emergono essenzialmente due aspetti legati all’atteggiamento degli iscritti a
SEL nei confronti delle primarie. In primo luogo, la visione che se ne ricava è tendenzialmente
positiva e ottimistica. Le primarie vengono considerate principalmente come un’opportunità a
disposizione del partito. L’età e il grado di attivismo dell’iscritto non giocano un ruolo determinante
nell’influenzare gli atteggiamenti nei confronti delle primarie, a differenza del genere femminile,
che spinge verso valutazioni negative nei loro confronti.
In secondo luogo, più complesso e articolato è il rapporto tra ruolo organizzativo, attivismo e
atteggiamento verso le primarie. Se l’attivismo aiuta a creare un propensione ottimistica nei
confronti delle primarie, il ruolo organizzativo, ha una duplice influenza sugli atteggiamenti degli
iscritti. Sono due le anime a livello nazionale: la prima vede le primarie come un’opportunità , le
seconde come un problema. Questa ambivalenza al livello organizzativo principale può essere
spiegata se si prendono in considerazione i diversi risultati positivi ottenuti da SEL alle primarie di
coalizione e, successivamente, dal suo candidato alle elezioni vere e proprie. Questi successi
(probabilmente) senza l’opportunità creata dalle primarie non sarebbero stati possibili. Questi
successi elettorali spingono, quindi, una parte dell’organizzazione a livello nazionale a considerare
le primarie come uno strumento di mobilitazione elettorale e in grado di aprire finestre di
opportunità che altrimenti sarebbero sigillate. Allo stesso tempo, però, esiste una parte che non si
ferma al successo elettorale per giudicare l’utilità delle primarie, ma va oltre e prende in
considerazione anche la dimensione organizzativa. Chi, a livello nazionale, vede le primarie come
un fattore negativo, aveva (probabilmente) accesso al “giardino segreto dei partiti” (Gallagher e
Marsh 1988) in cui si decidevano le candidature, pertanto la perdita di questa “posizione di rendita”
influisce sul giudizio negativo nei confronti delle primarie.
Insomma, il giudizio sulle primarie, dai dati che abbiamo presentato, è – almeno in parte –
condizionato dalla dimensione di loser all’interno del partito, vale a dire che gli iscritti che
percepiscono le primarie come uno strumento che li depaupera del proprio ruolo, esprimono
tendenzialmente un atteggiamento negativo e pessimista nei loro confronti.
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