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Un libro edito da Ilminutod’oro Tags scicliebreitalmudilminutod'oro Scicli - Scicli e gli Ebrei: è una storia che non tutti conoscono, ma che potrebbe essere scritta. Lo ha fatto Massimo Melli, geologo dalla brillante carriera per alcune delle più importanti aziende petrolifere, che, alla sua prima opera letteraria, ha voluto accomunare la città dei tre valloni al popolo eletto. “Il Talmud di Scicli”, si intitola così il libro di Melli, edito dal Minutod'oro Edizioni, che è stato al centro di un articolato dibattito tenutosi a Palazzo Spadaro: Scicli è stata una città vicina agli ebrei, proprio durante le persecuzioni che dovettero subire. Gli sciclitani non soltanto non torsero un capello agli ebrei, ma anzi li scortarono fino a Pozzallo da dove presero il mare, riuscendo a mettersi in salvo. Ma questo dato, che potrebbe dare la sensazione di trovarsi di fronte ad una rievocazione storica, non deve trarre in inganno, visto che il “Talmud di Scicli” è un libro in cui in maniera a tratti narrativa, a tratti più scientifica, vengono messi in discussione la vita, l’universo, Dio stesso e tutti gli strumenti della sua creazione. Il libro è articolato in due componenti principali, una componente narrativa e una componente scientifico-religiosa: partendo dal concepimento di una particella elementare che viene chiamata Logone (da Logos) dall’autore, il Talmud di Scicli si impernia su un dialogo lungo e articolato fra due amici: Leo (dietro cui si cela Massimo Melli) è un cattolico italiano, Jacob (dietro cui si cela l’altro autore del libro, Aharon Nathan), è un ebreo iracheno. Iniziano insieme un viaggio spirituale, fatto di una fitta corrispondenza e di alcune riunioni in giro per il mondo: Londra, Svezia ed infine Scicli, mettendo in discussione la teoria del Big Bang e cercando di non farla contrastare con la concezione religiosa (cattolica od ebraica che sia) della Creazione. Tutto prende lo spunto da un’occasione che si presenta a Leo: quella di un avanzamento di carriera, ormai inaspettato, che lo riporterà dalla Libia in Italia, e proprio in Sicilia. Un episodio che accade a Leo nello stesso giorno di un altro evento positivo, l’essersi salvato, cioè, da un branco di lupi nel deserto e che fornisce l’occasione al geologo di porsi una domanda, di porla al suo amico Jacob e di porla dunque al lettore: la buona sorte che gli era capitata era stata un atto di Dio o lui aveva lavorato sodo per meritarsela? E, dunque: le cose che ci succedono, belle o brutte che siano, sono prederminate o siamo noi stessi a costruirci il nostro destino? Entra qui in ballo il sottotitolo de “Il talmud di Scicli”, e cioè l’analisi del Dio delle probabilità, quello che di primo acchito ad un cattolico potrebbe sembrare un ossimoro e che invece, nel corso della serata dedicata alla presentazione dell’opera di Melli, è stato spiegato come non sempre sia così. Ad interloquire su questo e su altri quesiti, oltre all’autore, anche Alessandro Pluchino, ricercatore in fisica dei sistemi complessi all’università degli studi di Catania e padre Ignazio La China, sacerdote di una delle parrocchie più devote di Scicli, San Giuseppe. Tre diversi punti di vista, quello di un “uomo di scienza”, quale potrebbe essere Pluchino, che però non assume posizioni deterministiche quanto razionali; quello di un “uomo di chiesa” che non ha voluto arroccarsi sui dogmi che la sua fede può imporre,

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Scicli - Scicli e gli Ebrei: è una storia che non tutti conoscono, ma che potrebbe essere scritta. Lo ha fatto Massimo Melli, geologo dalla brillante carriera per

alcune delle più importanti aziende petrolifere, che, alla sua prima opera letteraria, ha voluto accomunare la città dei tre valloni al popolo eletto. “Il Talmud

di Scicli”, si intitola così il libro di Melli, edito dal Minutod'oro Edizioni, che è stato al centro di un articolato dibattito tenutosi a Palazzo Spadaro: Scicli è

stata una città vicina agli ebrei, proprio durante le persecuzioni che dovettero subire. Gli sciclitani non soltanto non torsero un capello agli ebrei, ma anzi li

scortarono fino a Pozzallo da dove presero il mare, riuscendo a mettersi in salvo.

Ma questo dato, che potrebbe dare la sensazione di trovarsi di fronte ad una rievocazione storica, non deve trarre in inganno, visto che il “Talmud di Scicli” è

un libro in cui in maniera a tratti narrativa, a tratti più scientifica, vengono messi in discussione la vita, l’universo, Dio stesso e tutti gli strumenti della sua

creazione. Il libro è articolato in due componenti principali, una componente narrativa e una componente scientifico-religiosa: partendo dal concepimento di

una particella elementare che viene chiamata Logone (da Logos) dall’autore, il Talmud di Scicli si impernia su un dialogo lungo e articolato fra due amici:

Leo (dietro cui si cela Massimo Melli) è un cattolico italiano, Jacob (dietro cui si cela l’altro autore del libro, Aharon Nathan), è un ebreo iracheno. Iniziano

insieme un viaggio spirituale, fatto di una fitta corrispondenza e di alcune riunioni in giro per il mondo: Londra, Svezia ed infine Scicli, mettendo in

discussione la teoria del Big Bang e cercando di non farla contrastare con la concezione religiosa (cattolica od ebraica che sia) della Creazione.

Tutto prende lo spunto da un’occasione che si presenta a Leo: quella di un avanzamento di carriera, ormai inaspettato, che lo riporterà dalla Libia in Italia, e

proprio in Sicilia. Un episodio che accade a Leo nello stesso giorno di un altro evento positivo, l’essersi salvato, cioè, da un branco di lupi nel deserto e che

fornisce l’occasione al geologo di porsi una domanda, di porla al suo amico Jacob e di porla dunque al lettore: la buona sorte che gli era capitata era stata un

atto di Dio o lui aveva lavorato sodo per meritarsela? E, dunque: le cose che ci succedono, belle o brutte che siano, sono prederminate o siamo noi stessi a

costruirci il nostro destino? Entra qui in ballo il sottotitolo de “Il talmud di Scicli”, e cioè l’analisi del Dio delle probabilità, quello che di primo acchito ad un

cattolico potrebbe sembrare un ossimoro e che invece, nel corso della serata dedicata alla presentazione dell’opera di Melli, è stato spiegato come non

sempre sia così. Ad interloquire su questo e su altri quesiti, oltre all’autore, anche Alessandro Pluchino, ricercatore in fisica dei sistemi complessi

all’università degli studi di Catania e padre Ignazio La China, sacerdote di una delle parrocchie più devote di Scicli, San Giuseppe.

Tre diversi punti di vista, quello di un “uomo di scienza”, quale potrebbe essere Pluchino, che però non assume posizioni deterministiche quanto razionali;

quello di un “uomo di chiesa” che non ha voluto arroccarsi sui dogmi che la sua fede può imporre, ma che ha partecipato alla discussione, mettendosi in

discussione; e il punto di vista dell’autore, un cattolico con origini ebraiche che non ha disdegnato teorie scientifiche spiegate nel suo Talmud di Scicli a

corredo del suo credo.

Un libro, per quanto articolato e impegnativo nei concetti, godibilissimo e divertente nelle sue parti narrative, e che lascia spunti non soltanto a discussioni

contingenti, ma anche future, dal momento che ci sono appunti finali che riguardano uno snodo centrale per tutte le religioni: l’Anima e l’aldilà.

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