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SCUOLA DI DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA PER LA FORMAZIONE ALL’IMPEGNO SOCIALE E POLITICO

DIOCESI DI TRIESTE E OSSERVATORIO CARDINALE VAN THUÂN SULLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

PRIMA SESSIONE: LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA, PROBLEMI DI FONDAZIONE E DI METODO

SESTO INCONTRO

SECOLARIZZAZIONE E DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

L’uso dei termini

Il “seculum” è il mondo profano. La secolarizzazione è il processo secondo cui il mondo profano acquista la sua autonomia dal sacro. Le discipline umane si rendono autonome dalla religione e acquisiscono metodi propri. I mondi della vita umana – politica, scienza, economia – si rendono “maggiorenni” e si organizzano in autonomia dalla religione. Si dice anche che la secolarizzazione ha prodotto la “laicità”, ossia una sfera di attività umane che vivono di vita propria e di regole proprie senza far più ricorso alla fondazione religiosa.

Normalmente si distingue tra secolarizzazione e secolarismo.

La secolarizzazione sarebbe, appunto, il processo per cui le realtà mondane acquistano autonomia ma non indipendenza; il secolarismo, invece, è il processo per cui le realtà mondane acquistano non solo autonomia ma anche indipendenza e, addirittura, si organizzano contro la religione.

Il se3colarismo sarebbe allora la degenerazione della secolarizzazione, la sua perversione antireligiosa. Per il secolarismo, la religione non è solo una dimensione da cui rendersi autonomi, ma è anche qualcosa da combattere. Il secolarismo alimenta la irreligiosità, l’anticlericalismo, il laicismo.

Si parla anche di una legittima secolarizzazione, quella appunto che matura l’autonomia ma non l’indipendenza, e una illegittima, il secolarismo che nega la religione e lotta contro di essa.

La legittima autonomia delle realtà terrene

Questa distinzione viene confermata anche dal Concilio Vaticano II, che nella Costituzione pastorale Gaudium et spes, paragrafo 36, afferma:

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Se per autonomia delle realtà terrene intendiamo che le cose create e la società godono di leggi e valori propri, che l’uomo gradatamente deve scoprire, usare e coordinare, allora è assolutamente necessario esigerla.Se invece con l’espressione autonomia delle realtà temporali si intende che le cose create non dipendono da Dio, e che l’uomo può farne uso così da non rapportarle al Creatore, nessuno che riconosce Dio non avverte quanto siano false tali opinioni.

Infatti, subito dopo, si legge:

Senza il Creatore la creatura viene meno.

Ci sono ambiti che il Creatore ha lasciato alla libertà e alla responsabilità umana nell’ambito delle Sue leggi. Nel Vangelo non si dice come fare il sindaco, esercitare una professione, realizzare un’opera d’arte, fare una ricerca scientifica … però se tutti questi ambiti sono da un lato legittimamente autonomi, dall’altro non sono indipendenti, perché tutto il creato si fonda sul Creatore e sulle sue leggi.

Che le realtà mondane, compresa la politica, non siano indipendenti da Dio, anzi che nulla sia indipendente da Dio, è un insegnamento costante dal magistero della Chiesa. Se questa dipendenza non ci fosse sarebbe inutile la Dottrina sociale della Chiesa, il Vangelo non avrebbe anche un effetto di vivificare le civiltà, come ha sempre fatto, e la religione cristiana non avrebbe nessun ruolo pubblico e diventerebbe una setta.

Nell’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, ci sono due punti che dicono esattamente la stessa cosa. Il primo è il seguente:

Il cristianesimo è elemento non solo utile, ma indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale (paragrafo 4).

Da qui si capisce che le cosiddette realtà profane non sanno fondarsi da sole né darsi da sole il proprio fine autentico, né correggersi da sole quando vanno fuori strada, né recuperare la propria natura e finalità quando la dimenticano. Lo stesso concetto viene ribadito con altre parole nel paragrafo8:

L’annuncio di Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo.

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Il secondo punto è il seguente:

Lo sviluppo “richiede una visione trascendente della persona, ha bisogno di Dio: senza di lui lo sviluppo o viene negato o viene affidato unicamente alle mani dell’uomo e finisce per promuovere uno sviluppo disumanizzato (paragrafo 11).

Proprio per questo motivo la Caritas in veritate non ritiene che l’ateismo sia un atteggiamento costruttivo del bene comune.

Si dà secolarizzazione senza secolarismo?

Assistendo ad alcuni processi di secolarizzazione del mondo d’oggi si può verificare però che spesso la secolarizzazione si converte in secolarismo e succede molto raramente che essa si fermi ad uno stadio moderato. Sembra che la secolarizzazione moderata non esista.Facciamo l’esempio del matrimonio:

Il matrimonio era solo religioso. Quando alcuni sovrani hanno iniziato a concedere il matrimonio civile, i Pontefici si sono opposti. Poi gli Stati hanno approvato il divorzio, e i Pontefici si sono opposti. Siamo così giunti fino ai giorni nostri quando viene approvato il divorzio express e la Chiesa vi si oppone. Poi gli Stati si sono messi a riconoscere legalmente le convivenze, anche tra persone dello stesso sesso e la Chiesa si oppone. Il sociologo Roberto Volpi di recente ha documentato che anche le convivenze sono state superate, perché le coppie ormai non formano più nemmeno una coppia: vivono ognuno a casa propria e si incontrano quando lo desiderano.

Oppure facciamo l’esempio dell’aborto:

All’inizio l’aborto veniva ammesso solo per i casi eccezionali; poi lo si estese a tutti possibili danni psichici della donna; poi fu ammesso anche dopo i tre mesi; ora la pillola del giorno dopo viene venduta come farmaco da banco senza ricetta e, infine, viene proclamato un diritto, insegnato nelle scuole e si impedisce l’obiezione di coscienza.

Alle stesse conclusioni arriviamo se osserviamo quanto è accaduto in Francia:

Qualche anno fa era di moda l’espressione “laicità aperta”. Il Presidente francese Sarkozy diceva che lo Stato non doveva assumere un atteggiamento antireligioso perché in questo caso avrebbe espresso una nuova religione. Ecco il caso di una secolarizzazione moderata.

Poi però arrivò Hollande, che fece assumere allo Stato non solo un atteggiamento antireligioso, con la legge che proibisce i simboli religiosi nei luoghi pubblici, ma anche anti etico con il matrimonio per tutti e il divieto dell’obiezione di coscienza per i sindaci che si fossero rifiutati di sposare in comune una coppia omosessuale.

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Gli esempi potrebbero moltiplicarsi, basta vedere, per esempio l’evoluzione della legislazione spagnola sulla vita e sulla famiglia dell’era Zapatero che, però, i successivi governi di altro coloro politico non hanno corretto. Basta vedere la progressiva radicalizzazione della legislazione in Belgio e in Olanda, dove l’eutanasia viene applicata anche per i bambini o per le persone semplicemente “stanche di vivere”. Quanto ieri era considerato abietto oggi viene considerato normale e c’è già chi propone leggi che tutelino l’incesto o la pedofilia.

L’anima secolarista della secolarizzazione

Davanti a questi fenomeni possiamo trarre le seguenti tre conclusioni.

Prima conclusione. La secolarizzazione non si arresta. Non è possibile, in altre parole, una secolarizzazione che, se lasciata alle sue logiche interne, non si traduca in secolarismo.

Seconda conseguenza. La secolarizzazione non conosce sosta perché è, in fondo, una “erosione di senso”. Il senso “religioso” è il primo livello di senso che viene eroso, ma poi seguono anche tutti gli altri. Non è possibile che la secolarizzazione religiosa non diventi anche etica e, oggi lo vediamo, antropologica. Il relativismo è l’esito fisiologico della secolarizzazione.

Terza conseguenza. Una volta tolto il primo aggancio con il senso, quello dell’assolutezza religiosa, tutti gli altri un po’ alla volta vengono meno. Il motivo è evidente: essi non sono capaci di fondarsi da soli, esprimono una esigenza di assolutezza che non sanno darsi da soli.

Questo spiega perché nell’Ottocento i Pontefici – come si è visto parlando della proposta di Leone XIII in una delle precedenti lezioni – si erano opposti alla secolarizzazione in quanto tale, ben sapendo che tolto il primo fondamento assoluto, quello con Dio, anche tutti gli altri sarebbero caduti.

Una volta tolto il primo aggancio con il senso, quello dell’assolutezza religiosa, tutti gli altri un po’ alla volta vengono meno.

Per esempio Leone XIII, voleva che la Chiesa mantenesse il monopolio dell’educazione e non accettava la scuola di Stato; voleva che la Chiesa mantenesse il monopolio giurisdizionale sul matrimonio e non accettava il matrimonio civile, voleva che fosse chiaro che l’autorità deriva da Dio e non dal popolo.

La Dottrina sociale della Chiesa e la secolarizzazione

La Chiesa non aveva mai accettato la secolarizzazione e l’aveva sempre contrastata, avvalendosi soprattutto del braccio secolare dello Stato. In seguito sviluppò un pensiero che, invece, riconosceva alla secolarizzazione un valore. Addirittura si sviluppò una teologia secondo cui la secolarizzazione è frutto del cristianesimo.Ciò è corretto, ma va inteso in modo esatto.

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Mai il cristianesimo ha alimentato delle società sacrali e teocratiche. Anche nel Medio Evo, quando l’effetto della religione cristiana sulla civiltà era al suo massimo livello, c’erano ampi spazi di autonomia politica, sociale, economica e legislativa. L’autonomia del mondo profano deriva dal cristianesimo in quanto Gesù ha detto di adorare solo Lui e di “dare a Cesare quello che è di Cesare”. Però anche Cesare ha dei doveri verso Dio e se è un dovere obbedire agli uomini, bisogna obbedire prima di tutto a Dio. Con il cristianesimo il mondo – il creato – è posto nel suo livello dell’essere con leggi naturali proprie frutto della creazione. Esso può quindi essere studiato e governatoo a quei suoi propri livelli senza diretto e continuo riferimento alla religione. Ma quei livelli non sono completamente autosufficienti, non si fondano da soli e sono debitori di un residuo di senso che viene loro donato da una luce superiore.Affermare questa esigenza cristiana dell’autonomia legittima delle realtà terrene, però, non vuol dire negare il primato della fede religiosa, la centralità sociale e politica di Cristo, il bisogno che la politica ha di essere orientata dalla Chiesa, la subordinazione del temporale allo spirituale e del naturale al soprannaturale. Né significa abbandonare l’impegno per “trattenere” la secolarizzazione, che lasciata a se stessa tende a scendere sempre più in basso. Dopo la fine dell’epoca degli Stati confessionali, questo compito è stato affidato alla Chiesa intera, soprattutto i laici, guidati dalla Dottrina sociale della Chiesa.

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