Way out magazine

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2.50 - N°00 - FEBBRAIO 2013 La rinuncia del quotidiano per lo straordinario fatta la pace, nasce la capitale dell’ecoturismo europeo 10 giorni in mezzo ai leoni, Kenya & Tanzania LAURA DEKKER IRLANDA SAFARI N. 0 0 N O N C O N V E N T I O N A L T R A V E L

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Way out vuole offrirti una via d'uscita, una possibilità insolita ed inaspettata di viaggiare. un'altro modo di interpretare e conoscere.

Transcript of Way out magazine

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€ 2.

50 -

N°0

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EBBR

AIO

2013

La rinuncia del quotidiano per lo straordinario

fatta la pace, nasce la capitale dell’ecoturismo europeo

10 giorni in mezzo ai leoni, Kenya & Tanzania

LAURA DEKKER IRLANDA SAFARI

N. 0 0

N O N C O N V E N T I O N A L T R A V E L

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travel with music

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QUESTA È LA PRIMA EDIZIONE DEL MENSILE WAY OUT, UN’ENTUSIASMANTE ESPLORAZIONE NEL MONDO DEI VIAGGI E DELLE CULTURE, PER CUI COME OGNI VIAGGIO

HA LA SUA COLONNA SONORA, ANCHE IL NOSTRO MAGAZINE HA LA SUA.

Proprio per questo la redazione di way out ha proposto l’ascolto di alcuni brani musicali scelti apposta per ogni sezione di riferimento e per i rispettivi articoli. Naturalmente la playlist verrà aggiornata e raccolta in un cd che troverete in tutte le edizioni e per riconoscere i brani in modo semplice e veloce, basterà identificare il simbolo (play) presente nel lay-out precedente sotto al cd, mentre in seguito sarà affiancato ai brani di ogni sezione.

PLAYLIST

01 ROAD TRIPPING - Red Hot Chili Peppers02 THE PASSENGERS - Iggy Pop

03 HAVE LOVE WILL TRAVEL - The Sonics04 HOTEL CALIFORNIA - Eagles

05 THAT’S WHAT THE FRIENDS ARE FOR - E. Jhon, D. Worwic06 JOGA - BJork

07 CHE IL MEDITERRANEO SIA - E. Bennato08 BORN TO BE WILD - Steppenwolf

09 GOOD TIMES BAD TIMES - Led Zeppelin10 PERMANENT VACATION - Aerosmith

11 TRAVEL - Gathering 12 WE ARE ALL MADE OF STARS - Moby

13 HOME - Edward sharpe & The Magnetic Zeros14 LONDON CALLING - The Clash

15 WHATEVER YOU ARE LOOKING FOR - Kimura Kaela16 TRAVELLING WITHOUT MOVING - Jamiroquai

17 IN CERCA DI QUALCOSA DA CERCARE - I Musicanti Del Vento18 SETTING FORTH - Eddie Vedder

19 JUMPING SOMEONE ELSE’S TRAIN - The Cure20 THE TOURIST - Radiohead21 SOUL REBEL - Bob Marley

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Firenze, Stazione.NL

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«Nella realtà contemporanea, luoghi e non luoghi si incastrano, si compenetrano reciprocamente, la possibilità del non luogo

non è mai assente da un qualsiasi luogo»

Marc Augé

Tu viandante che leggi, lasciati trasportare da un insolito viaggio affinchè non incontrerai la tua via d’uscita.

NL

NON LUOGOimpersonale

anonimo

trascurato

indefinito

transitorio

intermedio

momentaneo

passeggero

istantaneo

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impersonale

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FEBBR AIO 2013 N.00

FounderCorso Magazine design

Grafica 2

Direttore Responsabile

CLAUDIA ASTARITA

Vice Direttore

DANIELE CAVOLI

Art Director

JACOPO BORRINI

Capo Redattore

MELISSA MERCANTI

Photo Editor

ROBERTA ZAZZU

GIORGIO GIAMBERINI

Redattori

FRANCESCO RICCI

LUCA FRANCIONI

MELISSA MERCANTI

GIORGIO GIAMBERINI

JACOPO BORRINI

DANIELE CAVOLI

ROBERTA ZAZZU

Stampa

carta patinata opaca 130 g/m2

copertina patinata opaca 250 g/ m2

rilegatura a brossura

Sede

Scuola Internazionale di Comics

Viale Spartaco Lavagnin 42

50129 Firenze

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MY TRAVELING STAR - James Taylor

È come se questa canzone ti suggerisse di scappare, di seguire una strada o una stella, “ My Traveling Star” , come se ti volesse

offrire una via d’uscita una altra possibilità insolita straordinaria di viaggiare, un altro modo di interpretare e conoscere.

She had a cat and a dog named blue My traveling star, my tra-veling star A big old stove and a fireplace, too Old road dog, young runaway She told me loved me like it was true I knew I should stay I knew I would goRun run run away Run run run away, boy Run before the wind Run before the rain Over yonder hill Just around the bend Never knowing

why Never knowing when Every now and then There you go again Tie me up and hold me down Oh, my traveling star Bury my feet down in the ground Oh, old road dog Claim my name from the lost and found And let me believe this is where I belong Shame on me for sure For one more highway song My traveling star My

traveling star...

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Firenze, Italia.NL

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S O M M A R I OFEBBRAIO 2013

Con ogni mezzo

Estremo

Citazioni

Viaggi facili

121-131. Interviste di viaggio

Scambio culturale

Turismo utile

012. Bamboo, train Cambogia

015. Giro del mondo in barca a vela

018. Carpooling

021. Viaggiamo con mezzi green

025. Viaggiare con la natura

052. Viaggio in Antartide?

053. In Groenlandia

054. Giretto in bici?

055. Ad Aruba

057. Dalle alpi al mare in moto

058. Classic safari

065. In Tanzania

089. In viaggio col taccuino

092. I musicanti del vento

095. Into the wild

097. Marcel Proust

099. La strada di Thomas K

101. Un viaggio nero-bianco-nero

104. Slow travel Firenze

106. In vespa

111. La strada secondo Aaron

070. Davide Bitti

076. London calling

080. L’altra finale

082. Couchsurfing

030. Turismo sostenibile

036. Irlanda: l’ecoturismo

038. Working holiday

040. Vacanze in peschereccio

045. In viaggio con i Maasai

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I N R E D A Z I O N ECon la partecipazione dei nostri migliori collaboratori abbiamo dato inizio a

questo magazine dedicato ai viaggi più insoliti nel mondo

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CON OGNI MEZZOROAD TRIPPING - Red Hot Chili peppers

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Viaggiare deve comportare il sacrificio di un programma ordinario a favore del caso, la

rinuncia del quotidiano per lo straordinario..

[Herman Hesse]

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Il mezzo in termini generali e astratti o in con-creto, serve per raggiungere un determina-to fine in qualsiasi modo. I questa sezione la teoria non cambia, esistano molti motivi per viaggiare e altrettanti modi per farlo. Vi indi-cheremo i mezzi più strani usati al solo scopo di raggiungere una determinata meta e per-chè no, come provare personalmente queste esperienze.

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Tra Battambang e la capitale della Cambogia Phnom Penh, è possibile trovare questo inte-ressante treno fatto da una struttura in legno, un fasciame di bambù, un motore usato per piccoli mezzi agricoli, è collegato ad una cin-ghia che trasmette il moto ad un solo asse.Ogni giorno viene utilizzato per trasportare merci e passeggeri da un villaggio all’altro. Ma attenzione, il bamboo train utilizza le li-nee ferroviare dei treni.Quindi, se vedete arrivare un treno, state pronti a saltare! Il Bamboo Train detto anche norry, è uno speciale mezzo di locomozione utilizzato dai contadini nella tratta ferroviaria tra Phnom Penh e Battambang in Cambogia. Lungo la tratta ferroviaria ognuno in posses-so di questo semplice mezzo, può installare il suo treno e muoversi in direzione est o vi-ceversa. Il servizio è ufficialmente illegale, ma per molti abitanti della vasta campagna cambogiana, è il mezzo di trasporto più co-modo e veloce, considerate le condizioni delle strade e dei mezzi pubblici in genere. Il primo utilizzo di questo particolare trenino fai da te, è dovuto alle operazioni militari le-gate alla guerra civile vissuta nel paese negli

anni ottanta. Le dimensioni del bamboo train sono generalmente quelle di un rettangolo che misura 4 metri per due. La facilità con cui si può disimpegnare dalla sede ferroviaria permette un traffico scorrevole in entrambi le direzioni nonostante la ferrovia sia a binario unico. Una consuetudine della civiltà cambo-giana impone a tutti coloro che si incrociano l’obbligo di smontare il mezzo più scarico per fare passare l’altro. La velocità raggiunta nei normali sposta-menti può arrivare a circa 50 km/h, il sistema frenante è manuale e agisce sulla cinghia di trasmissione. Nel 2006 l’unico treno passeg-geri della compagnia ferroviaria cambogia-na effettua un servizio alla settimana di anda-ta e ritorno fra le due città più importanti del paese, la capitale Phnom Penh e Battambang. La distanza da coprire è di trecentocinquanta chilometri, e il tempo che impiega oggi è di circa 17 ore, salvo imprevisti

Testo tratto dal sito sleepincity.com

Illustrazioni by Giorgio Giamberini

INFO : SLEEPINCITY.COM

Battambang Phnom Penh

BAMBOOTRAINCambogia

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NLPisa, Parcheggio

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Laura Dekker e il suo giro del mondo in barca a vela

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“Pensavano che fosse una cosa pericolosa. Però il pe-ricolo può essere ovunque. Loro non navigano, non sanno cosa sia una barca e ne sono intimoriti”

Laura Dekker è nata su una barca nel porto di Whangarei, in Nuova Zelanda, durante il terzo dei sette anni di un viaggio tra Oceano In-diano e Pacifico intrapreso dai suoi genitori, anch’essi esperti marinai. Suo padre, Dick Dekker, è olan-dese e sua madre, Babs Müller, è tedesca, il che conferisce a Laura Dekker tre cittadinanze, le due dei genitori e quella neozelandese per diritto di nascita.

HAVE LOVE,WILL TRAVEL - Sonics

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Laura Dekker è nata su una barca nel porto di Whangarei, in Nuova Zelanda, durante il terzo dei sette anni di un viaggio tra Oceano In-diano e Pacifico intrapreso dai suoi genitori, anch’essi esperti marinai. Suo padre, Dick Dekker, è olan-dese e sua madre, Babs Müller, è tedesca, il che conferisce a Laura Dekker tre cittadinanze, le due dei genitori e quella neozelandese per diritto di nascita. Nell’agosto 2009, Laura Dekker annuncia al giorna-le olandese Algemeen Dagblad di stare progettando un giro del mon-do in solitaria, della durata stimata di due anni. Se fosse andato a buon fine, sarebbe divenuta la persona più giovane a far ciò; al momento il più giovane era l’inglese Micha-el Perham con i suoi 17 anni. Laura

progetta di partire a bordo del suo Hurley 800, chiamato Guppy, equi-paggiata con GPS e ausili di navi-gazione opportuni per compiere l’impresa. Il viaggio doveva toccare Portogallo e Indonesia, passando per Suez, il Golfo di Aden e le co-ste della Somalia, o, in caso di pi-rateria, circumnavigando l’Africa. Subito dopo avrebbe attraversato il Pacifico, per poi passare il Canale di Panama e attraversare l’Atlan-tico. A demolire ulteriormente le aspirazioni della ragazzina c’erano anche le norme olandesi per la na-vigazione, secondo cui un capitano minore di 16 anni non può allonta-narsi più di sette metri dalle acque territoriali; pertanto la Dekker non avrebbe potuto utilizzare la barca per un simile progetto fino al 2012.

Lei ha già violato questa regola nel maggio 2009, navigando da Maurik a Lowestoft, nel sud del Regno Uni-to, col risultato che le autorità in-glesi, preoccupate per la sua inco-lumità, avevano richiesto al padre di raggiungerla e accompagnarla al ritorno. Si è scatenata una caccia all’uomo planetaria. Fortunatamen-te, il 20 dicembre, Laura Dekker è stata ritrovata sana e salva sull’iso-la caraibica di Sint Maarten, nelle Antille Olandesi. Due giorni dopo, scortata dalla polizia, è rientrata ad Amsterdam, dove è stata interroga-ta. Non è mai stato chiarito come abbia fatto ad imbarcarsi da sola su un aereo e ad arrivare così lontana da casa. Il progetto di Laura e lo stop da parte delle autorità hanno avuto ampia risonanza internazio-

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nale. Il 27 luglio 2010 la corte di-strettuale di Middelburg ha scritto la parola fine sul caso giudiziario ed ha rimesso ai genitori la decisio-ne riguardo alla partenza di Laura. Come previsto, entrambi i genitori hanno approvato e Laura ha annun-ciato di essere pronta a partire nel giro di due settimane. La mattina del 4 agosto 2010 Laura è salpata dal porto di Den Osse per raggiun-gere il Portogallo, da dove sareb-be partito ufficialmente il giro del

mondo. La storia di Laura Dekker ha appassionato i media generali-sti. La sedicenne ragazzina olande-se ha concluso a Sint Marteen il suo giro del mondo in solitario a tappe (attraverso il Canale di Panama e Buona Speranza), diventando così, a 16 anni, la persona più giovane ad aver circumnavigato il pianeta in solitario. La Dekker toglie così questo primato all’australiana Jes-sica Watson, che lo aveva compiuto (però senza scali) all’età di 17 anni.

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Notevoli le polemiche per questo suo viaggio, con l’Olanda che ha più volte minacciato di affidarla ai servizi sociali. Il primato non è ri-conosciuto dalla vela ufficiale, visto che il World Sailing Speed Record Council (WSSRC) ha annunciato di non essere interessato all’età dei protagonisti quanto alla velocità dei record. Testo tratto dal sito www.vela.it

Fotogarfia by Francesco Ricci

INFO : WWW.MARINAIDITALIA.COM

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Per risparmiare benzina e ridurre l’inquinamento c’è il carpoolingLa benzina è sempre più cara, stia-mo per toccare la cifra di 1,80 euro per litro e in più si aggiungono gli scioperi di autotrasportatori e ben-zinai. E’ il momento giusto per ri-sparmiare e diminuire nettamente l’inquinamento ambientale. Come? Vi dice niente la parola carpooling? In pratica funziona così: se in auto vi rimangono posti liberi, potete affit-tarli a coloro che sono interessati a fare il vostro stesso viaggio. Ne gio-verà il vostro portafoglio, le strade saranno meno trafficate ed il vostro viaggio sarà più rilassato.Sembra infatti che viaggiare in compagnia sia meno stressante e riduca la possibilità d’incidente. E magari ci fa trovare anche qual-

CARPOOLINGviaggiare risparmiando

che nuovo amico!Ma come si fa? Abbandonate l’idea dell’autostop, adesso la rete provvede anche a questo. Basta affidarsi ad uno dei tanti siti web che si occupano del servizio, ad esempio l’italiano www.postoinauto.it che, fondato 2 anni fa da due studenti, è diventato già un successo.Qui le offerte e le richie-ste di passaggi in auto in Italia sono messe in contatto tra di loro. La pa-rola d’ordine è la sicurezza. Ven-gono infatti controllate le targhe, si possono lasciare dei commenti di feeback, ci sono le pagelle per gli autisti e si può anche cercare il “viaggio rosa”

Testo tratto dal sito nuvolari.com

Illustrazioni by Giorgio Giamberini

INFO : NUVOLARI.COM

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NLTorino, uscita

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Viaggiamo con mezzi Green

Da un punto di vista ambientale la maggior parte dei mezzi con cui è possibile viaggiare non è sostenibi-le. Il trasporto su strada contribuisce da sola circa un quinto delle emis-sioni totali dell’UE di anidride car-bonica (CO2), il principale gas ser-ra. Mentre le emissioni di altri settori sono generalmente in diminuzione, quelle dai trasporti sono aumentate del 36% dal 1990.

HOTEL CALIFORNIA - Eagles

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Emissioni di gas

serra per settore e m

odalità di trasporto

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Più di due terzi delle emissioni di gas serra legate al trasporto del gas sono prodotte dal trasporto strada-le. Tuttavia, ci sono anche le emis-sioni significative del settore aereo e marittimo, questi settori stanno vivendo la crescita più rapida del-le emissioni, il che significa che le politiche per ridurre le emissioni di gas serra sono necessarie per una vasta gamma di modi di tra-sporto. Analizzeremo i viaggi fatti con i mezzi più strani stabilendo le caretteristiche di ciuscuno basate sulla sostenibilità del viaggio e del mezzo. La scelta dei mezzi di tra-sporto da utilizzare e fondamentale, perché se da un lato c’è bisogno

dell’impegno di tutti, a partire dal-le Istituzioni, affinché le nostre cit-tà possano diventare più vivibili e sostenibili di quanto non siano ora, dall’altro ciascuno di noi può dare un piccolo contributo, operando scelte di buon senso nella propria vita quotidiana. Ecco a voi qualche suggerimento per muovervi e viag-giare in modo sostenibile.La prima regola trasversale da te-nere a mente, è quella espressa nella Green Etichette, l’eco-galateo redatto da noi di greenMe.it ovve-ro quella di non sprecare energia e in primis usare quella delle nostre gambe quindi, se il tempo e le di-stanze ce lo permettono scegliamo

prima di tutto di andare a piedi. Se però ciò non è possibile ecco le 5 regole d’oro da tenere a mente:

1) Scegliete con attenzione le auto che guidate. Usare l’auto non è esattamente il modo più ecofriendly di spostarsi, e neppure il più comodo o rilassan-te, se pensate al tempo che si per-de quotidianamente in in gorghi e code. Anche se molto spesso, a causa delle distanze e della caren-za o inefficienza dei mezzi pubblici, il ricorso alle quattro ruote diventa inevitabile. E allora è importante tenere presente che si può essere ecosostenibili anche quando si gui-

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ma bisogna anche ricordare che il trasporto aereo è in assoluto tra i meno sostenibili.

3) Puntate sul trenoInsomma, per viaggi a media o a lunga percorrenza sarebbe auspi-cabile preferire il treno. Viaggiare su rotaie implica infatti un rispar-mio energetico del 91% rispetto all’uso di un aereo, del 77% rispetto ad un camion e del 68% rispetto ad un’auto. Anche nel caso di treni che utilizzino combustibili fossili (come quelli a motore diesel), l’incidenza sull’ambiente, in termini di inqui-namento, resta comunque di molto inferiore a

da un’auto: è sufficiente osservare alcuni comportamenti di guida sug-geriti dal decalogo per una guida ecologica per ridurre le emissioni, limitare l’uso del veicolo allo stretto necessario e, soprattutto, scegliere quei modelli che, a parità di presta-zioni, consumano meno. Non è poi così difficile: il mercato delle quat-tro ruote si sta aggiornando molto rapidamente e presenta diverse tipologie di auto pensate proprio per ridurre l’impatto ambientale del trasporto su strada. In commercio troviamo infatti vei-coli a metano, a gpl e ancora auto a basse emissioni, ibride ed eco-logiche: insomma, ciò che conta

è informarsi, mettere a confronto prezzi, caratteristiche e rendimen-ti e operare così scelte di acquisto consapevoli. In attesa che arrivino sul mercato le auto elettriche.

2) Limitate gli spostamenti in aereoUn viaggiatore attento all’ambiente dovrebbe ridurre al minimo i pro-pri spostamenti in aereo, preferen-do altre soluzioni tutte le volte in cui è possibile: anche perché, un conto è dover viaggiare da Roma a New York o a Shangai, un altro è dover andare da Napoli a Venezia o a Mi-lano. Certo, volare è comodo e con-sente spostamenti molto più rapidi,

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a quella di aerei e automobili, gra-zie anche all’elevato numero di passeggeri che un treno a pieno carico può trasportare.

4) Scegliete l’autobus per gli spo-stamenti quotidianiIn linea teorica, l’autobus è un’ot-tima alternativa all’auto: oltre ad avere un impatto minore sul traffico cittadino, che spesso diventa inso-stenibile nelle ore di punta, le emis-sioni prodotte da un autobus sono ammortizzate dal fatto di trasporta-re molte più persone di una singola auto. Questo significa che i Comuni dovrebbero avere tutto l’interesse ad assicurare servizi di trasporto locale il più possibile capillari, pu-liti ed efficienti, in modo da incen-

li” ai cittadini e renderli più ospitali per i turisti. Per finire, dobbiamo ri-cordare agli amanti della bicicletta che la tecnologia fa passi da gigan-te anche per quanto concerne la mobilità su due ruote: sul mercato possiamo trovare modelli originali e innovativi di bici elettriche e bici a pedalata assistita. Se volete ave-re qualche informazione in più sul tema, date un’occhiata alla nostra Guida all’acquisto

Testo tratto dal sito greenme.it Foto by Kim Seng

Illustrazioni by Giorgio Giamberini

INFO : GREENME.IT

tivare il ricorso al mezzo pubblico e disincentivare l’uso dell’auto pri-vata.

5) E non dimenticate la biciclettaDi certo la buona vecchia bici è il mezzo di trasporto più ecososteni-bile in assoluto, anche se non sem-pre le nostre città sono a misura di ciclisti. Ed è davvero un peccato, perché l’uso della bici permette-rebbe di decongestionare e di far respirare molte aree urbane rese assolutamente impraticabili dal traffico. Per incentivare gli sposta-menti in bicicletta, alcuni Comuni hanno scelto di potenziare le piste ciclabili e di introdurre servizi di bike-sharing, attivi soprattutto nei centri storici, in modo da “restituir-

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Il musher è il conducente di una muta di cani da slitta. L’origine del nome deriva al fatto che, per far avanzare gli animali, il musher utilizza il termine inglese mush (avanti, in ita-liano).Da musher deriva il termine mushing che contraddistingue l’attività di effettuare escursioni con cani da slitta. Attualmente la forma di mushing che trova più risonanza mediatica è la corsa con i cani da slitta, ma il mushing può essere praticato anche in for-ma non organizzata e non competitiva, come semplice attività ricreativa all’aria aperta. Non ci sono molti posti nel mondo in cui è possibile fare musher, ovvero spostarsi a bor-do di una slitta trainata da splendidi cani. Nel nord della Norvegia, vicino al Circolo Polare Artico, è possibile fare un viaggio trainati da cani da slitta e visitare i villaggi più lontani,

attraverso splendidi paesaggi invernali. Po-trete voi stessi guidare la vostra slitta, trainata da 4 o 6 cani e scivolare attraverso meravi-gliosi percorsi panoramici. La maggior par-te di questi viaggi sono organizzati da due parchi nazionali norvegesi: il parco nazionale Saltfjellet – Svartisen e il Jotunheimen. E’ an-che possibile pernottare nei villaggi che visi-terete durante il percorso.Per farvi un giro da muscher in questi par-chi potete consultare il sito english.dirnat.no , oppure più vicino, in Italia consultate l’asso-ciazione l’Associazione Italiana Muscher AIMwww.aim.135.it

Testo tratto sleepincity.com

Illustrazioni by Giorgio Giamberini

INFO : SLEEPINCITY.COM

MUSHERviaggiare con la natura

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Firenze, Italia.NL

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[...]Keep smiling, keep shining Knowing you can always count on me, for sure That’s what friends are for For good times and bad times I’ll be on your side forever more That’s what friends are for

Well you came in loving me And now there’s so much more I see And so by the way I thank you[...]

VIAGGI UTILITHAT’S WHAT THE FRIENDS ARE FOR - e. jhon, d. worwic

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Parigi, i ponti.

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LA SEZIONE VIAGGI UTILI, SI OCCUPA DI TURISMO SOSTENIBILE OVVERO UNA VACANZA

ALTERNATIVA IN GRADO DI ASSICURARE L’INTEGRITÀ

DELL’ ECOSISTEMA, GARANTENDO ALLO STESSO TEMPO UN’ESPERIENZA DI QUALITÀ

INDIMENTICABILE AI TURISTI.

GLI ALTRI ARGOMENTI NASCONO DALLO STESSO, SI PARLA DI TURISMO

RESPONSABILE, DI ECOTURISMO, DI WORKING HOLIDAY,

DI VIAGGIO NEL MONDO INDIGENO E INFINE DI PESCATURISMO,

UNA VACANZA CONCEPITA PER SOSTENERE IL PATRIMONIO PAESAGGISTICO NATURALE,

STORICO E CULTURALE DI UN LUOGO.

Scritto da Roberta Zazzu, Illustrazione by Roberta Zazzu

Page 32: Way out magazine

ALLA SCOPERTA DEL TURISMO SOSTENIBILE

JOGA - bjork

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TURISMO SOSTENIBILE: Il concetto di “sostenibilità”, lanciato negli anni ’70 in ambito industriale, solo a partire dal 1995, con la prima Carta del Turismo Sostenibile, ha tro-vato una sua applicazione nel settore turistico. La Carta costituisce un documento programmatico nel quale si evidenzia come il tu-rismo possa contribuire in maniera positiva al raggiungimento di importanti obiettivi socioeconomici, ma anche essere causa di degrado ambientale e perdita di identità.

Ma esattamente, cosa si intende per turismo sostenibile?

“L’idea chiave è quella di attingere alle risorse del pre-sente tenendo sempre conto del futuro: in quest’ottica, uno sviluppo si può dire sostenibile quando assicura l’integrità dell’ecosistema sul quale agisce, ne con-serva le biodiversità, cioè le diverse forme di vita, e ha la possibilità di durare nel tempo.[…] In pratica, le risorse ambientali devono essere protette; le comunità locali devono beneficiare del turismo non solo in ter-

mini di reddito ma anche di qualità della vita (che non sempre coincidono); i visitatori devono vivere un’e-sperienza di qualità.

Quest’approccio tenta di capovolgere l’ottica che con-sidera l’ambiente non un’opportunità e una risorsa ma piuttosto un limite e un ostacolo allo sviluppo turistico […] La sostenibilità non riguarda solo gli aspetti am-bientali, deve piuttosto investire tutte le sfaccettature del turismo, rappresenta cioè quel che il turismo tout

[...]Panorami commoventiMi sconcertano e mi confondonoPoi l'enigma si risolveE tu mi spingi su esso Stato di emergenzaCome è meraviglioso esserciStato di emergenzaE' dove vodlio stareStato di emergenzaCome è meraviglioso esserci [...]

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court dovrebbe diventare. Il mercato del turismo soste-nibile è un oceano vasto. Viste la sue dimensioni e la sua crescente rilevanza economica, negli Stati Uniti non c’è voluto molto a tro-vare un acronimo al vasto mercato dei prodotti eco-so-stenibili: LOHAS, ovvero Lifestyles of Health and Sustai-nability. Per capire l’importanza strategica del mercato del LOHAS basta ricordare che, mentre la domanda americana è messa in ginocchio dalla crisi del credito, questo segmento sembra l’unico in grado di resistere alle intemperie degli ultimi anni.

I principali segmenti merceologici sono i prodotti per la cura personale (prodotti naturali, organici, alimen-tari, e per il benssere psico-fisico, con giro d’affari di oltre 100 miliardi di dollari negli USA), i vari prodotti legati allo stile di vita sostenibile (arredamento, com-plementi d’arredo, illuminazione, beneficienza, abbi-gliamento, per oltre 10 miliardi di dollari), l’edilizia sostenibile (certificazioni, risparmio energetico ed energia rinnovabile, pavimentazione sostenibile, al-ternative al legno, per oltre 50 miliardi), e la mobilità alternativa (veicoli ibridi, biodiesel, car sharing, per oltre 10 miliardi). Si tratta quindi di un volume di alcu-ne centinaia di miliardi di dollari l’anno. Solo negli Stati Uniti: per valutare il giro d’affari su scala mondiale si stima che si debba moltiplicare il tutto per 10.

E si tratta ovviamente degli stessi consumatori che stanno attualmente alimentando il movimento dell’e-coturismo. La società di ricercche di mercato CMI Green ha realizzato un’indagine per approfondire la conoscenza sul vasto mercato dei viaggiatori eco-con-sapevoli, queste le principali conclusioni dello studio:

Ci sono molte sfumature di verde. Il mercato dei viag-gi sostenibili non è un blocco solido di verde, ma uno spettro. Che include i viaggiatori d’affari che riutilizza-no gli asciugamani della stanza d’albergo, e i volontari che raccolgono rifiuti alle pendici del monte Everest. E c’è un’esigenza di mercato per tutti.I viaggiatori verdi vogliono mettere in pratica quello che predicano, ma benefici pratici come prezzo, luogo, qualità e brand sono ancora i fattori che più di tutti in-fluiscono sulle loro decisioni di acquisto.

C’è una certa tolleranza verso i costi delle soluzioni più eco-friendly. Aria pura, moquette naturali e atossiche,

biancheria salutare e organica sono comodità che po-trebbero portare clienti disposti a pagare un extra per la sostenibilità. Le pratiche sostenibili dell’industria turistica hanno ancora bisogno di lavoro. Dagli hotel alle compagnie di crociere ai ristoranti, le maggiori imprese turistiche stanno enfatizzando le pratiche eco-friendly come parte del loro impegno verso la soste-nibilità.

Ma quanto sono significative queste pratiche? Per quanto riguarda il pubblico c’è ancora molto scet-ticismo.

Usare la mancanza di ledership verde per differenziar-si. Solo un brand sembra avere una chiara identità ver-de: il Costa Rica, i cui parchi nazionali e biodiversità ne hanno fatto il favorito di sempre degli eco-viaggiatori. Questo è un buon momento per gli organizzatori di viaggi per accaparrarsi la propria quota di mercato.Scetticismo verde; la necessità di una certificazione. Mentre l’industria del turismo sostenibile matura, lar-gamente riconosciuta, una certificazione affidabile è necessaria per stabilire gli standard del turismo soste-nibile. Oltre il 40% degli intervistati cerca una certifi-cazione imparziale per verificare che un fornitore di viaggi sia davvero eco-friendly.

Turismo d’affari, è insostenibile? Anche se le imprese fanno grandi proclami quando si tratta di responsabilità sociale e impegno ambientale dell’azienda, e gli studi indicano che sempre più com-pagnie stanno abbracciando i viaggi ambientalmente responsabili come parte della loro mission, tutto que-sto però non si sta traducendo nella spesa in strutture ecologiche e nella riduzione delle emissioni da viaggi aerei.

Il settore più sostenibile è l’industria del MICE. Gli or-ganizzatori di eventi, forse più di ogni altro segmento, stanno cercando di gravare sempre meno sul pianeta. Il 72% degli intervistati nel settore eventi afferma che le loro compagnie stanno esplicitamente lavorando per incorporare negli eventi delle opzioni di “meeting sostenibile”.

Il volontariato è ancora un tralcio verde. Anche se il volontariato è emerso come la nuova forma trendy di viaggio, la ricerca conferma quello che altri studi han-

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poco o per nulla praticato. Il 43% del campione vede la sostenibilità come una necessità per il turismo, il 40% come un’opportunità di crescita; il 56% è disposto a pagare qualcosa in più se c’è garanzia per l’ambiente, ma per il 19% la priorità è sempre il vantaggio econo-mico, tra questi le donne sono il target che in misura superiore alla media considera prioritario il vantag-gio economico nel pianificare un soggiorno turistico (24%). Il 65% non si informa sul livello di attenzione che una struttura ricettiva destina all’ambiente, il 35% invece, si informa. Alla proposta “1 euro in più per ogni biglietto aereo per diminuire il co2”, ben il 72% si dice favorevole, il 28% no.

no indicato: al momento c’è più interesse e aspettativa che partecipazione.I viaggiatori sono influenzati l’uno dall’altro, non dalla pubblicità.

La Green survey condotta dalla CMI ha dimostrato inequivocabilmente che il passaparola fra amici ha la maggiore influenza sui consumatori (il 48% ha detto “molto influente”) nella pianificazione di una vacanza. Le recensioni di viaggi sui siti e sui blog sono “molto influenti” per la metà dei rispondenti.

E il turismo italiano? Quanto è eco-sostenibile??? In un articolo pubblicato nel mese di maggio su ecoo.it, in-titolato Il turismo sostenibile risolleva l’Italia dalla crisi! si legge: “il dato emerge in se-guito alla 21^ edizione di Eco-tur. Il tutto evidenzia come nel 2010 le presenze totali negli esercizi ricettivi ufficiali ab-

biano toccato grosse cifre. Secondo il report, queste sono state di circa 99 milioni e 75mila, ovvero +0,51%. Discutendone sotto il profilo del fatturato, l’ecoturismo ha permesso di fatturare ben 10,75 miliardi di euro in tutta la nazione (+0,34%). Tra le mete più gettonate dai turisti, ci sono i parchi naturali e le riserve naturali protette, le quali riescono a calamitare ben il 34% delle visite. A seguire la mon-tagna (20%), il turismo rurale (12%), le riserve marine (10%) e i Borghi più belli d’Italia (9%).”

Per risolvere l’interrogativo iniziale riprendiamo an-che un’interessante ricerca sul turismo sostenibile nel-la nostra nazione realizzata dalla fondazione Univerde e Ipr-marketing, secondo cui 8 italiani su 10 dichiarano di avere una coscienza ecologica e di scegliere le mete di vacanza in base alle caratteristiche naturali e pae-saggistiche, ma anche in base agli standard ecologici.

Nello specifico, la coscienza ecologica, è rivelata da queste percentuali: per il 45% il turismo è dannoso per l’ambiente (i più preoccupati i giovani, 61%), per il 31% invece è sempre una risorsa, non un problema. Gli uomini (70%) e gli over 54 (66%) sono le categorie più informate sul turismo sostenibile, l’opinione sul-la sua pratica risulta invece più negativa tra i giovani che, nell’89% dei casi, ritengono che oggi in Italia sia

1 2

3 4

LIVELLI DI CONOSCENZA E DI PRATICA DEL TURISMO SOSTENIBILE

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1) ns./n.r. 10% 2) ha sentito parlare del T.S. 63% 3) poco o/per

nulla praticato 83% 4) molto o/abbastanza praticato 7%

TARGET: Gli uomini (70%) e gli over 54 enni (66%) sono le

categorie più informate sul turismo sostenibile.

L’opinione sulla pratica del turismo sostenibile risulta più

negativa tra i giovani che nell’89% dei casi ritengono che oggi

in Italia sia poco o per nulla praticato.

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UN ALTRO TREND CHE EMERGE CON FORZA SEMPRE MAGGIORE È QUELLO DEL COSIDDETTO RESPONSIBLE TOURISMO TURISMO RESPONSABILE.

Da citare in tal senso è Responsibletravel.com, società fondata nel 2001, con sede a Brighton in Inghilterra, che seleziona e raccoglie all’interno del suo sito operatori e fornitori di servi-zi turistici in tutto il mondo, che rispettino criteri di autenticità e sostenibilità nella loro offerta. Il Motto del progetto è, infatti, “Travel like a local”. Il team di Responsibletravel.com si occupa personalmente di verificare la presenza di requisiti minimi di responsabilità ambientale, sociale ed economica, prima di au-torizzare l’inserimento di nuovi tour operator o strutture ricettive all’interno del proprio sito. Inoltre, si possono trovare proposte davvero originali, come un soggiorno in una fattoria della Sar-degna, una vacanza a cavallo tra i castelli del Chianti, un per-nottamento in un hotel quattrocentesco nella campagna umbra o un’esperienza di trekking sull’Etna. L’idea di base del progetto è che il turismo deve contribuire al miglioramento della qualità di vita della popolazione indigena, sempre nel massimo rispetto dell’economia del posto e dell’ambiente circostante. Scritto da Maria Bertelli (www.ghnet.it)

INFO: WWW.RESPONSIBLETRAVEL.COM

L’accresciuto interesse degli italiani verso il turismo sostenibile è confermato dalle affermazioni di Mau-rizio Davolio, Presidente dell’AITR, Associazione Ita-liana Turismo Responsabile: “in Italia cresce la sensi-bilità alla sostenibilità sia da parte degli enti pubblici che degli enti turistici. Una crescita a macchia di leo-pardo che porta ad indagare la reale motivazione alla base di questo ‘cambio di rotta’: totale condivisione dei documenti programmatici e delle direttive ap-provate dall’UE e non solo, o semplicemente, passiva accettazione delle decisioni politiche? Per una reale evoluzione è importante che si tratti di scelte reali e non fittizie, ispirate ai valori della sostenibilità e della responsabilità”.

Le regioni più sostenibili? “Al momento”, dichiara Davolio, “per le politiche tu-ristiche promosse, Toscana e Puglia (il Salento in par-ticolare).” La prima, ad esempio, ha utilizzato la ‘carta’ della sostenibilità per aumentare la propria competiti-vità, centrando perfettamente l’obiettivo.” Scritto da Roberta Longo (www.ghnet.it); Illustrazioni by Ro-

berta Zazzu; Foto by anonimo

INFO: WWW.AITR.ORG

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TUTTO IL VERDE DELL’ IRLANDA...DENTRO AD UNA SCATOLA. NELLA REGIONE A NORD OVEST, BAGNATA DALLA SHANNON ERNE WATERWAY, IL LOUGH ERNE E L’OCEANO ATLANTICO, UN TEMPO LUOGO DI CONFLITTI, SI TROVA OGGI UNO DEI POSTI PIÙ TRANQUILLI E AFFASCINANTI DI TUTTO IL PAESE, PRONTO AD ACCOGLIERE I TURISTI CHE ARRIVANO SULL’ISOLA. CHIAVE DI VOLTA: L’ECOTURISMO, PER AGGIUNGERE PIÙ VERDE A PRATI E VALLATE.

Sono trascorsi nove anni dalla firma del Trattato di Pace di Belfast e l’Irlanda del nord vuole scrollarsi di dosso la polvere degli spari, guardando avanti. Il futuro della regione passa anche attraverso la sua rivalutazione come meta sicura per i turisti di tutto il mondo che vorrebbero godere appieno della verde Irlanda.

Ed proprio il verde il colore scelto per trasformare questa re-gione nella capitale dell’eco turismo europeo. Nasce così il Greenbox, la prima vera destinazione irlandese, leader nel campo del turismo sostenibile con una serie di norme e ini-ziative basate su solide pratiche ambientali ed in sintonia con le iniziative rurali, le manifestazioni culturali, i progetti e le varie formule di vacanza ambientale ad oggi disponibili nel Paese. Al momento l’area, che comprende le Contee di Fermanagh, Leitrim, Cavan, Sligo, Donegal e Monaghan, vanta ecosistemi unici, un paesaggio incontaminato, centri di apprendimento come l’ Organic Center e un parco geologico (Marble Arch Caves, Co Fermanagh). Ma il Greenbox sta estendendo il suo messaggio a macchia d’olio in altre zone del Paese. Nella Contea di Galway, ad esempio, il Ballynahinch Castle Hotel, piccola perla del Connemara e membro della prestigiosa Manor House Hotels of Ireland, è appena stato rinnovato se-condo i criteri della bio-edilizia (compresi l’istallazione di pannelli solari e un sistema di riscaldamento attivato da bio masse) con un investimento di 1,5 milioni di euro.

IRLANDA: FATTA LA PACE, NASCE LA CAPITALE DELL’ECOTURISMO EUROPEO

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Il piano di rinnovamento della struttura guarda ancora più lontano e nei prossimi 10-15 anni non si esclude la creazio-ne di un campo da golf e di una zona residenziale. La natu-ra incontaminata ha contribuito ad attirare molti amanti del turismo “verde” e operatori di ecoturismo nella regione. Il Greenbox sta lavorando infatti per sviluppare ulteriormen-te risorse e potenzialità, e trasformare il suo territorio in una destinazione eco turistica di classe su scala internazionale. Questo viene anche realizzato in collaborazione con i rappre-sentanti di molte agenzie nazionali, regionali e locali. Il turismo responsabile Ltd (Greenbox Trading Ltd) è un’or-ganizzazione nata nel Nord-Ovest d’Irlanda che è stato isti-tuita per favorire lo sviluppo dell’ecoturismo nella regione. Un marchio di qualità creato per rafforzare l’immagine del Greenbox e difendere i valori etici di cui si fa promotore. L’iniziativa nasce anche dalla volontà di guidare i visitatori a scegliere i prodotti eco turistici che soddisfano le diverse esigenze della domanda, sposandoli con la vastità dell’offer-ta. Archeologia, arte, natura, benessere, cucina sul sito del Greenbox (www.greenbox.ie) è possibile trovare diverse soluzioni a poco più di due ore da Belfast e da Dublino.

BIOARCHITETTURA IN IRLANDARisparmio energetico, progetti realizzati secondo il principio del recupero dell’esistente, utilizzo di prodotti, materiali e sostanze naturali e non inquinanti: la bioarchitettura e la bio-edilizia si mettono a servizio del turismo e non soltanto per offrire location a impatto zero, ma anche per trasmettere una cultura ecologica, da vivere soggiornando in strutture certi-ficate Ecolabel. È il caso della proposta in Irlanda del Nord avanzata dal tour operator Natura da Vivere; ai turisti vien data la possibilità di soggiornare in un resort nel cuore del Connemara, nei cottage affacciati sull’oceano, un tempo case di pescatori, o in un villaggio dove il fabbisogno energetico è zero, grazie ai sistemi di riciclo e di sfruttamento di risorse naturali come sole e vento. Chi vi soggiorna ha la possibili-tà di imparare diverse buone pratiche per vivere nel pieno rispetto dell’ambiente: raccolta dell’acqua piovana, realizza-zione di un compost in giardino, riscaldamento con un fuoco di torba e cucina con prodotti a km zero. Scritto da Morena Tosi (www.ghnet.it); Foto by Illyphotos

INFO WWW.GREENBOX.IE

CHE COS’ È LA BIOARCHITETTURA?

La bioarchitettura, secondo la definizione dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura (INBAR), è l’insieme delle discipline che presuppongono un atteggiamento ecologicamente corretto nei confronti dell’ecosistema. In una visione caratterizzata dalla più ampia interdisciplinarità e da un utilizzo parsimonioso delle risorse, la bioarchitettura tende a integrare le attività dell’uomo alle preesistenze ambientali ed ai fenomeni naturali, al fine di realizzare un miglioramento della qualità della vita attuale e futura.Le teorie della Bioarchitettura si diffondono nella metà degli anni 1970, grazie all’impegno di alcuni studiosi contro l’impiego di materiali e sostanze nocive artificiali nelle costruzioni. Dalla fine degli anni 80 la bioarchitettura ha tentato di riunificare diverse discipline: studi su impostazioni filosofiche e approcci progettuali preesistenti come quelli dell’architettura organica.

La bioarchitettura analizza le condizioni del benessere delle persone in rapporto alle abitazioni e ai luoghi su cui queste sono edificate. Essa prevedere una cooperazione tra varie discipline, cerca di : 1 dare una risposta sull’origine di alcuni mali che insidiano l’uomo e l’ambiente; 2 trait de union tra edilizia moderna ed edilizia della tradizione; 3 una corretta pratica costruttiva in cui tutti i materiali componenti abbiano requisiti di bioecologicità.

Testo tratto da: www.wikipedia.it

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WORKING HOLIDAY

Raccolta della frutta, ma an-che guida del trattore, pesca delle perle o manodopera nelle miniere. La lista dei lavori rurali che è possibile svolgere in Au-

stralia è pressochè infinita. Per tutti coloro che, zaino in spalla, volessero attraversare questo meraviglioso continente cercando di finanziarsi strada facendo, lavora-re nel settore rurale offre un’ampia serie di van-taggi rispetto all’esperienza nelle città:

- innanzitutto, nella quasi totalità dei casi è pagato in regola, con tutti i benefici che questo comporta (tax refound, assicurazione e quant’altro), e la retri-buzione è generalmente molto buona;

- essendo lontano dai centri cittadini con tutti i suoi vizi, impone un’ampia percentuale di risparmio;

- infine, per chi è qui con un visto working holiday, 88 giorni di lavoro rurale danno automaticamente accesso all’estensione del visto per un secondo anno, da “spendere” nei cinque anni successivi.

Quest’ultimo è un punto particolarmente sensibile per tutti i backpackers, infatti appena arrivati, ci si rende subito conto che l’espressione “2nd visa” è una parola d’ordine pronunciata a bassa voce da tutti i ragazzi che si trovano negli ostelli, manife-stando una sorta di timore per il tanto atteso rinno-vo. Oltre a questi ci sono anche benefici di caratte-re personale, come la possibilità di visitare luoghi al di fuori delle tradizionali rotte tracciate dalla Lonely Planet. Il lavoro duro aiuta di natura a frater-nizzare con i compagni di fatiche, che sono ragazzi provenienti da varie parti del mondo, per cui è faci-le stringere solide amicizie da veri “mate”.

COME VIAGGIARE LAVORANDO IN AUSTRALIA

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I lavori rurali più facilmente reperibili sono quelli connes si alle attività nei campi: in primis la raccolta della frutta, ma anche la potatura, la semina e tutte le attività connesse. Più ci si sposta verso nord più gli agricoltori saranno felici di accogliervi, fino ad arrivare agli sperduti paesi del Northern Territory, dove saranno addirittura entusiasti di poter entrare in contatto con persone che vengono praticamente da un altro pianeta, a patto che ci si presenti aperti e desiderosi di condividere la propria conoscenza con chi si ha di fronte.

Nella mia personale esperienza, l’ultimo agricolto-re con cui ho lavorato è arrivato a offrire alloggio gratuito (non affatto una cosa scontata) e lauti pasti ogni due ore, seguendo il detto di quelle parti “chi mangia tanto lavora tanto”. Punto a sfavore del la-voro rurale è la Harvest Guide offerta dal Gover-no Australiano, con contatti telefonici e indirizzi praticamente inutili perchè non reperibili, mentre la guida cartacea può essere usata per avere una vaghissima idea della stagionalità, visto che indica solamente il periodo del raccolto e non delle altre attività. Consiglio molto più utile: nei supermercati per ogni ortaggio c’è una mappa che ne indica la provenienza, segnatevele. Strumento indispensa-bile per trovare lavoro nei campi è l’automobile, con cui “battere a tappeto” ogni zona agricola re-candosi personalmente porta a porta da tutti i far-mer.

In conclusione: il lavoro nei campi è duro, a volte estremo, ma per questo ben pagato; offre una buona opportunità di risparmiare soldi-ni per viaggiare e dà accesso al secondo visto. Tuttavia, nessuna di queste caratteristiche può eguagliare lo splendore di una doccia calda per togliersi la rovente sabbia rossa di dosso alla fine di una lunga giornata o lo splendore dei cieli notturni del bush australiano. Scritto da Giacomo Zamai (www.blogdiviaggi.com); Foto by

anonimo

INFO WWW.JOBSEARCH.GOV.AU-HARVEST GUIDE

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VACANZE IN PESCHERECCIO IN SICILIA

CHE IL MEDITERRANEO SIA - e. bennato

[...]Che il Mediterraneo sia quella nave che va da sempre navigando tra nord e sud tra l’oriente e l’occidente e nel mare delle invenzioni quella bussola per navigare Nina, Pinta e Santa Maria e il coraggio di quei marinai e quel viaggio che non smette mai che il Mediterraneo sia

[...]Che il Mediterraneo sia quella nave che va da sola tra il futuro la poesia nella scia di quei marinai e quell’onda che non smette mai che il Mediterraneo sia.

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L i si scorge da lontano, si teme la loro sorte quando il mare

non dà tregua e li fa ondeggiare come minuscole creature in grop-pa a un gigante, si immagina la vita e le avventure dei pescatori che ne hanno fatto una seconda casa. Sono in molti coloro che hanno sempre sognato di poter trascorrere una giornata a bordo di un peschereccio, conoscere più a fondo le coste italiane con le loro peculiarità morfologico-geologi-che, farsi raccontare dai pescato-ri i segreti celati nelle profondità marine. Non solo, l’esperienza a bordo di un vero peschereccio con il suo equipaggio permette di osservare da vicino i più anti-chi metodi di cattura del pesce, le tecniche tramandate da secoli, il gusto del pescato fresco cucinato a bordo secondo le ricette tradi-zionali. Da qualche tempo è possi-

bile realizzare questo sogno gra-zie al pescaturismo, una attività integrativa alla pesca artigianale che offre la possibilità agli opera-tori del settore di ospitare a bor-do delle proprie imbarcazioni un certo numero di persone diverse dall’equipaggio per lo svolgimen-to di attività turistico-ricreative.

Il pescaturismo è stato regolato da un decreto ministeriale (decreto ministeriale 13 aprile 1999, nume-ro 293 G.U. n. 197 del 23 agosto 1999) nell’ottica della divulgazio-ne della cultura del mare e della pesca e di tutte quelle attività fina-lizzate alla conoscenza e alla valo-rizzazione dell’ambiente costiero che possono servire un pubblico che pratica il turismo sostenibi-le ad avvicinarsi alla pesca pro-fessionale. Sono molte le località italiane che hanno avviato questa

entusiasmante attività che ha avuto un ottimo riscontro e dei numeri, in termini di presenze, che hanno incoraggiato gli operatori a conti-nuare la strada intrapresa.

L’attività del pescaturismo è stata una proposta innovativa per ri-spondere alle esigenze di diver-sificazione dell’attività di pesca e per riqualificare una quota di mercato turistico in parte esisten-te, con l’aggiunta di una voce par-ticolarmente interessante, il che è in perfetta linea con l’esigenza di politiche che rispondano ai criteri di un “Turismo responsabile”.

Il viaggiatore responsabile vuole inserirsi in maniera armonica in quello che è un contesto non alte-rato da quelle che sono le esigen-ze del turismo di massa per sco-prirne le particolarità.

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Così anche il pescaturismo si pre-figge il mantenimento di quella in-tegrità sociale ed economica che viene speso danneggiata dalla promozione di attività che non ten-gono conto del contesto locale.

Il pescaturismo è contempora-neamente una valida risposta ai problemi legati alla pesca con la possibilità di integrazione del reddito degli operatori del settore attraverso una attività che non con-trasta con la loro identità storica e culturale.

Una giornata di pescaturismo offre ai viaggiatori l’occasione unica di vivere l’esperienza quotidiana dei pescatori. Si esce in mare al mat-tino presto, nel silenzio spezzato solo dal rumore delle onde e dal battere d’ali dei gabbiani. Ci si sposta nel luogo dove la sera

prima sono state calate le reti per scoprire se la pesca è stata fortu-nata. I pescatori non si limiteranno a mostrarci il frutto del loro lavoro ma avranno anche la premura di illustrarci le varie specie di pesce, di descriverci le loro (dei pescato-ri e dei pesci) abitudini di vita, le tecniche di pesca e gli strumenti adatti per praticarla.

Un modo nuovo per avvicinarsi al mare, al mondo della pesca pro-fessionale che da sempre conser-va il suo legame con l’ambiente marino: un mondo fatto di fatica, ma anche di profonda conoscenza, di amore, di rispetto per la natura. La giornata a bordo dei pescherec-ci può continuare con la visita di luoghi particolarmente suggestivi lungo la costa che sono raggiungi-bili solo via mare dove sarà anche possibile fare il bagno o scendere

a terra per delle brevi escursioni. Uno dei momenti più importan-ti scatta all’ora di pranzo quando si potrà gustare il pesce pescato con le proprie mani cucinandolo a bordo o a terra, grigliato o cucina-to secondo le ricette della cucina locale. Una formula turistica che si è rivelata e continuerà a rivelarsi vincente e coinvolgente, un modo per farsi trasportare sulle onde alla scoperta della delle bellezze paesaggistiche, dei luoghi dei co-stumi dei profumi e dei sapori di una cultura fondata sul mare e sul-le sue inesauribili risorse.In Sicilia la Cooperativa Gente di Mare 91 di Catania è stata la prima a dare l’avvio al pescaturismo. La Cooperativa Gente di Mare 91 imbarca gli ospiti da San Giovanni Li Cuti. In genere si salpa alle pri-me ore del mattino per recuperare le reti: nasse, tramagli, palangari

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e altri mille attrezzi diversi quante sono le varie specie in ogni locali-tà o profondità.

Gli itinerari così come le battute di pesca tengono conto della stagio-nalità delle specie con l’obiettivo di preservare il delicato ecosiste-ma marino e di rendere partecipi gli ospiti delle fatiche e del fasci-no di uno dei mestieri più antichi e più tipici di quest’area costiera, per lungo tempo l’unica fonte di sostentamento della popolazione di Acitrezza, trasmesso di gene-razione in generazione secondo le antiche tecniche che vanno, oggi, scomparendo a causa di una tecni-cizzazione dell’attività.

Praticare il pescaturismo lungo queste coste della Sicilia orienta-le permette anche di conoscerne aspetti sconosciuti proprio perché

irraggiungibili da terra e che ri-guardano la peculiarità delle roc-ce laviche che formano la barriera al mare. La leggenda narra che siano stati i ciclopi che cercavano di colpire Ulisse e i compagni che erano riusciti a fuggire a lanciare gli enormi massi di pietra lavica, i faraglioni, che svettano lungo la costa e ne costituiscono una delle attrattive più note.

L’itinerario, uno dei più interes-santi che si possano compiere, è arricchito dalle reminiscenze let-terarie che trasportano il passeg-gero a scoprire i luoghi cari a Gio-vanni Verga che ha realizzato uno degli affreschi più affascinanti del Golfo di Catania ne “I Malavoglia”. Prima di salire a bordo è infatti previsto un mini itinerario dedica-to alla memoria del grande autore della letteratura italiana.

La Cooperativa Gente di Mare ha ottenuto dalla Regione Sicilia un finanziamento per la realizzazione di un progetto destinato a creare un vero e proprio circuito riguar-dante il pescaturismo e che preve-de anche l’apertura di una locan-da, la Locanda Malavoglia, dove gli ospiti dei pescherecci potran-no gustare le specialità preparate con il pesce fresco nell’ottica di conservazione e trasmissione del patrimonio gastronomico che co-stituisce uno degli anelli della ca-tena virtuosa che si instaura all’in-terno di tutte le forme di turismo sostenibile. Al momento si pranza in ristoranti di fiducia per gustare le specialità del mare. Testi presi da ww.sicily-news.com; Foto

by National Geographic; Illustrazioni by

Roberta ZazzuINFO COOP. GENTE DI MARE 91

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Pechino, stazione.

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Trascorrere anche un breve periodo con loro è un vero e proprio training, esercizio. E una vacan-za fuori dagli schemi per apprendere l’arte dei guerrieri indigeni in un Maasai Warrior Training, un’avventura in Kenya. Il viaggio inizia con l’arrivo a Nairobi e prosegue verso i campi Masai.

Giunti al villaggio, che si chiama manyatta, ci si sbarazza di tutto il superfluo e ci si immerge nello spirito masai.Resta subito impressa la disposizione delle capan-ne che ha uno scopo difensivo: sono disposte in cerchio intorno al recinto del bestiame e questo basta ad allontanare i predatori.

IN CAPANNA COME I NATIVI

Nella parte esterna si trovano arbusti spinosi e alberi e la vita è semplice, nomade e senza gros-se comodità. Il fuoco si accende strofinando due pezzi di legno fino a quando scocca la scintilla. La capanna tradizionale è formata da una spessa in-telaiatura in legno riempita con il fango misto ad erba. Il tetto è basso e piatto e in paglia e l’impian-to è quasi uguale in ogni regione.Il team che accompagna i viaggiatori è composto dai direttori dell’agenzia con il quale si organizza la vacanza nel villaggio e da istruttori nati e cre-sciuti nella tribù Masai. Si trascorreranno le gior-nate a stretto contatto con le tribù e serate in tende da safari. Si potrà disporre delle comodità essen-ziali quali acqua calda e pasti serviti nel campo attrezzato.

IMPARARE A COMBATTERE

Sono diversi i training possibili nel corso della vacanza. Introductory Training dura 4

TECNICHE DI COMBATTIMENTO, USO DI ARCO E FRECCIA E METODI DI GUARI-GIONE NATURALE. IN AFRICA PER IMPARARE L’ARTE DEI GUERRIERI INDIGENI.

IN VIAGGIO CON I “MAASAI”

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giorni ed è una breve introduzione al mondo Masai con passeggiate riconoscitive nei dintor-ni e la possibilità di apprendere le tecniche di combattimento di questi affascinanti guerrieri come l’uso di arco e frecce.Si tratta dell’Orinkà, l’arte della difesa. Per chi vuole osare di più c’è il Survivor Training che prevede sette giorni di corso per acquisire an-che le tecniche utilizzate dalla tribù attraverso la conoscenza di piante e cortecce per curare in modo del tutto naturale, mal di schiena, mal di stomaco o raffreddori.

SOPRAVVIVERE CON POCO

Un vero e proprio corso di sopravvivenza per-ché oltre alla medicina naturale i Masai inse-gneranno a trovare acqua potabile durante i periodi di secca, a proteggere i propri animali dagli attacchi, accendere un fuoco, a costruire trappole e recinzioni temporanee per il bestia-me. Una volta appreso tutto ciò, si trascorrono ventiquattro ore nella savana: di giorno si cam-mina tra i cespugli e gli alberi di acacia per os-servare da vicino gli elefanti nel loro habitat na-turale e di notte si dorme all’aperto sotto il cielo del Kenya.

CONOSCERE LA SAVANA

Per i temerari ecco il Full Training di 12 gior-ni per entrare davvero nel cuore e nello spirito Masai. Una grande occasione per conoscere la savana. Si insegneranno i segreti dell’alleva-mento e si entrerà nel vivo della quotidianità Masai. Alla fine della formazione, i nuovi guer-rieri verranno celebrati dall’intera tribù che li vestirà con i loro particolari costumi decoran-dogli inoltre corpo e capelli secondo le usanze. Scritto da Mimmo Del Guercio (www.oggiviaggi.it); Foto

by Mimmo Del Guercio, Illustrazioni by Roberta Zazzu

Foto: Nairobi, Kenya.

Il salto è un elemento chiave nella danza Masai.

INFO BUSH ADVENTURES

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Sidney, autostrada.

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ESTREMOBORN TO BE WILD - steppenwolf

Illustrazione by Jacopo Borrini

Foto by Richard Allaway

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NLWellington, binario.

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“Le nostre valigie erano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo molta strada da fare. Ma non importava, la strada è la vita”. Jack Kerouac

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Come si svolge un viaggio in Antartide?L'Antartide è il continente più meridionale della Terra, contrapposto all'Artide, e comprende le terre e i mari che circondano il Polo Sud.

I passeggeri devono arrivare in aereo a Punta Arenas in Cile o a Ushuaia in Argentina che rap-presentano i principali punti di partenza per le imbarcazioni. La traversata inizia con il passaggio del Canale di Beagle e quello di Capo Horn. La traversata del tratto di Drake dura una dozzina di giorni. L’imbarcazione naviga al largo del-

testo tratto dal sito ghnet.it.

INFO: VIAGGIANTARTIDE.ITFoto by AlterEgoPhotography

Illustrazione by Jacopo Borrini

le Shetlands e della Penisola Antar-tica. Una volta in prossimità della crosta polare, vengono organizzati degli sbarchi che permettono l’os-servazione delle colonie animali presenti (otarie, pinguini...) o la vi-sita della cabane utilizzate dai pri-mi esploratori del continente. Alcu-ne volte sono previste delle tappe presso delle stazioni scientifiche.

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In Groenlandia!La Groenlandia è un’isola del continente americano, la maggiore del mondo per superficie, situata nell’estremo nord dell’Oceano Atlantico tra il Canada e l’Islanda.

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Thule è la dimora degli Inuit, dei grandi uomini, i migliori viaggia-tori polari del mondo, ed è anche dimora di Oodaq, Egininwah, Seeglo e Ooqueah, i 4 compagni di Robert Peary nella sua mitica spedizione al Polo Nord Geografi-co del 1909. Anche se sembra incre-dibile, da allora è cambiato poco nella maniera di viaggiare e vivere

testo tratto dal sito Terrepolari.com

INFO: TERREPOLARI.COMFoto by Elioxdesign

Illustrazione by Jacopo Borrin

degli Inuit. In questo viaggio unico vi proponiamo di accompagnare i cacciatori con la loro slitta ed il loro kayak fino al bordo della banchi-sa, e condividere con loro la magia di questo rito millenario. Ci spostere-mo da una regione all’altra, immer-si in un paesaggio di mare gelato, ice-bergs catturati nel ghiaccio. Preparatevi al freddo!

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Andiamo a fare un giro in bici?Heinz Stücke (11 gennaio 1940) è un viaggiatore tedesco, ciclista di Hövelhof, Renania Settentrionale-Vestfalia. Nel 1995, ha compiuto un record mondiale.

Nel novembre del 1962, il 22enne Stücke lasciò il suo lavoro nelle industrie e, salito sulla sua biciclet-ta abbandonò la sua città natale con l’intento di vedere il mondo. Non è mai più tornato a Hövelhof, dichia-rando che il suo incredibile desi-derio di viaggiare è stato in parte motivato dalla volontà di non ritor-nare nella fabbrica in cui lavorava.

All’inizio degli anni ‘80, dopo due decadi sulla strada, Stücke decise di provare a visitare tutto il mondo. Tra il 1962 e il 2010, ha pedalato più di 609,000 chilometri e visitato 195 paesi e 78 regioni. Dal 1995 fino al 1999, il Guinness dei primati ha parlato di lui descrivendolo come l’uomo che ha viaggiato in bicicletta per più tempo nella storia.

Testo tratto da Wikipedia

INFO: AMICOINVIAGGIO.ITFoto by sultan alghamdi

Illustrazione by Jacopo Borrini

GOOD TIMES BAD TIMES - led zeppelin

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Ad ArubaAruba è un’isola situata nel Mare Caraibico, a nord del Venezuela. L’isola (193 km², 104.494 abitanti nel 2007) è una dipendenza olandese (capoluogo Oranjestad) nell’America centrale caraibica.

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Addentrarsi nel maestoso scafo di un relitto sommerso spesso signi-fica incontrare un branco di acciu-ghe o un guardingo dentice, nasco-sto in un angolo. Spesso basta per ammirare il gioco di luci, in quanto anche lui si aggira nel relitto, riflet-tendo le bollicine emesse dal vo-stro compagno di immersioni. Aru-ba deve la sua reputazione come

meta di immersioni subacquee dei Caraibi alle decine di relitti som-mersi nelle sue acque. L’Antilla, una nave da carico tedesca – lunga circa 400 piedi, è il relitto più gran-de dei Caraibi – ed è in assoluto il preferito, da molto tempo, tra i sommozzatori arubani, che sembrano trovarci sempre qualcosa di nuovo.Paura forse degli squali?

testo tratto dal sito Aruba.com

INFO: ARUBA.COMFoto by Adam Coster

Illustrazione by Jacopo Borrini

Page 58: Way out magazine

NLLisbona, stazione.

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Dalle Alpi al mare in motoLa Slovenia, ufficialmente Repubblica di Slovenia (in sloveno Republika Slovenija) è uno Stato membro dell’Unione europea, situato in Europa centrale, confinante ad ovest con l’Italia, a nord con l’Austria, ad est con l’Ungheria e a sud con la Croazia. È bagnata a sud-ovest dal mar Adriatico e la capitale è Lubiana.

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Una corsa avventura in moto dentro la natura che vi porterà dalle Alpi fino al mare Adriatico. Una serie di spedizioni esilaranti attraverso le montagne slovene e luoghi di rinomata bellezza e storia. Da zero a oltre 1500 metri sul livello del mare, è una cosa che si ripeterà più volte in questo tour. A partire da Zagabria vi faremo entrare in

Slovenia ed esplorare il meglio. La Slovenia, ufficialmente Repubblica di Slovenia è uno Stato membro dell’Unione europea, situato in Euro-pa centrale, confinante ad ovest con l’Italia, a nord con l’Austria, ad est con l’Ungheria e a sud con la Cro-azia. È bagnata a sud-ovest (golfo di Trieste) dal mar Adriatico e la capitale è Lubiana.

PERMANENT - aerosmith

testo tratto dal sito Combadi.com

INFO: COMBADI.COMFoto by Ashamandour

Illustrazione by Jacopo Borrini

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Classic safariKenya & Tanzania

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Il Kenya (in swahili Jamuhuri ya Kenya, in inglese Republic of Kenya o semplicemente Kenia) è uno Stato dell'Africa Orientale, confinante a nord con Etiopia e Sudan del Sud, a sud con la Tanzania, a ovest con l'Uganda, a nord-est con la Somalia e ad est con l'oceano Indiano. Nairobi ne è la capitale e la città più grande.

Foto by greuhIllustrazione by Jacopo Borrini

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Arrivo a Nairobi. Dopo il disbri-go delle formalità doganali ritiro dei fuoristrada presso l’aeroporto di Nairobi.Trasferimento al Masai Mara. Lungo la strada ci capiterà certamente di vedere gli animali in continuo movimento in direzio-ne delle vaste praterie erbose del Mara dove anche noi siamo diretti con tutta calma. Prima dell’ingres-so al parco, cercheremo un bel luogo per piazzare il campo, In re-altà lo troveremo già fatto dai mitici “boys” di African Guide Adventure, i miei ragazzi ci faranno sempre tro-vare il campo pronto. A cucinare ci sarà…Sorpresa!!! Non posso svelar-vi tutto e subito. Qualora scopriste che la vita da campo non fa per voi niente paura: la sistemazione con

il portafoglio in mano ve la trovo io senza nessun problema.Sono le vaste pianure, le foreste, i fiumi che compongono il Masai Mara, il san-tuario della fauna più selvatica del mondo, è su questo terreno che av-viene la grande migrazione annua-le: milioni di zebre, gnu e gazzelle attraversano la pianura per cibarsi delle erbe verdi e fresche del Ma-sai Mara. Questo è uno spettacolo al quale tutti dovrebbero assistere almeno una volta nella vita. Mara Game Reserve. Tutto il giorno in giro per il parco, visitando le anse del Mara River scopriremo colonie enormi di ippopotami, coccodrilli perfettamente mimetizzati da sem-brare invisibili, molti leoni, iene, giraffe, facoceri, antilopi, gazzelle,

topi, kudu, dik-dik, sciacalli, bufali, elefanti, gnu, impala, zebre, bab-buini, avvoltoi, struzzi, ghepardi e i rari leopardi, che sono però molto difficili da scovare nel loro territo-rio, comunque ci proveremo, e con un po’ di fortuna e tanta pazienza magari ci riusciremo!!! Per i più te-merari c’è la possibilità di sorvolare il Mara con la mongolfiera, costoso ma bellissimo. Grumeti Control-led Area. Fatto rifornimento, par-tiremo di buon ora per la Tanzania, la zona più remota del Serengeti. Questa remota area del parco è an-che la più bella e straordinaria ed è qui che inizia il grande banchetto dei coccodrilli giganti del Grume-ti River, con l’attraversamento del fiume da parte di centinaia di mi-

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gliaia di animali che migrano ver-so il Kenya, pagando il pedaggio dell’attraversamento con la propria vita. I sopravvissuti sono già molto vicini al confine keniota, però, sem-pre con una buona dose di fortuna, potremmo sempre vederli attra-versare il Masai Mara e noi saremo certamente lì ad aspettarli, bene che vada, altrimenti li incontreremo nelle vaste pianure del Serenge-ti. Lungo la strada attraverseremo paesaggi veramente incredibili e solo negli ultimi chilometri avvi-steremo il Grumeti River, ma sarà notte, dovremo cercare di avvistare il nostro campo più che gli animali. Il campo è situato vicino al fiume Grumeti, famoso per i suoi cocco-drilli giganti. Le attività principali

saranno le escursioni nella foresta e appostamenti lungo il fiume per godersi l’impressionante spettaco-lo dei coccodrilli, padroni assoluti dell’acqua. Dormire sarà veramente un’impresa impossibile: iene, leoni, ippopotami veglieranno su di noi.Serengeti National Park. Dopo colazione partiremo per il Seren-geti, derivato dalla parola Masai “siringet” che significa “pianure sconfinate”, il Serengeti è uno de-gli ultimi paradisi incontaminati del mondo che offre rifugio aduna fauna selvatica unica nel suo ge-nere. Ci divertiremo a scorrazzare in lungo e in largo alla ricerca dei grandi predatori, avremo a disposi-zione circa 14.763 Km² di parco. Nel pomeriggio magari possiamo an-

che andare all’Olduvai Gorge, per visionare gli scavi dove fu ritrovata la piccola “Lucy” e da dove sembra che sia iniziata l’era umana. Tutti a cena e a letto presto, anche se dor-mire non sarà così facile! Sveglia, facciamo le 05.30 e partenza per il Ngorongoro Crater. Ngorongo-ro Conservation Area. La pista è pessima ma corta, in massimo tre o quattro ore saliremo fino ad un’altezza di 2300 mt. E a quando vi affaccerete sull’orlo del crate-re rimarrete stupefatti. Credo che siano pochi oggi a non conoscere questo incredibile cratere vulcani-co di 20 Km di diametro racchiuso da pareti alte 600 mt. Ngorongoro è stato paragonato all’Arca di Noè

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e al Giardino dell’Eden e dal 1978 è stato dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. Spesso descritta come l’ottava meraviglia del mondo il cratere è così spetta-colare da coinvolgere tutti i sensi, santuario naturale per oltre 25.000 animali, tra cui il rinoceronte nero, ma anche area abitata dalla tribù Masai. Per discenderlo esiste una sola strada, ad est, la risalita, estre-mamente ripida ad ovest. I Masai possono scendere nel cratere per pascolare ed abbeverare i loro ani-mali. Arrivati sul fondo del cratere avremo l’imbarazzo nello scegliere quali animali vedere e fotografare: l’anno passato un leone, per farsi meglio fotografare è salito sul cofa-no del mio fuoristrada, e con molta

naturalezza si è sdraiato al caldo per più di mezz’ora, direte nessuna paura eri dentro il fuoristrada…si, ma era scoperto! Spostarsi nel cra-tere è relativamente facile e quindi avremo quattro o cinque ore per scorrazzare in giro. Verso le 14.00 però il caldo sarà insopportabile, quindi risaliremo al nostro campo e vi assicuro che il panorama che potrete vedere, vi toglierà il fiato. Il campo è arroccato sul bordo della scarpata Mto Wa Mbu ed offre uno dei più splendidi paesaggi della Great Rift Valley con il suo lago di soda. E’ difficile immaginare una scenario più spettacolare. Il parco è famoso tra gli ornitologi per i suoi rapaci e per i leoni che spesso si trovano arrampicati sugli alberi a ri-

posarsi dalla calura. Lake Manyara National Park. Possiamo passare tranquillamente la mattinata nella piscina del Manyara Safari Lodge oppure visitare il villaggio dei pe-scatori Mto-wa-Mbu che in swahili significa “villaggio delle zanzare” oppure fare un giro intorno al lago Manyara fino a “maji moto” (pozze da dove sgorga acqua bollente), magari osservando i leoni che in questo unico posto in tutta l’Africa, salgono sugli alberi oppure rima-nere in ozio, a voi la decisione. In Kenya. Appena fatto colazione tut-ti a bordo, ci trasferiremo in Kenya e non sarà uno scherzo. Un con-siglio: non mangiate troppo altri-menti ve ne pentirete! La strada per Namanga non è una buona strada,

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se sarò bravo riusciremo a passare in una o due ore, la direzione sarà Amboseli ! Amboseli National Park. Sveglia per tutti alle 05.00, colazione e in marcia per il primo safari della giornata. Con i suoi 392 Km² Amboseli non è un parco esteso ma qui è più facile scorgere gli animali. E’ costituito dal bacino prosciugato del lago Amboseli e, anche se di tanto in tanto si riempie d’acqua nella stagione delle piog-ge, per la maggior parte dell’anno è una distesa secca e polverosa di un biancore accecante. Qui potrem-mo avere la fortuna di incontrare il raro rinoceronte nero e certamente molti branchi di elefanti, tra cui al-cuni maschi solitari di oltre 70 anni, con delle zanne veramente enormi.

Tutto questo con lo sfondo meravi-glioso del monte Kilimanjaro, una visione davvero indimenticabile. Situato ai piedi del Kilimanjaro, il campo è nascosto sotto un bo-schetto di alberi di acacia giganti accanto a cui scorre una sorgente naturale a presiedere il paesaggio, il Kilimanjaro che, con i suoi 6.000 metri di altezza, rende questo luogo a dir poco magnifico. Rientreremo al campo per la colazione e per il pranzo. Nel pomeriggio partiremo per lo Tsavo West N.P., attraverse-remo con una scorta armata il vero ed ultimo territorio Masai e soste-remo anche in un piccolo villag-gio, lasciando un piccolo “Obolo”. Tsavo West National Park. Con circa 20.000 Km² Tsavo è il parco

più esteso del Kenya ed è diviso in due sezioni: Tsavo West con 8.500 Km² e Tsavo East con 11.200 Km ². L’interesse per lo Tsavo West N. P. è concentrato per la maggior par-te nelle pozze d’acqua di Kilaguni e Ngulia, ma la più bella è Mzima Spring, le sorgenti che alimentano l’acquedotto della lontana Momba-sa. Nella sorgente è possibile ve-dere coccodrilli ed ippopotami da una posizione subacquea costruita appositamente. La mattinata sarà tranquilla e rilassante come pure il pomeriggio, spostandoci da un luogo all’altro potremo vedere bu-fali, gazzelle, facoceri e centinaia di specie di uccelli. Dopo cena sarà bellissimo guardare la pozza d’ac-

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qua illuminata di fronte alla veran-da, nel silenzio più assoluto, aspet-tando gli animali notturni. Faremo escursioni a Mzima Springs, le cui acque cristalline che zampillano dalle rocce vulcaniche, sono infe-state da ippopotami e coccodrilli, al Santuario Rhino e alle Roaring Rocks, una collina di formazio-ne vulcanica con molte grotte. Nairobi. Dopo colazione partire-mo per Nairobi e in attesa del volo di ritorno potrete fare acquisti per il mercatino tradizionale di Nairobi, dove si trova di tutto. Ma attenzione al prezzo e soprattutto a borsette, marsupi, orologi. State attenti a non diventare voi stessi il mercatino! Dopo il disbrigo delle formalità do-ganali, volo per l’Italia.

testo tratto dal sito Africanguide.com

INFO: AFRICANGUIDE.COMFoto by DeviantTeddine

Illustrazione by Jacopo Borrini

Pensate ai luoghi più belli del mondo, lasciatevi

trasportare dall’ immaginazione attraverso

riserve naturali sconfinate, ripide montagne,

città cosmopolite, spiagge perfette e verso tutto

ciò che più vi affascina. Sognate le destinazioni

migliori per l’avventura, il relax, la cultura e lo

sport. Poi immaginate tutti questi luoghi in un

solo paese: benvenuti in Kenya!

SOGNO IN KENYA

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La Tasmania è il solo e unico Sta-to insulare dell’Australia, racchiu-so in quasi 68.000 chilometri qua-drati e dove abitano oltre 474.000 persone. L’isola è delimitata dal Bass Strait a Nord, dal Mar di Ta-sman ad Est e L’oceano Meridio-nale a Sud. La capitale è Hobart, una bella località che vale la pena di una visita. L’isola possiede un

clima oceanico, piuttosto fresco. Ci sono numerosi Parchi Naziona-li in Tasmania, che offrono favolo-si scenari, grandi sentieri e varie attività all’aperto. La North Coast della Tasmania offre paesaggi spettacolari e delle zone costiere interessanti. Ci sono alcune gran-di città interne, e un certo numero di fiumi tutti da essere esplorati.

In TasmaniaLa Tasmania è uno stato dell’Australia. È costituito dall’isola omonima e da alcune isole minori, ed è posto circa 240 km a sud rispetto alla parte orientale del continente australiano

testo tratto dal sito Ilturista.ifo

INFO: Ilturista.infoFoto by Ashamandour

Illustrazione by Jacopo Borrini

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NLAmstelveen, fermata.

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S C A M

B I O C

U L T U

R A L ETRAVEL - the gathering

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NLEdimburgo, Ferrovia

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SCAMBIOCULTURALE

COS’Èuando si parla di scambio tra cultu-re dobbiamo prima chiederci e capire

cosa intendiamo per cultura. Una defini-zione è questa: un insieme di conoscenze e influenze che concorrono a determinare il modo in cui viviamo.

La nostra cultura si specchia nei rapporto con la famiglia e la società, come con la musica, l’architettura, i leader politici, l’arte. A livello più superficiale, uno scambio culturale consiste nel capire come le altre persone vivono, e come valori e priorità che quelle stesse persone hanno scelto -o sono state costrette a scegliere- modificano le loro stesse esistenze.

Considerate ad esempio la disponibilità di acqua per una popolazione; chi ha sempre potuto contare sulla disponibilità di acqua ha potuto produrre cibo senza problemi, potendosi focalizzare su altri bisogni e ne-cessità. Se per un popolo l’acqua scarseggia, le persone si sentiranno preda del problema e le loro vite saranno governate dalla ricerca dell’acqua.

Uno scambio culturale scava e guarda oltre il problema quotidiano, per ricercare i fattori che determinano le differenze fra culture fino a scoprire un’area di comunione e interscambiabilità. Sperimentando stili di vita diversi, è inevitabile il confronto con il proprio.

Sì, lo scambio fra culture è anche un esame di coscienza, e porta a chiedersi: “Le scelte che abbiamo fatto finora sono giuste?”. Qualunque sia la risposta, una verità incon-futabile è che è molto quello che possiamo imparare l’uno dall’altro, e che non esiste una cultura migliore di un’altra.

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Davide Bitti, una vit

a per

il Giap

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tutti quello che significa vivere nella terra del Sol Levante. Una storia di incontri, crescita e difficoltà.

B I G I N

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Davide Bitti, una vit

a per

il Giap

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conos

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tutti quello che significa vivere nella terra del Sol Levante. Una storia di incontri, crescita e difficoltà.

J A P A N

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DAVIDE BITTI ha 28 ed è di Roma. Il corpo è in Italia, l’anima spesso in Giappone. Una passione nata da ragazzo,e coltivata fino al momento del vero e proprio incontrocon la cultura nipponica. E lo racconta a Way out.

WHATEVER YOU ARE LOOKING FOR - kimura kaela

SSi è laureato da non molto - e a pieni voti - in Studi Orientali. A Way out racconta i suoi viaggi in Giappone e l’incontro con un’altra cultura; visita Tokyo e Sendai, poi il suo destino si incrocia col terremoto di marzo 2011. Colpito profondamente dal tremendo disastro, decide di farne

il tema della sua tesi magistrale. Insegna attualmente giapponese e vuole continuare a trasmettere la sua passione ad altri.È anche vlogger: con i suoi Vivi Sendai e Vivi Tokyo vuol mostrare a tutti com’è la vita in Giappone, per farci vedere che in realtà non è tutto solo manga e anime.

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ne, ndr). Ne leggevo parecchi, alcuni di questi come Video girl Ai o I”S facevano vedere spaccati di vita giapponese che mi iniziava ad incuriosire sempre di più.

Insomma, già si capiva che sarebbe nato un legame forte con quel paese e quella cultura. Come proseguì?Finii il liceo e pensai di iscrivermi a Studi Orientali. Non lo feci in realtà, e commisi l’erorre di iscrivermi ad ingegneria mec-canica. Persi due anni della mia vita: non mi piaceva, non faceva proprio per me. In seguito decisi che era il momento di assecondare questa passione latente e mi iscrissi proprio a Studi Orientali. L’im-patto su sorprendente, mi piacque subito molto. Oltre agli esami di lingua, che è la cosa che tutt’ora preferisco, anche quelli di storia, arte, letteratura e religione mi fecero pian piano entrare in questo mon-do sempre meno sconosciuto per me.

Ci avviciniamo al primo vero e proprio contatto con il Giappone, allora.Assolutamente. La mia passione cresce-va e non potevo più tenerla a bada; così, durante le vacanze del terzo anno della triennale riuscii finalmente ad andare in Giappone. Io e altri 8 amici seguim-mo un corso intensivo di lingua di un mese a Tokyo. L’impatto fu dirompen-te, finalmente potevo confrontare le mie aspettative con la realtà. Ovviamente, fa-cendo una vacanza-studio, questo primo approccio fu molto scanzonato, ma co-munque ritrovai parte delle atmosfere che avevo fino a quel momento

Davide, la tua storia ci parla di una grande passione per il mondo orienta-le ed in particolar modo giapponese: come nasce questo interesse?La mia passione per il Giappone inizia sicuramente già dai tempi delle supple-mentari. Passavo tanto tempo con il NES e il Game Gear, e ovviamente guardavo molti cartoni animati alla TV.

Insomma, un piccolo nerd! Ma non c’è un gioco, un personaggio in particola-re che ha scatenato tutto?Effettivamente qualche anno fa ho cerca-to di scavare per capire bene quale potes-se essere stata la scintilla che mi ha fatto pensare per la prima volta in assoluto di voler andare in Giappone. Beh, credo di averla trovata; in un numero del 1995 di Consolemania (una rivista di videogiochi e dintorni, ndr) c’era uno speciale in cui veniva raccontato il viaggio della reda-zione in Giappone per andare a vedere le nuove console del momento. Io ero in quinta elementare, credo, ed ero fan di Sonic. Loro erano andati all’Amusement Park “Sega Joypolis” di Tokyo e io ve-dendo e leggendo quell’articolo sbavavo. Decisi che dovevo andare in Giappone, ci feci anche il tema dell’esame di quinta elementare.

E poi che succede?Poi mi sono avvicinato a cose come man-ga e anime, soprattutto nel periodo delle medie in cui, grazie a Dragon Ball, ho iniziato a leggere regolarmente manga (cioè i fumetti provenienti dal Giappo-

STUDIARE ALL’ESTERO, TROVARSI IN UN NUOVOCONTESTO CON NUOVE COSE DA IMPARARE:

OGNI MOMENTO DIVENTA PREZIOSO

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NON RINNEGO LE MIE RADICI NERD, MA HOPRATICAMENTE SMESSO DI LEGGERE MANGA:È COME SE NON AVESSI PIÙ BISOGNO DI UNFILTRO PER CONOSCERE IL GIAPPONE

assaporato solo tramite fumetti e media vari. Ero entusiasta, una volta tornato in Italia promisi a me stesso di dover fare un anno di scambio in una scuola giappone-se.

Ed è ciò che hai fatto effettivamente.Certamente. Iniziai la magistrale e cer-cai in ogni modo di tornare a studiare in Giappone. L’occasione si presentò, e la presi al volo. A settembre del 2010 sarei partito a studiare all’ università del Tōhoku di Sendai. A dire il vero, prima di allora, non avevo mai sentito parlare di Sendai; non era una città molto famosa, non sapevo cosa aspettarmi, ma questo mi entusiasmava ancora di più. Furono mesi interminabili quelli che mi separavano dalla partenza; nel frattempo sostenni gli esami rimanenti, mi informai sulla città

e passai l’estate senza concedermi alcuna vacanza o svago, per risparmiare soldi in vista della partenza. Poi, finalmente, arri-vò settembre.

E sei in Giappone per la seconda vol-ta, ma in questo caso per studio. Due viaggi simili ma in realtà diversi.La mia vita come studente straniero mi fece vivere un Giappone diverso da quello della prima volta. Potei provare sulla mia pelle il sistema universitario, lavorativo e soprattutto sociale. Da subito l’accoglien-za è stata eccellente: ci hanno istruiti con un briefing e assistiti nell’acquisto di un cellulare e per l’assicurazione sanitaria. Se-guivo i corsi, ho stretto parecchie amicizie, imparavo cose nuove ogni giorno, anche le più piccole cose risultavano stimolanti e nuove. Nel frattempo mi sono fidanzato con una ragazza giapponese e ho iniziato a lavorare part-time in un ristorante italiano gestito da giapponesi. Più i mesi passava-no e più ero felice di aver scelto Sendai. Sarà pure un decimo di grandezza rispetto a Tokyo, ma proprio in questo sta la sua forza: niente folle disumane, si può arri-vare ovunque con la bicicletta, la gente è aperta e disponibile, la vita costa meno. In poche parole, penso sia molto più vivibile e godibile della capitale.

Quali altre differenze hai notato ri-spetto all’Italia?Tante. Sul posto di lavoro ad esempio, se facevo un errore spesso veniva rimprove-rata la persona sopra di me. I professori rimproveravano me invece quando non

mi rivolgevo loro con un linguaggio ap-propriato. I servizi sono eccellenti, la cura del cliente anche e c’è comunque un profondo rispetto per il prossimo. Anche i divertimenti sono diversi: ai giapponesi piace il karaoke, le serate all-you-can-drink e spostarsi da un locale all’altro la sera. Ci sono anche locali in cui si paga per parlare con delle ragazze.

Hai vissuto sulla tua pelle anche l’espe-rienza del terremoto a Sendai.Purtroppo sì, ed è stato devastante. Stavo lavorando al ristorante, la scossa era forte e prolungata; sono stato preso dal panico e mi sono fiondato in strada senza ben sapere cosa stavo facendo. Mi rimprove-rarono di essere “una persona dal cuore piccolo”: ero fuggito da solo, senza cu-rarmi dei clienti. Effettivamente era così, ma insomma, in verità ero scappato sen-za pensare a nulla. Ho scritto anche un articolo su tutto quello che successe quel giorno (http://www.centrostudiorientali-roma.net/ritorno-a-sendai).

Hai fatto amicizie con persone che poi ti sono venute a trovare a Roma? Cosa ne hanno pensato?Sì, ho instaurato molte amicizie e alcuni sono venuti a visitarmi in Italia. Si sono trovati - quasi - sempre bene. Hanno ap-prezzato i paesaggi, la cucina, lo stile di vita italiano un po’ più rilassato e anche caciarone, ma hanno accusato la man-canza di comfort, il chaos del traffico e il senso di poca sicurezza per le strade, che per loro è amplificato mille volte.

Il karaoke (letteralmente orchestra vuota) è parte fondamentale della cultura giapponese. Nato a Kobe, in Giappone esistono locali in cui si possono affittare stanze insonorizzate e cantare col proprio gruppo di amici o con la famiglia. Dai nipponici è considerato ancheun buon sistema educativo in quanto la lettura dei testi contribuisce nel suo piccolo a migliorare il tasso di alfabetizzazione.

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E cosa ci puoi dire dei tuoi videocast Vivi Sendai e Vivi Tokyo?Hanno entrambi lo scopo di far vedere e conoscere agli italiani aspetti meno co-nosciuti del Giappone. Fare quei video era diventata quasi un’ossessione per me, la mia volontà era documentare il più possibile quello che stavo vivendo e tra-smetterlo al mondo. Insomma, per far vedere che il Giappone non è solo manga e anime.

Sei tornato a Sendai dopo il terremoto?Sì, mi sono sentito in dovere di tornarci.Ora Sendai è completamente rinata – il ristorante, però, non ce l’ha fatta – e la gente è tornata a vivere e a sperare in un futuro. Nonostante le enormi ferite anco-ra aperte, con interi isolati completamen-te cancellati ed enormi montagne di de-triti, Sendai si è rialzata e cammina verso il domani. Ci sono tornato l’estate scorsa, e l’ho fatto senza curarmi delle radiazio-ni: ci sono tornato perché ormai tutto ciò fa parte della mia vita.Scritto da Daniele Cavoli

In alto, gli effetti del terremoto in una strada di Sendai. Sopra, la fila ordinata di persone in attesa di un bus.

Davide si arma di cellulare e cammina per centri commerciali, negozi di fumetti, supermercati, sale giochi, mercati e riprende ciò che vede, spiegandolo. Cercate semplicemente Vivi Senday, oppure sul suo canale youtube, il nickname è ayasustanaN. Troverete anche il taglio di un tonno e un melone da “regalo”da quaranta euro.

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L’ALTRA FINALEBhutan contro (anzi, insieme a) Montserrat / Come lo sport può superare le barriere culturali

WE ARE ALL MADE OF STARS - moby

30 Giugno 2002, si sta svolgendo la finale della Coppa del Mondo di calcio in Giappone. Non molto lontano da lì, in Bhutan, si stanno affrontando altre due nazio-ni molto meno blasonate di Brasile e Germania. È questa la The other final.

Johan Kramer è un giornalista olande-se nato ad Utrecht, appassionato di calcio. Nell’estate del 2002 c’è la Coppa del mondo in Giappone e Corea del Sud, ma Johan non ha una squadra per cui tifare. Già, perché la sua Olanda non si è qualificata.

È forse questo sconforto che gli fa saltare in mente un’idea geniale: disputarla sì una finale, ma di tutt’altro tipo. Nessun fuori-classe o grandi palcoscenici, ma una partita simbolica tra le ultime squadre del ranking mondiale di calcio: Bhutan e Montserrat. Difficile pensare a due nazioni più diverse di queste: il Bhutan un piccolo stato montuoso asiatico e buddista, Montserrat una piccola isola vulcanica nel Mar dei Caraibi.

La partita è stata disputata a Thimphu, ca-pitale del Bhutan, a circa 4000 metri di alti-tudine, e un documentario, chiamato appun-to The other final racconta di un meraviglioso

incontro tra due culture così diverse ma le-gate, in questo caso, dallo sport. La partita in sé diventa quasi irrilevante - l’erba del campo è tagliata a mano con una falce, non ci sono barriere tra campo e pubblico, qualche cane invade il campo - rispetto al significato stes-so dell’interazione tra due popoli sconosciuti l’uno all’altro e alle possbilità fornite dallo sport di socializzare con chiunque. Imperdi-bile l’improvvisato commentatore bhutanese con le sue similitudini, e quasi commovente quando esprime tutta la sua compassione per il portiere del Montserrat, che quasi non si vuole rialzare da terra dopo aver subito il secondo - dei quattro - gol.

Il DVD è introvabile, ma su youtube si tro-va lo stesso il video. Ah, questo è il messaggio finale dopo i titoli di coda: “Ora esci e vai a giocare a calcio con uno sconosciuto”.Scritto da Daniele Cavoli

A destra, i capitani delle due squadre portano al cielo una coppa. Anzi due, perché la coppa stessa è divisa esattamente in due parti uguali. Entrambe le nazioni potranno così esporre in bacheca la propria metà.

Johan Kramer,giornalista e ideatore del

documentario

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NLBerlino, Metropolitana

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LONDON CALLING - the clash

LONDRA CHIAMA. Ed è l’irresistibile richiamo di una gran-de metropoli multiculturale in cui tanto, tantissimo è suc-cesso dal punto di vista musicale e artistico. Un autentico crocevia di culture del mondo occidentale moderno.

Iniziamo a dipingere questo affresco mu-sicale di Londra partendo da una data precisa, l’aprile 1958, e un luogo, il se-condo piano di un double decker bus - il numero 715 - in cui c’è Ian “Sammy” Summer che sta andando da Cliff Ri-chard (il nome originario è Harry Rod-ger Webb) per provare Move it (Well let me tell you baby it’s rock ‘n roll / They say it’s gonna die but honey please let’s face it / They just don’t know what’s a going to replace it), il brano d’esordio di Cliff e dei suoi Drifters (la band che poi cambierà il nome in The Shadows). Cliff è praticamente considerato l’Elvis bri-tannico (250 milioni di copie vendute) e il creatore del Rock and Roll, al punto che John Lennon arrivò a dire “Prima di Cliff Richard non c’era niente di buono da ascoltare in Gran Bretagna”.

Gli Shadows di Richard e Sammy (poi sostituito da Hank Marvin) erano uno dei gruppi-simbolo di un genere appena

precedente il Rock and Roll, chiamato skiffle (tra i suoi interpreti anche Jimmy Page), un insolito mix di jazz, blues, folk e swing, suonato anche con strumenti improvvisati. Molti erano anche i locali, sempre negli anni ‘50, teatro del passag-gio dallo skiffle e il Rock and Roll. Il loca-le in cui gli Shadows erano resident band si chiamava 2I’s Coffee Bar - chiamato così perché i fondatori erano due iraniani -, al 59 di Old Compton Street. Adesso non troverete più questo pub, ma potre-te ammirare una targa verde che dice: “Questo è il luogo di nascita del Rock and Roll britannico”.

Andiamo un po’ avanti nel tempo ed arriviamo al folk revival e ad un altro locale-icona della Londra degli anni ‘60: il club Les Cousins di Greek Street - via di Soho teatro dell’immigrazione greca -, vero e proprio luogo di incontro in cui si esibivano praticamente tutte le persona-lità più in vista del momento. Tra que-

ste, Bert Jansch e John Renbourn, vere icone del folk. A proposito dell’abilità con la chitarra, Jimmy Page amava dire “Sopra di me solo Bert Jansch e Jimmi Hendrix”. Provate a sentire Soho (See the dazzling nightlife grow / Beyond the dawn and burning / In the heart of Soho), un sublime intreccio delle chitarre di Jansch e Renbourn. Nel cuore di Lon-dra, alla metà degli anni ‘60, era questa la musica che si voleva ascoltare.

Un passo verso la periferia - siamo nel 1966 circa - e ci spostiamo verso Not-ting Hill per trovare la via multiculturale (ma anche della controcultura e dell’un-derground) per eccellenza: Portobello Road. Cat Stevens sul retro del suo pri-mo 45 giri mette un omaggio proprio a Portobello Road (Getting hung up all day on smiles / Walking down porto-bello road for miles / Greeting strangers in indian boots). Una strada da sempre teatro di molti movimenti

La targa che potrete trovare al 59 di Compton Street, dove sorgeva il 2I’s Coffee Bar.

Cliff Richard da giovane. Saranno i capelli, ma a Elvis ci assomiglia!

Portobello Road. Adesso accanto ci passa anche il Notting Hill Carnival.

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giovanili e correnti artistiche, ma tra tut-ti c’era un locale particolarmente amato e frequentato dagli artisti della Pop Art, all’incrocio tra Portobello e Westbourne, e cioè l’Henneckee’s Pub (adesso si chia-ma Earl of Lonsdale). Attori, musicisti e artisti di ogni sorta popolavano il pub e andavano a Portobello anche per il rino-mato mercato dell’antiquariato: è proprio qui che Jimi Hendrix compro la famosa giacca con gli alamari (in foto).

A proposito di moda, parliamo di un duo di fratelli bacchettoni - e diciamo-celo, un po’ antipatici -, che volentieri si scagliavano contro il conformismo e le mode passeggere: sono i Kinks, che sem-pre nel 1966 criticavano il Carnabysmo dilagante di quei tempi con Dedicated followers of fashion (Oh yes he is / Oh yes he is / He thinks he is a flower to be looked at / And when he pulls his frilly nylon panties right up tight / He feels a dedicated follower of fashion).

Andiamo avanti di due anni, nel 1968, quando un cantautore, Nick Drake - tra

l’altro spesso presente al club Les Cousins -, muoveva i suoi primi passi e anche lui dedicava una canzone ad un quartiere di Londra, in questo caso Mayfair (Mayfair stretching far above / Full of fame but lacking love / Could it be we see the Mayfair moon?).

Se parliamo di Londra è assolutamente doveroso menzionare una delle canzoni emblema di Londra, scritta da Ralph McTell nel 1969 - ma la pubblicherà solo cinque anni dopo perché gli sembrava troppo triste - e coverizzata più di 200 volte: è Streets of London (So how can you tell me you’re lonely / And say for you that the sun don’t shine / Let me take you by the hand and lead you through the streets of London / I’ll show you so-mething to make you change your mind). Un fatto curioso: la canzone era inizial-mente stata scritta non per Londra, ma per Parigi, dove McTell fu impressionato dalla noncuranza delle persone comuni per i meno abbienti. Una delle cover più famose fu cantata da Mary Hopkin (ha

cantato anche a Sanremo!), la prima delle due mogli di Tony Visconti.

Visconti, produttore musicale di suc-cesso, pubblicò anche alcuni album di un’altra grandissima icona della musica britannica e mondiale: il mitico David Bowie. Non parliamo di una singola can-zone dedicata ad un quartiere o una piaz-za, ma di un intero album, la cui coperti-na (in foto) è stata classificata come la più iconica del Rock and Roll britannico: è chiaramente The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. Se volete andare in pellegrinaggio a Londra per cercare proprio i luoghi della coper-tina, dirigetevi verso Heddon Street e troverete sia la cabina che l’ufficio postale ritratti nella copertina.

Bowie ‘uccise’ Ziggy Stardust nel lu-glio del 1973 in un concerto all’Ham-mersmith Odeon. Entriamo però in un altro Hammersmith, l’Hammersmith Palais, in cui un giorno entrò anche Joe Strummer, leader dei Clash. Nasce così il brano White man in the Hammer-

Jimi Hendrix ritratto con la sua giacca da ussaro comprata a Portobello.

La copertina di The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars.

Mary Hopkins. Ha cantato anche canzoni in italiano.

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smith Palais (Punk rockers in the UK / They won’t notice anyway / They’re all too busy fighting / For a good place under the lighting), che celebra la fratellanza tra punk e reggae, tra bianchi e neri.

Siamo negli anni 70, e un affresco di Londra risulterebbe incompleto con la mancanza dei The Who, vere e proprie rockstar, ammirati da tutte le genera-zioni di rock future, sempre in cerca di qualcosa di nuovo e uno dei pochi grup-pi rock a non essere travolti dall’ondata punk che sarebbe esplosa tra poco. Pete Townsend disse in un intervista, a pro-posito del successo del punk in contrasto con le rockband tradizionali: “Dove sono i ragazzi di oggi? Dove sono i loro eroi?” Who are you? (I spill out like a sewer hole / Yet still receive your kiss / How can I measure up to anyone new / After such a love as this). Anche questa canzone degli Who ha un contesto ben preciso, è ambientata a Soho infatti (il riferimento è all’inizio del testo).

Spostiamoci a nord per incontrare un altro strano personaggio, Ian Dury. Cockney per eccellenza - cantava anche in ‘dialetto’ - nel 1977 ebbe un succes-so strepitoso e un po’ inaspettato con un pezzo anche censurato dalla BBC per-ché male interpretato. È Sex, drugs and Rock and Roll (They will try their tricky device / Trap you with the ordinary / Get your teeth into a small slice / The cake of liberty), che non è un inno a una vita sregolata ma una condanna allo stile di

I Blur nel concerto di Hyde Park del 2012. Nell’oc-casione è stato registrato un disco live.

vita chiamato dagli inglesi from nine to five, riferito agli orari di entrata ed uscita dall’ufficio, sinonimo di vita monotona.

Da nord a sud di Londra, per andare ad incontrare i Dire Straits, che sono di casa proprio in quella zona di Londra. Basti sapere che la loro Sultans of Swing era de-dicato a tutto il circuito di pub e locali della riva sud del Tamigi che i gruppi mu-sicali dovevano battere sera dopo sera per guadagnarsi un po’ di visibilità.

C’è ovviamente un po’ d’Italia anche a Londra, per esempio nel Bar Italia, aperto dalla famiglia Polledri - e adesso gestito dai nipoti dei fondatori - nel 1949. Bar vero e proprio epicentro per la vita not-turna londinese, visto che rimaneva aper-to dalle 7 di mattina fino alle 5 di notte. Addirittura i Pulp di Jarvis Cocker gli dedicano una canzone nel 1995, chiama-ta proprio Bar Italia (There’s only one place we can go / It’s around the corner in Soho / Where other broken people go / Let’s go).

Altro gruppo stra-londinese sono i Ma-dness, eroi dell’epoca ska e poi anche pop. Tre anni fa hanno fatto un album chiamato The liberty of Northon Folga-te, un quartiere nell’East end di Londra, particolare perché per secoli e secoli - fino al 1900 - è stato un quartiere franco, libe-ro da vincoli di ogni genere e autogestito economicamente, diventando così anche un rifugio di fuorilegge di ogni sorta. Il primo brano di questo grande disco si intitola We are London (You can make

it your own hell or heaven / Live as you please / Can we make it, if we all live to-gether / As one big family?).

La palma finale se la merita un luogo che per tutti gli amanti della musica rock non tramonta mai: è Hyde Park, teatro di avvenimenti e concerti sempre fan-tastici dagli anni ‘60 in poi. Nel 2012 i Blur, a conclusione delle olimpiadi londi-nesi, tengono un concerto ad Hyde park e scrivono apposta una canzone, Under the Westway (Hallelujah, singing out loud, and sing it to you / Am I lost out at sea, till a tide wash me up off the Westway), uno spaccato di vita londinese sotto, ap-punto, la Westway, una strada sopraeleva-ta che attraversa molti dei luoghi di cui abbiamo parlato. Se London is Calling, dovete per forza rispondere.Scritto da Daniele Cavoli, adattato dalla

trasmissione radiofonica Moby Dick,

School of Rock dei giorni 9 e 24 gennaio.

info: www.mobydick.rai.it

Pete Town-send, leader degli Who. Sta attualmen-te lottando con il tinnitus.

Il Bar Italia a Soho (e anche una immanca-bile Vespa).

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COUCHSURFINGSurfisti del divano / Viaggiare (e ospitare) low cost in qualsiasi parte del mondo. Ma non solo

HOME - e. sharpe & the magnetic zeros

non senza qualche intoppo

Popolarità dilagante, capillarità assoluta, ma anche qualche incidente di percorso che ha, a volte, messo a rischio l’esistenza stessa del progetto. Infatti, già nel luglio del 2006, un’ingente perdita di dati nel database del sito portò ad annunciare da parte di Fenton la morte del sito internet. La risposta degli utenti non si fece però at-tendere, e grazie soprattutto alla collabo-razione di tutti, un Couchsurfing versione 2.0 tornò operativo in meno di un mese.

Nel marzo del 2009, fu una notizia che fece il giro del mondo a causare qualche proble-ma e gettare un’ombra sulla filosofia Couch-surfing a proposito di sicurezza e affidabilità. A Leeds, nel Regno Unito, un uomo di ori-gini marocchine stuprò una ragazza di Hong Kong, da lui ospite per un breve periodo. Un bel colpo alla reputazione del Couchsurfing, che fa della fiducia e del rispetto reciproco un caposaldo della propria mission.

L’ultimo e controverso problema risale al 2011, in concomitanza col passaggio di Couchsurfing da organizzazione no-profit

come nasce

Il concepimento dell’idea del Couchsurfing risale al 1999 e avviene a bordo di un aereo. Americano di Boston e all’epoca ventunen-ne, Casey Fenton parte per l’Islanda ma non ha un alloggio: decide così di contattare per email circa 15,000 studenti universitari e chiedere ospitalità per qualche giorno. Più di cinquanta studenti risposero alla richiesta di aiuto. È proprio sul volo di ritorno che Casey pensa di poter creare una community globale capace di aiutare chi, come lui, avesse avuto lo stesso problema di alloggio.

In realtà dovremo aspettare oltre quat-tro anni - per la precisione gennaio 2004 - perché la prima versione di www.couch-surfing.org divenisse un sito pubblico. L’accoglienza del popolo di internet fu ini-zialmente freddina - soltanto 6000 profili di surfers nel primo anno -, sebbene in segui-to questi raggiungeranno e supereranno, al giorno d’oggi, quota cinque milioni. È pos-sibile trovare un utente disposto ad ospitare in qualsiasi nazione del mondo, anche negli angoli più remoti.

Couchsurfing, italianizzabile con un bizzarro fare surf da un divano all’altro, è la più grande rete di ospitalità del mondo, con al suo attivo più di 5 milioni di membri in oltre 97,000 città di tutto il mondo. Una gigante community di surfers, che grazie ad internet si incontra - stavolta offline - per offrire, condividere e socializzare.FACTS

età dei couchsurfers

nazioni con più couchsurfers

28età

media

18-24

40-49

53% MASCHI

47% FEMMINE

25-29 30-34

50-59

35-39

60+

USA

FRA

ENG

GER

CAN

SPA

366NUmERo totAlE

di liNGUE PARlAtE

Notti ‘SURFAtE’ComPlESSivAmENtE

REFERENzE di UtENtiSUl Sito iNtERNEt

AmiCiziE CREAtE Col CoUChSURFiNG

19.1 MIL

5.6 MIL 11.5 MIL

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RECORD

ad organizzazione pro-profit. Tutto nasce dal rifiuto dell’IRS (l’equivalente americano di un’agenzia delle entrate) di riconoscere a Couchsurfing lo status di non-profit, evi-denziandone gli aspetti sociali piuttosto che quelli caritatevoli. Il resto della storia parla di una pivatizzazione dalle dinami-che contorte, per cui rimandiamo ad una pagina wiki sicuramente più esplicativa, http://couchwiki.org/en/CouchSurfin-g_”conversion”_issues.

come iniziare a surfare

Magari non dovete andare in Islanda anche voi, ma avete comunque bisogno di un cou-ch che vi ospiti da qualche parte (si parla di divano, in realtà si intende una qualsiasi si-stemazione o posto letto), o volete mettere a disposizione il vostro. Come fare? Ovvia-mente il primo passo è registrarsi sul sito web e creare un proprio profilo, fondamentale in quanto primo tassello - e strumento per mi-surare la compatibilità di due utenti - nella costruzione di quella fiducia reciproca che è alla base di ogni esperienza positiva di Cou-chsurfing. Tips e consigli su come presentarsi si trovano dovunque, anche sul sito ufficiale (www.couchsurfing.org/make_profi-le_tips). Siate onesti e fornite dati signifi-cativi a proposito della vostra personalità e stile di vita: il profilo è un biglietto da visita nel mondo di Couchsurfing e serve a capire a chi ospita - o viene ospitato - cosa aspettarsi dall’altra persona.

“Ma non conosci chi ti ospita o chi viene da te a dormire, come puoi fidarti?”, è un legittimo dubbio che è sicuramente salta-to in testa a chiunque si avvicinasse per la prima volta al mondo del Couchsurfing. Dubbio non da poco, ma proprio qui en-tra in gioco il sistema dei feedback. Ogni profilo infatti tiene traccia di tutte le espe-rienze passate di un surfer, e in particolare raccoglie i commenti e le referenze di tutti quelli che conoscono di persona o tramite un’esperienza di Couchsurfing quella stessa persona. È poi necessario sottolineare che

non si è obbligati ad ospitare o eventual-mente accettare richieste di ospitalità; è bene instaurare un rapporto online prima che offline, se si è alle prime armi o insicuri. Inoltre - ma serve un piccolo pagamento a seconda del benessere della nazione di resi-denza - è possibile ‘verificare’ il profilo, per garantire a tutti che si è una persona in car-ne e ossa, con quel nome e quella residenza. Una bella garanzia in più. Ancora dubbiosi? Allora visitate www.couchsurfing.org/about/safety.

una community globale

Il mondo Couchsurfing non è riducibile a l’ennesimo espediente di soggiorno low cost, piuttosto un vero e proprio modo di interpre-tare la vita e il viaggio attraverso le esperienze e le infinite connessioni tra persone e cultu-re diverse. A detta dei surfers più entusiasti e convinti, il viaggio così interpretato diventa un’esperienza unica e rilevante socialmente; un viaggio con non solo una meta, ma con un punto di riferimento in più per capire meglio la cultura del paese. Il sito non of-fre solamente opzioni di viaggio e possibilità di ospitalità reciproca, ma organizza anche meeting a tema e non, ed è inoltre una gi-gante bacheca dove chiedere informazioni o - perchè no - di passare anche una giornata insieme con qualcuno del posto. Provare per credere. Anzi, per crescere.Scritto da Daniele Cavoli

Illustrazioni di Daniele Cavoli

info: www.couchsurfing.com

maggior numero di notti spese come ospite da un singolo surfer

689

maggior numero di lingue parlate da un singolo surfer

10

maggior numero di referenze scritte per un singolo surfer

1611

maggior numero di notti offerte da un singolo surfer

2593

maggior numero di paesi visitati da un singolo surfer

197

maggior numero di amici connessi a un singolo surfer

1640

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NLBudapest, Stazione

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CITAZIONI

[...] Get down,

I know all we’re doing is travelling without moving

Can’t stop, no I know all we’re doing is

travelling [...]

TRAVELLING WITHOUT MOVING - Jamiroquai

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Venezia, stazione ferroviaria.NL

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“Urban Sketcher.Lo fate per lavoro? Siete un’artista? Vi posso offrire un caffè?Da una decina d’anni disegno in giro per Napoli.Preferibilmente su un taccuino, recentemente anche su fogli sciolti. In strada o affacciata a finestre e terrazze, dentro chiese, grotte e musei, durante una manifestazione o dal pescivendolo. Vicoli, scalinate, tetti, giardini, panorami, viaggiatori in funicolare, venditori di strada e cumuli di monnezza, i cingalesi che giocano a cricket e mio figlio che gioca a hockey, il miracolo di Santa Patrizia e il Vesuvio sopra ogni cosa...”

Simonetta Capecchi

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Simonetta CapecchiIn viaggio col taccuino

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Fra la grande rete di illustratori, artisti, ma soprattutto viaggiatori (che documentano con i loro disegni spazi, persone ed emozioni dei luoghi in cui passano, si fermano per un periodo o vivono) si distingue per la sua bravura l’Urban Sketcher Simonetta Capecchi.

Laureata in architettura a Venezia, vive a Napoli dove lavora come illustratrice. Ha te-nuto corsi di disegno a contrat-to presso la Facoltà di Architet-tura dell’Università di Napoli Federico II.

Dall’anno 2006 ha curato quat-tro edizioni di ‘In viaggio col taccuino’, una rassegna di tipo annuale sui carnet di viaggio ospitata da Galassia Gutenberg, la fiera del libro di Napoli. Alcuni dei materiali raccolti per questa rassegna sono stati pubblicati e da lei stessa curati in “Sguardi su Napoli. Giro della città in 30 taccuini di viaggio” edito da Liguori nel 2008.Ha esposto i suoi taccuini di viaggio in mostre collettive in Francia, dove è stata invitata alla 7° Biennale du Carnet de voyage di Clermont-Ferrand, a Londra, New York e Parigi per Detour, the Moleskine expe-rience (2007/08) e recentemen-te in Spagna e in Portogallo. In Italia ha esposto alla Libreria Trame di Bologna, alla Casa del Palladio a Vicenza per Libria-mo 2008 e alle Scuderie di Pa-lazzo Sipari a Pescasseroli.

“In viaggio col taccuino per Napoli” è l’intera raccolta di disegni, frutto di un lavoro du-rato dieci anni, che Simonetta ha racchiuso su taccuini e fogli sparsi: acquerelli, panorami e scorci verticali, tutti eseguiti in diretta e per strada, in giro per Napoli.

Simonetta, sei un architetto, ma da quanto tempo ti occupi di il-lustrazioni, hai fatto degli studi specifici in questa materia?Nessuno studio specifico, anche se ho un dottorato in Disegno e rilievo dell’Architettura e ho fatto dei workshop di acquarello con il pittore Pedro Cano. Ho guardato i disegni di molti artisti, illustra-tori, fumettisti e mi sono allenata disegnando dal vero qualunque soggetto. Come illustratrice da qualche anno disegno architet-ture per guide turistiche, mappe acquerellate per siti archeologici, panorami di città… alla fine non

sono uscita del tutto dal mio am-bito di studio.

Come è nata l’idea di “In viaggio col taccuino”?Nel 2005 dopo una visita in Francia alla Bienale du Carnet de Voyage di Clermont-Ferrand ho pensato di proporre una rasse-gna sui taccuini di viaggioa Galassia Gutenberg, la fiera del libro di Napoli.In Italia era un tema poco noto e in parte lo è ancora. Mi sem-brava interessante riportare qui le principali esperienze - eventi, autori, pubblicazioni - realizzate

Accanto:I 30 taccuini di viaggio.Sguardi su Napoli.Edito da LiguoriItalia, 2008.

Una valigiacontenente 30 Moleskine di Simo,il suo nome d’artecon il quale firma molti suoi sketch.Le sue pagine sono racconti di: vicoli, emozioni, profumi, personaggi, magnifici paesaggi e angoli di cielo.Un capolavoro dedicato alla bella Napoli.

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all’estero intorno al carnet di viaggio. Essere inseriti in una ma-nifestazione dedicata al libro era coerente con l’aspetto di libro-fat-to-a-mano del taccuino illustrato. Nel 2006 ho aperto un blog :www.inviaggiocoltaccuino.com dove ho documentato gli ospiti e tutte le iniziative di questa rasse-gna che ha visto già quattro edi-zioni curate assiemea Franco Lancio, architetto e graphic designer.

Cosa cerchi di riportare sul tuo taccuino dei viaggi che fai?Disegno perché mi fa piacere e a volte perché non posso farne a meno. Disegno quello che vedo, in presa diretta e aggiungo brevi annotazioni scritte.Questo mi aiuta a ricordare le cose, dato che ho una pessima memoria. Ormai tutto quello che non riesco a disegnare mi sembra perso per sempre. Non disegno solo in viaggio, disegno anche a casa, all’interno o guardando dalle finestre. In questo caso si potrebbe chiamare “diario grafi-co” ma la sostanza non è molto diversa dal “taccuino di viaggio”.Lo faccio per me e per i miei figli, forse saranno contenti di rivede-re nei taccuini le cose che abbia-mo fatto insieme.Credo succeda la stessa cosa per un diario scritto: si scrive per se stessi ma c’è sempre un ipotetico interlocutore. Si cerca di raccon-tare un luogo o una data situa-zione soprattutto per poterla co-municare, condividerla con altri. Per questo oggi sono cosi tanti i diari di viaggio disegnati pubbli-cati on line. Il web ha amplificato la possi-bilità di aprire le nostre pagine private e mostrarle in tutto il mondo, come fanno gli Urban

In basso:

AutoritrattoAttrezzi

Sketchers, in un network di cui faccio parte.

C’è un viaggio che ti è rimasto più nel cuore?Ho viaggiato poco, quasi solo in Europa e in Italia. Forse viagge-rò di più in futuro. Il mio ideale è un viaggio lento, in cui posso raggiungere un certo posto an-che solo perché è bello da dise-gnare e posso fermarmi quanto voglio…

Che consigli daresti a chi vuole iniziare un taccuino di viaggio o un diario grafico?Disegnare tanto e spesso.Chiunque può imparare. Per te-nere un diario grafico non c’è bi-sogno di essere artisti, le pagine intimoriscono meno di un foglio bianco o di una tela. Ognuno può riempirle con la massima libertà. Il migliore libro di consigli che ho letto finora è quello di Danny Gregory, The Creative Licence.

Sogni per il futuro?Mi piacerebbe viaggiare in paesi lontani, disegnare tutto quello che vedo o che mi capita e magari essere anche pagata per farlo!

Testo tratto da Be famous.com

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“... Non so a cosa serva e se si possa considerare un lavoro, ma so che mi piace. Adoro quel momento di sospensione del tempo, in cui mi concentro solo sul groviglio di linee, colori, sfumature e contrasti di luce che ho davanti. Ascolto le voci intorno, la colonna sonora del disegno: rumori, frammenti di conversazione che a volte riporto a margine del foglio. Quasi sempre qualcuno si ferma a parlarmi. Spesso sono incontri interessanti”.

Simonetta Capecchi

IN CERCA DI QUALCOSA DA CERCARE - I musicanti del vento

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Accanto:Sguardi su Napoli.Giro della città in 30 taccuini di viaggio.

Illustrazione di Napoli, Ramaglia.

Ha esposto il taccuinio di viaggio in mostre collettive in Francia, dove è stata invitata alla 7° Biennale du Carnet de voyage di Clermont-Ferrand, a Londra, New York e Parigi per Detour, the Moleskine experience (2007/08) e recentemente in Spagna e in Portogallo. In Italia ha esposto alla Libreria Trame di Bologna, alla Casa del Palladio a Vicenza per Libriamo 2008 e alle Scuderie di Palazzo Sipari a Pescasseroli.

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C’è una gioia nei boschi inesplorati, C’è un’estasi sulla spiaggia solitaria, C’è vita dove nessuno arriva vicino al mare profondo, e c’è musica nel suo sciabordare. Io non amo l’uomo di meno, ma la Natura di più.

George Gordon Byron

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Lingua originale: inglesePaese di produzione: USADurata: 140 minGenere: avventura,drammaticoRegia: Sean PennSoggetto: Jon KrakauerSceneggiatura: Sean PennSean Penn, William PohladFotografia: Éric GautierMontaggio: Jay CassidyMusiche: Eddie Vedder,Michael Brook, Kaki King

Into the Wild

“C’è tanta gente infelice che tuttavia non prende l’iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l’animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo. Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l’avventura. La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell’avere un orizzonte in costante cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso… Non dobbiamo che trovare il coraggio di rivoltarci contro lo stile di vita abituale e buttarci in un’esistenza non convenzionale... “ Christopher McCandless.

Into the Wild è un film del 2007 scritto e diretto da Sean Penn, basato sul romanzo di Jon Kra-kauer “Nelle terre estreme” in cui viene raccontata la storia vera di Christopher McCandless, giova-ne proveniente dal West Virginia che subito dopo la laurea abban-dona la famiglia e intraprende un lungo viaggio di due anni attraverso gli Stati Uniti, fino a raggiungere le terre sconfinate dell’Alaska.Dopo aver letto il romanzo di Krakauer, Sean Penn si inna-morò della storia di Christopher McCandless e si mobilitò per ot-tenerne i diritti cinematografici, tuttavia la famiglia McCandless si dimostrò dubbiosa nel porta-re la storia di Chris sul grande schermo. Il regista non si arrese, ma dovette aspettare quasi dieci anni, tempo nel quale continuò a mantenere i contatti con i genito-ri e la sorella di Chris.Nel frattempo Penn non stette con le mani in mano ed iniziò ad abbozzare una sceneggiatura, do-cumentandosi sull’itinerario per-corso da Chris e parlando con le

persone che avevano avuto modo di conoscerlo. Quando ormai stava perdendo le speranze, finalmente giunse il consenso dalla famiglia McCandless e si poté dare il via alla produzione. Il regista riesce a raccontare con estrema semplicità la storia di un ragazzo alla ricerca di sé stesso raccontandone i sogni, l’inquietu-dine e gli errori, realizzando un road movie in cui racconta con sensibilità la storia di Chris, sen-za farlo apparire come un martire o un eroe moderno ma raccontan-do semplicemente il suo viaggio verso una libertà estrema. Penn porta sul grande schermo la sto-ria senza un ordine cronologico ma avvalendosi dell’uso dei fla-shback, tra presente e passato, come pezzi di un puzzle che ri-traggono lo spaccato di vita di un giovane uomo. Egli non si limita però a ripercorrere l’avventura on the road di Chris, bensì scava nel profondo analizzando anche i suoi rapporti con la famiglia e la socie-tà. Grazie anche ad un’intensa fotografia, il regista riesce ad esal-tare la bellezza di molti

L 13,357 mmA 1,807 mm

Accanto:Copertina del film

SETTING FORTH - Eddie Vedder

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Into The WildL’album di Eddie Vedder

“Avevo strutturato la mia sceneggiatura basandola su un accompagnamento sonoro che fosse viscerale e avesse anche dei componenti cantautorali. È stato durante le riprese del film che la voce di Eddie Vedder come cantante

e autore di canzoni mi è venuta in mente come quella giusta per questo film. Un mese dopo aver accettato la mia proposta, queste grandi e toccanti canzoni gli uscivano a fiotti. Nessun’altra voce fa fluire, sanguinare o gioire la giovane terra e il cuore americano così appassionatamente come quella di Vedder. Il suo contributo non solo alza considerevolmente l’impatto del film, ma credo che sarà un’indelebile raccolta indipendenetemente dal cinema. Da mettere in una casula del tempo sotto ‘Compagni di strada”.Sean Penn, regista

Vedder rinomina il processo di registrazione dell’album come ‘fabbrica’. Sulle sessioni di registrazione nel suo complesso, Vedder ha dichiarato: “È stato come se fossi un pò andato in uno spazio strano per una settimana o due, poi mi sono svegliato da questo stordimento, ed è stato fatto.” Tra le belle canzoni dell’album, Wayout ha scelto di riportare un pezzo di Setting Forth: “Be it no concern, Point of no return, Go foward in reverse, This I will recall, Everytime I fall, Ahh-oohhh, Setting forth in the universe Out here, realigned, A planet out of sight, Nature drunk and high....”

Buon ascolto!

paesaggi naturali incontaminati, giocando con i contrasti tra natu-ra e civiltà.Into The Wild è il film che porta in un campo di stra-ordinaria credibilità, uno dei concetti che da sempre affliggo-no l’essere umano: la possibilità di potersi dire liberi. Il viaggio è l’urlo selvaggio della libertà.“Chris misurava se stesso e coloro che lo circondavano se-condo un rigido codice morale. Rischiava di incamminarsi su un sentiero carico di solitudine, ma trovava compagnia nei per-sonaggi dei libri che amava, ne-gli scrittori come Tolstoj, Jack London, e Thoreau. Per ogni circostanza sapeva trovare la ci-tazione adeguata e non perdeva occasione per farlo”. A dirlo è la sorella Carine Mc-Candless, la quale dedica al fra-tello un sito web, per diffondere l’ importante lezione di vita che Chris ci ha dato. La sua filosofia di vita basata sulla semplicità nella sua forma più pura; essere buoni l’uno con l’altro, essere onesti, essere puri nei nostri intenti e in tutto quel-lo che realizziamo, è l’unica for-mula per raggiungere la felicità.Concluderei la rubrica proprio con la frase di Chris, utilizzata anche in chiusura del film:La felicità è vera solo quando condivisa.

Testo tratto dawww.carinemccandless.com

Soundtrack

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Marcel Proust

Il vero viaggio verso la scoperta,non consiste nella ricerca di nuovi territori,ma nell’avere nuovi occhi.

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Thomas K Photographer

Intorno una serie delle sue Instagramraffiguranti i non luoghi delle strade di Berlino.

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“Ci sono luoghi nei quali sono stato almeno 1.000 volte e ogni volta che ci passo mi meraviglio perchè riesco sempre a scoprire qualcosa di nuovo e di interessante su di loro”. Thomas Kakareko

La strada di Thomas K

Ha soli 25 anni e il suo nome è Thomas Kakareko, ma tutti lo conoscono con il suo pseudoni-mo Thomas K.In giro per le strade di Berlino cerca di catturare quei momenti speciali nella vita di tutti i giorni che la maggior parte delle per-sone non hanno il tempo di ve-dere. Amante del bianco e nero, la sua passione per la fotografia è iniziata con il lancio della app Instagram nel mese di ottobre 2010. Thomas scopre un nuo-va forma d’arte la mobile digital photography, molto più imme-diata, veloce, istantanea, e sem-pre pronta a cogliere l’attimo.“Posso facilmente dire che la mia vita è cambiata in così tanti modi da allora. Oggi la mia passione per la mobile photography, non è affatto cambiata, è in continua crescita ed evoluzione, ed io non posso più fermarla.”Non avrebbe mai pensato che la fotografia, prima di Instagram, potesse diventare tanto impor-tante per lui. Non lascia mai casa senza il suo iPhone tra le mani, sempre pronto a sparare.Gira per le strade ogni giorno alla ricerca di migliori scatti.

Adora catturare l’attimo, nella metropoli, nella routine quoti-diana. Il semplice spostamento, da casa al lavoro, dal pesciven-dolo al negozio di musica., dal-la metropolitana alla stazione ferroviaria... Diventa per lui un viaggio essenziale, perchè

il suo occhio vede la bellez-za anche nelle piccole cose. Berlino una città caotica, sempre in continuo movimento, attra-versata da: persone che vengono altre che se ne vanno, turisti, viaggiatori, lavoratori, dal traf-fico dei veicoli, da luci al neon, da colorati graffiti, da moderne costruzioni architettoniche e tavole calde, dal dolce profumo dello strudel, dai suoni impazziti dei clacson, dalle FLEBILI note di un’armonica solitaria, dal respiro e dai battiti di milioni di persone. Questo è quello che Thomas cerca di fotografare ogni

giorno, fermare la vita che gira intorno a Berlino in uno scatto furtivo, rapido e di passaggio.Nella pagina accanto la sua serie Instagram di ‘non luoghi’ ovve-ro spazi senza identità, di transi-to, quelli in cui si è sempre soliti passare, ma in fondo nessuno presta mai loro attenzione.L’occhio del fotografo vede pro-prio questo, la bellezza, laddove milioni di occhi non riescono a captarla. Nella sua fotografia non si vedono i colori della città, ma si vede l’anima di Berlino.

Testo scritto da Melissa Mercanti.

Il ritratto del fotografo di strada Thomas K

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Quassù non vivo in me, ma divento una parte di ciò che mi attornia. Le alte montagne sono per me un sentimento.

Lord Byron

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Un viaggio Nero-bianco-nero“...E vanno gli uomini ad ammirare le vette dei monti, ed i grandi flutti del mare, ed il lungo corso dei fiumi, e l’immensità dell’Oceano, ed il volgere degli astri. E si dimenticano di se medesimi”. Sant’Agostino

Mario Casella, giornalista e gui-da alpina, con l’alpinista russo Alexey Shustrov, ha percorso un viaggio con gli sci lungo ol-tre 1000 chilometri, attraverso la catena caucasica. Ne è nato un libro: “Nero-Bianco-Nero”.

Abbiamo parlato con Casella del lontano territorio caucasico e dell’aspetto esplorativo-umano che questa esperienza di viaggio ha significato per lui.“Il Caucaso è una catena mon-tuosa lunga oltre i 1000 km con decine di cime oltre i 4000 - 5000 m. I fattori che la caratterizzano è l’isolamento e l’aspetto avven-turoso, questi la rendono molto somigliante alle Alpi di 50-100 anni fa quando ancora non era-no la base di stazioni sciistiche e turistiche. Molti villaggi nasco-sti fra le rocce caucasiche non sono ancora collegati con una strada al fondovalle, gli abitanti vivono una vita dura, soprattut-to d’inverno. Il periodo inver-nale è proprio quello che più mi affascina, il clima perfetto per soddisfare la curiosità di scopri-re queste montagne così lonta-ne. Nell’estate, senza neve ci si metterebbe molto di più per co-prire lunghe distanze, perché il territorio è molto accidentato e coperto da pochi sentieri, men-tre con la copertura del manto nevoso, è più facile spostarsi.Oltre all’aspetto tecnico e alpini-stico c’è l’aspetto esplorativo e unano che è quello che a me in-

Nero-bianco-nero Un viaggio tra le montagne e

la storia del Caucaso.

Al racconto dell’avventura si alternano i ritratti di personaggi e situazioni sorprendenti, incrociati

dall’autore nei suoi numerosi viaggi nella regione in qualita di giornalista e alpinista. Dietro la grandiosita del paesaggio

spuntano i drammi della Storia e le tensioni del presente.

Il diario di un viaggio alpinistico e un reportage esclusivo dalla polveriera

caucasica.

Il libro di Mario Casellateressa di più e ho cercato di ri-portare nel libro che ho scritto “Nero-bianco-nero”. La cosa più bella è stato scoprire in questi sperduti villaggi d’inverno, iso-lati, coperti di neve, il cuore cal-do di una popolazione che mi ha dato una piacevole accoglien-ze e permanenza. Come giorna-lista e scrittore mi sono sorpre-so nel conoscere persone che con piacere, con la gioia, la vo-glia e il tempo mi hanno raccon-tato la loro vita, le loro condi-zioni di sopravvivenza, costretti all’isolamento da un mondo agiato, comodo e consumistico. Il viaggio è stato una ricerca.La ricerca di me stesso, per scoprire quello che voglio es-sere: un giornalista, uno scrit-tore, un documentarista, ma soprattutto amo definirmi un alpinista curioso. La curiosità credo che dovrebbe essere nel-la coscienza di ogni alpinista; andare in montangna con l’in-teresse che va oltre la difficoltà tecnica, la ripidità, l’altezza di una salita. La montagna è un viaggio me-raviglioso da intraprendere per riflettere, per isolarsi in una bianca pace fuori dal mondo circostante, per stare in compa-gnia di se stessi.Un caro saluto a chi mi sta leg-gendo e vi lascio con il mio con-siglio di provare presto questa magnifica esperienza.

Intervista by Andrea Bianchi

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Firenze, giardino pubblico.

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Non sempre il termine viaggioimplica necessariamente uno spostamento, fisico geografico. Il nostro essere è strettamente intrecciatocon il mondo circostante.Solo se comprendiamo quest’ultimo siamoin grado di capire come vi collochiamonoi stessi.Mentre i viaggi di conquista, scoperta, avventura sono reali, il viaggio di conoscenza, è un percorso interiore, una riflessione su se stessi, una ricerca sulla propria identità.

VIAGGI FACILI

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JUMPING SOMEONE ELSE’S TRAIN - the cure

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Muoversi più lentamente, per godersigli odori, i sapori e i suoni dei luoghi che stiamo visitando, è diventato negli ultimi anni lo slogan dello “slow travel” e Firenze ne è la culla.

Oggi le carrozze che circolano per il centrodi Firenze sono poche e quasi esclusivamente ad uso e consumo di una certa fasciadi turisti stranieri. I fiaccherai, sono l’emblemadi una Firenze che non c’è più. Una Firenze forse più affascinante, senza dubbio più romantica. Se volete fare un giro lungo via Calzaiuolie godervi i lungarni, piazza della Signoria e le altre vie storiche della cittàseduti comodamente in carrozza, andate al Duomoin piazza S.Giovanni…Saranno li ad aspettarvi.

Se quel che desiderate è vederviil centro storico, un’alternativa slow è sicuramente rappresentata dal segway. Non sapete cosa sia? Avete presente le bighe romane? Ecco, toglietelei cavalli e aggiungetele un manubrio. Per chi non c’è mai salito sopra potrebbe sembrare difficoltoso guidare questo mezzo. Invece è veramente facile e divertente.

Se pensate di utilizzarlo per Firenze allontanatevi dalle vie più trafficate dai turisti e dirigetevi verso piazza Santa Croce, fate il lungarno e attraversate l’Arno sul Ponte delle Grazie dirigendovi poi verso il Ponte Vecchio, per godervi un magnifico panorama.

scritto da Alessandro Foto by Luca Fancioni INFO: TRAVELDIFFERENT.IT

Slow Travel FirenzePer ammirare le sue opere uniche e i paesaggi mozzafiato, Firenze consiglia:

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Da Fiorenzuolaalla Norvegia in VespaIl viaggio di Nicolò

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Lentamente attraverso la vecchia Europa, tagliata in due per raggiungere la Norvegia. Una settimana a bordo di una vespa.

Ecco un breve reportage sul mio primo viag-gio in Vespa da Fiorenzuola alla Norvegia. Si discute spesso di come per un viaggiatore il percorso sia più importante della meta e

devo dire nulla di più vero per un vespista che si muo-ve a cinquanta chilometri orari di media tagliando ver-ticalmente l’Europa in due.

E’ possibile infatti raggiungere la Norvegia in un paio d’ore se si viaggia in aereoma se si vuole andare in Vespa consiglio di attrezzarsi e prepararsi ad almeno una settimanadi viaggio. Questo è il tempo che ho impiegato per raggiungere la città di Stavangerdove risiede da poco la mia famiglia. Le tappeprincipali lungo il percorsodi andata sono state Innsbruck in Austria, Monaco, Alle e Amburgo in Germania per poi raggiungerela Danimarca, sostare nella bella cittadina di Aalborge finalmente sbarcare in modo trionfale in Norvegia.Un viaggio iniziato un po’ per caso, alle spallesolo qualche settimana di esperienzamotociclistica, ma che nasce da una forte passioneper il piccolo ma potente mezzo a due ruotepiù famoso e amato d’Italia.Sebbene risieda a Milano decido comunquedi partire dalla cittadina di Fiorenzuola dove sono cre-sciuto, dopotutto segue il mio viaggiovia internet anche il portale della RegioneEmilia Romagna e da emiliano quale sono non potevo certo partire dal suolo lombardo!La partenza non è delle migliori: il peso delle valige sul portapacchi sbilancia l’assetto della Vespae non essendo ancora allenatoa contrastare l’effetto, cado rovinosamentenelle vicinanze di Trento.

Scritto da Nicolò Foto by NicolòINFO: PAGINA FACEBOOK “VESPBOOK”

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Per fortuna nulla di grave, solo uno specchietto rotto che mi viene prontamente sostituito dalla Piaggionella loro filiale di Trento. E poi comunquesi dice che non si è veri vespisti se non si è cadutialmeno una volta. Fatto quindi il battesimo mi dirigo alla volta dell’Austria non prima però di imbattermi nell’ultima pattuglia di polizia italianaalla quale spiegherò, tra la loro incredulità, di essere diretto in Norvegia.

Finalmente giunto in Austria vengo accoltoda Michela, una ragazza italiana che ha decisodi lavorare all’estero e con la quale sono entrato in contatto tramite il network di Couchsurfing. Con lei vado alla scoperta della bella cittàdi Innsbruck, attraversando più volte anche il ponte sul fiume Inn dal quale la città prende il suo nome. L’indomani salpo per una tre giorni in territoriotedesco attraversando una miriade di cittadine.

Mi ha profondamente colpito la visita al campodi concentramento di Buchenwalde non solo per la violenza di un passato indelebile ma anche per la sua drammatica attualità. A differenza di molti altri campi tedeschi, Buchenwald nasce come luogo d’internamento per oppositori politici, omosessuali, Zingari e Testimoni di Geova.A distanza di oltre sessant’annila paura di ciò che spesso non si conosce, sebbenetalvolta celata, rimane ancora profondamenteradicata in tanti italianinonostante proprio il nostro paese si sia scontrato fron-talmente con l’atrocità della guerra e del pregiudizio.

Superata la Germania entro finalmente in Danimarca che, a quanto pare, é perennemente battutada un vento fortissimo che a tratti mi costringea scendere dalla Vespa e continuare a piedi: é infatti impossibile guidare in queste condizioni.

Riesco comunque nell’impresa e dopo una sostanella bellissima Aalborg eccomi finalmente salpare via nave per la terra dei fiordi. Sceso dalla nave vengo accolto da un sincero applauso oltre che da un paesaggio e da una natura rigogliosae a tratti primordiale che decisamentenon mi aspettavo.

Una volta in Norvegia non ho fatto lunghi tragittima mi sono dedicato a quello che chiamoil “free riding” ossia girovagare a caso nei dintorni della città alla scoperta di quei postiche altrimenti non riusciresti mai a vedere. E’ stata un’idea fantastica: ho scoperto una campagna dove i campi sono recintati da lunghi filariin pietra che spesso si affacciano sul mare. Un mare scuro e perennemente agitato dal vento. Un vento che modella tutto: dalle montagne ai profumi.

La Norvegia è una terra che affascinasia per la sua natura sia al tempo stesso per il rispetto e la cura con cui i Norvegesi si rapportanoquotidianamente con questo elementocosì profondamente legato alla loro identità. La società norvegese è sicuramente un esempiosia per la diffusa ricchezza sia per il diffuso welfare sociale.

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Visita la pagina Facebook chiamata Vespbook. La pagina ha riscosso un notevole successo con oltre 900 fan provenienti da oltre 40 paesi del mondo ed e’ ora diventata un punto d’incontro per scambiarsi consigli, informazioni e idee di viaggio.

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La strada secondo Aaron Esplorare il mondo con google street view

Aaron Hobson è un fotografo e fa parte di una nuova generazionedi artisti che cercano luoghi di interesse attraverso la lentedi Google Street View. Noi lo definiremmo un viaggiatore da fermo.

Foto by Aaron HobsonINFO: AARONHOBSON.COM

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THE TOURIST - radiohead

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The great grand canyon, North AmericaPhoto: Aaron Hobson

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Gorge or Oldupai, AfricaPhoto: Aaron Hobson

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Mount Everest, Catena dell’HimalayaPhoto: Aaron Hobson

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Campagna Siciliana, ItaliaPhoto: Aaron Hobson

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Le immagini precedenti sono state raccolte da un book fotograficodi Aaron Hobson, immagini dal mondocon una lente diversa dal solito.Google street view è lo strumento con cui Aaron cattura ed elaborale sue opere, per poi pubblicarle in rete.Visitate il sito www.aaronobson.com per ammirare tutti i suoi lavori.

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I N T E R V I S T ED I V I A G G I O

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Tutta la Panamericana da Santiago al Canada

Come mai hai deciso di percorrere tutta la Panamericana?La Panamericana è un sogno per tutti i viaggiatori. Oltre ad ecosistemi diversissimi e luoghi straordinari si trovano alcuni dei Surf-spot migliori del mondo. Per queste ragioni sono sicuro che questo viaggio rappresenta il miglior investimento per i miei risparmi. Hai un libro o un personaggio che ti ha ispirato? Il libro che mi ha cambiato la vita è stato On the road di Kerouac. Da allora lo consiglio a tutti i miei amici. Quanto tempo ti sei dato per questa avventura? Il percorso del Panamericana rimane la mia linea guida, ma mi piace

deviare il mio cammino e creare la mia strada. Conto di arrivare in Canada in 6 mesi. Dove dormi in viaggio?In viaggio scelgo sempre gli ostelli per la facilità di stringere nuove amicizie ed i prezzi bassi.Cosa ti piace di più del viaggiare da solo?Amo viaggiare da solo, ma non la solitudine. Arrivare da solo in una nuova città ti costringe a sorridere e ad aprirti agli altri.Qual’è la cosa che ti ha sorpreso di più di te stesso?Pur vivendo una vita felicissima e piena di amore trovo la voglia di partire e rimettermi in discussione. Il giorno in cui non avrò più voglia di

viaggiare inizierò a preoccuparmi.Un consiglio a chi non ha mai viaggiato da solo?Il mio consiglio è scegliere un buon ostello e partire. La verità è che non vi troverete mai da soli.Un errore che non rifaresti? Potessi tornare indietro ai miei anni universitari parteciperei al programma Erasmus. Imparare una lingua straniera, capire come vivere indipendentemente. L’insegnamento più importante ad oggi?I miei genitori mi hanno insegnato la tolleranza e il rispetto per le persone. In viaggio capita di incontrare gente non piacevole. Io sorrido e seguo la mia strada.

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Non è mai troppo tardi per partire

Michela, 40 anni, stanca dela tua vita aziendale decidi di partire per sei mesi in Australia, perché?In primo luogo, volevo affrontare un viaggio da sola con me stessa, avevo bisogno di staccare la spina dal lavoro e prendermi una pausa per riflettere e scegliere la strada giusta per ricominciare.C’era qualcosa che ti spaventava prima di partire? Non mi spaventava proprio nulla, mi ricordo che sono partita con uno stato psicologico così sereno da stupire pure me stessa. Credo che la preparazione mentale, emotiva siano fattori chiave per sentirsi bene, in pace con l ’animo.Nel tuo sito che hai creato, rockytravel.com - un vero contributo all’Australia - parli di “potere terapeutico del viaggio” cosa intendi esattamente?

Viaggiare da soli ti regala una formala di crescita personale straordinaria. Non mi riferisco ai libri di teoria, ma di vita vera e sperimentata. Attraverso la scoperta di luoghi nuovi, la conoscenza di abitudini, culture e genti differenti, metti in gioco anche te stessacon i tuoi punti di forza e le tue debolezze. Per esempio, capita di trovarsi di fronte a situazioni alle quali non si è abituati e devi trovare una soluzione immediata per risolverle. Viaggiare da soli è una palestra di vita, dove impari ad allenare la mente, a dominare l ’emozioni e a collegare il tutto con delle azioni.Quali sono i luoghi dell’Australia che ti sono rimasti nel cuore?La Tasmania e il Western sono davvero incredibili, la natura ha un grande ruolo. Adoro l ’ambiente, la

cultura, e gli australiani che ti fanno subito sentire a proprio agio, è un luogo con un forte senso di libertà e rispetto per la vita.Qual’è la cosa più importante che hai imparato nel viaggio?A fidarmi di persone e situazioni che non conosco e quindi a fidarmi di più dei miei presentimenti e della mia intuizione.C’è un incontro che ti ha segnato?La conoscenza di una signora che mi racconto di aver vissuto il suo primo viaggio da sola per l ’Australia a 75 anni. Ricordo che era entusiasta, le brillavano gli occhi nel raccontare l ’esperienza più bella della sua vita.Com’è cambiata la tua vita adesso?Sto vivendo un periodo di positiva e sfide che contribuiscono a nutrire il mio spirito libero e la mia sete di nuove esperienze. Chissà quale sarà la prossima?

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Ho fatto il giro del Mondo

Quali sono state le tappe del tuo giro del mondo?Sono partito da Roma destinazione Sidney. in Australia ho girato per un mese, poi era il turno del Sud America, quindi Perù, Cile, Bolivia ,Brasile e Argentina, tappa in Messico per arrivare in USA e in fine Canada.Cosa ti ha portato a intraprendere questo viaggio?Bè è stata una domanda, dove sei stato finora? Come un virus l ’diea di girare il mondo mi ha ammalato,poi la voglia di rompere il quotidiano di acquistare fiducia in me stesso hanno fatto il resto.

Quali sono stati i tuoi pensieiprima di partire?Timido e spaventato da questa avventura che non conoscevo, poi man mano sempre piú sicuro ed esperto a muovermici dentro come se non avessi mai fatto altro nella vita. L’ultimi volti familiari visti quella calda mattina del quattro di luglio: mia madre con gli stessi occhi lucidi che ho io adesso mentre scrivo sembrava volesse seguirmi fin dentro l ’aeroplano.Visto tutto il tragitto che hai percorso, mi sono chiesto ma quanti e quali mezzi hai usato per viaggiare??

Per spostarmi ho sempre preferito i pullman cercando di prendere il meno possibile gli aerei, a mio avviso rovinano un po il viaggio in quanto non vedi nulla, non parli con la gente, in pullman è uno dei momen-ti migliori per fare conversazione (le persone sui pullman non posso fare molto a differenza di treno ed aereo quindi sono molto ben disposte a par-lare specialmente con uno straniero) e quando stai sul pullman magari durante il tragitto leggi di qualche posto o te lo consiglia qualche persona e decidi di andarci così, all’ultimo secondo, con un po di fortuna è una delle fermate del pullman e anzichè

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arrivare fino a Sao Paulo scendi a Florianopol. L’aereo l’ho preso solo per cambcontinente o per risparmiare tempo quando avrei dovuto percorrere a ritroso lo stesso percorso (ad esempio per arrivare a Cairns passando per la east coast c’è solo un “percorso” quindi ho fatto andata in aereo e ritorno in pullman. Considera che, grazie a questo viaggio, ho scoperto che il treno è un mezzo di trasporto prettamente europeo ed asiatico, in altri continen-ti ce ne sono pochi e spesso solo per le merci.Ovviamente in pullman il viaggio è molto più lungo, quindi li prendevo spesso di notte per ottimiz-zare il tempo e risparmiare sull’ostel-

lo.Per le brevi distanze (non più di 15km) ho fatto spesso a piedi, anche se con lo zaino si fatica molto.Poi ho spesso scroccato passaggi in giro, specialmente nei paesini piccoli andavo dalle persone chiedendo indicazioni per dove dovevo andare facendo un po’ “il tonto” mentre spiegavano, in genere quando pensavano che non avessi capito bene mi dicevano: “lascia perdere ti do un passaggio”.Ultima cosa, quando stai negli ostelli incontri tantissimi viaggiatori, alcuni hanno la macchina e sono sempre felici di trovare un compagno di viaggio con cui dividere la benzina. Trovare

passaggi da altri viaggiatori è sempre una svolta perchè puoi decidere con loro dove andare e puoi raggiungere posti in cui non saresti andato per assenza di collegamenti. Ad esempio al Grand Canyon ho conosciuto un ragazzo ungherese con macchina con cui ho girato per qualche giorno il Sud-Ovest degli states, se non fosse stato per lui probabilmente non sarei riuscito a vedere posti come la Monument Valley, la diga di Hoover e il Bryce Canyon!Testo tratto da Marco Edoardo Massa

Illustrazioni by Giorgio Giamberini

Foto by Marco Edoardo Massa

INFO:WWW.ROVINGWORLD.BLOGSPOT.IT

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1. Perché fotografi i tuoi piedi “in viaggio”?Parecchi anni fa ho cominciato a fotografare i miei piedi in viaggio per fargli una specie di omaggio. È una maniera di ringraziarli, dato che mi hanno portato in tanti posti belli e speciali al mondo. È come dire: “Ho calpestato quel posto, sono stata lì”.2. Cosa cerchi quando viaggi?Spesso viaggio per visitare parenti oppure amici in altri pesi o cittá, ma quando viaggio da sola cerco nuove esperienze di vita. Mi piace conoscere nuovi posti, posti dove non sono mai stata e lasciarmi sorprendere da tutto quello che offre. Mi piace assaggiare nuovi sapori e conoscere gente del

luogo. Il fatto di lasciarmi sorprendere è in realtà la cosa più importante nei miei viaggi. Cerco anche di godermi il viaggio, di rilassarmi e di allontanarmi dalla vita quotidiana.3. Cosa hai imparato dalla gente che hai incontrato in viaggio?Ho imparato che si può credere nella umanità. Ho incontrato gente veramente gradevole e amichevole. Grazie ai viaggi che ho fatto da sola ho conosciuto tantissima gente speciale con cui ancora sono in contatto ed alcuni sono diventati buoni amici. Adoro conoscere gente durante i viaggi, si impara tanto e lo scambio culturale, è veramente bello.4. Quale è l’esperienza

che ti ha fatto più riflettere in viaggio?Una volta sono andata in una comunità indigena di montagna in Messico ed ho conosciuto una ragazza di 8 anni, Gudelia, che mi ha colpito molto. Lei parlava spagnolo, stava imparando l ’inglese e parlava con sua madre la lingua Nahuatl. Mi chiedeva di tutto, perché io sono bianca essendo messicana, perché parlavo altre lingue oltre al nahuatl e perché mi piaceva vivere in una città caotica oltre a vivere in campagna vicino alla natura. La sua conoscenza mi ha fatto riflettere molto e imparare tanto. È stata un’esperienza incredibile che non dimenticherò mai. 5. Un libro di viaggio che consiglieresti e perché.Si chiama “A year in the

World” di Frances Mayes, (la stessa scrittrice che ha scritto il libro di “Under the Tuscany Sun) mi piace perché la scrittrice racconta i suoi viaggi intorno al Mediterraneo e le diverse esperienze di vita in ogni cultura diversa, di conseguenza accresce la mia voglia di viaggiare e di conoscere le altre culture.6. Tre motivi per cui ti piace viaggiare da sola.Mi piace viaggiare da sola perché sono io che scelgo dove e quando andare, io scelgo i miei tempi. Mi piace perché così è più semplice poter conoscere altre persone ed immettersi nella lora cultura. È una bella esperienza personale, un modo per poter essere te stessa senza dover pensare a niente ed a nessun’altro. Sono solo io ed il mondo.

Fotografarsi i piedi in giro per il mondo! Dal Messico, Karla.

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La mia avventura in Europa del Nord

Dove ti ha portato questo viaggio?Ho visitato l ’Europa del Nord, più precisamente Lituania, Lettonia ed Estonia. Era il luglio del 2008 Come mai quei posti e perché è stato un viaggio diverso dal solito?

colori, ma in realtà non ho avuto un motivo in particolare. Pensavo a mete particolari europee, non usuali, e insieme alla mia ragazza abbiamo scelto quei posti. E’ stata una deci-sione di cui non mi sono pentito. E’ stato un viaggio particolare perché non avevamo prenotato nessun pernottamento per i nostri 18 giorni di vacanza. E perché tutto ciò?Istinto, e voglia di provare qualcosa

e nel destino, ho sempre pensato che non avremmo avuto problemi ad organizzarci. E poi è anche una

quel periodo della mia vita ne avevo bisogno.

Assolutamente io. E’ stata un’espe-rienza indimenticabile proprio perché fuori dall’ordinario. L’essere imprepa-rati e insicuri di dove saremmo stati il giorno dopo ha aggiunto un brivido alla vacanza. Per qualche giorno, non

In che senso? Ti fa capire quali sono le tue potenzialità, i tuoi punti di forza e i tuoi punti di debolezza. Anche

condividere il viaggio con la persona che ami è un aspetto positivo. È un banco di prova particolare, e direi che l’abbiamo superato bene. Una volta

la vita ‘normale’ sembra più semplice. Lo consiglieresti agli altri? Sicuramente, ma bisogna essere con-

-loso perché deleterio verso sé stessi. In cosa ti senti cambiato? Nei rapporti con gli altri e anche con la mia vita. Sento come che questo viaggio mi abbia dato una marcia in più, ed è un bagaglio che mi porterò sempre dietro.

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Stà per scoccare la mezzanotte nel pub dove mi trovo, quando nel voltarmi intravedo un mio vecchio compagno di musica, che tra una birra e un’altra mi racconta il suo ultimo anno trascorso nella city.Come mai questo salto nel vuoto?Io direi che sono caduto in un posto pieno di sorpreseE di cose da scoprire. Gli studi al conservatorio mi hanno fatto cresce-re, ma niente ti forma come un anno nella city. In che parte di londra hai vissuto?Non ho vissuto nella londra turisti-ca, ma più a nord, nel quartiere di Enfield.

Londra e’ pericolosa come dici? Si, ma solo se non sai dove muoverti, per esempio nel mio quartiere la sera era meglio restare in casa o uscire su qualche pub. L’importante era non restare per strada.Raccontami la vita di quartiere.Che dire, il peso della delinguenza si faceva sentire a volte, come quella notte che ho sentito due colpi di pisto-la sotto il mio appartamento.La tua giornata tipo?Sveglia alle 8.00 AM, corsa al parco, doccia veloce, chitarra alla mano e via verso Ealing, con la migliore metropolitana del mondo. Studio approfondito, ritorno a casa, cena

veloce e via, verso la notte.Che ti ha lasciato questa esperien-za inglese?Per prima cosa la consiglierei a tutti, perché riesce a darti una dose di sicurezza inimmaginabile, poi, il London College of Music è il London College of Music, non aggiungo altro.

Vita da quartiere

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Chiusi, Italia.NL

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I’m a rebel, soul rebel,lord have mercy

I’m a capturer, soul adventurer...See the morning sun,

on the hillsideif you’re not living good, gotta travel wide

Said I’m a living man!

SOUL REBEL - Bob Marley

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una nuova isola un nuovo inizio

un mondo immerso nella natura

incontri “normali” in posti insoliti

POLINESIA MADAGASCAR ISLANDA

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N O N C O N V E N T I O N A L T R A V E L

IL PROSSIMO NUMEROAPRILE 2013