Walter Ferreri DALLA TERRA AI CONFINI DEL SISTEMA SOLARE · Il settimo pianeta: Urano pag. 74 21....
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DALLA TERRAAI CONFINI DELSISTEMA SOLARE
Walter Ferreri
Storie e curiositàdel cielo vicino
‹ quaderni di astronomia › 1
SOMMARIO
INTRODUZIONE pag. 2
TERRA 1. Quando e come si scoprì che la Terra è rotonda? pag. 6
2. Quali sono le prove della rotazione terrestre? pag. 9
3. Il moto della Terra attorno al Sole
non l’ha scoperto Copernico! pag. 12
4. La Terra come una trottola:
la precessione degli equinozi pag. 15
5. Tra la Terra e il cielo: ma dov’è il limite? pag. 19
6. Al di là dell’atmosfera:
l’inquinamento extraterrestre pag. 22
LUNA 7. Scrutando la superficie della Luna pag. 26
8. La Luna all’età di 3-4 giorni pag. 30
9. La Luna all’età di 5-6 giorni pag. 33
10. Lo spettacolo della Luna al Primo Quarto pag. 36
11. La Luna dopo il Primo Quarto pag. 40
12. La Luna quasi Piena pag. 44
13. Che cosa c’è da vedere nella Luna Piena? pag. 48
SISTEMA SOLARE
14. Mercurio: chi l’ha visto? pag. 51
15. Venere, al di là delle fasi pag. 54
16. Marte, tra fantasie e realtà pag. 58
17. Il “pianeta mancante” tra Marte e Giove pag. 62
18. Grande e misterioso Giove pag. 66
19. Stranezze e splendori attorno
al “Signore degli Anelli” pag. 70
20. Il settimo pianeta: Urano pag. 74
21. Nettuno, il pianeta scoperto a tavolino pag. 78
22. La faticosa scoperta di Plutone pag. 82
23. A caccia del pianeta transplutoniano pag. 86
24. Al di là dei pianeti: le comete! pag. 90
25. Il Sole ha una compagna? pag. 94
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‹ INTRODUZIONE ›
INTRODUZIONE
La maggior parte delle pub-
blicazioni sul Sistema Solare
ha uno svolgimento di tipo
didattico, ovvero tende a
elargire il maggior numero
di informazioni in forma asettica,
presentando i dati puri e semplici,
fornendo indubbiamente molte ca-
ratteristiche a parità di spazio. Così,
per esempio, trattando un pianeta,
si indicano le caratteristiche dell’or-
bita, la sua composizione e altri dati,
per esporre un quadro generale che
possa costituire un riferimento per
confronti o approfondimenti.
Questo sistema scolastico è assai
razionale e va diritto allo scopo:
elencare più dati possibili tra quelli
fondamentali. Tale modo di proce-
dere è molto valido; non a caso, è il
più redditizio per fornire informa-
zioni. Purtroppo, però, c’è il rove-
scio della medaglia; tale procedura
risulta in genere poco scorrevole e
poco appassionante, all’opposto di
quanto possa essere un romanzo o
la lettura di un “giallo”.
Affrontiamo un viaggio nel Sistema Solare (trascurando volutamente il suo costituente principale, il Sole), partendo dalle domande che pongono
spesso i più giovani o i principianti; cerchiamo di sviluppare gli argomenti in forma intrigante e curiosa, riportando curiosità e aspetti inconsueti
o poco noti.
2 ‹ quaderni di astronomia ›
INTRODUZIONE
Per cercare, almeno in parte, di
ovviare a questo inconveniente,
siamo partiti dalle domande che
pongono spesso i più giovani o i
principianti, ma di cui talvolta an-
che gli esperti hanno “dimenticato”
le risposte.
E abbiamo afrontato gli argomenti
in forma intrigante e curiosa, ripor-
tando curiosità e aspetti inconsueti
o poco noti. Cioè li abbiamo trattati
in chiave storica e aneddotica, sof-
fermandoci a raccontare episodi
spesso di diicile reperibilità, non
soltanto sui più comuni testi astro-
nomici, ma anche nella Rete.
Considerando poi che molti dei
potenziali lettori di questo volume
sono anche delle persone che scru-
tano il cielo, abbiamo avuto molto
riguardo verso la parte osservativa
di questi astri, in particolare sofer-
mandoci su osservatori del passato
che sono stati protagonisti di aned-
doti curiosi o davvero insoliti.
Abbiamo voluto iniziare questo
viaggio nel Sistema Solare “con i
piedi per terra”, cioè dando la pre-
cedenza al nostro pianeta Terra.
È incredibile quanta gente oggi
pensi che la determinazione delle
sue dimensioni sia un fatto al più di
qualche secolo fa. Molti sono con-
vinti che all’epoca di Cristo vi fosse
la convinzione di una Terra piatta.
Questo è probabilmente vero per la
maggior parte degli uomini di allo-
ra, che conduceva una vita di stenti
per sopravvivere e che non poteva
certo permettersi un’istruzione o
tempo per ilosofare sul mondo. Ma
una minoranza, una élite di pensa-
tori, di menti illuminate e – aggiun-
giamo – di fortunati per il tempo
che potevano dedicare a queste ri-
lessioni, aveva capito che la Terra
doveva essere sferica già parecchi
secoli prima e nel III secolo a.C. si
era già arrivati a determinare cor-
rettamente le sue dimensioni!
Dopo la Terra, abbiamo rivolto
la nostra attenzione alla Luna, la
“lampada delle notti”. Anche qui fa
rilettere che di essa si sia misurato
il diametro e la distanza (con ottima
approssimazione) prima dell’era
cristiana! Ma, trattando della Luna,
abbiamo riservato molto spazio a
una descrizione di quanto sia vi-
sibile sull’emisfero rivolto verso la
Terra, poiché le formazioni citate
sono accessibili anche a piccoli te-
lescopi amatoriali.
Naturalmente, per essere coerenti
con lo spirito di questa pubblica-
zione, abbiamo messo in evidenza
le osservazioni curiose che sono
scaturite da grandi osservatori
del passato. Per esempio, quella
di W. Herschel sul cratere Aristar-
co. Questo sommo osservatore
riteneva che tale cratere fosse un
vulcano in piena e intensa attività!
La maggior parte delle osservazio-
ni insolite sulla Luna riguardano
quei fenomeni poi denominati TLP
(Transient Lunar Phenomenon,
“Fenomeno Lunare Transiente”)
dal celebre astroilo inglese Patrick
Moore. Questa sigla sta a indicare
che si è trattato di fenomeni che
non hanno lasciato traccia dopo la
loro apparizione. Si tratta per lo più
di bagliori, apparizione di “nubi” o
oscuramenti. Gli osservatori che
ne sono stati testimoni non hanno
potuto notare la benché minima al-
terazione del sito dove si sono veri-
icati dopo il loro avvenimento.
La scienza moderna ha fornito una
spiegazione razionale per diversi
di questi fenomeni, soprattutto con
l’impatto di meteoriti (come avvie-
ne per la Terra, di tanto in tanto,
deve esserci un impatto meteori-
tico anche sulla Luna). Altri però,
che non sono classiicabili come
TLP, sfuggono a ogni tentativo di
qualsivoglia spiegazione razionale,
ad esempio quelli secondo i qua-
li vi sarebbe stata una variazione
permanente nell’aspetto di qualche
formazione. A questo punto non
rimane che pensare a un errore
dell’osservatore. Questa spiegazio-
ne è giustiicata anche dalla fantasia
molto fervida di alcuni astronomi
del passato, fantasia sostenuta dal-
la mancanza di conoscenza. Tale
punto di vista è corroborato dal
fatto che, paragonando fotograie
fatte a distanza di un secolo (le pri-
me suicientemente dettagliate per
questo tipo di analisi vennero otte-
nute presso l’Osservatorio di Parigi
all’inizio del XX secolo), non si nota-
no diferenze.
Passando quindi ai pianeti, abbia-
mo iniziato da Mercurio, ricor-
dando la lamentela che Copernico
avrebbe espresso nel letto di morte,
ma riportando anche il motivo per
Il piccolo disco grigio uniforme in
questa immagine indicato dalla freccia è
un “Fenomeno Lunare Transiente” (TLP)
osservato sulla Luna il 13/9/1959 poco sopra
il cratere Autolico dall’ungherese M. Lovas
con un rifrattore da 18 cm a 500x. Di questo
fenomeno si conosce la causa: è l’impatto
della sonda sovietica Lunik II.
‹ quaderni di astronomia › 3
INTRODUZIONE
il quale ci sembra poco credibile. Su
questo piccolo pianeta si accenna
poi alle diicili condizioni di osser-
vazione, che hanno fatto credere
all’esistenza di monti altissimi e
hanno fuorviato gli studiosi, arriva-
ti a indicare assurdi periodi di rota-
zione che nel XIX secolo si pensò di
poter precisare al secondo!
Parlando di Venere, abbiamo ricor-
dato le osservazioni incredibili che
vennero efettuate all’Osservatorio
Lowell, a Flagstaf (USA) e di come
la nostra vista ci può ingannare.
Per rendercene conto basta anda-
re a vedere alcune illusioni ottiche
davvero invincibili. Venere è sicu-
ramente il pianeta dove all’aumen-
tare della potenza strumentale, nei
telescopi ottici, non corrisponde un
aumento dei dettagli osservabili.
Se ogni pianeta ha dato luogo a
fatti aneddotici, iguriamoci Mar-
te! Basti dire che all’inizio del XX
secolo, una ricca vedova francese
volle istituire un premio (chiamato
“Guzman”, in ricordo del marito) de-
stinato a colui che avrebbe portato
una prova della vita al di fuori della
Terra, però escluso Marte, obiettivo
considerato troppo facile! Con que-
ste premesse, è facile prevedere
comportamenti e credenze curio-
se. Per citarne qualcuna, ricordia-
mo uno scrittore molto letto in Ita-
lia negli Anni 60, secondo il quale
i TLP divenivano frenetici quando
Marte si avvicinava alla Terra.
Oltre a giornalisti e scrittori, anche
astronomi afermati sono stati am-
maliati da Marte. Così, lo studioso
sovietico I. Shklovsky suggerì l’idea
che il maggiore satellite di Marte,
Phobos, a causa della sua bassa
densità avrebbe potuto essere cavo
all’interno. Tenendo conto che di-
sta dalla supericie del suo pianeta
meno del diametro di quest’ultimo,
ha supposto che fosse artiiciale,
lanciato forse 2 miliardi di anni fa
da una popolazione marziana or-
mai scomparsa. La nostra Marghe-
rita Hack, nella seconda metà degli
Anni 60, scrisse che questa ipotesi
“ha delle fondamenta non rigettabi-
li a priori”.
Al di là di Marte, troviamo la Fascia
Principale degli asteroidi, oggetti
divenuti popolari grazie a pellicole
dedicate ai devastanti impatti che
questi piccoli corpi possono pro-
vocare sulla Terra. Fortunatamen-
te, questi pianetini non sono così
pericolosi come vengono dipinti in
alcuni spettacoli cinematograici;
solo con quelli davvero molto pic-
coli (diametro sui 10-20 metri) vi
possono essere degli impatti relati-
vamente frequenti; ma, grazie alle
loro esigue dimensioni, possono
provocare solo danni limitati quan-
do arrivano ino al suolo.
Passati gli asteroidi, troviamo – im-
menso - Giove, che a ragion vedu-
ta porta il nome del re dell’Olimpo
(ma – curiosamente - gli antichi che
gli attribuirono questo nome non
ne conoscevano le reali dimensio-
ni!). Su questo pianeta non manca-
no fatti curiosi, tra i quali alcune
rappresentazioni particolari ese-
guite in passato, che potrebbero es-
sere scaturite dalle tracce lasciate
dall’impatto con asteroidi o comete.
Anche i suoi principali satelliti sono
stati oggetto di aspetti anomali, tra
i quali la supposta forma ellittica.
Ovviamente, qui l’unica spiegazio-
ne razionale è un errore osservati-
vo, ma è interessante chiedersi che
cosa possa averlo provocato, data
l’esperienza dell’osservatore che
ne fu coinvolto. Come abbiamo già
accennato, l’atteggiamento impru-
dente di molti astronomi o osser-
vatori del passato è stato quello di
idarsi troppo della propria vista.
Per Saturno, le stranezze maggiori
sono quelle relative al suo meravi-
glioso sistema anulare, che ora sap-
piamo non essere l’unico nel Siste-
ma Solare, ma essere quello di gran
lunga più appariscente e – in pratica
– l’unico visibile guardando diret-
tamente attraverso un telescopio.
Ancora oggi non è stata trovata una
spiegazione soddisfacente di come
l’anello C possa essere sfuggito nel
passato all’indagine compiuta con
grandi strumenti, mentre oggi lo si
vede senza problemi anche con te-
lescopi piuttosto piccoli.
Sui giganti gassosi più esterni, ovve-
ro Urano e Nettuno, gran parte del-
le notizie curiose che li riguardano,
concernono la scoperta, avvenuta
dopo l’introduzione del telescopio.
Certamente, la più sensazionale è
quella di Nettuno, avvenuta “a tavo-
lino”. Il principale arteice fu il fran-
cese Urbain Le Verrier, che era più
un matematico che un astronomo.
Un fatto che stupì molti suoi con-
temporanei è che dopo la scoperta
del “suo” pianeta non manifestò l’in-
teresse di osservarlo al telescopio e
pare che non l’abbia mai visto: per
lui era suiciente averlo trovato sul-
la punta della sua penna!
In seguito, è emerso che entram-
bi i pianeti erano già stati visti, ma
scambiati per stelle. Il caso più ecla-
tante è quello di Galileo, che vide
Nettuno vicino a Giove. Il grande
studioso lasciò scritto nel 1613 che
Ecco che cosa si credeva di vedere nella
testa della cometa del 1528!
4 ‹ quaderni di astronomia ›
INTRODUZIONE
gli sembrava che “quella stella”
(Nettuno) si fosse mossa. Purtrop-
po, la modestia dello strumento
non gli permise di andare oltre. Tra
le curiosità che riguardano Urano,
invece, risalta un’osservazione in
cui, prima della sua scoperta ui-
ciale, si trovava prospetticamente
assai prossimo a Venere e venne
scambiato per un suo satellite!
La scoperta di Plutone è stata più fa-
ticosa, ovviamente per la sua scar-
sa luminosità, che dipende, come
si è poi scoperto, dalle sue piccole
dimensioni. Ci si aspettava un astro
sulla undicesima magnitudine: lo
si è trovato sulla quattordicesima,
dalle dieci alle venti volte meno lu-
minoso del previsto. Anch’esso era
già stato visto (fotografato) prima
della sua scoperta uiciale, ma non
era stato notato, a causa della sua
estrema debolezza.
Una questione di attualità è quella
che riguarda il nono pianeta (pri-
ma della “retrocessione” di Pluto-
ne si parlava di decimo pianeta o
pianeta X); diverse volte, nel corso
degli anni, i giornali a grande tira-
tura ne hanno annunciato incau-
tamente la scoperta. In realtà, non
vi è stata alcuna scoperta, ma sol-
tanto la dichiarazione o articolo di
qualche studioso relativo a qualche
corpo ipotizzato. In questo ambito,
lo studio che fece più scalpore nella
comunità astronomica fu quello di
Brady e Carpenter e per questo ne
parliamo estesamente.
Recentemente (2016), due studiosi
americani, Batygin e Brown, hanno
messo in evidenza che le orbite di
alcuni oggetti remoti nella Fascia di
Kuiper appaiono fortemente corre-
late. Secondo questi astronomi del
California Institute of Technology,
questa situazione potrebbe essere
la naturale conseguenza della pre-
senza di un nono pianeta, con una
massa di circa dieci volte maggiore
di quella terrestre e un’orbita forte-
mente eccentrica compiuta in circa
20 mila anni. Alcuni grandi telescopi,
tra quelli impiegati per le survey del
cielo, sono stati subito impegnati nel-
la ricerca di questo ipotetico pianeta.
Molte storie adornano le come-
te, questi astri che erano ritenuti
esalazioni terrestri da Aristotele
e furono “elevati” al cielo dalla co-
munità astronomica dopo la rifor-
ma dell’astronomia e le misure di
Tycho Brahe. Era inevitabile che le
loro apparizioni imprevedibili fos-
sero fonte di credenze fantasiose
e per noi oggi incredibili. Ecco, per
esempio, che cosa ci racconta della
cometa del 1528 il chirurgo Ambro-
gio Paré: “Questa cometa era tanto
orribile e così spaventosa da gene-
rare nel pubblico tanto terrore che
alcuni morirono di spavento, altri
caddero ammalati. Essa appariva
di una lunghezza eccessiva e di
color sanguigno; sulla cima si ve-
deva la figura di un braccio curvo
con una lunga spada in atto di voler
colpire. Presso la punta vi erano tre
stelle. Ai due lati dei raggi di queste
si vedevano asce, coltelli, spade e
una gran quantità di facce umane
con barbe e capelli irti e arruffati.”
Non c’è dubbio: quando ci si mette,
l’immaginazione ha una vista ec-
cellente!
Per terminare, si considera l’e-
sistenza di un’eventuale stella
compagna del Sole, che alcuni,
sulla base di una presunta periodi-
cità delle grandi estinzioni di mas-
sa, avrebbero individuato in una
debole e distante nana rossa. La
maggior parte delle stelle conosciu-
te sono doppie (le stime variano da
55% al 65%), perché non potrebbe
esserlo anche il Sole?
La tesi è afascinante, ma non è
avallata dalle osservazioni, le quali,
anzi, mettono in evidenza che un
astro del genere avrebbe dovuto es-
sere già stato scoperto da parecchio
tempo. Se esiste, potrebbe più pro-
babilmente essere una nana bruna,
ma anche questa non è un’ipotesi
molto probabile. I nostri strumenti
avrebbero già dovuto stanarla.
Buona lettura.
Walter Ferreri
Una ripresa ravvicinata del satellite Phobos di Marte effettuata dalla sonda Mars Reconnais-
sance Orbiter della NASA. Lo studioso sovietico I. Shklovsky suggerì che Phobos avrebbe potuto
essere cavo all’interno, supponendo addirittura che fosse un oggetto artificiale, lanciato da una
popolazione marziana ormai scomparsa.
‹ quaderni di astronomia › 5
Agli albori della civiltà, l’idea
era che la Terra fosse piat-
ta. Le popolazioni di allora
non erano stupide o inge-
nue: lo pensavano sulla
base di una sana evidenza. L’uomo
si basava sui suoi sensi e questi gli
indicavano che la Terra appariva
piatta. In genere, si vedono avalla-
menti e alture, ma vi sono anche
zone pianeggianti molto estese e
una di queste si trova fra i iumi Ti-
gri e Eufrate, dove si sviluppò una
delle prime civiltà che conosceva
la scrittura: quella dei Sumeri. For-
se fu questo aspetto a convincere i
Sumeri che la Terra doveva essere
piatta. Del resto, i bacini d’acqua,
grandi o piccoli, lo erano.
A causa delle dimensioni della Ter-
ra, la deviazione dal piano è molto
piccola su dimensioni umane. Per
ogni chilometro, la deviazione me-
dia è di soli 8 cm: questo signiica
che sulla supericie di una Terra
idealmente sferica la curvatura è
di circa un decimillesimo della lun-
ghezza percorsa. Un valore molto
piccolo e per questo non facilmente
misurabile con le tecniche di allora.
Qualche dubbio poteva farsi strada
con le prime grandi esplorazioni:
lo storico greco Erodoto riferisce di
un lungo viaggio, la cui stranezza
avrebbe portato un pensatore acuto
a ritenere che la Terra fosse sferica.
Gli Antichi ritenevano che il nostro pianeta fosse piatto, ma già alcuni secoli primadi Cristo si resero conto della sua sfericità
Il re egizio Necao II, che ordinò
la prima circumnavigazione dell’Africa,
intorno al 600 a.C.
‹ TERRA › 1QUANDO E COME SI SCOPRÌ
CHE LA TERRA È ROTONDA?
La più antica mappa del mondo è
riprodotta su una tavoletta babilonese del
500 a.C. La mappa è centrata su Babilonia e
il territorio (piatto) è circondato da un vasto
oceano, che contiene sette isole, indicate
come le punte di una stella.
6 ‹ quaderni di astronomia ›
1
LA SPEDIZIONE DI NECAOErodoto narra che intorno al 600
a.C. il re egizio Necao II inviò una
spedizione fenicia a esplorare le co-
ste dell’Africa. Al comando dell’am-
miraglio cartaginese Annone, ses-
santa navi e oltre 10 mila coloni
partirono con lo scopo di fondare
varie città. Preso il mare dalle coste
orientali dell’Africa, circumnaviga-
rono il continente e ritornarono in
Egitto dopo tre anni, passando dal-
lo Stretto di Gibilterra.
Erodoto dichiarava di non credere
afatto a questa impresa; infatti i Fe-
nici raccontavano delle apparenti
falsità. Per esempio che, quando na-
vigavano al di là dell’estremità me-
ridionale del continente africano
da est verso ovest, nelle ore centrali
del giorno il Sole si trovava alla loro
destra, cioè a nord.
Poiché nella zona temperata setten-
trionale, dove si trovano tutte le ter-
re che erano note a Erodoto, il Sole
nelle ore centrali della giornata è
sempre a sud, questa notizia lo ren-
deva oltremodo scettico. Ma dall’e-
stremità meridionale dell’Africa,
a sud dell’equatore, a causa della
forma della Terra nelle ore centrali
del giorno il Sole si vede efettiva-mente a nord! Avrebbe continuato
a vedersi a sud solo con una Terra
piatta. Proprio questo aspetto, che
a Erodoto e ai suoi contemporanei
appariva assurdo, è un’indicazione
della veridicità della circumnaviga-
zione dell’Africa da parte dei Fenici.
Ancora nel 600 a.C. Anassimandro,
nel suo “sistema del mondo” rai-
gurava la Terra, a forma cilindrica,
con la supericie abitata piatta. Ma
erano ormai maturi i tempi per la
scoperta della vera forma del no-
stro pianeta.
Questa visione errata di Anassi-
mandro non stupisce; in realtà, ne
aveva altre errate anche per il suo
universo. Per esempio, indicava la
posizione della Luna al di là delle
stelle; un errore grave anche per
la sua epoca. Infatti, durante le oc-
cultazioni lunari si vedono sparire
le stelle dietro il bordo della Luna:
evidentemente Anassimandro os-
servava poco il cielo!
LE INTUIZIONI DI PITAGORASembra che Pitagora, matematico
e ilosofo del VI secolo a.C., sia sta-
to se non il primo, uno dei primi a
ritenere la Terra sferica. Allievo di
Anassimandro, Pitagora la pensava
diversamente dal suo maestro.
Che il nostro pianeta fosse sferico
(in realtà, sappiamo che lo è solo
in modo approssimativo) all’epoca
di Pitagora veniva dimostrato con
due osservazioni che non richiede-
vano misure precise: la prima era
che più ci si innalza e più l’orizzon-
te si allontana. L’orizzonte attorno
all’osservatore è sempre circolare,
salvo, evidentemente, in caso della
presenza di montagne.
L’altra, più famosa (anche se non
facile da percepire a occhio nudo),
era che di una nave lontana se ne
vedeva solo la velatura e non tutta
la parte emergente dall’acqua. Se
la Terra fosse stata piatta, una nave
in lontananza sarebbe apparsa più
piccola, ma di essa si sarebbe vista
sempre tutta la parte emersa.
In seguito, altre due prove della ro-
tondità della Terra furono portate
da Aristotele, il famoso ilosofo vis-
suto dal 384 al 322 a.C. che fu anche
scienziato e naturalista. Primo, cer-
te stelle scomparivano al di là dell’e-
misfero meridionale se si viaggiava
verso nord oppure al di là dell’emi-
sfero settentrionale se si viaggiava
verso sud. Secondo, egli osservò
che durante le eclissi di Luna l’om-
bra della Terra aveva sempre con-
torno circolare. Tutte queste osser-
vazioni non erano spiegabili con la
Terra piatta, mentre lo divenivano
Quando e come si scoprì che la Terra è rotonda?
La geometria del metodo di Eratostene (A = Alessandria, S = Siene): l’angolo che formano i
raggi solari con la perpendicolare al suolo è uguale all’angolo che sottende al centro della Terra
la distanza tra le due città.
‹ quaderni di astronomia › 7
1
assumendo una forma sferica.
Per di più, Aristotele credeva che
tutta la materia solida tendesse a
muoversi verso un centro comune
e per far questo la materia avrebbe
inito per assumere una forma sferi-
ca. In efetti, è con la sfera che si ha
la minima distanza da un centro co-
mune, a parità di volume di materia.
È probabile che Aristotele abbia già
avuto dal suo maestro Platone (427-
347 a.C.) qualche suggerimento in
proposito, anche se a noi non è per-
venuta una chiara informazione
circa il pensiero platonico sulla co-
stituzione dell’Universo. Nel Timeo
Platone descrive come fu creato il
mondo, ma non come è fatto e tanto
meno come funziona.
Più o meno contemporaneo di Ari-
stotele (ne era più giovane di soli sei
anni e anch’egli allievo di Platone),
Eraclide Pontico è stato considera-
to l’ideatore di un sistema secondo
il quale Sole, Luna e pianeti girereb-
bero attorno alla Terra, eccettuati
Mercurio e Venere, che orbitereb-
bero attorno al Sole.
Questo sistema trova la sua giusti-
ficazione nel fatto che Mercurio
e Venere rimangono sempre nei
pressi del Sole, mentre gli altri e la
Luna possono anche trovarsi in
una posizione diametralmente op-
posta ad esso.
Questo sistema, che sarà ripreso
solo diciotto secoli più tardi da
Tycho Brahe, implica che la Terra
sia rotonda. Pare comunque che già
nel IV secolo a.C. l’idea della sferi-
cità della Terra fosse ben radicata
presso i Greci (e probabilmente an-
che presso gli Egizi).
LA MISURA DI ERATOSTENEIl suggello della forma circolare del-
la Terra trova il suo coronamento
nella misura della sua circonferen-
za, evento che si è veriicato circa
due secoli prima di Cristo.
Eratostene, nativo di Cirene e vis-
suto circa dal 275 al 195 a.C., con-
temporaneo di Archimede di cui
fu amico e con il quale ebbe corri-
spondenza, successe ad Apollonio
Rodio come direttore della Bibliote-
ca di Alessandria.
Eratostene non solo era persona di
grande cultura, ma aveva interessi
nei più svariati campi del sapere:
scienziato, ilosofo e poeta, lasciò
opere matematiche, geograiche,
astronomiche, cronologiche, lette-
rarie e poetiche, grammaticali e i-
losoiche. Ma il suo nome è passato
alla storia per la prima misurazione
delle dimensioni della Terra.
Ai tempi di Eratostene, l’attuale
città di Assuan si chiamava Siene
ed era collegata con le altre città
mediante un servizio regolare di
corrieri. Costoro erano impiegati
governativi e le loro prestazioni
erano regolarmente controllate. Il
primo e più facile dei controlli era
quello della lunghezza dei percorsi,
che era compiuto da agrimensori
specializzati nella misura degli iti-
nerari statali.
Si conoscevano dunque i valori uf-
iciali delle distanze da luogo a luo-
go. Eratostene sapeva dunque che
la distanza fra Alessandria e Siene
era di 5040 stadi (1 stadio = 157-158
m; perciò, 5040 stadi = quasi 800
km). In più, aveva avuto notizia di
un fatto curioso: una volta all’anno,
precisamente il giorno del solstizio
d’estate, a Siene il Sole illuminava
il fondo dei pozzi a mezzogiorno, e
un bastone piantato verticalmente
non faceva ombra. Ciò voleva dire
che in quel momento i raggi solari
erano verticali.
Siccome ad Alessandria ciò non
avveniva, la causa era la curvatura
terrestre che faceva sì che i raggi
solari formassero un angolo con
la verticale del luogo. Eratostene
aspettò il solstizio estivo e a mez-
zogiorno misurò ad Alessandria
l’angolo che risultò essere di 1/50
di quello giro. Ciò signiicava che
l’intera circonferenza era 50 volte
maggiore della distanza Alessan-
dria-Siene e cioè 50 x 5040 stadi =
252 mila stadi. Questa lunghezza
corrisponde a 39.600 km.
Bisogna riconoscere che, rispetto
al valore vero di circa 40 mila km,
il risultato a cui giunse Eratostene
intorno al 200 a.C. era di una preci-
sione stupefacente!
Eratostene aveva
avuto notizia di un
fatto curioso: una volta
all’anno, il giorno
del solstizio d’estate,
a Siene il Sole
illuminava il fondo dei
pozzi a mezzogiorno,
e un bastone piantato
verticalmente
non faceva ombra
Quando e come si scoprì che la Terra è rotonda?
Dettaglio dell’affresco vaticano La Scuola
di Atene (1511) di Raffaello, raffigurante il
pensatore greco Pitagora di Samo (570-495 a.C.).
8 ‹ quaderni di astronomia ›
Poiché tutti i movimenti della
Terra, compreso quello di ro-
tazione intorno al suo asse,
sono estremamente unifor-
mi, nell’antichità si pensava
che la Terra fosse immobile. Tanto
più che il nostro mondo era colloca-
to al centro dell’Universo. Miti e leg-
gende – si sa - sopperiscono sempre
‹ TERRA › 2
movimento”. Oltre ai pitagorici, di-
verse menti illuminate dell’antichi-
tà ritenevano più logico supporre
che fosse la Terra a ruotare intorno
a un suo asse piuttosto che pensare
a un moto sincronizzato di tutti gli
astri intorno ad essa.
Ciò nonostante, l’autorità di Aristote-
le si impose per molti secoli, al punto
che ancora ai tempi di Keplero vi era
molta resistenza ad accettare l’idea
di una Terra in movimento. All’ini-
zio del XVII secolo, una delle prin-
cipali obiezioni all’idea che la Terra
ruotasse era che i suoi abitanti non
se ne accorgessero. Nella sua opera
Somnium, Keplero tentò di rendere
la rotazione della Terra plausibile.
Egli descrisse la Terra che ruota len-
tamente vista dal suolo lunare, con
continenti e oceani del nostro pia-
neta che formano immagini analo-
ghe alla “faccia” che noi crediamo di
scorgere sulla Luna.
Nonostante i progressi della scien-
za, ancora nel XIX secolo, un certo
Mercier, membro di un’istituzione
culturale francese e autore del Qua-dro di Parigi, scriveva: “Gli astrono-
mi avranno un bel fare e un bel dire,
ma non mi faranno mai credere che
io giri come un pollo allo spiedo”!
Ma la sua opinione personale non
impediva alla Terra di girare e, vo-
lente o nolente, girava anche lui!
Oggi la consapevolezza della rotazio-
ne terrestre è talmente radicata che la
si assume come scontata. Ma è inte-
ressante chiedersi: prima dell’era spa-
ziale, cioè quando non vi erano osser-
vazioni dirette, quali erano le prove
che la Terra ruotasse su se stessa?
alla mancanza di conoscenze.
Nell’antichità, tutti (o quasi) pensa-
vano che il Sole, la Luna e le stelle
girassero realmente intorno alla
Terra, passando sotto al nostro pia-
neta quando scomparivano all’oriz-
zonte. Secondo Aristotele, la Terra
era “evidentemente ferma, e i Pita-
gorici erano assurdi nel supporla in
Che la Terra ruoti intorno a un suo assenon è un fenomeno evidente: per questo motivo, nell’antichità il nostro pianetaera ritenuto immobile
Il sistema geocentrico illustrato in una stampa tatta dalla Harmonia Macrocosmica di
Andreas Cellarius.
QUALI SONO LE PROVE DELLA
ROTAZIONE TERRESTRE?
‹ quaderni di astronomia › 9
2
LA PROVA DI GALILEOLe prove principali sono tre. La pri-
ma è stata ideata da Galileo, ma si
tratta di un efetto così piccolo che
ai suoi tempi era praticamente im-
possibile metterlo in evidenza.
Consideriamo un corpo che si tro-
vi sulla sommità di un alto ediicio.
Se la Terra ruota intorno al proprio
centro, l’oggetto sarà animato da
una velocità lineare maggiore di
quella che avrebbe se si trovasse ai
piedi dell’ediicio. Se lasciamo cade-
re l’oggetto, il cosiddetto “buon sen-
so” ci dice che l’oggetto deve cadere
secondo la verticale. Ciò sarebbe
vero se la Terra fosse ferma, come
volevano Aristotele e Tolomeo. Ma
in realtà la Terra gira, trascinando
con sé tutto ciò che si trova su di
essa e quindi anche l’oggetto. Alla
base dell’ediicio la velocità lineare
è minore che sulla sommità, perché
è minore la distanza dal centro del-
la Terra. Ciò per la stessa ragione
per cui la velocità periferica di una
ruota da bicicletta è maggiore di
quella delle lange del suo mozzo.
I corpi, in virtù della legge d’inerzia,
tendono a conservare invariato il
loro stato di quiete o di moto; perciò
l’oggetto conserva la sua velocità
orizzontale mentre cade. Man mano
che scende, la velocità orizzontale
dei singoli mattoni dell’ediicio va di-
minuendo: l’ediicio rimane dunque
indietro rispetto all’oggetto.
Quest’ultimo, dotato di velocità
orizzontale maggiore, dovrà neces-
sariamente andare a cadere più in
là. Ma quanto più in là?
Supponiamo di compiere l’espe-
rimento dal livello del parapetto
della piattaforma da cui si eleva la
cella campanaria della torre pen-
dente di Pisa. Con un’altezza di ca-
duta dell’oggetto di 46,5 m, il calco-
lo indica 7,5 mm verso levante. Si
tratta di una deviazione rilevabile,
ma soltanto con accorgimenti com-
plessi, perché le cause di disturbo
dell’esperimento condotto all’aper-
to sono molte.
IL PENDOLO DI FOUCAULTLa seconda delle prove della rota-
zione terrestre è invece di alta spet-
tacolarità: essa si basa sul compor-
tamento del cosiddetto pendolo di
Foucault. Léon Foucault (1819-1868)
fu un genio che nella sua non lunga
vita riuscì a compiere delle imprese
memorabili. Fra le osservazioni di
grande importanza di Foucault, c’è
quella dell’invarianza del piano di
oscillazione di un pendolo.
Si tratta di questo: un pendolo li-
bero di oscillare in un qualunque
piano verticale, una volta che ha
L’apparecchio descritto nel testo per la dimostrazione dell’invarianza del piano di oscillazione del pendolo.
Quali sono le prove della rotazione terrestre?
10 ‹ quaderni di astronomia ›
2
iniziato a oscillare su un certo pia-
no, continua a oscillare sempre su
quel piano. Infatti, l’oscillazione del
pendolo è gestita solo dalla forza di
gravità, che è parallela al piano di
oscillazione e non è pertanto in gra-
do di modiicarne l’orientamento.
Lo prova un esperimento molto
semplice che ora descriviamo. Su
una base B è imperniato un piatto
cilindrico C ad asse verticale che
può essere fatto ruotare mediante
una cinghia di trasmissione T che
si avvolge attorno al cilindro C e alla
puleggia A, comandata mediante
la manovella M. Sul piatto C è mon-
tato una specie di portale appeso al
quale, in asse col piatto C, si trova
un pendolo FP, issato nel punto F.
Si fa oscillare il pendolo in un piano
verticale qualunque (per esempio
il piano RUVW); poi, evitando accu-
ratamente ogni scossa, si fa ruotare
lentamente il piatto C: si noterà che il
pendolo continua a oscillare nel pia-
no RUVW, e ciò inché non avvenga
che l’inevitabile torsione del ilo in F
non obblighi il pendolo a modiicare
il suo piano di oscillazione.
Se però in F è realizzata una sospen-
sione senza attrito e senza torsione,
si vedrà che il pendolo conserva il
suo piano d’oscillazione indipen-
dentemente dalla posizione del
portale cui è sospeso.
Analogamente, un pendolo che si
trovi sospeso sopra uno dei due poli
terrestri oscilla mantenendo costan-
te il suo piano d’oscillazione, mentre
la Terra gli sta girando sotto. In un
giorno siderale (il tempo in cui la
Terra compie un giro completo su se
stessa rispetto alle stelle isse, pari a
23h 56m 04,09s) il pendolo oscillan-
te sul polo compie un giro completo
(360°) rispetto al suolo: in realtà, è la
Terra che gira sotto il pendolo!
La velocità angolare diminuisce al
diminuire della latitudine secon-
do il valore del seno. Cioè ai poli
(latitudine di 90°) si ha: sen 90° = 1,
mentre all’equatore si ha sen 0° = 0.
Alle latitudini italiane (prendiamo
come riferimento Roma) si ha sen
42 = 0,67. Questo vuol dire che alle
nostre latitudini in 24 ore il pendolo
di Foucault compie una rotazione
di 360° x 0,67 = 241°.
Foucault nel 1851 fece l’esperienza
presso l’Osservatorio di Parigi con
un pendolo lungo 11 m e successiva-
mente sotto la cupola del Panthéon
di Parigi con un pendolo lungo 68
m. L’esperienza fu replicata in Italia
per la prima volta nel secolo scorso
da Padre Guido Alfani (1876-1940)
in Santa Maria del Fiore a Firenze,
sfruttando l’altezza della cupola del
Brunelleschi.
Attualmente si trovano diverse re-
pliche del pendolo di Foucault in
alcuni musei italiani, a disposizio-
ne per dimostrazioni didattiche,
per esempio, al Museo della Scien-
za e della Tecnologia di Milano. Un
video in cui si trova un pendolo
di Foucault “all’opera”, realizzato
dall’Unione Astroili Veronesi, è è
disponibile su YouTube alla pagina
https://goo.gl/h37xSA
LA TERZA PROVA…E LE ALTREUna terza prova, anch’essa – come
la prima – riservata agli “addetti ai
lavori”, si basa sul fatto che la Terra
non è proprio sferica, come dovreb-
be accadere se essa fosse immobi-
le, ma ha la forma di un ellissoide
di rivoluzione, e ciò per efetto della
forza centrifuga che si sviluppa a
causa della sua rotazione.
La forza centrifuga deforma una
sfera che gira attorno a un asse:
l’appiattisce ai poli e la gonfia all’e-
quatore, a patto che la sfera sia
abbastanza malleabile da risenti-
re delle contrazioni generate dal
moto rotatorio.
I pianeti giganti (Giove, Saturno, Ura-
no e Nettuno), essendo essenzial-
mente luidi e ruotando piuttosto
velocemente, presentano notevoli
schiacciamenti polari, più evidenti
di quello terrestre, che comporta
un raggio polare più corto di quello
equatoriale di circa 21 km.
Queste sono le prove principali, ma
la rotazione della Terra è indicata
anche da altri fenomeni:
- lo spostamento laterale dei tiri
d’artiglieria rispetto al bersaglio,
verso destra nell’emisfero nord,
verso sinistra in quello sud (il co-
siddetto “efetto Coriolis”, che ge-
nera anche la rotazione delle gran-
di perturbazioni atmosferiche)
- l’efetto giroscopico, per cui l’asse
di rotazione di un giroscopio libe-
ro di orientarsi tende a ruotare in
senso antiorario, in sincronismo
con il moto terrestre.
- i venti costanti (alisei e contro-ali-
sei) che spirano fra il 35° parallelo
nord e sud.
Quali sono le prove della rotazione terrestre?
L’esibizione del pendolo di Foucault nel
Pantheon di Parigi in una stampa dell’epoca.
La Terra non è proprio
sferica, come dovrebbe
accadere se fosse
immobile, ma ha la
forma di un ellissoide
di rivoluzione
‹ quaderni di astronomia › 11
Veniamo ora a parlare di
quel movimento della Ter-
ra per il quale sono stati
versati iumi d’inchiostro,
sono state sporte denunce
e sono state perino emesse senten-
ze di condanna da parte di uomini
di “cultura”, alcuni dei quali paluda-
ti nella toga del giudice.
Basti citare Anassagora di Clazò-
mene (V secolo a.C.), accusato di
empietà per aver collocato il Sole
al centro del mondo e per aver fatto
della Luna semplicemente il nostro
satellite, negando ad esso il carat-
tere divino, poi morto in esilio a
Lampsaco; oppure Ipazia (V secolo
d.C.) autrice pagana di un commen-
to dell’Almagesto di Tolomeo, forse
arrivata perino a concepire l’ellitti-
cità delle orbite planetarie, linciata
ad Alessandria d’Egitto da una folla
di fanatici, che alcuni vorrebbero
aizzati dal vescovo Cirillo.
LE INTUIZIONIDEGLI ANTICHIIn efetti, il moto della Terra attorno
al Sole era già stato intuito nell’anti-
chità. Mentre la cosmologia di Ari-
stotele si evolveva e si perfezionava
ino a esprimersi completamente
nelle teorie della scuola di Alessan-
dria, un grandissimo astronomo,
Eraclide Pontico (Eraclea Pontica,
385 a.C. – Atene, 322 a.C. o 310 a.C.),
uno degli ultimi pitagorici, sostene-
va la rotazione terrestre, anticipan-
do Copernico.
Già nel lontano passato alcune mentiilluminate erano giunte alla conclusioneche fosse la Terra a girare intorno al Solee non viceversa
‹ TERRA › 3
Secondo Eraclide Pontico, il Sole (S) gira intorno alla Terra (T) al pari della Luna (L),
mentre Mercurio (M) e Venere (V) girano intorno al Sole, come forse anche gli altri pianeti
(www.astronomia.com).
IL MOTO DELLA TERRA
ATTORNO AL SOLE
NON L’HA SCOPERTO COPERNICO!
12 ‹ quaderni di astronomia ›
Intorno al 350 a.C., con grande scan-
dalo dei contemporanei, Eraclide
“mosse la Terra come una trottola
da ovest a est, intorno al proprio
centro” (Aetius).
Sembra che Eraclide abbia anche
fatto ruotare Mercurio e Venere in-
torno al Sole, spiegando in tal modo
per quale motivo si vedano oscilla-
re a destra e a sinistra del Sole senza
mai allontanarsene molto, ma non
si spinse ino ad afermare anche il
moto di rivoluzione della Terra.
L’opera di Eraclide venne continua-
ta da Aristarco di Samo, che nel 290
a.C. compì il passo decisivo, anti-
cipando Copernico di 1800 anni.
Ad Alessandria d’Egitto, Aristarco
insegnava che l’orbita della Terra
intorno al Sole potrebbe essere in-
initesima rispetto alla sfera delle
stelle isse e che la Terra compie un
doppio movimento: di rotazione su
se stessa e di traslazione insieme
con la Luna intorno al Sole.
Tutti gli studiosi dei testi antichi
sono d’accordo nell’afermare che
Aristarco faceva descrivere l’eclit-
tica dalla Terra, mentre il Sole assu-
meva il ruolo di stella issa al centro
del moto.
D’altra parte, senza nulla togliere
alla genialità di Aristarco, le prece-
denti afermazioni di Eraclide do-
vevano necessariamente portare
a questa conclusione: se uno o più
pianeti ruotano intorno al Sole, per-
ché non potrebbe comportarsi allo
stesso modo anche la Terra?
Purtroppo, la lungimiranza di Ari-
starco non impedì alla tesi aristoteli-
ca della Terra immobile di prospera-
re ino all’epoca di Keplero e Galileo,
quando era ancora considerato un
peccato grave sostenere il moto di
rivoluzione del nostro pianeta!
Eppure, abbiamo diversi tipi di pro-
ve del movimento di rivoluzione
che porta la Terra a compiere un
giro attorno al Sole nel volgere di
un anno: ve ne sono di dirette e di
indirette.
LE PROVE DELMOTO TERRESTREUna prova indiretta sta nel fatto che
alcuni pianeti (Mercurio, Venere
e, parzialmente, anche Marte) pre-
sentino delle fasi, nettissime i primi
due e appena accennate il terzo,
che dimostra che essi ruotano at-
torno al Sole. E sarebbe strano che
gli altri pianeti ruotino attorno al
Sole e la Terra no.
Un’altra prova indiretta della rota-
zione della Terra attorno al Sole sta
nel fatto che, mentre in un anno noi
vediamo il Sole sorgere e tramon-
tare 365 volte e un quarto, nello
stesso tempo le stelle sorgono e
tramontano 366 volte e un quarto,
esattamente una volta in più.
Comunque, le prove che abbiamo
citato sono soltanto quelle che un
magistrato chiamerebbe “indizia-
rie”, ma eccone ora due incontro-
vertibili, come sono per la rotazio-
ne della Terra intorno al suo asse la
deviazione dei gravi verso oriente e
l’apparente rotazione del piano d’o-
scillazione del pendolo (ne abbia-
mo parlato alcune pagine prima).
Una è il fenomeno della parallasse,
ovvero quello per il quale un ogget-
to visto da due punti di vista dife-
renti appare proiettato su uno sfon-
do diferente. Possiamo rendercene
facilmente conto tenendo una mati-
ta alla distanza del braccio. Vista con
un occhio, appare in un punto dello
sfondo che è diverso da quello che
appare se vista con l’altro occhio.
Se la Terra non orbitasse attorno al
Sole, le stelle – trascurando i loro
moti propri - ci apparirebbero sem-
pre nella stessa posizione. In caso
contrario dovremmo vedere, so-
prattutto a sei mesi di distanza, la
stella in una posizione diversa, per
efetto della parallasse. Questo è
stato veriicato a iniziare dal 1838,
grazie al matematico tedesco Frie-
drich Wilhelm Bessel, con l’osser-
vazione della stella 61 Cygni.
Un ritratto dell’astronomo inglese James
Bradley (1693-1762).
Una pagina dell'opera Sulle dimensioni e distanze del Sole e della Luna di Aristarco di Samo
(310-230 a.C.), tratta da una copia del X secolo.
3Il moto della Terra attorno al Sole non l’ha scoperto Copernico!
‹ quaderni di astronomia › 13
3
A causa delle enormi distanze stel-
lari, questo efetto è molto picco-
lo e sempre inferiore al secondo
d’arco, se come base della triango-
lazione consideriamo la distanza
Terra-Sole. Per questo motivo, tutti
i tentativi efettuati in precedenza
erano sempre stati un insuccesso.
Ma, cercando (invano) la parallas-
se stellare, un astronomo inglese
trovò un’altra dimostrazione incon-
trovertibile del moto di rivoluzione
della Terra.
LA SCOPERTA DI BRADLEYL’astronomo inglese James Bradley
(1693-1762) fu il primo successore di
Edmond Halley nell’allora laborio-
so compito di calcolare l’orbita delle
comete.
Il 26 novembre 1725, un telescopio da
7,3 m di focale di Graham fu issato in
direzione dello zenit nella casa di Sa-
muel Molyneux a Kew Green, presso
Londra. Era stato deciso da questi e
da Bradley di sottoporre a controllo
la supposta rivelazione di una gran-
de parallasse per la stella Gamma Draconis fatta da Robert Hooke.
La prima osservazione in proposi-
to fu fatta da Molyneux il succes-
sivo 3 dicembre. La misura venne
ripetuta da Bradley due settimane
dopo, quando, con sorpresa, questi
trovò che la stella passava un poco
più a sud. Questo cambiamento
inaspettato, che era in direzione
opposta a quella che avrebbe pro-
dotto la parallasse, continuò, no-
nostante ogni precauzione contro
gli errori, in ragione di circa 1” ogni
tre giorni. Alla fine delle osserva-
zioni di un anno, la stella aveva
compiuto una oscillazione di 39”.
Mentre si cercava invano una spiega-
zione di questo moto enigmatico, fu
riscontrato che esso era ripartito, in
proporzioni variabili con la loro lati-
tudine, fra altre stelle. Si fecero varie
ipotesi, che lo stesso Bradley scartò.
Prendendo parte a una gita di piace-
re in barca a vela sul Tamigi, un gior-
no di settembre del 1728, Bradley
notò che il vento sembrava cambia-
re di direzione ogni volta che il bat-
tello virava di bordo. Ne chiese spie-
gazione al battelliere che gli diede
la risposta, per lui molto esauriente,
che i cambiamenti di direzione della
banderuola in cima all’albero erano
dovuti soltanto al cambiamento di
direzione del battello, mentre il ven-
to rimaneva del tutto costante. Que-
sto fu lo spunto che gli occorreva per
mettersi sulla giusta strada.
Bradley intuì che il moto della Terra
intorno al Sole, combinato con quel-
lo della luce, deve produrre un cam-
biamento annuale nella direzione
in cui sono visti i corpi celesti e che
l’entità di questa variazione dipende
dal rapporto fra le due velocità. Que-
ste misure dimostravano quindi in
modo incontrovertibile il moto del
nostro pianeta intorno al Sole.
Approfondendo il problema nei
suoi particolari, Bradley trovò che
i risultati si accordavano perfetta-
mente con quanto aveva osservato
e annunciò la memorabile scoperta
della “aberrazione della luce” nella
forma di una lettera indirizzata ad
Halley, che fu letta alla Royal So-ciety il 9 gennaio 1729.
Raramente fu data una spiegazio-
ne più soddisfacente in tutti i par-
ticolari. Questa spiegazione non fu
mai discussa, e le successive osser-
vazioni l’hanno corretta in misura
modesta, segno della bontà delle
misure di Bradley. In base alle quali
lo stesso Bradley poté determina-
re la distanza Terra-Sole (l’Unità
Astronomica), pari a 8 minuti e 13
s di tempo-luce; un valore pratica-
mente identico a quello che cono-
sciamo oggi e molto più preciso di
quello determinato precedente-
mente da Ole Roemer (le cui misu-
re davano un tempo di 11 minuti).
In base al giudizio di Newton, che
lo definì “il miglior astronomo
d’Europa”, il 3 febbraio 1742 James
Bradley venne nominato “Astrono-
mo Reale”.
L’aberrazione della luce stellare (qui molto esagerata). A causa della combinazione del moto
terrestre con quello della luce, la direzione apparente della luce proveniente da una stella si
modifica durante l’anno.
Il moto della Terra attorno al Sole non l’ha scoperto Copernico!
Bradley intuì che il
moto della Terra intorno
al Sole, combinato
con quello della luce,
deve produrre un
cambiamento annuale
nella direzione in cui
sono visti i corpi celesti
14 ‹ quaderni di astronomia ›
L'astronomo greco Ipparco,
nato a Nicea, in Bitinia,
nella prima metà del II se-
colo a.C. e attivo nell’isola
di Rodi dal 161 al 126 a.C.,
ebbe il grande merito di basare tut-
to il suo lavoro sull’osservazione,
beninteso con la modesta strumen-
tazione che poteva costruirsi uno
scienziato di quell’epoca.
Ipparco, però, aveva delle capacità
straordinarie. Tra le altre cose, inven-
tò la diottra, uno strumento utilizzato
per misurare piccole distanze ango-
lari. Ipparco inventò anche la sfera
armillare e l’astrolabio; ma veniamo
all’argomento speciico di questo
tema delle “Curiosità astronomiche”.
UN’IMPRESA ARDUAANCHE PER UN DIOTra la ine del IV secolo e l’inizio del
III a.C., gli astronomi alessandrini
Aristillo e Timocharis avevano re-
datto un catalogo stellare di alcu-
ne centinaia di stelle, fornendo di
ciascuna delle quali le coordinate
eclittiche. Per quanto ne sappiamo,
‹ TERRA ›
Per quanto possa sembrare strano, questo complesso movimento dell’asse di rotazione terrestre fu scoperto più di 2000 anni fa
4
Un “Cerchio di Ipparco” al Piazzale dell’Astronomia dell’Isola d’Elba. Poiché l’equinozio è il momento in cui il Sole, passando dall’emisfero nord
a quello sud (o viceversa), giace esattamente sulla verticale dell’equatore terrestre, se disponiamo un cerchio perfettamente parallelo all’equatore,
in tale occasione l’ombra proiettata dal cerchio su una superficie piana assume la forma di una linea; in tutti gli altri giorni dell’anno, il cerchio proietta
un’ombra a forma di ellisse più o meno schiacciata (www.iltelescopio.com).
LA TERRA COME UNA TROTTOLA:
LA PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI
‹ quaderni di astronomia › 15
4
questo potrebbe essere il primo
catalogo stellare della storia. Il loro
fu un lavoro di rilevazione molto
paziente e coscienzioso, compiuto
con strumenti piuttosto primitivi.
Un secolo e mezzo più tardi, Ippar-
co insegnò e condusse osservazio-
ni astronomiche ad Alessandria
d’Egitto, un centro divenuto di
grande richiamo all’epoca, grazie ai
dotti che vi operavano.
In quel periodo, con ogni probabi-
lità nel 134 a.C., Ipparco assistette a
un avvenimento che lo colpì molto:
l’apparizione di una stella “nova”.
Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), nella
sua poderosa Naturalis Historia,
oggi considerata come la più vasta
enciclopedia scientiica dell’antichi-
tà, racconta che Ipparco, di fronte a
questa nuova stella apparsa in cielo,
si chiese se le stelle fossero veramen-
te eterne e immutabili come aveva
insegnato Aristotele. Decise quindi
di dedicarsi a un’impresa “ardua an-
che per un Dio” – dice Plinio – cioè
contare le stelle e catalogarle, per
consentire ai posteri di veriicare se
avvengono cambiamenti nel cielo.
Purtroppo, il catalogo di Ipparco
non ci è pervenuto (vedi però il box
“L’Atlante Farnese”); sappiamo co-
munque che questo catalogo elen-
cava circa un migliaio di stelle e che
Tolomeo nel II secolo d.C. lo ripro-
dusse nel suo Almagesto.
Ipparco, per localizzare le stelle,
aveva usato le coordinate eclitti-
che, come 160 anni prima avevano
fatto Aristillo e Timocharis.
LA SCOPERTADELLA PRECESSIONETerminato il lavoro, Ipparco con-
frontò i suoi dati con quelli del cata-
logo redatto dai due astronomi pre-
cedenti. Constatò con stupore che,
mentre le latitudini stellari da lui
misurate erano praticamente iden-
tiche a quelle di Aristillo e Timocha-
ris, tutte le longitudini risultavano
modiicate di una stessa quantità.
Ipparco ne dedusse correttamente
che ciò si era veriicato perché nel
tempo intercorso tra le prime misu-
re e quelle seguenti, l’origine delle
longitudini (cioè il “punto gamma”,
γ) doveva essersi spostata. E si trat-
tava di uno spostamento non tra-
scurabile, perché equivaleva a 2°.
Ipparco ne dedusse che il punto γ,
essendo indietreggiato sull’eclitti-
ca di circa 2° in 160 anni, si doveva
spostare ogni anno di 1/80 di grado,
cioè 45”. Dunque avrebbe impiega-
to 29 mila anni per percorrere l’inte-
ro giro dell’eclittica.
In breve, Ipparco scoprì il fenome-
no della precessione degli equino-
zi e seppe dare di esso l’interpre-
tazione geometrica corretta. Oggi
sappiamo che questo fenomeno
è dovuto al moto conico dell’asse
polare; come conseguenza il polo
nord celeste compie un giro tra le
costellazioni boreali.
Attualmente, l’asse polare punta
verso la stella Alfa Ursae Minoris (la
Polare) e pian piano si sposta lungo
L’ATLANTE FARNESEL’Atlante Farnese è una scultura ellenistica in marmo
alta 185 cm, databile al II secolo d.C. e custodita nel
Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Si tratta quasi sicuramente di una copia di un origina-
le, dal quale sono state poi ottenute diverse rappre-
sentazioni.
La statua appartiene al gruppo di sculture della col-
lezione Farnese, rinvenute nelle terme di Caracalla a
Roma intorno al 1546 e poi trasferite a Napoli da Car-
lo III di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese, ultima
discendente della famiglia.
La scultura raffigura Atlante affaticato nel reggere
sulle spalle il globo, sul quale è riportata una delle
più antiche raffigurazioni delle costellazioni (Figura).
Nel 2005, Bradley E. Schaefer, astrofisico della Loui-
siana State University di Baton Rouge, ha ricostruito
la posizione occupata dalle costellazioni nel cielo os-
servate da Ipparco, nel 129 a.C. circa.
Il risultato ha evidenziato un’ottima coincidenza tra le
previsioni astronomiche moderne e le posizioni rilevate
dall’Atlante Farnese: questo ha indotto lo studioso a
individuare nel famoso e perduto catalogo di Ipparco
la fonte a cui aveva attinto lo scultore dell’epoca.
Un francobollo dedicato dalla Grecia nel
1965 al grande astronomo Ipparco e a una
delle sue invenzioni, la sfera armillare.
La Terra come una trottola: la precessione degli equinozi
16 ‹ quaderni di astronomia ›
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il 66° parallelo dell’eclittica in senso
antiorario, cioè diminuendo la sua
longitudine celeste, che attualmente
si trova sul 90° meridiano eclittico.
Quando la sua longitudine si sarà
ridotta a zero, il nostro asse polare
starà passando dalla costellazione
di Cefeo a quella del Cigno (e sarà
l’anno 8400). In quel momento, la
longitudine comincerà un nuovo
giro, “saltando” a 360°. Quando sarà
ridotta a circa 295° sarà all’incirca
l’anno 13.000, e il polo nord celeste
passerà vicino alla stella R della
Lira, anche se in alcuni testi divul-
gativi si trova che allora sarà Vega
ad assumere il ruolo di stella polare
dell’emisfero nord.
Se l’asse polare descrive un cono,
si muove di conseguenza anche
il piano dell’equatore, che è per-
pendicolare all’asse polare. Perciò,
l’intersezione di un tale piano con
l’eclittica (nel punto γ oltre che nel
suo opposto) si dovrà spostare
nel cielo. Il suo moto avverrà nel
senso di andare incontro al Sole.
Ecco spiegato perché il punto γ, per
quanto si chiami per antica tradi-
zione “Punto d’Ariete”, non si trova
più in quella costellazione, ma sia
ormai migrato in quella dei Pesci
(aspetto trascurato dagli astrologi,
che sostengono di considerare i se-gni, non le costellazioni).
Ipparco non disponeva di mezzi
molto precisi per la rilevazione
della posizione delle stelle; perciò, i
suoi calcoli erano solo approssima-
ti. Oggi sappiamo che il moto di pre-
cessione non è di 45” all’anno, ma
di 50,3” e pertanto il ciclo del moto
conico dell’asse terrestre si svolge
in un tempo pari a:
360x60x60”: 50,3” = 25.714 (anni)
Volendo essere più precisi, non si
può prendere per buono il valore
appena calcolato, in quanto tale va-
riazione non è del tutto costante, ma
cresce ogni millennio di una quantità
che aumenta col tempo e che adesso
è di circa 0,22”. Calcoli più accurati
indicano che la durata è variabile da
oltre 27 mila a circa 24 mila anni.
Questo lungo periodo è detto anche
“anno platonico”, non perché sia
stato Platone a scoprirlo (anteriore
a Ipparco di due secoli), ma perché
pare si possa attribuire a questo i-
losofo l’opinione che esistesse un
“grande anno”, che “racchiudeva in
sé il principio di ogni cosa”.
LE CAUSE DELLAPRECESSIONEIl fenomeno della precessione è im-
putabile al fatto che la Terra non è
perfettamente sferica; le attrazioni
della Luna e del Sole (e, in misura
molto minore, dei pianeti) sul rigon-
iamento equatoriale producono
l’efetto di esercitare un momento
di forze su questo rigoniamento.
Poiché la Terra ruota su se stessa,
questo momento provoca il moto di
precessione con cono di semiaper-
tura di 23°27’.
Il moto di precessione dell’asse di rotazione terrestre (www.astronomia.com).
La diottra di Ipparco era costituita da una struttura simile a questa. Si accostava l’occhio al
forellino C e si puntava la finestrella AB verso il cielo. Si modificava quindi la distanza tra forellino
e finestrella, finché quest’ultima copriva esattamente la distanza da misurare. Il rapporto fra il
segmento AB e la sua distanza da C permetteva di calcolare l’angolo desiderato.
La Terra come una trottola: la precessione degli equinozi
‹ quaderni di astronomia › 17
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Questo angolo misura lo scosta-
mento del polo celeste dal polo
dell’eclittica o, il che è lo stesso,
l’inclinazione dell’eclittica sull’e-
quatore celeste. Lo spostamento
annuo del punto γ o punto verna-
le (da ver, “primavera”) provocato
dalla precessione lunisolare e da
quella operata dai pianeti, è indica-
to complessivamente come “pre-
cessione generale”.
Se, invece, la Terra fosse rigoro-
samente sferica e omogenea, le
attrazioni di questi astri si com-
porrebbero in una forza unica, che
passerebbe per il centro di gravità
terrestre e non indurrebbe alcuna
azione perturbatrice sulla direzio-
ne dell’asse di rotazione della Ter-
ra, come si ha nel caso di una trot-
tola, quando la direzione della forza
peso passa per il punto d’appoggio,
cioè quando l’asse di rotazione è
verticale.
Dalla precessione degli equinozi
deriva che il cosiddetto “anno tro-
pico” (l’intervallo di tempo fra due
equinozi di primavera consecuti-
vi) è più breve dell’“anno siderale”
(l’intervallo di tempo intercorren-
te fra due passaggi consecutivi del
Sole in uno stesso punto della sua
orbita apparente rispetto alle stel-
le fisse).
La precessione degli equinozi in-
luisce anche sulla durata dell’an-
no solare, che Ipparco issò in 365
giorni, 5 ore, 55 minuti, mentre oggi
il valore accettato è di 365 giorni, 5
ore, 48 minuti e 45,2 secondi.
Ipparco aveva dunque fatto un er-
rore di 6 minuti e una manciata di
secondi che, riferiti ai secondi che
ci sono in un anno, rappresenta un
errore inferiore allo 0,0012%.
La precisione con cui ha operato
l’astronomo greco ha del meravi-
glioso, dati i mezzi di cui disponeva:
un risultato più accurato di quello
ottenuto da Eratostene nella deter-
minazione delle dimensioni della
Terra.
La peregrinazione del polo nord celeste durante un “anno platonico”. Le date riportate in
negativo sono gli anni avanti Cristo.
La Terra come una trottola: la precessione degli equinozi
Schema dell'orbita terrestre. Sono indicati i punti salienti degli equinozi e dei solstizi.
18 ‹ quaderni di astronomia ›
Il nostro pianeta è circondato da
uno strato gassoso, l’atmosfera
terrestre, la cui massa, anche
se molto rispettabile, è meno
di un milionesimo di quella di
tutta la Terra.
A mano a mano che ci allontania-
mo dal livello del mare, la pressione
atmosferica diminuisce e quindi l’a-
ria si va via via rarefacendo, come
sanno gli alpinisti che, alle quote
più alte, possono accusare diicoltà
di respirazione. A circa 5500 m di
altezza sul livello del mare, la pres-
sione si dimezza: ciò signiica che
metà di tutta l’atmosfera è compres-
sa al di sotto di quella quota e l’altra
metà si trova al di sopra. Ma, al di
sopra ino a che limite?
Si può afermare che il limite è de-
terminato dalla distanza entro la
quale le molecole di gas atmosferi-
co non possono sfuggire all’attra-
zione gravitazionale del pianeta.
L’aria è composta da un miscuglio
di ossigeno (O2, gas biatomico) e
di azoto (N2, anch’esso biatomico);
questi due elementi, da soli, costi-
tuiscono tipicamente il 99% dell’at-
mosfera. In linea di massima, il
rimanente 1%, in proporzioni varia-
bili, è costituito da vapore acqueo,
anidride carbonica, argon, neon,
kripton, elio, xenon. Vi sono inine
tracce di altre sostanze, da conside-
rare come impurità, e il pulviscolo.
L’acqua è presente in atmosfera in
forma di vapore acqueo o conden-
sata (nebbia, nuvole, pioggia, neve,
grandine); le sue proporzioni sono
molto variabili, ma non superano
mai il 2% in volume. Grande impor-
tanza ha il pulviscolo, le cui parti-
celle funzionano da nuclei di con-
densazione per la formazione delle
precipitazioni: nebbie e piogge non
potrebbero veriicarsi in assenza
del pulviscolo.
‹ TERRA ›
Per dirigerci verso lo spazio, dobbiamo attraversare il mare d’ariache circonda il nostro pianeta e nel fondo del quale si svolgela nostra vita
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La sottile linea dell’atmosfera terrestre ripresa dalla Stazione Spaziale Internazionale poco prima dell’alba, quando è già illuminata dal Sole,
mentre la superficie del pianeta è ancora buia.
TRA LA TERRA E IL CIELO,
MA DOV’È IL LIMITE?
‹ quaderni di astronomia › 19