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TERREMOTI E VULCANI

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TERREMOTI E

VULCANI

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LE ROCCE SI POSSONO PIEGARE E

SPEZZARE

Un materiale ha un comportamento duttile quando, in seguito

all’azione di una forza, modifica la sua forma e mantiene nel tempo la

deformazione acquisita.

Un materiale ha un comportamento

fragile quando, sottoposto a una forza

all'inizio si deforma ma,

se la forza continua ad agire,

si rompe all’improvviso.

Tra le rocce, quelle che maggiormente manifestano un

comportamento duttile sono le argille, quelle che manifestano

un comportamento fragile sono i calcari e le dolomie.

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Il tipo di comportamento, duttile o fragile, oltre che dalla natura della

roccia, dipende dall’intensità e dal perdurare nel tempo della forza.

Un altro fattore importante è la temperatura: una roccia fragile a

temperatura ambiente può diventare duttile a temperature di centinaia

di gradi.

LE ROCCE SI POSSONO PIEGARE E

SPEZZARE

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In natura le forze che deformano le rocce, inducendo comportamenti

duttili o fragili, sono dette forze tettoniche.

Le forze tettoniche agiscono soprattutto in corrispondenza dei

margini tra le placche della litosfera.

Quando le placche si scontrano le forze sono di compressione;

quando le placche si allontanano l’una dall’altra le forze sono di

distensione.

I corpi rocciosi, sollecitati da queste forze, nel primo caso si

incurvano e si corrugano, nel secondo si assottigliano.

LE PIEGHE E LE FAGLIE

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Le conseguenze più evidenti delle deformazioni causate dalle forze

tettoniche sono la formazione di pieghe e di faglie.

Si chiama piega una deformazione di tipo duttile di una massa

rocciosa i cui strati subiscono flessioni di lunghezza e ampiezza

variabile in seguito a forze di compressione.

Si chiama faglia una frattura della crosta lungo la quale due blocchi

rocciosi si spostano l’uno rispetto all’altro.

LE PIEGHE E LE FAGLIE

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Le faglie vengono classificate in base al

movimento relativo dei due blocchi di

roccia, che dipende dal tipo di forza che

genera la rottura.

• Le faglie inverse sono dovute a

compressione della crosta.

• Le faglie dirette o normali dovute a

stiramento con conseguente

allungamento e lacerazione della crosta.

• Le faglie trascorrenti si hanno quando

i due blocchi rocciosi ai lati della frattura

scorrono orizzontalmente l’uno in

direzione opposta all’altro.

DIVERSI TIPI DI FAGLIA

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FAGLIE E TERREMOTI

Enormi faglie trascorrenti, ben visibili in

superficie, si trovano in California, la più

nota delle quali è la faglia di San Andreas.

Lungo questa faglia avviene lo scorrimento

verso nord-ovest della placca del Pacifico

rispetto alla placca Nordamericana.

Queste faglie sono tenute sotto

osservazione perché originano terremoti.

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Un terremoto, o sisma, è una vibrazione del suolo

che si verifica quando le rocce, sottoposte a

forze di vario tipo, si rompono liberando di colpo

l’energia che avevano accumulato.

Le scosse di terremoto possono causare crolli in

abitazioni e palazzi, cedimenti in ponti, strade e

ferrovie.

Nei terremoti di Tokyo del 1923 e di San Francisco

dal 1906 la maggior parte delle vittime fu provocata

dagli spaventosi incendi che bruciarono le abitazioni

di legno.

Se il terremoto avviene in mare, in prossimità delle

coste si può formare un’onda di maremoto o

tsunami, alta anche 30 m.

I TERREMOTI

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Il punto di origine del sisma nel

sottosuolo viene chiamato

ipocentro. Il punto della superficie

terrestre situato sulla verticale

dell’ipocentro viene invece chiamato

epicentro.

In base alla profondità dell’ipocentro

si distinguono:

• terremoti superficiali, con ipocentro situato a profondità inferiore ai 50 km;

• terremoti intermedi, con ipocentro compreso tra i 50 e i 300 km di profondità;

• terremoti profondi, con ipocentro compreso tra i 300 e i 700 km di profondità.

I terremoti più frequenti sono quelli superficiali; essi sono anche i più disastrosi.

EPICENTRO ED EPICENTRO DI UN

TERREMOTO

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L’ENERGIA DI UN TERREMOTO SI

PROPAGA SOTTO FORMA DI ONDE Durante un terremoto, le vibrazioni dall’ipocentro

si propagano in tutte le direzioni, generando un

fronte sferico di onde sismiche.

Le onde sismiche a mano a mano che si

allontanano dall’ipocentro, tendono a smorzarsi

sempre più.

Pertanto, quanto più vicino ci troviamo al luogo di

origine di un sisma, tanto più forte avvertiamo il

disturbo da esso provocato.

Le onde sismiche sono studiate dai sismografi,

che registrano il passaggio delle onde e

trasmettono i dati alle stazioni di raccolta ed

elaborazione.

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I VARI TIPI DI ONDE SISMICHE I geologi distinguono due tipi principali di onde sismiche: le onde P

(o prime) e le onde S (o seconde).

• Le onde P si propagano più velocemente delle onde S e arrivano

prima ai sismografi; si propagano nei solidi, nei liquidi e nei gas (aria).

• Nel caso delle onde S arrivano in un secondo tempo ai sismografi e

non si propagano nei liquidi.

• Oltre alle P e alle S, vi sono le onde superficiali, o L, più lente o più

pericolose per gli edifici.

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Per valutare la forza dei terremoti si possono utilizzare due

sistemi:

• stimare i danni che esso ha provocato;

• stimare l’energia liberata tramite la lettura dei sismogrammi.

COME SI MISURA LA FORZA DI UN

TERREMOTO

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LA SCALA MERCALLI Per valutare i danni provocati da un terremoto si

ricorre alla scala Mercalli, così chiamata dal nome

del sismologo italiano Giuseppe Mercalli che la

propose nel 1902.

La scala Mercalli valuta l’intensità di un terremoto

prendendo in considerazione gli effetti del sisma

sulle cose e sulle persone.

Attualmente prevede una serie di gradi di intensità

crescente che vanno da I a XII.

La scala Mercalli non permette però di stimare

l’effettiva quantità di energia liberata da un sisma,

cioè la sua reale forza.

G. Mercalli

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L’energia liberata da un sisma è espressa dalla

magnitudo, una grandezza fisica ricavata

dall’analisi dei sismogrammi. I valori di magnitudo

compaiono nella scala Richter, elaborata nel

1935 dal sismologo americano C. F. Richter.

I valori di magnitudo sono calcolati in modo tale

che a un aumento di un’unità corrisponda la

liberazione di una quantità di energia circa 30

volte maggiore.

Per esempio, un terremoto di magnitudo 7 libera

circa 30 volte più energia di un terremoto di

magnitudo 6 e circa 900 volte (cioè 30 x 30) più

energia di un terremoto di magnitudo 5.

LA SCALA RICHTER

C. F. Richter

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SCALA MERCALLI E MAGNITUDO

RICHTER A CONFRONTO

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È possibile prevedere DOVE potrà avvenire un terremoto, e persino

QUANTO sarà intenso.

È però molto difficile determinare QUANDO avverrà.

IL RISCHIO SISMICO

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IL RISCHIO SISMICO

Il rischio sismico è una stima delle possibili perdite causate dai

terremoti che potranno interessare in un certo periodo una determinata

area.

Questa stima si fonda su tre fattori.

• La pericolosità sismica che dà un’indicazione delle zone a maggior

pericolo, tramite uno studio del territorio dal punto di vista storico-

geologico.

• La vulnerabilità che consiste nella tendenza delle costruzioni a

subire i danni di un terremoto.

• L’esposizione che tiene conto di quante persone vivono nelle zone

sismiche e possono quindi essere colpite da un terremoto.

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Norme di comportamento in caso di terremoto

• se si è in luogo pubblico, evitare la calca per non rischiare di essere

travolti dalla gente;

• uscire di casa solo se ci si trova in prossimità di una porta che

immette immediatamente all’aperto;

• se ci si trova in un appartamento situato ai piani superiori, rimanere

in casa, cercando rifugio in luoghi dove la testa risulta più protetta:

sotto un’architrave, sotto un tavolo o sotto un letto;

• coprirsi il viso e il capo, per proteggersi dai frammenti di vetro e

dagli oggetti che potrebbero cadere dall’alto;

•spegnere fiamme e sigarette, perché potrebbero innescare un

incendio se si verifica una fuga di gas;

• evitare di usare l’ascensore.

COSA FARE DURANTE UN TERREMOTO

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LE ONDE SISMICHE CI FANNO

CONOSCERE L’INTERNO DELLA TERRA

Oltre i 15 km di profondità è

impossibile avere una

conoscenza diretta

dell’interno del globo

terrestre.

Per studiare l’interno della

Terra si utilizzano le onde

sismiche.

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• Nella crosta e nella parte superiore del mantello (litosfera) le onde P

e S viaggiano con modalità tipiche dei corpi solidi.

• Dove «termina» la litosfera, la brusca riduzione della velocità di

propagazione delle onde P e delle onde S segnala la presenza

dell’astenosfera, la parte di mantello costituita da rocce parzialmente

fuse.

• In corrispondenza del nucleo esterno, a 2900 km di profondità, le

onde S si estinguono mentre continuano a propagarsi le onde P,

dimostrando così che questa zona si trova allo stato liquido.

• Il nucleo interno, nonostante la temperatura elevata, è

probabilmente allo stato solido.

L’INTERNO DELLA TERRA ATTRAVERSO

LA PROPAGAZIONE DELLE ONDE

SISMICHE

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IL CALORE INTERNO DELLA TERRA

A mano a mano che si scende in profondità, la temperatura della Terra

aumenta.

L’incremento della temperatura all’aumentare della profondità è detto

gradiente geotermico.

Esso è pari a circa 1 °C ogni 33 m di profondità .

Si suppone che l’aumento di temperatura sia così forte soltanto nella

crosta, e che la temperatura si stabilizzi o cresca molto lentamente nel

mantello.

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• A 35 km di profondità la temperatura è

di circa 700 °C

• A 100 km di profondità è di circa 1300

°C.

• Procedendo ulteriormente verso il centro

del pianeta, la temperatura continua a

salire, ma più lentamente.

• Al centro della Terra la temperatura è di

circa 6000 °C, la temperatura della

superficie del Sole.

IL GRADIENTE GEOTERMICO

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La Terra, come abbiamo visto, è divisa, dall’esterno verso l’interno, in

crosta, mantello (la cui parte intermedia è l’astenosfera) e nucleo

(interno, solido, ed esterno, fuso).

• La crosta insieme al mantello superiore sottostante sino a 100 km di

profondità, forma la litosfera.

• Nonostante le elevate temperature, l’interno del pianeta è allo stato

solido, ad eccezione dell’astenosfera e del nucleo esterno. Ciò a causa

della pressione enorme.

• Il magma, una miscela di rocce fuse, gas e cristalli, si forma

prevalentemente nell’astenosfera.

VULCANI, MAGMI E LAVE

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I vulcani costituiscono la più evidente manifestazione in superficie del

calore interno della Terra.

I vulcani sono aperture della superficie terrestre, dalle quali fuoriesce

il magma, una miscela di rocce fuse e gas.

CHE COSA SONO I VULCANI?

Etna, Italia Fujyama, Giappone

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IL MAGMA

Il magma ha temperature di oltre 1000 °C, è meno denso della

roccia circostante e tende a salire in superficie. Quando, attraverso

spaccature, trabocca all’esterno, si forma un vulcano.

Il magma può provenire da rocce fuse in profondità, ma può anche

formarsi dalla fusione di rocce solide quando, per esempio, la crosta

si assottiglia e la pressione diminuisce.

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L’ERUZIONE VULCANICA

Spesso durante la risalita il magma ristagna

in un ampio serbatoio chiamato camera

magmatica.

Attraverso il condotto vulcanico (o

camino), il magma raggiunge la superficie

dove si libera dei suoi gas soprattutto

vapore acqueo e anidride carbonica e si

trasforma in lava che effonde all’esterno.

Si ha così un’eruzione vulcanica.

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ERUZIONE: L’EFFETTO «CHAMPAGNE»

L’effetto «Champagne» favorisce la fuoriuscita della lava in superficie.

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• I magmi che contengono quantità elevate di silice si dicono acidi.

Sono viscosi e sono tipici dei vulcani più pericolosi la cui attività è

esplosiva.

• I magmi che contengono meno silice si dicono basici. Sono più fluidi

di quelli acidi e sono tipici dei vulcani meno pericolosi che eruttano

lava tranquillamente e la cui attività è effusiva.

MAGMI BASICI E ACIDI

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I magmi basici originano lave basaltiche che solidificando formano

rocce come i basalti.

• Le lave basaltiche spesso fuoriescono

attraverso spaccature allungate (eruzioni lineari),

come nelle dorsali oceaniche.

• Sui continenti le lave basaltiche formano

enormi spandimenti tabulari

chiamati «plateau».

I MAGMI BASICI

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I PUNTI CALDI Il magma basico può provenire anche da grandi profondità del

mantello, sotto forma di colonne caldissime che risalgono verso la

superficie.

Queste colonne infuocate, dette anche pennacchi, «bucano» la

litosfera dando origine in superficie

a un’area detta punto caldo

(o, in inglese, hot spot).

L’attività vulcanica dei punti caldi è

caratterizzata da intense effusioni

laviche, come quelle dei vulcani

delle isole Hawaii.

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I MAGMI ACIDI I magmi acidi generano lave viscose e resistenti a fluire che

tendono a ristagnare nel camino vulcanico, facendo da tappo alla

fuoriuscita del materiale caldo e dei gas sottostanti. Quando, in

superficie, la pressione si riduce e i gas si liberano di colpo l’eruzione

è esplosiva, con emissione di prodotti lavici polverizzati e nubi di

cenere incandescente.

Pinatubo, Filippine

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I MATERIALI PIROCLASTICI

I materiali espulsi violentemente vengono detti piroclastici.

Tra essi vi sono:

• le pomici, frammenti di lava molto leggera e porosa, di colore bianco-grigio;

• le bombe vulcaniche, brandelli di lava che, nel solidificarsi durante il tragitto

in aria, assumono una forma affusolata;

• i lapilli, della dimensione di sassolini;

• le ceneri, particelle di lava solidificata e le polveri di dimensioni ancora più

piccole.

Depositandosi e consolidandosi,

i materiali piroclastici formano

rocce stratificate comunemente

chiamate tufi .

A volte a contatto con l’aria la lava consolida

molto rapidamente e forma una struttura a cupola o a

guglia, il duomo vulcanico.

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La forma dell’edificio vulcanico dipende dal tipo di lava e dal modo in

cui i materiali che risalgono il camino vengono emessi in superficie.

I quattro tipi più comuni di strutture generate da fenomeni vulcanici

sono:

• vulcani a scudo;

• strato-vulcani;

• caldere;

• coni di scorie.

LA FORMA DEGLI EDIFICI VULCANICI

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VULCANI A SCUDO E STRATO-VULCANI

I vulcani a scudo. Si formano quando un magma basico

fluido fuoriesce da un camino centrale.

Presentano una forma conica con fianchi poco ripidi e un

cratere molto ampio da cui la lava può fuoriuscire

ininterrottamente per mesi.

Esempi: Mauna Loa, nelle Hawaii, alto circa 9000 m e con un diametro

di base di ben 100 km.

Gli strato-vulcani. Alternano a eruzioni di tipo esplosivo, con

emissioni di ceneri e lapilli, eruzioni

effusive, con emissione di lava.

Esempi: Il Vesuvio e lo Stromboli in Italia.

Mauna Loa, Hawaii

Stromboli,

Italia

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Le caldere. Si formano in seguito

all’esplosione e al parziale svuotamento

della camera magmatica. In superficie si

origina una conca che può ospitare un

lago.

I coni di scorie. Si formano quando, in

seguito a un’eruzione esplosiva, scorie di

vario tipo come lapilli e ceneri si

depositano alla base del condotto eruttivo.

Si forma un rilievo conico in genere di

altezza modesta.

CALDERE E CONI DI SCORIE

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FORME SECONDARIE DELL’ATTIVITÀ

VULCANICA Nelle zone vulcaniche si manifestano fenomeni caratterizzati da

emissioni di vapori e gas molto caldi.

Questi fenomeni sono dovuti al contatto in profondità tra le acque

circolanti nel sottosuolo e le rocce surriscaldate dal magma.

Tra i più importanti di questi fenomeni vulcanici secondari vi sono:

• i geyser;

• le fumarole e le solfatare;

• le sorgenti termali;

• i soffioni boraciferi.

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L’attività di un vulcano non resta costante nel tempo.

I vulcani nascono, si accrescono, e dopo milioni di anni possono

spegnersi definitivamente.

Spesso i vulcani attraversano lunghi periodi di inattività, anche molti

decenni o secoli (vulcani quiescenti). Durante queste pause il

magma raffreddato e solidificato forma una specie di tappo che

occlude il camino vulcanico.

Al di sotto del tappo, però,

altro magma più caldo cerca

di risalire e preme verso l’alto

alla ricerca di uno sfogo esterno.

I vulcani quiescenti sono i più pericolosi

perché spesso sono ritenuti estinti

dalle popolazioni locali, mentre stanno

solo accumulando energia che si potrebbe

liberare violentemente in futuro.

VULCANI CHE SI RISVEGLIANO

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Il Vesuvio è un vulcano a riposo ma non spento. La sua eruzione più

catastrofica è stata quella del 79 d.C., quando furono distrutte Pompei

ed Ercolano.

Dopo l’eruzione del 79 d.C. il Vesuvio

entrò in una fase che alternava

periodi di inattività a paurose eruzioni

Come quella del 1631, e decine di altre

minori. L’ultima eruzione risale al 1944.

Oggi si pensa che una ripresa

dell’attività eruttiva del Vesuvio

sia molto probabile entro i prossimi decenni.

IL VESUVIO: VULCANO AD ALTO RISCHIO

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IL RISCHIO RAPPRESENTATO DAI

VULCANI

Il rischio vulcanico dipende in primo luogo dalla violenza e dalla

pericolosità delle eruzioni, ma anche dai danni effettivi che il vulcano

può compiere.

Se, per esempio, un vulcano esplosivo è situato in una regione

disabitata, il rischio è considerato basso.

Viceversa, se un vulcano esplosivo è situato in un’area densamente

popolata, allora il rischio è in proporzione molto alto.

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Prevenire il rischio significa in primo luogo evitare che si formino

insediamenti umani in zone vulcaniche ad alto pericolo, in secondo

luogo tenere il vulcano sotto osservazione.

La risalita del magma è in genere accompagnata da segnali

precursori, tra i quali:

• i tremori, ossia lievi terremoti che si susseguono in prossimità del

vulcano, registrabili con i sismografi;

• le deformazioni del suolo, come innalzamenti e abbassamenti,

anche molto lenti;

• le variazioni del livello dell’acqua nei pozzi.

PREVENIRE IL RISCHIO

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L’ITALIA, TERRA DI VULCANI

Stromboli è detto il «faro del

Mediterraneo» perché a intervalli

regolari illumina il cielo con lanci di

lapilli incandescenti. In primo piano i

resti dell’antico vulcano

Strombolicchio.

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I SUPER VULCANI… I super vulcani sono strutture impressionanti, in grado di eruttare in modo

esplosivo centinaia o addirittura migliaia di km3 di lava.

Esistono almeno 12 supervulcani al mondo, ne citeremo solo due, anche

perché uno si trova proprio in Italia !!!!!

1. LA CALDERA DI YELLOSTONE: il parco nazionale di Yellostone, negli

Stati Uniti, si siede su una camera sotterranea di roccia fusa e gas

talmente vasti che è probabilmente uno dei più grandi vulcani attivi del

mondo. L’ultima eruzione avvenne circa 640000 anni fa e non si sa

quando lo farà nuovamente.

2. I CAMPI FLEGREI: in Campania, nella zona di Pozzuoli, si trova un altro

supervulcano ancora più pericoloso del Vesuvio, i Campi flegrei che

significa «campi ardenti» la cui ultima eruzione risale a circa 500 anni fa.

In realtà il termine “supervulcano” è stato coniato dagli autori di un documentario

mandato in onda dalla BBC nel 2000, ma non è realmente utilizzato in

vulcanologia in quanto “improprio”, visto che tali strutture sono al livello del

sottosuolo e quindi non visibili in superficie. Ad ogni modo la scoperta fu proprio

il frutto dell’osservazione di depressioni circolari simili a quelle delle normali

caldere vulcaniche, ma decisamente più grandi. In particolare si suppone che

queste grandi caldere siano generate da un hot spot (punto caldo) situato in

profondità sotto di esse.

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PARCO DI

YELLOSTONE

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CAMPI FLEGREI

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Per comprendere la reale potenza eruttiva dei supervulcani dobbiamo osservare

la scala VEI (“Volcanic Explosivity Index”) che suddivide i vulcani in categorie

che vanno da 0 ad 8. Per intenderci l’esplosione del Vesuvio del 79 d.c. è stata

classificata con VEI pari a 5, cosiddetta “eruzione pliniana”, con l’emissione di

una quantità di materiale superiore ad 1 km cubico. Un supervulcano può

arrivare ad un’esplosione classificata con VEI pari a 8, cosiddetta “eruzione

mega-colossale”, con l’emissione di una quantità di materiale superiore a 1000

km cubici.

000 km cubici.

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Finora nella storia dell’umanità l’eruzione più violenta, con VEI pari ad 8, è

avvenuta circa 600.000 anni fa nel noto parco di Yellowstone con l’emissione

950 km3 di materiale e la più recente, con VEI pari a 7, avvenuta nel 1815 a

Tambora, in Indonesia con l’emissione di 120km3 di materiale. Quanto a

quest’ultima si riportano numerose testimonianze in tutto il mondo delle

conseguenze negli anni a venire: il 1816 è stato ricordato come “L’anno senza

estate” nell’emisfero settentrionale del pianeta a causa delle ceneri ed i gas

immessi nell’atmosfera che ebbero un effetto intenso sull’ambiente determinando

continui alluvioni, temperatura basse e precipitazioni abbondati. Anche in Italia le

ripercussioni negative dell’eruzione del Tambora sono ampiamente documentate:

la scrittrice Caterina Percoto pubblicò un racconto dal titolo “L’anno della fame”,

ma più in generale tutte le cronache del periodo riportano episodi legati

all’estrema povertà della popolazione.

Ad oggi la probabilità che avvenga un’eruzione di un supervulcano è pari

all’1% nei prossimi 100 anni, ma comunque significativa se commisurata alla

relativa magnitudo del danno che potrebbe generare, tale da modificare

radicalmente il paesaggio locale e condizionare pesantemente il clima a livello

mondiale con effetti cataclismici sul pianeta.