Voci sorde

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Voci sorde A cura e traduzione di Luca Micheletti DIABASIS Bernard-Marie Koltès

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Un dialogo aperto tra la morte e l’amore, uno scambio esistenziale di sentimenti ed emozioni. Koltès è considerato uno dei rappresentanti più significativi della nuova drammaturgia francese, la cui impetuosa scrittura ha investito, innovandolo profondamente, il sistema delle convenzioni sceniche contemporanee. Il volume presenta la prima traduzione italiana di un suo copione “disperso” ed emblematico – Des voix sourdes (1974), nato come radiodramma – cui s’accompagna un’indagine critica della produzione drammaturgica di Koltès all’altezza dei primi anni Settanta, periodo in cui andavano formandosi alcuni cardini concettuali ed estetici che saranno poi della sua poetica matura, inscritta en abyme nelle sue opere giovanili e stretta tra gli strani e contraddittori confini d’un postmodernismo engagé e d’una rêverie tutta borghese.

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Voci sordeA cura e traduzione di Luca Micheletti

DIABASIS

Bernard-Marie Koltès

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I l c a s t e l l o d i A t l a n t e

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TraduzioneLuca Micheletti

In copertinaMarcello Tavone, senza titolo, particolare, 2009

Progetto grafico e copertinaBosioAssociati, Savigliano (CN)

Anna Bartoli

Coordinamento editorialeFabio Di Benedetto

ISBN 978-88-8103-764-3

Titolo dell’edizione originale Des voix sourdes© 2008 Minuit, Paris

© 2013 Diaroads srl - Edizioni Diabasisvicolo del Vescovado, 12 - 43121 Parma Italia

telefono 0039.0521.207547 – e-mail: [email protected]

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Bernard-Marie Koltès

Voci sorde

A cura e traduzione di Luca Micheletti

D I A B A S I S

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Personaggi

nicolas

anna

Hélène

steVan

Voci di Passaggio

Personaggi a Piedi

Personaggi in calesse

Uomini

donne

contadini

abitanti

testimoni

madre

Fratello

lUogHi

scene in aPerta camPagna

scene nelle case

monologHi, dialogHi e sogni interiori

mormorii di conFidenza

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Confidenza.

nicolas. – Confesso, giacché son qui per confessare. ma non capi-sco. Quel desiderio, non v’ha mai presi, a voi? non sono mai riuscito a pensare al denaro che m’apparteneva, – non potevo passare vicino ai miei fabbricati, fienili e fattorie contigue, non potevo guardare, immobile, casa mia e il circondario senza sognare la notte in cui avrei appiccato il fuoco, senza sognare di appiccare il fuo-co subito e guardare, mentre la notte non avrebbe luna per opporsi alla luce.(a che serve questa confessione, a orecchie estranee? non importa: sono qui per questo.)ah, come bruciavo di questo desiderio! come ho potuto vivere? com’è possibile che non lo vediate come me: «andiamo, più veloci. muovetevi, muovetevi! dove mettete il fieno? ancora! oh! oh! lasciate le bestie, lasciate i cavalli: devono bruciare anch’essi.» (ah, i cavalli che bruciano e la mia mano poggiata il più a lungo possibile sulla loro pelle, per sentirla fremere, per sentire fre-mere il loro sangue, e sentirlo passare nel corpo, devastante come un colpo di vento!) ma io confesso, che vi serve ancora? non avrete niente di ciò che sperate da me, devo parlare ancora? sono stanco adesso. mi ha preso la fatica. Per colpa dei cavalli e dei loro fremiti che m’hanno trapassato il corpo. e io confesso. mi chiamo nicolas. la mia vita è finita. non ho più gesti da fare o parole da dire, a parte questa confessione per le orecchie in ascolto, e tutto mi sembra così estraneo. io tengo duro, tutto solo; niente, nessuno – e meno che mai Hélène (sappiatelo) ha qualcosa a che fare con le mie azioni passate e con quel desiderio.sono da solo, e resisto, ancora.

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Un interno.

anna (molto velocemente). – ah lascia, lascia che ti baci; ancora, non pos-so fermarmi; ancora, non me ne stanco. Hélène, tesoro mio, mia Hélè-ne, sorellina; non ho più parole, non so che cosa dire, lascia che ti baci. dio come sei bella, sei così amabile! – non è vero, mamma? – così perfetta: quell’abito, quel gioiello, quell’aria tra i capelli: mi paraliz-zi. Piccola donna, ti amo come una sorella. lascia che ti baci.Hélène. – anna…anna. – Hélène, ah! ma tu soffri! nicolas, vero? oh, io non mi immischio, non mi riguarda, non entrerò nelle vostre anime. tu lo sai da sola, tu sai quello che fai. Hélène così dolce, Hélène con gli occhi bassi, mia Hélène così unica – mamma, mamma, non è vero? – oh come brillano gli occhi sotto le ciglia. ti bacio, l’ho detto: ora sei mia sorella. Hélène. – anna…anna. – Hélène, oh! sei così tesa! ti manca qualcosa, sei senza? senza, è mai possibile? mia Hélène delusa! – mamma, senti. sof-fri, tesoro mio, soffri? ti bacio, ti bacio, ti bacio.Hélène. – Accètta, anna.anna. – no, no, non è possibile; no, no, no, mille volte no. nascondi il denaro. rimettilo in tasca. nascondilo sotto il vestito. non ti rende bella, non c’entra niente, – mamma, girati! non sta bene. nascondilo, nascondi, nascondi.Hélène. – Anna…anna. – Non parliamo più di questo.Hélène (cambiando tono). – anna!anna. – cosa?Hélène. – Guarda. Per la strada. lo conosci?anna. – si chiama stevan.

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Hélène. – stevan! lo conosci? guarda, guarda. l’hai visto?anna. – non parliamo di questo.Hélène. – non lo amo. anna. – non si tratta di questo. Hélène, parliamo.Hélène. – Forse ho paura. anna. – Paura? – mamma, hai sentito: Hélène ha paura.Hélène. – non hai paura tu, anna? Quel viso è spaventoso.anna. – curioso.Hélène. – bello, è vero?anna. – non normale, di sicuro. Hélène. – ma bello, è vero?anna. – le orecchie, per esempio.Hélène. – non è di qui. anna. – Ha le orecchie a sventola; e la fronte gli sfugge sotto i capelli, come per celare che non esiste affatto. non è di qui, certo, dici bene; non è di ora. il viso tagliato in due in mezzo ad occhi, naso e bocca; una parte è diversa dall’altra, ognuna non appartiene all’altra. sì, hai ragione, non è di qui. il suo viso nacque in qualche posto molto tempo fa, non può confondersi con nessuno di qui.

Un tempo.Di nuovo molto velocemente:

ma Hélène, parliamo.

Hélène. – non vuoi più partire?anna. – chi te l’ha detto?Hélène. – avanti, accètta.anna. – no, no, non è possibile; no, no, no, mille volte no.Hélène. – anna!anna. – no, Hélène, no.Hélène. – mi hai fatto entrare per questo.anna. – su, dammi. ti bacio ancora una volta; baciami. mi ami? di’ la verità. sento che mi ami, sento che mi trovi amabile. sento che anche io sono amabile – mamma, non è vero, mamma?

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mi sento come un arbusto nel vento; a volte reclinata, a volte eretta, senza una legge; ma ben piantata, sempre. dimmi! come una distesa, come erica dalle membra pesanti che dorme là, e là; oscilla, si corica ancora e si raddrizza sempre. – non è vero, mamma?

Hélène se ne va.

Hélène, di già? Hélène, te ne vai? lasci tua sorella, l’abbandoni. all’improvviso, di già! ah piccola, quanto ci amiamo. baciami, baciami, addio. baciami. e ritorna, non mancare di tornare. ti aspetto.

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Un tempo.

sUa madre1. – mi parli?anna. – no, no; e tu taci, ti prego, non parlare. basta. che hai da dire ancora? che hai ancora da dire comunque, senza capire niente?sUa madre. – i campi; poveri campi. il cielo è viola, quasi nero; e senza dubbio i campi soffriranno questa notte.anna. – taci. non m’interessa. taci o vattene. sUa madre. – mi parli, anna?anna. – basta!

Un tempo.

Questo mormorio sempre, persino nel silenzio. come respiri for-te! basta.sUa madre. – il vento si confonde con la nebbia; eccolo che vie-ne; eccolo che accorre. avrà di certo la forza per estirpare gli ar-busti e sradicare le piante.anna (piano). – Risparmiatrice! Figuretta dallo sguardo diligente; piccole mani con un buon impiego; tranquilla. Piccola vita avara che non spende niente, né troppo né troppo poco.da che ci sei tu io mi sento afflosciare, mi sento più vecchia. mi vuoti la vita senza fare niente; per il solo fatto d’esistere, rispar-miatrice, seduta, mi fai sentire morta, secca, e stanca.sUa madre. – mi parli? Forte, tesoro mio, perché non sento.anna. – ah, che non mi guardi, ora; più d’ogni cosa, che non mi guardi. che non si specchi in me. che non mi risponda, che non

1. si tratta della madre di anna.

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abbassi gli occhi, che esca; che non si specchi in me come nell’ac-qua d’un lago. sUa madre. – Bisogna aspettare; semplicemente aspettare dolce-mente dal proprio cantuccio che tutto questo passi; e passerà, sicu-ramente – il vento andato via, e il cielo senza niente a nasconderlo.anna. – se non esce, io l’ammazzo; se si avvicina, io l’ammazzo.sUa madre. – allora mi hai parlato? calmati, anna, tesoro mio. non è che un colpo di vento, una grande folata sulla pianura. non aver paura, non parlare. aspettiamo, semplicemente, aspet-tiamo.

Esce.Un tempo.

anna. – inerte da così tanto tempo, ecco, si alza il vento.

Un tempo.

c’è qualcuno? stevan, forse? (che vorrà, perché me, che avrà da dirmi? ma di che devo temere?) entri, entri, la prego. Hélène, sei tu, tesoro mio? ma forse credono che non ci sia, forse non si vede la luce in fondo al sentiero. le tende, bisogna aprire le tende. (è il vento del temporale, il vento della tempesta. è il vento del mare, del nord; del freddo, dell’acqua.)anna!altro sguardo, altri occhi, altri capelli, altra bocca. altro pensie-ro – che si snoda lento e sicuro: potrei sorridere come una regi-na; con la mano che si posi piano, e tutto il corpo come in fondo all’acqua, sciolto insieme a tutto ciò che lo circonda. regina! ma mi sveglio, si comincia, lavoro – e già vedo non distante un mattino, ricco, senza sogni; soltanto adesso sto per svegliarmi.eccole, con la tormenta, le correnti, un soffio nero che s’infiltra, già adesso.

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Apre la finestra.Verso l’esterno:

Venite, rinchiudetemi, violentatemi, liberatemi. nessuno avrà pie-tà di me? non avrete pietà di una regina? neanche uno sguardo d’attenzione per me, neanche una speranza, là fuori?

Un tempo.

stevan!

Un tempo. Piano:

il vento, l’acqua, il nord, il nero del cielo, tutto questo turbine mi stordisce.

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Nota del traduttore

La traduzione italiana è condotta sull’edizione edita per i tipi di Minuit: Ber-nard-Marie Koltès, Des voix sourdes, Minuit, Paris 2008. Superfluo in questa sede il rendicontare le difficoltà di resa d’una sintassi spesso disarticolata, al-ternativamente brachilogica e perifrastica: per una descrizione del problema si rimanda al saggio introduttivo che precede. Dove possibile, si è cercato di mantenere anacoluti e pleonasmi, così come gli scarti tra forme di cortesia e forme familiari anche all’interno della stessa frase; si è inoltre creduto op-portuno restituire indicativamente le espressioni idiomatiche e gergali con omologhi italiani e mantenere sporadicamente il pedale metrico cui l’origi-nale si richiama nei passi più scopertamente lirici.

L. M.

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Combat, sogno smarrito. Il giovane Koltès, tra postmodernismo engagé e rêverie borghese

7 I. “Anti-edipici e integrati”: ancora una premessa sul postmoderno, semplice e complesso

15 II. Apprentissage de la solitude: l’utopia del combat nei primi drammi engagés di Koltès

32 III. Des voix sourdes: anti-dramma borghese o dramma anti-borghese?

Voci sorde

53 Ⅰ

54 Ⅱ

57 Ⅲ

60 Ⅳ

63 Ⅴ

66 Ⅵ

67 ⅤⅡ

68 ⅤⅢ

70 Ⅸ

72 Ⅹ

74 XⅠ

78 ⅩⅡ

81 ⅩⅢ

82 ⅩⅣ

83 ⅩⅤ

85 ⅩⅥ

87 ⅩⅤⅡ

Bernard-Marie KoltèsVoci sorde

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111

89 ⅩⅤⅢ

92 ⅩⅨ

96 ⅩⅩ

97 ⅩⅩⅠ

98 ⅩⅩⅡ

99 ⅩⅩⅢ

101 ⅩⅩⅣ

103 ⅩⅩⅤ

105 ⅩⅩⅥ

106 ⅩⅩⅤⅡ

109 Nota del traduttore

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Ecodel dialogo mai spento

fra le Voci sordedell’amore e della morte

questo libroviene stampato

nel carattere Simoncini Garamonda cura di PDE Spa

presso lo stabilimento di L.E.G.O. Spa - Lavis (TN)per conto di Diabasis

nel settembre dell’annoduemilatredici

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il castello di atlante

« ...lontano, in un mondo in cui i gesti sono senza effica-

cia, come voci in uno spazio che non è sonoro »

Georges Bataille

€ 12,00

ISBN 978-88-8103-764-3