Vittorio Sgarbi - Francesco Musolino - Gazzetta del Sud - 12 novembre 2013.pdf

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Martedì 12 Novembre 2013 Gazzetta del Sud 12 . Cultura e Spettacoli Francesco Musolino «L’Italia è un paese ricco, con un tesoro di inestimabile valo- re disperso ogni due chilome- tri quadrati di cui gli italiani sanno poco, o nulla. E dunque finiscono per sciuparlo». O peggio, svenderlo. Il nuovo li- bro di Vittorio Sgarbi, critico e storico dell’arte di chiara fa- ma, è un vero e proprio viag- gio nel tesoro artistico del no- stro Paese, condotto con mi- nuziosa cura, spaziando per tutta la penisola, da nomi ec- celsi a talenti ingiustamente sconosciuti. L’amore dell’arte passa per la conoscenza e con- tro il disamore dovuto all’ignoranza, al pressapochi- smo degli studi, negli anni passati Sgarbi ha risposto por- tando l’arte in televisione – dunque rendendola di fatto nazionalpopolare – e, in se- guito, con numerose pubbli- cazioni. La più recente (in li- breria da domani) è “Il Tesoro d’Italia. La lunga avventura dell’arte” (Bompiani, pp. 300, euro 22, con la prefazione di Michele Ainis). La Gazzetta del Sud ha discusso con l’au- tore di un progetto editoriale destinato a diventare una tri- logia, senza dimenticare i te- mi legati all’attualità e l’immi- nente partenza del reality “Masterpiece” (17 novembre su RaiTre), fortemente voluto dal direttore editoriale di Bompiani, Elisabetta Sgarbi. Professor Sgarbi, a suo avviso gli italiani sono con- sapevoli del tesoro artistico del loro Paese? «Affatto. Tant’è vero che si parla del tesoro di Hitler ma è una bufala perché quelle era- no opere che detestava. In realtà, Hitler aveva in mente un solo tesoro ed era quello d’Italia e tramite il benestare di Galeazzo Ciano e Giuseppe Bottai, l’allora ministro della cultura, ottenne di poter tra- sferire in Germania un cospi- cuo numero di quadri dei mu- sei italiani fra il ’400 e il ’500. I tedeschi sapevano bene che il tesoro artistico era il nostro e non quello ritrovato in questi giorni, quadri minori che Hi- tler avrebbe voluto buttare via». Ieri il ministro dei beni culturali, Massimo Bray, ha inaugurato il progetto sici- liano della “Strada degli Scrittori”, 30 km che uniran- no Racalmuto a Porto Empe- docle. Le piace questa idea? «Sì, perché la letteratura italiana fra la fine dell’ ’800 e il ’900, nonostante l’antagoni- smo leghista, è prevalente- mente siciliana. Da Verga a Sciascia, i grandi scrittori ita- liani vengono da qui e questo Conversazione con Vittorio Sgarbi, il cui ultimo libro, dedicato alla storia della nostra arte, uscirà domani L’Italia ha un tesoro. Ma non lo sa Un patrimonio spirituale che è anche un’immensa ricchezza materiale progetto si lega perfettamente al 150° anniversario dell’Uni- tà d’Italia. Il problema sem- mai è che questo progetto in- clude la stessa Racalmuto che, in modo arbitrario e fascista, ha visto lo scioglimento del proprio comune su presunzio- ni infondate. Esiste, evidente- mente, uno Stato dal doppio volto: da una parte c’è la figu- ra competente di Massimo Bray che sente la priorità dei beni artistici e letterari come fondamentale da un punto di vista pedagogico, come libe- I bellissimi mosaici del Duomo di Monreale e, in alto, il Cristo Pantocratore di Cefalù razione da ogni mafia; ma poi c’è anche lo Stato che scioglie i comuni di Racalmuto e Sale- mi». A proposito di lingua, lei nel libro sottolinea come il Cristo Pantocratore del duo- mo di Cefalù e i primi poeti siciliani di lingua italiana siano sostanzialmente con- temporanei… «Nel libro i riferimenti let- terari sono associati esclusiva- mente per contestualizzare al meglio le immagini. Il Cristo Pantocratore è bizantino, risa- le al 1145 e ha una potenza inedita che sembra parlare una lingua nuova; allo stesso modo e nei medesimi anni, Ciullo d’Alcamo e Giacomo da Lentini, in Sicilia prima che al- trove, scrivono in lingua ita- liana. Ciò è emblematico d’un cambiamento in atto». Il Tesoro d’Italia è un lun- go cammino nel mondo dell’arte italiana, un proget- to ambizioso davvero ambi- zioso… «Studiando e commentan- do opere d’arte non ho mai pensato che fosse possibile in- tendere la storia dell’arte co- me necessità di un progresso espressivo, si tratta di una teo- ria positivistica ormai supera- ta. “Il Tesoro d’Italia”, invece, è il primo di tre volumi che si spingeranno sino al ’600, nar- rando in modo organico e ri- spettoso la storia dell’arte del nostro Paese. Tuttavia è anco- ra in ballo l’ipotesi che l’opera possa essere composta da cin- que volumi e in quel caso si può immaginare che vi sarà una maggiore connotazione saggistica, interpretativa e let- teraria». Che ne pensa del fatto che l’insegnamento della storia dell’arte sarà praticamente abolito nelle scuole italia- ne? «Ad essere onesti elimine- ranno la storia dell’arte da molti corsi di studi per essere potenziata solo nei licei classi- ci, come accade per il greco e il latino. In questo modo si fi- nisce per considerarla un inse- gnamento di settore, forse a ragione, ma l’arte italiana è vi- va e fortemente legata all’eco- nomia, come evidenzio nel li- bro». Ma, senza insegnarla a scuola, non sarà ancor più arduo far innamorare gli ita- liani dei propri tesori? «Non c’è dubbio. Però temo che insegnarla non bastereb- be. Occorrerebbe magari che venisse spiegata in televisio- ne, premiando la potenza del- le immagini contro tante schi- fezze presenti nei palinsesti. Questa potrebbe davvero es- sere una didattica di più am- pia gittata. Del resto, sebbene sia molto amata, nemmeno la musica viene insegnata in Ita- lia e d’altra parte si studia let- teratura ma nessuno legge più Parini e Alfieri… Chi fa la bat- taglia per insegnare l’arte nel- le scuole forse dovrebbe esse- re più coerente e battersi an- che perché si insegni la musi- ca e la storia dei suoi illustri protagonisti nostrani, da Ver- di a Puccini». A proposito di tv, partirà a giorni Masterpiece, il reality sui libri in onda su RaiTre. Che ne pensa di questo pro- getto voluto da Elisabetta Sgarbi? «Mi piace molto. È un altro tassello dell’incrocio dei no- stri destini. Quando ho comin- ciato la mia attività, mia sorel- la era una ragazza disciplinata e avrebbe voluto fare la far- macista ma adesso, forse per stimolo diretto della mia espe- rienza, farà la televisione, an- che se un tempo la considera- va lontana da sé. Se io ho reso popolare l’arte in televisione, mi sembra bello e utile che lei adesso faccia lo stesso con la letteratura». C’è anche un chiaro auspi- cio politico che emerge dal suo libro. «Mostrando il patrimonio artistico italiano si giunge a suggerire l’idea di giungere ad una riforma dello Stato in cui il ministero dei beni cul- turali e dell’economia possa- no coincidere, creando un ministero del tesoro dei beni culturali. Così il patrimonio spirituale e artistico sarà dav- vero considerato anche mate- riale, qualcosa di cui l’econo- mia deve tener conto come di una ricchezza, non come di un peso». 3 L’opinione Negazionismo e legislazione Angelo Sindoni* È ancora viva l’emozione del ricordo delle Fosse Ardeatine e del 70° anniversario della razzia contro gli ebrei di Ro- ma nell’ottobre 1943, mentre un altro vivacissimo fronte di discussione si apre sulle tra- gedie vissute dal nostro Pae- se. L’occasione è data dalla discussione in Senato, e dalla concomitante approvazione della Commissione Giustizia dell’inserimento di un com- ma all’art.14 del codice pena- le, secondo cui va applicata una pena anche «a chiunque nega l’esistenza di crimini di guerra o di genocidio». È insorta per prima l’Asso- ciazione degli storici contem- poranei (poi i modernisti), presieduta da Agostino Gio- vagnoli, il cui Direttivo ha ap- provato un documento che esprime forti perplessità su tale norma, poiché di difficile interpretazione ed attuazio- ne. Sulla definizione dei “ge- nocidi” nella storia non c’è accordo tra gli storici né tra i giuristi, e ancor meno tra i Paesi, che si rimpallano le re- sponsabilità, così per esem- pio i turchi (questione arme- na) con i francesi (questione algerina). Si tratterebbe di trasferire ai giudici un giudizio squisi- tamente storico. Nel docu- mento dei contemporaneisti c’è un passaggio cruciale: «La verità storica non può essere fissata per legge o nelle aule dei tribunali». Il reato ipotizzato dal com- ma di cui sopra potrebbe es- sere, in fondo, un reato di opinione. Ma le verità ufficia- li o di Stato sono sempre un’arma a doppio taglio; nei Paesi in cui sono state appli- cate leggi “antinegazioniste” paradossalmente hanno avu- to effetti negativi, offrendo un megafono e facendo pas- sare addirittura per persegui- tati i portatori di tesi ignobili, che altrimenti rimarrebbero confinati ad una presenza re- siduale. La tendenza a far decam- pare quello che una volta si chiamava il “tribunale della storia” in veri e propri tribu- nali di giustizia corrisponde ad una evoluzione profonda del costume del nostro Paese negli ultimi decenni. Il punto di svolta si è avu- to, a mio avviso, con il caso di Eluana Englaro. Emblemati- camente, qualcuno – con lo- cuzione simile a quella del documento degli storici oggi allora usò l’espressione «morire per legge». Nell’età premoderna la morte aveva ancora una di- mensione comunitaria, era gestita dal vicinato, dalla Chiesa; i riti collettivi servi- vano a dare uno spessore me- tafisico al trapasso. Nell’epo- ca più recente, con il pro- gresso della scienza, la mor- te è stata gestita sempre più dalla medicina; ai medici si sono date troppe deleghe, quasi a voler sconfiggere, o rimuovere, la morte. Quan- do ci si è resi conto che i me- dici erano stati caricati di compiti a loro superiori, si è verificato il passaggio alla legge. Un tribunale ha deci- so quando bisognava «stac- care la spina», essendo i me- dici divisi su quale dovesse essere l’ultimo istante di Eluana. L’uomo contemporaneo purtroppo è incerto, ha perso la bussola, ha bisogno di un appoggio esterno, della leg- ge, per definire il fine-vita e, adesso, addirittura per stabi- lire le verità storiche. Per ogni minima cosa – anche di carattere etico politico – c’è bisogno della sentenza del giudice, salvo poi infischiar- sene disinvoltamente. Come chiamare questa nuova fase? Occorrerebbe forse un nuovo termine giuridico per questo «formalismo amorale». Gli storici perciò han fatto bene a ricordare che, per cer- ti problemi, più che le leggi, sono necessari il sapere criti- co e una forte coscienza eti- co-civile.3 *docente di Storia moderna Università di Messina In un volume gli “Aneddoti infantili”, 15 racconti pubblicati fra 1939 e 1940 sul settimanale “Oggi” Sì, quella bambina è proprio Elsa Morante... Nicoletta Tamberlich Il tempo è quello esuberante delle schermaglie infantili - con i fratelli, i compagni di scuola, le istitutrici irreprensibili, il pri- mo amore incontrato uscendo dalla scuola sul tranvai numero 7 («un giovane e fiero gentiluo- mo d’alta statura che, malgrado frequentasse il liceo, vestiva an- cora alla marinara»). La voce, ironica e maliziosa, sorpren- dentemente giocosa, è quella inconfondibile di Elsa Morante in “Aneddoti infantili” (Einau- di, pp. 75, euro 9,50). «Ero la prima della classe. Le altre bambine mi mettevano in tasca, di nascosto, dei torronci- ni o dei «coccetti», e cioè delle piccolissime pentole o padelle di coccio. Ma io sapevo che esse non mi amavano e facevano di tutto per interesse, affinchè io suggerissi e lasciassi copiare i compiti. Nessuna meraviglia, del resto, perché io stessa non mi amavo». La memoria è il ter- reno fertilissimo in cui affonda- no le radici questi racconti gio- vanili - di cui due mai pubblicati in volume - della Morante. Racconti scanzonati nei qua- li, come ha scritto Cesare Gar- boli, domina «il sorriso, la civet- teria, la capacità di giocare e di mantenersi, nel gioco, intelli- genti e innocenti». Come quando Elsa organizza una recita di cui si fa regista, ma poi gli attori, venuto il momen- to, recalcitrano dirottando lo spettacolo verso il disastro; op- pure quando a scuola scrive let- tere d’amore infuocate a Lin- dbergh l’aviatore, firmandosi «Velivola»; o quando, ancora, intrufolatasi di notte in cucina, sorprende la severa Mademoi- selle mentre fuma il sigaro. Si tratta di quindici «fantasie infantili» pubblicate tra il 17 giugno 1939 e il 20 gennaio 1940 sul settimanale «Oggi», dove Elsa Morante tenne una rubrica intitolata «Giardino d’infanzia»: uno spazio in cui poté affinare il suo sguardo acuminato e la sua lingua cor- posa, e incarnare in un campio- nario di immagini e personaggi vivacissimi la sua vocazione precoce. «Mia madre racconta- va che all’età di due anni e mez- zo, girando intorno alla tavola, avevo composto il mio pri- mo...».3 Vittorio Sgarbi Il nuovo “dizionario” del cinema Il Morandini apre a serie tv e sitcom Non solo film, ma 250 tra fic- tion, sitcom e telefilm per la tv. Le serie, italiane e straniere, sono la novità della 16. edizio- ne del dizionario dei film di Laura, Luisa e Morando Mo- randini, che ospita in coperti- na il protagonista della serie tv italiana per eccellenza, quel Montalbano interpretato da Luca Zingaretti, che ha parte- cipato alla presentazione del dizionario al cinema Lumière di Bologna. Sono cambiati i luoghi di vi- sione e calano gli spettatori del grande schermo, con un au- mento di quelli domestici. Un cambiamento che per Luisa Morandini «non può essere più ignorabile, ormai le serie tv oc- cupano un posto nella vita del- le persone. La qualità è molto elevata, non sono telefilm, ma qualcosa di più». Serie che hanno fatto la storia della tv, come Fonzie, l'A-Team negli anni 70, E.r. e Beverly Hills nei 90, e ancora i recenti Dexter, Homeland, Desperate House- wives, i Simpson. Tra gli italia- ni Romanzo Criminale, il Ma- resciallo Rocca e Montalbano, il cui protagonista, Luca Zinga- retti, è rappresentato in coper- tina, «perché - ha spiegato Mo- randini - Montalbano è l’opera più significativa dell’anno». Nel volume sono presenti 24.500 titoli (oltre 400 quelli entrati nell’ultima stagione): 124 gli italiani, 25 i cartoni, 55 i documentari. Solo 83 pellico- le hanno avuto la massima vo- tazione con 5 stelle. Delude in questo ultimo anno “Il Grande Gatsby” di Lurhmann con solo due stelle. Quattro per “Lin- coln” di Spielberg, tre e mezzo per “Django Unchained” di Ta- rantino, solo per citare alcune delle pellicole più importanti del 2013. Tutte le recensioni sono fir- mate da Morando Morandini e dalla figlia Luisa, che ha inizia- to a scrivere per il padre negli anni 80. «Devo ammettere - ha spiegato scherzosamente Lui- sa parlando della sua famiglia - che abbiamo un debole per l’attore Zingaretti». 3

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In esclusiva ed in anteprima sull'uscita del nuovo libro, "Il Tesoro d'Italia" (Bompiani), ho intervistato Vittorio Sgarbi.Insieme abbiamo discusso della politica culturale italiana, del ruolo del ministro Massimo Bray, del progetto della Strada degli Scrittori, dell'insegnamento della storia dell'arte nella scuola italiana, del presunto tesoro di Hitler, dell'imminente lancio di Masterpiece e dell'auspicio di una riforma di stato...

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Martedì 12 Novembre 2013 Gazzetta del Sud12.

Cultura e Spettacoli

Francesco Musolino

«L’Italia è un paese ricco, conun tesoro di inestimabile valo-re disperso ogni due chilome-tri quadrati di cui gli italianisanno poco, o nulla. E dunquefiniscono per sciuparlo». Opeggio, svenderlo. Il nuovo li-bro di Vittorio Sgarbi, critico estorico dell’arte di chiara fa-ma, è un vero e proprio viag-gio nel tesoro artistico del no-stro Paese, condotto con mi-nuziosa cura, spaziando pertutta la penisola, da nomi ec-celsi a talenti ingiustamentesconosciuti. L’amore dell’artepassa per la conoscenza e con-tro il disamore dovutoall’ignoranza, al pressapochi-smo degli studi, negli annipassati Sgarbi ha risposto por-tando l’arte in televisione –dunque rendendola di fattonazionalpopolare – e, in se-guito, con numerose pubbli-cazioni. La più recente (in li-breria da domani) è “Il Tesorod’Italia. La lunga avventuradell’arte” (Bompiani, pp. 300,euro 22, con la prefazione diMichele Ainis). La Gazzettadel Sud ha discusso con l’a u-tore di un progetto editorialedestinato a diventare una tri-logia, senza dimenticare i te-mi legati all’attualità e l’i m m i-nente partenza del reality“Masterpiece” (17 novembresu RaiTre), fortemente volutodal direttore editoriale diBompiani, Elisabetta Sgarbi.

Professor Sgarbi, a suoavviso gli italiani sono con-sapevoli del tesoro artisticodel loro Paese?

«Affatto. Tant’è vero che siparla del tesoro di Hitler ma èuna bufala perché quelle era-no opere che detestava. Inrealtà, Hitler aveva in menteun solo tesoro ed era quellod’Italia e tramite il benestaredi Galeazzo Ciano e GiuseppeBottai, l’allora ministro dellacultura, ottenne di poter tra-sferire in Germania un cospi-cuo numero di quadri dei mu-sei italiani fra il ’400 e il ’500. Itedeschi sapevano bene che iltesoro artistico era il nostro enon quello ritrovato in questigiorni, quadri minori che Hi-tler avrebbe voluto buttarevia».

Ieri il ministro dei beniculturali, Massimo Bray, hainaugurato il progetto sici-liano della “Strada degliScrittori”, 30 km che uniran-no Racalmuto a Porto Empe-docle. Le piace questa idea?

«Sì, perché la letteraturaitaliana fra la fine dell’ ’800 eil ’900, nonostante l’a n t a g o n i-smo leghista, è prevalente-mente siciliana. Da Verga aSciascia, i grandi scrittori ita-liani vengono da qui e questo

Conversazione con Vittorio Sgarbi, il cui ultimo libro, dedicato alla storia della nostra arte, uscirà domani

L’Italia ha un tesoro. Ma non lo saUn patrimonio spirituale che è anche un’immensa ricchezza materiale

progetto si lega perfettamenteal 150° anniversario dell’U n i-tà d’Italia. Il problema sem-mai è che questo progetto in-clude la stessa Racalmuto che,in modo arbitrario e fascista,ha visto lo scioglimento delproprio comune su presunzio-ni infondate. Esiste, evidente-mente, uno Stato dal doppiovolto: da una parte c’è la figu-ra competente di MassimoBray che sente la priorità deibeni artistici e letterari comefondamentale da un punto divista pedagogico, come libe-

I bellissimi mosaici del Duomo di Monreale e, in alto, il Cristo Pantocratore di Cefalù

razione da ogni mafia; ma poic’è anche lo Stato che sciogliei comuni di Racalmuto e Sale-mi».

A proposito di lingua, leinel libro sottolinea come ilCristo Pantocratore del duo-mo di Cefalù e i primi poetisiciliani di lingua italianasiano sostanzialmente con-temporanei…

«Nel libro i riferimenti let-terari sono associati esclusiva-mente per contestualizzare almeglio le immagini. Il CristoPantocratore è bizantino, risa-le al 1145 e ha una potenzainedita che sembra parlareuna lingua nuova; allo stessomodo e nei medesimi anni,Ciullo d’Alcamo e Giacomo daLentini, in Sicilia prima che al-trove, scrivono in lingua ita-liana. Ciò è emblematico d’uncambiamento in atto».

Il Tesoro d’Italia è un lun-go cammino nel mondodell’arte italiana, un proget-to ambizioso davvero ambi-zioso…

«Studiando e commentan-do opere d’arte non ho maipensato che fosse possibile in-tendere la storia dell’arte co-me necessità di un progressoespressivo, si tratta di una teo-

ria positivistica ormai supera-ta. “Il Tesoro d’Italia”, invece,è il primo di tre volumi che sispingeranno sino al ’600, nar-rando in modo organico e ri-spettoso la storia dell’arte delnostro Paese. Tuttavia è anco-ra in ballo l’ipotesi che l’operapossa essere composta da cin-que volumi e in quel caso sipuò immaginare che vi saràuna maggiore connotazionesaggistica, interpretativa e let-teraria».

Che ne pensa del fatto chel’insegnamento della storia

dell’arte sarà praticamenteabolito nelle scuole italia-ne?

«Ad essere onesti elimine-ranno la storia dell’arte damolti corsi di studi per esserepotenziata solo nei licei classi-ci, come accade per il greco eil latino. In questo modo si fi-nisce per considerarla un inse-gnamento di settore, forse aragione, ma l’arte italiana è vi-va e fortemente legata all’e c o-nomia, come evidenzio nel li-bro».

Ma, senza insegnarla ascuola, non sarà ancor piùarduo far innamorare gli ita-liani dei propri tesori?

«Non c’è dubbio. Però temoche insegnarla non bastereb-be. Occorrerebbe magari chevenisse spiegata in televisio-ne, premiando la potenza del-le immagini contro tante schi-fezze presenti nei palinsesti.Questa potrebbe davvero es-sere una didattica di più am-pia gittata. Del resto, sebbenesia molto amata, nemmeno lamusica viene insegnata in Ita-lia e d’altra parte si studia let-teratura ma nessuno legge piùParini e Alfieri… Chi fa la bat-taglia per insegnare l’arte nel-le scuole forse dovrebbe esse-re più coerente e battersi an-che perché si insegni la musi-ca e la storia dei suoi illustriprotagonisti nostrani, da Ver-di a Puccini».

A proposito di tv, partirà agiorni Masterpiece, il realitysui libri in onda su RaiTre.Che ne pensa di questo pro-getto voluto da ElisabettaSgarbi?

«Mi piace molto. È un altrotassello dell’incrocio dei no-stri destini. Quando ho comin-ciato la mia attività, mia sorel-la era una ragazza disciplinatae avrebbe voluto fare la far-macista ma adesso, forse perstimolo diretto della mia espe-rienza, farà la televisione, an-che se un tempo la considera-va lontana da sé. Se io ho resopopolare l’arte in televisione,mi sembra bello e utile che leiadesso faccia lo stesso con laletteratura».

C’è anche un chiaro auspi-cio politico che emerge dalsuo libro.

«Mostrando il patrimonioartistico italiano si giunge asuggerire l’idea di giungeread una riforma dello Stato incui il ministero dei beni cul-turali e dell’economia possa-no coincidere, creando unministero del tesoro dei beniculturali. Così il patrimoniospirituale e artistico sarà dav-vero considerato anche mate-riale, qualcosa di cui l’e c o n o-mia deve tener conto come diuna ricchezza, non come diun peso». 3

L’opinione

Negazionismoe legislazioneAngelo Sindoni*

È ancora viva l’emozione delricordo delle Fosse Ardeatinee del 70° anniversario dellarazzia contro gli ebrei di Ro-ma nell’ottobre 1943, mentreun altro vivacissimo fronte didiscussione si apre sulle tra-gedie vissute dal nostro Pae-se. L’occasione è data dalladiscussione in Senato, e dallaconcomitante approvazionedella Commissione Giustiziadell’inserimento di un com-ma all’art.14 del codice pena-le, secondo cui va applicatauna pena anche «a chiunquenega l’esistenza di crimini diguerra o di genocidio».

È insorta per prima l’A s s o-ciazione degli storici contem-poranei (poi i modernisti),presieduta da Agostino Gio-vagnoli, il cui Direttivo ha ap-provato un documento cheesprime forti perplessità sutale norma, poiché di difficileinterpretazione ed attuazio-ne. Sulla definizione dei “g e-nocidi” nella storia non c’èaccordo tra gli storici né tra igiuristi, e ancor meno tra iPaesi, che si rimpallano le re-sponsabilità, così per esem-pio i turchi (questione arme-na) con i francesi (questionealgerina).

Si tratterebbe di trasferireai giudici un giudizio squisi-tamente storico. Nel docu-mento dei contemporaneistic’è un passaggio cruciale: «Laverità storica non può esserefissata per legge o nelle auledei tribunali».

Il reato ipotizzato dal com-ma di cui sopra potrebbe es-sere, in fondo, un reato diopinione. Ma le verità ufficia-li o di Stato sono sempreun’arma a doppio taglio; neiPaesi in cui sono state appli-cate leggi “antinegazioniste”paradossalmente hanno avu-to effetti negativi, offrendoun megafono e facendo pas-sare addirittura per persegui-tati i portatori di tesi ignobili,che altrimenti rimarrebberoconfinati ad una presenza re-siduale.

La tendenza a far decam-

pare quello che una volta sichiamava il “tribunale dellastoria” in veri e propri tribu-nali di giustizia corrispondead una evoluzione profondadel costume del nostro Paesenegli ultimi decenni.

Il punto di svolta si è avu-to, a mio avviso, con il caso diEluana Englaro. Emblemati-camente, qualcuno – con lo-cuzione simile a quella deldocumento degli storici oggi– allora usò l’espressione«morire per legge».

Nell’età premoderna lamorte aveva ancora una di-mensione comunitaria, eragestita dal vicinato, dallaChiesa; i riti collettivi servi-vano a dare uno spessore me-tafisico al trapasso. Nell’e p o-ca più recente, con il pro-gresso della scienza, la mor-te è stata gestita sempre piùdalla medicina; ai medici sisono date troppe deleghe,quasi a voler sconfiggere, orimuovere, la morte. Quan-do ci si è resi conto che i me-dici erano stati caricati dicompiti a loro superiori, si èverificato il passaggio allalegge. Un tribunale ha deci-so quando bisognava «stac-care la spina», essendo i me-dici divisi su quale dovesseessere l’ultimo istante diEluana.

L’uomo contemporaneopurtroppo è incerto, ha persola bussola, ha bisogno di unappoggio esterno, della leg-ge, per definire il fine-vita e,adesso, addirittura per stabi-lire le verità storiche. Perogni minima cosa – anche dicarattere etico politico – c’èbisogno della sentenza delgiudice, salvo poi infischiar-sene disinvoltamente. Comechiamare questa nuova fase?Occorrerebbe forse un nuovotermine giuridico per questo«formalismo amorale».

Gli storici perciò han fattobene a ricordare che, per cer-ti problemi, più che le leggi,sono necessari il sapere criti-co e una forte coscienza eti-co-civile.3*docente di Storia moderna

Università di Messina

In un volume gli “Aneddoti infantili”, 15 racconti pubblicati fra 1939 e 1940 sul settimanale “Oggi”

Sì, quella bambina è proprio Elsa Morante...Nicoletta Tamberlich

Il tempo è quello esuberantedelle schermaglie infantili - coni fratelli, i compagni di scuola,le istitutrici irreprensibili, il pri-mo amore incontrato uscendodalla scuola sul tranvai numero7 («un giovane e fiero gentiluo-mo d’alta statura che, malgradofrequentasse il liceo, vestiva an-cora alla marinara»). La voce,ironica e maliziosa, sorpren-dentemente giocosa, è quellainconfondibile di Elsa Morantein “Aneddoti infantili” (Einau-di, pp. 75, euro 9,50).

«Ero la prima della classe. Lealtre bambine mi mettevano intasca, di nascosto, dei torronci-ni o dei «coccetti», e cioè dellepiccolissime pentole o padelledi coccio. Ma io sapevo che essenon mi amavano e facevano ditutto per interesse, affinchè iosuggerissi e lasciassi copiare icompiti. Nessuna meraviglia,del resto, perché io stessa nonmi amavo». La memoria è il ter-reno fertilissimo in cui affonda-no le radici questi racconti gio-vanili - di cui due mai pubblicatiin volume - della Morante.

Racconti scanzonati nei qua-

li, come ha scritto Cesare Gar-boli, domina «il sorriso, la civet-teria, la capacità di giocare e dimantenersi, nel gioco, intelli-genti e innocenti».

Come quando Elsa organizzauna recita di cui si fa regista, mapoi gli attori, venuto il momen-to, recalcitrano dirottando lospettacolo verso il disastro; op-pure quando a scuola scrive let-tere d’amore infuocate a Lin-dbergh l’aviatore, firmandosi«Velivola»; o quando, ancora,intrufolatasi di notte in cucina,sorprende la severa Mademoi-selle mentre fuma il sigaro.

Si tratta di quindici «fantasieinfantili» pubblicate tra il 17giugno 1939 e il 20 gennaio1940 sul settimanale «Oggi»,dove Elsa Morante tenne unarubrica intitolata «Giardinod’infanzia»: uno spazio in cuipoté affinare il suo sguardoacuminato e la sua lingua cor-posa, e incarnare in un campio-nario di immagini e personaggivivacissimi la sua vocazioneprecoce. «Mia madre racconta-va che all’età di due anni e mez-zo, girando intorno alla tavola,avevo composto il mio pri-mo...».3

Vittorio Sgarbi

Il nuovo “dizionario” del cinema

Il Morandini aprea serie tv e sitcomNon solo film, ma 250 tra fic-tion, sitcom e telefilm per la tv.Le serie, italiane e straniere,sono la novità della 16. edizio-ne del dizionario dei film diLaura, Luisa e Morando Mo-randini, che ospita in coperti-na il protagonista della serie tvitaliana per eccellenza, quelMontalbano interpretato daLuca Zingaretti, che ha parte-cipato alla presentazione deldizionario al cinema Lumièredi Bologna.

Sono cambiati i luoghi di vi-sione e calano gli spettatori delgrande schermo, con un au-mento di quelli domestici. Uncambiamento che per LuisaMorandini «non può essere piùignorabile, ormai le serie tv oc-cupano un posto nella vita del-le persone. La qualità è moltoelevata, non sono telefilm, maqualcosa di più». Serie chehanno fatto la storia della tv,come Fonzie, l'A-Team neglianni 70, E.r. e Beverly Hills nei90, e ancora i recenti Dexter,Homeland, Desperate House-wives, i Simpson. Tra gli italia-

ni Romanzo Criminale, il Ma-resciallo Rocca e Montalbano,il cui protagonista, Luca Zinga-retti, è rappresentato in coper-tina, «perché - ha spiegato Mo-randini - Montalbano è l’operapiù significativa dell’anno».

Nel volume sono presenti24.500 titoli (oltre 400 quellientrati nell’ultima stagione):124 gli italiani, 25 i cartoni, 55i documentari. Solo 83 pellico-le hanno avuto la massima vo-tazione con 5 stelle. Delude inquesto ultimo anno “Il GrandeGatsby” di Lurhmann con solodue stelle. Quattro per “Lin-coln” di Spielberg, tre e mezzoper “Django Unchained” di Ta-rantino, solo per citare alcunedelle pellicole più importantidel 2013.

Tutte le recensioni sono fir-mate da Morando Morandini edalla figlia Luisa, che ha inizia-to a scrivere per il padre neglianni 80. «Devo ammettere - haspiegato scherzosamente Lui-sa parlando della sua famiglia -che abbiamo un debole perl’attore Zingaretti». 3