Vittorio Gallese (Università di Parma)

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È possibile un nuovo umanesimo? Una prospettiva neuroscientifica Incontri su Neuroscienze e Società IV Edizione Padova, 9-11 maggio 2012 Vittorio Gallese Vittorio Gallese Dip. di Neuroscienze Dip. di Neuroscienze Università di Parma Università di Parma

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"È possibile un nuovo umanesimo? prospettive neuroscientifiche"

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È possibile un nuovo umanesimo?

Una prospettiva neuroscientifica

È possibile un nuovo umanesimo?

Una prospettiva neuroscientifica

Incontri su Neuroscienze e SocietàIV Edizione

Padova, 9-11 maggio 2012

Vittorio GalleseVittorio Gallese

Dip. di NeuroscienzeDip. di NeuroscienzeUniversità di ParmaUniversità di Parma

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• Nella seconda metà del ‘900, le scienze umane hanno adottato una posizione marcatamente antiumanistica.

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• I pensatori antiumanisti hanno sostenuto, tra l’altro, che l’umanesimo implicherebbe una cultura soggettivistica di stampo aggressivo in cui le norme Occidentali si traducono nell’imperialismo e nel colonialismo.

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• All’interno di questi discorsi, il concetto di umanesimo è divenuto un eufemismo per connotare tutto ciò che era retrogrado, totalizzante e/o totalitaristico – la vera essenza della falsa coscienza.

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• Tra gli anni ’70 e gli anni ’80, le teorie antiumaniste hanno fortemente influenzato il dibattito accademico delle scienze umane e sociali sia in Europa, che negli Stati Uniti.

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• Gli studi etnici e postcoloniali, il femminismo, e i più recenti studi di genere e di identità hanno incorporato a diversi livelli varie critiche alla soggettività nelle proprie argomentazioni, e, come conseguenza, fatto propria la retorica dell’antiumanesimo.

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• Immaginare di possedere una soggettività umanistica, per se stessi e per il proprio gruppo, significava rinvigorire proprio quelle dinamiche egemoniche di potere e legate ad un’ideologia oppressiva che ciascuno di questi movimenti critici aveva cercato di smantellare.

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• Contemporaneamente a questi dibattiti sulla soggettività, altri teorici hanno criticato la distinzione categorica tra umano e animale, oltre che quella tra uomo e macchina – due facce della stessa medaglia.

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• L’uomo è forse anche un’invenzione recente, come ebbe a dire Foucault, ma quell’invenzione (culturale) non appartiene a una dimensione altra rispetto alla natura.

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• Tra molti cultori delle scienze umane rimane, come una sorta di riflesso condizionato, la tendenza a connettere tutto ciò che ha a che vedere con la naturalizzazione a una prospettiva meccanicistica e innatistica.

• Le cose non stanno così. L’epigenetica mostra non solo come l’ambiente sia in grado di condizionare l’espressione dei geni, ma anche come questa modificata espressione genica possa essere trasmessa alla progenie.

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• Ciò dimostra come le varie costruzioni sociali siano comunque riconducibili a prospettive biologiche di naturalizzazione.

• Dovremmo accettare finalmente l’idea, peraltro già sostenuta in passato, a esempio da Helmuth Plessner, che l’uomo è al contempo naturalmente artificiale e artificialmente naturale.

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• Le neuroscienze hanno dato un contributo importante a rimettere in gioco la nozione di “natura umana”.

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”…è lecito postulare l’esistenza di un’intersoggettività preliminare, anteriore alla stessa formazione di soggetti distinti; la mente umana, a differenza di quanto suggerisce il solipsismo metodologico delle scienze cognitive, è originariamente pubblica o collettiva”.

Paolo Virno, 2010, p. 198

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• Le neuroscienze dimostrano che la dimensione pre-individuale, o noi-centrica, precede e sostiene la costruzione dell’individualità personale.

• Già nella fase fetale di sviluppo il nostro sistema motorio ci porta a inter-agire in modo diverso col modo esterno da come interagiamo col nostro corpo o col corpo di un feto gemello con cui condividiamo il grembo materno.

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IntersoggettivitàIntersoggettività&&

NeuroscienzeNeuroscienze

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Come si costruisceCome si costruisce

l’evidenza naturalel’evidenza naturale

del mondo degli altri?del mondo degli altri?

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Neuroni SpecchioNeuroni Specchio

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di Pellegrino et al. Exp.Brain Res. 1992

Gallese et al. Brain 1996

Rizzolatti et al. Cog. Brain Res. 1996

Umiltà et al. Neuron 2001

Gallese et al. Attn&Perf. 2001

Kohler et al. Science 2002

Ferrari et al. J Cog Neurosci 2003

Fogassi et al. Science 2005

Caggiano et al. Science 2009

Bonini et al. Cereb. Cortex 2009

Kraskov et al. Neuron 2009

Rochat et al. Exp Brain Res. 2010

Mirror neurons

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Trans. Distal mov.

Tool use

Reaching mov.

Intransitive mov.

Upper limb mov.

The Mirror mechanism for action in The Mirror mechanism for action in humanshumans

Cattaneo & Rizzolatti, Neurological Review 2009

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Meccanismi di “rispecchiamento”nell’uomo

Gli stessi siti corticali sono ugualmente attivatidurante l’esecuzione/osservazione/imitazione di:

•Movimenti corporei•Azioni su oggetti•Azioni comunicative

• e durante l’ascolto/lettura di descrizioni linguistiche di azioni.

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• Alla base della capacità di comprendere il comportamento intenzionale altrui – sia da un punto di vista filo- che ontogenetico – vi è un meccanismo di base, la simulazione incarnata, che sfrutta l’organizzazione funzionale intrinseca del sistema motorio.

Il mio punto di vistaIl mio punto di vista

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Meccanismi di “rispecchiamento”nell’uomo

Gli stessi siti corticali sono ugualmente attivatidurante l’esperienza/osservazione di:

•Emozioni (Carr et al. 2003; Wicker et al. 2003; Leslie et al. 2004; Pfeifer et al. 2008).

•Sensazioni Tatto (Keysers et al. 2004; Blakemore et al. 2005; Ebisch et al. 2008).

Dolore (Hutchison et al. 1999; Morrison et al. 2004; Singer et al. 2004; Botvinick et al. 2005; Jackson et al. 2005; Avenanti et al. 2005).

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•Grazie al riuso di risorse neurali mappiamo le azioni altrui sulle nostre rappresentazioni motorie, così come le emozioni e le sensazioni altrui sulle nostre rappresentazioni viscero-motorie e somatosensoriali.

• Embodied perchè coinvolge un formato corporeo di rappresentazione non proposizionale.

•Riutilizziamo i nostri stati o processi mentali rappresentati in formato corporeo per attribuirli funzionalmente agli altri.

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Ad un livello di base, Ad un livello di base, l’intersoggettività è prima di l’intersoggettività è prima di tutto tutto intercorporeità.intercorporeità.

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• Lo status “Come me”, non è necessariamente solo il risultato di un’inferenza per analogia, o della nostra consapevole riflessione su una percepita somiglianza esterna.

• La nostra identificazione sociale con gli altri è una caratteristica costitutiva di ciò che significa essere umani.

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•Caratterizza un livello di base delle nostre relazioni interpersonali che non prevede l’uso esplicito di atteggiamenti proposizionali.

Un’accezione allargata di Empatia:Un’accezione allargata di Empatia:Il Sistema della Molteplicità CondivisaIl Sistema della Molteplicità Condivisa(Gallese - The Shared Manifold, 2001)(Gallese - The Shared Manifold, 2001)

•Questo livello di base consiste dei processi di simulazione incarnata mediante i quali possiamo costituire uno spazio interpersonale “noi-centrico” condiviso ed intelligibile.

•Questo multiforme spazio condiviso definisce l’ampia gamma di certezze implicitecertezze implicite che nutriamo riguardo i nostri simili.

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Non esperiamo necessariamente i contenuti specifici delle esperienze altrui.

Esperiamo gli altri come aventi esperienze simili alle nostre.

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Nel rapporto intersoggettivo, grazie alla simulazione incarnata, vi è una dimensione di identità che fonda e precede la differenza.

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ll programma di naturalizzazione promosso dall’approccio della simulazione incarnata assume che la natura umana e le sue caratteristiche distintive, come il linguaggio, la creatività e l’arte, possano essere pienamente comprese solo quando si adotti un atteggiamento non solipsistico, che enfatizzi la natura sociale della cognizione umana.

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Conclusioni

• Partire dall’esperienza per guidare la ricerca neuroscientifica sulla natura umana significa adottare una strategia bottom-up che privilegia il corpo come campo di indagine.

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Conclusioni

• Questo approccio consente di mettere in relazione il sistema cervello-corpo ed i suoi processi con il tema dell’intersoggettività e della soggettività, mostrando come queste nozioni siano inscindibilmente interrelate a livello neurobiologico.

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Conclusioni

• Ipotizzo che esista un’esperienza originaria che facciamo degli altri, indipendentemente dalla loro etnia, religione, stato socio-economico o culturale.

• Tale esperienza sembra essere radicata in meccanismi nervosi che connettono tra loro differenti sistemi cervello-corpo come differenti soggetti come noi.

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Conclusioni

• La rivendicazione di una propria identità (sociale, di genere, ecc.) ha indubbiamente rappresentato un progresso in termini di diritti politici e civili.

• Declinare l’identità di un individuo o di un gruppo sociale esclusivamente in termini culturali e in contrapposizione a una natura che si suppone veicoli necessariamente discorsi di potere, può essere però anche molto pericoloso.

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Conclusioni

• L’identità, se declinata solo in termini cultural-sociali, può portare a una progressiva ghettizzazione del gruppo che la rivendica.

• Ancora più pericolosa diviene la rivendicazione identitaria quando è usata strumentalmente per veicolare discorsi tipicamente razzisti, come i discorsi che oggi parlano di identità dei popoli, delle piccole patrie, ecc.

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Conclusioni

• Stabilire che lo statuto comune di essere umano è prodotto da meccanismi di identificazione sociale e reciprocità a livello corporeo pre-linguistico, e che questi meccanismi sono neurobiologicamente fondati, mostra quanto sia grande la potenziale rilevanza etica dell’indagine neuroscientifica.

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Helmuth Plessner(1892-1985)

“La sfera in cui veramente il tue l’io sono connessi nell’unitàdella vita […] è il mondo comunein cui non soltanto dominano lerelazioni comuni, ma in cui la relazionecomune è divenuta la forma costitutivadi un mondo reale del noi evidente cheunisce io e tu.”

(I Gradi dell’Organico e l’Uomo, p. 332)

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