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FC · IN ITALIA E NEL MONDO FC · IN ITALIA E NEL MONDO Sono Giovanni, Lidia, Costantino, Marco… Sono finiti su una strada dopo aver perso il lavoro. O per un divorzio. O per una malattia. Oppure, ancora, se donne, perché sono state badanti di persone anziane e, alla loro morte, gli eredi le hanno buttate via insieme agli abiti usati dei loro congiunti. Nomi e storie danno un volto ai 50.700 clochard che l’Istat – grazie a un capillare lavoro sul campo svolto dal ministero del Lavoro e del Welfare, dalla Fio.Psd (Federazione italiana degli organismi senza dimora) e dalla Caritas italiana – ha censito tra il novembre e il dicembre 2014, rendendo noti i dati della ricerca nel dicembre dello scorso anno. Si tratta (VISTODAFC) in maggioranza di uomini, per lo più residenti al Nord (ma aumentano anche a al Sud), stranieri per il 58,2 per cento. Di solito hanno un basso titolo di studio (ma esistono eccezioni) e non sono vecchissimi: l’età media è di 44 anni. D’inverno, in molte città, funzionano piani per contrastare l’“emergenza freddo” e, per qualche mese, molti dei clochard riescono ad avere un riparo meno di fortuna. Per loro e con loro si danno da fare tantissimi volontari e associazioni che operano con creatività e affetto. Impossibile censirli tutti. Basti pensare che la sola Caritas, ogni anno, prepara per chi ne ha bisogno oltre sei milioni di pasti. Noi qui raccontiamo due storie, tra le tante possibili. - Annachiara Valle BUON APPETITO Dino Impagliazzo (primo a sinistra, con il mestolo in mano) con altri soci della Romamor prepara e distribuisce centinaia di pasti caldi. In queste foto: una serata davanti alla stazione Tuscolana di Roma . VITE RANDAGIE DA ROMA A TORINO, DAL CIBO AI QUADRI: VOLTI E VOCI DELL’ITALIA CHE AIUTA I CLOCHARD N°9 · 2016 N°9 · 2016

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Sono Giovanni, Lidia, Costantino, Marco… Sono finiti su una strada

dopo aver perso il lavoro. O per un divorzio. O per una malattia. Oppure, ancora, se donne, perché sono state badanti di persone anziane e, alla loro morte, gli eredi le hanno buttate via insieme agli abiti usati dei loro congiunti. Nomi e storie danno un volto ai 50.700 clochard che l’Istat – grazie a un capillare lavoro sul campo svolto dal ministero del Lavoro e del Welfare, dalla Fio.Psd (Federazione italiana degli organismi senza dimora) e dalla Caritas italiana – ha censito tra il novembre e il dicembre 2014, rendendo noti i dati della ricerca nel dicembre dello scorso anno. Si tratta

(VISTO DA FC ) in maggioranza di uomini, per lo più residenti al Nord (ma aumentano anche a al Sud), stranieri per il 58,2 per cento. Di solito hanno un basso titolo di studio (ma esistono eccezioni) e non sono vecchissimi: l’età media è di 44 anni. D’inverno, in molte città, funzionano piani per contrastare l’“emergenza freddo” e, per qualche mese, molti dei clochard riescono ad avere un riparo meno di fortuna. Per loro e con loro si danno da fare tantissimi volontari e associazioni che operano con creatività e affetto. Impossibile censirli tutti. Basti pensare che la sola Caritas, ogni anno, prepara per chi ne ha bisogno oltre sei milioni di pasti. Noi qui raccontiamo due storie, tra le tante possibili. - Annachiara Valle

BUON APPETITO Dino Impagliazzo (primo a sinistra,

con il mestolo in mano)

con altri soci della Romamor

prepara e distribuisce

centinaia di pasti caldi.

In queste foto: una

serata davanti alla stazione

Tuscolana di Roma .

VITE RANDAGIEDA ROMA A TORINO, DAL CIBOAI QUADRI: VOLTI E VOCI DELL’ITALIA CHE AIUTA I CLOCHARD

N°9 · 2016 N°9 · 2016

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di Annachiara Valle foto di Alessia Giuliani/Cpp

TUTTO COMINCIÒNEL 2007, IN UNADELLE STAZIONIROMANE. DA ALLORADINO IMPAGLIAZZOVIVE DIVERSAMENTEIL TEMPO DELLAPENSIONE. COINVOLGENDO PRIMA I VICINIDI CASA, POI UNINTERO QUARTIERE

Un incontro casuale alla stazione Tuscolana, un uomo che chiede un caffè. Una chiacchiera al bar, la storia del “popolo” dei binari che comincia a raccontarsi davanti a quella tazzina, la vo-

glia di non lasciare sole quelle perso-ne. Comincia così, quasi nove anni fa, l’“avventura” di Dino Im-pagliazzo, pensionato romano, dal cuore caloroso e grande. Nei giorni seguenti ritorna in stazione: una mac-china piena di panini e casse di frutta avanzate dai mercati, in testa la frase di Chiara Lubich, «occorre diffondere insieme ovunque quell’arte di amare che emerge dal Vangelo, perché Roma diventi per il mondo quel braciere di fuoco e di luce che non può non essere, se deve cooperare a portarvi l’unità».

DAL CONDOMINIO AL QUARTIERE Dino coinvolge la moglie Fernanda per pre-parare i panini per la domenica, unico giorno in cui i senza dimora restavano senza assistenza. «Mi sembrava una grande contraddizione che proprio il giorno del Signore quelle persone non avessero da mangiare», racconta oggi.

Poi i panini diventano un pasto cal-do. La squadra addetta ai fornelli si ri-unisce nella cucina di casa Impagliaz-zo. Chi fa il sugo, chi pela le patate, chi cala la pasta. Si danno da fare anche i vicini nello stesso condominio. E poi gli amici e gli amici degli amici.

Un’onda che si estende a macchia d’olio e che oggi vede 350 volontari che si danno il cambio per preparare circa 200 pasti a sera per quattro sere – quelle non coperte da altri gruppi e associazioni – da portare ai senza dimora della stazione Ostiense e di quella Tuscolana. Romaamor–onlus, l’associazione di riferimento, è un pul-lulare di richieste di gente che vuole dare una mano.

Tanti sono focolarini, tanti non sono credenti, c’è qualche musulma-no e qualche studente, ci sono tanti professionisti. La cucina, che oggi ha sede nel retro della parrocchia Santis-simo Corpo e Sangue di Cristo, è un

pullulare di volti e mani che affetta-no, mescolano, tagliano, sbucciano… Tra i vapori dei fornelli e i sorrisi ci si sente a casa. Una familiarità che abbraccia anche quanti – e non sono pochi – sono qui per la prima volta. Si brinda per Mohamed, del Cairo, che ha finalmente ottenuto il permesso di soggiorno, si scherza con Edoardo, uno dei primi a seguire Impagliazzo, si chiacchiera con Carmen, anche lei focolarina, insegnante peruviana in Cile, che nei giorni di vacanza in Ita-

lia ha voluto vedere da vicino questa esperienza.

Una mobilitazione che, negli anni, ha coinvolto tutto il quartie-re: dai mercati rionali che mettono da parte frutta e verdura invendute ai fornai che danno volentieri il pane che resta, alle pasticcerie che non hanno fatto mancare neppure le chiacchiere per i giorni di Carnevale. «Ognuno dà quel che può. Anche i locali della par-rocchia li abbiamo messi a posto fa-cendo ciascuno ciò che sapeva. Ognu-no porta quello che riesce e, alla fine, dal primo alla frutta, al succo di frutta riusciamo a fornire i pasti completi», spiega Impagliazzo.

Dino si muove come un papà, dall’alto dei suoi 86 anni, facendo da collante, con il suo affetto, tra “vecchi” e “nuovi”. Risponde con delicatezza a quanti bussano alla porta chiedendo anche soldi o lavoro o casa… Per tutti ha una parola, una indicazione di dove

andare, un abbraccio. «Purtroppo non siamo in grado di far fronte a queste altre richieste. Oltre al pasto riuscia-mo a occuparci in piccola parte anche dei vestiti. Se capita qualche richiesta di lavoro la segnaliamo, ma non pos-siamo fare altro», dice con rammarico. Ma nessuno va via senza aver avuto il cuore “riscaldato” dalla pazienza dell’ascolto.

ALLA TUSCOLANA E ALL’OSTIENSE Un ascolto costante che diventa fratellan-

SQUADRA VINCENTE Sopra, al centro della foto:Dino Impagliazzo, 86 anni, dirigente in pensione, insiemea quanti collaborano con luinel preparare pasti caldie panini da distribuire ai senza dimora di Roma. Nelle altre foto:il lavoro in cucina nei localidella parrocchia SantissimoCorpo e Sangue di Cristo.

za fra i volontari e con quanti, in sta-zione, aspettano il pentolone caricato nel cofano della macchina di Dino. Con la pasta o il riso o il minestro-ne, ciascuno riceve anche un sac-chetto con i panini, che sono prepara-ti facendo attenzione anche ai dettami religiosi, e con la ciambella per la cola-zione. Di fronte si allestisce il banchet-to per le bibite e i dolcetti. Antonella, Francesca, Damiano… parlano con tut-ti: ci sono senza dimora e anziani, ex detenuti e persone che hanno perso il lavoro, immigrati, disabili, poveri che non ce la fanno ad arrivare a fine mese.

Con l’emergenza freddo, messa a punto dal Comune di Roma, in questi giorni sono un po’ di meno – circa una settantina – le persone che attendono il pasto. E gli amici. Perché anche quando la strada ha indurito la pelle e il cuore, un piatto di pasta con-diviso con amore, riesce a far sentire tutti un po’ meno soli.

50.700— i senza fissa dimora in Italia(stima elaborata dall’Istat nel 2015)

47.648— i senza fissa dimora in Italia(ricerca pubblicata dall’Istat nel 2011)

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