Vita Ospedaliera - Gennaio-2012

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V ITA O SPEDALIERA V ITA O SPEDALIERA Rivista Rivista mensile mensile dei dei Fatebenefratelli Fatebenefratelli della della Provincia Provincia Romana Romana GENNAIO 2012 GENNAIO 2012 ANNO LXVII - N° 1 ANNO LXVII - N° 1 POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA 175° DELLA NASCITA DI FRA ORSENIGO

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La liturgia, al concludersi dell’anno, ci ha additato il prodigio antico e sem-pre nuovo di un Dio che s’abbassa a farsi tenero Bambino per riconquista-re i nostri cuori, colmando le distanze e riscattando ogni nostra mancanza.

Ora, allo schiudersi del nuovo anno, la liturgia ci propone invece il prodigio oppo-sto: una creatura umana che come conseguenza del mistero dell’Incarnazione èinnalzata all’inaudita dignità di Madre di Dio.

Riflettendo sulla dignità concessale, la Madonna preannunziò: “D’ora in poitutte le generazioni mi chiameranno beata”. Come leggiamo nel Vangelo di Luca(Lc 11,27), tra le prime a farlo fu un’umile popolana che, di certo illuminata dalloSpirito santo nel riconoscere che Gesù era il Messia atteso da secoli, esclamò agran voce “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!”,al che Gesù le replicò “Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e laosservano”. A una prima lettura, questa replica ci può lasciare perplessi ma, sel’approfondiamo, ci fornisce spunti per far sì che la Solennità della Madre di Dioci aiuti a ben iniziare il 2012.

Per cogliere il senso del brano di Luca provo a qui sintetizzare il commento fat-tone da san Giovanni d’Avila, che ho scelto non solo perché fu il Direttore Spiri-tuale di san Giovanni di Dio e perché ne ricorre l’anniversario della nascita il 6gennaio (morì poi settantenne a Montilla il 10 maggio 1569), ma soprattutto per-ché proprio quest’anno sarà proclamato Dottore della Chiesa.

Ci dice l’Avila (Obras Completas, BAC 1970, III, serm. 68) che invece di stu-pirci che Gesù non abbia lodato quella donna per la giustezza dell’elogio, dob-biamo esserGli grato che con la sconcertante replica abbia cercato di farci capireche la maternità fisica di Maria, pur conferendole la più eccelsa delle dignità, var-rebbe ben poco senza la maternità spirituale, derivantele dall’aver saputo custo-dire come nessuna altra creatura la parola di Dio, vivendola fino in fondo. Gran-de stoltezza la nostra, quando ci gloriamo d’esimie parentele o di grandiose attua-zioni esteriori, ma lasciamo lettera morta la Parola di Dio, sicché pur riconoscen-do Cristo come Redentore dei nostri peccati, restiamo prigionieri di essi; oppure,con le labbra invochiamo Dio come nostro Padre, ma per la cattiveria viviamo dafigli del demonio; o, pur sapendo che Gesù ha ottenuto per noi forze e grazie peresser buoni, proseguiamo apatici, come se mai Egli fosse sceso in terra a portar-ci tali doni.

Dobbiamo provare immensa gratitudine per la Madre di Dio, che invece mai sidimentica delle parole con cui Gesù dalla croce la designò come madre di tuttinoi. In nome di quella consegna, ella intercede continuamente per noi col Figliosuo e, ricordandoGli le premure che ebbe per Lui fanciullo e l’atroce sofferenzache patì al Calvario nel vederLo morire, Lo supplica di perdonarci: e poiché Gesùricevette tanto da lei, l’ascolta di cuore.

Com’è dunque che la possente intercessione di Maria talora non ci ottiene legrazie che le chiediamo? Ciò accade quando la Madonna si trova a pregare dasola: infatti, Colui che ci ha creato senza di noi, non ci esaudisce senza di noi. SeMaria sta pregando per me e io, che dovrei star piangendo i miei peccati, conti-nuo a peccare, come potrà essere ascoltata? Io distruggo ciò che Maria stacostruendo per me. A che servono processioni e pellegrinaggi, se i miei piedi con-tinuano a percorrere i sentieri del male? Ma se invece nutrirò in cuore un doloresincero dei miei peccati, Ella otterrà che mi rinasca nell’animo l’amore per ilSignore e per il prossimo, riacquisti serenità e trovi ragioni per gridar gratitudinealla Madonna e ripetere anch’io a Gesù l’elogio “Beato il ventre che ti ha porta-to ed il seno da cui hai preso il latte!”.

EDITORIALE

VITA OSPEDALIERA

DALLE NOSTRE CASE

Direttore responsabile: fra Angelico Bellino o.h.Redazione: Franco PireddaCollaboratori: Paolo Iavarone, fra GiuseppeMagliozzi o.h., Mariangela Roccu, Maria Pinto,Raffaele Sinno, Pier Angelo Iacobelli, Alfredo Sal-zano, Cettina Sorrenti, Simone Bocchetta, FabioLiguori, Raffaele VillanacciArchivio fotografico: Fabio Fatello OrsiniSegretaria di redazione: Marina Stizza, Katia Di CamilloAmministrazione: Cinzia Santinelli Grafica e impaginazione: Duemme graficaStampa: Fotolito MoggioStrada Galli s.n.c. - 00010 Villa Adriana - Tivoli (RM)Abbonamenti: Ordinario 15,00 Euro Sostenitore 26,00 Euro - c.c. postale n. 76697002 Finito di stampare: gennaio 2012In copertina: 175° anniversario della nascita delcelebre dentista fra Giovanni Battista Orsenigo(dipinto di Eladio Santos nell'AmbulatorioOdontoiatrico del nostro Ospedale San Pietro)

S O M M A R I ORUBRICHE

ANNO LXVI

Sped.abb.postale Gr. III-70%- Reg.Trib. Roma: n. 537/2000 del 13/12/2000

Via Cassia 600 - 00189 Roma Tel. 0633553570 - 0633554417 Fax 0633269794 - 0633253502e-mail: [email protected]

[email protected]

MARIA, MADRE DI DIO

Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana

4 Professioni sanitariee pastorale della salute

5 Il principio di sussidiarietàin bioetica

6 Le leucoplachie del cavo orale

7 Umberto Curi, Straniero

8 Il dramma delle tradizioni“Esistono pratiche tradizionali che

i nostri stessi avi, se dovessero tornare in vita,troverebbero obsolete e sorpassate”

9 La stenosi valvolare aorticadegenerativa dellʼanziano

A che punto siamocon la sostituzione percutanea?

10 Eroe mitologico alla stregua diAchille, il più grande stratega della storia

XVIII – il periodo ellenisticoe la Scuola di Alessandria d’Egitto

11 Schegge Giandidiane N. 29Un messaggio per Giovannidalle mazmorras di Granada

15 Ricordando fra Orsenigo

16 Aspettando il 2012... con te Signore!

17 Paolo ci ha lasciato

18 Giornata del bimbo prematuro

19 X convegno di medicinae sanità pubblica

20 Il prof. Gianni MaroneLʼunità operativa di anestesia e rianimazione

21 Gli ospedaliche si prendono cura delle donne

si vedono da lontano

22 Natale 2011 nellʼIstituto san Giovannidi Dio di Genzano di Roma

23 Newsletter

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La malattia e la sofferenza – l’ab-biamo spesso sottolineato – nonsono esperienze che riguardano

l’uomo nel suo fisico, ma tutto l’uomonella sua interezza e nella sua unitàsomatico-spirituale. Giovanni Paolo IInella Dolentium Hominum, - 1a encicli-ca scritta da un Pontefice nella bimille-naria storia della Chiesa sul senso cri-stiano della sofferenza – scriveva che“È noto del resto come talora la malat-tia che si manifesta nel corpo abbia lasua origine e la sua vera causa neirecessi della psiche umana”. Quindi glioperatori sanitari per poter curare lapersona, valutarne attentamente la dia-gnosi e prescriverne la cura, devonotener presente la realtà dell’uomo chesi ammala e soffre in tutte le suedimensioni: fisiche, psicologiche, rela-zionali e spirituali.

Le figure professionali coinvolte inqueste attività mediche e assistenzialisono molte: medici, psicologi, psicote-rapeuti. Tra questi vi è anche quella delcappellano, degli agenti di pastorale iquali, attraverso un programma o unprotocollo assistenziale vengonoincontro anche alle esigenze spiritualie religiose del malato integrando il lororuolo con quello di altri professionisti.Evangelizzazione e guarigione rappre-sentano due eventi che non possonoessere trascurati nel rapporto con l’al-tro. L’azione pastorale realizzata in unambiente in cui varie figure professio-nali sono impegnate al servizio del-l’uomo, non è un compito riservatoesclusivamente al sacerdote e al reli-gioso/a o agli operatori pastorali, ma atutta la comunità cristiana, presente nelcentro di cura e che professa la propriafede nel Cristo misericordioso, guari-tore e salvatore.

Sappiamo peraltro che non è compitofacile annunciare il Vangelo in un’epocacome la nostra che oscilla tra la globa-lizzazione, tendente a inglobare e sotter-

rare le piccole realtà fino a massificarle,e il relativismo morale che nega l’uni-versalità delle norme morali con riferi-mento al comportamento. San Giovannidi Dio, fondatore dei Fatebenefratelli epatrono degli ospedali e degli operatorisanitari ha lasciato un nuovo modello diattenzione al malato e al bisognoso concui l’essere umano è accolto e assistitonella sua totalità. La sua casa, il suoospedale non è solo un “moderno” cen-tro di prevenzione e di cura, ma anchel’Hotel Dieu, o la Maison Dieu, la casaaccogliente dove la presenza del cappel-lano e dell’équipe pastorale, compresaquella dei volontari, serve per armoniz-zare e fondere l’amore di Dio e quellodel prossimo in un ambiente umano erispettoso della persona.

In questo modo l’attenzione religiosae pastorale che trova in Cristo la fontedi salute e di salvezza e in Giovanni diDio uno degli esempi più luminosi diamore di Dio e del prossimo, accompa-gna spiritualmente e non solo dal puntodi vista psicofisico gli infermi e i biso-gnosi, le loro famiglie e i collaboratori,e diventa parte integrante della missio-ne della Chiesa, finendo per essere unvero e proprio diritto del malato, deisuoi famigliari e personale ospedaliero.

Oggi, dopo il Concilio Vaticano IIche ha riscoperto la Chiesa come corpovivo e operante, conla diversità e la com-plementarietà di tuttii suoi membri, sottol’azione dell’unico eidentico Spirito(ChL 20), vi è unsempre maggiorecoinvolgimento deilaici nell’azionepastorale. I centriassistenziali, primaanimati dalla solaazione sacramentaledel cappellano, spes-

so aiutato dai religiosi presenti nellacomunità ospedaliera, devono diventa-re luoghi in cui un vero e proprio orga-nismo ecclesiale, ossia una Cappella-nia ospedaliera o un Consiglio pastora-le, dovranno dare vita a un serio servi-zio pastorale della salute “finalizzatanon solo all’assistenza fisica e pastora-le dei malati, ma anche alla promozio-ne della salute dell’uomo in tutte le suedimensioni, al progresso scientifico,alla ricerca etica e bio-etica (...), comemodo di partecipare all’azione evange-lizzatrice della Chiesa”1.

Tutti gli operatori sanitari devonoriflettere sul significato, sul valore e ladignità della persona umana verso cuisono rivolte le loro cure e il loro inte-resse perché la cultura moderna rischiadi far perdere la visione unitaria del-l’uomo la cui dignità e trascendenza siassocia alla sua vocazione di comunio-ne con Dio. Tra gli operatori sanitari equelli pastorali deve esserci una speciedi alleanza terapeutica, come quella trail medico e il paziente, tra il malato e ilguaritore per poter meglio collaborarealla costruzione di una reciproca fidu-ciosa collaborazione, per un dialogo eprogetto comune a favore del malato. Ilbene del malato, quindi, deve essereraggiunto in modo integrale e unitario,in una visione psicosomatica dellamalattia, nella piena realtà delle sueesigenze biologiche, ma anche psicolo-giche, sociali e spirituali._________________1 BRUSCO A., Spiritualità del serviziopastorale sanitario, in “Dizionario diTeologia Pastorale Sanitaria”, Camil-liane 1997, p. 1265

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CHIESA E SALUTE

PROFESSIONI SANITARIE EPASTORALE DELLA SALUTEFra Elia Tripaldi o.h.

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Ènoto che il principio di sussidia-rietà/socialità è entrato a farparte di diritto nelle discussioni

fondative della bioetica contempora-nea. Per tale principio s’intende “lacapacità e l’impegno di ogni singolapersona a realizzare se stessa nella par-tecipazione della realizzazione delbene dei propri simili”1. Tale principiotrova una sua ampia collocazione inambito politico-sociale, nei rapporti tradiritti del singolo cittadino e Stato, nel-l’equilibrio tra rispetto delle scelteindividuali e le ragioni delle libertàfondamentali protette da uno stato civi-le. La nascita di questo principio si facomunemente risalire alla tradizionearistotelica-tomista, nel suo significatodi reciprocità ontologica nei confrontidella persona umana. Il filosofo grecoAristotele affermava che spettava allapolis la responsabilità di garantire ilbenessere dei cittadini, poiché essa èla più importante di tutte le comunità ecomprende in sé tutte le altre2, tuttavianon disconosceva la legittimità deibisogni del singolo individuo, pur senon ne dichiarava l’autonomia giuridi-ca. In Tommaso d’Aquino il concettodi sussidiarietà assume una notevoleimportanza, poiché la persona umana èconsiderata un soggetto libero di rea-lizzare e riconoscere il valore inestima-bile della propria natura: “La persona èuna sostanza autonoma, padrona deipropri atti, esprimente al tempo stessouna sufficienza e un’insufficienza.Laddove la persona è insufficienteintervengono, in un’istanza sussidiarial’organizzazione pubblica del potere”3.Nella tradizione della dottrina socialedella Chiesa, è stata l’enciclica Qua-dragesimo anno, di Pio XI, promulgatail 15 maggio 1931, a esprimere insenso organico e moderno, tale princi-pio, poiché la sussidiarietà diventastrumento d’azione controllata d’inter-vento dello Stato, il quale riconosce idiritti propri e originari della persona

umana. In tal senso, nel numero 79 del-l’enciclica, si enuncia il contenutoetico-politico della sussidiarietà: ”L’u-nico scopo dell’attività sociale dovreb-be essere quella di aiutare i membri diun corpo sociale, non di assorbirli odistruggerli”4.

Da queste premesse si possono trac-ciare discussioni in ambito etico ebioetico per quello che concerne ilprincipio di sussidiarietà. In primaistanza, la gestione dei diritti fonda-mentali, tra cui quello della salute,deve considerare un giusto equilibriotra sussidiarietà e ridistribuzione deifinanziamenti. Ogni possibile questio-ne biopolitica, di decentramento egestione locale in ambito sanitario, peressere realizzata, ha bisogno di unaprogrammazione sussidiaria del mar-keting sanitario. Nell’articolo 118 dellanostra costituzione tale principio eticotrova una sua spiegazione teorica nellagestione della prassi sociale, dato chesi delineano i due livelli di sussidiarie-tà verticale e orizzontale. Il primo,quello verticale, prevede che i bisognidebbano essere corrisposti, con unamaggiore vicinanza delle gerarchie dipotere al cittadino, ciò presuppone ildecentramento e la razionalizzazionedelle esigenze sanitarie, nel loro livelloformativo e educativo. Il secondo,quello orizzontale, non ancora applica-to, presume un ulteriore spostamentodi gestione, in modo da ottenere e rico-noscere le strutture sociali operanti sulterritorio, capaci di gestire direttamen-te i fondi, e di rispondere delle lineepolitiche sanitarie. Tale trasformazioneprevedrebbe una transizione dalleattuali capacità e competenze, per unagestione responsabilizzata non di verti-ce. Per questi motivi, si apre una nuovastagione di cambiamenti, con il concet-to di Big Society5, ossia una società incui la persona non chiede più aiuto alloStato, ma è capace di organizzare unarete di protezione sociale più solidale

ed efficiente. Un possibile modello diWelfare sussidiario, un cambiamentoda costruire e sperimentare, poiché lapersona rimane fulcro di attività

dinamica di ogni collettività6._________________1 Elio Sgreccia, Manuale di Bioetica, Vita ePensiero, Milano 1994, p. 1792 Cfr Aristotele, La politica, Utet, Torino19923 Cfr Tommaso d’Aquino, De regno, Edi-zioni S. Tommaso, Roma 19794 Pio XI, Enc. Quadragesimo anno, cfr inD. Dalla Torre, Dottrina sociale dellaChiesa e nuova codificazione canonica, inIl Diritto ecclesiastico, Roma 1991, n. 4. Ilnumero 79 recita: “E quando parliamo diriforma delle istituzioni, pensiamo primie-ramente allo Sato, non perché dall’operasua si debba aspettare tutta la salvezza, maperché, per il vizio dell’individualismo,come abbiamo detto, le cose si trovanoridotte a tal punto che, abbattuta e quasiestinta l’antica ricca forma di vita sociale,svoltasi un tempo mediante un complessodi associazioni diverse, restano di frontequasi soli gli individui e lo Stato. E siffattadeformazione dell’ordine sociale reca nonpiccolo danno allo Stato medesimo, sulquale vengono a ricadere tutti i pesi, chequelle distrutte corporazioni non possonopiù portare, onde si trova oppresso daun’infinità di carichi e di affari”.5 Big Society è un termine coniato da LordCameron, per indicare il ritorno a unagestione sociale di controllo da parte deiceti intermedi e delle antiche associazioni,per ottenere un sistema di sicurezza socia-le. In realtà, molti commentatori, afferma-no che la società italiana, per la sua costi-tuzione, sarebbe una via intermedia traliberismo e statalismo, cfr in “New YorkTimes”, 19 May 20116 Cfr Raffaele Sinno, Un nuovo personali-smo? in Corso di umanizzazione e Pasto-rale Sanitaria, Bari 2010

BIOETICA

IL PRINCIPIODI SUSSIDIARIETÀ IN BIOETICARaffaele Sinno

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PAGINE DI MEDICINA

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La leucoplachia, secondo la defi-nizione dell’OMS (Organizza-zione Mondiale della Sanità), è

una placca bianca non caratterizzabilein un’altra condizione né da un puntodi vista clinico né da un punto di vistaistopatologico. Per diagnosticare unaleucoplachia vanno prima esclusequindi altre lesioni della mucosa oraleche possono presentarsi come unaplacca bianca.

Per esempio, se la lesione è riferibilead altre malattie ben definite come illichen planus, il leucoedema, ecc, allo-ra non è più possibile etichettarla con iltermine di leucoplachia.

È importante sottolineare che il ter-mine leucoplachia ha un uso solo clini-co e che non riflette le alterazioni isto-logiche presenti nella lesione.

Le leucoplachie mantengono inalteratoil loro aspetto anche una volta toccate oraschiate in quanto dovute a un veroaumento di spessore dell’epitelio muco-so, nelle cui cellule si accumula cheratina.

Queste lesioni tendono a formarsisoprattutto sui bordi laterali della linguae sul pavimento del cavo orale e spessonon danno fastidi e non produconosecrezioni passando spesso inosservate.

La leucoplachia è comunque unadelle lesioni bianche più frequentinella mucosa orale. Si osserva in circail 3% di individui adulti. Mostra unanetta preferenza per il sesso maschile esi osserva soprattutto in individui soprai 40 anni con un picco di maggiore pre-valenza intorno ai 60 anni.

La leucoplachia è consideratauna lesione precancerosa perché pre-senta, rispetto alla mucosa normale,una maggiore potenzialità di trasfor-mazione neoplastica maligna.

Secondo l’OMS la precancerosi èun’alterazione nella quale è statistica-mente più probabile lo sviluppo di un

cancro rispetto alla controparte tissuta-le non coinvolta.

Le lesioni precancerose sono costituiteda tessuti con alterazioni morfologiche,dai quali può svilupparsi una neoplasiamaligna, e la loro presenza deve allarma-re il medico attento e competente.

Queste lesioni sono determinate daun’errata maturazione cellulare, spessodopo tentativi di rigenerazione inrisposta a irritazioni croniche.

Il rischio di trasformazione neoplasti-ca della leucoplachia varia dal 4 al 17%.

La biopsia della leucoplachia è sem-

pre obbligatoria in quanto anche lelesioni di aspetto clinico innocentepossono nascondere una displasiagrave o un carcinoma.

In presenza di precancerosi è d’ob-bligo che il chirurgo esegua una biop-sia mirando all’escissione completadella lesione inviando all’anatomopa-tologo il reperto operatorio per unesame istologico.

Quando la leucoplachia è ancora picco-la, l’intervento chirurgico risana la situa-zione con un trauma minimo; il recuperoe la guarigione sono molto rapidi.

L’intervento può essere eseguito siain anestesia locale e ambulatorialmen-

te o in sedazione/anestesia generale insala operatoria, a seconda del tipo edella localizzazione della lesione chepuò richiedere una escissione più omeno ampia.

L’intervento solitamente dura circatrenta minuti e consiste nella asporta-zione completa della lesione, seguitada un’attenta emostasi e dal posiziona-mento di punti di sutura.

Una volta esclusa la presenza di nidi dicellule maligne è comunque importanteeseguire controlli periodici (3-6 mesi).

L’importanza del “follow-up” pro-grammato sta nel cogliere eventualimutamenti dei tessuti per indirizzaretempestivamente il paziente verso tera-pie risolutive.

Esistono misure terapeutiche preventi-ve che tendono a diminuire drastica-mente i fattori in grado di determinaredegenerazioni della mucosa del cavoorale: eliminare i fattori generali dirischio (fumo, alcool, spezie, carenzevitaminiche, diabete, epatopatie, espo-sizioni prolungate al sole), è importan-te, inoltre, la bonifica orale di traumi oinfiammazioni croniche.

In quest’ottica è importante curare l’i-giene del cavo orale e prestare atten-zione a i microtraumi da protesi incon-grue, radici, bordi taglienti di denticariati, infezioni micotiche. L’infiam-mazione cronica determinata da dentifratturati o da protesi non perfettamen-te lisce e sagomate può stimolare losviluppo di tessuti con alterazioni dis-plastiche.

LE LEUCOPLACHIEDEL CAVO ORALECaliento, Tombolini, Zelli

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SOLIDARIETÀ TRA I POPOLI

Nelle antiche carte geograficheera presente un’indicazioneparticolare, diventata poi un

vero e proprio modo di dire: Hic suntleones, “qui ci sono i leoni”, utilizzataper denominare le terre ignote o pocoesplorate dell’Africa e dell’Asia, anco-ra avvolte nel mistero. Il territorio inquestione, secondo tale denominazio-ne, non poteva non contenere al suointerno una minaccia. Era l’estraneo, losconosciuto, lo straniero riportato sucarta, e anche se le risorse e i tesori diquei territori potevano in qualche casopiegare la paura, il modo migliore concui rapportarsi a quei lidi era semplice-mente non accostarsi a essi (cfr p. 19).

Con questa e altre riflessioni, il librodi Umberto Curi (Straniero, RaffaelloCortina Editore, Milano 2010) ciaccompagna in un viaggio intellettualeche ripercorre il concetto di “estraneità”nelle sue molteplici declinazioni eimplicazioni. Lo straniero viene affian-cato da figure a lui similari o assimila-bili, come il sosia di Rank, dell’Uomodei topi di Freud, dell’Uomo della sab-bia di Hoffmann, perturbante e inquie-tante presenza di qualcosa di così vicinoe insieme di così totalmente altro.Quando poi si passa all’analisi linguisti-ca, si rende ancor più evidente, grazie altedesco e al greco classico, quanto chisia straniero sia percepito come pertur-bante e spaventoso: «Vi è un’unica lin-gua nella quale è possibile incontrare untermine che corrisponde esattamente allapolisemia di unheimlich. Questa linguaè il greco classico. E il termine è xenos.Lo stesso termine che abitualmenteviene tradotto con la parola “straniero”.Ne consegue che tutto ciò che abbiamocolto nella ricerca compiuta a propositodel termine unheimlich – quanto èemerso riguardo alla sua inquietanteprossimità, alla sua vicina lontananza,alla sua assenza presente – va riferito altermine con il quale, nella Grecia antica,si alludeva allo straniero» (p. 55).

Neanche l’ospitare lo straniero dàluogo a un qualche processo assimilati-vo, lo xenos resta tale ed è sacro nellasua alterità, nella sua identità e nellasua individualità, irriducibile ancherispetto a quella di chi lo accoglie. Loxenos, in latino poi hostis, può diventa-re e spesso diventa il nemico, se non sientra in relazione con esso rispettandoun’ambivalenza di prossimità e lonta-nanza con la quale esso si presenta inmaniera fondamentale e ineliminabile.Basandosi solo sulla struttura del lin-guaggio, ecco dunque come può risul-tare evidente che l’immagine dello stra-niero che tale specchio ci riflette «è,dunque, quella di una massa anonima eindifferenziata di uomini che, in quantoabita la nostra terra e la nostra culturasenza affondare in esse le sue radici, ciè intrinsecamente estranea» (p. 85).

Vi è poi uno straniero che ci abita,che ci fa sentire in esilio ovunque noisiamo, come il protagonista del raccon-to L’ospite, di Albert Camus. Anchequi i confini vacillano, si è insiemevicini e distanti da se stessi, e dall’in-quietudine legata a questo vacillarescaturisce il perturbante dell’esserestranieri a noi stessi, altri nella nostraidentità, identici nella nostra alterità.Riportare tali esperienze verso lo stra-niero, l’altro che abbiamo di fronte everso cui dobbiamo superare le nostredifficoltà di relazione, è un eserciziovirtuoso. Fame, guerra, terrorismo,povertà e sottosviluppo: nelle pagine incui vengono affrontati da questo librotali temi, si arriva a una conclusioneche lascia spazio a ulteriori approfon-dimenti, per un ulteriore passaggio,necessario, dopo aver letto un volumedel genere, per passare dai fondamentidelle riflessioni intellettuali alla costru-zione di intenzioni e di azioni pratiche:«[…] dovrebbero risultare evidenti trepunti fermi, nell’esplorazione dellemolte questioni connesse con il presen-te e con la prospettiva. Il primo consi-

ste nel riconoscere che il presuppostoper cancellare o ridurre le tensioniinternazionali, le guerre, lo stesso ter-rorismo è l’eliminazione degli squilibrieconomici fra aree diverse del pianeta.Emerge, in secondo luogo, un dato difatto, e cioè che la lotta contro lapovertà non è solo un imperativo“umanitario”, ma è il modo più effica-ce per disinnescare il potenzialedistruttivo alimentato dalla disperazio-ne. Da tutto ciò consegue, infine, chese si vuole un mondo più sicuro è indi-spensabile adoperarsi affinché esso siapiù giusto; che se si vuole la pace, benpiù incisiva rispetto allo strumentodella guerra preventiva è la rimozionedelle catene della miseria in cui versa-no centinaia di milioni di esseriumani»1 (pp. 122-123).

_________________1 Cfr S. Veca, Prefazione a I. Kant, Perla pace perpetua, p. 15: «L’idea princi-pale è che l’obiettivo della pace perpe-tua […] è reso necessariamente impos-sibile dal vigere di assetti o istituzionipolitiche ingiuste entro gli stati. Lagiustizia delle forme di governo entrogli stati […] è così la prima condizio-ne, necessaria anche se non sufficiente,per “pensare la pace”» (il capitolo delvolume di Curi da cui viene tratta lacitazione si intitola, del resto, Acco-gliere fra Platone e Kant).

UMBERTO CURI, STRANIERO,Raffaello Cortina Editore, Milano 2010, pp. 176

Simone Bocchetta

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Le mutilazioni genitali femminili(Mgf) sono una pratica tradizio-nale; sono la più tradizionale

delle pratiche che spingono il suorispetto sino al rifiuto di qualsiasiinterferenza.

Secondo le stime più attendibili(Oms, Onu, Unicef) la pratica delleMgf interessa almeno 120-130 milionidi bambine al mondo. Ogni anno con-tinuano a subirla 2-3 milioni di adole-scenti (una ogni quattro minuti). L’A-frica sub-sahariana è il posto dove talipratiche sono più diffuse, ma anche inEuropa e negli Stati Uniti, nei paesiarabi: Egitto e Yemen.

È una tradizione patriarcale, non reli-giosa, che non riguarda, quindi, solo ilcontinente africano; può essere consi-derata una pratica pre-islamica, nonindicata nel Corano (il Corano non pre-vede le mutilazioni, quindi l’Islam nonc’entra), ma che trova origine nellanotte dei tempi ed è difficile ancoraoggi da estirpare.

Gli Stati africani coinvolti sono 28: in19 sono state varate leggi penali che san-zionano le Mgf; naturalmente, fra lalegge e la realtà c’è una distanza enorme.

Secondo l’Istat, anche in Italia sonocirca 35mila le donne e le bambineemigrate, vittime annualmente di que-sta dolorosa tradizione.

L’importazione di questa pratica siadopera, spesso, a serbarne il simboli-smo e minimizzarne l’effetto fisico.

Le conseguenze di questa mutilazio-ne sono: dolori fortissimi nella quoti-dianità con dolori ciclici laceranti, gra-vidanze e parti nei quali le donnerischiano la vita (una su 16 in Africa,mentre le statistiche parlano di 1 su 3mila in Europa); menomazioni perma-nenti, se restano in vita.

La Ong “Non c’è pace senza giusti-zia”, ha presentato la moratoria per met-tere al bando in tutto il mondo le Mgf.

I primi a proibire questo costumefurono i Gesuiti nel XVII secolo, ma ilproblema non fu mai affrontato vera-mente dagli europei fino ai primi annidel secolo XX, quando in Kenya i mis-sionari protestanti scozzesi proibironotale pratica ai loro fedeli. Diversi paesiafricani hanno affrontato il problema intempi e modalità diversi, istituendocommissioni di studio, tuttavia, gliscarsi risultati permettono il persisteredella tradizione.

Sono tante le resistenze da vincereche rendono ancor più difficile ogniforma di aperta discussione o contesta-zione, contribuendo notevolmente adaggravare il problema: i legami socio-familiari, le tradizioni culturali spessoassociate a tradizioni ancestrali o miti

religiosi, l’analfabetismo, la mancanzadi informazioni e la povertà.

L’Italia, con l’Egitto e altri paesi afri-cani, sta ponendo al centro dei lavoridelle Nazioni Unite una questionestrettamente legata al rispetto dei dirit-ti umani, in questo caso femminili: l’a-bolizione delle mutilazioni genitali,una violenza perpretata sulle bambineancora in tenera età e che irrimediabil-mente ferisce per tutta la vita milioni didonne in tutto il mondo, anche neipaesi dove sono arrivate e cresciute daemigrate.

Un pronunciamento unanime dell’O-nu contribuirebbe a portare a terminel’iter legislativo in quei Paesi che hannoadottato una legge apposita. L’adozionedi una risoluzione dell’Onu avrebbeulteriori molteplici ripercussioni positi-ve: oltre a incoraggiare i governi a faredi più, sbloccherebbe risorse e legitti-merebbe il ruolo di quanti lottano controquesta pratica spesso a costo della vita.Una pratica con le cui conseguenzenefaste per la salute fisica e mentale, sitrovano a dover convivere, attualmente,tra 120 e 130 milioni di ragazze edonne, in tutto il mondo.

Le Mgf sono una grande questionesociale, figlia di una grave violazionedei diritti umani e civili di base, in par-ticolare del diritto all’integrità fisica,con conseguenze mediche, sociali epsicologiche drammatiche; per questonon basta curare o “medicalizzare” taliconseguenze, poiché non è la rispostaadeguata.

La sfida è enorme e richiede unapproccio culturale globale con unavasta gamma di strategie per affrontar-la in maniera efficace.

SANITÀ

IL DRAMMA DELLE TRADIZIONI“Esistono pratiche tradizionali che i nostri stessi avi,se dovessero tornare in vita, troverebbero obsolete esorpassate”(Amadou Hampaté Bâ).

Mariangela Roccu

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La stenosi valvolare aorticadegenerativa (SVA) è la val-vulopatia più frequente nella

popolazione occidentale. L’impatto diquesta patologia come problema disalute pubblica è elevato considerandolo stretto legame tra l’eziologia dege-nerativa e l’invecchiamento progressi-vo della popolazione. In Europa oltre il4% della popolazione degli over 75 e il90% degli over 85 anni è affetto da talepatologia.

La SVA consiste nella progressivacalcificazione delle cuspidi valvolariche divenendo ipomobili e rigideostacolano il passaggio di sangueattraverso la valvola; può rimaneresilente e asintomatica per un periodoanche molto lungo, ma quando iniziaa dare sintomi l’aspettativa media divita diventa inferiore ai 2-3 anni. Isintomi tipici sono rappresentati dal-l’affanno, dal dolore toracico da sfor-zo e dalla sincope.

Non esistono terapie farmacologichespecifiche né per evitare la progressio-ne della malattia né tantomeno per

curarla, una volta che sia divenuta sin-tomatica: l’unica terapia efficace è lasostituzione valvolare. Recentemente èemerso dalla letteratura che circa il40% dei pazienti con patologia valvo-lare degenerativa è ineleggibile all’in-tervento chirurgico tradizionale “atorace aperto” che consiste nell’espian-to della valvola nativa e il posiziona-mento di una protesi biologica o mec-canica, per l’elevato rischio chirurgico;è intuitivo come in un paziente anziano(> 75 anni) un intervento invasivo acuore aperto esponga l’ammalato a unaelevata serie di potenziali rischi, lamaggior parte legati alla fragilità del-l’ammalato stesso.

La risposta che la medicina modernaha dato a tale problematica è stata nellamessa a punto, di una tecnica mini-invasiva di impianto percutaneo di unavalvola biologica.

Nel 2002 un cardiologo francese,Alain Cribier, ha dimostrato la fattibili-tà di impianto percutaneo di protesivalvolare aortica inaugurando unanuova era nel trattamento di tale pato-

logia dell’anziano.Tale tecnica consi-ste nell’impianto diuna valvola biologi-ca in sede aorticaattraverso un lungocatetere inseritodall’arteria femora-le e portato nelcuore per via retro-grada, il tutto a tora-ce chiuso ma conpaziente in aneste-sia totale.

Nei casi in cuiesiste l’impossibili-tà a portare per via

arteriosa la valvola nel cuore a causa direstringimenti delle arterie femorali oiliache, tale impianto può essere fatto,sempre a torace chiuso, dalla punta delcuore (tecnica trans-apicale) o, con unatecnica ancora più recente, per viatrans-ascellare. A oggi sono stateimpiantate oltre 15.000 valvole con talitecniche che hanno dimostrato di esse-re più efficaci della terapia medica nelpaziente giudicato inoperabile, e sicureed efficaci in pazienti a elevato rischiochirurgico: oggi si parla di successoprocedurale in oltre il 95% dei pazien-ti con sopravvivenza a 2 anni superioreall’80%: tali dati, in questa tipologia dipaziente, rappresentano degli ottimirisultati.

Da un punto di vista legislativo leprotesi aortiche hanno ricevuto l’auto-rizzazione all’impianto in pazientianziani non candidabili alla chirurgiatradizionale per l’elevato rischio ope-ratorio, ma gli ottimi risultati ottenutifinora, la crescita progressiva delnumero di procedure, il rapidissimosviluppo tecnologico e dei materialicon l’importante spinta commercialeche ne deriva, condurranno in un futu-ro non lontano, a una diffusione sem-pre più ampia della metodica fino, pro-babilmente, all’impianto in pazienticon profilo di rischio sempre più basso.

LA STENOSI VALVOLAREAORTICA DEGENERATIVADELL’ANZIANOA che punto siamo con la sostituzione percutanea?

Bruno Villari

Page 10: Vita Ospedaliera - Gennaio-2012

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IL CAMMINO DELLA MEDICINA

L’esercizio razionale dell’anato-mia (attraverso la dissezione) elo studio della funzione degli

organi (fisiologia, branca fondamenta-le della medicina), in particolare ilsistema nervoso e circolatorio, caratte-rizzeranno il più importante centro cul-turale del medio oriente: la Scuola diAlessandria d’Egitto (IV sec. a.C.).

Situata al confine tra mondo orientalee occidentale, la città fu fondata da unodei più celebri conquistatori e strateghidella storia da cui prese il nome: quel-l’Alessandro Magno (356-323 a.C.) redei Macedoni che dominò il bacinoorientale del Mediterraneo conquistan-do in appena dodici anni un impero che,attraverso l’Asia minore e la Persia,dall’Egitto si estenderà all’Afganistan eall’India settentrionale.

Alessandro morirà a soli 33 anni peruna malaria contratta in precedenza, egli straordinari suoi successi ispireran-no una tradizione letteraria in cui appa-re come un eroe mitologico alla stre-gua di Achille (Iliade: “Cantami o divadel Pelide Achille …”).

Nella realtà, a ogni vittoria di Ales-sandro sul campo di battaglia (decisivaquella conseguita a 23 anni controDario di Persia nel 333 a.C. a Isso, alconfine tra Cilicia e Siria) seguiva ladiffusione della civiltà ellenica nelleregioni mediterranee, euroasiatiche eorientali, e l’integrazione di essa con glielementi culturali delle popolazionilocali. Questo rinnovamento della civil-tà greca a contatto con l’egizia, meso-potamica, iranica, indiana prenderà ilnome di ellenismo che, per filosofia,economia, religione, scienza e arti sarà

costante modello per altre civiltà. AdAlessandria viene, infatti, edificata labiblioteca più ricca del mondo(700mila volumi) comprendente le piùimportanti opere dell’antichità, tra cuiquelle di Ippocrate. Un incendiodistruggerà completamente questotesoro unico, perciò conosciamo cosìpoco il mondo culturale dell’epoca.

Il più famoso esponente della scuolamedica alessandrina fu Erasistrato(330-250 a.C.), che per primo mise indubbio la teoria umorale di Ippocrate.Tracciò la separazione tra arterie evene, scoprì i vasa vasorum, le valvolecardiache, la vena e arteria polmonare,e dette particolare valore all’esame delpolso. Ricercò nelle alterazioni anato-miche la causa della malattia (a esem-pio, alterazioni del fegato: conseguenteascite). Le sue opere andranno tutte dis-perse restandone solo frammenti che siritroveranno in Galeno (II sec. d.C.).

Altro caposcuola fu Erofilo (335-280a.C.), insigne anatomista e ostetricoche, oltre a particolari del cervello edell’occhio, descrisse gli epididimi nelmaschio e le tube uterine nella femmi-na. Rispetto agli anatomici del passatofu il primo a cinicamente “profanare” idefunti praticando dissezioni e vivise-zione su animali e perfino su condanna-ti a morte, in qualche modo prima nar-cotizzati poi uccisi nel sonno. A lui sidevono due termini ancora oggi in uso:duodeno (cioè “lunghezza di dodicidita”) e prostata (“davanti la vescica”).

Consentendo esperimenti biologiciin vivo la scuola di Alessandria apriràle porte a studiosi di ogni nazionalità,avendo però il difetto di non rilasciareuna qualifica specifica. Conseguenzafu che avventurieri, dopo aver frequen-tato per un certo tempo la scuola, spac-ciandosi per medici si recassero in grannumero a Roma (graeculi esurientes,”gregucci morti di fame”) attratti dallafama che la città andava viepiù acqui-sendo. Questi maldestri graeculi que-rentes (in senso dispregiativo “elemo-sinanti”), quasi tutti schiavi o liberti didubbia moralità, finiranno per favorirenella città prostituzione, aborti e vendi-ta di filtri amorosi.

L’anello della scienza medica ancoramancante alle fondamentali conoscen-ze apportate in fisiologia e anatomiadalla scuola di Alessandria è l’anato-mia patologica: fiorirà in Italia colRinascimento.

EROE MITOLOGICOALLA STREGUA DI ACHILLE,IL PIÙ GRANDE STRATEGADELLA STORIA

XVIII – il periodo ellenistico

e la Scuola di Alessandria d’Egitto

Fabio Liguori

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Schegge Giandidiane N. 29

Un messaggio per Giovannidalle mazmorras di Granada

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AGranada ognuno che visitil’Alhambra vi resta colpitodal fascino della stupenda

reggia erettavi dai Nazarí, ultimadinastia araba a governare sullacittà, dal 1238 al 1492. Ciò chepiù incanta quanti vi accorrono èil perfetto combinarsi dell’intrica-ta decorazione nelle pareti e i gio-chi d’acqua nel piano di calpestio;non per nulla confidava Naruhi-to, erede già da decenni al tronodel Giappone, come solo dopoaver visto l’Alhambra s’era resoconto di quanto l’acqua possaavere un ruolo importante neldare un tono agli ambienti.

Quella ricchezza d’acqua vieneda un acquedotto che la prelevadal Darro e con un tragitto di 6km la distribuisce all’Alhambraed ai contigui giardini del Gene-ralife; ne rimase esclusa l’alturadopo il Generalife, in quantoseparata da una valletta, e pertan-to tale zona, mancandovi l’acquaper allestirvi orti o giardini, fu uti-lizzata solo per immagazzinarvi lederrate, ponendole in silos, dettiin arabo mazmorras, fatti scavarenella roccia dal fondatore delladinastia nazarí, Muhammad I al-Ahmar.

Tali mazmorras erano simili apozzi a forma di tronco di cono,profondi circa 7 metri e con undiametro in alto di un 5-6 metried in basso di circa 8 metri, da cuisi dipartivano alcuni bracci radia-li. Più tardi, quando si fece ricorsoagli schiavi per costruire la reggiae la fortezza dell’Alhambra ed igiardini del Generalife, nonchépei lavori servili in ogni ambientedella Corte, le mazmorras furonoscelte per rinchiudervi di notte glischiavi, facendoveli scendere conscale di corda, subito rimosse.

Si noti che nelle secolari guerreintraprese dagli spagnoli per lagraduale riconquista della patriadopo l’invasione araba del 711, fuconsiderato lecito da entrambi icontendenti trasformare in schia-vi tutti i prigionieri di guerra.Quelli rinchiusi nelle mazmorrasvanno ritenuti autentici martiridella fede, poiché per vivere inlibertà tra gli arabi bastava cheabiurassero.

La Riconquista si concluse conla resa di Granada, allorché il 2gennaio 1492 l’ultimo re nazaríconsegnò le chiavi della città aiRe Cattolici. La scena è descrittanel bassorilievo qui riprodotto eche si trova nel presbiterio dellaCappella Reale di Granada, dovesono le sepolture dei Re Cattolici:in primo piano è il re Boabdil cheesce di città porgendone le chiavied alle sue spalle è una lunga filadi schiavi cristiani che restituisceai vincitori.

Gerolamo Münzer, un tedesco

che visitò Granada nel 1494, diceche v’erano 14 mazmorras site inun ampio spazio chiuso da mura ecapaci ognuna d’ospitare cento oduecento schiavi, ma che moltimorirono durante l’assedio dellacittà, per cui se ne contarono allaresa solo un mille e cinquecento.

Quando la regina Isabella visitòil luogo, fu lì che fece innalzare laprima Chiesa della città e la vollein memoria dei cristiani che visoffrirono prigionia e morte e lìfurono anche sepolti, tanto chescavando emersero molte ossa,sicuro di cristiani perché v’eranocommiste croci e piccoli oggettidi devozione. Gli spagnoli diederoalla zona il nome di Campo deiMartiri e parimenti la cappella fudetta Romitorio dei Martiri.

Una nitida veduta d’insieme delRomitorio e delle mazmorras, chepunteggiavano l’arida zona, l’offreun’incisione del fiammingo JorisHoefnagel, che visitò l’Andalusianel 1563-1565 e ne ricavò unaserie di tavole per il “CivitatesOrbis Terrarum”, primo atlantededicato alle città del mondo.

La devozione a questi martiri diGranada non fu mai ufficializzatadalla Chiesa e perciò il pittore,

Cappella Reale di Granada: la resa del re Boabdil J. Hoefnagel: le mazmorras e il Romitorio

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che pare fosse Juan Ramírez, neldecorare il retablo del presbiteriomise in posizione centrale unatela della Crocifissione e nei latipose otto dipinti, di cui uno conl’angelo che libera dalla prigionedi Gerusalemme l’Apostolo SanPietro, uno con una Deposizionedi Cristo dalla croce e gli altri conscene di martirio di alcuni santipiù famosi, quali il Battista, SanSebastiano, San Marcello Papa,Sant’Ermenegildo, Santo Stefanoe solo un ultimo raffigurante deimartiri dell’Alhambra. Cinque diqueste tele sono ora nel Museo diBelle Arti di Granada e ne ripro-duciamo due che son per noi diparticolare interesse.

Riguardo a quella dell’angelo,va detto che a Roma nel 442 l’im-peratrice Licinia Eudossia, percustodire le catene con cui aGerusalemme fu avvinto San Pie-tro, fece edificare una basilica,perciò chiamata di San Pietro inVincoli, che oggi è famosa per il

meraviglioso Mosè scolpito daMichelangelo, ma che custodiscetuttora quelle catene, in cui onoresi celebra il primo agosto la festaliturgica di San Pietro in Vincoli,espunta dal calendario universalesolo quando fu sfrondato dopo ilConcilio Vaticano II per dare piùgiorni liberi alle feste locali.

Significativamente in tale festala Madonna apparve a San PietroNolasco il primo agosto del 1218,esortandolo a fondare un Ordinededito a riscattare i cristiani finitiin schiavitù. Tale ordine, dettodei Mercedari, si rese benemeritoin tale nobile missione e ciò spie-ga perché la festa del primo agostofosse tanto a cuore degli schiavi edi chi aiutava a riscattarli.

Tale specifica devozione spiegaperché nel Romitorio dei Martirinon solo fu collocato il dipinto diSan Pietro liberato di prigionedall’angelo, ma fu anche scelto ilprimo d’agosto come data per lafesta patronale annuale, di cui sifacevano carico i Canonici dellaCappella Reale di Granada, aiquali l’imperatore aveva affidatoil Romitorio il 6 dicembre 1526.

Costoro per la festa del primoagosto 1538 invitarono a tenerel’omelia un sacerdote secolare, ilMaestro Giovanni d’Avila, appe-na laureatosi in Teologia a Grana-

da ed ancora poco conosciuto, mache oggi veneriamo come Santo eche proprio quest’anno il Papaproclamerà Dottore della Chiesa.Egli, rievocando il coraggio sia diSan Sebastiano, di cui additò ildipinto in presbiterio, sia dei tantianonimi cristiani che durante laplurisecolare dominazione arabaavevano in quel luogo affrontatola prigione ed il martirio pur direstare coerenti alla propria fede,esortò a dimostrare con sceltealtrettanto radicali il nostro amoreal Signore, uscendo dal pantanodella mediocrità e dei mille picco-li tradimenti della vita quotidiana.

Le parole dell’Avila provocaro-no un subbuglio indicibile nell’a-nimo del portoghese GiovanniCidade che, dopo una vita abba-stanza avventurosa, era da pocovenuto a Granada e v’aveva aper-to nella via Elvira una botteguc-cia di libri. Mentre ascoltava, egliavvertì in maniera lacerante lavanità della vita trascorsa ed ilvivo desiderio di recuperare idecenni sprecati ad inseguire effi-meri miraggi. E come Cristodimostrò l’intensità dell’amoreper noi con l’affrontare ogni dis-prezzo e l’ignominia della croce,così Giovanni volle almeno unpoco ricambiare il sacrificio diCristo, esponendosi per amor diLui al ludibrio della folla: contutta la sua esuberanza di meridio-nale prese a platealmente battersiil petto, urlando i propri peccati einvocando misericordia. E, nonbastandogli, corse al negoziettonella via Elvira, strappò ogni libroprofano e regalò quelli devoti edogni bene personale, compresi gliabiti, restandosene giusto con unacamicia ed un paio di brache;prese poi a vagare per la città,implorando ad alta voce perdonodel Signore, dandosi gran colpi,strappandosi i capelli e perfinorotolandosi nel fango.

La tela di San Sebastiano che era nel Romitorio

La tela di San Pietro che era nel Romitorio

Le catene venerate nella Basilica romana

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La gente rimase esterrefatta equalcuno decise che era meglioaccompagnarlo dall’Avila, perchériequilibrasse la tempesta destatadal suo sermone. Costui, invece dimoderare quelle stramberie, loincoraggiò a continuare ed a noncurarsi dei frizzi del popolo. Forsel’Avila intuì che quello di Gio-vanni non era un effimero fuocodi paglia, che andava bonaria-mente spento, ma un incendiocapace di far divampare l’universointero. O forse, più semplicemen-te, fu la Provvidenza che andavain quel modo preparando Giovan-ni ad un incontro decisivo colmondo dei malati mentali, giac-ché anch’egli, persistendo nellafinzione, finì per essere considera-to pazzo, tanto più che, con fran-cescana umiltà, nulla faceva persmentire quel giudizio. Così, dopoesser stato per vari giorni il docilezimbello della marmaglia di stra-da, alla fine qualche animabuona, per sottrarlo alla continuagragnola di scherni e di sassate, lofece ricoverare nell’OspedaleReale, che in quel momentoaveva un solo Reparto che funzio-nava in permanenza, quelloappunto dei malati psichiatrici.

Da quell’esperienza di ricoveronacque in Giovanni il desiderioche avrebbe poi ispirato la suafutura missione: ”Gesù Cristo miconceda il tempo e mi dia la graziad’avere io un ospedale, in cui possaraccogliere i poveri abbandonati ed iprivi di senno e servirli come deside-ro io”. Quel desiderio fu esauditoed egli, consacratosi al Signorecol nome di Giovanni di Dio, nonsolo fu il pioniere di una umaniz-zazione dell’assistenza ai malati el’affidò ad una nuova appositaFamiglia Religiosa, ma fu anchedichiarato Santo nel 1690, non-ché Patrono degli Infermi e degliOspedali nel 1886 e degli Infer-mieri nel 1930.

Nel calendario universale dellaChiesa la sua festa liturgica cadel’8 marzo poiché s’usa ricordare ladata più importante nella vita deisanti, quella del loro ingresso inCielo e, infatti, Giovanni morì l’8marzo 1550. Di alcuni Santi siricorda anche il momento d’iniziodella loro santità e perciò di SanPaolo celebriamo il 25 gennaio lafesta della conversione; in modoanalogo, nel calendario liturgicodei Fatebenefratelli si ricorda il 20gennaio la conversione di SanGiovanni di Dio. Qualcuno puòchiedersi come siano state sceltetali due date di conversione: perSan Paolo, come è attestato dalmartirologio geronimiano del IV

secolo, la festa del 25 gennaio fuinizialmente voluta per ricordarela traslazione di alcune reliquiedel Santo e solamente verso l’VIIIsecolo si passò a celebrarne in talegiorno la conversione; per SanGiovanni di Dio, la data del 20gennaio deriva invece dalla suaprima biografia, scritta da Franci-sco de Castro e stampata a Grana-da nel 1585.

A dar autorevolezza a codestabiografia contribuì l’accattivantefrase con cui l’autore conclude leavvertenze ai lettori: “è megliorimanga molto da dire, piuttosto chedire cose che non abbiamo per moltocerte”. Ciò però non toglie che suqualche punto egli possa aver malinterpretato i dati in suo possesso,ricavati “dagli appunti di un compa-gno di tutte le traversie di Giovannie simile a lui nello spirito, che scrissecon stile semplice quanto ricordavaquale testimone oculare”.

Un dato di cui Castro si sentesicuro è che la conversione delSanto avvenne nel 1538, tantoche inizia il libro col citare nonl’anno della nascita terrena, comesarebbe logico ma che non riuscìad appurare, ma quello invecedella nascita alla santità; ed èsignificativo che le Costituzionidel 1587, esplicitamente citandotale biografia, indicarono ancheloro il 1538 come anno zero delSanto e quindi, moralmente, del

Le due tavole sulla conversione di San Giovanni di Dio in un albo a fumetti portoghese del 1989

Primo colloquio del Santo con l’Avila, cheaccettò di divenire suo Direttore Spirituale

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nuovo Ordine da lui fondato.

Dove invece Castro equivocò ènel precisare giorno e mese dellaconversione. Forse negli appuntic’era l’affermazione, magari coltada qualcuno sulle labbra stesse diGiovanni, che l’Avila nella predi-ca gli aveva toccato il cuore ricor-dando il martirio affrontato daSan Sebastiano, e da ciò Castrodedusse che la predica fu tenutaper la festa di tale martire, chesuppose usassero celebrarla nelRomitorio dei Martiri. Perciò eglinel cap. VII dice che: “nel giornodel beato martire san Sebastiano sifaceva allora a Granada una festasolenne nel Romitorio dei Martiri,sito nell’alto della città, di fronteall’Alhambra, e venne a predicare ilMaestro Avila. Tra tanto popoloc’era ad ascoltarlo Giovanni di Dio enel suo animo si scolpirono le arden-ti parole con cui esaltava il premioconcesso dal Signore al santo marti-re per aver sofferto tanti tormenti peramor suo, e da ciò ne concludevafino a che punto un cristiano deveesporsi per servire il suo Signore enon offenderlo, ma piuttosto patiremille morti”.

L’affermazione del Castro che la“festa solenne” avvenne nel giornodi San Sebastiano e cioè il 20gennaio, fu un errore facilitato dalfatto di non essere vissuto a Gra-nada ai tempi del Santo e che,quando poi infine vi arrivò, nelRomitorio non si celebrava più lafesta del primo agosto. Infatti, ilconte di Tendilla il 19 maggio1573 concesse l’area del Romito-rio ai Carmelitani Scalzi, che vistabilirono un Convento intitola-to ai Santi Cosma e Damiano, incui onore eressero una nuovaChiesa e presero a celebrarne lafesta, mentre l’esistente Cappellaservì da base per sovrapporvi uncampanile a vela e l’ambiente fuusato come Sala Capitolare, purlasciandovi per rispetto i novequadri, donati dai Re Cattolici. Ifrati nel 1587 costruirono unacquedotto, tuttora funzionante,che dal Generalife portò l’acquaal recinto delle mazmorras e vicrearono orti e giardini.

Per obiettività, va segnalato cheun infaticabile ricercatore dellevicende del nostro Ordine nellacittà di Granada, il compianto fraMatías de Mina, ipotizzò che nelRomitorio davvero celebrassero lafesta di San Sebastiano, dato chein esso c’era un quadro del Marti-re e dato che a Granada fin dal1531 era stata approvata unaConfraternita di San Sebastiano.Purtroppo l’ipotesi non regge, siaperché la Confraternita avevacome Cappella l’ancora esistenteRomitorio dei Santi Fabiano eSebastiano, sito al punto oppostodi Granada, giù in basso e sullariva esterna del Genil, sia perchéun documento del 1542 ci diceche la Confraternita celebrava lafesta del 20 gennaio con una pro-cessione che dalla Cattedrale, icui Canonici vi partecipavano,scendeva giù verso il Romitorio edopo il ponte sul Genil sostava al

Humilladero de la Cruz de SanSebastian, che era un tempietto,oggi scomparso, custodiente uncrocifisso d’alabastro con ai piediuna scultura di San Sebastiano,datata 1538. Tra l’altro, sarebbestata una mancanza di tatto che iCanonici della Cappella Reale,custodi del Romitorio dei Martiri,patrocinassero lassù “una festasolenne” il 20 gennaio, in ovviaconcorrenza con quella giù sullariva del Genil, patrocinata daiCanonici della Cattedrale.

Si aggiunga che se fosse esatta ladata del 20 gennaio, ossia inpieno inverno, che Castro indicaper la conversione del Santo, ilsuo vagare per giorni “svestito,scalzo e a capo scoperto”, per di più“rotolandosi nelle pozze di fango”,appare assurdo. Granada è unacittà di marcata altitudine e hainverni assai rigidi, tanto chespesso chi dormiva all’addiacciovi moriva assiderato, mentre inagosto il clima è afoso e non c’èrischio a starsene mezzi nudi ed avoltolarsi nel fango.

Dispiace che del Romitorio deiMartiri non resti ormai più trac-cia, poiché il Convento fu confi-scato in seguito alle leggi eversivedel 1835 e poi nel 1842 totalmen-te demolito, però in qualchemodo il messaggio degli antichimartiri delle mazmorras ha conse-guito il suo frutto più bello eperenne col contribuire alla con-versione di San Giovanni di Dio.L’antico Convento dei Martiri, demolito nel 1842

F. Heylan (1612): Convento dei Martiri

Romitorio dei Santi Fabiano e Sebastiano

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Nella ricorrenza, questo mese,del 175° Anniversario dellanascita di fra Giovanni Battista

Orsenigo era giusto dedicargli la coper-tina e questo breve articolo. Son sicuroche in Cielo s’è meritato un posto spe-ciale e spesso mi hanno chiesto perchénon sia stato avviato il Processo di Bea-tificazione, ma qui vorrei solo accenna-re alla fama che si guadagnò come den-tista, tanto che nel Guinness dei prima-ti è segnalato per il record di oltre duemilioni di denti estratti a Roma nel suoAmbulatorio all’Isola Tiberina, che glifu affidato nel 1870 e che resse finchémorì nel 1904. In Brianza il comune diPusiano, dove nacque il 24 gennaio1837, gli ha dedicato una strada e collo-cato una lapide commemorativa sullacasa natia; anche nel Santuario diGenazzano c’è una lapide che ricorda lozelo con cui egli ottenne che l’invoca-zione alla Madonna del Buon Consigliofosse inserita da Leone XIII nella recitadelle Litanie Lauretane.

Sono davvero innumerevoli gli arti-coli comparsi su di lui nei giornali dal1881 ad oggi. Una prima biografia fupubblicata dal Comune di Nettuno nel2004, quando la sua salma fu trasferitadal Cimitero alla Chiesa ora utilizzatadalla Parrocchia di Santa Barbara e cheera stata costruita dallo stesso fra Orse-nigo; una seconda biografia la volle ilComune di Pusiano nel 2005 ed unaterza fu presentata nel 2009 quando fu

posta nella Parrocchia di Pusiano unalapide a ricordare che egli vi ricevetteil Battesimo il 26 gennaio 1837.

L’interesse per lui non accenna anco-ra a diminuire: in un voluminoso studiodi Giancarlo Molteni, uscito nelnovembre 2009 col titolo “Il Giardinodella Santa Parola. I segreti di Angelae Teresa Isacchi”, figurano numerosidocumenti inediti che evidenzianol’importante ruolo che egli ebbe nel dif-fondere il messaggio spirituale delleveggenti di Pusiano. Tale libro ha tro-vato eco in una tesi di laurea in ScienzeStoriche, frutto di ulteriori ricerche per-sonali e discussa a Milano da AndreaAndreoni con questo titolo: “Due visio-narie brianzole e il loro entourage: fraG. B. Orsenigo e J. A. Englefield”.

Da alcuni archivi privati sono emersein questi anni diverse foto inedite di fraOrsenigo. Una delle prime è quella chefu usata per il suo ricordino funebre eche nel 2003 servì da riferimento al pit-tore Eladio Santos per un piccolo ritrat-to del frate, destinato a ricordarne lamemoria nell’Ambulatorio di Odon-toiatria che è oggi al quinto piano del-l’Ospedale Tiberino. Un’altra foto, unpo’ sbiadita, è riprodotta in anteprimaqui a lato, ed altre due sono quelle,assai più nitide, replicate su ceramica einserite una nella citata lapide diGenazzano e l’altra, riprodotta qui inalto, lo fu invece in quella della Par-rocchia. Quest’ultima foto, scattata il 5agosto 1871, ha ispirato al pittore San-tos il nuovo ritratto ad olio che è incopertina, misurante cm 65 per 95 edultimato in esatta coincidenza del 175°Anniversario della nascita del frate.Questo ritratto andrà nell’Ambulatoriodi Odontostomatologia, intitolato pro-prio a fra Orsenigo ed entrato in fun-zione l’8 marzo 2010 nell’Ospedale“San Pietro” di Roma, del quale occu-pa il pianterreno di tutta un’ala e di-spone di 11 poltrone, dislocate su diun’area di oltre 500 m².

Tale nuovo quadro non solo offre unafisionomia più veritiera di fra Orseni-go, ma pone in risalto le sue doti didentista, poiché la mano sinistra poggiasui ferri odontoiatrici che portava consé quando esercitava fuori del suoOspedale, poiché si recava periodica-mente nell'Ospizio di San Michele onel vicino Ospedale della Consolazio-ne o in numerosi Monasteri di Clausu-ra. Quanto al quadro che sorregge conla destra, oggi è nell’Oratorio dei fratidell’Isola e per esso il pittore ha potutoavvantaggiarsi di una buona foto acolori.

Quanto infine allo stemma priorale,fra Orsenigo ne aveva teoricamentetitolo, poiché egli nel giugno 1875 fudesignato Priore ad honorem del nonpiù esistente Convento-Ospedale diCesena, ma per umiltà non se lo fecemai disegnare: v’ha provveduto ora ilpittore, sovrapponendo allo stemmacomunale di Cesena l’emblema deiFatebenefratelli, vale a dire una mela-grana sormontata dalla croce. Pensoche il frate non si sarebbe dispiaciuto ditale stemma, non solo perché Cesenaha come Patrono San Giovanni Batti-sta, che era il nome da lui assunto comereligioso, ma soprattutto perché i gigligli ricordavano Firenze, la città dovenel 1863 era entrato nell’Ordine e doveaveva appreso l’arte odontoiatrica eaveva ricevuto la borsetta di 12 ferri dadentista che sfoggia nella foto.

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“IL MELOGRANO”

RICORDANDO FRA ORSENIGOFra Giuseppe Magliozzi o.h.

La foto del 5 agosto 1871

Un’inedita fotodi fra Orsenigoquand’era sulla

trentina, comeindicato dal tipo

di cappuccio alumaca, ossia

appiattito, chein quegli anni

era di voga nel-l’Ospedale del-l’Isola Tiberina

perché più facilead indossarsi

sotto il camicebianco durante

il lavorocoi malati

Page 16: Vita Ospedaliera - Gennaio-2012

ANIMAZIONE GIOVANILE

La Pastorale Giovanile della Pro-vincia Romana in collaborazio-ne con la Provincia Lombardo

Veneta dei Fatebenefratelli nella perso-na di fra Angelo Sala e le Suore Ospe-daliere del Sacro Cuore di Gesù con lapresenza di suor Giovanna, hannoorganizzato un’esperienza di serviziodal 28 dicembre scorso al 2 gennaionell’Istituto san Giovanni di Dio sito inGenzano di Roma. Questa esperienza èstata realizzata perché voluta dairagazzi che hanno partecipato alcampo estivo scorso per trascorrere uncapodanno alternativo, all’insegna delservizio e della fraternità. Hanno parte-cipato non solo i ragazzi che sono giàvenuti, ma anche altri e perfino coppiedi genitori che, incuriositi e stimolatidai propri figli, hanno voluto passareanche loro un fine anno diverso.

Tanta è stata l’emozione nel rivederegli ospiti della struttura. Il servizio chehanno svolto, lo hanno vissuto comeaccoglienza e dono da parte di Dio:accoglienza di Gesù che si incarnanella sofferenza dell’uomo. Allora que-sto aspettare il 2012 con un bel cenonecon gli ospiti, allietato poi da karaoke eballi, dal conto alla rovescia e con pan-

doro e spumante è stata davvero un’e-sperienza da ripetere. Le testimonianzeriportateci sono di una carica moltoforte, di un carburante super potenteche servirà per affrontate questo nuovoanno, il 2012, con entusiasmo, forza,arricchiti di speranza, pace e serenità dicuore.

Questa energia ha azzerato le fatiche,gli stress e i ritmi così stancanti perfare posto allo stare insieme e farecomunione; questo è l’amore fraterno,il volere il bene dell’altro. Abbiamopercepito la presenza di Gesù in noi,perché dove due o tre sono riuniti nelsuo nome, Lui è in mezzo a noi, dice ilSignore. Abbiamo veramente aperto ilnostro cuore perché Gesù nascesse inciascuno di noi.

Il tutto accompagnato dalla preghie-ra, dalle lodi mattutine, dalla celebra-zione della S. Messa e dalla veglia diadorazione eucaristica.

Il Signore ci ha accompagnato e hafatto circolare il suo amore in noi affin-ché potessimo donarlo gratuitamente alprossimo “Dio ama chi dona congioia” (2 Cor 9,7).

L’incontro si è concluso con una poe-sia per celebrare la venuta di Gesù Bam-bino che ha illuminato il mondo dandovalore permanente alla vita di ogni per-sona anche se povera e impedita.

Sono nato nudo, dice Dio, perché tusappia spogliarti di te stesso.Sono nato povero perché tu possa con-siderarmi l’unica ricchezza.Sono nato in una stalla perché tu impa-ri a santificare ogni ambiente.Sono nato debole, dice Dio, perché tunon abbia mai paura di me.Sono nato per amore perché tu nondubiti mai del mio amore.Sono nato di notte perché tu creda cheposso illuminare qualsiasi realtà.Sono nato persona, dice Dio, perché tunon abbia mai a vergognarti di esserete stesso.Sono nato uomo perché tu possa esse-re “dio”.Sono nato perseguitato perché tu sap-pia accettare le difficoltà.Sono nato nella semplicità perché tusmetta di essere complicato.Sono nato nella tua vita, dice Dio, perportare tutti alla casa del Padre.

Augurandovi ogni bene per il nuovoanno, l’Équipe vi ringrazia e vi aspettaper la prossima esperienza di servizioestiva. Buon 2012!

Per informazioni:[email protected]

ASPETTANDO IL 2012...CON TE SIGNORE!

Fra Massimo Scribano o.h., Paolo Larin

Fra Angelo (primo a destra), fra Massimo (secondo a sinistra) e alcuni partecipanti Suor Giovanna con alcuni partecipanti

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NECROLOGIO

Il giorno 3 gennaio 2012 PaoloCaporaso ci ha lasciato. Se ne èandato in silenzio, così come era

suo costume, colpito da un infartomentre accudiva l’anziana mamma,ricoverata la notte prima nel nostroOspedale. Ha lasciato la cara e amatamoglie Caterina e i suoi due figli,Antonio e Andrea.

Abbiamo appreso la notizia della suamorte, prematura e inaspettata, la mat-tina dopo, appena giunti in Ospedale, ela disperazione, accompagnata a incre-dulità, ci ha assaliti, al cospetto di unarealtà che ci separava per sempre dal-l’amico e collega.

Paolo lavorava nella nostra strutturadi Benevento dal lontano 1974 e la suaprima assegnazione fu all’accettazionericoveri, per poi passare, dopo qualchetempo, a occuparsi delle copie cartellecliniche. A questo lavoro si è dedicatoper tanti anni, con precisione e pazien-za, dovendo raccogliere e inserire nellacartella clinica gli esami eseguiti dalpaziente durante tutto l’arco delladegenza, ben sapendo che quel docu-mento, rilasciato in copia a fine rico-vero, era essenziale per il prosegui-mento delle cure e per la successivacontabilizzazione delle degenze.

Per l’esperienza e la disponibilitàcon cui svolgeva le sue mansioni, atti-rava la simpatia e l’affetto di quanti sirivolgevano a lui. Io ho avuto modo diconstatare le sue grandi qualità d’ani-mo già dal 1979 quando, fresco assun-to, fui assegnato all’Ufficio Accetta-zione Ricoveri dove egli lavoravaaccanto all’amico Luigi Luciani. Inquel periodo ricordo con quanto spiritodi collaborazione mi aiutò a svolgere ilmio lavoro di amministrativo in manie-ra autonoma, esortandomi ad avere alcentro della mia attenzione sempre ilmalato e quanti, per vari motivi, fre-quentavano il nostro Ospedale.

La sua eccezionale bontà d’animo lorendeva, infatti, sempre pronto a veni-re incontro alle richieste di caratteresanitario: da quelle quotidiane di com-paesani e amici a quelle, disperate, deifamiliari delle vittime dello spaventososisma dell’Irpinia del novembre 1980.In quei giorni furono trasportati tantiferiti presso il nostro Ospedale e Paolo,partecipe della sofferenza e della trage-dia che aveva colpito quella popolazio-ne, diede esempio di straordinariaumanità accompagnando i superstiti trai reparti, alla ricerca dei loro sfortunaticongiunti.

Paolo inoltre era stimato e cono-sciuto da tutto il personale per l’ariasorniona e un po’ canzonatoria che glifaceva affrontare con serenità e, inqualche modo, anche con distacco, lecontrarietà che ognuno di noi si trovaad affrontare giornalmente. Ricordo,a esempio, quando per motivi diristrutturazione dell’ospedale, fu tra-sferito, da solo, in una struttura ester-na all’edificio.

Anche in quella occasione, conser-vando la dedizione e la perseveranza disempre, usava tenersi compagnia ascol-tando con la radio, il Rosario e le can-zoni degli anni 60, a cui era legatissimoe che non mancava di canticchiare.

Era apprezzato da tutto il personaledella struttura e, per la sua esperienza,rappresentava un sicuro punto di riferi-mento per i più giovani, sempre cor-diale e pronto a donare un sorriso, unconsiglio o una battuta ironica .

Ho avuto la fortuna di incontrarePaolo ogni giorno negli ultimi trenta-due anni e, accanto agli episodi stretta-mente professionali, ho condiviso conlui momenti scherzosi e leggeri, comeil quotidiano rito del caffè mattutino,consumato con molta calma e gusto,cui faceva seguito l’immancabile siga-retta fumata nel cortile dell’ospedale,

un’abitudine alla quale Paolo nonriusciva a rinunciare, nonostante leesortazioni mie e di molti altri colleghi.Ogni mattina, venivo invitato da unasua telefonata, durante la quale nonperdeva occasione di puntualizzarescherzosamente il mio arrivo in ritardoe la sua pazienza per l’attesa.

Quella telefonata mi manca e mimancherà molto per il futuro! Era ilmomento più bello della giornata, rap-presentava l’occasione di incontro congli altri colleghi e il momento in cuiPaolo rallegrava tutti noi con episodi dicui sapeva cogliere la parte più diver-tente, chiosando spesso con modi didire e proverbi appresi dagli anzianidella sua amata Campoli.

Per la famiglia Paolo nutriva unamore vero, specialmente quandoparlava con orgoglio dei suoi figliAndrea, laureato in giurisprudenza, eAntonio, anche lui studente in legge,ma sulla buona strada per diventare unaffermato giornalista attivo sul territo-rio della Valle Vitulanese, terra nataledel nostro caro, per la moglie Caterina,con la quale ha condiviso buona partedella sua vita, e per l’anziana e teneramamma, vicino alla quale ha trascorsole ultime notti insonni per prestarLe lecure e l’affetto che la sua età avanzatarichiedeva.

È difficile per me e per tutti i colle-ghi pensare che Paolo non sarà più connoi ma, siamo sicuri che dall’Alto ciguarderà e la sua umiltà e il suo esem-pio ci guideranno nel nostro camminogiornaliero conservando nei nostricuori un suo indelebile ricordo.

Ciao Paolo!

PAOLOCI HA LASCIATOFrancesco Puccio

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Anche quest’anno, in occasionedelle Festività Natalizie, i Col-laboratori del Reparto di Neo-

natologia e Terapia Intensiva Neonata-le dell’Ospedale “Sacro Cuore diGesù” – Fatebenefratelli di Benevento,hanno organizzato la “Giornata delbimbo prematuro”.

La manifestazione, giunta alla 8a edi-zione, si è tenuta il 4 gennaio 2012 alleore 15,30 presso gli ambienti ospitalidel nuovo Centro Congressi.

Lo scopo, come è ormai tradizione, èquello di rivedere i piccoli, da noi assi-stiti, insieme ai loro genitori e familia-ri in un clima di festa e di gioia.

Il superiore fra Angelico Bellino, anome di tutta la Famiglia ospedaliera edel direttore sanitario, la dr.ssa AdrianaSorrentino, ha porto i saluti di benve-nuto a tutti i partecipanti alla manife-stazione, ricordando le prerogative diumanizzazione e di ospitalità tipichedell’Ordine.

Il dott. Carozza, responsabile dell’A-rea Amministrativa e Affari Generalidell’Ospedale, (vedi foto in alto primoa sinistra) ha messo in rilievo le carat-teristiche di allegria e di amicizia dellafesta.

Il dr. Gennaro Vetrano, primario del-l’Unità di Pediatria/Neonatologia/UTIN,

nel ricordare le atti-vità svolte dal repar-to, ha ringraziatotutti i Collaboratoriper gli ottimi risulta-ti ottenuti sulla basedell’impegno indivi-duale e coordinato nell’ambito dellavoro di èquipe.

La signora Felicia Sabrina Dell’An-no, infermiera pediatrica dell’UTIN,ha portato i saluti di tutto i Collabora-tori, ricordando che, accanto a chi è infesta, si è sempre vicini anche a chisoffre.

Sono intervenuti per dare i proprisaluti il dr. Angelo Maria Basilicata,sempre impegnato nel mantenere vivi irapporti con le famiglie e nell’organiz-zazione dell’evento, e il dr. LuigiMaria Pilla, medico “anziano” delreparto, simpaticamente alle prese conla macchina fotografica per riprenderele fasi salienti della festa.

Il dr. Nicola Cicchella, pediatra difamiglia di Benevento, ha messo in

evidenza che, grazie alla presenza dellaTerapia Intensiva Neonatale in città, ipiccoli neonati critici del Sannio, cheprima erano trasferiti in altre provincedella Campania, rimangono in sedecon evidenti vantaggi assistenziali efamiliari; ha offerto, inoltre, la possibi-lità di collaborazione dell’Associazio-ne di volontariato “Beneslan”, di cui èpresidente, a sostegno delle famigliepiù bisognose.

Infine, sono intervenuti anche i geni-tori e i bambini, che, con viva emozio-ne, hanno espresso i propri sentimentidi soddisfazione e gratitudine.

La manifestazione si è chiusa con loscambio di doni, degustazione di cibi edolci amorevolmente preparati e unbrindisi augurale per il nuovo anno.

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GIORNATADEL BIMBO PREMATURO

Gennaro Vetrano

Dr. G. Vetrano con una famiglia

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OSPEDALE SACRO CUORE DI GESÙ - BENEVENTO

Icambiamenti sociali e scientificidegli ultimi decenni hanno coin-volto anche la professione medica,

rendendola oggetto di inedite proble-matiche e responsabilità. Al contemposi è notevolmente accentuata l’atten-zione e la sensibilità dei cittadini sugrandi temi quali quello della libertà discelta sulla propria salute e della digni-tà della persona umana.

Da queste premesse si è preso spun-to per l’organizzazione del X Conve-gno di Medicina e Sanità Pubblica, ilconsueto appuntamento di fine annoorganizzato dalla Direzione Sanitariadell’Ospedale “Sacro Cuore di Gesù”di Benevento e che, come da tradizio-ne, anche quest’anno si è svolto nelmoderno e attrezzato Centro Congressidell’Ospedale.

Ad aprire i lavori: il saluto del supe-riore fra Angelico Bellino e la presenta-zione dell’evento formativo dal diretto-re sanitario, dr.ssa Adriana Sorrentino.

Il filo conduttore è stato “Il dirittoalla salute e alle cure”, che, indipen-dentemente dal reddito, è da tempoparte integrante dei principi che costi-tuiscono l’ossatura del patto sociale,ma non ha trovato fino a oggi attua-zione sufficiente. La responsabilizza-zione piena dei soggetti e delle istitu-zioni incaricati di organizzare ed ero-gare le prestazioni di cura è fonda-mentale per promuovere concreti per-corsi di salvaguardia delle garanzie.Per questo motivo va sviluppata lapiena consapevolezza di tutti, in rela-zione alla complessità dei bisogni, agliobblighi che discendono dal pattocostituzionale, alla sempre maggioreampiezza delle possibili risposte intermini professionali e tecnologici ealla necessità di modulare gli interven-

ti sulla base delle linee di indirizzocomuni e degli obiettivi prioritari delsistema, nel rispetto rigoroso dellecompatibilità economiche.

Il tema dell’allocazione delle risorsein sanità resta una delle questioni prin-cipali del dibattito teorico e delle pro-poste operative in tema di programma-zione sanitaria in quanto le nuove estraordinarie possibilità scaturite dalprogresso medico nei settori della pre-venzione, della diagnostica e dellaterapia hanno reso disponibili com-plesse e raffinate tecniche di indagineed efficaci strategie terapeutiche inno-vative, le quali, tuttavia, comportanoun incremento dei costi sanitari semprepiù difficile da sostenere.

L’obiettivo del Convegno è stimolareil coinvolgimento, come leva motiva-zionale, di tutti gli operatori della sani-tà, per garantire i Livelli Essenziali diAssistenza concordati fra Stato eRegioni, per assicurare un’efficaceassistenza sanitaria e per diffondere lacultura della promozione della salute”.

Alla presenza di numerosi partecipan-

ti si sono succedute le presentazioni diautorevoli relatori intercalate da vivacis-sime discussioni. Hanno preso la parolai maggiori esponenti della Sanità Pubbli-ca locale tra cui neo-nominati direttorigenerali dell’Asl di Benevento, il dr.Michele Rossi, e dell’Azienda Ospeda-liera “G. Rummo”, il dr. Nicola Bocca-lone. Sono inoltre intervenuti esponentiautorevoli della Regione Campania.Novità assoluta, il collegamento invideoconferenza con la sala convegniPietro Maria de Giovanni, che ha con-sentito la partecipazione del direttorecentrale del personale dott.ssa MariaTeresa Della Guardia e del direttoresanitario centrale, dr Giovanni Roberti.

La giornata si è conclusa con laTavola Rotonda, che quest’anno haavuto come tema l’autonomia regiona-le: federalismo sanitario e rischio didiseguaglianze, con la partecipazionedel Direttore del Distretto Sanitario diBenevento e del responsabile dell’Areaamministrativa e Affari generali, dott.Giovanni Carozza, che ha portatoanche il contributo del direttore Affarigenerali, dott. Giovanni Vrenna.

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X CONVEGNO DI MEDICINAE SANITÀ PUBBLICA

Dal Management della Sanità al Managementdella Salute: qualità e sicurezza delle cure

Adriana SorrentinoDa sinistra dr. Carozza, dr.ssa Sorrentino

e dr.ssa Angrisani

Da sinistra dr. Luciani, dr. Rossi, dr.ssa Sorrentino, fra Angelico, dr. Manganiello

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Proveniente da Polla, una ridentelocalità della provincia di Saler-no, laureato in Medicina e Chi-

rurgia nel 1975, specializzato in chirur-gia generale e vascolare, già direttoredel Dipartimento di Chirurgia dell’O-spedale Accreditato “Villa dei Fiori” diAcerra (NA), polo sanitario di rilevanteimportanza sul territorio, dotato di tuttele specialità mediche e chirurgiche edirettore della Struttura Complessa diChirurgia Generale del P.O. DEA diCassino, dal 2008 al 2011, vanta unaconsiderevole competenza circa le pro-blematiche diagnostiche e terapeutichedella Chirurgia d’Urgenza, della Chirur-gia Generale, Vascolare e Oncologica.

Inizia il suo mandato all’Ospedale

Buon Consiglio con l’inizio del nuovo

anno, quali sono le prime impressioni?

Espatriato fuori regione, torno conun nuovo entusiasmo, era giunto il

momento di rientrare e con molto pia-cere torno in un ambiente che è micongeniale, anche per motivi etici ereligiosi. Non voglio essere un cattivoprofeta, trovo molti lati positivi anchese le problematiche ci sono, ma posso-no essere superate grazie alla presenzadi una buona amministrazione.

Quali le linee guida del suo man-

dato?

Prima di tutto non perdere quanto giàesistente, un ottimo “assortimento pro-fessionale”, da coltivare e far crescere.In secondo luogo, allargare le veduteverso nuovi orizzonti e nuove branche,a esempio la chirurgia vascolare e lachirurgia dell’obesità. L’obesità è unapatologia vera e propria, non soltantoun problema di estetica come conside-rato fino a poco tempo fa, che incidecon un certo peso sulla spesa pubblicae con un grosso impatto sulla società.

Le tecniche per far ciò, avvalersi dioperatori aggiornati che portino espe-rienze nuove al passo con i tempi.

Professore, vanta numerose docen-

ze sulla Chirurgia vascolare, d’ur-

genza, di pronto soccorso e delle

grandi calamità, come vede il futuro?

Come ho già detto potenziare quelloche è già presente, rinnovare gli animi,trarre il meglio da ogni risorsa. Asso-lutamente importare la cultura univer-sitaria, che vede il paziente nella suatotalità, non soltanto nel momento incui bisogna espletare l’atto chirurgico,nella manualità. Considerare, l’aspet-to umano, senza mai perdere di vista lostudio dell’appropriatezza degli inter-venti, non eccedendo in virtuosismi epersonalismi ponendo sempre al cen-tro il paziente e soprattutto l’uomo.

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OSPEDALE BUON CONSIGLIO - NAPOLI

IL PROF. GIANNI BARONE

Nuovo direttore del dipartimento di chirurgia

Maria Pinto

Presenza storica, quella del dr.Giancarlo Raia nella nostrastruttura, entrato come tirocinan-

te nel 1980, la sua attività non ha maiavuto interruzione con una presenzacontinua. Subito dopo il tirocinio, arri-va una sostituzione ed ecco la stabiliz-zazione dopo 3 anni. “Una strutturaospedaliera cresciuta molto e tantocambiata”, queste le parole del dr.Raia, “da piccolo ospedale di quartie-re siamo giunti a una realtà importan-te, presente nell’emergenza, con un

elevato numero di interventi e con unastruttura di quattro posti letto di riani-mazione sul territorio regionale”.

A partire dal nuovo anno, ma giàfacente funzioni dal gennaio 2011, ildr. Raia identifica il suo mandato nelloslogan “continuare a crescere”, por-tando avanti l’ottimo coordinamentocon gli altri reparti per il miglioramen-to della qualità dell’assistenza sotto ilprofilo etico e umano.

Tra le attività, sicuramente rafforzare

le pratiche esistenti, continuando aoffrire la partoanalgesia a tutte lepaziente previsitate, al momento l’uni-ca struttura nella città di Napoli, e iltrattamento del dolore post-operatoriocon metodiche all’avanguardia e concosti non trascurabili.

Alla domanda sul come vive il suonuovo ruolo, risponde che si tratta diun ruolo importante ma anche tantoimpegnativo, che richiede costanza edenergia sia fisica che mentale.

L’UNITÀ OPERATIVA DIANESTESIA E RIANIMAZIONECon la nuova guida del dr. Giancarlo Raia

Maria Pinto

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OSPEDALE BUCCHERI LA FERLA - PALERMO

Conoscere gli ospedali italiani dieccellenza in tema di prevenzio-ne e cura delle patologie femmi-

nili, aiutare la donna a una scelta con-sapevole verso un’assistenza mirata,efficiente e di qualità, sono gli obiettividel Programma “Bollini Rosa” rivolto atutte le strutture ospedaliere italiane,promosso da O.N.Da (OsservatorioNazionale sulla salute della Donna). Sitratta di un programma di segnalazionedegli ospedali basato sul loro livello di“women friendship”, cioè sul grado diattenzione posta non solo nei confronti deicampi della medicina dedicati alle patolo-gie femminili, ma anche verso le esigenzespecifiche delle donne ricoverate.

Il programma è volto a identificaredelle realtà clinico e/o scientifiche forte-mente all’avanguardia nel panoramasanitario italiano al fine di facilitare lascelta del luogo di cura da parte delledonne e premiare le strutture che possie-dono caratteristiche a misura di donna.Alle strutture ospedaliere che possiedo-no i requisiti identificati dall’Osservato-rio, vengono assegnati dei Bollini Rosache attestano il loro impegno nei con-fronti delle malattie femminili.

Caratteristiche della struttura, unitàoperative dedicate al trattamento e curadegli aspetti della salute femminile,qualità dei servizi erogati, progetti diricerca mirati alle più diffuse patologiedella donna, pubblicazioni di alto valo-re scientifico: sono i criteri di valuta-

zione che consentono alle strutture diottenere uno, due o tre bollini rosa.

Il Programma “Bollini Rosa” unisceall’obiettivo di fornire informazionitrasparenti sulle strutture eccellentipresenti sul territorio, l’intento, comegià avviene in tutto il mondo, di passa-re da una “medicina prescrittiva”, incui è il medico a dire che cosa fare, auna “medicina partecipata” in cui è lapersona a decidere a chi e dove rivol-gersi, esercitando il proprio diritto allalibertà di scelta e di informazione.

Anche quest’anno, il Buccheri LaFerla per le sue caratteristiche struttu-rali e i servizi che offre a misura didonna, che tiene conto della multietni-cità, che ha almeno tre donne nelComitato Etico e moltissime nei postidi maggiore impegno e responsabilità;è stato premiato con due bollini rosa.

Nello specifico, le motivazioni chehanno riconfermato il premio al nostroospedale sono state: servizi presenti inospedale: diabetologia, ginecologia eostetricia, senologia, patologia clinica,pronto soccorso ostetrico. Ospedalesenza dolore: ambulatorio anestesiolo-gico, ambulatorio agopuntura. Donnein posizione dirigenziale: 2 donne inposizione apicale. Personale infermie-ristico femminile: 69%. Caratteristichemultietniche: dieta diversificata peresigenze personali e restrizioni religio-se, documentazione informativa multi-lingue, servizio di mediazione cultura-

le per pazienti straniere. Strutture amisura di donna: nido, partecipazionedel partner al parto, promozione allat-tamento al seno, presenza lactariumpresso l’Unità Operativa di Neonatolo-gia per il prelievo e la donazione. Par-toanelgesia: gratuita, diurna e notturna.

Progetti: gestione parto pre-termine,gestione gravidanze gemellari, gestio-ne patologie infettive in gravidanza,servizi dedicati alla violenza sulledonne: Centro di Ascolto e ProgettoIris (interventi contro la violenza digenere verso le donne). Formazione:corso di psico-profilassi al parto.

“La riconferma del premio – dichia-rano il superiore dell’Ospedale, fraLuigi Gagliardotto, e il direttore sanita-rio, dott. Gianpiero Seroni – è per noiun riconoscimento che ci è di stimoloper promuovere sempre di più il benes-sere psico-fisico femminile. La donnanon solo resta il centro della famigliaintesa come nucleo primario dellasocietà, ma assolve spesso anche adaltri compiti, lavorando e svolgendofunzioni di assistenza nella stessafamiglia; per questo è necessario chenel momento in cui ha bisogno di curepossa scegliere liberamente a chirivolgersi e trovare all’interno dellastruttura tutto ciò di cui ha bisogno”.

GLI OSPEDALI CHE SIPRENDONO CURA DELLE DONNESI VEDONO DA LONTANOCettina Sorrenti

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ISTITUTO SAN GIOVANNI DI DIO - GENZANO

Il calendario degli eventi natalizi edelle festività (pranzi, spettacoli,eventi di animazione) accompagna

e abbraccia i pazienti istituzionalizzatinon solo coinvolgendoli in un contestodi condivisione del Natale, ma anchefavorendo la socializzazione e quegliinterventi di tipo ludico-ricreativo che,per la disabilità mentale, costituisconouno dei principali strumenti di eleva-to valore terapeutico rendendo l’ospiteattore principale nella realizzazionedelle scene che ricordano la natività edegli addobbi destinati ai Reparti e allearee comuni.

Il paziente istituzionalizzato vive ilReparto come casa propria ritrovandonegli Ospiti a lui vicini una Famiglia enegli Operatori Sanitari oltre alla dispo-nibilità delle terapie specialistiche e alsupporto per l’espletamento delle auto-nomie di base, una guida e un punto diriferimento psicologico. La comunica-zione e l’empatia si basano su messag-gi e gesti molto semplici, ma di grandevalore e impatto emotivo soprattuttonei momenti di affiancamento dell’O-spite per lo svolgimento di lavori arti-stici manuali, musicali e teatrali.

Lo scenario natalizioviene a rappresentareuna vera e propria rea-lizzazione del lavorodi équipe: vengonoprogrammate le attivi-tà più appropriate allatipologia di pazientesecondo le indicazionifornite dai medici,dagli psicologi e daiterapisti della riabilita-zione e tali progetti siconcretizzano con lapartecipazione di tutto il personale deireparti e delle Religiose nonché con lacollaborazione degli addetti ai vari ser-vizi, ognuno per propria competenza.

Solitamente si valutano anche le cri-ticità incontrate nella messa in operadei progetti, la compliance dei pazientie i possibili interventi di miglioramen-to per le attività future in occasionedelle festività. Tutto ciò viene a costi-tuire un bagaglio di memorie, maanche di esperienza professionale per-sonale e collettiva dedicata alla cura diun Ospite certamente non comune nelcontesto di un Istituto aperto a diverse

e sempre moltepli-ci forme di disabi-lità che possonointegrarsi comun-que grazie a unaesperienza dilavoro in un ambi-to ricco e com-plesso per gliaspetti socialioltre che pretta-mente sanitari,aspetti che quoti-dianamente rendo-

no ancora più delicata e talvolta diffi-coltosa la cura degli Ospiti, nell’ambi-to di una rete di servizi sanitari almomento non ancora efficiente a sop-perire alle necessità di una tipologia dipaziente attualmente emarginata, pro-veniente da famiglie poco presenti o ingrave difficoltà e spesso bisognose diaiuto e di orientamento per poter usu-fruire delle adeguate prestazioni sanita-rie e del supporto dei Servizi Sociali.

A ogni modo in occasione del Natalele attività ordinarie si trasformano evengono orientate in modo particolareagli interventi che favoriscono l’uma-nizzazione delle cure, secondo i biso-gni e le peculiarità di ospiti disabili congravi compromissioni della sfera intel-lettiva e disturbi del comportamento,ma caratterizzati da una grande capaci-tà empatica ed emotiva, sempre prontia partecipare alle attività offerte e ingrado di ricordare nel tempo tali eventicome i più importanti della loro vita.

Per gli Operatori è possibile apprez-zare l’entusiasmo dei pazienti esplicita-to e dimostrato secondo le potenzialitàespressive di ognuno, insomma un verosuccesso terapeutico di cui beneficiaanche il personale che si dedica a que-sto percorso rafforzando, proprio inqueste occasioni, lo spirito di collabo-razione nella realizzazione di attività suprogetti condivisi, cogliendo inoltreelementi di motivazione nel trattamen-to di pazienti con gravi disabilità checerto difficilmente comporta un miglio-ramento riabilitativo documentabile,ma può permettere una vita più dignito-sa e soddisfacente ai nostri ospiti.

NATALE 2011 NELL’ISTITUTOSAN GIOVANNI DI DIODI GENZANO DI ROMA

Quando la festa diventa terapia e il lavoro d’équipela cura della disabilità mentale

Maria Cardarelli

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MISSIONI FILIPPINE

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L’ARCIVESCOVO TAGLE

La mattina del 12 dicembre, nellasignificativa ricorrenza della festa dellaMadonna di Guadalupe, proclamataPatrona delle Filippine da Pio XI nel1935, è stato insediato come nuovoarcivescovo di Manila mons. LuisAntonio G. Tagle, che ho avuto la for-tuna di conoscere quando, rientratodagli Stati Uniti dove era rimasto a stu-diare per sette anni conseguendovi nel1991 la Laurea in Teologia, egli ripresedal 1992 il vecchio incarico di Rettorea Tagaytay del Seminario Diocesano diImus. Naturalmente, c’ero anch’io trala folla immensa che esattamente diecianni or sono accorse a Imus il 12dicembre 2001 per il suo insediamentocome vescovo di quella diocesi, nel cuiperimetro ricade la nostra Comunità diAmadeo, dove egli più volte venne poia presiedere la Messa; particolarmentememorabile fu la relazione che svolsein occasione dell’Assemblea Mondialeche il nostro Ordine celebrò a Tagaytaynel dicembre 2003.

Alcuni giorni dopo l‘insediamento aManila del nuovo arcivescovo, ho

avuto modo di poterlo ossequiareassieme al nostro Provinciale, fra Pie-tro Cicinelli, al nostro Delegato Pro-vinciale, fra Eldy L. de Castro, ed almio Assistente, fra Gian Marco L. Lan-guez, e gli ho fatto notare che noi Fate-benefratelli delle Filippine eravamoallo stesso tempo dispiaciuti per averloperso come nostro vescovo ad Ama-deo, ma felici d’averlo ora come nostroarcivescovo a Manila, al che egli consorridente arguzia, mi ha replicatoimmediatamente: “Anch’io!”.

Rimirando lo stemma vescovile chemons. Tagle s’è scelto come presule diManila, ho visto che in alto ha inserito ilBuon Pastore, titolare del Seminario dicui è stato Rettore per ventidue anni; alcentro ha inserito la Madonna del Pilar,Patrona della cattedrale di Imus, dove fuordinato sacerdote il 27 febbraio 1982 edi cui è stato presule per dieci anni; inbasso il giglio di San Giuseppe, poichéquesto santo è il titolare del seminariodove conseguì nel 1977 il baccellieratoin Filosofia. Il dettaglio del giglio mi hafatto molto piacere, poiché l’ho messoanch’io nel mio stemma priorale, qualeallusione al mio nome di battesimo.

Nella nostra Comunità di Manilasono rimasti assai contenti della nomi-na di mons. Tagle, anche perché, essen-do nato a Manila il 21 giugno 1957, ètra i 32 arcivescovi di Manila il primonativo della città; inoltre la sua gransensibilità sociale e la vasta cultura,tanto che già dal 1997 è stato chiamatoa far parte in Vaticano della Commis-sione Teologica Internazionale, rendeprobabile che egli possa un giornodiventare il primo Papa filippino, con-siderata la sua giovane età e la tradizio-ne che il presule di Manila divenga car-dinale in tempi brevi. Li ho però un po’gelati, ricordando loro come nella miaRoma la saggezza popolare suoleammonire che “chi entra Papa in con-clave, ne esce cardinale”.

VISITA DEL P. PROVINCIALE

Natale quest’anno ha avuto una notain più per la presenza tra noi del nostroPadre Provinciale, fra Pietro Cicinelli,giunto a Manila il 17 dicembre e poiripartitone il 28. Con lui sono venuti uncollaboratore di Benevento, il dott Gio-vanni Carozza, e due collaboratori delCentro Direzionale di Roma, ossia ildott. Antonio Barnaba e l’architettoDavide Tursi.

Oltre a permettere i consueti incontripersonali e comunitari del Provincialecon i confratelli della Delegazione, lavisita ha avuto lo scopo di fare il punto,con l’aiuto professionale dei tecnicidella Provincia, sui progetti ediliziattualmente allo studio nelle Comunitàdelle Filippine.

A Manila l’espandersi dell’attivitàriabilitativa dei disabili rende urgenteallestire nuovi e più efficienti ambienti,che consentano di meglio diversificarel’assistenza.

Anche ad Amadeo s’è moltiplicata lariabilitazione ambulatoriale dei disabi-li, ma i nuovi ambienti sono sufficien-ti; al momento l’urgenza è di offrirealloggio più razionale ai nostri orfanel-li disabili, ormai divenuti adolescenti.Quiapo: i nostri ospiti italiani durante la festa natalizia della Scuola per Disabili

NEWSLETTER

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• PALERMOOspedale Buccheri-La FerlaVia M. Marine 197 - Cap 90123Tel 091.479111 - Fax 091.477625www.ospedalebuccherilaferla.it

• ALGHERO (SS)Soggiorno San RaffaeleVia Asfodelo 55/b - Cap 07041

MISSIONI

• FILIPPINESan Juan de Dios Charity Polyclinic1126 R. Hidalgo Street - Quiapo 1001 ManilaTel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918E-mail: [email protected] dello Scolasticato e Postulantatodella Delegazione Provinciale Filippina

San Ricardo Pampuri Center26 Bo. Salaban Amadeo 4119 Cavite Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.4131737E-mail: [email protected]://bahaysanrafael.weebly.comSede del Noviziato della Delegazione

• MONGUZZO (CO)Centro Studi FatebenefratelliCap 22046Tel 031.650118 - Fax 031.617948E-mail: [email protected]

• ROMANO DʼEZZELINO (VI)Casa di Riposo San Pio XVia Cà Cornaro 5 - Cap 36060Tel 042.433705 - Fax 042.4512153E-mail: [email protected]

• SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI)Centro Sacro Cuore di GesùViale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078 Tel 037.12071 - Fax 037.1897384E-mail: [email protected]

• SAN MAURIZIO CANAVESE (TO)Beata Vergine della ConsolataVia Fatebenetratelli 70 - Cap 10077Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175E-mail: [email protected]à di accoglienza vocazionale

• SOLBIATE (CO)Residenza Sanitaria Assistenziale San Carlo BorromeoVia Como 2 - Cap 22070Tel 031.802211 - Fax 031.800434E-mail: [email protected] dello Scolasticato

• TRIVOLZIO (PV)Residenza Sanitaria AssistenzialeSan Riccardo PampuriVia Sesia 23 - Cap 27020Tel 038.293671 - Fax 038.2920088E-mail: [email protected]

• VARAZZE (SV)Casa Religiosa di OspitalitàBeata Vergine della GuardiaLargo Fatebenefratelli - Cap 17019Tel 019.93511 - Fax 019.98735E-mail: [email protected]

• VENEZIAOspedale San Raffaele ArcangeloMadonna dellʼOrto 3458 - Cap 30121Tel 041.783111 - Fax 041.718063E-mail: [email protected] del Postulantato e dello Scolasticato della Provincia

• CROAZIABolnica Sv. RafaelMilosrdna Braca Sv. Ivana od BogaSumetlica 87 - 35404 CernikE-mail: [email protected]

MISSIONI

• ISRAELE - Holy Family HospitalP.O. Box 8 - 16100 NazarethTel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101

Altri Fatebenefratelli sono presenti in:

• TOGO - Hôpital Saint Jean de DieuAfagnan - B.P. 1170 - Lomé

• BENIN - Hôpital Saint Jean de DieuTanguiéta - B.P. 7

I FATEBENEFRATELLI ITALIANI NEL MONDOI Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere.

I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri:

• ROMACentro Internazionale FatebenefratelliCuria GeneraleVia della Nocetta 263 - Cap 00164Tel 06.6604981 - Fax 06.6637102E-mail: [email protected]

Ospedale San Giovanni CalibitaIsola Tiberina 39 - Cap 00186Tel 06.68371 - Fax 06.6834001E-mail: [email protected] della Scuola Infermieri Professionali “Fatebenefratelli”

Fondazione Internazionale FatebenefratelliVia della Luce 15 - Cap 00153Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308E-mail: [email protected]

Ufficio Stampa FatebenefratelliLungotevere deʼ Cenci 4 - Cap 00186Tel 06.68219695 - Fax 06.68309492E-mail: [email protected]

• CITTÀ DEL VATICANOFarmacia VaticanaCap 00120Tel 06.69883422Fax 06.69885361

• ROMACuria Provinciale Via Cassia 600 - Cap 00189Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794E-mail: [email protected]

Centro Studi e Scuola Infermieri Profes-sionali “San Giovanni di Dio” Via Cassia 600 - Cap 00189Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536E-mail: [email protected] dello Scolasticato della Provincia

Centro DirezionaleVia Cassia 600 - Cap 00189Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520

Ospedale San PietroVia Cassia 600 - Cap 00189Tel 06.33581 - Fax 06.33251424www.ospedalesanpietro.it

• GENZANO DI ROMAIstituto San Giovanni di DioVia Fatebenefratelli 3 - Cap 00045Tel 06.937381 - Fax 06.9390052www.istitutosangiovannididio.itE-mail: [email protected] del Noviziato Interprovinciale

• PERUGIACentro San NiccolòPorta EburneaPiazza San Giovanni di Dio 4 - Cap 06121Tel e Fax 075.5729618

• NAPOLIOspedale Madonna del Buon ConsiglioVia A. Manzoni 220 - Cap 80123Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643www.ospedalebuonconsiglio.it

• BENEVENTO Ospedale Sacro Cuore di GesùViale Principe di Napoli 14/a - Cap 82100Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935www.ospedalesacrocuore.it

• BRESCIACentro San Giovanni di DioVia Pilastroni 4 - Cap 25125Tel 030.35011 - Fax [email protected] del Centro Pastorale Provinciale

Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scien-tifico San Giovanni di DioVia Pilastroni 4 - Cap 25125Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513E-mail: [email protected]

Asilo Notturno San Riccardo Pampuri Fatebenefratelli onlusVia Corsica 341 - Cap 25123Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386E-mail: [email protected]

• CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI)Curia ProvincialeVia Cavour 2 - Cap 20063Tel 02.92761 - Fax 02.9241285Sede del Centro Studi e FormazioneSede LegaleMilano: Via San Vittore 12 - Cap 20123e-mail: [email protected]

Centro SantʼAmbrogioVia Cavour 22 - Cap 20063Tel 02.924161 - Fax 02.92416332E-mail:a [email protected]

• ERBA (CO)Ospedale Sacra FamigliaVia Fatebenefratelli 20 - Cap 22036Tel 031.638111 - Fax 031.640316E-mail: [email protected]

• GORIZIACasa di Riposo Villa San GiustoCorso Italia 244 - Cap 34170Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988E-mail: [email protected]

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