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cantıerı VITA www.vita.it Innovazione, riciclo e riconversione, parte la rivoluzione eco-industriale 11 NOVEMBRE 2011 Rimini - Ecomondo 2011 Dal 9 al 12 novembre le più importanti aziende impegnate sul fronte della green innovation si danno appuntamento alla Fiera di Rimini. Con loro ci saranno anche i soggetti pubblici e non profit più all’avanguardia. 16 pagine speciali per fare il punto su un fenomeno che ci cambierà la vita. Prima di quanto possiamo pensare. Con un’intervista al ministro Stefania Prestigiacomo Far girar la terra nel verso giusto

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Innovazione, riciclo e riconversione, parte la rivoluzione eco-industriale11 NOVEMBRE 2011 Rimini - Ecomondo 2011

Dal 9 al 12 novembre le più importanti aziende impegnate sul fronte della green innovation si

danno appuntamento alla Fiera di Rimini. Con loro ci saranno anche i soggetti pubblici e non

profit più all’avanguardia. 16 pagine speciali per fare il punto su un fenomeno che ci cambierà la

vita. Prima di quanto possiamo pensare. Con un’intervista al ministro Stefania Prestigiacomo

Far girar la terranel verso giusto

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OSSIMO MENO PRESI DALLE EMERGENZE ci accor-geremmo che le opzioni possibili per il rin-novamento anche del welfare sono molte,moltissime. E che in taluni casi si sono giàintrapresi dei percorsi capaci di consentirciun maggior benessere. Le smart cities, peresempio, alcune delle quali saranno presen-tate a Ecomondo: un modo intelligente digestire i centri urbani che facilita l’esistenza,rende più gestibili le connessioni e la mobi-lità, consente più qualità della vita e per-mette risparmi significativi.

Pensare in reteNon che prima le città fossero “ottuse”. Sempli-cemente non erano governate, come oggi si po-trebbe, con l’intelligenza che guarda all’insiemee connette i diversi aspetti del vivere quotidiano.Non c’erano gli strumenti e la tecnologia, da unlato. Non si percepiva la necessità dall’altro.«Una città è intelligente nella misura in cui per-segue una sostenibilità articolata». Cosa intendaGabriella Chiellino, coordinatrice scientifica di

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Ambiente, economiae socialità: i segreti per aumentarela qualità della vitasenza spendere un euro

Città sostenibile, è prestodetto: «Sono tre gli aspettiessenziali. L’ambiente, l’e-conomia e la socialità». Lagestione dei rifiuti e del ri-ciclo, l’organizzazione delterritorio, l’uso di deter-minate energie, il rispar-mio, il contenimento deglisprechi: aspetti che, se so-no sufficientemente cura-ti, fanno la differenza, senza dover metter manoal portafoglio. «Ottimizzare le connessioni e lereti, fisiche e virtuali, vuol dire rendere più facilela vita dei cittadini». Un esempio? «Tra un annosarà legge la bigliettazione elettronica e con lostesso ticket si potrà salire sul treno, sull’auto-bus, sulla metro. Maggior semplicità, minoriemissioni e più qualità della vita perché si staràmeno tempo nel traffico».

Come si ripara un lavandinoDel resto basta guardarsi intorno per accorgersidi come è già cambiato il nostro vivere. Conta-tori domestici che regolano gli sprechi. Impiantiche forniscono energia rinnovabile. Lampadinea basso consumo. Automobili e biciclette in con-divisione (car e bike sharing). Innovazioni dellequali non sempre siamo al corrente. «Quando icittadini capiscono cosa una città sostenibilepossa significare per la loro vita», avverte Fiam-metta Mignella Calvosa, sociologa del territorioalla Lumsa, « sollecitano essi stessi più innova-zione. Non è una cosa calata dall’alto». Un puntocentrale, quest’ultimo, come conferma MicheleVianello, direttore di Vega, il Parco scientificotecnologico di Venezia: «Molti all’idea di smartcity associano le innovazioni. Che però sono unfattore applicativo. È vero che abbiamo a dispo-sizione strumenti e tecnologie inedite, ma l’uo-mo è comunque al centro». In altri termini, vabene la green economy, benissimo la sostenibi-lità, ma non basta sostituire la fonte per avere

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di Maurizio Regosa

un uso differente dell’energia: anche le personedevono fare la loro parte, rendendosi disponibilia un uso intelligente delle novità. «Questo è ilsenso vero dei social media: consentire il dialogoe la condivisione collaborativa. È un atteggia-mento molto diffuso nella cultura anglosassone,ma deve farsi strada anche da noi». Se per esem-pio dovete riparare un lavandino e non trovateun idraulico, cliccate su www.how.com: trove-rete un video che vi spiega come si fa. Rispar-mierete e soprattutto raggiungerete l’obiettivo.

Il ruolo dei social networkSu larga scala ciascuno può intuire cosa la so-stenibilità possa comportare: tecnologia al ser-vizio dell’economia e del benessere, partecipa-zione alla cosa pubblica più diffusa. «Ho appenapresentato un progetto all’Unione europea ba-sato proprio su questa idea», prosegue Vianello,«se una persona usa la bicicletta, anziché l’au-tomobile, inquina meno e può contribuire al mo-nitoraggio della qualità dell’aria. Nel mio pro-getto il suo comportamento è valutato, su unsocial network, da un gruppo di cittadini chepossono decidere di premiarlo ad esempio fa-cendo sì che non paghi per un anno l’asilo nidodel figlio». Un’ipotesi che ha il merito di faremergere la potenzialità sociale della smart city.Una sfida che, se è tale per i cittadini, lo è ancordi più per gli amministratori. Che – a fronte del-l’accertata scarsità di risorse – devono trovaresoluzioni creative. «Si può risparmiare fino al

Smart City

«Occorre che le diverse realtà che realizzano questi processi di sostenibilità si preoccupino difarli conoscere ai cittadini e di rendere l’approccio a queste innovazioni il più friendly possibile. In tal modo i cittadini parteciperanno e si farannopromotori delle istanze dei loro territori»

Fiammetta Mignella Calvosa- sociologa

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A MASCOTTE DEL 2011 È UNA SALAMANDRA dalla codarossa. Un animale a rischio: «Ogni anno ne sce-gliamo uno e io ne realizzo un modello utiliz-zando materiale riciclato», premette LucianoMorselli, responsabile scientifico di Ecomondoe docente di Chimica dell’ambiente e dei beniculturali all’università di Bologna. La salaman-dra diventa così insieme testimonial e ammoni-mento circa i comportamenti presenti e futuri.Perché la salvaguardia dell’ambiente è interessedi tutti. Anche di Rimini Fiera, dove, assai pertempo, ci si è posti il problema di ospitare eventiil più possibile a impatto zero (ottenendo la cer-tificazione ambientale Uni En Iso 14001:2004,anche per alcuni stand).

«Se non proprio impatto zero questa almenoè la tendenza», spiega il professore, «nel sensoche abbiamo adottato una serie di accorgimentiper limitare il consumo elettrico e ci siamo dotatidi impianti fotovoltaici che consentono un ri-sparmio di 40 tonnellate di anidride carbonica».Non solo: anche il condizionamento e il riscal-damento sono realizzati grazie a tecnologie so-fisticate che consentono di adoperare il 50% dienergia in meno, mentre le fontane e le piscineinterne, le 1.500 piante e i 30mila metri quadridi tappeti erbosi sono curati con acque di faldasuperficiale. Inutile forse precisare che la rac-colta è più che differenziata e che anche ai ri-

storanti interni ai 16 padiglioni si raccomandafortemente di proporre cibo a km zero.

«Si è cercato di far sì che all’interno dellastruttura ci fosse una sostenibilità coerente fratutti gli aspetti. Del resto a Rimini Fiera si svol-gono molte manifestazioni che mirano a pro-teggere e tutelare l’ambiente. Potevamo non far-ci carico di questa sensibilità?». Certo che no.Tanto più che gli investimenti iniziali (resi pos-sibili dalla convergente volontà degli enti locali,e cioè Comune e Provincia che, assieme alla Ca-mera di commercio, detengono ognuno il26,44% delle azioni) hanno “pagato” in terminidi reputazione e di mercato. «Adesso intendiamoproporre agli alberghi che ospitano i nostri visi-tatori di adottare una sensibilità ambientale ana-loga alla nostra».

Il ragionamento è chiaro: rafforzare l’eco fi-liera su tutto il “pacchetto” fieristico e contem-poraneamente diminuire ulteriormente l’impat-to che centinaia di migliaia di persone possonoprodurre sul territorio (nel 2010 i visitatori sonostati quasi 1,7 milioni). «Con la stessa logica sia-mo riusciti a fare un accordo con Ferrovie delloStato perché i treni che arrivano in città si fer-mino anche a Rimini Fiera. In questo modo iviaggiatori non hanno necessità di prendere unautobus o un taxi per raggiungere la manifesta-zione che li ha spinti nel nostro comune, si evital’incremento del traffico e nello stesso temponon si producono emissioni ulteriori». [M.R.]

Il modello del polo fieristico romagnolo

Una salamandra a guardiadella fiera a impatto zero

VITA3 11 NOVEMBRE 2011

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di Flaviano Zandonai

Supplemento al numero di VITAdi questa settimana Reg. Trib. di Milano n. 397 dell’8 luglio 1994

Direttore responsabile: Giuseppe FrangiDirettore editoriale: Riccardo BonacinaInserto a cura della redazione di VitaStampa: CSQ - Centro Stampa Quotidianivia dell’Industria, 52 - 25030 Erbusco (BS)

l’eventoAppuntamento a RiminiIl futuro in tre giorniEcomondo, la “Fiera internazionale delrecupero di materia e energia e dellosviluppo sostenibile” si svolgerà dal 9 al 12novembre alla Fiera di Rimini. La 15esimaedizione sarà aperta da StefaniaPrestigiacomo, ministro dell’Ambiente edella Tutela del Territorio e del Mare, cheparteciperà ai lavori del Foruminternazionale “Ambiente ed Energia. LaGreen Economy: un’opportunità per usciredalla crisi” promosso da Conai, Legacoop,Legambiente, Regione Emilia-Romagna eRimini Fiera, con la collaborazione di TheEuropean House - Ambrosetti.L’obiettivo dell’edizione 2011 di Ecomondoè quello di presentare le tendenze delmercato della green industry creando unscambio fra le eccellenze del settore. Lafiera, infatti, rappresenta un importantemomento di confronto fra i players suinuovi modelli di crescita economica e dibusiness attraverso la lented’ingrandimento della green economy. Quattro le aree tematiche lungo le quali sisnoderanno seminari e incontri: “Aria”, incui si illustreranno le novità normative cheregolano le immissioni; “Reclaim Expò”,dove sarà fatto il punto sulle tecniche dibonifica; “Waste”, che tratterà dellariformulazione della gerarchia sullagestione dei rifiuti; “Oroblu-acqua”, vetrinadelle tecnologie per lo sviluppo dei processidi trattamento e smaltimento. La fiera è aperta dalle 9 alle 18, biglietti da 5 a 15 euro. Il programma su www.ecomondo.com

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50% per l’illuminazione pubblica dei centri ur-bani», sottolinea Chiellino, «solo aggiornandogli impianti e sostituendo le lampadine obsole-te». Certo, c’è un piccolo investimento iniziale,ma poi quanti vantaggi? E se proprio il sindaconon ha gli euro necessari, può sempre ricorrerea società come le Esco, che offrono servizi diefficienza energetica anticipando le spese perconto del Comune e ottenendo in cambio uncontratto di manutenzione (sulla base di unaprocedura pubblica, va da sé).

Smart & friendlyD’altronde che le città divengano sempre piùsmart è una necessità anche per dir così “logi-stica”: nel 2050 si prevede che il 75% della po-polazione mondiale vivrà in centri urbani che, aquel punto, dovranno essere sostenibili per forzase vorranno evitare di implodere. Il che riportail discorso sulla partecipazione dei cittadini e lapromozione di comportamenti coerenti. «Certo,va affrontato il problema del digital divide, cioèdei segmenti della popolazione oggi esclusi daimiglioramenti possibili grazie alle nuove tecno-logie», conclude Calvosa, «d’altra parte però oc-corre che le diverse realtà che realizzano questiprocessi di sostenibilità si preoccupino di farliconoscere ai cittadini e di rendere l’approccio aqueste innovazioni il più friendly possibile. Intal modo i cittadini parteciperanno e si farannopromotori delle istanze dei loro territori».

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ELLA PROSSIMA PRIMAVERA, VIENNA inaugureràla prima centrale solare urbana, per laquale è già iniziata la sottoscrizione fra icittadini. Chi vuole contribuire alle spesedi costruzione, usufruendo così dell’ener-gia prodotta dai pannelli solari, può con-

tribuire con la somma di 500 euro e garantirsi i 1.500kWh che costituiscono il fabbisogno annuale medio diun viennese. Se le esigenze sono maggiori, è possibileversare 5mila euro e chiudere un contratto per un rifor-nimento illimitato. Per l’inizio del 2012 verrà anche co-municato il luogo in cui verrà costruita la centrale, dopouno studio approfondito sull’impatto ecologico sui sitiopzionati. «Con la nuova centrale l’amministrazione in-tende accrescere la quota di energia ricavata dalle fontirinnovabili», sostiene il vicesindaco verde Maria Vassi-lakou, «e il fatto che già 800 viennesi abbiano versato ilproprio contributo conferma che i cittadini sono dispostia investire direttamente nelle nuove tecnologie».

Non sorprende dunque che Vienna abbia ricevutoquest’anno il premio “World City closest to sustainable

NWaste Management”, che le organizzazioni internazio-nali Wtert e Sur assegnano alle amministrazioni che ec-cellono nella gestione dei rifiuti urbani. «Un riconosci-mento che premia gli sforzi quotidiani compiuti per ladifesa dell’ambiente e la qualità della vita dei viennesi»,conferma Ulli Sima, assessore socialdemocratico all’Am-biente. La competizione riguardava città emetropoli di tutto il mondo con popolazionisuperiori ai 250mila abitanti e la capitale au-striaca ha prevalso nei confronti di concor-renti del calibro di Berlino, Copenhagen,Monaco, Zurigo, Malmoe, Singapore e Van-couver.

Nella città che ospita, nel quartiere diSpittelau, un vecchio termovalorizzatore di-venuto anche un’attrazione turistica graziealle decorazioni secessioniste dell’architetto Frieden-sreich Hundertwasser, realizzate all’inizio degli anni 90assieme al completo rifacimento della linea di tratta-mento dei fumi, le politiche ambientali sono da tempouna cosa seria. L’intera Austria ha sviluppato da decenni

uno dei sistemi più avanzati al mondo per la riduzionealla fonte e il recupero dei rifiuti, basato su sistemi ta-riffari di avanguardia, che vengono applicati con suc-cesso ormai da 20 anni. Una perfetta organizzazionedei sistemi integrati di gestione dei rifiuti, a partire daimetodi di raccolta domiciliare basati sull’idea che chi

produce più rifiuti paga anche contributi piùalti.

Molta energia è stata investita nelle poli-tiche di informazione per incentivare l’uti-lizzo di beni e materiali di lunga durata. An-che in questo caso si è puntato sulla colla-borazione dei cittadini e sulla loro accresciu-ta sensibilità ecologica. Il progetto perdiffondere la pratica dei vuoti a rendere, adesempio, ha consentito nell’ultimo anno di

risparmiare 13.294 chilogrammi di rifiuti. E l’istituzionedi un network cittadino per la riparazione di elettrodo-mestici e impianti elettronici ha favorito l’affermazionedel consumo responsabile.

[Pierluigi Mennitti]

Il programma della compagnia pubblica di trasporti

A Gand con un autobus hanno steso il vandalismo

Cmodalità che serve a creare rispetto tra le partima anche ai ragazzi per considerare da unaprospettiva diversa il loro comportamento ele conseguenze che questo ha sulle attrezza-ture e sul prossimo. E proprio da quest’ultimopunto si parte nel percorso che i ragazzi coin-volti in Trammelant intraprendono.

Il primo passo consiste infatti in una visitache due controllori e un autista della compa-gnia fiamminga fanno alle scuole dove coin-volgono i ragazzi in attività basate sul role re-versal soprattutto per favorire la creazione diuna relazione di complicità tra i ragazzi e i di-pendenti. Poi gli studenti vengono invitati inun deposito di De Ljin. Qui partecipano a unaserie di attività, quali ad esempio la dimostra-zione di una procedura di fermata d’emergen-za e la visita all’area riparazione dove ai ra-gazzi viene chiesto di imbrattare con i graffiti

Sottoscrizione popolare per costruire una centrale fotovoltaica

A Vienna splendono gli azionisti del sole

alcune placche di metallo per poi provare apulirle. Subito dopo questa esperienza il grup-po sale sul “Trammelantbus”, un mezzo natoalla fine del 2009, dove agli studenti vienechiesto di dare un prezzo alle varie compo-nenti del bus (sedie divelte, finestre rotte) edi fare una prova di evacuazione nel caso diincendio lasciando tutto il loro bagaglio sul-l’autobus.

Un percorso, quello del programma Tram-melant, che ha un’altra costante: la cosiddettacomunicazione peer to peer. Tra i ragazzi coin-volti infatti c’è un interscambio e un confrontocontinuo. Un esempio? Chi ha partecipato alprogramma una volta rientrato a scuola si as-sume il compito di informare i compagni sul-l’importanza della sicurezza e sugli effetticontroproducenti degli atti di vandalismo. Unapproccio innovativo che, a quattro anni dallasua nascita, dimostra di funzionare. Nelle zo-ne in cui sono situate le scuole coinvolte nellasperimentazione il numero di denunce a ca-rico di minori è diminuito. Un modello cosìdi successo non poteva che essere esportato.Quattro altri Trammelantbus sono in già instrada in altre zone delle Fiandre, precisa-mente ad Anversa, nel Limburgo, nel Brabantee nelle Fiandre occidentali. [Roberto Brambilla]

HI ROMPE PAGA. E IMPARA. Il danneggiamento deimezzi pubblici causa disagi e alti costi eco-nomici. Per contrastare il problema, De Lijn,la compagnia pubblica dei trasporti delleFiandre (Belgio), ha avviato a Gand il pro-gramma Trammelant, nato nel 2007 dell’am-bito di Civitas, iniziativa promossa con lo sco-po di aiutare le città a introdurre misure e po-litiche per la mobilità urbana sostenibile e co-finanziata dall’Unione Europea. Unprogramma che coinvolge circa 2mila ragazzie che si basa su un approccio innovativo: ar-ginare il vandalismo non attraverso l’infor-mazione ma per mezzo dell’esperienza direttacon la costruzione di un dialogo con chi hal’abitudine di danneggiare i mezzi pubblici.

Punto chiave di questo approccio è il rolereversal, lo scambio dei ruoli tra i ragazzi e gliimpiegati della compagnia di trasporti, una

BordeauxLa città che va in tramUn bacino di utenza da 1,1 milione di abitanti unito ad uncentro storico annoverato dall’Unesco tra le ricchezze“Patrimonio dell’umanità” creano un grave problema: la congestione del traffico. Bordeaux lo sa bene. Lasoluzione adottata dalla città francese si chiama tram.Già oggi la rete si compone di tre linee che copronoun’area di 44 chilometri quadrati, con un progetto diestensione di altri 33 chilometri entro il 2013 e unaquarta linea di 80 chilometri in programma per il 2016. Info www.bordeaux.fr

VarsaviaAuto verdi contro la crisiNel 2010 Varsavia si è dotata di 130 colonnine di ricaricaper auto elettriche con un progetto finanziato dall’Ue eportato avanti da una partnership di aziende. Il motivoprincipale della scelta dell’amministrazione dellacapitale polacca è stato quello di fronteggiare la crisieconomica. Una scelta vincente. Se prima infatti perpercorrere 100 chilometri in Polonia si spendevano dai10 ai 15 euro, oggi, con le auto “verdi”, ne è sufficienteuno soltanto. Info www.um.warszawa.pl

StoccolmaFare fortuna coi rifiutiSituato non lontano dal centro città di Stoccolma sorgeil quartiere Hammarby Sjöstad. A renderlo celebre intutta la Svezia è stato un innovativo ecociclo improntatoalla sostenibilità ambientale ed energetica che lo hatrasformata in un’area completamente “green”. Ilsistema infatti è basato sul riciclo: i rifiuti combustibilidella zona vengono convertiti in calore, i rifiuti organiciin biogas e l’energia è prodotta in una centrale termica acombustibile rinnovabile in loco.Info www.hammarbysjostad.se

San SebastianLa sostenibilità per fare businessIl Comune basco di San Sebastian ha identificato nelsettore delle rinnovabili un importante generatorepotenziale di ricchezza e posti di lavoro qualificati. Così ha varato un progetto che punta non solo all’utilizzodelle energie alternative ma anche alla costruzione di un polo d’eccellenza. Il municipio si è quindi offertocome guida e supporto alle aziende locali per migliorare la loro competitività proprio grazie ad investimenti eformazione sul versante della sostenibilità. Info www.fomentosansebastian.org

EurocitiesCooperazione, cultura, sviluppo economico, am-biente, conoscenza, mobilità e affari sociali. Lungoqueste sei direttive si muovono i progetti speri-mentali del network Eurocities, che coinvolge igoverni locali di 140 grandi città di 30 Paesi euro-pei. Obiettivo: creare una piattaforma di scambiodelle migliori idee e pratiche di sostenibilità a li-vello locale. www.eurocities.eu

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ERCHÉ SIA SOSTENIBILE, LA SOSTENIBILITÀva imparata da piccini. E quantoprima è, meglio è. Così all’internodi Ecomondo è stata organizzata

una vera e propria “città dei bambini e deiragazzi”, con laboratori didattici interattivia numero chiuso (dai 20 ai 30 i parteci-panti, a seconda della tipologia di incon-tro).

Pensati per un apprendimento che par-te dall’esperienza e soprattutto mirati allecaratteristiche e alla maturità dei parteci-panti (che sono studenti dalla scuola pri-maria alle superiori), i laboratori si confi-gurano come momenti anche ludico-ri-creativi in cui i più giovani possono com-prendere cosa significhi veramenterispettare l’ambiente, ridurre l’impattodella propria vita, consumare meno e ri-ciclare tutto ciò che può avere una secon-da chance. Momenti in cui mettere a con-fronto comportamenti, conseguenze e al-ternative a portata di mano.

Perché non è scontato, ad esempio, chesi sappia quanto i tanto amati cellulari pos-sono, una volta dismessi, inquinare il pia-neta. O quanto eccessivi e ridondanti sianogli imballaggi delle merci e come sia pos-sibile riciclarli anche creativamente. «Ungruppo di artisti lo mostrerà ai ragazzi,realizzando alcune installazioni come ad

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I laboratori didattici interattivi

Eco-educazione tra gli standnella città dei bambini

esempio “Plastic Vortex”, una mostra in-titolata “Rifiuti in cerca d’autore” e co-struendo addirittura strumenti musicalicon barattoli di acciaio, cartone e legno»,spiega Emanuela Ursino, responsabile diEcomondo Education (un’iniziativa lan-ciata con lungimiranza nel lontano 1998).Anche in questo spazio, del resto, le paroled’ordine sono recupero, riciclo, riutilizzo,risparmio. Termini che però non rimango-no nella silenziosa astrazione in cui siamotalvolta abituati a collocarli.

«Grazie alle numerose realtà – associa-

tive cooperative e imprenditoriali – checontribuiscono organizzando ciascuna unlaboratorio, i partecipanti possono davve-ro toccare con mano le conseguenze delleloro scelte, conoscere e sperimentare lealternative possibili e oltretutto divertirsi:quasi tutti gli spazi sono impostati conun’ottica ludica o spettacolare che li rendeparticolarmente efficaci e interessanti.Non a caso abbiamo avuto circa 4milaadesioni, fra studenti e insegnanti. In pra-tica il tutto esaurito e senza una promo-zione particolare». Segno, probabilmente,che fra i più giovani la sensibilità ambien-tale è forte e che grande è la voglia di co-noscere gli strumenti per affrontare, nelnome del rispetto, i molti aspetti della vitaquotidiana che implicano scelte di consu-mo.

«Vogliamo incentivare il protagonismodei ragazzi. In un laboratorio, ad esempio,che si intitola “Mappastratta” chiediamoloro di progettare e realizzare un territoriourbano sostenibile. I modelli saranno co-struiti con materiali di recupero. Misuran-dosi con la progettazione di una città a mi-sura di tutti, anche i più giovani possonoimparare a rapportarsi con l’ambiente, conle esigenze di mobilità e di qualità dellavita», conclude Ursino.

[Maurizio Regosa]

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ARTIAMO DAL PRIMO DATO che è negativo. Più della metàdella popolazione del mondo vive ormai nelle città.Al 2050 è previsto che sia il 65%. Con un affollamentoinfinito e con un consumo di energia enorme. Già ora

l’Unione europea ha messo in campo 80 milioni di euro (po-chi!) da dividere tra le città più smart. La gara è iniziata.Obiettivo: meno 20% del consumo energetico e meno 30%delle emissioni inquinanti entro il 2020. Genova, Torino,Milano, Bari, Palermo e Catania sono in gara. I costi sono al-tissimi: la smart city sarà fatta a pezzi. Si partirà dalla piazzasmart, dal quartiere smart, dalla casa smart, dall’elettrome-stico smart e poi pian piano tutto verrà connesso.

Ma in cosa consiste la smart city? In una grande grid, re-golata via web. Hai il tuo contatore dell’energia su una in-terfaccia web (e Enel Distribuzione lo ha già realizzato e saràpresto testato) e conoscerai il tuo consumo giornaliero dienergia e quando lo effettui. Non sei passivo. Puoi interve-nire per modificarlo. Facciamo un esempio.

Sei connesso con gli elettrodomestici (Telecom Lab haavviato una programma Energy@home con Indesit, Elec-trolux ed Enel), capisci che se li usi di sera hai un risparmio.Il tuo condominio ha messo i pannelli fotovoltaici e haiquindi una porzione di elettricità che puoi vendere. Poi daiordine al tuo computer di caricare l’auto elettrica che è neltuo box. Se lo fai di notte risparmi. E poi la tua casa è statacostruita in modo sostenibile per vivere meglio e risparmiareenergia. E poi… e poi… Insomma, sei in una grande retedove produci energia tu stesso, la vendi, la controlli, la con-sumi nelle ore migliori e nelle modalità migliori. Risparmienergia, soldi ed emissioni di CO2. La città riduce la sua im-pronta carbonica e i suoi gas serra. E i suoi costi.

Tutto parte dal web. Enel e Telecom stanno già lavorandoinsieme. Questa è la partenza. L’arrivo ci sarà. Ma non sap-piamo quando. Comunque non ora.

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ALTER GANAPINI È QUELLO CHE SI DICE UN PADRE NO-BILE del movimento ecologista italiano. Uncurriculum, il suo, lungo tre pagine (ultimatappa la presidenza di Sisifo Italia - Gruppo

Vita) con due passaggi politici (come assessore prima aMilano con Formentini, poi in Campania con Bassolino)e una profonda conoscenza di tutto ciò che si muovenella galassia della sostenibilità. Difficile dunque trovareun profilo più autorevole per fare il punto sullo statodell’arte di un fenomeno (o di una bolla?) che sta colo-rando un’intera epoca, quella della green economy.

Cosa si deve intendere oggi con il termine “sostenibilità”?Gli indiani d’America ci hanno insegnato che la terra sucui viviamo c’è data in prestito. Sostenibile è solo lo svi-luppo che lascia alle future generazioni risorse e oppor-tunità almeno pari a quelle date alla generazione attuale.

WCome ha osservato anche la Cei, la sosteni-bilità ha una valenza etica straordinaria cheva a impattare sul principio di equità intrae intergenerazionale.

Con quali conseguenze?Il ripensamento degli stili di vita e dei mo-delli di consumo è all’ordine del giorno nellacostruzione di un nuovo progetto di futuro.La strada è quella della partecipazione e del-la democrazia. Senza queste componentinon c’è sostenibilità.

Come siamo messi in Italia?La sostenibilità è un tavolo con tre gambe: la sostenibilitàeconomica, la sostenibilità ambientale e la sostenibilitàsociale. Partiamo dalla prima. Nel 1998 Confindustria hadato alla luce un fondamentale rapporto su ambiente ecompetitività. Il problema è che da allora non è statofatto alcun passo in avanti. E ancora oggi in Italia sonouna minoranza gli imprenditori che hanno compreso chela qualità ambientale è un vantaggio competitivo sia neiprocessi, sia nei prodotti. Gli altri la ritengono un costo.

Passiamo al versante istituzionale…Dal punto di vista normativo siamo in un stato confu-sionale assoluto, paralizzante. C’è un dato che dice tutto:l’Unione europea ad oggi ha in corso contro l’Italia 14procedure di infrazione ambientale. A fronte, tolti Maltae Lussemburgo, di una media-Paese continentale di quat-tro infrazioni. In altri termini, abbiamo un carico supe-riore a quello di tre nostri vicini presi insieme.

A proposito di situazioni surreali. Lei nella sua carriera èstato assessore all’Ambiente a Milano e in Campania. Nelprimo caso è stato l’artefice riconosciuto del cosiddetto mi-racolo Milano degli anni 90. A Napoli invece ha fallito. Ciaiuta a capire le ragioni di un esito così diverso...

Il primo nodo è quello della logica dell’emergenza. InItalia dichiariamo l’emergenza su tutto. Capisco che per

Politica e aziende: j’accuse di Walter Ganapini

L’insostenibile sostenibilità all’italianadi Stefano Arduini

AssoScaiIl network della competitivitàAssociazione per lo Sviluppo della competitivitàambientale d’impresa, in una parola AssoScai. In praticaun modello associativo all’avanguardia nato con lo scopodi sviluppare e promuovere una cultura d’impresa, nellaquale la gestione ambientale sia adottata per contribuireallo sviluppo sostenibile e ad una maggiore competitivitàsul mercato nazionale e internazionale. Alla retepartecipano sia società per azioni sia centri universitari edi ricerca. Il presidente è Giuseppe Lanzi, fondatoredell’agenzia di comunicazione e pubbliche relazioni SisifoItalia srl. Suo vice Maurizio Mariani di Sotral spa, aziendaspecializzata dal 2002 nel settore della ristorazione. www.assoscai.it

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commentoProduttori e venditori di energia:i nuovi cittadini nei quartieri 2.0

qualcuno può essere conveniente, ma io misono trovato a dover gestire una regione di-sastrata in cui operavano non solo i com-missari esterni della Protezione civile, maanche quelli nominati internamente. Unafollia. Mi era rimasta solo l’arma della moralsuasion con cui, a fine 2009, sono riuscito aportare la Campania al 29% di raccolta diffe-renziata certificata. Poi, certo, la città di Na-poli è tutta un’altra faccenda. In che senso?C’è una situazione artificiale e artificiosa im-

pressionante. Faccio un esempio: nel 2008 durante unsopralluogo mi sono imbattuto quasi per caso in una di-scarica completamente integra, ma assolutamente vuota.Ho saputo poi che si chiamava Parco Saurino III e cheaveva una capacità di 600mila tonnellate ed era in gradodi tamponare l’emergenza per sei mesi. Un altro dato:gli impianti di smaltimento della Campania hanno unacapacità di 8.500 tonnellate di rifiuti al giorno a frontedi una produzione interna di 5.600 tonnellate. Insomma,sarebbero in grado di importare spazzatura da fuori. Èun paradosso, ma la gestione dei rifiuti laggiù potrebbeessere un vero e proprio tassello di una nuova rivoluzioneeco-industriale, come dimostrano alcune esperienze al-l’avanguardia. Per esempio il caso dell’imprenditorebrianzolo Allievi che gestisce i sette impianti di Tufino.

Torniamo alla terza gamba del tavolo: la sostenibilità so-ciale…

Qui le cose vanno meglio. Nella società l’ambientalismoe la cittadinanza attiva hanno fatto breccia. Anche se ilterzo settore deve passare compiutamente da una fasedi mera denuncia al binomio denuncia/progetto. E perfarlo occorre che impari a dialogare meglio con i soggettisul territorio, incluse le aziende. In questo senso Coldi-retti è un buon modello da seguire.

di Diego Masi

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I SCRIVE GREEN ECONOMY, si legge innovazione. Affin-ché la nuova economia eco-compatibile si sviluppipienamente, infatti, è necessario che un profondoprocesso d’innovazione si affermi a tutti i livelli.

Sul banco degli imputati per aver scatenato lacrisi, il settore finanziario è chiamato per primoad integrare una nuova e forte sensibilità green.Anche perché gestisce le risorse (il denaro) chesono la linfa vitale di ogni altro settore. Sembrache un mutamento sia in effetti in corso se si guar-da, ad esempio, alla proliferazione di indici azio-nari verdi, sempre più richiesti dagli investitoriche considerano le ragioni dell’ambiente oltre aquelle del capitale: uno degli ultimi esempi è l’in-dice S&P/Topix 150 Carbon Efficient Index lancia-to a settembre dalla Borsa di Tokyo per premiarele società più efficienti nella riduzione delle emis-sioni climalteranti. Si sta anche lavorando alla de-finizione di standard internazionali per i green eclimate bond, le obbligazioni emesse per finan-ziare progetti verdi (specie di contrasto al climatechange), un mercato in gran fermento in cui haappena annunciato il suo ingresso il colosso fi-nanziario statunitense State Street.

Esperienze interessanti sul finanziamento al-

Un intervento di riqualificazione energetica a tutto campo su uffici e scuole in Italiacosterebbe 8 miliardi di euro ma produrrebbeuna crescita del Pil dello 0,6% l’anno

l’innovazione green sono in corso anche sul frontedel venture capital. Iag (Italian angels for growth),principale gruppo di “business angel” in Italia, harealizzato la sua prima operazione nella sosteni-bilità ambientale investendo nella bolognese Eu-gea, società che ben rappresenta i paradigmi dellagreen economy nel senso della contaminazionevirale: pioniera nel campo dell’energia urbana,Eugea sviluppa strategie per il ripristino degli eco-sistemi naturali nelle città fondate sul coinvolgi-mento dei privati cittadini. Offrendo loro prodottie servizi che possono renderli attivi nel recuperodegli ambienti urbani impoveriti.

Verso un’economia low carbonAnche il settore del credito si sta muovendo, a co-minciare da istituti che hanno l’attenzione allasostenibilità nella propria mission, come BancaEtica. Che ha elaborato il Progetto Energia, un in-sieme di prodotti e soluzioni per il finanziamentodi interventi di efficienza energetica, ristruttura-zione energetica e realizzazione di impianti dienergia rinnovabile. La banca patavina ha inoltreinvestito in progetti che creano relazioni tra cit-tadini e produttori di energie rinnovabili, come lacooperativa Retenergie di Fossano (Cuneo).

Una delle questioni decisive per accelerare conl’innovazione la transizione verso un’economialow carbon è proprio quella di promuovere nuoverelazioni, più strette, e maggiore conoscenza trachi produce e chi acquista. Facendo comprendereai consumatori che quando premiano prodotti eservizi green, favoriscono la tutela dell’ambientee di se stessi.

Fors’anche più decisivo, però, è che nascanovere e proprie filiere di produzioni green, cioècomparti o intere industrie orientati all’innova-zione sostenibile. Che potrebbero davvero molti-plicare le opportunità occupazionali, i famosi“green jobs” (metà degli oltre 40mila occupatinell’industria tedesca del solare, settore in cui laGermania è il Paese leader in Europa, lavorano in-fatti nella filiera), e permettere all’Italia di puntare

alla leadership nella green economy. Come recitail Manifesto per un futuro sostenibile dell’Italiache verrà presentato il 7 novembre dalla Fonda-zione per lo Sviluppo sostenibile: «L’Italia devediventare un campione mondiale dell’uso effi-ciente delle risorse e del riciclo». L’Enea, ad esem-pio, ha calcolato che un intervento di riqualifica-zione energetica a tutto campo su uffici e scuolein Italia costerebbe 8 miliardi di euro ma produr-rebbe una crescita del Pil dello 0,6% l’anno.

La CO2 va in etichettaProprio le imprese più impegnate a creare a montee a valle della propria attività una filiera sosteni-bile (vedere il caso di Palm nell’articolo a pagina9) potrebbero essere quelle più premiate dai con-sumatori: secondo una ricerca realizzata da GfkEurisko, tre quarti dei consumatori ritengono mol-to importante che un’impresa garantisca la soste-nibilità di filiera e sarebbero disposti a pagare dipiù per prodotti garantiti in termini di sostenibi-lità.

Non è per caso, allora, che in Gran Bretagna ilgigante della grande distribuzione Tesco abbia do-tato alcuni prodotti di un’etichetta che indica laquantità di CO2 emessa per produrli. E che in ItaliaPomì sia diventato il primo marchio dell’alimen-tare a proporre prodotti con l’etichetta “Per il cli-ma” di Legambiente, che informa sulla carbonfootprint del ciclo di vita di prodotto.

Green economy, innovazione in corso.

di Andrea Di Turi

S

Dalla finanza ai consumatoril’efficienza energeticasta diventandoun business decisivonella nostra economia

GreenInnovation

VITA11 NOVEMBRE 2011 8

cantieriecomondo

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ELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO I PANNOLINI usae getta per i bambini sono delle piccolebombe inquinanti. Ma cosa deve fare lamamma sensibile ai problemi ambientali?Quale alternativa ha? Dalla Valle del Ca-sentino, in Toscana, arriva una risposta:il pannolino in plastica biodegradabilecompostabile. Ovvero in grado di trasfor-marsi in compost, un fertilizzante natu-rale. A produrlo è la Wellness InnovationProject spa. «Abbiamo applicato un crite-rio: dimostrare che non è vero che per rea-lizzare prodotti monouso occorra utiliz-zare la materia prima meno cara, cioè laplastica. E lo dimostriamo scientificamen-te», dice con forza Marco Benedetti (nellafoto), presidente di Wip Spa.

L’azienda, nata nel 2005, ha adottatofin dalla sua nascita i criteri teorizzati dallagreen economy: responsabilità sociale, in-novazione e ricerca della sostenibilità am-bientale. E si è subito lanciata nell’inno-vazione dei prodotti igienici monouso. Unmercato immenso, se si pensa che solo inItalia sono consumati due miliardi di pan-nolini per bambini l’anno, il che porta allaproduzione di oltre 500mila tonnellate dirifiuti che incidono per il 5/8% nella rac-colta di rifiuti. In altri termini, i normalipannolini usa e getta producono ben 300

milioni di kg di gas serra chepotrebbero essere ridotti conl’uso di pannolini composta-bili (-120 milioni di kg).

«Se una mamma si pone ilproblema ambientale è un be-ne, ma occorre farle sapereche la soluzione non è soloquella di passare ai pannolinilavabili», continua il presi-dente di Wip Spa. Perché co-munque il lavaggio ha un co-

sto energetico da considerare. Certificazioni e ricerca non sono, per

Benedetti, medaglie da mettersi al petto,ma una vera e propria filosofia produttiva.Del resto, analizzando il pannolino Natu-raè si può sottolineare che, dati alla mano,ha un Gwp (global warming potential) di0,089 kg di CO2 – come da ricerca Lca dellaBicocca – contro un Gwp di 0,15 kg – reportDefra – del prodotto commerciale stan-dard, oltre naturalmente ad essere com-postabili in quanto composto da plastichebiodegradabili. Ma, come sottolinea an-cora Benedetti, «la prima cosa è che il pan-nolino funzioni: noi abbiamo dimostratoche è possibile farlo anche con materialibio, facendolo filtrare in modo che non ir-riti la cute. Dopo tutto noi produciamo unpannolino che, non dimentichiamolo, èun prodotto igienico e di cui semplice-mente pubblichiamo l’impatto ambienta-le».

Wip nasce nel 2005 con la produzionedi pannolini e assorbenti, il progetto“Happy Nappy” viene implementato treanni più tardi, passando attraverso un per-corso di responsabilità d’impresa che hacoinvolto tutti i processi produttivi all’in-segna della sostenibilità ambientale. Contanto di certificazione, come il marchio dicompostabilità “Si trasforma in humus” equello anti intolleranze della pelle pro-mosso dalla danese Astma-Allergi.

All’inizio i prodotti Wip sono stati vei-colati dai Gas, i gruppi di acquisto solidaleche ancora oggi rappresentano il 10% delfatturato. L’azienda però oggi è ormai beninserita nei circuiti della grande distribu-zione e, grazie a Carrefour, i pannolinicompostabili sono presenti in molti scaffa-li europei, in particolare in Francia.

[Antonietta Nembri]

Il caso della Wip

Prima i Gas ora la Gdoil salto dei pannolini bio

N

ER SUA NATURA IL PALLET È UN PRODOTTO POVERO: è quellapedana di assi di legno incrociate con cui si movimen-tano un’infinità di prodotti e merci. Ma è intorno aquesto prodotto che Palm, azienda familiare di Via-dana, provincia di Mantova, ha costruito la sua inno-vazione: puntando sul Green Pallet, ovvero il palletsostenibile.

A Ecomondo sarà protagonista coi prodotti della li-nea di eco-arredo Palm Design: «La base dello standNovamont sarà in green pallet», spiega l’ad Primo Bar-zoni, «con accessibilità per i disabili. Per Slow Foodabbiamo realizzato i tavoli per gli spuntini. Poi c’è quel-lo di AssoScai».

Quanto costa l’innovazione green? «Finanziamentiall’impresa sostenibile», risponde, «non ne ho mai vi-sti. Volendo fare impresa in modo responsabile par-tendo dal concetto di filiera, nel nostro settore unacriticità è rappresentata dal commercio illegale deipallet. L’altra è la non tracciabilità del legno, di cuinella maggioranza dei casi non si conosce la prove-nienza. Per cui il primo passo è la certificazione».

Non a caso Palm ha chiesto ai suoi trenta fornitori

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Il caso della Palm

«Per produrre Green Pallet abbiamocominciato a pensare al contrario»

di sottoscrivere il Codice etico aziendale e i criteri dellacertificazione “Valore Sociale” (no corruzione, lavorominorile, taglio illegale). «Hanno aderito tutti», rac-conta Barzoni, «e anzi ne sono stati fieri: nessunogliel’aveva mai chiesto».

L’azienda ha anche definito un Disciplinare per ilgreen pallet “sano, sistemico ed etico”, con indicazionicui il produttore certificato Green Pallet deve attenersi.E ha lanciato la campagna “Filiera bosco-legno-con-sumatore responsabile” per promuovere la sostenibi-lità ben oltre i propri cancelli, fino ai consumatori. Per-ché un consumatore informato spesso fa scelte soste-nibili «ma serve tempo, perché l’economia sostenibilecresce col passaparola. E all’inizio costa a chi la pro-muove».

L’innovazione più importante che la green economyimpone, comunque, è che «bisogna pensare all’inver-so: partire da un’idea di prodotto pulito», dichiara Bar-zoni, «e integrare i costi che, diversamente, vengonoscaricati sulla collettività. Con prezzi trasparenti checomprendano le esternalità negative».

[A.D.T.]

VITA9 11 NOVEMBRE 2011

cantieriGreen Innovation

Keywords

Economia verdeÈ un modello di sviluppo che guarda alsistema economico oltre che dal punto divista dei benefici (aumento del Prodottointerno lordo) di un certo regime diproduzione anche dal punto di vistadell’impatto ambientale, cioè deipotenziali danni ambientali prodottidall’intero ciclo di trasformazione dellematerie prime a partire dalla loroestrazione, passando per il loro trasportoe trasformazione in energia e prodottifiniti sino ai possibili danni ambientali cheproduce il loro smaltimento.

Rapporto SternL’idea di “economia verde” decolla dopo la pubblicazione, nel 2006, del “RapportoStern”, commissionato dal governoinglese a sir Nicholas Stern, ex capoeconomista della Banca mondiale. Il“banchiere illuminato” prevedeva che il Pilplanetario sarebbe sceso del 5-20% entroil 2050 a causa dei cambiamenti climatici.Di qui l’“obbligo” di una svolta verso unmodello produttivo che privilegi lagenerazione di energia verde basatasull’energia rinnovabile come sostitutoper i combustibili fossili e il risparmioenergetico grazie all’efficienza energetica.

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LEI IL VOLTO DELLA CHIMICA VERDEitaliana. Catia Bastioli, umbradi Foligno, oggi amministra-trice delegata di Novamont,ha un curriculum ricchissimodi intuizioni, di brevetti e di

riconoscimenti. Il suo nome è particolar-mente legato al Mater-Bi, un tipo di bio-plastica prodotta con amido e mais, gra-no e patata e totalmente biodegradabile.Grazie a questo brevetto, nel 2007 ha ri-cevuto il riconoscimento di “Inventoreeuropeo dell’anno”. Nel 2008 è arrivatala laurea honoris causa dell’Università diGenova, con una motivazione che rendebene l’idea del suo impegno: «Ha contri-buito a creare una cultura industriale par-ticolarmente sensibile ai problemi di im-patto ambientale e di eco-sostenibilità

Èdei processi produttivi». Un merito chelei gira a chi le ha dato la chance, appenalaureata, di poter lavorare su nuove fron-tiere. «A 27 anni ho avuto l’opportunità el’onore di mettere insieme un team di ri-cerca nel campo dei materiali compositiin Montedison», racconta. «Questa espe-rienza mi è servita proprio nel momentoin cui operavano assieme il più grandegruppo agroindustriale europeo, Erida-nia-Beghin Say, e Montecatini, una dellepiù importanti multinazionali della chi-mica». Un cammino che l’ha portata a in-crociare Raul Gardini: «È stato lui ad ave-re l’intuizione della chimica verde, un’i-dea ancora alla base di tutto il mio lavo-ro».

Lei insiste spesso sulla necessità e sull’ur-genza di favorire la transizione da un’eco-nomia di prodotto a un’economia di siste-ma. È questa la sfida di oggi?

Non c’è dubbio che la sfida prioritaria delnostro millennio per l’innovazione con-sista nella ricerca di modelli di sviluppoin grado di conservare le risorse del pia-neta preservando e aumentando la qua-lità della vita dei suoi abitanti. Si trattadi favorire una rivoluzione copernicana:la transizione da un’economia di prodot-to a un’economia di sistema, un grandesalto culturale verso una sostenibilitàeconomica e ambientale che deve inte-ressare l’intera società. Solo contando suuna maggiore apertura critica potremosperare in una società matura in gradodi bilanciare cambiamento e tradizionedel territorio rilanciando la competitivitàeconomica e la qualità ambientale insie-me a tolleranza e democrazia. Occorreuna visione più sistemica e una strategiache mettano al centro l’ambiente primadel profitto, con l’adozione di standard

di Riccardo Bonacina

Parla Catia Bastioli, numero uno di Novamont e inventrice del Mater-Bi

La bioplastica ci porterà fuori dalla crisi

Il monouso biodegradabile

Rivoluzione nel catering.Non si spreca più niente

N PRINCIPIO ERANO SOLO mollette per stendere il bucato.Oggi dalla storica Fabbrica Pinze Schio, che produceda circa un secolo prodotti per la casa nel piccolocomune in provincia di Vicenza, escono tante ideeinnovative per il futuro, compresa la linea “Ecoze-ma” di prodotti compostabili e biodegradabili peril catering realizzati con biopolimeri o con fibre ve-getali: posate, bicchieri, tovagliette e shopper inMater-Bi oltre a piatti in polpa di cellulosa e altriaccessori.

«La nostra seconda vita è cominciata una decinadi anni fa», racconta il direttore generale, ArmidoMarana. «Dopo aver valutato la crisi che stava at-traversando il nostro core business abbiamo decisodi mettere a frutto nel settore delle bioplastiche letecnologie e la conoscenza del mercato che aveva-mo, avviando una collaborazione con Novamont.Le nostre posate sono state le prime al mondo adottenere la certificazione Ok-Compost, mentre nel2010 sono nati anche i prodotti Re-Zema, fatti inte-

ramente con plastiche riciclate post consumo e connumerosi altri contenuti di valore ambientale e so-ciale. Oggi tutto questo rappresenta il 60% dell’in-tero fatturato, che ammonta a circa quattro milionidi euro».

Negli ultimi anni la linea Ecozema ha conquista-to una fetta non indifferente di mercato, visto che iprodotti per il catering ecologico sono stati sceltitra gli altri da Slow Food (in occasione del Salonedel gusto di Torino e Slow Fish a Genova), da Tre-nitalia, che li utilizza sulle maggiori linee, dalle men-se scolastiche del Comune di Roma, da alberghi edalle organizzazioni di grandi manifestazioni spor-tive. «Ma se si calcola che oggi in Italia il mercatodel monouso si aggira sugli 800 milioni di euro, èchiaro che siamo solo agli inizi», commenta Marana.

Secondo l’imprenditore a frenare lo sviluppo delsettore in Italia ci sono ancora la grande confusionenormativa nel campo dello smaltimento dei rifiutie i ritardi nella realizzazione degli impianti di com-postaggio, che in molte città non consentono ancorail conferimento delle bioplastiche tra i rifiuti orga-nici. «C’è tutto un mondo ancora da educare», con-clude, «e occorrono anche norme più chiare sul ciclointegrato dello smaltimento dei rifiuti per consen-tire a tante piccole aziende di fare investimenti epotenziare un mercato che ha enormi potenzialità».

[Marina Moioli]

di qualità elevatissimi, in una logica disistema e non di prodotto, che parta dallaspecificità dei territori e che coinvolgatutti gli interlocutori. I buoni ricercatorie imprenditori sono fondamentali anchenel settore delle materie prime rinnova-bili, ma senza un coinvolgimento attivodi tutto il territorio e senza standard disistema stringenti e rispettati, i rischi dieffetti distorsivi rimangono elevatissimi.

Lei e la sua azienda però siete in prima li-nea nello sviluppo di prodotti. Resta pursempre questa la priorità…

Lo sviluppo di prodotti da materie primerinnovabili può rappresentare un signi-ficativo contributo allo sviluppo sosteni-bile in vista della potenziale minore ener-gia coinvolta nella loro produzione e del-la gamma più ampia di opzioni di smal-timento a più basso impatto ambientale.Rappresenta inoltre un’ottima opportu-nità di sviluppare sistemi integrati verti-cali che potrebbero coinvolgere attoriagricoli ed industriali in uno sforzo di svi-luppo comune. Mi riferisco ad esempioal concetto di bioraffineria sul territorio,di cui Novamont è caso esplicativo. Il fu-turo di questo settore sarà determinatodalle strategie che verranno messe in attoa livello locale ed internazionale.

E quali sono queste strategie?Le alternative sono sostanzialmente due.Si dovrà decidere se puntare su pochecolture industriali e poche sostanze chi-miche, magari mimando la chimica delpetrolio. In tal caso lo spazio per la cre-scita di nuove aziende di piccola e mediadimensione nate dalla ricerca sarebbemolto limitato. Oppure spingere la bio-diversità dei territori, moltiplicando leopportunità che vengono dallo studio didiverse materie prime vegetali e di scartilocali, minimizzando i trasporti e massi-mizzando la creazione di circuiti dellaconoscenza e di progetti integrati con idiversi interlocutori locali. La secondaalternativa non esclude la prima, ma con-centra le risorse e le linee strategiche sul-lo sviluppo di sistemi virtuosi in cui il ri-sparmio delle risorse diventa il punto es-senziale dello sviluppo del territorio.

I

Keywords

BiodegrabilitàIdoneità di un materiale a subire unprocesso di biodegradazione. Ladefinizione tecnica di biodegradabilitàimplica necessariamente ladeterminazione di un tempo minimoentro il quale la biodegradazione devecompletarsi. I materiali conformi allostandard Uni En 13432 completano labiodegradazione in meno di sei mesi.

BioplasticaSecondo la definizione data dallaEuropean Bioplastics, la bioplastica è untipo di plastica che deriva da materieprime rinnovabili oppure èbiodegradabile o ha entrambe leproprietà. Il tempo di decomposizione èdi qualche mese in compostaggio controi mille anni richiesti dalle materieplastiche sintetiche derivate dal petrolio.Le bioplastiche attualmente sul mercatosono composte principalmente da farinao amido di mais, grano o altri cereali. La bioplastica, dopo l’uso, consente diricavare concime fertilizzante daiprodotti realizzati.

VITA11 11 NOVEMBRE 2011

cantıerıGreen Innovation

InnovatriceCatia Bastioli, nel 2007 haricevuto il riconoscimento di“Inventore europeo dell’anno”

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Pminerale comporta un certo impatto, che è meglioscegliere fonti vicine e bottiglie più leggere. E che sipuò bere quella del rubinetto: in moltissime cittàc’è un’acqua di ottima qualità. Alla fine abbiamo re-gistrato uno spostamento degli acquisti verso mar-che che fanno scelte in sintonia con questi criteri.

E in termini economici?Difficile fare valutazioni perché nel consumo del-l’acqua incidono vari fattori. Le temperature nonparticolarmente calde dell’estate, la crisi... In gene-rale il minor impatto e la riduzione del packagingpiacciono. La nostra linea eco e bio “Vivi Verde” re-gistra crescite a due cifre. D’altra parte cerchiamodi ragionare in maniera sistematica. Investiamo perridurre i consumi a monte e le emissioni a valle.Oltre all’impianto fotovoltaico di Prato, ne abbiamomolti altri. A Monselice, ad esempio, abbiamo inau-gurato un supermercato che, rispetto ai suoi omo-loghi, consuma il 70% in meno.

Ma i consumatori sono attenti alla sostenibilità?C’è una crescente sensibilità per le tematiche am-bientali. Ed è una tendenza credo irreversibile.Quando si riesce a comunicare chiaramente e a coin-volgere i consumatori si è premiati. Ora abbiamo lacampagna “Promise”.

Cioè?È un progetto europeo che realizziamo con la Re-gione Liguria, il Lazio, Confindustria Liguria, ErvetEmilia Romagna. Punta a informare sul consumoconsapevole, tramite opuscoli, dibattiti e una mostraitinerante.

Claudio Mazzini, responsabile Sostenibilità e innovazione

La responsabilità Cooptiene su il bilanciodi Maurizio Regosa

Si può dire che con la bioplastica abbiamomesso un piede nell’era post petrolio?Le materie prime rinnovabili, in quantoprodotti, non sono, come talvolta si ten-de a credere, la soluzione a tutti i pro-blemi dell’inquinamento e alla ridottadisponibilità di petrolio. Occorre vedereoltre il prodotto e capire i confini del si-stema in cui il materiale viene prodotto,utilizzato, smaltito. Le colture agricolenon sono tutte uguali e anche le stessecolture possono avere impatti comple-tamente diversi a seconda dell’area geo-grafica in cui vengono coltivate. Tutta-via, se le materie prime rinnovabili e lebioplastiche in particolare saranno svi-luppate nella logica di sistema, il loro po-tenziale anti crisi potrebbe essere formi-dabile, e in grado di rivitalizzare un set-tore come quello della chimica.

Per produrre le componenti per le biopla-stiche non c’è il rischio di sottrarre terrenialle coltivazioni destinate al consumo ali-mentare o di sfruttare terreni vergini?

I numeri sono chiari. La quantità di ami-do di mais usato per la produzione dibioplastiche in Italia nel 2007 è stata pariallo 0,05% (circa 540 ettari) della totalitàdel terreno italiano impiegato nella pro-duzione di mais. Da questi dati emergeche l’impatto attuale delle bioplastichein termini di quantità di terreno da col-tivare è minimo. Sarebbero sufficientisolo 70mila ettari di terreno a mais e60mila a colture oleaginose non food percoprire l’intero fabbisogno italiano diplastiche flessibili per il packaging, paria circa 1,5-2 milioni di tonnellate. Tenen-do conto che in Italia il terreno coltiva-bile è pari a 15 milioni di ettari, è eviden-te che le bioplastiche non vanno ad in-taccare la filiera alimentare, anzi larafforzano.

VITA11 NOVEMBRE 2011 12

cantieriecomondo

ER UN LORO VIDEO, I RIO 150 HANNO SCELTO IL TETTO foto-voltaico dei magazzini Coop di Prato. «Se ne sonoinnamorati e hanno voluto usarlo come sfondo. È ilpiù grande impianto d’Italia: si sviluppa su 14milametri quadrati». C’è un pizzico di orgoglio nella vocedi Claudio Mazzini, responsabilità Sostenibilità e in-novazione di Coop, che aggiunge: «Per noi la soste-nibilità e la tutela dell’ambiente sono obblighi sta-tutari».

Questo cosa ha comportato?Come già ha fatto una decina di anni fa quando aderìallo standard Sa 8000 in tema di responsabilità so-ciale, Coop ha trasformato anche la sostenibilità inuna delle leve del business, partendo dalla sceltadei prodotti per arrivare a quella dei fornitori, pas-sando dalla progettazione dei singoli punti vendita.Siamo stati fra i primi ad aderire allo standard sullacarta, a quello sulla pesca sostenibile, all’Ecolabel,il marchio dell’Unione europea. Facendo scelte co-raggiose.

Ad esempio?Quando abbiamo deciso di proporre le uova dellegalline allevate a terra. Costano più di quelle pro-dotte da animali tenuti in gabbia, eppure siamo riu-sciti a costruire un’offerta che tenesse conto dellaqualità e della competitività. Oppure la campagna“Boschi e foreste” di quest’anno o quella sull’“Acquadi casa mia” che abbiamo fatto nel 2010. Abbiamoinformato i consumatori che una bottiglia di acqua

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SEMPRE PIÙ VERDE LA VALLE IN CUIL’UNIVERSO cooperativo si muo-ve cogliendo le sempre più ar-ticolate opportunità energeti-che che questo nostro tempoci ha regalato. Esperienze che

animano lo Stivale e dicono di un mondoin fermento. Che sta contribuendo, e losa, a costruire un futuro sostenibile inmolti sensi. Un’ambizione certo nel Dnadella cooperazione, che – quando è coe-rente – punta a cambiare le regole del gio-co. Giacché sono moltissimi gli ambiti,gli strumenti e le modalità con le qualiqueste imprese stanno giocando la par-tita delle rinnovabili. Perseguendo obiet-tivi che sono molteplici e convergenti findalle origini.

Da quando, ad esempio, alla finedell’800 alcune comunità che vivono sul-l’arco alpino cominciano a costituire so-cietà idroelettriche con lo scopo di rifor-nire luoghi che altrimenti sarebbero ri-masti al buio. Da allora le 40 cooperativeaderenti a Federconsumo Confcoopera-tive (15 sono anche riunite nel Coordina-mento cooperative elettriche italiane)hanno assicurato la luce a un numerocrescente di cittadini. Oggi circa 300mila(ai quali forniscono mezzo miliardo dikWh ogni anno). «Ai non soci la fornituraha un costo livellato alle tariffe naziona-li», spiega Costantino Giacomolli delCoordinamento, «costi che per i soci su-biscono una riduzione anche del 40%».Mutualismo pragmatico assai. È la stessaimpostazione che, in tempi più recenti,

Èha spinto gli abitanti di Melpignano nelSalento a creare una cooperativa di co-munità per realizzare una rete fotovol-taica diffusa. Oppure ha persuaso inse-gnanti e genitori degli alunni elementaridi Saliceto Panaro a fondare “Sole per tut-ti”: grazie a Banca Etica la scuola produ-ce, col fotovoltaico, l’energia di cui ha bi-sogno. Del resto anche le “antiche” coo-

perative alpine hanno via via superato il“semplice” mutualismo: il 10% della pro-duzione viene dalle rinnovabili “moder-ne” (essendo l’energia idrica, sottolineaGiacomolli, la rinnovabile per tradizione)ed è realizzato grazie a impianti che i sin-goli soci hanno collocato per lo più suitetti delle loro abitazioni. Si procaccianol’elettricità per le loro case; quel che restaè conferito alla cooperativa, che lo distri-buisce. Una maniera comunitaria e par-tecipativa di affrontare la sostenibilitàambientale. Altrove lo si fa con altri stru-menti.

«Il nostro obiettivo è l’autosufficienzaenergetica», premette Vanni Rinaldi, re-sponsabile Energia e nuove tecnologie diLegacoop, «visto che abbiamo circa 15mi-la cooperative che acquistano elettricità».«Puntiamo a questo risultato perseguen-do tre strategie: la creazione di gruppid’acquisto per comprare al miglior prez-zo; l’efficienza energetica per ridurre glisprechi e l’auto-produzione con le rinno-vabili con cui spesso le cooperative so-ciali fanno inserimento lavorativo». Sonocirca un centinaio le imprese di Legacoop

di Maurizio Regosa

Nuovi modelli post mutualistici

Tre pennellate di verdesulla cooperazione. Gruppi d’acquisto, efficienza energetica e auto-produzione

Il Consorzio Abn di Perugia

«Ora non dipendiamo più dal pubblico»

N FATTURATO ANNUO DI 60 MILIONI DI EURO, 3mila lavo-ratori occupati di cui 350 nel campo delle energierinnovabili, 10 centrali a bio gas in costruzione etanto altro. Questi non sono i numeri di una multi-nazionale ma di Consorzio Abn di Perugia, unarealtà che raccoglie cooperative sociali di tipo A eB. Il presidente, Roberto Leonardi (nella foto) tienesubito a chiarire: «Il mondo della cooperazione so-ciale è nel settore da oltre un centinaio d’anni. Bastipensare alle tante dighe che punteggiano l’arco al-pino: furono possibili grazie alla formula coopera-tiva». Un motivo storico che si aggiunge anche alDna della cooperazione. «L’economia sociale, tra lealtre forme organizzative, è quella che più ha il sen-so del valore condiviso», conferma il presidente.«Non lavoriamo per generare reddito ma per rispon-dere a bisogni concreti», spiega. Come nel caso diuna delle prime proposte del Consorzio “3mila tettifotovoltaici - Umbria”.

«Si tratta di un patto di reciprocità con le fami-

glie. Ognuno mette a disposizione il proprio tetto,in una vera e propria comunità solare. Noi montia-mo i dispositivi. Al cittadino arriva elettricità gra-tuita e noi ripaghiamo l’investimento con gli incen-tivi statali». Un sistema che permette di risparmiarefino a 7/800 euro l’anno a nucleo familiare. «Abbia-mo scelto la rinnovabile perché, oltre a sposarsi colnostro modo di vedere le cose, era l’unica energiache ci permetteva di creare valore per la gente senzascimmiottare le multinazionali», aggiunge Leonar-di. Consorzio Abn infatti, oltre a produrre 40 MWhdi energia col fotovoltaico può anche contare su20mila metri quadri di solare termico e sta costruen-do 10 centrali a biogas distribuite tra Umbria, Sicilia,Friuli, Campania e Toscana.

«Il nostro è un modello che parte da un vissutodi precarietà, di scarsità di risorse», spiega il presi-dente, «in un momento di crisi come questa per noiè come giocare in casa, siamo abituati». Ma c’è dipiù. Anche dal punto di vista economico la sceltapaga, «se prima in bilancio l’80% delle entrate arri-vava dal pubblico, oggi, grazie anche alla venditadegli impianti, abbiamo ribaltato il dato e di pub-blico c’è solo un 20%», sottolinea orgoglioso. Natu-ralmente ci sono anche criticità: «Troviamo moltedifficoltà a convincere partner disposti a investirenelle nostre proposte. Uno scoglio dovuto a un dif-fuso pregiudizio verso il non profit». [L.M.A.]

che lavorano sul fotovoltaico e fra loro,in effetti, molte quelle aderenti a Lega-coopsociali che, come le sorelle di Feder-solidarietà, creano posti di lavoro per per-sone in difficoltà. Non semplici installa-tori: alcune hanno anche creato prototipiinnovativi, come le pale verticali realiz-zate da Protesa (minor impatto paesag-gistico, stessa efficienza). «Intendiamocontinuare ad aggregare la domanda an-che attraverso la grande distribuzione,Coop e Conad, da sempre molto attentaall’ambiente e all’avanguardia sul frontedell’efficienza energetica». Un’attenzioneche del resto sta conquistando altri seg-menti cooperativi. Ad esempio l’autotra-sporto. A Bologna, ad esempio, la Saca(aderente a Federlavoro e Servizi di Conf-cooperative: gestisce trasporto pubblicolocale) ha installato lo scorso anno pan-nelli fotovoltaici su una sua struttura:«Abbiamo cinque mezzi elettrici con iquali portiamo persone e merci anche nelcentro storico del capoluogo. È una sceltache ci ha aperto segmenti di mercato: iComuni apprezzano che lo scuolabus siaelettrico», conclude Rinaldi.

U

Sul tettoIl nuovo impianto fotovoltaicorealizzato sul tetto del magazzinodel Cedis, il consorzio elettrico diStoro in provincia di Trento

VITA13 11 NOVEMBRE 2011

cantieriGreen Innovation

Keywords

FotovoltaicoNel fotovoltaico la produzione dielettricità deriva dall’elaborazionedell’irraggiamento solare da parte dipannelli fotovoltaici, che lo convertono inenergia elettrica. Le celle fotovoltaicheche compongono i pannelli, solitamenterealizzate in silicio, lavorano grazie allaradiazione, trasformando la luce solare inenergia elettrica.

GeotermiaUtilizza il sottosuolo in qualità diserbatoio, da cui estrarre calore in invernoe in cui versare quello in eccesso nei mesiestivi. Con l’installazione di pompe dicalore e sonde, qualsiasi edificio inqualsiasi posizione geografica puòbeneficiare di un riscaldamento eraffreddamento a emissioni zero. Lesonde geotermiche sono di fatto dei tubiinterrati nei quali viene immesso unliquido termoconduttore. È questoliquido che durante l’inverno assorbecalore dal terreno e lo trasferisceall’edificio interessato dall’impianto,mentre d’estate il procedimento s’inverte.

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VITA11 NOVEMBRE 2011 14

cantieriecomondo

RASPARENZA, CONVERSAZIONE, FIDUCIA. Queste sonoparole chiave per stare nei social network, per lepersone come per le aziende. Internet, la rete del-le reti, si alimenta di contenuti e relazioni, met-tendo aziende e stakeholder, persone, in contattodiretto senza filtri e in tempo reale. Aprire Face-book e commentare su una pagina aziendale cri-ticando un edulcorato tentativo di greenwashingo incoraggiando una buona pratica è alla portatadi più di 20 milioni di italiani (questo è il numerodi utenti registrati su Facebook nel nostro Paese).In questo scenario, aziende grandi e piccole han-no un’ottima opportunità per far conoscere le loroattività di Corporate social responsability: attra-

T

I ritardi nella comunicazione aziendale sui nuovi media

Ma online la Csr è ancora poco socialverso il sito web e le piattaforme social possonovalorizzare gli impegni presi, raccontare i progettiin corso e testimoniare i risultati. Con internet e isocial media le aziende hanno anche una spintamaggiore ad occuparsi di Csr: gli stakeholder in-tervengono, fanno sentire la loro voce e creanocontenuti richiamando l’azienda ai temi di re-sponsabilità sociale.

In occasione del disastro ambientale nel Golfodel Messico, la BP ha impiegato sette giorni a darela notizia attraverso il suo account Twitter, men-tre in rete le immagini della marea nera e dellafauna coperta di petrolio facevano il giro del mon-do. Dopo questa prima lenta reazione, nei mesisuccessivi e ancora oggi tutti i canali social azien-dali – Facebook, YouTube, Flickr – sono stati de-dicati a raccontare ora per ora, con parole e im-magini, l’evolversi del disastro ambientale e so-prattutto a mettere in luce l’impegno della BPnella gestione dell’emergenza e nelle attività dibonifica.

E le aziende italiane a che punto sono? Il 27 e28 ottobre sono stati presentati a Venezia i risul-tati dei “Csr Online Awards 2011”, il premio pro-mosso dall’agenzia di comunicazione Lundquistche valuta le principali 220 aziende europee quo-tate in Borsa in termini di performance nel co-municare online la loro responsabilità sociale.Per l’Italia le aziende considerate sono state 50 ela situazione complessiva è di pesante arretra-tezza. I primi tre posti sono stati assegnati nel-l’ordine a Telecom Italia, Fiat Spa e al terzo postoex aequo Eni ed Hera, casi di eccellenza in unoscenario in cui un terzo delle aziende non dà on-line alcuna comunicazione sul suo impatto am-bientale e sociale. Parlando di engagement e social

media, il 70% delle aziende analizzate non è pre-sente su Facebook, Twitter, LinkedIn, YouTubeetc, con canali dedicati alla comunicazione dellaCsr.

Ma qual è la dotazione minima di un’aziendache voglia comunicare in rete il suo impegno ditermini di Csr? Primo: un sito web facile da navi-gare ed usabile, ricco di contenuti che comuni-chino con trasparenza obiettivi e iniziative, com-pleto di notizie aggiornate e risorse per approfon-dire. Da non trascurare la parte di interattività eapertura al dialogo, per esempio dando visibilitàagli indirizzi e-mail, chat o altri canali di contattoper richiedere approfondimenti e chiarimenti sul-l’impegno aziendale. Anche il bilancio di soste-nibilità va orientato alle preferenze degli utenti,che non apprezzano i pesanti documenti in pdfpubblicati una volta all’anno.

Una buona soluzione è la via scelta da Hera,con un sito dedicato alla presentazione del bilan-cio sociale (http://bs.gruppohera.it/), arricchitadi video, grafici ed elementi visivi e resa fruibiledalla navigazione ipertestuale. Superando la di-mensione informativa e passando a quella di re-lazione ed engagement, un blog dedicato – comeper esempio Avoicomunicare (www.avoicomu-nicare.it/) di Telecom Italia, segnalato anche neirisultati dei “Csr Online Awards 2011” – permettedi attivare un canale di scambio e costruire inquesto modo la credibilità e fiducia. Una nota-zione, infine. Responsabilità sociale d’impresa esocial network si intrecciano intimamente nel-l’aggettivo sociale. Da qui l’invito alle aziende aportare a compimento questo legame con unapresenza e una comunicazione continua, senzafermarsi alle buone intenzioni.

di Miriam Bertoli

La schermata del sito di Hera dedicato al bilancio sociale: una best practice

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VITA15 11 NOVEMBRE 2011

cantieriGreen Innovation

ormazione green, parola chiaveper un futuro all’insegna dell’eco-nomia sostenibile. Che non signi-fica necessariamente (e soltanto)

formazione specialistica, ma anche una“contaminazione” in verde di tutti i set-tori tradizionali della formazione. È laconvinzione di Marco Frey, ordinario diEconomia e gestione delle imprese pres-

so la Scuola Supe-riore Sant’Anna diPisa.Green economy,un’occasione di cre-scita per l’econo-mia. E quindi di oc-cupazione. Qualeruolo per la forma-zione?Come sempre un

ruolo importante: creare le competenzenecessarie per trasformare le potenzia-lità di un settore in vere opportunità, al-trimenti la green economy rischia di ri-manere uno slogan. Questa prospettivarichiede di penetrare in maniera capillarein tutto il sistema. Faccio l’esempio deirifiuti: non basta impostare servizi di rac-colta differenziata, ma bisogna anche co-struire filiere per i sottoprodotti che rien-trano nel mercato, ci devono esser capa-cità e competenze che facciano diventarei rifiuti materie prime seconde effettive.

Esiste un’offerta adeguata a livello forma-tivo, in Italia, alle sfide che la rivoluzioneverde pone?

Secondo me sì quantitativamente, maparzialmente dal punto di vista dellaqualità. In generale l’offerta formativatende a muoversi prima della domanda.Non sempre però ciò avviene nel modopiù opportuno: a volte con troppo anti-cipo, sfornando professionalità che spes-so il mercato non è in grado di assorbire.Se si entra poi nel merito, una sfida comequella della green economy richiede diessere capace di fornire una logica d’in-sieme, non solo di formazione speciali-stica.

FSiamo stati precursori in alcuni settori am-bientali, come le energie rinnovabili, maoggi siamo importatori di tecnologia. Col-pa anche di una carenza sul fronte dellaformazione e della ricerca universitaria?

Questa è una questione tipicamente ita-liana. L’Italia è stata precursore in tantiambiti, come i biocarburanti, il fotovol-taico, l’eolico, la geotermia (che è nata inItalia). L’impressione è che poi si sia sper-perata la capacità di innovazione cavutanelle fase nascenti di queste tecnologie.Soffriamo di scarsa capacità di valoriz-zare il nostro intuito, le imprese italianenon sono capaci di crescere e di fare si-stema. La formazione è un pezzo di que-sto discorso: crea le competenze per sa-per valorizzare ciò che si mette in campoe per saper fare sistema deve trasmetterecompetenze per realizzare i progetti nellungo periodo.

A Pisa da molti anni è attivo un mastersull’ambiente in cui la percentuale mediadi placement è pari a 80. La formazionein verde è da consigliare a uno studenteche voglia scegliere uno sbocco con fortiopportunità professionali?

La risposta è sì. Per 15 anni è stato unmaster di primo livello sul controllo e lagestione ambientale. Imprese, società diconsulenza e pubblica amministrazionehanno progressivamente assorbito i pro-fili con competenze gestionali e di siste-ma. Negli ultimi cinque anni ci siamo fo-calizzati su un master di secondo livellosul ciclo integrato dei rifiuti. Anche quiproponiamo un ragionamento di siste-ma, sul ciclo di rifiuti che progressiva-mente deve andare a chiudersi, forniamocompetenze manageriali a livello elevatonel settore. Dal punto di vista dell’offertaformativa forse stiamo anticipando la

di Silvano Rubino

Università & dintorni, parla Marco Frey

Mettiamoci alle spalle gli specialisti del “verde”

Come scegliere il corso giusto

Sociologi e managerl’ecologia non vi separi

A GREEN ECONOMY NEI PROSSIMI ANNI darà lavoro a 170milapersone. Lo rivela uno studio realizzato dal CentroEuropa Ricerche con il contributo del ministero del-l’Ambiente. Il comparto green sta attirando semprepiù investimenti privati (+35% nel biennio 2009/10).Esperti di fonti energetiche alternative, di impiantia basso impatto ambientale, operatori per la ridu-zione dell’inquinamento, bioarchitetti, ecodesigner,sono i professionisti più richiesti. Che si formanonelle università italiane. Non più soltanto con laureee master dedicati, ma con corsi di studio da seguirenell’ambito delle lauree generaliste, a dimostrazionedi quanto i temi della sostenibilità siano trasversali.«Tutta la realtà produttiva deve parlare il linguaggiodelle sostenibilità, il manager super esperto va messoad operare in un contesto consapevole e ricettivo»,spiega Serenella Sala, ricercatrice del Griss - Gruppodi ricerca sullo sviluppo sostenibile del dipartimentodi Scienze dell’Ambiente e del Territorio dell’univer-sità di Milano-Bicocca. Il Griss, nel corso di questi

anni, ha contribuito alla formazione di centinaia diingegneri, architetti, economisti. Ma anche sociologi.«La sostenibilità è sempre più affrontata all’internodel sistema dei consumi. Il sociologo è una figurachiave, da diversi punti di vista: come lettore dellasocietà, come interprete delle sue dinamiche e comeideatore di nuove strategie».

La nona edizione del master Ridef - Rinnovabilidecentramento efficienza energetica - Energia perKyoto, organizzato dal Politecnico di Milano, tieneconto dei nuovi scenari normativi e istituzionali.«Quello energetico è un settore fondamentale poichéviviamo in un contesto mondiale caratterizzato daicambiamenti climatici e dagli alti prezzi dell’ener-gia», afferma Gianni Silvestrini, direttore del master.

A indirizzare nuovi interventi formativi anche lapolitica integrata di prodotto promossa dall’Unioneeuropea per processi produttivi attenti all’impattoambientale del ciclo di vita dei prodotti. La sfida èstata raccolta dalla Scuola di Architettura e Designdell’università di Camerino con la quarta edizionedel master “Eco-Design e Eco-Innovazione”. «Oggilo sviluppo dei prodotti fin dalle prime fasi di con-cept», spiega il direttore Lucia Pietroni, «deve ga-rantire un’elevata qualità prestazionale attraversol’impiego di materiali eco-innovativi e l’utilizzo dicriteri di design guidati dai principi della sostenibilitàambientale». [C.Mo.]

domanda, visto che temo che il settore,soprattutto sul fronte pubblico, non siaancora pienamente maturato.

C’è una grande richiesta di professionalitàa contenuto ambientale anche nei me-stieri tradizionali (architetti, ingegneri,manager). Anche in questo caso, il siste-ma formativo italiano è all’altezza?

La vera sfida della formazione green nonè formare figure specialistiche. È asso-lutamente necessario ragionare in ma-niera intersettoriale. L’esempio degli ar-chitetti è illuminante: il settore dell’edi-lizia sostenibile si sviluppa in manieramolto interessante in modo assoluta-mente trasversale. Le università stannoadeguando la propria offerta con più ri-tardo rispetto alla formazione professio-nale, che è più flessibile, ma in generalec’è un movimento complessivo in questadirezione.

L

MasterEsperti in rifiutiIl master di secondo livello in “Gestione econtrollo dell’ambiente: tecnologie emanagement per il ciclo dei rifiuti” dellaScuola Superiore Sant’Anna di Pisa nascenell’anno accademico 2007/2008 comeprimo ed unico master in Italia cheaffronta il problema del ciclo integratodei rifiuti nel suo complesso e costituisceun’evoluzione del master in “Gestione econtrollo dell’ambiente” tenutosisempre presso la Sssa nei 12 anniprecedenti. È stato concepito con l’obiettivo diformare professionisti in grado di gestireproblemi legati al tema del ciclointegrato dei rifiuti da un punto di vistanon solo tecnico ma anche gestionale edeconomico, grazie a competenzeinterdisciplinari date da una formazionedi eccellenza. Le caratteristiche del master si fondanosu un approccio multidisciplinare ingrado di affrontare in tutti gli aspetti laproblematica legata al ciclo integrato deirifiuti sia urbani che speciali, sia solidiche liquidi.

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AROLA D’ORDINE: RICICLO. UNA VOLTA era del maiale chenon si buttava via niente; oggi l’esigenza si è estesaa tutti gli ambiti della nostra vita: dalla produzioneindustriale all’energia, dai rifiuti domestici all’edi-lizia, dall’acqua agli apparecchi elettronici. Riciclarenon per moda, né per ideologia, ma soprattutto perconvenienza: per vivere meglio innanzitutto, maanche – perché no – per produrre ricchezza, gene-rare sviluppo e contribuire alla sostenibilità del no-stro pianeta. A Ecomondo si parlerà di questo gran-de filone ambientale almeno in due sezioni generali,più una terza monotematica: “Waste”, dedicata alciclo completo del rifiuto (dai sistemi di raccoltaalle tecnologie di gestione, dai criteri di riutilizzo ecommercializzazione fino alla produzione di ener-gia dai rifiuti); “Oroblu + Air”, che unisce il Salonesul trattamento e riuso delle acque a quello dedicatoall’esposizione di tecnologie per il trattamento del-l’aria e dei fumi industriali, e infine “InertTech”, ilSalone sul riciclaggio e riutilizzo dei materiali usatinel mondo delle costruzioni.

Parlano i numeriLe cifre confermano che quello del riciclo è un set-tore in controtendenza rispetto al clima economiconazionale. A dispetto della generale congiunturasfavorevole, ha visto uno sviluppo costante negliultimi anni, facendo segnare ritmi di crescita a trecifre (+134% di recupero in dieci anni solo per i ri-fiuti da imballaggio, dati Conai- Consorzio nazionaleimballaggi) e contribuendo a creare ricchezza e ri-

P

Lo dicono le cifre: solo nel 2010 la raccolta dei rifiuti ha creato beneficiper 1,6 miliardi di euro

sparmio per il sistema-Paese: ben 1,6 miliardi di eu-ro di benefici sono derivati nel 2010 dalle attività diraccolta e riciclo dei rifiuti, e dal 1999 al 2010 il rici-clo ha evitato l’immissione in atmosfera di 63 mi-lioni di tonnellate di anidride carbonica. Senza di-menticare che i Comuni italiani che praticano laraccolta differenziata ricevono dal Conai contributiin denaro proporzionali alla qualità del materialedifferenziato: per esempio, raggiungendo una per-centuale di differenziata del 45% una città con100mila abitanti riceve un milione di euro; un Co-mune con 1 milione di abitanti può arrivare fino a10 milioni.

Plastica, alluminio, vetro, carta ma anche rifiutiorganici, oli esausti e perfino computer e pannellifotovoltaici: si può riciclare di tutto, e praticamenteogni consorzio che riunisce le imprese attive nel re-cupero di un particolare materiale può vantare nu-meri in crescita: il riciclo della plastica è aumentatodel 4,6% dal 2009 al 2010 e coinvolge ben 57 milionidi italiani (dati del consorzio Corepla); +2% nellostesso periodo per la raccolta differenziata della car-ta, che sta arrivando vicino al 100% degli imballaggiriciclati (ben 9 incarti su 10 avviati al recupero, se-condo il Comieco); bene anche il vetro, con una per-centuale del 65% di prodotto riciclato, mentre laraccolta differenziata è cresciuta del 10% nel 2008rispetto al 2007; quasi esaurite le potenzialità dellaraccolta degli oli usati, con il 97% dei materiali av-viati al riciclo nel 2010.

Eccellenza italianaNon è un caso dunque che si sviluppino sempre

più le esperienze, anche imprenditoriali, che sonoriuscite a coniugare sostenibilità e profitto. Tra que-ste spicca la Sabox, azienda italiana con sede a No-cera Superiore che produce packaging e arredi incartone ondulato da materiale riciclato al 100% epromuove un progetto innovativo che consente alleimprese di ridurre l’utilizzo delle risorse non rin-novabili e le emissioni di CO2. «I nostri prodotti incartone hanno le stesse caratteristiche e prestazionidi quelli tradizionali», spiega Massimo Lombardi,Business Development Manager di Sabox. «Ma

cantıerıVITA11 NOVEMBRE 2011 16

di Gabriella Meroni

Riciclareconviene

«Il successo del compost dipende da due fattori:conviene, perché compostare un rifiutoorganico costa il 30% in meno che inviarlo indiscarica, e permette di raggiungere l’obiettivodel 65% di raccolta differenziata, perchéintercetta la parte organica che costituisce il 35-40% dei rifiuti»

David Newman (dg Cic)

ecomondo

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on è solo questione di ambiente.Dentro la filiera della raccolta diffe-renziata, del riuso e del riciclaggioci sono tutti i semi di un vero boomeconomico. Senza bisogno di parti-colari incentivi pubblici (e questonon è un fatto da poco). Parola diGuido Viale, economista, uno deimaggiori esperti del tema rifiuti inItalia.

Riciclaggio e riuso: perché sono unvolàno di sviluppo?

Creano occupazione, creano impresanel senso che i materiali recuperatihanno bisogno di essere trattati e la-vorati da imprese specializzate. So-prattutto il recupero costa molto me-no degli altri metodi tradizionali digestione dei rifiuti. La discarica, segestita in maniera corretta, ha ormaicosti di gestione molto alti; se vienegestita in maniera inadeguata e ille-gale, ha poi costi di bonifica e am-bientali smisurati. Il riuso è anchemolto più economico dell’inceneri-tore, un metodo ormai abbandonatoda tutti i Paesi civili e solo in Italiasembra l’ultimo grido delle tecnolo-gie: in realtà ha costi molto alti, as-solutamente impraticabili senza in-

centivi statali. Esiste una filiera virtuosa del riuso inItalia?

Certo. Comincia con la raccolta dif-ferenziata, che richiede un’elevataintensità di manodopera specializ-zata: una buona raccolta differen-ziata porta a porta non può essereaffidata a manodopera precaria esoggetta a un forte turn over, ma adoperatori che imparano a conoscerele problematiche del territorio. Pro-segue negli impianti di selezione, dinobilitazione del materiale (vetro,plastica, carta). La plastica, ad esem-pio, ha ormai mercati mondiali, unaparte viene esportata in Cina e in In-dia: confluisce nella produzione diimballaggi, visto che questi Paesi so-no grandi produttori di manufattima non hanno a disposizione imbal-laggi di risulta, a causa di un consu-mo interno molto ridotto. Quella cherimane in Italia, se è di buona qualitàpuò essere usata dall’industria tes-sile, se è di qualità inferiore nell’ar-redo urbano, nei mobili per uffici,nella produzione di moquette.

Che tipo di incentivi pubblici serveper far crescere questa filiera?

Non ce n’è bisogno. Serve che gliamministratori si rendano conto di

Guido Viale e l’economia del riuso

Cari imprenditori, questoè il made in Italy del futuro

N

quali sono i processi e i loro costi,scelgano il processo più economicoe più redditizio e che le aziende deirifiuti si attrezzino per farlo. La rac-colta porta a porta richiede che glioperatori vengano formati, ma la to-talità delle aziende non si rende con-to dell’importanza della formazione.Molte delle aziende pubbliche, adesempio in Emilia, gestiscono la rac-colta in subappalto, con aziende conpersonale molto precario. E questoincide sulla qualità della raccoltastessa.

In generale, le imprese italiane sonopronte a questo passaggio nellagreen economy?

Le imprese in Italia sono più avantiche all’estero. Quelle del trattamentodei rifiuti sono attività che si svolgo-no in piccoli impianti decentrati, di-slocati sul territorio, piccoli: è un bu-siness per vocazione adatto alle pic-cole imprese, soprattutto nel settoredella carta e della plastica. L’Italia èpiena di imprenditori che sono di-sposti a lavorare in questo settore, apatto che il materiale venga raccoltoin maniera corretta e purché final-mente cada il mito dell’incenerimen-to. Persino per la frazione residua so-no state ormai messe a punto dellefiliere di recupero, con progetti e bre-vetti italiani. Esiste un impianto inprovincia di Treviso, nel comune diVedelago, che lavora esclusivamentesul mercato, non ha sovvenzionipubbliche e con il materiale residuoriesce a fare prodotti, materiali discarto che servono per cariche inertiper manufatti in cemento, usati alposto della ghiaia. In questo modosi arriva al 100% di utilizzo delloscarto del rifiuto urbano. Abbiamole carte in regola per essere all’avan-guardia nel mondo.

di Silvano Rubino

cantıerıVITA17 11 NOVEMBRE 2011 Riciclare conviene

Keywords

RicicloIn Italia produciamo in media 546 chili di rifiutiall’anno a testa, dei quali ne vengono recuperatisolo 141. Il resto va ad inquinare l’ambiente che cicirconda. Ma il concetto di rifiuto nel terzomillennio deve andare in pensione, perché oggi èpossibile regalare una seconda vita a molti deimateriali e degli oggetti di cui ci disfiamo,imparando a riciclare.

ConsorziHanno saputo guardare oltre il concetto di rifiuto esi occupano di dare a quelli che erano semplicioggetti inutilizzati una nuova vita e una nuovanatura. Trasformando quindi i rifiuti in risorse.Sono molti i soggetti attivi nel mondo del riciclo: dacoloro che si occupano della prima fase, ossia delrecupero di materiali di scarto e del lorosmaltimento, a quelli che hanno reinterpretatoforme e utilizzi tradizionali dei rifiuti in chiavemoderna, facendo di questi oggetti articoli didesign, arredamento, abbigliamento, accessori e,perché no, fonti di energia.

RAEELa sigla RAEE indica i rifiuti di apparecchiatureelettriche ed elettroniche, ossia tutti rifiutiderivanti da dispositivi che per il lorofunzionamento utilizzano energia elettrica, inclusitutti i componenti e i materiali parte integrante delprodotto nel momento in cui si assume la decisionedi disfarsene. Ogni anno in Italia si produconoalmeno 1,5 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici.Sebbene ancora distanti dall’avvio di un’economiaa circolo virtuosa, la raccolta di rifiuti tecnologiciincomincia a registrare anche nel nostro Paeseinteressanti risultati: per i soli rifiuti domesticil’Italia è passata dalle 193mila tonnellate del 2009alle 245mila tonnellate del 2010. Per quantoriguarda invece l’e-waste delle aziende non ci sonoancora dati ufficiali ma la sensibilità delle principaliimprese nazionali sta gradualmente crescendo.

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ICICLANO PURE I FOGLI giàstampati. Come si facevaun tempo. La carta degliuffici comunali già scrittasu una facciata vienepassata infatti ai piccoli

dell’asilo perché possano pasticciareil retro ancora bianco o è riutilizzatadai dipendenti municipali. A Castel-larano, in provincia di Reggio Emilia,le hanno studiate tutte pur di ridurrei rifiuti, riciclare quanto più materialepossibile e incentivare, soprattutto,stili di vita a impatto zero. Ammini-stratori e abitanti, 15mila anime, han-no fatto proprio il postulato del pa-dre della chimica moderna, Antoinede Lavoisier: nulla si crea, nulla si di-strugge, tutto si trasforma. E non daoggi. Due anni fa, solo per fare unesempio, hanno festeggiato il decen-nale del Laboratorio di Archimede,il centro di riciclaggio nato per pro-

Rmuovere il recupero di beni di scartoe per sviluppare la manualità e lacreatività sia degli alunni che degliadulti e degli anziani del paese.

Il Comune, oltre a effettuare ac-quisti verdi socialmente responsabili– è il caso della carta riciclata – uti-lizza il compost nella progettazionedel verde pubblico. L’amministrazio-ne sta puntando inoltre, sempre sulfronte del compostaggio, sull’asse-gnazione di incentivi per agevolarel’acquisto delle compostiere. Grazieal sostegno di Enìa spa, società diraccolta dei rifiuti, sarà erogato in-fatti un contributo pari al 70% delcosto complessivo dei contenitoriper la frazione organica. L’iniziativaprevede anche l’intervento delleGuardie giurate ecologiche volonta-rie. Queste ultime, in particolare,avranno il compito di verificare ilcorretto utilizzo della compostierada parte delle famiglie.

Castellarano poi effettua la raccol-

di Francesco Dente

Il caso scuola del Comune reggiano

Castellarano non butta via niente

Coinvolti anche i bambini

Avellino, la capitale del Suddella raccolta differenziata N SACCHETTO DI RIFIUTI differen-

ziati sarà il lasciapassare. Carta,plastica ma anche alluminio opile esauste. I bambini che vor-

ranno accedere non dovranno far altroche consegnarli all’ingresso e le porte diRiciclandia, il parco divertimenti di Avel-lino, si spalancheranno.

Al di là dei cancelli troveranno scivolie giostre ma soprattutto 3mila metri qua-drati di verde attrezzati solo con sistemie arredi a basso impatto ambientale. Dal-le illuminazioni a Led agli impianti peril recupero e il riutilizzo per l’irrigazionedelle acque piovane, dai giochi eco-com-patibili ai gazebo alimentati da pannelliad energia solare. «Partiamo dai bambiniperché crediamo che la premialità sia lamiglior leva per incentivare le famigliea impegnarsi sempre di più nella raccolta

Udifferenziata», spiega Gianluca Festa, as-sessore all’Ambiente e vicesindaco delcomune campano.

Il capoluogo irpino con il 67% svettainfatti fra le città italiane con la percen-tuale più alta di differenziata. Riciclan-dia, che sarà realizzata con risorse regio-nali, sorgerà in una zona abbandonatadella città e ospiterà anche un centro perl’educazione ambientale aperto a tuttele scolaresche della provincia e un’areariservata proprio alla raccolta e allo stoc-caggio di ogni tipo di materiale riutiliz-zabile.

«L’idea di fondo che ci ha ispirato èstata quella di provare a educare i citta-dini a non vedere con timore gli spaziper la gestione dei rifiuti o degli scarti.Ci sforziamo di passare dal Nimby alPimby», sottolinea Festa. [F.D.]

ta porta a porta della carta almenouna volta alla settimana e ha sotto-scritto una convenzione con un’a-zienda locale per il recupero degliinerti, i laterizi ad esempio. Non fi-nisce qui. Nelle scuole e nelle mensescolastiche cittadine non si beve piùacqua minerale ma quella del rubi-netto – l’acqua del sindaco – che tuttipossono avere gratuitamente nei varipunti di distribuzione. Sono stateistituite infine le EcoFeste. Possonofregiarsi di questo titolo gli appun-tamenti che rispettano il requisitodella riduzione degli impatti generatidai vari servizi di accoglienza e risto-ro, attraverso la previsione di un’ap-posita organizzazione finalizzata alladiminuzione della produzione di ri-fiuti, al riuso e al riciclo. Grazie a que-ste buone pratiche, il paesino emi-liano è risultato vincitore assolutodell’edizione 2011 del premio “Co-muni a 5 stelle”, assegnato dall’As-sociazione dei Comuni virtuosi.

sono ecologici e a impatto ambientale ridotto, cer-tificato e riconosciuto anche da Legambiente. Chili acquista può dunque comunicare al cliente finalel’ammontare di risorse – acqua, energia, CO2 – ri-sparmiate grazie all’utilizzo dei nostri prodotti».Un valore aggiunto che convince sempre più im-prese, dice Lombardi, anche perché i manufattigreen oggi costano come quelli tradizionali. Alme-no nel caso della Sabox, per cui questa è stata unascelta: «Per noi il prodotto ecologico comporta uncosto aggiuntivo», ammette Lombardi, «ma abbia-mo deciso di non scaricarlo sul cliente, anzi, dicoinvolgerlo in un progetto più ampio». Il «pro-getto più ampio», appena nato, si chiama “GreenerItalia” (www.sustainableturn.com), una societàche garantisce l’intera filiera produttiva di un’a-zienda, che così si ritrova le carte in regola per ac-cedere a un mercato globale in cui l’aspetto delleemissioni in atmosfera di CO2 riveste sempre mag-giore importanza: «Abbiamo un accordo con l’or-ganizzazione governativa inglese Carbon Trust checi ha concesso la licenza di un software specialeper calcolare le emissioni dirette e indirette di gasserra che derivano dalle attività di impresa», con-clude il manager Sabox, «le aziende con un’im-pronta ecologica “leggera” così certificata diven-tano più competitive a livello mondiale».

Il passo è breveDal cartone al compost il passo può sembrare lun-go, ma se lo si vede dal punto di vista del riciclo siaccorcia. Si parte infatti dalla raccolta differenziata:della carta nel caso del cartone, e della frazioneumida, cioè degli scarti di cibo, nel caso del com-post. Anche qui se ne occupa un Consorzio, il Cic(Consorzio italiano compostatori), che riunisce uncentinaio di imprese ed enti pubblici produttori diquesto fertilizzante naturale utilizzato in orticol-tura, frutticoltura, coltivazioni industriali, floro-vivaismo e per realizzare aree naturalistiche o diverde pubblico. «L’Italia è al secondo posto in Eu-ropa per questo tipo di produzione, pur non con-tando su nessun incentivo pubblico», spiega il di-rettore generale David Newman. «Il successo delcompost dipende da due fattori: conviene, perchécompostare un rifiuto organico costa il 30% in me-no che inviarlo in discarica, e permette di raggiun-gere l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata,perché intercetta la parte organica che costituisceil 35-40% del totale dei rifiuti».

Il compost, la cui produzione inizia da noi nel1993 in 10 impianti, esce oggi da oltre 230 stabili-menti, il 40% dei quali è certificato. E le potenzia-lità di sviluppo sono enormi: «Oggi trasformiamocirca 3,5 milioni di tonnellate di rifiuti organici sui12 milioni prodotti», aggiunge Newman.

VITA19 11 NOVEMBRE 2011

cantıerıRiciclare conviene

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ATRÌCA, MADRE in dialettogallurese, è il nome delpezzo di pasta inaciditada cui un tempo si ri-cavava il lievito. Lemassaie sarde, la sera

prima del giorno scelto per fare il panein casa, scioglievano la matrìca con unpo’ d’acqua calda, aggiungevano unpizzico di farina. Il mattino successivo illievito era pronto.

Matrìca è il nome della società costi-tuita da Polimeri Europa (Eni Group),l’azienda proprietaria del sito industrialedi Porto Torres, e da Novamont, leadermondiale nel mercato delle plastichebiodegradabili, per rilanciare ilpetrolchimico sardo. L’obiettivo dellajoint venture è lo stesso del lievito:tornare a far crescere un impianto (conl’eccezione del settore gomme) e un ter-ritorio in crisi da anni. La riconversione,in particolare, prevede il passaggio dallematerie prime fossili a quelle biologiche.In una battuta, dal petrolio al mais. PortoTorres diventerà infatti un polo di chim-ica verde per la produzione di biochem-icals (bio-intermedi, bio-plastiche, bio-lubrificanti e bio-additivi) partendo, ap-

Mpunto, da materie prime di origine veg-etale. Prodotti della terra, questa lanovità più interessante, coltivati in loco.

«Quello che Novamont intende real-izzare insieme a Polimeri Europa è lapiena implementazione del “Modello dibio-raffineria integrata nel territorio”.Lavoreremo a stretto contatto con ilmondo agricolo, industriale, isti-tuzionale e accademico», spiega CatiaBastioli, ceo di Novamont e amministra-tore delegato di Matrìca. In base al rap-porto di Lux Research pubblicato nel set-tembre 2010 il settore dei biochemicalscrescerà del 17,7% l’anno fino a raggiun-

gere 8,1 milioni di tonnel-late nel 2015.

La strada è lunga, però.L’attuale capacità produt-tiva mondiale di bioplas-tiche, a fronte di 250 mil-ioni di tonnellate di plas-tiche convenzionali diorigine petrolchimica, èinfatti solo di un milionedi tonnellate annue. Leplastiche biologiche han-no tuttavia un alto poten-ziale di sostituzione diquelle tradizionali. Ibiopolimeri, tecnica-

mente, potrebbero sostituire infatti benl’84% delle materie plastiche da fontepetrolifera. Basti pensare allo spazio dimercato che si sono già ritagliati nel set-tore alimentare grazie alle posate e agliimballaggi, nell’ambito della gestione deirifiuti con le buste per la spesa e per laraccolta degli scarti organici e, infine,dell’agricoltura, principalmente con i teliper la pacciamatura. «Puntiamo a farcrescere un nuovo settore chiave dell’e-conomia italiana creando un circolo vir-tuoso basato sull’innovazione tecnolog-ica e sui bioprodotti sostenibili con unbasso impatto ambientale e un’elevata

integrazione con il territorio. Siamo certiche questo sarà un modello industrialeda esportare», sottolinea Daniele Ferrari,ceo dell’azienda controllata dal gruppoEni e presidente della joint venture.

Il progetto di riqualificazione del sitoindustriale sardo prevede un investi-mento di 500 milioni di euro per lacostruzione di sette impianti in cinqueanni; la nascita di un centro ricerche e larealizzazione, da parte di Eni, di una cen-trale elettrica a biomasse (l’investimentostimato è circa 230 milioni di euro). Nellostabilimento di Porto Torres operano at-tualmente circa 560 dipendenti diPolimeri Europa. Nel 2016, quando il po-lo verde sarà a regime, saranno impeg-nate nel complesso 685 unità. Numeri aiquali vanno aggiunti, per un periodo lim-itato ma piuttosto lungo, quelli del per-sonale che gestirà le attività di bonificarelative alla chiusura di diversi impiantiattuali di chimica tradizionale e quellidell’indotto, stimato da Matrìca in circa250-300 persone in media all’anno. Leforze sociali, imprenditoriali e politichesarde guardano con favore alla nascitadel polo verde nella parte settentrionaledell’isola. A Porto Torres si è scommessoinfatti sull’innovazione di prodotto e diprocesso e sulla sostenibilità.

La rinconversione del polo sardo firmata Eni-Novamont

La raffineria a mais che cambierà faccia a Porto Torresdi Francesco Dente

VITA 11 NOVEMBRE 2011

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USCITA DALLA CRISI? Passa per forzaattraverso la green economy. Se-dere al ministero dell’Ambiente,quindi, non è più soltanto una

questione di tutela, ma di strategie chepossono costruire ricette per lo sviluppofuturo. Ne è convinto il ministro StefaniaPrestigiacomo che in questa intervista aVita spiega in che direzione immaginadebba andare la “eco-revolution” lancia-ta a Ecomondo.

Ministro Prestigiacomo, sono giorni caldisul fronte economico, con una crisi chesembra aggravarsi e la difficoltà a trovaresoluzioni. A Rimini, però, la ricetta è moltochiara: green economy. È davvero la so-stenibilità la soluzione per un’economiache imbocchi finalmente la ripresa?

È certamente l’economia del futuro. Lesue potenzialità vanno sfruttate appienoin un momento di crisi come quello chestiamo vivendo. In questo contesto la so-stenibilità degli investimenti può esserela chiave di volta della ripresa. È neces-sario da un lato guardare alle enormi ri-sorse ambientali, paesaggistiche e natu-ristiche non solo e non soltanto come be-ni da conservare e preservare, ma comepossibili volàni dello sviluppo; dall’altrooccorre avere la consapevolezza che lescelte di fondo, in materia di politica in-dustriale e per la crescita economica, de-vono tener conto della disponibilità dellerisorse e dell’esigenza di razionalizzare erendere sempre più efficiente il loro im-piego, puntando per il futuro con deci-

L’sione su settori dalle grandi potenzialità,e quindi in primo luogo sulle energie rin-novabili.

Oggi si stimano circa 380mila cosiddetti“occupati verdi”. Un numero destinato acrescere, nel futuro. Come incentivare unsettore che può aiutare a creare posti dilavoro?

È necessario garantire agli investitori pri-vati e pubblici una cornice normativa cer-ta, entra la quale potersi muovere congaranzie precise sui tempi delle decisio-ni.

A suo parere è diffusa, tra le imprese ita-liane, la consapevolezza che la sostenibi-lità non è un vincolo, ma anzi un’occasionedi crescita?

Le aziende che operano nel settore stan-no dimostrando di aver compreso la por-tata della scommessa sulle rinnovabili esulla sostenibilità ambientale. Non sol-tanto le grandi aziende, ma anche quelledi piccole e medie dimensioni hanno fat-to grandi investimenti nella riconversio-ne industriale e in programmi di rispar-mio e di efficienza energetica. In parti-colare, quelle che operano nel settoredella produzione di energia da fonti rin-novabili hanno dimostrato di saper staresul mercato, orientando gli investimentiverso produzioni di nicchia e di eccellen-za. Anche in questo caso bisogna puntaresull’innovazione e sugli investimenti nel-la ricerca e nello sviluppo delle nuovetecnologie.

Lei è stata protagonista, nelle scorse set-timane, di battaglie anche accese in senoal governo per vedere riconosciuti al suo

ministero fondi adeguati. È possibile fareuna politica pubblica lungimirante sulfronte dell’ambiente in tempi di tagli comequesti?

Con il governo Berlusconi per la primavolta anche le politiche per l’ambientesono diventate politiche del fare l’am-biente. Naturalmente bisogna fare i conticon le esigenze di contenimento dellaspesa pubblica ma oggi, fatti i tagli, biso-gna puntare allo sviluppo e lo sviluppopossibile, capace di creare ricchezza enuovi posti di lavoro duraturi, passa perla green economy. È in questo settore chebisogna investire.

Uno dei temi portanti di Ecomondo è quel-lo delle smart city, le città sostenibili. Qualisono i fronti in cui il nostro Paese deve la-vorare di più per arrivare a portare anchele sue città nel novero di quelle più all’a-vanguardia su questo fronte?

C’è una questione complessiva di qualitàdella vita dei cittadini che bisogna mi-gliorare. Il problema delle emissioni at-

di Silvano Rubino

Dialogo con Stefania Prestigiacomo

«Lo sviluppo in greenè la vera ricettaanti crisi». Ancheil ministro scommettesull’eco-revolution

mosferiche è una parte della questione,la più importante, ma non l’unica. Ac-canto a questa c’è un problema di mobi-lità urbana che va affrontato e risolto, conricette che debbono essere diverse se-condo le problematiche che le singolecittà presentano, ma dentro ad una stra-tegia nazionale complessiva. È il motivoper cui il ministero dell’Ambiente ha scel-to di favorire la mobilità a due ruote, per-ché è mobilità ecologica, quella più eco-logica, che fa bene alla salute e all’am-biente. Il ministero ha operato in questadirezione con un’ampia gamma d’inter-venti, sul piano dei finanziamenti, degliinvestimenti e della ricerca e sullo svi-luppo di nuove tecnologie. Lo ha fattoperché crede nel valore strategico chehanno gli interventi sul sistema della mo-bilità nell’ambito della complessiva bat-taglia per l’ambiente. Perché promuoverel’uso delle due ruote non è solo una scel-ta salutista che spero induca sempre piùpersone a lasciare a casa l’automobile, èun tassello in un disegno più grande ecomplessivo che punta a migliorare laqualità dell’aria delle nostre città e cheincide anche sugli impegni internazionalidel nostro Paese.

Rifiuti. Un argomento a cui si affianca sem-pre il termine “emergenza”. Come uscireda questa logica? Come fare in modo chea diventare prevalente sia finalmente lalogica della riduzione dei rifiuti e quelladel riuso, anche in una logica economica?

Il problema generale è quello del passag-gio, sull’intero territorio nazionale, da unsistema di conferimento in discarica alciclo coordinato dei rifiuti previsto dallanormativa comunitaria, raggiungendostandard di differenziata (che già esisto-no su ampie porzioni del territorio delloStato) in maniera uniforme. Ma in pro-spettiva ciò a cui bisogna lavorare è unadifferente educazione alla produzionedel rifiuto, incentivando i meccanismidel riuso, limitando od eliminando glisprechi, per giungere ad una complessivadiminuzione del rifiuto prodotto. Biso-gna lavorare molto sul fronte dell’educa-zione ambientale, soprattutto verso lenuove generazioni, che sono più sensibilia queste tematiche e saranno poi i citta-dini del futuro.

VITA23 11 NOVEMBRE 2011

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