Visita a Pisa
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DUOMO
La prima attestazione della cattedrale risale al 748, anche se ben più antica doveva essere la chiesa
vescovile, vista l’attestazione di un vescovo pisano a partire dal 313 d.C. Scavi archeologici recenti
hanno permesso di individuare i resti di un grande edificio ecclesiastico precedente alla fabbrica
romanica, ma datato al X secolo e quindi non coincidente con quello presente in documenti di
epoca longobarda.
La cattedrale romanica di Piazza dei Miracoli è stata fondata nel 1064, secondo la tradizione
all’indomani della vittoria dei Pisani sulla città di Palermo. Il cantiere fu diretto fino al 1100
dell’architetto Buscheto, mentre per la fase finale, corrispondente al prolungamento della navata
e all’erezione della facciata, il nuovo magister fu Rainaldo. Nel 1118 il Duomo fu consacrato da
papa Gelasio II, quando molto probabilmente l’edificio non era stato ancora completato.
La basilica ha una pianta a croce latina, con cinque navate con abside e transetto. Il paramento
esterno, con marmi di provenienze diverse, si caratterizza per l’alto numero di reimpieghi, con
elementi architettonici e iscrizioni di epoca romana. Sui lati della navata si notano due tipi di
paramento che indicano la fase buschetiana e il completamento rainaldesco. La facciata è
organizzata inferiormente in sei arcate cieche a tutto sesto su colonne con capitelli. Le due
colonne centrali, entro le quali si apre il portale principale, sono lavorate a girali fitomorfi. Tarsie
policrome arricchiscono le losanghe collocate al centro delle arcate e gli spazi superiori di
congiunzione tra gli stessi archi. Superiormente la facciata si sviluppa su quattro ordini di loggette
sostenute da colonne, molte sostituite nel ‘500 e nell’800. Il fregio superiore della prima galleria
decorato in rilievo con scene di caccia è attribuibile alle botteghe di Guglielmo e Rainaldo.
Le porte in bronzo della facciata furono realizzate da diversi artisti fiorentini nel XVII secolo,
mentre la Porta di San Ranieri, posta sul retro di fronte al campanile, fu fusa intorno al 1180 da
Bonanno Pisano, essendo l’unica scampata all'incendio del 1595.
La basilica ha una pianta a croce latina, caratterizzata da cinque navate, con abside e transetto a
tre navate.
La navata centrale è composta da colonne monolitiche in granito con capitelli scolpiti di XI-XII
secolo. Al di sopra vi sono i matronei, scanditi da trifore che corrono anche lungo il transetto. Sulla
campata centrale si alza la cupola ellittica affrescata con la Vergine in gloria e santi di Orazio
Riminaldi (1627-1628). Il soffitto dorato e intagliato a lacunari, che si estende nella navata
centrale, nel transetto e nel presbiterio fu eseguito da Domenico e Bartolomeo Atticciati tra il
1596 e il 1602. Sulle pareti della navata centrale si aprono quattordici vetrate risalenti al XV
secolo, raffiguranti le storie dell’Antico Testamento. In prossimità del pilastro del transetto è
collocato il bel pulpito scolpito di Giovanni Pisano (1302-1310). La struttura è di forma ottagonale
e composta da nove plutei istoriati raffiguranti episodi della vita di Cristo e della Vergine e il
Giudizio Universale, sostenuti da mensole con Profeti e Sibille, da colonne con capitelli intagliati e
da statue simboleggianti le Virtù della Chiesa. All’interno vi si può inoltre ammirare il grande
mosaico absidale raffigurante Cristo benedicente con la Vergine e S. Giovanni Evangelista, opera di
Francesco, Lapo e completato con il volto di San Giovanni da Cimabue nel 1302. Tra le opere
medioevali figurano la duecentesca Madonna di sotto gli organi, attribuita al volterrano
Berlinghiero Berlinghieri, la Madonna con Bambino del Maestro di San Torpè affrescata nell'arco
trionfale, il pavimento cosmatesco in tarsie marmoree (metà del XII secolo).
Numerosi e pregiati sono gli affreschi e gli arredi cinque- e seicenteschi dislocati sugli altari laterali
e nel presbiterio.
Fu iniziata nel 1063 (1064 secondo il calendario pisano all'epoca vigente) dall'architetto Buscheto,
con la decima parte del bottino dell'impresa pisana in Sicilia nel porto di Palermo contro i
Musulmani (1063). Vi si fondono elementi stilistici diversi: classici,lombardo-emiliani, bizantini ed
in particolare islamici, a riprova della presenza internazionale dei mercanti pisani a quei tempi. In
quello stesso anno veniva iniziata anche la ricostruzione della basilica di San Marco a Venezia, per
cui può anche darsi che vi fosse stata all'epoca una rivalità tra le due Repubbliche marinare a
creare il luogo di culto più bello e sontuoso. La chiesa fu eretta in un'area esterna alla cinta
muraria altomedioevale, a simboleggiare proprio il potere di Pisa che non necessitava protezioni.
La zona scelta era già utilizzata in epoca longobarda come necropoli e, già nei primi anni dell'XI
secolo, fu eretta una chiesa mai terminata che doveva essere intitolata a Santa Maria. La nuova
grande chiesa di Buscheto, infatti, viene inizialmente chiamata Santa Maria Maggiore fino a
quando non viene definitivamente intitolata a Santa Maria Assunta. Nel 1092 la chiesa, da
semplice cattedrale, passa ad essere primaziale, essendo stato conferito il titolo
di primate all'arcivescovo Daiberto dapapa Urbano II, onorificenza oggi soltanto formale. La
cattedrale fu consacrata nel 1118 dal papa Gelasio II, appartenente al ramo pisano dei Gaetani
(o Caetani), conti di Terriccio e d'Oriseo, ma già nella prima metà del XII secolo fu ampliato sotto la
direzione dell'architetto Rainaldo cui spetta il progetto dell'attuale facciata, conclusa dalle
maestranze guidate dagli scultori Guglielmo e Biduino. L'aspetto attuale del complesso edificio è il
risultato di ripetute campagne di restauro succedutesi in diverse epoche. I primi radicali interventi
seguirono il disastroso incendio del 1595, a seguito del quale fu rifatto il tetto e furono eseguite le
tre porte bronzee della facciata, opera di scultori della bottega di fra Domenico Portigiani, tra
cui Gasparo Mola e Pietro Tacca; a partire dal Settecento iniziò il progressivo rivestimento delle
pareti interne con grandi dipinti su tela, i "quadroni" con Storie di beati e santi pisani, eseguiti dai
principali artisti dell'epoca grazie all'iniziativa di alcuni cittadini che si autofinanziarono creando
un'apposita attività commerciale.
Tra i vari interventi degni di nota va segnalato lo smantellamento del pergamo di Giovanni
Pisano che venne riassemblato solo nel 1926 in una diversa posizione e con diverse parti mancanti,
tra cui la scala, e lo smantellamento del monumento ad Arrigo VII realizzato da Lupo di
Francesco che si trovava di fronte alla porta di San Ranieri e successivamente sostituito da una
versione semplificata e simbolica. Gli interventi successivi si ebbero nel corso dell'Ottocento ed
interessarono sia le decorazioni interne sia quelle esterne, che in molti casi, specie per le sculture
della facciata furono sostituite da copie (gli originali sono al Museo dell'Opera del duomo).
L'edificio che in origine era a croce greca con all'incrocio dei bracci una grossa cupola, oggi è a
croce latina a cinque navate con abside e transetto a tre navate, all'interno suggerisce un effetto
spaziale simile a quello delle grandi moschee islamiche, grazie all'uso di archi a sesto rialzato,
all'alternanza di fasce in marmo bianco e nero e all'insolita cupola ellittica, di ispirazione moresca.
La presenza dei duematronei rialzati nelle navate, con le solide colonne monolitiche di granito, è
un chiaro segno di influenza bizantina. L'architetto Buscheto aveva accolto stimoli
dal Levanteislamico e dall'Armenia.[1]
La ricchissima decorazione comprende marmi multicolori, mosaici e numerosi oggetti di bronzo
provenienti dal bottino di guerra, fra cui ilGrifo utilizzato come est del tetto, preso
a Palermo nel 1061. Gli archi a profilo acuto fanno riferimento ad influenze musulmane e del
meridione d'Italia. Le arcate cieche con losanghe richiamano le analoghe strutture delle chiese
dell'Armenia. La facciata di marmo grigio e bianco, decorata con inserti di marmo colorato, fu
edificata da mastro Rainaldo. I tre portali sottostanno a quattro ordini di loggette divise da cornici
con tarsie marmoree, dietro i quali si aprono monofore, bifore e trifore. Le porte della facciata
in bronzo massiccio furono realizzate da diversi artisti fiorentini nel XVII secolo. Contrariamente a
quanto si potrebbe pensare, fin dai tempi antichi i fedeli entravano nel Duomo attraverso la porta
di San Ranieri, posta sul retro nell'omonimo transetto, di fronte al campanile. Questo perché i
nobili della città si recavano alla cattedrale venendo da via Santa Maria che conduce proprio a quel
transetto. Tale porta fu fusa intorno al 1180 da Bonanno Pisano, e unica porta scampata
all'incendio del 1595 che danneggiò pesantemente la chiesa. La porta di San Ranieri è decorata
con 24 formelle raffiguranti storie del Nuovo Testamento. Questa porta è una delle prime
prodotte in Italia nel Medioevo, dopo l'importazione di numerosi esempi da Costantinopoli,
(ad Amalfi, a Salerno, a Roma, a Montecassino, a Venezia...) e vi si ammira una sensibilità tutta
occidentale, che si stacca dalla tradizione bizantina. Sopra le porte ci sono quattro file di gallerie
aperte, con, in cima, la Madonna con Bambino e, negli angoli, i quattro evangelisti. La tomba di
Buscheto si trova a sinistra della porta nord della facciata.
L'interno, suddiviso anteriormente in 5 navate e con transetto e abside a 3 navate, è rivestito di
marmi bianchi e neri, con colonne monolitiche di marmo grigio e capitelli di ordine corinzio. Ha un
soffitto a cassettoni dorati seicenteschi, in legno dorato e dipinto, dei fiorentini Domenico e
Bartolomeo Atticciati; reca dorato lo stemma dei Medici. Presumibilmente l'antico soffitto
presentava una struttura con capriate lignee a vista.
Nel punto di incontro tra i transetti e il corpo centrale si innalza la cupola affrescata con la Vergine
in gloria e santi dai pisani Orazio e Girolamo Riminaldi (1627-31).
Le colonne granitiche in stile corinzio fra la navata e l'abside provengono dalla moschea diPalermo,
bottino della battaglia nella Cala dai Pisani nel 1063.
Il grande mosaico absidale del Cristo in trono tra la Vergine e san Giovanni è reso famoso dal volto
di san Giovanni, di Cimabue nel 1302 e sopravvisse miracolosamente all'incendio del 1595. Proprio
quel San Giovanni Evangelista fu l'ultima opera realizzata da Cimabue prima della morte e l'unica
di cui esista una documentazione certificata. Evoca i mosaici delle chiese bizantine e anche quelle
normanne, come Cefalù e Monreale, in Sicilia. Il mosaico, in buona parte realizzato daFrancesco da
Pisa fu terminato da Vincino da Pistoia con la raffigurazione della Madonna sulla parte sinistra
(1320).
Tra le opere medievali scampate all'incendio figurano l'affresco con Madonna con Bambino del
pisano Maestro di San Torpè nell'arco trionfale, e sotto di esso il pavimento cosmatesco, vera
rarità fuori dai confini del Lazio. Fu realizzato in tarsie marmoree con motivi geometrici ad "opus
alexandrinum" (metà del XII secolo). Altri frammenti di affreschi tardo medioevali sono
sopravvissuti, tra i quali San Girolamo su uno dei quattro piloni centrali e San Giovanni Battista,
un Crocifisso e San Cosimo e Damiano sul pilone vicino alla porta di ingresso, parzialmente
nascosto dalla bussola.
Il pergamo, capolavoro di Giovanni Pisano (1302-1310), sopravvissuto all'incendio, fu però
smontato durante i lavori di restauro e non fu rimontato fino al 1926. Con la sua articolata
struttura architettonica e la complessa decorazione scultorea, l'opera è una delle più vaste
narrazioni per immagini trecentesche che riflette il rinnovamento ed il fervore religioso dell'epoca.
Nelle formelle, leggermente ricurve, sono scolpiti con un linguaggio espressivo gli episodi
della Vita di Cristo. La struttura poligonale, come gli analoghi esempi precedenti, nelbattistero di
Pisa, nel duomo di Siena ed nella chiesa di Sant'Andrea di Pistoia, ma per la prima volta i pannelli
sono leggermente incurvati, dando un'idea di circolarità nuova nel suo genere. Altrettanto originali
sono:
la presenza di cariatidi, figure scolpite al posto delle semplici colonne, che simboleggiano le Virtù;
l'adozione di mensole a volute in luogo degli archetti per sostenere il piano rialzato;
il senso di movimento, dato dalle numerosissime figure che riempiono ogni spazio vuoto.
Per queste qualità unite alla sapiente arte narrativa delle nove scene è generalmente considerato
il capolavoro di Giovanni e più in generale della scultura gotica italiana.
Il pergamo commissionato a Giovanni sostituì uno precedente, realizzato da Guglielmo (1157-
1162), che fu inviato nel duomo di Cagliari.
Non essendoci documentazione di come fosse il pergamo prima dello smantellamento, esso è
stato ricostruito in una posizione diversa da quella originaria e, sicuramente, con le parti non nello
stesso ordine e orientamento di come era stato pensato. Non si sa se possedesse o meno una
scala sempre in marmo.
La chiesa conserva inoltre le reliquie di san Ranieri, patrono di Pisa, e la frammentaria tomba
di Arrigo VII di Lussemburgo, imperatore del Sacro Romano Impero, morto
a Buonconvento mentre assediava invano Firenze. La tomba, anche questa smontata e
ricomposta, fu scolpita da Tino da Camaino nel 1313-1315) ed è ora collocata nel transetto destro,
mentre in origine era posta al centro dell'abside, come segno della fede ghibellina della città.
Successivamente spostata più volte per questioni politiche, venne anche separata in più parti
(alcune dentro la chiesa, alcune sulla facciata, alcune nel Campo Santo, adesso nel Museo
dell'Opera).
I 27 dipinti che rivestono la tribuna dietro l'altare maggiore, raffiguranti Episodi del Vecchio
Testamento e Storie cristologiche, furono eseguiti tra il XVI ed il XVII secolo dai maggiori pittori
toscani, tra cui Andrea del Sarto (tre tele, Santa Agnese, le Sante Caterina e Margherita e i Santi
Pietro e Giovanni Battista) il Sodoma e Domenico Beccafumi (Storie di Mosè ed Evangelisti).
Numerosi e pregiati sono gli arredi seicenteschi, tra cui il Crocifisso bronzeo, sull'altare maggiore, e
gli Angeli portacandelabro all'estremità della ricca transenna marmorea, del Giambologna, oltre al
grande ciborio in argento ideato da Giovan Battista Foggini (1678-86) sull'altare della cappella del
Santissimo Sacramento. Sui numerosi altari laterali sono collocati dipinti cinque-seicenteschi.
Particolarmente venerata è l'immagine della duecentesca Madonna col Bambino, detta Madonna
di sotto gli organi, attribuita al volterrano Berlinghiero Berlinghieri.
L'edificio, come la torre campanaria, è sprofondato percettibilmente nel suolo, e alcuni dissesti
nella costruzione sono ben visibili, come le differenze di livello tra la navata di Buscheto e il
prolungamento ad opera di Rainaldo (le campate verso ovest e la facciata).
Le originali gradùle del Duomo, ad opera della taglia di Giovanni Pisano e risalenti alla fine del XIII
secolo, furono sostituite nel 1865 e sostituite dall'attuale sagrato. Queste gradùle, consistevano in
muraccioli, decorati a riquadri scolpiti con figure di animali e teste, a ridosso del perimetro esterno
della cattedrale e servivano come base per i numerosi sarcofagi di epoca romana che, durante
l'epoca medioevale, venivano reimpiegati per le sepolture dei nobili (tra i quali spicca Beatrice di
Canossa) e degli eroi. Attualmente alcuni frammenti sono visibili al Museo dell'Opera del duomo,
mentre i sarcofagi furono tutti spostati all'interno del recinto del Campo Santo.
All'interno del duomo si trovano l'organo Serassi, costruito tra il 1831 e il 1835, nonché il più
moderno organo realizzato nel 1977 dalla ditta Mascioni di Cuvio.
All'interno del Duomo di Pisa è possibile osservare due eventi astronomici: il primo segnala il
mezzogiorno solare pisano nel giorno dell'equinozio, l'altro invece scandisce il mezzogiorno solare
pisano del 25 marzo, giorno che storicamente coincideva con il Capodanno pisano. Attualmente, i
due eventi si verificano pertanto alle ore 12:27 in presenza dell'ora solare oppure alle ore 13:27 in
presenza dell'ora legale.
Per alcuni istanti, in concomitanza del mezzogiorno solare, un raggio di sole penetra all'interno
della cattedrale attraverso una vetrata che si apre al di sopra dell'altare dedicato a San Ranieri.
Mentre nel giorno dell'equinozio il raggio di sole va ad illuminare i riquadri marmorei del
pavimento in prossimità dell'altare, nel giorno dello storico Capodanno pisano l'obiettivo del
raggio solare penetrato in chiesa è l'illuminazione dell'uovo marmoreo collocato sulla colonna a
fianco del pergamo di Giovanni Pisano.[2]
Il lampadario per incenso al centro della navata è detto di Galileo Galilei, perché la leggenda vuole
che il grande scienziato abbia formulato la sua teoria sull'isocronismo delpendolo guardandone
l'oscillazione dal soffitto della navata. L'originale, diverso e molto più piccolo, però si trova oggi
nella cappella Aulla in Campo Santo.
Sul lato nord, a sinistra della facciata davanti al Campo Santo, ad altezza dello sguardo si trova un
pezzo di marmo di origine romana (come testimonia la decorazione a motivi vegetali che si può
ancora vedere in parte a lato), sul quale sono presenti una serie di buchini neri. Secondo la
leggenda si tratterebbe dei segni lasciati dal diavoloquando si arrampicò sul duomo nel tentativo
di fermarne la costruzione, chiamate appunto unghiate del diavolo. Sempre secondo la leggenda il
numero di queste unghiate varierebbe per dispetto ogni volta che si prova a contarle (circa 150,
con alcuni segni più leggeri per questo a volte trascurati nella conta), per cui talvolta si portano i
bambini a fare il conto che non risulta mai lo stesso due volte.
La leggenda vuole che l'anfora posta su una colonnina a destra nell'abside sia quella usata
nelle nozze di Cana, in cui Gesù mutò l'acqua in vino.
All'interno del duomo riposa la salma di papa Gregorio VIII.
BATTISTERO DI SAN GIOVANNI
La fondazione del battistero si data al 1152, ma la sua costruzione ha avuto una durata di oltre due
secoli. La prima fase di edificazione, fino alla sommità degli archi del primo ordine, fu diretta
dall’architetto Diotisalvi. Dagli inizi del XIII secolo fu invece Guidetto che si occupò delle
decorazioni delle porte e dei muri fino alla copertura della navata anulare. A partire dal 1260
Nicola Pisano intervenne sul perimetrale, portandolo fino all’altezza degli archetti della galleria
esterna. Fu invece Giovanni Pisano che aggiunse i sovrastanti timpani. Dopo una lunga
interruzione i lavori ripresero nel pieno Trecento con il coronamento del matroneo e l’edificazione
della copertura. L’edificio, a pianta circolare, presenta all’esterno un primo ordine con una serie di
arcate cieche a tutto sesto scandite da colonne addossate, entro le quali sono aperte monofore e
quattro porte. Al di sopra è un corridoio di colonne archivoltate con una ricca decorazione
scultorea entro timpani. Le lacune in questo ciclo figurativo sono dovute al trasferimento delle
statue nel vicinoMuseo dell’Opera del Duomo. Gli stessi archi recano sulle imposte protomi umane
eseguite da Nicola Pisano e dalla sua bottega a partire dal 1265. Sopra l’ultima fascia di paramento
in marmo si innesta la cupola, scandita in basso da una teoria di edicole marmoree sormontate da
una coppia di pennacchi e da un frontespizio triangolare. Sulla sommità è posta una statua in rame
dorato raffigurante S. Giovanni, eseguita nel 1395 da Turino di Sano da Siena.
Il portale rivolto verso la Cattedrale fu decorato intorno al 1203-1204 da scultori di cultura greco-
bizantina; il ciclo è introdotto da due colonne laterali decorate e girali vegetali.
L’edificio del Battistero, a pianta circolare, all’interno è caratterizzato da una circonferenza
scandita da otto colonne erette nel 1163, recanti capitelli con figure umane e animali scolpiti da
Guidetto alla fine del XII secolo. Al piano superiore si sviluppa il matroneo, spartito da pilastri archi
voltati. E culmina con la volta della cupola, che si presenta semplicemente intonacata.
Al centro dell’edificio, rialzato di tre gradini, è posto il fonte battesimale, opera di Guido Bigarelli
da Como del 1246. Il fonte ha una pianta ottagonale: il pavimento è realizzato con marmi intarsiati
policromi ed il recinto è composto da transenne marmoree intarsiate a rosoni e a figure
geometriche. La stessa decorazione si ritrova sull’altare dietro il quale è posta la transenna
presbiteriale. Verso la porta meridionale è collocato il pulpito eseguito da Nicola Pisano nel 1259-
1260. L’opera è impostata su sette colonne sostenute da leoni e figure umane, ha pianta
esagonale ed è costituita da specchi divisi da colonnette e scolpiti con scene raffiguranti la vita di
Gesù.
La costruzione dell'edificio fu iniziata a metà del XII secolo: «1153 mense Augusti fundata fuit
haec...», ovvero «Nel mese di agosto 1153 fu fondata...» (1153 nel calendario pisano corrisponde
al 1152) . Sostituisce un precedente battistero, più piccolo, che si trovava a nord-est della
Cattedrale, dove ora si trova il Camposanto. Fu costruito in stile Romanico da un architetto che si
firma «Diotisalvi magister...» in un pilastro all'interno dell'edificio. In seguito furono capomastri
del cantiere anche Nicola e Giovanni Pisano, e Cellino di Nese.
Nell'Ottocento, contestualmente ad un rinnovamento che interessò l'intera piazza del Duomo ed i
suoi monumenti, il battistero fu oggetto di un radicale restauro da parte dell'architetto Alessandro
Gherardesca, con interventi che portarono alla ricostruzione di alcuni portali e di gran parte
dell'apparato decorativo. Malgrado le denunce di alcuni intellettuali e personalità di spicco della
cultura pisana dell'epoca, come Carlo Lasinio, i lavori, diretti dal capomastro Giovanni Storni,
determinarono la rimozione di numerose sculture di Nicola e Giovanni Pisano. Le statue, poste alla
sommità del primo ordine al di sopra e all'interno delle vimperghe, furono sostituite con opere che
non imitavano il gusto medievale, mentre le sculture originali andarono quasi tutte perdute ad
eccezione di quelle oggi esposte al Museo dell'Opera del Duomo. L'intervento avrebbe dovuto
estendersi anche all'interno, con la realizzazione di affreschi nell'invaso centrale, ma il progetto
non fu concretizzato e si limitò sostanzialmente alla rimozione degli arredi non medievali e alla
messa in opera di nuove vetrate.[1]
Presenta una curiosa cupola troncoconica, come quella della chiesa dei Ospitalieri a Pisa, sempre
dello stesso architetto, che copre solo il giro interno di pilastri (la tecnica costruttiva per una
cupola emisferica o poligonale di grandi dimensioni era all'epoca quasi ignota). Il progetto di
Diotisalvi voleva essere quello di citare architettonicamente sia la Moschea della Roccia (all'epoca
ritenuta costruita sulle rovine del Tempio di Salomone) nella parte esterna, sia l'Anastasis
della Basilica del Santo Sepolcro nella parte interna, entrambi a Gerusalemme. Successivamente i
lavori furono proseguiti da Nicola e Giovanni Pisano che modificarono il Battistero in
stile Gotico con la loggia e la cupola emisferica (di fatto un tiburio) che nasconde quella
piramidale.
La cupolina sulla sommità con la statua di San Giovanni Battista furono messi solo molto più tardi.
Il Battistero originariamente aveva un'apertura sul soffitto attraverso la quale entrava la luce
illuminando il fonte battesimale. In altri battisteri più antichi tale apertura serviva per riempire tale
fonte con l'acqua piovana, ma non è il caso di Pisa dove il fonte non presenta canali di scolo:
all'epoca i battesimi venivano già effettuati in maniera simile all'attuale attraverso piccole vasche
poste lungo il bordo del fonte il quale era, quindi, puramente simbolico.
È il più grande battistero in Italia: la sua circonferenza misura 107,24 m, mentre la larghezza della
muratura alla base è due metri e 63 cm, per un'altezza di 54 metri e 86 centimetri. La cupola è
coperta da tegoli rossi verso il mare e da lastre di piombo verso levante. Probabilmente la causa
della differenza nella copertura è da trovarsi nella mancanza di denaro, così come nell'assenza di
affreschi nel soffitto che tuttavia erano stati pianificati originariamente.
Il portale dirimpetto alla facciata del Duomo è affiancato da due colonne di spoglio. L'architrave è
suddiviso in due livelli, l'inferiore riporta episodi della vita del Battista, il superiore mostra Cristo
fra la Madonna e il Battista tra angeli ed evangelisti. Ai lati del portale due lesene recano il ciclo dei
mesi.
Il Battistero è, come molti altri edifici di Pisa, leggermente inclinato: la pendenza verte verso est in
direzione della Cattedrale.
L'interno, sorprendentemente semplice e privo di decorazioni, ha inoltre una eccezionale acustica.
Il fonte battesimale ottagonale e posto su tre scalini al centro è datato al 1246 e fu costruito
da Guido Bigarelli da Arogno allora appartenente alla diocesi di Como. La scultura bronzea di San
Giovanni Battista al centro del fonte è opera egregia di Italo Griselli. Il pulpito fu scolpito fra
il 1255 e il 1260 da Nicola Pisano, padre di Giovanni Pisano con scene della Vita di Cristo, sui
cinque pannelli parapetto, mentre in corrispondenza delle colonne sono rappresentati altri
soggetti che simboleggiano Le Virtù. Le scene sul pulpito e specialmente la figura dell'Ercole nudo
mostrano bene come l'influsso classico rendesse Nicola un precursore del rinascimento. Dobbiamo
ricordare come nella taglia cioè nella bottega di Nicola si sia formato il gotha degli scultori del Due-
Trecento italiano, a cominciare da Tino di Camaino e Arnolfo di Cambio.
TORRE PENDENTE Prezzo: 15,00 €
Il 9 agosto 1173 iniziarono i lavori di fondazione della torre campanaria della Cattedrale di S.
Maria. Si tratta di un campanile indipendente dalla chiesa, alto circa 56 metri e pesante 14.453
tonnellate. Molto probabilmente fu sotto la direzione dell’architetto Diotisalvi, lo stesso che aveva
dato inizio alla costruzione del vicinoBattistero, che prese il via la sua edificazione. Questa prima
fase dei lavori fu interrotta all’altezza del terzo anello a causa del cedimento del terreno su cui
sorge il basamento della torre. La cedevolezza del terreno, ma anche il fatto che anticamente
nell’area della torre scorresse un’ansa del fiume Auser, che ha quindi reso il terreno instabile, è
infatti la causa della pendenza della torre, e della sua fama. Questi problemi di stabilità
impedirono per lungo tempo il proseguimento dei lavori.
Il cantiere riprese poi nel 1275 sotto la guida di Giovanni di Simone e di Giovanni Pisano,
aggiungendo ai tre anelli della costruzione originaria altri tre piani. Nel tentativo di raddrizzare la
torre, i tre piani aggiunti tendono ad incurvarsi in senso opposto alla pendenza. La torre fu
completata alla metà del secolo successivo, aggiungendo la cella campanaria.
La struttura del monumento è del tutto particolare perché costituita da due cilindri concentrici
collegati tra loro da una scala a chiocciola interna che conduce fino alla cella superiore. Sul cilindro
esterno si aprono sei piani a loggetta scanditi da colonne sulle quali si appoggiano archetti a tutto
sesto. Il catino alla base della torre invece è un’aggiunta del secolo XIX. L'inclinazione dell'edificio
attualmente misura 5° rispetto all'asse verticale. La torre rimane in equilibrio perché la verticale
che passa per il suo baricentro cade all'interno della base di appoggio.
è il campanile della cattedrale di Santa Maria Assunta, a sé stante e alto circa 56 metri fuori terra
(58,36 metri considerando il piano di fondazione), costruito nell'arco di due secoli, tra
il dodicesimo e il quattordicesimo secolo. Con una massa di 14.453 tonnellate, vi predomina la
linea curva, con giri di arcate cieche e sei piani di loggette. La sua pendenza è dovuta a
un cedimento del terreno sottostante verificatosi già nelle prime fasi della costruzione.
L'inclinazione dell'edificio attualmente misura 3,97° rispetto all'asse verticale.[3] La torre è gestita
dall'Opera della Primaziale Pisana, ente che gestisce tutti i monumenti della piazza del Duomo di
Pisa. È stata proposta come una delle sette meraviglie del mondo moderno.
I lavori iniziarono il 9 agosto 1173 (anno 1174, secondo il calendario pisano, in cui l'anno iniziava il
25 marzo). Come era solito fare con i fari e con le costruzioni adiacenti al mare in genere, le
fondamenta vennero lasciate a riposare per un anno intero. Alcuni studi tra i più recenti
attribuiscono la paternità del progetto a Diotisalvi, che nello stesso periodo stava costruendo
il battistero.
Le analogie tra i due edifici sono infatti molte, a partire dal tipo di fondazioni. Altri suggeriscono
invece Gherardi, mentre secondo il Vasari i lavori furono iniziati da Bonanno Pisano. La tesi del
Vasari, oggi ritenuta priva di fondamento, fu invece ritenuta valida soprattutto dopo il
ritrovamento nelle vicinanze del campanile di una pietra tombale col nome del Bonanno, murata
nell'atrio dell'edificio; inoltre nell'Ottocento fu rinvenuto sempre nei dintorni un frammento
epigrafico di materiale rosa, probabilmente un calco su cui venne fusa una lastra metallica, che
attualmente trova collocazione sullo stipite della porta di ingresso dell'edificio. Su tale frammento
si legge, ovviamente rovesciato: "cittadino pisano di nome Bonanno". Tale calco con tutta
probabilità era relativo alla porta regia del Duomo, distrutta durante l'incendio del 1595. La prima
fase dei lavori fu interrotta a metà del terzo piano, a causa del cedimento del terreno su cui sorge
la base del campanile. La cedevolezza del terreno, costituito da argilla molle normalconsolidata, è
la causa della pendenza della torre e, sebbene in misura minore, di tutti gli edifici nella piazza. I
lavori ripresero nel 1275 sotto la guida di Giovanni di Simone e Giovanni Pisano, aggiungendo alla
costruzione precedente altri tre piani. Nel tentativo di raddrizzare la torre, i tre piani aggiunti
tendono ad incurvarsi in senso opposto alla pendenza. Il campanile fu completato alla metà del
secolo successivo, aggiungendo la cella campanaria.
Dalla sua costruzione lo strapiombo è sostanzialmente aumentato, ma nel corso dei secoli ci sono
stati anche lunghi periodi di stabilità o addirittura di riduzione della pendenza. Nel corso
dell'Ottocento il campanile fu interessato da importanti restauri, che portarono, ad esempio,
all'isolamento del basamento della torre. I lavori, effettuati sotto la direzione di Alessandro
Gherardesca, contribuirono a sfatare definitivamente la teoria, sostenuta da alcuni studiosi
dell'epoca, secondo la quale il campanile sarebbe stato pensato pendente sin dalla sua
origine..Difatti, i saggi del terreno effettuati durante i restauri portarono alla luce la presenza di
una notevole quantità di acqua sotterranea che rendeva cedevole il terreno. Per far fronte a
questo problema, fu aspirata acqua del sottosuolo con l'ausilio di pompe, ma ciò favorì il
fenomeno dellasubsidenza e il conseguente aumento della pendenza della torre.[6] Negli ultimi
decenni del XX secolo l'inclinazione aveva subito un deciso incremento, tanto che il pericolo del
crollo si era fatto concreto. Nel 1993 lo spostamento dalla sommità dell'asse alla base era stato
valutato in circa 4,47 metri,[7] ovvero circa 4,5 gradi.
Durante i lavori di consolidamento, iniziati nel 1990 e terminati alla fine del 2001, la pendenza del
campanile è stata ridotta tramite cerchiatura di alcuni piani, applicazione temporanea di tiranti di
acciaio e contrappesi di piombo (fino a 900 tonnellate) e sottoescavazione, riportandola a quella
che presumibilmente doveva avere 200 anni prima. La base è stata inoltre consolidata e secondo
gli esperti questo consentirà di mantenere in sicurezza la torre per almeno altri tre secoli,
permettendo così l'accesso ai visitatori. Dal marzo 2008 la torre ha raggiunto il livello definitivo di
consolidamento sotto il profilo dell'inclinazione, tornato a essere di 3,97°,[3] con uno spostamento
alla cima del campanile di quasi mezzo metro e tale valore dovrebbe rimanere inalterato per
almeno altri 300 anni. Il successo dell'operazione è legato al nome di Michele Jamiolkowski,
benemerito docente del Politecnico di Torino e presidente del Comitato internazionale per la
Salvaguardia della Torre di Pisa dal 1990 al 2001, a quello di Carlo Viggiani, docente del
Dipartimento di ingegneria geotecnica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e presidente
del Comitato internazionale per la conservazione dei monumenti e dei siti storici e a quello di J. B.
Burland, professore del Dipartimento di ingegneria civile dell'Imperial College di Londra. Dopo
vent'anni, il 22 aprile 2011 sono terminati i lavori di restauro delle superfici lapidee, sia negli
esterni che negli interni.
La torre fu chiusa al pubblico il 7 gennaio 1990 perché l'inclinazione era arrivata a 4,50 metri e
quindi era diventato concreto il rischio di crollo e fu riaperta il 15 dicembre del 2001 dopo che
l'inclinazione si era ridotta di 44 cm grazie a dei lavori costati 53 miliardi di lire complessivamente.
La struttura del campanile incorpora due stanze. Una alla base della torre, nota come sala del
Pesce, per via di un bassorilievo raffigurante un pesce. Tale sala non ha soffitto, essendo di fatto il
cavo della torre. L'altra invece è la cella campanaria, al settimo anello. Delimitata dalle mura del
camminamento superiore, è anch'essa a cielo aperto e al centro, tramite un'apertura, è possibile
vedere il pian terreno della torre. Sono inoltre presenti tre rampe di scale: una ininterrotta dalla
base fino al sesto anello, dove si esce all'esterno; una, a chiocciola più piccola che porta dal sesto
anello al settimo; infine una ancor più piccola, sempre a chiocciola, che porta dal settimo anello
alla sommità.
Le campane suonano tuttora prima delle messe in duomo ed a mezzogiorno tramite un sistema di
elettrobattagli. Anticamente ogni campana era adibita ad un momento della giornata liturgica. Ad
esempio la Pasquereccia suonava per Pasqua, la Terza nell'ora terza del giorno (le nove di
mattina), la campana del Vespruccio all'ora dei vespri (le sei del pomeriggio). La campana di San
Ranieri, si chiamava originariamente "Giustizia" e si trovava nell'omonimo palazzo. Soleva suonare
per le morti dei traditori e, si suppone, suonò anche per la morte del conte Ugolino. Fu portata sul
campanile nel XV secolo a sostituire l'originale Pasquareccia e rifusa in seguito nel 1606.
BIGLIETTI PIAZZA DEI MIRACOLI
1 monumento/museo: euro 5
2 monumenti/musei: euro 7 (anziché 10 euro)
3 monumenti/musei: euro 8 (anziché 15 euro)
A scelta fra Battistero, Camposanto Monumentale, Museo delle Sinopie
(Museo dell'Opera del Duomo: chiuso per ristrutturazione)
Cattedrale: è aperta alla visita turistica e l’ingresso è gratuito. Per visitare solo la Cattedrale ritira
alla cassa il tagliando di ingresso valido per un massimo di due persone. Altrimenti l’acquisto di
uno dei biglietti ti consente di visitare anche la Cattedrale
Torre: euro 18
I biglietti per la Torre si possono acquistare online o presso le biglietterie della Piazza del Duomo di
Pisa.
Non è possibile effettuare la prenotazione telefonica.
STATUE DI POMODORO
PIAZZA DEI CAVALIERI
Piazza dei Cavalieri è frutto di una vasta opera di risistemazione urbana voluta da Cosimo I nel
1558 ed affidata a Giorgio Vasari, che mosse a regolarizzare gli edifici affacciati sulla piazza, eretti
secondo le sue parole in confusione e disordine, procedendo spesso all’accorpamento dei
preesistenti edifici medievali. Sulla piazza si affacciano il palazzo della Carovana (1562-64), la
chiesa di S. Stefano dei Cavalieri (1565-69), il palazzo della Canonica (1566), il palazzo del Consiglio
dei Dodici (1603), il palazzo Puteano (1594-98), la chiesa di S. Rocco (1575), il palazzo
dell’Orologio (1605-8), mentre al centro si trova la statua di Cosimo I (1596) di Pietro Francavilla.
L’area fu nel corso del medioevo il centro politico e amministrativo della città. Nell’altomedioevo
fu sede del gastaldo, il funzionario longobardo che amministrava la città, e di numerosi opifici
siderurgici, tanto che dall’XI secolo la zona era chiamata “fabbriche maggiori” per la numerosa
presenza di fabbri, attivi fino alla fine del XIII secolo. I fabbri rappresentavano una potente classe
imprenditoriale, con il più alto numero di addetti tra tutti i lavoratori, essendo la loro attività
legata alla cantieristica navale, all’edilizia, alla produzione di armi e di oggetti di uso comune. Nel
basso medioevo al centro dell’attuale piazza ne sorgeva una più piccola conosciuta come piazza
delle Sette Vie, dal numero delle strade che vi adducevano, sulla quale nel 1254 venne costruito,
riunendo alcuni edifici preesistenti, il Palazzo del Popolo e degli Anziani (oggi palazzo della
Carovana). Già nel Trecento si procedette ad una serie di espropri e demolizioni finalizzati alla
realizzazione di una grande piazza chiamata Platea Pisani Populi, presso la quale si svolgevano
anche le esecuzioni capitali.
PALAZZO DELL’OROLOGIO
Il palazzo dell'Orologio si affaccia su piazza dei Cavalieri e sorge su un’area abitata a partire dall’età
etrusca, come hanno evidenziato alcuni ritrovamenti archeologici. Il palazzo è il risultato
dell’accorpamento di due distinte strutture medievali avvenuto nel XVII secolo, nel quadro della
risistemazione urbanistica della piazza, e di una serie di modifiche che si sono avvicendate fino al
XX secolo, trasformandolo nell’edificio attuale.
A sinistra sorgeva una casa-torre divenuta all’inizio del XIV secolo il Palazzo del Capitano del
Popolo e a destra, collegata da un passaggio sopraelevato, sorgeva una torre detta "della Muda"
perché durante il periodo della muta (muda) delle penne vi venivano rinchiuse le aquile allevate
dal comune di Pisa, simbolo della potenza cittadina.
La torre di proprietà della famiglia Gualandi divenne poi sede del carcere detto della Fame o delle
sette vie, nel quale nel 1288 trovò la morte il conte Ugolino della Gherardesca, celebrato da Dante
nel XXXIII canto dell'Inferno. Nel Cinquecento, il complesso fu trasformato in infermeria e
chiamato del Buonuomo, dal nome della carica che la dirigeva.
Nel 1605-1608 il palazzo assunse la sua forma unitaria: venne ricostruita la porzione destra
inglobando la torre della Fame e i due edifici furono collegati da un cavalcavia. La facciata fu
decorata con affreschi che celebravano il buongoverno mediceo con le allegorie, in gran parte
perdute, della Pace, della Terra, dell’Abbondanza, dell’Intelligenza, della Gloria e dei Paesi. Nel
1696 fu collocata la torretta campanaria e fino al 1804 il palazzo servì da residenza per i cavalieri
anziani e da infermeria. Nel 1919 fu acquistato dal conte della Gherardesca e venne nuovamente
restaurato, con l'aggiunta della quadrifora neogotica sul lato sinistro della facciata.
Borgo Stretto
PIAZZA DELLE VETTOVAGLIE
La piazza assunse l’attuale configurazione architettonica in seguito ad una rilettura di questa
porzione del tessuto urbano avvenuta tra 1543 e 1565, quando la città faceva parte dello stato
mediceo.
Nel medioevo la zona aveva ospitato un vivace quartiere, in cui le residenze e le cappelle dei
nobili, come le famiglie Visconti ed Erizi, si alternavano alle botteghe artigiane ed alle osterie. Era
presente un piccolo spiazzo denominato "Piassa de’ Porci", che aveva il suo fulcro nel pozzo
portato in luce dai recenti scavi archeologici (oggi visibile nell’angolo nord-ovest del porticato).
Già dal 1493 l’Opera del Duomo aveva ottenuto il permesso di costruire nell’area una nuova
"Piazza del Grano", dato che il luogo in precedenza dedicato alla vendita dei cereali era stato
assegnato all’edificazione della sede dello Studio Pisano (poi Università), ma la rivolta locale e
l’istituzione della Seconda Repubblica Pisana ritardarono l’operazione.
Nel XVI secolo per realizzare il nuovo spazio si demolirono alcuni degli edifici preesistenti, mentre
altri sui lati nord e ovest furono inglobati nelle costruzioni di gusto rinascimentale. La piazza
assunse così la forma di un quadrilatero irregolare, costellato da un loggiato ad archi sorretti da
colonne in arenaria, secondo un modello importato dall’ambiente mediceo, già espresso nel
cortile della Sapienza e nel chiostro del convento di S. Francesco. In alcuni caseggiati circostanti la
piazza e sotto le volte furono poi realizzati numerosi silos granari in laterizi, con una tecnica
derivata sempre dall’area fiorentina. Nel Settecento la zona divenne la sede di smercio di vari
generi alimentari al dettaglio, assumendo il nome di Piazza delle Vettovaglie, e per motivi igienici
fu dotata di una fontana, collegata all’acquedotto granducale, e di una fitta rete di strutture
interrate per lo smaltimento dei rifiuti.
Ponte di Mezzo
Il ponte, lungo 89m, ha una struttura con un’unica campata alta 12,5m, realizzata in cemento
armato e rivestita in pietra bianca di Verona. L’attuale aspetto è il risultato della ricostruzione
post-bellica dopo il bombardamento alleato su progetto del gruppo Aussant, Bellucci, Salghetti-
Drioli, Trinci, Morganti, Bertini (1946-1950), approvato a seguito di un referendum cittadino. In
epoca romana le due sponde dell’Arno erano unite da un ponte posto nei pressi dell’attuale chiesa
di S. Cristina lungo la via consolare Aemila Scauri, odierna via S. Martino. L’attraversamento
dell’Arno venne trasferito in questo punto probabilmente nell’XI secolo. Questo rimase l’unico
ponte, chiamato appunto ponte de Arno, fino al 1183 quando a seguito dell’alluvione del 1179 che
distrusse tutti i ponti sull’Arno compreso il ponte pisano, fu deciso di costruire un ponte nuovo in
capo a via S. Maria e ricostruire il ponte de Arno, che divenne così il ponte Vecchio. Sul ponte si
affastellavano edifici, botteghe e banchetti che sfruttavano la sua funzione centrale nella vita
cittadina, lungo la via di comunicazione principale che tagliava da nord a sud la città. Il ponte
venne restaurato nel 1388 per volere di Pietro Gambacorti e crollò nuovamente nel 1637. La
ricostruzione portata a termine nel 1660 da Francesco Nave, con la realizzazione di una struttura a
tre luci, comportò anche l’abbattimento di una serie di edifici sulle due sponde e la creazione di un
nuovo aspetto scenografico con le Logge dei Banchi affacciate direttamente sul fiume.
Dalla seconda metà del XVII secolo il Ponte è sede dell’omonimo Gioco, durante il quale le due
contrade pisane (Mezzogiorno e Tramontana) si contendono la conquista del Ponte spingendo un
carro fin a quando una delle due squadre non riesce a portarlo nella parte avversaria.,
PALAZZO BLU (al n° 9 del Lungarno Giambacorti)
Nel tardo Medioevo il complesso architettonico che oggi costituiscePalazzo Blu apparteneva ad
una delle più importanti famiglie della storia pisana, i Dell’Agnello. Era composto da due case-torri
affiancate, che i Dell’Agnello nel 1356 decisero di unire ad un'altra loro abitazione per mezzo di un
cavalcavia sopra alla viabilità preesistente. Questo secondo edificio è riconoscibile nella parte
orientale, arretrata verso sud. A seguito della realizzazione del progetto ne derivò quello che nelle
fonti viene definito un «bellissimo edificio e palazzo» consono al ruolo politico di questa famiglia,
che nel 1364 salì al dogato cittadino. Nonostante l’esilio del 1368, i Dell’Agnello mantennero il
controllo dell’immobile: quando nel 1494 il sovrano francese Carlo VIII arrivò a Pisa si recò alla
casa di Messer Giambernardino Dell’Agnello, sul lungarno di S. Cristina. Nel Cinquecento il palazzo
passò nelle mani dei Sancasciani e poi dei Del Testa. Fra il 1577 e l’acquisizione nel 1789 dei Bracci
Cambini avvenne la risistemazione della facciata: fu organizzata con finestre quadrangolari dalla
cornice in arenaria e con un portone centrale sormontato da un’apertura “inginocchiata” con
balconcino. Nel 1807 l’immobile è nelle mani dei conti Archinto, che comperarono una parte del
suolo pubblico per allargare verso oriente la facciata, coprendo l’antico cavalcavia e creando una
strettoia rispetto alla chiesa di S. Cristina. Il colore esterno del palazzo risale a questo periodo,
dovuto probabilmente al gusto di ospiti di S. Pietroburgo che vi soggiornarono. Nel 1864 è il nobile
pisano Domenico Giuli ad acquistarlo, edificandovi una nuova ala che rendeva simmetrica la
facciata e la collegava con il palazzo Casarosa, di sua proprietà. Negli anni che seguirono il palazzo
assunse l'aspetto che ancora conserva. La Fondazione Pisa acquistando il palazzo all’inizio degli
anni Duemila, ha voluto farne la propria sede e realizzare al suo interno un centro di attività
culturali ed espositive.
Piazza sant’Antonio: Chiesa di Sant'Antonio abate,Pisa E MURALES
TUTTOMONDO HARING
Nel 1989, realizzando il murale Tuttomondo sulla parete posteriore del convento dei frati “Servi di
Maria” della chiesa di S. Antonio, Keith Haring lascia a Pisa l’ultima traccia della sua arte. Nato a
Reading nel 1958 e morto a New York nel 1990, l’artista riesce a imporsi ben presto sulla scena
artistica internazionale. Il suo genio muove i primi passi nelle periferie americane: Haring lascia i
propri disegni a gesso sui pannelli pubblicitari vuoti delle stazioni metropolitane e traccia le prime
pitture parietali sui muri degli edifici abbandonati, producendo arte gratuita rivolta a un pubblico
di massa. L’opera, uscendo dalle gallerie, si unisce alla vita e raggiunge i luoghi più remoti
dell’ambiente urbano che, da anonimo e grigio, diviene allegro e dinamico. Le molteplici
componenti del suo stile affondano le radici nella grafica dei fumetti, dei gadgets industriali, dei
mass-media e, certamente, nell’arte informale americana di Pollock. L’opera che Haring ha
tracciato sul muro pisano, se letta alla luce della sua poetica, presenta aspetti eccentrici:
l’intervento si colloca in un assetto urbano ricco di manifestazioni artistiche (non in una grigia
periferia metropolitana) ed è progettato fin da subito come opera permanente alla quale l’artista
assegna un titolo. In una città tanto ricca di storia, Haring ha saputo trovare il luogo perfetto per
sintetizzare la sua esperienza: collocata tra le due stazioni, degli autobus e ferroviaria, la parete
pisana riconduce l’artista ai luoghi degli esordi, permettendogli di lasciare traccia permanente del
suo rivoluzionario linguaggio visuale, di trasmettere un messaggio di pace universale e di suscitare
la partecipazione della cittadinanza. A vent’anni dalla morte dell’autore, l’opera di Haring continua
a stimolare iniziative e happening