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Scuola Politecnica e delle Scienze di Base Corso di Laurea in Ingegneria Informatica Elaborato finale in Teoria dei Segnali Virtualizzazione di reti wireless definite a livello software Anno Accademico 2013 / 2014 Relatore: Prof. Francesco Verde Candidato: Roberto Fummo matr. N46/000160

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Scuola Politecnica e delle Scienze di Base Corso di Laurea in Ingegneria Informatica Elaborato finale in Teoria dei Segnali

Virtualizzazione di reti wireless definite a livello software

Anno Accademico 2013 / 2014 Relatore: Prof. Francesco Verde Candidato: Roberto Fummo matr. N46/000160

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Alla mia famiglia e ai miei amici, fonti di supporto e motivazione durante questo percorso..

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Indice

Indice III

Introduzione 4

Capitolo 1: Approccio SDN e NFV 5

1.1 Software-Defined Networking 6

1.1.1 Nuova architettura di rete 7

1.2 Network Function Virtualization 9

1.2.1 Benefici di NFV 11

1.3 Sinergie tra SDN e NFV 13

Capitolo 2: Applicazione di SDN alle reti wireless 15

2.1 Software-Defined Wireless Networking 16

2.1.1 Virtualizzazione 18

2.1.2 Quality of Experience 20

2.1.3 Selezione dell’accesso alla rete 22

2.2 Architettura SDWN 23

2.3 C-RAN 27

2.3.1 Vantaggi di C-RAN 29

2.3.2 Applicazioni concrete 32

Capitolo 3: SoftRAN e OpenRAN 37

3.1 Analisi delle proposte 38

3.2 Strategie di controllo 42

Conclusioni 44

Bibliografia 45

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Introduzione

I nuovi approcci di rete rappresentati da Software-Defined Networking (SDN) e Network

Function Virtualization (NFV), applicati congiuntamente, consentono oggi di avere una

visione futura delle reti Internet basata su scenari centralizzati, mediante la

virtualizzazione dei dispositivi di rete fisici.

Lo scopo di questa tesi è quello di esplorare tali scenari e di comprendere il ruolo della

virtualizzazione dei componenti di rete, sotto forma di macchine virtuali, applicata ad un

contesto wireless. Si affronteranno le problematiche, i vantaggi e gli obbiettivi futuri

derivanti dall’applicazione dei concetti SDN nell’ambito mobile, mostrando come

un’architettura di controllo centralizzata possa oltrepassare le limitazioni poste dall’attuale

sistema reti di telecomunicazioni.

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Capitolo 1: Approccio SDN e NFV

Nell’attuale scenario delle reti di comunicazione, il piano di controllo e quello d’inoltro

come anche le funzioni di rete, sono realizzati tramite dispositivi hardware che pongono

diverse problematiche inerenti la gestione degli utenti e delle risorse di rete, che di

conseguenza portano alla perdita d’efficienza nella struttura sottostante. Infatti, trovare lo

spazio e le strutture per accogliere i dispositivi fisici è sempre più difficile e la situazione

generale viene peggiorata dai crescenti costi energetici, dalle sfide per l’investimento di

capitali e dalla mancanza di personale in possesso delle competenze necessarie per

progettare e gestire dispositivi hardware sempre più complessi. Inoltre, la distribuzione di

un nuovo servizio di rete e l’aggiornamento di uno già esistente richiedono spesso un

intervento fisico sulla struttura, che grava di conseguenza sui costi dei servizi e sui tempi

di mercato. Peggio ancora, i cicli di vita dell'hardware molto brevi rispetto al rapido

aumento dell’innovazione tecnologica, inibiscono le entrate dovute al lancio di nuovi

servizi e vincolano l'innovazione ad un mercato sempre più chiuso e centrato sulla rete.

Gli approcci SDN (software-defined networking) ed NFV (network functions

virtualization) si propongono di affrontare queste problematiche facendo leva sulle

tecnologie di virtualizzazione IT (Information Technology) e disaccoppiando il piano di

controllo da quello dati, che viene reso programmabile, per mantenere i vantaggi di

apparati e funzionalità di rete consolidati su server standard, fornendo però una maggiore

flessibilità.

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1.1 Software-Defined Networking

Il Software-Defined Networking (SDN) è un approccio all’organizzazione dell’architettura

di rete che permette agli amministratori di gestire i servizi attraverso l’astrazione delle

funzionalità di basso livello.

Queste funzionalità, che finora sono strettamente legate a dispositivi hardware proprietari,

organizzati seguendo un approccio monolitico, migrano verso la gestione della rete da

parte di controller SDN.

L’astrazione degli elementi di rete viene resa possibile disaccoppiando il sistema che

prende decisioni su dove il traffico debba essere spedito (piano di controllo), dal sistema

sottostante che inoltra il traffico alla destinazione selezionata (piano dati).

SDN richiede alcuni meccanismi di comunicazione tra il piano di controllo e il piano dati,

stabiliti dal protocollo OpenFlow che costituisce la cosiddetta Application Programming

Interface (API) di basso livello.

OpenFlow è definito come la prima interfaccia di comunicazione standard tra il piano di

controllo e il piano dati di un'architettura SDN. Esso inoltre, consente la gestione e

l'accesso diretto al piano d’inoltro dei dispositivi di rete (es. router e switch), sia fisici che

virtuali. Effettivamente, il fatto che questi dispositivi siano etichettati attualmente come

“monolitici e chiusi” è dovuto proprio all’assenza di un’interfaccia aperta e accessibile al

piano d’inoltro.

La separazione del piano di controllo da quello dati permette una gestione dell'inoltro dei

pacchetti più efficiente rispetto a quella che si avrebbe utilizzando i classici protocolli di

routing. La promozione e l'adozione di SDN è attuata da parte di Open Networking

Foundation (ONF), un’organizzazione fondata nel 2011, che gestisce lo standard

OpenFlow.

L’approccio SDN si basa su di un’architettura flessibile ed adattabile, cercando di

soddisfare i requisiti di banda larga e di natura dinamica delle applicazioni.

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Venire in contro ai requisiti di mercato e garantire un’alta affidabilità e qualità dei servizi

è virtualmente impossibile con le architetture di rete tradizionali, in uno scenario di

distribuzione sovraccarico e denso come quello odierno. Le attuali architetture infatti, non

sono progettate per far fronte alle necessità degli utenti e delle aziende, essendo limitate da

alcune problematiche che affliggono la rete, tra le quali troviamo:

-La complessità della struttura di rete che conduce alla stasi del sistema;

-Le politiche inconsistenti che portano a falle nella sicurezza e a conseguenze negative;

-L’incapacità di rendere il sistema scalabile, con conseguente calo nelle prestazioni;

-La dipendenza dai venditori e conseguente mancanza di interfacce standard e aperte;

In risposta a queste diverse problematiche, l’industria delle telecomunicazioni ha

sviluppando e sta cercando di distribuire delle nuove architetture di rete basate sul

paradigma SDN.

1.1.1 Nuova architettura di rete

A causa dell’enorme diffusione dei dispositivi e dei contenuti mobili a cui si assiste

oggigiorno, l’industria delle telecomunicazioni è stata indotta a riesaminare l’architettura

di rete tradizionale. Molte reti convenzionali sono organizzate in maniera gerarchica, con

dispositivi di rete distribuiti in una struttura ad albero. Tuttavia questo tipo di

organizzazione non rispecchia le necessità di memoria e di calcolo richieste dagli ambienti

di comunicazione moderni.

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Figura 1: Architettura SDN

L’architettura di rete basata su un approccio SDN prevede uno schema come quello in

figura 1, con controller SDN centrali situati nel piano di controllo che si interfacciano con

il piano applicazione e quello dati.

Tra i principali componenti architetturali che compongono la struttura di SDN troviamo le

SDN Application; queste sono costituite da programmi che comunicano, in modo esplicito

e programmabile, le loro esigenze di rete al controller SDN tramite un'interfaccia di alto

livello (NorthBound Interface). Una SDN Application si trova al piano applicazione ed è

composta da una SDN Application Logic e da uno o più driver NBI. Le SDN App possono

comunicare con più livelli di controllo astratti, offrendo così una o più NBI ai rispettivi

NBI Agent situati nel controller SDN. Questo si trova al piano di controllo e rappresenta

un'entità logica centralizzata adibita a tradurre le richieste delle SDN App, inoltrandole

all’SDN Datapath, e a fornire queste ultime di una visione astratta della rete. Un controller

SDN è composto da uno o più NBI Agent, da una logica di controllo SDN, e da un driver

d’interfaccia di controllo del data-plane (CDPI) che permette di creare il collegamento con

il piano dati tramite l’SDN CDPI, in cui è situato OpenFlow. C’è da notare inoltre che, la

definizione di “entità logica centralizzata” non impedisce l’organizzazione della struttura

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dei controller sotto forma di collegamento gerarchico tra più controllori o di interfacce di

comunicazione tra essi, né preclude la virtualizzazione o il risparmio delle risorse di rete.

L’SDN Datapath è un dispositivo di rete logico situato al piano dati che espone visibilità e

controllo al livello superiore attraverso le sue capacità di inoltro e di elaborazione dei dati.

La rappresentazione logica delle risorse può comprendere tutte le risorse fisiche sottostanti

o parte di esse. Un SDN Datapath può essere definito logicamente su più elementi di rete

fisici ed è composto da un CDPI Agent, da uno o più motori di inoltro del traffico e da una

o più funzioni di elaborazione del traffico.

Questo tipo di architettura dà vita ad un sistema centralizzato e programmabile in cui il

piano dati e quello di controllo, che solitamente agiscono in modo congiunto, sono

disaccoppiati. Questo sistema viene gestito in modo centralizzato dall’SDN controller, che

ne aumenta le prestazioni e migliora la gestione delle risorse sull’intera rete.

1.2 Network Functions Virtualization

La virtualizzazione delle funzioni di rete (NFV) è un concetto che propone di ricorrere a

tecnologie standard di virtualizzazione IT che concorrono a virtualizzare intere classi di

funzioni, distribuite nei nodi della rete, in blocchi che possono essere interconnessi per

creare servizi di comunicazione. NFV è applicabile a qualsiasi funzione di elaborazione

dei pacchetti nel piano dati e a qualsiasi funzione del piano di controllo, in infrastrutture di

rete sia fisse che mobili. Essa si basa su tecniche tradizionali di virtualizzazione dei server

implementate tramite funzioni di rete virtuali.

Una funzione di rete virtuale (VNF), può essere costituita da diversi software e processi in

esecuzione su una o più macchine virtuali (VM), allocate sullo stesso dispositivo fisico. Le

diverse VM sono istanziate su server standard ad alto volume di traffico, switch, o anche

su infrastrutture di cloud computing, anziché su dispositivi hardware personalizzati per

ogni funzione di rete. Si potrebbe distribuire, per esempio, una funzione virtualizzata di

controllo della sessione di frontiera, per proteggere la rete senza i tipici costi e le

complessità derivanti dall’acquisto e dall’installazione di unità fisiche.

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Figura 2: Struttura di rete fornita dalla NFV

In figura 2 possiamo notare il passaggio della struttura di rete dall’approccio architetturale

classico a quello proposto da NFV.

Il meccanismo utilizzato da NFV è analogo a quello utilizzato oggi dai servizi di IT in

esecuzione su piattaforme di cloud computing, ad eccezione del fatto che le VNF possono

richiedere opportune ottimizzazioni a livello hardware per soddisfare i requisiti di

ridondanza geografica, ritardo e scalabilità, tipici delle reti di telecomunicazioni.

L’impiego delle tecniche di virtualizzazione utilizzate da NFV permette di creare

indipendenza tra il software e l’hardware sottostante, le cui caratteristiche vengono

mascherate dal sistema. Si ricorda inoltre che, le operazioni inerenti la gestione delle VNF

durante il loro intero ciclo di vita nonché quelle che forniscono gli automatismi e gli

strumenti necessari alla gestione dei fallimenti e della scalabilità, vengono svolte dai

moduli Orchestrator e VNF Manager tramite un’attività di coordinamento, detta

Orchestrazione.

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1.2.1 Benefici di NFV

NFV è applicabile a qualsiasi funzione di elaborazione dei pacchetti nel piano dati e a

qualsiasi funzione del piano di controllo, sia in un ambiente cablato che in uno wireless.

La proposta di virtualizzare le funzioni di rete genera diversi benefici agli operatori,

contribuendo ad un drastico cambiamento apportato allo scenario generale nel settore delle

telecomunicazioni. Tra i diversi vantaggi ottenuti, ricordiamo che l’utilizzo del paradigma

NFV porta ad una riduzione sostanziale dei costi delle attrezzature e dei consumi,

attraverso lo sfruttamento delle economie di scala nel settore dell’Information Technology.

Infatti i servizi di rete virtualizzati tramite software permettono agli operatori di ridurre il

CapEx (CapitalExpenditure), diminuendo il bisogno di acquistare hardware proprietario e

promuovendo l’utilizzo di modelli basati sul “pay as you grow” per eliminare gli

approvvigionamenti superflui. Inoltre, gli operatori ottengono anche una riduzione

dell’OpEx (OperatingExpenditure), restringendo lo spazio richiesto dalle attrezzature,

diminuendo il consumo elettrico ed i requisiti di raffreddamento dei dispositivi di rete.

L’adozione di NFV aumenta l’efficienza operazionale, traendo vantaggio dalla maggiore

uniformità della piattaforma fisica e dalla sua omogeneità con altre piattaforme di

supporto. Infatti:

-I meccanismi di orchestrazione forniscono capacità di “scaling-up” e “scaling-down”,

installazione automatizzata e abilitano al riuso delle macchine virtuali (VM) allocate.

-Eliminando la necessità di un hardware specifico per ogni applicazione, la base di

competenze richieste per la gestione di server ad elevato volume di traffico, è molto più

ampia e meno frammentata rispetto a quella attualmente riscontrata per le apparecchiature

“embedded” delle reti di telecomunicazioni.

-Si può ottenere maggiore efficienza tra l’Information Technology e le operazioni di rete.

-E’ possibile supportare l’In-Service Software Upgrade (ISSU) con un semplice ripristino,

installando la versione aggiornata di un Virtual Network Appliance (VNA) come se fosse

una nuova macchina virtuale. Si suppone che il traffico possa essere trasferito dalla

vecchia VM alla nuova, senza interrompere il servizio.

Tra gli altri vantaggi ricordiamo anche l’accelerazione dei tempi di mercato attuata per

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mezzo della riduzione dei tempi di distribuzione dei nuovi servizi di rete, la diminuzione

dei rischi correlati al lancio di questi servizi e la possibilità, da parte dei providers, di poter

testare e migliorare i servizi per determinare quali siano quelli che rispecchiano in maniera

migliore, le necessità dell’utenza.

Sebbene NFV porti diversi vantaggi nel settore delle telecomunicazioni, una possibile

conseguenza del suo utilizzo potrebbe essere rappresentata da una trasformazione nello

scenario riguardante gli operatori di rete. Ognuno di essi infatti, dovrà riposizionarsi sul

nuovo mercato della virtualizzazione.

Questa situazione non è poi così dirompente come potrebbe sembrare, poiché i fornitori di

apparecchiature di rete già implementano alcune delle loro soluzioni combinando il

proprio software con componenti hardware e software standard, ma in modo proprietario.

Alcuni principali operatori di rete del settore si stanno già muovendo in questa direzione,

offrendo versioni virtualizzate dei loro prodotti. La sfida che gli si pone dinanzi è quella di

trovare il modo di migrare le proprie attività, in un ambiente basato sul software,

massimizzando il riutilizzo dei sistemi e dei processi già esistenti.

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1.3 Sinergie tra SDN e NFV

Figura 3: Interconnessione tra gli approcci NFV ed SDN

Come mostrato in figura 3 Network Functions Virtualization (NFV) è complementare al

Software-Defined Networking (SDN) ma non dipende da esso. La virtualizzazione delle

funzioni di rete, può quindi essere implementata anche senza la necessita di applicare il

paradigma SDN, sebbene i differenti concetti e i diversi benefici derivanti dai due

approcci possano essere combinati tra loro per ottenere risultati potenzialmente migliori.

Gli obiettivi della virtualizzazione delle funzioni di rete (NFV) possono essere raggiunti

utilizzando meccanismi che non si basano su SDN ma, ricorrono alle tecniche attualmente

in uso in molti centri di elaborazione dati.

Sebbene sia possibile una realizzazione delle funzioni virtualizzate (VFN) mediante queste

tecniche, l’utilizzo di approcci basati sul disaccoppiamento dei piani di controllo e di

inoltro, proposti da SDN, sono in grado di migliorare le prestazioni della rete, semplificare

la compatibilità delle distribuzioni esistenti e facilitare le procedure di utilizzo e di

manutenzione del sistema.

La virtualizzazione delle funzioni di rete è in grado di supportare il Software-Defined

Networking (SDN), fornendo l'infrastruttura sulla quale il software SDN può essere

eseguito. Inoltre gli obbiettivi di NFV, di utilizzare in modo intelligente i server e gli

swich, si allineano a quelli di SDN.

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L’architettura NFV richiede di essere supportata da meccanismi efficienti per la gestione

dinamica della connettività, a livello sia fisico che virtuale, in modo da collegare tra loro le

diverse VFN; questo è proprio il compito al quale normalmente si presta l’approccio SDN.

Il controllo dinamico sull’inoltro del traffico, fornito dalla programmabilità introdotta

nell’architettura SDN, consente di supportare in modo efficiente e generalizzato i requisiti

di “policy routing”, cioè la possibilità di controllare il percorso dei flussi di traffico,

introducendo così delle eccezioni alla logica standard dello “shortest path”. Per questo

motivo, una delle applicazioni SDN che attualmente riveste particolare importanza è

rappresentata dal “service function composition” (SFC), che si occupa dell’inserimento di

un certo numero di VFN sul percorso d’inoltro del traffico, destinate a svolgere funzioni di

servizio (es. Firewall e DPI).

Per questo motivo SDN rappresenta una struttura ideale e complementare a NFV,

fornendo l’interconnessione tra le funzioni di rete richiesta dall’architettura di Network

Functions Virtualization, al fine di realizzare il collegamento tra le varie VFN.

Un esempio dei benefici mutui tratti dall’utilizzo congiunto di SDN e NFV è rappresentato

dal fatto che, mentre NFV può aumentare l’efficienza e la flessibilità sui servizi offerti dal

piano di controllo di SDN, quest’ultimo assicura la consegna affidabile e la qualità del

traffico di rete alle funzioni virtualizzate ottenute da NFV.

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Capitolo 2: Applicazione di SDN alle reti wireless

Il settore delle telecomunicazioni sta vivendo oggi una grande rivoluzione, che darà luogo

alle tipologie di reti e di servizi progettate e distribuiti per il futuro.

Siamo testimoni dell’aumento vertiginoso del numero delle applicazioni e dei servizi

richiesti dagli utenti, a cui si è in grado di accedere anche in movimento grazie alle

tecnologie wireless. Per far fronte a questa richiesta alcuni operatori di rete stanno

adoperando paradigmi di Cloud Computing, che permettono una riduzione dei costi

complessivi tramite la migrazione dei servizi di comunicazione, dagli hardware dedicati

agli operatori mobili. Come passo successivo, questi operatori avranno bisogno di

ridefinire e migliorare le infrastrutture di rete già esistenti oltre che implementare metodi

per distribuirne di nuove, al fine di affrontare le sfide proposte sia dall’aumento di

domanda da parte dei clienti che dalla forte competizione di mercato.

Il paradigma Software-Defined Networking, caratterizzato dalla netta separazione tra il

piano di controllo e quello dati, viene attualmente adottato per ridefinire la struttura delle

reti cablate. Tramite questo paradigma infatti, gli operatori di rete possono eseguire le loro

infrastrutture in maniera più efficiente, sostenendo una distribuzione più veloce dei nuovi

servizi, mentre procedono all’abilitazione di caratteristiche importanti come la

virtualizzazione.

Di seguito verrà mostrato come l’approccio SDN possa essere applicato alle reti wireless

mobili, che non solo traggono benefici dalle caratteristiche intrinseche delle reti cablate,

ma fanno leva sulle caratteristiche distinte della distribuzione mobile, per trarne vantaggi

ancora maggiori.

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2.1 Software-Defined Wireless Networking

I tanti cambiamenti che si sono verificati nello scenario delle telecomunicazioni hanno

portato la necessità di modificare il modo in cui gli operatori di rete ed i provider dei

servizi gestiscono le proprie infrastrutture, al fine di ridurre significativamente i costi

sostenuti per lo sviluppo e per la distribuzione di nuovi servizi.

Tuttavia, a causa dell’elevata dipendenza da protocolli ed interfacce proprietarie (talvolta

oscurate), non è semplice implementare nuovi meccanismi di gestione su una rete già in

uso e operativa.

SDN è attualmente considerata la migliore alternativa agli approcci classici distribuiti, che

si basano su hardware altamente dedicato, sul quale vengono eseguiti i protocolli standard.

Finora la maggior parte dei casi d’uso impiegati per presentare i principali vantaggi

dell’architettura SDN sono stati limitati ad ambienti cablati (es. Google), sebbene il

paradigma sia applicabile in maniera concreta anche ad ambienti wireless.

Tramite quest’architettura, gli amministratori di rete possono programmare, in modo

centralizzato, il comportamento sia della rete che dei flussi di traffico senza richiedere

l’accesso o la configurazione di ognuno dei dispositivi hardware. Come visto in

precedenza, SDN disaccoppia il sistema che prende decisioni da quello che inoltra il

traffico verso la destinazione selezionata.

In aggiunta, abilitando la programmabilità sul traffico e sui dispositivi, una rete SDN

risulta essere molto più flessibile ed efficiente di una tradizionale. In questo tipo di

architettura infatti, la strategia di controllo è di tipo centralizzato, si basa sul software ed è

gestita da controller SDN che hanno una visione globale dello stato della rete e sono in

grado di controllare i dispositivi in maniera indipendente dal produttore. Questi dispositivi

non sono più tenuti ad eseguire e comprendere i molteplici protocolli di rete, bensì

accettano istruzioni da parte del controller.

Un requisito fondamentale per una corretta implementazione dell’architettura SDN (figura

4) è quello di avere un’interfaccia standard tra il livello di controllo e quello d’inoltro.

Quest’interfaccia è garantita, come già detto in precedenza, dal protocollo OpenFlow che

facilita l’integrazione dei dispositivi eterogenei, semplificando le operazioni definite

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all’interno di un’infrastruttura multi-

vendor, presente tipicamente nel

settore delle telecomunicazioni.

Grazie ad OpenFlow, collocato nel

Control DataPlane Interface (CDPI)

si ottiene quindi il collegamento tra il

livello di controllo e quello d’inoltro.

Si può dimostrare che la separazione

tra i due livelli, in una rete di Figura 4: Struttura di rete SDN

comunicazione SDN, persiste in una certa misura anche nel dominio Wireless (SDWN).

Infatti l’Internet Engineering Task Force (IETF) ha standardizzato, diversi anni fa, il

Control And Provisioning of Wireless Access Point (CAPWAP), che rappresenta un

protocollo mediante il quale viene centralizzato il piano di controllo nelle reti Wireless.

La configurazione radio viene espressa in termini di elementi di base per la gestione delle

informazioni, che sono inclusi nello standard (es. potenza trasmissiva, intervallo beacon,

parametri di contesa ecc..).

Con lo standard CAPWAP, i frame di controllo vengono inviati ad un controller

centralizzato, responsabile del controllo di accesso al mezzo (MAC), in modo simile a

quello in cui OpenFlow fornisce le informazioni di controllo sui nuovi flussi in ingresso.

Seguendo le stesse direttive, ma con un approccio più visionario, possiamo proporre lo

studio di un nuovo paradigma in cui i nodi mobili eseguono un processore wireless MAC,

responsabile della gestione dei “MAClets” (cioè di quei programmi che specificano il

protocollo MAC). In questo modo il controller centralizzato può caricare dinamicamente il

protocollo da utilizzare in un determinato momento; ad esempio, quando il carico di

traffico aumenta, si potrebbe passare da un protocollo Carrier Sense Multiple Access /

Collision Avoidance (CSMA/CA) ad uno Time Division Multiple Access (TDMA).

Le applicazioni di SDN proposte finora, sono state concentrate per lo più su reti cablate,

ottenendo diversi benefici in questi scenari, tuttavia l’adozione di questo paradigma in

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ambienti wireless e di backhaul potrebbe portare ancora più vantaggi. Il piano di controllo

delle reti wireless, infatti, è più complesso di quello delle reti cablate e quindi i vantaggi

ottenibili dalla maggiore flessibilità fornita da un approccio SDN, sarebbero maggiori.

2.1.1 Virtualizzazione

L’attuale distribuzione supporta la virtualizzazione in alcune estensioni, ma i dispositivi ed

i meccanismi di rete esistenti non sono progettati per supportare la riconfigurazione

dinamica richiesta per una condivisione efficiente e tempestiva delle risorse di rete.

Tramite approcci per la virtualizzazione della rete principale (es. PlanetLab e GENI) sono

state implementate differenti reti di copertura che permettono ai ricercatori di eseguire i

propri esperimenti mediante l’accesso time-sharing alle risorse di rete condivise.

Tuttavia, seguendo questi approcci si opera su una scala temporale imprecisa, che ha

bisogno di pianificazione e dimensionamento manuali e che non rispetta le scadenze di

mercato richieste per operare su una rete di produzione. L’utilizzo di questi metodi

differisce dalle tendenze attuali della virtualizzazione delle reti di accesso, che sono

focalizzate sul rafforzamento e sulla condivisione delle risorse radio tra i diversi operatori.

L’adozione di SDN (supportato da sistemi come OpenFlow e ForCES), viene in contro a

queste tendenze e dovrebbe migliorare la base di supporto per una virtualizzazione

tempestiva ed efficiente delle reti wireless. Ci sono tuttavia, due problemi da affrontare:

1) Per fornire la flessibilità richiesta, in termini di topologia ed architettura di rete, una

rete SDWN dev’essere in grado di implementare una vasta gamma di logiche di

controllo che saranno applicate simultaneamente su un insieme di risorse fisiche.

Proprio il supporto di queste logiche fa sorgere problematiche di scalabilità e di

compatibilità. Supposto infatti, che ogni logica di controllo possa lavorare in cima ad

una differente realizzazione della rete, ognuna di esse deve reagire in modo tempestivo

ai cambi nell’infrastruttura sottostante. Si necessita quindi di un meccanismo di

orchestrazione di rete scalabile, che coordini il controller SDN con le operazioni

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attuate al piano dati e che risolva ogni contesa tra le differenti logiche di controllo.

Inoltre, per fare in modo che ciascuna di esse operi in maniera indipendente dalle altre

si possono seguire due strade: da una parte, isolando il traffico istanziato da diversi

operatori virtuali, per garantire la sicurezza e la privacy. Dall’altra, isolando le

modifiche eseguite sull’infrastruttura di un operatore virtuale dal resto della rete; così

un cambio nell’infrastruttura virtuale, non inciderà sulle altre istanze eseguite in cima

alla distribuzione reale.

2) Un altro problema fondamentale da affrontare riguarda l’allocazione e la condivisione

delle risorse di rete nel rispetto dell’isolamento e della scala temporale. In questo

modo, non solo si previene lo spreco di risorse dovuto alla condivisione ed al

coordinamento tra gli elementi rete, ma si ottiene anche un guadagno dalla

multiplazione statistica. Questa soluzione, quindi, è sostanzialmente più efficiente di

avere implementazioni indipendenti.

La virtualizzazione proposta da SDWN sull’infrastruttura wireless è indipendente e

complementare a quella fornita da NFV, che mira ad abilitare la virtualizzazione sui

servizi e sulle funzioni di rete come il NAT, il Firewall e le principali funzioni cellulari, in

modo da ridurre il tempo di distribuzione dei servizi e diminuire sia il CapEx che l’OpEx.

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2.1.2 Quality of Experience

Le reti odierne sono gestite in modo tale da fornire un certo livello di Quality of Service

(QoS), tuttavia non sempre garantiscono un livello minimo di Quality of Experience

(QoE). Esso è determinato da tre fattori:

-Architettura di servizio (es. compatibilità e locazione dei server).

-Performance della rete principale.

-Servizi forniti sul “last mile wireless” (cioè sulla rete d’accesso), che costituisce la

combinazione dei collegamenti wireless (compresa la rete di backhaul) tra gli utenti finali

ed i provider.

Con le architetture di rete attuali, i provider dei servizi devono prevedere le proprie

necessità in termini d’infrastrutture, negoziare ServiceLevelAgreement (SLA), e tentare di

migliorare l’esperienza degli utenti, ad esempio cambiando la codifica video di un video

che si sta servendo (come fa YouTube).

E’ chiaro che, questo tipo di scenario preclude un uso efficiente delle risorse di rete, di

conseguenza il provider dei servizi non è in grado di rispondere in maniera tempestiva a

situazioni di cambiamento poiché non possiede informazioni sufficienti, in tempo reale,

riguardo le performance degli utenti e quindi non è capace di distribuire velocemente

elementi architetturali o migliorare i ServiceLevelAgreement con i provider di rete.

Inoltre, le architetture mobili presentano intrinsecamente la necessità di integrare

obbiettivi di QoS nella parte radio (al livello di servizio) e sulla rete di backhaul (a livello

di trasporto). Questo porta al bisogno di orchestrare dinamicamente risorse in entrambi i

livelli, per fornire una QoE uniforme ed efficiente.

L’utilizzo di un’architettura SDWN consentirebbe di offrire delle API (Application

Programming Interface) ai provider dei servizi, abilitandoli a controllare come si comporta

la rete nel servire il traffico (ovviamente il grado di controllo dipenderebbe dagli accordi

stipulati tra gli operatori di rete ed i provider dei servizi). Attraverso queste API, il

provider è anche in grado di cambiare dinamicamente l’inoltro dei flussi di traffico in

entrambe le direzioni.

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Infine sempre il provider dei servizi, può utilizzare le API per cambiare il comportamento

della rete d’accesso (cioè del last mile wireless) agendo in tre modi:

1) Fornendo priorità dinamica al traffico sull’ultimo hop, cosicché in caso di condizioni

scadenti del segnale di copertura, alcuni pacchetti (es. I-Frames o VideoStreaming)

vengano forniti di servizi migliori rispetto ad altri (es. B-Frames), poiché

contrassegnati come “più importanti”.

2) Ricavando informazioni sulle performance del servizio sperimentato dall’utente, così

da adattarlo tempestivamente alle sue esigenze.

3) Supportando il traffico in upload e in download, basandosi sulle preferenze dell’utenza

e sulla disponibilità dei diversi collegamenti di comunicazione (ognuno con differenti

performance). In questo modo il provider personalizza i servizi tenendo conto delle

preferenze e dei comportamenti degli utenti.

Quanto detto finora richiede la progettazione di servizi di gestione del traffico orientato al

cliente, capaci di connettere differenti applicazioni con diverse tecnologie e adattarne i

contenuti sia alle condizioni della rete che alle risorse disponibili. Così facendo potrebbero

essere forniti differenti servizi per ciascun flusso di traffico.

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2.1.3 Selezione dell’accesso alla rete

I terminali mobili esistenti sono tipicamente equipaggiati con interfacce di rete multiple,

generalmente Wi-Fi e Cellulare. Questi terminali, insieme alla proliferazione degli hotspot

Wi-Fi, delle femtocelle, e delle reti fisse Wi-Fi residenziali, hanno complicato il processo

di selezione della migliore tecnologia d’accesso alla rete. Nonostante gli operatori possano

offrire entrambi i servizi di rete, mobile o fissa residenziale, essi non gestiscono gli accessi

agli hotspot Wi-Fi, che a causa delle loro caratteristiche rendono impegnativo garantire

una certa QoS. La decisione di come selezionare ed utilizzare opportunamente un accesso

eterogeneo alla rete tra quelli disponibili, non è banale. Inoltre la rete potrebbe voler

mantenere il controllo sulle modalità d’inoltro del traffico verso i diversi terminali mobili.

Utilizzando una soluzione SDWN, tramite delle API fornite a soggetti esterni (es. provider

dei servizi) si potrebbe influenzare la decisione di quale tecnologia d’accesso utilizzare per

distribuire un certo tipo di traffico ad uno specifico terminale mobile o a gruppi di utenti.

In aggiunta, questo particolare tipo di scenario potrebbe anche beneficiare dell’attivazione

di programmabilità sul nodo mobile in modo tale da abilitare, per esempio, un semplice

controllo dal lato rete che consente di capire come siano utilizzati i diversi accessi da parte

del traffico generato dalle applicazioni, in esecuzione su un dispositivo.

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2.2 Architettura SDWN

Figura 5: Architettura per le reti mobili basata su approccio SDN (SDWN)

L’architettura definita per SDWN mira a mantenere i benefici di un orchestrazione logica,

fornendo interfacce ben definite per le funzionalità del piano di controllo e abilitando un

ampio grado di flessibilità sulla consegna del traffico nel piano utente.

Per collegare i concetti proposti da SDWN ad un sistema architetturale ben noto e definito

prendiamo come riferimento l’architettura proposta da Evolved Packet System (EPS)

definita in 3rd Generation Partnership Project (3GPP).

Una rete mobile, è composta tipicamente da molteplici Radio Access Network (RAN)

eterogenee connesse tra loro da una rete di trasporto principale (Core Transport) condivisa.

Si noti che il collegamento tra l’ultima entità fornita dalla RAN e la Core Transport

Network potrebbe coinvolgere il backhaul di rete, cablata o wireless, (rappresentato in

figura 5 come parte della RAN) mediante una combinazione di tecnologie (es. fibra ottica,

microonde ecc..) e topologie di rete definite sul segmento di backhaul.

Tra i diversi tipi di RAN, come si può notare in figura 5, troviamo le UTRAN (UMTS), le

E-UTRAN (LTE) e gli hotspot Wi-Fi. Si ricorda inoltre che in SDWN le RAN sono

migliorate dalla presenza di programmabilità, che consente diversi livelli di funzionalità,

permettendo un aumento della distribuzione. Va notato che l’architettura proposta è

abbastanza generica, così da poter supportare altri tipi di tecnologie RAN già esistenti (es.

WiMAX) o future.

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Il nucleo di trasporto è composto da switch e router programmabili che consentono la

configurazione del livello d’inoltro del flusso di traffico, sia unicast che multicast (come

avviene in OpenFlow). Questa rete programmabile necessita di essere interconnessa con le

entità principali del piano di controllo (responsabili di funzioni come l’autenticazione, la

gestione dei clienti e della mobilità, il QoS ecc..), poiché diversi operatori virtuali

potrebbero richiedere la condivisione di elementi radio, porzioni di backhaul o parte della

rete principale di trasporto.

Un’architettura SDWN potrebbe essere sviluppata seguendo due modelli differenti:

-Modello “Evolutionary”

-Modello “Clean Slate”

Il modello evolutionary consente una distribuzione incrementale sulle reti già in uso:

gli operatori di rete in grado di connettersi alla rete principale di trasporto ereditano il

piano di controllo senza modificare le interfacce già esistenti. In questo modello il

controller SDN implementa interfacce standardizzate, eseguite in un ambiente virtuale

noto come vEPC (virtual EPC), per sostenere l’interconnessione con le entità ereditarie

esistenti.

Nel modello clean slate le funzioni del piano di controllo sono implementate direttamente

sul controller SDN sotto forma di applicazioni, utilizzando delle API software tra gli

operatori virtuali ed il controller. Quest’approccio non consente però una semplice

distribuzione incrementale, ma mantiene tutti i vantaggi di un’architettura programmabile

rendendo ad esempio più semplice e veloce la distribuzione di nuove funzioni di rete, dal

momento che queste verrebbero direttamente implementate sul controller.

Il cuore dell’architettura SDWN, rappresentato dal controller SDN, viene connesso ad

ogni entità programmabile. Va notato che esso rappresenta un’entità logica e potrebbe

essere decentralizzato e frazionato su differenti unità fisiche, al fine di aumentare la

scalabilità e le performance del sistema. Per consentire ai terzi di influenzare e controllare

il comportamento della rete vengono abilitate delle API, che permettono di accedere alle

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Figura 6: Struttura delle Application Programming Interface (API)

risorse di rete, in modo simile a come un sistema operativo accede alle applicazioni, alle

periferiche e alle risorse di calcolo.

L’interfaccia programmabile (API) offerta dal controller SDN supporta differenti livelli di

accesso ai terzi, cosicché la personalizzazione possa variare su diverse categorie: per

applicazione, per utente, per operatore virtuale o per una combinazione di essi.

In figura 6 sono mostrate le cinque principali tipologie di interfacce programmabili (API)

presenti nell’architettura SDWN:

-Un’interfaccia northbound (ad alto livello) fornita agli operatori virtuali, che condividono

lo stesso insieme di risorse fisiche di rete, permette loro di cambiare in ogni momento e

adattare dinamicamente le risorse da condividere, ad esempio, con il carico di traffico o

con il profilo degli utenti connessi alla rete fisica. Tramite quest’interfaccia si potrebbe

implementare un SLA più sostanzioso rispetto a quello attuale e sarebbe possibile attuare

una riconfigurazione di rete in modo più dinamico e quasi in tempo reale. Ogni operatore

(virtuale) dovrebbe poter accedere ad una vista astratta delle risorse assegnategli, così da

essere in grado di programmare la rete (virtuale) come una fisica.

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-Un’interfaccia northbound fornita ai terzi (es. provider dei servizi e fornitori di

applicazioni), autorizzati ad influenzare il comportamento della rete, viene adeguatamente

assicurata garantendo l’accesso tramite diversi permessi. Quest’interfaccia potrebbe essere

abbastanza potente da consentire ai fornitori di applicazioni di influenzare la gestione del

traffico di rete, tenendo in considerazione anche gli operatori virtuali dai quali l’utenza del

traffico ha ottenuto l’accesso. Si noti che quanto detto è reso possibile grazie alla

centralizzazione ottenuta dall’utilizzo di un approccio SDN, sebbene ciò possa introdurre

problemi di scalabilità che devono essere considerati.

-Un’interfaccia southbound (di basso livello) è fornita alle entità fisiche del livello utente,

nella rete principale di backbone (Core Transport Backbone).

Quest’interfaccia viene utilizzata dal controller SDN per implementare differenti politiche

di comportamento in accordo con le richieste di gruppi esterni, con gli operatori virtuali

associati ai diversi utenti connessi alla rete e con le condizioni di quest’ultima. Inoltre essa

abilita l’effettiva condivisione delle reti di backbone e di backhaul tra i diversi operatori,

che possono anche connettersi ad internet attraverso differenti gateway.

-Una seconda interfaccia southbound viene fornita al piano utente della RAN. Questa

permette l’effettiva virtualizzazione della rete d’accesso, condividendo le stesse risorse

fisiche tra i diversi operatori. Quest’interfaccia dovrebbe abilitare la programmabilità sulla

rete d’accesso wireless, fornendo così i comportamenti desiderati che dipenderanno dalle

specifiche necessità e caratteristiche dei nodi mobili, dalle richieste di provider esterni e

dai diversi SLA stipulati dagli operatori di rete verso i propri clienti.

-Un’ultima interfaccia southbound per i nodi mobili, fornisce la rete di alcune funzioni di

programmabilità sui terminali. Potrebbe essere utilizzata, ad esempio, per aumentare

l’esperienza in mobilità migliorando lo sfruttamento dell’utilizzo simultaneo delle reti

d’accesso wireless disponibili.

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2.3 C-RAN

La RAN, come visto finora, rappresenta lo strumento più importante per gli operatori di

telefonia mobile, poiché consente di fornire dati di alta qualità e ad alta velocità ai clienti

mobili. La tradizionale architettura RAN presenta caratteristiche note, che possiamo

riassumere in grandi linee: in primo luogo, ogni stazione base (BS) è connessa solitamente

ad un numero fisso di antenne a settore, le quali coprono una piccola area geografica e

gestiscono i segnali in trasmissione/ricezione limitandosi alla propria area di copertura.

Un’altra caratteristica delle RAN odierne è rappresentata dalla ridotta capacità in banda del

sistema, limitata dalle interferenze, che rendono difficili i miglioramenti sullo spettro. Le

stazioni base, infine, sono attualmente costruite su piattaforme proprietarie utilizzando un

approccio verticale, cioè aumentando la capacità di calcolo sulle singole BS.

Per migliorare la RAN, tenendo conto di queste caratteristiche si stanno affrontando oggi

diverse sfide, introdotte dalle problematiche sollevate da questo tipo di architettura. Ad

esempio, il gran numero di stazioni necessarie su una certa area geografica, richiede un

corrispondente investimento iniziale, il noleggio del sito ed il supporto alla gestione di

quest’ultimo. Quindi, di conseguenza, questo porta ad un incremento del CAPEX e del

OPEX. Un’altra problematica che possiamo riscontrare è rappresentata dal fatto che, di

solito, il tasso di utilizzo delle stazioni è basso poiché il carico medio di rete è di gran

lunga inferiore al carico massimo supportato ed inoltre una stazione non può condividere la

propria potenza di calcolo con altre stazioni nella sua area di copertura. Infine, l’utilizzo di

una piattaforma proprietaria porta gli operatori mobili a dover gestire più piattaforme non

compatibili, nel caso in cui i provider dei servizi decidessero di acquistare sistemi da

diversi fornitori. Questo costringe gli operatori ad avere piani di rete più complessi e

costosi per quanto riguarda l'espansione e l'aggiornamento della RAN, infatti per venire in

contro alla rapida crescita dei servizi, essi hanno bisogno di aggiornare la propria rete di

frequente e renderla accessibile a differenti standard di telefonia mobile, tra cui GSM,

WCDMA/TD-SCDMA ed LTE.

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Centralized processing pool, Co-operative radio and real-time Cloud RadioAccessNetwork

(C-RAN), a volte anche indicata come Centralized-RAN, è una nuova architettura di rete

cellulare, proposta da China Mobile per le future infrastrutture di rete mobili ed applicata

attualmente a scenari concreti. In particolare, C-RAN si basa sull’adattamento ai paradigmi

di cloud computing centralizzato delle nuove architetture RAN, in grado di supportare

tecnologie 2G, 3G, 4G e futuri standard di comunicazione wireless.

Le future reti di accesso dovrebbero garantire l'accesso ad Internet Mobile a banda larga

per i clienti wireless, a prezzi ridotti e con un’alta efficienza spettrale ed energetica.

C-RAN affronta le problematiche sollevate in precedenza e va in contro ai requisiti di alta

efficienza spettrale, di riduzione dei costi (CAPEX e OPEX), di diminuzione dei consumi

energetici e supporto di standard wireless differenti, che le nuove reti di accesso radio

dovrebbero avere. Inoltre, quest’architettura è applicabile ai più classici ambienti di

distribuzione RAN come le macro-celle, le micro-celle, le pico-celle e le coperture indoor.

L’elaborazione del segnale in maniera centralizzata riduce notevolmente il numero delle

attrezzature necessarie in una certa area geografica; l’azione radio cooperativa, effettuata

tramite antenne distribuite equipaggiate con Remote Radio Head (RRH), fornisce una

maggiore efficienza spettrale; l’infrastruttura Cloud real time basata su piattaforma aperta e

sulla virtualizzazione delle stazioni, consente l'allocazione dinamica e l'elaborazione

associata all’area di copertura di competenza, portando conseguentemente una riduzione

del consumo energetico e un aumento del tasso di utilizzo dell'infrastruttura.

Queste nuove tecnologie consentono agli operatori non solo di soddisfare i requisiti

necessari negli scenari di rete odierni, ma sono in grado anche di far progredire la rete per

fornire una copertura maggiore, nuovi servizi e minori costi di manutenzione.

C-RAN non sostituisce gli standard 3G/B3G ma, viene proposto solamente come un

approccio alternativo ad essi. Guardando al futuro, C-RAN fornirà agli operatori mobili

un’architettura di rete ecologica, a basso costo e con alte prestazioni.

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2.3.1 Vantaggi di C-RAN

L’architettura C-RAN è un’evoluzione di quella che contraddistingue i sistemi distribuiti

Base Transceiver Station (BTS), composti da Unità a Banda Base (BBU) e da RRH. A

seconda delle diverse funzionalità attribuite alle varie BBU e RRH, si possono distinguere

due tipi di approcci C-RAN: quello totalmente centralizzato e quello parzialmente

centralizzato. Il primo è caratterizzato dal fatto che la banda base e le funzioni BTS (di alto

livello) si trovano nelle BBU, mentre nel secondo approccio le RRH non solo integrano le

funzioni radio ma si occupano anche di quelle a banda base, lasciando solo le funzioni di

alto livello all’interno delle BBU.

In base al metodo di divisione delle funzionalità tra le BBU e le RRH, si distinguono due

tipi distinti di architetture C-RAN, entrambe composte da tre parti principali:

1) Le unità radio distribuite con le quali ci si può riferire alle Remote Radio Heads (RRH)

più le antenne collocate in un sito remoto.

2) La rete di trasporto ottica a banda larga e bassa latenza, che connette le RRH e

l’insieme delle BBU.

3) Le BBU, costituite da processori programmabili con alto livello di performance e

dotate di tecnologie di virtualizzazione real time.

L'architettura C-RAN “totalmente centralizzata", presenta i vantaggi di poter espandere e

potenziare facilmente la capacità della rete. Con essa si abilita il supporto al funzionamento

multistandard e la condivisione di massima delle risorse. Il suo principale svantaggio è

rappresentato dal requisito di banda larga richiesto alla BBU per trasportare un segnale I/Q.

Nel peggiore dei casi, una antenna TDLTE-8 con larghezza di banda pari a 20MHz avrà

bisogno di una velocità di 10Gpbs per trasmettere.

L’architettura C-RAN "parzialmente centralizzata", ha il vantaggio di necessitare di una

banda molto più stretta tra BBU ed RRH. Rispetto alla "totalmente centralizzata", la

connessione BBU-RRH trasporta solo dati demodulati, che valgono circa 1/20 ~ 1/50 dei

dati I/Q a banda base. Tuttavia, anche quest’architettura presenta i suoi difetti. Infatti

poiché l'elaborazione in banda base è integrata nelle RRH, si ottengono meno flessibilità e

meno condivisione delle risorse di calcolo tra le differenti celle.

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Figura 7: Struttura di rete C-RAN con approccio “totalmente centralizzato”

Si elencheranno adesso i principali vantaggi ottenuti dall’utilizzo di C-RAN, facendo

riferimento all’architettura totalmente centralizzata, riportata in figura 7.

Il primo vantaggio rilevante di quest’architettura di rete è dato dal risparmio ottenuto sui

costi di OPEX e CAPEX. Siccome l'apparecchiatura formata dalle BBU e i macchinari di

supporto del sito sono tutti aggregati in pochi grandi fabbricati, diventa molto più semplice

la gestione centralizzata della RAN, risparmiando di conseguenza sui costi Operativi e di

Manutenzione (O&M), associati al gran numero di stazioni che si trovano in una RAN

tradizionale. Inoltre, sebbene il numero di RRH non possa essere ridotto, ne vengono

semplificate le funzionalità e ridotte le dimensioni così come i consumi. Le RRH

richiedono solamente l'installazione dei sistemi d’alimentazione ausiliaria dell'antenna,

consentendo agli operatori di accelerare la costruzione della rete. In questo modo, si

possono ottenere grandi risparmi sui costi di noleggio e quelli O&M del sito.

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Un altro principale vantaggio è costituito dal sostanziale risparmio energetico ottenuto

dall’utilizzo di infrastrutture ecologiche. C-RAN, infatti è una soluzione a basso impatto

ambientale. In primo luogo, con l'elaborazione centralizzata ottenuta dall'architettura

C-RAN, il numero di stazioni nella RAN può essere ridotto di diverse unità, così da

limitare la maggior parte delle attrezzature di supporto al sito ed il consumo di energia. In

secondo luogo, la distanza tra le RRH ed i dispositivi mobili, può essere anch’essa ridotta

siccome la tecnologia radio cooperativa permette di moderare le interferenze tra le diverse

RRH e consente, di conseguenza, una maggiore densità di unità radio nell’area di

competenza. Utilizzando quest’architettura si possono implementare celle più piccole, con

potenza trasmissiva inferiore, lasciando invariata la qualità di copertura di rete. L'energia

utilizzata in trasmissione viene ridotta, portando ad una diminuzione sostanziale del

consumo energetico che permette di estendere l’autonomia della batteria nei dispositivi

mobili. Infine, se una stazione virtuale è inattiva, ad esempio durante la notte quando la

maggior parte della potenza di elaborazione non è necessaria, potrà essere selettivamente

spenta senza alterare il servizio.

C-RAN è anche adatto alla gestione del traffico distribuito non uniformemente, poiché

l’architettura è dotata di capacità di bilanciamento del carico all’interno dell’area di

aggregazione delle BBU. Sebbene le RRH in servizio cambino dinamicamente in base al

movimento del nodo mobile, la BBU di servizio si trova ancora nello stesso pool

distribuito. Allora, poiché la copertura di un pool di BBU è maggiore di quella fornita da

una singola BS tradizionale, il traffico non uniformemente distribuito, generato dal

dispositivo mobile, può essere distribuito in una stazione virtuale situata nello stesso pool.

Infine, utilizzando l’architettura C-RAN, diverse stazioni virtuali possono cooperare

all’interno di una grande distribuzione fisica di unità a banda base e sono inoltre in grado

di condividere facilmente le risorse radio come i dati di traffico, le segnalazioni e le

informazioni sullo stato del canale (CSI) fornite dagli utenti attivi nel sistema.

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2.3.2 Applicazioni concrete

Durante il 2010, China Mobile ha condotto il suo primo studio sull’applicazione di C-RAN

con i partner. Le prime prove di distribuzione centralizzata furono effettuate all'interno del

sistema Time Division-Synchronous Code Division Multiple Access, di solito riportato

come TD-SCDMA (interfaccia di telecomunicazione UMTS) nella città di Zhuhai, situata

nella provincia meridionale di Guangdong, in Cina. Successivamente, i test effettuati

sull’utilizzo dell’architettura C-RAN, in campo GSM, sono stati condotti in diverse altre

città in tutto il territorio cinese, tra le quali ricordiamo Changsha, Baoding e Jilin. Per

semplicità saranno trattati i due casi più importanti, la distribuzione di prova

sull’interfaccia TD-SCDMA nella città di Zhuhai ed il caso di test sulla rete GSM nella

città di Changsha.

Nella città di Zhuhai sono stati necessari solamente tre mesi per effettuare i test.

Complessivamente l’area di riferimento disponeva di diciotto macro siti TD-SCDMA, con

un area di copertura totale di circa 30 km quadrati. Lo studio effettuato ha verificato la

fattibilità d’applicazione di alcune tecnologie di distribuzione centralizzata. La costruzione

e la gestione di questo nuovo ambiente ha evidenziato i vantaggi portati dall’utilizzo di

C-RAN rispetto alla RAN tradizionale, in termini di costi, flessibilità e risparmio

energetico. Allo stesso tempo, si sono avviate diverse sfide riguardanti l’utilizzo della fibra

ottica, così come per la costruzione di nuovi mezzi di trasmissione. Per quanto riguarda la

distribuzione centralizzata sul sistema GSM, sono stati condotti diversi studi ed effettuati

diversi test in varie città, tra cui Changsha. Il layout di rete costituito per questo scopo

venne creato principalmente sostituendo ed aggiornando i siti già esistenti. L’area di

riferimento comprende un totale di quindici siti, di cui solo due nuovi, i quali coprono circa

15 km quadrati sulla zona. Rispetto al caso delle reti TD-SCDMA, le soluzioni GSM

hanno caratteristiche uniche, ad esempio, si potrebbero gestire diciotto RRH in un unico

sito, utilizzando solamente una coppia di fibre. Questo significa che, è possibile ridurre

significativamente il numero di risorse in fibra necessarie alla distribuzione centralizzata di

C-RAN adottando una soluzione a fibra spenta (dark fibre).

Per comprendere la struttura dei test effettuati analizziamo le caratteristiche dei due

territori in questione: l'area di prova nella città di Zhuhai si compone fondamentalmente di

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una zona di sviluppo nazionale ad alto livello tecnologico, di residence, e di alcuni campus

universitari. All’interno dell’area di test, diverse zone hanno presentato un significativo

aumento del traffico, predicibile a seconda del luogo, l’ora o di un particolare evento. Ad

esempio, nella zona di sviluppo ad alta tecnologia si constata che la maggior parte del

traffico di rete generato dalle persone, viene rilevato durante l'orario di lavoro. Lo stesso

gruppo di clienti, inoltre, ritorna solitamente dopo il lavoro nei residence vicini, dove si

rileva un sostanzioso aumento nel flusso del traffico. Gli studenti dei campus invece,

tendono a non utilizzare i dispositivi wireless durante l'orario di lezione, ma effettuano la

maggior parte delle attività cellulari durante la notte.

Solitamente, la pianificazione di rete dovrebbe supportare un carico di picco del traffico

per ogni singolo sito, che viene stimato, di solito 10 volte superiore a quello previsto nelle

ore di inattività. Proprio per questo, si riscontra un tasso medio di utilizzo dei dispositivi

BTS molto basso che si traduce quindi in un sostanziale spreco di risorse, introducendo

inoltre difficoltà di progettazione e ottimizzazione della rete. Una soluzione facilmente

adottabile con C-RAN è quella di creare un pool di unità a banda base che permettono

l'allocazione dinamica della portante. Nelle zone di test ci saranno dunque nove siti

co-locati nei siti GSM già esistenti, mentre altri nove saranno nuovi e dovranno essere

collegati tramite canali di trasmissione in fibra ottica diffusi per circa 30 km quadrati.

L'area di prova nella città di Changsha, invece è costituita da un paio di campus situati in

prossimità delle Yuelu Mountains. Il carico e la densità del traffico è abbastanza alto in

queste zone, dove inoltre, sono presenti moltissimi dormitori e appartamenti residenziali.

In questo scenario troviamo un'ambiente di propagazione molto complesso che lascia

ancora spazio al miglioramento della copertura di rete e che lo rende adatto a verificare le

prestazioni e la capacità del sistema, ottenute dall’utilizzo di C-RAN in ambienti urbani.

Vediamo ora come sono state implementate le due soluzioni e quali sono i diversi benefici

raggiunti, iniziando con la trattazione del sistema di distribuzione centralizzato nella città

di Zhuhai. Qui, ciascun sito TD-SCDMA ha una configurazione di tipo 4/4/4, che indica la

presenza di tre settori in ogni sito, ciascuno dei quali utilizza quattro portanti. Questo

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implica che i diciotto siti di prova necessitano complessivamente di 216 portanti e quindi,

considerando la capacità delle BBU, viene progettato un insieme complessivo di unità a

banda base per supportare il massimo traffico concorrente sulla stessa area.

Ci sono due tipi di portanti TD-SCDMA, la R4 che viene utilizzata principalmente per il

traffico voce, mentre l’HSDPA che è più adatta al traffico dati. Sulla base dei requisiti di

pianificazione di China Mobile, il carico del traffico per ogni sito non deve mai superare il

75%. Di conseguenza, ciascuna portante R4 supporta fino a 203 utenti voce ed ogni

HSDPA può supportare fino ad un massimo 93 utenti. In totale, nell’area test di Zhuhai

erano presenti circa 17.000 utenti effettivi. Tuttavia, considerando il pool di BBU

distribuito, si è stati in grado di supportare 20.000 utenti effettivi utilizzando solamente

160 portanti. Questo indica che la distribuzione centralizzata ottenuta da C-RAN, fa

risparmiare circa il 25% della capacità nelle unità a banda base rispetto ai metodi di

distribuzione tradizionali. Analogamente, sono stati utilizzati gli stessi principi anche per il

processo di testing sulle reti GSM nella città di Changsha, per stabilire la capacità totale

del pool BBU.

Nella seconda parte dei test l’attenzione si è centrata principalmente sull’allocazione

dinamica delle portanti. Per un sistema TD-SCDMA, ogni RRH/settore è in grado di

supportare un massimo di 6 portanti R4 ed una HSDPA. Durante i periodi di inattività,

ogni RRH/settore ha a disposizione una sola portante sia di tipo R4 che HSDPA.

Per operare sull’assegnazione dinamica sono stati stabiliti diversi criteri di decisione che si

adoperano quando c’è necessità di aumentare il numero delle portanti R4 ed HSDPA. Ad

esempio, ogni qualvolta che il carico delle R4 supera una certa soglia, si decide di

aggiungere più portanti di questo tipo nel sito di competenza; anche per le HSDPA,

valgono regole simili. Se, al contrario il carico è minore di una certa soglia e sono stanziate

diverse portanti R4 o HSDPA, è anche possibile ridurne il numero evitando così sprechi di

banda. Anche nel caso di GSM valgono regole analoghe, utilizzando però un criterio di

decisone basato sul tasso di utilizzo di ciascuna portante GSM.

Durante la terza parte dell’analisi sono state trattate sia la struttura di interconnessione

delle RRH di tipo daisy-chain, che le tecnologie di protezione ai guasti sulla fibra. Queste

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tecnologie derivano dal metodo di distribuzione impiegato per questo tipo di reti, che

utilizza di solito connessioni point-to-point in fibra spenta. Quando le BBU e le RRH si

trovano a grande distanza tra loro, è importante tenere in considerazione sia il risparmio di

risorse in termini di fibra ottica da utilizzare, che la protezione contro guasti imprevedibili

ai mezzi trasmissivi causati da fattori esterni. Mediante l’interfaccia TD-SCDMA, ogni

collegamento in fibra è in grado di gestire fino a 6,14Gbps in trasmissione, ragion per cui

riesce a sostenere fino a 15 portanti da 410Mbps. Nella città di Zhuhai, ogni accesso alla

rete si compone da nove siti, che utilizzano nove coppie di mezzi trasmissivi in fibra ottica

per supportare i collegati ad anello tra i vari siti.

Per quanto riguarda le prove effettuate sui sistemi GSM, si necessita di una banda di gran

lunga inferiore rispetto al caso precedente, a causa della natura a banda stretta di questi

sistemi, che riescono quindi ad ottenere maggiore capacità spettrale in configurazione

daisy-chain. Infatti, utilizzando solamente una coppia di fibre spente, si è in grado di

supportare dalle 18 alle 21 RRH configurate in questo modo.

Infine, dai test effettuati sul campo sono state verificate tecnologie fondamentali per la

distribuzione esterna. Uno dei problemi riscontrati dai test di Zhuhai, era rappresentato

dalla mancanza di spazio per le apparecchiature BTS fisiche disposte nei nove siti di nuova

costruzione, così come per l’alimentazione in corrente continua. Si è optato allora, per

l’utilizzo di una cabina d’alimentazione esterna che permette di soddisfare le necessità

della rete di distribuzione: una temperatura compresa tra i -40 ℃ ~ + 70 ℃, un livello di

protezione a prova di furto che garantisce la sicurezza del dispositivo senza che sia

necessaria una supervisione costante ed una schermatura anti-flash contro le radiazioni

termiche. Questa soluzione è stata applicata sia per i test su GSM, nella città di Changsha,

che per quelli su TD-SCDMA effettuati a Zhuhai.

Passiamo adesso ad analizzare le performance tecniche ottenute da C-RAN nei due casi

concreti. In figura è rappresentato il carico del traffico e l’allocazione dinamica per settore

delle portanti, in una giornata tipica nella città di Zhuhai. Possiamo notare in figura 8 che

la superficie blu indica la capacità totale della portante in una certo settore, mentre quella

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violetta rappresenta il carico di rete

effettivo a diverse ore del giorno. Allora è

semplice vedere che le portanti vengono

allocate dinamicamente per adattarsi al

carico che si registra durante la giornata.

Nei casi di test effettuati in Changsha,

l’architettura centralizzata fornita da C-RAN Figura 8: Allocazione dinamica delle portanti

ha portato prestazioni radio migliori ed una più gradevole esperienza utente, fornite grazie

all’introduzione di RRH co-locate, installate sullo stesso sito. Tramite questa tecnologia

diverse RRH trasmettono e ricevono dalla stessa cella, proprio come succede con la

trasmissione su fibra, fornendo però ulteriori benefici. Infatti vengono migliorate le

prestazioni radio, come ad esempio la ricezione in uplink (potenziata del 2% ~ 3%), il tasso

di perdita di connessione viene ridotto al minimo o quasi eliminato in alcuni siti ed inoltre,

dato che la procedura di consegna (handover) effettuata ai confini tra due celle, diviene

interna ad un pool di unità a banda base di conseguenza si riduce il ritardo di consegna.

Infine, la protezione sulla trasmissione in fibra fa sì che se questa venisse danneggiata

accidentalmente, verrebbe attivata automaticamente un'altra rotta per il traffico tra BBU ed

RRH, inalterando la comunicazione all’interno del sistema.

In sintesi, l'implementazione centralizzata di C-RAN non influisce negativamente sulle

prestazioni radio, ma al contrario, fornisce alla rete ulteriori vantaggi. Inoltre,

interconnettendo le RRH in configurazione daisy-chain, le risorse necessarie all’utilizzo di

sistemi di trasmissione su fibra spenta potrebbero essere ridotte.

In termini di funzionalità, la rete C-RAN sfrutta e trae vantaggio dall’efficienza energetica

a basso costo fornita dalle RRH. La centralizzazione dell’unità a banda base, rende

semplice la manutenzione e flessibile l'aggiornamento della rete. L'utilizzo globale della

RAN può inoltre essere migliorato tramite tecnologie di virtualizzazione e condivisione

ottimale delle risorse, non solo per aumentarne l'utilizzo, ma anche al fine di ridurne il

consumo elettrico complessivo mediante vari sistemi di gestione energetica.

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Capitolo 3: OpenRAN e SoftRAN

Con la rapida crescita di Internet Mobile, le reti wireless si sono estese a gran velocità.

Tuttavia se è vero che sono presenti varie reti eterogenee, queste sono difficilmente

interconnesse tra loro, portando ad un’abbondante spreco di infrastrutture wireless e di

risorse spettrali. Inoltre la distribuzione sempre maggiore di nuovi servizi porta alla

necessita di avere differenti caratteristiche di rete, ma siccome l’infrastruttura alla base è

chiusa e consolidata questi servizi vengono tutti supportati con le stesse caratteristiche,

portando di conseguenza a bassi valori di QoS e di QoE.

Un altro problema da affrontare è dovuto alla necessità di supportare traffico mobile

esponenzialmente crescente avendo a disposizione banda spettrale limitata. Si pensi che,

negli Stati Uniti, AT&T e Verizon dispongono di uno spettro di banda a livello nazionale

pari a 100Mhz, utilizzabile per gli standard LTE. Proprio per cercare di aumentare la

capacità di banda, la rete è stata resa densa, aumentando il numero di stazioni base (BS)

all’interno delle RAN. Queste reti di distribuzione presentano un fattore di riuso di

frequenza pari ad uno. Conseguentemente, gestire reti dense con riuso di frequenza

unitario diventa decisamente più complesso a causa dello stretto accoppiamento sulle

decisioni prese nel piano di controllo delle stazioni vicine tra loro. Infatti, la gestione delle

decisioni riguardanti le risorse radio (es. decidere spettro e potenza da utilizzare in

trasmissione) prese da una determinata stazione, influenza sostanzialmente le stazioni

vicine. L’alto riuso di frequenza e la natura broadcast dell’infrastruttura wireless portano i

clienti agganciati ad una BS a subire numerose interferenze provenienti dalle stazioni nelle

vicinanze che, se non gestite, degradano significativamente la capacità spettrale della rete.

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Per affrontare queste problematiche si richiede un’architettura radio più aperta ed

efficiente, ottenibile applicando paradigmi SDN ed NFV, che permettono di ottenere

maggiore flessibilità e controllabilità sulle Radio Access Network. China Mobile, come

visto, propone C-RAN, un’architettura generale che introduce un pool di cloud per

l’elaborazione di dati wireless a banda base. OpenRAN e SoftRAN sono invece delle

proposte future, che hanno lo scopo di risolvere rispettivamente i problemi specifici

sollevati riguardo l’infrastruttura chiusa delle RAN e la gestione ottima delle risorse radio.

3.1 Analisi delle proposte

Iniziamo descrivendo l’architettura sulla quale sono fondati OpenRAN e SoftRAN, per poi

mostrare le strategie di controllo utilizzate dalle due soluzioni proposte.

OpenRAN

L’architettura alla base di OpenRAN si compone di tre elementi principali:

-Il pool di risorse spettrali wireless (WSRP)

-Il pool di risorse di cloud computing (CCRP)

-Il controller SDN

Il WSRP è composto da molteplici Remote Radio Unit (RRU) fisiche, che sono distribuite

in varie locazioni geografiche. Per supportare efficientemente la strategia di controllo

basata su SDN per le reti wireless eterogenee, WSRP virtualizza lo spettro disponibile

tramite tecnologie di virtualizzazione Radio Frequency (RF) mediante le quali si abilitano

diverse RRU virtuali (vRRU), aventi protocolli wireless differenti, a coesistere in un'unica

RRU fisica (pRRU).

Il CCRP è formato da un grande ammontare di processori fisici che realizzano, tramite

interconnessioni multiple, una rete di cloud computing ad alta velocità. A differenza delle

architetture di rete verticali (in cui si predilige l’aumento di capacità di calcolo sulle

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Figura 9: Architettura OpenRAN

singole stazioni) adatte alle reti d’accesso wireless attuali, in una architettura di rete

orizzontale basata sul cloud computing (in cui si predilige l’aumento dei processori fisici),

le unità a banda base (BBU) ed i controller delle stazioni base (BSC) vengono sostituiti

con BBU e BSC virtuali (vBBU e vBSC), distribuiti in processori fisici condivisi mediante

tecnologie di virtualizzazione.

L’insieme di tutti gli elementi di accesso virtualizzati (vRRU, vBBU, vBSC), come

mostrato in figura 9, compone una RAN completa e funzionante.

Il controller SDN costituisce il piano di controllo di questa RAN eterogenea. Esso astrae e

combina le funzioni di controllo fornite dagli elementi di accesso, determinando inoltre sia

le strategie che ciascuna vBBU e vBSC dovrà attuare, che gli elementi di accesso virtuali

contenti in un SDN Agent, adibiti a comunicare con il controller seguendo il protocollo

SDN.

L’architettura OpenRAN fornisce inoltre, quattro livelli di astrazione:

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1) A livello applicazione, dove lo spazio dedicato ai flussi di traffico è suddiviso in più

flussi virtuali (associati a diversi operatori o servizi di rete), ognuno dei quali opera e

gestisce le proprie strategie di controllo.

2) A livello cloud, dove il controller SDN crea e gestisce vBBU e vBSC in modo da

virtualizzare i processori fisici, allocando appropriate risorse di calcolo e di memoria.

3) A livello spettrale, riferita alla virtualizzazione della banda spettrale tramite tecnologie

di virtualizzazione RF, che istanziano diverse vRRU, con protocolli wireless differenti,

su un'unica pRRU condivisa.

4) A livello cooperativo, costituendo diverse reti virtuali (che includono ad esempio, nodi

e collegamenti virtuali) all’interno delle quali avvengono comunicazioni cooperative,

richieste sia tra i vari vBSC e vBBU che tra le diverse vRRU, mediante le quali si

ottiene l’eliminazione delle interferenze inter-cella.

SoftRAN

L’architettura centralizzata proposta da SoftRAN è un’alternativa al piano di controllo

distribuito, attualmente implementato per le reti LTE. Tramite quest’architettura, tutte le

stazioni (BS) collocate in una certa area geografica vengono astratte, considerate come

semplici elementi radio aventi una minima logica di controllo, diventando parte di

un’unica grande stazione virtuale (Big-BS). Questi elementi fisici verranno poi gestiti da

un’entità centralizzata, che prenderà decisioni sul piano di controllo per tutte le stazioni

appartenenti all’area geografica di competenza. L’entità logica adibita a questo compito

sarà detta controller della Big-BS. Esso mantiene una vista globale della RAN e fornisce

la struttura sulla quale potranno essere implementati gli algoritmi di controllo. Il controller

centralizzato riceve periodici aggiornamenti dagli elementi radio appartenenti alla stessa

area geografica, riguardo lo stato locale della rete in modo tale da avere sempre una

visione aggiornata dello stato globale della RAN, che viene mantenuto sotto forma di

database. Quest’ultimo è detto RAN Information Base (RIB) ed è costituito da tre elementi

principali:

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Figura 10: Architettura SoftRAN

1) La mappa d’interferenza: è un grafo ponderato nel quale ogni nodo rappresenta un

elemento radio o un’utente attivo nella specifica area geografica, mentre l’intensità dei

bordi di ciascun nodo indica la potenza di collegamento sul canale tra due nodi.

2) Il record dei flussi: sul quale sono memorizzati i parametri rilevanti di un flusso di

traffico continuo (es. il numero di byte trasmessi, quello dei pacchetti in coda, ecc..).

3) Le preferenze dell’operatore di rete: il quale eventualmente necessita di priorizzare

alcuni flussi rispetto ad altri, immettendo le sue preferenze in questa sezione.

Il RIB viene accesso dai diversi moduli di controllo (distribuiti dagli operatori di rete), che

prendono le decisioni necessarie per la gestione delle risorse radio. Questi moduli

assegnano gruppi di risorse agli utenti, specificando simultaneamente alle stazioni la

potenza di trasmissione da utilizzare per ogni blocco di risorse.

Le risorse radio sono astratte in una tabella tridimensionale, sulla quale sono definite

l’indice della stazione, il tempo e la frequenza. Per ogni blocco in questa tabella, il

controller dovrà assegnare una certa potenza trasmissiva ed il flusso di traffico da servire.

Dal punto di vista dei clienti tuttavia, non è possibile ottenere una stretta astrazione della

Big-BS senza apportare modifiche agli standard LTE. Infatti il cliente continuerà a

percepire le diverse stazioni, necessitando di ottenere un handshake tradizionale sia con la

stazione precedente che con la nuova, ogni volta che si sposta dal campo di copertura.

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3.2 Strategie di controllo

In entrambi i casi viene adottato un metodo di controllo centralizzato.

In OpenRAN il controller crea e ottimizza dinamicamente gli elementi di accesso virtuale,

astraendo e allocando in modo equo ed efficiente spettro, risorse di calcolo e di memoria.

Si adotta una strategia di controllo sul flusso del traffico basata sul match-action, che

prevede l’utilizzo di vari campi di match, situati nell’header dei pacchetti appartenenti a

ciascun flusso (es. indirizzo IP, MAC address ed il porto). Ogni elemento d’accesso

virtuale è associato ad un SDN agent unificato che permette di controllare il flusso. Il

controller pone delle regole in ciascun elemento d’accesso, cosicché quando un pacchetto

viene ricevuto, si verifica che queste regole di controllo possano essere associate ad un

determinato flusso; se ciò è possibile, l’elemento virtuale esegue l’azione corrispondente

(es. l’instradamento dei dati da parte delle vBSC o un eventuale controllo di potenza

richiesto dalle vBBU). Questa strategia di controllo basata su SDN rende la RAN più

aperta e flessibile.

Nel piano dati, sebbene i diversi protocolli wireless operino in maniera differente gli uni

dagli altri, essi condividono alcuni moduli come quello di codifica, modulazione ed

interleaving. Quindi, ispirandosi al Software-Defined Radio (SDR), OpenRAN astrae i

protocolli wireless come vBBU, ognuna delle quali sceglie e combina i moduli appropriati

per implementare il protocollo desiderato.

Utilizzando SoftRAN invece, si dovrebbe assicurare che il ritardo sul traffico tra il

controller e l’elemento radio non incida negativamente sulle performance, così da rendere

efficiente l’astrazione di una Big-BS. Questo ritardo indica che le stazioni nella RAN

hanno una vista locale dello stato della rete, più aggiornata rispetto a quella del controller.

Pertanto, nonostante il coordinamento fornito da un approccio centralizzato, le decisioni di

controllo dipendenti dai parametri di rete che variano rapidamente possono essere

ottimizzate solamente dagli elementi radio. Si necessita quindi di rifattorizzare il piano di

controllo basandosi su due principi fondamentali:

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-Tutte le decisioni che influenzano quelle prese dagli elementi radio nelle vicinanze,

dovrebbero essere assegnate al controller, poiché si necessita di coordinazione tra le varie

stazioni della RAN.

-Tutte le decisioni che coinvolgono le variazioni frequenti dei parametri, dovrebbero essere

prese preferibilmente dal singolo elemento radio, siccome il ritardo di trasmissione tra le

stazioni ed il controller aumenta il tempo di risposta a queste variazioni.

Da notare che sul downlink (collegamento tra la stazione ed il nodo mobile), l’allocazione

del blocco di risorse non influenza le decisioni prese dalle celle vicine. Allora finché la

potenza di trasmissione di un certo elemento radio è nota, i nodi vicini non hanno bisogno

di conoscere quali siano gli utenti serviti e quali blocchi di risorse gli sono stati assegnati.

Inoltre l’allocazione delle risorse tra i clienti contendenti sarà influenzata dalle misure del

canale, riportate dagli utenti con una frequenza che può raggiunge anche i 2 ms. Seguendo

il secondo principio, dato che le decisioni sono basate sui parametri che variano

rapidamente, l’allocazione del blocco di risorse sul downlink sarà a carico dell’elemento

radio. Tuttavia, a meno che quest’ultimo non abbia una vista aggiornata dell’ambiente

wireless, sarà ancora il controller a suggerire il blocco di risorse che dovrebbe essere

allocato.

Va notato che in uplink (collegamento tra il nodo mobile e la stazione) lo scenario è

completamente opposto. Infatti dovrebbe essere proprio questo collegamento a decidere a

quale cliente allocare un particolare blocco di risorse ma, questa decisione provocherebbe

interferenze sull’uplink causate, come visto, dalle stazioni vicine. Per questo motivo, in

accordo con il primo principio, l’allocazione del blocco di risorse viene gestita dal

controller SDN.

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Conclusioni

In definitiva, con l'avvento dell'era basata sull’Internet Mobile, l’architettura di rete si trova

oggi a dover affrontare sempre più sfide sorte a causa delle diverse problematiche

riscontrate, quali il drastico aumento dei dati mobili, l'inefficienza spettrale, la mancanza di

flessibilità multi-standard ed il carico non dinamico sul traffico di rete. C-RAN, come

SoftRAN ed OpenRAN sono soluzioni promettenti per affrontare le problematiche di cui

sopra. Grazie all'impiego di queste nuove tecnologie, saremo in grado di cambiare il modo

di costruire e distribuire la rete; utilizzando l’approccio definito sul software si potrà infatti

cambiare radicalmente la struttura della RAN ed i costi sostenuti dagli operatori, riuscendo

in questo modo a fornire servizi sempre più flessibili ed efficienti. Tramite le diverse

architetture centralizzate, presentate in questa tesi, che implementano metodi di

trasmissione/ricezione ottima, supporto multi-standard, tecnologie di virtualizzazione

hardware, condivisione ottimale delle risorse radio ed alta efficienza spettrale si potrà

fornire, in un futuro prossimo, un'infrastruttura competitiva agli operatori di telefonia

mobile che permetterà di mantenere una crescita di mercato redditizia e dinamica.

Infine, attraverso l’astrazione software, è stato esaminato un ambiente che consente la

gestione efficiente e dinamica di gran parte delle risorse radio in ambito dell’Internet

Mobile, anche se va fatto presente che le tecnologie SoftRAN ed OpenRAN sono ancora in

fase di sperimentazione ma, come già successo per C-RAN, ci si aspetta una loro futura

applicazione concreta, operata da parte di chi dedicherà intelligenza e risorse alla ricerca,

per creare nuovi ambienti wireless che renderanno queste idee innovative una solida realtà.

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