viotti rimonda 50.€¦ · 52 musica 242, dicembre 2012-gennaio 2013 segnare le indicazioni sulla...

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  • 50 musica 242, dicembre 2012-gennaio 2013

    VIOLINISTI

    Guido Rimonda,in nome di Viotti

    di Massimo Viazzo

    Giovanni Battista Viotti (1755-1824), violinistastraordinario e compositore dalla sensibilitàpreromantica, è da sempre il nume ispiratoredi Guido Rimonda, che ora ha intrapreso perla Decca un’integrale delle musiche per violi-no e orchestra.

    Incontro Guido Rimon-da a Vercelli prima dellaprova del concerto cele-brativo della CamerataDucale, l’orchestra fon-data da lui e dalla mo-glie, e pianista, CristinaCanziani (ora alla dire-zione artistica dell’en-semble) vent’anni fa. Ri-monda è il violinista chepiù di ogni altro in que-sti anni ha frequentato lamusica viottiana, stu-diandola sui manoscrittie suonandola regolar-mente al Viotti Festival.La prima domanda,quindi, è d’obbligo...

    Perché Viotti?La sua figura ha sempreesercitato un richiamo sudi me fin da quando eropiccolo. Forse perché erapiemontese come me,forse perché pur essendostato un grandissimo musicista era ancora inedito, pococonosciuto... Viotti era uno dei musicisti più editi della suaepoca, mentre oggi molto spesso è poco più che un nomesulle pagine di un dizionario musicale.

    Cosı̀ a undici anni si fece accompagnare da Suo padre a Fon-tanetto Po, vicino a Vercelli, sulle tracce del celebre violinistaÈ vero, e iniziai poco alla volta a cercare documenti, parti-ture, manoscritti, insomma tutto quello che riguardava la vi-ta e l’opera di un personaggio cosı̀ importante e stranamente

    ancora ai margini del re-pertorio. Questo tra milledifficoltà, essendo l’era di-gitale ancora da venire. Sa,ho la casa piena di micro-film...

    Quindi il progetto Decca èil coronamento di un so-gno.Beh, certamente sı̀. Il pro-getto di registrare tutti ilavori per violino e orche-stra, non solo i Concerti,ma anche i Konzertstück ealtre pagine poco cono-sciute, non vuole però es-ser un lavoro solo per glistudiosi. Vorrei che fosseanche una piacevole sco-perta per il grande pubbli-co, perché Viotti è uncompositore pieno di con-tenuti e molto molto mo-derno. Se confrontiamo,per esempio, i Concertiper violino di Mozart con

    quelli di Viotti, in questi ultimi possiamo intravvedere senzadifficoltà le evoluzioni successive del genere.

    In effetti Viotti è un gigantesco tassello mancante nella storiadel violino.Indiscutibilmente, ed è da situarsi storicamente tra Tartini ePaganini. Viotti è l’inventore dell’arco moderno, e le suenovità non si limitano a quelle relative allo sviluppo dellatecnica strumentale. Egli amava il proprio strumento e mailo usò per mettersi in mostra. Non era un esibizionista, ma

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    cercava sempre di scavarne tutte le possibilità espressive.Non solo virtuosismo quindi, di cui Viotti fu comunque unprecursore, ma anche cantabilità italiana e caldo lirismo.Con Vivaldi prima e Paganini poi, il violino era uno stru-mento spesso associato al demonio. Viotti lo accosterei adun angelo...

    [Guido Rimonda parla con passione ed entusiasmo esprimendo unacalma e serena comunicativa, che è poi quella che si ritrova nel suomodo di suonare.]

    Come si spiega l’oblio calato sulla quasi totalità del catalogodel compositore vercellese?Il violinista romantico suonava principalmente pezzi dellapropria epoca. Credo, anche, che una certa esterofilia innatain noi italiani abbia contribuito ad affossare certi composito-ri. E poi il teatro d’opera ha fatto il resto... A tutt’oggi ab-biamo moltissime composizioni del Settecento italiano chegiacciono mute.

    Tornando a Viotti, Lei ha frequentato praticamente tutti isuoi lavori...Sı̀. Dopo i primi importanti ritrovamenti filologici è nata an-che un’orchestra, la Camerata Ducale, che dirigo e che pro-prio quest’anno compie vent’anni dalla sua costituzione. E aVercelli con mia moglie Cristina si è anche concretizzato ilprogetto « Viotti Festival », una stagione concertistica nataproprio per far conoscere e promuovere la produzione diViotti. È in quella sede che abbiamo studiato, meditato, ap-profondito, testato sul pubblico, questa meravigliosa musica.La nostra migliore interpretazione di queste opere, si può dire,è nata giorno dopo giorno, con il lavoro quotidiano. Sonocomposizioni che conosciamo bene, sulle quali siamo tornatipiù volte, variando i fraseggi, cercando gli stacchi di tempopiù appropriati. Viotti è stata la vera scuola dell’orchestra. E nesono orgoglioso. E tutto sempre seguendo il manoscritto. An-che quando ci sembrava cosı̀ lontano dalle abitudini odierne.

    Si riferisce alle diteggiature?Sı̀. In effetti certi passaggi come li diteggia Viotti sembrereb-bero quantomeno bizzarri. Invece, è proprio studiandoli chespesso abbiamo trovato la migliore linea musicale.

    Lei recupera anche le orchestrazioni originali e le cadenze...Nel primo disco Decca il Concerto n. 22 viene, diciamo cosı̀,depurato dall’appesantimento cherubiniano. Luigi Cherubi-ni, dedicatario dell’opera, aveva messo mano all’orchestra-zione aggiungendo qua e là raddoppi e anche qualche stru-mento, come la tromba e il clarinetto, non previsto da Viot-ti. Il tutto suonava molto paganiniano.

    Ma anche Mozart aggiunse trombe e timpani a un Concertoviottiano, il n. 16...Mozart però lo fece con sobrietà e squisitezza, senza tradirnelo stile. Oltre a stimarlo, ne aveva compreso la poetica. Che-rubini, invece, a volte soffoca un po’ con la sua orchestra illuminoso cantabile viottiano

    E le cadenze?Le cadenze sono dal punto di vista violinistico una scopertaimportante. Si tratta dei Souvenirs de violon che Viotti avevaconcepito sia per la normale collocazione all’interno delConcerto, ma anche per una esecuzione solistica sul tipo del

    Capriccio, già in voga all’epoca, come dimostrano quelli diLocatelli, o quelli perduti e pare bellissimi di Nardini, pernon parlare dei lavori analoghi dei suoi allievi Baillot, Rodee Kreutzer, fino ad arrivare ai capolavori di Paganini.

    Tra Kreutzer, Rode e Baillot chi esprimeva meglio lo spiritodel Maestro?Forse Baillot, ma di lui si conosce veramente poco. Baillotfu il primo a scrivere una biografia di Viotti quando Viottiera ancora vivo. Rode e Kreutzer – quest’ultimo non vero eproprio allievo ma studente di perfezionamento – scriveran-no, invece, un metodo di violino fondato sui principi viot-tiani. L’invenzione dell’arco, la grande cavata, la cantabilitàavevano aperto nuove strade di indagine. E, forse non a ca-so, fu proprio il musicista piemontese a usare per la primavolta con continuità uno Stradivari durante le sue esibizioni.Si può dire che fu proprio Viotti a far conoscere al mondo ilnome del liutaio cremonese.

    Ascoltando il primo CD dell’integrale colpisce il calore e ilcandore del Suo cantabile.In Viotti, anche quando bisogna eseguire un passaggio vir-tuosistico, e ce ne sono, l’espressività deve venire sempre alprimo posto. Viotti non amava apparire, e la sua musica è lospecchio della sua indole. La qualità della musica viene sem-pre al primo posto.

    Non era dunque un esibizionista...A dire il vero tra le prime composizioni qualcosa in tal sensosi può trovare... Mi viene in mente il Concerto n. 2.

    La sua scrittura era comunque un modello per l’epoca...... tanto che Paganini riutilizzò pari pari l’ultimo movimentodel Concerto n. 25 in una Sonata per violino e chitarra del Cen-tone.

    E parlando ancora di plagio, o possibile plagio, che mi dice aproposito della Marsigliese?Undici anni prima che venisse ufficialmente composta daRouget de Lisle, Viotti compone un Tema e variazioni in cuisi sentono inequivocabilmente le note dell’inno francese...

    ... e che noi sentiremo nel secondo volume dell’integrale inuscita nella prossima primavera. Lei, che studia filologica-mente i manoscritti e che probabilmente curerà in futuro leedizioni critiche delle opere di Viotti, pare poco interessato in-vece all’approccio « filologico » in ambito esecutivo. Quandosuona non si nota né frenesia negli stacchi di tempo, né tan-tomeno smagrimento timbrico: due caratteristiche che oggi so-no diffuse in repertori anche più moderni. Lei non ha proble-mi né a vibrare, né a sostenere frasi lunghe...Credo che lo stacco di tempo rapido, se fa acquistare alla pa-gina vivacità e brillantezza, non sia sempre garanzia diespressività. E in Viotti l’espressività è sempre e comunque alprimo posto. Se Viotti ha voluto cambiare la conformazionedell’arco abbandonando di fatto la messa di voce, se Viottiha addirittura progettato un nuovo violino che pare si rifa-cesse a disegni leonardeschi oggi perduti, con la cassa armo-nica a forma di otto come la chitarra, con delle c al postodelle consuete f sopra di essa e con il riccio al contrario, iltutto per motivi presumibilmente di resa sonora, ecco, tuttoquesto mi fa pensare che suonando Viotti con certa prassiodierna si rischia di snaturarlo. Viotti era molto preciso nel

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    segnare le indicazioni sulla partitura. Basta seguirle per capireche se si corre all’impazzata si tradisce la sua poetica.

    Lei ama costruire delle vere e proprie nicchie espressive attornoa una melodia: ad esempio il secondo tema della forma sonata,quietando leggermente il tempo...È vero, ma è tutto scritto; tutto indicato sullo spartito. Vorreianche aggiungere che Viotti scrive spessissimo in partituravoci come espressivo, ma anche vibrato...

    Quindi un Viotti senza vibrato...... a parer mio non è proponibile. Ma forse questo vale ancheper Tartini, pur essendo quest’ultimo di un periodo storicoprecedente.

    Lei è piemontese, Viotti era piemontese come lo erano Somis ePugnani. Ma allora è il Piemonte la culla del violinismo mo-derno?Direi di sı̀. Le grandi scuole violinistiche, quella franco belgae quella russa, sono indissolu-bilmente legate al nome diViotti. C’è un filo rosso che,seguito, porta a Uto Ughicosı̀ come alla Mullova...

    ... e a Guido Rimonda...In effetti io e Uto Ughi sia-mo stati allievi entrambi diCorrado Romano, un didattastraordinario che ho avuto lafortuna di frequentare a Gi-nevra.

    Una parola sul Viotti Festi-val...Il Viotti Festival quest’annocompie quindici anni. E nonci crediamo quasi neanchenoi... Siamo riusciti a portare

    a Vercelli, nel nome di Viotti, fior di musicisti. A marzoavremo, per esempio, Giuliano Carmignola.

    E il pubblico come risponde?Benissimo! Pensi che abbiamo abbonati anche da Torino,Milano e Varese. E in quelle città non manca certo un’offertamusicale di pregio. Tutto questo è stato reso possibile grazieall’amministrazione della città, sensibile come non mai allacultura e all’arte, che ci ha sostenuti anche nei momenti piùbui, e ce ne sono stati tanti.

    Mi parli del suo Stradivari Leclair, lo Stradivari con l’« im-pronta »...È uno strumento che mi è stato regalato una decina di annifa da una famiglia che vuole restare anonima. Sono stato for-tunato. Era il violino di Jean Marie Leclair; uno strumento ditimbrica chiara. Nella faccenda dell’impronta si mescolano,naturalmente, storia e leggenda: Leclair negli ultimi mesi di

    vita, inguaribile misantropo,viveva in isolamento nel-l’oscurità di una torre, senzaavere più contatti con ilmondo esterno. Sullo stru-mento c’è effettivamenteun’ombra che si racconta es-sere la conseguenza della de-composizione del corpo delviolinista francese trovatomorto alcuni giorni dopo ildecesso.

    Una storia un po’ macabra...L’importante è che lo Stradi-vari Leclair sia tornato a farsentire la propria voce proprioal servizio di un musicista co-me Viotti per il quale sembrafatto apposta! &

    CDVIOTTI Concerto in la n. 22 per violi-no; Concerto in si n. 24 per violino;Meditazione in preghiera per violinoe orchestraviolino Guido RimondaCamerata Ducale, direttore Guido Ri-mondaDECCA 4765048DDD 63:12 .MHHHHHHHHHH

    La Decca iniziacon questa pub-blicazione uninteressante per-corso divulgati-vo teso a mette-

    re in evidenza il valore di un musi-cista, il vercellese Giovanni BattistaViotti (nato per la precisione aFontanetto Po nel 1755), forse piùconosciuto sui manuali di storiadella musica che per frequentazio-ne diretta. Viotti è indubbiamenteuno dei padri del violinismo mo-derno. Seguirne l’evoluzione poe-tica, che va dall’utilizzo delle formedello stile galante alle soglie del ro-

    manticismo, potrà riservare piace-voli sorprese agli appassionati pro-prio grazie all’integrale delle com-posizioni per violino e orchestraora affidata al violinista italiano chepiù di ogni altro in questi anni si èfatto ambasciatore della musica del« nostro ». Si tratta di una impresaspalmata su cinque anni, in quindi-ci CD.« Il Concerto in La minore di Viottimi ha particolarmente entusiasma-to e credo che Joachim lo abbiascelto per me! Il Concerto è unameraviglia di virtuosismo e libertàdi invenzione; si direbbe che siaun’improvvisazione, mentre tuttoè già concepito e scritto magistral-mente » confidava JohannesBrahms in una lettera a ClaraSchumann del 1878 a propositodel Concerto n. 22, indubbiamenteil più noto della raccolta e l’unicoa essere entrato più o meno stabil-mente nel repertorio di alcunigrandi violinisti. Composto a Lon-

    dra alla fine del XVIII secolo, ededicato a Cherubini, il lavoro siimpone subito all’ascolto per unprimo tema (che apre il Moderatoiniziale) di forte plasticità cheprincipia sulle note dell’accordo diLa minore. Ma anche la cantabilitàdell’Adagio cattura, e l’Agitato assaidi tono popolaresco (e paganinia-no) elettrizza senza però degenera-re in uno showpiece. Almeno inquesta versione, nella quale Ri-monda non teme di seguire ilproprio tempo, generalmente piùcomodo del consueto, e cosı̀ an-che le agilità vengono semprecantate e suonano espressive.Ed è proprio il canto, elegiaco, in-tenso, comunicativo che lega stret-tamente il modo di suonare di Ri-monda a quello di Viotti, il cuicantabile era una peculiarità cono-sciuta ed ammirata. Niente corse arotta di collo quindi e nemmenofastidiose vetrosità timbriche oggidi moda. Tutto suona rotondo an-

    che nel Concerto n. 24, per certiversi gemello del precedente, e laCamerata Ducale si muove neiconfini di una impostazione classicaed elegante.Guido Rimonda giunge alla regi-strazione dopo una lunga frequen-tazione di queste partiture e dopoaver lavorato egli stesso sulle edi-zioni musicali. Cosı̀, per esempio,si possono ascoltare per la primavolta le orchestrazioni originali (ilConcerto n. 22 è stato quasi sempreeseguito con l’orchestrazione piùcorposa preparata da Cherubini) ele cadenze autentiche (interessan-tissima quella del primo movimen-to, Maestoso, del Concerto n. 24, unvero e proprio Capriccio). Inoltre,nel corso dell’integrale verrannoproposte anche opere inedite. È ilcaso della crepuscolare Meditazionein Preghiera presente in questo pri-mo volume, un pezzo molto ama-to dal violinista di Saluzzo, e qui inprima registrazione mondiale.

    Massimo Viazzo

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