Vincenzo Rinaldo, architetto veneziano · in un primo tempo col maestro, e poi, alla sua ......

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La figura di Vincenzo Rinaldo, per versatilità e per quello che il poeta definirebbe “multiforme ingegno”, meriterebbe senz’altro di più delle scar- ne note biografiche che possiamo dedicargli in questa sede 1 : ma, per ora, l’intento è solo di far comprendere, attraverso il raffronto con altri suoi progetti, le ragioni di alcune scelte da lui operate a Villa Nitti. Figlio di Lorenzo e di Maria Bortoluzzi, nasce a Venezia il 24 luglio 1867. Dalle succinte notizie contenute nella sola opera al momento nota che ne tratteggi – sia pure in parte – la carriera 2 , apprendiamo che, dopo un ciclo di studi tecnici, frequenta l’Accademia di Belle Arti, seguendo i corsi di Architettura e di Ornato. I suoi esordi, sia come insegnante che come professionista, sono al fianco dell’architetto Giacomo Franco 3 ; per la realizzazione del Duomo di Lonigo, in particolare, lo vediamo collaborare in un primo tempo col maestro, e poi, alla sua scomparsa, subentrargli nel completamento dell’opera. E’ indubbiamente interessante, per intuire la sua vocazione ante litteram al design, apprendere che a lui si devono due altari del duomo stesso, oltre alla gradinata esterna del monumento. Questo aspetto trova del resto conferma nella sua carriera di insegnante: oltre che come professore d’ornato proprio nella prestigiosa Accademia veneziana, viene ricordato come professore e direttore della Scuola d’Arte Industriale di Mirano e delle Scuole Comunali di Disegno del capoluogo. Secondo altre fonti, le sue esperienze di insegnamento si sarebbero estese anche a Padova e a Vicenza; è invece certo come avesse precocemente fon- dato – sempre a Venezia, nel 1891 – uno “Studio di Disegno” di cui viene ricordato come direttore un personaggio non secondario della pittura otto- centesca, Alessandro Zezzos 4 . Negli annuari dell’Accademia di Belle Arti compare, nel 1903, tra gli accademici di merito corrispondenti, mentre nel 1904 e nel 1906 è anno- verato tra gli accademici di merito residenti 5 . Il 1906 è anche l’anno di nascita di Carlo Scarpa, che anni dopo, ultimati gli studi tecnici, sarà suo allievo nella prestigiosa istituzione veneziana e quindi suo stretto collabora- tore; nel 1934, dopo la morte del maestro, ne sposerà una nipote, Onorina Lazzari 6 . E’ alquanto impressionante l’elenco delle opere ascritte al nostro archi- tetto, soprattutto se si pensa che a quelle eseguite sullo scorcio dell’Ottocento e nel primo quinquennio del Novecento sono da aggiungere quelle degli anni ‘20 del medesimo secolo (tra cui quelle dove si avvale pro- prio della collaborazione di Scarpa); e c’è da credere che altre ne potremmo annoverare, se non fosse scomparso nel 1927, non ancora sessantenne. Opere che – secondo un percorso artistico per molti versi simile a quello che sarà poi proprio di Carlo Scarpa – vanno dalla progettazione architetto- nica in senso proprio (si tratti di edifici religiosi o civili, o anche di monu- menti funerari) alla decorazione ed al restauro. Geograficamente, la sua attività copre vasta parte del Veneto e si estende anche al Friuli; non tutti i suoi progetti, però, sono stati eseguiti (ad esem- pio, quelli per le facciate della chiesa dei SS. Martino e Rosa, a Conegliano 7 e del duomo di Adria) e, di quanto effettivamente realizzato, non tutto si è conservato, vuoi per eventi distruttivi (naturali e non), vuoi per il soffiare del vento – spesso impetuoso – della modernità. Per alcuni monumenti, rimasti incompiuti, sono subentrati altri archi- tetti: emblematica è la vicenda del Tempio-ossario dei Caduti, a Bassano del Grappa, progettato dal Rinaldo nel 1906 per essere il nuovo Duomo della città; concepito come pura espressione di quello stile neogotico che caratterizzerà molte altre sue opere, irto di guglie e pinnacoli racchiudenti statue, doveva culminare con l’ardita cuspide della torre sovrastante il tran- 103 VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO Vincenzo Rinaldo, architetto veneziano

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La figura di Vincenzo Rinaldo, per versatilità e per quello che il poetadefinirebbe “multiforme ingegno”, meriterebbe senz’altro di più delle scar-ne note biografiche che possiamo dedicargli in questa sede1: ma, per ora,l’intento è solo di far comprendere, attraverso il raffronto con altri suoiprogetti, le ragioni di alcune scelte da lui operate a Villa Nitti.

Figlio di Lorenzo e di Maria Bortoluzzi, nasce a Venezia il 24 luglio1867. Dalle succinte notizie contenute nella sola opera al momento notache ne tratteggi – sia pure in parte – la carriera2, apprendiamo che, dopoun ciclo di studi tecnici, frequenta l’Accademia di Belle Arti, seguendo icorsi di Architettura e di Ornato. I suoi esordi, sia come insegnante checome professionista, sono al fianco dell’architetto Giacomo Franco3; per larealizzazione del Duomo di Lonigo, in particolare, lo vediamo collaborarein un primo tempo col maestro, e poi, alla sua scomparsa, subentrargli nelcompletamento dell’opera. E’ indubbiamente interessante, per intuire lasua vocazione ante litteram al design, apprendere che a lui si devono duealtari del duomo stesso, oltre alla gradinata esterna del monumento.

Questo aspetto trova del resto conferma nella sua carriera di insegnante:oltre che come professore d’ornato proprio nella prestigiosa Accademiaveneziana, viene ricordato come professore e direttore della Scuola d’ArteIndustriale di Mirano e delle Scuole Comunali di Disegno del capoluogo.Secondo altre fonti, le sue esperienze di insegnamento si sarebbero esteseanche a Padova e a Vicenza; è invece certo come avesse precocemente fon-dato – sempre a Venezia, nel 1891 – uno “Studio di Disegno” di cui vienericordato come direttore un personaggio non secondario della pittura otto-centesca, Alessandro Zezzos4.

Negli annuari dell’Accademia di Belle Arti compare, nel 1903, tra gliaccademici di merito corrispondenti, mentre nel 1904 e nel 1906 è anno-

verato tra gli accademici di merito residenti5. Il 1906 è anche l’anno dinascita di Carlo Scarpa, che anni dopo, ultimati gli studi tecnici, sarà suoallievo nella prestigiosa istituzione veneziana e quindi suo stretto collabora-tore; nel 1934, dopo la morte del maestro, ne sposerà una nipote, OnorinaLazzari6.

E’ alquanto impressionante l’elenco delle opere ascritte al nostro archi-tetto, soprattutto se si pensa che a quelle eseguite sullo scorciodell’Ottocento e nel primo quinquennio del Novecento sono da aggiungerequelle degli anni ‘20 del medesimo secolo (tra cui quelle dove si avvale pro-prio della collaborazione di Scarpa); e c’è da credere che altre ne potremmoannoverare, se non fosse scomparso nel 1927, non ancora sessantenne.Opere che – secondo un percorso artistico per molti versi simile a quelloche sarà poi proprio di Carlo Scarpa – vanno dalla progettazione architetto-nica in senso proprio (si tratti di edifici religiosi o civili, o anche di monu-menti funerari) alla decorazione ed al restauro.

Geograficamente, la sua attività copre vasta parte del Veneto e si estendeanche al Friuli; non tutti i suoi progetti, però, sono stati eseguiti (ad esem-pio, quelli per le facciate della chiesa dei SS. Martino e Rosa, a Conegliano7

e del duomo di Adria) e, di quanto effettivamente realizzato, non tutto si èconservato, vuoi per eventi distruttivi (naturali e non), vuoi per il soffiaredel vento – spesso impetuoso – della modernità.

Per alcuni monumenti, rimasti incompiuti, sono subentrati altri archi-tetti: emblematica è la vicenda del Tempio-ossario dei Caduti, a Bassanodel Grappa, progettato dal Rinaldo nel 1906 per essere il nuovo Duomodella città; concepito come pura espressione di quello stile neogotico checaratterizzerà molte altre sue opere, irto di guglie e pinnacoli racchiudentistatue, doveva culminare con l’ardita cuspide della torre sovrastante il tran-

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setto, che con i suoi 76 metri sovrastava anche i due campanili, alti 54metri. La pianta era a croce latina; ugualmente ricca la decorazione previstaper l’interno, con mosaici ed affreschi. La costruzione – probabilmentetroppo ardita, ma di certo molto costosa – si interruppe ben presto permancanza di fondi, e poi per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale;variatane anche la destinazione (da duomo a tempio-ossario, appunto), lamodifica del progetto di Rinaldo fu affidata nel 1934 a Pietro Dal Fabbro,che eliminò quasi del tutto le guglie e i pinnacoli, e per il coronamentodella torre e dei campanili propose più semplici loggiati8. Non ebbe sortepiù fortunata la chiesa di S. Croce, sempre a Bassano: la nuova facciata,neogotica anch’essa, fu realizzata dal nostro architetto nel 1910, ma il pro-getto di ampliamento non venne completato, e nel 1932 fu definitivamen-te abbandonato9.

La propensione verso il gotico è dunque già acclarata: anche se, per laverità, alcune fra le prime opere del Rinaldo, come la nuova facciata dellachiesa dei Santi Rocco e Domenico, a Conegliano, realizzata tra il 1899 e il1901, o anche la prima versione della facciata di S. Polo di Piave (dei primianni del Novecento, poi semidistrutta dalla guerra) appare nettamenteimprontata ai canoni del neoclassicismo10. Difficile, comunque, stabilire ilconfine tra il gusto del progettista e quello della committenza, specie neicasi in cui si cimenta con linguaggi architettonici sostanzialmente estraneial suo tempo, come quello neobizantino, rivisitato per la c. d. ChiesaArmena di Asolo, di cui disegna anche la decorazione interna11.

Rientra invece in parametri prettamente “rinaldiani” l’intervento sullachiesa di S. Giovanni Battista a San Fior di Sopra, nel trevigiano: di ori-gine antichissima, e più volte ricostruita ed ampliata, assume i caratteridel neogotico grazie al progetto di Vincenzo Rinaldo, che viene realizzatotra il 1906 e il 1930, incorporando parti della chiesa precedente; l’ester-no è caratterizzato da una grande cupola, l’interno è a croce latina e a trenavate12.

A S. Polo di Piave lavora due volte: nel 1908, come già anticipato, permodificare alcune parti della chiesa e realizzarne il campanile; dopo le

distruzioni della Prima Guerra Mondiale, i cui danni vengono quantificatiin una perizia tecnica dello stesso Rinaldo, redatta nel marzo 1919 dopo unsopraluogo sul sito, ma autenticata a Napoli alcuni giorni dopo13, essoviene ricostruito su suo disegno (1923), ed inaugurato nel 1925. Va dettoche le torri campanarie – punto debole, staticamente, di ogni edificio diculto – compaiono abbastanza spesso tra i progetti del nostro: ricordiamoquelli di Ormelle (Venezia), praticamente gemello del campanile di S. Polo,ma inferiore in altezza14; ed ancora quelli di S. Zeno, a Bassano, e diVazzola (Treviso); di Nove15, di Friola di Pozzoleone, di Malo (Vicenza); diAviano (Udine).

Molti altri edifici religiosi sono associati al suo nome: oltre a quelli giàricordati, citiamo le chiese di Villorba e di Ciano del Montello, di Maniagoe di Marsure, nonché il vicino santuario della Madonna del Monte. Vienericordato anche come vincitore nei concorsi per le facciate delle cattedralidi Adria e Belluno, e per vari interventi di restauro, che includono edificicivili, quale palazzo Zenobio a Venezia16.

Ma è grazie alla sinergia attuata nei cantieri con il suo più illustre allie-vo, Carlo Scarpa, che alcune opere di Vincenzo Rinaldo sono più note: lachiesa di Travettore di Rosà, nel vicentino, ed il campanile di Pradipozzo,presso Oderzo (1923); la chiesa di S. Maria di Sala, presso Venezia (1923-24); il campanile di Aviano (1924). Nella seconda delle due chiese citate,potremmo ravvisare una svolta stilistica: quasi un ritorno al neoclassico,salvo quel coronamento a conchiglia, anziché a timpano, del frontone(simile a quanto già messo in atto a S. Polo); ritorna però anche il motivodella grande cupola al di sopra del transetto.

Ciò che però maggiormente sorprende, in un’epoca in cui le comunica-zioni tra il Nord e il Sud della penisola sono tutt’altro che agevoli, è il tro-varlo attivo, nel periodo tra il 1919 e il 1926, anche a Napoli: tra il 1920 eil 1922 si situa appunto la costruzione della nuova ala di villa Nitti, persovrintendere alla quale (come apprendiamo dal carteggio dello statista),l’architetto si sobbarcò vari spostamenti a Maratea dal capoluogo campano;e che la realizzazione si fosse rivelata impresa tutt’altro che facile, è lui stes-

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so a dirlo, nell’unica sua lettera autografa al Presidente del Consiglio che siconosca, conservata presso la Fondazione Einaudi17.

Fu, probabilmente, proprio a Napoli che avvenne la conoscenza conNitti, o forse con Giuseppe De Lorenzo, il cui ruolo nell’acquisto e nel-l’ampliamento della dimora di Acquafredda è stato già sottolineato; furono,verosimilmente, i suoi trascorsi di accademico veneziano a valergli un inca-rico sicuramente ambito da molti. Certo è che nei due attestati, rilasciatinel 1921 a Biagio Vitolo18, il Rinaldo si firma come Direttore dell’UfficioTecnico Edilizio dell’Università partenopea, mentre a partire dal 1922 losappiamo comandato presso la Sovrintendenza alle Belle Arti di Napoli,dove resterà fino al 192619.

L’anno successivo – forse presago della fine – rientra a Venezia, dovemuore il 28 aprile 192720.

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A sinistra: ritratto diVincenzo Rinaldo (daE. Marini).A destra: il progettodi V. Rinaldo per ilDuomo di Bassano:sezione (in alto) eprospetto laterale.

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Facciata della chiesa dei santi Rocco e Domenico a Conegliano.Facciata e campanile della chiesa di Santa Croce a Bassano.

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Facciata della chiesa di S. Fior di Sopra. S. Polo di Piave: la parrocchiale dopo la ristrutturazione del 1922.

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Il campanile di Nove Vicentino. Facciata della chiesa di Santa Maria di Sala.

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Lettera autografa di Vincenzo Rinaldo a Francesco Saverio Nitti (1921; Archivio Fondazione Einaudi).

Note

1) Date le molteplici sfaccettature di questo architetto, vissuto a cavallo tra Ottocento eNovecento, sono in effetti allo studio iniziative di approfondimento della sua opera.

2) E. MARINI, Venezia antica e moderna, Venezia 1905, pp. 294-295. La maggior partedelle notizie riportate di seguito provengono da quest’opera, dove compare anche l’u-nico ritratto noto del Rinaldo. Si è potuto disporre sia del raro testo che dell’immagi-ne grazie alla cortesia del dott. Vanni Tesei, dirigente del Servizio Biblioteche delComune di Forlì, e delle sue collaboratrici.

3) Giacomo Franco, veronese di nascita, percorre con la sua attività quasi tutto il XIXsecolo, spaziando dal neoclassicismo al neoromanico; a lui si deve, tra l’altro, l’Ossarioper i caduti della battaglia di Custoza.

4) Il pittore greco-veneziano ((1848-1914) è noto soprattutto per le sue vedute diVenezia ad acquarello.

5) Atti della Reale Accademia e del R. Istituto di Belle Arti in Venezia, anni 1903, 1904 e1906; la segnalazione si deve a Valentina Fedalto, della Biblioteca dell’Accademia.

6) F. DAL CO, G. MAZZARIOL, Carlo Scarpa. Opera completa, Milano 1984, pp. 98,305, 313; A.F. MARCIANO’ (a cura di), Carlo Scarpa, Bologna 1984, p.198; M.A.CRIPPA, Carlo Scarpa, Milano 1984, p. 233; A. DE ECCHER, G. DEL ZOTTO,Venezia e il Veneto. L’opera di Carlo Scarpa, Milano 1994, p. 144. A conferma deltalento di famiglia, ricordiamo che la sorella di Onorina, Bice Lazzari, recentementescomparsa, fu pittrice di fama.

7) Dobbiamo l’informazione al rev. Parroco Don Giacomo Berti, che con grande cortesiaci ha fatto pervenire la pubblicazione riguardante il monumento: M. BALDISSIN –L. CANIATO, La chiesa dei Santi Martino e Rosa in Conegliano. Storia e guida,Susegana (TV) 1998; per il mancato intervento di V. Rinaldo, p. 27.

8) Per le vicende di questo monumento (ricostruite soprattutto grazie a Rita Bizzotto, delMuseo Civico di Bassano, cui si rinnovano i ringraziamenti), si vedano S.a., Tempioossario della città di Bassano del Grappa, Vicenza 1934; A. MARZAROTTO, Il Tempioossario di Bassano del Grappa: cenni storici, Vicenza 19591; Bassano del Grappa 19622

(una 3a edizione, del 1989, è comparsa a cura di E. MORO); C. ABATE et al.,Bassano 1877-1954: immagini di/per una città, catalogo della mostra di Bassano delGrappa 1983, pp. 44-48.

9) Dobbiamo anche questa notizia alla cortesia di Rita Bizzotto, che ci ha segnalato G.CARRARO, Santa Croce in Bassano. Pagine di storia e di cronaca antica e nuova,Bassano del Grappa 1986, pp. 41-42 , 47 e 49.

10) Il nostro grazie, in questo caso, va al rev. Parroco Don Arnaldo Zamberletti, per lefotografie e la segnalazione del testo Chiese di Conegliano. Storia e guida alla visita, a

cura di C. CANDIANI, Vittorio Veneto 2000; per l’intervento sulla facciata di V.Rinaldo, p. 40.

11) Dato che il monumento si inserisce in quella parte di Villa Contarini che è denomina-ta “Villa degli Armeni” in ricordo del temporaneo possesso da parte del CollegioArmeno, alla cui sede in Venezia lavorò lo stesso Rinaldo, la scelta appare abbastanzaspiegabile.

12) Notizie storiche sulla chiesa sono contenute sia nel sito del comune di S. Fior, sia inquello della Diocesi di Vittorio Veneto; ringraziamo per l’immagine il rev. Arciprete,Don Francesco Veronese.

13) Un’ampia messe di materiale documentario sulle vicende della chiesa ci è venuta daVinicio Cesana, fiduciario della parrocchia, su indicazione del rev. Mons. Giuseppe,De Nardo, cui vanno i più fervidi ringraziamenti; citiamo due opere: Le ricostruzioninelle terre liberate, Roma 1924, a cura del Commissariato per le riparazioni dei dannidi guerra, pp. 287-288; E. BELLIS, San Polo di Piave. Cenni storici, Treviso 1982, pp.149 e 159. La perizia autografa di Rinaldo, conservata in loco, viene citata in una tesidi laurea, inedita, di L. Ievolella (1998-99).

14) Anche questa notizia, e la relativa immagine, sono state fornite da Vinicio Cesana. 15) Il campanile, la cui immagine ci è pervenuta a cura della sign.ra Lauriana Bordignon,

del Comune di Nove Vicentino, reca una targa con la seguente iscrizione: “Questatorre, su disegno dell’architetto Rinaldo, il parroco don Guglielmo Dalla Gassa, in povertàdi tempi per concordia di popolo audacemente eresse. 1894-1907”.

16) La fonte è sempre il testo del MARINI citato alla nota 2. 17) Archivio Fondazione Einaudi di Torino, Carte Nitti, carteggio Rinaldo, inv. 5061 (la

riproduzione si deve alla cortesia di C. Magistro).18) Gli attestati, così come altri preziosi materiali, sono stati cortesemente forniti dalla

famiglia Vitolo, di Maratea.19) Il dato è riportato negli annuari del Ministero della Pubblica Istruzione, cui faceva capo

la Direzione Nazionale Antichità e Belle Arti; questa ed altre notizie (come l’attribuzio-ne di altre due chiese, a Ca’ Diedo, nel vicentino, e a Minerbe, in provincia di Padova)sono riportate nella tesi di laurea allo IUAV di C. Sonego, Carlo Scarpa. Gli anni di for-mazione, 1994-95, pp. 53-54 (per gentile informazione dell’autrice).

20) La notizia proviene dall’Archivio storico del Comune di Venezia.

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