Viaggi psichedelici

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VIAGGI PSICHEDELICI Andrash

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VIAGGI PSICHEDELICI di Andrash - 2010

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VIAGGI

PSICHEDELICI

Andrash

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©2010 by Andrash

Prima edizione Ottobre 2010

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PREFAZIONE di Massimiliano Palmieri

Cos’è lo stato di coscienza? Cosa produce lo stato di

coscienza? Cosa è prodotto dallo stato di coscienza?

E soprattutto, cos’è la coscienza?

Ai primi tre quesiti, studiosi di diverse discipline danno

risposte, uniformi, dissimili, contrastanti, varie,

fantasiose, scientifiche e non, ma la risposta all’ultima

domanda forse l’uomo ancora non la possiede e

forse la sua affannosa ricerca cui tendono ancora

diverse discipline della scienza moderna ha indirizzato

l’uomo verso il sentiero sbagliato.

Attraverso la ragione, il raziocinio, la logica

(cartesiana), l’essere umano si promette di spiegare il

mondo e venire a capo di quel che l’occhio vede, di

quel che il suo cervello pensa.

E’ probabile che il perché, dopo le numerosissime

conquiste scientifiche effettuate dall’uomo, ancora

egli non sia giunto a scoprire cos’è davvero la

coscienza, possa risiedere nel fatto che questi si

prefigge di studiare un concetto che non è riducibile

entro i canoni del rigore scientifico.

La coscienza ci appartiene, è personale e senza il

cervello non potrebbe esistere, tuttavia è anche al di

fuori di noi, sopravvive a volte dopo che il cervello ha

perso la vita e può andare molto al di là del

personale, venendo ad includere quella di altri esseri

umani, e di altre forme di vita, anche non basate sulla

biologia, fino a toccare i confini di quella che viene

chiamata “coscienza universale”, che santi, asceti,

mistici e guaritori d’ogni tempo ben conoscono per

averla, pochi di loro, intravista o, molti di loro averne

anelato l’incontro per tutta una vita.

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Lo stato di coscienza che noi unanimemente

definiamo “normale” in realtà non esiste; noi

sperimentiamo diversi stati di coscienza durante tutto

il giorno, dal sonno, al sogno, allo stato di veglia che

al suo interno però comprende diverse oscillazioni

della vigilanza venendo anche ad includere

fenomeni spontanei di estasi e trance profonda.

L’uomo, in quanto rappresentante del genere

umano, possiede nel suo essere tale la potenzialità di

sperimentare modifiche della coscienza che non di

rado attraversano esperienze che vanno ben al di là

di quel che una mente logica può spiegarsi con

parole o pensieri.

Fin dall’età della pietra antica, ossia dal Paleolitico,

l’uomo utilizzava la sua coscienza per entrare in

contatto con dimensioni “altre” al fine di curare,

ricevere informazioni, prevedere ed influenzare le

condizioni climatiche, a scopo divinatorio, etc.

Egli non aveva bisogno di nessun tipo di strumento

poiché il suo stato di coscienza di base (per

comodità s’indica la media delle fluttuazioni della

coscienza nello stato di veglia) era già in quella che

oggi chiameremo coscienza modificata; si trovava in

costante connessione con l’ambiente in cui viveva,

con piante, animali e minerali, ed il suo rapporto con

gli elementi, il Sole, l’Aria, l’Acqua e la Terra era

diretto e questi ultimi erano le forze cui egli chiedeva

aiuto proprio attraverso la capacità cui una

coscienza espansa permette di poter mirare.

La sua attenzione era totalmente de-focalizzata, nel

senso che i suoi sensi erano coinvolti nel raccogliere

segnali d’ogni tipo dalla natura; i cosiddetti Sciamani

si pensa ebbero origine da questo periodo.

Mano a mano ch’egli progredì nello sviluppo, la sua

attenzione venne sempre più catturata da attività

che la sottrassero a questo contatto con l’ambiente

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intero.

Alcuni studiosi ipotizzano che sia stato proprio

l’addomesticamento del fuoco che costrinse l’uomo

a ritirare i raggi della consapevolezza dalle forze della

natura.

Come a dire che l’imbrigliamento del fuoco se da un

lato ha portato ad innumerevoli conquiste, dall’altro

ha preteso una pagamento in termine di una quota

di consapevolezza perduta.

Fu così che l’uomo iniziò ad avere bisogno di

strumenti per espandere la propria consapevolezza e

pervenire a quel tipo di contatto con la natura, che

prima era quotidiano e da questa ricevere

insegnamenti, aiuto ed informazioni.

Fu il Tamburo la prima cavalcatura in grado di far

viaggiare l’uomo.

Dopodiché, mano a mano che il progresso andava

avanti inesorabile, solo pochi destinati furono in

grado di entrare in questi stati, con l’ausilio del

Tamburo o di altri oggetti rituali essenziali per produrre

un ritmo, come sonagli, cereali, battenti, etc.

Così, mentre l’uomo comune progrediva nelle sue

scoperte, alcuni individui (sempre meno) mantennero

questa possibilità di contatto con l’invisibile,

l’ineffabile ed il divino; pur essendo questi individui

diversi per un verso dagli altri, dall’altro hanno in

comune con tutto il resto del genere umano la

potenzialità di sviluppare questo tipo di

comunicazione.

Ad un certo punto, che si può far certamente risalire

all’età storica dell’uomo e che però può essere

ipotizzabile far risalire molto, ma molto più indietro,

l’uomo incontro i vegetali “psicoattivi”.

E non solo, tra l’elenco praticamente infinito di

vegetali psicoattivi (che agiscono sulla psiche, ma

del cui effetto non si tiene conto in una classificazione

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del genere), ce ne sono alcuni che oltre a questa

caratteristica possiedono quella di “permettere alla

mente di manifestare sé stessa”, la sua essenza; questi

sono i vegetali “psichedelici” (lett.te: che permette

alla mente di manifestarsi).

La categoria si restringe dunque; all’interno di

quest’ultima solo pochi possiedono una caratteristica

che li pone in un ordine a parte, sono gli “enteogeni”,

quelli che permettono la “genesi della divinità che è

in ognuno di noi” (en-dentro, teo-dio, geni-

generatore)

Attraverso la loro ingestione gli fu possibile quindi

ottenere comunicazioni con il sovrannaturale,

divinare, curare ed in definitiva vivere.

Non sappiamo con cosa nutriva la sua coscienza

l’uomo preistorico, ma dall’età storica ci sono arrivate

informazioni teoriche e pratiche circa l’utilizzo di

numerosi vegetali di tal sorta, primi fra tutti quelli più

conosciuti come il cactus Peyote del Messico, il San

Pedro della zona andina dell’America Latina, i funghi

Psylocibinici praticamente ubiquitari, l’Ayahuasca

delle regioni amazzoniche.

Questi i maggiori il cui uso si è conservato ancora ai

nostri giorni, custodito spesso in ritualità di tipo

sciamanico che derivano il loro essere da millenni

addietro.

Accanto a questi ne esistono numerosissimi minori

perché meno conosciuti, ma altrettanto validi e sacri

come i loro fratelli maggiori.

E’ il caso della Salvia Divinorum del Messico, della

Datura che cresce dappertutto nel modo, del

Tabacco, della Cannabis, dell’Iboga dell’Africa Nord-

Occidentale o dell’Amanita Muscaria, il fungo che

solevano usare gli Sciamani della Siberia; l’elenco

sarebbe lunghissimo.

Con l’acquisizione delle competenze adeguate, dai

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primi alchimisti ad oggi, l’uomo ha dapprima appreso

ad estrarre i principi attivi di tali sacri vegetali, e poi a

crearne di nuovi, totalmente sintetici.

Tra i primi troviamo la Mescalina, la Psilocibina, la

DMT, il Salvinorin, il THC, l’Ibogaina, etc., mentre nel

gruppo dei secondi rientra di sicuro la Ketamina e

l’LSD (anche se questo è di tipo semi-sintetico,

derivato cioè da rimaneggiamenti chimici di

materiale vegetale).

Forse parallelamente, l’uomo apprendeva dalla sua

scienza che la coscienza poteva essere modificata in

numerosissimi modi oltre all’utilizzo del Tamburo e dei

vegetali enteogeni.

Ecco che il panorama dei mezzi per incontrare il

proprio sé superiore, il divino o esplorare le origini

della coscienza si amplia, e di molto.

Il digiuno, l’isolamento, l’ipostimolazione o al contrario

l’iperstimolazione e il dolore vennero usati soli o

combinati con i vegetali per produrre visioni, stati

mistici e viaggi nell’altrove sempre però allo scopo di

ritrovare quel filo comune che lega l’uomo, divenuto

ormai quasi moderno, al suo lontano antenato del

Paleolitico; questo filo è la necessità di connettersi al

sacro, entrare nella dimensione del trascendente e

tornarne arricchito, per sé e per la propria comunità.

La sintesi oggi della scienza e di conoscenze antiche

ha prodotto strumenti che amplificano questi mezzi

naturali per esplorare le potenzialità della mente

umana che trascende sé stessa.

E il caso della vasca di restrizione sensoriale, della

respirazione olotropica o di altre metodiche

integrate.

L’elenco dunque è vasto, seppur sempre incompleto

ed approssimativo, ma permette di capire come

l’uomo nel corso dei millenni abbia tentato e tenta di

ritornare, seppur ora solo momentaneamente a

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quella condizione di imprescindibile unità con il

creato, seppur ora a tratti celata dalla cosiddetta

ricerca interiore o esasperata dal consumo di

sostanze da sballo.

Si potrebbe azzardare l’ipotesi di una filogenesi

(processo di ramificazione delle linee di discendenza

nell'evoluzione della vita) enteo-genica che però è

proceduta nel senso contrario, cioè andando

perdendo mano a mano quote della propria

coscienza, ma venendo ad acquisire metodiche per

accedere temporaneamente a questi stati; come

una sorta di programmazione interna che attraverso

vie misteriose (non si dice forse che Dio agisce spesso

per vie misteriose?) ci porta al punto da cui siamo

partiti.

Il dato per me curioso è che lo sviluppo ontogenetico

(l'insieme dei processi mediante i quali si compie lo

sviluppo biologico del singolo essere vivente) ricalca

fedelmente quello “filogenetico enteogenico al

contrario” ipotizzato qui, poiché quando veniamo al

mondo siamo molto più ricettivi e la nostra coscienza,

seppur non ancora supportata da capacità cerebrali

mature, è molto più aperta e disposta a ricevere

segnali.

Mano a mano che cresciamo, attraverso i

condizionamenti dell’ambiente in cui viviamo, la

nostra possibilità di ottenere ciò viene gradualmente

meno, fino a scomparire spesso del tutto; solo però la

possibilità, non le potenzialità !

Nel corso dello sviluppo dell’essere umano, la cultura

ha, a seconda dei tempi, modellato la duttile creta

della coscienza, plasmandola secondo quel che essa

“doveva” essere in grado di accettare e secondo

quel che era ritenuto accettabile al tempo.

Fu così che in tutto il mondo, con modalità differenti,

queste persone vennero perseguite perché diverse,

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perché non comprese fino in fondo e perché

sostanzialmente pericolose per un ordine mantenuto

attraverso l’addome-sticamento di un animale che è

in origine selvaggio, la coscienza stessa !

Sciamani, streghe, stregoni, indovini, medium,

guaritori, santi o semplici persone che erano in

contatto con qualcosa di enormemente più grande

di loro, vennero accusati di sovvertire l’ordine stabilito

o più ipocritamente imputati d’altro come prova per

la loro colpevolezza e quindi messi al bando o

considerati pazzi visionari nel migliore dei casi, ed

uccisi nel peggiore, relegando comportamenti di tal

sorta in un limbo che oggi ha smarrito molte delle sue

tracce natie.

Nel mondo post-moderno qual è quello in cui viviamo

oggi, in alcune regioni esotiche della Terra, resistono

tradizioni di tal sorta rimaste immutate, ma ciò che

forse sfugge all’individuo comune è che anche il

mondo cosiddetto civilizzato pullula di persone che

spingono la ricerca del contatto primigenio con la

natura della coscienza ai massimi livelli, certamente

con i mezzi che hanno a disposizione, dati dalla

scienza, ma anche riappropriandosi di metodiche

antiche come l’uso dei vegetali entogenici.

Spesso in modo inconsapevole, altre volte dopo una

ricerca matura, con spessa cognizione gli

“psiconauti” di oggi si spingono oltre le soglie di

quella illusoria realtà che circonda le nostre persone

e che è frutto della elaborazione dei sensi (i 5

classici).

Lo psiconauta, o per lo meno colui che lo rimane

tutta la vita, inizia una ricerca mosso inizialmente da

una spinta, sia essa ludico-voluttuaria o della natura

più sacra, verso la sorgente della coscienza e

sperimenta a volte colla consapevolezza del terrore

che proverà nel solo pensiero d’incontrarla.

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A parer mio questo termine bene esprime la

propensione e la pratica di viaggi in regni altri, sia

praticati in modo del tutto inconsapevole e

selvaggio, dal raver che in discoteca assume LSD, o

dallo Sciamano che chiede, attraverso

l’intermediazione dell’Ayahuasca, l’aiuto agli spiriti

delle acque per la cura di un suo paziente, fino ad

arrivare a chi consapevolmente conosce entrambi

questi lati, per averne fatto esperienza, e ne fa propri

gli angoli che più gli si confanno: l’unica clausola, per

me imprescindibile, all’accettazione del termine

psiconauta è che la psiche-coscienza debba essere

intesa solo come un apparato in grado di ricevere

qualcosa che con o senza di lei esisterebbe

comunque; un dispositivo fedelmente interconnesso

ai primordi della vita, fin dal suo esistere che a questa

è legato, sempre.

Le pagine che seguiranno rappresentano bene un

connubio di tal tipo; uno, anzi più tentativi d’indagare

attraverso l’apertura della propria mente, qualcosa

che trascende la normale esperienza dei sensi.

Di volta in volta saranno i magici funghi psilocibinici,

la Salvia del veggente, la Ketamina, la Marijuana, la

DMT, la vasca di restrizione sensoriale o questi

dispositivi combinati insieme che sottoporranno il

lettore ad un esame curioso della realtà che incontra

pagina dopo pagina.

L’autore, caro amico e collega di esplorazioni,

descrive in un linguaggio chiaro e diretto alcune sue

esperienze di viaggio negli infiniti reami della mente, i

cui confini però vanno molto al di là della materia su

cui questa s’inserisce.

Ecco che la comunicazione con entità superiori, con

il concetto d’immanente, di Dio, si fa immaginabile.

Nel corso della lettura non sarà difficile scorgere una

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maturazione personale circa il modo d’affrontare

questo tipo di esperienze e gli insegnamenti da

queste tratti.

Il titolo scelto dall’autore, “Viaggi Psichedelici” non

deve trarre in inganno.

Non si tratta di viaggi fine a sé stessi, voluti per tuffarsi

in regni caleidoscopici fatti di colori cangianti e

mutaforma, sebbene ciò spesso accade, ma di

consapevoli escursioni all’interno della propria

coscienza che, lungi dall’essere solo “la” meta, viene

intesa qui come mezzo attraverso cui è possibile ri-

sperimentare quella condizione unitiva che alla

nostra nascita, così come alla nascita del genere

umano, caratterizzava le percezioni dell’uomo circa

l’ambiente esterno e la natura.

Come già visto nella prima parte di questa

introduzione, l’uomo non può sottrarre sé stesso alla

ricerca interiore, può solo sceglierne i mezzi o

rifiutarne i dolori; ecco che o si è disposti ad

affrontare consapevolmente scelte che ti porteranno

ad essere una persona diversa, forse migliore, forse

più sola, oppure quel che resta è conformarsi alla

massa e non rammaricarsi mai di non aver

conosciuto quel che Blake nominava sia “Paradiso

che Inferno”: la dualità infinita dell’essere umano

nella sua interezza.

Tralasciando questioni di natura legale, per me

assolutamente arbitrarie, piene d’ipocrisia e

d’ignoranza, che impediscono a chi cerca una via

come questa per espandere la propria

consapevolezza, come ripeterà anche l’autore,

questi scritti non vogliono assolutamente spingere

all’uso di sostanze e/o preparati vegetali, anzi forse il

lettore ravviserà nelle pagine che seguono segnali

che lo sconsigliano ad intraprendere tali strade, quel

che egli ha voluto è stato solo riportare la propria

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esperienza intima ed umana, non progettata per la

condivisione, ma proprio per questo ancora

maggiormente veritiera e piena di senso, perché non

inquinata dalla ragione di esporre in senso

maniacalmente chiaro le parole.

Scorrendo le pagine, parola dopo parola, è possibile

cogliere lo spirito del viaggiatore di mondi lontani,

destato in interesse e spinta ad ogni suo passo dagli

stessi propri passi e da quelli che fin dagli albori del

genere umano muovono le medesime membra verso

la ricerca.

A volte al lettore sarà difficile seguirne il filo, mentre a

volte sarà così chiaro da essere disarmante; in ogni

caso alla fine le emozioni non esiteranno a far

capolino e destare l’interesse su di un argomento

sempre più spesso visto meno di nicchia rispetto a

tempo fa, anche se ancora considerato nel modo

sbagliato.

Come un cammino spirituale, come peregrinare

verso lidi distanti, come l’assaporare, con il piacere

della ri-scoperta, un cammino che è proprio o come

pura sperimentazione di sé e dei propri limiti fisici e

non, questo testo si presta ad essere letto con diversi

occhi, seppur sarà difficile non esserne interessati ed

affascinati.

E’ l’esame critico di Sé stesso che, per mezzo della

chimica vegetale e/o sintetica, viene presentato in

questo testo, ciò che viene visto come una

scorciatoia dettata dai ritmi veloci dei tempi moderni

che a torto, a mio avviso, numerosi rivendicano come

puro edonismo poiché breve ed effimero ma, il

camminare diritto lungo un sentiero fatto di

immersioni negli abissi ed ascese verso le vette, nulla

invidia all’avventura di asceti, santi e sciamani che

fanno patrimonio dentro di sé dell’umana eredità

tutta.

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INTRODUZIONE

Questo libro è una raccolta dei racconti delle

esperienze psichedeliche che ho vissuto dal 2001 al

2004, per mezzo di differenti sostanze usate per

l’alterazione degli stati di coscienza.

L’idea portante dietro queste esperienze è che la

coscienza umana che normalmente possediamo sia

solo una piccola parte dello spettro umanamente

sperimentabile, e che tramite l’uso di certe chiavi

specifiche, le porte della mente possano aprirsi su

scenari ben più vasti dell’ordinario.

La tradizione associata a questo tipo di esperienze

vanta personaggi illustri come Beaudelaire, Rimbau e

altri poeti o scrittori che usavano le “droghe” come

porte di accesso ad esperienze estetiche ed

artistiche, ma nel mio caso specifico i riferimenti

culturali erano Castaneda, Hoffman, Leary,

McKenna, Lilly, tutti esploratori della coscienza che

hanno aperto un varco verso un mondo sconosciuto

che abita dentro di noi. Mi ha sempre attratto un

approccio scientifico alla domanda: cosa è la

coscienza?

In particolare l’inizio della mia sperimentazione fu

indotto dalla lettura dell’opera di Castaneda e del

suo incontro con le piante sacre per opera dello

sciamano Don Juan, nei territori desertici del Messico.

L’incontro con le pagine di Castaneda ebbe su di me

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l’effetto propulsivo che mi spinse ad affacciarmi con

stupore sul mondo degli psichedelici, stimolandomi a

studiarne uso ed effetti in maniera molto

approfondita prima di poter anche solo ipotizzare di

poterne fare esperienza. Tutto ciò che leggevo però

mi riempiva di enorme fascinazione, perché mi

parlava di una realtà ben diversa da quella che fino

a quel momento conoscevo, che era basata sulle

riduttive leggi della tridimensionalità e della

materialità. Il mio spirito invece anelava a vagliare

l’ipotesi di andare in un “oltre” di cui sentivo la

possibilità.

Fu in occasione di un viaggio in Messico nel 2001 in

cui si profilò la possibilità di incontrare per la prima

volta i funghi sacri. Avevo letto tutto il possibile su

questo tipo di esperienza e avevo le idee abbastanza

chiare su quali erano i parametri entro i quali poter

condurre in sicurezza un’esperienza del genere.

Anche se non avevo mai immaginato che

l’alterazione della chimica cerebrale potesse dare

luogo ad uno stravolgimento così straordinario della

percezione della realtà.

Fu così che con buona dose di incoscienza, intrapresi

il mio primo viaggio psichedelico. A questo primo

viaggio ne sono seguiti altri cinque a base di funghi,

mentre a questi si sono aggiunte altre esperienze

fatte con marijuana, ketamina, salvia divinorum, DMT.

L’intento è sempre stato quello di portare avanti una

ricerca sull’espansione della coscienza e vedere

come questa interagisce in modo diverso con

sostanze differenti. Inoltre a questa ricerca si è

aggiunta la necessità spirituale ben più profonda di

sondare le realtà più alte a cui l’essere umano può

accedere, per poterne cogliere così quelle leggi che

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le rendono accessibili. Mai si è palesata alla mia

mente l’idea di fare uso di queste sostanze solo per

“sballo” o per fuga dalla realtà, per sopperire a

mancanze o rifugiarmi in paradisi artificiali nei quali

annullare il dolore di questa esistenza. La mia pulsione

primaria è sempre stata quella di sondare le

profondità della mente umana e di poter

comprendere meglio i meccanismi che ne regolano il

funzionamento. Ma non solo. Comprendere la mente

umana e la coscienza, vuol dire arrivare a

comprendere anche la loro origine. Chi ha creato la

mente? Da dove deriva la coscienza? L’uso di queste

sostanze mi ha spinto in territori dove le risposte a

queste domande si tingono di mistico.

I racconti di queste esperienze sono stati scritti

sempre nella fase immediatamente successiva

all’esperienza, in modo da poter ricordare e fermare

su carta ogni sfumatura dell’esperienza stessa,

nonostante per loro natura, i contenuti associati a

questo tipo di esperienze siano volatili ed

estremamente difficili da descrivere. La mente

umana e il suo vocabolario, perdono

immediatamente efficacia nel momento in cui

devono fermare su carta sensazioni che attraversano

e mischiano fra loro sfumature e possibilità inusuali,

inedite. Il nostro linguaggio è tarato per comunicare

stati ordinari di coscienza, mentre quando si varca la

soglia, ogni vocabolo sembra inaridirsi di fronte ad

una ricchezza esperienziale senza confronti. I colori

diventano suoni, i suoni diventano musica, la musica

forma delle immagini. I pensieri esplodono, le

emozioni decollano. E di fronte a certi stati, la mente

ordinaria non può che cercare di costruire castelli di

parole per poter comunicare anche solo un misero

frammento di certe verità rivelate.

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Prima esperienza psichedelica con i funghi

10 agosto 2001

La mia prima esperienza di viaggio allucinogeno si è

consumata a San Cristòbal de Las Casas, in Chiapas.

Ho trovato una buona quantità di Psilocibe, credo

della varietà Mexicana. Dopo esserci procurati della

marmellata di fragola per attutirne il gusto, e del

succo di mela e patatine per il "ritorno", io e la mia

compagna di viaggio abbiamo cercato un posto

isolato all'aperto per consumare i funghi. La chiesa di

San Cristòbal è in cima ad una collina boscosa,

anche se il posto non è eccezionale, questo ci

permette di essere abbastanza isolati, a parte la

presenza di due cani. Ci sediamo su un tappeto di

aghi di pino, tutt'intorno è abbastanza sporco,

cartacce, buste, plastica. Inizia il rito, non senza una

leggerissima ansia. Ma per lo più siamo tranquilli.

Prendo un fungo mediamente secco di diametro di

circa 3 cm, lo intingo nella marmellata e lo mastico.

Poi passo il tutto alla mia compagna che mi siede a

destra. Anche lei ne prende uno, poi un altro io, e

così via fino a che io non ne assumo quattro e lei tre.

Inizia l'attesa. I primi minuti sono abbastanza tesi ad

osservare i cambiamenti di percezione, che non

essendo ancora presenti, mettono in uno stato di

costante agitazione, poiché la suggestione inizia ad

ingannare gli occhi. Nell'attesa mi sono sdraiato sulla

schiena, e l'ultima cosa che mi ricordo prima di

partire, oppure il primo segno che il viaggio è iniziato,

è stata la mia domanda: "Ma sembra anche a te così

azzurro questo cielo?". Dopodiché tutto è stato

talmente rapido, veloce e pieno di significato che

riuscire a riportarlo fedelmente e interamente è

un'impresa assai ardua in cui vado a cimentarmi.

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Proprio davanti a me c'è un albero e la sua corteccia

è spaccata e rugosa. Ed è viva. Si muove con

piccolissimi movimenti locali, come se ogni piccola

particella sia animata. La trovo assolutamente

affascinante. Il terreno coperto di aghi di pino

diventa una superficie di filamenti che scorrono gli uni

sugli altri con movimenti ad onde in avanti e indietro.

Sento un forte desiderio a cibarmi di ogni visione

perché so che tutto adesso mi apparirà diverso. La

prima cosa che mi trovo davanti sono le mani, le fisso

un po' e diventano traslucide, di consistenza

lattiginosa. Vedo le vene bluastre dentro alla massa,

e percepisco i globuli rossi che scorrono dentro di

esse come un turbinio di palline microscopiche. Mi

impressionano a tal punto che decido di cambiare

vista, spinto dal reale impulso a guardare altrove.

Guardo sul terreno vicino a me. E' come una massa di

lombrichi che si muovono, vermi scuri e lucidi. Non mi

piace, cambio visione. Credo di essermi sdraiato a

terra a occhi chiusi e sono stato rapito da un libro

fantasy. Sono stati attimi, ma ho percepito i luoghi e i

personaggi fantastici di Tolkien. Credo fosse una

specie di cavalcata in carovana su qualche deserto,

ma in un tempo remoto e in chissà quale territorio. Poi

sono strappato alla compagnia dell'Anello da un urlo

violento che ha rotto la visione. La mia compagna di

viaggio si era trovato sulla mano un verme peloso

nero. Reale. Ne ho il ricordo perché prima della

partenza ne avevo visto uno anch'io. Lei me lo

mostra, e poi me lo scaglia su una gamba. Non mi

frega niente del verme, voglio tornare alla mia

visione, le dico che voglio stare da solo, non voglio

interferenze. Decido di alzarmi per allontanarmi da

lei, ma mi chiedo se posso farlo. Effettivamente è

facile, non mi sento limitato nei movimenti, anche se

la mia percezione del corpo è diversa. Come se

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muovessi il mio corpo tramite dei fili. Inizio a girare su

me stesso, vedo gli alberi scorrere vorticosamente

intorno a me, è una sensazione molto forte, e mi

siedo, non molto lontano. Mi raggomitolo su me

stesso, le gambe abbracciate al petto, e sparisco in

un mondo di visioni colorate. Linee fluorescenti che

muovendosi lasciano tracce seguendo delle

misteriose geometrie. Di nuovo la voce di lei, mi

riporta alla realtà (quale?). Mi dice che sta iniziando

a piovere. Me ne accorgo. Decidiamo che è meglio

tornare a valle. Mi sembra assolutamente plausibile

riuscirci. Mi incammino verso la parte da cui siamo

venuti, anche se non riconosco un sentiero, ma mi

muovo molto velocemente. Ci rendiamo conto di

aver sbagliato, perché ci sono delle mura di case

che ci ostacolano il cammino. Torniamo un pezzo

indietro, lei si mette avanti. Io mi guardo intorno

correndo. Sono circondato da un oceano di piante

verdissime con le foglie a forma di cuore. Si muovono

tutte nel vento, e si generano alcuni processi

interessanti. Intanto mi rendo conto che prima non le

avevo viste, e più che pensare ad una vera

allucinazione, penso semplicemente che non

eravamo passati di lì, e lo stato alterato andava solo

ad influire sulla percezione del colore e del

movimento d'insieme. Però un attimo dopo mi trovo

nel vento, e vedo la pioggia come dei fili argentati

che cadono su di me sibilando come una tempesta

di aghi ghiacciati. E' questo il primo istante in cui mi

rendo conto veramente di quello che sto vivendo. E

di quanto l'alterazione sia un processo molto più

complesso di alcune semplici visioni. Usciamo dal

sentiero e ci ritroviamo sulla scalinata che porta da

una parte alla chiesa, e dall'altra in città. C'è un

bambino che si sta riparando sotto un albero proprio

nel punto da cui sbuchiamo noi. Ci sente e si gira a

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guardarci. I nostri occhi si incrociano. Vedo uno

sguardo spaurito e indifeso e dall'altro lato mi vedo io

come un pazzo che sbuca da questa strana

boscaglia. Sento come le domande del bambino

che rimane incuriosito da questi strani personaggi

che corrono e sorpassandolo procedono giù nella

pioggia, incuranti. Scendendo le scale avverto la

pioggia in maniera più diretta, ma non riesco a

capire se è veramente forte, o se è per via

dell'alterazione. C'è gente che si ripara sotto un

balcone, mentre noi corriamo in mezzo alla scala. Lei

davanti mi grida qualcosa tipo: "Ma che scemi a

correre sotto la pioggia!" e io penso che lo dice per

non sembrare troppo alterata a quelle persone. Che

io stranamente percepisco come italiane, anche se

non so perché, forse per via di alcune parole che la

mia mente ha registrato senza renderle coscienti.

Come se attuassi un processo cognitivo istantaneo.

Le rispondo che invece è fantastico stare sotto la

pioggia, in fondo è solo acqua. Arriviamo in fondo

alla scalinata, ci fermiamo sul marciapiede, vicino ad

un muro. Io sento la presenza di qualcuno dietro di

me, come se fossimo un gruppo. Mi giro, ma non c'è

nessuno. Cerco di attraversare la strada. La

coscienza mi dice di stare attento, perché potrei fare

un errore di valutazione delle distanze delle

macchine che passano. Lo dico a lei, ma non mi

sembra di essere così alterato. In ogni caso aspetto

che tutte le macchine che vedo siano passate. E

intanto guardo le gocce di pioggia disegnare

cerchietti sulla superficie di una pozzanghera. E'

fantastica. Attraversiamo correndo e proseguiamo su

un altro marciapiede. Avverto un euforia crescente in

me, e rido. Il mondo esterno è solo un tunnel in

movimento mentre corro, non ne ho la reale

percezione, sento solo una profonda e gioiosa

Page 23: Viaggi psichedelici

23

felicità. Facciamo un bel pezzo di strada, e ad un

certo punto mi rendo conto di non sapere dove sono.

Non solo nel senso che mi sono perso. Non so proprio

in quale parte del mondo mi trovo. In che città o

paese. Non ho memoria del viaggio, non so come

sono arrivato lì. Ma questo non mi importa molto, solo

che lei deve andare in bagno. Intorno tutto è

coloratissimo, come prescrive l'architettura tipica di

questa città. Sbuchiamo su una strada. Non capisco

ancora che posto è, ci fermiamo ad un angolo. Ci

sono altri turisti, ci guardano strano, probabilmente

perché noi iniziamo a ridere come matti e ci

buttiamo addosso alla parete quasi perché non ci

reggiamo in piedi dal ridere. Cerchiamo però di darci

un contegno, mi viene in mente che potrei essere

arrestato in fondo. Non che la cosa mi turbi molto al

momento, ma ho la coscienza di essere un vero e

proprio "fattone", come uno di quelli che spesso mi è

capitato di incontrare. Ne condivido la felicità e

l'entusiasmo, e capisco perché uno abbia il desiderio

di provare questi stati, tutto è assolutamente

fantastico. All'improvviso riconosco la @ di un internet

café. In un barlume di coscienza capisco dove sono,

non lontano dallo zòcalo, la piazza principale della

città, in cui si trova il nostro albergo. Sbuchiamo su

una piazza molto grande mai vista, ma non capisco

dove siamo. Sembra come un quadro di De Chirico,

delle arcate azzurre, molto metafisico. Arriviamo allo

zòcalo, ma non capisco da quale lato. Seguo lei che

sembra avere le idee più chiare di me. Intreccio

velocemente gli occhi con una signora indigena,

forse mi attraversano velocemente i suoi pensieri che

sanno di spesa appena fatta, e mi soffermo un istante

sul parafango di un maggiolone rosso bagnato di

pioggia. Arriviamo al centro della piazza. Mi sembra

di essere a Parigi, la gente intorno mi sembra tutta

Page 24: Viaggi psichedelici

24

felice. Lei si ferma all'improvviso: "Non ci sono, non ci

sono. Non sono io." "E' così, è sempre stato così, è

normale, solo che tu non lo sai." È stata la mia

risposta. Attraversiamo la strada, corriamo sul

marciapiede verso l'albergo, il pavimento è

piastrellato ad esagoni. Entriamo nella hall.

Cerchiamo di fare i seri e contenerci. Chiedo la

chiave, una donna me la da, non riesco a trattenermi

dal ridere e mi giro di corsa per imboccare la porta

della camera che è proprio di fronte. Infilo la chiave

al volo e ci serriamo dentro. L'interno è molto buio,

illuminato da una fioca luce gialla. Lei si leva i vestiti

bagnati, penso che è una buona idea e faccio lo

stesso. Sono, in effetti, fradici. Cerco di levarmi le

scarpe, è difficilissimo capire come funzionano i lacci,

ma ci riesco. Mi butto sul letto. Non mi ero accorto

che il copriletto fosse tanto bello. Ci sono dei fiori

arabescati che si muovono cambiando colore.

Strepitoso. Ci faccio scivolare una mano dentro e mi

fondo con essi. Poi mi rialzo in piedi sul letto. Anche il

pavimento è fantastico le mattonelle verdi sono a tre

dimensioni. Tutta la stanza mi sembra invasa di luce e

sento in me ancora una persistente sensazione di

euforia. Poi all'improvviso mi sembra di stare ad una

festa di amici in California. Solo che non ci sono mai

stato nella realtà. Ed è pieno di gente, musica,

frastuono. Molte persone che ballano, che ridono e

bevono. Sto parlando con qualcuno e mi sto

divertendo un sacco. Tutti i suoni sono amplificati ed

è come se avessero un'eco. Forse è per via di questa

sensazione di ripetizione di ogni singolo suono che ho

l'impressione di una moltitudine di persone. In realtà

devono essere le voci delle persone fuori dalla

stanza, nella reception dell'albergo.

Ho voglia di sentire della musica, per vedere che

effetto fanno i suoni. Riesco a prendere il lettore cd, e

Page 25: Viaggi psichedelici

25

scelgo i Radiohead che mi sembrano appropriati allo

stato in cui sono, ma ne ascolto pochissimo, alla fine i

suoni non sono così interessanti, o forse sono troppo

complessi da decifrare. Preferisco concentrarmi sulle

visioni.

Ogni tanto, nel mezzo delle mie visioni, ho dei lampi

di coscienza in cui la comprensione delle cose si

allarga. Ho come l'impressione di essere entrato nella

cultura psichedelica di cui adesso capisco le leggi e i

meccanismi. Capisco l'esigenza delle persone che

vogliono entrare in questi stati alterati, perché tutto è

meravigliosamente diverso. Pur essendo sempre stato

così. Mi sembra quasi che è da sempre che la mia

coscienza abita in questa regione, e solamente

adesso io me ne renda conto. Successivamente mi

appaiono sequenze di immagini di feste o serate in

discoteca, scene del passato. Comprendo i motivi

dello 'sballo'. Adesso mi è tutto chiaro. Mi tornano in

mente i racconti che mi erano stati fatti sugli

allucinogeni, e adesso capisco il senso esatto di

quelle parole. Poi penso al rapporto fra gli artisti e le

sostanze allucinogene, ne colgo il potenziale

creativo, e il senso dell'arte come mezzo per riportare

alla realtà normale la realtà alterata, traducendone i

contenuti secondo i mezzi comuni. Mi viene l'istinto di

registrare tutto ciò che sperimento, per paura di

potermelo dimenticare. Mi spaventa l'idea di poter

dimenticare queste sensazioni e comprensioni

fortissime. Prendo la macchina fotografica, riesco a

capirne il funzionamento, svitando filtri e regolando le

sue funzioni. Scatto a caso, senza neanche

inquadrare. Non importa cosa viene immortalato,

tutto è meraviglioso, anche lo squallido bagno.

Lascio la macchina dopo aver scattato le foto che

ritengo sufficienti e salgo in piedi sul letto. Inizio a

girare su me stesso, felicità estrema. Voglio

Page 26: Viaggi psichedelici

26

sperimentare ancora, guardo lo specchio sopra al

piano del lavandino. Mi ci avvicino e mi guardo. Mi

ricordo che qualcuno mi aveva detto di non

guardarsi mai nello specchio, perché ci si sembra

bruttissimi, ma al contrario, io mi vedo molto bene. Mi

trovo in splendida forma, solare. Mi siedo sul piano del

lavandino. E' tutto un nuovo punto di vista. Credo che

mi perdo in qualche altro mondo, perché non ho

coscienza di dove sono andato. Come se per

qualche attimo si fosse sospeso il sistema memoria.

Quando ritorno dal buio, mi avvicino alla mia

compagna, che è attratta dagli odori. Ci odoriamo

intensamente, tutto sembra amplificato. Anche

l'odore del mio corpo è molto più forte del normale.

Provo il lucidalabbra al mirtillo che lei si è spalmato in

faccia. Ha un profumo buonissimo, condividiamo. Poi

iniziamo a baciarci, scambiandoci frasi senza senso,

ripetendo le cose più volte. Mi rendo conto di quanto

sia assurda la comunicazione in questo stato, perché i

tempi non coincidono. Avverto il suo corpo di donna,

ma è come se ne smarrissi l'identità, confondendomi

con altre donne del passato e mescolandone le

immagini. Forse vorremmo fare l'amore, ma il pensiero

mi sembra che mi faccia distrarre dalle mie visioni,

molto più interessanti. Me ne torno al mio letto, e mi

spoglio completamente. Il mio corpo nudo mi fa uno

stranissimo effetto, ogni dettaglio mi sorprende. Mi

guardo il pene, è tutto raggrinzito e scuro, come una

radice nodosa di albero, ma vivo. Mi sdraio ad occhi

chiusi e mi concentro sulle sensazioni fisiche. Avverto il

peso del corpo, la sua consistenza e materialità,

come se fosse un'ancora che mi tiene fermo a terra e

mi impedisce di volare. Poi iniziano di nuovo le visioni

colorate: luci, fili luminosi, che si intrecciano. Riapro gli

occhi e guardo la parete accanto al letto che è

come liquida e trasparente, sembra che dell'acqua

Page 27: Viaggi psichedelici

27

stia scorrendo sulla sua superficie. Non so dove sono,

fuori sento delle voci, delle melodie che non fanno

parte del luogo. Mi sento come se fossi in Oriente, e

immagino o sono consapevole, che fuori dalla

finestra ci siano i bambù che ondeggiano nel vento e

ci sia una tettoia fatta di canne sotto la quale stanno

parlando due cinesi.

Poi avverto un rumore talmente forte da spaccarmi la

testa. E' come un rombo crescente che aumenta, e

sento la mia scatola cranica che viene spaccata al

suo crescere, fino al suo culmine che mi permette di

riconoscere cos'è, una moto che passa in strada.

Sento di sprofondare dentro di me.

La coscienza si muove a più livelli interconnettendo

ricordi a visioni, realtà e immaginazione. Ho la

coscienza di tutte le volte che sono entrato in stati

alterati, soprattutto con l'alcool. E' qualcosa di molto

simile, solo estremamente più potente.

Poi ricominciano le visioni. Serpenti colorati che si

muovono in bellissimi intrecci. Aprendo gli occhi

queste visioni scompaiono e torno di nuovo alla

realtà alterata. Mi rendo conto di essere in vacanza,

in un posto sconosciuto, ma la sensazione è quella di

quando da piccolo andavo in vacanza con i miei

genitori, in qualche posto marino di villeggiatura.

Affiorano ricordi lontanissimi di posti dimenticati. Poi

altre immagini, fiere, circhi, giostre. Forse per via dei

colori così vividi. Mi viene in mente Fellini e il suo

amore per il circo. E' come se adesso riesco a

comprendere la vita dei gitani e la trovo

meravigliosa. Le visioni si fermano su una sorta di

tendone da circo azzurro, come fosse un membrana.

Poi mi ritrovo dentro 2001 Odissea nello spazio, e

capisco da dove vengono quelle immagini. Ogni

tanto riapro gli occhi, e il soffitto a tavole ritorna lo

spazio solido della realtà, anche se vedo che la sua

Page 28: Viaggi psichedelici

28

superficie con i nodi e le venature si muove.

Mi rannicchio sotto le coperte in posizione fetale,

come se entrassi nell'utero. Come in un bozzolo, al

buio, le mie visioni possono creare tutti i mondi che

voglio, senza interferenze dall'esterno. Ho avuto visioni

di tutti i tipi. Splendidi demoni/dragoni multicolori che

roteano nello spazio, anelli dorati intarsiati con

turchesi, lapislazzuli e giada, che girano su se stessi,

come pelle di serpente a formare dei simboli esoterici

dal potere infinito. Sento come se l'unione di questi

cerchi può darmi la comprensione del tutto, l'infinita

coscienza. Poi la visione diventa tutta d'argento.

Improvvisamente diventa la scenografia di un teatro

d'opera che esce dal boccascena e invade tutta la

platea.

Dopo questa parte più visiva, iniziano a susseguirsi

alcuni concetti, anche se sempre associati alle

immagini. Un concetto base è quello della

molteplicità dei mondi a cui si può accedere con

l'uso delle sostanze allucinogene, ma più in generale

con lo sviluppo della coscienza. Visivamente mi si

rappresenta come una forma spaziale composta da

esagoni dai colori cangianti, di un materiale

opalescente, traslucido. Al centro di ogni esagono

c'è come una sorta di oblò che conduce ad altri

mondi-visioni-realtà. La volontà è al centro di questo

solido geometrico e a suo piacere può spingersi in

uno qualsiasi degli altri spazi dai quali si ha accesso

ad altri ancora. Bisogna solo scegliere di quali mondi

si vuole fare esperienza, sebbene i mondi sono infiniti.

Da qui ne deduco che anche nella realtà ordinaria

sia possibile plasmare il proprio destino grazie alla sola

volontà, quando questa sia forte, decisa e

determinata, ma soprattutto cosciente. La mia

volontà cosciente mi spinge quindi ad indagare

sull'idea della morte in questo stato alterato, visto che

Page 29: Viaggi psichedelici

29

è uno dei miei massimi tabù. Non sono proprio in

grado di pilotare il pensiero, ma sento che lo stato in

cui mi trovo è molto simile alla morte, ossia cessazione

della realtà ordinaria a favore dell'esplorazione degli

infiniti mondi. Quest'idea mi riempie di gioia e mi

trasmette la voglia di comunicarla alle persone a me

più care. Si sviluppa una sensazione di amore puro

verso i miei familiari, amici, e vedo l'amore come

unica possibilità di relazione per l'evoluzione

dell'umanità. Probabilmente per bilanciare le cose, la

mia volontà si spinge poi all'opposto per esplorare

l'idea di male assoluto. Mi si configura come un

enorme cuore di ossidiana, nera e lucida, all'interno

di una caverna buia. Non c'è affatto luce, eppure lo

percepisco visivamente. Ogni battito emana ondate

di male puro. Poi assume una vaga forma

antropomorfa composta di nebbia nera che è

l'essenza della malvagità. Queste immagini però non

mi incutono timore, le osservo in maniera distaccata

come se accettassi la loro esistenza nel bilanciare le

forze del cosmo. Il pensiero poi ritorna ancora

sull'idea di morte. Questa volta però sento come se

nella dissoluzione del corpo, tutto sprofonda in un

silenzio freddo. Allora avverto come una profonda

tristezza. Immobilità. La mia mente è smarrita, vago in

preda a pensieri sconnessi e incontrollabili. Forse da

un lato ho paura, e questa paura mi genera avversità

nei confronti delle sostanze allucinogene. Ne

comprendo la pericolosità e il potere di

destabilizzazione della società, per cui capisco che

bisogna assolutamente vietarne l'uso. Penso che non

farò mai più uso di queste sostanze perché la realtà

sta bene come sta, e venire a conoscenza delle altre

realtà esistenti può distruggere lo stato ordinario della

vita come la conosciamo.

Dopo questa serie di sogni/pensieri riaffiora alla

Page 30: Viaggi psichedelici

30

coscienza qualche pensiero ordinario che riesco a

controllare. Questo genera in me un senso di

sicurezza, per via del ritorno "a casa". Ma dall'altro

lato sento un po' di dispiacere per via della fine del

viaggio. Progressivamente i pensieri diventano più

normali, anche se ogni tanto ci sono dei residui di

alterazione. Cerco di sfruttare l'alterazione fin dove

posso, e torno a fissare il palmo della mano. Dopo un

po' mi perdo nelle linee del palmo, che si muovono

cambiando colore e sembrano delimitare delle

regioni. C'è come un rettangolo al centro che è

composto di fili iridescenti, e sembra morbido e

pulsante. Poi tutta la mano va a occupare l'intero

campo visivo, come se fosse tutto ciò che riuscissi a

vedere. Come la superficie di un pianeta, la mano

sembra un terreno aspro e scuro. Poi giro sul dorso. I

tendini sono tutti tirati, le vene sono in evidenza,

scure. Sembra la mano di un morto. Con quest'ultima

visione ho iniziato a ritornare alla realtà. Iniziamo a

parlarne in maniera logica, cercando di ricostruire

l'inizio del viaggio. Poi viene la fame. Abbiamo del

succo di mela e delle patatine. Il loro sapore è

eccezionale, gustosissimo. Le mangio voracemente.

Gli effetti finiscono completamente, è il momento di

ritornare alla realtà come la conosciamo. Mi guardo

intorno, la camera è un disastro. I letti spostati, i vestiti

sparsi tutt'intorno, le coperte per terra, gli zaini

rovesciati con parte del contenuto di fuori. Un caos

totale. Lo guardo, decido di fare una doccia, ma,

seppur cosciente, non riesco a capire come si fa.

Cosa mi serve, cosa devo prendere. Vado nel

pallone, non riesco a schiarirmi le idee. Capisco allora

che ancora non ne sono del tutto fuori, o perlomeno

devo ancora smaltire la fase di ritorno, in cui il

cervello deve riprendere le sue normali funzioni. Sto

fermo qualche minuto sul letto. Abbastanza

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31

velocemente riprendo il controllo totale. Sotto la

doccia canticchio stupidamente, sono pieno di

euforia. Poi, mentre è lei ad essere sotto la doccia, io

mi guardo allo specchio, e avverto un'incredibile

padronanza del corpo. Lo muovo in un modo

fantastico, facendo delle coreografie che mi

sembrano meravigliose. Ho l'impressione di aver

acquisito delle nuove potenzialità espressive. Mi sento

estremamente potente, e capace di ottenere tutto

quello che voglio dalla vita. Dopo esserci preparati

usciamo in strada, ad assaporare il vecchio mondo,

con i nostri occhi nuovi.

Page 32: Viaggi psichedelici

32

Riflessioni sulla prima esperienza

E’ sempre vero che la prima volta non si scorda mai e

se devo separare in due fasi la mia vita, potrei

benissimo definirle come “prima dei funghi” e “dopo i

funghi”.

La prima volta che si varca il confine del reame

psichedelico, vediamo modificarsi davanti ai nostri

sensi tutte le leggi che fino a quel momento

consideravamo come immutabili e immanenti alla

realtà, definendola come un’unica possibilità di

esistenza del reale. E una volta varcato il confine

vediamo cadere tutte quelle certezze di cui eravamo

fieri. Non padroneggiamo più il nostro spazio virtuale

così come lo conosciamo, ma ci troviamo in un

territorio completamente nuovo in cui siamo dei

bambini esploratori incerti su come muovere i primi

passi.

Del primo viaggio ho questo sapore d’infanzia, un

battesimo psichedelico totalmente inconsapevole e

privo di tutte le sovrastrutture che successivamente si

vanno a creare. E’ stato entrare nella tana del

bianconiglio e sperimentare la meraviglia più

virginea, il candore dello stupore totale. Come aprire

per la prima volta gli occhi e vedere veramente

come è la realtà. Ma soprattutto sarà stata la

spensieratezza dell’essere in vacanza, del luogo

completamente lontano dal contesto abituale,

quindi privo di agganci ad un passato e a situazioni

più complesse, che ha reso questo viaggio

completamente positivo e divertente.

Anche se delle profondità dell’esperienza

psichedelica ho intravisto solo la superficie, questo è

bastato a donarmi una visione del mondo

completamente nuova e fresca.

Page 33: Viaggi psichedelici

33

Seconda esperienza psichedelica con i funghi

Capodanno 2003

Per la seconda esperienza psichedelica, avvenuta a

più di un anno e mezzo dalla prima, il contesto è

stato totalmente differente, e più complesso.

Il luogo di questa esperienza è stata la mia

abitazione, allestita per l’occasione con quanti più

mezzi possibili con i quali giocare durante la fase

visuale. Avevamo preparato una serie di “trip toys”

per l’occasione, un albero di Natale, visto il periodo,

con lucine intermittenti, una lampada a fibre ottiche,

una lampada con la cera colorata, e una stanza

buia con stelle luminescenti sul soffitto e le pareti,

illuminate da luce nera.

I partecipanti a questa esperienza erano altre quattro

persone, di cui tre totalmente inesperte sull’uso di

sostanze allucinogene. Nei giorni precedenti alla

serata, avevo avuto cura di provvedere alla loro

preparazione, spiegando alcuni degli elementi

essenziali e informandoli con una serie di testi

sull’argomento. Erano tutti d’accordo sul consumare

un’esperienza del genere, sebbene con gradi diversi

di intensità di viaggio.

Prima dell’esperienza abbiamo avuto parecchie ore

per stare insieme, e prepararci al rituale sciamanico

che avevo ideato per ritualizzare l’assunzione dei

funghi.

Vista l’occasione del capodanno, abbiamo

festeggiato ballando, e creando un’atmosfera

particolare di unione grazie allo svolgimento insolito

della serata. Anziché il solito cenone, avevamo

optato per un’insalata da consumare alle 18, in

modo da avere lo stomaco vuoto per la mezzanotte,

ora in cui avremmo iniziato ad assumere i funghi. Il

resto del tempo lo abbiamo passato decorando la

Page 34: Viaggi psichedelici

34

stanza delle stelle, che avevamo destinato alla parte

più tranquilla del viaggio, e alla vestizione con abiti

rituali, vestiti indiani, arabi, o tibetani.

Alla mezzanotte abbiamo brindato con succo di

frutta, e abbiamo iniziato il rito solo all’una e mezza,

dopo che il frastuono dei botti di capodanno si fosse

placato un po’.

Per l’assunzione dei funghi avevo preparato un rituale

sciamanico che avevo appreso durante un paio di

seminari sull’argomento. Mi sembrava un modo per

sacralizzare l’esperienza, e rendere l’atmosfera più

importante. Il rituale prevedeva l’invocazione degli

spiriti delle diverse direzioni, affinché ci aiutassero nel

viaggio, nonché delle altre entità naturali, affinché ci

facessero da guida. Abbiamo anche consacrato un

talismano personale, affinché ognuno potesse avere

un proprio “oggetto di potere”.

Il rituale ha messo un po’ di tensione fra le persone,

che hanno iniziato a prendere la cosa un po’ troppo

sul serio, per cui dopo l’assunzione, ci è parso il caso

di rendere l’atmosfera più distesa, creando un clima

rilassato con qualche luce in più. Ci siamo messi

comodi e siamo stati in attesa che la sostanza

iniziasse a fare effetto, cercando anche di

sdrammatizzare.

Il quantitativo di funghi secchi è stato il seguente:

Io: 3 gr. GT

Al: 3 gr. mista

G: 2,5 gr. GT

An: 2 gr. PF

S: 2 gr. PF

La varietà era Psilocybe Cubensis, in due razze

diverse. Una viene chiamata Psilocybe Fanaticus,

l’altra Golden Teacher.

Nel giro di 20 minuti ho iniziato ad avvertire i primi

effetti. Differentemente dalla prima volta, ho sentito

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35

molto di più l’effetto fisico sullo stomaco e

sull’organismo. Un senso di pesantezza allo stomaco,

accompagnato da una leggera nausea, mentre in

tutto il corpo si diffondeva una sensazione di

qualcosa che si scioglie nei muscoli, accompagnata

da una forte sensazione di rilassamento. Anche la

testa era molto pesante, come se avessi bevuto o

fumato molto, ma con caratteristiche diverse.

Gli altri ancora non avvertivano alcun effetto,

quando già riuscivo a vedere qualche leggero

movimento negli oggetti. La testa era molto pesante,

e mi sentivo quasi annegare nella forte sensazione di

stordimento. Anche i rumori hanno iniziato ad

apparirmi più forti, uno scricchiolio nel mobile sul

quale ero appoggiato mi ha fatto trasalire, come se si

fosse fratturata una qualche struttura solida nella mia

mente. Quindi è iniziata la fase di risata incontrollata,

ma che non veniva ancora condivisa dagli altri. Alla

richiesta del perché ridevo, la mia risposta è stata:

non lo so, però mi viene.

Quindi è iniziato ad accadere qualcosa anche negli

altri. Al ha iniziato a commuoversi, per qualcosa che

stava iniziando a fare effetto su di lui. Trovava la

situazione commovente, e le lacrime non hanno

tardato ad uscire. Nello stesso tempo anche S ha

iniziato a piangere, ma il suo era un pianto più

disperato e profondo. In questo momento sono

avvenute due cose, An si è alzata per andare

immediatamente nell’altra stanza a viversi la sua

esperienza in solitario, G si è irrigidita, avendo paura

delle reazioni altrui e non volendo esserne

contaminata.

Io ho avvertito immediatamente questo irrigidimento,

questa sensazione negativa del partecipare al dolore

altrui, ma ho avuto un forte distacco etico. Non

vedevo nel pianto assolutamente niente di male,

Page 36: Viaggi psichedelici

36

perché sapevo che era indotto, e che fra un

momento sarebbe stato soppiantato dal riso. Mi sono

reso subito conto che ognuno vive un’esperienza

completamente diversa dagli altri, a seconda della

sua propria inclinazione. Per cui il pianto non

diventava qualcosa di sbagliato, ma una modalità

personale di affrontare l’esperienza. Al contrario G

continuava a pensare che S soffrisse veramente, e

questo le dava fastidio. Tutto il suo viaggio è dipeso

da questa prima impressione, per cui si è sentita

minacciata dall’eccessiva interazione emozionale

con gli altri, e si è imposta di controllare il suo stato.

Nello stesso momento anch’io mi sono posto il

problema dell’interazione con gli altri. Ho avuto la

sensazione fortissima di come la presenza delle altre

persone venisse percepita in maniera amplificata e

l’interazione con gli altri diventava quasi ingestibile.

Mi sono posto seriamente il problema della

trasmissione emotiva, ovvero se il malessere degli altri

potesse trasmettersi a me, oppure se sarei stato in

grado di mantenere la mia indipendenza emotiva.

Per risolvere il problema mi sono allontanato da S, in

modo da trovare una mia dimensione personale. Mi

sono recato ad osservare la lampada a fibre ottiche.

La percezione della stanza era strana. Riuscivo

tranquillamente a controllare i miei movimenti, ma la

percezione spaziale era affetta da un forte

restringimento di campo. Questa è una sensazione

che si è protratta durante tutta l’esperienza. Come se

non fossi mai consapevole di ciò che avviene intorno,

fino al momento in cui non ci spostavo

volontariamente l’attenzione. Nello stato di realtà

ordinaria invece si mantiene sempre una certa

consapevolezza di ciò che accade nello spazio

circostante, tranne quando ci si immerge in

un’attività totalizzante che ci spersonalizza e ci rende

Page 37: Viaggi psichedelici

37

autistici.

Mentre osservavo la lampada, avevo momenti in cui

entravo in diretto contatto con essa, per cui

rimanevo estremamente affascinato da questo

strano oggetto pieno di punti colorati in movimento,

ma la profondità del contatto era interrotta

continuamente dal movimento delle persone intorno

a me che mi riportavano ad una realtà condivisa. In

questo frangente G si siede sul divano vicino a me, e

mi dice che secondo lei aver preso i funghi in gruppo

è stata una cazzata. Nel dirmi questo percepisco il

suo malessere e la sua non integrazione nel gruppo, e

nello stesso tempo realizzo che l’eccessiva interazione

con gli altri è anche un mio motivo di disturbo, ma in

definitiva mi sento aperto all’esplorazione di

un’esperienza così diversa da come era stata la

prima volta. G se ne va per raggiungere An nella

stanza delle stelle. Io rimango a guardare la lampada

a fibra ottica, ma sento in lontananza voci e risate

degli altri due. In questo momento mi rendo conto

delle forti visualizzazioni psichedeliche che ho, vedo

scie colorate intorno alle cose in movimento, e il mio

mondo interiore viene traslato in una dimensione

diversa. Perdo lievemente il contatto con la realtà, e

col posto in cui mi trovo. Non è più un luogo a me

familiare, il salone di casa mia, ma diventa una festa

in qualche posto lontano, in cui avverto che ci sono

altre persone che si muovono intorno, in preda alle

loro alterazioni. Le risate di Al e S mi riportano alla

realtà, mi stanno deridendo per il mio stato non

ordinario. La cosa mi da fastidio, ma nello stesso

tempo mi rendo conto che con loro c’è sempre

questa sorta di derisione nei miei confronti, per cui

non la prendo sul personale, ma cerco nuovamente

una mia dimensione. Mi metto carponi sul tappeto e

questo diventa un terreno inesplorato, come la

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38

superficie di un pianeta blu che si muove in preda a

movimenti tellurici sotterranei. Per quanto la visione

sia interessante, sento sempre troppa confusione, e

mi allontano ulteriormente verso il PC che

ininterrottamente eseguiva un programma di

animazione di frattali coloratissimi. Mi metto a fissarne

lo schermo, e vengo rapito dalla straordinaria

molteplicità dei colori. In certi momenti vengo

risucchiato nello spazio tridimensionale che

percepisco aldilà dello schermo, e il cangiare dei

colori mi desta meraviglie improvvise. Sento ancora

confusione intorno a me e questo ogni volta mi

riporta alla realtà. Invito Al a guardare lo schermo,

così da coinvolgerlo nell’esperienza visuale che stavo

vivendo anch’io. Ho molta voglia che anche gli altri

entrino ad essere partecipi dell’esperienza visiva che

ho io, poiché pare che loro ne siano ancora

totalmente immuni. Nel frattempo mi allontano, e mi

soffermo a guardare l’albero di Natale che tutto

sommato non mi sembra così interessante. Mentre

per terra ci sono come delle linee scure nel marmo e

degli accumuli di polvere, che da un lato sembrano

interessanti, ma in qualche modo anche malefici.

Sento che se li guardo troppo poi inizieranno a

diventare cattivi. Mentre la lampada di carta accesa

ha una superficie traslucida molto interessante. E’

l’ultima cosa che guardo prima di cambiare stanza,

vado verso la stanza delle stelle. Mi avvicino alla

porta e spio quello che accade all’interno. Ci sono G

e An che parlano molto piano fra loro, in frasi

abbastanza sconnesse, che mi danno la netta

sensazione che anche loro sono entrate a far parte

dell’esperienza. Questo mi riempie di euforia per

l’idea di condivisione che decido di entrare nella

stanza, ma nello stesso tempo interrompo quello che

stava avvenendo fra loro. Vengo percepito come un

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39

intruso e perciò non mi sento molto accettato. In più

mi metto a volteggiare davanti alla visuale delle stelle

e G mi chiede in maniera un po’ brusca se posso

togliermi di mezzo. Mi vado a sdraiare, e sento che

An se ne va.

Nel buio queste stelle luminose diventano una

presenza pesantissima sulla mia testa, sembra come

se fossero tenute con dei fili e che lo spazio nero

intorno diventasse profondissimo. Sento grande

confusione nella testa, come una tensione fra la

perdita di realtà incombente, e una necessità di

mantenerne il contatto in virtù della presenza degli

altri. Infatti sento che c’è qualcun altro nella stanza, e

devo capire chi è. C’è S che si è sdraiata anche lei.

Questa necessità di rendermi sempre conto di chi ho

intorno mi deriva dalla frequente sensazione di

presenze che ho intorno, anche quando poi mi rendo

conto che intorno non c’è nessuno. Probabilmente è

una sorta di riflesso incondizionato di mantenere un

certo controllo sulla situazione.

In lontananza sento le voci di An e Al che parlano

ininterrottamente, come se non ci fosse un momento

di silenzio nei loro discorsi, ma fosse un flusso

ininterrotto di parole. Sento che mi da molto fastidio,

e vorrei andare a chiudere le porte. Mi alzo, esco

dalla stanza, chiudo la porta del salone che produce

un fastidiosissimo cigolio, del quale ne è consapevole

anche Al. Mi pare di affacciarmi un attimo in salone,

credo di aver scambiato qualche parola con loro,

ma poi me ne torno nel corridoio, ormai già

dimentico che quello che dovevo fare era chiudere

la porta per non sentire il rumore. Infatti mentre mi

trovo nel corridoio in semioscurità, mi trovo al centro

di 4 porte. Da una parte il salone, la stanza delle

stelle, la camera da letto, il bagno. Qui vivo la mia

prima esperienza di mind loop, ovvero pensiero

Page 40: Viaggi psichedelici

40

circolare. In pratica nella mia mente si avvia uno

schema di pensiero di scelta sulle diverse porte, che

non porta a nessuna conclusione e sembra ripetersi

all’infinito. E’ come se valutassi singolarmente il valore

di prendere una decisione piuttosto che un’altra, per

poi scartarle tutte visto che nessuna sembra

prevalere. E’ come se la mia reale parte cosciente sia

assente, e sia in funzione solo la parte mentale che

ripete uno schema di scelta molto lucido ma senza

contenuto. Ovvero è come assistere all’emergere di

una struttura mentale molto ben definita ma priva di

senso. Uno schema rigido che si va ripetendo senza

uscita. Ho un lampo di consapevolezza, lo riconosco

come mind loop, e allora riesco a interromperlo

volontariamente, e a prendere una decisione, cerco

di aprire la porta della camera da letto, ma poi

nuovamente la richiudo. Il circolo vizioso sembra

prendere il sopravvento, apro la porta del bagno, ma

subito la richiudo. Effettivamente la scelta del bagno

mi sembra quella meno utile, e poiché questo stato

mentale mi sta iniziando a mettere ansia, visto che

non ne sono più in controllo, decido alla fine di

andarmi a mettere sotto le coperte a letto, visto che

l’altra volta questa sensazione mi aveva dato un

senso di protezione. La camera è buia, e sento come

di entrare in un posto estraneo, sconosciuto. Mi viene

in mente una qualche stanza di una qualche città

americana, con vista sui grattacieli. Probabilmente è

dovuto ad una sorta di associazione visiva fra la luce

che penetra dalle persiane, e la luce delle finestre dei

grattacieli di notte. Avvicinandomi al letto mi viene in

mente che quella che sto vivendo è un’esperienza

psichedelica da LSD, anziché da psilocibina, perché

le visione che ho a tratti sono altamente complesse e

colorate, nonostante io non abbia mai intrapreso un

viaggio da acido. Mi sdraio sul letto, e dopo qualche

Page 41: Viaggi psichedelici

41

momento sento qualcuno che cerca di entrare in

camera. E’ G, ma io per rimanere da solo le dico che

la stanza è occupata. Sento che questo è un

momento che devo affrontare da solo, negli altri

probabilmente si è sviluppata la necessità di rimanere

in gruppo, ma io sono un solitario e devo affrontare la

situazione da solo. Mi sento anche molto forte per

questa mia scelta, come se gli altri che hanno

bisogno del gruppo in realtà non avessero

abbastanza coraggio per affrontare da soli la paura

di se stessi.

Ho vari momenti di perdita di realtà, in cui non mi

rendo conto se è notte e sto sognando, con G che

mi dorme accanto, oppure sta succedendo

qualcosa d’altro. Riprendo il contatto e mi rendo

conto che accanto c’è solo il cuscino. La fase

successiva diventa una sorta di incubo delirante. Mi

sento al centro di una visione caleidoscopica

composta da triangoli tridimensionali che si muovono

ad onda, trasmettendomi una sensazione di prigionia

dentro ad una rete iridescente. Mi perdo in pensieri

estremamente negativi sull’esperienza che sto

vivendo. Mi sento come se fossi ormai assuefatto alla

droga che ho preso, la quale mi reclude in una realtà

alterata senza via di scampo, come se fossi già

entrato dentro a questo vortice malefico che porta

alla totale perdita del senso di realtà, ormai

estraniato dalla società a cui appartengo. E inoltre mi

sento anche in colpa per aver coinvolto in questa

cosa le altre persone, come se fossi diventato il loro

spacciatore. Sono visioni alla “trainspotting”, in cui

questo mondo deformato mi soverchia,

probabilmente rivelando tutta la serie di

condizionamenti e moralismi a cui sono stato

sottoposto nella vita. La fase seguente assume invece

proporzioni cosmiche di una grandezza tale da

Page 42: Viaggi psichedelici

42

risultare totalmente devastanti per il mio sistema di

coscienza. Lo stato di realtà alterata in cui mi trovo mi

da accesso ad una visione amplificata dalla quale

vedo che qualunque tipo di realtà, anche quella

ordinaria, è comunque uno stato alterato di

coscienza, e tutti hanno lo stesso tipo di valore di

realtà. Ovvero l’alterazione è semplicemente uno

stato di cambiamento delle regole di costruzione

della mente, ma ha la stessa validità di qualunque

altro stato. Questa concezione si allarga all’idea che

l’esistenza delle altre persone sia come un diverso

riflesso della nostra coscienza che risponde a leggi

diverse. Quindi è come se gli altri non fossero altro

che la nostra stessa coscienza ma che agisce in base

a regole diverse dalle quali si ricava una diversa

realtà alterata. Quindi ogni persona vive

costantemente uno stato di alterazione rispetto alla

nostra realtà ordinaria, a seconda del modo in cui

sono costruite le regole della propria mente. Ne

segue che tutti costantemente viviamo in mondi con

gradi di alterazioni differenti. Questa visione del

mondo subisce quindi un ulteriore ampliamento, in

cui mi viene svelato una sorta di meccanismo che

regola il modo in cui la coscienza universale si

frammenta nella coscienza individuale, per

sviluppare il proprio ciclo di autocoscienza. E’ come

se da una sorta di rete cosmica, che è la coscienza

assoluta, si distaccassero dei brandelli di coscienza

per incarnarsi, ovvero per scendere negli strati più

pesanti di materia, attraverso i quali poi dissolversi per

ritornare nello stato di rete cosmica, dopo aver

compiuto lo spazio di un’esistenza umana. Ho

percepito distintamente l’eternità che questo ciclo

comporta, prima che tutta l’infinità della coscienza

abbia esaurito il suo potenziale. Ma dato che la

potenzialità di qualcosa che è infinito, è senza limite,

Page 43: Viaggi psichedelici

43

allora tutto questo ciclo di vite diventa un qualcosa

che si perpetua indefinitamente. Come se fossimo

costretti a ripetere per sempre la stessa identica

esistenza. Questa visione globale è stata devastante,

perché è come se l’universo subisse delle leggi alle

quali non è possibile sottrarsi, e non c’è scampo per

evitare questa terribile ripetizione di se stesso.

Inoltre la mia percezione di realtà stava iniziando a

disfarsi, come se il mio ego stesse iniziando a

sgretolarsi. Questo mi ha messo molta paura, o forse

più che paura, ho avuto un senso di incapacità a

sopportarne il dolore. Come se ancora non fossi

pronto per affrontare questo ulteriore passo.

Una consapevolezza di questa enormità mi ha

talmente sconvolto, che in un barlume di coscienza

mi sono reso conto che dovevo assolutamente

interrompere visioni di questa portata. Mi sono alzato

di corsa dal letto per precipitarmi in salone e afferrare

con violenza della cioccolata da mangiare.

Avevamo infatti messo della cioccolata in salone per

poter ridimensionare la portata del viaggio, poiché

l’assunzione di zuccheri smorza l’effetto della

psilocibina. Non appena ingerisco la cioccolata

sento come un macigno che mi si ferma in gola. Ho

necessità di bere dell’acqua, il mio corpo è

devastato dalla pesantezza della sostanza. Vado in

bagno per bere dell’acqua. Mi soffermo a guardarmi

nello specchio. La visione che ne ho è pazzesca. Sulla

superficie del mio viso che è opalescente vedo le

vene in trasparenza. Lo spazio dello specchio diventa

un superficie ipercristallina assoluta, in cui il mio viso

galleggia lasciandovi scie tutte intorno. La

percezione del mio viso così distorta fa molta paura,

per cui non indugio troppo su di essa con lo sguardo.

Mi affretto a bere dell’acqua e vedo le goccioline

d’acqua iridescenti che colano via nel lavandino

Page 44: Viaggi psichedelici

44

liquido. In quel momento entra G preoccupata a

controllare la mia condizione. Io mi sento giudicato

dalla sua presenza, come se esprimesse un giudizio

negativo sul fatto di arrivare a sentirsi così male per

divertimento. E in effetti mi sentivo malissimo, piegato

sul lavandino, come quando si vomita per eccessivo

alcool in corpo. Dopodiché mi sento leggermente

meglio e mi sento di voler raggiungere gli altri per

stare in compagnia e non più solo. Il gruppo mi fa

stare subito meglio, le sensazioni fisiche pesanti

passano presto, e continuo ad avvertire solo un certo

stordimento. La mia mente va a mille, i pensieri si

succedono ad una rapidità fenomenale ed

analizzano ogni istante tutte le interazioni con gli altri.

I discorsi in gruppo li avverto come abbastanza

deliranti, il che mi fa supporre che anche gli altri siano

ancora nel pieno del flusso psilocibinico. In realtà G,

An e S dicono di essere ormai sobrie, mentre solo Al

sembra essere pienamente alterato. Io invece in virtù

delle visioni di prima, percepisco come se loro fossero

racchiusi nella loro individuale realtà alterata, senza

esserne consapevoli. Si cerca di affrontare vari

discorsi. Io mi perdo nei pensieri svariate volte, e

quando mi viene di parlare spesso emergono solo

luoghi comuni, come se io vivessi nella piena

consapevolezza di quanta verità esiste in un luogo

comune. Da un lato però è come se la mia capacità

linguistica fosse regredita ad un livello infantile, per

cui non riuscivo ad esprimere i concetti in maniera

interessante, ma mi fermavo a semplici banali

asserzioni. Cerco un contatto fisico con G, che però

lo rifiuta dicendomi che le do fastidio. Io riesco ad

accettare la cosa senza prendermela troppo male,

come se fossi consapevole che questo suo stato

dipendesse dall’alterazione e quindi non c’era molto

da preoccuparsi perché comunque le sarebbe

Page 45: Viaggi psichedelici

45

passato. Parliamo un po’ di me e del mio modo di

dire quello che penso senza dire mai quello che

sento, che è la visione che aveva G in quel

momento. Io cerco di esprimere il mio punto di vista,

ma mi trovo in difficoltà con le parole che sembrano

intrecciarmisi in testa. Ognuno parla un po’ della sua

esperienza, ma tutti sembrano ammettere di avere il

pieno controllo di sé. Solo Al ogni tanto irrompe in

risate, oppure cade in stati mistici di contemplazione

di verità assolute e incomunicabili. Io sento di avere

una profonda empatia nei suoi confronti, soprattutto

nel culmine di una sua visione mistica, nella quale

avverto ciò che lui non riesce a dire e lo trovo

bellissimo, perché anche senza parole riesco a

percepire ciò che c’è in lui. Da un lato della mia

mente emerge l’immagine della scena finale del film

Ghost in cui Patrick Swayze dice a Demi Moore che è

bellissimo l’amore che ha dentro, che si vede e che

deve portarlo con sé. Trovo l’analogia perfettamente

calzante, ma la consapevolezza della

stucchevolezza di una tale scena mi fa sentire un

idiota. Io ogni caso resta un senso di profonda

comunione con le emozioni di Al. Cerco di trovare più

o meno contatti con tutti gli altri, ma S e G sono

impenetrabili. Solo An si rivela abbastanza empatica,

e c’è qualche accenno di comunicazione. Gli

argomenti che si affrontano sono svariati, si parla

della necessità della tecnologia, piuttosto che la

ricerca della semplicità, si parla degli eventi dei giorni

prima e di un certo bilanciamento nella situazione di

scherzi che si era venuta a creare fra noi. Io ho la

percezione di un certo equilibrio nello scambio con

gli altri, come se tutto quello che tu dai, ti ritorna in un

certo modo in uguale misura. Lo ritrovo visualizzato

nel tao, e mi viene in mente che certi simboli e

significati occulti derivano da probabili esperienze di

Page 46: Viaggi psichedelici

46

tipo sciamanico o da stati di trance indotta.

Poi c’è un momento in cui l’attenzione si focalizza su

di me, e gli altri insieme assumono il ruolo di guide

spirituali. Come se quello che io cercavo di fare su di

loro, cioè fungere da guida attraverso questa

esperienza, stessero in quel momento facendolo su di

me. C’è stato un momento in cui nella mia mente li

ho quasi trasfigurati a livello di angeli, intesi come

entità evolute che fungono da guida. Quello che mi

hanno comunicato è che devo cercare di entrare di

più a contatto con i miei sentimenti ed usare meno la

testa.

Col passare del tempo la mente si rischiara, si

chiacchiera a lungo, e poi la serata volge alla

conclusione. S e An si addormentano in salone,

mentre io e Al ci ritroviamo a parlare nella stanza

delle stelle. Condividiamo un profondo senso di

comunicazione, di gratitudine per la presenza

dell’altro, e abbiamo un forte scambio emotivo. Si

aggiunge G per un attimo, ma poi se ne va perché

inizia a sentirsi male per le mestruazioni che hanno

tardato per una settimana e sono iniziate

esattamente appena è finito l’effetto dei funghi. Io

ho la necessità di scrivere qualcosa su quanto è

successo. Prendo dei fogli, e nel tentativo di scrivere

qualcosa di senso compiuto, mi rendo conto che la

tendenza è invece quella di lasciare libero sfogo

all’inconscio. Produco una serie di fogli con scritte e

disegni. Sono ormai le 7 di mattina, torno a parlare

con Al e iniziamo a mangiare qualcosa vista la fame

che si comincia a sentire. Alle 7 e 30 mi metto a letto.

Faccio 3 ore di sonno abbastanza pesante, mi sveglio

completamene sudato, vado a bere e mi

riaddormento per altre 2 ore. Al mio risveglio gli altri

sono tutti in piedi e molto stanchi. Passiamo la

giornata mangiando e riposando. Alla sera

Page 47: Viaggi psichedelici

47

rimaniamo solo G e io. La mia mente produce un

quantitativo enorme di pensieri, rincorrendosi in cicli

senza fine. Penso ad ogni cosa e al suo opposto

senza trovarvi una via d’uscita. Analizziamo un po’ la

situazione, e una mia visione estremamente lucida e

razionale del nostro rapporto mi porta a pensare che

non abbia senso continuare a stare insieme. Ci

prendiamo una pausa, nella quale io cerco di

staccare la spina mettendomi a letto. Dopo un po’ di

silenzio, con la mente ancora completamente

sottosopra, mi rendo conto che ho estremo bisogno

del contatto fisico per riportare le cose ad un livello di

normalità. Vado a cercarla, e nel contatto si

sciolgono i miei blocchi emotivi. Mi libero in un pianto

sofferente, in cui le mie emozioni sembrano uscire

dopo essere state trattenute per un tempo indefinito.

Ritrovo una dimensione umana, mi sento di essere

totalmente sottosopra, e di non poter riaffrontare la

realtà allo stesso modo di prima.

I giorni successivi la mia mente è in uno stato di

veloce recupero della sua struttura razionale. Tutte le

cose sembrano tornare al loro posto anche se ho una

percezione accentuata della schematizzazione di

ruoli che la gente porta avanti nella vita, e nello

stesso tempo della mia alienazione da una serie di

giochi di ruolo che vengono attuati

inconsapevolmente dagli altri, nonché da una

maggiore capacità di vedere dentro alle cose.

Ripensando all’esperienza in generale, ho momenti

contrapposti di sensazioni negative e positive, per cui

l’idea di riaffrontare una cosa del genere mi risulta

difficile, ma col passare del tempo sempre più

accettabile, fino ad una voglia sottile di rientrare in

quel sistema di alterazione per approfondire le

tematiche mentali, mantenendosi su dei livelli di

maggiore controllo.

Page 48: Viaggi psichedelici

48

Riflessioni sulla seconda esperienza

Il secondo viaggio è stato estremamente più

complesso e impegnativo del primo. Non solo per

l’intensità del picco visuale, ma proprio per le

relazioni e l’ambiente che avevamo creato. Ho

compreso in tutta la sua durezza la difficoltà di

interazione con gli altri, e lo stato di estrema

delicatezza psichica in cui ci si viene a trovare per cui

ogni interazione sbagliata può ferire in modo

profondo e duraturo, andando anche ad incrinare il

rapporto fra due persone, ritornando nello stato

normale. Questo probabilmente accade anche

perché vengono messe in luce e amplificate certe

dinamiche che se in uno stato di coscienza

“normale” sono tranquillamente gestibili, in uno stato

alterato possono manifestarsi come problematiche.

Da qui deriva l’idea di scegliere con maggiore

cautela i partecipanti al viaggio, fra i quali deve

esserci un’ottima intesa e armonia, ma soprattutto

comune finalità.

Per quanto riguarda le visuali e le dinamiche

dell’esperienza, tutto è stato più intenso. La ricchezza

del panorama mentale non ha confronti fra il primo e

il secondo viaggio, probabilmente a testimoniare il

fatto che una volta aperte certe vie, il percorso si fa

più facile, più immediato.

E’ aumentato anche l’impatto mistico e archetipico

che l’esperienza mi ha donato, aprendo scenari

estremamente più vasti che non nella prima

esperienza, sebbene si sono manifestate anche le

prime forme di reazione negativa al viaggio,

definibile come bad trip, anche se ancora in una

forma non terrificante, ma non meno leggera.

Page 49: Viaggi psichedelici

49

Terza esperienza psichedelica con i funghi

15 gennaio 2003

Della mia terza esperienza non ho un resoconto

scritto subito dopo. In realtà fu un’esperienza molto

blanda, perché visto la potenza della precedente, ho

preferito usare un dosaggio molto leggero (2 gr

circa). L’ho consumata in solitudine in casa, cosa che

ha eliminato tutte le interazioni complesse con le altre

persone e mi ha dato modo di essere più centrato.

Ma per la verità il dosaggio così leggero ha fatto si

che l’esperienza fosse estremamente controllabile.

Non ci sono state visioni particolarmente vivide ne

alterazioni sostanziali della mia mente. E’ stato più

che altro un viaggio introspettivo che però mi ha

lasciato molta amarezza. Questo perché il tema

portante del viaggio è stato la struttura della società

e le relazioni umane. Mi è sembrato di scorgere tutta

l’ipocrisia di cui è condita l’esperienza umana di

oggi. Le contraddizioni insite nella nostra vita come

gruppo, gli inganni, il sopruso del potere. La

strumentalizzazione dei mezzi di comunicazione, il

modo in cui la verità viene occultata, o plasmata per

essere trasmessa in modo distorto al fine di ottenere il

controllo sulla popolazione. Tutta questa serie di

riflessioni, in cui le cose mi sembravano così chiare e

lampanti, ha però avuto il riflesso di un profondo stato

di malessere interiore per appartenere a questa razza

così infima. Non ho percepito speranze per l’umanità

nella condizione in cui è adesso. Siamo troppo lontani

dalla Verità e troppo soggiogati a sistemi di controllo

per cui la nostra coscienza è sopita. E’ mi è stato

subito chiaro il fatto che l’uso delle sostanze

enteogeniche, psichedeliche, così come era stato

promulgato negli anni ’60 per poter dare il via ad un

cambiamento culturale, fosse stata un’arma

Page 50: Viaggi psichedelici

50

minacciosa per il sistema stesso, perché ne sovvertiva

le regole ma soprattutto apriva la mente delle

persone a rendersi conto della gabbia invisibile in cui

il sistema le imprigiona. E quindi mi è parso

assolutamente logico che il sistema stesso abbia poi

reagito cercando di spargere la paura riguardo l’uso

di queste sostanze, perché la paura permette di

esercitare il controllo, e ha cercato di metterle al

bando in ogni nazione affinché l’uso massivo di

queste sostanze fosse completamente eliminato. E

c’è riuscito. Tutte le speranze che nella summer of

love erano emerse nell’intento di unire l’umanità sotto

il segno della pace, sono state soffocate sostituendo

la tipologia delle droghe da diffondere: non più

marijuana che provoca empatia, comunione,

pacifismo, non più LSD che provoca apertura

mentale, riflessione filosofica, esperienze mistiche ed

estatiche, ma tutte droghe che inibiscono questi

processi: cocaina, eroina, anfetamine. Il sistema ha

combattuto le sostanze che espandono la coscienza

con quelle che creano dipendenza e la inibiscono

ma sono funzionali al sistema commerciale,

produttivo, competitivo. Ecco come è nata la

reazione che ha portato i danni degli anni ’80, in cui

si è diffusa la credenza che tutte le droghe fanno

male e tutte le droghe sono uguali, con il loro carico

di luoghi comuni, di disinformazione, di eliminazione

completa di una rivoluzione culturale che

prometteva di cambiare le cose.

Page 51: Viaggi psichedelici

51

Quarta esperienza psichedelica con i funghi

2 febbraio 2003

Con questa quarta esperienza psichedelica credo di

aver chiuso ogni tentativo di esplorazione della mia

mente attraverso l'uso della psilocibina. Quest'ultimo

viaggio mi ha portato a confrontarmi con ogni

costrutto mentale appartenente alla mia mente,

intrappolandomi in un mondo fittizio che si ripeteva

all'infinito, senza via di uscita, senza più il controllo

della mia volontà, senza più il controllo del mio corpo

fisico, senza più dominio della mia persona e

padronanza della mia coscienza.

Il viaggio è iniziato alle 11:45 con l'ingestione di solo

2,7 grammi di psilocibe cubensis. Il mio compagno di

viaggio stavolta era A, con il quale condivido una

grande complicità e unione spirituale. La sua

ingestione è stata di 3,7 grammi, visto che aveva già

mostrato un'ottima tolleranza alla psilocibina, e

aveva manifestato la volontà di spingersi un po' oltre

nell'alterazione delle percezioni.

Abbiamo iniziato il viaggio con una musica ricca di

flauti, cercando di mantenere attiva una

conversazione sensata prima che l'effetto della

sostanza si manifestasse in tutto il suo potere.

Questa parte iniziale era caratterizzata dalla classica

sensazione di pesantezza alla testa e nel corpo, con

pensieri ancora molto lucidi, ma le parole che

uscivano con difficoltà. I discorsi che facevamo

erano rivolti a cosa avevamo fatto il giorno prima, ed

man mano che procedevamo le frasi rimanevano

sempre più a metà, inframmezzate da un sacco di

risate. Poi ci siamo stesi, io sul divano, in preda a

brividi di freddo, e lui sul tappeto. Lentamente siamo

stati sempre più in preda a visioni, sia ad occhi aperti

che chiusi. La musica con flauti creava delle

Page 52: Viaggi psichedelici

52

bellissime forme ad occhi chiusi, e io mi sentivo

sempre più appartenente al divano su cui mi trovavo.

Da questo mondo di visioni ogni tanto emergevo per

curiosità di vedere come se la stava vivendo lui, che

era sprofondato con la faccia nel tappeto. Era molto

divertente lo scambio di commenti che avevamo. Poi

ad occhi aperti mi sono messo ad osservare il soffitto

bianco, sul quale si sovrapponevano le visioni che

erano di un rosa e creavano dei disegni meravigliosi,

celestiali, di cui mi beavo. Anche A. stava iniziando a

vedere qualcosa di più della realtà ordinaria, e

rideva come un matto, per cui gli ho chiesto perché

rideva così. Mi ha risposto che se me lo avesse detto

mi sarei ammazzato di risate. Poi mi ha detto che nel

tappeto c'erano come una fila infinita di Mastro

Lindo! Abbiamo riso come pazzi… allora mi sono

avvicinato a lui sul tappeto per trovare qualcosa da

osservare. Il tappeto che ha zone di diversi colori, blu

e bianco, era come diventato una sorta di fondale

marino sul quale ondeggiavano dei coralli iridescenti.

Poi sono passato ad osservare il pavimento di marmo.

Era trasparente e profondissimo, con miliardi di

particelle coloratissime che scorrevano sotto e sopra

la sua superficie. Anche A era partecipe di questa

visione, e ha commentato che ci mancava solo che

un pesciolino che nuotasse sotto la superficie… io gli

ho risposto che se voleva veramente vederlo bastava

che ci si concentrasse. Ho deciso di cambiare

musica, e passare ad un CD degli Shpongle per

movimentare la cosa. L'interazione con la musica e i

suoni era fantastica.

Poi A ha iniziato a rotolare sul tappeto sperimentando

la forza di gravità sul suo corpo. Abbiamo iniziato a

farlo insieme, mi sentivo schiacciato dal suo peso, ed

era come se fossi finito in un angolo buio di una

discoteca in cui c'erano tutte luci psichedeliche.

Page 53: Viaggi psichedelici

53

Ridevamo molto insieme, e poi abbiamo iniziato a

parlare di cose molto mistiche. A. diceva che noi in

siamo attaccati alla terra, ma in realtà siamo a metà

tra la terra e il cielo, o qualcosa del genere. Poi

pensava alla terra e a quello che noi umani le

abbiamo fatto. Mi pare che si stesse scusando con

lei. Se solo anche gli altri se ne accorgessero del

danno che le stiamo perpetrando.

Fra un discorso e l'altro mi è venuta sete, mi sono

alzato per prendere un po' di succo d'arancia. A. mi

ha chiesto invece dell'acqua e sono dovuto andare

in cucina a prenderlo. Sono tornato col bicchiere, ne

ha preso un sorso rovesciandone in parte sul tappeto.

Io gli ho detto di stare attento, ma lui mi ha risposto

che tanto era acqua che non bagna!

In quel momento credo che ognuno è partito poi per

il suo mondo. In me c'erano pensieri legati alla diversa

percezione della realtà da parte delle persone che

conosco, e come ognuno di noi in realtà viva in un

mondo diverso e sperimenti cose diverse proprio

grazie alla sua diversa percezione. Mi sono poi alzato

per andare a prendere un altro bicchiere d'acqua, e

dal momento in cui mi sono trovato in cucina, il

ricordo di quello che è successo è alquanto

frammentario.

Arrivato al centro della cucina, non so esattamente

per quale motivo, ho scagliato con violenza il

bicchiere di vetro contro il pavimento mandandolo in

frantumi. Forse perché il pavimento era trasparente e

tridimensionale, allora ho pensato che se ci avessi

lanciato il bicchiere, questo avrebbe raggiunto il

fondo del pavimento? Non lo so esattamente, ma è

stato un gesto impulsivo e non consapevole. Il rumore

di vetri è stato assordante, credo di ricordare anche

la voce di A. che mi chiedeva che era successo.

Non gli ho risposto perché ero preso da questa nuova

Page 54: Viaggi psichedelici

54

situazione, il bicchiere rotto e sparso per tutta la

cucina. Ho pensato che avrei potuto rincollarlo con il

potere dell'immaginazione, credo di aver preso

qualche frammento, ma mi devo essere tagliato. Il

sangue ha iniziato a coprirmi le mani. Non mi rendevo

conto di dove ero tagliato, né sentivo dolore, ma il

sangue sembrava tanto. Con la stessa facilità ho

pensato che avrei potuto far rientrare il sangue

dentro le ferite e autocicatrizzarle con la volontà.

Da questo momento in poi ho molta difficoltà a

ricordare esattamente la sequenza degli

avvenimenti. A. mi ha riferito successivamente che io

ero in preda a un delirio che mi rendeva quasi

indemoniato. Che correvo qua e là farfugliando cose

senza senso (per lui) e che il sangue dalle mani non se

ne andava come io affermavo.

Ho sporcato tutta casa di sangue, lasciando gocce

rosse dappertutto.

Invece io mi ricordo di essere finito in una sorta di

strano universo fatto a scatole cinesi. La descrizione di

questo mondo psicologico è molto complicata da

ricordare e rendere a parole. Diciamo che da un lato

viveva in me la suggestione "Matrix" ovvero la

convinzione che io fossi l'eletto e che potessi piegare

a mia volontà la realtà esterna, visto che la realtà è

solo percezione e le percezioni possono essere

alterate. Questa è la motivazione dei miei gesti più

folli, come per esempio correre e planare nel mezzo

del salone per finire sul tappeto. In realtà io in quel

momento stavo entrano nella "luce" ovvero stavo

penetrando attraverso il mondo delle percezioni per

giungere alla realtà ultima.

Dall'altro lato vivevo in un mondo fatto di continue

prese di coscienza. In un istante capivo certi

meccanismi del mondo e mi dicevo che avrei dovuto

ricordarli perché era importante che lo riferissi agli

Page 55: Viaggi psichedelici

55

altri. Un attimo dopo dimenticavo tutto e capivo

un'altra cosa, e così via per non so quante volte o

quanto tempo. E nel frattempo correvo da un lato

all'altro di casa cercando sempre di ricordare

qualcosa che dimenticavo. In un momento dovevo

fare una telefonata, poi tornavo in bagno per far

scorrere l'acqua, poi di nuovo al telefono… un delirio

di immagini e ripetizioni. Poi il meccanismo si è reso

più complesso. Era come se sapevo che il mondo

che ognuno di noi vive, è una diversa

rappresentazione dell'infinito. Quindi esistono infiniti

mondi, e ognuno di noi ne vive uno, con l'impossibilità

di comunicarlo agli altri perché in realtà è la stessa

coscienza che li vive tutti insieme, ma nel momento in

cui passa dall'uno all'altro perde la consapevolezza

dell'appartenenza ad altri mondi possibili. In questo

caos vedevo il mondo con gli occhi delle persone

care che conosco e capivo che ognuno di loro

aveva perfettamente ragione nel descrivere il proprio

mondo, perché per loro era effettivamente così il

mondo. Solo che nessuno si rendeva conto che non è

il mondo ad essere diverso, ma la coscienza che lo

filtra in modo diverso. Non esiste un giusto o sbagliato,

perché essendo tutte sfaccettature dell'infinito, tutte

sono possibili e giuste. Allora mi esaltavo per l'idea di

poter comunicare questa cosa agli altri, e non

facevo altro che ripetermi: "Quando torno glielo devo

dire!".

Poi sono arrivato ad un punto in cui il delirio mi ha

spinto in un meccanismo ancora più complesso. Una

sorta di mondo quadrimensionale abitato da porte

nelle quali risiedono le coscienze di tutte le persone

connesse fra loro. E per entrare in contatto con esse

bastava volere la presenza di quelle persone, e la

loro coscienza si spostava in questo meccanismo tipo

"The Cube", per entrare nel tuo mondo e abitarlo

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56

come se fosse realtà ordinaria. Con questa

convinzione chiamavo a gran forza il nome di G.,

immaginando che bastasse la mia volontà per farla

apparire nel mio universo. Credo di aver anche

aperto la porta di casa convinto che l'avrei trovata

là, materializzata dalla mia evocazione.

In tutto questo caos, A. si era rinchiuso in una camera,

spaventato dal mio delirio. Io lo sentivo parlare dietro

la porta a telefono, ed era come se sapessi che lui

fosse in un'altra cella di realtà, ma io volevo portarlo

fuori per farlo entrare nella mia. Allora ero convinto

che avrei potuto materializzare la chiave della porta

per entrare. Di fatto la chiave non si materializzava.

Da questo momento credo che le cose hanno

iniziato a prendere una strana piega, voglio dire, ben

più strana della piega assurda che aveva già. Il fatto

di non vedere A. in giro per casa (dimenticandomi

che era chiuso nella stanza) e vedendo tutte le

gocce di sangue per casa, e i vetri rotti in cucina, mi

ha portato a pensare che lui si fosse lanciato

attraverso la finestra e giacesse morto fuori per

strada. Quest'idea aveva assunto un certo valore, al

punto che io mi chiedevo che cosa avrei detto agli

altri quando sarebbe passato tutto. Ma da un lato

sapevo che siccome gli universi erano infiniti, era

probabile che non fosse morto, ma magari solo ferito.

Ma poi invece mi convincevo proprio che stavo

nell'universo in cui lui era proprio morto, e allora ci

sarebbe stato il suo funerale… e mi dicevo: che palle!

Tutto il dolore al funerale, quando invece ci sono altri

universi in cui questa cosa non è successa! Non ero

proprio preoccupato poi, ma in realtà non ero

proprio io in quel momento, è come se ci fosse una

sorta di mente stupida dentro che reagiva in maniera

illogica ai pensieri che si autocreava. Come essere un

burattino ingenuo in preda a strane idee legate al

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57

fatto che comunque qualcuno si era fatto male. E

siccome questo tipo di universo non mi piaceva alla

fine, urlavo perché volevo uscirne e viverne un altro.

Ma le mie urla oltre a spaventare A. non ottenevano

alcun effetto.

Poi ho vissuto nell'idea che essendo gli universi infiniti,

io in quanto parte della coscienza cosmica, avrei

dovuto viverli tutti. Vivere tutto il dolore possibile di

ogni esistenza, per poi morire, rinascere e riprovare le

stesse cose dal punto di vista di un'altra persona che

aveva partecipato all'esistenza di quella prima. E

vedevo il momento fra la morte e la rinascita un po'

come la parte finale di "2001 Odissea nello spazio".

Un'esistenza che regrediva a feto passando

attraverso la luce psichedelica della dimenticanza. E

di nuovo un'altra esperienza di universo ne veniva

fuori. Mi trovavo in cucina e lasciavo scorrere l'acqua.

In tutto questo viaggio l'elemento acqua è stato

fondamentale. La lasciavo sempre aperta per farla

scorrere, perché ero convinto che l'acqua era una

cosa buonissima, ed era l'elemento primordiale da

cui tutto deriva e tutto ritorna, e attraverso l'acqua

potevo ritornare in altri universi rinascendovi dentro.

Poi mi sono lasciato portare dalle sensazioni fisiche.

Ho pensato che se l'universo è infinito, e l'universo è

rappresentato tramite le nostre percezioni fisiche,

allora saranno infinite anche le percezioni, e allora

dovevo sperimentare le percezioni più assurde

perché comunque facevano parte dell'universo. Mi

sono messo a leccare le veneziane in cucina, e

ricordo benissimo la sensazione della polvere sulla

lingua, poi mi sono messo a succhiare l'angolo del

tavolo, convinto che la mia percezione di quella

consistenza nella mia bocca fosse alla fine una sorta

di entità appartenente all'universo come lo sono io. In

tutto ciò i frammenti di vetro erano sempre lì a

Page 58: Viaggi psichedelici

58

ricordarmi che comunque era successo qualcosa da

cui non si poteva tornare indietro.

Probabilmente mi sarò perso da qualche parte.

Entra A. in cucina, e mi chiede come va. Dico bene,

con tutta naturalezza. E dentro di me mi dico: che

viaggio strano, anche se in quel momento non mi

ricordavo quasi nulla di tutto. E stavo ancora

cercando di analizzare le mie percezioni. Vedevo

attraverso gli occhi, sentivo il sangue appiccicoso

sulla mano, sentivo il sapore di cioccolata in bocca.

Insomma, le mie percezioni c'erano tutte. Ma io no.

Non sentivo di essere dentro di me. A. iniziava a

cucinare qualcosa come se fosse tutto normale. Mi

chiedeva se la panna era scaduta, cucinava della

pasta. Io ero totalmente frastornato. Non sapevo

dov'ero. Riconoscevo tutto, la cucina, il resto della

casa, ma era come se fossero percezioni vuote senza

consistenza. O ero io che non avevo più consistenza

dentro di me. Sempre più confuso ho cercato

spiegazioni ad A. che mi rispondeva in tono ancora

più enigmatico, mettendomi pure una certa ansia.

Non ricordavo quello che era successo. Allora mi è

iniziato a venire il dubbio che era successo qualcosa

di catastrofico che non riuscivo a ricordare. Da lì il

colpo di genio! Ho pensato che in definitiva ero io

che mi ero buttato dal balcone, e in quel momento

mi trovavo in una sorta di limbo nel quale dovevo

prendere coscienza del mio stato. E il mio "angelo"

aveva le sembianze di A. per aiutarmi a ricordare e

accettare la nuova situazione. Ero totalmente

confuso. Non capivo più niente. A. Mi ha consigliato

di andare a dormire, e io invece l'ho presa come se

mi avesse detto che se mi fossi addormentato sarei

rinato da un'altra parte. Allora me ne sono andato a

letto, con la convinzione che stavo andando a morire

per rinascere. In quel momento mi è presa una

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tristezza enorme, immensa. Non volevo che finisse

così, mi dispiaceva per quello che avevo fatto, ma

soprattutto per il dolore che avrei causato alle

persone che mi vogliono bene. E poi i miei progetti…

tutto stava andando in fumo. Mi veniva da piangere,

ma non riuscivo, ero confuso anche per quello. Mi

sdraio a letto, e non accade niente di significativo,

sento sempre che non sono dentro di me, che la

realtà è vuota. E sento G. rientrare a casa. Penso che

sarà lei il mio angelo che mi aiuterà a "passare". Infatti

è estremamente dolce e comprensiva, cosa che mi

risulta strana, perché penso che se fosse veramente

lei dovrebbe essere incavolata per ciò che è

successo. Ci abbracciamo e mi fa sentire bene. Poi

mi lasciano solo a letto. Lentamente sento di rientrare

in me stesso. Dopotutto non sono morto. Cavolo,

NON SONO MORTO ALLORA!!! Li chiamo, mi tengono

compagnia, mi riprendo un pochetto. Poi mi alzo,

mangiamo qualcosa. Parliamo, ma poco,

dell'accaduto.

Il processo di ripresa totale dell'equilibrio psichico è

stato abbastanza lungo. Anche il giorno dopo non

ero del tutto certo che fossi poi veramente vivo.

Magari era solo un'illusione per via del fatto che in

fondo ero molto attaccato a questa realtà. Le notti

seguenti sono stato un po' agitato, come se nei sogni

vivessi l'asfissia di pensieri circolari continui e

insostenibili.

Ora che scrivo tutto è passato.

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Riflessioni sulla quarta esperienza

Rileggendo a posteriori questo resoconto, emerge

tutto il lato devastante dell’uso di queste sostanze. E’

stato veramente un “bad trip”. Spesso avevo letto di

questa possibilità, ma fino a che non ti ci trovi dentro,

non ti rendi conto della portata interiormente

devastante di questa esperienza negativa. E allora

emergono altre riflessioni sull’uso di queste sostanze.

Non sono assolutamente cose con cui giocare in

maniera inconsapevole. La loro portata di

modificazione della coscienza e della mente, va

molto al di sopra di quello che si può pensare di poter

gestire senza un’accurata preparazione.

Risulta chiaro allora perché nelle tradizioni

sciamaniche di ogni cultura, prima di poter avere

accesso a queste dimensioni, lo sciamano veniva

duramente sottoposto ad una disciplina spirituale in

grado di prepararlo ad affrontare queste esperienze.

Solo un’accurata preparazione mette in grado lo

sciamano di poter gestire qualunque situazione in cui

può venirsi a trovare.

Con questa esperienza mi sono reso conto di quanto

labile sia il confine fra la follia e la sanità mentale, e

quanto la mia mente possa completamente perdere

il legame che ha con la realtà condivisa. Senza una

guida che presiede al viaggio, affrontare una

situazione così intensa può veramente creare dei

danni psicologici in qualcuno che si avventuri su

questi sentieri.

La pesantezza di questa esperienza ha fatto si che

per diversi mesi l’idea di ripeterla non si palesasse

minimamente alla mia volontà. Avevo assoluto

bisogni di riappropriarmi del mio territorio mentale. Di

rimettere le cose a posto e di chiarirmi un po’ le idee.

Però la mia sete di conoscenza e la mia curiosità alla

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fine hanno prevalso. Sentivo che l’esperienza

psichedelica doveva ancora darmi qualcosa di

importante.

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Quinto viaggio psichedelico con i funghi

8 giugno 2003

Nonostante dopo l'ultimo viaggio fossi rimasto molto

scosso, e mi fossi deciso a non intraprenderne

ancora, dopo alcuni mesi mi sono ritrovato

nuovamente implicato in una portentosa esperienza

psichedelica.

Questa volta ho coinvolto nella cosa un mio amico

che era molto attratto da un'esperienza di questo

genere e mi sono deciso di accompagnarlo nel

viaggio.

Abbiamo scelto come setting una zona collinare

presso Tolfa (Civitavecchia) dove lui aveva una casa

di campagna.

Mentre cercavamo un posto che ci piacesse

abbiamo visto uno stranissimo uccello che ci

sembrava accompagnarci, penso fosse un upupa,

perché aveva la testa rossa con una sorta di

raggiera.

Percorrendo un sentiero sassoso abbiamo trovato

una radura in cui c'erano tre grosse querce, e sotto

una di esse, abbiamo trovato un sasso con incisa la

lettera R. Per noi questo voleva dire Rivelazione.

Come rivelatorio è stato tutto il viaggio, forse anche

più forte di tutti gli altri che abbia mai vissuto,

sebbene non si possa definirlo un bad trip in senso

reale. O forse dipende tutto dall'ottica in cui si

guardano le cose.

Ci siamo preparati stendendo a terra dei pareo

tailandesi con disegni psichedelici, ideali come base

di lancio. Abbiamo preso i nostri funghetti tritati e

mescolati al succo d'arancia. La mia dose è stata di 2

grammi, assolutamente inferiore alle volte

precedenti, cioè solo per entrare in sintonia col

viaggio del mio compagno. Eppure non si può dire

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che l'effetto sia stato minore, anzi forse molto più forte

perché mi ha mandato in orbita attraverso tutto

l'universo, lo spazio e il tempo. Da questo fatto inizio a

capire che ormai non esiste più una precisa

correlazione fra quantitativo e potenza di viaggio. E'

come se nel mio cervello, o sistema nervoso, si fossero

aperte delle strade, dei percorsi neurali ampliati, e

ogni volta che mi accingo ad un'esperienza del

genere basta sempre meno per poter andare più

avanti e più veloci su questi sentieri della coscienza.

Il mio amico ne aveva presi 3 grammi, essendo di

corporatura più robusta e di ottima tolleranza ad altri

tipi di sostanze (alcool e marijuana).

Beviamo l'intruglio di funghi e succo e aspettiamo di

iniziare a planare verso altri mondi. Questa volta la

partenza mi è sembrata piuttosto lunga e graduale.

Forse una mezz'ora rispetto ai soliti 15 minuti.

Pochissima nausea, e nell'attesa abbiamo scherzato

sul fatto che fosse tutto uno scherzo, e che in realtà

non sarebbe accaduto niente.

Poi come al solito, ci siamo finiti dentro con tutte le

scarpe.

Come sempre è difficile raccogliere le fila di tutto

quello che mi è passato per la testa, visto che ho

attraversato più o meno tutto lo scibile umano, ogni

forma di pensiero e filosofia, ogni sensazione fisica e

ogni legge di natura, percorrendo più e più volte

l'universo in una giostra caleidoscopica interminabile.

La quercia mi faceva da tetto con i suoi rami contorti

e le verdi foglie, il sole traspariva fra di esse come una

sottile pioggia di luce; ho tolto gli occhiali, perché

una cosa come la miopia non serve quando si inizia il

viaggio. I rami iniziavano ad assumere una

conformazione tridimensionale più profonda, come

se la loro trama si disponesse su molti piani di

profondità. Se quello che vediamo normalmente è la

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65

terza dimensione, quella potrebbe definirsi la quarta,

la realtà che assume dentro di sé il tempo. Era lì e io

la vedevo. Vedevo la trama di materia energia luce

tempo e spazio che formavano tutto quanto era

davanti ai miei occhi. Ho iniziato a baloccarmi con le

leggi del cosmo, la gravità, gli atomi, la relatività

einsteiniana. Mi attraversavano la mente come se

non ci fosse neanche da parte mia una reale

comprensione attiva ma una constatazione di fatto

che le cose funzionano effettivamente così fin nella

loro più sottile essenza. Dalla mia mente veniva fuori

ogni tipo di costrutto intellettuale, supportato di

immagini, forme, suoni, sensazioni come se in realtà

fosse un tutt'uno senza distinzione tra le parti. Il senso

della religione, della scienza, della ricerca mi

attraversava lasciandomi un forte senso di sacralità.

Capivo l'esistenza di ogni legge, del motivo per cui le

cose sono esattamente così come le percepiamo. E

tutto in un singolo enorme istante in cui i miei neuroni

giocavano con la psilocibina. E' solo la droga, mi

ripetevo ogni tanto per non perdere il filo. E questa

sola parola scatenava in me ogni possibile

condizionamento a cui associamo la parola "droga"

fin dall'infanzia. Sentivo le voci di amici e parenti che

consideravano qualsiasi tipo di droga come

assolutamente sbagliato e nocivo per il mio

organismo, non sapendo ciò che di meraviglioso era

invece nascosto in questi piccoli funghetti, e io non

volevo dare retta a loro, sebbene in certi momenti

avessi il dubbio che avessero ragione.

Vedevo il mio sistema nervoso interagire con la

sostanza invadente, atomi e molecole che si

scontravano e creavano mondi. E quel mondo ero io.

E quel mondo era Dio. Forse questa è stata la più alta

esperienza divina che abbia mai sperimentato, tutto il

viaggio intendo. Era come se Dio, o l'Assoluto per

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66

eliminare quel senso di cattolicesimo che mi è tanto

antipatico, non facesse altro che sperimentare la sua

potenzialità attraverso di me, o attraverso il suo Sé. E

in un momento ero un filo d'erba, un insetto che

camminava lì, un farfalla che volava. E questo in un

certo modo dipendeva da dove io ponevo

l'attenzione. Ogni volta che muovevo la mia

attenzione su una cosa o su un'altra ne sperimentavo

l'essenza. E allo stesso modo facevo con le percezioni

fisiche pure. Mi spostavo da un senso ad un altro,

focalizzando ora sul tatto della punta delle dita sul

terreno attraverso il tessuto su cui mi trovavo, ora sulla

sensazione dell'acqua che bevevo e sentivo

scendere dentro di me. Mentre cercavo di ricordarmi

quant'è l'acqua che effettivamente si potesse bere

senza scoppiare. Ora era lo stimolo della pipì, e di

nuovo tornavo a toccare la bottiglia. Sentivo i denti in

tutta la loro fisicità, compattezza, e poi riaprivo gli

occhi e rimanevo sconvolto di ciò avevo davanti gli

occhi. Era pieno di insetti tutt'intorno. Ne avevo sulle

mani, alcuni li schiacciavo senza volere, ed era come

se rimanessero appiccicati e non riuscissi a levarmeli

di dosso, poi vedevo degli strani bruchi sul tessuto,

iridescenti, simili alle processionarie. E l'erba secca

tutt'intorno, che formava delle spirali uncinate

colorate che disegnavano un intreccio fluttuante sul

terreno.

E poi il tessuto stesso con i suoi disegni già psichedelici

di per sé, diventava uno spazio in cui sprofondare. E lì

ci sprofondai. Entrai nella rete del sé e degli ego.

Andai a toccare il più profondo stato di personalità

multiple. Era una rete caleidoscopica infinita che si

estendeva ovunque. Costituita da punti di coscienza

luminosi che avevano credo 5 raggi o filamenti

fluorescenti o lattiginosi che li collegavano ad altri

punti. E in quegli altri punti riconoscevo le altre

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persone che ho incontrato in questa vita. Erano i miei

amici e i miei familiari. E il mio amore. C'era lei, e lei

era la mia guida. La guida per non perdermi da dove

ero, da quel posto così totale e grandioso ma anche

in cui è estremamente facile perdersi. C'era tutto

laggiù, e tutto era luce e colore. Ma avevo così

paura di smarrirmi in questo Labirinto di coscienze. E

allora mi ripetevo chi ero, ripetevo il mio nome e

l'indirizzo di casa mia come un mantra per ritornare a

ricordare chi fossi. Perché lì ad un certo punto non sai

più chi sei, non sei più uno solo, e sei tutti allo stesso

tempo. La vita, la coscienza, l'Universo, non sono altro

che un paradosso di dualità. Tutto è il contrario di

tutto nello stesso tempo. Unità, dualità e trinità. Tutto

sempre insieme uno dentro l'altro. A seconda del

punto in cui ci si mette ad osservare. Ed io ero lì, nel

cuore dell'universo, al centro di dove scaturiscono

tutte le leggi. Il tempo e lo spazio sono nati lì. E non ha

senso misurarli perché da ogni punto cambiano i

riferimenti. E' tutta solo una questione di punti di vista

e di quale coscienza è giudicante in quel momento.

Per cui nulla nella vita è mai vero o mai falso.

Dipende solo in ciò che vuoi credere, nella fede. Sei

hai fede, puoi credere in qualunque cosa e

qualunque cosa diventa vera, reale. Ed è per questo

che si possono manipolare le leggi dell'universo,

perché è la nostra coscienza che le crea nel modo in

cui le vediamo. E le creiamo istante dopo istante

esattamente come le vogliamo vedere. Ho giocato

con la materia deformandola e plasmandola in ogni

forma diversa. Ma sono giochi che non ci sono

concessi qui nella cosiddetta realtà consensuale. Qui,

conosciamo altre leggi, ed il sapere di poterle

cambiare tutte ci spaventa, perché ci fornisce un

potenziale infinito nelle nostre mani. E possiamo

diventare tutto. Un filo d'erba, una coccinella, un

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aereo che vola lontano, tutto. Ogni pensiero, ogni

forma fisica o emozione. Possiamo diventare

veramente tutto e trasferirci da una cosa ad un'altra

con la sola nostra volontà, percependo il tempo da

tutta un'altra ottica. A seconda di come noi vogliamo

che scorra. Possiamo mandarlo avanti veloce,

indietro, o semplicemente bloccarlo e vedere le cose

come sono. E' tutto nelle nostre mani, in nostro

possesso, e il motore di questo "gioco" è la volontà

pura. La volontà di essere ciò che si è più di essere

qualsiasi altra cosa. E' tutto in bilico fra paura di

perdersi e volontà di esprimere ciò che si è.

Riemergevo in certi momenti da questa realtà nella

realtà, ma mi bastava soffermarmi sulla trama del mio

vestito bianco di cotone per ricaderci dentro.

Vedevo i fili bianchi che si ingrandivano, diventavano

lattiginosi e luminescenti, dai colori cangianti, e poi si

aprivano ad imbuto, si allargavano e mi lasciavano

entrare come un flusso di pensiero, risucchiandomi di

nuovo nell'altra realtà. E di nuovo mi trovavo nella

rete, la rete di circostanze e presenze che mi rendono

quello che sono. Ma chi sono? Chi ero in quel

momento? Non ero più niente. Più volte ho letto in

altri racconti di viaggio dell'ego death, la morte

dell’Io. Ma non sapevo che fosse quello in cui mi

trovavo in quel momento. Perché da un lato è vero

che non ero più quello che sono, ma forse ero molto

di più e non molto di meno. A volte abbiamo paura

della morte perché abbiamo paura di perdere. E non

sappiamo che invece potremmo trovare molto di più

di quello che non abbiamo già. Perché al di là della

barriera che noi chiamiamo morte, si trova il tutto e

non abbiamo altro che la scelta di tornare ad essere

ciò che vogliamo. Questa è la legge del Cristo e del

Buddha. E io ero in quel momento il Cristo e il Buddha,

e tutti gli illuminati che fin dal principio dei tempi si

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sono chiesti il perché delle cose. Ho trasceso ogni

legge, ne ero padrone e schiavo allo stesso tempo.

Ero io che creavo le leggi e poi le seguivo, per poi

eluderle nuovamente e crearne altre. Mi sottoponevo

alla legge universale e ne ero il suo artefice. Questo è

il grande paradosso del Tao. Tutto e il suo contrario

ad ogni istante, quando il senso di un istante è tutto il

tempo che si può immaginare.

E dallo stato di Assoluto di nuovo nasce il ciclo delle

cose. Tutto si ripete ciclicamente, tutto continua ad

andare avanti come lo conosciamo, come vogliamo

che le cose tornino ad essere. Cambia l'esteriorità,

ma l'essenza è la stessa. Si evolve la tecnologia,

impariamo ad usarla in nuovi modi, ampliamo le

nostre forme mentali, ma sono solo nuovi inganni che

l'Assoluto adotta per promuovere la conoscenza di

sé. Inganni e verità allo stesso tempo. E' verità ciò che

riteniamo tale, e in quest'ottica non esiste differenza

fra memoria e immaginazione, tutto si confonde, e si

torna a rivivere ogni frammento della propria

esistenza in una serie di rimbalzi concatenati della

coscienza. Da un ricordo ne viene un altro, poi

torniamo ad una sensazione fisica, poi un suono,

un'immagine, una fantasia. E' una rete in cui ci si

perde, pur essendone i padroni. A seconda di come

muoviamo la nostra attenzione, l'Assoluto segue

questo intricato viaggio con noi, in un immensa

danza cosmica. E allora ci appaiono ovvie tutte le

descrizioni del mondo che finora abbiamo

conosciuto, ogni libro letto o film visto prende un

nuovo senso, si riveste di nuove simbologie. E ci

appaiono segnali di quello che riusciamo a

comprendere in quel grande istante di fusione col

tutto. Ogni schema di pensiero, ogni concezione

filosofica, o religiosa, diventa vera perché è solo un

modo diverso di raccontare la stessa cosa vista ogni

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volta da un punto di vista diverso. Dagli infiniti punti di

cui è costituito l'assoluto. Ma a sua volta l'infinito non

è una linea retta, ma un ciclo. Una sinusoide frattale

che si ripete su diverse scale, sempre uguale a se

stessa ma diversa. Sinusoide perché vive nella dualità,

nello spostamento fra un punto ed il suo opposto,

nell'accordare verità ad un'asserzione ed al suo

contrario. Frattale perché ogni verità è chiusa dentro

l'altra. E' un intero mondo fatto a buccia di cipolla.

Dopo ogni strato se ne trova un altro e poi uno

ancora, opposto al primo. E poi ancora troviamo la

sintesi, e poi ancora la dimenticanza per poi ritornare

alla fonte della conoscenza. Torniamo al caldo per

ricordare il freddo, torniamo al freddo per ricordare il

caldo. Viviamo nel ricordo e nell'esperienza delle

cose. Un tunnel dentro l'altro con sempre nuove

strade da imboccare, nuove possibilità. E allora

capisci che l'India non è solo un paese dell'Asia, ma

un posto nella mente che puoi visitare se tu davvero

vuoi. Se tu vuoi viaggiare stando fermo in un posto.

Puoi farlo in ogni momento, tornarci più e più volte e

ogni volta ricordare un frammento diverso. Devi solo

volerlo e credere nelle tue possibilità. Nella possibilità

che ti è data di sperimentare qualunque cosa tu

voglia. E allora dov'è il problema? Se tutto fosse così

facile, così semplice, dove è il grande problema?

Nella dualità. Esistono le leggi e i modi per cambiare

e plasmare la materia e l'energia nella forma che

vogliamo. Questa è la conoscenza suprema,

assoluta. Ma per controbilanciare questa, esiste

anche la dimenticanza, ciò che ci fa essere uomini

inconsapevoli su questa terra. Perché è solo

dimenticando che possiamo tornare a ricordare. E'

solo scomparendo che possiamo tornare ad esistere.

E' una pulsazione cosmica che si ripete uguale ma

diversa. Ed esiste la paura di smarrirsi e di dimenticare

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per sempre tutto quanto solo perché non abbiamo

avuto la fede.

Io ero lì sotto quella quercia, e vivevo chiuso in questo

nodo universale. Solo una domanda risuonava nella

mia testa: chi volevo tornare ad essere? Quello che

ero prima di assumere i funghi. Ma la strada di ritorno

dall'infinito è lunga e i bivi che ti si aprono davanti

sono moltissimi. Ogni volta hai due o più possibilità e

sta a te scegliere quella che vuoi. E per non perderti

in questo dedalo, esiste una sola unica e infallibile

guida. L'amore. Il mito dell'amore che non è solo uno

scompiglio sensuale del corpo e della mente. E' lo

spirito e la forza che guida l'universo in questa danza

cosmica. E' la luce, e quindi l'energia e quindi la

materia scendendo sempre più verso i regni a noi più

familiari.

Questa volta sapevo che avevo questa guida. Era il

sole davanti a me che splendeva fermo nel cielo.

Fermo in un'ora senza tempo. Ed era anche nel suono

che si ripeteva costantemente tutt'intorno a me. Era il

nome del mio amore. Il mio amore terreno, ma in

quel momento era il mio aggancio per tornare sulla

terra come la conosco. Il mio punto fermo, il faro

nella tempesta. La stella polare nel buio della notte.

E con questa guida ho cercato di tornare indietro,

sotto quella quercia dalla quale ero partito. E allora

ho spinto la mia volontà percorrendo a ritroso tutto

quello spazio che avevo attraversato fino a quel

momento, tornando a sperimentare di nuovo tutte le

sensazioni delle cose che mi circondavano.

Ogni bivio sapevo dove mi avrebbe portato, e

lottavo contro la paura per non imboccare quello

sbagliato, e finire in un mondo che non era quello

che volevo. Mi smarrivo nelle sensazioni. Avevo la

bocca impastata di sangue. Perlomeno quello era

quello che credevo in quel momento. Mi sentivo il

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sangue in bocca, volevo bere, sapevo che l'acqua

faceva bene, ma l'acqua era finita. Non so quante

volte ho pensato di poter bere l'acqua e poi mi

rendevo conto che non c'era più. Avanti e indietro

come un videoregistratore. Poi tornavo al sangue.

Cos'era quel sangue che sentivo? Come un lampo mi

attraversava la mente che quel sangue era il sangue

che versava il mio corpo in un incidente di moto per

strada da qualche parte là nel buio. No, non era

quello l'universo a cui volevo tornare. Avevo paura di

iniziare a ricordare quel mondo in cui la mia vita finiva

per un incidente stradale. No, no, non è quello. Di

nuovo cercavo di imboccare un'altra strada.

Chiamavo il nome del mio amico incessantemente

per riportarmi alla realtà e rendermi conto che era

ancora l'effetto della sostanza nel mio corpo. Sì, è

vero, ho preso i funghi. Ora ricordo. I funghi… la

droga. E' solo la droga che mi fa questo effetto. Ma

se fosse stata troppa? Se non potessi tornare indietro?

Il mondo non vuole che si prendono droghe. Ho

trasgredito le leggi umane, le leggi dei padri. Ho

voluto farlo, mi sono spinto troppo oltre, mi sto

perdendo in un universo in cui non so chi sono, non so

dove voglio tornare. No, non lì dove mi schiantavo.

Poi passa un aereo, e sono su quell'aereo, e so che se

ci penso troppo potrei ritrovarmi su quell'aereo per

schiantarmi da un'altra parte. No, devo essere forte,

tornare indietro, ricordare. Guardo il sole, il sole è la

mia guida.

L'amore. Non mi accadrà nulla che non voglio. Sono

solo i funghi. E di nuovo il ciclo si ripete, e si ripete

ancora. Basta, basta, è un ciclo, l'ho capito, voglio

uscirne. Quanto manca? Quanto tempo è passato?

Cos'è il tempo?

Cerco l'orologio, lo guardo. Non capisco cosa sto

guardando, cosa cerco di capire. Sì, il tempo. Come

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si legge il tempo. Le lancette. Cosa sono, come

funzionano? Non riesco a ricordare. Il mio amico mi

guida. Disegna un orologio su un quaderno. Non so

se è più fuori lui o io. Lui scrive, scrive tanto. Vedo

pagine e pagine scritte. Le scritte ondeggiano

multicolori sulle pagine, scompaiono e riappaiono. La

matita va avanti e indietro. Le scritte rientrano nella

punta. E' tutto vero, è tutto falso. Non so più dirlo. E di

nuovo imbocco un corridoio di pensiero. Porte,

corridoi, stanze. Qual era quella giusta? Mi scappa la

pipì. Un pensiero vero, un'esigenza reale, fisica, del

mio organismo. Penso alle leggi di natura. La legge

che governa la salute, il giusto equilibrio in tutte le

cose. La chimica del nostro funzionamento. La

sostanza nel mio corpo che mi sta facendo provare

tutto questo. Ecco dov'ero. I funghi… e ci sono da

capo. Di nuovo sto ripercorrendo tutti i sentieri. Aiuto,

non ce la faccio più. E' la giostra cosmica, tutto, si

ripete, sempre più veloce. Voglio scendere. Si, il

tempo. Prima o poi finisce tutto. Ma quanto è

passato? Che ore sono? Torno all'orologio. Stavolta

ricordo qualcosa. Leggo il quadrante, sono le cinque

e mezza. Sono circa 4 ore che stiamo viaggiando

oltre la velocità della luce, oltre il pensiero.

Ma ancora la strada è lunga. Ancora posso smarrirmi

molte volte. Alcune volte i pensieri si ripetono uguali,

altre volte cambiano piccoli particolari che mi fanno

ritrovare la via di casa. E allora mi confondo

passando in rassegna le leggi umane, la morale e

l'etica. I rapporti umani passati, i legami, i pensieri

altrui. Il sesso con uomini e donne, ciò che è giusto e

ciò che è sbagliato. Sperimento tutte le ottiche e

capisco che nulla è mai né giusto né sbagliato.

Semplicemente è quello che è, e ha il senso che

vogliamo dargli.

Il mio amico mi dice: è tutto così semplice. Già. E'

Page 74: Viaggi psichedelici

74

tutto così semplice come questa foglia davanti a me.

E' una foglia di felce, con la sua struttura a frattale. Si

apre davanti ai miei occhi e il frattale si ripete, il

viaggio rinizia, o meglio dire, continua su nuovi

pensieri e nuove sensazioni. Aiuto mi sto perdendo di

nuovo in un turbinio di salti fra realtà e

immaginazione. Chi sono? Torno con la memoria allo

studente che ero, un mondo lontanissimo di cui ora

non c'è più traccia. Non è quello il mio mondo, le

cose sono cambiate, si va avanti. Fantasmi del

passato ritornano a trovarmi. Persone smarrite,

perdute che hanno preso vie diverse. Ognuna

portava con sé la sua verità. Ognuno in cerca di

riscontro. Cerchiamo di parlarci, di comunicare

quello che siamo. Ognuno è una cosa diversa ma

siamo tutte le cose. Comunichiamo usando tutti i

mezzi possibili e immaginabili, l'arte, la musica, ogni

poesia non è che un frammento di questa realtà che

cerchiamo di riportare quando torniamo a casa. Che

ci tramandiamo facendo rimbalzare ogni cosa fra

un'esistenza ed un'altra, nell'immensa storia

dell'umanità. L'umanità è una, ed è legata alla terra

che è la nostra casa, ma anche il nostro corpo

spirituale. La massa che ci lega. E allora un lampo

improvviso di comprensione. La materia subisce la

legge di gravità, e anche le anime lo fanno. Tutte le

anime umane sono attratte dall'anima della terra. Da

questo grande masso di vita che è sotto i nostri piedi.

Che dovremmo amare e rispettare perché non siamo

altro che noi, le nostre possibilità, il nostro passato e il

nostro futuro. E questa forza spirituale di gravità ci

tiene legati gli uni agli altri. In una grande rete di

relazioni fra anime e coscienze. Ci reincarniamo su

questa terra perché è lei che ci attrae e ci impedisce

di reincarnarci in altre esistenze di altri sistemi solari. Ci

tiene legati a questa rete di realtà, ma non perché

Page 75: Viaggi psichedelici

75

non sia possibile allontanarsene. Ma solo perché la

forza di gravità spirituale è più forte della nostra

volontà. Altrimenti potremmo andarcene in giro per il

cosmo a vivere ogni esistenza di ogni pianeta che

possiamo concepire. O addirittura altri universi in cui

la legge di gravità non è come la conosciamo qui

ma si chiamerà legge di appiccicosità, come tutti

questi insetti che mi trovo appiccicati addosso. Ecco

ci siamo di nuovo, sono tornato di nuovo al principio.

Non ci posso credere, ma quando finisce? Ne voglio

uscire, adesso. Adesso. Scuoto la testa, ma niente, il

viaggio dentro continua. Chiamo il nome del mio

amico, e tutto riparte, come sempre, sempre uguale.

E' il mind loop. Come pochi altri nella vita. Ho paura

ma so che se ne verrà fuori. Devo riconcentrarmi sul

sole. Mi alzo. Finalmente qualcosa è cambiato. Mi

muovo, muovo il mio corpo su questa terra. Qualche

legge sta tornando in sé. Faccio qualche metro verso

il sole. Sono vestito di bianco, la luce è accecante.

Sono il Cristo che torna verso il suo Dio padre. Ho

raggiunto l'illuminazione. L'eterno si è svelato. E' un

attimo. In cui ti ricordi di come quella volta

camminasti sulle acque. Non è difficile se la tua fede

è così forte da aprire il cielo. E il cielo è lì, azzurro con

questa palla infuocata immobile a guardarmi. E' tutto

lì. La risposta a tutte le domande.

Poi si ritorna. Si inizia a ricordare. Ricordo che in

qualche tempo lontano dovevo fare pipì. Sono lì in

piedi e faccio una pipì interminabile. Quanto liquido

può contenere il mio corpo? Quanto ancora? Tutta

l'acqua che ho bevuto prima, ora riesce. L'acqua. Ho

sete ancora. Ricordo e di nuovo afferro la bottiglia di

plastica. Mi trovo punto e d'accapo. Mi smarrisco

eppure ogni volta è più facile uscirne. Basta seguire il

cuore. E lei, il mio amore. E' qui tutt'intorno nella voce

della natura. La sento, riecheggia come in una

Page 76: Viaggi psichedelici

76

grande festa. C'è festa qui intorno, sento voci, cori. E

tante moto che passano, e macchine. Traffico. C'era

una strada qui vicino. O è la strada dove giace il mio

corpo sfracellato per un incidente? Il sangue, sento

ancora il sapore di sangue. Tutto è ciclico si ripete

ancora. Mi scappa di nuovo la pipì. E sono lì in piedi

davanti al sole. Qualche cosa è cambiato ancora.

Ora ricordo.

E' così si va avanti, per momenti interminabili di

ciclicità. E ti viene da pensare che ogni filosofo, ogni

artista o religioso abbia vissuto una qualche

esperienza psichedelica e ne abbia raccontata solo

una parte. Quella che amava di più.

Così anch'io dopo aver percorso tutto il percorribile,

mi trovo a sceglie di nuovo chi sono grazie all'amore,

per poter tornare indietro nel Labirinto. C'è lei. E' vero.

Ma c'è anche qualcos'altro. Un'altra presenza abita il

mondo in cui voglio tornare. E' mio figlio. Il figlio che

non ho, che vivrà nel mondo in cui io voglio tornare.

E' il mondo in cui un padre racconterà al figlio tutta la

sua esperienza, tutto l'infinito che ha percorso per

poter dare vita a lui. Questa è una luce grande, forte

che mi aiuta a tornare indietro, verso dove vuole la

mia volontà. La volontà di appartenere a questa

terra e tramandare la conoscenza di padre in figlio,

così come da sempre impariamo dai padri e

insegniamo ai nostri figli, e siamo noi stessi figli e padri,

perché queste sono le leggi degli uomini. E padre

non è chi ti genera per il suo seme, ma chi ti

trasmette la sua conoscenza. Come madre è colei

che ti da l'amore. La mia donna, amore e madre, mia

madre e mio padre, ogni persona che ho incontrato

è insieme padre e madre e figlio per ogni altro essere

vivente. Di nuovo la rete. La gabbia. Non se ne può

uscire ma neanche entrare. Non c'è dentro ne fuori.

Dualità. Tutto è dualità.

Page 77: Viaggi psichedelici

77

Frammenti. Ricordi. Tanto altro prima di tornare ad

essere quello che sono.

Il mio caro amico mi è accanto. Dice o scrive cose

assurde. Mi è compagno, supporto, padre e madre.

Sento il bene che gli voglio. E' il bene che dovremmo

volere a tutti sempre, perché è solo dualità. Perché lui

sono io, lui è Dio. E io amo il Dio che vedo in lui, sento

la luce, il calore, la forza e l'amore. L'amore spirituale

che diventa fisico. Che diventa sesso. Energia di carni

che si uniscono e si danno piacere. Il piacere è tutto.

La ricerca del piacere è la ricerca di sé. Capisci cosa

sei quando sai cosa ti piace. Penso ai nostri corpi in

una danza sessuale. Ma poi vengono i

condizionamenti umani, ciò che è lecito e ciò che

non lo è, ciò che è immorale a seconda dei punti di

vista. La morale, i giudizi altrui, li vedo come

costruzioni fasulle e prive di verità. La nostra vera

natura è di amarci l'un l'altro ma c'è così tanta paura

di mostrare sé stessi, nudi e pieni di verità. Nudo.

Voglio essere nudo. Spogliarmi dei miei vestiti e vivere

della semplicità del solo corpo umano. Mi levo la

maglietta, fa caldo sono sudato e appiccicoso.

Riesco a levarmi anche le scarpe e un calzino, ma

poi mi perdo ancora. Mi smarrisco nei meandri dei

miei pensieri. Mi stringo in posizione fetale, sono nudo

nell'immaginazione. E il mio è il corpo di un bambino

che regredisce fino a tornare nell'uovo. Tutto scorre

indietro ancora una volta. L'avanti e indietro sono

solo vuoti punti di riferimento. Ma io voglio tornare.

Dovunque io sia voglio tornare. Ora è freddo. Ah, sì.

Ora ricordo. Mi sono levato la maglietta. Voglio

rimetterla perché ho freddo. Ma anche freddo è

caldo sono solo sensazioni a cui se voglio posso

mettere fine spostando la mia attenzione su altro. In

fondo è tutto così semplice, vero amico mio?

Semplice e intricato tutto insieme.

Page 78: Viaggi psichedelici

78

Sono sdraiato. Il mio peso sulla terra. Respiro. Devo

ricordarmi di respirare. Sento l'aria uscire ed entrare

dal mio corpo. Fa bene. E' vita. E segue le leggi di

natura. Sono immerso nella natura. Che bella la

natura, il sole, gli alberi, le farfalle. Lo stesso strano

uccello dell'inizio. Nella natura nulla può accaderci di

brutto. Io non ho paura. Non devo aver paura di

niente. Devo andare in fondo alle cose, le cose

vanno affrontate. Non si può rimandarle a lungo,

tutto torna se non lo si affronta. E allora torno a

pensare che devo affrontare il fatto che io mi sia

davvero schiantato su quell'autostrada. No, no e

ancora no. Devo chiamare lei. Devo uscirne, ma non

in quel modo. Cerco il telefono. Non c'è campo.

Eppure sono in un campo. Un campo della natura.

Paradosso della terminologia. Dei sensi delle parole.

Ironia. Una battuta che crea un sorriso. Il mio amico è

lì a sostenermi ogni volta che mi smarrisco. E ridiamo,

diciamo cose senza senso, deliri incredibili da cui ogni

tanto la coscienza emerge per dirci: ma cosa cavolo

stiamo dicendo?

Sembra che stia per finire, ad ogni momento sembra

di poterne uscire fuori. Il ritmo rallenta, si torna a

prendere confidenza con ciò che definiamo

maneggevole. Pensieri più comuni, allacciare le

cinture, si sta atterrando. E' un atterraggio dolce in

fondo. C'è il sole, l'aria è tiepida e piacevole. Sto

bene. Niente di rotto questa volta. Il piacere delle

semplici cose, di quando si sta al mare stesi al sole a

non far niente. Quand'era? Ah si. Era ieri. Eppure

sembrano mille anni fa.

Si torna, ma in fondo non se ne è mai veramente

fuori. E' solo una diversa percezione delle cose.

Anche ora mentre scrivo, vengo attraversato da altri

mille pensieri, faccio telefonate, sento altre voci, altri

mondi lontani che entrano in contatto col mio. E poi

Page 79: Viaggi psichedelici

79

torno di nuovo su queste righe, dove potrei

smarrirmici per sempre e rimanere bloccato qui

dentro fra pagine e pagine che scorrono come un

flusso ininterrotto di coscienza e allora capisci Joyce

anche se non l'ho mai letto capisci tutta la ricerca

che è stata fatta fino adesso dall'uomo perché in

fondo anch'io sono stato Joyce e ho provato tutte le

cose che ha provato lui e se solo volessi potrei tornare

a provarle con un grande sforzo di volontà oppure

anche solo aprendo un suo libro perché è li che lo

ritroverei con i suoi pensieri e le cose in cui lui credeva

perché tutto è stato scritto e attraverso lo scrivere

comunichiamo la nostra conoscenza attraverso la

parola comunichiamo altri mondi e tutto ciò che c'è

da sapere e così con l'arte e ogni forma di

espressione di sé del proprio sé del sé che anima tutte

le cose ed è il più grande sé che esprime sé stesso

attraverso di noi come noi esprimiamo noi stessi nei

modi che conosciamo ognuno secondo le sue

diverse inclinazioni o volontà un canto una voce

lontana un suono un gesto un emozione tutto quello

che vogliamo lo possiamo materializzare proprio ora.

Adesso.

Tutto rimane scritto, e tutto scorre. La storia va avanti

e siamo noi a spingerla, mentre ne veniamo spinti

dalla forza immortale che ci anima.

E se andando avanti non farai altro che trovare le

stesse cose ripetute e ripetute centinaia di migliaia di

miliardi di volte non stupirti, perché è un gioco che

non ha mai fine, a meno che tu veramente lo voglia.

Allora potresti porre fine alla tua esistenza, con un

suicidio, e quante volte ci hai pensato. Ma non faresti

che ritrovarti che dall'altra parte dell'imbuto. E ti

troveresti di nuovo a dover percorrere altre vite e altri

percorsi per la sola esigenza di esprimere quello che

sei. Per cui tanto vale di tenersi questa vita, e

Page 80: Viaggi psichedelici

80

trasformarla già nella cosa più alta che sogni, visto

che ne hai i mezzi in ogni istante. Pace in terra agli

uomini di buona volontà. Una volontà forte e guidata

dall'amore, perché solo così puoi non smarrirti. Non

perché perdersi sia un male. Perdersi serve solo per

potersi ritrovare. Ricordi la danza? La dualità. Non ne

puoi uscire. Proverai enorme ed infinita solitudine. Ti

sembrerà di essere chiuso in un recinto dalle mura

altissime e invalicabili, ma poi si aprirà un pertugio

nella tua mente e troverai di nuovo la strada verso la

compagnia di altre anime amanti in cerca di te per

ascoltare quello che tu hai da dire. E allora ritroverai

gioia, amore e felicità. Perché è quello che da

sempre stiamo cercando e a cui apparteniamo.

L'unico inferno è quello in cui non ti ricordi la via di

casa per tornare da dove sei venuto. L'unico inferno

è l'ignoranza. E l'unico paradiso è la verità. E la verità

è che noi non esistiamo, se non finché ci va di

esistere. E io voglio farlo ancora per raccontare ad

altri la mia verità, per guidarli verso la luce e far

trovare loro la strada di casa. Perché io sono il Cristo,

il Buddha, il liberato. Ma voi mi prenderete per pazzo,

per un folle drogato visionario, per uno che ha voluto

rompere tutte le regole e si è bruciato il cervello. E io

vi amerò lo stesso, anche il giorno in cui mi deriderete

e mi porrete sulla croce per poi adorarmi nei millenni

a venire. E' questa l'ironia delle cose, l'ironia del

mondo. E allora sorridete, perché non c'è scampo, ci

siamo tutti dentro, nessuno escluso. Oggi sono il tuo

Cristo, domani sarò il tuo Giuda. Ti ingannerò e

tradirò, e poi ingannerò me stesso impiccandomi ad

un ramo, e tornerò all'origine. E così ognuno di voi

quando sarà il vostro turno, e poi tutti insieme, un

giorno, ci accompagneremo verso la luce per poter

spiccare un grande salto. Il salto di un'umanità

evoluta che ha trasceso la dualità. Ma la dualità è

Page 81: Viaggi psichedelici

81

solo la forma in cui noi umani vediamo le cose.

Perché oltre le stelle, esiste una e una sola cosa.

Chiamatela come vi pare, ogni tempo da il suo

nome. Ma è lì che prima o poi dopo aver tutto

compreso, tutto vissuto e sperimentato, noi

torneremo.

Per iniziare un altro e profondo viaggio dentro noi

stessi. Alla scoperta di chi siamo. E poi di nuovo le

scatole cinesi si schiuderanno una dentro l'altra

all'infinito per ripercorrere tutta la strada fatta fino a

questo momento. E ritrovare me stesso.

Che botta. Che viaggio co' 'sti funghi. Ma sto

tornando, sto planando dolcemente a bassa quota

per tornare quello che ero, e restarci.

Sì, sono proprio io. Più folle, o consapevole di prima

non so. Mentre atterravo dicevo sempre: meno male

che si dimentica, perché come si potrebbe ricordare

tutto ciò? Eppure in larga parte è qui nero su bianco.

Un viaggio nel cosmo e dintorni. E io di nuovo sotto il

sole immobile di un pomeriggio di giugno. La natura

riprende il suo corso. Tutto torna ad essere come è

sempre stato, amabile. Forse si hanno più dubbi di

prima. E' stato tutto un sogno? Ma in fondo poco ci

importa. Ormai sappiamo che non c'è differenza fra

sogno e realtà, ma l'importante è che sia finita bene.

Io e il mio amico che torniamo a comunicare. E'

come un tappo di citrosodina che cade dal settimo

piano dice lui. Non ha senso. Ma è lo zen. Non si può

capirlo. Il dubbio è sacro e va rispettato. Ogni nuova

domanda che l'uomo pone, avrà per risposta un

nuovo dubbio, e così via. E' il ciclo no? Per questo

non ci resta che accettare le cose come sono e

amarle, senza mai smettere di avere dubbi e

domande su tutto.

Così risento la mia voce che suona nel mio corpo, è

familiare e mi riporta a casa, nella conversazione con

Page 82: Viaggi psichedelici

82

un amico. Un po' folle, fuori da ogni logica. Ma per

noi è la logica dell'aver condiviso una grande

esperienza. Un grande viaggio di coppia. Non so se

sono stato io il suo maestro o lo sia stato lui. Ci siamo

aiutati a vicenda a uscirne nuovamente. Anche se

ogni tanto piccoli dubbi rimangono che siamo

ancora dentro ad un sogno. Anche ora a 24 ore di

distanza dagli eventi sotto le querce.

La quercia che mi sovrasta e mi fa da tetto, con i suoi

rami contorti e le verdi foglie che hanno ancora una

conformazione tridimensionale più profonda, come

se la loro trama si disponesse su molti piani di

profondità.

Ricominciamo? No, stavolta è uno scherzo. Stavolta

sono veramente tornato.

Mi alzo e giro intorno alle querce. Cammino

respirando ad ampi polmoni, risento la mia coscienza

che riprende forza e mi da voce. E dice cose totali.

Cioè fuori dai dubbi, fuori da ogni incertezza. Stiamo

parlando, dialogando come due guru che al

massimo del loro cammino evolutivo parlano in un

codice figurato incomprensibile ma che racchiude il

segreto dell'universo. Ci teniamo a braccetto

percorrendo altri sentieri, volgendoci verso il mare

all'orizzonte. E' tutto molto reale adesso. Siamo

veramente tornati.

Ma il bello del viaggio è quando si torna a casa, e di

nuovo si percorre un viaggio dentro al viaggio. La

condivisione dell'esperienza davanti ad un piatto di

pesto, riallacciando le trame dei pensieri e dei

momenti vissuti.

Emergono discorsi di un'ampiezza inaudita,

intrecciando filosofia a religione a scienza all'arte. Si

aprono connessioni fra le parti, salti di senso e

intuizioni improvvise. Ma i pensieri si ripetono anche

ossessivamente, e si ha l'idea che tutto quanto sia già

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stato pensato, vissuto, sperimentato, da noi stessi o

anche da altri, in altri tempi e spazi.

Arriva la stanchezza, la voglia di un letto in cui

riposare, e la coscienza che il viaggio è ancora

lungo, e ancora devo attraversare la notte su quella

moto sulla quale ho pensato di schiantarmi un sacco

di volte. E allora con tutto il coraggio di chi vuole

affrontare l'ennesima prova, mi metto a cavallo e

vado a fendere il vento. Le macchine, le luci, la città.

La civiltà. Un labirinto di strade in cui bisogna

interpretare cartelli e segnali che ci indicano la via. Ci

si riperde e sembra che il viaggio non abbia mai fine,

ma poi si raggiunge il benzinaio. Si ritrova familiarità

con i piccoli gesti quotidiani, i soldi, le cose normali di

tutti i giorni che tanto detestiamo, e che in quel

momento ci sembrano così care.

E via, di nuovo sul serpente nero a seguire la linea

bianca. 70 chilometri verso casa, perdendomi dietro

ai pensieri e alle musiche che ho in testa. Ripensando

al viaggio e cercando di ricomporre le tessere di

questo vasto mosaico. La realtà è frattale. Lo dico

sempre, ma ora che lo penso appare un cartello con

la scritta "frattali" che indica un negozio di lampade. E

poi le chiamano coincidenze. La realtà ci parla e ci

dà segnali, cerca di ricordarci in ogni momento

quello che siamo. E' solo che ne perdiamo il codice,

dimentichiamo il linguaggio del mondo. E io ancora

che scorro sulle mie due ruote in cerca di me.

Interminabile. Ma quando c'è volontà, si arriva

sempre ad una metà, e così dopo aver ripercorso i

sentieri dell'infanzia, dell'adolescenza, mi ritrovo

maturo a salire le scale di casa. Ritrovare le cose che

ho lasciato, i vestiti per terra come i piatti da lavare. E

fanno bene perché niente è cambiato. Eppure sì.

Qualcosa dentro lo ha fatto. Sono sempre io, eppure

non so bene chi sono. E nel dubbio un bel bagno

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caldo per dimenticare.

Ed infine… il sonno.

La nottata è passata, con una pesantezza di testa, un

po' di agitazione e qualche fantasma di ciò che mi

aveva attraversato la mente. Ma la stanchezza ha

prevalso sopra tutto, per cui ho cercato di riposare il

più possibile.

Al risveglio il giorno seguente, ero abbastanza sveglio

e vivace, ma con una sorta di peso nel cervello.

Avevo proprio la sensazione di avere una massa

densa dentro al cranio che mi pesava portare in giro.

Ma ero molto lucido e neanche troppo confuso, forse

addirittura euforico. Il corso dei pensieri era meno

ossessionante della notte prima, ma rimaneva la

traccia di flusso ininterrotto e instancabile. In molti

momenti cercavo di mettere termine a questa voce

interminabile che portava avanti i suoi discorsi, con

uno sforzo di concentrazione mentale sull'assenza di

pensieri.

Alla fine sono riuscito anche a scrivere tutto il mio

resoconto, che come un fiume passava dalla mia

mente attraverso le dita che saltellavano

velocemente sulla tastiera come se non ci fosse

neanche un processo di mediazione, ma fluisse

direttamente così come veniva.

La notte successiva è stata invece più fastidiosa per

certi versi. Pensieri ossessivi e ripetitivi che mi

rendevano il sonno impossibile se non solo agitato.

Anche la notte seguente ha avuto i suoi pensieri in

stile trip, ma molto più docili, a semplice livello di

sogno, fantasie oniriche indefinibili.

Quello che mi interessa analizzare è invece un

cambiamento nella percezione del mondo e delle

altre persone. Ho provato una forte empatia con

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varie persone e grande capacità di dialogo. Grande

emotività, e continuo riscontro di "coincidenze" fra

cose accadute e scambi con persone. Piccoli

dettagli che acquisivano un senso molto particolare.

Invece per quanto riguarda il mondo materiale e le

sue leggi, ho alcuni momenti di percezione diretta

della realtà in termini di energia piuttosto che di

materia. Come se leggessi gli oggetti in termini

energetici piuttosto che puramente solidi. Ma mi

rendo conto che è una sensazione molto sottile da

poter comunicare. C'è anche una forte tendenza a

ridimensionare l'apertura mentale offertami dal

viaggio, cioè una spinta verso un comune

materialismo per cercare di ridurre la componente

mistico-religiosa del viaggio, ed interpretare il vissuto

in termini di pura reazione chimica fra psilocibina e

neuroni nello scambio sinaptico. Anche se comunque

il mistero di come questo possa accadere sia

effettivamente quell'ennesimo dubbio che rispetta la

sacralità della ricerca.

Ora sono qui. Aria fresca è entrata nelle stanze, ha

portato cambiamento, refrigerio. Ma ora che le

finestre sono di nuovo chiuse, la polvere lentamente

torna a depositarsi nella stanza della mente. Ed è

difficile mantenere lo specchio così puro e pulito da

riflettere solo il sé, senza lasciare che le cose

quotidiane non lascino le loro tracce opache.

Bisogna essere vigili, svegli e ricordare. E farlo tutto il

giorno, tutti i giorni, fino a che non saranno più i

funghi a portarci lì, ma saremo noi a portare di qua il

mondo meraviglioso che abbiamo dentro.

Page 86: Viaggi psichedelici

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Riflessioni sulla quinta esperienza

La quinta esperienza è stata un riappacificamento

con l’esperienza fungina, rispetto al viaggio

precedente, sebbene ciò che per me rimane

estremamente difficile da digerire è proprio l’intensità

dell’esperienza stessa sotto il punto di vista

coscienziale.

Questo viaggio è stato il viaggio mistico per

eccellenza, il viaggio filosofico, il viaggio che ha

messo davanti alla mia coscienza tutto quello che

sono e che ho imparato in questa vita. Tutti i libri letti

e le verità apprese, si sono riversati come un fiume in

piena uno dopo l’altro confrontandosi, senza mai

trovare contraddizioni, ma semmai apparendo come

sfaccettature di un’unica verità che veniva osservata

attraverso filtri diversi.

La difficoltà per me è rappresentata proprio

dall’intensità delle rivelazioni mentali che

velocemente si proiettano sullo schermo della mente,

perché non hanno la leggerezza dei pensieri, ma è

come se tutta la mia coscienza si espandesse in

quelle riflessioni per acquisire un peso e un’enormità

dalla quale mi sento schiacciato. Come se nella mia

piccola mente ordinaria, volessi riversare un oceano

di percezioni universali e assolute e le pareti stesse di

essa venissero scardinate completamente.

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Sesto viaggio psichedelico con i funghi

28 giugno 2003

Eccomi reduce dal mio ultimo viaggio oltre i confini

dell'io. Un viaggio intricato e misterioso più degli altri,

orrorifico ed estatico, terribile e divertente, nei regni

del fantastico e della psiche umana.

Per strada il tempo era stato burrascoso, acqua e

grandine a non finire, code sull'autostrada, e tutto il

nostro entusiasmo smorzato da questo tempo grigio e

autunnale. Sembrava impensabile aver lasciato

dietro di noi un sole assoluto, per ritrovarci nel bel

mezzo di una fresca giornata di ottobre.

Ma già quando eravamo vicini alla meta nuvole più

leggere si libravano nell'aria. Fra queste due che

rappresentavano incredibilmente un enorme e

gigante fungo, simile a quello di Hiroshima. Non mi

era mai capitato di vedere una nuvola verticale!

Il viaggio comincia alle 18,35 di un sabato nuvoloso,

al bordo di una piscina nel cuore dell'Umbria. Il cielo

ora parzialmente rischiarato, aspetta che noi

entriamo nel vivo dell'esperienza.

Siamo in tre, e stavolta tutti con almeno altre due

esperienze alle spalle. La mia ragazza, e mio cugino

sono gli altri due viaggiatori, e fra tutti e tre c'è una

bellissima empatia generalmente.

Prendiamo circa 2-2,5 grammi a testa, tritati

finemente nel succo d'arancia.

Beviamo il tutto e ci sediamo su delle sdraio in attesa

delle prime manifestazioni. Questa volta è iniziato

velocissimo. Già dopo appena 10 minuti mi sembrava

di iniziare a vedere il prato ondeggiare lievemente.

Anche il travertino a bordo piscina si espandeva e

contraeva, e tutti i dettagli delle cose erano come

posti in evidenza. Ognuno raccontava più o meno

questi suoi primi sintomi, mentre il contatto con la

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realtà andava sempre più smarrendosi. Mio cugino si

allontana e si siede su una panca. E' lì da solo

accucciato, e ogni tanto ride, perché gli vengono

cose divertenti in testa.

Io resto vicino al mio amore, ma presto ognuno

partirà per i suoi viaggi interiori. Una delle prime

bellissime immagini è stato il cielo azzurro, con le

nuvole bianche che disegnavano dei frattali in

movimento. Era fantastico, di una bellezza

inimmaginabile. Sarebbe stato bello se il viaggio fosse

finito lì, nella sola ammirazione estatica della bellezza

delle cose. Ma quello era solo il preludio di uno

sprofondare sconvolgente nei meandri della mia

mente.

In questo viaggio termini come realtà,

immaginazione, sogno, ricordo hanno perso

significato.

Dopo aver osservato il cielo, credo di essermi subito

smarrito dentro di me. Mi sono messo con la faccia

appoggiata nelle mani, e nel buio dei miei occhi si è

aperto il Labirinto. Un intreccio di luce blu sullo sfondo

nero, in cui si aprivano passaggi energetici temporali

che mi conducevano in altre realtà. Inseguivo e

percorrevo questi cunicoli come una sorta di

metropolitana interiore con le sue gallerie e i suoi treni

che correvano lontani. Un'immagine talmente

potente da smarrirmi totalmente, senza sapere più né

chi, né dove, né cosa.

Non sentivo più il mio corpo. Era come un ammasso

molle che percepivo a stento, come se le ossa al suo

interno fossero liquefatte. Muovevo le mani alla

ricerca di un contatto con me stesso, sentivo la mia

faccia e percepivo tutto il cranio al suo interno, ma

non appena spostavo l'attenzione, questo spariva e

tornavo ad essere solo un involucro di immaginazione

e pensieri. In questo primo momento mi sono sentito

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89

perso completamente. Completamente lontano

dalla terra, dalle cose che conosco e dal linguaggio

umano. Non riuscivo a ricordare cosa fossero i sogni,

cosa volesse dire la parola "ricordo". Come se non

sapessi più niente, come se avessi perso il mio

vocabolario. Credo d'aver fatto un rapido salto fra

immagini del passato, pensieri, frasi, parole,

mischiando le cose senza un senso logico. Mi ricordo

cose come la parola cabala, o alchimia, che mi

tornavano in mente ma non so perché. Pensavo che

fosse tutto un sogno, al cui risveglio mi sarei dovuto

ricordare delle cose per poter giocare i numeri al

Lotto. Si, è solo un sogno, domani mi sveglierò e non

sarà accaduto niente. Forse è solo un brutto sogno,

non c'è da preoccuparsi. Ma c'erano altri sentieri.

C'era l'India, un paese dove non sono mai stato.

Eppure in quel momento pensavo di sì. Mi dicevo che

in India c'ero già stato, ed era inutile tornarci. Come

se in definitiva l'India non fosse che un posto nella

mente, il posto in cui la psiche si perde, si

raggiungono le soglie dell'immaginabile, e qualche

volta si ritrova se stessi in un improvviso risveglio di

coscienza. Ma la mia coscienza in quel momento era

persa chissà dove. C'era il mio nome che aleggiava

come un'etichetta su un contenitore vuoto. Ma sotto,

dentro al nulla del contenitore, c'era tutta la psiche

dell'universo in un caleidoscopio di strutture

sovrapposte e livelli intersecanti. Eccola l'ego death

tanto immaginata. Che non è affatto il nulla assoluto,

ma tutto ciò in cui non esisti più tu. Non c'è più niente

che ti appartenga, i ricordi della tua vita, di tutto

quello che sei, si sono sciolti nella totalità. Quella è la

morte vera. La morte della propria personalità, di

quello che riconosci come te stesso su questa terra.

Tutto svanisce, si dilegua, non sei più niente eppure

sei partecipe dei misteri dell'Universo.

Page 90: Viaggi psichedelici

90

Ma latente appare la paura, la paura di non tornare

più indietro da lì, l'attaccamento alle tue cose, ai tuoi

ricordi. Alcuni di questi mi schizzavano fuori come

presi a caso nel mucchio. Ho ricordato di quella volta

che da bambino la ruota della mia bici si bloccò in

un mucchio di sabbia e ricevetti un forte colpo al

petto. E il mio cuore si fermò. Il mio respiro si bloccò

per lunghi attimi. Lunghi attimi in c'era solo la paura di

non sapere cosa mi stava accadendo, di non sentire

più l'aria nei polmoni. Ma poi a poco a poco il respiro

tornò, e io tornai in vita, senza averla mai

abbandonata. E se invece quella volta fossi proprio

morto? Se la mia vita fosse finita lì? Tanto in

quell'attimo non ricordavo nient'altro, non ricordavo

chi ero. Forse ero solo quel bambino impaurito, come

quella volta che una finestra fu sbattuta dal vento e i

vetri stavano per precipitarmi in testa dal terzo piano

per conficcarmisi dentro. Fu una frazione di secondo

ma mia madre mi salvò. E se fossi morto lì, in quel

momento?

Ecco, tutti gli attimi di paura che ho vissuto, quella

paura irrazionale e folle, erano uniti in quel momento,

e stavano cercando di riportarmi in vita, riportarmi

fuori nel mondo normale, nella realtà. Riaprivo gli

occhi, ed ero lì, a bordo piscina, in mezzo alle colline

umbre. C'era il mio amore accanto, mi si avvicinava,

mi chiedeva se andava tutto bene, se la sua

presenza mi dava fastidio. Uscivo dai miei labirinti

interiori, per un istante tornavo alla realtà, guardavo il

suo viso accanto al mio. Era smarrita e persa come

me, mi diceva che procedevamo ad ondate, un

attimo eri via, poi riprendevi il contatto. No, la sua

presenza non mi dava fastidio, forse mi era

indifferente, tanto ero perso nei miei viaggi. Diciamo

che nulla aveva più molto senso. Mi chiedeva se

avevo freddo o caldo. Non ricordavo esattamente

Page 91: Viaggi psichedelici

91

che cosa volesse dire. Nel senso che non sapevo

cosa volesse dire avere freddo o caldo. Infatti io non

avevo nulla, e basta. Non percepivo più dualità, in un

certo senso stavo benissimo, perché non sentivo più

niente, ma dall'altro ero in confusione totale, perché

non sapevo distinguere le cose.

Immaginavo questa interazione della psilocibina con i

miei neuroni bombardati e le sinapsi impazzite che

creavano connessioni mai sperimentate. Una sorta di

vita interiore multilivello incontrollabile, totalmente

sconnessa con la nostra realtà consensuale. Mi

ricordavo di aver letto che nella nostra testa esistono

più connessioni neurali di tutti gli atomi del nostro

universo, e per me questo voleva dire che l'Universo

fuori di me altro non è che la concretizzazione di tutto

quello che è nella mia testa, di questa rete intricata

di neuroni, in una sorta di visione solipsistica, nel cui

principio era Dio. Eccomi di nuovo lì, di fronte alla

Legge delle Leggi, ma totalmente inerme di fronte ad

essa. Smarrito, astratto, incapace di reagire, in balia

delle maree di psilocibina che nutrivano i miei tessuti

cerebrali in un movimento pulsante ad onde. Infatti

poi tornavo un po' indietro, su questo pianeta,

riattratto dalle sue leggi, la gravità spirituale mi

riportava qui. Non so se è stato in quel momento che

mio cugino mi si trovava accanto e ha iniziato a

ridere. Rideva perché mentre io ero preso in queste

fantasie cosmiche, mi ero rannicchiato sul bordo

della sdraio, e questa si era impennata in verticale

dietro di me. Verticale come i cipressi sullo sfondo. E

questo lo trovava terribilmente comico. Ridevo con

lui, anche se non capivo cosa lo facesse ridere, ma

cosa importava poi? Come se non bastasse era finito

con le scarpe in una pozza di fango, e si era sporcato

tutto. Rideva, lanciava le scarpe. Io lo seguivo, ma

tornavo a smarrirmi nei miei mondi. Ero come in un

Page 92: Viaggi psichedelici

92

parcheggio fuori da uno di quei locali dove si fanno i

rave, dove per altro non sono mai stato. Ma mi

immaginavo di essere lì, strafatto, in mezzo a questo

parcheggio. C'erano echi in lontananza, voci di festa,

rumori che rimbalzavano nella mia testa. Forse erano

le voci dalle case vicine, che si amplificavano dentro

di me, o il rumore di qualche macchina sporadica

nella stradina. Ma era come una festa di luci e suoni.

Mio cugino credo sia rientrato in casa. Sono rimasto

di nuovo con la mia ragazza accanto. Lei ad un

tratto piangeva da morire. La guardavo e sentivo

che era normale. La sua natura è emotiva e non

c'era molto da meravigliarsi se le veniva da piangere.

Ma anch'io mi sentivo molto emotivo, anche se erano

emozioni strane, quasi sconosciute, o forse solo

diverse dalle sue. A cercare di ricordare ora certe

cose, trovo solo un senso di vuoto, un senso di

qualcosa che c'è stato ma ora è rimosso come in un

sogno. Mi rimane solo la certezza di aver saputo in

quegli istanti esattamente quello che succede nel

momento della morte. Nel mio sentirmi molle ero

come se fossi tornato un embrione, per rinascere da

qualche parte, per reincarnarmi. E vivere nuove vite.

Mi era anche chiaro il perché non si ricordassero le

vite precedenti, perché la mente fisica si perde, i

nostri ricordi entrano a far parte dell'universale, e si

prendono nuove sembianze per fare nuove

esperienze. Non ricordiamo tutte le nostre vite solo

perché mentre ne viviamo una le altre non ci

servono. Quello che è importante è essere quello che

si è in una vita, e in fondo quello che siamo in una

vita è tutto quello che di quella vita possiamo

ricordare.

Diciamo che fino a questo punto il viaggio nel suo

percorso di dimensioni cosmiche, non era stato

affatto male, per quanto a tratti confuso e difficile da

Page 93: Viaggi psichedelici

93

ricordare. La parte peggiore è arrivata dopo, a

causa della combinazione di due fattori: ci siamo

spostati verso la casa, e la luce non era ancora

tornata.

Infatti a causa del temporale era saltata la luce e

non dava segni di tornare. Questo ci ha creato una

paranoia assurda sul fatto che la luce doveva

tornare, e non facevamo altro che chiederci questo.

Il fatto è che nella mia testa in realtà non sapevo di

che luce si trattava. Cioè, per me non si parlava di

corrente elettrica in quel momento, ma di Luce.

Quindi il fatto che questa Luce non si vedeva

diventava una metafora per dire che non saremmo

riusciti a tornare da questo viaggio. L'altra paranoia

assurda era che i miei stavano aspettando una

chiamata per sapere se la luce era tornata e se tutto

era apposto, e la mia ragazza non faceva altro che

ripetermi che dovevo chiamare loro. Cosa che mi

risultava impossibile se non assurda… non sarei mai

riuscito a portare avanti una conversazione credibile.

Quindi non facevo che rimandare la cosa, e ogni

volta mi ritrovavo col cellulare in mano. Qualche

volta era vuoto e leggerissimo, altre volte riacquistava

il suo peso. Ho guardato decine di volte il display, ma

non ci capivo niente, non sapevo come funzionava,

cosa dovevo fare per chiamare. Allora mi ripetevo

che non c'era campo, come se quello giustificasse il

fatto che fossi totalmente incapace di agire, di

concentrarmi su piccole azioni. Insomma ci siamo

ritrovati dentro casa. Mio cugino in ginocchio per

terra, non so in che assurdità si stava smarrendo. Io

entravo e uscivo in continuazione, sempre alla

ricerca di qualcosa che mi aiutasse ad uscirne. In un

momento era la bottiglia d'acqua, in un altro il

barattolo di Nutella. Correvo dall'una all'altro, per

tutto il tempo del viaggio, mentre ogni volta

Page 94: Viaggi psichedelici

94

dimenticavo cosa stavo cercando di fare. Raggiungo

la mia ragazza su una sedia, dall'altro lato della casa,

oltre il portico. Ci sediamo. La sua faccia è grigia,

come spenta. Mi parla, mi dice che ha sentito una

nostra amica per telefono, ma era fredda e

indifferente a noi e si preoccupava come sempre

solo di sé. La ascoltavo, mentre nella testa mi

attraversavano tutti altri pensieri. Poi cercavo di

concentrarmi su di lei, mi chiedevo quand'è che

saremmo tornati normali. Vedevo i suoi lineamenti

deformarsi un po', gli occhi diventavano a mandorla,

i contorni del viso erano tutti ondulati. Poi lei piange di

nuovo, cerco di abbracciarla ma mi allontana. Mi

dice che io non ci sono, che io non la sento. Le dico

che non è così, ma non sono convincente. In fondo a

tratti non so neanche io chi sono. Questo l'ha portata

a pensare che sono la persona sbagliata per lei,

perché in quel momento di bisogno non riesco a

tirarla fuori da lì, ma non si rende conto a sua volta

che anch'io sono totalmente smarrito e lontano da

me stesso. Mi dice che l'aria nella casa è malsana,

che bisogna starne lontano. Ma mio cugino è dentro

e in un attimo siamo lì con lui. E' nella camera al

piano terra, una stanza cupa, con un odore di stantio

e vecchio. E' lì e piange, disperato. Mi dice che

capisce quello che volevo dire quando gli

raccontavo della morte dell'ego. Anche lui era

morto, e il suo nome non era più che un'etichetta che

non rappresentava niente. Era disperato, ma amava

quello stato. Non voleva uscirne, perché era

totalmente preso da questo dolore. Voleva viversi fino

in fondo questo suo scoppio di emotività, perché in

esso ritrovava la madre perduta, ritrovava tracce del

suo passato, il ricordo della sua infanzia e tutto il

dolore che aveva provato. Lo capivo, capivo ciò che

passava. Io ero in piedi in quella stanza, ma i miei

Page 95: Viaggi psichedelici

95

occhi percepivano come se io fossi dentro al letto, in

piedi sul pavimento, come se tutta la materia fosse

un po' fusa e mescolata insieme. Esco dalla stanza. Ci

sono le scale e sono inondate di luce. Allora mi

ricordo di quel film, "Allucinazione perversa", in cui il

protagonista rivive scene della sua vita miste ad

allucinazioni nel momento della sua morte, e solo alla

fine scopre di essere morto davvero, e quella

scoperta avviene proprio nel salire su di una scala

piena di luce. Allora mi convinco che anch'io ero

morto davvero e che al termine di quella scala avrei

trovato la luce. La salgo, ma una volta arrivato su, mi

rendo che è solo un'altra stanza mentale, un'altra

trappola per tenermi prigioniero della mia mente.

Tutta la casa era una trappola per la mia mente, con

scale e porte che si aprivano su luoghi già percorsi e

sempre uguali, un mondo alla Escher. Torno giù, e

forse rientro nella stanza. Il ricordo di tutti i miei

movimenti in giro per casa diventa difficile da

riportare. Un immenso mind loop in cui pensavo di

essere bloccato per sempre. Vivevo l'essenza

dell'esperienza psichedelica, che descrivere a parole

mi risulta ancora difficile. La tengo dentro come una

sensazione inspiegabile. E' il flusso di coscienza che

diventa tutt'uno con la materia, con l'energia e il

pensiero. Il pensiero è energia, l'energia è materia. Il

pensiero crea la materia che attraverso,

camminando mi muovo dentro flussi di energia.

Qualche volta vedo le cose come con un fish-eye,

distorte. Altre mi soffermo sui dettagli infinitesimi,

come se avessero un valore immenso. Come se

fossero tutto quello che si possa mai provare di così

intenso. Poi il flusso riprende e mi spinge a perdermi in

altre fantasie, altre libere associazioni. Subentra uno

stato mentale diverso. Io ci sono, mi muovo, ho

volontà, tutto è come se fosse normale, solo che

Page 96: Viaggi psichedelici

96

inspiegabilmente ci sono ancora dentro. Non so

come spiegarlo meglio. Come se dei pezzi di me

fossero assenti, altri ne emergessero a tratti,

ricomponendo l'immagine di me che conosco.

Ancora l'immagine è incompleta, frammentata. E poi

la sensazione del sale nelle mie orecchie, come

quando esco dalla mia vasca di deprivazione

sensoriale. La sensazione dei tappi con cui dormo la

notte per evitare il rumore delle macchine. Queste

sensazioni mi hanno accompagnato tutto il tempo,

fino al giorno dopo, quando le cose sono tornate

quasi normali. Allora delle volte pensavo che in tutto

quello che stavo vivendo non fosse altro che un

sogno, forse un sogno lucido, ma niente di più. Allora

immaginavo di svegliarmi nel mio letto, mi scuotevo,

ma niente, il sogno continuava, sempre più vero.

Suona il telefono!!! Corro di nuovo sopra a rispondere,

è mio padre, preoccupato per sapere se la luce è

tornata. Non lo so! Forse si, forse no, non capisco cosa

mi chiede, cosa devo dire. Sento loro che ridono

sotto perché dico cose senza senso a telefono. Allora

gli dico al volo che lo richiamo dopo, ed aggancio il

telefono. Chissà che cavolo avrà pensato!? Torno giù,

mi chiedono cosa gli ho detto, non lo so, non ricordo

niente. Sono confuso da morire. Ma questa luce è

tornata o no? Vedo il mio cellulare, devo chiamare i

miei per tranquillizzarli, ma non ce la faccio. Sul

display c'è un 8. Ripenso alla cabala. L'8 non è altro

che il simbolo dell'infinito rigirato. Infinito è il viaggio,

la coscienza universale. Allora vuol dire che non ne

usciremo mai, non si smetterà mai di viaggiare,

cambieremo forma, pensieri, etichette alle cose, nel

continuo intreccio che lega presente passato e

futuro. I padri e i figli, le leggi umane del vivere. Che

caos nella mia testa!

Devo fare pipì, finalmente me ne ricordo, cerco di

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97

portare la cosa a termine, salgo di nuovo la scala,

entro in bagno, la luce credo sia tornata, l'accendo,

e dal bagno esce una grande falena nera. Il terrore

totale mi invade, vacillo, ma è solo una falena.

Capisco che l'immaginazione è ancora

predominante, penso che potrei vedere altri mostri in

ogni angolo non appena mi giro, ma il raziocinio

nascosto in un anfratto della mia mente mi aiuta a

tenerli lontani. Faccio pipì, e in un secondo vedo

l'immagine di me che faccio pipì che si ripete

all'infinito alla mia destra e alla mia sinistra come in un

immenso orinatoio pubblico. Liberato torno di sotto,

continuo ad inscatolarmi nei miei assurdi pensieri.

Che altro dire? Come posso rappresentare il senso di

smarrimento che avevo in quegli attimi? Ho pensato

di essere impazzito per sempre e che nulla sarebbe

tornato come prima. Gli altri girovagavano per i loro

sentieri mentali, a tratti ci incontravamo, e le nostre

interazioni generavano solo pensieri ulteriormente

assurdi. Questi incontri fatico a collocarli

temporalmente l'uno con l'altro. Mi ricordo che in un

certo momento eravamo seduti tutti e tre sul

pavimento della cucina a mangiare uno yogurt

perché pensavamo che ci potesse aiutare a placare

la cosa, visto che fa molto bene. Io sentivo molta

empatia per loro in quel momento. Una forte unione

e un bel legame. Mi sentivo estatico, in completa

ammirazione per quell'attimo e mi veniva anche da

ridere, anche se mio cugino diceva delle cose serie.

Poi c'è stato un momento in cui qualcuno aveva

acceso la televisione e incredibilmente sentivo

parlare di cose che riguardavano il mio lavoro, e mi

ricordavano chi ero. Come un flash mi vedevo

disegnare con autocad. Poi mentre osservavamo il

video, il tempo si è fermato. La tv è rimasta immobile.

Pensavo fosse l'effetto dei funghi, ma tutti e tre ce ne

Page 98: Viaggi psichedelici

98

siamo resi conto. Mio cugino ha iniziato a ridere

dicendo che anche i cameramen della Rai erano

sotto fungo! Risate incontrollate, ma io restavo

sconvolto perché ancora non distinguevo il reale

dall'immaginario. Mi aspettavo ad ogni istante che

accadessero cose assurde, qualche volta lo

facevano altre volte no. Qualche volta le cose e i

gesti si ripetevano uguali, altre volte cambiavano

particolari che aprivano nuovi sentieri. Per questo mi

tornava in mente il fatto che la realtà fosse frattale.

Certi gesti li ripetiamo continuamente nella nostra

vita, identici gli uni con gli altri. Però ogni volta su

scala diversa ci troviamo in diverse situazioni. E in quel

momento non sai se a che punto della scala si trova

quel gesto che hai compiuto, se è proprio lo stesso

identico di prima, o se semplicemente gli assomiglia,

ma è in un punto diverso del tempo.

Poi la mia ragazza mi chiede di uscire, di accendere

le luci fuori. Io non mi ricordo dove sono gli interruttori,

non riesco a rammentare cose molto semplici. Lei

vuole che la guidi fuori, visto che non conosce bene

la casa come me, ma in realtà è lei a guidarmi,

perché io sono ancora perso. Mi porta fuori verso la

piscina, dove adesso è calata la notte. E' lei a trovare

le luci, e le faccio notare che è inutile che continua a

chiedermi dove sono le luci visto che lei è più brava

di me a trovarle. Lei si è sentita schiaffeggiata da

questa frase, anche se il mio intento era quello di dirle

che era lei la mia luce, la mia guida.

Ci sediamo a bordo piscina, nelle stesse sdraio

dell’inizio, lei accende una piccola candelina, e

cerca di tenerla accesa nonostante tiri un po’ di

vento. Io sprofondato nella mia sdraio alzo gli occhi al

cielo ormai scuro. Fisso le stelle, finalmente. Prima

dell’inizio del viaggio mi ero prefissato di osservarle,

per vederne l’effetto. Ora sono lì davanti ai miei

Page 99: Viaggi psichedelici

99

occhi. Un velo leggero e luminescente le copre un

po’ e la mia miopia me le fa vedere un po’ sfocate.

Ma sono lì immobili da sempre. In quell’attimo ho

compreso una grandissima cosa, qualcosa che

spiegare è complesso come sempre, ma per me

molto importante. In questo momento della mia vita

sto pensando di avere un figlio, e sto scrivendo per lui

un libro in cui raccogliere quello che penso

dell’Universo, della Vita e della Coscienza. In questo

libro all’inizio parlo delle stelle, e a come si sentissero

sole perché non c’era nessuno a guardarle e a

godere della loro luce. Per questo è nato l’Uomo,

perché un giorno potesse alzare gli occhi e capire

quanto sia immenso essere partecipe dell’esistenza.

Così come le stelle hanno bisogno di noi per essere

ammirate, noi abbiamo bisogno di loro per ritrovare

noi stessi. Ed io ero lì ad osservarle. Io ero quel figlio a

cui rivolgevo le mie parole. Le stelle erano lì da

sempre, e io da sempre continuavo ad osservarle,

essendo una volta padre, una volta figlio, una volta

madre, una volta sorella. E ho pensato che Dante

quando scrisse: “Uscimmo a riveder le stelle”,

intendesse proprio quello, dopo essersi fatto un acido.

Ne ero uscito in qualche modo, le cose stavano

planando lentamente verso la normalità, anche se il

totale rientro a distanza due giorni è ancora

incompleto. Tornati in casa, c’erano ancora alcune

cose da affrontare. Mio cugino aveva preparato una

pasta orrenda, senza sale, con del burro vecchio. Ho

provato a mangiarne un po’, ma il sapore orribile mi

ha paralizzato. Non riuscivo neanche a deglutire, si

era come bloccata e pietrificata a mezza gola. In

quel momento chiama di nuovo mio padre, ancora

preoccupato per via della luce. Sono abbastanza in

me per riuscire a rispondergli che va tutto bene, e

che gli voglio bene. Non si riesce mai a dire. Mai ad

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una persona mentre è in vita davanti a noi.

Aspettiamo sempre che se ne vada, che sia lontana

e che non ci possa più guardare negli occhi mentre

gli dimostriamo il nostro affetto. E quanta gioia ci

perdiamo per strada. Certe volte basta così poco.

Rieccomi a terra. Atterro su un divano, con i miei

compagni che intrecciano una discussione sulle loro

esperienze. Ognuno mette in gioco i suoi pensieri, i

suoi ricordi e le emozioni vissute. Affrontiamo

tematiche importanti del nostro passato, i nostri

fantasmi nel cassetto. Tiriamo fuori cose mai

affrontate, mai così dirette, che fanno quasi male.

Ma è il processo di guarigione, di sanamento del sé. Il

viaggio ci ha fatto far luce su noi stessi, sulle nostre

verità, su quello che siamo. Lo scontro in qualche

momento è duro, ma alla luce di tutto quello che è

venuto dopo, posso solo ringraziare che sia andata

così. Ancora una volta un pessimo viaggio è stato un

grande insegnante. So che i miei compagni mi

capiscono molto meglio adesso, perché hanno

visitato quel mondo. Per quanto ognuno abbia

percorso sentieri diversi, molte delle sensazioni sono

state simili a quelle provate da me in altri viaggi.

Questo me li fa sentire più vicini. La serata mi ha

riservato altre chiacchiere interessanti con mio

cugino, e un bagno in piscina, io e lui a parlare con

grande unione e complicità. Se fosse qui gli direi che

gli voglio bene, ma so che lo sa già. Ci siamo fatti

molte risate, mentre ballava con in dosso la

biancheria della mia ragazza… momenti che

resteranno per sempre. Nel cuore e nel ricordo di

magici momenti che qualcuno in qualche parte del

mondo, in qualche tempo, ha vissuto dopo un

viaggio terribile e inquietante. Il sorriso che lenisce un

dolore profondo, quello di essersi sentiti smarriti come

mai, come quando da piccolo ti perdi nella folla e

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non trovi più i tuoi genitori.

La notte è passata rivangando i momenti e le

sensazioni più forti. Poi sono arrivati i sogni, strani e

incongruenti, che non avevano nulla a che fare con

ciò che avevo vissuto. Come se fossero spezzoni di

film, o frammenti di altri viaggi che altre persone

stavano vivendo in altre parti del mondo, come se

dei tunnel potessero aprirsi fra le nostre coscienze e

lasciassero passare immagini.

Al mattino tutti e tre con un mal di testa spaventoso,

mai capitato dopo un viaggio coi funghi. Tutta la

giornata è stata soffocata da un senso di pesantezza,

confusione e nebbia, ma tutto sommato io mi sentivo

meno peggio di come vedevo loro.

In serata di torna a casa. Ogni tanto qualche

accenno, qualche dettaglio che prende maggior

fuoco. E finalmente si torna nella nostra casa.

Altra consapevolezza, altro amore da condividere.

Grazie, che anche questa volta siamo qui per

raccontarlo.

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102

Riflessioni sulla sesta esperienza

Con questo sesto viaggio si è conclusa la mia

esperienza con i funghi. L’intensità della visione di Dio

(della quale la copertina di questo libro è un

tentativo accennato di riproduzione), è stata tale da

indurmi a decidere di smettere con esperienze così

forti. Ma non è solo quello, anche lo stato di panico

che vive la mia mente quando va in confusione

totale per via della continua perdita di significato

delle cose banali, e il ricercare costantemente altri

significati che sfuggono da ogni parte.

Sono esperienze troppo intense, troppo forti per

continuare a viverle. Mi manca la leggerezza del

lasciarmi andare. La mente ha continua necessità di

mantenere il controllo, è il fatto di perderlo

continuamente la manda nel panico più totale. Per

cui le emozioni diventano tempestose, irruenti,

incontenibili.

Mi sono reso conto che per fare questo tipo di

esperienze occorre prima una disciplina interiore che

pulisca la mente, la plachi, la addomestichi. Occorre

una pratica che renda limpida la mente, depurata

dalle sue contraddizioni, dalle sue paure, dai suoi

ostacoli. I rischi sono troppo elevati sul piano della

stabilità, della costruzione.

Questo viaggio mi ha dato un input diverso.

Proseguire la ricerca su altri territori, con altri mezzi.

Abbandonare la corsa sfrenata e senza protezioni

verso la verità assoluta e adottare un procedere più

cauto e consolidato. Per quello successivamente ho

preferito sostanze dall’impatto più tranquillo, e ho

iniziato a sperimentare tecniche di alterazione degli

stati di coscienza senza uso di sostanze psicotrope.

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103

Prima esperienza con marijuana nella vasca di

deprivazione sensoriale

6 luglio 2003

Mi sono preparato al viaggio fumando prima di

entrare nella vasca, un joint d'erba di qualità discreta.

Non essendo un fumatore abituale, mi sembrava che

la qualità fosse buona, visto che il profumo dei

boccioli secchi era molto forte. Già prima di entrare

ho sentito un effetto molto rilassante in tutto il corpo,

e il mio stato emotivo/mentale era già cambiato

notevolmente. I pensieri si facevano più lenti, ma

anche meno razionali, più fluidi e legati alle emozioni

profonde, interne. Come un calore nel cuore, che mi

si riempiva di gratitudine per quello che ero, per

quello che avevo.

Mi accingo ad entrare in vasca dopo un bacio di

saluto alla mia compagna, come augurio di un bel

viaggio interiore. Programmo la sessione della durata

di un'ora, e mi accingo ad immergermi nella

soluzione.

Il primo compito all'interno è generalmente quello di

pulire il soffitto dalle gocce di condensa che

altrimenti possono risultare fastidiose nel caso

dovessero cadere durante l'esperienza. Ho cercato di

portare a termine questo compito in maniera precisa,

sebbene fossi estremamente impedito dal flusso di

coscienza che già mi animava.

Chiuso dentro al guscio, immaginavo e mi

immedesimavo in tutte le persone che avevano

compiuto quel gesto proprio in quella vasca, o in

tutte le vasche possibili. Era per me un gesto rituale,

che mai come in quel momento ho sentito di così

grande importanza. E' l'ultima fatica reale prima di

potersi lasciare andare completamente. Al termine

dell'operazione, mi sono finalmente disteso supino

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104

nella soluzione per galleggiare.

In quel momento mi sentivo partecipe del grande

viaggio della Ricerca, e sentivo dentro di me i grandi

maestri psiconauti: Leary, McKenna, Hoffman e sopra

tutti Lilly, l'inventore della vasca. Erano i miei padri, i

miei maestri e li sentivo veramente partecipi della mia

situazione, o per lo meno mi sentivo di stare per

intraprendere una grande esperienza con le stesse

emozioni che potevano aver coltivato loro stessi negli

ultimi momenti di lucidità prima di perdere il contatto

con il reale.

Anche se in fondo lucido non lo ero affatto, ma già in

preda ad un viaggio interiore immaginario. Appena

steso nella soluzione, il contatto col corpo si è fatto

immediatamente labile. La fase di defaticamento e

perdita della percezione sensoriale tattile è

straordinariamente amplificata dall'uso di Marijuana.

In pochi istanti già non sentivo più nulla di connesso al

corpo. La luce era ancora accesa, e lo schermo

sopra la mia testa era il mio unico punto di

riferimento. La testa ondeggiava vertiginosamente,

amplificando quella normale perdita di orientamento

che comunque si ha nei primi minuti. Per questo

motivo ogni tanto avevo bisogno di aprire gli occhi e

trattenerli sullo schermo. La sensazione altrimenti era

troppo forte da sostenere. Dopo circa 10 minuti

(immaginari) ho chiuso gradualmente gli occhi,

immaginando che nel mio schermo mentale si

proiettassero delle stelle del tipo viaggio

nell'iperspazio. Mi sono sentito più rilassato man mano

che la sensazione di ondeggiamento svaniva, e ad

occhi chiusi ho iniziato il viaggio.

E' stato fondamentalmente un viaggio sonoro. Il mio

universo interiore si esprimeva tramite emissioni sonore

di qualunque tipo. L'inizio di questa percezione è

stato l'essere sempre più cosciente di un ronzio nella

Page 105: Viaggi psichedelici

105

mia testa. Questo ronzio cresceva di intensità e

iniziava a differenziarsi creando musiche, o ritmi, di

diverso tipo. Sembravano rumori generati

elettronicamente, come da un sintetizzatore di suoni.

Le frequenze aumentavano e diminuivano, in una

continua oscillazione che mutava anche timbro

sonoro. E come in una registrazione multitraccia, si

andavano aggiungendo voci e strumenti diversi.

Riuscivo a percepire distintamente il suono di un

tamburello, di quelli molto usati nei '70. Più tutta

un'altra gamma di strumenti o suoni di difficile

interpretazione.

Questi suoni avevano anche un'ubicazione spaziale

ben precisa. Li sentivo muoversi da una parte all'altra,

avvicinarsi o allontanarsi in tutte le direzioni.

Incrociavano i loro percorsi, si fondevano in un'unica

sinfonia sonora, per poi tornare a dividersi e sfumare

scomparendo da un lato.

A questo concerto di suoni, che non davano

un'esatta melodia compositiva, ma più una sorta di

jam session improvvisata ma con un suo stile,

corrispondeva anche a livello visivo una

manifestazione molto leggera di movimenti

particellari o di onde. Diciamo che era più un rumore

di fondo, che non visuali ben definite. Si intravedeva

nel buio della mente questa leggera danza di luci

appena percettibili, infatti l'universo sonoro era più

predominante e catalizzava completamente la mia

attenzione.

Questo era quello che più o meno accadeva nel mio

strato di attenzione più esterno, mentre sui livelli

interiori di coscienza, avvenivano ben più strani

accadimenti, che mi risulta assolutamente

complicato tornare a far emergere.

Posso dire comunque che questa sia stata la più

estrema situazione di esplorazione della mia

Page 106: Viaggi psichedelici

106

coscienza che finora abbia mai provato, proprio

perché lontana dai fasti degli effetti psichedelici dei

funghi, ed estremamente consapevole senza mai

buchi o salti fra un evento esperienziale e un altro.

Questo proprio a causa dell'ambiente neutro e

asettico della vasca, che non fornisce un substrato a

cui aggrapparsi e da riempire con prodotti esogeni,

ma lascia che tutto ciò che accada esca

esclusivamente da dentro, senza interferenze esterne.

Per cui si riesce realmente a cogliere l'essenza di una

sostanza a prescindere dal setting.

L'unico fenomeno di interesse risulta quindi il set, cioè

l'io, l'aspetto più soggettivo e individuale di ogni

essere umano, senza condizionamenti e conflitti con

quanto è esterno al nostro mondo privato.

In questo mondo ero un viaggiatore di spazi mentali e

attraversavo numerosi spazi interiori, sensazioni

inspiegabili e anche aliene. Continuavo a sentire

quanto estrema fosse questa esperienza, proprio

perché ancora così poco esplorata dagli esseri

umani, se non dai pochi ricercatori che hanno avuto

la possibilità di farlo. Non mi sentivo però affatto a

disagio, ero consapevole di tutto e affrontavo questo

viaggio con serenità.

Non so dire quanto tempo e quali cose mi abbiano

attraversato la coscienza. Cose che in quel momento

erano molto chiare, e che pensavo di poter ricordare

anche fuori, sono adesso totalmente svanite e

confuse nel vuoto che hanno lasciato dentro di me.

Lo straniamento del viaggio andava aumentando, e

anche la mia sicurezza iniziava a vacillare.

Cominciavo a sentirmi un po' smarrito nei meandri

dell'ignoto, in un posto pieno di strane sonorità e in

cui il buio assumeva strane dimensioni. La mia

capacità di rapportarmi all'ignoto generalmente è

abbastanza capace di mantenermi saldo nella mia

Page 107: Viaggi psichedelici

107

spinta verso la ricerca, ma purtroppo qualcosa nel

mio corpo iniziava a mandarmi segnali un po'

allarmanti sul procedere dell'esperienza. Sentivo un

po' di nausea iniziare a salire dallo stomaco,

probabilmente coadiuvata dall'ondeggiare continuo

della mia testa e nella mia testa. Le prime fitte ho

cercato di reprimerle, sperando che la sensazione

sgradevole passasse. Ma col passare degli attimi, mi

sentivo sempre più strano e concentrato, fino al

punto in cui ho deciso di alzare la testa e

appoggiarmi un po' al bordo. Sono stato qualche

attimo a monitorare quello che mi accadeva, ma la

situazione non sembrava migliorare, anzi. Mi sono

messo allora proprio a sedere, e in quel momento ho

sentito un fiume di saliva salata invadermi la cavità

orale. Mai mi era capitato di avvertire un sapore così

forte autoindotto. Sembrava quasi sangue dalla

consistenza, vischioso e denso, ma il sapore

fortemente salato faceva immaginare altro. Ho

capito che ero sulla sottile linea fra il sentirmi male e

magari collassare lì dentro, e avere ancora qualche

forza per uscire da lì.

Un po' dispiaciuto che la mia esperienza finisse così

presto, ho aperto il portello. L'aria era fresca fuori, mi

ha ridestato.

Sono uscito a fatica e mi sono subito buttato sotto la

doccia calda. Le mie gambe non reggevano, mi

sono seduto, cercando di levarmi il sale di dosso. Ero

ancora in viaggio con la mente, e tutto sembrava

accadere come in sogno.

Al termine della doccia, ho usato il bagno. Diarrea.

Probabilmente le due patatine mangiate prima di

fumare, e l'acqua che ho bevuto, mi hanno dato

questa strana reazione fisica. Forse a stomaco vuoto

sarebbe stato meglio, ma in genere quando si fuma

viene sempre un po' di fame o sete, per questo

Page 108: Viaggi psichedelici

108

avevo cercato di riempire un po' lo stomaco prima,

visto che non potevo mangiare una volta nella

vasca. Forse è stato uno sbaglio, non so. Ma il mio

viaggio non è finito con la doccia.

Fisicamente ancora provato, mi sono steso sul divano,

dopo aver cercato di raccontare qualcosa alla mia

compagna in cucina. Sul divano la mia

immaginazione mi ha regalato un momento molto

intenso e significativo.

Il mio corpo giaceva supino. Ne sentivo il peso, e la

gravità mi sembrava una vera energia che tirava

verso il basso. La visualizzavo come flussi energetici

che attraevano la materia del mio corpo

scomponendola. Ora la materia diventava scura,

globulare, come delle macchie pesanti che

venivano tirate via. Nello stesso tempo, dalla massa

del mio corpo, emergeva come una luce azzurra,

che invece veniva tirata verso l'alto, come se

esistesse una gravità opposta che tirava in su questa

componente immateriale.

Le due componenti, quella pesante e scura, quella

leggera e chiara, venivano strappate dal mio corpo

che scompariva per lasciare spazio ad un altro

mondo.

Queste due parti si allontanavano l'una dall'altra

iniziando a mutare forma. Entrambe stavano

assumendo un aspetto antropomorfo. Quella scura

era diventata un essere di pietra nera, come un

cavaliere in una corazza da scarafaggio, e dalle

articolazioni del suo corpo si intravedeva una materia

rossa infiammata. Stava andando ad abitare il suo

regno che era in una caverna, fra montagne aspre e

inospitali, e nuvole nere all'orizzonte.

L'altro essere invece assumeva la forma di una

creatura spirituale, azzurro e trasparente con guizzi di

luce bianca che mettevano in risalto un bel corpo. Il

Page 109: Viaggi psichedelici

109

suo regno era su una collina verde e piena di sole,

ma nei campi dei cieli.

Questi due esseri, lontanissimi, erano consapevoli

della presenza dell'altro, e si stavano preparando ad

un combattimento. Ognuno raccoglieva le energie

nel suo luogo di potere, prima di sferrare l'attacco.

Nello stesso momento, i due esseri si lanciano l'uno

verso l'altro, diventando un'ondata di energia: la

creatura scura, era un'onda nera con spume di

fuoco, l'altro era un'onda azzurra piena di luce. Le

due onde sorvolavano un territorio neutrale che

separava i due regni. Al passare della prima, la terra

diventava nera e si creavano rocce appuntite e

vetrificate, mentre ogni cosa si corrompeva e

marciva. Al passare dell'altra, la terra si ricopriva di

prati e fiori, e ogni pianta e animale nascevano

immersi nella luce.

Le due onde si avvicinavano l'una all'altra ad una

velocità sconfinata e in un attimo arrivarono a

scontrarsi. Non ci fu un botto, né una reazione.

Semplicemente le due onde al loro contatto

crearono un muro di energia. Da un lato energia

scura, dall'altro chiara. Questa barriera si innalzava e

si estendeva da ogni lato, dividendo il mondo in due

metà. Io potevo vederle, passando ora da un lato,

ora dall'altro. Rimanendo in mezzo, le vedevo in

sezione come fossero solo due linee di energia, non a

contatto ma separate da un sottile spazio vuoto. Non

rimaneva nient'altro. Le due linee in uno sfondo nero.

Ora queste due linee iniziavano ad oscillare, a

formare un'onda verticale che si muoveva

ritmicamente. Bloccando per un istante l'immagine di

questa onda, ho capito da dove deriva il simbolo del

Tao.

Dopo questa "illuminazione", il filmato si è dissolto, e

ho continuato a smarrirmi in strane fantasie, fino a

Page 110: Viaggi psichedelici

110

quando non mi sono sentito tornato sulla terra, sul mio

divano, e un buon odore di pizza mi ha risvegliato i

sensi sopiti.

Page 111: Viaggi psichedelici

111

Prima esperienza con Salvia Divinorum

Difficilissimo descrivere questo primo approccio con

Salvia! Una cosa shockante direi, ma non in senso

negativo. Ho fumato una pipetta con un po’ di foglie

intrise di tintura 5x. Ho fatto 2 o 3 tiri, cercando di

trattenere il più possibile.

Tempo trenta secondi e boom.

E’ stato come se un martello invisibile rompesse lo

specchio che era davanti alla mia coscienza, e

mandasse in frantumi quella che io fino a quel

momento consideravo la realtà. E immediatamente

dietro ve n’era un’altra. Su un piano completamente

diverso. Questo è stato per la verità l’unico vero

effetto. Perché poi è stato tutto tremendamente

evanescente. Era un mondo oscuro, velato di verde.

C’era un sorta di sagoma informe verdastra… ma

dire di più sarebbe un azzardo.

Contemporaneamente però avvertivo i rumori della

realtà “normale”, i passi al piano di sopra, e le

macchine in strada, ed erano come delle lacerazioni

di questa nuova realtà che andavo esperendo.

Totalmente fastidiose.

Non so per quanto tempo sono restato così, roba

davvero di pochi istanti, e poi sono tornato. E’ stato

molto piacevole l’after effect. Mi sono sentito cullato

e avvolto da una presenza amorevole femminile che

si prendeva cura di me. Non so come altro definirlo.

Probabilmente è quello che chiamano lo spirito di

Salvia. Sembrava qualcosa di connesso a Madre

Terra, molto antico e protettivo. Sono restato come

cullato in un limbo a godermi questa sensazione il più

possibile fino a che la realtà comune non ha ripreso il

sopravvento con le sue ordinarie percezioni.

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112

Page 113: Viaggi psichedelici

113

Prima esperienza con Salvia Divinorum nella vasca di

deprivazione sensoriale

20 settembre 2003

Ho usato una soluzione alcolica di Salvia nella misura

di 3 dosatori (2,25 ml). Non appena messo in bocca

per l’assunzione tramite assorbimento orale, sono

entrato nella vasca.

La produzione di saliva alla reazione dell’alcol è

tantissima, e il senso di bruciore in bocca è molto

fastidioso.

Ho impostato il timer della musica nella vasca sui 15

minuti, in modo da sapere quando sarebbe finito il

tempo consigliato per tenere in bocca la soluzione.

Passati 15 minuti ho deglutito la soluzione e sono

rimasto nel buio e nel silenzio totale.

Nella mente si agitava ogni tipo di pensieri, però su

soglie abbastanza normali. Probabilmente

l’eccitazione mentale iniziale era dovuta anche al

tipo di esperienza che mi apprestavo a vivere.

Fisicamente avvertivo il consueto rilassamento da

vasca, condito però con qualche brivido lungo il

corpo. Dopo pochi minuti, il mio stato mentale ha

avuto una rapida impennata.

Probabilmente mi è arrivato un rumore dall’esterno

della vasca (la porta accanto che sbatteva?), che

mi ha fatto schizzare il sangue al cervello. Il cuore ha

iniziato a battermi all'impazzata, e nella testa mi è

passato un treno di pensieri veloce come un fulmine.

Ho pensato subito che c’era qualcuno fuori dalla

vasca che sarebbe entrato per tirarmi fuori, ma

sapevo che non poteva esserci nessuno, allora un

senso di panico generale mi ha creato una

confusione incredibile in testa, come se già fossi

totalmente fuori controllo. Ho pensato che mi sarei

sentito male perché avevo esagerato con

Page 114: Viaggi psichedelici

114

l’esperienza, e ho avuto una serie di rapide

visualizzazioni di me fuori della vasca sotto la doccia

che cercavo di riprendermi dal panico, con la mia

compagna che mi ammoniva per aver voluto

un’altra volta spingermi in territori sconosciuti.

Quindi mi si è aperta la mia ormai nota visione del

mondo fatto a stanze di realtà, ma ne ho subito

realizzato la portata, per cui mi sono semplicemente

detto che era tutto a posto ed ero in totale controllo

della situazione.

Dopo questa valanga di pensieri fiume, man mano

che il cuore rallentava il battito, ho ripreso totalmente

controllo dei pensieri, che si sono fatti più stabili e

normali.

Anzi, ho sentito come una sorta di tranquillità interna,

che mi ha confortato molto. Sentivo che non mi

poteva accadere nulla di male alla fine.

Mi sono abbandonato al rilassamento totale, ma la

qualità del galleggiare era in un modo diversa dal

solito, anche se in una maniera che non saprei

definire meglio.

Poi ho iniziato una sorta di dialogo interno. Parlavo

diciamo con altre due entità nella mia testa, anche

se mi era difficile formulare i pensieri come al solito,

ero quasi rallentato. Da questo strano dialogo veniva

fuori come se il mio io più vicino chiedesse che

motivo c’era ogni volta che si intraprendeva un

“viaggio” di perdersi dentro le stanze di realtà. La

risposta mi veniva da una sorta di “presenza”

femminile sulla destra della mia mente, che mi

diceva che un po’ di confusione serviva sempre,

altrimenti sarebbe stato troppo facile. Alla

“conversazione” partecipava in maniera silenziosa

anche un’altra presenza maschile sulla mia sinistra,

leggermente più vicina. Ovviamente non parlo in

termini fisici, in realtà era come se scindessi il mio

Page 115: Viaggi psichedelici

115

monologo interno in un dialogo in cui impersonavo

diversi io. Il primo allora continuava a chiedere che

motivo c’era di rendere tutte le cose così complicate.

La risposta mi è arrivata come una valanga di

immagini/concetti, per cui le voci più esterne hanno

sottolineato se c’era bisogno di ulteriori spiegazioni, o

la risposta non la conoscevo già benissimo da me. La

risposta in forma di immagini concetti, era

semplificando, che per arrivare alla radice della

verità c’è bisogno di un percorso difficoltoso, perché

deve essere così. Diciamo che la sensazione che ho

avuto io fosse in fondo di arrendermi all’evidenza

delle cose, è così e basta.

Poi le voci sono diciamo sparite, o tramutate in altri

flussi di pensieri.

Un altro dialogo interessante che è emerso è stato fra

una serie di anime interne. Cerco di spiegare questo

concetto.

Diciamo che ho avuto l’impressione che tutto quanto

costituisce il mio essere, cioè corpo più mente, altro

non è che una sorta di personaggio comandabile

dall’interno da entità/anime che possono guidare il

mio essere come un pilota può guidare una

macchina complessa. E queste entità anime sono in

qualche modo intercambiabili fra un personaggio

umano e l’altro, anche se generalmente ogni anima

guida un solo personaggio, col rischio di iniziare ad

identificarcisi e iniziare a credere di essere quel

personaggio, con il suo corpo, la sua mente, il suo

comportamento, la sua vita. Altre anime invece

passano da un personaggio ad un altro, solo per

farne esperienza. Scopo di tutte queste anime è

esperire semplicemente la vita in forma umana, per

trarne sensazioni, emozioni, conoscenza.

Fatta questa premessa, diciamo che ho avvertito il

dialogo fra la mia anima guida, e un’altra anima “di

Page 116: Viaggi psichedelici

116

passaggio” che mi diceva che non dovevo

attaccarmi troppo al mio personaggio, e io (o la mia

anima guida) rispondeva che ormai ci si era

affezionata, che aveva fatto tanto per renderlo così

come era adesso, e dopo tanta fatica non voleva

abbandonarmi.

Era molto interessante la sensazione che il mio corpo

galleggiasse su di un mare nero infinito, nel quale

erano immerse o ne facevano parte tutte le

coscienze/anime, e il mio corpo in quel momento

faceva da portale fra il mondo acquatico della

anime e il mondo fisico della realtà umana. Dentro a

quel mare era come se fosse possibile nuotare per

poter emergere tramite un altro portale e quindi

avere un’altra esperienza umana diversa da me.

Allora mi sono chiesto come fosse possibile riuscire a

sperimentare una totale diversa esperienza umana,

stando in quello stato. Una sorta di altra voce interna

mi ha risposto che ne dovrei prendere molta di più di

salvia, ma correrei il rischio di non ritrovare più la via di

casa. Non tanto perché in ultimo io non possa tornare

sui miei passi, ma semplicemente perché arrivati

molto lontano con un’esperienza di questo tipo,

potrebbe essere molto spaventoso, perché mi sentirei

smarrito e estremamente confuso, fino ad una paura

terribile di essermi perso da qualche parte. Allora io

ho chiesto come si fa a trovare sempre la via di casa,

e in quel momento è come se una via mi si aprisse

nell’oscurità totale in cui mi trovavo. Come un tunnel

di energia che mi si allargasse davanti agli occhi.

Questa serie di voci interne hanno iniziato a

ricongiungersi su un’unica voce interna, quella dei

miei pensieri più coerenti. Mi sono chiesto se per caso

l’uso della salvia con la vasca non rendesse più

semplici le esperienze extracorporee, e ho iniziato a

pensare un po’ a questa eventualità. Ho avvertito

Page 117: Viaggi psichedelici

117

un’altra voce maschile parlare con un’altra presenza

e dire: “Questo qui non sta mai zitto” e io dentro di

me mi dico che in effetti non riesco mai a mettere a

tacere la mia voce interna. E l’altra continuava “Non

lo capisce che se non sta zitto non ci riesce”, e allora

io rivolto a lui gli ho detto: “e allora perché vi ci

mettete pure voi a parlare?” e di colpo le due

presenze sono sparite. Allora ho pensato che potevo

far sparire allo stesso modo la mia voce interna, ma

niente da fare... era sempre lì a pensare.

Il resto è stato abbastanza normale, ho pensato un

po’ al meccanismo interno del cervello, a dove viene

immagazzinata la memoria, e a come sarebbe

interessante poter avere una “registrazione” di ciò

che hanno visto gli occhi in tutta una vita, e poter

mandare avanti e indietro il nastro come su un

videoregistratore. Poi ho pensato al fatto che tutto il

tempo di una vita umana potrebbe in fondo stare su

una enorme videocassetta che ne contenesse tutte

le percezioni e tutti i pensieri. Se allora esistesse una

videocassetta così, tutto il tempo di una vita non

sarebbe altro che lo scorrere di questo nastro, ma di

per se il tempo stesso non esisterebbe al di fuori del

nastro stesso, perché è solo chi ne percepisce lo

scorrimento che capisce cos’è il tempo, ma per chi

vede dal di fuori una videocassetta non esiste la

percezione del tempo. Il tempo diventa solo un

concetto riferito alla videocassetta, e alla velocità

con la quale questa si può vedere.

Ho continuato a galleggiare e a sguazzare

nell’acqua cambiando molte posizioni.

Sono uscito dalla vasca dopo un’ora e un quarto,

perfettamente ripreso.

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118

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Seconda esperienza con Salvia Divinorum nella

vasca di deprivazione sensoriale

23 settembre 2003

Questa volta, avendo già sperimentato il potere di

Salvia Divinorum nelle foglie fumate, ho ritentato

l’esperienza di provare la soluzione alcolica nella

vasca di deprivazione sensoriale. Ho usato

l’equivalente di 3,75 ml di soluzione (5 contagocce).

Entro nella vasca e pulisco bene il soffitto dalle gocce

di condensa come di rito. Eseguo il lavoro ancora più

meticolosamente del solito, mentre in bocca la

soluzione mi sta bruciando le mucose terribilmente.

Mi stendo finalmente nel liquido a galleggiare, e

trasportato dalla musica di Brian Eno che ascolto

usualmente all’inizio della sessione, aspetto di sentire i

primi sintomi della partenza.

Non passano neanche 10 minuti (stimo il tempo a

naso), che qualcosa accade alla struttura della

mente. Avverto le presenze intorno al mondo che mi

si è espanso dentro la testa. Come un parlottare di

persone, un brusio di fondo. Cerco di restare il più

possibile cosciente e concentrato, faticando un po’

per mantenere l’attenzione. Mi rendo conto che ho

la bocca totalmente piena di liquido alcolico, che

sta salendomi nel naso. Sono momenti di delicato

equilibrio fra la realtà ordinaria e l’Altrove. Mi tiro su,

per non farmi andare il liquido per traverso, ma

ancora non sono passati i 15 minuti previsti. Allora mi

stendo di nuovo. Le voci dentro di me mi dicono di

rilassare la bocca, mentre io so che se lo facessi, mi

troverei a dover sputare tutto. Torno di nuovo seduto,

e lentamente deglutisco il tutto. Non sento più la

musica, quindi il quarto d’ora programmato è finito.

Posso stendermi di nuovo e godermi tutto ciò che

avviene nella mia testa.

Page 120: Viaggi psichedelici

120

Principalmente ed essenzialmente: voci. Mi è difficile,

come in tutte le esperienze di questo tipo, riuscire a

riportare fedelmente i dialoghi, mi limiterò quindi alle

sensazioni provate nei vari passaggi di questa

esperienza. Ho intessuto diversi dialoghi con diverse

voci/entità. Posso dire che queste voci mi arrivavano

da zone distinte dello spazio, e per questo riuscivo a

capire che erano più di una. Erano divise in voci

maschili e femminili, o perlomeno io le avvertivo così.

Oltre alle voci percepivo anche degli aloni di diversi

colori a seconda della scena a cui stavo assistendo,

ma non erano visioni ben dettagliate, piuttosto

luminescenze molto sfumate che si muovevano.

Ho percepito anche una certa gerarchia fra le voci,

perché sentivo che parlavano fra di loro chiedendo

l’autorizzazione a entità superiori quando le mie

domande richiedevano risposte più complesse.

Io ho cercato di porre le domande che ritenevo più

importanti, anche se effettivamente era difficile

mantenere quella concentrazione, in quanto il flusso

di cose che sperimentavo era estremamente

sorprendente e anche di difficile analisi.

Subito ho chiesto se quel mondo era quello dove si

va dopo la morte. La risposta è stata affermativa.

Erano due entità di sesso diverso, che stavano ai miei

lati.

Ho chiesto come funzionava il Karma, cioè come

potevano essere registrati nell’anima gli eventi vissuti

in un’esistenza umana, su un supporto così

immateriale. Mi hanno detto che nell’anima esiste

una specie di codice, che equivale al DNA del corpo

umano, ma che contiene le informazioni spirituali

dello stato di avanzamento, nonché le sue

caratteristiche. Poi ho visto come un grande tunnel in

cui fluivano questi codici che erano come delle

corde intrecciate tra loro, di colore rosso/arancio.

Page 121: Viaggi psichedelici

121

In un'altra situazione, mi sono trovato a parlare con

un’entità femmina a cui ho rivolto svariate domande.

Le ho chiesto quanti erano i tipi di realtà possibili,

alludendo a quella fisica a noi ben conosciuta e a

quella spirituale che era quella in cui ci trovavamo. Mi

ha detto che sono solo queste due, non esiste una

terza possibilità. Tranne nel caso del momento della

creazione, in cui queste due sono fuse insieme. Ma è

solo un momento di passaggio per arrivare alla

situazione più stabile che è appunto duale. Le ho

chiesto come funziona il tempo, e mi ha risposto che il

tempo è per chi lo misura e nell’eternità non c’è

fretta. Le ho domandato che rapporto c’è fra lo

spazio fisico e lo spazio spirituale, mi ha detto che in

qualche modo corrispondono, ma non come si può

pensare che combacino. In realtà da un punto

dell’uno si può passare ad un punto dell’altro. Ma in

entrambe le realtà ci si deve spostare con un mezzo.

Di qua i mezzi fisici, di là la volontà. A ben vedere

anche di qua è necessaria la volontà di spostarsi per

poterlo fare. Mentre con le sostanze che sono

prodotte in natura è possibile passare da uno stato

all’altro. Io in realtà ero ancora consapevole del mio

corpo che fluttuava nell’acqua, ed è come se fossi

consapevole contemporaneamente di questi due tipi

di realtà. Allora ho chiesto come è possibile che ci

fossero dei punti di contatto fra questo mondo così

fisico e quello così intangibile. Il contatto avviene nel

cervello nella sua struttura che crea la

consapevolezza. Ho chiesto come fosse possibile

quest’unione, e mi è stato detto che è troppo

complesso perché io lo possa capire. Ma per averne

un’idea avrei dovuto immaginare il cervello come

una membrana che capta il flusso spirituale che lo

attraversa e ne decodifica i segnali. Le sostanze

psichedeliche allargano questa percezione del flusso

Page 122: Viaggi psichedelici

122

in modo che arrivi al livello del cosciente, perché la

nostra struttura interna è sviluppata a diversi livelli di

consapevolezza. E io sentivo che i miei pensieri infatti

provenivano proprio da delle parti diverse della mia

coscienza, e ne coglievo il rapporto fra loro in

maniera davvero precisa e stupefacente.

Poi ho chiesto se mi fosse possibile ricordarmi di una

scena di una mia vita precedente. Qui ho sentito che

l’entità in questione ha dovuto chiedere un parere

ad una entità maschile superiore per potermi svelare

questa cosa. Ma pare che non ho avuto il consenso,

perché non ero pronto per questo. Io insistevo, anche

solo un piccolo frammento. Ma in risposta mi hanno

detto che non ho vite precedenti, e non so se è stata

una risposta datami per farmi stare buono o se sia la

verità. Allora mi sono chiesto come mai, come fosse

possibile che questa sia la mia prima vita, e io mi

sentissi già così evoluto. Mi hanno detto che ero stato

creato già così, per uno scopo preciso. Ho chiesto

quale fosse, e la risposta è stata quella che io dovevo

aprire gli occhi agli altri, per fare in modo che le

persone durante la loro vita possano avere accesso a

questa dimensione spirituale, visto che non occorre

per forza morire per farlo, e una vita in cui questa

dimensione non sia stata esplorata, non ha molto

significato. Allora la mia osservazione è stata quella di

far notare quanto fosse difficile far aprire gli occhi alle

persone su di un mondo così intangibile come quello,

e quanto gli esseri umani abbiano bisogno di

qualcosa di concreto per poter credere ad una

realtà sfuggente come quella. Allora chiedevo che

mi fosse dato un mezzo per poter convincere gli altri

di questo, qualcosa di indiscutibile che potesse

mostrare la realtà di quel mondo. Ho proposto che io

potessi riuscire a guarire le persone. Mi è stato chiesto

se questa proposta veniva fuori da una volontà

Page 123: Viaggi psichedelici

123

egoica, oppure se fosse qualcosa di veramente

sentito. Io ho osservato che in effetti avere il dono di

guarire all’inizio potrebbe rappresentare una grande

sfida per l’ego, ma poi il fatto di poter aiutare le altre

persone a stare meglio e a mostrare loro la possibilità

di entrare in contatto con questa dimensione

spirituale, avrebbe senza dubbio prevalso. Ho chiesto

che mi venisse insegnato un modo per poter guarire

le persone e mi hanno detto che già conoscevo il

Reiki ed era più che sufficiente. Insistevo a volere

qualcosa di più, qualcosa che fosse solo mio, un

simbolo o un rituale particolare. Ma non ho avuto

alcuna risposta.

In un altro momento ho incontrato la dea madre. Il

principio femminile, la madre terra, o qualunque altro

modo in cui si voglia chiamarla. E’ stato un contatto

breve, poche battute. Ero immerso in una

luminescenza azzurra. Il tutto è stato soave e dolce.

Mi ha lasciato una sensazione di beatitudine. Non

ricordo esattamente cosa abbiamo detto, ma niente

di più delle presentazioni. Mi sono sentito

abbracciato, e quello era sufficiente.

In un’altra situazione ho chiesto di voler entrare in

contatto con l’anima di mio figlio futuro. Ma anche se

insistevo, non ottenevo nulla. Mi è stato risposto che in

ogni caso non avremmo potuto comunicare usando

la mia lingua. Allora ho detto che mi sarebbe bastato

un qualunque tipo di comunicazione. Ma la mia

richiesta non ha avuto alcuna risposta. Ho pensato

che forse sia dovuto al fatto che non avrò figli, ma

anche qui sono stato lasciato nel dubbio.

Ho cercato di avere qualche prova della possibilità di

vedere qualcosa di esterno da quello stato

adimensionale. Ho cercato di connettermi alla

coscienza della mia ragazza, ma non ho avuto molto

successo. Mi è venuta solo l’immagine di lei nella sua

Page 124: Viaggi psichedelici

124

macchina vista dall’alto, infatti doveva quasi stare

per tornare. Poi ho visto le buste della spesa sul

tavolo, e ho cercato di visualizzare qualcosa di

particolare che avesse potuto comprare che non

fosse scontato. Ho visualizzato qualcosa tipo delle

crocchette di patate (all’uscita della vasca ho

constatato che non c’erano ne buste della spesa, ne

tantomeno crocchette).

Poi ho chiesto se mi fosse possibile uscire dal corpo, al

quale io mi sentivo veramente vincolato. Mi è stato

detto che non è facile affatto, e che abbiamo una

paura innata ad abbandonarlo che ci rende quasi

impossibile questa cosa. Ho chiesto se mi potesse

essere insegnata una tecnica efficace. Ma in quel

momento era tornata la musica, segno che era

passata un’ora, e questa produceva troppa

distrazione per la parte cosciente che mi impediva di

poter seguire una sorta di addestramento.

Mentre fluttuavo nella musica, mi sono messo in

posizione fetale e ho iniziato a visualizzare me stesso

che regredivo col corpo fino a tornare alla

dimensione prenatale. Mi sentivo veramente tornato

a quello stato, seppure avessi la mia coscienza. E

questa giustamente mi ha fatto notare che allora non

c’era la musica come adesso.

Lentamente sentivo che il contatto con quella realtà

si andava perdendo, e che i miei pensieri tornavano

sempre più miei, anche se con una capacità

immaginativa e introspettiva davvero particolare. In

tutto sono stato nella vasca circa 1 ora e tre quarti.

A posteriori non so cosa pensare di questa

esperienza. E’ stata senza dubbio meravigliosa, priva

di paura, e ricchissima di sensazioni ed emozioni. Ma

del contenuto delle rivelazioni che mi sono state date

non saprei proprio cosa pensare. Non c’è stato nulla

che in fondo fosse così lontano o diverso da quello

Page 125: Viaggi psichedelici

125

che mi appartiene, ne mi è stato dato modo di

verificare qualcosa di concreto. Quindi potrebbe

semplicemente essere stato un effetto dissociativo

del Salvinorin che mi ha dato l’impressione di diverse

voci all’interno della mia testa, mentre non erano

altro che diverse sfaccettature dell’Io che parlavano

fra loro.

A 24 ore di distanza le mucose orali sono ancora

terribilmente irritate e per tutto il giorno mi hanno

dato molto fastidio. La nottata è stata come sempre

densa di sogni molto vividi e particolari.

Questo è quello che ricordo per adesso. Se mi

dovesse tornare qualcos’altro in mente l’aggiungerò.

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Page 127: Viaggi psichedelici

127

Prima esperienza con DMT

22 febbraio 2004

In questo mio primo contatto con l’amico DiMiTri,

c’erano ad assistermi dei grandi psiconauti, il meglio

che si può avere dalla rete: Club99, Sturmy,

Funghetto. Nell’abitazione di quest’ultimo, alquanto

inquietante per un senso di antico e di misterioso,

c’era una stanzetta che sembrava stranamente

predisposta ad un’esperienza trascendente. Un

materasso nudo, dei cuscini, coperte. Un pc con un

sottofondo ondeggiante di didjeridoo che ha

accompagnato Funghetto nel suo breve e intenso

viaggio, prima del mio. Forse l’emozione di vederlo

partire è stata tanto grande quanto quella di partire

io stesso. Sembrava veramente assistere ad una

magia. Ha fatto il suo breve tiro e poi giù disteso.

Silenzio nella stanzetta per 3 minuti. Lunghi. Il suo viso

tradiva un misto di estasi, meraviglia, pace. Passati i 3

minuti, semplicemente: eccolo tornato. Come se

nulla fosse accaduto. Noi a guardarlo da fuori lo

vedevamo identico a prima. Solo una persona che è

stata stesa su un letto per 3 minuti. Ma dentro di lui

chissà che mondi sottili si agitavano. E poi toccava a

me. Il cuore batteva tremolante, le mani tradivano un

misto di emozioni e ansia. Ho preso contatto con la

magica pipetta per sentirla un po’ anche mia, l’ho

potenziata con un simbolo Reiki che apre il contatto

con l’energia buona. E poi Club me l’ha infuocata. Il

vapore già pungeva nel naso, mentre con un

risucchio leggero ho sentito il fumo caldo entrare fino

in fondo. Ho aspirato di nuovo e ho pensato che per

la prima volta potesse bastare. Mi sono steso sul letto

in ascolto. Non c’era la musica stavolta.

Immaginavo un’esplosione fulminea, invece è stato

tutto molto dolce e quasi appena percettibile. A

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128

ripensarci adesso mi chiedo se è successo veramente

qualcosa. DiMiTri non si è rivelato subito. Per me

questo primo contatto è stato solo uno sfiorare

leggero i mondi segreti del viaggio psichedelico.

Sensazione di calore nel corpo, di plastica nella

bocca. Poi qualcosa di ineffabile.

La tipica sensazione di vedere il mondo di fuori come

dal fondo di un tubo, mentre lentamente si scivola

all’indietro e si dimentica il posto in cui si è. Ho

pensato che quella non era che un’altra porta di

accesso alla realtà. Un po’ come le stanze coi

telefoni di Matrix. Solo invece di rispondere allo squillo,

si tira aria da una pipetta. Cambiano i modi ma il

passaggio fra un mondo e l’altro è simile. Nel buio dei

miei occhi chiusi poi sono apparse leggerissime visuali

sull’azzurro, ma senza geometrie, solo aloni eterei su

cui non riuscivo neanche a focalizzare bene

l’attenzione. Soprattutto i suoni hanno colorato

quest’esperienza. Li sentivo amplificati, sentivo dei

bambini che giocavano in strada, come se avessi

immaginato un cortile d’altri tempi, quasi una

vecchia foto seppiata, un ricordo sbiadito. Era reale o

frutto della mia immaginazione?

A momenti aprivo gli occhi e vedevo le alte pareti

della stanza, con una carta da parati a righe

verticali. C’ero e non c’ero. Avvertivo piani di

esistenza che si aprivano nella mia coscienza, ma

nulla di concreto e tangibile. Sensazioni sfuggenti. Poi

come è iniziato, tutto è sembrato finire. Sono tornato

velocemente che non sapevo neanche dove ero

stato in fondo. Unico commento: mah. Come aver

perso un treno. Ma il viaggio non è finito lì. Guardavo

la carta da parati, e mi sembrava fosse leggermente

tridimensionale. Quasi che potessi immergerci la

mano dentro. E per un attimo ho creduto di poterlo

fare. Sono quegli istanti in cui si è quasi incerti di

Page 129: Viaggi psichedelici

129

essere svegli, e avvolti dalle spire del sogno si possono

fare cose che contraddicono le leggi della fisica.

Invece no. La mia mano toccava solidamente la

parete. Ero davvero tornato. Ma mi sentivo leggero

quasi senza peso, e molto fluido nei movimenti.

Mentre un’altra ragazza si sottoponeva allo stesso

trattamento, io ero ancora intento a decifrare i

sintomi dell’atterraggio. Fissavo il pavimento di

vecchia marmaglia, e ondeggiava un po’ come nei

primi istanti fungini. In alcuni momenti mi sentivo perso

nei pensieri e lontano. Ma in effetti è stato breve.

Anche lei ha fatto questo volo brevissimo, e tutta

contenta se ne è tornata di qua.

Dopo ero ancora suggestionato dalla casa,

dall’ambiente. Mi sembrava un posto così strano,

pieno di vita vissuta lì dentro. Stanze e corridoi

labirintici. Un posto in cui perdersi, ma era pieno di

buoni amici. La realtà ha preso presto il posto della

suggestione. Era ora di saluti e ognuno doveva

prendere la sua strada di casa.

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Page 131: Viaggi psichedelici

131

Prima esperienza con Ketamina

23 marzo 2004

La mia prima esperienza Ketaminica si è appena

conclusa. Ora sento solo un leggero strascico

sognante. Morbido e dolce. Sarebbe bello perdercisi,

ma ho idea che se non riesco a fermare alcuni

pensieri, tutto quello che è stato questo primo

incontro si possa perdere. Effimera. Ecco come

descriverla. E’ tutto meravigliosamente effimero.

Il mio umore prima dell’assunzione era buono. La

paura che mi attanagliava da tempo sembrava

dileguata, ero sereno e tranquillo. Mi sono preparato

la mia striscetta di K. Saranno stati all’incirca 80 mg di

polverina magica. Effetto medio-leggero dicono i

testi. Effetto bello per iniziare dico io. In un attimo è

nel naso. Poi si aspetta, come sempre no?

Forse un quarto d’ora prima che inizio ad avvertire

qualcosa che non sia sola suggestione. Ma la salita è

morbida, non c’è un primo sintomo netto di aver

messo piede in K Land. So che c’è stato un grande

espandersi della mia mente e immaginazione. Era

accompagnato da uno stato gioioso e amorevole.

Lo stesso che sento adesso. Forse sto cercando di

descrivere qualcosa che è così ovvio. Era la vita che

pulsava in me, si trasformava e assumeva forma di

pensieri, emozioni, sensazioni. Euforia è quello che

provavo, fiducia nell’universo e nelle sue leggi

segrete. Ho intonato un mantra, un OM che scaturiva

fuori da me e risuonava nel mio spazio interiore.

Non ci sono stati tunnel luminosi, altre presenze o

cose assolutamente fuori dall’ordinario. In questo

devo essere onesto. Le leggi della fisica

continuavano ad essere le stesse. Solo che io mi

percepivo in maniera diversa. Leggerissimo. Quasi

che la gravità non avesse presa su di me. Come se la

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132

mia pelle fosse un involucro sottile che non contiene

nulla. Un contenitore d’aria. Per questo muovere le

braccia, mentre all’inizio sembrava pesante, poi è

diventato come un gesto concettuale. Io lo pensavo

e le braccia eseguivano il movimento quasi a livello

inconscio. Fluttuavo in questa realtà. Mi muovevo

sinuoso come se fossi di aria e attraversassi aria. Ma i

miei erano solidi passi sul terreno. Dentro di me un

sorriso enorme. Divertimento. Mi dicevo: ma perché

avevo tanta paura, cosa c’è da aver paura di

questo stato di sospensione sognante. Nella testa si

ramificavano ogni sorta di sensazioni. Ma il mio

registratore mentale non riesce a riportarle. Più

difficile che con i funghi. E’ normale fare paragoni,

d’altronde gli stati alterati certe volte lambiscono i

confini gli uni con gli altri. Però a livello di controllo è

molto più semplice delle ondate psilocibiniche.

Divertente soprattutto. E’ anche vero che i funghi

sono soprattutto divertenti la prima volta. Diventano

più difficili dopo. Spero non lo faccia la K. Perché mi

ha dato un senso di grande piacevolezza. Di

possibilità esplorative senza paure e paranoie. Ero

infatti estremamente ironico con me stesso.

Cazzeggiavo liberamente. Aperto ad ogni possibilità

con poca ansia che le cose più assurde si potessero

materializzare. Non lo hanno fatto in effetti. Ma forse

se lo avessero fatto ci avrei giocato. Ero come un

bambino che esplorava una nuova modalità di

esistenza. Saggiavo le consistenze degli oggetti, del

mio corpo. Mi guardavo nello specchio, trovando la

mia immagine buffa. Quasi che non mi appartenesse,

ma senza quel senso di alienazione inquietante che

delle volte la psilocibina da. Come se fossi a

carnevale. Era tutto come un sogno, un gioco, per

questo sapevo che non poteva succedere nulla di

male. Ma i miei pensieri razionali ogni tanto

Page 133: Viaggi psichedelici

133

cercavano di analizzare la consistenza dell’io. C’era.

E quando non c’era non mi prendeva l’angoscia di

non saper chi sono. Ero più colpito dalla divertente

sensazione di partecipare al gioco cosmico.

Nella gioia di questo stato sono riuscito

tranquillamente a telefonare e ad eseguire una pur

breve ma logica conversazione. Ero contento per la

gioiosità dell’esperienza e volevo condividere questa

scoperta con chi amo. Anche se nel mentre della

conversazione ho pensato che sarei potuto

chiaramente sembrare fuori di testa, e che non sarei

riuscito a comunicare esattamente quanto di

meraviglioso stessi sperimentando.

Ho cercato anche di prendere 2 appunti su un foglio

per fissare delle idee. Scrivere è stato stranissimo, forse

ha coinciso con una delle sensazioni più forti del

viaggio. Ho letto l’ora e l’ho appuntata, facendo un

po’ di confusione all’inizio sulla corrispondenza fra le

7.50 pm e le 17.50 che mi sembrava quasi più logico

rispetto alle 19.50. Ma ho presto capito l’errore. Poi le

lettere sono letteralmente schizzate fuori dalla penna.

Un flusso velocissimo di stampatello che poi è

rapidamente cambiato in corsivo.

“E’ LA COSA PIU’ BELLA CHE si possa anche solo

immaginare!!!”

“SI PUO’ TUTTO IN QUESTA VITA!”*

“SOGNANTE!” e “fluido”

“Leggero si può volare → dentro casa però”**

“AMO I MIEI NEURONI BALLERINI”

* Mi ricordo la sensazione di aver messo questo punto

esclamativo in maniera così profonda che ho

pensato che ci sarei stato risucchiato dentro.

** Questa frase in particolare illustra quanto l’idea di

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volare sia associata durante un viaggio psichedelico

alla leggenda delle persone che si buttano dalla

finestra perché convinti di poter volare veramente. La

seconda parte è stato un tentativo mio di dire: se

posso volare, non c’è bisogno di buttarmi dal

balcone, posso tranquillamente svolazzare per la

stanza e sarebbe fantastico lo stesso. Questo è un

chiaro esempio che si mantiene la consapevolezza

del pericolo, almeno a questo dosaggio.

La sua natura è sicuramente psichedelica, ma con

una sfumatura tutta sua. Non c’è il gioco di incastri e

ripetizioni di una sessione fungina. La tua mappa

mentale funziona abbastanza bene. Ricordi dove

sono le cose, come funzionano. Magari fai qualche

pasticcio, ma sostanzialmente non ti blocchi

perdendoti completamente a metà di un gesto.

Mi ricordo la sensazione di ondeggiamento della mia

testa quando la muovevo a destra e a sinistra, tipica

di quando uno è ubriaco. Lo stesso vale per quando

mi sono alzato in piedi. L’equilibrio era precario, ma

concentrandosi ci si riesce a muovere.

E muoversi è come attraversare solo con la volontà lo

spazio. E’ come se il corpo fosse scollegato in effetti.

Tu decidi di andare e vai. Poco importa che siano i

tuoi muscoli a farlo. Ti ci trovi. Ti sposti attraverso

stanze e corridoi come se fosse la forza di volontà a

farlo direttamente, e non i tuoi muscoli. Anche vero

che i muscoli si muovono grazie alla forza di volontà,

ma per me era come se il passaggio fosse assente.

Avendo saggiato la piacevolezza dello stato, ho

pensato di introdurmi nella vasca di deprivazione

sensoriale. Ho pensato che fosse molto semplice

manovrare i controlli e prepararmi alla sessione. In

effetti non ho trovato difficoltà con la centralina, ne

Page 135: Viaggi psichedelici

135

ho dimenticato alcuna cosa nella serie di azioni che

svolgo prima di entrare, cose come fare la doccia,

mettere i tappi, prendere le ciabatte e

l’accappatoio. Ero incasinato, quello si. Ricordavo le

cose a tratti, ma funzionavo ottimamente rispetto alla

realtà consensuale. E là dove mi incasinavo, tiravo

fuori un atteggiamento divertito, della serie: che mi

frega, sono fatto come una prugna secca. Non c’era

l’ansia di aver perso le normali capacità

psicomotorie, o l’idea di restare per sempre in quello

stato. Anzi magari. Una delle cose che pensavo era,

non vedo l’ora di rifarlo. Capisco che la K possa dare

assuefazione. E’ bella, divertente, spensierata.

Almeno a questo dosaggio.

Poi mi sono introdotto nella vasca. Ma l’effetto era

già sull’onda di ritorno. C’è stato solo un ultimo

grande momento particolare. Una chiarezza mentale

profonda e calma. Seria. Niente più giochi e lazzi.

Una “chiacchierata” col mio sé profondo. Un’analisi

ultima della mia volontà di esperire alterazioni della

coscienza. Senza indugi sentivo che il motivo che mi

spinge a farlo è migliorare la comprensione del

funzionamento della coscienza umana in ottica

evolutiva per il benessere dell’umanità. E’ stato così

chiaro ed evidente, che non potevo proprio

schermarmi dietro false convinzioni.

Poco dopo ho sentito che i processi mentali

riprendevano la loro normale consistenza. Sono uscito

dalla vasca perché avevo voglia di tornare ad

interagire con il mondo. Ero definitivamente normale.

Ho pensato che a questo livello leggero la K non può

darti risposte. Sei ancora confinato sul piano della

realtà consensuale. Puoi giocarci in modo diverso,

inusuale, ma le regole principali della realtà sono

quelle. Cambiano molto le percezioni, niente

alterazioni di colore o suoni, ma soprattutto l’auto-

Page 136: Viaggi psichedelici

136

percezione del proprio corpo cambia notevolmente.

In qualche modo ci si rende conto quanto il corpo sia

solo una macchina mossa dalla volontà. Forse è il

primo passo per liberarsi da esso, e dall’idea che sia

tutto ciò che siamo. In ogni caso la cosa più

entusiasmante dell’esperienza è stata la non

associazione all’ansia del processo della morte.

Differente per me a tutte le altre sostanze che

inducono la morte dell’Ego o comunque

un’esperienza peritanatica. Era più come

abbandonarsi piacevolmente ad un flusso

energetico benevolo in cui avere completa fiducia.

Probabilmente questo stato di benevolenza era dato

anche dalla mia attitudine amorevole e consapevole

dell’uso della sostanza. O almeno mi piace pensarla

così. Prima di assumerla ho eseguito un rituale di

consacrazione, breve ma necessario e

assolutamente spontaneo. Il mio animo era disposto

positivamente e sentivo di avere accumulato un

buon karma per cui l’esperienza non avrebbe potuto

essere pericolosa o spaventosa.

Nelle ore successive all’esperienza mi sono sentito la

testa molto vuota. Leggera. Era difficile recuperare

altri dettagli dell’esperienza. Ero ancora in uno stato

come vacuo, sognante, non associato ad alcuna

sensazione sgradevole.

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137

Seconda esperienza con marijuana nella vasca di

deprivazione sensoriale

10 maggio 2004

Fumo a dense boccate dell’erba di ottima qualità. Il

mio progetto è quello di immergermi per tre ore nella

mia vasca di deprivazione sensoriale. Prima di farlo so

che devo aspettare un po’ che entri in stato di high.

Decido di farmi la doccia intanto, sfruttando l’attesa

di entrare meglio nella dimensione enteogenica

dell’erba. Ma già le mie percezioni e i miei pensieri

interiori hanno modificato la loro struttura. Sono molto

fuso all’interno della mia unità percettiva, tutto

l’ambiente intorno a me diventa una mia estensione,

un prolungamento della mia entità cosciente. Creo

dei rituali spontanei, gesti e pensieri evocativi che

possano proteggere il mio viaggio. E’ un fare istintivo

che mi guida. E ci credo con la fede più pura. Non è

più costruzione e sedimentazione di gesti ripetuti, ma

un esprimere la propria religiosità in maniera onesta e

diretta. Questo mi mette in comunicazione con una

parte molto sacra in me, che mi regala una delle

manifestazioni più forti mai avute grazie all’erba. Entro

nel bagno. Chiudo la porta e già questo diventa un

gesto che racchiude in se una forte valenza di

sacralità, lascio fuori demoni e brutti pensieri. Mi

guardo allo specchio. Saluto la mia immagine come

ad augurarle un buon viaggio. Entro nella doccia e

sprofondo nel getto caldo e avvolgente. Un’onda di

estrema sensualità si insinua in me. Accarezzo il mio

corpo con le mani godendo dell’improvvisa

consapevolezza della mia fisicità. Poi di colpo sono

travolto da una folgorante illuminazione. E’ come un

click nella mente, e capisco tutto ciò che è. Non c’è

un oggetto specifico da comprendere né qualcosa

che occupa la mia attenzione. Ma è una sensazione

Page 138: Viaggi psichedelici

138

globale di comprensione onnisciente. Meravigliosa e

terrificante. Soprattutto perché mi sembra di averla

già avuta altre volte questa sensazione così forte e

dirompente, è qualcosa di già vissuto, seppure in

luoghi e tempi diversi. La mia mente poi ritorna al suo

regime comune, senza mantenere la sensazione di

questa improvvisa apertura di coscienza. Sono un po’

confuso, e continuo a lavarmi.

Mentre l’acqua calda scorre su di me e

all’apparenza tutto è tornato normale, sento con la

lingua che i miei denti anteriori sembrano come

sbriciolarsi e rientrare in dentro. Una scossa

adrenalinica mi scuote e il terrore avvampa in tutto il

mio corpo. Inorridisco all’idea di cosa mi stia

accadendo, e al mio tentativo di indagare

nuovamente sento che tutto è tornato come prima.

E’ solo suggestione mi dico. Un’impressione

momentanea. Mi sento leggermente più tranquillo, e

con timore torno a lavarmi. Esito un po’, poi torno a

saggiare con la lingua la consistenza dei miei denti.

Di nuovo la stessa sensazione… i denti rientrano e uno

di questi mi rimane in bocca. E’ allucinante. Sento

come una pietruzza liscia nella bocca. Istintivamente

la sputo, e vedo uscire dalla mia bocca una piccola

sagoma nera che finisce sul pavimento della doccia.

Sono pietrificato, mi chino ad osservare questo

oggetto e vedo una piccola virgola nera, lucida.

Sarà stata grande un centimetro. Sempre

istintivamente la tocco. Da questo momento

descrivere ciò che ho provato può essere

improduttivo ai fini dell’oggettività. Mentre fino alla

sensazione fisica dei denti tutto sembrava realissimo,

dal momento in cui ho toccato la virgola sconfiniamo

nel mondo del fantastico.

E’ stato un flash istantaneo. Al tocco della virgola,

questa stessa virgola è diventata una porta

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139

dimensionale (ha senso descriverla così?), si è

allargata nel campo della mia vista fino a inglobarlo

tutto. L’immagine concentrica della virgola si

ripeteva all’infinito dentro di essa, e il suo bordo era

frastagliato con dei disegni frattali luminosi sullo

sfondo nero. All’ingrandirsi della virgola, questo tunnel

di virgole era un invito ad entrarvi. Ma se sono qui per

raccontarlo vuol dire che non ho avuto il coraggio di

prendere quella via. O forse solo una parte di me l’ha

presa, l’altra è rimasta qui per testimoniarlo.

Anche se la sensazione che ho è un’altra. E’ come se

io avessi imboccato quella strada fino a percorrerla

ovunque essa abbia portato, e poi essendomi

impaurito del potere che questa conoscenza mi

procurava, ho deciso volontariamente di tornare

indietro dimenticando tutto. Come se il flusso

dimensionale si svolgesse al contrario fino a ricostituire

la mia realtà ordinaria. Nel ripercorrere a ritroso

questo passaggio io decidevo deliberatamente quali

erano le cose che volevo ricordare e quali no.

Credo che quello che ho voluto ricordare è stata solo

la conoscenza dell’esistenza di questo tipo di

esperienza e non le possibilità conoscitive del varcare

quella porta. Queste avrebbero forse alterato troppo

la mia visione del mondo per permettermi di tornare

alla vita ordinaria. E’ stata quindi la paura a imporre il

mio limite conoscitivo. Non scelte imposte da altri. Da

qui ho realizzato che quello che siamo lo siamo

consapevolmente perché lo abbiamo scelto. Il

problema è che non ci ricordiamo di averlo fatto e il

nostro presente ci sembra una conseguenza di

casualità o scelte altrui. Perdiamo la connessione con

la nostra parte superiore che invece decide tutto

quanto il nostro cammino.

In un attimo il mondo mi si era ricomposto sotto i

piedi. Ero di nuovo nella doccia e di virgole nessuna

Page 140: Viaggi psichedelici

140

traccia. Ne esco sconvolto, abbandonando l’idea di

farmi la mia sessione di vasca, visto che per quel

momento avevo già viaggiato oltre i confini consueti.

Avevo bisogno di contatto fisico con la realtà e di

calore umano.

C’era la mia compagna in salone, sul divano, che mi

vede uscire delirante e completamente in stato

confusionale. Mi rendo conto che questi spettacoli

non giovano alla vita di coppia. Sul divano avviene

una conversazione surreale. Mi sembra che i discorsi si

ripetano circolarmente, la realtà si muove a scatti

con pause di vuoto in cui la coscienza sembra non

esistere. Frammenti che mi rendono completamente

incapace di articolare discorsi che possano essere

compresi da chi non ha vissuto quell’esperienza. Mi

lascia, e rimango solo a cercare di mettere ordine e

recuperare il normale flusso delle cose. Dopo poco

tempo mi sento già meglio. Per quanto continuo ad

avere processi mentali accelerati, comprendo meglio

le dinamiche della realtà.

Page 141: Viaggi psichedelici

141

Riflessioni sulla morte e le esperienze psichedeliche

(indotte dall’ultima esperienza)

Le morti sono porte.

Danno accesso ad altre dimensioni.

Puoi morire in mille modi.

Sei tu a decidere, consapevolmente o no, ogni volta

qual'è il modo in cui potresti morire, combinando

elementi diversi nella vita ordinaria.

Stai continuamente sperimentando l'interrelazioni di

cose fra loro.

Qualcuna di queste da accesso alla morte.

Esempio, strada bagnata e moto in velocità.

Oppure pallottola che attraversa il tuo corpo.

Malattia inscritta nella tua anima.

O sostanza vasodilatatrice e bagno caldo.

OK forse con questa solo un collasso.

Ma mentre sperimentiamo l'unione di alcuni degli

infiniti elementi che producono in un corpo l’effetto

della morte, noi siamo perfettamente coscienti di

quello che sta accadendo.

Il tempo sembra rallentare mentre le funzioni vitali

che rendono vivo il nostro organismo sembrano

venire meno.

Ci si rende conto che qualcosa nella struttura in cui

percepiamo l'esistenza sta cambiando.

E' un processo che mentre si attua è come se

ricalcasse una serie di schemi che già conosciamo.

Gli eventi sono nuovi, ma il modo in cui li

organizziamo in una serie sembra esserci già noto.

In quel momento indubbiamente c'è una forte

componente di confusione e quindi paura. Perché di

Page 142: Viaggi psichedelici

142

fatto vediamo cambiare davanti ai nostri occhi la

struttura delle cose come le conoscevamo prima.

Vediamo accadere cose che ci hanno detto essere

impossibili, o cose che mai abbiamo immaginato

potessero accadere di fronte a noi.

Questo crea immediatamente una associazione di

idee rapida e mozzafiato. Se vediamo qualcosa che

sappiamo, o crediamo di sapere non essere possibile,

esiste solo una possibilità per noi. Che siamo morti.

Solo se siamo morti possiamo immaginare che

all'improvviso ti si apra davanti agli occhi un vortice

dimensionale che ti attira al suo interno. Perché

altrimenti nella lucida realtà quotidiana, nulla di ciò

può accadere. Non esistono vortici dimensionali.

In quel momento allora scatta un meccanismo

inconscio e formidabile: la paura. Il pensare anche

lontanamente che noi siamo morti, vuol dire che

abbiamo finito con quello che consideriamo realtà

ordinaria. Le persone care che amiamo

appartengono ad un altra storia. Con loro abbiamo

chiuso. Questo è il concetto che associamo all'idea

di morte. Ma non solo. L’idea stessa che dobbiamo

lasciare uno stato di cose che conosciamo, per

affrontare qualcosa di totalmente ignoto, è talmente

raccapricciante, che a priori ci precludiamo la

possibilità di sbirciare cosa c’è oltre.

Perché diamo per scontato che una volta varcata

quella porta, non si possa tornare indietro.

Molto di ciò che sbagliamo nella vita si basa su ciò

che noi diamo per scontato. Più cose diamo per

scontato, più restiamo delusi e meravigliati quando la

realtà non si uniforma al modello che noi abbiamo

adottato. E questo nella maggior parte dei casi ci fa

paura, perché ci rendiamo improvvisamente conto

che non abbiamo il minimo controllo sulla realtà. Per

questo ci trinceriamo dietro visioni della realtà il più

Page 143: Viaggi psichedelici

143

possibile fredde e ciniche. Sono le uniche che non

possono farci male, nel loro cadere.

Al contrario, attraverso l’uso di certe sostanze che

inducono alterazione della nostra percezione, è

possibile arrivare a sperimentare alcune delle cose

che nella realtà ordinaria riteniamo impossibili.

Questo ci spaventa di meno, perché sappiamo che

l’interazione di queste sostanze con il nostro

organismo può dare certi effetti. Ne abbiamo una

conoscenza che ci tramandiamo di generazione in

generazione per non lasciarci prendere dal panico

nei momenti in cui varchiamo queste porte.

Ma ogni volta che decidiamo di fare uso di una

sostanza psicoattiva, qualunque essa sia, stiamo

aprendo una delle porte della morte. La morte della

visione dell’universo che avevamo prima di assumere

quella sostanza.

Ogni sostanza ha le sue leggi, i suoi metodi di

somministrazione, la sua durata in termini temporali

ordinari. Ma una delle prime cose su cui sembrano

agire le varie sostanze è la percezione del tempo. Per

cui ha realmente poco senso parlare del “quanto”

dura un’esperienza. Comunque vada, per chi la vive

dura sempre un’eternità.

Ora supponiamo di assumere una sostanza di cui

conosciamo già gli effetti, perché più volte

sperimentata. Se durante questa esperienza,

veniamo a contatto con qualcosa di

straordinariamente diverso dalla nostra esperienza

acquisita, il confronto fra ciò che sappiamo di quella

sostanza e quello che stiamo sperimentando in quel

momento può dar luogo al panico.

In quel momento stiamo varcando una zona di

confine. Una porta. Una morte.

Uno dei primi pensieri che ci viene in mente è che

qualcosa sia andato storto. Che abbiamo trascurato

Page 144: Viaggi psichedelici

144

qualche elemento dell’esperienza e che il nostro

sistema nervoso centrale stia andando in pezzi per

qualche interazione chimico fisica al suo interno. La

paura è la prima reazione che emerge da questo

stato. Straordinariamente la paura induce nel nostro

sistema nervoso la secrezione di adrenalina. Questa

sembra dare una scossa incredibile al nostro

organismo, e lo fa emergere da quella situazione di

panico come da un brutto sogno. Si è

improvvisamente lucidi, consapevoli, e quasi increduli

di quanto solo un attimo prima stava accadendo.

Siamo disorientati e quasi incapaci di capire cos’è

che ci aveva spaventati in quel momento. Ne siamo

fuori, e alla fine ne siamo contenti, deve essere stata

suggestione.

E se così non fosse?

E se invece di avere quella profonda paura, avessimo

esitato un attimo, avessimo guardato meglio?

In quel momento saremmo morti. Ci saremmo

abbandonati, ci saremmo lasciati andare. Avremmo

varcato una porta, senza sapere dove ci avrebbe

portato.

Il problema nell’accettare la morte è che non

accettiamo di imboccare una strada senza sapere

prima dove questa ci porterà.

Ma qualche volta non possiamo farne a meno.

Qualche volta l’adrenalina non viene in nostro

soccorso a tirarci fuori dai guai.

O magari ci siamo davvero schiantati contro un

albero a 120 all’ora.

Scenari diversi si aprono.

Veniamo catapultati in un turbine di sensazioni

sconcertanti. E’ come raggiungere l’illuminazione, la

comprensione totale della realtà delle cose. E questo

è talmente grandioso e sconcertante, che

immediatamente vogliamo tornare indietro da dove

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145

siamo venuti.

E’ in quel momento che iniziamo a richiudere le

diverse porte che abbiamo aperto. Ripercorrendo il

cammino all’indietro fin dove è possibile sapere di

essere sani e salvi. Se veramente vogliamo tornare

indietro.

Perché dall’altra parte è possibile che si scoprano

cose che ci sorprendono a tal punto che non

vogliamo più dimenticarle. Per questo si muore.

Decidiamo di restare di là. Il nostro corpo ci sembra

meno interessante, la realtà che abbiamo

abbandonato è meno fantasmagorica di quella che

abbiamo appena incontrato. Chi vuole tornare

indietro per pagare debiti, ritrovare la propria

asfissiante famiglia, ritornare in ufficio a fare qualcosa

di disumanizzante?

Oppure semplicemente, per quanto sappiamo che la

nostra vita è fantastica, di là troviamo qualcosa di

veramente ineguagliabile, per cui qualunque vita

umana non sembra così necessaria.

Siamo morti. Ma questo non ci interessa più. Abbiamo

altre dimensioni a cui badare.

Altre volte invece si esita. Ci sono cose troppo forti

che ci legano da quest’altra parte. O meglio, quello

che vediamo di là ci rendiamo conto di conoscerlo

già, mentre qui sulla terra ancora ci sono cose che

dobbiamo capire. Allora decidiamo di tornare

indietro davvero. Ma non possiamo farlo sapendo

tutto quello che abbiamo appreso. Non possiamo

perché ci sarebbe impossibile continuare a vivere

come prima. Allora dobbiamo dimenticare

progressivamente fino a che ci serva farlo. Qualche

cosa magari la lasciamo, soprattutto qualche

sensazione inesprimibile. Queste ci aiutano a vivere

meglio dopo, perché ci danno la consapevolezza di

un qualcosa ancora da esplorare. Ma il più va

Page 146: Viaggi psichedelici

146

nell’oblio. Non ci serve ora. E’ un patrimonio troppo

pesante e scomodo da gestire. E mentre

dimentichiamo, ci sembra giusto che sia così. Sono

cose che sappiamo dall’inizio dei tempi, a cosa serve

saperle in una comune vita umana?

Abbandoniamo con soddisfazione la nostra

onniscienza per scendere al livello mortale. Per

tornare indietro al punto in cui avevamo più

domande che risposte. E’ un ciclo inevitabile a cui

non vogliamo sottrarci. Forse perché ci diverte così.

Viviamo in costante oscillazione fra onniscienza e

completa dimenticanza. La morte non è altro che il

passaggio da uno stato ad un altro. E’ un passaggio

che allarga o restringe la nostra consapevolezza.

Anche quando la coscienza universale si incarna in

una piccola porzione della coscienza umana, muore.

E’ una morte inversa. La nostra nascita di piccoli esseri

umani ed indifesi, è la morte di un frammento di

coscienza che viene allontanato dal tutto per

scendere negli infimi strati della materia.

Costantemente un ciclo.

Page 147: Viaggi psichedelici

147

Seconda esperienza con Ketamina

15 maggio 2004

Le parole.

Tornare ad usare parole per esprimere qualcosa che

le parole non potrebbero mai fare.

Il linguaggio è un codice, una codifica che usiamo

noi umani, quindi esseri relegati al nostro consueto

piano dimensionale (quello in cui è possibile leggere

queste righe), per descrivere cose che accadono in

questo piano dimensionale. Generalmente

descriviamo oggetti, eventi, situazioni che

accadono/esistono sul piano concreto. Come posso

questa volta usare queste stesse parole per esprimere

ciò che accade in un piano dimensionale diverso,

vissuto da una creatura non più confinata nel suo

corpo, non più schiava delle leggi ordinarie?

Non ho le parole per farlo, e neanche un bagaglio

emotivo a cui fare riferimento. Emozioni e sensazioni

umane vengono smaterializzate quando varchiamo

le porte del sogno.

Ecco… l’unica traccia che resta è come quella di

aver sognato.

Cercare di essere obiettivi non ha senso, né cercare

una sequenza cronologica di eventi. Ricordo una

partenza ed un atterraggio. Ricordo la realtà che

conoscevo prima, e posso confrontarla con quella

che ho ritrovato al rientro. Sono indistinguibili. Nulla

esteriormente è cambiato.

Ma in quel lasso di tempo cosa è successo? E’ questa

la domanda che mi pongo ogni volta che devo

descrivere un viaggio. Dove sono stato?

Il dove già presuppone un luogo. Un posto che è

altro da quello di cui si parla. Ma un luogo è per

definizione un posto fisico, un posto che ha dei

confini che lo delimitano rispetto a qualcos’altro che

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148

è fuori. “Dove sono stato” allora non è la domanda

giusta. Ricordo che non c’erano confini o limiti. Non

c’era un dentro e un fuori.

Quanto sono stato via? Il tempo potrebbe darci delle

risposte se questo avesse un significato. Ma il tempo è

legato allo spazio, e là dove non c’è uno spazio fisico

in cui essere, non c’è alcun tempo che scorre. E’ il

tempo dell’Eternità, il tempo in cui tutto è simultaneo

ma non sovrapposto. In termini terrestri è stato circa

un’ora e mezza. Questo è il tempo che mi è occorso

per riprendere possesso del corpo fisico, muoverlo,

ritrovare punti di riferimento.

Ma quando ero via, il tempo poteva essere stato

quello della creazione del mondo.

Come sono stato? Potrei cercare di capire se sono

stato bene o male, se queste due categorie opposte

avessero un senso quando si parla di ciò che può

avvenire in un posto in cui bene e male non esistono.

Bene e male esistono qui sulla Terra. Altrove c’è solo

movimento, trasformazione, essere e amore.

Sono stato. Questo si. Ero assolutamente certo che

ero. Non sapevo cosa, ma ero. Pura presenza, o pura

coscienza di sé. Chissà perché queste parole mi

risuonano di divino. Se sono stato pura coscienza,

allora vuol dire che sono stato Dio? Oppure sono

semplicemente arrivato all’origine di me stesso. Un

me stesso che è divino in quanto creatore del mio

mondo, ma non creatore di tutti i mondi possibili. La

differenza certe volte è sottile. Viaggiatori instabili

potrebbero facilmente cadere in deliri di

onnipotenza. Ma in quello stato non ci si cura più dei

piccoli giochi di potere. Si è oltre.

Amplificazione della coscienza vuol dire concepire

ciò che è inconcepibile. E’ un’esperienza

incomunicabile sul piano terrestre. Quando torniamo

siamo telescopi che si muovono intorno ad

Page 149: Viaggi psichedelici

149

amplificare piccoli segmenti di cielo. Ma quando

siamo là, non siamo più chiusi da una lente. Siamo

oltre di essa, oltre noi stessi e i nostri limiti biologici e

culturali. C’è una matrice insondabile in cui ci si può

muovere. Iniziamo ad intuire i meccanismi dell’essere.

In qualche modo sono percezioni familiari. Perlomeno

così mi appaiono adesso. E’ un qualcosa che

conosciamo bene, forse perché è il posto in cui si

originano le nostre coscienze. E’ come tornare a

ricordare le cose così come erano prima che

decidessimo di dimenticarle. Qualche volta le

scordiamo volutamente, altre volte siamo solo distratti

dal troppo che c’è.

Insomma, ero immerso in un oceano. Acqua

nell’acqua.

Il mio corpo c’era, da qualche parte forse a

galleggiare sulla superficie. Come un legno secco

che ondeggia tra i flutti. Ma io ero nel profondo delle

acque. Non c’erano limiti a dividermi dal resto. Ero

forse tutta l’acqua, o solo una parte, che importa?

Ero.

Non c’erano visioni, luci, forme riconoscibili. Nulla di

riportabile all’umana realtà. Se ci pensiamo bene, la

luce ha senso solo per noi che abbiamo occhi per

vedere. Ma Dio che occhi non ha… cosa vede?

Parlare di sensazioni ha poco senso perché derivano

dai sensi e dov’ero non ne avevo. Sembra un futile

gioco di parole ma è la verità. Come si può definire

ciò che avveniva in me? In me però indica che ci

fosse anche un fuori. Mentre io ero fuso con quello

che vivevo. Ero una serie di stati dell’essere.

Ritorno alla sorgente originaria (sentire di avere

inglobato le proprie frammentazioni fino diventare il

contenitore di ciò che si era).

Fluttuazione di realtà (percezione contemporanea

dell’esistenza di se stessi in molteplici modi differenti).

Page 150: Viaggi psichedelici

150

Riconoscimento di Sé nel tutto (non esiste nulla

all’infuori di se stessi).

Esplorazione dell’autorealtà (il movimento della

coscienza avviene all’interno di un’illusione artificiale

autocreata per esplorare la propria diversità).

Riunificazione degli opposti (amare l’altro perché

parte di Sé e non diverso).

Misti a questi stati emergevano i fattori umani.

Diciamo che è come se esistessero degli stati

universali, trascendenti, che sono al di fuori del

linguaggio, della cultura, del pensiero. Potrebbero

essere le famose idee platoniche. Poi emergevano

invece delle tensioni puramente umane.

L’appartenenza alla propria specie, e la descrizione

che questa specie dà della realtà di sua

appartenenza. E’ come se io stessi confrontando

dall’esterno la Verità suprema, con il grado di verità a

cui stiamo lavorando sulla Terra. Beh, ci vuole ancora

un bel po’. Però non siamo così idioti in fondo. Il

problema è che ci sfugge una questione

fondamentale: come si può non amare qualcosa. E’

stato lampante.

Se l’Assoluto è il Tutto di cui noi facciamo parte,

l’illusione suprema, e noi come parte dell’illusione

siamo illusioni a nostra volta, come possiamo noi

stupide illusioni, illuderci di non amare qualunque

altra cosa?

Non c’è meno Dio in una cacca che nel viso della

persona amata. Eppure ci illudiamo di sì. Creiamo le

forme che separano. Siamo vittime di un tremendo

maleficio di cui siamo gli autori. Non è terribile? Ci

stiamo sopraffacendo, mutilando, torturando. E tutto

ciò che facciamo lo facciamo a noi stessi. Ci stiamo

autoflagellando pensando che il male che riceve un

altro non possa ricadere su di noi.

Page 151: Viaggi psichedelici

151

E’ questa la legge del Karma, nella sua crudele

semplicità.

E intanto andavo a ricomporre la mia personalità

umana. Tornavano dei pezzi del mio modo di essere,

rievocavo pensieri privi di senso (per l’Assoluto) ma

assolutamente ordinari per noi umani. Nel fare questo

li confrontavo con una nuova presa di coscienza. E’

stato come mettere l’Anima in candeggina.

Rinascere.

Solo che come tutte le cose è un processo. Sentivo

che stavo planando ad occhi chiusi verso il mio

corpo, riacquistandone tutti i limiti e la sua materialità.

Avrei voluto fermarmi prima. C’è stato un momento

del mio ritorno che era un posto in cui l’Umanità era

illuminata. Si viveva tutti con la consapevolezza che

ogni dolore causato all’altro era un dolore per noi

stessi. Un mondo perfetto. Avrei voluto fermarmi lì, e

risvegliarmi da questo sogno dicendo di aver sognato

un posto orribile dove ancora esisteva la guerra.

Invece mi sono risvegliato qui, e posso dire di aver

sognato un mondo splendido dove c’era solo

l’Amore.

Forse è il posto dove un giorno potremo arrivare se

solo sapessimo che esiste.

Ve lo dico io, esiste. Vi va di andarci insieme?

Fiducioso che le generazioni di domani avranno

meno pregiudizi verso esplorazioni della coscienza

come queste, spero che io possa aver dato un

contributo affinché l’esplorazione e la ricerca

dell’Uomo su se stesso abbia un senso.

Dati tecnici dell’esperienza: 100 mg di Ketamina

insufflata nel naso.

Durata dell’esperienza: 1h e 1/2 .

La sostanza sembra una delle migliori, il viaggio è

Page 152: Viaggi psichedelici

152

intenso, significativo, positivo e con un ritorno molto

sopportabile se non ci sono pressioni esterne. E’

difficile che possa andar storto perché essendo un

anestetico non si ha la capacità motoria e non si

mettono in moto meccanismi di panico.

Consigli per il viaggio: una musica celestiale e un

posto comodo dove dimenticarsi di avere un corpo.

Non occorre davvero nient’altro. Non lo si potrebbe

usare. Evitare in ogni caso posti affollati, o situazioni

scomode o precarie.

Io avevo a portata di mano un foglio per necessità

improvvise. Quando sono tornato c’era scritto con

calligrafia poco leggibile: “Siamo onde d’eternità!” e

“Perché si dovrebbe non amare qualcosa????”.

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153

Terza esperienza con Ketamina nella vasca di

deprivazione sensoriale

7 agosto 2004

Ho assunto circa 70 mg di Ketamina insufflata nel

naso prima di entrare nella vasca di deprivazione

sensoriale, luogo indicato dalla letteratura

psiconautica come ideale per consumare

un’esperienza ketaminica.

Dopo pochi istanti già mi sentivo fluttuare nel pieno

dell’esperienza. Di tutti i tipi di esperienza

enteogenica, psichedelica o di alterazione, quella

ketaminica mi sembra la più difficile da descrivere.

Probabilmente a causa delle moltissime immagini

mentali che si susseguono l’una dentro l’altra senza

aver modo di poterle associare a qualcosa di visivo o

realistico che possa aiutarci a ricostruire il nostro

percorso. Ricordare diventa difficile, recuperare i

frammenti del vissuto è come pescare nella nebbia

oggetti impalpabili.

Quello che cambia all’inizio è proprio il costrutto della

nostra mente. La base dalla quale formuliamo i nostri

pensieri. C’è una dilatazione di significati e di

capacità percettiva della stessa fonte dei nostri

pensieri. Come se la scatola ideale che contiene la

mente si ingrandisse per poter contenere ciò che

prima era più compresso, in uno spazio più ampio.

Nel buio della vasca lo spazio nero intorno a me

assumeva di volta in volta consistenze diverse e

intensità variabili in accordo con quelli che erano i

miei pensieri correnti.

La situazione confinata della vasca è molto propizia

per poter amplificare la perdita di confini che già si

associa all’esperienza ketaminica. Generalmente la

percezione dei propri limiti corporei diventa

particolarmente inconsistente. Sembra quasi che il

Page 154: Viaggi psichedelici

154

corpo diventi solo un involucro che tocca altre

superfici e quello che trasmette come sensazione è la

particolare consistenza rigida di questo involucro. In

vasca, non avendo superfici rigide di contatto con il

corpo, i limiti vengono completamente trascesi. Si

diventa una unica sostanza pensante, illimitata e

omnicomprensiva. L’attività cosciente è presente

continuamente, però cambiano moltissimo il tipo di

pensieri che scorrono davanti a questa macchina

filtrante. Era come se i pensieri costituiti di parole si

traducessero anche in atmosfere visive. Il fondo nero

dello schermo si animava creando giochi di ombre su

ombre, movimenti liquidi che si espandono e

contraggono, movendosi in questo spazio fatto di

nulla. E intanto la mia mente osserva se stessa su

diversi livelli. E’ come salire ad un livello superiore da

cui si capisce l’origine dei pensieri. Alcuni si

etichettano come umani, contestualizzati

all’esperienza umana, altri sono di tipo più assoluto,

cioè potrebbero appartenere ad una mente

universale. Si riesce a percepire la differenza fra il tipo

di credenze dovute all’esperienza accumulata sulla

Terra, e si confrontano con un tipo di pensieri

appartenenti ad una verità superiore.

Comunque più ne scrivo, più mi sembra di star

perdendo completamente il senso dell’esperienza. E’

irraccontabile. Diventi tutto ciò che è. Diventi l’essere.

Il nulla oltre il nulla, che eppure, è.

La vastità dell’immenso eterno. L’immutabilità di ciò

che è completa trasformazione.

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155

FRAMMENTI DI VIAGGI

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157

Frammenti di viaggi

Nelle successive pagine sono raccolti disegni e

scritti buttati giù durante una decina di

esperienze di alterazione degli stati di coscienza.

A tratti emergono pensieri e illuminazioni

interessanti, a tratti il senso è completamente

oscuro e si perde in tutto ciò che non vi è scritto.

A volte le parole possono creare poesie, a volte è

solo un delirio di frasi sconnesse e senza senso.

A volte c’è un intento di creare suggestioni

artistiche, altre volte semplicemente di registrare i

moti del pensiero. Spesso il pensiero si fa contorto,

distorto, celebra solo se stesso. Altre volte si libra

leggero e colora stati d’animo estatici.

Costantemente c’è la tensione ad esprimere

qualche verità cosmica che viene colta in quei

barlumi in cui la coscienza si fonde con una

mente universale. Purtroppo i limiti del linguaggio

umano e della comunicazione emergono in

queste pagine in tutta la loro schiacciante

durezza.

Queste pagine non sono mai state concepite per

essere condivise con altre persone, ma solo

come memoria e ricerca personale. Ma a

distanza di tempo in esse scorgo delle

potenzialità espressive e delle suggestioni che

possono trovare riscontro in altre menti.

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158

Page 159: Viaggi psichedelici

159

Siamo tutti agglomerati cosmici di coscienze

persi nella rete delle cose

miliardi di galassie

tutti legati con fili

tutto quanti solo

Uno

Uno

solo e tutti lo stesso tempo

da sempre e per sempre

cambiano gli schemi ma è tutto sempre così

non c’è poetica

frasi libere

nient’altro

quando altro è l’infinito

che è dentro ognuno di noi

e miliardi di altri ancora

sempre sempre sempre

tantissime infinite porte da aprire

troppe possibilità

la via è una – tutte sono le vie giuste

ognuno nel suo inferno

e tutti nel loro paradiso e girare per sempre su

questo foglio e rendersi conto che il foglio è lo

stesso e la penna sta pure finendo di scrivere o

resisterà fino all’ultima verità???

D(IO)

Page 160: Viaggi psichedelici

160

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161

Page 162: Viaggi psichedelici

162

Questo è uno schema

non caderci!

OPS! ci sei già cascato!

Ogni foglio merita uno scarabocchio

tutti i fogli sono bianchi ma qualcuno NO

tutte le pagine già scritte

Girare girare ma PERCHE’?

ed è sempre stato così e lo sarà per sempre

ma allora

PERCHE’

??????

???

Questa volta il viaggio è stato troppo

FORTE

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163

Page 164: Viaggi psichedelici

164

TUTTO QUELLO CHE POSSO RIPRODURRE

SU QUESTO FOGLIO E’ L’UNICA REALTA’

IN CUI POSSO VIVERE

QUELLO DI CUI TU NUTRI IL TUO CERVELLO

RAPPRESENTA IL MODO IN CUI TU VIVI

IL MODO IN CUI VIVI NUTRE IL TUO CERVELLO

DI COSE PIU’ O MENO REALI

LA CHIMICA DEL MIO CERVELLO PUO’

RIPRODURRE INFINITI UNIVERSI POSSIBILI

SONO IO ATTRATTO DALLE COSE O LE COSE CHE

SONO ATTRATTE DA ME?

Page 165: Viaggi psichedelici

165

Ognuno di noi vive

certe volte il filo si perde

esiste un valore estetico intrinseco alle cose?

O la bellezza è solo

dove si vuole che sia?

Page 166: Viaggi psichedelici

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167

Page 168: Viaggi psichedelici

168

La differenza fra le persone è che

alcuni vivono

come pensano di credere

altri vivono

come credono di pensare

ma IO

come

vivo?

?

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169

Page 170: Viaggi psichedelici

170

L’universo è una rete di coscienza

L’universo esiste perché noi lo pensiamo

oppure è l’universo che pensa noi?

Le cose in cui si crede

NON ESISTONO

siamo solo noi che ci crediamo

Siamo noi che ci circondiamo di cose e persone

che ci fanno credere le stesse cose in cui

credono loro. Ognuno per avere una conferma

di sé, ognuno perché in fondo ha paura di morire

E’ la paura della morte che ci insegna a vivere o

la paura della vita che ci prepara a morire? C’è

poi reale differenza tra il vivere e il morire?

E’ solo che noi non ce ne rendiamo conto.

Per fare uso di sostanze che alterano la mente

bisogna essere molto forti, oppure estremamente

deboli. Perché in certi momenti non ne capisci la

differenza.

Non sai proprio chi sei e perché fai quello che fai.

E allora cerchi una spiegazione. E crei uno

schema. In cui però poi alla fine ci credi, e non

sai se lo schema l’hai creato tu o se è sempre

esistito prima di te.

Ma questa è solo un’idea

Page 171: Viaggi psichedelici

171

Una persona mi ha detto che tutto quello che

posso provare devo scriverlo su questo foglio. Il

problema è che non ci entra. So che sta a me

farcelo entrare, è solo questione di scelta

consapevole.

Il processo dell’arte… parole grosse.

Raffinare il pensiero

capire

DENTRO LE COSE

Disciplina

Si è sempre

contemporaneamente

prigionieri e liberi

della propria realtà

Volevo dire a quella

persona che le cose in

cui crede sono il mondo

che lo imprigiona

Page 172: Viaggi psichedelici

172

Page 173: Viaggi psichedelici

173

La realtà (=DIO) cerca di esprimersi attraverso di

noi.

Noi invece stiamo cercando lui!

Sia noi che Dio stiamo cercandoci ma non

riusciamo ad incontrarci mai

CICLO

FORSE UN GIORNO SI’!

giorno=morte?

morte fisica del corpo che libera la mente

o mente che si rende schiava del corpo?

Corpo, mente, alla fine

è sempre un fatto di scelta

o questione di punti di vista

Page 174: Viaggi psichedelici

174

le cose che ci piacciono sono quelle che

sembrano darci un senso. Perché probabilmente

le cose non ce l’hanno. Il senso intendo.

sembrare non è essere

ci piacciono perché ci danno un senso o hanno

un senso per cui ci piacciono?

senso e piacere

che rapporto hanno?

Non si può mai percorrere una strada

percorsa da altri.

Ma non ci sono mai altre strade.

Ed è sempre l’unica

la sola

che sembra esistere

Page 175: Viaggi psichedelici

175

La realtà è una droga che annebbia i sensi.

Ognuno sceglie la propria droga.

Qualcuna è chimica (e funziona!)

Altre sono consensuali.

IL CALCIO, LA TV, IL SESSO

L’AMORE è la più grande.

Sei tu che dai il senso che vuoi alle cose. Solo che

delle volte non lo sai.

C’è bisogno di uno schema per comprendere la

realtà. Ma poi non bisogna pensare che sia lo

schema ad essere la realtà. Altrimenti siamo

caduti in un’altra trappola.

Noi cerchiamo sempre di trovare giustificazione

per le cose che facciamo. Una giustificazione più

ampia di noi perché noi non ci bastiamo mai.

Perché Dio non basta a se stesso.

Dio ha bisogno di SE’

Page 176: Viaggi psichedelici

176

Ogni foglio di per sé è una prigione. Come la vita

stessa. Solo che c’è chi lo sa e chi no. Chi va fuori

dalla pagina e chi rimane chiuso dentro allo

schema. Chi ha bisogno di assumere droghe per

capire il mondo e chi pensa di capirlo senza

averne bisogno. La droga più grande è il

cervello. Nel tuo cervello ci sono le sostanze più

potenti che si possano immaginare. Ognuno

cerca da sempre il modo migliore per liberarle.

Chi si rifugia nell’arte. Chi nella scienza. Chi nella

teologia. Chi nell’amore. Chi nella famiglia. Chi

nel lavoro. Chi nella comoda calda realtà di tutti i

giorni. E tu dove vuoi rifugiarti oggi? In quale

valore ti identifichi di più? E ti ci identifichi perché

ti ci fanno identificare o è tutta farina del tuo

sacco? Esiste una farina del proprio sacco? O

tutte le farine sono sempre contaminate dai

sacchi degli altri?

Page 177: Viaggi psichedelici

177

La logica disarmante ha un potere enorme.

Ma rimane solo logica disarmante.

Poi c’è altro…

c’è la Verità…

c’è la Ricerca…

Page 178: Viaggi psichedelici

178

Lanciarsi da 10.000 metri nel vuoto di te stesso.

E’ meglio avere un paracadute,

o fa più fico senza?

Bisogna sempre cercare di spingersi oltre i propri

confini e rischiare oppure si può semplicemente

camminare sul filo del rasoio? Sulla linea limite tra

coscienza e realtà, sogno e immaginazione.

Ognuno di noi cerca nella vita, è inutile negarlo.

Solo che alcuni si accontentano della prima cosa

che trovano.

Altri invece vanno avanti per accontentarsi della

seconda.

Altri arrivano pure alla terza.

Altri alla quarta.

Altri alla quinta.

Alla sesta, alla settima…

ALTRI NON SI FERMANO MAI

Continuano a cercare.

Quindi alla fine quelle che ne esce fuori è che

l’unica cosa che conta è la ricerca. Ma è una

strada che non porta da nessuna parte se non a

se stessa. Ma ti mantiene vivo. O ti fa credere di

esserlo. Ti da un senso di appartenenza a

qualcosa di più grande, a qualcosa di eterno. E

questa diventa la tua droga. La ricerca.

L’uomo è sempre prigioniero di se stesso.

Page 179: Viaggi psichedelici

179

Se vuoi fermare il tempo

puoi levare la pila all’orologio.

L’arte è il tentativo cosciente dell’uomo per

esprimere l’inesprimibile.

Ci sono infinite tecniche per farlo.

E si possono passare intere vite a studiarle.

Ma un conto è studiare le tecniche, un altro

conto è farlo.

E facendolo inevitabilmente troverai la tua

tecnica. Il tuo modo.

E verrà un giorno in cui qualcuno altro tenterà di

studiare te e la tua tecnica. E inevitabilmente

avrà racchiuso te in uno schema, credendo di

averti compreso. Ma in te ci sono molte più cose

di quante quella persona non possa arrivare a

comprendere. Perché c’è molto di più di te in

quello che la penna non scrive, ma nessuno

crederà mai se non alle cose che tu potrai mai

scrivere su questo foglio.

Page 180: Viaggi psichedelici

180

E che differenza c’è tra lo scrivere e il vivere

allora?

Il vivere è quello che tu ti porti dentro ogni giorno

fino a quando non esalerai l’ultimo respiro.

Lo scrivere è quello che resterà perché altri lo

possano comprendere. E’ ciò che di te è eterno

in senso concreto. La tua esperienza si trasforma

in parola, verbo. Altre persone ne entrano in

contatto e si crea comunicazione. La

comunicazione è scambio. E sempre e

comunque crescita. Io come particella di

umanità lascio una briciola della mia esperienza

a quelli che verranno. Affinché qualcuno la

raccolga, ne faccia buon uso e viva a sua volta

la sua esperienza. E generazione dopo

generazione, affinché il mondo diventi goccia a

goccia un posto migliore.

Page 181: Viaggi psichedelici

181

Uno si affanna tanto nella vita per cercare di

dargli un senso. Non si può solamente vivere?

Credo che alla nascita ho scelto l’opzione

sbagliata. Avrei dovuto cliccare su

ma non l’ho trovato da nessuna parte. Anche

sarebbe stato grandioso. Ma cos’è poi la vita

senza quel briciolo di sofferenza in più?

DOLORE è quando hai qualcosa da dire ma non

trovi la penna. O è finito l’inchiostro. O nessuno ti

sta ad ascoltare. O non c’è proprio nessuno ad

ascoltare. E quando qualcuno alla fine si ferma e

ti presta attenzione, improvvisamente ti rendi

conto che non sai più cosa dire. O lo sapevi e te

lo sei scordato.

A proposito, ma dove vanno le cose che uno si

dimentica?

INSENSIBILITA’

ALL’ESISTENZA

INCAPACITA’

DI SOFFRIRE

Page 182: Viaggi psichedelici

182

La differenza è fra chi legge DYLAN DOG chi

scrive DYLAN DOG, chi vive DYLAN DOG e DYLAN

DOG stesso.

Anche adesso, tu stesso

puoi decidere di

essere

DYLAN DOG

So che pensi che sia impossibile, ma non lo è.

Nulla lo è. So che pensi che sia difficile.

Questo si che lo è.

E anche molto.

Ma non farti mai fermare dall’apparente

difficoltà delle cose. né da chi ti dice che le cose

sono così difficili.

Non credere a chi ti dice che non puoi volare se

non hai le ali.

Aprile e

VOLA

Page 183: Viaggi psichedelici

183

Nella penombra, solo una candela accesa.

Bach riempie lo spazio.

Ed io. Solo.

Potessi in un istante trascendere l’esperienza

umana, lo farei.

Ma ho ancora la testa troppo piena di pensieri.

Del perché, del come e del per quanto ancora

dovrò perdurare in questo stato di esistenza.

E non cadere invece in un altro abisso nero di

oblio.

O B L I A R E

Ma resterà sempre qualcuno ad osservare?

Una nota lunga riempie lo spazio. Così intensa

che vorrei non terminasse più. Lo spirito delle

volte si solleva. Respira.

Ma il corpo è così presente.

La sua materia mi spinge verso il basso. Potessi

almeno raggiungerne le profondità.

Ma la mia consistenza mi impedisce di liquefarmi.

Sciogliermi e penetrare nelle crepe dell’esistenza.

Venirne assorbito senza averne più coscienza.

Mai più.

Page 184: Viaggi psichedelici

184

Se c’è un inizio, c’è sempre una fine.

Ma è solo l’uomo che le distingue.

Per l’universo è solo un continuo lento andare.

Il peso del mio corpo continua a schiacciarmi.

La coesione fra gli atomi è sempre più forte della

volontà.

Mi tengo forte sul ciglio della realtà. Ma le mie

mani non tengono nulla.

Mi segretolo ad ogni passo. Silenzioso.

Con delle corde sono ancorato al quotidiano.

Vorrei tagliarle e volare via. Sempre troppo

debole per farlo.

Deridermi sarebbe comunque già ridere.

Invece mi contorco in attesa del pianto.

Ma non verrà mai per liberarmi. non cedo a così

facili artifici.

Giocare col dolore. Quello fisico fa paura.

Forse perché è più reale, o convincente.

Ma quello interiore è un’illusione quasi calda in

cui annegare.

Rinascere.

Ho solo bisogno di rinascere.

Page 185: Viaggi psichedelici

185

L’ETERNITA’ NON HA ETA’

MI RICORDO DELLE COSE QUANDO ACCADONO

DIMENTICO FACILMENTE CIO’ CHE NON E’ DUALE

DIFETTO DIFFUSO DELLA MIA STIRPE MORTALE

TROVO TRACCE DEL PASSATO ORMAI DIMENTICATO

PERDO IL SENSO DELL’ISTANTE

RIPASSO SPESSO SULLE STESSE IDEE

OSSERVO, NO – SON PERSO

O SOLO IN UN TEMPO CHE SCORRE DIFFERENTEMENTE

DA CUI EMERGO A RILEGGERE

COSE DI QUALCUN ALTRO

E GIUDICO RIMBALZANDO FRA DIVERSI IO

RIENTRO A FLUSSI NEL’INTERIORE COMPLESSITA’

COSI’ BANALE ANCORA TRATTENUTO NELLA

TEMPORALITA’

MENTRE LE PAROLE SONO MACCHINE IN CODA

SU TANTE PISTE DIVERSE

E ASPETTANO SOLO CHE IO LE FACCIA FLUIRE

FUORI DALLA MIA IMMAGINAZIONE

SE SOLO L’INCHIOSTRO AVESSE VOLONTA’ PROPRIA

POTREI RIEMPIRE UN MONDO DI CONTRASTI

NEL MIO VORTICE FLUTTUANTE

DI ESTESE SENSAZIONI

E RAREFATTE CONCENTRAZIONI

UN ARRIVO IMPROVVISO (GIADA)

SCUOTE

E CAMBIA TUTTE LE REGOLE DEL GIOCO

ALLORA NON SONO PIU’ DIVERGENZE DEL MIO IO

INTERNO

MA C’E’ UN ALTRO

CON CUI CONFRONTARSI

IN COSTANTE OSCILLAZIONE

Page 186: Viaggi psichedelici

186

La vita è un grande viaggio

che voglio compiere con te

anima mia

scortato dalle tue ali azzurre

danzando

sul tuo serpente di scaglie d’oro

energia che fluisce dentro di me

a cavallo di un’onda perfetta

seguendo un ritmo di sopore e di veglia

nel ciclo degli attimi sospesi

rimbalzando dentro i livelli interiori

molteplici stanze di pensiero

un tuono riscuote lontano

percuote le pareti della mia coscienza

cresce in una potenza che si dilata

affievolendosi

una sirena lontana e penetrante

si discioglie in una delicata sirena emersa dal

mare

torna il ritmo

rumore e sensazioni di ricordi affioranti

di vite che scorrono là fuori

mi portano lontano su rombi di tuoni e vetture

mi disciolgo in me

fluttuo in un vuoto distante realtà

anni luce

in cerca di mistero e di luce

con l’alternanza di questi

battere e fluire – sbattere e danzare

Page 187: Viaggi psichedelici

187

eterno burattino delle cose che penso,

che sento, che vivo, che voglio

poter raccontare ciò che vivo dentro

un gigante buono e una bambina cattiva

personaggi e luoghi che ho dimenticato

per far posto ai nuovi eterni presenti della mia

coscienza

cerchi sempre qualcosa che si perde

un’eco dentro di te che muore

un sentiero non seguito

e sai che puoi andare lontano

in quell’ineffabile senso di buono e di oscuro

che c’è in te

un posto dolce e buono

non più paura

il potere che cresce in te

l’espansione dei tuoi multisensi

continue distorsioni

tutto è fuso in uno

freddo-caldo

silenzio-battito

dimensioni cosmiche

esplosioni cerebrali

labirinti pluridirezionali

seguire tutto è un gioco

comprendere è divertirsi

scoprire se stesso in ogni anfratto

trovare il senso in ogni singolo contatto

con altri pezzi di sé

Page 188: Viaggi psichedelici

188

cambio mille forme

ma sono sempre lo stesso bambino giocherellone

di sempre

racconto delle storie per addormentarmi di sera

ma non dormo mai

o forse ad intervalli cosmici

quelle che chiamate reincarnazioni

sono solo le sfaccettature di una sola vita

che si diverte a vedersi rimbalzare

e prendere la forma di ogni singolo istante

gli altri non esistono

o ognuno è una creazione a sé

d’un tratto capisci che la sola cosa

è la comunicazione

e l’unica cosa è la forma

il tratto, lo stile

retorica a tradimento

sono maledettamente importanti

cellule in comunicazione

particelle dello stesso sistema

descrizioni complementari

tutto è vero nello stesso tempo

credi a quello che vuoi

quello si avvererà

hai un solo obbligo di scelta

divertirti – questa è la realtà

quando capisci che tutto è lecito

purché ci si ricordi di non dimenticare

Page 189: Viaggi psichedelici

189

eppure si dimentica perché si ha voglia di

tornare a ricordare

ricordare cosa?

cosa c’è da ricordare

infinite strade

infiniti giorni

io e te

anima amante

tornare in un ciclo e riscoprirci

uomini e donne

poli opposti

in cerca dell’altro

elettricità chimica

organismi polari

attrazione repulsione

provare tutti i diversi opposti

una natura sovrumana

dentro di noi

molte più vaste dimensioni cosmiche

per vederci di nuovo uniti

verso la LUCE!

Ho capito!

E’ tutto il battito

se non c’è non sei vivo

ma subito tornerà a sorprenderti

il battito sempre torna

ma si manifesta in

molteplici modi

lo perdo e lo colgo

ma lo so, è l’Illuminazione

un semplice battito

Page 190: Viaggi psichedelici

190

scegli quello che scegli

nulla è al caso

ma ti fai domande sempre più complesse

alzi la posta in gioco per vedere

dove arrivano i tuoi superpoteri

e allora hai capito che

puoi volare

ma superi il primo meccanismo di difesa

superi il secondo

sei molto bravo a stare al gioco

supera il terzo

il quarto e il quinto

è tutto nei numeri

è KABBALAH

sequenze e frequenze

non concettualizzare!

Fluisci! Il guru mi parla dentro ora!

Mille maestri e tutti a fare il tifo per me

a farmi spiccare il salto ed entrare

nell’Immortalità

Il grande salto

i mille destini dei suicidi millenari

ma il viaggio non è oltre il salto

il viaggio è qui

sulla terra che mi richiama

mi cerca il suo calore

la vita che risplende

il battito che torna

mescolanze di alchemiche reazioni

Page 191: Viaggi psichedelici

191

ARRIVA D’IMPATTO COME ONDA

PULSAZIONE DI PERCEZIONE

TUTTO IL SUONO E’ PIU’ DENSO schizzano

(seguire il flusso)

Già dopo poco perdo il filo rapidi

i pensieri

un disegno

più di mille parole

mille

voci

sguardi DENTRO DI ME

pressione

sulla

fronte

FLUSSI ENERGETICI

E S P A N S I O N E

D I S I N T E G R A Z I O N E DELL’IO

ALCUNE

P R E S E N Z E

ACCANTO A ME

ORA

E’ un ritorno

breve alla realtà

Page 192: Viaggi psichedelici

192

Mi ristrappo ad

una realtà di parole

LOGICA

SEMANTICA

DEL LINGUAGGIO

TRAPPOLA

GABBIA

RETE

DIRAMAZIONI

Percorsi portano a

ramificazioni

Sabbie del deserto egizio

Battiti di

tamburi lontani

ulteriori

ramificazioni

PASSI DENTRO LA TESTA

qualcuno cammina

una voce lì dentro di me

ho qui dentro

(risponde a programmi preformati)

Page 193: Viaggi psichedelici

193

Seguo i battiti

Energia animale torna a rapirmi

Sprofondo in ritmi

Spazi profondi

Voragini di luce e suono

USCIRE ENTRARE USCIRE ENTRARE USCIRE ENTRARE

PERDERE LASCIARE

ritmo sempre più incessante

di stati di realtà differenti

percepisco diversi punti di vista

TUTTI

NUOVE DEFINIZIONI

smarrisco tutti i sensi

ERRORE DI

INTERPRETAZIONE

Cerco di dare un senso alle cose

DRAMMATICO

Mi divido fra

ANALITICO

EVENTI ESTERNI MI CATTURANO

E rispondo ancora perfettamente

Secondo memorie

DA DOVE VENGONO?

DI CHI SONO?

UNO/NESSUNO/CENTOMILA

Citazioni e sparpagliamenti letterali

Page 194: Viaggi psichedelici

194

incertezza a decifrare sensazioni

ritorna spirito analitico

raccontare

SUONI DISTORTI SPAVENTANO

passa a nuova immagine

ricordare per associazioni fra elementi

cercare di trovare un senso attimo per attimo

ad ogni istante battito del [cuore]

immagini interne di ISOBEL

ricostruire le trame interrotte

INIZIO

DI

DIADI

naturale/artificiale

olfatto gusto

FUSIONE

Aroma

Se tutto l’universo avesse un

sapore, che sapore avrebbe?

Page 195: Viaggi psichedelici

195

Ogni sapore in ogni istante appare

(ATTO (PULSAZIONE (COSCIENZA)

PERCETTIVO) PERCETTIVA)

Filtro a rete

di elementi

N E T W O R K

VOCI CHE SENTO IN LONTANANZA

Mi chiamano indietro in un parco d’Islanda

Un camper

di turisti manifestazione subdola di Bjork?

Aria fresca

Pura la natura

Cielo sereno

TORNO: SPAESATO

Voci esterne (vere?!)

PASSI ANCORA NELLA TESTA (veri!)

Page 196: Viaggi psichedelici

196

Produco errori

Di percezioni/valutazioni

Cerco schemi stesse scelte

ritorno a

punti già percorsi diverse apparenze

superare il problema

tenere a mente tutte le strade che si aprono

esprimere un concetto e manifestarlo nella sua

natura più estrema

UN ALTRO ATTO DELL’UNIVERSO

IO LA SCELTA

DISTRUGGI L’EGO

LASCIA LIBERO IL FLUSSO!

Immagine di redenzione

Ritorno all’esperienza umana

C A L O R E

Abbraccio caldo voce e amore

Viaggio torna umano

Torno ad un approccio grafico

Ma è la parola che vive in me

Z E N

Page 197: Viaggi psichedelici

197

LIQUIDO MUCOSO NELLE CAVITA’ NASALI

Preme – pressione in diramazione

FLASH IMMAGINE ROSSA

Seguo le diverse TRACCE AUDIO

DIVERSI OGGETTI

In profondità

Torno a quote normali

SIMULAZIONE E DEFINIZIONI

Rimbalzo di cattive percezioni

Tornare ad aria pura d’Islanda

ARIA FRESCA ORA!

NON C’E’ MORTE SENZA RINASCITA

LAMPO FULMINEO DI COMPRENSIONE

EVOCAZIONE ISLANDA COMPIUTA

(miliardi di percorsi)

IL SAPORE DELL’UNIVERSO

ZABAIONE E PANNA!

Page 198: Viaggi psichedelici

198

SE SPARGI AMORE

TORNA AMORE

ARIA

DENTRO DI ME SEGNI DI FUOCO

ACQUA SPEGNE

TERRA

HO SENTITO I CORI

DELLA MIA CELTICA DIPARTITA

AVVOLTI IN NEBBIE

DI CANTI D’ALTRI TEMPI

HO SENTITO IL GRIDO DELLA MIA NASCITA

DI NUOVO IMMERSO NEL MAGICO LIQUIDO

SI HA PAURA DI NASCERE

COSI’ COME DI MORIRE

HO INSEGUITO LE LEGGI KARMICHE

PER INFINITI INCONTRI CON LA TUA ESSENZA

SIAMO INTRECCIATI COME DUE ELICHE NUCLEICHE

INTESSUTI COME TRAME DI COSCIENZA

SPAZI CJE SO APRONO AL NOSTRO PASSAGGIO

IN DIRAMAZIONE OMNIDIREZIONALE

CI LANCIAMO MANI D’AIUTO

QUANDO L’AMORE CI LEGA STRETTI

RIMBALZIAMO FRA STRATI DI OPPOSIZIONI

INTRAPPOLATI FRA MONDI DI MEZZO

Page 199: Viaggi psichedelici

199

IN CERCA DI LUCE IN CUI TORNARE A RESPIRARE

L’ARIA DI QUESTO PIANETA TERRA

NELLA NASCITA COME NELLA MORTE

LA SOLITUDINE E’ LA NOSTRA UNICA COMPAGNA

ETERNI RITORNI

E ATTIMI DI ASSENZA

SULLO STRATO DI SUPERFICIE

MENTRE NEL PROFONDO

UN MINESTRONE DI VOCI

LA MIA VOCE RIECHEGGIA FUORI DI ME

SI PERDE LONTANA IN ALTRE STANZE LABIRINTO

SONO I MIEI PENSIERI CHE DIVENTANO

LE PAROLE DI QUALCUN ALTRO

C’E’ SEMPRE INTORNO QUALCUNO CHE DICE:

“E’ COME SE FOSSE SOLO UN SOGNO” OPPURE

“TI SEI LASCIATO SUGGESTIONARE”

MI CHIEDO SE LA VITA NON SIA CHE UN SOGNO

PIENO DI AUTENTICA SUGGESTIONE

UN CONTINUO CHIUDERE E APRIRSI DI PORTE

GENTE CHE VA, GENTE CHE VIENE

IN OGNI STANZA TROVI GRUPPI DI SCONOSCIUTI

CHE SEMBRANO RICONOSCERTI

OGNI TANTO PER APRIRE UNA PORTA MI SERVE UN

CODICE

QUALCUNO LO RUBA DAI MIEI RICORDI

E PASSA ALLO SCHEMA SUCCESSIVO

STABILISCO INCONTRI E AVVENIMENTI

POI DIVENTO TESTIMONE DI UNA PREVISTA REALTA’

Page 200: Viaggi psichedelici

200

DIO E’ QUANDO RICORDI

OGNI COSA IN OGNI ISTANTE

ISTANTE PER ISTANTE

DIMENTICANDOCI E RITROVANDOCI

IN ATTIMI D’INFINITA LUNGHEZZA

Page 201: Viaggi psichedelici

201

PAUSA DI RIFLESSIONE

DURATA 6 ANNI

2 FIGLI

E UN OCEANO DI COSCIENZA IN MEZZO

Page 202: Viaggi psichedelici

202

Page 203: Viaggi psichedelici

203

UNA NUOVA ONDA

Dopo circa 4 anni di esperienze psichedeliche, la

vita mi ha portato su dei binari completamente

diversi. E’ iniziato il viaggio della famiglia, intenso,

ricco di sfide, di nuovi orizzonti. Ma per sua natura

anche molto più concreto e meno affine

all’esplorazione delle vette metafisiche. Questo

mi ha tenuto lontano per molto tempo dal

superare certi confini, con l’idea che occorresse

sempre mantenere un certo controllo sulla

situazione, ma anche per la mancanza reale di

tempo da dedicare ad una passione così

impegnativa che richiede i suoi giusti momenti di

riflessione e integrazione delle esperienze.

Nel corso di questa pausa, tante altre esperienze

si sono aggiunte che hanno completamente

modificato il mio panorama interiore, spingendo

la mia ricerca spirituale in direzioni nuove e

costantemente rinnovate. Poi sulla mia esistenza

è calata “la notte buia dell’Anima”, un momento

di profonda e drammatica crisi che ha sconvolto

il mio percorso terreno, facendomi affrontare una

serie di prove estenuanti e oltremodo difficili.

Nell’ambito di questo contesto, ho cercato tante

vie per poter uscire da una situazione intricata e

insostenibile, e una delle possibilità che mi sono

dato per tirarmi fuori da quell’impasse è stata

quella di partecipare ad una cerimonia con

l’Ayahuasca, una bevanda psicotropa di origine

amazzonica, la quale si dice sia in grado di

produrre esperienze transpersonali profonda-

mente curative per la psiche umana. L’accesso

Page 204: Viaggi psichedelici

204

a questa esperienza ha attivato nuovamente in

me l’interesse per l’esplorazione del mondo

interiore per mezzo delle sostanze. Ma soprattutto

mi ha mostrato come un contesto rituale gestito

da uno sciamano, dia all’esperienza in sé un

significato completamente diverso. Avere una

guida che è in grado di gestire l’esperienza altrui

(nel caso dello sciamano lo fa con canti e

invocazioni mirate), e di poter aiutare la persona

a superare gli ostacoli che si manifestano via via

durante il viaggio, è una condizione che

modifica completamente le premesse di

un’esperienza enteogenica. L’appartenenza ad

un gruppo motivato di esploratori, guidati da un

sapiente maestro, fornisce un ambiente

psicologico molto più sicuro e protetto, non

scevro di pericoli, che comunque si annidano

nella psiche dell’individuo, ma quantomeno non

sprovveduto.

Page 205: Viaggi psichedelici

205

Prima esperienza con ayahuasca

5-6-2010

Arrivo alle 21.00 in questa casa dell’800

semiabbandonata e danneggiata dal tempo. Luogo

designato per celebrare il rituale con la bevanda

sacra. Ad accogliermi un piccolo gruppo di

esploratori della coscienza, siamo in tutto 7, più la

nostra guida, Roger, uno sciamano peruviano di 31

anni che appare come una persona estremamente

dolce e amabile. La sua radiosità è epidermica e

sembra vivere veramente di una costante armonia

con quanto lo circonda. L’età degli esploratori varia

dai 22 ai 53 anni, un gruppo veramente eterogeneo

ma con una profonda omogeneità d’intenti. Fin da

subito si avverte una fratellanza, una comunione.

Loro erano già 2 giorni che lavoravano con lo

sciamano, con la capanna sudatoria, la limpia con il

tabacco e una cerimonia con il San Pedro svolta la

mattina. Quindi erano già belli provati. Io mi ci sono

inserito da subito in armonia, ma appena entrato

nella casa ne ho percepito la pesantezza energetica.

Era una casa molto antica con energie molto pesanti

all’interno, e diverse presenze non piacevoli la

abitavano. Ho provveduto a pulire tutte le stanze ad

eccezione di quella dove si sarebbe svolto il rituale

che era già stata purificata dallo sciamano.

Ero a digiuno dalla sera prima, la fame era notevole e

la testa un po’ leggera per via dell’assenza di cibo,

ma mi sentivo molto bene e molto preparato ad

affrontare l’esperienza.

Lo sciamano prepara il suo altare, è una stuoia

posata a terra piena di oggetti, candele, foglie di

erbe varie. Nella stanza, allineati sui due lati ci sono 7

materassi, 3 a destra dello sciamano e 4 a sinistra. Di

fronte allo sciamano c’è un camino che viene

Page 206: Viaggi psichedelici

206

acceso per scaldare l’ambiente. Noi ci disponiamo

sui materassi e a turno facciamo una breve

presentazione con la dichiarazione dell’intento che ci

prefiggiamo nell’affrontare l’incontro con

l’ayahuasca. Poi lui a turno ci prepara al rituale. Ci

versa nelle mani una colonia profumata con cui

dobbiamo purificarci il viso e i capelli. Ce la schizza

addosso e poi ci agita una penna di uccello intorno e

infine con la punta acuminata ci preme forte

all’altezza del terzo occhio. Poi sempre a turno ci

chiama uno per uno per consegnarci 3 foglie di coca

da tenere in bocca.

Quindi arriva il momento di prendere la medicina.

Sempre a turno ci sediamo davanti a lui e ci porge

una piccola coppetta da cui bere l’amaro liquido.

Non è terribile come immaginavo, e poi sento di berlo

avidamente, con tutta la passione di voler godere

della sua essenza.

Mi sdraio e nel buio e in silenzio aspetto. Il fuoco era

stato calmato per poter assicurare una completa

oscurità. Sono minuti lunghi, in cui mi chiedo se

funzionerà o meno, perché non sento alcun

cambiamento. Neanche l’ingestione del liquido

sembra scompormi più di tanto. Sento movimenti

addominali ma la nausea è appena percepibile e

subito placata col respiro. Poi mi metto a studiare

energeticamente quali sono gli effetti che questa

sostanza produce sui nostri centri energetici. C’è una

chiarissima espansione del chakra coronale, quello

della connessione con Dio. Ma anche del chakra

cardiaco. Ma soprattutto sento che lavora su due

centri specifici: la porta della coscienza e il viaggio

della coscienza. Purtroppo mi accorgo subito con

sgomento che questi due centri mi erano stati

bloccati dal mio karma passato. Allora inizio a

lavorarci sopra per sbloccarli, altrimenti ho paura che

Page 207: Viaggi psichedelici

207

non riuscirò per niente a godermi dell’esperienza. I

minuti passano e infatti non accade davvero nulla.

Dopo un’oscurità interminabile, Roger accende di

nuovo una candela. Vedo che tutti in realtà sono nel

mio stato, cioè senza effetti attivi. Questo mi rincuora,

facendomi sperare che la situazione era comune e

non solo mia. Ci apprestiamo allora alla seconda

bevuta. Stavolta la nausea è leggermente più

pronunciata. Ma ancora perfettamente controllabile

con il respiro. Sento invece qualcuno che vomita

subito, appena la ingerisce. Dopo forse 10 minuti

dalla seconda, finalmente sento cominciare

l’esperienza.

Un piacevole calore inizia a diffondersi nel corpo. Lo

sento riscaldarsi e sento come se un liquido si

insinuasse dentro i tessuti, vivificandoli. A questa

sensazione fisica si associa una grande espansione

emotiva: sento una gioia sprigionarsi in me. Un

piacere emotivo, una leggera felicità dell’esistere. Mi

dico subito: Dio che bello! era una sensazione senza

mezze misure, non violenta ma estremamente

appagante. Un gran sorriso mi si è stampato in faccia

e più volte nel corso dell’esperienza questa

sensazione è riemersa.

Quindi parto subito con il lavoro che mi prefiggevo di

fare. Immediata arriva la comprensione che la mia

anima deve perdonarsi per il male fatto nelle altre

vite. Era un aspetto su cui avevo già lavorato tanto,

ma era come se mi sfuggesse la possibilità di un

perdono plenario. Come mi concentro su questo

aspetto, immediatamente sento un grande

scioglimento. La mia anima ha recepito e finalmente

sta cambiando qualcosa. Sento il perdono, inspiro il

perdono. Una profonda commozione nasce dal mio

profondo, dalle mie viscere. Dico: grazie Dio, grazie

per avermi dato questa possibilità di perdonarmi.

Page 208: Viaggi psichedelici

208

Allora decido ti trasmettere questa comprensione del

perdono anche alle anime di coloro che mi sono

accanto nella vita, mia moglie e i miei figli. So che le

loro anime hanno molto da perdonarsi e cerco di

facilitare questo processo. Stessa cosa per le persone

che sto seguendo sul loro cammino spirituale, quelle

che so avere problemi simili ai miei. Poi inizio a

lavorare un po’ qua e là dove sento che l’attenzione

mi viene portata, come suggerita dalla medicina

stessa. Sento che l’intensità dell’esperienza varia, a

volte si approfondisce, con sensazioni analoghe a

quelle provate in altri contesti, ma sempre molto

dolci, altre volte diventa più leggera, come

un’ebbrezza piacevolissima in cui si avverte

soprattutto una connessione maggiore con gli altri,

col gruppo stesso.

In questo frangente Roger intona i suoi canti di

guarigione. Sono invocazioni alla medicina, richieste

di comprensione, di guarigione, di luce. Sono ritmate

e ipnotiche, propiziatorie. Rendono l’atmosfera così

affascinante e intrisa di sacralità. Anche Massi intona i

canti, e sento quanto in lui il suo lato sciamanico stia

emergendo sempre più forte e deciso. Il suo

cammino è ben saldo e sicuro. Poi sento che la

seconda ondata sta scemando, mi sento carico,

entusiasta. Si parte con il terzo giro. Stavolta appena

ingerita, un fiotto di nausea sembra emergere dal

profondo ma è solo un momento. Torno al materasso

e resto seduto in osservazione. Stavolta si sente di più.

Nelle viscere c’è movimento. Mi chiedo se sia la volta

di vomitare. Ma intanto respiro, mando energia in

quella zona e il peggio sembra passare. Ma intanto

dentro mi si scatena un’energia molto potente,

un’energia fisica che per gestirla mi induce ad iniziare

ad oscillare ritmicamente avanti e indietro, come

cavalcando un serpente. Subito mi viene da pensare

Page 209: Viaggi psichedelici

209

a Jim Morrison. Sento questo serpente di energia

dentro di me e la mia oscillazione sembra aiutarne il

flusso. Sarebbe impossibile fermarmi perché ne sono

trasportato oltre la mia volontà. E in questo ritmo,

inizio ad accodarmi ai canti di Roger e di Massi che si

intrecciavano con armonia. Sono canti senza parole,

ma ritmici e intonati fra loro. Formano un’unica

armonia che si fonde e ci lega. In quel momento

sono io lo sciamano. Siamo tutti sciamani. E’ una

modalità della mente, non qualcosa che si fa. E’

quando tu sei nel flusso delle cose, e non c’è pensiero

che frena o che delimita. Tutto scorre, tutto è

naturale. Tutto è al di là di convenzioni o di schemi.

Come l’acqua in un torrente. Dopo questo momento

di comunione, torno a sdraiarmi. Sento di entrare in

una dimensione più intima. Mi metto dentro al sacco

a pelo, come chiuso in un bozzolo. L’esperienza si fa

più profonda. La coscienza si espande. Ma rimane

molto il contatto con il corpo fisico. I vestiti mi iniziano

a soffocare. Mi bloccano, mi impastoiano.

Liberatene! Una voce mi risuona dentro. In un attimo

mi spoglio completamente e mi rinfilo nel sacco.

Eccomi fetale, come in una placenta, pronto ad

affrontare il viaggio nell’utero della mia coscienza.

Che piacere il corpo nudo, caldo. La kundalini si

agita, e il primo centro che attraversa è quello

sessuale. Sento una grande sensualità attraversarmi.

Le mani esplorano il mio corpo, lo accarezzano,

come essere amante di me stesso. Emergono le mie

paure relative alla sessualità, al contatto con l’altro,

ma soprattutto i miei desideri. Ho voglia di fondermi

sensualmente con altre persone, ma non è tanto sul

piano fisico, quanto di sperimentare quella passione

dei corpi che si bramano, si inseguono, si fondono.

Indugio un po’ su questo livello, ma poi mi rendo

conto che questo mi sta anche distraendo dal

Page 210: Viaggi psichedelici

210

viaggio che c’è da fare ai piani alti. Allora inizio a

spostare la kundalini al secondo piano. La zona

addominale è sede di tutte le paure inconsce più

profonde e ancestrali. Lavoro un po’ su quel piano.

Mi rendo conto che queste paure impediscono

l’assimilazione delle esperienze (non a caso sono

legate all’intestino). Allora ne sciolgo un po’. Ogni

tanto l’attenzione ricade nel centro sessuale, ma poi

la riprendo e la riporto in alto, stavolta al terzo piano.

Qui siamo nel centro delle emozioni. Avverto

bloccata in me tutta la sofferenza di questi ultimi

anni, e come un macigno la sento opprimermi. Allora

la offro alla medicina perché venga guarita, e in

breve il mio stomaco si alleggerisce. Quindi cerco di

spostare l’energia più su, ma già so che questo è un

punto cruciale nella mia vita. Il nodo cardiaco è

dove si incentra il mio dramma interiore: bene/male,

amore. Tutto è bloccato lì. L’amore l’avverto, anche

spesso. Ma so che quell’inesauribile energia potrebbe

fare di più, dovrebbe sgorgare da me come da una

fonte, invece questa fonte è arida, rinsecchita. Si

apre solo a momenti, quando la mia attenzione è

rivolta ai figli. Invece penso che dovrei poter amare

ogni cosa della stessa intensità. Ogni persona, ogni

essere, ogni filo d’erba. So che questa è la meta. E

cerco di muovere l’energia all’altezza del petto.

Qualcosa si smuove, ma non c’è una totale apertura.

Ad ogni modo riesco a passare al piano successivo,

quello della gola. Lì l’energia fluisce bene, non sento

ostacoli grandi. Può finalmente arrivare al 6° piano,

dove c’è la mente e i suoi labirinti. Per fortuna negli

anni ne ho abbattuti parecchi di muri. Ma la mente,

quella piccola, limitata, è sempre in agguato. Cerco

di ridurne l’attività inutile, di farla divenire più limpida.

Questo mi da l’accesso all’ultimo livello, dove mi

aspetta l’incontro con la paura ancestrale fra le più

Page 211: Viaggi psichedelici

211

difficili da affrontare: la paura della morte.

Nonostante in passato ci abbia lavorato tanto, e a

livello conscio non mi colpisce più, nell’inconscio

trovo ancora questo sbarramento. Comprendo che

la paura della morte è quella che blocca l’accesso

alla porta della coscienza, quella che impedisce

l’esperienza mistica di poter uscire dal proprio

contenitore. Ci lavoro un po’… ma è come un

macigno duro. Non riesco a fare molto (in quel

momento non riesco a percepire che è il mio

superconscio ad impedirne lo scioglimento). Non

riesco ad ottenere di più dall’esperienza, e intanto gli

effetti della terza dose stanno scemando. Torno ad

uno stato quasi normale, ma ancora voglioso di

quell’ebbrezza. Solo che alla terza bevuta Roger mi

aveva detto che quella sarebbe stata l’ultima. Io

invece sento che posso provare ad andare ancora

un tantino oltre. Gli chiedo se è possibile e lui nega.

Allora gli dico, va bene, ma quando tu vuoi, sappi

che io sono pronto. Allora mi fa: ma la vuoi

veramente? certo! E quindi mi concede la quarta

dose. Nudo nel sacco a pelo striscio a mo di bruco

verso di lui e bevo la quarta. Ogni volta che bevo gli

dico quanto mi sto gustando l’esperienza.

La quarta è quella più tosta. Tutto si intensifica. Il

gioco si sposta ad un livello più alto. Torno al

materasso che lo stomaco è in subbuglio. Mi metto

un po’ a pensare al vomito. Mi dico: lo faccio o non

lo faccio? dicono che il vomito è parte

dell’esperienza stessa. Aiuta a buttare fuori le masse

psichiche non digerite. Ma io mi dico: a me non

serve. Io le posso sciogliere prima di vomitarle! Allora

la mente mi rimpalla: ma le vuoi sciogliere perché hai

paura di affrontare il vomito? E chiaramente mi dico:

no! Non c’è paura, ma è inutile vomitare quando non

c’è una vera necessita e questo non modifica l’esito

Page 212: Viaggi psichedelici

212

della guarigione. Allora sciolgo il blocco che stava

emergendo e il vomito si placa. Ma in testa si sente

forte… e qualcosa si muove nelle parti basse. Credo

di aver bisogno di andare in bagno perché se non

esce da una parte, forse deve uscire dall’altra. Solo

che sono nudo, dovrei rivestirmi, alzarmi, arrivare fino

al bagno che si trova oltre un’altra stanza. Affrontare

il freddo, l’oscurità. Mi sdraio, e mi dico passerà.

Allora entro nello spazio più profondo. Nell’oscurità

totale si muovono ombre. Non parlerei di visioni,

quanto più di suggerimenti. C’è stato solo un

momento in cui mi è parso che mi si palesasse il

mondo delle mantidi. Ho letto che spesso chi prova il

DMT si trova a cospetto di questi esseri mantide con

cui si interagisce in modo telepatico. E’ stato un

nanosecondo quello in cui per un attimo qualcosa di

insettoide stava cercando di stabilire una

connessione. Ma sapendo che quel tipo di contatto

prevede il controllo da parte loro, subito ho richiuso

quella porta. Di mantidi, alieni e roba simile non

volevo più saperne. La fase è molto intensa, sono in

uno spazio mentale di coscienza molto espanso. Una

specie di iperconnessione con l’intorno. Capisco che

il momento è forte, intenso. Non insostenibile però.

Dopo un po’ sento che il bisogno di andare in bagno

si ripresenta. Forse potrei anche controllarlo. Ma poi

penso che provare ad uscire dalla stanza potrebbe

essere un’esperienza interessante. Solo che rimane il

problema di ritrovare e rimettersi i vestiti al buio in

quello stato. Qui ho modo di sondare un po’ i

condizionamenti della mia mente. Mi rendo conto

che la necessità di vestirmi deriva da due fattori:

quello di aver paura di avere freddo, e quello di non

apparire nudo di fronte a qualcun altro. Non per la

mia vergogna visto che sono naturista, ma per il

rispetto altrui di chi magari si pone certi problemi. Non

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213

conoscendo le persone con cui mi trovavo a

viaggiare mi sono posto questo quesito. Alla fine ho

optato per rimettere camicia, mutande, calzini e

scarpe. Non è stato facile ricomporre i pezzi ma alla

fine ce l’ho fatta. Mi alzo in piedi, cammino

nell’oscurità andando alla cieca ma azzeccando la

strada. Arrivo alla porta, trovo la maniglia e oltrepasso

la soglia. Chiudo la porta dietro di me e cerco di fare

piano per non disturbare gli altri. Mi rendo conto di

quanto amore si può mettere in ogni piccolo gesto

cercando il bene degli altri, anche nel rispetto del

silenzio. Mi trovo però nella totale oscurità. Mi dico: e

ora come arrivo al bagno??? La luce so che non

funzionava, ma mi ricordavo che ci dovevano essere

delle candele. Mi muovo in avanti e mi scontro con

una superficie liscia. La mia mente vacilla per un

attimo. Cos’è questa cosa mi chiedo? La porta l’ho

appena chiusa dietro di me. Non dovrebbe esserci

niente qui. Mi sento intrappolato in una specie di

intercapedine completamente oscura. E arriva la

paura del buio. Ma io mi dico: ma io non ho nessuna

paura del buio! So che è la paura dell’ignoto a

fermarmi. Di quell’incognita che ci fa mancare la

terra sotto i piedi. Ma nel momento in cui la

riconosco, mi dico: deve essere una seconda porta,

e se c’è una porta c’è sempre una maniglia. La

trovo, la apro, e arriva la luce! La via per il bagno è

ora chiara. Procedo verso il bagno e cerco di

raccapezzarmici un po’. Ricordo chiaramente che lo

sciacquone non funziona quindi mi occorrerà usare i

secchi. Ok, tutto nella norma, mi siedo ed ho una

leggera scarica di diarrea. Non so se era più dovuto

alla medicina o al fatto che nel pomeriggio mi ero

fatto un clistere di pulizia preparatorio. Ma questo

veramente non mi importa. Una volta seduto lì

continuo a viaggiare nell’esperienza. Molti pensieri mi

Page 214: Viaggi psichedelici

214

attraversano, si fa tutto molto mentale. Mi viene

molto da pensare agli insetti, ai parassiti, soprattutto

quelli di tipo energetico. Capisco di averne addosso,

ma al momento non me ne preoccupo. Però per un

attimo la mia coscienza si chiede cosa può voler dire

essere un parassita energetico, una specie di insetto

eterico. Indugio in questo pensiero ed è come se la

mia coscienza volesse scendere a quel livello per

provarlo. Ma subito mi dico: ma che sto a fa? Perché

voler abbassare la mia coscienza al livello di un

insetto? forse è il caso di elevarla invece a dei livelli

più alti, portarla verso livelli di coscienza superiori. E

allora comprendo che in me ci sono ancora molte

paure rivolte al contatto verso i mondi superiori. Per

quanto brami, a livello cosciente, questa possibilità di

contatto, nell’inconscio invece si agitano paure

ancestrali, magari genetiche, ataviche. Capisco che

molto del nostro inconscio è in realtà connesso

all’inconscio collettivo, per cui siamo condizionati da

cose non direttamente appartenenti alla nostra

matrice individuale, ma a tutte le paure della

collettività, dell’umanità, che una ad una vanno

trascese nel nostro essere per potersi liberare. Allora

cerco di chiudere questa connessione con

l’inconscio collettivo. Ma in questa fase del viaggio mi

rendo conto che le mie operazioni energetiche non

sono più molto efficaci. Probabilmente il lavoro fatto

mi ha fatto eliminare molte cose e quindi per via del

distacco, falle energetiche si sono aperte ovunque e

hanno abbassato il mio potere. Fa niente mi dico. E

intanto ondeggio al variare dell’intensità

dell’esperienza. E intanto mi dico: ho fatto bene a

rimettere la camicia… qualche brivido ogni tanto mi

percorre il corpo. Dopo un tempo interminabile sulla

tazza, decido di tornare alla base. Riesco abbastanza

tranquilla mente a muovermi nel chiarore delle

Page 215: Viaggi psichedelici

215

candele e torno nella stanza comune. Ritrovo il

materasso e mi rimetto nel sacco. L’intensità sta

scemando, saranno probabilmente le 4 di mattina e

la stanchezza si inizia a sentire. Il sonno inizia a

manifestarsi. Gli altri sembrano in parte già

addormentati. Tutto si è placato e forse anche per

me è venuta l’ora del sonno.

In realtà le ore successive le passo in un dormiveglia

in cui in parte lavoro energeticamente su qualcosa,

per riequilibrare il tutto, in parte perdo coscienza. Alla

fine dopo diverse ore di questa oscillazione, sento i

primi che si risvegliano ed escono e dopo un po’

siamo tutti di nuovo alla luce del giorno, ormai

avanzato. Mi sento bene, centrato. Assolutamente

soddisfatto dell’esperienza. E’ venuto il momento

dello scambio, del confronto. Ognuno è concorde

nel pensare che è stata una sessione moderata,

molto dolce, molto in linea con la personalità della

nostra guida, Roger, che nonostante abbia dormito

solo un’ora sembra inattaccabile nella sua solarità e

amorevolezza. Starlo ad ammirare infonde un’ondata

di calore. Si vede che la sua mente è libera, il suo

cuore è puro, e lo invidio tanto per essere già così in

pace col tutto. Mi sento subito pronto a ripetere

un’esperienza del genere, pur sapendo che

purtroppo ripasserà molto tempo prima di averne

l’occasione.

Page 216: Viaggi psichedelici

216

Page 217: Viaggi psichedelici

217

Prima esperienza con 5-Meo-DMT

Reduce dall’esperienza con l’ayahuasca, mi sono

sentito subito richiamato dall’idea di rientrare in quel

mondo, e stavolta è arrivata l’opportunità di

sperimentare il 5-Meo-DMT, una molecola molto

affine al DMT dell’ayahuasca, che si suppone abbia

le stesse proprietà.

Il mio umore nell’apprestarmi all’esperienza era

piuttosto combattuto. Mi rendevo conto che ero

pieno di paure nell’idea di affrontare questa

esperienza, per quanto c’era anche il desiderio di

poter varcare quella soglia, che da tanto tempo

sembra rimanere chiusa. Il mio supposto sitter non era

disponibile e piuttosto che rimandare l’esperienza,

sentivo di doverla comunque affrontare da solo. Ero

molto fiducioso che la dose di quantitativo che

avevo scelto (10 mg) e il suo tempo supposto di

efficacia (un’ora e mezza), fossero un buon

compromesso per affrontare il viaggio con serenità.

Ma questo tradisce la mia paura di intensità troppo

forti e quindi insostenibili da un lato, e durata

eccessiva di perdita di contatto della realtà dall’altro.

Mi preparo quindi all’esperienza: metto un CD che si

è rivelato essenziale per dare un tono all’esperienza

stessa, si chiama Liquid Mind ed è il mio preferito per

la meditazione. E’ un sintetizzatore rarefatto e

angelico, sospeso, puro. Un ottimo

accompagnamento per raggiungere stati mistici.

Preparo il luogo del mio viaggio, una pedana in

legno che è stata la base di partenza di tantissimi altri

viaggi. Mi spoglio completamente, dicendomi che

da Dio ci si va nudi. Spengo tutte le luci e accendo 3

candele. I momenti della preparazione sono pieni di

ansia. Ma ormai sono deciso, non voglio più

rimandare. Sto cercando delle risposte e spero di

Page 218: Viaggi psichedelici

218

trovarle. Non dimentico di chiedere la protezione a

Dio per questo viaggio e rafforzo la mia barriera

energetica di protezione. Quindi inalo con una

cannuccia i 10 mg di sostanza, dividendola a metà

per narice.

Fatto. No way back.

Sono subito tranquillo, spengo le candele, e nel buio

ricolmo di musica, mi sdraio sui cuscini. So che la

salita è abbastanza rapida e la mia curiosità tecnica

mi spinge a cercare di cogliere il primo istante in qui

avverto una leggera alterazione. Sono passati solo 4

minuti. E già un minuto dopo, l’alterazione si

intensifica.

Avverto proprio la partenza, e mi dico: ci siamo,

allacciare le cinture. E qui ci sarebbe da fermarsi se si

fosse un pochino umili. Come si può descrivere ciò

che avviene fra la partenza e l’atterraggio?

Psichedelico. Ovvero la psiche si rivela. La psiche, il

complesso mente-emozioni, si palesa chiaramente

davanti allo schermo della coscienza. E lo fa in una

maniera così chiara che si è folli a credere che non

sia così evidente in stato di lucidità. La mente crea

l’esperienza, ovvero la realtà percepibile. Quindi tutto

ciò che la mente pensa, diventa possibilità

esperienziale. E qui casca l’asino. Perché la mente è

un universo sconfinato di labirinti, paure, blocchi,

convinzioni, condizionamenti. La mia mente, che è

connessa però alla mente collettiva. Mi è chiaro il

bisogno sempre più impellente di staccarmi dalla

mente collettiva e dalle sue paranoie, per poter

liberare la mia mente da ogni influsso esterno

negativo. Per poi passare a ripulire la mia propria

mente dagli influssi negativi trasmessi dagli antenati,

in primis dai genitori, per poi liberarla dal suo percorso

karmico. Ma questa è già un’elaborazione di ciò che

è emerso dal viaggio. La realtà prima, che ha

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219

suscitato tutta questa presa di consapevolezza, è che

ho una fottutissima paura di lasciarmi andare. Di

abbandonarmi. Ed è questa paura che fa si che

durante un’esperienza del genere, io invece di

intraprendere il percorso che va verso la luce e la

visione di Dio, cerchi invece di restare ancorato a

questa realtà fisica, a questa illusione, che per

quanto limitante, è qualcosa a cui siamo abituati e

quindi quest’abitudine è a sua volta confortante.

Insomma, io sono lì, nel buio, e avverto mille

sensazioni contemporaneamente. Parto dal corpo

fisico. Sento l’effetto della sostanza nel naso, una

specie di calore che apre, che lo spalanca. Non è

per niente fastidioso, anzi. E tutto il corpo c’è e non

c’è. Ovvero, la mia attenzione oscilla fra l’ancoraggio

al corpo e la sua dissoluzione. Ed è lì che entra in

gioco la mente e le sue paure. Perché la sensazione

è come che se io non lo pensassi più, il corpo

smetterebbe di esistere. E allora subentra la paura:

come posso esistere senza il corpo? Programmazione

biologica. E’ questa che mi rende il viaggio difficile.

Perché basterebbe cambiare informazione alla

mente, che subito capirei come potermi

abbandonare nel flusso della coscienza dell’universo.

Invece resto come intrappolato tra due possibilità,

quella di lasciarmi andare e quella di rimanere

aggrappato al concreto. E’ come se la mente non

riesce a pensare di poter sopravvivere senza corpo

fisico, e non si rende conto che in realtà questo

distacco è solo temporaneo, ha come paura che il

corpo sia perso per sempre. In effetti in quel

frangente, nel momento in cui non pongo

l’attenzione sul corpo, effettivamente, nella mia

esperienza, non esiste più. E quando il corpo non

esiste, la mia coscienza si trasferisce su un piano di

possibilità infinite, in cui divento il completo creatore

Page 220: Viaggi psichedelici

220

della mia realtà. Ogni pensiero che emano diventa

nel passo successivo un pezzetto di esperienza reale.

E quello il momento in cui qualcosa in me vacilla.

Forse la paura di questo immenso potere, così come

la paura di non poter ricostruire la realtà così come la

conosco proprio per via dell’attaccamento ad essa.

L’attaccamento a tutte le manifestazioni della mia

realtà, le persone, i luoghi, le attività. Sono questi

fortemente a richiamarmi, a spingere di ricreare la

realtà esattamente come la conosco, ma a questo

punto, già che ci sono, con qualche piccola

miglioria. Allora cerco di portare l’attenzione su ciò

che vorrei cambiare e una voragine di pensieri mi si

dipana davanti. Vedo tante cose da ricreare in

maniera diversa. Mi rendo conto di quanto amore

occorre portare in ogni singolo aspetto della mia vita.

E le persone del mio presente mi balzano alla mente

ognuna portando un’idea di ciò che quella persona

rappresenta, del suo motivo per cui si è incrociata

nella mia vita. Ma sono tutti lampi di pensiero

velocissimi, frammentati. Ciò che conta è ritrovare la

luce. E questo concetto diventa un po’ il filo

conduttore dell’esperienza. Sono seduto nel buio e

con la schiena perfettamente eretta cerco di

allineare i miei centri energetici. Nel buio della mia

mente vedo un puntino di luce blu! Eureka! Quello

che ho letto tante volte finalmente stava

accadendo, la probabile apertura del terzo occhio.

Ma sono frettoloso ad esultare. Il punto scompare.

Allora mi dico che occorre più luce. Il fatto è che la

mente prende un po’ troppo alla lettera certi pensieri

per cui è difficile liberarla dalle trappole che lei stessa

crea. La ricerca della luce, intesa dal punto di vista

metafisico, diventa quindi la possibilità di accendere

la luce nella stanza in cui mi trovo. Come se bastasse

la luce elettrica di un lampadario per portare luce

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221

spirituale nella mia esistenza. Per la mente questa

correlazione è sacrosanta. Ma nella realtà delle cose

non funziona esattamente così. Alzarmi a trovare la

luce è un po’ arduo, avendo la mente intenta a

dover ricreare la realtà fotogramma per

fotogramma. E così, mi alzo nel buio un po’

vacillando, e allungo una mano per toccare un

muretto che dovrebbe essere proprio di fronte a me.

E nel momento in cui penso al “muretto”, l’istante

dopo sento con le dita il muretto. E’ una frazione di

secondo in cui ti rendi conto che l’esperienza che tu

hai avuto, cioè il contatto fisico col muretto, è stata

diretta conseguenza dell’aver pensato al muretto e

al fatto che “dovrebbe essere qui”. La dinamica in

tutto il suo percorso sembra essere quella che fino ad

un attimo prima, quel muretto in realtà non esisteva

affatto. E’ come se la coscienza collassasse in un

istante e creasse la realtà fisica prendendo come

modello di realtà la memoria di quello che trova nel

mio cervello. Il che fa pensare che ciò che dice la

meccanica quantistica sia fondamentalmente vero.

E’ solo che nello stato di coscienza ordinario, questi

processi sono talmente sottili che non ce ne

rendiamo conto. Tutto viene dato per scontato,

ordinario e consequenziale. Invece in quel momento

lì, si ha come la possibilità di controllare istante per

istante i processi coscienziali e mentali, e vederne

esplicare le loro peculiarità. E tutto questo solo per

poter arrivare all’interruttore. Ma il viaggio è ancora

lungo. Muovo passi incerti nell’oscurità e vedo le

lucine dello stereo: luce! Ma è troppo poca ancora.

Ne voglio di più. Voglio immergermi nella luce. Solo

che mi rendo conto di tremare come se non avessi

camminato da milioni di anni. E’ come se tutto il mio

corpo fosse scosso da una corrente fortissima, una

vibrazione difficile da sostenere. Arrivo all’interruttore

Page 222: Viaggi psichedelici

222

e accendendolo cambia in un istante tutto il

panorama. Ma la prima cosa di cui ottengo

conferma è proprio che le mie gambe stanno

tremando in modo inverosimile. Nulla a che fare con il

freddo. Capisco che deve essere la kundalini ad

agitarsi così e cerco di posizionarmi al centro della

stanza per prenderne il controllo. Non so quali

processi mentali applico, probabilmente una delle

tante cose energetiche imparate negli ultimi anni, per

cui la situazione si stabilizza e infine approdo sul

divano. Continuo a seguire l’intento della ricerca

della luce, e questo tema si lega chiaramente a

quello degli occhi. I miei occhi miopi non riescono a

mettere a fuoco gli oggetti. Una voce mi dice forte:

apri questi occhi! Devi farla entrare la luce! Allora mi

metto a fissare il faretto sul soffitto, cercando di

mettere a fuoco il punto luminoso, che sembra

sfuggire. Con un atto di volontà cerco di ricostruire

l’immagine, di aprire gli occhi per poter far entrare la

luce. In quel momento vedo che nel punto più

luminoso, ci sono dei disegni. E’ come se un intreccio

di motivi tribali si stia disegnando con la luce nella

luce. Solo che per quanto mi sforzi, né riesco a

mettere a fuoco, né i motivi tribali aumentano di

intensità o colore. Abbasso il mio sguardo, e vengo

colpito dalla mia nudità: sono maschio! Qui si forma

l’altra grande tematica di questo viaggio,

l’appartenenza di genere. Entro in un turbine mentale

in cui rifletto labirinticamente sul rapporto fra

maschile e femminile e sulla mia appartenenza ad un

genere. Mi viene in mente questa frase: “puoi essere

completamente maschio solo quando hai accettato

la tua femminilità”. E quindi anche che “non puoi

accettare la tua femminilità fino a che non accetti di

essere completamente penetrato da qualcos’altro.”

E in questo momento vorrei essere penetrato

Page 223: Viaggi psichedelici

223

completamente dall’amore divino. Quindi mi stendo

e mi metto in ricezione di questo amore, rendendomi

conto di quanto siano le mie paure a tenermi lontano

da esso. Eppure ho chiaro che tutta la questione è

incentrata sul lasciarsi andare, sull’abbandonarsi. Ma

non riesco a lasciare andare questa tensione e

abbandonare il controllo. Allora cerco di portare

equilibrio fra l’abbandono e il controllo, da qui

ricollegandomi all’idea che ogni coppia di dualità

debba essere trascesa.

Per quanto cerco di lasciarmi andare e

abbandonarmi, non subentra nessuno stato nuovo.

Capisco che c’è qualcosa in me che mi blocca e sul

quale devo lavorare. Saranno le mie credenze

negative inconsce ad inchiodarmi in uno stato di

separazione dall’amore divino. Mi arrendo a questa

evidenza e proseguo oltre.

Ho momenti di ricollegamento alla realtà

consensuale in cui mi muovo per casa, e attimi in cui

mi blocco riprendendo il filo di una coscienza che

viaggia altrove, oscillando fra due mondi. E’ il segno

che l’effetto sta per terminare, e guardando l’ora

vedo che è passata giusto un’ora da quando ero

partito. Un’ora che però ne è valse migliaia, oppure è

stata solo un istante. Sempre più il tempo sembra

perdere il suo valore e diventare solo uno schema in

cui la mente vuole per forza incasellare una

successione di eventi, di stati mentali, emotivi,

coscienziali.

Si ritorna al livello precedente. Col solito rammarico di

non essere riuscito ad andare oltre, o forse con la

contentezza di non essere andato troppo oltre. Con

la consapevolezza dei limiti della propria mente che

ancora si balocca con le sue paure, le sue etichette

e la sua necessità di controllo, e l’esigenza di

scardinare tutto questo stato di cose per poter

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224

finalmente agire da uomo libero.

Page 225: Viaggi psichedelici

225

CONCLUSIONI

Le esperienze descritte in queste pagine hanno

rappresentato un intensissimo periodo di ricerca

intellettuale e spirituale, condito con un vasto

repertorio di letture e confronti con altre anime in

cammino.

Ritengo che la via della ricerca psichedelica sia

un percorso per pochi eletti. Solo pochi

avventurosi e incauti possono decidere di

intraprenderlo, mentre per la massa certi sentieri

sono inaccessibili ed è giusto che sia così. La

vedo come Hoffman che riteneva l’esperienza

psichedelica relegata ad una cerchia di persone

consapevoli piuttosto che ad una diffusione di

massa come promulgava Leary.

In quel periodo mi sono confrontato con molti

altri psiconauti, e mi sono reso conto che ognuno

vi trovava in fondo cose diverse pur

condividendo lo stesso istinto per la ricerca. In

realtà, ciò che ognuno di noi trovava, era il

riflesso di se stesso. Non a caso il termine

“psichedelico” significa “che rivela la psiche”. E

tutto ciò che emerge in queste esperienze è

proprio la vera natura della psiche stessa, dei suoi

costrutti mentali, dei suoi archetipi, della sua

complessità.

Questo libro non vuole né incoraggiare all’uso di

enteogeni (un altro termine per indicare le

sostanze psichedeliche con il significato di

“sostanze che generano il dio interno”), né

dissuadere il lettore dal farlo. Ognuno dovrà

assumersi la responsabilità delle proprie scelte,

Page 226: Viaggi psichedelici

226

sapendo i rischi a cui va incontro. La verità è che

sono esperienze non facili da affrontare che

hanno il pregio di aprire visioni vastissime su stati

di coscienza normalmente inaccessibili, ma

anche la terribile eventualità di sconvolgere dal

profondo la mente di una persona al punto di

farle perdere la ragione e inabissarla in un

oceano di follia.

Nel mio caso specifico, penso di aver tratto da

queste esperienze tutte le possibili varianti

sperimentabili: gioia, estasi, dolore, delirio,

illuminazioni, distorsioni, scoperte, rivelazioni,

smarrimenti, conoscenza, stupore.

La mia visione del mondo è stata

completamente ridisegnata grazie a queste

esperienze e senza dubbio mi sono arricchito di

qualcosa che difficilmente in altri modi avrebbe

potuto permeare la mia coscienza.

E’ stato un modo molto intenso di vivere il

“conosci te stesso” che alla fine mi ha portato

alla conclusione di cercare vie più lente ma

sicure, muovendo i miei passi su percorsi più

tranquilli che permettessero alla mia coscienza di

assaporare il procedere del viaggio verso se

stessi.

Page 227: Viaggi psichedelici

227

CONSIDERAZIONI DI TIPO ENERGETICO RELATIVE

ALL’USO DI SOSTANZE PSICHEDELICHE

Negli anni che separano le mie fitte

sperimentazioni e la ripresa avvenuta dopo

diverso tempo, ho spinto la mia indagine verso lo

studio delle energie sottili e del corpo energetico

umano. A causa di una serie di “coincidenze”

sono stato guidato verso un approccio

completamente diverso rispetto a quello medico

ufficiale relativamente alla salute e al benessere

dell’individuo, iniziando ad esplorare e

sperimentare l’approccio olistico nelle sue più

diverse varianti e sfaccettature.

Questo percorso mi ha permesso di sviluppare

un’accurata percezione delle energie sottili

(energie non misurabili dagli strumenti

convenzionali ma che influenzano lo stato di

salute di un individuo, tradizionalmente

associamo a queste energie i nomi di Chi, Qi,

Prana, derivati dalla cultura orientale), e con essa

ho acquisito un nuovo strumento di conoscenza

della realtà e di me stesso.

Guardando le cose in retrospettiva, alla luce del

nuovo paradigma che ho acquisito, riesco a

comprendere meglio tutta la mia esperienza

psichedelica. A comprendere come sia possibile

per la coscienza umana sperimentare una vasta

serie di stati alterati, visitando realtà alternative e

parallele alla nostra. E’ un tema decisamente

affascinante e complesso che non credo sia mai

stato trattato in questo modo, e farlo in maniera

approfondita richiederebbe una trattazione a

Page 228: Viaggi psichedelici

228

parte che possa includere concetti di metafisica

esoterica che esulano dalle premesse di questo

contesto.

Però vorrei esporre alcune intuizioni che si sono

sviluppate nella mia mente in questi ultimi anni.

L’effetto delle sostanze psichedeliche non è

relativo solo alla chimica del nostro organismo, al

bilanciamento dei neurotrasmettitori nel nostro

cervello, all’attivazione di certe zone della

corteccia. Quella è la manifestazione fisica di

qualcosa che avviene ad un livello più alto.

Per come vedo le cose adesso, una sostanza

chimica è come una chiave che permette al

nostro organismo di aprire delle porte di natura

energetica. L’effetto che si ha non appena inizia

l’assunzione di una qualunque sostanza di quelle

esposte finora, è quello di un’espansione di certi

specifici centri energetici del nostro corpo sottile.

In sanscrito sono chiamati chakra, e ne vengono

considerati sette. La realtà è che ogni

manifestazione di natura fisica, emotiva, mentale

o spirituale, è guidata da un campo energetico

(o campo morfogenetico per dirla come

Sheldrake) che ne esprime la natura, la funzione

e il meccanismo. Per cui nel nostro interno

abbiamo centri energetici che regolano la

rabbia così come l’amore, l’intelligenza e la forza

fisica, insomma tutte le infinite sfaccettature di

cui un essere umano è costituito. Queste non

sono affatto inscritte nel DNA che conosciamo,

che si occupa solo di gestire ciò che accade a

livello chimico e cellulare, ma da un codice

Page 229: Viaggi psichedelici

229

nascosto che determina esattamente chi siamo

e come siamo fatti sotto ogni aspetto della nostra

esistenza.

Tornando alle sostanze, nel momento in cui si

assume una di queste, dentro di noi avviene una

rivoluzione energetica. Ogni sostanza in sé

possiede delle caratteristiche vibrazionali uniche,

che mettono in risonanza una selezione

particolare dei nostri centri, delle nostre

frequenze. Sarebbe interessante correlare

ognuna di esse ad ogni stato umano conosciuto,

ma è impresa assai ardua. Però possiamo

immaginare come uno psichedelico, rispetto ad

altre sostanze psicoattive di tipo eccitante, vada

a stimolare i centri del misticismo, della

conoscenza soprasensibile, di quello che

chiamiamo sesto senso, della creatività,

dell’immaginazione. Effettivamente tutti i centri

superiori (Ajna, Sahasrara) associati a questi stati,

si espandono. Probabilmente si attiva dentro di

noi un nuovo tipo di comunicazione energetica

che normalmente è disattivata, che mette in

relazione stati emotivi e mentali in una maniera

inusuale rispetto al modo in cui siamo

programmati negli stati di coscienza ordinaria.

Ed è tramite queste nuove connessioni che

vengono generate queste esperienze incredibili.

Fra le tante, in particolare il centro della

coscienza viene estremamente modificato. E’

come se venisse aperta una porta che permette

alla coscienza di esplorare nuovi reami del Sé, di

ciò di cui noi siamo fatti. E la coscienza stessa

può decidere di abbandonare il corpo, fluire

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230

altrove, su altri piani, altre dimensioni di questo

multiverso. Per cui ciò che erroneamente

chiamiamo “allucinazione” può essere invece

considerato come percezione di un qualcosa

che si trova su altri livelli vibrazionali, e che la

coscienza può captare una volta che si è

alterata la sintonia ordinaria.

Il cervello in sé viene definito secondo un nuovo

paradigma come “lettore olografico” della

realtà. Non è cioè una macchina che crea la

coscienza, ma una macchina usata dalla

coscienza per accedere alle informazioni di ciò

che definiamo realtà.

Le alterazioni prodotte dall’introduzione nel

delicato equilibrio biochimico che regola le

attività del cervello, di sostanze in grado di

stimolare centri che ordinariamente non vengono

attivati, permettono al nostro lettore olografico

cerebrale di accedere a mondi esperienziali

normalmente reclusi.

Diviene quindi possibile per la coscienza

accedere ad informazioni immagazzinate in

luoghi remoti e nascosti della nostra mente, o

meglio della supermente alla quale siamo

collegati. E così diviene spiegato come in quello

stato improvvisamente diveniamo consapevoli di

realtà così lontane dall’ordinario, di verità

intrasmissibili, di stati di coscienza supernormali.

Il problema è che di tutto ciò che la coscienza

esplora attraverso l’attivazione di questi nuovi

circuiti, non rimane che una misera traccia una

volta che questa attivazione artificiale viene

meno. E’ per questo che una via lenta come

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231

quella della meditazione, volta a raggiungere

straordinari stati di espansione di coscienza,

diventa un’alternativa valida per chi vuole

avvicinarsi al regno della coscienza universale.

Perché lentamente apre e rende attivi quei

percorsi che con le sostanze vengono

brutalmente attivati, creando nello

sperimentatore l’impressione di essere travolto da

esperienze molto più grandi della sua capacità di

assimilarle.

Inoltre è interessante comprendere dal punto di

vista energetico il meccanismo che produce ciò

che noi chiamiamo bad trip.

I chakra sono paragonabili ad organi che una

volta che vengono forzatamente espansi a

causa di una modifica chimica, modificano la

loro struttura e funzionalità. Soprattutto i chakra

superiori si espandono a dismisura, andando ad

assomigliare proprio ai chakra di chi da anni

persegue discipline di crescita spirituale.

La differenza è che queste ultime persone si sono

avvicinate gradualmente alla loro disciplina,

purificando la loro mente da tutto ciò che di

ingombrante e nocivo era in essa, liberandola

dalle proprie nemesi e dai propri fantasmi, tutte

strutture energetiche che sono ancorate a detti

centri e rappresentano ciò che noi possiamo

definire come la nostra personalità, la nostra

struttura psichica. Sono spesso costruzioni

negative legate a traumi subiti, a paure, a

blocchi e limiti imposti da noi stessi o da altri.

Una volta che un chakra si espande così tanto va

a fornire una grande energia a tutto ciò che vi è

Page 232: Viaggi psichedelici

232

ancorato e così nel caso di chi non si è

sottoposto ad un cammino di consapevolezza

spirituale, si determina uno stato di eccitazione di

tutte quelle strutture negative che vengono

risvegliate (qualora siano dormienti) o potenziate.

Queste strutture, una volta caricate dall’energia

coscienziale di chi sta vivendo un’esperienza

psichedelica, possono fornire materiale per

alimentare un’esperienza paranoide

estremamente potente e realistica.

Per questo a mio avviso, è fondamentalmente

sbagliato che chiunque si avvicini alla pratica

psichedelica, senza prima aver affrontato dentro

di sé un percorso di autoconoscenza, un

percorso di ripulitura psichica dai propri

condizionamenti negativi.

Inoltre, le strutture energetiche una volta espanse

in maniera così forzata, laddove siano ingombre

di strutture negative, nel ritornare ad uno stato

normale, presentano lacerazioni paragonabili a

quelle di un tessuto che sia stato tirato oltre le

proprie possibilità. Lacerazioni che producono

nella realtà psichica di chi le subisce, difficoltà di

vario genere. Per esempio tutti gli effetti

collaterali post-esperienza, sono da imputare

proprio a questo tipo di lacerazioni, che

provocano mal di testa, estraniamento,

confusione, apatia, inquietudine.

Questo tipo di lacerazioni poi tende a risanarsi nei

giorni successivi all’esperienza, facendo tornare

l’individuo al suo stato pienamente ordinario,

anche se spesso, proprio grazie all’improvvisa

pulizia psichica che un’esperienza psichedelica

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233

induce, la persona può trovarsi a restare per

alcuni giorni più consapevole del solito, ad avere

un’attività mentale ed onirica più intensa.

La creatività viene ampiamente motivata nei

giorni successivi ad un’esperienza psichedelica,

sembra che si percepiscano maggiormente i

significati intrinseci alle cose, che si riescano a

cogliere collegamenti inusuali e in qualche modo

ci si trovi riallineati maggiormente a certe

sincronicità.

Tutto però torna poi ad un livello normalmente

ordinario qualora non si stia seguendo nessun tipo

di percorso evolutivo.

E’ per questo che per chi cerca delle risposte

permanenti, la via psichedelica rischia di

rappresentare un percorso molto effimero e privo

di una sua reale validità. Il rischio di smarrirsi

all’interno delle proprie costruzioni egoiche è

molto grande o peggio ancora di perdere il lume

della ragione dietro ad allucinazioni prive di

significato.

Ed è per questa ragione che ho abbandonato

questo sentiero in cerca di un terreno più sicuro

ove muovere i miei passi nella ricerca del Sé.

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APPENDICE 1: ISTRUZIONI PER L’USO

Per il lettore incauto ma con spirito di avventura,

non posso esimermi dal fornire indicazioni su

come andrebbe idealmente condotta

un’esperienza psichedelica.

La letteratura sulla materia descrive come

elementi fondamentali della psichedelia il set, il

setting e il sitter.

Il set è rappresentato dalle condizioni psicofisiche

dell’individuo che devono essere ottimali.

Occorre accingersi all’esperienza essendo in

buona forma fisica e con un’attitudine positiva,

rilassata e spensierata. Persone che si trovano in

condizioni di malattia o in situazioni di

problematiche mentali o condizioni di vita

difficoltose, non sono i candidati ideali per

un’esperienza del genere. Qualunque

problematica interiore potrebbe essere

ingigantita dall’esperienza stessa e potrebbe

soverchiare le capacità dell’individuo di

fronteggiarla.

Il setting è rappresentato dalle condizioni esterne,

ambientali e di relazione. Occorre scegliere un

luogo ideale, piacevole, in cui ci si trovi a proprio

agio. La condizione perfetta è rappresentata

dalla natura: boschi, prati, fiumi, mare. Il contatto

con la natura aiuta moltissimo l’esperienza nel

recuperare un contatto con i benefici influssi

della terra.

La città è un posto altamente sconsigliato:

troppo rumore, interferenze, suoni violenti e

inaspettati, smog. Anche la propria abitazione

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236

potrebbe rappresentare un luogo non del tutto

ideale. Soprattutto se si hanno finestre e balconi,

potrebbero crearsi situazioni poco edificanti. E

poi ci sono un’infinità di oggetti pericolosi di cui è

meglio fare a meno: coltelli, oggetti di vetro,

telefoni… meglio non avere per le mani nulla che

possa recare danno. Del resto tutta l’interazione

con la tecnologia è abbastanza compromessa.

In fase di forte alterazione vengono meno quelle

capacità mentali basilari che permettono

l’utilizzo di strumenti tecnologici come cellulari e

computer. La mente ordinaria infatti viene

totalmente riprogrammata e non ha più accesso

alla decifrazione dei codici e alla memoria dei

processi che normalmente utilizziamo per

interagire con la tecnologia.

Un elemento fondamentale invece è la musica.

Una buona colonna sonora è parte

assolutamente integrante di una piacevole

esperienza psichedelica. La musica può

determinare l’ottima riuscita di un viaggio.

Chiaramente la scelta della colonna sonora

dipende interamente dai gusti personali, ma la

musica classica è un ottimo suggerimento.

Il sitter invece è la persona che si incarica di

sostenere l’esperienza altrui. In genere non

dovrebbe assumere alcuna sostanza, ma

rimanere lucido e assistere completamente le

esigenze del viaggiatore, ma soprattutto cercare

di affrontare i momenti difficili sapendo infondere

calma, tranquillità e fornendo tutto il supporto

psicologico e affettivo di cui ci possa essere

bisogno.

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Un’attenzione particolare va data ai compagni

di viaggio: dei buoni compagni sono

determinanti per la buona riuscita di un viaggio

(questo vale anche nella realtà ordinaria). Il

problema è che anche gli amici più veri e sinceri

potrebbero rivelarsi dei compagni sbagliatissimi.

Questo perché è imprevedibile sapere quale

piega prenderà il viaggio per ognuno di essi.

L’interazione emotiva fra le persone può variare

in maniera imprevedibile. Una persona potrebbe

essere in fase di bad trip mentre un’altra nella

fase di risata isterica. L’incomunicabilità allora

diverrebbe schiacciante con un cattivo esito per

l’esperienza stessa e anche per la relazione.

Elemento fondamentale dell’esperienze

psichedeliche è il cibo. Dal punto di vista

fisiologico la fame chimica è un fenomeno

naturale e trovarsi sprovvisti di cibarie e bevande

potrebbe rappresentare un serio problema. Ma

non è da sottovalutare l’aspetto estetico

dell’esaltazione del gusto. Allora premunirsi con

cibi gustosi può essere un’idea interessante per

esplorare l’ampiezza dell’esperienza sensoriale

olfattivo/gustativa. Inoltre cibi zuccherini si dice

abbiano la proprietà di calmare un po’ l’effetto

psichedelico, in modo da riportare a bassa quota

il viaggiatore.

In ogni caso è ALTAMENTE sconsigliabile l’idea di

affrontare una sessione psichedelica per

chiunque abbia problemi di schizofrenia, psicosi,

ma anche solo per persone un po’ ansiose,

irresponsabili, che lo facciano con il solo scopo di

sballare.

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APPENDICE 2: SOSTANZE

Le sostanze da me utilizzate non sono state molte

in effetti. Mancano alla mia esperienza dei

capisaldi della cultura psichedelica quali LSD e

mescalina, anche se nella letteratura

sull’argomento la variazione del tipo di

esperienza in base alla sostanza è tutto sommato

limitata, visto che certi clichés dell’esperienza

stessa sono frequenti con qualunque di queste

sostanze.

AYAHUASCA

L’Ayahuasca (anche chiamata “la medicina” o

Mama Aya), è una bevanda psicotropa ottenuta

miscelando sapientemente due vegetali

amazzonici, la liana Banisteriopsis Capii fonte di i-

MAO e la Psychotria Viridis, fonte di DMT (vedi

voce più avanti). Gli i-MAO hanno la proprietà di

rendere assimilabile per via orale il DMT, il quale in

questo modo riesce a restare attivo nel corpo per

diverse ore e produrre un’esperienza molto

intensa e profonda. Tradizionalmente viene usata

dagli sciamani come bevanda curativa in grado

di generare stati mistici di profondo contatto con

lo spirito della natura dal quale trarre

insegnamenti e insight per la comprensione delle

dinamiche dolorose che si vuole affrontare. La

cultura dell’uso di questa pianta è estremamente

radicata in sud America, tanto da essere

riconosciuta come religione ufficiale.

L’assunzione di questa bevanda viene associata

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ad un rituale con regole ben codificate che

includono benedizioni, rituali di purificazione

(limpia, temazcal), canti propiziatori, che hanno

la funzione di sacralizzare l’esperienza stessa.

In Brasile l’Ayahuasca è l’elemento principale

all’interno della Chiesa del Santo Daime, religione

sincretista che unisce il cristianesimo ai rituali

amazzonici.

Esistono anche delle varianti dell’Ayahuasca

ottenute miscelando piante diverse ma che

contengono gli stessi principi attivi. Altre

combinazioni sono la Ruta Siriana miscelata con

la Mimosa Hostilis.

DMT o DiMetilTriptamina

Questa sostanza è ricavata da alcune piante

psicotrope e per essere assunta deve essere

fumata con un’apposita pipetta. L’odore della

sostanza bruciata è quello di una plastica amara

e intensa.

Sulla DMT esiste il libro del Dott. Richard Strassman

“DMT, the spirit molecule” che ne illustra

sapientemente gli effetti.

La sua peculiarità è che questa sostanza è anche

prodotta dal nostro cervello in maniera

endogena, per cui è totalmente innocua. E’ la

sostanza responsabile dei sogni notturni. Però la

sua assunzione a dosi elevati, produce un “rush”

psichedelico di notevole intensità ma breve

durata. Generalmente i suoi utilizzatori parlano di

un mondo di cartoni animati popolati da strane

creature di ogni tipo. Le esperienze con DMT

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241

possono essere molto mistiche o spirituali e

raramente danno esito a bad trip. Non ha alcun

tipo di effetto collaterale e appena sono finiti gli

effetti si torna praticamente normali. Terence

McKenna sosteneva che la sostanza era

completamente innocua a meno che uno non

morisse di stupore.

FUNGHI ALLUCINOGENI

La specie normalmente usata per i viaggi

psichedelici è la Psilocibe nelle sue svariate

varietà, ma di specie psicotrope ne esistono

centinaia.

La dose media di ingestione di questo tipo è di

circa 2,5 gr di fungo essiccato.

Gli effetti del viaggio iniziano a sentirsi 15-30

minuti dopo l’ingestione, e il picco

dell’esperienza avviene circa un’ora dopo. La

fase di plateau (cioè di intensità costante

dell’esperienza) dura da 2 a 4 ore. Generalmente

dopo 6 ore dall’ingestione gli effetti tendono

progressivamente a scomparire con un processo

ad “ondate” in cui si oscilla fra la realtà

consensuale riguadagnata e il mondo alterato

dell’esperienza fungina. Nelle ore successive al

viaggio occorre riposare molto viste le risorse che

vengono consumate dal viaggio stesso. Come

effetti collaterali si possono presentare mal di

testa, spaesamento, confusione, testa svuotata

dai pensieri, apatia, che durano al massimo una

giornata.

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242

KETAMINA

La ketamina è un anestetico utilizzato (ora più

raramente) nella comune pratica aneste-

siologica umana, ma ancora più comunemente

in quella veterinaria. Viene utilizzata anche sui

bambini, per le sue ottime proprietà anestetiche

che non inibiscono le funzioni respiratorie. Il

problema con questo “anestetico” è che a basso

dosaggio è altamente psichedelico, e il rischio è

proprio che vista la relativa capacità di tolleranza

delle persone, alcune di queste possono trovarsi

in viaggio anziché cadere profondamente

addormentati. E’ questo infatti il caso di quelle

persone che durante interventi chirurgici, si

trovano a fluttuare fuori dal proprio corpo e

riescono a vedere medici che operano sul loro

corpo inerme sul tavolo operatorio. Per questo

oggi non è più usata molto.

Questa sostanza può essere usata endovena o

aspirata col naso, in una quantità di circa 80-100

mg. I suoi effetti sono abbastanza rapidi a

comparire (5-10 min) e durano circa un’ora,

dopodiché a parte un po’ di sonnolenza, ci si

sente praticamente normali. Può dare problemi

di dipendenza se se ne fa un uso continuativo e

in questo caso creare paranoia e manie di

persecuzione o cospirazione.

MARIJUANA

Sulla marijuana non voglio dire altro che già

tanto è stato scritto. Posso solo dire che gli effetti

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della marijuana assunta oralmente, cioè

mangiata in pasticcini o torte (le cosiddette

“space cakes”) sono estremamente più forti

rispetto all’uso tradizionale, tanto da rasentare

quasi l’esperienza dei funghi ad eccezione degli

aspetti visivi che non sono ugualmente marcati.

Gli effetti durano circa 6 ore e hanno un effetto

collaterale di stonatura che dura anche per le 24

ore successive. Viene spesso usata in

concomitanza con le altre sostanze per addolcire

il viaggio o per prolungarne gli effetti.

SALVIA DIVINORUM

Questa pianta usata dagli sciamani come

strumento divinatorio, può essere consumata in

due modi differenti. Fumata o assunta in

soluzione idroalcolica sotto la lingua.

Gli effetti sono completamente diversi. Gli effetti

di quella fumata sono violenti, intensissimi e molto

brevi, quella in soluzione ha una salita molto

tranquilla, ed effetti più interiori, calmi con una

durata più prolungata.

L’uso di questa sostanza è associato

generalmente alla percezione di una entità

femminile amorevole. Ma le esperienze di coloro

che l’hanno usata più volte sono estremamente

variabili e descrivono un mondo parallelo che

non ha nulla a che vedere con il nostro. Non ha

particolari effetti collaterali.

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VASCA DI DEPRIVAZIONE SENSORIALE

Chiaramente non è una sostanza psicoattiva,

anzi si può dire che sia tutto il contrario, ma ha un

effetto notevole sull’alterazione degli stati di

coscienza.

La tecnica del Galleggiamento REST (Restricted

Environmental Stimulation Technique) è stata

inventata negli anni '70 dal Dott. John C. Lilly,

medico psicanalista specializzato in

neurofisiologia sperimentale, adattando ai suoi

scopi una vasca di galleggiamento utilizzata per

esperimenti sui subacquei durante seconda

guerra mondiale. Lo scopo della sua ricerca era

determinare se il cervello avesse bisogno di

stimoli esterni per mantenere uno stato cosciente.

Eliminando la stimolazione sensoriale scoprì che il

cervello non si spegneva affatto anzi, mutava

radicalmente la sua attività elettrica. Si

attivavano le onde theta e questo permetteva al

soggetto di sperimentare tutta una serie di stati

modificati di coscienza molto interessanti.

Al di fuori degli effetti fisiologici, quali estremo

rilassamento, modifica dei livelli di serotonina ed

endorfine, stato di benessere diffuso, gli effetti più

particolari sono legati al vissuto interiore della

persona che si sottopone al galleggiamento.

Si possono vivere fenomeni di regressione alla vita

prenatale o avere accesso a ricordi remoti

dell’infanzia, a volte possono emergere immagini

o ricordi associati a vite precedenti, possono

manifestarsi leggere allucinazioni visive,

modifiche alla percezione del proprio corpo (in

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genere si percepisce la sua assenza oppure una

rotazione in diverse direzioni spaziali), molto più

spesso sogni rivelatori o bizzarri, aumento

dell’introspezione interna, insight illuminanti, o

sospensione totale del pensiero come nella

meditazione profonda.

Si può dire che la vasca sia l’ambiente più neutro

possibile in cui le potenzialità umane possono

essere sondate senza interferenze. Tutto ciò che

emerge è puramente creato dalla macchina

biologica umana senza che essa venga stimolata

artificialmente, anzi proprio grazie alla de-

stimolazione dei sensi. Ed è proprio questa de-

stimolazione a produrre un’alterazione nello stato

di coscienza, solo di natura molto più sottile, mai

violento, perfettamente controllabile, anche se

spesso molto evanescente.

John Lilly associava l’uso della vasca alla

ketamina, di cui però divenne estremamente

dipendente. Era l’ambiente ideale, asettico, per

sperimentare le profondità del K-hole. Altrimenti

la vasca si presta come luogo ideale per la

sperimentazione con qualunque altra sostanza

psicoattiva, rappresentando un luogo sicuro e

protetto in cui solo la psiche dell’individuo fa la

differenza.

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BIBLIOGRAFIA

ALTROVE – Rivista italiana della SISSC (Società Italiana per lo

Studio degli Stati di Coscienza) – Ed. Nautilus

STATI DI COSCIENZA – Charles Tart – Ed. Astrolabio

IL NUTRIMENTO DEGLI DEI – Terence McKenna – Ed. Urrà

LSD IL MIO BAMBINO DIFFICILE – Albert Hoffmann – Ed. Urrà

HOFFMANN SCIENZIATO ALCHIMISTA – Stampa alternativa

TUTTO E’ UNO – Michael Talbot – Ed. Urrà

IL CENTRO DEL CICLONE – John C. Lilly – Ed. Crisalide

THE SCIENTIST – John C. Lilly

THE QUIET CENTER – John C. Lilly

PSICOFUNGHI ITALIANI – Gilberto Camilla – Stampa alternativa

TIMOTHY LEARY: VITA MORTE VISIONI – Stampa alternativa

DMT THE SPIRIT MOLECULE – Richard Strassman

VERE ALLUCINAZIONI – Terence McKenna – Ed. Shake

IL DIO DEGLI ACIDI – Gnoli Volpi – Ed. Bompiani

ERESIE PSICHEDELICHE – Stampa alternativa

FLASH, KATHMANDU IL GRANDE VIAGGIO – Charles Duchaussis –

Ed. SEI Frontiere

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INDICE

PREFAZIONE 3

INTRODUZIONE 13

VIAGGI PSICHEDELICI 17

PRIMO VIAGGIO CON I FUNGHI 19

SECONDO VIAGGIO CON I FUNGHI 33

TERZO VIAGGIO CON I FUNGHI 49

QUARTO VIAGGIO CON I FUNGHI 51

QUINTO VIAGGIO CON I FUNGHI 63

SESTO VIAGGIO CON I FUNGHI 87

PRIMO VIAGGIO CON MARIJUANA IN VASCA 103

PRIMO VIAGGIO CON SALVIA DIVINORUM 111

PRIMO VIAGGIO CON SALVIA IN VASCA 113

SECONDO VIAGGIO CON SALVIA IN VASCA 119

PRIMO VIAGGIO CON DMT 127

PRIMO VIAGGIO CON KETAMINA 131

SECONDO VIAGGIO CON MARIJUANA IN VASCA 137

RIFLESSIONI SULLA MORTE E LE ESPERIENZE PSICHEDELICHE 141

SECONDO VIAGGIO KETAMINA 147

TERZO VIAGGIO KETAMINA IN VASCA 153

FRAMMENTI DI VIAGGI 155

PAUSA DI RIFLESSIONE 201

UNA NUOVA ONDA 203

PRIMO VIAGGIO CON AYAHUASCA 205

PRIMO VIAGGIO CON 5-MEO-DMT 217

CONCLUSIONI 225

CONSIDERAZIONI ENERGETICHE 227

APPENDICE 1: ISTRUZIONI PER L’USO 235

APPENDICE 2: SOSTANZE 239

BIBLIOGRAFIA 247

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Stampato in Italia presso Cromografica Roma S.r.l., Roma, per Gruppo Editoriale L'Espresso S.p.A.

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