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via Po ECONOMIA Conquiste del Lavoro Digital life Supplemento al numero 221 - anno 69 - Mercoledì 29 novembre 2017

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via PoE C O N O M I A

Conquiste del Lavoro

Digitallife

Supplemento al numero 221 - anno 69 - Mercoledì 29 novembre 2017

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Volgiamo lo sguardo alsecolo appena chiuso, ilNovecento. È stato unsecolo pieno di inven-

zioni – il computer, il satellite,l’energia nucleare; di conquistesociali – il suffragio universale,la previdenza sociale, l’istru -zione; di rivoluzioni – quella cul-turale cinese, quella generazio-nale del ’68, quella informatica.E’ stato il tempo nel quale lasocietà occidentale si è data,non senza traumi e difficoltà,l’architettura sociale, econo-mica e politica, che ancora oggi,pur framolte e crescenti diffi-coltà, la sorregge.Il Novecento è anche stato ilsecolo che ha portato in superfi-cie una nuova entità, riconoscen-dole anche un ruolo attivo e con-sapevole nella vita economica,politica e sociale delle comunitàoccidentali. Si tratta dellamassa.È infatti nel Novecento, con lamaturazione della società indu-striale (oggi viviamo nellapost-industriale), che inizia aconsiderarsi questo nuovoaggregato, lamassa. Essadiviene rapidamente centrale ecapace di plasmare tutti i princi-pali aspetti dell’esistenzasocio-economica occidentale:la produzione di massa –sostanzialmente la capacità delsistemamanifatturiero di gene-rare grandi volumi di prodotto a

costi di produzione contenuti eperciò idonei a essere venduti aprezzi accessibili a molte per-sone. La fabbrica-simbolo di que-sto sistema di produzione èquella automobilistica, ma pre-sto il modello si diffonde edespande a tutti i settori manifat-turieri. Pensiamo, per stareall’Italia, alla fine degli anni Cin-quanta e alla diffusione di pro-dotti di abbigliamento delleaziende Lebole o Facis;

la comunicazione di massa –un volume di merce con siffattecaratteristiche deve essere resonoto alla popolazione, per infor-marne dell’esistenza e invo-gliarla all’acquisto. Ha neces-sità quindi di “inserirsi” in con-testi che abbiano l’attenzionedelle persone e, per quanto pos-sibile, un elevato grado di visibi-lità. I giornali, le radio, la televi-sione, hanno caratteristiche didiffusione e utilizzo che soddi-sfano pienamente queste esi-genze. Di qui la loro trasforma-zione inmedia di massa (massmedia), ovvero in veicoli di mes-saggi promo-pubblicitari indiriz-zati alla moltitudine dei poten-ziali compratori;

i consumi di massa – è nelNovecento che il consumo, dafenomeno essenzialmenteurbano, circoscritto e limitatonella diffusione alle sole catego-rie benestanti della popola-

Damassadiconsumatoriaretedipersone■ Ladigital life ci hagia cambiatoeper sempre,la testae ilmododi comportarci

diALBERTOMATTIACCI

OrdinarioEconomiae GestionedelleimpreseUniversitàLa SapienzaRoma

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zione, si espande. Diviene progres-sivamente, così, un agire econo-mico esteso a segmenti semprepiù ampi della popolazione, fino adivenire universale: è il cosiddettoconsumismo. In Italia gli anni fra il1959 e il 1963 – quelli del cosid-dettoMiracolo Italiano - vedonol’avvio impetuoso del processo ditrasformazione delle persone inconsumatori – nuova parolaimmediatamente assurta a sim-bolo di questa nuova epoca;la distribuzione di massa – lavasta e crescentemoltitudine deiconsumatori beneficia di unapoderosa opera di strutturazionedelle reti commerciali e di venditasul territorio. Ne risulta un fattostraordinario: le merci prodottedivengono sempre più accessibilia molti, indipendentemente dallocus di produzione e consumo. Ecosì, grazie, per esempio, ai super-mercati - tipologia di eserciziocommerciale al dettaglio portatoin Italia a fine degli anni Sessantadalla Esselunga di Capriotti e Rock-feller - diviene possibile acqui-stare a Romamerci realizzate inPiemonte (es. la Nutella), Lombar-dia (es. le Sottilette), Campania(es. Liquore Strega) e via dicendo.Il Novecento, in buona sostanza,ha definito e progressivamenteaffinato, fino a renderla estrema-mente complessa e sofisticata,l’architettura dell’esistenzasocio-economica delle popola-zioni occidentali. Ha trasformatoun’attività fin lì riservata al benefi-cio di pochi – la produzione - inun quid vantaggioso per tutti. Hafatto del popolo, entità fino a quelmomento storicamente inin-fluente e trascurata da ognipotere, un soggetto rilevante,mutandolo inmassa. Questo pro-cesso è stato un eccezionale suc-cesso storico: mai, nella storiadell’umanità, strati tanto larghidella popolazione hanno godutodi un tale livello di benesseremateriale, liberandosi definitiva-mente dalle ferree ganasce dellasussistenza.

La digitalizzazione dellamassaÈ questo il mondo in cui, perlo-meno in Occidente, fa il proprioingresso, a cavallo fra i due secoli,un nuovo fenomeno di massa, cheai precedenti si aggiunge per poi,come vedremo, contaminarli. E’tanto dirompente quanto i prece-denti, ma dovrà attendere ilnuovomillennio per assumere, alpari degli altri, unamagnitudineestesa a una grande, maggiorita-ria, fetta di popolazione:la digitalizzazione di massa –ossia la diffusione di comporta-menti nuovi, di natura socioecono-mica, abilitati dall’esistenza dellarete Internet e dalla adozionemas-siva di: terminali d’uso (il tele-fono cellulare prima, lo smart-phone poi), reti telematiche(l’Adsl nelle case, la rete Gsm esuccessive poi), software di sup-porto (i motori di ricerca, Altavistaprima Google poi), applicativi soft-ware commerciali (EBay e Ama-zon) e relazionali (da Facebook aLinkedin, fino aWhatssup e You-tube). Il salto di qualità avvienesostanzialmente quando Internet“esce” dal computer fisso dicasa per “entrare”, grazie allaconnessione ubiquitaria e sincro-nica (always on), nei terminali tele-fonici, cosiddetti smartphone.La digitalizzazione di massa èparte di un più ampio fenomeno,detto digital transformation, chenon si limita a trasformare lementi e i comportamenti delle per-sonema finirà, è certo, permutare la fisionomia stessa dellavoro, delle relazioni sociali, delleidentità personali e collettive equindi dell’economia, dellasocietà e della politica.La digital transformation agisceinfatti universalmente, trasfor-mando progressivamente la mor-fologia delle attività economichefondamentali prima descritte:la distribuzione è scossa dalladisintermediazione commerciale,di cui fanno rapidamente le speseinteri comparti - come le agenziedi viaggio, le librerie. È progressiva-mente pervasa dal commercio

elettronico, che inizia a redistri-buire i volumi di vendita dei pro-dotti fra canali digitali (click) efisici (brick&mortar), in partico-lare nell’elettronica di consumo,nei prodotti editoriali e dell’abbi -gliamento. Si inizia a ragionare suforme di offerta integrate – click&mortar, multicanalità - perrispondere a nuovi modelli di com-portamento di acquisto. Le per-sonemodificano i propri schemi dicomportamento, scoprendo lepotenzialità offerte dalla rete sianell’approvvigionamento di benie servizi, che nel potersi connet-tere fra loro;il sistema della comunicazione dimassa è sconvolto: dalla digitaliz-zazione della televisione, che faletteralmente “esplodere” ilnumero di canali televisivi accessi-bili e lancia il modello di televi-sione a pagamento, fino a pochianni fa ritenuto impossibile nella

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realtà italiana; dalla rapidissimasostituzione della carta stampatacon il web, chemette in affanno iconti delle imprese editoriali e tra-sforma l’intera professione gior-nalistica; dalle piattaforme di rela-zione fra pari – i cosiddetti socialnetwork - che non tardano amostrare anche il loro profilo eco-nomico oltre che relazionale. Essiintroducono nello scenario unnuovo canale di contatto e promo-zione fra l’offerta e la domandama anche - e forse, soprattutto-una piattaforma di contatto einfluenza orizzontale fra pari (iconsumatori, gli amici e gli amicidegli amici, i clienti di unamede-sima brand, i simpatizzanti dellamedesima parte politica, ecce-tera);lamanifattura, già interessata dauna progressiva digitalizzazionesul finire degli anni Ottanta delNovecento, vede crescere in inten-

sità e pervasività l’utilizzo dellarobotica, del controllo numericodegli impianti, dell’automazioneflessibile, di strumenti, insomma,che prevedono la progressivasostituzione dell’uomo con lemacchine. La frontiera, oggi, sichiama stampanti 3D e 4D, realtàaumentata a supporto dei pro-cessi produttivi, simulazione,cloud computing; insomma siamodi fronte a un poderoso flusso dinovità digitali a supporto della tra-sformazione che si conviene deno-minare Industria 4.0, che senti-remo nominare spesso nei pros-simi anni;il consumo, infine, ovvero l’agiredelle persone per approvvigio-narsi dei beni e servizi necessariall’esistenza, si esprime oggi attra-versomodelli il cui funzionamentoè (e sarà ancor più) profonda-mente ridisegnato dalla digitalizza-zione, attraverso una semplice

realtà di fatto: la progressivaestensione della copertura digi-tale della nostra esistenza. Dive-nendo le persone/consumatorisempre più “produttori di dati”,acquisibili ed elaborabili diretta-mente dal mondo dell’offerta, ilconsumo verrà connesso semprepiù rapidamente, intensamente eproattivamente alla produzione. Idati e le capacità predittive ed ela-borative degli algoritmi, ormaifamigerati protagonisti dellanostra vita, segneranno in talmodo il futuro rimodellarsi deisistemi di scambio.

Vite digitali

Se si concentra ora l’attenzionesulla trasformazione operata dalladigitalizzazione di massa emergecome lo spazio della quotidianitàdelle persone sia oggi, progressiva-mente, coperto dal digitale, daibit, dalle reti di connessionealways on – sempre attive, cioè,nello spazio e nel tempo. Il digitaleha già penetrato e pervaso le oreattive della giornata di ciascuno:con gli smartphone, le connectedtelevision, i tablet, gli smartwatch, da un lato; la posta elettro-nica, le app, i motori di ricerca, lepiattaforme sociali e quelle com-merciali, dall’altro. Tutto ciò sem-bra destinato a non averemaifine, anzi, sembra voler aprirenuovi orizzonti di cambiamento -e si è fatta ormai strada il senti-mento comune di una sua inelutta-bilità.

Hardware e software – direb-bero gli informatici - device e uti-lità – direbbero gli economisti e isociologi - si combinano e dialo-gano, ogni giorno, in un continuoflusso di innovazione reciproca.Tutto ciò avvienemolto rapida-mente e sembra quasi rendereobsoleta ogni cosa nello spettro dipochi anni, tre-quattro in genere.Le dimensioni di base dell’esi -stenza, spazio e tempo - sem-brano quasi essere contaminate estravolte dal digitale mutando,rispettivamente, in ampiezza evelocità.

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Probabilmente il lettore di questepagine sarà uno dei cosiddetti“migranti digitali”, di coloro iquali, cioè, sono nati e cresciuti inunmondo diverso, pre-digitale.Costui (o costei) sarà stato, finora,lietamente sorpreso e divertito daquesta nuova, affascinante digitallifema, probabilmente, senza rea-lizzare appieno lametamorfosi esi-stenziale che lo vede protagoni-sta: l’essere divenuto un genera-tore di bit, di flussi di dati informa-tici. Infatti, così vivendo, questomigrante digitale si è andato,forse inconsapevolmente, adaggiungere ai nativi digitali, por-tando acqua al mulino di un fiumeche, da piccolo rivolo di monta-gna, sta ora diventando oceano.Questo oceano si chiama Big Datae inizia a intravedersi - anche seper ora è ancora più una prospet-tiva che una realtà.Tutto ciò perché siamo entrati, inItalia, nell’era della digitalizza-zione di massa. La digitalizzazione,in Italia, è divenuta di massa in unintervallo straordinariamentebreve di anni –all’incirca fra il2004 e il 2010 - e, sebbene debbaancora sviluppare appieno la infra-struttura tecnologica abilitante–la famosa banda larga- contagià su numeri rilevanti. La totaldigital audience, ovvero la base diitaliani connessi ed effettiva-mente attivi sulla rete per via dicomputer (47% della popolazione)e dispositivi mobili (66%),ammonta a 32,7milioni di per-sone, pari complessivamente acirca il 60% delle persone sopra idue anni di età (Audiweb, 2017).Nel giornomedio, il tempo spesosu dispositivi fissi è di un’ora a per-sona, tempo che raddoppia nelcaso dei dispositivi mobili e nonmanifesta significative distinzioniin base al sesso, ma sì all’età.Siamo oltre 18milioni a usareWhatsup, 15 Google, 5 Skype(comScore, 2017). In Italia i socialsono di massa: 24,6milioni di per-sone possiedono account Face-book, 23,8 Youtube, 11,1 Insta-gram e via gli altri (Audiweb,

2017).Vero che inmolti casi c’è unasovrapposizione di strumenti suimedesimi soggetti, ma cionondi-meno i numeri sono piuttosto ele-vati e descrivono un fatto ormai dimassa.Che noi si sia un popolo ditechno-fan, comunque, lo si eracapito da parecchi indizi emoltotempo: la rapida diffusione dellatelefoniamobile, l’intenso uti-lizzo degli sms, la sostituzionetotale degli apparecchi televisivi atubo con quelli a schermo piatto edei telefoni cellulari con gli smart-phone –per citarne solo alcuni-sono tutti segnali di questa nostranuova faccia identitaria collettiva,un po’ postmoderna e ancoramolto consumistica.Tuttavia, tentare di descrivere que-sto nostro amore collettivo per latecnologia semplice da usare,avvalendosi solo di alcuni oggetti,rischierebbe di far perdere di vistail senso, il significato profondo diquanto ci è capitato. Disegne-rebbe, cioè, un quadro incom-pleto della nostra techno-mania,mostrandoci sostanzialmentecome dei “materialisti giocherel-loni”, persone bramose di posse-dere oggetti di varia fattezza, ilche non ci porrebbe in condizionemolto diversa da quanto osser-vato negli anni del consumismoitaliano: lì bramavamo automo-bili, qui smartphone.Se invece andiamo a considerarela faccia immateriale, intangibile,dei nostri desideri collettivi, ciaccorgiamo che un oggetto deldesiderio, chiaro e netto, segnabene la differenza rispetto al pas-sato: la connettività. Per capirequanto questa sia importante,oggi, negli schemi di vita delle per-sone, basterà un piccolo sforzo diimmaginazione: come sarebbe lanostra vita se non ci fosse il 3G o il4G (la tecnologia di rete che fa fun-zionare i nostri smartphone)?Come senza la linea veloce incasa? E senza il wi-fi?

Damassa di consumatori a reti

di personeLa connessione è il punto di discon-tinuità, l’abilitatore tecnologicodi base che consente la trasforma-zione dell’anonimo individuodella società di massa, nella per-sona di quella che si sta rapida-mente costruendo. È grazie allaconnessione che ciascuna personadotata di “identificativi digitaliunivoci”– un numero di cellu-lare, un indirizzo di posta, uno opiù account personali - diviene:riconoscibile – i sistemi informa-tici si accorgono di chi siamo ogniqualvolta usiamo la connessioneper accedere a qualche ambientedigitale –un social network, unsito, unmotore di ricerca, una piat-taforma commerciale, eccetera;conoscibile –le nostre azioninell’ambiente digitale lascianotraccia (il famigerato dato) e que-ste tracce possono essere imma-gazzinate, ordinate e lette perestrarne “significato”, anchecommerciale – i nostri gusti e pre-ferenze, le nostre opinioni, lenostre abitudini, eccetera;raggiungibile – lemodalità di con-tatto diretto, personale, fra un sog-getto –s ia esso un’impresa, unpartito politico, eccetera - e l’indi -viduo sono numerose e rendono,a tendere, obsolete in primis levecchie forme di comunicazionecommerciale di massa, in secundisquelle distributive.La connessione e la dotazione indi-viduale di identificativi digitali uni-voci consentirà, in prospettiva, unsalto di qualità delle relazioni dimercato, quel fenomeno com-plesso cioè, che solitamente siriconosce nella parola “marke -ting”. Da una parte il “bicchieremezzo vuoto”, il rischio delGrande Fratello onnisciente eonnipresente: la paura, cioè, chegli elaboratori dei nostri dati per-sonali (i famigerati algoritmi) diver-ranno talmente sofisticati da sosti-tuirsi, anticipandoli, ai nostristessi liberi desideri. Dall’altra il“bicchiere mezzo pieno”, rappre-sentato da un nuovomodo di orga-nizzarsi dello scambio di beni e ser-

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vizi, che liberi tempo e ci renda piùcapaci di scegliere al meglio,anche grazie all’accresciutopotere individuale che, come con-sumatori connessi, abbiamo rapi-damentematurato (il cosiddettoconsumer empowerment).

Quest’ultimo è grande e cre-scente. Risiede nel fatto che lanuova dimensione digitaledell’esistenza (la digital life), aben vedere, ci ha già cambiato eper sempre, la testa e il modo dicomportarci. Grazie a essa siamopiù informati e, al contempo,sicuri di poter acquisire ognigenere di informazione e opinioneattraverso la rete, praticamentesu ogni argomento. Possiamo sce-gliere come e quantomai fattonell’intera storia dell’umanità:più consapevolmente e fra alterna-tive numerose come nonmai.Siamo, conseguentemente, menofedeli alle abitudini di acquisto–marche e venditori- perché con-sapevoli dell’enorme, spesso smi-surata, possibilità di scelta framar-che e prodotti. Ci sentiamo piùforti nei confronti dei venditori,perché sappiamo che, all’abbiso -gna, possiamo estendere la nostrasingolarità alle reti di nostri simili– network sociali, blog - ed even-tualmente sanzionare chi on cisoddisfa. Siamomeno in sogge-zione, perché l’esperienza digi-tale avviene quasi sempre su unpiano orizzontale, facendoci sen-tire “pari” a chiunque condividail nostromedesimo spazio equindi ricerchiamo interlocutoriautorevoli, non autoritari.

Uno sguardo al futuro

Non è dato dire cosa accadrà, nédire quale delle due visioni del bic-chiere si rivelerà quella giusta. Dicerto, però, una cosa si può giàasserire e cioè che, di qui a pochianni, forse anchemeno di undecennio, volgendoci indietro aguardare chi siamo oggi ma, esoprattutto, chi eravamo ieri, ci sisorprenderà, tanto da non ricono-scerci più in quel che eravamo. Enon sarà una brutta sorpresa.

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DigitalizzazioneprofessionioccupazioneQ

ualè e quale saràl'impatto dei processi didigitalizzazione su pro-

fessioni e occupazione?Di questo si è discusso nellaconferenza tenuta al Cnel, il 9novembre scorso, e che havisto gli interventi di StefanoScarpetta (Oecd), Stefano Sac-chi (Inapp) eMaurizio DelConte (Anpal). La domanda èquella da unmilione di dollari,ma dagli studi presentati, sep-pur ancora in fieri, sonoemerse alcune evidenze chepossono fornire già spunti aipolicymakers.Insieme con il cambiamento

demografico e la globalizza-zione, la penetrazione deisistemi di digitalizzazione ecomunicazione rappresentauno dei megatrend che stannoinvestendo inmodo rapido eintenso i paesi Ocse, pur congrandi differenze.Lo studio di Scarpetta ha evi-denziato come inmeno didieci anni (dal 1995 al 2004) leIct technology si siano diffusemolto velocemente in tutto ilmondo del lavoro, e come lafornituramondiale annuale dirobots industriali sia transitatadalle 81.000 unità del 2003 acirca, si stima, 200.000 unità

nel 2020.Esiste allora per gli anni avenire un reale rischio di disoc-cupazione tecnologica dimassa?Il timore è lecitoma sembre-rebbe non confermato nédagli studi "macro" di Scar-petta e nemmeno da quellifocalizzati sulla realtà italianadell'Inapp di Sacchi. Non cisono evidenze di effetti nega-tivi provocati dall'innovazionetecnologica in termini di tassodi occupazione. Scarpetta hainfatti sostenuto (si veda il Gra-fico sotto) che la percentualedegli occupati è a livello inter-

diMARIAISAD’URSI

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nazionale sui livelli più alti, da unlato per la maggiore presenza delledonne, dall’altro per il prolunga-mento dell’età lavorativa. Il ricerca-tore dell’Ocse pone invece soprat-tutto l’attenzione sulla polarizza-zione dei posti di lavoro legata allecompetenze: crescono gli "highskill" e i "low skill", mentre si regi-stra una diminuzione delle fasce dioccupazione con competenze inter-medie e routinarie. Queste ultimesarebbero quindi più facilmentesostituibili dall'intelligenza artifi-ciale. Secondo Scarpetta le politichedovrebbero particolarmente tenerconto di questa condizione in quat-tro direzioni: miglioramento dellecompetenze, protezione sociale perle persone esposte al rischio di disoc-cupazione, dialogo sociale, politichedi attivazione.In particolare lo studio presentatodall'Inapp ha analizzato il tasso divariazionemedio annuo dell'occupa-zione per le dieci professioni chesonomaggiormente cresciute e perle dieci professioni che si sono con-tratte nel periodo 2011-2016.Emerge come la tendenza positivaabbia investito professioni riconduci-bili a tre grandi gruppi (tra cui specia-listi nei rapporti con il mercato, tec-

nici della produzionemanifattu-riera, analisti e progettisti di soft-ware...) interessati da attività e fasiproduttive caratterizzate da un'ele-vata intensità e propensione all'inno-vazione tecnologica, mentre il trendè negativo in termini di decrescitaoccupazionale per quelle profes-sioni a bassa intensità tecnologica econ un alto grado di routinarietà.Addetti a funzioni di segreteria o dicontabilità risultano quindi più facil-mente sostituibili da software gestio-nali, e più esposti a un rischio didisoccupazione tecnologica.Secondo Scarpetta e Sacchi, dunquelo scenario che si profila risulta com-plicato, molto complicatomacomunque lontano da quel 40 percento di lavoro inmeno notoria-mente profetizzato daMichaelOsborne. Si attesterebbe su un rag-guardevole 9 per cento di lavori arischio automatizzazione.Dal punto di vista di una selezionequalitativa degli ambiti di sostitu-zione, interessante è un'indaginecondotta a livello europeo tra i citta-dini sui settori che sarebberomag-giormente coinvolti nell'uso deirobots per aree professionali.Emerge un atteggiamento socialepositivo per settori come quello spa-

ziale, manifatturiero emilitare esostanzialmente di rifiuto per areecome quelle educative e di cura."Formarsi" al lavoro che cambiaL'ultimo dato certo che si evince daquesta breve incursione nel futurodelmondo del lavoro non puòquindi non riguardare il fatto chemolti lavoratori non abbiano finoraacquisito le giuste competenze peradeguarsi a un lavoro nuovo, a unlavoro che cambia, e cambia rapida-mente. E' quello a cui fa riferimentoMaurizio Del Conte, presidenteAnpal, già quindi policy maker,quando sottolinea la necessità dirivedere il vecchio "aggiornamentoprofessionale", dandogli una vestenuova che si leghi non tantoall'ambiente lavorativo (appunto incontinuo cambiamento) quantoinvece alla persona. Di fatto un “di -ritto alla formazione” che ci aiuti inuna transizione che si prospetta par-ticolarmente complicata.Soprattutto considerando che se èvero che i tassi di occupazione sonogeneralmente, non in Italia, su livellistoricamente elevati, c’è anche dadire che il livello del monte ore lavo-rate rimane inmolti paesi, com-presa la stessa Germania, inferiorealla situazione pre–crisi.

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UnarealtàdigitaleincrescitaÈ

lospecchio d’Italia ilrapporto annuale “Di -gital Italy” del 2017,testo curato da Enrico

Arquati e Camilla Bellini ededito dal gruppoMaggioli,che offre una panoramicaesauriente e ragionata delcomplesso universo telema-tico.Un libro che racconta unarealtà digitale in crescita, cheevolve e si trasforma, con unaumento del mercato italianodell’Information & Communi-cation Technology nel 2017del 2,4%, per un valore pari a55,1miliardi di euro. Indica-zioni positive, certo, quelleche arrivano dalle aziende ita-liane anche verso “l’ado -zione di tecnologie più di ‘fr -ontiera’ nel processo gene-rale di trasformazione digi-tale, evidenziando unamag-giore consapevolezza rispettoal passato sui temi del digi-tale”. Ma che per ora nonregge il confronto con le altrerealtà continentali. Principal-mente per una ragione: non èancora un paese per startup,per imprese hi-tech. Mentrein Europa i vicini viaggianopiù veloci per quanto con-cerne l’aumento degli investi-menti: Londra e Parigi sem-brano irraggiungibili e nellostesso tempo avanzano Spa-gna e Portogallo.È qui dunque il cuore del cam-biamento della società. Atutti i livelli. Dai servizi dellapubblica amministrazione,con l’accesso tramite il “pinunico”, fino agli altrimomenti della vita quoti-

diana. Dove la sua applica-zione si sta dimostrando sem-pre più importante. “Un pro-cesso politico nel senso altodel termine”, ha sentenziatoil ministro dello Sviluppo eco-nomico, Carlo Calenda, allapresentazione del Digital Italysummit 2017, la kermesse ditre giorni organizzata a Romadalla società di advisory TheInnovation Group in collabo-razione con Agenzia per l’Ita -lia digitale, Confindustria digi-tale, Assinform, fondazioneAstrid e gruppoMaggioli, perfare il punto sulla situazione epresentare il rapporto. “Ma– ha avvertito Calenda –qui si tratta di affrontare ciòche davvero spaventa e perfarlo c’è un solomodo: incen-tivare gli investimenti perfavorire la crescita umana eculturale. È un argomento sucui dobbiamo concentrarcitutti, con buona pace di bolloauto, irpef e pensioni su cuinon si gioca il nostrofuturo”. Così, mentre ilgoverno pensa anzitutto a for-nire un supporto normativoall’identità digitale, alloscopo di gestire il cambia-mento, c’è chi paventa ilrischio che tanti, forse troppiprovvedimenti restino sol-tanto sulla carta. Ché la digita-lizzazione, così come la globa-lizzazione, cambia tutti i para-digmi portando a un nuovosviluppo dell’economia di unpaese.Sullamateria tecnici e politicisi sono confrontati a lungo alDigital Italy, parlando tral’altro di welfare all’istru -

zione, industria 4.0, costru-zione di nuovi ecosistemi digi-tali, piani strategici, Digitalmanufacturing e banda ultralarga.“Abbiamo focalizzatol’attenzione sull’analisi deisistemi innovativi territoriali– ha affermato RobertoMasiero, presidente di TheInnovation Group – e su trepilastri della rivoluzione digi-tale: le politiche industriali,l’agenda e il piano strategico.Convinti come siamo che ildigitale abilita un nuovomodello di Italia, più competi-tivo e più vicino ai cittadini eai loro bisogni”. Tuttavia,avverteMasiero, “occorresviluppare il prima possibileun progetto di ‘Italia Digi-tale’, un piano condiviso tratutti gli attori economici esociali, fondato sulla forzadelle nostre imprese e deinostri territori, che promuovaun’azione rapida verso unobiettivo comune: diffonderelemigliori pratiche di innova-zione digitale per sviluppareun ‘modello italiano per lacrescita’. Esso non devenecessariamente tendere ariproporre ricette e rimediripresi da altri paesi, ma devesaper capitalizzare le espe-rienze, le tradizioni e ciò chedi buono c’è all’interno deiconfini italiani per capire allafine quale strada intrapren-dere”. Promuovere dunque,ha concluso il numero uno diTIG, “un modello di politicaper l’innovazione digitaleche sia orizzontale rispettoalle esigenze di tutti, che rie-

diFABIORANUCCI

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sca a tenere conto della complessitàe del potenziale di scelte che il cam-biamento offre alle istituzioni, alleimprese e ai cittadini”. Trasforma-zioni in atto. Nelle piccole e soprat-tutto nelle grandi realtà urbane. “Lafunzionalità dei servizi amministra-tivi e l’accessibilità digitale da partedegli utenti sono sempre più un bino-mio inscindibile”, ha sostenuto il sin-daco di Roma, Virginia Raggi,“anche se – ha aggiunto – parlare

soltanto di partecipazione digitale èprematuro. Il Comune intanto haavviato la campagna ‘Roma ascoltaRoma’ per redigere un piano socialecittadino anche dal punto di vista digi-tale e sta lavorando per diventare unlaboratorio avanzato grazie anchealla definizione di documenti opera-tivi come l’agenda digitale di Romacapitale e la casa digitale del citta-dino, dove poter reperire atti intempo reale, e all’istituzione dei

punti ‘Roma facile’. Per ora, sono 25questi spazi realizzati per sensibiliz-zare alla cultura digitale e all’usodelle tecnologie. Inoltre, dal pros-simo anno sperimenteremo la rete5G”.Dal Campidoglio intanto si levaanche un’altra voce, quelladell’assessore alla Roma Semplice,FlaviaMarzano, che invoca il rinnovodellamacchina amministrativa. “Vogl -iamoavereun ruolo di primopianonei

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programminazionali, promuovendoscambidi esperienzeepartnershipinternazionali”, hadetto. “È chiaroche l’Italia si èmessa inmoto– haasseritoFrancoBassanini, presidentedella fondazioneAstrid – eora èpiùdiffusa la consapevolezza che il sistemaeducativohabisognodi una trasforma-zioneequindi occorrepuntare sullacapacitàdi formarenuovecompe-tenze”. Il rapportodel 2017 si divideindueparti. Nella prima, intitolata “Ildigitale e la forzadel nostropaese,delle sue impreseedei suoi territori”,si passanoai raggi x le impresee idistretti industriali, “Dal Made in Italyall’Italian Way for Life”, “Smartmanufacturinge Industria 4.0”,“E-commerce” e “Open innova-tion”. Finoal “percorso versounaPAdigitale”. Nella seconda ci sono i con-tributi deimembri dell’advisory boardedelle aziendepartner. In sostanza,un’istantanea dei progressi tecnolo-gici eprogettuali realizzati nell’eradella digitalizzazione. Per “un made inItaly semprepiùglobale– hanno spie-gato i promotori dell’iniziativa di TheInnovationGroup– partendodal prin-cipio che l’internazionalizzazione e ladigitalizzazioneconcorronoalla cre-scita eallo sviluppodellenostreimprese, permettendodi ‘allargare’ imercati di sboccoedi ampliare la baseclienti perprodotti di nicchiae specializ-zati. Il digitale, oltre a contribuireal pro-cessodi aperturadeimercati (si pensial ruolo inquesto sensodell’e-com -merce), velocizza i processi di innova-zioneeaiuta a consolidare eaesten-dere la rete di relazioni (il ‘distretto’originale) dell’impresa”.Quindi, “facendo leva inmodosignifi-cativo sulle nuove tecnologie, leaziende italianepossonoguadagnarevantaggio competitivo. Per il 2017, TIGha stimato che ilmercato italianodell’Information &CommunicationTechnology siapari a 55,1miliardi dieuro, conun tassodi crescitadel 2,4%rispettoall’anno precedente. In parti-colare, crescono sia ilmercato IT(+3,8%) sia ilmercatodelle TLC(+1,6%): daun lato, infatti, ilmercatodell’Information Technology– conunvalore stimatonel 2017di 20,9miliardi di euro – è trainatodalla cre-

scita delle componenti più innovative,dal cloud computing (circa 1,8miliardi,+16,4%rispettoal 2016) alle soluzionidi Business IntelligenceeBusinessAna-lytics (pari a 779milioni, +9,6%);dall’altro, ilmercatoTLC– pari a34,2miliardi – cresce inparticolare sullaspintadegli investimenti nelle retiNGA(NextGenerationAccess), che compen-sanoampiamente il calonella spesaper servizi voceedati (fissi emobili)”.Così, “una recente rilevazionedi TheInnovationGroupevidenzia che leaziende stanno rivolgendo lapropriaattenzioneancheverso tecnologie piùdi ‘frontiera’ rispetto al processo com-plessivodi trasformazionedigitale,denotandounamaggiore consapevo-lezza rispetto al passato sui temi deldigitale. In particolare, stanno svilup-

pandoprogetti – per il 2017– inambitobigdata, customer experiencemulticanale e IoT. Trend tecnologicicome lo smartmanufacturing, ovveroladiffusionedi tecnologiedigitali nelsettoremanifatturiero, all’internodelle fabbrichee lungo tutta la filieraproduttiva, l’e-commerce, conunmodellodi go-to-market (direttoomediato)delle imprese semprepiùnecessario inun contesto globalizzato,e l’open innovation, ossia l’aperturadel processodi innovazionedelleaziendeverso realtà esternecomestart up, centri ricercheeuniversità,sonosemprepiù strategici nelpotenzia-mentodella capacità competitivadelleimprese italiane. Lo smartmanufactu-ringè la stradaper il rilanciodell’indu -striamanifatturiera, benché tale

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apporto sianegli ultimi anni diminuitoa causadella recente crisi edella cre-scita della competizioneglobale. In Ita-lia, tra il 2007e il 2013 il pesodell’indu -striamanifatturieranella creazionedivaloreaggiunto èpassatodal 17,7%al15,5%del totale, valori adesso in cre-scita,maancora al di sottodi quelli del2007”.Inoltre, “più recentemente si è comin-ciatoaparlaredi open innovationanche in Italia, benchéaoggi paionoessereancorapoche le realtà in gradodi abbracciare appienoquestopara-digma.D’altra parte, rimangonoancoraalcuneperplessità rispetto allarealediffusionedi questomodello: imeccanismie i finanziamenti a sup-portodelle start up in Italia sonoancoradeboli e rischianodi frenare la

creazionedi un terreno fertile allanascitadi partner ideali per l’openinnovationnelle aziende tradizionaliitaliane; risulta spessodifficile distin-guere tra l’effettiva adozionedi unmodellodi open innovation, volto aintegrare concretamente leattività diR&S internealle aziende, e la strumen-talizzazionea fini dimarketing diannunci e iniziative in questoambito,senza chepoi l’effettivo processodiinnovazione inazienda vengamodifi-cato; e, infine, sono le impresedi ser-vizi che si stannoorientandoversoque-stomodello, seguitedalle aziendedelmanifatturieroedell’Italian WayofLife, unnuovomodellodi distrettoallar-gato su scala globale che integra le logi-che territoriali con il potenziale di unareteestesa ancheanuovi player digi-

tali. A frontedi queste considerazioni,quellodell’open innovationè sicura-menteun temachevale la penamoni-torare, per comprendere anche il ruolochequestomodellopuòavere, aesem-pio, in relazionea iniziative comel’Industria 4.0onello sviluppopiù ingeneraledi una strategiaper la crescitae l’innovazione del paese”.Secondo il presidentedi Confindustriadigitale, Elio Catania, “i mancati inve-stimenti in innovazionedigitale, cheabbiamostimato in circa25miliardi dieuro l’anno rispetto allamedia euro-pea, hannopenalizzato fortemente lenostre capacità competitive, anche senegli ultimi 18mesi alcuni ingranaggi diquestomeccanismo inceppato si sonorimessi in funzione”.Tuttavianonvanno trascurati fattoricome la legalità. “Sarebbero rivoluzio-narie le piattaformedigitali nel sistemadegli appalti che consentirebbero latracciabilità assoluta di tutte le attivitàsvolte”, hadetto il presidentedell’Autorità nazionale anticorru-zione, RaffaeleCantone.PerAntonioSamaritani, direttoregene-raledell’Agenzia per l’Italia digitale,“le dueparole chiave sonogover-nanceecoesione.Grazie al Piano trien-naleabbiamo fattounprimopassosignificativodefinendo ilmodellonazio-naledi gestioneeutilizzodelle tecnolo-giedigitali. Inoltre, l’Agenzia si sta rior-ganizzandoperdiventarepuntodisnodoper il coordinamentodelle atti-vità di accompagnamentoprevisteperleamministrazioni”.Con la consapevolezza che, a tutticoloroche sonoabituati amisurare cre-scita e soliditàprendendo inesame ilPil come indicatoreprimariodel vigoredi unanazione, conviene sempre inte-grarenelle loro equazioni il fattore cul-turale.“La digitalizzazionenonèun fine–ha sostenuto Francesca Jacobone, pre-sidentedi ZètemaProgettoCultura–maunmezzoper valorizzare il patrimo-nioartistico e culturale ai tempi dellaglobalizzazioneedellenuove tendenzegenerazionali. Per questo, sarà impor-tantepromuovereun sistemadi educa-zionedigitale affinché i nostri territoripossanoavere il ruoloe l’importanzache l’Europa ci chiede”.

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ConcorrenzUnponderosovolume, comesono tutti quelli pubblicatidalla collana storicadella

Bancad’Italia, analizza il nesso traconcorrenzae crescita in unapro-spettiva culturaledi lungoperiodo.La ricerca, col contributodi ventitréautori (storici, economisti, giuristi,storici economici), si proponedimisurare il deficit concorrenzialedell’Italia, individuandone le radicistoricheemettendo in luce le con-seguenze. L’evoluzione della con-correnza, lepolitiche che l’hannopromossaeostacolata, sonoanaliz-zatea livello aggregatoedei vari set-tori, soffermandosi poi su alcunicasi di studio. Tutta la ricerca vieneriassunta in cinquemacro capitoli:teoriae storia, culturee istituzioni,analisi empirica, settori produttivi,politiche.Mentrevi èuna larga coin-cidenzadi opinioni tra gli economi-sti circa gli “effetti allocativi sta-tici” della concorrenza (nel sensoche riduce le rendite abeneficio deiconsumatori), gli esiti dinamici deimercati concorrenziali sulla crescitaeconomicae sull’occupazione

sonopiù controversi. Peresempio,partendodal lontanoperiodomedievale, le organizzazioni di arteemestieregarantivano laqualitàdei prodotti attraversopreciseregole riferite alla produzionedellemerci. La reputazionedella corpora-zione (edella città nella quale ope-rava) era considerata unbenepub-blicoperchévi era la consapevo-lezza che la collettività producevapiùefficientementedel singolo.L’opinione opposta invece ritieneche le corporazioni (gilde) eranostrumenti allocativi del reddito edel poteree solounapiccolamino-ranzadella popolazionene facevaparte.Durante la “Golden Age”,l’età dell’oro del dopoguerra(1950-75), la rapida crescita del pro-dotto interno lordo si svolge inunquadro complessivo caratterizzatodaelevati “mark-up” (differenza

traprezzi dei beni e costi di produ-zione).Nel periodo1970-2007 sirilevaunaumentodella concorren-zialitàdell’economia italiana,soprattuttonegli anni successivi al1993dopo l’avvio delmercatounicoe l’intensificarsi della concor-renza internazionale. L’obiettivo dicreareununico grandemercatoconcorrenzialeeuropeo, basatosulla libera circolazionedei beni,personee capitali, ha guidato il pro-cessochehaportatodalla Comu-nità EconomicaEuropeaall’UnioneEuropeadi oggi. Risultapiù conve-niente, per un’impresa chenonèingradodi competere sulladimen-sioneesulle economiedi scala, inve-stireperoffrire unprodottoorigi-naledi qualità cheentrare inmer-cati già esistenti, dove verrebbeschiacciata; perciò anche l’impresadi nicchia segue la strategiadi inve-

diSALVATOREVENTO

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aesviluppostire in ricercadi prodotti semprenuovi, in cui diventa leaderdimer-cato. Sulla concorrenzanel settorebancario l’analisi diventaancorapiù complessaperché la conflittua-lità tra lebanchepuò rendere insta-bile il sistema finanziario, provo-cando ripercussioni sull’economiareale.Alla finedegli anni settantainiziarono le prime importanti libe-ralizzazioni delmercatobancario.Nel 1990gli sportelli furono libera-lizzati. La “legge Amato” diquell’anno consentiva la trasforma-zionedegli istituti creditizi pubbliciin societàper azioni superandocosìilmodello della bancapubblica;essa favoriva la creazionedi gruppibancari al finedi raggiungeredimen-sioni adeguatea fronteggiare la cre-scente concorrenzaestera.Nel pas-sato lepiccolebancheeranodifeseinquanto ritenute lemeglio attrez-

zateper finanziare lepiccoleimprese.Altri ricercatori inveceritengonoche si volevanodifen-derea fini elettorali i gruppi diri-genti locali che trovavanoespres-sionenelle cassedi risparmio enellebanchepopolari. Secondostimeattendibili il patrimonio finan-ziariodegli italiani èdi 3.240miliardi di euromolto superioredeldebitopubblico cheèdi 2.279miliardi. Iopenso che sul sistemabancario italianomanchi ancoraun’analisi approfondita sulle causedella crisi dimoltebanche locali chehannodanneggiato i piccoli rispar-miatori, come la storia recentedimostra.Nel compartodellagrandedistribuzione, la sua cre-scentepresenza sul territoriohaavuto riflessi anchenel relativo set-toreproduttivo: dove il gradodiconcentrazionedella grandedistri-

buzioneèpiùelevato, anche ilnumerodi imprese industriali attivenel compartoalimentare è inferioree imargini di profitto sonomedia-mentepiùbassi. Inquesto caso laconcorrenza favorisce i consuma-tori e l’occupazione. La diminu-zionedei commercianti autonomivienepiù che compensatadall’aumento dei lavoratori dipen-denti.Nell’ambito dei processi diglobalizzazionedegli ultimi anni, igruppi industriali stranieri hannopreferito restarenel settoredi cuiavevanoesperienza al finedi accre-scere la lorodimensioneepresenzainternazionale in alcuni settori stra-tegici adalta tecnologia: il gruppoKrupphaacquistatoAst-acciai spe-ciali di Terni; il gruppoAbb-AseaBrownBoveri ha integrato Ebpa(ElsagBailey), leadernei sistemi dicontrollo eautomazionedi pro-cessonel settoredell’energia; laGeneral Electric Companyhaacqui-statoNuovoPignone. Laconsapevo-lezzadella complessità della rela-zione tra concorrenza e innova-zioneaiuta a chiarire lanaturadeldisegnodi un interventopubblicovoltoapromuovere le condizioniconcorrenziali neimercati. In annirecenti l’Europa ha cominciato amostraremaggiore consapevolezzadi una sinergia tramercato e istitu-zioni assicurativedelwelfare state.Inquestoquadro, le difficoltà dicostruzionedell’Unione hannoavuto ricaduteparticolarmentegravi enegativi sugli effetti delleriformea favoredelmercatoedellaconcorrenza, in particolare in Italiadovequelle riformeerano statestrettamente legateal progettoeuropeo.A conclusionedi questistudi, i curatori del volumesonoconvinti che la concorrenza svolge ilsuo ruolodimotoredell’innova -zione se ilwelfarepubblico svolge ilsuodi garantireuno standarddivitadignitosoa coloro che speri-mentano su se stessi le durezzedelcapitalismomoderno.

AlfredoGigliobiancoeGianniToniolo,Concorrenza,mercatoecrescita in Italia: il lungoperiodo,Marsilio Editori, 2017, pp. 586

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diELISALATELLA

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IprodottiritiratiallertaeinformazioneS

arebbero notizieda prima pagina,ma in primapagina non ci fini-

scono quasi mai. “Sc -affali in allerta –Cosa succede quandoi supermercati riti-rano un prodotto –Retroscena di un’ope -razione che si ripetepiù di mille voltel’anno” è il titolo dellibro scritto daRoberto La Pira, editoda Il Fatto alimen-tare” nel 2017, distri-buito gratuitamenteon line sul sito de Ilfatto alimentare, pre-via registrazione.E in questa gratuitàsta probabilmenteuno dei pregidell’opera, il cuiobiettivo è diffonderetra i consumatori unaconsapevolezza deglistrumenti che sareb-bero a loro disposi-zione per proteggerlida alimenti perico-losi, ma che non sem-pre vengono utilizzatiadeguatamente.Gli interessi dellegrandi aziende del set-tore alimentare gradi-scono che di unerrore, soprattutto senocivo per la salute,si sappia poco, possi-bilmente nulla. Ma inrealtà hanno oneriinformativi considere-voli. Il libro partedalla situazione ita-liana per arrivare adesplorare i meccani-smi di tutela presenti

in Australia, Canada,Stati Uniti d’Americae Cina.La procedura, gliobblighi dei produt-tori, l’identificazionedel rischio, le segnala-zioni dell’Asl, le ana-lisi, il ritiro ed ilrichiamo precauzio-nale, sono aspetti tec-nici di cui il consuma-tore medio non saquasi nulla. Al mas-simo può aver seguitodelle notizie sullecampagne di richiamoe sulle storie dirichiami e di allerta:la lettura di “Scaffaliin allerta” puòessere l’occasioneper capirci qualcosadi più.In Italia, secondo iltesto, ogni giorno ver-rebbero ritirati dagliscaffali 2-3 prodotti;e dare informazionicorrette e tempestiveè più complicato diquanto si pensi. Bastipensare, ricorda illibro, con riferimentoall’influenza aviarianel 2005-2006, allaparola pandemia,usata dall’allora mini-stro della Salute, Fran-cesco Storace: si sca-tena il panico, ma inrealtà “nel corsodell’influenza aviarianon è morto un solopollo e non si ha trac-cia di persone amma-late.” Le venditeperò sono crollate.Il nuovo regolamentoeuropeo sui controlli

ufficiali lungo lacatena alimentaredovrebbe entrare invigore dal dicembre2019, mentre il “Sist -ema europeo rapidodi allerta dei prodottialimentari e dei man-gimi” (Rasff) è statoprevisto dal Regola-mento CE 178/2002“per la notificazionedi un rischio diretto oindiretto per la saluteumana”.Il sistema prevede treinterventi: allerta,informazione, respin-gimento alla fron-tiera.In vari casi i meccani-smi di informazioneposti in essere daisupermercati ( e-mailai consumatori, car-telli negli scaffali,comunicazioni sui sitiweb o sui social,comunicati stampa) sisono rivelati comun-que insufficienti, inquanto magari nonriportavano la fotodell’alimento, o nonsi estendevano apunti vendita pre-senti in intereregioni. Si pensi alleallerte relative allapresenza di allergeni,in alcuni prodotti, ele-menti in grado di pro-vocare shock anafilat-tico in alcuni indivi-dui.Il ministero dellaSalute con una circo-lare del 15 dicembre2016, ha introdottotre strategie: il ritiro

dagli scaffali, ilrichiamo ( in caso dipericolo, anche conriferimento a pro-dotti già forniti al con-sumatore) e l’avvisodi sicurezza (informa-zione via web delMinistero, operativadal gennaio del2017).Tanto per indicareuna delle contraddi-zioni di questo set-tore, basti pensareche il rischio per unproduttore che portaavanti una proceduradi richiamo adem-piendo ad un obbligodi legge, è di finire tragli indagati in Pro-cura; e poiché ogniProcura in Italia hauna certa discreziona-lità nel valutare situa-zioni analoghe, è pos-sibile che il casovenga semplicementearchiviato comeanche che vadaavanti. Per questoprobabilmente in Ita-lia ci sono menorichiami rispetto adaltri paesi europei.I casi però sonocomunque frequenti,come riportano i tantiepisodi di cronacacitati nel testo con idettagli tecnici sullecarenze delle proce-dure seguite. Unacuriosità infine: laRegione Valled’Aosta è l’unica chedal 2012 pubblica inrete l’elenco dei pro-dotti ritirati dal mer-cato.

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diMARIAISAD’URSII

giovani e il mondo dellavoro rappresentanooggi il tema dei temi, il

bandolo di una fittamatassa socioeconomicoche è assai difficile distri-care. Tante le ricette e lesoluzioni offerte per unasituazione compromessada anni di stasi e politi-che fallimentari, nel ten-tativo di dare al futurodelle giovani generazionisfumature più rosee.A fornire le coordinateentro le quali muoverciper individuare le possi-bili strade da percorrere,auspicabilmente acceler-rando il passo, provvedel'agile libro pubblicato inquesti giorni da Edizionilavoro, di BenedettaCosmi, giornalista e diri-gente del DipartimentoInnovazione della Cisl diMilano, e che evocando ilmitico Bogart si intitola:"E' il futuro bellezza! I gio-vani e la sfida del lavoro".Scritto come un rac-conto, si legge come unsaggio breve dedicato aquella che è la situazioneattuale dei neodiciot-tenni e dei cosiddetti Mil-lennials: come e dovevivono, cosa studiano,come si approcciano a unmondo del lavoro che è inrapido movimento, chesembra a tratti nonvolerli, le loro aspetta-tive.Si snocciolano nel libroparole, e temi, che siamoormai abituati a sentireperché costantementerimbalzati da un mediaall'altro: voucher, sharingeconomy, gig economy,coworking, generazioneNeet e Millennials... voca-boli e piattaforme concet-tuali che da poco apparsiqui in Italia, altrovehanno già un sapore

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rétro.Il ritmo con cui il mondo dellavoro sta cambiando è frene-tico, e sempre più arduo è ade-guare a nuove esigenze chi inquel mondo sta cercando dientrare (o di rimanervi).E nel calderone previsionalepoche certezze. Una è quellaevidenziata nella prefazione alvolume dal direttore del "Cor-riere della sera", Luciano Fon-tana: "per la prima volta c'èun'intera generazione cheavrà redditi inferiori rispetto aquelli dei propri genitori". Conuna triste constatazione:"C'era un tempo, quello deinostri padri, quello di noiragazzi degli anni Sessanta eSettanta, in cui in un'Italiamagari più povera ogni gio-vane italiano aveva una cer-tezza: avrebbe trovatolavoro".La favola pare essere finita, e igiovani si sono ritrovati abban-donati nel bosco del preca-riato.Il confronto tra passato e pre-sente è fondamentale percapire dove stiamo andando.Ne è convinta l'Autrice che,dati alla mano, collaziona lasituazione di tre donne esem-plari: Maria di novant'anni,Anna che di anni ne ha sessan-taquattro e Francesca quaran-tenne, rispettivamente nonna,madre e figlia, e attraversoun'efficacissima infograficadelle stesse (realizzata, a pro-posito, come la copertina del

volume dagli studenti dell'IisCaterina da Siena di Milano, inalternanza scuola-lavoro) rie-sce a darci l'immagine imme-diata del cambiamento delleloro condizioni socio-economi-che nel passaggio da una gene-razione all'altra.Il libro è un guardarsi intorno,è considerare il problema gio-vani e lavoro da più prospet-tive, temporali e spaziali, dalpassato al futuro, già presentein realtà come quella dellascuola finlandese o canadesedove alcuni elementi del per-corso scolastico accompa-gnano i ragazzi in modo assolu-tamente spontaneo e oppor-tuno all'approdo professio-nale.A chiudere questa rapida tra-versata, una rassegna di stimo-lanti interviste fatte a uominie donne (dai vertici sindacaliai protagonisti, a vario titolo,del mondo del lavoro come ilpubblicitario o il rettore, pas-sando per il sociologo polaccoZygmunt Bauman) che, con laloro azione e il loro pensiero,danno quotidianamente il lorocontributo per far sì che ilmondo del lavoro possa final-mente recuperare la propriadimensione umana, nedivenga espressione piena evalorizzazione, sia mezzo diinclusione e non esclusione.Il volume sarà presentato il 6dicembre alla sala dellastampa della Camera alle ore18.

Chisonoigiovaniedovevanno

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56° via Po Economia, diretto daMauro Fabi - Supplemento al n. 221 - anno 69Quotidiano

di informazione

socio econimica

ISSN 0019-6348

y(7HA0B0*QNOKLO(  +/!=!#!$!}Direttore Responsabile: Raffaella Vitulano. Proprietario ed Editore: Conquiste del Lavoro Srl. Società sottoposta a direzione e coordinamento esercitata da parte della Coop. Informa Cisl a r.l.. Sede legale: Via Nicotera, 29 - 00195Roma -C.F./Reg.Imprese Roma: 05558260583 - P.Iva: 01413871003 - Telefono 06385098 - Amministratore unico:MaurizioMuzi . Direzione e Redazione: Via Po, 22 - 00198 Roma - Tel. 068473430 - Fax 068541233. Amministrazio-ne - Uff. Pubblicità - Uff. Abbonamenti: Via Po, 22 - 00198 Roma - Telefoni 068473269 /270 - 068546742 /3, Fax 068415365. Email: [email protected] Registrazione Tribunale di Roma n. 569 / 20.12.48 - Autorizzazione affissionemurale n. 5149 del 27.9.55. "Impresa editrice beneficiaria, per questa testata, dei contributi di cui alla legge n. 250/90 e successivemodifiche ed integrazioni".Modalità di pagamento: Prezzo di copertina Euro 0,60. Abbonamenti:annuale standard Euro 103,30; cumulativo strutture Euro 65,00.- C.C. Postale n. 51692002 intestato a: Conquiste del Lavoro, Via Po, 22 - 00198 Roma - C.C. Bancario Intesa Sanpaolo S.p.A. - Filiale 00291 - Roma 29 - IBANIT14G0306903227100000011011 intestato a: Conquiste del Lavoro, Via Po, 22 - 00198 Roma - Pagamento on-line disponibile su Internet all’indirizzo www.conquistedellavoro.it