VENERDÌ 3 FEBBRAIO 2012 GIORNALE DI BRESCIA … · stessicapolavori di Respighi- «Fon-tane di...

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O ggi come ieri eseguito nei maggiori teatri del mondo, popolare presso il grande pubblico, ri- chiesto in vita come concertista, rite- nuto da importanti musicisti come uno dei più notevoli compositori dell’epoca, Ottorino Respighi è tra i grandi innovatori della musica del ’900. Eppure, sulla fortuna del musi- cista bolognese (1879-1936), al qua- le Puccini chiedeva addirittura con- sigli su effetti orchestrali e Rachma- ninov e Toscanini commissionava- no opere, ha negativamente influito in Italia, dal dopoguerra in poi, la sua vicinanza al regime fascista. Pe- sa ancor oggi negativamente su di lui, come su insigni musicisti quali Casella, Pizzetti, Malipiero e Alfano, l’aver condiviso alcune istanze fasci- ste, come il forte nazionalismo. Gli stessi capolavori di Respighi - «Fon- tane di Roma», «Pini di Roma», «Fe- ste romane» - sono stati dai più rite- nuti rappresentazioni musicali del- la dittatura e dell’ideologia fascista. Dissolve ossificati pregiudizi che ne hanno deformato la fisionomia il vo- lume del maestro Daniele Gambaro «Ottorino Respighi - Un’idea di mo- dernità del Novecento» (Zecchini ed., 243 pp., 25 u). Sul filo della vita e delle opere, l’autore rende omaggio a Respighi, ponendo in rilievo, oltre al valore del notevole catalogo, i trat- ti caratteristici di un’arte ove pulsa una modernità che si fa stile svinco- lato dalle più estreme avanguardie del primo Novecento. In quali forme le nuove istanze mu- sicali del primo Novecento influen- zarono Respighi? Il Poema Sinfonico - spiega Daniele Gambaro -, evoluzione della sinfo- nia con l’aggiunta di contenuti extra musicali, è la forma che più di tutte ha ispirato Respighi. La celebre Tri- logia Romana è il vertice artistico di una produzione strumentale tanto interessante quanto poco nota. Egli affronta un genere, quello sinfonico e più in generale quello strumenta- le, quasi del tutto estraneo alla cultu- ra italiana dell’epoca, dominata dal- l’opera lirica. Qual è l’atteggiamento di Respighi di fronte alla modernità musicale del primo Novecento? Respighi vive questa fase seguendo due vie: una è quella del rinnova- mento, inteso come superamento di una gloriosa tradizione lirica in via di esaurimento. L’altra è la ricer- ca di un’originalità di gusto italiano: Respighi ascolta il proprio istinto ar- tistico, utilizzando anche linguaggi antichi come il Gregoriano. Non aderisce a scuole o correnti di pen- siero, ma mantiene sempre una pro- pria autonomia. Questa autonomia è un aspetto ne- gativo nella valutazione dell’arte di Respighi? Penso di sì. Spesso si dice: Respighi poco innovativo, conservatore. Cre- do invece che la sua ricerca di origi- nalità, proprio perché controcorren- te, sia ancora più interessante. Re- spighi gode dell’affetto degli appas- sionati: o si pensa che il pubblico della Trilogia, delle opere teatrali, dei concerti sia poco educato al grande repertorio, o bisogna dare at- to che la sua arte riesce a comunica- re emozioni e bellezza. Non è que- sto il fine della musica? Quali furono i rapporti tra Respi- ghi e il fascismo? Respighi ricerca un’originalità di gu- sto italiano riscoprendo glorie anti- che, come Vivaldi. Contemporanea- mente il regime sostiene l’arte per motivi di opportunità politica: la grandezza dell’Impero si fonda an- che nel prestigio delle propria cultu- ra. Il risultato di questo incrocio è una proposta artistica, non solo mu- sicale, di notevole spessore. Nel ca- so di Respighi, il volume pubblicato da Zecchini è fondamentalmente un invito ad apprezzarne la produ- zione, separando l’aspetto musica- le dal contesto storico dell’epoca. Il musicista accetta la nomina di Acca- demico d’Italia, ma rifiuta la tessera fascista. Comportamento forse am- biguo, ma egli ha un unico obietti- vo: comporre musica, l’unico fine che per lui conta veramente. Molti hanno assimilato «Fontane di Roma», «Pini di Roma» e «Feste romane» a manifesto musicale del fascismo. La tesi è infondata. Semplicemente per motivi cronologici. Fontane è del 1916, Pini del 1924 ma la sua ge- stazione risale a diversi anni prima, Feste è la degna conclusione del trit- tico. L’idea della trilogia è antece- dente al periodo fascista. Inoltre, fat- to sorprendente, il programma asso- ciato a questi celebri brani è postu- mo rispetto alla creazione musica- le: ciò significa che Respighi prima ha concepito la musica e solo in un secondo momento le ha assegnato un significato letterario. Ciò non vuol dire che la stupenda rappresen- tazione sonora della Trilogia vada separata del suo contesto, ovvero da Roma, ma semplicemente che l’abbinamento musica-contenuto è prima di tutto opera di poesia, di im- maginazione, di pura emozione, da gustarsi a occhi chiusi. Che cosa la Trilogia Romana rap- presenta di nuovo e vitale nella mu- sica del XX secolo? È l’esempio di un’arte vera che colpi- sce per freschezza e colore, per visio- ne pittorica dell’antico e della mo- numentalità. È esempio di una illi- mitata fantasia sonora unita a una rara maestria compositiva. È opera di un artista con un altissimo livello di capacità tecnica, che utilizza l’or- chestra come pochi, e che ottiene da essa esattamente l’effetto voluto. È questo il lascito che questo grande compositore ci dona; è questo il te- stamento che la Trilogia - assieme ai concerti, alla musica cameristica, al- la produzione vocale, alle opere - of- fre a noi dopo quasi un secolo: l’arte vissuta come espressione persona- le, come semplice ricerca del bello, come emozione, come strumento di comunicazione diretta. Sergio Caroli Cercò l’originalità opponendosi al dominio di lirica e avanguardia Fu vicino al fascismo, ma l’idea della Trilogia è anteriore al regime U n’altra digressione sulla vita coniugale, per mette- re le cose a posto? Non è esattamente questo il succo dello scritto dell’informatico spagnolo Eloy Moreno, balzato alle cronache dal nulla, con un libro fati- cosamente autostampato e adesso nella classifica dei più venduti («Ri- comincio da te», Corbaccio editore, pp. 379, u 16,40). Caso mai è la rifra- zione di un gioco a somma finale po- sitiva - pur nella fuga dai codici e, per carità!, da ogni radicalismo. Trovo che nella trama ci sia un gran- de rispetto della persona - cosa qua- si anomala nella narrativa contem- poranea, in buona parte disgregan- te e sconclusionata: e si tratta di una trama normale, un matrimonio, un bambino, una piccola casa, pochi spazi, modesto lavoro - finita l’epo- ca delle grandi ideologie che hanno orientato anche i discorsi più banali fra gli amici, è rimasto un certo vuo- to - un indefinito grigiore. Anche l’amore poco a poco si ap- panna, il letto di piume si fa letto di spine, e nel lavoro la routine esaspe- ra. Perfino le carezze che il protago- nista offre con gioia al figlio un gior- no diventeranno pura abitudine. Siamo alla questione cruciale della vita - non solo quella d’oggi. È a que- sto punto che l’autore riesce a smuo- vere reazioni e sentimenti abituali, ma difficili da confessare a se stessi e maggiormente al prossimo: a qua- rant’anni non si può morire di noia, dunque meglio fuggire e meditare. Non si deve darla vinta al piattume dell’abitudine! Il primo impulso è stato il litigio, l’insulto, la spallata a tutto e a tutti. Chi non ha mai prova- to simili spinte? Ma non è il nostro caso. Lui (Moreno) prende uno zaino e va sulla montagna, grande ed eterna consigliera dei poveri umani. Deve cogliere un’altra dimensione della vita, e qui comincia il pesante dialo- go dell’ego con gli affetti lasciati, con le cose, con gli amici. La moglie è annoiata quanto lui, non si parla- no che a monosillabi, forse ha un amante... i colleghi lo schivano, scrutano in lui una nullità... il figlio sembra assente, lontano; i suoceri vivono intanati nella loro piccola ca- sa e i rapporti si sono fatti sottili co- me un filo. La noia è l’anticamera della solitudine. I romanzi importanti sono impasta- ti di quotidiano, di ore in cui tutto sembra condannato. D’altra parte nessuna esperienza può dirsi matu- ra se non attraversa il lato del negati- vo, sia esso il vuoto, sia l’esperienza di un qualche veleno che guasta alla radice i rapporti e gli affetti. «Rico- mincio da te» è il libro del supera- mento. Il bagaglio del tempo creduto ostile non verrà gettato: è giusto rendersi conto che senza vibrazioni ci si av- via a una morte precoce, e però l’as- senza va attraversata. Moreno sem- bra ispirarsi ai versi di Jean Claude Renard sulla necessità di affrontare a viso aperto l’incidente di un bloc- co esistenziale. Appare chiaro a questo punto che il protagonista riparte da dove era par- tito - motivato questa volta; non più a malapena accontentandosi ma cercando soddisfazione nella pro- pria piccola realtà, nei metri quadri che gli è dato calpestare. Soluzione inattesa - coi tempi che corrono. CULTURA&SPETTACOLI OTTORINO RESPIGHI Emozione e bellezza: la via italiana alla sinfonia Un saggio di Daniele Gambaro ricostruisce la vita e le opere del compositore oltre il pregiudizio della vicinanza al fascismo Omaggio aRoma La fontana di Trevi (in alto) e la Befana in piazza Navona (a destra) celebrate da Respighi (sopra) nella Trilogia romana ELZEVIRO Cambiare vita seguendo la voce della montagna di Curzia Ferrari 46 VENERDÌ 3 FEBBRAIO 2012 GIORNALEDIBRESCIA

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Oggi come ieri eseguitonei maggiori teatri delmondo, popolare pressoil grande pubblico, ri-

chiestoinvitacomeconcertista, rite-nuto da importanti musicisti comeuno dei più notevoli compositoridell’epoca, Ottorino Respighi è tra igrandi innovatori della musica del’900.Eppure, sulla fortuna del musi-cista bolognese (1879-1936), al qua-le Puccini chiedeva addirittura con-sigli su effetti orchestrali e Rachma-ninov e Toscanini commissionava-no opere, ha negativamente influitoin Italia, dal dopoguerra in poi, lasua vicinanza al regime fascista. Pe-sa ancor oggi negativamente su dilui, come su insigni musicisti qualiCasella, Pizzetti, Malipiero e Alfano,l’aver condiviso alcune istanzefasci-ste, come il forte nazionalismo. Glistessi capolavori di Respighi - «Fon-tane di Roma», «Pini di Roma», «Fe-ste romane» - sono stati dai più rite-nuti rappresentazioni musicali del-la dittatura e dell’ideologia fascista.Dissolve ossificati pregiudizi che nehannodeformatola fisionomiail vo-lume del maestro Daniele Gambaro«Ottorino Respighi - Un’idea di mo-dernità del Novecento» (Zecchinied., 243 pp., 25€). Sul filo della vita edelle opere, l’autore rende omaggioa Respighi, ponendo in rilievo, oltrealvaloredel notevole catalogo, i trat-ti caratteristici di un’arte ove pulsauna modernità che si fa stile svinco-lato dalle più estreme avanguardiedel primo Novecento.In quali forme le nuove istanze mu-sicali del primo Novecento influen-zarono Respighi?Il Poema Sinfonico - spiega DanieleGambaro -, evoluzione della sinfo-nia con l’aggiunta di contenuti extramusicali, è la forma che più di tutteha ispirato Respighi. La celebre Tri-logia Romana è il vertice artistico diuna produzione strumentale tantointeressante quanto poco nota. Egliaffronta un genere, quello sinfonicoe più in generale quello strumenta-le,quasi del tuttoestraneo allacultu-raitaliana dell’epoca, dominata dal-l’opera lirica.Qual è l’atteggiamento di Respighidi fronte alla modernità musicaledel primo Novecento?Respighi vive questa fase seguendodue vie: una è quella del rinnova-mento, inteso come superamentodi una gloriosa tradizione lirica invia di esaurimento. L’altra è la ricer-ca di un’originalità di gusto italiano:Respighi ascolta il proprio istinto ar-tistico, utilizzando anche linguaggiantichi come il Gregoriano. Nonaderisce a scuole o correnti di pen-siero,ma mantiene sempre una pro-pria autonomia.Questa autonomia è un aspetto ne-gativo nella valutazione dell’arte diRespighi?Penso di sì. Spesso si dice: Respighipoco innovativo,conservatore. Cre-do invece che la sua ricerca di origi-nalità,proprio perchécontrocorren-te, sia ancora più interessante. Re-spighi gode dell’affetto degli appas-sionati: o si pensa che il pubblicodella Trilogia, delle opere teatrali,dei concerti sia poco educato algranderepertorio, o bisogna dareat-to che la sua arte riesce a comunica-re emozioni e bellezza. Non è que-sto il fine della musica?Quali furono i rapporti tra Respi-ghi e il fascismo?Respighiricerca un’originalitàdi gu-sto italiano riscoprendo glorie anti-che, comeVivaldi. Contemporanea-mente il regime sostiene l’arte permotivi di opportunità politica: lagrandezza dell’Impero si fonda an-chenel prestigio delle propria cultu-ra. Il risultato di questo incrocio èunaproposta artistica, non solo mu-sicale, di notevole spessore. Nel ca-so di Respighi, il volume pubblicatoda Zecchini è fondamentalmenteun invito ad apprezzarne la produ-

zione, separando l’aspetto musica-le dal contesto storico dell’epoca. Ilmusicista accettala nomina di Acca-demico d’Italia, ma rifiuta la tesserafascista. Comportamento forse am-biguo, ma egli ha un unico obietti-vo: comporre musica, l’unico fineche per lui conta veramente.

Molti hanno assimilato «Fontanedi Roma», «Pini di Roma» e «Festeromane» a manifesto musicale delfascismo.La tesi è infondata. Semplicementeper motivi cronologici. Fontane èdel 1916, Pini del 1924 ma la sua ge-stazione risale a diversi anni prima,Festeè la degna conclusione del trit-

tico. L’idea della trilogia è antece-dente alperiodo fascista. Inoltre, fat-tosorprendente, il programma asso-ciato a questi celebri brani è postu-mo rispetto alla creazione musica-le: ciò significa che Respighi primaha concepito la musica e solo in unsecondo momento le ha assegnatoun significato letterario. Ciò nonvuoldireche lastupenda rappresen-tazione sonora della Trilogia vadaseparata del suo contesto, ovveroda Roma, ma semplicemente chel’abbinamento musica-contenuto èprima di tutto opera di poesia, di im-maginazione, di pura emozione, dagustarsi a occhi chiusi.Che cosa la Trilogia Romana rap-presenta di nuovo e vitale nella mu-sica del XX secolo?Èl’esempiodi un’arteverache colpi-sceperfreschezza e colore, per visio-ne pittorica dell’antico e della mo-numentalità. È esempio di una illi-

mitata fantasia sonora unita a unarara maestria compositiva. È operadi un artista con un altissimo livellodi capacità tecnica, che utilizza l’or-chestra come pochi, e che ottieneda essa esattamente l’effetto voluto.È questo il lascito che questo grandecompositore ci dona; è questo il te-

stamento che la Trilogia - assieme aiconcerti, allamusica cameristica,al-la produzione vocale, alle opere - of-fre a noi dopo quasi un secolo: l’artevissuta come espressione persona-le, come semplice ricerca del bello,come emozione, come strumentodi comunicazione diretta.

Sergio Caroli

Cercò l’originalità opponendosial dominio di lirica e avanguardia

Fu vicino al fascismo, ma l’ideadella Trilogia è anteriore al regime

Un’altra digressione sullavita coniugale, per mette-re le cose a posto? Non èesattamente questo il

succo dello scritto dell’informaticospagnolo Eloy Moreno, balzato allecronache dal nulla, con un libro fati-cosamente autostampato e adessonella classifica dei più venduti («Ri-comincio da te», Corbaccio editore,pp. 379,€16,40). Caso mai è la rifra-zione di un gioco a somma finale po-sitiva - pur nella fuga dai codici e,per carità!, da ogni radicalismo.Trovo che nella trama ci sia un gran-de rispetto della persona - cosa qua-si anomala nella narrativa contem-poranea, in buona parte disgregan-te e sconclusionata: e si tratta di unatrama normale, un matrimonio, unbambino, una piccola casa, pochispazi, modesto lavoro - finita l’epo-ca delle grandi ideologie che hannoorientato anche i discorsi più banalifra gli amici, è rimasto un certo vuo-to - un indefinito grigiore.Anche l’amore poco a poco si ap-panna, il letto di piume si fa letto dispine, e nel lavoro la routine esaspe-ra. Perfino le carezze che il protago-nista offre con gioia al figlio un gior-no diventeranno pura abitudine.Siamo alla questione cruciale dellavita - non solo quella d’oggi. È a que-sto punto che l’autore riesce a smuo-vere reazioni e sentimenti abituali,ma difficili da confessare a se stessie maggiormente al prossimo: a qua-rant’anni non si può morire di noia,dunque meglio fuggire e meditare.Non si deve darla vinta al piattumedell’abitudine! Il primo impulso èstato il litigio, l’insulto, la spallata atutto e a tutti. Chi non ha mai prova-to simili spinte? Ma non è il nostrocaso.Lui (Moreno) prende uno zaino e vasulla montagna, grande ed eternaconsigliera dei poveri umani. Devecogliere un’altra dimensione dellavita, e qui comincia il pesante dialo-go dell’ego con gli affetti lasciati,con le cose, con gli amici. La moglieè annoiata quanto lui, non si parla-no che a monosillabi, forse ha unamante... i colleghi lo schivano,scrutano in lui una nullità... il figliosembra assente, lontano; i suocerivivono intanati nella loro piccola ca-sa e i rapporti si sono fatti sottili co-me un filo. La noia è l’anticameradella solitudine.I romanzi importanti sono impasta-ti di quotidiano, di ore in cui tuttosembra condannato. D’altra partenessuna esperienza può dirsi matu-ra se non attraversa il lato del negati-vo, sia esso il vuoto, sia l’esperienzadi un qualche veleno che guasta allaradice i rapporti e gli affetti. «Rico-mincio da te» è il libro del supera-mento.Il bagaglio del tempo creduto ostilenon verrà gettato: è giusto rendersiconto che senza vibrazioni ci si av-via a una morte precoce, e però l’as-senza va attraversata. Moreno sem-bra ispirarsi ai versi di Jean ClaudeRenard sulla necessità di affrontarea viso aperto l’incidente di un bloc-co esistenziale.Appare chiaro a questo punto che ilprotagonista riparte da dove era par-tito - motivato questa volta; non piùa malapena accontentandosi macercando soddisfazione nella pro-pria piccola realtà, nei metri quadriche gli è dato calpestare.Soluzione inattesa - coi tempi checorrono.

CULTURA&SPETTACOLI

OTTORINO RESPIGHI

Emozione e bellezza:la via italiana alla sinfoniaUn saggio di Daniele Gambaro ricostruisce la vita e le operedel compositore oltre il pregiudizio della vicinanza al fascismo

Omaggio a Roma■ La fontana di Trevi (in alto) e la Befanain piazza Navona (a destra) celebrate daRespighi (sopra) nella Trilogia romana

ELZEVIRO

Cambiare vitaseguendo la vocedella montagna

di Curzia Ferrari

46 VENERDÌ 3 FEBBRAIO 2012 GIORNALE DI BRESCIA