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1 I VANGELI APOCRIFI DELL’INFANZIA La letteratura cristiana: i Vangeli I vangeli apocrifi I vangeli apocrifi dell’infanzia Il protovangelo di Giacomo Il vangelo dello Pseudo-Tommaso Il vangelo dello Pseudo-Matteo Il vangelo arabo dell’infanzia Il vangelo armeno dell’infanzia Il libro sulla natività di Maria Storia di Giuseppe il falegname I vangeli apocrifi e la letteratura contemporanea: “Il Codice da Vinci” Altri esempi di uso dei Vangeli apocrifi nella letteratura

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I VANGELI APOCRIFI DELL’INFANZIA

La letteratura cristiana: i Vangeli

I vangeli apocrifi

I vangeli apocrifi dell’infanzia

Il protovangelo di Giacomo

Il vangelo dello Pseudo-Tommaso

Il vangelo dello Pseudo-Matteo

Il vangelo arabo dell’infanzia

Il vangelo armeno dell’infanzia

Il libro sulla natività di Maria

Storia di Giuseppe il falegname

I vangeli apocrifi e la letteratura contemporanea: “Il Codice da Vinci”

Altri esempi di uso dei Vangeli apocrifi nella letteratura

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LA LETTERATURA CRISTIANA: I VANGELI

Le forme di trasmissione del messaggio religioso più caratteristiche del cristianesimo sono le

Lettere e i Vangeli. La tradizione ecclesiastica considera come più antico documento scritto

della religione cristiana le lettere di Paolo, nelle quali egli fornisce, soprattutto,

un’interpretazione personale del problema cristologico, ma non racconta niente dell’attività di

Gesù e dell’esposizione del suo messaggio. Questo compito viene assolto dai Vangeli; il

vocabolo “vangelo” proviene dal greco εύαγγέλιον e significa letteralmente lieto annuncio,

buona novella. Paolo usa nelle sue Lettere il termine Vangelo per 56 volte nel senso di

“annuncio della salvezza tramite Gesù” e quindi per metonimia, il termine iniziò ad indicare

anche quelle composizioni scritte che contenevano il racconto dell’attività di Gesù e il suo

insegnamento. Non si può sapere se all’inizio esisteva un unico e primitivo Vangelo dal quale

poi sarebbero derivati tutti gli altri o se ciascuno di essi abbia avuto un’origine indipendente,

certo è che nel II secolo ogni comunità cristiana utilizzava un Vangelo particolare. Con il

nome di Vangeli giudeo-cristiani si indica il gruppo di questi scritti che appartenevano alle

comunità della Siria e della Palestina (ebioniti, nazareni, mandei) e che presentavano

un’interpretazione del messaggio cristiano in chiave di rivendicazione sociale e nazionale, e

con una realistica umanizzazione della figura del Messia. Nel mondo greco-romano

esistevano dei Vangeli che sapevano adattare il messaggio di Gesù alle esigenze culturali e

religiose della popolazione: da questi provengono i Vangeli così detti sinottici, cioè quelli

secondo Marco, Matteo e Luca. In realtà, anche questi, prima di giungere alla loro redazione

definitiva, non erano molto diversi da quelli giudeo-cristiani. Un altro gruppo di Vangeli, la

cui elaborazione fu di poco posteriore a quella dei sinottici, furono quelli gnostici, che

fondavano la funzione salvifica di Gesù nel magistero della sua parola, piuttosto che nella sua

funzione miracolosa o nella sua morte; questi vangeli non ebbero molta fortuna nella

maggioranza delle comunità cristiane, costituite in gran parte dalle masse popolari, a causa del

loro carattere molto esoterico e perché si rivolgevano agli intellettuali. Prima di essere

dichiarata illegittima, la dottrina gnostica ebbe il tempo di esercitare una profonda influenza

sul pensiero cristologico, e infatti, attorno alla metà del II secolo venne composto un vangelo

che ne è fortemente ispirato e che, comunque, la Chiesa ha accolto come ispirato, cioè il

Vangelo secondo Giovanni. Fin dai primi tempi del cristianesimo, ebbe molta diffusione tra la

gente, la concezione dualistica, che al Dio del Bene contrapponeva il Dio del male. I Vangeli

dualistici furono attribuiti, tra gli altri, anche a Simon Mago, e furono sempre avversati dai

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responsabili delle comunità cristiane perché ritenuti incompatibili con il monoteismo.

L’avversione di Paolo per coloro che predicavano un Vangelo diverso dal suo continuò nel II

secolo, e anche nei confronti degli stessi sinottici e del Vangelo di Giovanni. Nel III secolo la

discriminazione si fa più decisa con il riconoscimento della qualifica di “ispirati” dei vangeli

di Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Dal IV secolo si inizia ad usare la parola canone per

indicare un elenco di scritti ufficialmente autorizzati da qualche Sinodo e la parola di apocrifo

con il significato di falso ed eretico. Un documento ufficiale si trova nell’anno 865 ed è il

“Decreto Gelasiano” di Papa Nicola I, che contiene il catalogo definitivo dei canonici e un

lungo elenco di apocrifi, accomunando sotto questo titolo sia opere eretiche sia i Vangeli delle

origini. Anche se vi sono delle modeste e comprensibili discordanze i Vangeli apocrifi restano

dei documenti che vale sicuramente la pena conoscere perché in essi vi sono messaggi che

possono integrare le narrazioni limitate ai vangeli sinottici. E, anche se questi ultimi risultano,

senza dubbio, più organici e meno fiabeschi, forse più di quelli apocrifi hanno subito

adattamenti ed interpolazioni nel corso dei secoli. La scelta dei 4 vangeli sinottici è avvenuta

a molta distanza di tempo dalle origini cristiane. In molti casi sorge spontaneo il sospetto che,

dove la narrazione scartata è più povera e schematica, l’interpretazione più genuina fosse

proprio quella, essendo mancata ad essa la lunga elaborazione che ha arricchito i canonici.

I criteri usati dalla Chiesa cristiana antica per considerare un testo canonico nell'ambito del

Nuovo Testamento sono stati:

Paternità apostolica: attribuibile all'insegnamento o alla diretta scrittura degli apostoli o dei

loro più stretti compagni;

Uso liturgico: testi letti pubblicamente nei riti liturgici delle prime comunità cristiane;

Ortodossia: testi che rispettano le verità dogmatiche di fede (Unità e Trinità di Dio, Gesù

Cristo vero Dio e vero uomo).

I quattro vangeli canonici sono quelli di:

MARCO, segretario di Pietro, tra Antiochia e Roma, 60-70 d.C.

MATTEO, Levi il pubblicano, comunità di origine ebraica, 80 – 90 d.C.

LUCA, compagno di Paolo, comunità di origine pagana, 70 – 90 d.C.

GIOVANNI, apostolo, Efeso verso il 90 d. C.

I primi tre Vangeli sono denominati “sinottici” poiché sono sostanzialmente omogenei da un

punto di vista narrativo e lessicalmente e stilisticamente simili.

Quello di Marco sarebbe così il Vangelo più antico (70 d.C.) costituendo buona parte del

materiale e della struttura narrativa di Matteo e Luca. Una raccolta di detti di Gesù, forse

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scritta in aramaico, sarebbe invece, oltre a una fonte di Marco, una ulteriore fonte di Matteo e

Luca, anche se alcuni studiosi tuttavia ritengono che non si sia trattato di un unico documento:

questo viene designato convenzionalmente come Fonte Q (dal tedesco Quelle, “fonte”), ma

anche come Fonte dei Lóghia (dal greco, “parole” o “detti”).

Il Vangelo secondo Giovanni differisce sotto molti aspetti dai Sinottici. Vari episodi in esso

menzionati non esistono nei Sinottici, mentre altri, da questi riportati, non compaiono in

Giovanni; alcuni episodi identici accadono in luoghi diversi rispetto alla narrazione

giovannea. Giovanni inoltre fornisce date diverse per l'Ultima cena e la crocifissione di Gesù:

la prima avviene in Giovanni poco prima della Pasqua ebraica e la seconda il giorno prima

della festa; per Giovanni la missione pubblica di Gesù si protrae per più di due anni, mentre

nei Sinottici dura circa un anno; secondo Giovanni, Gesù trascorre gran parte del suo tempo in

Giudea, recandosi spesso a Gerusalemme; i Sinottici collocano invece la sua missione

pubblica anche in Galilea e nei dintorni.

Infine, in Giovanni l'insegnamento di Gesù differisce per forma e contenuto: i Sinottici lo

presentano sotto forma di parabole ed epigrammi; Giovanni lo traduce invece in lunghi

discorsi allegorici o meditativi come quelli del Buon Pastore e della Vigna. L'insegnamento di

Gesù in Giovanni sottolinea la sua natura divina e il suo rapporto con Dio, mentre i Sinottici

tendono a conferire rilevanza alla vocazione messianica e trattano più estesamente le

questioni etiche e religiose del quotidiano.

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I VANGELI APOCRIFI

L’aggettivo apocrifo, attribuito a uno scritto di contenuto religioso è considerato sinonimo di

non autentico, erroneo, eretico, in contrapposizione a canonico, che significa autentico,

veritiero, ispirato. In realtà, il giusto significato del greco Άποχρυφος è “segreto”, “nascosto”,

e nella terminologia religiosa indica i libri segreti, rivelatori di verità occulte non facilmente

assimilabili dalle masse dei fedeli e quindi destinati all’istruzione superiore degli iniziati

adepti di una setta. In ambito cristiano l’aggettivo fu inizialmente usato per definire i testi

gnostici che si servivano di un linguaggio ricco di simbolismi; i Padri della Chiesa

attribuirono al termine apocrifo il significato di spurio, falso; in seguito l’aggettivo venne

esteso nell’accezione dispregiativa, a tutti i testi sospetti i eresia o non conformi alla norma

dottrinale ufficialmente riconosciuta. In realtà, i vangeli apocrifi, sono una delle testimonianze

più vive del cristianesimo primitivo, infatti in essi i cristiani riversavano tutto il loro bisogno

di conoscere del loro Salvatore e Maestro, molto di più di quello che raccontavano i Vangeli

canonici. L’arte figurativa cristiana, l’agiografia, la novellistica medievale hanno attinto molto

a questi racconti, che rappresentano una specie di cristianesimo sotterraneo.

L’avversione verso i Vangeli apocrifi inizia con S. Paolo, che dà un’interpretazione personale

al problema cristologico e osteggia non solo un vangelo diverso dal suo (cioè quello di Luca

scritto su sua narrazione, anche se Paolo non conobbe mai Gesù, si convertì al cristianesimo

35 anni dopo la morte di Cristo e fu un tenace persecutore dei primi cristiani) e dello stesso S.

Giovanni evangelista, ma soprattutto perché nei Vangeli apocrifi emerge una figura troppo

umana di Gesù: egli appare non come la vittima espiatoria delle nostre colpe ancestrali, né

come il figlio di Dio che vuole essere adorato, ma l’uomo che si propone come esempio e

come modello di purezza e rigore morale. Un Cristo umanizzato non era adatto al mondo

greco e romano in un momento storico in cui il cristianesimo stentava a sopravvivere tra varie

persecuzioni, e il messaggio fu adattato nell’intento di soddisfare le esigenze culturali e i

bisogni delle masse pagane. La stessa riabilitazione di Pilato viene operata dagli evangelisti

canonici per motivi di evidente opportunità, nel tentativo di non urtare la suscettibilità del

popolo romano. Tutta le responsabilità della condanna di Gesù viene deviata sugli ebrei che

vengono considerati popolo deicida.

La difficoltà maggiore nell’accettare come storicamente validi i Vangeli apocrifi sta nella

narrazione spesso romanzesca delle vicende, che spesso vennero adattate dai vari traduttori al

contesto in cui cercavano di diffonderli, anche se la stessa Chiesa cattolica non ha esitato a

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prendere da questi, come dati storici, molti particolari riguardati la vita di Maria, come nel

caso del Protovangelo di Giacomo, il più antico di tutti gli scritti neotestamentari, scritto

prima del 150; anche se non sembra un’opera organica scritta da un solo autore, le novità di

questo vangelo stanno principalmente nel fatto che i personaggi di Maria e Giuseppe

acquistano notevole interesse.

La vera e sostanziale differenza tra il Gesù dei Vangeli canonici e il Gesù dei Vangeli apocrifi

sta in tre aspetti fondamentali:

1) i Vangeli apocrifi danno notizie inerenti la vita di Gesù bambino, del suo carattere e dei

suoi tanti prodigi compiuti in età adolescenziale;

2) rivelano una natura profondamente umana di Gesù, più vicina alla condizione esistenziale

dell’uomo;

3) emerge un aspetto totalmente nuovo dell’insegnamento di Gesù nella sua compassione

verso gli animali e nel suo rispetto per la natura (vorrebbe abolire i sacrifici).

Con l’umanesimo cominciarono gli studi sulla letteratura apocrifa. La Riforma protestante

liberò le coscienze dall’autorità della Chiesa di Roma riguardo all’interpretazione dei testi

sacri, dando il via ad un’accurata indagine sugli apocrifi; infatti l’avvio fu dato nel 1552 con

la pubblicazione a Basilea di uno dei Vangeli di Maria, in traduzione latina di Guillame Postel

che l’aveva scoperto.

In base a contenuto, genere e ambiente d'origine i Vangeli apocrifi sono solitamente divisi in:

VANGELI DELL’INFANZIA: sono testi sicuramente posteriori ai vangeli canonici,

composti in un periodo che va dal 150 al 450 con l’intento di colmare un vuoto lasciato dai

testi ufficiali (quello dei primi anni della vita di Gesù appunto). Si tratta di testi spesso

fantasiosi e in cui la figura di Gesù appare piuttosto diversa da quella presentata dai canonici.

Il miracolo e l’evento spettacolare vi ricoprono una grande importanza.

VANGELI GIUDAICI: I tre vangeli detti giudeo-cristiani (degli Ebioniti, dei Nazareni,

degli ebrei), in uso tra i cristiani dei primi secoli rimasti legati alla tradizione religiosa

giudaica, sono andati perduti. Ci è giunta traccia di essi solo attraverso testimonianze indirette

e occasionali fornite da alcuni Padri della Chiesa

VANGELI GNOSTICI Si tratta di testi appartenenti all’antica eresia gnostica resi famosi dai

ritrovamenti di Nag Hammadi del 1945. Furono scritti tra il 150 e il 200 d.C. Sicuramente

hanno un legame con i vangeli canonici, ma in essi la dottrina cristiana appare fortemente

influenzata dall’antico sistema di pensiero gnostico e per questo non furono considerati

ispirati dalla Chiesa che anzi combatté le idee gnostiche come inconciliabili con il messaggio

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cristiano. La gnosi è una forma di religiosità precedente al cristianesimo, che comunque trova

una sua espressione in tutte le religioni rivelate e puntualmente è riaffiorata anche nella storia

del cristianesimo. In sintesi i pilastri della gnosi sono: il dualismo bene\male e spirito\materia;

la predestinazione alla salvezza; il raggiungimento della salvezza per via intellettuale tramite

l’accoglienza e la comprensione di alcune verità rivelate. Coerentemente con questo i vangeli

gnostici contengono soprattutto “detti” attribuiti a Gesù.

VANGELI DELLA PASSIONE: Vangelo di Gamaliele,Vangelo di Nicodemo, Vangelo di

Pietro, Dichiarazione di Giuseppe di Arimatea.

ALTRI VANGELI APOCRIFI: Interrogatio Johannis o Cena segreta o Libro di Giovanni

evangelista,Vangelo di Barnaba,Vangelo di Bartolomeo o Questioni di Bartolomeo,Vangelo

di Taddeo.

FRAMMENTI DI VANGELI APOCRIFI: i ritrovamenti archeologici del XX secolo hanno

portato alla luce alcuni frammenti di papiro o pergamena contenenti testi di natura evangelica

non riconducibili ad alcun vangelo apocrifo o canonico. Data la brevità dei testi e la

corruzione del supporto, la datazione è particolarmente difficile sia con metodi filologici che

con i normali metodi di datazione archeologici. Risulta inoltre attualmente impossibile

determinare se si trattasse di raccolte di materiale poi confluito nei Vangeli canonici, di brani

di Vangeli apocrifi noti ma andati perduti, o di brani di Vangeli apocrifi del tutto sconosciuti.

VANGELI APOCRIFI PERDUTI O OMONIMI: Di molti vangeli apocrifi non ci sono

pervenuti altro che brevi citazioni patristiche o addirittura la sola dicitura titolare. Non di rado

inoltre un autore si riferisce ad un testo con una dicitura diversa da quella allora prevalente e

oggi standardizzata.

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I VANGELI APOCRIFI DELL’INFANZIA

I vangeli dell'infanzia illustrano i dettagli relativi alla vita pre-ministeriale di Gesù, soprattutto

la sua infanzia, altrimenti ignoti in quanto taciuti dai vangeli canonici. Presentano un carattere

abbondantemente e gratuitamente miracolistico che sfocia spesso nel magico-fiabesco, in

netto contrasto con la sobrietà dei 4 vangeli canonici. Sono caratterizzati inoltre da una

assente o imprecisa conoscenza degli usi e costumi giudaici o da altre imprecisioni di natura

storica o geografica, che ne inficiano il valore storico degli eventi narrati.

Nessuna di tali opere compare in qualche manoscritto biblico o in antichi elenchi dei testi

canonici ritenuti ispirati.

I Vangeli apocrifi dell'infanzia, non canonici ma neanche propriamente eretici, hanno goduto

di una certa fortuna almeno a livello artistico: ad esempio, la localizzazione della nascita di

Gesù in una grotta deriva dal Protovangelo di Giacomo, mentre la presenza dell'asino e del

bue accanto alla mangiatoia, associato tipicamente alle raffigurazioni natalizie antiche e

moderne, deriva dal Vangelo dello pseudo-Matteo.

Alcuni Vangeli apocrifi, specialmente in quello Arabo e quello Armeno, narrano le vicende di

Gesù bambino, tra i 5 e i 12 anni, come di un ragazzo terribile, vendicativo e prepotente che

spesso ricorre alle sue prerogative divine per rimediare alle sue bricconate. La materia

narrativa è ricca di colorito romanzesco e di arcaiche fiabe popolari. I personaggi dei Vangeli

canonici hanno una loro funzione sobria ed essenziale; nei Vangeli arabi dell’infanzia

incontriamo un Gesù stizzoso e irritabile, costretto a ricorrere ai propri attributi divini per

rimediare alle sue malefatte e ai suoi sgarbi. Un ragazzo urta Gesù per strada e Gesù lo fa

secco. I genitori del morto se ne lamentano e lui per tutta risposta li acceca. Un’altra volta lo

accusano di aver fatto precipitare dalla terrazza un amico con cui stava giocando; per

discolparsi lo fa resuscitare affinché parli e dica che non è stato lui a farlo cadere. Un’altra

volta un ragazzo dispettoso gli rovina un gioco di acqua e fango e ancora una volta Gesù lo

fulmina, anche se alle rimostranze di Maria lo fa resuscitare a calci nel sedere. Anche con

Giuseppe Gesù a volte è brusco e insofferente. Più volte gli leva dalle mani uno scappellotto e

una volta lo vediamo in un campo di fave che insegue Gesù con un randello in mano.

Giuseppe non sa cosa fare con un figlio così, che è anche insofferente verso di lui e non perde

occasione di ricordargli che non è suo figlio e che è venuto al mondo prima di lui. Il quadro

generale della sacra famiglia è quello è di una famiglia impossibile, malvista e tenuta a

distanza perché il figlio è una specie di eroe vendicativo.

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Però nello Pseudo-Matteo troviamo anche un Gesù bambino dolce e commovente, come

quando durante il viaggio attraverso il deserto Maria si riposa all’ombra di una palma e

desidera assaggiare i frutti che sono in cima all’altissimo tronco. Gesù sorridente leva il capo

dal grembo materno e dice: “Piegati albero e con i tuoi frutti dà ristoro alla mia mamma”.

Vangeli apocrifi dell'infanzia, non canonici ma neanche propriamente eretici, hanno goduto di

una certa fortuna almeno a livello artistico: p.es. la localizzazione della nascita di Gesù in una

grotta deriva dal Protovangelo di Giacomo, mentre la presenza dell'asino e del bue accanto

alla mangiatoia, associato tipicamente alle raffigurazioni natalizie antiche e moderne, deriva

dal Vangelo dello pseudo-Matteo. Giuseppe, insieme a Maria, è il personaggio che in questi

Vangeli apocrifi viene alla ribalta con umanità scontrosa ed umile. Sostanzialmente

imbarazzato del proprio ruolo e con muso lungo vorrebbe sottrarsi al matrimonio con Maria e

sino a che la colomba non si posa sul suo bastone cerca di non dare neppure nell’occhio.

Affidatagli Maria è tutto un susseguirsi di sane incredulità, di sospetti e di onesti pentimenti.

Giuseppe non è un bravo falegname e Gesù deve stargli sempre accanto, per rimediare con i

suoi prodigi, alle misure sbagliate.

Via via che ci allontaniamo dall’infanzia di Gesù il panorama degli apocrifi muta

sostanzialmente. I racconti perdono il carattere di narrazione popolare fiabesca per avvicinarsi

ad un genere più ricco di spunti mitici e allegorici.

I Vangeli dell’infanzia sono:

1) Protovangelo di Giacomo o Vangelo dell'Infanzia di Giacomo o Vangelo di Giacomo,

attribuito a Giacomo apostolo e primo vescovo di Gerusalemme; è in lingua greca ed è datato

intorno alla metà del II secolo. Contenuto: nascita miracolosa di Maria, la sua infanzia al

tempio di Gerusalemme, matrimonio miracoloso con Giuseppe, nascita di Gesù.

Caratteristiche: esalta la natura verginale di Maria e presenta accenni gnostici.

2) Vangelo dello pseudo-Tommaso o Vangelo dell'infanzia di Tommaso, attribuito a

Tommaso apostolo; è in lingua greca, datato intorno alla metà del II secolo. Contenuto: vari

miracoli compiuti da Gesù tra i 5 e 12 anni. Caratteristiche: presenta accenni gnostici.

3) Vangelo dello pseudo-Matteo o Vangelo dell'infanzia di Matteo, attribuito a Matteo

apostolo ed evangelista, tradotto da Girolamo in latino, VIII-IX secolo. Contenuto: nascita

miracolosa di Maria, la sua infanzia al tempio di Gerusalemme, matrimonio miracoloso con

Giuseppe, nascita di Gesù, fuga in Egitto, vari miracoli compiuti da Gesù tra i 5 e 12 anni.

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Caratteristiche: rielaborazione del materiale presente nel Protovangelo di Giacomo e nel

Vangelo dell'infanzia di Tommaso con l'apporto originale relativo alla fuga in Egitto.

4) Vangelo Arabo dell'infanzia, attribuito a Caifa, sommo sacerdote, scritto in arabo e siriaco;

è del VIII-IX secolo. Contenuto: nascita di Gesù, fuga in Egitto, vari miracoli compiuti da

Gesù tra i 5 e 12 anni. Caratteristiche: rielaborazione del materiale presente nel Protovangelo

di Giacomo, nel Vangelo dello pseudo-Matteo e nel Vangelo dell'infanzia di Tommaso.

Presenta elementi magici tipici delle fiabe popolari.

5) Vangelo armeno dell’infanzia, autore sconosciuto, lingua armena, redazione definitiva XIX

secolo su materiale precedente. Contenuto: nascita miracolosa di Maria, infanzia al tempio di

Gerusalemme, matrimonio miracoloso con Giuseppe, nascita di Gesù, fuga in Egitto, vari

miracoli compiuti da Gesù tra i 5 e 12 anni. Caratteristiche: rielaborazione del materiale

presente nel Protovangelo di Giacomo, nel Vangelo dello pseudo-Matteo, nel Vangelo

dell'infanzia di Tommaso e nel Vangelo Arabo dell'infanzia. Presenta accenni monofisiti.

6) Libro sulla natività di Maria, tradotto da Girolamo, scritto in latino, VIII-IX secolo.

Contenuto: nascita miracolosa di Maria, sua infanzia al tempio di Gerusalemme, matrimonio

miracoloso con Giuseppe, nascita di Gesù. Caratteristiche: rielaborazione riassuntiva dei

primi 11 cc. del Vangelo dello pseudo-Matteo.

7) Storia di Giuseppe il falegname, autore sconosciuto, ci è pervenuto in arabo e in copto,

datazione incerta (V-IX secolo). Contenuto: matrimonio di Giuseppe e Maria, nascita di Gesù,

descrizione dettagliata della morte di Giuseppe. Caratteristiche: nella prima parte è una

rielaborazione del materiale presente nel Protovangelo di Giacomo e nel Vangelo dell'infanzia

di Tommaso, la parte relativa alla morte di Giuseppe è originale.

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IL PROTOVANGELO DI GIACOMO

Il Vangelo di Giacomo è scritto in greco probabilmente verso il 150 d.C, ed è noto anche

come Vangelo dell'Infanzia di Giacomo o soprattutto come Protovangelo di Giacomo. Tale

titolo è stato coniato dall'umanista francese Guillaume Postel nel XVI secolo ed è

particolarmente appropriato per alcuni motivi:

- il primato cronologico (proto = primo in greco) del vangelo di Giacomo rispetto agli altri

testi apocrifi;

- l'antecedenza cronologica degli eventi in esso narrati rispetto al materiale contenuto nei 4

vangeli canonici;

- la natura non propriamente evangelica del testo di Giacomo, che non descrive la vita e il

ministero di Gesù.

La tradizione cristiana ha accettato alcuni dei dati storici in esso contenuti, in particolare

relativamente alla vita di Maria e dei suoi genitori Anna e Gioacchino.

Il testo si presenta come scritto da Giacomo a Gerusalemme, suggerendo come autore

Giacomo il Giusto, fratello (o cugino) di Gesù, primo vescovo di Gerusalemme, identificato

dalla tradizione cattolica con Giacomo il Minore figlio di Alfeo.

Circa la data di composizione, c'è attualmente larghissimo consenso sulla metà del II secolo.

La prima menzione del testo è da parte di Origene (185-254), che nel Commentario al

Vangelo di Matteo, relativamente alla questione dei fratelli di Gesù, accenna a un Vangelo di

Pietro e a un “Libro di Giacomo”. Nel Decreto Gelasiano (databile 492-496) viene elencato

tra le opere apocrife.

Del Protovangelo ci sono pervenuti circa 130 manoscritti in greco, che testimoniano la

popolarità e diffusione che ha goduto nella tradizione cristiana orientale. Il frammento più

antico è risalente al III secolo o inizio IV, conservato nella Bodmer Library di Ginevra

(Papyrus Bodmer 5), trovato nel 1958. La maggior parte dei manoscritti greci sono databili a

partire dal X secolo.

Quanto al contenuto il testo può essere suddiviso nelle tre parti suddette (nascita di Maria e

presentazione al tempio, scelta di Giuseppe come sposo, nascita di Gesù). Quanto allo stile e

al linguaggio, vi è una netta distinzione tra le prime due parti e la terza, più attenta al

materiale canonico e in parte ad essa sovrapposto. Verosimilmente si trattava di due (o tre)

tradizioni orali originariamente distinte accomunate dall'intento di dichiarare esplicitamente la

purezza e la verginità di Maria, poi unite in fase redazionale.

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Il particolare dei nomi dei genitori di Maria, Anna e Gioacchino è all'origine di un'ininterrotta

devozione popolare che non può essere falsificata a partire da altre fonti storiche.

Il Protovangelo, similmente agli altri vangeli dell'infanzia, intende presentare alcuni

personaggi che compariranno poi nelle opere canoniche. Lo scriba delatore Anna del c. 15 va

probabilmente identificato con l'Anna (abbreviazione del nome maschile Anania) che ricoprì

la carica di sommo sacerdote tra il 6 e il 15 d.C. e che in seguito affiancò e diresse il genero

Caifa nella stessa carica tra il 18 e 36 d.C., giocando un ruolo chiave nella condanna di Gesù.

La levatrice Salomè, dapprima incredula poi credente, va probabilmente identificata con la

Salomè discepola di Gesù presente durante la passione, moglie di Zebedeo e madre degli

apostoli Giacomo e Giovanni.

La crescita di Maria al tempio di Gerusalemme, nel quale sarebbe vissuta tra i 3 e i 12 anni,

implica un'usanza che non trova conferma in nessuna fonte storica ed appare inverosimile: la

presenza di tale 'asilo' o 'collegio' all'interno dei locali del tempio, per quanto ristretto ed

elitario, ne precluderebbe la somma ieraticità del luogo attribuitagli dagli Ebrei. Tale

particolare, volto a sottolineare la santità di Maria dalla nascita, è accolto dalla tradizione

ortodossa e può essere visto come il corrispettivo ortodosso del dogma cattolico della

immacolata concezione.

La descrizione di Giuseppe come anziano vedovo con figli compare per la prima volta proprio

nel Protovangelo. Tale elemento, che non trova riscontro nei Vangeli canonici, cerca di

chiarire la natura dei fratelli di Gesù che compaiono nei vangeli, indicandoli come fratellastri.

Questa interpretazione verrà poi ripresa da Origene nel passo summenzionato del

Commentario al Vangelo di Matteo, e in seguito fatta propria fino ad oggi dalla tradizione

della Chiesa Ortodossa (la tradizione della Chiesa Cattolica invece opta per l'interpretazione

dei fratelli di Gesù come cugini di primo grado, figli di Alfeo-Cleofa e Maria di Cleofa).

L'anzianità di Giuseppe risulta invece universalmente presente nella tradizione iconografica

cristiana, come anche il particolare del bastone.

Anche la descrizione del luogo della nascita come una grotta compare per la prima volta nel

Protovangelo. Questo particolare non è presente nei vangeli canonici e godette in seguito di

un'ampia diffusione nelle raffigurazioni artistiche della natività, fino a molti degli attuali

presepi. L'architettura della Chiesa della Natività di Betlemme, voluta dall'imperatore

Costantino I, conferma questa tradizione. Tale particolare non deve essere necessariamente

visto come in antitesi con l'altra diffusa tradizione popolare, quella della nascita in una stalla:

l'orografia della Palestina è caratterizzata da numerose piccole grotte che venivano spesso

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usate come dispense o piccole stalle, sovente ampliate e incorporate in costruzioni in

muratura.

IL VANGELO DELLO PSEUDO-TOMMASO

Il Vangelo dell'infanzia di Tommaso, chiamato anche Vangelo dello pseudo-Tommaso, è,

scritto in greco e databile alla seconda metà del II secolo. Non va confuso col Vangelo di

Tommaso (chiamato anche Quinto Vangelo o Vangelo di Didimo Thoma), opera anch'essa

apocrifa, prodotta nel IV secolo in ambiente gnostico.

Nota anche con il titolo “I fatti dell’infanzia del signore”, l’opera consiste in una raccolta di

miracoli compiuti da Gesù tra i 5 e i 12 anni, con l'implicito intento di fornire indicazioni sulla

sua infanzia altrimenti taciute dai 4 vangeli canonici. Dal questo vangelo emerge il ritratto di

un Gesù bambino capriccioso e vendicativo, particolarmente incline a fare un uso tutto

personale e spesso egoista dei propri poteri taumaturgici. Per questo motivo il Vangelo dello

Psudo-Tommaso viene spesso considerato un goffo tentativo di far risaltare soltanto le doti

soprannaturali di cui Gesù era fornito fin dall’infanzia, ma questa lettura non è esatta, infatti

sia le maledizioni che le opere buone compiute da Gesù bambino trovano una giustificazione

in conformità con la dottrina gnostica

La non-ufficialità che caratterizzò questo vangelo nella Chiesa dei primi secoli, unita alla

mancanza di veridicità dei miracoli in esso narrati, ne compromettono il valore storico, anche

se qualche elemento secondario è stato accolto a livello artistico nella tradizione cristiana

successiva.

Il testo si dichiara opera di Tommaso l'Israelita, cioè l'apostolo Tommaso. Questo

collocherebbe la stesura del testo entro il I secolo d.C. Gli studiosi tuttavia sono attualmente

concordi nel ritenere tale attribuzione pseudoepigrafa. In alcune parti traspaiono citazioni

implicite di brani del vangelo di Luca e di Giovanni suggerendo una datazione posteriore ad

essi (cioè posteriore al I secolo). La prima citazione del Vangelo dell'infanzia di Tommaso

compare nell' Adversus haereses di Ireneo, databile circa al 185; ciò, unitamente a motivi

stilistici e letterali intrinseci al testo, ha portato gli studiosi a ritenere come possibile data

redazionale la metà del II secolo, in seguito a un periodo di trasmissione orale.

Lo Pseudo-Tommaso ci è stato trasmesso in tre tipi di redazioni:

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Testo greco A (di contenuto più esteso pubblicato la prima volta su un Codice

bolognese del secolo XV.

Testo greco B (più breve) trovato in un manoscritto del secolo XIV o XV presso il

Monastero del Monte Sinai.

Testo latino (simile al testo greco A con l’aggiunta di tre capitoli iniziali) tratto da un

Codice Vaticano.

I 19 capitoletti (più brevi degli omologhi canonici) del testo greco più i 3 premessi del testo

latino non sono caratterizzati da una particolare struttura narrativa ma costituiscono singoli

episodi completi anche se talora interconnessi.

Il primo capitolo (testo latino) e l'ultimo (c. 19 greco) presentano episodi contenuti nei vangeli

canonici (rispettivamente Mt e Lc), mentre il materiale intermedio ne è completamente

svincolato. Questo indica il tentativo di inserire i racconti di questo vangelo all'interno della

consolidata tradizione canonica, cercando di innalzarla al medesimo livello di autorevolezza.

Similmente agli altri vangeli dell'infanzia, il testo presenta un personaggio che compare anche

nelle opere canoniche. Lo scriba Anna del c. 3 a cui Gesù bambino “secca” il figlio va

probabilmente identificato con l'Anna che ricoprì la carica di sommo sacerdote tra il 6 e il 15

d.C. Il miracolismo che caratterizza il testo, più vicino al genere mitico-fiabesco che alla

sobrietà dei vangeli canonici, si rivolge a pressoché tutte le esigenze della vita quotidiana: il

gioco, la vendetta verso i delatori, l'istruzione, gli incidenti sul lavoro, il nutrimento, la

malattia. Per ognuno di questi campi problematici il Gesù bambino prodigio di Tommaso ha

pronta una risposta immediata, risolutiva, plateale.

Il Vangelo di Tommaso presenta sporadici e sparsi passi di sapore gnostico, in particolare il

ricorrente tema dell'ignoranza, cioè del mancato riconoscimento della natura soprannaturale di

Gesù. Tale elemento permea anche il Vangelo di Giovanni, rimanendo anche in tale opera

entro i confini dell'ortodossia cattolica. Anche nel “contro-insegnamento” relativo alla lettera

alfa col quale Gesù investe i suoi 3 maestri sono ravvisabili elementi legati alla dottrina

emanazionista di matrice gnostica. Il Vangelo di Tommaso ha avuto una discreta eco

all'interno della tradizione islamica. L'episodio di Gesù che crea i passerotti (c. 2) compare

anche nel Corano.

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IL VANGELO DELLO PSEUDO-MATTEO

Il Vangelo dello pseudo-Matteo, così chiamato per distinguerlo dall'omoepigrafo canonico

Vangelo di Matteo, è scritto in latino e databile VIII-IX secolo. Viene chiamato anche

Vangelo dell'infanzia di Matteo o con la dicitura medievale Libro sulla nascita della Beata

Vergine e sull'infanzia del Salvatore, che ne descrive il contenuto.

In alcuni manoscritti il testo si presenta come opera dell'evangelista Matteo, supponendo una

datazione al I secolo. Tale attribuzione è però considerata dagli studiosi come pseudo-

epigrafica e dunque apocrifa.

Il testo presenta una elaborata operazione pseudo-epigrafica volta a legittimare tale paternità:

il vangelo sarebbe stato scoperto, nell'originale aramaico, da Girolamo (347-420), e da lui

tradotto in latino dietro invito di Cromazio, vescovo di Aquileia, ed Eliodoro, vescovo di

Altino. In realtà, il Vangelo dello pseudo-Matteo è poco più che un riadattamento del

materiale contenuto nel Protovangelo di Giacomo e nel Vangelo dell'infanzia di Tommaso.

Il latino col quale è stato scritto il testo è notevolmente diverso da quello di Girolamo, e

presenta caratteristiche stilistiche che contribuiscono a datarlo filologicamente all'VIII-IX

secolo.

Quanto al materiale contenuto nel Vangelo dello pseudo-Matteo, esso in sostanza riprende il

contenuto del Protovangelo di Giacomo del II secolo e del Vangelo dell'infanzia di Tommaso.

I cc. 16-25 descrivono con amplissimi tratti miracolistici la fuga in Egitto per sfuggire da

Erode. Non sono testimoniati da altre fonti precedenti, potrebbero pertanto anche costituire un

apporto originario del redattore, riprendendo motivi orientali attribuiti a divinità pagane.

Nel c.3 il passo “Dio ha suscitato in lei (la madre di Maria) un seme di vita” sembra suggerire

un concepimento verginale di Maria da parte di Anna. In realtà il dogma cattolico

dell'immacolata concezione non implica tale concepimento verginale, ma solo l'esclusione di

Maria dalla colpa del peccato originale.

Nel c. 6 la vita di Maria al tempio è dedita al lavoro e alla preghiera, calcando il motto ora et

labora dell'ordine monastico fondato da Benedetto da Norcia (circa 480-543).

Il c. 14, che colloca Gesù neonato 3 giorni in una grotta e 3 giorni in una stalla, cerca di

conciliare la tradizione orientale (grotta) con quella occidentale (stalla). In realtà, le due

diverse locazioni non devono essere necessariamente viste come in antitesi a causa

dell’orografia della Palestibna. Sempre nel c. 14, la presenza dell'asino e del bue presso Gesù

bambino è un elemento diventato poi fondamentale dell'iconografia del presepe.

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L'ultimo capitolo tenta, di spiegare la natura dei fratelli di Gesù citati nei vangeli canonici e

nella tradizione successiva. I 4 fratelli sarebbero fratellastri di Gesù, cioè figli di Giuseppe da

un precedente matrimonio, Maria di Cleofa sarebbe sorellastra di Maria madre di Gesù, avuta

dalla madre Anna in secondo matrimonio con Cleofa, dopo l'uccisione di Zaccaria.

La notevole fama di cui godette nel Medioevo è dovuta alla sua parziale inclusione all'interno

della “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varazze, del XIII secolo.

IL VANGELO ARABO DELL’INFANZIA

Il Vangelo Arabo dell'infanzia è un Vangelo apocrifo pervenutoci in arabo e siriaco e databile

in un periodo incerto che va dal VI al XIII secolo, con maggiore probabilità per l'VIII-IX

secolo. Al pari degli altri vangeli dell'infanzia e, basandosi su essi, contiene racconti relativi

all'infanzia di Gesù. Il "Vangelo dell'infanzia", così si presenta nell'incipit, si dichiara opera di

Giuseppe detto Caiafa (versione greca del latinizzato Caifa), sommo sacerdote degli ebrei al

tempo di Gesù, dunque databile al I secolo d.C.; tale attribuzione viene tuttavia considerata

pseudoepigrafa dagli studiosi. I filologi ritengono che la versione originale fosse in siriaco, in

seguito tradotta in arabo. Anche la datazione costituisce un problema, ma come termine

estremo inferiore va assunta la metà del VI secolo quando è stata realizzata una traduzione

siriaca dell'Historia Lausiaca di Palladio: un racconto in essa contenuto ha ispirato i cc. 20-21

del "Vangelo dell'infanzia". Come termine estremo superiore va assunta la data di

composizione di alcuni manoscritti pervenutici, il XIII secolo. Gli studiosi optano per una

data di composizione intermedia come l'VIII-IX secolo.

Il Vangelo Arabo dell'infanzia è costituito da 55 capitoletti molto più brevi degli omologhi

canonici. Le fonti del Vangelo Arabo dell'infanzia sono facilmente identificabili:

prima parte, nascita di Gesù: Protovangelo di Giacomo, cc. 17-24;

seconda parte, fuga in Egitto: Vangelo dello pseudo-Matteo, cc. 16-25

terza parte, miracoli di Gesù infante: Vangelo dell'infanzia di Tommaso;

conclusione: raccordo ideale coi vangeli canonici tramite il racconto della presentazione di

Gesù al tempio.

Similmente agli altri vangeli dell'infanzia, il testo presenta personaggi che compaiono anche

vangeli canonici: gli apostoli-bambini Bartolomeo (c. 30), Giuda Iscariota (c. 35); Simone il

Cananeo (c. 42), i due ladroni che affiancheranno Gesù in croce (c. 23), chiamati qui Tito e

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Dumaco, ma diversamente in altri testi apocrifi. Nel c. 29 viene presentato il bambino Cleofa,

figlio di una Maria, che in altri testi antichi figura come padre di una Maria ma che in realtà

era fratello di Giuseppe, zio paterno di Gesù,). In misura ancora maggiore rispetto agli altri

vangeli dell'infanzia il Vangelo Arabo è caratterizzato da un carattere abbondantemente e

gratuitamente miracolistico. Molti dei miracoli in esso contenuti avvengono grazie a oggetti

(bende di Gesù, acqua del suo bagno), accostandoli più a incantesimi magici che a miracoli

religiosi veri e propri. Anche la trasmutazione di persone in animali e viceversa è un elemento

magico tipico delle fiabe popolari.

IL VANGELO ARMENO DELL’INFANZIA

Il Vangelo Armeno dell'infanzia è un Vangelo apocrifo pervenutoci in lingua armena i cui

manoscritti più antichi sono databili al XIX secolo. Costituisce in sostanza un corposo e

prolisso ampliamento degli eventi dell'infanzia di Gesù narrati negli altri vangeli dell'infanzia,

integrati da materiale leggendario di provenienza dalla tradizione armena. Mette in particolare

in risalto l'aspetto umano di Gesù tradendone un'origine monofisita tipica del cristianesimo

armeno.

A differenza della maggior parte dei testi apocrifi il Vangelo Armeno dell'infanzia non

presenta alcuna attribuzione esplicita. Questo può essere ricondotto alla consapevolezza che

ne aveva l'autore di un lavoro di revisione e ampliamento del materiale precedente, senza

alcuna pretesa di autorevolezza. Come datazione dello scritto sono proposte dagli studiosi

diverse datazioni: si va dal IV secolo al XII secolo.

L'ambiente nel quale sono state compilate le singole leggende e la redazione finale è

comunque con sicurezza identificabile nella tradizione monofisita tipica del cristianesimo

armeno. I 28 capitoli del Vangelo Armeno dell'infanzia sono molto più ampi rispetto a quelli

degli altri apocrifi.

Circa le caratteristica teologiche della narrazione, in particolare nei dialoghi traspare una

attenzione particolare per la natura divina e inspiegabile di Gesù, di sapore tipicamente

monofisita. Un particolare che risalta nella lettura è la cronologia della nascita di Gesù al 6

gennaio, conformemente alla tradizione orientale, diversa dalla tradizionale datazione

occidentale al 25 dicembre. Il nome dei 3 re Magi, identificati come 3 fratelli re dei principali

popoli dell'oriente, non rappresenta un elemento originale: già nel V secolo è documentata ad

Alessandria d'Egitto la tradizione che li nomina, senza alcun fondamento storico, Caspar,

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Melchior e Balthasar. Occorre notare che altre tradizioni cristiane (copta, persiana) hanno

attribuito loro nomi diversi.

LIBRO SULLA NATIVITÀ DI MARIA

Il Libro sulla natività di Maria è un testo redatto in latino in epoca carolingia (VIII-IX secolo).

Racconta la miracolosa nascita di Maria, madre di Gesù, rappresentando sostanzialmente un

rimaneggiamento dei primi 11 capitoli del coevo Vangelo dello pseudo-Matteo. Non trattando

direttamente della vita di Gesù e del suo ministero, il testo non può essere propriamente

chiamato Vangelo, ma dato lo stretto legame che mostra con gli altri vangeli dell'infanzia

viene solitamente incluso nelle raccolte dei vangeli apocrifi.

Similmente al Vangelo dello pseudo-Matteo, il testo si presenta pseudo-epigraficamente come

opera di Girolamo, che avrebbe tradotto in latino un testo precedente. In realtà l'esame

filologico del testo ne suggerisce una datazione all'VIII-IX secolo nell’ambito della chiesa

cattolica.

STORIA DI GIUSEPPE IL FALEGNAME

La Storia di Giuseppe il falegname ci è pervenuto in copto e arabo, ma redatto inizialmente in

greco, databile in maniera incerta al VI secolo o ai secoli immediatamente successivi. Nella

prima parte si tratta di una rielaborazione del materiale presente nel Protovangelo di Giacomo

e nel Vangelo dell'infanzia di Tommaso relativamente al matrimonio tra Giuseppe e Maria; la

parte successiva è relativa alla morte di Giuseppe e rappresenta un contributo originale.

La Storia di Giuseppe il falegname non presenta una esplicita attribuzione pseudoepigrafa, nel

c. 30 l'autore si include nella cerchia degli apostoli rimanendo però anonimo.

Circa l'effettiva data di composizione, essa non è facilmente determinabile data la

disponibilità di soli testimoni recenti copti e arabi, che però tradiscono filologicamente una

dipendenza da un originale greco andato perduto. Circa le fonti della Storia di Giuseppe il

falegname, la prima parte risente della narrazione contenuta negli altri apocrifi dell'infanzia,

in primis il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo dello pseudo-Matteo. La seconda parte

presenta materiale originale rispetto agli altri apocrifi. Innegabilmente sono presenti influssi

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delle credenze religiose dell'antico Egitto specialmente nel particolare della data della morte

di Giuseppe, il 26 del mese di Epep = 20 luglio, nel quale si celebrava la risurrezione di

Osiride.

I VANGELI APOCRIFI E LA LETTERATURA CONTEMPORANEA

Leggendo i Vangeli apocrifi ci si può rendere facilmente conto che il loro contenuto è stato

ripreso più o meno esplicitamente in alcune opere contemporanee; io ho scelto di illustrare

quella che meglio mostra questo legame, e che si basa sulla presunta esistenza di uno di

questi, e cioè “Il Codice Da Vinci” di Dan Brown.

Il Codice Da Vinci (e il Vangelo di Maria Maddalena)

Il Codice da Vinci è un romanzo di successo scritto da Dan Brown pubblicato nel 2003 e

tradotto in 44 lingue. Il best-seller ha risvegliato il dibattito sull'attendibilità delle verità

contenute nei vangeli apocrifi, soprattutto in riferimento alla tesi per cui Gesù avrebbe sposato

Maria Maddalena e avrebbe avuto dei figli da lei, di cui non vi è documentazione nel Nuovo

Testamento e nelle altre fonti storiche.

Ogni romanzo storico può presentare errori o imprecisioni, ma in pochi casi altri romanzi

hanno suscitato reazioni e critiche come invece è avvenuto per il Codice da Vinci. Il motivo è

da ricercare nel fatto che il libro ha ottenuto un successo fenomenale e che gli eventi storici

reali, intrecciati nella trama fantasiosa del romanzo, risultano coerenti e verosimili, sostenuti

da un ritmo incalzante ricco di colpi di scena.

A pag. 275 del Codice si legge:

“Costantino (durante il concilio di Nicea) commissionò e finanziò una nuova Bibbia, che

escludeva i vangeli in cui si parlava dei tratti umani di Cristo e infiorava i vangeli che ne

esaltavano gli aspetti divini. I vecchi vangeli vennero messi al bando, sequestrati e bruciati”.

In realtà questa frase contiene alcuni errori:

1) Durante il concilio di Nicea, indetto effettivamente da Costantino nel 325, non venne

discussa la questione del canone della Bibbia.

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2) La più antica lista di vangeli ritenuti dalla Chiesa effettivamente ispirati da Dio e dunque

canonici, a differenza degli altri vangeli ritenuti apocrifi, risale alla seconda metà del II

secolo, circa 150 anni prima del presunto intervento di Costantino. Infatti già nel cosiddetto

Canone Muratori del II secolo, vengono elencati i 4 vangeli che poi verranno diventeranno

canonici.

3) Non è vero che i vangeli apocrifi esaltano l'umanità di Gesù mentre quelli canonici ne

esaltano la divinità. Al contrario nei vangeli apocrifi, e soprattutto in quelli di origine

gnostica, Gesù è presentato o come un bambino prodigio, sempre pronto a fare miracoli e a

pronunciare spesso profezie e maledizioni, o come una particella di divino intrappolata nella

materia, umano suo malgrado.

4) Da parte ecclesiastica e imperiale non vennero emanate esplicite proibizioni o bandi contro

i vangeli apocrifi, né tantomeno essi furono sequestrati o bruciati. Quelli che contenevano

nozioni eretiche, perlopiù di tipo gnostiche, si persero all'estinguersi della stessa eresia

gnostica.

A pag. 286 del Codice si legge:

“Purtroppo per quei vecchi correttori, un tema terreno particolarmente preoccupante

continuava a presentarsi nei vangeli. Maria Maddalena. [...] O, più in particolare, il suo

matrimonio con Gesù Cristo”.

A sostegno della tesi centrale nella trama del libro relativa al presunto matrimonio tra Gesù e

la Maddalena, Dan Brown cita esplicitamente un passo di un vangelo apocrifo, lo gnostico

Vangelo di Filippo, che nel capitolo 55 dice:

“Il Signore amava Maria più di tutti i discepoli e la baciava spesso sulla [bocca]. Gli altri

discepoli allora gli dissero: "perché ami lei più di tutti noi?" Il Salvatore rispose e disse loro:

"perché non amo voi tutti come lei?".

In realtà Dan Brown tralascia di riportare l'incipit del paragrafo, che chiarisce la natura del

legame amoroso tra Cristo e la Maddalena:

“La Sofia, che è chiamata sterile, è la madre degli angeli. La compagna di [Cristo è Maria]

Maddalena”.

La teologia gnostica prevedeva alcune semidivinità dette “eoni”, il cui numero variava a

seconda delle varie sette gnostiche (solitamente 9). Secondo gli gnostici due di questi eoni, il

Salvatore e la Sofia, che nell'eternità hanno generato gli angeli, si sono incarnati

rispettivamente in Cristo e nella Maddalena, continuando sulla terra il loro legame celeste. Il

passo non va dunque inteso come una prova storica del matrimonio tra Gesù e la Maddalena

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ma come una allegoria di una precisa visione teologica. Inoltre, in questo stesso vangelo, il

bacio sulla bocca è un segno rituale comune anche agli altri personaggi.

A prescindere dal Codice da Vinci, la figura di Maria Maddalena è sempre stata piuttosto

controversa, anche perché sarebbe l’autrice di un apocrifo dal titolo Vangelo di Maria

Maddalena, che sopravvive oggi in due frammenti greci del 3° secolo e in una lunga

traduzione in lingua copta del 5° secolo. Anche se questi manoscritti furono scoperti e

pubblicati tra la metà del XIX secolo e il 1947, ci sono riferimenti in opere anteriori (anche

del 3° secolo) e dei Padri della Chiesa al Vangelo di Maria, le quali rivelano il grado in cui il

Vangelo fu disprezzato e osteggiato. Maria Maddalena è rappresentata nei Vangeli canonici

come un personaggio importante: la sua presenza alla Crocifissione e nella successiva visita

alla tomba hanno fatto ipotizzare che il suo ruolo particolare derivasse dall'essere la vedova,

mentre potrebbe semplicemente trattarsi di una seguace che gli era stata molto vicina e che si

era assunta il compito di occuparsene insieme alla madre Maria.

Secondo una recente ipotesi Gesù sarebbe stato sposato con Maria Maddalena e da loro

sarebbe nata la dinastia dei Merovingi che regnò in Francia tra il V e l'VIII secolo. La

Maddalena, assieme al figlio avuto da Gesù e ad altre donne citate nei vangeli, dopo la

crocifissione sarebbe fuggita dalla Palestina su una barca per approdare in Provenza; avrebbe

poi risalito il Rodano raggiungendo la tribù dei Franchi, che non sarebbero stati altro che la

tribù ebraica di Beniamino nella diaspora. Il santo Graal secondo questa teoria

rappresenterebbe simbolicamente il sangue regale di questa stirpe dalle origini nobilissime.

L’invenzione del matrimonio tra Gesù e Maddalena non è originale di Brown ma l’autore

l’attinge da un best-seller degli anni ’80 “Il santo Graal, una catena di misteri lunga duemila

anni” di Baigent, Lincol e Leigh, ma che non è suffragata da alcuna fonte storica a parte

l'ovvia citazione della famosa leggenda medievale dello sbarco della Maddalena in Francia,

resa popolare da Jacopo da Varazze nella “Leggenda Aurea”. Le uniche fonti citate dai tre

autori per sostenere che i Merovingi avrebbero avuto origine dalla discendenza di Gesù e

Maria Maddalena sono infatti “I dossier segreti” del Priorato di Sion, una serie di documenti

depositati presso la Biblioteca Nazionale di Parigi negli anni '60. Questi testi contengono

complicate linee di discendenza ed elenchi di presunti Gran Maestri del Priorato (descritti

come i custodi del vero segreto del Graal), ma le ultime ricerche hanno confermato essere

stati inventati da Pierre Plantard per millantare una propria discendenza nobiliare dai

Merovingi.

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Altri esempi di uso dei Vangeli apocrifi nella letteratura

Dai Vangeli Apocrifi attingono a piene mani le leggende popolari sviluppatesi un po’

dovunque e diffusasi oralmente per secoli. Per ognuna di esse possono esistere diverse

varianti, che ne indicano l'adattamento geografico, sociale e culturale. Spesso sono evidenti i

rapporti di dipendenza dagli Apocrifi, altre volte le narrazioni popolari hanno un loro carattere

indipendente. A differenza dei testi scritti, le leggende, tramandate oralmente, dovevano

essere facilmente memorizzabili, ecco perché esistono leggende in rima e versi. La loro

caratteristica principale, che del resto li accomuna ai Vangeli Apocrifi, è il loro colorito

spesso favolistico e la sottolineatura dei lati più umani e quotidiani dei personaggi evangelici.

In un suo saggio, Dario Fo racconta di come la lettura dei Vangeli apocrifi lo abbia ispirato

per un suo spettacolo intitolato “Misteri apocrifi”; Fo dice che iniziava la rappresentazione

raccontando il primo miracolo di Gesù bambino e che lo svolgimento dell’azione seguiva il

racconto dei vangeli dell’infanzia e soprattutto quello dello Pseudo-Tommaso. Anche i testi

della sua famosa opera “Mistero Buffo” (dove per mistero si intende spettacolo,

rappresentazione sacra, consonamente al significato che rivestiva il termine nel secondo o

terzo secolo dopo Cristo) sono racconti di episodi evangelici o di storia della Chiesa o ispirati,

apocrifamente, alla vita di Gesù, in chiave giullaresca, popolare, comica, a volte irriverente e

profana, capace di deformare il realismo della sacra rappresentazione; si tratta, insomma, di

controstorie, che hanno archetipi formali nelle moralità medievali, nei misteri popolari e nei

vangeli apocrifi.

I manoscritti di Qumran e i rotoli del Mar Morto sono alla base della trama del libro “Valis”

di Philip K. Dick, primo romanzo della Trilogia di Valis. Questi codici ricorrono anche negli

altri due romanzi della trilogia: “Divina invasione” e “La trasmigrazione di Timothy Archer”.

La Trilogia di Valis, infatti, è la messa in opera narrativa della visione ontologica della realtà

e della cosmogonia elaborata da Dick, basandosi sugli scritti dello gnosticismo, sui vangeli

apocrifi e sulla filosofia di Platone.

L’idea di una somiglianza tra Harry Potter, anche sarebbe più corretto con alcuni personaggi

(e non tutti positivi), e i vangeli apocrifi mi è venuta leggendo il vangelo dello Pseudo-

Tommaso e quello armeno dell’infanzia; il motivo credo sia da ricercare nel fatto che nel

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racconto di Tommaso il piccolo Gesù viene rappresentato come un piccolo mago che non

sempre fa miracoli a fin di bene, a anche per motivi personali o solo per mostrare le proprie

capacità. In ogni caso la mia idea non è assolutamente suffragata da prove, anzi, più che di

somiglianza sarebbe giusto parlare di similitudine che solo un lettore della serie di Harry

Potter può vedere, infatti non ci sono dei veri e propri esempi da citare.