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& SVILUPPO ORGANIZZAZIONE 16 OTTOBRE/NOVEMBRE/DICEMBRE 2014 Valentina Casali Welfare aziendale: prendersi cura delle persone e del territorio

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16 OttObre/nOvembre/dicembre 2014

Valentina Casali

Welfare aziendale: prendersi cura delle personee del territorio

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Perché il welfare aziendale è un tema così attuale? Come creare una ‘cultura del welfare’ in azienda? Come venire incontro alle esigenze di una popola-zione aziendale vasta, dunque, porta-trice di bisogni diversi? Come il welfare

aziendale può contribuire a ridurre il costo del lavoro? Qual è la relazione tra il welfare aziendale e il benessere delle persone nelle organizzazioni? Queste sono solo alcune delle domande a cui si è cercato di dare risposta nel corso del

convegno, organizzato da Este edizio-ni, Welfare aziendale: ottimizza-re il costo del lavoro migliorando il clima aziendale che si è tenuto lo scorso 4 novembre a Bologna.

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Cosa significa per le imprese prendersi cura delle persone e del territorio? Cosa comporta nel momento attuale, caratterizzato da una

forte crisi del welfare pubblico e da una grave contra-zione degli investimenti a favore del benessere degli individui?Significa che le organizzazioni, insieme ad altri attori – parti sociali, enti locali, terzo settore – hanno l’opportuni-tà di sperimentare nuovi modelli e percorsi, tesi a venire incontro alle esigenze dei lavoratori e delle loro famiglie, nonché a sostenere iniziative volte alla valorizzazione del territorio.Il welfare aziendale rientra in questo progetto, generando beneficio per i dipendenti, ma anche per l’impresa. Mi-gliora il clima aziendale, incrementando la motivazione e la fidelizzazione delle persone, aumenta il potere d’acqui-sto dei dipendenti e può contribuire a ridurre il costo del lavoro o, per meglio dire, a ottimizzare le risorse.Vince, insomma, la logica della reciprocità.

Reciprocità e responsabilità: si parte da quiDel perché e del come ‘reciprocare’ si dirà più avanti, nelle prossime pagine della rivista (Suggestioni per un nuovo welfare. Intervista a Stefano Zamagni a p.22). Basti solo precisare che il welfare aziendale non può esistere se non in questa logica, la stessa logica del welfare generativo. Necessario, secondo l’economista Stefano Zamagni, è superare il paradigma del welfare redistributivo e ra-gionare secondo un modello triale di relazioni che coin-volgano pubblico, privato e civile. Qual è il ruolo delle aziende in questo processo? Lanciare lo sguardo ‘oltre la siepe’, al territorio; cercare di allargare il bene della civitas, la città – intesa come ordine sociale –, mirando a includere tutti.Ciò implica l’assunzione da parte delle imprese di una responsabilità sociale nei confronti, prima di tutto, del proprio ‘capitale umano’, che è la fonte primaria del van-taggio competitivo. Ecco allora che si stringe una sorta di patto sociale, o morale – come sottolinea il professor

Mauro Gatti – tra i due contraenti: l’impresa e il dipen-dente. L’impresa agisce come un “contenitore d’ansia” creando ammortizzatori capaci di diminuire il malessere sociale e organizzativo. Queste iniziative contribuiscono quindi ad amplificare il tasso di CSR dell’azienda accre-scendo la sua reputazione presso gli stakeholder, oltre alla motivazione e al coinvolgimento delle persone in una sor-ta di contratto psicologico per il raggiungimento di più elevate performance.

Strutturare un buon piano di welfare aziendale: non si può improvvisareIl welfare aziendale è considerato il nuovo pilastro del-la retribuzione, uno strumento integrativo fortemente innovativo rispetto ai tradizionali interventi di natura monetaria e che crea valore nel breve, medio e lungo periodo. Detto ciò, pare semplice introdurre misure di welfare in azienda ma così non è. In questo percorso strutturato le aziende scelgono sempre più spesso di affidarsi a partner esterni che le supportino nella scel-ta del piano, che le trasmettano know how in materia fiscale-legale e che forniscano loro piattaforme tecno-logiche per la gestione dei benefit. È questo il caso di Tetra Pak che, per la sede di Modena, ha deciso di affi-darsi a Muoversi. Le due società collaborano dal 2010: “Aiutiamo il nostro cliente a progettare, avviare e gesti-re piani welfare, proponendo un set di azioni, servizi, infrastrutture e tecnologie che permettano allo stesso di sostenere il benessere dei dipendenti”, ci fa sapere Andrea Verani Masin, sales director di Muoversi. E continua Gianmaurizio Cazzarolli, director, hr and site services di Tetra Pak: “Grazie a Muoversi abbiamo potuto attuare un mix di azioni di work life balance unite a un benefit plan disegnato sulle esigenze dei collaboratori e delle loro famiglie. Dare fiducia alle persone è la cosa più importante. Partire dall’ascolto delle loro esigenze, creare piani d’azione condivisi con i dipendenti e saper comunicare i risultati e i servizi offerti costituiscono le best practice”.

Mauro GattiUniversità di Roma Sapienza

Andrea Verani MasinMuoversi

Gianmaurizio CazzarolliTetra Pak

Marco ScippaVitec Group

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Welfare aziendale: prendersi cura delle persone e del territorio

Il welfare aziendale come strumento di employer brandingUn’altra azienda che ha iniziato un percorso importan-te di welfare aziendale è Vitec Group. Dal 2012 l’azien-da ha avviato un processo di change management che ha coinvolto le funzioni chiave dell’azienda (marketing, sales e operation) e che ha richiesto una strategia di employer branding interna. In quest’ottica è partito un pro-getto di welfare aziendale che ha costituito una grossa leva negoziale e un appropriato strumento di change manage-ment. Tra le iniziative: il programma PeopleFocus, conteni-tore di azioni volte al benessere, alla socialità, alla cultura e alla sostenibilità per i dipendenti e i loro familiari; la firma di un integrativo aziendale della durata di 5 anni per tutti i dipendenti, frutto di una negoziazione durata più di un anno, contenitore di tutte le politiche di welfare (progetti di wellness in azienda, supporto all’integrazione culturale, sostegni alla famiglia, progetti di conciliazione vita-lavoro) e modello di una nuova forma di relazioni industriali. “La firma dell’integrativo ha favorito a sua volta due ulteriori cambiamenti importantissimi, legati alla politica di merito e al sistema di valutazione della performance, quest’ultimo certificato e validato dall’Università ma soprattutto dal sin-dacato”, conclude Marco Scippa, Hr director imaging division di Vitec Group.Anche in CAMST, gruppo leader nella ristorazione col-lettiva da quasi 70 anni, il welfare aziendale è stato occasione per potenziare la conciliazione vita-lavoro, migliorare il clima interno e produrre un maggior coin-volgimento dei dipendenti nelle strategie aziendali. “Tutto ciò nella logica della responsabilità sociale d’im-presa, essendo noi una cooperativa che ha come primo interesse il benessere delle persone”, racconta Ivano Minarelli, responsabile dell’ufficio relazioni sociali del Gruppo. “I principi cooperativi e un modello di re-sponsabilità sociale basato sull’efficienza organizzativa e il benessere delle persone costituiscono anche i nostri valori”, ci dicono Sergio Orlando, direttore commer-ciale, e Alessandra Bertazzoni, responsabile welfa-

re, di Day Ristoservice, la società provider di servizi che ha sostenuto CAMST nel processo per la messa a punto di un piano di welfare, oggi al vertice del mercato dei buoni pasto in Italia con risultati sempre in crescita.

Fare welfare aziendale in tempi di crisi: si può?Che il welfare aziendale possa giocare un ruolo impor-tante per far fronte a un mercato del lavoro e a un’eco-nomia stagnanti è assodato e coincide con il sempre crescente interesse da parte di aziende, sindacati, asso-ciazioni datoriali e policy maker. Come attivare piani di welfare di successo con risorse scarse? “Rispondere a questa domanda comporta una riflessione matura sugli obiettivi del piano welfare, sulla social responsibility e sugli economics di tale processo”, replica Alessandra Vultaggio, responsabile welfare aziendale e program-mi sociali pubblici di Edenred.

Spesso però non è così facile, soprattutto per le PMIIl terreno più sfidante per l’applicazione del welfare azien-dale è sicuramente quello delle PMI e l’Emilia Romagna è terra fertile per queste esperienze. Spesso però si presenta-no alcune criticità, come gli spazi ristretti di manovra e un fisco solo in parte favorevole. Tre sono le alternative che si prospettano alle piccole e medie imprese: “Creare reti d’impresa, prescegliere un provider di servizi a valore ag-giunto che funga da aggregatore per le piccole imprese del territorio, utilizzare un’associazione datoriale come regia per l’implementazione di un piano di welfare territoriale”. Ce lo ha spiegato Giovanni Scansani, amministratore delegato di Welfare Company, provider specializzato in servizi di supporto al welfare aziendale che partecipa a di-versi tavoli per la costruzione di progetti di welfare territo-riale in collaborazione con Confindustria.

Gestire le relazioni con il territorio e gli enti che ne fanno parteAncor prima della fase di analisi e di progettazione esiste

Ivano MinarelliCAMST

Sergio OrlandoDay Ristoservice

Alessandra VultaggioEdenred

Giovanni ScansaniWelfare Company

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una fase preparatoria fatta di relazioni con gli enti del territorio, il sindacato e le associazioni datoriali. “La forte contrazione di redditività – ci ha raccontato Pa-squale Del Buono, responsabile relazioni sindacali e del lavoro della Federazione delle Banche di Credito Cooperativo dell’Emilia Romagna che ha in previsio-ne di firmare un accordo per l’implementazione di un piano di welfare –, unitamente alla necessità di raffor-zare il coinvolgimento e il senso di appartenenza dei dipendenti, ha condotto la federazione e i sindacati a maturare la volontà di istituire un sistema di welfare aziendale nelle BCC dell’Emilia Romagna. I dipen-denti potranno scegliere tra diversi servizi attingendo a un conto sociale che sarà costituito da una quota fissa annuale e da una parte variabile che dipenderà dai ri-sultati ottenuti dalla banca.” L’iter sindacale si può però rivelare “una fitta foresta di norme e zone d’ombra” dove difficile diventa districarsi e raggiungere un accordo soddisfacente. Ecco perché serve il supporto di qualcuno che conosca bene gli aspetti legali e fiscali della normativa. Lo studio legale Chiomenti da anni si occupa di sostenere le aziende che vogliono attua-re politiche di welfare con analisi giuslavoristiche e fiscali del piano. “Implementare un piano di welfare richiede: l’esame delle forme di welfare eventualmente esistenti;

l’esame della disciplina fiscale/agevolativa applicabile; la valutazione della conformità fiscale e giuslavoristica delle categorie di destinatari; l’esame del sistema incentivante ordinariamente applicato dalla Società e la valutazione della possibilità di prevedere meccanismi di interazione welfare vs. bonus cash; l’esame, infine, dei possibili profili sindacali connessi all’introduzione del piano di welfare”, specificano Emanuele Barberis e Antonino Guida, soci dello studio.

Il ruolo della contrattazione collettivaEsistono diverse categorie analitiche insistenti sul tema del welfare aziendale. Quando si parla di welfare azien-dale è importante considerare sia gli aspetti legati alla normativa TUIR, che regola l’utilizzo dei benefit, sia gli aspetti legati all’organizzazione del lavoro (orari, flessibilità delle mansioni). “Si parte dai bisogni (soprat-tutto quelli di conciliazione) per arrivare al concetto di libertà di scelta delle persone in azienda. Si tratta di far sì che il welfare non sia soltanto uno strumento di ri-duzione dei costi ma anche uno strumento per rendere migliore l’organizzazione del lavoro.” Questo il ruolo della contrattazione collettiva nella visione evolutiva di Iacopo Senatori, ricercatore di diritto del lavoro del-la Fondazione marco biagi.

Emanuele BarberisChiomenti studio legale

Maurizio BoschiniIma Industries

Antonino GuidaChiomenti studio legale

Cesare CucciCariparma

Iacopo SenatoriFondazione Marco Biagi

Paolo TorriADP

Valentina Casali

Alessandra BertazzoniDay Ristoservice

Pasquale Del BuonoBCC Emilia Romagna

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Venire incontro alle esigenze di una popolazione aziendale vasta con il welfare aziendale“Il mondo di oggi è in costante cambiamento, merito dell’effetto dirompente delle tecnologie e dell’affac-ciarsi, per la prima volta in azienda, di quattro gene-razioni, rappresentanti bisogni e aspettative differenti. Come governare questa diversità? Come aiutare le aziende a gestire le persone in una logica di benes-sere? Una risposta efficace dev’essere ‘motivante’ le persone e ‘a basso impatto’ per l’azienda. Diffondere la cultura del welfare aziendale improntata a flexible benefit congiuntamente a metodologie di performan-ce e talent management vuol dire andare in questa direzione”, sottolinea Paolo Torri, hr business con-sultant di ADP, azienda che da sempre offre servizi e soluzioni complementari al welfare, con un’attenzione per il benessere delle risorse umane. “Partire dalle reali esigenze dei dipendenti per fare welfare aziendale in una logica bottom-up e con un minimo impatto econo-mico.” A dirlo è Maurizio Boschini, hr manager di Ima Industries. “Si tratta di azioni soft che richiedo-no un minimo investimento economico ma ottengono comunque un alto gradimento tra i dipendenti. In un

momento come quello attuale crediamo che siano le soluzioni migliori.”Anche Cariparma, ragionando in logica bottom-up, ne-gli ultimi anni ha dato vita a un progetto importante di gender management e conciliazione famiglia-lavoro, all’interno di un percorso strutturato di welfare aziendale. Cesare Cucci, head director hr di Cariparma ci fa sape-re che: “In azienda le iniziative di welfare hanno una lun-ga storia, sia nella sfera dell’assistenza sanitaria sia della previdenza. Tali azioni si inseriscono all’interno di FRED, un programma che fornisce alle realtà del gruppo Crédit Agricole un quadro comune di definizione delle politiche di CSR. Ultima iniziativa, in ordine di tempo, il Progetto Ar-temisia, attivato con la finalità di sostenere e sviluppare una cultura di gender management e di conciliazione familia-re con la realizzazione di Azione MAAM, un percorso di ac-coglienza, vicinanza e ascolto, per supportare le colleghe nel periodo della maternità e al loro rientro al lavoro”.

Welfare aziendale: i perché e i comeRiassumendo: perché e come fare welfare aziendale? L’avvocato Paola Salazar risponde accennando all’im-portanza di “un fine sociale e di obiettivi di conciliazione, all’interno dei quali rientrano anche tutte le politiche vol-te alla flessibilizzazione degli orari e dei luoghi di lavoro, il cosiddetto smart working o lavoro agile”, promuovendo responsabilità e fiducia. Il consulente fiscale Diego Paciello parla della leva fi-scale come di qualcosa di estremamente svilente per il welfare aziendale. “Se si tratta solamente di ridurre i costi, allora il welfare in azienda diventa un progetto privo di si-gnificato, un mero involucro.” Lo stesso riprende inoltre il principio di scelta accennato da Senatori, specificando che la libertà di decidere riguarda i dipendenti e il paniere di benefit, ma non può attenere alle fonti di finanziamen-to che sono rigidamente regolate dalla normativa.

Paola Salazaravvocato

Diego Pacielloconsulente fiscale

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Un momento del convegno