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2 LUGLIO/AGOSTO t r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t 1 LUGLIO/AGOSTO t r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t Vado in Messico di Max D’Addezio La seconda puntata del viaggio del Bar Manager dell’Hotel de Russie La Hacienda Tequila Patron. In basso; a sinistra, la stiva delle botti di tequila, a destra, la botte di rovere americano di Gran Patron Burdeos, una tequila anejo con un invecchiamento di almeno dodici mesi. Sopra il titolo, una veduta della zona industriale di Guadalajara, sotto, l’insegna di un tipico ristorante a Guadalajara. G uadalajara comincia a stupirmi sempre di più, e da quella che doveva essere una città industriale, dove c’è fondamentalmente solo business, comincia ad uscir fuori un aroma di Messico molto piacevole, a partire dal “molcajete” fumante che mi portano a tavola mentre sto bevendo il mio primo vero margarita cocktail messicano. Innanzitutto c’è da puntualizzare che il margarita era fatto con l’aggiunta di uno splash di succo di pompelmo ed era servito con delle scaglie di ghiaccio che lo rendevano Vado in Messico freschissimo ad ogni sorsata: divino! Poi devo spiegare cos’è il molajete: è un mortaio grande in pietra lavica, usato anticamente dagli aztechi per preparare salse o condimenti , o per preparare la famosa salsa guacamole (persone esperte mi hanno parlato della salsa guacamole fresca come di un potente viagra verde), ma che in questo caso viene usato come contenitore per una fumante e aromaticissima zuppa chiamata appunto “el molcajete”. Finito il nostro pranzetto un po’ azzoppato dal fuso orario e dai margarita, decido di tornare in hotel per preparami all’incontro con i proprietari di una famosa casa produttrice di tequila che sarebbe dovuto avvenire di lì a poco. E infatti la mesa (la tavola) era già imbandita quando arrivo all’incontro e tra una pala di cactus condita, uova di formica in padella, tequila di alto livello e 10 tra i migliori barman europei, la circostanza è caliente. Un po’ come i personaggi di un giallo di Agatha Christhie, ci ritroviamo in questa sala dove

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1LUGLIO/AGOSTOt r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t

Vado in Mess i co

di Max D’Addezio

La seconda puntata del viaggio del Bar Manager dell’Hotel de Russie

La Hacienda Tequila Patron. In basso; a sinistra, la stiva delle botti di tequila, a destra, la botte di rovere americano di Gran PatronBurdeos, una tequila anejo con un invecchiamento di almeno dodici mesi. Sopra il titolo, una veduta della zona industriale di Guadalajara, sotto, l’insegna di un tipico ristorante a Guadalajara.

G uadalajara comincia astupirmi sempre dipiù, e da quella che

doveva essere una cittàindustriale, dove c’èfondamentalmente solobusiness, comincia ad uscirfuori un aroma di Messicomolto piacevole, a partire dal“molcajete” fumante che miportano a tavola mentre stobevendo il mio primo veromargarita cocktail messicano.Innanzitutto c’è dapuntualizzare che il margaritaera fatto con l’aggiunta di unosplash di succo di pompelmoed era servito con delle scagliedi ghiaccio che lo rendevano

Vado in Messico

freschissimo ad ogni sorsata:divino!Poi devo spiegare cos’è ilmolajete: è un mortaio grandein pietra lavica, usatoanticamente dagli aztechi perpreparare salse o condimenti ,o per preparare la famosa salsaguacamole (persone esperte mihanno parlato della salsaguacamole fresca come di unpotente viagra verde), ma che

in questo caso viene usatocome contenitore per unafumante e aromaticissimazuppa chiamata appunto “elmolcajete”.Finito il nostro pranzetto unpo’ azzoppato dal fuso orario edai margarita, decido di tornarein hotel per preparamiall’incontro con i proprietari diuna famosa casa produttrice ditequila che sarebbe dovuto

avvenire di lì a poco.E infatti la mesa (la tavola) eragià imbandita quando arrivoall’incontro e tra una pala dicactus condita, uova di formicain padella, tequila di alto livelloe 10 tra i migliori barmaneuropei, la circostanza ècaliente.Un po’ come i personaggi di ungiallo di Agatha Christhie, ciritroviamo in questa sala dove

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La piantagione di agave azzurradell’Hacienda Tequila Patron. A sinistra, i jimadores addettialla raccolta dell’agave azzurra. Accanto, utensili utilizzati dai jimadores per il taglio delle piante di agave. In basso a sinistra, il tipicojima, accetta di forma rotondautilizzata per il taglio dell’agave.Sotto, il cuore delle piante di agave tagliato a spicchi.

I tessuti multicolori tipici del Messico. In alto, le case colorate del borgo di Tlaquepaque a Guadalajara.

in un enorme camino c’era unamandria di manzi pronti asaltare nel mio piatto, camerieriversavano il tequila che dopoaver vissuto tre anni in botti dirovere, usate per un precedenteinvecchiamento di boubonwhiskey americano, vieneridistillato ed imbottigliatocristallino. Nessuno di noi hamai incontrato gli altri, e tantomeno il vice presidente dellahacienda che ci ospita, “TequilaPatron”, sappiamo solo che neiprossimi giorni ci sfideremonella singolar tenzone dellapreparazione di cocktails a basedi tequila.La Hacienda Tequila Patron. Acirca due ore di macchina daGuadalajara , la mattinaseguente all’alba (per nonarrivare quando il sole èproibitivo nelle piantagioni)andiamo a visitare le collinedove si coltiva l’agave, questapianta che ha bisogno dialmeno otto anni dimaturazione e di zone vocate,per poter far sì che da esse siestragga una melassa ricca diproprietà organolettiche, chedaranno vita ad un distillato digrande pregio. Quando si parladi agave, molti non sanno chegrazie alle importazioni dalCentro America dei secoliscorsi, in Italia è molto diffusa,naturalmente non la varietàadatta a fare il tequila (agaveazul o agave tequilera), ma sitrova spessissimo nei giardinicome pianta ornamentale: èuna sorta di enorme ananasseminterrata dalla quale esconodelle foglie molto massicce aforma di spada e orlate daspine.

La tipologia dell’agave dallaquale si produce il distillato è“azul”, che significa azzurra: ilnome è dovuto al particolarecolore azzurro tenue che hannole foglie, infatti quandocominciamo ad arrivare suqueste colline il colpo d’occhioè formidabile, sembra che cisiano dei laghetti nel deserto,macchie azzurre, le coltivazioni

di agave azul per l’appunto.Sotto il sole andiamo a piedinel campo dove ci aspettano gli“jimadores”, le personeincaricate del raccolto, che condestrezza e facilità tagliano lefoglie e estraggono le piante,quasi per metà nel terreno:ovviamente ci provo anch’io adusare questa sorta di accetta amanico lungo chiamata “jima”,

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ma con risultati nettamentediversi.La stiva delle botti di tequila.La botte di rovere americano diGran Patron Burdeos, unatequila anejo con uninvecchiamento di almenododici mesi. Si riparte alla voltadella Hacienda vera e propria,una sorta di castello in mezzo aldeserto, dove all’interno sisvolge tutto il processoproduttivo di trasformazionedella pianta in bevanda deglidei e tutt’intorno circondato daaltre piantagioni di agave azul .

chioschetti che preparanoprofumatissime carni grigliateda consumare in stradaaspettando che l’imperatore sifaccia vivo? Un po’ tutti mihanno messo in guardia suquella che è la vendetta diMontezuma, ovvero deiproblemini di stomaco dopoaver consumato cibo in strada.Lo spirito del Re azteco è statobenevolo con me questa volta,forse grazie al fatto che non homai rifiutato uno dei suoi calicicon all’interno la suaaguardiente…Que viva Mexico!!!

Ovviamente lo sviluppoproduttivo lo tralascio, perarrivare ad una delle cene piùspettacolari della mia vita,servita in veranda al tramontomentre quattro mariachi (tipicimusicisti che si esibiscono conalmeno tre strumenti a cordaed uno a fiato)accompagnavano insieme afiumi di tequila un continuo dispecialità locali sulle note di“cielito lindo”.Il giorno a seguire. Guadalajarami dimostra che non misbagliavo, e mi fa scoprire che è

un’importante località per laproduzione di vetro, e vado avisitare una vetreria dove siproducono le bottiglie per iltequila, con una lavorazionequasi esclusivamente a mano:ovviamente anche qui hovoluto fare sfoggio delle miecapacità di esperto vetraio,orgoglioso italiano nel mondo,in fondo io arrivo dall’Italia, daMurano con furore, quindiimpugno il cannello persoffiare la bolla di vetro… bènon sono proprio di Murano,sono di Roma e qualcuno se nedeve essere accorto…Tlaquepaque poi, un bellissimoborgo ormai inglobato inGuadalajara, coloratissimo, èun susseguirsi di piccolebotteghe di artisti locali chelavorano tessuti, argento, vetroe ceramiche, dove i colori sonouna continua esplosione neimiei occhi.La piantagione di agave azzurradell’Hacienda Tequila Patron.Immancabili sono le botteghedove è possibile rinfrescarsi lagola con una sana ecorroborante birra gelata,magari accompagnata da unafetta di lime. A proposito dilime, quando bevete tequila,ma quella buona si intende,ovvero tequila fatta al 100%con agave azul (leggete leetichette quando ne voletecomprare una bottiglia),lasciate il sale e il limone aqualche turista un po’ gringo,perché sale e limone servonosolo a coprire i difetti didistillati che non valgononiente, tagliati con alcooli diorigine cerealicola.E vogliamo parlare poi dei

Un punto vendita della tequila.

Le bottiglie realizzate per accoglierel’ottimo Gran Patron Burdeos. A destra, soffiatura del vetro per la produzione di bottiglie.