VADEMECUM ISPRA 2011 dati ambientali

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La base dati a disposizione di ISPRA ha consentitola realizzazione di prodotti informativi assai diversi;ciò al fine di rendere accessibile l’informazioneambientale a un’ampia platea di fruitori: dal deci-sore pubblico, al ricercatore, dal detentore di inte-ressi economici, al privato cittadino.

L’edizione 2010 è restituita, infatti, attraversocinque prodotti:• Annuario dei dati ambientali – Versione inte-

grale; racchiude le schede indicatore popolatenel corso del 2010 organizzate per settoriproduttivi, condizioni ambientali e risposte. Èprodotta in formato elettronico (PDF);

• Tematiche in primo piano – Versione conte-nente una possibile organizzazione deglielementi informativi relativi alle questioniambientali prioritarie, oggetto di specifici inter-venti di prevenzione e risanamento;

•Vademecum – Versione di estrema sintesi (pocket)delle valutazioni contenute nel volume prece-dente;

• Database (http://annuario.isprambiente.it) –Strumento per la consultazione telematica delleschede indicatore e la realizzazione di report;

• Multimediale – Strumento in grado di comuni-care i dati e le informazioni dell’Annuario in modosemplice e immediato grazie all’ausilio di filmatie applicazioni web.

I prodotti sono disponibili su CD-ROM e presso isiti: www.isprambiente.it http://annuario.isprambiente.itLe fonti delle informazioni sono riportate nel databasee nella versione integrale dell’Annuario dei dati ambien-tali 2010.

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CONTESTO SOCIO ECONOMICO

Gli aspetti caratterizzanti il contesto territoriale esocio economico del Paese e, in particolare, le dina-miche demografiche e i comportamenti deisoggetti economici (famiglie e imprese) hannostrette connessioni con le pressioni antropiche cheminacciano l’ambiente nazionale (inquinamentodell’aria, dell’acqua, del suolo e della natura,produzione di rifiuti, consumo e degrado dellerisorse naturali).

Il territorio italiano è caratterizzato da zone colli-nari, montuose e da una lunga fascia costiera(8.353 km in totale), tale da assicurare un’ampiadiversificazione del paesaggio.L’Italia, per la sua localizzazione, è uno dei paesi amaggiore pericolosità sismica e vulcanica dell’areamediterranea. Le aree a maggiore rischio sismicosono localizzate nel settore friulano, lungo ladorsale appenninica centro-meridionale, in parti-colare nei bacini intrappenninici, lungo il marginecalabro tirrenico e nella Sicilia sud-orientale. È tra i Paesi europei più ricchi di biodiversità, in virtùessenzialmente di una favorevole posizione geogra-fica e di una grande varietà geomorfologica, micro-climatica e vegetazionale, condizionata anche dafattori storici e culturali. In particolare, possiede lametà delle specie vegetali e un terzo di quelleanimali attualmente presenti nel territorio europeo.In genere, il clima è temperato con delle variazioniregionali. In estate, le regioni settentrionali sonocalde e occasionalmente piovose, le regionicentrali risentono dell’umidità e quelle meridionalisubiscono il caldo torrido. In inverno, le città delNord sono caratterizzate dal freddo, dall’umidità edalla nebbia, mentre al Sud le temperature sonomolto più confortevoli (10-20°C).

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Gli ultimi 60 anni sono stati caratterizzati da unaforte diminuzione del tasso di natalità, da ungraduale invecchiamento della popolazioneitaliana e da un aumento dell’immigrazione.Nel periodo 1958-1963, l’Italia ha vissuto il cosid-detto “miracolo economico italiano” che, da un lato,ha prodotto un notevole sviluppo economico delPaese, dall’altro ha generato notevoli disparitàregionali, prevalentemente tra Centro-Nord e Sud.Anche in termini di occupazione, dal 1970 ad oggi,si sono verificati notevoli cambiamenti. La strutturaoccupazionale italiana è sostanzialmente cambiata,riducendo la propria vocazione agricola e indu-striale per il settore terziario.

La popolazione residente in Italia al 31/12/2009ammonta a 60.348.328 abitanti, con un incrementorispetto all’anno precedente, dovuto essenzial-mente alle migrazioni dall’estero, di 295.260 unità.La popolazione italiana si distribuisce lungo unasuperficie territoriale pari a 301.336 km2.Nel contesto europeo l’Italia è uno degli stati piùdensamente popolati. Tra le regioni italiane, la piùpopolosa con oltre 9,8 milioni di residenti è laLombardia, seguita dalla Campania (oltre 5,8) e dalLazio (oltre 5,6). Quelle più estese sono invecenell’ordine la Sicilia, il Piemonte, la Sardegna e laLombardia. Anche il livello e la composizione deiconsumi risentono dei mutamenti demografici: inmodo particolare è la variazione della dimensionefamiliare che influisce sull’allocazione del budgetdisponibile. Nel 2009 la spesa media mensile perfamiglia, in valori correnti, è uguale a 2.442 euro(2.485 euro nel 2008). La regione con il valore piùalto di spesa media mensile per famiglia è il Veneto,con 2.918 euro, mentre quella con il valore piùbasso è la Sicilia, con 1.721 euro.

ANNUARIO DEI DATI AMBIENTALI VADEMECUM

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Tra il 1970 e il 2009, i principali aggregati del contoeconomico delle risorse e degli impieghi nazionalihanno registrato una notevole crescita, raddop-piando nel caso del PIL e dei consumi, quasiraddoppiando per gli investimenti e addirittura piùche triplicando nel caso delle importazioni e delleesportazioni. Negli ultimi anni va segnalata, però,una flessione in tutti i principali aggregati del contoeconomico. In dettaglio, nel 2009, il PIL nazionaleai valori concatenati all’anno base 2000, è dimi-nuito del 5% rispetto al 2008, e non si è ridotto ildivario tra le regioni del Nord e quelle del Sud.Sempre a livello europeo, in termini di PIL pro capitea parità di potere d’acquisto, si segnala che il nostroPaese a differenza del 2000, quando si collocava aldi sopra della media dei paesi UE(15) e dellaFrancia, nel 2009 si trova al di sotto della mediaUE(15) e poco sopra quella UE(27), tutto ciò èdovuto al fatto che l’Italia ha registrato la crescitaeconomica più bassa d’Europa.In tutti i paesi dell’Unione Europea (UE25) oltre il 60%del PIL (in Italia il 72,5%) è generato dal settoreterziario (che comprende le attività bancarie, ilturismo, i trasporti e le assicurazioni). Industria e agri-coltura, per quanto ancora rilevanti, hanno personegli ultimi anni la loro importanza economica. InItalia, nel 2009, l’incidenza del settore primario sulvalore aggiunto nazionale è di solo 2,6 puntipercentuali, mentre il settore industriale (industriain senso stretto e costruzioni) incide per il 24,7%.Quanto alla struttura produttiva dell’Italia, nelleregioni italiane centrali si osserva una maggiorepropensione per le imprese di servizi, nelle regionimeridionali prevalgono le microimprese, in quelledel Nord-Est sono più diffuse le imprese di mediedimensioni e nel Nord-Ovest prevale la grandeindustria.

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Nel 2008, le imprese italiane dell’industria e deiservizi di mercato sono poco più di 4,5 milioni, eoccupano, complessivamente, circa 17,9 milioni diaddetti.Le imprese industriali (industria in senso stretto)sono, invece, circa 473 mila e occupano 4,69milioni di addetti, precisamente 666.631 lavoratoriindipendenti (titolari, soci, soci di cooperative,parenti, affini ecc.) e 4.030.338 lavoratori dipen-denti.In termini di localizzazione quasi il 30% delleimprese industriali ha la sede amministrativa nelNord-Ovest, con il 37% degli addetti (industria insenso stretto), il 24% ha sede nel Nord-Est, il 20%al Centro, il 18% al Sud e il 7,5% nelle Isole. Gli stabi-limenti a rischio di incidente rilevante per il 25,6%(281) sono insediati in Lombardia, a seguire inVeneto e in Emilia-Romagna, con oltre il 9% deglistabilimenti (100) ciascuna e in Piemonte, conl’8,7% (95).

Settore di attività e dimensioni prevalenti delleimprese nelle regioni rispetto alla media nazio-nale (2008)

ANNUARIO DEI DATI AMBIENTALI VADEMECUM

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Riguardo al settore energetico si osservano,accanto alla conferma di alcuni dati strutturali delsistema energetico nazionale, caratterizzato daprestazioni migliori della media europea in terminidi intensità energetica e di rapporto tra i consumifinali e quelli totali di energia, anche una serie dicambiamenti in atto negli approvvigionamenti,come la crescita del ruolo del gas naturale rispettoai prodotti petroliferi e un tendenziale aumento delcontributo delle fonti rinnovabili e della cogene-razione. Il contributo delle fonti rinnovabili, nel2008, è stato del 9,7% rispetto al consumo internolordo di energia, mentre il contributo della coge-nerazione nella produzione netta di energia elet-trica passa dal 27,9% nel 2000 al 45,3% nel 2009.La domanda di energia primaria, nel 2009, si attestaa 180 Mtep.

Tra i settori principali, la contrazione dell’ultimoanno è particolarmente rilevante per il settoreindustria (-19,6%) e per il settore dei trasporti (-4,5%). In controtendenza rispetto agli altri settori,nel 2009 si osserva, invece, una ripresa dei

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Industrie manifatturiere TrasportiResidenziale e servizi

Usi non energetici Bunkeraggi Industrie energetiche

* dato provvisorio

Consumi finali nazionali di energia per settoreeconomico

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consumi nel settore residenziale e terziario(+4,4%). Quest’ultimo, nonostante sia caratterizzatoda notevoli oscillazioni a causa della variabilitàclimatica, presenta un andamento di lungoperiodo in crescita.L’attività agricola agisce come determinante dipressioni, ma subisce anche gli effetti dei cambia-menti intervenuti negli ecosistemi. In dettaglio, daun lato le superfici agricole subiscono l’impattodiretto causato da altri settori produttivi o indirettocausato dall’alterazione della fisica e della chimicadell’atmosfera o dal verificarsi di eventi meteoriciestremi, dall’altro l’agricoltura garantisce unabuona capacità di produzione di beni alimentari,legname e fibre.Nel 2007, la Superficie Agricola Utilizzata a livellonazionale è pari a 12,7 milioni di ettari. Le aziendeagricole sono complessivamente circa 1,7 milioni. A livello regionale, la superficie agricola totale e lasuperficie agricola utilizzata si distribuiscono inmodo abbastanza eterogeneo. Sicilia, Puglia,Sardegna, Emilia-Romagna e Piemonte sono leregioni con maggiore SAU sia in termini assoluti siapercentuali.Nel complesso delle modalità di trasporto inItalia, la mobilità di merci e passeggeri negli ultimidue anni ha subito un cambio di rotta. In partico-lare, il traffico complessivo interno del trasportomerci, nel 2009, stimabile in poco più di 197miliardi di tonnellate-km, mostra un’inversione ditendenza diminuendo del 17,7% rispetto al 2005.L’analisi dei dati del traffico merci per modalità ditrasporto, invece, continua a confermare l’assolutaprevalenza del trasporto su strada che, nel 2009,assorbe il 62,2% delle tonnellate-km di mercecomplessivamente trasportata. Nello stesso annole percentuali assorbite dalle rimanenti modalità ditrasporto sono: 22,2% per le vie d’acqua; 15,1% per

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le ferrovie e oleodotti; 0,4% per la modalità aerea,che copre una quota esigua del trasporto internodi merci, in virtù del fatto che è dedicata soprat-tutto al trasporto internazionale.

Il trasporto aereo commerciale, nonostante siacresciuto del 2,4% tra il 2005 e il 2009, nell’ultimobiennio è diminuito del 10%. Il traffico veicolare, tra il 1990 e il 2009, registra unincremento del 60% dei km percorsi dai veicolisulle autostrade italiane. Tra il 2005 e il 2008, sullarete ferroviaria il trasporto dei passeggeri èaumentato dello 0,4%, mentre il trasporto dellemerci è diminuito del 4%.

Esiste una relazione speciale tra turismo e ambientepoiché le attività turistiche trovano nelle risorseambientali, con l’accezione più ampia del termine,il patrimonio indispensabile per il proprio sviluppo;viceversa, l’ambiente trae beneficio dalle risorsemesse in campo dalle attività turistiche, quandoqueste sono compatibili con l’ambiente stesso.Nel 2009, in Italia, gli arrivi rimangono stabilirispetto al 2008, mentre le presenze diminuiscono

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Ferroviario e oleodotto

Su strada

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Via aerea

Distribuzione percentuale del traf fico internomerci per modalità di traspor to (2009)

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dello 0,8%. Il clima è uno dei principali driver dellastagionalità turistica. Nel 2009, infatti, il 49,9% dellepresenze si registra nel terzo trimestre. Il mezzo di trasporto maggiormente impiegatodagli italiani per compiere un viaggio è l’automo-bile (65,6%). Riguardo i mezzi di trasporto utilizzati dai visitatoristranieri entrati in Italia, si segnala una diminuzionedel 19,5% dei flussi turistici ai transiti di frontiera,a cui contribuisce marcatamente il trasporto ferro-viario (con -56,7% tra il 2008 e il 2009), seguito daquello marittimo (-37,1%) e aereo (-29%). I flussi turistici modificano radicalmente la densitàabitativa, come nel caso di Rimini o Firenze, checon l’apporto dei turisti raggiungono valoriragguardevoli.

Variazione della densità di popolazione delleprovince italiane con l’appor to dei flussi turi-stici (2009)

Densità abitativa ab/km2

[0,100][100,200][200,300][300,400][400,1.000][1.000,1.500][1.500,3.000][3.000,1e+05]

[0,100][100,200][200,300][300,400][400,1.000][1.000,1.500][1.500,3.000][3.000,1e+05]

Densità totale ab/km2

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GLI ASPETTI AMBIENTALI DELLA VITAQUOTIDIANA DELLE FAMIGLIE

L’informazione e la comunicazione ambientale,oggi, rappresentano per decisori politici, operatorie cittadini fondamentali strumenti di conoscenzae di partecipazione. Numerosi soggetti, istituzionalie non, svolgono una sempre crescente attività dipromozione della cultura ambientale, al fine direndere accessibili le conoscenze scientifiche etecniche ai cittadini, favorendo l’aumento della loroconsapevolezza e l’orientamento alla sostenibilitàdi stili di vita e di comportamenti individuali ecollettivi. Ciononostante, il 54% degli italiani con età supe-riore ai 15 anni e il 42% degli europei non si ritienesufficientemente informato sulle problematicheambientali.

In una società moderna, in continua evoluzione,conoscere le principali caratteristiche ambientalidella vita quotidiana della popolazione europea eitaliana, diventa indispensabile al fine di monito-rare le aspettative, le abitudini, il grado di cono-scenza e le priorità “ambientali”diffuse tra le fami-glie.

Soltanto per il 12,8% degli italiani, ad esempio, “iproblemi ambientali” sono considerati problemiprioritari del Paese. Quote più alte si riscontrano trai giovanissimi (14-17 anni), la popolazione del Sude gli studenti.

ASPETTI AMBIENTALI VITA QUOTIDIANA

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Il traffico (45,2%), l’inquinamento dell’aria (39,3%)e il rumore (35,5%) rappresentano, invece, leproblematiche ambientali maggiormente sentitedalle famiglie a livello di zona in cui si vive.Proseguendo con l’analisi, di maggior dettaglio,delle priorità più sentite dalle famiglie, passandocioè a quelle specifiche dell’abitazione in cui si vive,si riscontrano ancora delle problematiche stretta-mente correlate all’ambiente o alla sua gestione.In particolare, l’11,5% delle famiglie accusa irrego-larità nell’erogazione dell’acqua (nelle Isole il24,4%) e ben il 32,2% non si fida di bere acqua dirubinetto. Questa sfiducia nella qualità dell’acquapotabile è particolarmente diffusa al Sud (37,4%),soprattutto nelle Isole (58,4%)

Sebbene spesso ci si dichiari a favore dell’ambientee della sua tutela, è fondamentale conoscere real-mente le azioni concrete che la popolazione attuain questa direzione. A tal fine, si segnala che lamaggior parte degli europei dichiara di attuareprincipalmente azioni cosiddette “passive”, ovvero

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per 100 persone di 14 anni e più

Disoccupazione

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Evasione fiscale

Problemi ambientali

Debito pubblico

Inefficenza del sistema sanitario

Inefficenza del sistema scolastico

Inefficenza del sistema giudiziario

Immigrazione extra-comunitaria

Povertà

Persone di 14 anni e più per pr oblemi consi-derati prioritari nel Paese (2009)

ANNUARIO DEI DATI AMBIENTALI VADEMECUM

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direttamente collegate al normale svolgimentodella vita quotidiana, quali ad esempio la raccoltadifferenziata dei rifiuti (59% EU27, 47% Italia), la ridu-zione dei propri consumi energetici (47% EU27,37% Italia) e dei consumi d’acqua (37% EU27, 27%Italia). D’altra parte, le cosiddette azioni “attive”,ovvero quelle azioni che richiedono scelte/iniziativelegate realmente a motivazioni ambientali, risultanoessere praticate soltanto da quote basse di cittadinieuropei. Tali azioni sono: l’utilizzo non intensodell’automobile, un consumo più sensibile all’am-biente sia in termini di acquisti di prodotti eco-compatibili sia di acquisti di prodotti locali.

Accanto alle problematiche prettamente ambien-tali, anche quelle che riferite ai trasporti o alla mobi-lità in generale, quali il traffico, le cattive condizionistradali, la scarsa illuminazione stradale, la difficoltàdi parcheggio e la difficoltà di collegamento coni mezzi pubblici sono considerate tra le principaliproblematiche nelle zone di residenza delle fami-glie. Inoltre, nonostante sia noto quanto la

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Raccolta Riduzione Riduzione Riduzione Scelta di Acquisti Acquisti Utilizzo Nessuna differenziata consumi consumi consumi una modalità di prodotti di prodotti non di queste energetci d'acqua prodotti di trasporto locali eco- intenso "usa e eco- compatibili dell’auto- getta" compatibile con etichette mobile ambientali

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EU27 Italia

Percentuale di risposte alla domanda “Nelloscorso mese hai mai fatto una delle seguentiazioni per motivazioni ambientali?” (Possibilerisposte multiple)

ASPETTI AMBIENTALI VITA QUOTIDIANA

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massiccia mobilità degli individui e la presenzad’infrastrutture di trasporto e di veicoli generinoproblemi di congestione territoriale e occupazionedel suolo e, soprattutto nei centri urbani, problemidi inquinamento atmosferico e acustico, nel 2009l’80,6% delle famiglie afferma di possedere almenoun’automobile. Il 33,3% dichiara più di una vettura.

L’aumento del benessere della società italianadetermina un aumento proporzionale nella quan-tità dei consumi e, quindi, dei relativi rifiuti.La raccolta differenziata è una delle pratiche“ecologiche” maggiormente promosse dagliaddetti ai lavori in materia di rifiuti, insieme con lariduzione dei rifiuti stessi, le operazioni di riutilizzo,il riciclaggio e recupero di energia di tanti processi.Se innescate correttamente tali azioni possonodeterminare condizioni favorevoli allo svilupposostenibile e alla tutela dell’ambiente naturale perqualunque territorio. Rispetto al 2008, nel 2009 siha un aumento di famiglie che dichiarano di racco-gliere abitualmente le varie tipologie di rifiuti inmodo differenziato, utilizzando gli appositi conte-nitori. Ciò conferma la tendenza già in atto dal2001. Rimane stabile, invece, la quota di chiesprime un giudizio positivo sull’accessibilità deicontenitori per la raccolta differenziata. Tra i diversitipi di rifiuti considerati si osserva, nel 2009, unapratica più assidua di raccolta differenziata per ilvetro (71,6%), la carta (70,6%) e la plastica (64,7%).A seguire, la raccolta di rifiuti organici (61,9%), dilattine di alluminio (57,3%), di farmaci (53,1%) e dibatterie usate (49,5%).L’abitudine a effettuare la raccolta differenziata deirifiuti mostra delle differenze territoriali evidenti especifiche per le diverse tipologie di rifiuto. Infatti,l’abitudine a differenziare la carta e il vetroraggiunge valori di diffusione superiori all’88% al

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Nord, intorno al 59% al Centro e al Sud e solo del40% nelle Isole. È, invece, la raccolta differenziatadelle batterie usate a essere la meno praticata dallefamiglie di tutte le macro ripartizioni geografiche,essendo attuata assiduamente dal 73,3% dellefamiglie del Nord-Est e soltanto dal 24,7% dellefamiglie delle Isole.

Per quanto riguarda l’accessibilità dei contenitoriper la raccolta differenziata, emerge che sono piùfacilmente raggiungibili quelli destinati al vetro(64,1%), alla carta (62,1%), ai rifiuti organici e allaplastica (rispettivamente il 54,8 e il 53%). Anche inquesto caso sono evidenti differenze territoriali. Adesempio, le percentuali di famiglie che dichiaranofacilmente raggiungibili i contenitori di carta e/ovetro oscillano da valori del 74,8% (carta per il NordEst) e 77,3% (vetro per il Nord-Ovest) a valori di soloil 34,4% (vetri) e 33,9% (carta) per le Isole.Nel 2007, i consumi finali delle famiglie produconoil 36,7% delle emissioni generatrici di ozono tropo-sferico. In tal caso il contributo delle famiglie è daattribuire prevalentemente all’uso di combustibiliper il trasporto privato (68%), mentre la parte

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Carta Vetro Farmaci Batterie usate Lattine d’alluminio Contenitori di plastica Rifiuti organici

Famiglie che dichiarano di ef fettuare semprela raccolta dif ferenziata dei rifiuti per ripar ti-zione geografica (2009)

ASPETTI AMBIENTALI VITA QUOTIDIANA

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residua è dovuta al riscaldamento domestico(16%) e all’uso di vernici e solventi (17%).In merito alle percezioni e alle opinioni dei citta-dini italiani ed europei su alcune delle principali epiù attuali tematiche ambientali, quali i consumie la produzione sostenibili, i cambiamenti clima-tici, e la biodiversità, si segnala che:• il 41% dei cittadini europei e il 39% degli italiani,

quando acquista o usa prodotti si dichiara gene-ralmente consapevole dei principali impatti chequesti hanno sull’ambiente, tuttavia il 9% deglieuropei e ben il 16% degli italiani dichiarano dinon conoscere affatto questi impatti;

• il 38% dei cittadini europei e il 39% di cittadiniitaliani pensano che l’informazione più importanteche un etichetta ambientale dovrebbe fornire siase un prodotto può essere riciclato o riusato;

• il 61% dei cittadini europei intervistati (66% diquelli italiani) ha dichiarato di non aver maisentito parlare dell’etichetta europea Ecolabel odi non aver visto il suo logo;

• più della metà degli europei si ritiene bene oabbastanza informato sui diversi aspetti deicambiamenti climatici. Gli italiani, invece, sisentono meno informati rispetto alla mediaeuropea. Infatti, il 41% si ritiene ben informatosulle cause dei cambiamenti climatici, il 42% sulleconseguenze e solo il 38% sa come affrontare laproblematica;

• solo due terzi (38%) dei cittadini europei e il 22%di quelli italiani dichiarano di avere familiarità conil termine “biodiversità”. Cosi come anche il signi-ficato di “perdita di biodiversità” risulta scono-sciuto a una quota consistente di europei (19%)e molto maggiore di italiani (30%);

• i cittadini che, nella maggior parte, hanno dichia-rato di conoscere il concetto di perdita di biodi-versità, lo hanno associato alla perdita delle

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specie: per il 43% degli europei e il 41,6% degliitaliani, la perdita di biodiversità significa che certianimali e piante stanno scomparendo o scom-pariranno;

• più del 60% degli europei e più dell’80% degliitaliani si sentono non ben informati sulla perditadi biodiversità;

• il 45,1% degli italiani ritengono che siano i disa-stri dovuti alle attività antropiche a rappresentarela principale minaccia per la biodiversità.

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EU27 Italia

Legenda: A = Certi animali e piante stanno scomparendo o scomparirannoB = Certi animali e piante sono o saranno minacciatiC = Diminuzione di habitat naturali (poche varietà in generale)D = Le foreste scompariranno o diminuirannoE = Perdita di patrimonio naturale come i parchi, le specie endemiche e

la natura in generaleF = Cambiamenti climaticiG = Problemi con la qualità dell'aria e dell’acqua e le emissioni di CO2

H = Problemi per l'economia / perdita di ricchezzaI = Perdita di potenziale necessario per produrre medicine, cibo e combu-

stibileL = Non mi interessa questo problemaM = Problemi nel mio giardinoN = Meno opportunità per il turismoO = AltroP = Non risponde

Percentuale di risposte alla domanda “Puòdirmi quale tra le seguenti frasi significa perlei “perdita di biodiversità?”

ASPETTI AMBIENTALI VITA QUOTIDIANA

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Concludendo, il messaggio più importante che sievince dalle percezioni e opinioni dei cittadinieuropei e italiani sulle principali problematicheambientali odierne è la necessità di investiresempre più su un‘informazione ambientalepuntuale, qualificata e rivolta a diversi target dellapopolazione.

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CAMBIAMENTI CLIMATICI ED ENERGIA

I cambiamenti climatici non sono più solo unaquestione di mera natura scientifica, ma rappresen-tano una priorità tra le emergenze globali ehanno una rilevanza crescente nelle agende poli-tiche delle istituzioni nazionali e internazionali.A tutt’oggi, le risposte da parte della comunitàinternazionale ai problemi posti dall’aumentocontinuo delle emissioni di gas serra e dai relativieffetti sul sistema climatico restano incerte e pocoefficaci. In particolare, nei primi mesi del 2010, ildibattito internazionale sui cambiamenti climaticisi è concentrato sulla valutazione degli esiti della15ma Conferenza delle Parti (COP-15), svoltasi aCopenhagen dal 7 al 18 dicembre 2009. La confe-renza aveva l’obiettivo di definire gli elementi di unnuovo accordo, destinato a entrare in vigoredopo il Protocollo di Kyoto (2008-2010);purtroppo, a fronte delle elevate aspettative rivolteverso la Conferenza, il suo esito è stato un Accordoprivo di impegni legalmente vincolanti. Il riscaldamento del sistema climatico globale èoggi indiscutibile, come emerge dalle osservazionidell’incremento della temperatura media globaleatmosferica e oceanica, dallo scioglimento deighiacci polari, dalla riduzione dei ghiacciai dellemedie latitudini e dall’innalzamento del livellomedio degli oceani. A livello globale, le analisi confermano che l’au-mento complessivo della temperatura mediaglobale (sistema terra-oceano) al 2008 è stato di 0,7°C rispetto al livello pre-industriale; in particolare,il tasso di riscaldamento pari a 0,1 °C per decennionegli ultimi 100 anni è aumentato a 0,16 °C perdecennio negli ultimi 50 anni.Per quanto riguarda l’Italia, l’aumento della tempe-ratura media registrato nelle ultime decadi è

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superiore a quello medio globale sulla terraferma.In particolare, nel 2008 e 2009 le anomalie rispettoal trentennio 1961-1990 sono state rispettivamente+1,09 e +1,19 °C, contro una media globale di 0,78e 0,76 °C. Il 2009 è stato il diciottesimo anno conse-cutivo con anomalia termica positiva, e il suo valoreè il quinto a partire dal 1961.

Osservazioni effettuate, all’interno del quartorapporto dell’IPCC, sulla terraferma e sugli oceanimostrano che molti sistemi naturali stanno risen-tendo dei cambiamenti climatici a scala regionale,in particolare dell’aumento della temperatura. Le variazioni climatiche non hanno ripercussionisolo sui sistemi fisici ma anche su quelli biologicie, conseguentemente, sui servizi che questioffrono all’umanità: l’alterazione degli ecosistemie dei servizi ecosistemici è ormai riconosciuta,infatti, come uno degli effetti inevitabili deicambiamenti climatici. Sebbene molti scienziatisottolineino la capacità degli ecosistemi di adattarsientro un certo limite alle temperature crescenti, la

Serie temporali delle anomalie di temperaturamedia globale e in Italia, rispetto ai valoriclimatologi normali 1961-1990

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combinazione delle pressioni antropiche e deicambiamenti climatici aumenterà il rischio diperdita di numerosi sistemi.In Europa molti sistemi naturali, così come nume-rosi settori socio-economici, hanno già subìto leconseguenze dei cambiamenti climatici, in terminidi perdita della biodiversità, ridotta quantità equalità delle risorse idriche, rischi per la saluteumana, danni ad agricoltura e foreste, al turismo,al settore dell’energia e dei trasporti. Le zonemontane, l’area mediterranea, le aree costiere e l’Ar-tico sono tra le aree più vulnerabili in Europa e losaranno sempre più se, oltre a una riduzione signi-ficativa delle emissioni globali di gas serra, nonsaranno adottate misure di adattamento neces-sarie a moderare gli impatti dei cambiamenticlimatici già in atto.Alcuni degli effetti dei cambiamenti climatici,osservati a livello globale ed europeo, sono giàapprezzabili anche in Italia: erosione delle coste,desertificazione, riduzione delle riserve nivo-glaciali, dissesto idrogeologico, perdita di biodiver-sità e rischi per la salute, sono solo alcuni esempi. Proprio nell’anno internazionale della biodiversità(2010), l’approvazione della Strategia nazionale perla biodiversità riconosce pienamente l’importanzadella problematica legata ai cambiamenti climatici,proponendola come una delle tre tematichecardine.

Per quanto riguarda il principale gas serra, laconcentrazione atmosferica media globale dianidride carbonica è cresciuta da 280 ppm nelperiodo 1000-1750 a 387,2 ppm nel dicembre2009, in corrispondenza di una crescita delleemissioni annue di anidride carbonica da circa zeroa 30,8 miliardi di tonnellate, tenendo conto esclu-sivamente delle emissioni provenienti dall’utilizzo

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dei combustibili fossili nei processi di combustionee nella produzione del cemento. La crisi economica globale che ha sconvolto, dal2008, i mercati economici ed energetici, ha avutonel 2009 effetti limitati sull’andamento delle emis-sioni di gas serra a livello globale. Se è vero, infatti,che le emissioni di CO2 dall’uso dei combustibilifossili sono diminuite in un certo numero di Paesiindustrializzati, d’altra parte esse hanno continuatoa crescere nei Paesi emergenti. A fronte quindi di uncalo delle emissioni dell’1,3% rispetto al 2008 a livelloglobale, l’incremento medio annuo a partire dal2000 è rimasto intorno al 2,5% e l’incrementoprevisto per il 2010 dovrebbe superare il 3%.Anche il trend delle emissioni di gas serra in Italiaè in linea con quello dei principali Paesi industria-lizzati: i dati dell’Inventario nazionale delle emis-sioni di gas serra mostrano, infatti, che le emissionisono passate da 517,05 a 541,49 milioni di tonnel-late di CO2eq nel periodo 1990-2008, con un incre-mento quindi del 4,7%, mentre secondo il Proto-collo di Kyoto l’Italia dovrebbe riportare le proprieemissioni nel periodo 2008-2012 a livelli del 6,5%inferiori rispetto alle emissioni del 1990, ossia a483,26 Mt CO2eq.

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Emissioni di gas serra Livello del Protocollo di Kyoto

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Emissioni totali di gas serra in Italia e r elativolivello previsto per il rispetto del Pr otocollo di Kyoto

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In Italia, secondo recenti valutazioni dell’AEA, ècompromesso il raggiungimento degli obiettivistabiliti dal Protocollo di Kyoto, nonostante imeccanismi flessibili previsti dal Protocollo e icrediti di emissione derivanti dalle attività LULUCF(Land Use, Land Use Change and Forestry). Per quanto riguarda invece l’obiettivo per l’UE27 diuna riduzione di almeno il 20% delle emissioni di gasserra al 2020 rispetto ai livelli del 1990, la quantità diemissioni stimate per il 2009 è inferiore al 17,3%rispetto al valore del 1990. Tale dato è molto vicinoall’obiettivo di riduzione del 20%, pertanto l’UE27 puòraggiungere l’obiettivo di riduzione con il soloricorso a misure nazionali a patto che gli Stati membriattuino le misure previste dal pacchetto “Energia –Cambiamenti Climatici” adottato nel 2009.

In merito alle misure di mitigazione è importantemenzionare che, nel 2009, sono stati pubblicatisulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europeetutti i documenti legislativi del pacchetto “Energia– Cambiamenti Climatici”, oggetto dello storicoaccordo cosiddetto “20-20-20” nel ConsiglioEuropeo del 18 dicembre 2008, e cioè:• il Regolamento (CE) n. 443/2009 che limita le emis-

sioni nel settore trasporti e “definisce i livelli diprestazione in materia di emissioni delle autovet-ture nuove nell’ambito dell’approccio comuni-tario integrato finalizzato a ridurre le emissioni diCO2 dei veicoli leggeri”. Il regolamento fissa il livellomedio delle emissioni di CO2 delle autovetturenuove a 130 g CO2/km, da conseguire mediantemiglioramenti tecnologici apportati ai motori eintroduce limiti più stringenti a partire dal 2020;

• la Direttiva 2009/33/CE sulla promozione di veicolipuliti e a basso consumo energetico neltrasporto su strada;

• la Direttiva 2009/28/CE sulla promozione delleenergie rinnovabili, che fissa per l’UE l’obiettivo

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vincolante di un contributo del 20% delle fontirinnovabili al consumo totale di energia entro il2020, con una ripartizione degli oneri tra gli Statimembri; all’Italia spetta un obiettivo del 17%;

• la Decisione 406/2009 sulla condivisione deglisforzi, che fissa per l’UE l’obiettivo vincolante di unariduzione delle emissioni di gas serra per i settorinon regolati dalla Direttiva 2003/87/CE, pari al 10%rispetto ai livelli del 2005 a livello comunitario, conuna ripartizione degli oneri tra gli Stati membri;all’Italia spetta un obiettivo del 13%;

• la Direttiva 2009/29/CE relativa alla revisione eall’estensione del sistema europeo di emissionstrading, che fissa per l’UE l’obiettivo vincolante diuna riduzione delle emissioni di gas serra del 21%rispetto ai livelli del 2005 per i settori regolati dallaDirettiva 2003/87/CE;

• la Direttiva 2009/31/CE sulla cattura e lo stoccaggiodel carbonio, che definisce un quadro legale per lostoccaggio geologico dell’anidride carbonica, taleda garantire che il contenimento di questasostanza sia permanente e che i possibili rischi perl’ambiente e per la salute siano ridotti al minimo.

In particolare, la Direttiva 2009/28/CE stabilisce lequote di energia da fonti rinnovabili sul consumofinale lordo al 2020 per ciascun Paese dell’UnioneEuropea; tali quote comprendono sia i consumi dienergia da fonte rinnovabile per la produzione dielettricità, sia quelli per usi termici e nei trasporti.Essa prevede, inoltre, la possibilità per gli Statimembri di concludere accordi per il trasferimentostatistico da uno Stato membro all’altro di unadeterminata quantità di energia da fonti rinnova-bili e di cooperare tra loro, o anche con Paesi terzi,per la produzione di energia da fonti rinnovabili.L’obiettivo di consumo di energia rinnovabileassegnato all’Italia è pari al 17% del consumo finale

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lordo, mentre nel 2007 la percentuale complessivadi energia rinnovabile rispetto al consumo finaleè pari al 6,9%.In Italia, la produzione di energia elettrica da fontirinnovabili si è attestata, nel 2009, intorno a 69,3TWh a fronte di una produzione elettrica totale paria 292,6 TWh. La produzione nazionale di energiaelettrica da fonti rinnovabili costituisce quindi il23,7% della produzione elettrica totale.La Direttiva 2001/77/CE poneva un obiettivo indi-cativo del 25% di produzione elettrica da fontirinnovabili rispetto al consumo interno lordo dielettricità comprensivo della produzione dipompaggio entro il 2010 (pari a circa 85 TWh peripotizzando un consumo interno lordo di 340TWh). Sebbene tale direttiva sia stata oggi supe-rata dalla Direttiva 2009/28/CE, tuttavia restaancora l’unico benchmark per valutare la produ-zione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Nei Paesi dell’Unione Europea, un ruolo centrale nellestrategie di mitigazione è stato assegnato all’attua-zione del sistema europeo di emissions trading, istituito

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Produzione lorda di energia elettrica da fontienergetiche rinnovabili

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in base alla Direttiva 2003/87/CE. Questo sistemacomporta la definizione di un limite massimo alleemissioni di gas serra dagli impianti industriali chericadono nel campo di applicazione della direttiva.Il primo periodo di implementazione del sistema diemissions trading (ETS) è partito il 1° gennaio 2005 esi è concluso il 31 dicembre 2007 con emissioni di gasserra superiori alle allocazioni (+5,7 Mt CO2). Perquanto riguarda invece il primo anno del secondoperiodo (2008-2012), le emissioni complessive di CO2

hanno superato di 9,5 Mt CO2 le quote assegnate,mentre nel 2009 diventa particolarmente evidente lacontrazione delle emissioni per effetto della crisieconomica.Detta contrazione rende particolarmentecomplessa la valutazione dell’efficacia ambientaledel sistema dell’emissions trading per il periodosuccessivo al 2012. Infatti, le emissioni allocate chenon sono state effettivamente emesse rappresen-tano permessi emissivi che gli operatori possonorivendere o utilizzare negli anni successivi, quandoi diversi settori industriali si riprenderanno dalla crisi.

224,1 226,0 223,2 227,4

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Termoelettrici e altre attività di combustione RaffinazioneAcciaio Cemento e calce Vetro Ceramica e laterizi Carta

Confronto tra emissioni allocate e verificateper i settori industriali

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BIODIVERSITÀ E ATTIVITÀ SUGLI ECOSISTEMI

La varietà di condizioni biogeografiche, geomor-fologiche e climatiche che caratterizza l’Europacontinentale e il bacino del Mediterraneo fadell’Italia una straordinaria area di concentrazionesia di specie, sia di habitat, sede di hot spot di biodi-versità importanti a livello planetario.

Oltre agli ambienti naturali, anche le aree agricolesvolgono un ruolo importante con circa il 21% dellaSuperficie Agricola Utilizzata (SAU) che presentacaratteri di alto valore naturalistico, in termini dibiodiversità e connessione tra gli spazi naturali.

Questa ricchezza di biodiversità è però seriamenteminacciata e rischia di essere irrimediabilmenteperduta. Ad esempio, la percentuale di specieminacciate di Vertebrati presenta sempre valoriall’incirca superiori al 50%. Particolarmente graveè la situazione dei Pesci d’acqua dolce, degli Anfibie dei Rettili. Minacciate, inoltre, il 15% delle piantesuperiori e il 40% delle piante inferiori.

Le maggiori minacce al patrimonio naturale sonolegate principalmente all’impatto delle attivitàumane e alla crescente richiesta di risorse naturalie di servizi ecosistemici. Ad esempio, la trasforma-zione e modificazione degli habitat naturali è causaindiretta di minaccia per circa il 50% delle specieanimali vertebrate, mentre importanti cause direttedi minaccia sono il bracconaggio e la pesca illegale.

L’introduzione di specie alloctone potenzialmenteinvasive costituisce un altro fattore di minaccia perla biodiversità. In Italia il numero di specie alloctoneanimali e vegetali documentate è attualmente di2.029.

BIODIVERSITÀ E ATTIVITÀ SUGLI ECOSISTEMI

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Anche i cambiamenti climatici, segnalati da nume-rosi studi e rapporti, sono una fonte d’impatto,influendo, ad esempio, sul range geografico dimolte specie e sulla stagione vegetativa.

Tra le cause di impatto sul patrimonio naturale, unruolo controverso svolgono le attività legateall’agricoltura. La specializzazione e l’intensifica-zione dell’agricoltura, nonché la globalizzazionedell’economia agricola, hanno prodotto una graveperdita della biodiversità, anche se, con le politichedi set-aside, è stata facilitata la ricreazione dihabitat quasi scomparsi come zone umide, areeprative alternate ad arbusti e prati allagati.

Per cercare di ovviare a queste problematichel’Italia aderisce a numerose convenzioni e accordiinternazionali volti alla tutela della biodiversità.In ambito internazionale l’Italia aderisce, tra le altre,alla Convenzione di Rio de Janeiro del 1992 sulladiversità biologica e a quella di Ramsar del 1971sulle zone umide di importanza internazionale;

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Specie ambiente marino

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Invertebrati terrestri

Vertebrati terrestri Piante Funghi

Ripartizione percentuale in gr uppi ambien-tali/tassonomici delle 2.029 specie alloctoneintrodotte in Italia dal 1500 (aggiornamentoal 2007, per le sole piante vascolari al 2009)

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nell’aprile del 2009 ha sottoscritto la “Carta di Sira-cusa sulla biodiversità” che prevede di intrapren-dere una serie di azioni in ordine ai rapporti tra labiodiversità e il clima, l’economia, i servizi ecosiste-mici, la scienza, la ricerca e la politica. Recentissima,infine, sempre a livello internazionale, è la DecimaConferenza delle Parti della CBD (COP10) svoltasitra il 18 e il 29 ottobre 2010 a Nagoya (Giappone),che ha prodotto un importante accordo sullatutela della biodiversità e degli ecosistemi, in un’ot-tica di condivisione più equa dei benefici tra Paesiavanzati e Paesi in via di sviluppo.In ambito europeo l’Italia aderisce a due direttivefondamentali per la conservazione della biodiver-sità: la Direttiva Uccelli (79/409/CEE) concernentela protezione degli uccelli selvatici e la DirettivaHabitat (92/43/CEE) sulla conservazione deglihabitat naturali e seminaturali e della flora e dellafauna selvatiche. Tra gli obiettivi specifici dellaDirettiva Habitat vi è la creazione di una rete ecolo-gica europea coerente, denominata Rete Natura2000. A livello nazionale, un riferimento base perla conservazione della biodiversità è la Leggequadro sulle aree protette n. 394 del 6 dicembre1991. Inoltre, nell’ottobre del 2010 è stata appro-vata la Strategia Nazionale per la Biodiversità, chesi pone come strumento di integrazione delleesigenze della biodiversità nelle politiche nazionalidi settore, riconoscendo la necessità di mante-nerne e rafforzarne la conservazione e l’uso soste-nibile per il suo valore intrinseco e in quantoelemento essenziale per il benessere umano. LaStrategia è stata articolata su tre tematiche cardine(Biodiversità e servizi ecosistemici; Biodiversità ecambiamenti climatici; Biodiversità e politicheeconomiche) e, in stretta relazione con le tre tema-tiche cardine, sono stati individuati tre obiettivistrategici, fra loro complementari, che prevedono,

BIODIVERSITÀ E ATTIVITÀ SUGLI ECOSISTEMI

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entro il 2020, di garantire la conservazione dellabiodiversità, assicurando la salvaguardia e il ripri-stino dei servizi ecosistemici, di ridurre sostanzial-mente nel territorio nazionale l’impatto deicambiamenti climatici sulla biodiversità, di inte-grare la conservazione della biodiversità nelle poli-tiche economiche e di settore.

Attualmente il 20,6% del territorio nazionale è inte-ressato dalla Rete Natura 2000 (ZPS e SIC), il 10,5%da aree protette terrestri. Sono inoltre presenti 27Aree Marine Protette e 53 siti Ramsar.

La Politica Comune della Pesca (PCP) è lo stru-mento attraverso il quale l’UE, e quindi gli Statimembri, gestiscono la pesca e l’acquacoltura intutte le sue componenti: biologiche, ambientali,economiche e sociali.Per quanto riguarda le relazioni tra agricoltura e

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ambiente, una particolare attenzione è riservataall’agricoltura biologica. In Italia le superfici inve-stite e in conversione ad agricoltura biologica, nel2009, interessano l’8% della SAU nazionale. Inoltre, dalla riforma di medio termine della PAC nel2003 e ancor più con l’Health Check del 2008, inItalia e nei Paesi UE la spesa per lo sviluppo ruralesi è spostata dalle misure di mercato verso formedi sostegno ai redditi degli agricoltori, non solo perle funzioni produttive, ma anche e soprattutto peril loro ruolo nella conservazione del paesaggio edell’ambiente.

BIODIVERSITÀ E ATTIVITÀ SUGLI ECOSISTEMI

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QUALITÀ DELL’ARIA

La qualità dell’aria è un’emergenza ambientale cheriguarda la salute di tutti i cittadini e impegna gliamministratori locali e centrali soprattutto nell’at-tuazione di efficaci misure di risanamento.

La riduzione nelle emissioni di materiale partico-lato primario, di ossidi di azoto e di altre sostanzeresponsabili dell’inquinamento, che costante-mente si registra in Italia e in Europa, non è seguitada un’analoga riduzione delle concentrazioni inaria degli inquinanti indicati, che continuanospesso ad assestarsi al di sopra dei limiti normativi.

Il D.Lgs. 155, entrato in vigore il 30 settembre 2010,ha l’obiettivo di istituire un quadro normativounitario in materia di valutazione e gestione dellaqualità dell’aria.

In Italia, nel 2009 il 45% delle stazioni di monito-raggio per il PM10 ha superato il valore limite gior-naliero; nell’estate del 2010, il 92% delle stazioni dimonitoraggio per l’ozono ha registrato supera-menti dell’obiettivo a lungo termine.Nell’area padana e nelle grandi città sono localiz-zate le maggiori criticità.

In Italia, il 35% di PM10 (limitatamente alla compo-nente primaria), il 69% di NOx, il 40% di PM2,5 e il40% di COVNM, emessi nel 2008, sono dovuti alsettore trasporti e in particolare a quello su strada. In questo settore, l’andamento delle emissioni digas nocivi nel periodo 1990-2008 è determinato dadue fattori che hanno contribuito in manieraopposta: l’aumento delle emissioni legato allacontinua crescita del parco veicolare e dellepercorrenze è stato ampliamente compensatodall’adozione nei nuovi veicoli di standard emissivisempre più stringenti.

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O3 estivo - Stazioni di monitoraggio per classidi giorni di superamento dell’obiettivo alungo termine per la pr otezione della saluteumana (120 µg/m3) (2010)

PM10 - Stazioni di monitoraggio per classi digiorni di superamento del valore limite giorna-liero (2009)

QUALITÀ DELL’ARIA

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In particolare, il rinnovo del parco automobilisticoè stato decisivo per i significativi tassi di riduzioneregistrati per gli NOx e COVNM nel periodo succes-sivo al 1995; mentre non lo è stato per il PM10, inquanto ha comportato un incremento dellevetture a gasolio, caratterizzate da maggiori emis-sioni di PM10 rispetto a quelle a benzina.

Il D.Lgs. 155/2010 conferma l’obbligo perregioni/province autonome di predisporre unpiano per la qualità dell’aria nel caso in cui i livellisuperino un corrispondente valore limite o valoreobiettivo.Ad oggi, il 70% delle regioni/province autonomeha ottemperato l’obbligo di trasmissione delleinformazioni relative alla qualità dell’aria per il 2008.Per quanto riguarda le azioni volte al migliora-mento della qualità dell’aria, dal 2003 al 2008 sonoaumentati i provvedimenti riguardanti le attivitàdomestiche e commerciali e l’agricoltura, anche segran parte di essi continua a interessare il settoretrasporti.

Nel 2007, le misure che favoriscono la diffusionedi mezzi di trasporto, pubblico e privato a bassoimpatto ambientale sono state adottate dalla granparte delle regioni/province autonome, seguitedagli interventi di limitazione alla circolazioneveicolare e dalle misure che promuovono unamobilità alternativa all’utilizzo del mezzo privatoindividuale.

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Altro Agricoltura e allevamenti Attività domestiche e commerciali

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Misure adottate, classificate per settor e d’in-tervento (2003-2008)

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QUALITÀ DELLE ACQUE

La Direttiva 2000/60/CE, recepita dal D.Lgs. 152/06,pone le basi per una maggiore cooperazione tragli Stati membri dell’Unione Europea per la tuteladegli ambienti acquatici e per il raggiungimentodello stato ecologico “buono” di tutti i corpi idricientro il 2015.

Considerando i dati del 2009, relativi allo StatoEcologico dei Corsi d’Acqua (SECA), si rileva unasituazione non particolarmente critica (549 puntimonitorati), con l’81% dei siti monitorati in classedi qualità 1, 2 e 3, cioè uno stato ecologico “ottimo”,“buono” e “sufficiente”. Il restante 19% in classi diqualità 4 (scarso) e 5 (pessimo).

La qualità dei laghi (SEL - Stato Ecologico deiLaghi), riferita a 12 regioni per un totale di 140stazioni, ricade per un 72% nelle classi da “suffi-ciente” a “ottimo”, tale incidenza registra unaumento di 7 punti rispetto al 2008.

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classe 1 - "Ottimo" classe 2 - "Buono" classe 3 - "Sufficiente"

classe 4 - "Scarso" classe 5 - "Pessimo"

Distribuzione percentuale delle classi diqualità dell’indice SECA (2009)

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La qualità delle acque sotterranee è rappresentatadallo Stato Chimico delle Acque Sotterranee (SCAS)attraverso 5 classi (1, 2, 3, 4 e 0), di cui le prime treesprimono una qualità da buona fino a sufficiente,mentre le rimanenti una qualità scarsa, distin-guendo se determinata da contaminanti di origineantropica (classe 4), o di origine naturale (classe 0).Nella figura sotto riportata si evince che le regionie le province autonome mostrano un numero dipunti di prelievo monitorati notevolmente diverso(da 29 a 588). Trento, Bolzano, Liguria, Lazio,Marche, presentano una percentuale di punti diprelievo, compresa tra il 93,1% e 75,6%, ricadentinelle classi da 1 a 3. In Abruzzo e Umbria si rilevanole percentuali più alte ricadenti in classe 4 (rispet-tivamente pari a 42,6% e 31,5%), mentre Emilia-Romagna e Puglia hanno, rispettivamente, il 56,7%e il 52% dei punti monitorati che ricadono nellaclasse 0, scadente per cause naturali.Lo stato di qualità scarso, previsto dal nuovosistema di classificazione (D.Lgs. 30/2009), adottatoda Piemonte, Veneto e Molise, presenta il valoremassimo in Piemonte (39,5%), seguito da Molise(16,8%) e Veneto (11,2%).

5,0%

32,1%

35,0%

21,4%

6,4%

classe 1 - "Ottimo" classe 2 - "Buono"classe 3 - "Sufficiente" classe 4 - "Scarso"

classe 5 - "Pessimo"

Distribuzione percentuale delle classi diqualità del SEL (2009)

QUALITÀ DELLE ACQUE

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A livello quantitativo, nel 2009, nei 115 comunicapoluoghi di provincia, il consumo pro capite diacqua per uso domestico è diminuito rispetto al2008 (-0,7%), raggiungendo il valore di 68,1 m3 perabitante.

76,877,7

75,674,2

72,6 71,8 71,569,6

68,6 68,1

62646668707274767880

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

m3/a

b

Consumo pro capite di acqua per uso dome-stico in 115 comuni capoluogo di pr ovincia(esclusa L’Aquila) (IST AT, 2009)

Stato qualitativo dei corpi idrici sotterranei alivello regionale (3.735 punti monitorati – 14regioni e 2 pr ovince autonome) (2009)

ANNUARIO DEI DATI AMBIENTALI VADEMECUM

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Il D.Lgs. 152/2006, nel dare attuazione alla direttiva,ha individuato i distretti idrografici in cui è ripar-tito l'intero territorio nazionale e disciplinato i Pianidi gestione, stabilendo che per ciascun distretto siaadottato un Piano di gestione.Alla base del Piano di gestione vi è il Piano di Tuteladelle Acque (PTA) approvato in quattordici regioni(Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia,Provincia autonoma di Trento, Emilia-Romagna,Veneto, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Puglia,Sicilia, Sardegna) e adottato in quattro (Abruzzo,Campania, Basilicata, Calabria).

La massiccia antropizzazione del territorio e ledimensioni del sistema produttivo determinanoforti pressioni sulle risorse idriche nazionali.In dettaglio, sia l’inquinamento diffuso dei fertiliz-zanti e fitosanitari, sia quello puntuale degliscarichi industriali, sia le insufficienze del sistemadepurativo civile influenzano l’aspetto qualitativodella risorsa idrica.

Per il sistema depurativo, la Direttiva 91/271/CEEfissa al 31/12/2005 il termine ultimo per la realiz-zazione e l’adeguamento delle reti fognarie (nel2007, il grado di conformità è pari al 99%) e degliimpianti di trattamento delle acque reflue urbane(nel 2007 il grado di conformità è pari al 79%).

Relativamente alle acque marino-costiere e di tran-sizione, la Direttiva 2000/60/CE richiede di valutarequalitativamente lo stato delle comunità biolo-giche mediante un indice. Nell’ultimo decenniosono stati sviluppati e testati metodi e proceduredi valutazione basati sugli Elementi di Qualità Biolo-gica (EQB). Grazie alle attività di monitoraggiocondotte lungo la costa italiana (Si.Di.Mar –MATTM) dal 2001 al 2009, per ciascun EQB (Fito-

QUALITÀ DELLE ACQUE

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plancton, Macroinvertebrati bentonici, Angio-sperme, Macroalghe) sono disponibili oltre aiparametri idrologici e chimico-fisici lungo lacolonna d’acqua, i dati della clorofilla, dellaconcentrazione di nutrienti e della biomassa fito-plantonica, anche altri parametri di supporto eindicatori di stato caratterizzanti i sedimenti(Carbonio Organico Totale, IPA, pesticidi, ecc.).

Il fitoplancton, comprendendo un numero elevatodi specie a differente valenza ecologica e moltosensibili all’inquinamento, è un importante indica-tore. Lo studio di questa componente consente divalutare l’influenza dei fattori eutrofizzanti e inqui-nanti sulle comunità biologiche. In questo contestola clorofilla “a” è un utile indicatore trofico.

Distribuzione delle concentrazioni di clorofilla“a” lungo le coste italiane (2008-2009)

ANNUARIO DEI DATI AMBIENTALI VADEMECUM

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Le macroalghe rispondono, in tempi brevi, aicambiamenti delle condizioni ambientali e,pertanto, sono adatte al monitoraggio dello statoecologico.Per questo EQB l’Italia ha adottato l’indice CARLIT(Cartografia Litorale).

Classificazione provvisoria dello stato ecolo-gico per l’EQB Macr oalghe (CARLIT)

QUALITÀ DELLE ACQUE

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L’EQB Angiosperme prende in considerazione laprateria di Posidonia oceanica (Delile), in relazionealla sua ampia distribuzione e alla sua sensibilità afonti di disturbo antropiche.L’Italia ha adottato l’indice PREI.

Classificazione provvisoria dello stato ecolo-gico per l’EQB Angiosper me (indice PREI)

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L’EQB Macroinvertebrati bentonici adottatodall’Italia è l’indice M-AMBI (Multivariate-AztiMarine Biotic Index).

Classificazione provvisoria dello stato ecologicoper l’EQB Macr oinvertebrati (indice M-AMBI)

QUALITÀ DELLE ACQUE

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ESPOSIZIONE AGLI AGENTI FISICI

Per “agenti fisici” si intendono quei fattori che deter-minano le immissioni di energia in ambiente,potenzialmente dannose per la salute umana e pergli ecosistemi. In questa categoria rientrano ilrumore, i campi elettromagnetici, le vibrazioni, l’in-quinamento luminoso, le radiazioni ultraviolette(UV) e le radiazioni ionizzanti.

L’inquinamento acustico è considerato uno deimaggiori problemi ambientali, con elevato ediffuso impatto sulla popolazione e sull’ambiente.Gli effetti dell’inquinamento acustico, in termini didisturbo e deterioramento della qualità della vita,sono ampiamente documentati e tali da indurrela Commissione Europea a perseguire, qualeobiettivo prioritario, la riduzione del numero dipersone esposte al rumore.

Dai dati elaborati risalenti a dicembre 2010, circa60 milioni di persone nella Comunità Europea,risultano esposte a valori di Lden maggiori di 55dB(A), considerando quali sorgenti di rumore leinfrastrutture stradali situate all’interno degliagglomerati.

Analizzando il numero totale di persone, nellaComunità Europea, residenti fuori dagli agglome-rati urbani, in edifici esposti a valori di Lden

maggiore di 55 dB, e considerando quale sorgentedi rumore il traffico prodotto dalle infrastrutturestradali principali, si nota che l’Italia, insieme aSpagna e Germania, dopo la Gran Bretagna,presentano alti valori di popolazione esposta(valori compresi tra 778.600 e 4.439.400), rispettoa quella degli altri Paesi membri.Lo stato di attuazione, in Italia, degli adempimenti

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previsti dal D.Lgs. 194/2005, in attuazione dellaDirettiva END 2002/49/EC è caratterizzato danumerose inadempienze rispetto alle scadenzetemporali prescritte.In particolare, su dieci agglomerati notificati,cinque hanno presentato la mappa acustica stra-tegica e due agglomerati hanno redatto il Piano diazione.Per quanto riguarda gli aeroporti, su nove aeroportiprincipali notificati, tutti hanno presentato lamappatura strategica e sei il Piano di azione.Maggiore adesione si registra nei riguardi delleinfrastrutture veicolari di trasporto: delle trediciinfrastrutture stradali con più di 6 milioni diveicoli/anno notificate, dodici hanno presentato lamappatura acustica, mentre delle otto infrastrut-ture ferroviarie con più di 60 mila convogli/annonotificate, solo due hanno presentato la mappa-tura acustica.

ESPOSIZIONE AGLI AGENTI FISICI

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Numero totale di persone, nella ComunitàEuropea, che vivono fuori dagli agglomeratiurbani, in edifici esposti a valori di L den >55 dB,considerando quale sor gente di r umore lestrade principali (2010)

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Le sorgenti controllate dal Sistema agenziale, nel2009 prevalentemente a seguito di esposti presen-tati dai cittadini (82%), evidenziano che le tipologiedi sorgenti ritenute fortemente disturbanti sono leattività commerciali e di servizio (48,4%), le attivitàproduttive (31,5%) e le infrastrutture stradali(14,3%).Rispetto al 2008, le sorgenti controllate sono dimi-nuite di circa il 26,1%, con un’ulteriore variazionesulla distribuzione percentuale per tipologia di atti-vità e infrastrutture. In particolare, aumenta lapercentuale dei controlli per quanto riguarda leattività di servizio e/o commerciali (43,2% nel 2008)e per le attività produttive (28% nel 2008), mentrediminuisce la percentuale delle infrastrutture stra-dali rispetto a quella riscontrata nell’anno prece-dente (22,9%).Le principali sorgenti di rumore, identificabili neltraffico stradale, ferroviario e aereo, registrano, condistinzioni relative alle singole sorgenti, lievi decre-menti dei volumi. Le carenze normative e l’assenza di dialogo tra gliattori coinvolti costituiscono ostacoli per un’orga-nica definizione delle azioni.L’analisi dei dati riguardanti gli adempimentiprescritti dalla normativa nei differenti settorimostra, al 31 dicembre 2009, una situazionestazionaria rispetto agli anni precedenti perquanto riguarda gli adempimenti regionali ecomunali, e un completamento di alcuni obblighinell’ambito delle infrastrutture di trasporto.In particolare, la percentuale dei comuni italianiche hanno approvato la classificazione acustica èpari al 43% (+2% rispetto al 30 settembre 2009).Si registra una non sufficiente applicazione dellaclassificazione acustica e una diffusione disomo-genea nell’ambito del territorio nazionale, con lapresenza di politiche che si sono rivelate efficaci in

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alcune regioni e caratteristiche di inerzia presentiin altre aree.In particolare, alte percentuali si presentano nellamaggioranza delle regioni del Centro e del Nord(Marche 99,6%, Toscana 94%, Liguria 85%,Piemonte 73%), mentre valori bassi nelle regionidel Sud e peninsulari (Sicilia 1%, Sardegna 3% eAbruzzo 1%).

Un’esposizione prolungata a campi elettromagne-tici è considerata un potenziale pericolo per lasalute umana. Le sorgenti di campo elettromagnetico si dividonoin due categorie principali: sorgenti di campi a

Percentuale di comuni che hanno appr ovatola classificazione acustica sul numer o totaledi comuni di ogni regione/provincia autonoma(31/12/2009)

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bassa frequenza (0-300 Hz), o campi ELF, (linee elet-triche, cabine di trasformazione, elettrodomestici,ecc.); sorgenti di campi ad alta frequenza (100 kHz- 300 GHz), o campi RF, (radio, tv, telefoni cellulari,radar).Tra il 2008 e il 2009 si è registrato un aumento degliimpianti SRB del 10%, mentre la densità degliimpianti RTV è rimasta pressoché invariata. Nono-stante le SRB presentino una densità di impianticirca 2,5 volte rispetto a quella degli RTV e unadensità dei siti 5 volte superiore, la pressioneambientale più consistente è esercitata dagliimpianti RTV, che hanno una potenza complessiva(12.309 kW) 3,4 volte maggiore a quella degli SRB(3.611 kW). In questo contesto, un’altra importante pressioneè esercitata dalla lunghezza delle linee elettrichead alta e altissima tensione, che, tra il 2008 e il 2009,non ha subito variazioni significative nel chilome-traggio, fatta eccezione per le linee elettriche a 220kV, che evidenziano un aumento del 15%.L’azione di controllo, nel settore delle radiofre-quenze (RTV e SRB), rappresenta un’attività fonda-mentale per gli enti competenti (ARPA/APPA), siaper rilevare eventuali superamenti dei livelli limiteimposti dalla normativa vigente sia per portareavanti numerose attività di monitoraggio. Dall’elaborazione dei dati ricavati dall’Osserva-torio CEM si osserva, tra il 2008 e il 2009, una ridu-zione del numero dei pareri preventivi per gliimpianti SRB pari al 36% e un aumento invece pergli impianti RTV pari al 24%. Riguardo ai controlli,si registra una notevole diminuzione per le SRB parial 52%, mentre per gli impianti RTV si rileva unleggero aumento pari al 16%.

Per quanto riguarda le azioni di risanamento rela-tive ai superamenti riscontrati dalle attività di

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controllo si evidenzia, per le regioni che hanno ildato completo relativo al 2008 e al 2009 (Valled’Aosta, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Umbria,Marche e Molise), che il numero dei superamentidei limiti di legge relativi agli impianti SRB è rimastoquasi invariato (da 32 a 33 casi), mentre per gliimpianti RTV il numero dei superamenti dei limitidi legge è aumentato da 224 a 242.È interessante notare le differenze tra le due tipo-logie di sorgenti RTV e SRB con riferimento ai risa-namenti conclusi e a quelli in corso: per gliimpianti RTV l’azione di risanamento è tecnica-mente più complessa, infatti, le azioni di risana-mento programmate e in corso relative agliimpianti RTV (rispettivamente 13% e 21%) risultanoessere superiori rispetto a quelle degli impianti SRB(entrambe pari al 5%).

La radiazione ultravioletta solare occupa la regionedello spettro elettromagnetico di lunghezzed’onda comprese tra 100 nm e 400 nm e rappre-senta circa il 9% della radiazione solare all’apicedell’atmosfera.I raggi ultravioletti si suddividono convenzional-mente in tre bande spettrali: UV-C, UV-B e UV-A.Le radiazioni ultraviolette rivestono particolareimportanza perché interagiscono con il nostrosistema terra, in particolare con la stratosfera (bucodell’ozono), con la troposfera (inquinamento foto-chimica) e, infine, con la biosfera (effetti su uomo,flora e fauna).Numerosi studi hanno messo in evidenza unapossibile relazione fra l'esposizione alla radiazionesolare UV e l'insorgere di patologie principalmentea carico degli occhi e della pelle.Un'eccessiva esposizione ai raggi ultravioletti puòprodurre sia effetti a breve termine (acuti) come lamelanogenesi (abbronzatura) e l'eritema, sia effetti

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a lungo termine (cronici) come il prematuro invec-chiamento della pelle (fotoinvecchiamento), l'in-sorgenza di cataratta e tumori cutanei.L’esposizione al sole da parte dell'uomo ha conse-guenze anche benefiche, come la sintesi della vita-mina D, essenziale per fissare il calcio nelle ossa. Inaggiunta all’aspetto classico benefico, negli ultimianni sono emersi studi che evidenziano il ruolodella vitamina D come misura di prevenzione neiconfronti di malattie autoimmuni e di alcuni tipi ditumore.Per aumentare la consapevolezza della popola-zione sui rischi di un’eccessiva esposizione allaradiazione solare e per indurla ad adottare misureprotettive è stata sostenuta, da parte di importantiorganismi internazionali, la divulgazione dell'indicesolare globale ultravioletto.In molti paesi europei è in corso da circa vent'anniun’attività di monitoraggio dei livelli ambientali diradiazioni UV. In Italia non esiste una rete ufficialeper la sorveglianza dell’UV .Nel giugno 2010, si è tenuta una campagna diinterconfronto in cieco che ha coinvolto parte dellastrumentazione regolarmente utilizzata in Italia perla misura dell’irradianza ultravioletta solare globale.La campagna ha messo in luce deviazioni mediedal -16% al +19% rispetto al riferimento utilizzato.

Il controllo della radioattività ambientale in Italiatrae la sua giustificazione dall’esigenza di prote-zione della popolazione e dei lavoratori dall’espo-sizione a radiazioni ionizzanti. In genere l’esposizione a radiazioni ionizzanti èassociata alla produzione di energia nucleare, adattività di tipo medico, diagnostico o terapeutico,a residui di attività industriali nei quali si concen-trano alte quantità di radionuclidi naturali, e apossibili alte concentrazioni di gas naturale radon

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in ambienti chiusi. Quest’ultimo caso risulta esserela principale fonte di esposizione a radiazioni ioniz-zanti che può, generalmente, avvenire tra le muradomestiche e in altri ambienti chiusi. In tali luoghi, infatti, è presente nell’aria il radon, ilquale è una delle principali fonti di rischio per lapopolazione. In alcuni casi, il gas può raggiungere concentra-zioni tali per cui, sulla base delle considerazionicosto-beneficio, si ritiene inaccettabile il rischioassociato all’esposizione e si raccomandano o addi-rittura si impongono risanamenti degli ambienti divita. Infatti, all’esposizione al gas radon negliambienti residenziali e nei luoghi di lavoro è stataassociata l’insorgenza di tumori polmonari.Tuttavia, poiché non è nota una soglia al di sottodella quale l’esposizione al radon sia priva di rischi,si assume che a una diminuzione di concentra-zione di radon corrisponda un’equivalente diminu-zione del rischio. La comunicazione dei rischi relativi all’esposizioneal radon mediante messaggi di prevenzionerappresenta una “sfida” per tutti coloro che si occu-pano di tali problematiche, poiché l’esistenza diquesto gas e dei rischi per la salute umana spessonon sono conosciuti dalla popolazione. Da questeconsiderazioni emerge la necessità di approfondiree diffondere la conoscenza sull’impatto delleesposizioni a sorgenti di radiazioni ionizzanti, conl’obiettivo di rendere meno difficile e più consape-vole una valutazione dei rischi e dei benefici asso-ciati a tutte le fonti di radiazioni.In relazione a tale esposizione una rappresenta-zione del territorio nazionale viene dai risultati diun’indagine effettuata nel corso degli anni ’80 e ’90,ma ancora valida per le caratteristiche del feno-meno, con una copertura nazionale completa,dalla quale si evidenzia una notevole differenza

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nelle medie della concentrazione di Radon (Rn-222) nelle diverse regioni italiane. In particolare, nelLazio e nella Lombardia si evidenzia un’elevataconcentrazione di radon (Rn-222), la differenza conle altre regioni è dovuta al diverso contenuto diuranio nelle rocce e nei suoli e alla loro differentepermeabilità.In termini di risposta, la problematica della prote-zione dall’esposizione al radon nei luoghi di lavoroè stata introdotta nella normativa con il D.Lgs. n.241 del 2000, che modifica e integra il D.Lgs. n. 230del 1995. Il decreto prevede obblighi per gli eser-centi i luoghi di lavoro e per le regioni. In partico-lare a quest’ultime è affidato il compito di indivi-duare le zone con maggiore probabilità di alteconcentrazioni di attività di radon.

Regioni (in ver de) in cui, a par tire dal 2002,sono stati sviluppati studi/iniziative miratiall’identificazione delle aree soggette a rischiradon (ottobr e 2010)

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In attesa della definizione dei criteri con cui defi-nire le zone e delle indicazioni sulle metodologieper la loro individuazione, alcune regioni e alcuneARPA/APPA hanno avviato studi e indagini peravere una classificazione delle aree a diversaprobabilità di alte concentrazioni di radon.Attualmente alcune delle regioni che hanno giàeffettuato campionamenti sul radon, indicate conil colore verde nella cartina, stanno operando perun ampliamento dei siti di campionamento, fina-lizzato a una mappatura completa del territorioregionale. Per esempio nella regione Lazio allamappatura delle province di Roma e Viterbo èseguita quella delle province di Rieti, Frosinone eLatina.Sono, infine, ancora scarse e sporadiche le informa-zioni sulle azioni di bonifica effettuate in Italia inambienti con elevate concentrazioni di radon, conriferimento sia ad ambienti di tipo residenziale siaad ambienti di lavoro.

ESPOSIZIONE AGLI AGENTI FISICI

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AMBIENTE E SALUTE

La conservazione della biodiversità è fondamen-tale per i servizi ecosistemici che contribuiscono,sia direttamente sia indirettamente, al benessereumano in termini di sopravvivenza, salute e qualitàdella vita. Ma la relazione esistente tra alterazionidella biodiversità e salute umana ha ricevuto solodi recente una maggiore attenzione da parte diricercatori e istituzioni.La comprensione del legame tra salute umana esalute ecosistemica viene indicata dall’EEA (SOER2010) come la sfida del XXI secolo per coloro cheoperano in quest’ambito. Gli ecosistemi ciproteggono, infatti, dall’esposizione a rischichimici e biologici non solo tamponando/rego-lando l’inquinamento di acqua, aria e suolo e/ola distribuzione/presenza di specie patogene, maanche garantendo la disponibilità di materieprime naturali atossiche, quali legno o colorantiutilizzati per costruzioni, arredi, vestiario, nonchéla disponibilità di specie vegetali e animali perl’alimentazione, le cure mediche e la ricercabiomedica, l’igiene personale, salutistica e dome-stica. La perdita di biodiversità è causata e amplificatadalla pressione crescente dovuta a cambiamentiambientali globali quali, ad esempio, la deforesta-zione, l’uso del territorio, l’urbanizzazione, l’inqui-namento chimico diffuso, le pratiche agricole, ilcambiamento e la variabilità del clima.Il degrado e la perdita dei servizi ecosistemici, oltrea causare la privazione del ruolo chiave da essisostenuto nel fornire beni come cibo, medicine ematerie prime, si ripercuotono su meccanismi diimportanza fondamentale per la salute umana,quali filtrazione e purificazione, detossificazione dicomposti chimici nei suoli e nei sedimenti e sulla

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presenza dei predatori naturali dei vettori dimalattie infettive. La perdita o l’alterazione della funzione “tampone”dei filtri ecosistemici per la qualità di aria, acqua esuolo, le pressioni antropiche sugli ecosistemi el’aumento di alluvioni, piogge intense e siccitàagiscono sinergicamente favorendo non solo ilrischio di contaminazioni, ma anche la diffusionedi malattie determinate da patogeni, allergeni einquinati chimici. Le alterazioni degli ecosistemi e delle condizionimeteoclimatiche locali, agendo in sinergia, favori-scono inoltre la diffusione di specie infestanti,condizionando l'uso di pesticidi e, de relato, la sicu-rezza chimica di alimenti, suolo e acque. In alcuniPaesi del mondo, infatti, disastri naturali e degradodel suolo stanno mettendo a dura prova anche lasicurezza della produzione alimentare e con essala sicurezza nutrizionale. Quest’ultima rischia diessere minacciata anche da pratiche incontrollatedi allevamenti intensivi. Nel 1970 circa il 6% deiprodotti ittici proveniva da allevamenti marini elagunari. Oggi la quota supera il 50% ponendo, tral’altro, problemi di sostenibilità ambientale sottovari profili.Anche l’uso di molecole di origine animale e vege-tale a scopo medico e farmaceutico viene minac-ciato dall’alterazione della biodiversità. La crescente consapevolezza dei rischi per la salutederivanti da emissioni in ambiente indoor o dacontatto sta indirizzando il mercato produttivoverso l’uso di derivati sostitutivi costituiti dasostanze di origine naturale di cui, quindi, va garan-tita la disponibilità sostenibile. L’Italia è tra le primenazioni al mondo per numero di aziende diprodotti biologici (48.509 operatori al 31/12/2009)e al quarto posto, tra i Paesi europei, per venditedi prodotti biologici. Nel 2008, il mercato globale

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del biologico ha fatturato oltre 51 miliardi di dollari,di cui oltre il 50% è di provenienza europea.Globalizzazione, mobilità internazionale, scambicommerciali (legali e illegali) e cambiamenti clima-tici stanno favorendo anche l’intrusione e l’occu-pazione di habitat da parte di specie invasive, ingrado di generare squilibri ecosistemici ed effettitossici e/o allergizzanti.La perdita di biodiversità e dei servizi ecosistemiciviene attualmente riconosciuta anche come unfattore di rischio per la trasmissione di malattiebatteriche, virali e parassitarie per l’uomo, ilbestiame, le colture e le specie selvatiche di animalie vegetali.L’OMS, infatti, mette in relazione l'aumento di moltemalattie infettive per l’uomo, non solo emergenti,con una serie di minacce ambientali che incidono,direttamente o indirettamente, sull’integrità degliecosistemi attraverso vari meccanismi.Ad eccezione dei disastri naturali questi determi-nanti sono quasi sempre opera dell’uomo. Ne sonoun esempio la distruzione di foreste; l’aumento direservoir artificiali per vettori patogeni; la modifica-zione/distruzione di habitat per l’introduzione dipratiche agricole e di allevamento; l’utilizzo diprodotti chimici per il controllo di vettori di orga-nismi patogeni per l’uomo o per le piante; ilcambiamento e la variabilità del clima.La trasmissibilità delle malattie infettive è sicura-mente il risultato di una serie di complesse intera-zioni socio-economiche, ambientali e meteoclimatiche che non può considerarsi totalmenteecosistema-dipendente. Tuttavia molti studiconfermano ciò che già era intuibile sotto ilprofilo scientifico, identificando alcuni mecca-nismi chiave attraverso i quali le alterazioni dellabiodiversità agiscono sui meccanismi di trasmis-sione delle malattie infettive, ovvero:

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• alterazione degli habitat con conseguente varia-zione del numero di siti di riproduzione delvettore o di una specie ospite che funge da serba-toio del patogeno;

• fenomeni di invasione delle nicchie ecologiche;• scomparsa di specie predatrici;• variazione della densità della popolazione ospite;• alterazioni genetiche nei vettori o negli agenti

patogeni indotte dall’uomo a seguito dell’usoindiscriminato di fitofarmaci e antibiotici;

• contaminazione ambientale da parte di agenti dimalattie infettive.

Le principali alterazioni rilevanti per il rischio dimalattie infettive per l’uomo riguardano impattidiretti o indiretti sugli organismi coinvolti nelmantenimento e/o nella trasmissione delle infe-zioni. Questi organismi possono essere gli agentipatogeni stessi, gli artropodi o altri animali chefungono da vettori dell’agente patogeno, le specieche ospitano gli agenti infettivi al di fuori dellapopolazione umana (le cosiddette “reservoirspecies”) le quali agiscono da “portatori sani” e altriorganismi che supportano in vari modi le intera-zioni tra i precedenti.Il ruolo e il comportamento delle specie animaliospiti che fungono da serbatoi (es. roditori), deivettori (es. zecche, zanzare), dei loro predatori natu-rali (es. pipistrelli, rondoni ecc.) e infine degli esseriumani sono dei determinanti chiave nella trasmis-sione delle malattie. I cambiamenti climaticiovvero i cambiamenti del regime delle tempera-ture locali, l’alterazione del ciclo dell’acqua, glieventi estremi quali alluvioni e ondate dicalore/gelo agiscono da cofattore, insieme ad altrideterminati sociali e ambientali, nel favorire la diffu-sione e l’insediamento di vettori. L’Italia non èindenne dal rischio di espansione, introduzione ereintroduzione sul territorio di specie vettrici di

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agenti patogeni per l’uomo. Sono state infatti regi-strate negli ultimi anni epidemie virali trasmesse dazanzare tigre infette - virus Chikungunya e del NiloOccidentale (West Nile Virus) - che hanno richiestospecifici interventi sia tecnici sia normativi.Non va inoltre dimenticato il rischio epidemicocorrelato alla crescente insorgenza della resistenzaagli antimicrobici. L’uso di antibiotici e/o di farmaciantimicrobici, in genere per le specie destinateall’alimentazione e l’abuso degli stessi da partedell’uomo, sono tra i fattori di rischio per losviluppo di specie patogene (batteri, virus efunghi) resistenti agli antimicrobici. Ciò determina,allo stesso tempo, rischi anche per la cura dimalattie infettive.L’alimentazione è un altro importante fattorelegato alla salute umana sul quale la biodiversitàsvolge un ruolo fondamentale. Una diversità biologica ottimale assicura la produt-tività sostenibile del suolo e il valore nutrizionaledegli alimenti e, inoltre, garantisce la variabilitàgenetica necessaria alle coltivazioni, al bestiame ealle specie acquatiche utilizzate nell’alimenta-zione umana. L’agricoltura e l’allevamento dipen-dono, quindi, dalla biodiversità: la variabilità gene-tica delle varie specie animali e vegetali conferisceloro la capacità di resistere a eventuali stressambientali e alle malattie. Ad esempio, coltivazionidi piante simili o addirittura identiche dal punto divista genetico risultano molto più a rischio di colti-vazioni che mantengono una buona variabilitàgenetica. Queste ultime hanno, infatti, unamigliore possibilità di adattarsi e di sopravvivere inambienti eterogenei le cui condizioni siano incontinua fluttuazione, garantendo comunqueproduzioni sufficienti anche in caso di stagionisfavorevoli.L’aumento di malattie nelle specie animali e vege-

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tali comporta un maggior uso di fitofarmaci e anti-microbici che possono contaminare gli alimenti.Inoltre, la contaminazione chimica agisce anchesugli impollinatori naturali. Molte specie impollina-trici risultano attualmente a rischio a causa dellepressioni umane sull’ambiente e sulla biodiversità,quali la distruzione degli habitat, l’uso eccessivo dipesticidi e l’introduzione volontaria o involontariadi nuove specie.A partire dal 2003 sono stati segnalati in Europa ein America gravi perdite di api da alveari.La variabilità genetica che contraddistingue imicrorganismi, la flora e la fauna, reca importantibenefici alla biologia, alla farmacologia e alla saluteumana tanto che, grazie allo studio e alla cono-scenza della biodiversità, sono state realizzatesignificative scoperte sia in campo medico sia incampo farmaceutico. La tutela di specie importantiper la cura delle malattie riguarda non solo i farmacinaturali e la fitoterapia, ma moltissimi prodotti usatiin medicina convenzionale. Circa 20.000 piantemedicinali tradizionali sono a rischio di sovrasfrut-tamento e alcune rischiano l’estinzione.La Convenzione sul commercio internazionaledelle specie di flora e fauna selvatiche minacciatedi estinzione (CITES, 2008) considera a rischio circa15.000 delle 50.000/70.000 specie di piante utiliz-zate per scopi terapeutici, cosmetici o dietetici. Lepiante aventi applicazioni terapeutiche sono lespecie vegetali maggiormente utilizzate tra iprodotti naturali e circa ¼ di tutte le piante cono-sciute sono state usate per qualche scopo terapeu-tico.Così attualmente, nonostante la disponibilità difarmaci di origine sintetica, persiste l’uso deiprodotti naturali di origine vegetale, animale emicrobica sia nella medicina sia nella ricerca enell’applicazione biomedica.

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Alcuni di questi composti di origine naturalevengono, inoltre, utilizzati anche come strutturamolecolare di base per la creazione di nuove mole-cole medicinali. Sono diversi i farmaci di originevegetale attualmente in uso, tra questi si ricordano:Chinino, Morfina, Paclitaxel (Taxol®).Anche gli animali sono fonte di origine di alcunesostanze utilizzate in medicina. Un esempio èrappresentato da alcune specie di rane presentinelle foreste dell’America Centrale Meridionale.Alcuni molluschi marini producono una grandequantità di tossine peptidiche di cui solo unapiccolissima parte è stata caratterizzata e studiata,ricavandone potenti sostanze farmaceutichecome, ad esempio, lo Zicotonide (Prialt®) utilizzatonella terapia del dolore. Molti composti di origine naturale vengono utiliz-zati soprattutto in agricoltura come pesticidi einsetticidi naturali di vario tipo. Tra questi si ricor-dano i Piretroidi e il Neem.In Italia, il mercato della fitocosmesi è in aumentoe contribuisce a mitigare l’esposizione a compostichimici di sintesi.Un altro fattore perturbativo a livello ecosistemicoche ha effetti diretti sull’alterazione della variabilitàbiologica è rappresentato dalle cosiddette speciealiene invasive, sia vegetali sia animali, ossia speciealloctone la cui diffusione, accidentale o volontaria,al di fuori del loro habitat naturale d’origine è dive-nuta una minaccia per la biodiversità dell’habitat incui sono state introdotte. Ad oggi comunque nonsi è ancora in grado di comprendere i meccanismiattraverso i quali l’impatto di specie invasive puòrisultare rischioso per l’uomo, se non per mecca-nismi diretti di tossicità e reazioni allergiche.In Italia, allo stato attuale, si contano circa 1.023specie vegetali alloctone che rappresentano circail 13,4% della flora italiana.

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Tra le specie vegetali esotiche l’Ambrosia artemisii-folia, una asteracea di origine nordamericana, è unapianta fortemente invasiva che attualmente si stadiffondendo in Europa centrale e nel Nord Italia.

L’ambrosia provoca forti allergie. Nei soggettisensibilizzati causa riniti e gravi crisi asmatiche, acausa del polline o per il contatto diretto con l'in-fiorescenza.Per quanto riguarda gli insetti, vi sono circa 450specie introdotte accidentalmente o intenzional-mente nel nostro Paese. In particolare, con ilcommercio sono state introdotte 115 specie tra il1945 e 1995, prevalentemente insetti fitofagi.Negli ultimi decenni si è assistito anche a una proli-ferazione di specie di microalghe: la proliferazionesi manifesta soprattutto nelle zone costiere, doveè maggiore l’apporto di nutrienti.I casi più rilevanti dal punto di vista sanitario sonoassociati alla proliferazione dell’alga bentonicaOstreopsis ovata.Alla luce delle problematiche sin qui descritte,appare quindi prioritario incorporare una visione

Ambrosia in piena fioritura

AMBIENTE E SALUTE

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integrata di ambiente e salute anche nelle ordi-narie attività di monitoraggio e di studio, condottedagli operatori di settore, nel campo della biodi-versità. Contemporaneamente appare necessariopotenziare programmi collaborativi tra gli espertidei diversi settori di sanità e ambiente, al fine dicostruire un’informazione volta anche a rafforzarele argomentazioni socio-economiche nell’ambitodelle politiche di sostenibilità locali e nazionali, inparticolare per i rischi ormai condivisi e consolidatidalla comunità scientifica.

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RISCHIO AMBIENTALE

Rischio di origine naturaleIl rischio di origine naturale deriva dall’interferenzatra i processi che “naturalmente” si sviluppano sulterritorio e i beni che per l’uomo rivestono unvalore economico, sociale e ambientale. I fenomeninaturali che possono divenire fonte di potenzialerischio si dividono in due categorie principalirispetto ai meccanismi genetici scatenanti: feno-meni di origine endogena (eruzioni vulcaniche,terremoti, ecc.), correlati a dinamiche interne allaTerra e quelli di origine esogena (alluvioni, frane,valanghe, ecc.), che avvengono sulla sua superficie.Nel periodo ottobre 2009 - settembre 2010 lasismicità registrata in Italia (1.903 terremoti diMagnitudo maggiore o uguale a 2, distribuiti conmaggiore frequenza in Sicilia, Calabria e Abruzzo)risulta confrontabile in termini di frequenza e distri-buzione con quella dell'anno precedente, mafortunatamente non in termini di Magnitudomassima raggiunta che è stata, infatti, pari a 4,5relativa a un evento verificatosi in prossimità diLipari il 16/08/2010 (l’evento del 06/04/2009 haraggiunto Magnitudo 5,9).

In particolare, nell'area abruzzese interessatadall'evento parossistico del 6 aprile 2009, si sonosusseguiti numerosi terremoti di piccola Magni-tudo (mai superiore a 4), che hanno tenuto inapprensione la popolazione residente, spessoinducendola a trascorrere la notte fuori di casa. Le rotture in superficie lungo la faglia di Paganica,che in occasione del terremoto del 6 aprile hannoprodotto rigetti cosismici intorno a 10 cm, si sonoevolute, indipendentemente dalla sequenzasismica, determinando un aumento dell’entitàcomplessiva delle dislocazioni che nel mese di

RISCHIO AMBIENTALE

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settembre 2010 hanno raggiunto valori anchesuperiori a 20 cm. L’attività sismica è un effetto dellanaturale dinamica del pianeta e, per quanto siabene documentata e monitorata, non esistonometodi efficaci per un'allerta tempestiva. Tuttavia,le condizioni di rischio possono essere sensibil-mente ridotte attraverso un’attenta pianificazionedel territorio, basata su strumenti normativi di limi-tazione dell’uso del suolo e precise prescrizionitecnico-ingegneristiche, oltre a indispensabiliinterventi strutturali di adeguamento sismico per

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Eventi sismici di Magnitudo maggior e o ugualea 2 registrati dal 1/10/09 al 30/09/10 e indi-cazione dell’evento maggior e

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edifici di particolare importanza, dove esistanochiare deficienze progettuali. L’Italia per le particolari condizioni climatiche, perle dinamiche idrauliche e di versante e per effettodelle attività antropiche, è una nazione ad altorischio geologico-idraulico: frane e alluvioni sonofrequenti sul territorio e il modo in cui tendono amanifestarsi è condizionato dall’eterogeneitàdell’ambiente naturale e dalla variabilità dei para-metri che governano i processi naturali. A causadelle principali alluvioni, dal 1951 al 2009, sonomorte 1.475 persone. Tra l’autunno 2009 e l'agosto2010, per quanto riguarda le precipitazioni, si ricon-ferma il trend dell’anno precedente, con precipita-zioni particolarmente intense da settembre fino afebbraio. Nel 2010 si è avuto anche un sostanziosocontributo pluviometrico nei mesi di maggio eagosto. Le frane sono le calamità naturali che siripetono con maggiore frequenza e causano,dopo i terremoti, il maggior numero di vittime edi danni. Le informazioni rilevate dal Progetto IFFIevidenziano come le tipologie di movimento piùfrequenti siano gli scivolamenti rotazionali/trasla-tivi con il 32,4% e i colamenti lenti con il 15,6%. Nontutte le frane sono pericolose in egual modo;quelle con elevate velocità di movimento e quelleche coinvolgono rilevanti volumi di roccia oterreno causano generalmente il maggior numerodi vittime e i danni più ingenti. In Italia i comuniinteressati da frane sono 5.708, di cui 2.940 classi-ficati con livello di attenzione molto elevato.Dopo l’evento catastrofico che ha colpito il 1°ottobre 2009 i comuni di Messina, Scaletta Zancleae Itala con 31 vittime e 6 dispersi, si sono verificatinumerosi eventi di frana. L’ISPRA, tra novembre2009 e ottobre 2010, ha censito 63 eventi di franache hanno causato vittime o danni rilevanti a centriabitati e infrastrutture.

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La mitigazione delle condizioni di rischio idraulicoe da frana dovrebbe essere effettuata attraversoun’attenta gestione del territorio e un’azionecongiunta di previsione e prevenzione, svolta inmaniera ordinaria e non in fase post-emergenziale.La previsione racchiude l’insieme delle attivitàdirette allo studio e alla determinazione delle causedegli eventi estremi, all’identificazione dei rischi eall’individuazione delle zone di territorio soggetteai rischi stessi. Nella prevenzione rientrano le atti-vità volte alla riduzione delle probabilità di acca-dimento dei fenomeni potenzialmente distruttivie alla limitazione dei danni, compresa la diffusionedelle informazioni alle amministrazioni pubblichee alla popolazione. A tale scopo l’ISPRA ha realiz-zato un servizio di consultazione online della carto-

Principali eventi di frana nel periodo novembre2009-ottobre 2010

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grafia del Progetto IFFI, che consente di interrogarela banca dati per acquisire informazioni sullefrane e visualizzare documenti, foto e filmati(www.sinanet.apat.ita/progettoiffi).

Rischio antropogenicoIl rischio antropogenico è quello che scaturisce(direttamente o indirettamente) da attività umanepotenzialmente pericolose per l’ambiente e la vitaumana, comprende il “rischio industriale”, cioè ilrischio derivante da attività svolte all’interno distabilimenti industriali. Si definisce “stabilimento aRischio di Incidente Rilevante” (RIR), uno stabili-mento che detiene (per l’utilizzo nel ciclo produt-tivo o semplicemente in stoccaggio) sostanzepotenzialmente pericolose, in quantità tali dasuperare determinate soglie, stabilite dalla norma-tiva “Seveso” (Direttiva 82/501/CEE e successivemodificazioni). Scopo della normativa Seveso es.m.i. è quello di ridurre la possibilità di accadimentodegli incidenti e del loro conseguente impattosull’uomo e sull’ambiente. Le informazioni suglistabilimenti a rischio di incidente, fornite daigestori alle autorità competenti, sono raccolte dalMATTM e dall’ISPRA, mediante la predisposizionee l’aggiornamento dell’Inventario Nazionale per leattività a rischio di incidente rilevante (industrie RIR).Grazie a tali informazioni è possibile delineare ilquadro delle pressioni esercitate dagli stabilimentia rischio di incidente rilevante sul territorio italiano,evidenziando le aree in cui si riscontra una partico-lare concentrazione in modo da adottare opportunicontrolli e misure cautelative affinché, per esempio,un eventuale incidente in uno qualsiasi deglistabilimenti non finisca per coinvolgerne altri, conconseguenze ancora più gravi sia per l’uomo sia perl’ambiente (“effetto domino”). Lombardia, Veneto,Emilia-Romagna e Piemonte sono le regioni a

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maggior concentrazione di stabilimenti RIR,mentre 723 sono i comuni italiani con almeno unostabilimento RIR e 38, tra cui Ravenna e Venezia,quelli con 4 o più stabilimenti RIR.

L’attività praticata in uno stabilimento permette diconoscere preventivamente, sia pure in terminigenerali, il potenziale rischio associato. I depositi diGPL e i depositi di esplosivi, come pure le distilleriee gli impianti di produzione e/o deposito di gastecnici hanno, per esempio, un prevalente rischiodi incendio e/o esplosione con effetti riconducibili,in caso di incidente, a irraggiamenti e sovrappres-sioni più o meno elevati, con possibilità di dannistrutturali agli impianti ed edifici e danni per l’uomo.Gli stabilimenti chimici, le raffinerie, i depositi ditossici e i depositi di fitofarmaci, associano al rischio

Comuni con 4 o più stabilimenti a rischio diincidente rilevante (1/11/2010)

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di incendio e/o esplosione, come i precedenti, ilrischio di diffusione di sostanze tossiche o ecotos-siche, anche a distanza e, quindi, la possibilità dipericoli immediati e/o differiti nel tempo, perl’uomo e per l’ambiente. Sul territorio nazionale siriscontra una prevalenza di stabilimenti chimici e/opetrolchimici e di depositi di gas liquefatti (essen-zialmente GPL), che complessivamente costitui-scono circa il 50% del totale degli stabilimenti.

I primi sono concentrati essenzialmente nel nordItalia, mentre i secondi sono molto diffusi anchenelle regioni meridionali. Per quanto concerne idepositi di GPL, si evidenzia una diffusa presenzain Lombardia, Toscana, Veneto ed Emilia-Romagnae in alcune regioni meridionali. Gli stabilimenti RIRsono spesso localizzati presso aree urbane, conconcentrazioni degne di nota nelle province diNapoli, Salerno, Brescia, Venezia e Catania. La pres-sione degli stabilimenti a rischio di incidente rile-vante nel contesto italiano è paragonabile aquella degli altri grandi Paesi industriali europei,così come le attività di risposta messe in atto.

114158

6943

6434

1311108

16

3126

172114

4446

238

212220

1217

1222

11

0 50 100 150 200 250 300

n.Art_6 Art_8

Totale art. 6 =570 Totale art. 8 =526

Altro

Stabilimento chimico o petrolchimicoDeposito di Gas liquefatti

GalvanotecnicaDeposito di oli minerali

Produzione e/o deposito di esplosiviProduzione e/o deposito di gas tecnici

Deposito di tossiciDeposito di fitofarmaci

Acciaierie e impianti metallurgici Impianti di trattamento/Recupero

Raffinazione petrolioDistillazione

Stoccaggi sotterraneiCentrale termoelettrica

Impianti GNL

Distribuzione nazionale degli stabilimenti pertipologia di attività (1/11/2010)

RISCHIO AMBIENTALE

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SUOLO E TERRITORIO

Il suolo, con aria e acqua, è essenziale per l’esistenzadelle specie viventi perché esplica una serie difunzioni che lo pongono al centro degli equilibriambientali. Svolge, infatti, un ruolo prioritarionella salvaguardia delle acque sotterranee dall’in-quinamento, nel controllo della quantità di CO2

atmosferica, nella regolazione dei flussi idricisuperficiali con dirette conseguenze sugli eventialluvionali e franosi, nel mantenimento della biodi-versità, nei cicli degli elementi nutritivi ecc. Dallostato di salute del suolo dipende la biomassa vege-tale con evidenti ripercussioni sull’intera catenaalimentare. Le scorrette pratiche agricole, laconcentrazione in aree localizzate della popola-zione, delle attività economiche e delle infrastrut-ture, le variazioni d’uso e gli effetti locali deicambiamenti ambientali globali possono originaregravi processi degradativi che limitano o inibisconototalmente la funzionalità del suolo e che spessodiventano evidenti solo quando sono irreversibilio in uno stato talmente avanzato da renderneestremamente oneroso e economicamente pocovantaggioso il ripristino. Le funzioni protettive,produttive ed ecologiche del suolo possonoessere compromesse a seguito della sua contami-nazione. In Italia le attività principalmente coinvoltein fenomeni di contaminazione puntuale sono leindustrie legate alla raffinazione di prodotti petro-liferi, l’industria chimica, metallurgica ed estrattivae alcune attività di gestione dei rifiuti, cui siaggiunge la presenza di manufatti in amianto (57sono i siti contaminati di interesse nazionale;15.000 i siti potenzialmente contaminati dicompetenza regionale). La contaminazione diffusapuò invece essere legata alle deposizioni atmosfe-riche e all’agricoltura intensiva, oppure ad attività

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antropiche diffuse sul territorio e/o prolungate neltempo tali da rendere difficile l’individuazione diuna sorgente univoca. Casi di contaminazionediffusa sono presenti in quasi tutte le regioni. Leemissioni industriali e veicolari in atmosfera deter-minano il rilascio nel suolo di contaminanti acidi-ficanti (SOx, NOx, NH3), metalli pesanti (Pb, Hg, Cd,As, Cr, Cu, Ni, Se, Zn) e composti organici (idrocar-buri a catena lineare, IPA, diossine, furani, ecc.). Lepratiche agricole intensive che utilizzano fitofar-maci, fertilizzanti chimici, deiezioni zootecniche efanghi di depurazione possono determinare unsurplus di elementi nutritivi (N, P, K), un accumulodi metalli pesanti e la diffusione di sostanzebiocide. In particolare l’eccesso di elementi nutri-tivi, essendo i nitrati molto solubili nelle acque edifficilmente trattenuti dal suolo, può determinaregravi fenomeni di inquinamento delle falde idrichesotterranee e di eutrofizzazione degli ecosistemiacquatici. La recente comunicazione dellaCommissione Europea ha evidenziato una gene-rale tendenza alla diminuzione di nitrati per effettodelle misure intraprese in ottemperanza allanormativa vigente, ma anche la permanenza disituazioni di criticità tra le quali quella di ampie areedell’Italia settentrionale. Anche l’utilizzo agricolodei fanghi di depurazione (contengono metallipesanti) può generare problematiche di inquina-mento dei suoli. Il loro uso in agricoltura è aumen-tato del 49% nel periodo 1998-2009 attestandosia 289.620 t di sostanza secca (tss). Notevole rile-vanza ambientale ed economica riveste anche ilfenomeno dell’erosione idrica del suolo, cioèl’asportazione della sua parte superficiale,maggiormente ricca in sostanza organica, permezzo delle acque di ruscellamento superficiale.

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Il 30% circa dei suoli italiani presenta un rischiod’erosione superiore alla soglia di tollerabilità. Parti-colarmente diffuso, soprattutto nelle aree costiere,è il fenomeno della salinizzazione cioè l’accumulo,per cause naturali e antropiche, di sali nel suolo chepossono giungere a un livello tale da compromet-tere l’attività vegetativa e produttiva delle colturee determinare effetti fortemente negativi per labiodiversità del suolo e per la resistenza dellostesso all’erosione. Il fenomeno è consideratocome uno dei principali fattori che conducono alladesertificazione e in Europa (EU27) il JRC-IES stimache da 1 a 3 milioni di ettari ne siano interessati.

Differenze tra le funzionalità di un suolo incondizioni naturali e di un suolo antr opizzato

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La salinizzazione del suolo interessa buona partedelle aree costiere italiane ed è particolarmentesviluppata in Sicilia per la concomitante presenzadi cause naturali e antropiche. Uno dei principalifattori di degrado dei suoli è rappresentato dalladiminuzione di carbonio organico (circa il 60%della sostanza organica presente nei suoli) chesvolge un’essenziale funzione positiva su molteproprietà del suolo. Favorisce l’aggregazione e lastabilità delle particelle del terreno con l’effetto diridurre l’erosione, il compattamento, il crepaccia-mento e la formazione di croste superficiali; si legain modo efficace con numerose sostanze, miglio-rando la fertilità del suolo e la sua capacitàtampone; migliora l’attività microbica e la dispo-nibilità per le piante di elementi nutritivi comeazoto e fosforo. Sulla base dei dati disponibili lasituazione appare preoccupante: circa l’80% deisuoli italiani ha un tenore di CO minore del 2%,mentre la classe "alto" non è praticamente rappre-sentata sul territorio nazionale, almeno alla scala didettaglio adottata. Le aree interessate da agricol-tura intensiva possono essere soggette all’instau-rarsi di fenomeni di compattazione del suolo(compressione delle particelle del suolo in unvolume minore a seguito della riduzione deglispazi tra le particelle stesse), dovuta principal-mente all’utilizzo delle macchine agricole. Ilproblema è diffuso nelle aree agricole italiane, siadi pianura sia collinari. In ambito continentale lacompattazione è generalmente ritenuta unaimportante concausa dei grandi eventi alluvionaliche hanno interessato il Nord Europa negli scorsianni. Il confronto dei dati Corine Land Cover 1990,2000 e 2006 sull’uso del suolo delinea un trend cheevidenzia ulteriormente, a livello nazionale, unincremento generalizzato delle aree urbane prin-cipalmente a discapito delle aree agricole e, in

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minor misura, delle aree boschive e seminaturali.Anche se più della metà del territorio nazionale èrappresentato da aree agricole, nel periodo 1990-2006 si sono persi 183.000 ettari di tale superficie.

Particolarmente preoccupante è il fenomeno delconsumo del suolo per urbanizzazione, che deter-mina la forte compromissione di ampi territori.Dal 1946 le superfici coperte in maniera perma-nente con materiali impermeabili sono passate dal2,38% al 6,34%, evidenziando un incessanteconsumo di suolo naturale, agricolo o forestale.Collegato con il consumo di suolo è il fenomenodell’impermeabilizzazione o sigillatura del suolo(copertura del territorio con materiali impermea-bili) che limita/impedisce l’infiltrazione delle acquee la funzione di ritenzione delle stesse da parte del

Corine Land Cover 2006 (1° livello) in Italia

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suolo/sottosuolo, aumentando le possibilità diformazione di repentini eventi di piena.La carta nazionale dell’impermeabilizzazione delsuolo mostra come i valori più elevati si registrinoin Lombardia, Puglia, Veneto e Campania, conconcentrazioni maggiori in corrispondenze dellearee urbane e lungo i principali assi stradali. Il feno-meno assume proporzioni preoccupanti nellegrandi aree di pianura dove agli effetti indottidall'urbanizzazione devono essere sommati anchequelli derivanti dall'agricoltura intensiva. Legata aifenomeni precedentemente descritti è la progres-siva perdita di biodiversità dei suoli che significa unaprogressiva perdita delle capacità funzionali delsuolo, infatti, gli organismi che lo popolano, svol-gono un insostituibile ruolo ambientale. Le areesoggette a perdita di biodiversità (dei suoli) in Italiacorrispondono in larga parte con le aree relative allealtre minacce per il suolo. Lo stadio finale deiprocessi di degrado dei suoli è rappresentato dalladesertificazione. La desertificazione è un fenomenoglobale, ma con caratteri specifici a seconda degliecosistemi di riferimento. Il sovrasfruttamento, lagestione non sostenibile delle risorse del suolo ele condizioni climatiche interagiscono nell’accen-tuare la vulnerabilità ambientale alla desertifica-zione non solo nelle aree aride, semi aride e sub-umide secche del globo, ma anche in altre areesoggette a inquinamento chimico, salinizzazione edesaurimento di falde idriche oltre che a condizionidi inefficienza nella gestione del suolo. In Italia,anche se non presenta la drammaticità di altre areedel pianeta, il fenomeno sta assumendo sempre piùevidenza in almeno cinque regioni (Sardegna,Sicilia, Basilicata, Puglia e Calabria) per la presenzadi aree a rischio e segnali negativi provengonoanche da aree nelle regioni centro-settentrionali.Relativamente alle georisorse del territorio nazio-

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nale l’attività estrattiva di prima categoria (miniere),dopo lo sviluppo di metà Novecento, è ormai un’at-tività praticamente residuale e legata sostanzial-mente alla presenza di miniere di marna dacemento, di minerali ceramici e a uso industriale.L’attività estrattiva di minerali di seconda categoria(cave) è invece ancora ampiamente diffusa su tuttoil territorio nazionale, con circa 5.400 cave in atti-vità. Rimangono però aperte le problematiche rela-tive alle centinaia di siti minerari abbandonati e allecave abbandonate o abusive. Importanti indicazionirelative alla costituzione del sottosuolo e sulle faldeacquifere sono fornite dal database degli scavi,pozzi, perforazioni e rilievi geofisici effettuati perricerche idriche di profondità superiore ai 30 metridal piano campagna, gestito dall’ ISPRA in attua-zione della L 464/84. Dai dati si rileva una forte inci-denza dell’utilizzo delle acque a scopo irriguo (circail 50%) con prevalente localizzazione nelle aree abassa pendenza (0-20°).

Numero di cave in attività per pr ovincia (2010)

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I più importanti giacimenti di risorse energetichesono localizzati in Basilicata (che produce il 75% delpetrolio e il 12% del gas naturale), in Sicilia (10%petrolio e 4% gas) e nell’off-shore adriatico dove siregistra la massima produzione di gas naturale(52% nella zona A, 14% nella B e 10% nella D, corri-spondenti ad alto, medio e basso Adriatico). Leriserve recuperabili sono stimate in circa 128*106tdi petrolio e 92*109 Sm3 di gas naturale, ma laproduzione è in continuo decremento. Nonostanteil grande potenziale geotermico del territorioitaliano sono in sfruttamento solo due aree,entrambe localizzate nella Toscana meridionale(Larderello-Travale/Radicondoli e Monte Amiata).La produzione di energia da fonte geotermica ècomunque in costante aumento. Suolo e sotto-suolo oltre a espletare funzioni fondamentali perl’esistenza dell’umanità rappresentano anche unprioritario bene culturale. I geositi sono quei benigeologico - geomorfologici di un territorio chepresentano caratteri di rarità e unicità e restitui-scono informazioni fondamentali per la cono-scenza della Terra, di cui costituiscono appunto ilpatrimonio geologico. Si tratta dunque di beninaturali non rinnovabili, veri e propri monumentigeologici da salvaguardare, tutelare e valorizzare.In Italia sono stati censiti, a oggi, più di 3.000geositi. Una politica ambientale e territorialecorretta, mirata soprattutto alla prevenzione deglieventi calimitosi, non può prescindere da un’accu-rata individuazione e da un’approfonditacomprensione dei fenomeni a scala nazionale. Basefondamentale è quindi la conoscenza dell’assettogeologico del territorio resa possibile dalla carto-grafia geologica e geotematica ufficiale a una scalaadeguata. Il Progetto CARG ha prodotto 255 fogligeologici alla scala 1:50.000, 14 carte tematiche, 6fogli di geologia della piattaforma continentale

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adriatica alla scala 1:250.000, 1 carta morfobatime-trica del bacino del Tirreno, parte del transettoCROP e l’aggiornamento del catalogo delle forma-zioni geologiche. A livello nazionale la difesa delsuolo e la bonifica dei siti contaminati sono rego-lamentate, insieme ad altre matrici ambientali, dalD.Lgs. 152/06 e s.m.i. che abroga le precedentinorme in vigore.

Stato di attuazione del Pr ogetto CARG(settembr e 2010)

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AMBITO COSTIERO

La costa è un’area in continua evoluzione e i suoicambiamenti si evidenziano soprattutto in corri-spondenza di litorali bassi e sabbiosi, con nuoviassestamenti della linea di riva e con superfici terri-toriali emerse e sommerse dal mare. La dinamicadei litorali dipende essenzialmente dall’azione delmare, ma è influenzata anche da tutte quelle azioninaturali e antropiche che intervengono sull’equi-librio del territorio costiero modificandone lecaratteristiche geomorfologiche.La costa italiana ha una lunghezza di 8.353 km, dicui 4.863 km di litorali bassi sabbiosi o deltizi che,dal punto di vista fisico, rappresentano il territoriopiù vulnerabile all’azione del mare e soggetto aintense dinamiche geomorfologiche. Le areecostiere basse, proprio per la loro accessibilità, sonoquelle maggiormente occupate da insediamentiabitativi, da rilevanti attività economico-commer-ciali (anche di tipo turistico), da infrastrutture ditrasporto terrestri e marittime (oltre 300 km dicoste sono occupati da strutture portuali commer-ciali e da diporto).Due terzi del territorio nazionale (oltre il 65%),compreso nella fascia di ampiezza pari a 10 km dalmare, sono utilizzati per attività antropiche emodellati anche con interventi sull’ambiente inva-sivi e irreversibili.

Inoltre, il 34% del territorio nazionale compresonella fascia dei 300 metri dal mare è urbanizzato,per un valore complessivo di 696 km2. Fenomenoparticolarmente accentuato in Liguria, Abruzzo,Marche ed Emilia-Romagna.

AMBITO COSTIERO

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L’Italia rientra tra i paesi a più alto rischio di erosionecostiera in Europa. Infatti, su circa 4.863 km di costebasse e deltizie, 1.170 km sono decisamente inerosione, ossia il 24% dei litorali sabbiosi ha subito

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Urbanizzazione nella fascia dei 300 m dallariva per provincia costiera

32,4%

6,6%

0,8%

1,6%

58,7%

Territori agricoli

Zone umide

Territori boscati e ambienti seminaturali

Corpi idrici

Territori modellati artificialmente

Uso del suolo in Italia nella fascia di ampiezzadi 10 km dal mar e

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negli ultimi 50 anni arretramenti medi superiori ai25 metri. Le regioni più interessate sono: Sicilia, conben 313 km di coste in erosione, Calabria con 208km, Puglia (127 km), Sardegna (107 km), Lazio eToscana con rispettivamente 63 km e 60 km.

Storicamente per proteggere i litorali in erosionesi è intervenuti realizzando, su ampi tratti di costa,opere rigide quali pennelli e barriere, che nonhanno risolto il problema dell’erosione, soprattuttonel medio e lungo termine, e in molti casi hannocontribuito al processo di artificializzazione e didegradazione degli habitat marino - costieri. Una tecnica alternativa per il ripristino dei litoraliin erosione è il ripascimento, che consiste nel rico-struire la spiaggia erosa mediante il refluimento dimateriale idoneo (generalmente sabbioso).Negli ultimi anni, la ricerca di nuove fonti di mate-riale da utilizzare per il ripascimento di litorali inerosione ha privilegiato lo studio dei fondi marini.Sulla piattaforma continentale si possono, infatti,trovare depositi di sabbie relitte (generalmente rife-ribili ad antiche spiagge) che possono essere utiliz-zati per il ripascimento.Nonostante il ripascimento contribuisca a risolverenel breve-medio termine i problemi dell’erosionecostiera a scala locale, sarebbe opportunoprogrammare una serie di attività mirate allaconservazione della capacità di resilienza delsistema costiero, con specifico riferimento aglielementi naturali che assicurano la stabilità delladinamica litoranea quali gli ambienti dunali.Oltre a possedere un elevato valore paesaggistico,le dune costiere svolgono un ruolo essenzialeanche nella difesa della fascia costiera aumentan-done la resilienza. In particolare, sono in grado diabbattere il rischio d’erosione, contrastare il rischiodi sommersione dell’entroterra, ostacolare l’intru-

AMBITO COSTIERO

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sione del cuneo salino nella falda d’acqua dolce.Inoltre, rivestono una notevole rilevanza sia per lecomunità vegetali sia per le specie animali a esseassociate, per alcune delle quali rappresentanoanche importantissimi corridoi ecologici inambiente costiero. Non va inoltre dimenticato cheallo stato di conservazione delle dune e dellespiagge è strettamente legato quello di altri ecosi-stemi ugualmente importanti, quali ad esempio gliambienti umidi retrodunali, le lagune e i laghicostieri, le praterie di Posidonia oceanica e di altrefanerogame marine.In Italia, lungo la quasi totalità delle coste, sonodistribuiti 10 habitat in cui è stata accertata lapresenza di dune costiere, di cui 3 inseritinell’elenco degli habitat prioritari, elencati nell’Al-legato I della Direttiva 92/43/CE, afferenti a duediverse macrocategorie di riferimento: “Dunemarittime delle coste atlantiche, del Mare del Norde del Baltico” e “Dune marittime delle coste medi-terranee”.

Tra i fattori di criticità per le zone costiere rientranoanche l’inquinamento microbiologico e l’eutrofiz-zazione delle acque prospicenti la costa, che gene-rano cambiamenti ambientali spesso irreversibili edistruttivi degli habitat marini e che, per certesoglie di concentrazione di sostanze chimiche eorganiche presenti, obbligano per la tutela dellasalute dei cittadini il divieto di balneazione.Lungo la costa italiana sono presenti 4.615 siti incui è possibile praticare attività ricreative legate allabalneazione. Ciò pone l’Italia tra i Paesi europei conil più alto numero di acque marine adibite a questoscopo. In Italia, nel 2009, sono stati controllati 5.184km di costa, di cui 4.960 km (67,2%) sono risultatibalneabili. Le acque costiere italiane di balneazionerappresentano il 36% di quelle del continente

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europeo e il 61% di quelle presenti nell’area medi-terranea.

I controlli sulla proliferazione algale (Ostreopsis ovata)hanno evidenziato la presenza della microalgatossica nella maggior parte delle regioni costiere,eccetto Molise, Emilia-Romagna e Veneto.Altro fenomeno diffuso, e di grande attualità, cheinteressa ampi tratti delle coste italiane è lo spiag-giamento di vegetazione del fondo e la suagestione compatibile, come ad esempio avvieneper la fanerogama marina Posidonia oceanica. Lepraterie costituiscono una delle componentifondamentali dell’equilibrio e della ricchezzadell’ambiente litorale costiero, riconosciute comehabitat prioritario, protetto ai sensi della DirettivaHabitat (92/43/CE).

Nel Mediterraneo e in Italia, le zone costiere rappre-sentano oggi ecosistemi naturali tra i più vulnera-bili e più seriamente minacciati, nonostante sianoin larga parte interessati da specifici strumenti ditutela, sia a livello nazionale sia comunitario.La crescente attenzione rivolta alla protezionedell’ambiente litoraneo e la consapevolezza di unamigliore gestione delle zone costiere hanno deter-

15%

12%

4,2%

0%4,1%

91,6%

73%

Costa non controllabile Costa vietata per motivi indipendenti dall'inquinamento

Costa vietata per inquinamento Costa insufficientemente campionata

Costa non balneabile

Costa balneabile

Balneabilità della costa in Italia (2009)

AMBITO COSTIERO

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minato l’adozione di normative specifiche a livelloeuropeo, strategie nazionali, piani di assetto regio-nali, ecc.A livello comunitario, dal 1996 al 1999, la Commis-sione Europea ha realizzato un Programma dimostra-tivo sulla Gestione Integrata delle Zone Costiere.Successivamente, nel 2002, sulla base delle espe-rienze e dei risultati del Programma dimostrativo, ilConsiglio e il Parlamento europeo hanno adottato laRaccomandazione ICZM (2002/413/CE). A livello internazionale, l’Italia è tra le Parti contraentila Convenzione di Barcellona per la Protezionedell’Ambiente Marino e della Regione Costiera delMediterraneo e relativi protocolli. Aderiscono a taleConvenzione 21 Stati del bacino del Mediterraneo ela Comunità Europea. In quest’ambito, conforme-mente a quanto previsto dall’art. 4 della Convezione,è stato adottato il VII Protocollo inerente la GestioneIntegrata delle Zone Costiere (GIZC) del Mediter-raneo. Il VII Protocollo è il primo strumento giuridi-camente vincolante per la definizione di una strategianazionale per la gestione integrata delle zonecostiere e di governance delle zone marino-costiere.A ciò si aggiunge la Direttiva quadro sulla strategiaper l’ambiente marino 2008/56/CE (MSFD –Marine Strategy Framework Directive), il cui obiettivofondamentale è il raggiungimento di un “buono”stato ecologico nei mari europei entro il 2020.Per l’implementazione sia della GIZC sia della MSFDè richiesto il coinvolgimento dei soggetti istituzio-nali, economici e culturali, agenti nell’area costiera,e la valutazione in continuo dello stato di attua-zione della strategia nazionale.L’attuale quadro della pianificazione costiera inItalia non è ancora espressione della prospettivapiù ampia introdotta dall’Integrated Coastal ZoneManagement. Su 15 regioni costiere, ve ne sono 10 che dispon-

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gono di strumenti estesi all’intero territorio regio-nale. Di queste, 7 regioni hanno uno specificoPiano di difesa delle coste; la Puglia è l’ultima inordine cronologico ad aver adottato uno specificostrumento di piano, il Piano Regionale delle Coste(PRC), e solo l’Emilia-Romagna e le Marche hannoapprovato, almeno nella denominazione, un pianodi gestione integrata della fascia costiera.Le altre regioni hanno per lo più programmi diintervento di difesa della costa e Piani OperativiRegionali (POR), che si limitano a definire gli inter-venti di difesa da realizzare su brevi tratti di costa,o hanno introdotto sperimentazioni di gestioneintegrata nell’ambito di piani regionali di sviluppoeconomico e turistico.Va sottolineato, tuttavia, che dalla ratifica del VIIProtocollo ICZM, sono statti avviati dal MATTMstudi e lavori per la predisposizione della “Strategianazionale” dell’Italia.La definizione di piani per la gestione delle zonecostiere si basa su una sistematica attività di moni-toraggio e di analisi delle aree vulnerabili, al fine diindividuare i provvedimenti più adeguati per latutela delle aree più sensibili o soggette a intensosfruttamento.Numerosi sono gli studi in corso per le areecostiere, sia a scala locale sia nazionale, e compren-dono vari ambiti di applicazione: evoluzionigeomorfologiche delle coste emerse, opere marit-time e di protezione, previsioni sullo stato del marein prossimità della costa; monitoraggi degli effettisull’ambiente marino delle operazioni didragaggio delle sabbie relitte; tutela e ripristinodelle dune costiere; gestione e monitoraggiodella qualità delle acque di balneazione; gestionedelle biomasse spiaggiate (fanerogame marine,alghe); tossicità delle microalghe (Ostreopsis ov. espp.)

AMBITO COSTIERO

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CICLO DEI RIFIUTI

Nel settore dei rifiuti è fondamentale disporre diuna base informativa efficace, continua e accurata,in grado di adeguarsi alla realtà e ai suoi cambia-menti, capace di dar conto delle risposte istituzio-nali e degli effetti prodotti dalle scelte e dagli inter-venti correttivi da esse determinati. La Commissione Europea, a tal proposito, haevidenziato la necessità dell’istituzione di un orga-nismo europeo sui rifiuti, incaricato di monitorarepiù accuratamente i flussi di rifiuti e di sorvegliarel’attuazione e l’applicazione della legislazioneeuropea in materia di rifiuti.In Italia, al fine di poter seguire, in tempo reale, iflussi dei rifiuti speciali dalla produzione alla desti-nazione finale, è stato istituito, con il DM 17dicembre 2009, il sistema di tracciabilità dei rifiuti(SISTRI). In tale modo, l’Italia, è risultata la primanazione a dotarsi di un Sistema di tracciabilità deirifiuti in grado di rispondere alle esigenze avanzatedalla Commissione Europea di contrasto ai trafficiilleciti di rifiuti, ma anche di conoscenza dell’ade-guatezza e conformità del sistema alla legislazionedi settore.

Il primo dato importante da rilevare riguarda laproduzione dei rifiuti urbani: nel 2008, per la primavolta si registra un segnale di arresto della produzionerispetto all’anno precedente. In totale i rifiuti urbaniprodotti nel 2008 sono poco meno di 32,5 milioni ditonnellate con una leggera diminuzione (-0,2%)rispetto al 2007. Per quanto riguarda la produzionepro capite, si attesta a 541 kg/abitante per anno afronte di un valore pari a 546 kg/abitante del 2007.

La diminuzione della produzione dei RU puòessere legata a diversi fattori, quali, ad esempio, la

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diminuzione del PIL (-1,04%) e della spesa dellefamiglie (-0,77%), e l’attivazione di specifiche poli-tiche di prevenzione a livello territoriale, che hannosortito i primi effetti sulla produzione di rifiuti. Un altro importante elemento di valutazioneriguarda la raccolta differenziata che, nel 2008,raggiunge il 30,6% della produzione totale deirifiuti urbani; continua, pertanto, il trend di crescitagià rilevato negli anni precedenti. La situazioneappare, tuttavia, diversificata nelle tre macroareegeografiche; il Nord, supera l’obiettivo fissato dallanormativa, (45% entro dicembre 2008), mentre ilCentro (22,9%) e il Sud (14,7%) nonostante i miglio-ramenti sono ancora lontani dall’obiettivo del 40%fissato per il 2007.

Nel 2008, come negli anni precedenti, è la frazioneorganica (scarti di cucina e verde della manuten-zione di giardini e parchi) quella che maggior-mente incide sul totale della raccolta differenziata.Tale frazione costituisce, con un valore di oltre 3,3milioni di tonnellate, quasi il 34% del totale dellaraccolta differenziata, che nel 2008 si attesta a circa9,9 milioni di tonnellate (30,6% della produzionetotale di rifiuti urbani).

CICLO DEI RIFIUTI

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1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008Nord 12.245 12.856 13.276 13.402 13.632 13.576 14.028 14.175 14.604 14.617 14.829Centro 5.841 6.068 6.214 6.501 6.594 6.586 6.941 7.230 7.352 7.350 7.302Sud 8.760 9.440 9.469 9.506 9.637 9.872 10.181 10.258 10.555 10.575 10.340

26

.84

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Prod

uzio

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1.0

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*t)

32.5

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Produzione dei rifiuti urbani

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Parallelamente allo sviluppo della raccolta differen-ziata, si va consolidando un sistema industriale peril riciclo dei materiali raccolti separatamente cheriguarda ormai il 18,8% del totale dei rifiuti urbanigestiti (compost da frazioni selezionate, digestioneanaerobica e altre forme di recupero).

7,0%

22,0%

1,2%

10,9%0,4%44,9%

3,0%

10,6%

compost da frazioni selezionate trattamento meccanico biologicodigestione anaerobica incenerimentoutilizzo come fonte di energia* discaricaecoballe stoccate in Campania altre forme recupero

Legenda:

* Stimato come 0,5% della produzione

Distribuzione percentuale della gestione deirifiuti urbani, 2008

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,5

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Nord CentroSud

Italia

%

2004 2005 2006 2007 2008

obiettivo 2007

obiettivo 2008

Percentuale dei rifiuti urbani raccolti in mododifferenziato

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Altrettanto significativi sono i risultati raggiunti nelriciclaggio dei rifiuti di imballaggio. Con oltre 7,2milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio prove-nienti da superfici pubbliche e private riciclati nel2008, l’industria italiana ha confermato di essere ingrado di assorbire tali flussi, in assenza dei qualil’approvvigionamento di materie secondedovrebbe avere luogo all’estero.A valle della raccolta differenziata, assume un ruolosempre più determinante il trattamento mecca-nico biologico, che contribuisce a una gestione piùcorretta del rifiuto residuo sia per la possibilità direcuperare energeticamente il CDR prodotto, siaper impiegare la frazione organica stabilizzata (FOS)in attività paesaggistiche e di ripristino ambientale. Per quanto riguarda lo smaltimento in discarica,anche se si conferma la forma più diffusa digestione dei rifiuti urbani, si rileva, comunque, unariduzione rispetto al 2007 (-6%).

CICLO DEI RIFIUTI

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STRUMENTI PER LA CONOSCENZA, LA CONSAPEVOLEZZA AMBIENTALE EL’INTERFACCIA CON IL MERCATO

Gli strumenti cognitivi illustrati comprendono leattività di reporting e i loro prodotti, i mezzi tele-matici di accesso ai dati e alle informazioniambientali, i servizi bibliotecari, le attività di educa-zione e formazione ambientale in senso stretto equelli con i quali, attraverso l’adozione dei regola-menti comunitari EMAS ed Ecolabel, si pensa dipoter raggiungere l’obiettivo di coniugare ilmiglioramento ambientale con le esigenze dicompetizione del mercato.Fra i più diffusi prodotti di reporting, i rapportiambientali possono essere definiti in base alleseguenti tipologie: rapporti intertematici sullo statodell’ambiente (anche basati su indicatori, compren-denti rapporti in senso stretto e relazioni), compendistatistici, rapporti tematici, altro (rapporti politici, studispeciali, documenti annuali di agenzie).Nell’ultimo decennio, in Italia, le attività relative alreporting ambientale hanno fatto registrare unsignificativo sviluppo con un incremento delnumero di prodotti di diffusione, in particolare direlazioni ambientali a livello nazionale e territoriale.Da un’analisi effettuata, nel mese di gennaio 2011,sui siti web istituzionali delle regioni e delleARPA/APPA emerge che 12 amministrazioni terri-toriali hanno divulgato, attraverso il proprio sitoweb, l’edizione 2009 della Relazione sullo statodell’ambiente (e/o di altre tipologie di rapporto acarattere intertematico).Da un’analisi effettuata, nel mese di dicembre2010, sui siti web istituzionali delle province e delleARPA/APPA emerge che 47 province su 103 hannodivulgato, attraverso il proprio sito web, i rapportiambientali intertematici editi nel periodo 2000-2010,

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manifestando così attenzione sia verso le problema-tiche ambientali sia verso l’obiettivo di ampliare laconsapevolezza dei cittadini mediante unamaggiore accessibilità all’informazione ambientaleon line. In particolare, l’area maggiormente virtuosaper la diffusione di rapporti ambientali è il Nord-Ovest, con 16 province su 24 che hanno pubblicatoon line almeno un rapporto sullo stato dell’ambiente(rapporto intertematico). Per quanto riguarda l’informazione ambientale suweb, il monitoraggio del 2009 rileva un andamentosostanzialmente stabile rispetto all’anno prece-dente per tutte le variabili osservate. Si confermail ruolo fondamentale del web della diffusionedell’informazione ambientale.

Per quanto riguarda la comunicazione ambientalesu web, nel 2009, si rileva un uso sostanzialmentestabile di tutti gli strumenti di comunicazione giàrilevati negli anni precedenti, ad eccezione dei“Sondaggi on line”, di cui invece si segnala un incre-mento di utilizzo rispetto al 2008.La rete delle biblioteche e dei centri di documen-tazione specializzati nelle tematiche ambientali

0 5 10 15 20 25n.

2009-siti attivi 24 2008-siti attivi 23 2007-siti attivi 23 2006-siti attivi 23 2005-siti attivi 22 2004-siti attivi 23 2003-siti attivi 23

Lingue straniere

Documenti scaricabili

Aree tematiche

Bollettini

Banche dati

Guida ai servizi

Rassegna stampa

RSS Feed

Newsletter

Riviste on line

Andamento dell’informazione ambientale su web

STRUMENTI PER LA CONOSCENZA

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presenti sul territorio nazionale contribuisce vali-damente alla diffusione delle informazioni e delleconoscenze nel campo della protezione ambien-tale e delle scienze della Terra, attraverso l’eroga-zione di vari servizi. Uno dei canali privilegiati messi a disposizionedell’utenza interna ed esterna è il sito web, chesvolge il ruolo di porta di accesso alle molteplicirisorse informative disponibili, in particolar modoattraverso la consultazione del catalogo on-line(OPAC). L’analisi dei servizi e delle risorse informa-tive offerte dalle biblioteche e/o centri di docu-mentazione specializzati nelle tematiche ambien-tali del Sistema agenziale continua a mostrare unadistribuzione non uniforme e un livello di opera-tività disomogeneo sul territorio nazionale. Sonomolte le Agenzie ambientali che non possiedonouna biblioteca o un centro di documentazione, néservizi bibliotecari propriamente detti.In Italia l’offerta di iniziative di educazione ambien-tale e di corsi di formazione, da parte di soggettiistituzionali e non, è molto varia ma frammentata.Negli ultimi anni, inoltre, si è verificata un’inversionedi rotta rispetto agli intenti di coordinamento e diunificazione dei programmi, almeno a livellonazionale, con l’evidente battuta di arresto subitadal Programma INFEA. Nel 2009, le iniziative di educazione ambientalepromosse dal Sistema agenziale sono state 526.Rispetto al target, si registra una prevalenza deiprogetti rivolti alla popolazione scolastica rispettoa quelli rivolti agli adulti, mentre per le attivitàsingole risulta l’esatto contrario. Il maggior numerodi iniziative di educazione ambientale realizzate nel2009 ha riguardato “Biodiversità e aree protette”(283 iniziative). Seguono, in ordine decrescente, letematiche “Uso sostenibile delle risorse” (93),“Rifiuti” (88), “Stili di vita” (72), “Energia” (64),

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“Ambiente e salute” (34), “Cambiamenti climatici”(30) e, infine, “Altre tematiche” (24). Dall’analisi deidati censiti per il 2009, relativi a 12 Agenzieambientali e all’ISPRA, risulta che diverse Agenziehanno perso alcune funzioni all’interno dei sistemiregionali di educazione ambientale. Per quanto riguarda le iniziative di formazione, idati disponibili indicano che nel 2009 le Agenzieper la protezione dell’ambiente e l’ISPRA hannorealizzato un numero di corsi leggermente inferiorerispetto all’anno precedente. Ai corsi hanno parte-cipato 4.500 esperti ambientali e risulta significa-tivamente superiore la percentuale di partecipa-zione femminile, che si attesta al 49% rispetto altotale dei partecipanti.

Per quanto riguarda la penetrazione dei regolamentieuropei EMAS ed Ecolabel, dal 1997 a oggi, è statain continua crescita e con un tasso di incrementoannuo marcato. Soltanto dal 2009 si nota una fles-sione nell’incremento delle registrazioni EMAS.In Europa, l’Italia, per quanto riguarda EMAS, sicolloca al terzo posto dopo la Germania e laSpagna, mentre è al primo posto, seguita dallaFrancia e dalla Danimarca, per Ecolabel. Le regionipiù virtuose per numero di organizzazioni regi-strate EMAS sono: l’Emilia-Romagna, la Toscana, laLombardia e il Trentino-Alto Adige, mentre alquinto posto si colloca la Puglia. Il maggiornumero di licenze Ecolabel si è registrato in Tren-tino-Alto Adige, seguito da Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte e Lombardia.La crescita di EMAS ed Ecolabel non è ancora strut-turale e risente di livelli di sensibilità e/o incentividiversi tra le regioni e i settori produttivi.Per quanto riguarda il marchio Ecolabel-UE, dal1998 al 2009 sono state rilasciate 332 licenzeEcolabel per un totale di 10.169 prodotti/servizi

STRUMENTI PER LA CONOSCENZA

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etichettati. Il trend risulta positivo sia per le licenzesia per i prodotti/servizi. Nell’ultimo anno l’incre-mento maggiore si è avuto nel settore del turismo.Nonostante in Italia siano disponibili sul mercato oltre10.169 prodotti, beni e servizi certificati, la cono-scenza del marchio Ecolabel da parte del grandepubblico, così come del logo EMAS, continua a esserescarsa e non ancora in grado di influenzare l’evolu-zione del mercato verso il “mercato verde”.

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Totale certificati di registrazione rilasciati Numero di registrazioni per anno

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2001

2003

2005

2007

2009

Evoluzione del numero dei cer tificati di r egi-strazione EMAS rilasciati in Italia

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1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009Dic.

n.

Prodotti Licenze

Evoluzione delle licenze e dei prodotti/ser viziEcolabel – UE in Italia

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Note

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INFORMAZIONI LEGALI

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale(ISPRA) e le persone che agiscono per conto dell’Istituto stessonon sono responsabili per l’uso che può essere fatto delleinformazioni contenute in questo Rapporto.

La Legge 133/2008 di conversione, con modificazioni, deldecreto Legge 25 giugno 2008, ha istituito l’ISPRA - L’IstitutoSuperiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. L’ISPRAsvolge funzioni che erano proprie dell’Agenzia per la Prote-zione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (ex APAT), dell’Isti-tuto Nazionale per la Fauna Selvatica (ex INFS) e dell’IstitutoCentrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata alMare (ex ICRAM).

ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca AmbientaleDipartimento Stato dell’Ambiente e Metrologia AmbientaleServizio progetto speciale Annuario e Statistiche ambientaliVia Vitaliano Brancati, 48 – 00144 ROMAwww.isprambiente.it

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Elaborazione grafica: ISPRA

Grafica di copertina: Franco Iozzoli, ISPRAFoto di copertina: Paolo Orlandi, ISPRA

Coordinamento tipografico: ISPRA

Amministrazione: Olimpia Girolamo, ISPRA–Settore Editoria

Distribuzione: Michelina Porcarelli, ISPRA-Servizio Comunicazione

Finito di stampare nel mese di maggio 2011dalla Tipolitografia CSR - Via di Pietralata, 157 - 00158 RomaTel. 064182113 (r.a.) - Fax 064506671

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