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VADEMECUM VADEMECUM 2008 Celiachia Supplemento n 2 a Celiachia Notizie n. 197 del 23/03/91 presso il Tariffa R.O.C. (ex tab.B)- Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB PD Anno XXVII n. 66 - Marzo 2008 - Reg. Trib. di Milano -

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a cura della Associazione Italiana Celiachia

Vademecum Celiachia

Vademecum Celiachia

Edizione Maggio 2008Progetto Grafico & Impaginazione: Giusy Cappellotto Stampa: Tipografia Scarpis - Conegliano TvTiratura: 130.000 copie

Ad AnnaMaria e Franco,indimenticati amici

che ci hanno fatto il regalo di passare nelle nostre vite

1Presidente Comitato Scientifico Nazionale AIC2Coordinatore Scientifico del Vademecum

3Presidente Associazione Italiana Celiachia

1 2 3Umberto Volta , Carlo Catassi e Adriano Pucci

Presentazione

D opo sei anni ecco il nuovo vademecum, pubblicazione che continua a mantenere il ruolo d'informatore di tutto il pianeta celiachia per i soci di AIC.

Da tempo AIC aveva la necessità di ristampare un vademecum aggiornato delle tante novità in-tervenute in ogni area d'interesse dei celiaci.

I molteplici impegni degli ultimi tempi e la perdita prematura di due grandi amici e volontari d'AIC, quali sono stati Franco Lucchesi ed AnnaMaria Vallesi, mai dimenticati, sono la causa princi-pale dei continui rinvii.

Questo vademecum è dedicato a Franco e ad AnnaMaria che, come volontari, tanto hanno fat-to per la nostra Associazione e, in definitiva, per la causa dei celiaci e per il miglioramento della loro qualità di vita.

L'attuale testo è stato progettato con l'obiettivo di fornire un'informazione completa delle varie aree di intervento di AIC, dal settore medico/scientifico all'alimentazione, dall'attività istituzionale nazionale ed internazionale alla legislazione a favore dei celiaci che, in particolare negli ultimi tempi, si è arricchita di importanti capitoli: dalla legge 123/05 al recepimento e pubblicazione sulla G.U. del 7 Febbraio 2008 delle linee guida per la diagnosi e il follow up della celiachia, linee guida che il no-stro Comitato Scientifico Nazionale (CSN) ha elaborato con impegno ed alta professionalità.

Abbiamo così cercato di spiegare nel dettaglio la struttura e le attività di AIC in Italia e nella Fe-derazione europea dei celiaci (AOECS), dove siamo fortemente impegnati per favorire la nascita e lo sviluppo dei tanti progetti già avviati o realizzati in Italia, specie nei settori dell'alimentazione e del-la ricerca scientifica, che rappresentano ancora oggi i temi di maggiore interesse.

Il presente testo contiene importanti interventi sugli organismi internazionali competenti per l'alimentazione (Codex, EFSA, ecc.), che tanto ruolo hanno nella definizione delle regole e dei para-metri che possono influire sulla salute delle popolazioni, oltre che la sintesi della normativa interna-zionale in materia di etichettatura degli alimenti.

Abbiamo anche cercato di approfondire argomenti alquanto delicati che, a volte, hanno creato dubbi ed incomprensioni tra i nostri soci. Mi riferisco in particolare all'indennità di frequenza, con annessa invalidità, ed ai rapporti tra AIC e aziende del settore dietoterapeutico.

AIC - Vademecum 2008 7

Per l'alimentazione, dentro e fuori casa, sono state trattate tutte le attività e i risultati conseguiti negli &

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ultimi anni, quali:l'uso dei farmaci, la Comunione con ostia a basso contenuto di glutine, la quantità max di glutine ammessa nei prodotti dietoterapeutici in funzione della sua tossicità e delle abitudini alimentari delle popolazioni coinvolte dall'intolleranza,il Prontuario degli Alimenti del libero commercio,la Guida per l'Alimentazione Fuori Casa,la concessione del logo Spiga Barrata

Il vademecum presenta inoltre il quadro completo della celiachia sotto l'aspetto medico/scien-tifico e della ricerca in Italia e nel mondo.

Lo sviluppo delle conoscenze in tema di malattia celiaca non si è arrestato ed in questi ultimi an-ni sono state raggiunte nuove preziose acquisizioni sul piano della presentazione clinica, della gene-tica e della diagnostica, che troverete descritte nei vari articoli della presente edizione. Tutto ciò ha consentito in poco tempo di raddoppiare letteralmente il numero delle diagnosi nel nostro paese, passando dalle 40.000 diagnosi del 2002 alle attuali 80.000. L'applicazione del protocollo diagnosti-co, già condiviso ed utilizzato su tutto il territorio nazionale prima ancora della sua pubblicazione sulla G.U., ha consentito anche di verificare la certezza della diagnosi, così importante per coloro che, a fronte del riscontro della celiachia, si trovano costretti a dover cambiare completamente le proprie abitudini alimentari e lo stile di vita con indubbie ripercussioni, in una certa percentuale di casi, anche sul piano psicologico.

La ricerca scientifica non si ferma e va avanti proponendo nuove grandi sfide e traguardi da rag-giungere. Tra queste figurano lo studio dei modelli animali e dei meccanismi di lesione e soprattutto il tema di maggior attualità, rappresentato dallo sviluppo di terapie alternative alla dieta aglutinata o di un vaccino in grado di sconfiggere la celiachia. L'impegno dei ricercatori italiani nello sviluppo di questi progetti merita tutto il sostegno possibile da parte dei soci sempre più numerosi dell'AIC i quali, aiutando la ricerca, potranno favorire il raggiungimento di quei traguardi che consentiranno di migliorare la loro qualità di vita.

Siamo convinti che l'attenta lettura di questo libro fornirà un quadro esauriente del lavoro fatto e dei risultati ottenuti in questi anni, aumentando ancora di più il senso di appartenenza dei celiaci italiani all'Associazione Italiana Celiachia.

AIC, per conquistare altri traguardi e mantenere i diritti acquisiti, necessita di consolidare il ruo-lo di rappresentanza della categoria e il potere contrattuale nei confronti delle istituzioni, che sono direttamente proporzionali al numero dei soci.

L'esperienza pluriennale nell'Associazione ci ha fatto comprendere che spesso è molto più im-portante, e difficile, mantenere i diritti che conquistarli. Consegniamo questa massima a tutti i letto-ri del vademecum, ricordando che c'è bisogno di tutti, anche del singolo volontario, e non solo quan-do l'organizzazione nasce o cresce, ma soprattutto quando si consolida e diventa il punto di riferi-mento di migliaia di famiglie.

Desideriamo ringraziare tutti coloro i quali hanno consentito di realizzare quest'importante ope-ra editoriale, tutti i nostri consulenti scientifici, gli altri esperti e, in particolare, il prof. Silano e il dr. De Giovanni, valenti ed importanti dirigenti ministeriali che, dopo l'andata in pensione, hanno of-ferto la collaborazione volontaria ad AIC mettendo a disposizione la grande professionalità ed espe-rienza maturata in una vita di lavoro. Queste persone saranno preziose per intensificare e migliorare i rapporti istituzionali della nostra organizzazione.

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Gli aspetti medici della celiachia

Gli aspetti medici della celiachia

Struttura Semplice di Gastroenterologia PediatricaClinica Pediatrica IRCCS “Burlo Garofolo”Trieste

La storia della celiachia, ovvero la “vecchia celiachia”

La scoperta dell'iceberg : la “nuova celiachia”

P ossiamo far risalire l'inizio della storia della celiachia all'antica Grecia, quando, Areteo di Cappadocia, nel 250 d.C. scriveva dei keiliakos, “coloro che soffrono negli intestini” senza peraltro capire la correlazione tra la patologia e l'assunzione di glutine.

Nel 1856 il termine viene tradotto da Francis Adams dal greco all'inglese in “celiaci” e pochi an-ni dopo, nel 1888, un medico olandese, Samuel Gee, descrisse i sintomi dettagliati di questa condi-zione. Alla metà del XX° secolo fu chiarito in modo definitivo come la celiachia provocasse la lesio-ne dei villi intestinali e il conseguente malassorbimento e come questo fosse alla base dei sintomi. Da allora, e fino alla fine degli anni '80, poco era cambiato.

La celiachia era considerata una patologia relativamente rara, con una prevalenza di 1 caso ogni 2000-3000, con esordio quasi esclusivamente pediatrico e chiare manifestazioni intestinali legate al malassorbimento (diarrea cronica, arresto della crescita, malnutrizione).

La biopsia intestinale era l'unico mezzo diagnostico per dimostrare la tipica lesione intestinale (appiattimento dei villi intestinali) e doveva essere ripetuta in dieta senza glutine e successivamente dopo la reintroduzione dello stesso, per confermare la dipendenza della lesione intestinale dall'as-sunzione del glutine. Fortunatamente nella pratica clinica molte volte la chiara risposta clinica alla dieta era sufficiente per la conferma diagnostica.

Peraltro già negli anni 80 veniva segnalato che l'intolleranza al glutine fosse particolarmente fre-quente nell'Irlanda occidentale, con una incidenza di un caso ogni 450 soggetti.

Tale “anomalia” veniva spiegata allora, dal Prof. Brian McNicholl, in base al cambiamento delle abitudini alimentari del popolo irlandese che da una alimentazione quasi esclusivamente basata sul consumo della patata aveva iniziato, nel novecento, a consumare in modo massiccio il frumento.

Oggi sappiamo invece che la frequenza della celiachia, in tutti i paesi europei ma anche negli Sta-ti Uniti e pure nei paesi non occidentali, è molto più elevata della stessa frequenza riportata negli an-ni ‘70 in Irlanda (0.5-1 % rispetto allo 0.2 % allora segnalato).

Fu grazie all'introduzione di mezzi diagnostici semplici e non invasivi, per primi gli anticorpi an-tiglutine, dotati di buona sensibilità e specificità, e quindi capaci di selezionare in modo non invasivo

La frequenza in Italia e nel mondo

Stefano Martelossi

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i soggetti con forte sospetto clinico, ed applicabili su ampie fette di popolazione, che l'epidemio-logia della celiachia cambiò radicalmente negli anni ‘90.

Il primo lavoro multicentrico italiano condotto su una popolazione di 17.000 studenti dimostrò come la frequenza della celiachia fosse molto elevata (1:180) e come molti dei soggetti diagnosticati non presentassero i classici sintomi gastrointestinali, ma sintomi più sfumati (dolori addominali ri-correnti, anemia) e una parte fosse completamente asintomatica.

Gli screening di popolazione introdussero il concetto della celiachia come “iceberg”.La parte emersa, la celiachia cosiddetta tipica (con sintomi gastrointestinali) era solo una piccola

parte, mentre quella “sommersa”, la celiachia atipica (con sintomi extraintestinali) e silente (presen-za di positività per anticorpi specifici e di danno intestinale caratteristico, ma assenza di qualunque patologia correlata al glutine) era la parte più rilevante.

Oggi sappiano che per ogni soggetto con franchi sintomi gastrointestinali esistono almeno 7-8 soggetti affetti da celiachia atipica o silente.

Negli ultimi anni l'introduzione nella diagnostica sierologica degli anticorpi antiendomisio (EMA) ma soprattutto dei nuovi anticorpi antitransglutaminasi (anti-tTG), dotati di elevatissima sensibilità e specificità, e il loro utilizzo in screening di popolazione ne confermarono l'elevata fre-quenza portando la prevalenza vicino, e a volte più, di 1 caso ogni 100.

Da segnalare 2 studi: uno su una popolazione di 3800 studenti della città di Trieste che dimostra una frequenza di 1:96 e un importante studio americano condotto presso l'Università del Maryland condotto su un campione di oltre 13 mila persone che ha fornito un dato di incidenza della malattia pari a 1 caso su 100 nati. In questo modo la celiachia è entrata prepotentemente anche negli Stati Uniti dove per anni era considerata una patologia rara (1 caso ogni 10.000).

Una patologia quindi piuttosto comune che ha acquisito una dimensione sociale, al punto che si discute se sia opportuno uno screening di tutta la popolazione giovanile, allo scopo di prevenire le possibili complicanze della celiachia mediante un tempestivo trattamento dietetico. I celiaci in Italia, infatti, sarebbero circa 500.000, ma ne sono stati diagnosticati meno di 100.000 a causa sia dell'ete-rogeneità clinica della malattia che della scarsa conoscenza della “nuova celiachia” da parte del medi-co.

Contemporaneamente agli studi su popolazione la ricerca si è concentrata sulla ricerca della ce-liachia nei gruppi a rischio.

Prima di tutti i familiari di primo grado, nei quali la frequenza della celiachia risultò essere di 10-15% volte superiore alla popolazione generale e per i quali oggi è indicato lo screening sierologico.

Ma la celiachia risulta essere più frequente anche in alcune malattie genetiche/cromosomiche, come le sindromi di Down, di Turner e di Williams con frequenza vicina a 10%.

Inoltre negli ultimi anni è stata dimostrata la correlazione tra celiachia e malattie autoimmuni co-me il diabete insulino-dipendente, la tiroidite, la cirrosi biliare, l'epatite autoimmune, la sindrome di Sjogren, l'alopecia e la miastenia gravis.

Ancora oggi non è chiarito quanto questa associazione sia casuale, dovuta quindi ad un substra-to genetico comune, e quanto invece sia causale, cioè quanto una prolungata esposizione al glutine possa influire sull'esordio della patologia autoimmune, come alcuni studi paiono suggerire.

In definitiva è oggi accettato che i soggetti affetti da patologia autoimmune siano, come gli altri gruppi a rischio, sottoposti a periodico screening sierologico della celiachia.

La conoscenza della reale frequenza della celiachia nella popolazione generale, della possibilità

La frequenza nei gruppi a rischio

La frequenza in Italia e nel mondo

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di esordio della malattia anche con manifestazioni esclusivamente extraintestinali a qualsiasi età e di gruppi a rischio nei quali la malattia è molto frequente, permettono oggi, in mancanza della possibi-lità di screening di popolazione, di attuare programmi di “case finding” con la collaborazione dei medici di medicina generale. Tale strategia permetterà di aumentare il numero di casi diagnosticati in modo da svelare nel miglior modo la parte sommersa dell'iceberg (fig. 1).

Per molti anni si è creduto che la celiachia fosse un problema esclusivo dei Paesi occidentali, do-ve erano stati eseguiti i primi studi epidemiologici.

In realtà oggi molti studi hanno dimostrato l'elevata frequenza anche nei Paesi in via di sviluppo, come l'Africa del Nord, il Brasile, l'Iran, l'India e la Turchia.

In questi Paesi il quadro della celiachia è spesso drammatico e si sovrappone al grave problema della malnutrizione endemica e delle infezioni gastrointestinali (prima causa di morte in molti di que-sti Paesi) oltre che al difficile reperimento di cibi senza glutine.

Per tale motivo oggi esistono programmi di aiuto e di formazione delle popolazioni più colpite dalla celiachia, come il popolo Saharawi, dove la frequenza risulta essere estremamente più elevata e dove più difficile è l'applicazione del programma dietetico.

In definitiva oggi la celiachia si è “globalizzata”, risulta essere una delle patologie croniche più elevate con una frequenza in tutto il mondo di 1 caso ogni 100, causa di elevata morbilità e suscettibile di un trattamento altamente efficace.

La celiachia si configura quindi, per prevalenza, morbilità e modalità di trattamento (la dieta senza gluti-ne) una malattia sociale, di interesse non solo di tutta la classe medica (e non esclusivamente dei gastroentero-logi) ma di tutta la società di “tutto il mondo” (Tab. 1).

La frequenza è elevata in tutto il mondo

1:5000

1:500 –1:250

1:150

1:90

DiarreaDifetto, di crescita

AnemiaDifetto staturale isolatoOsteopeniaIpertransaminasemiaMalattie della cute

Malattie autoimmuni

Screening di popolazione

La frequenza in Italia e nel mondo

PaeseSveziaFinlandiaIrlandaDanimarcaEstoniaUsaItalia

Base clinica1:3001:10001:10001:4000

1:10.0001:15.000

1:500/8000

Screening1:2001:2501:1001:2501:3001:1111:100

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Fig. 1. Frequenza della celiachia in base al quadro clinico

Tab. 1. Frequenza della celiachia diagnosticata su base clinica o attraverso screening di massa

Il ruolo dei geni e dell’ambiente

Antonio Calabrò

Dipartimento di Fisiopatologia Clinica, Università di Firenze

L a celiachia è una condizione geneticamente determinata, caratterizzata da intolleranza per-manente al glutine di frumento ed alle proteine corrispondenti di segale e orzo. Sebbene i fattori responsabili non siano ancora completamente chiariti, è ormai evidente che il dan-

no della mucosa intestinale e le conseguenti manifestazioni cliniche rappresentano il risultato finale di complesse interazioni fra geni e ambiente. Infatti, pur esistendo una chiara predisposizione fami-liare (il 10% circa dei parenti di primo grado dei pazienti celiaci sono a loro volta affetti da celiachia), la trasmissione della malattia non segue il classico pattern di tipo mendeliano, a conferma dell'ipo-tesi di una eziopatogenesi poligenica multifattoriale. Nelle malattie poligeniche multifattoriali quali, ad esempio, il diabete tipo 2 e l'ipertensione, molteplici geni interagiscono con l'ambiente, aprendo un varco allo sviluppo della malattia.

Ma che cosa sono i geni? Il gene rappresenta l'unità strutturale e funzionale dell'ereditarietà. In termini molecolari, un gene è una successione lineare di unità chimiche semplici, definite nucleotidi; una molecola di DNA (acido deossiribonucleico) è costituita da quattro differenti tipi di nucleotidi, ognuno dei quali rappresenta una "lettera" del codice genetico.

Quando un gene è attivato, l'informazione che vi è contenuta viene decodificata e tradotta in una proteina che può avere funzioni diverse (ad esempio costituire un ormone, oppure un recettore o un enzima). L'azione combinata delle varie proteine, dà luogo ai caratteri visibili degli organismi (ad esempio altezza, colore degli occhi e dei capelli).

Grazie al lavoro di Mendel, risalente alla seconda metà dell'Ottocento, oggi sappiamo come i ge-ni vengono trasmessi dai genitori ai figli. Negli organismi diploidi, geni che codificano per la mede-sima funzione (alleli) vengono trasmessi separatamente da una generazione all'altra ed il loro effetto può essere seguito di generazione in generazione. Questo conduce al concetto di geni dominanti o recessivi, che riguarda l'espressione del fenotipo e non il gene di per sé. Il fenotipo dominante è un carattere che viene espresso nell'eterozigote; quello recessivo rimane invece silente nell'eterozigote. Vediamo adesso quali sono i geni coinvolti e quale è il loro contributo relativo nella eziopatogenesi della malattia celiaca.

Ruolo dei geni

Un metodo relativamente semplice per comprendere il differente contributo dei geni e dall'ambiente nelle malattie multifattoriali è quello di esaminare la concordanza di malattia in gemel-

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li monozigotici (MZ) e dizigotici (DZ), cresciuti nello stesso ambiente o in ambienti diversi. Attra-verso studi di questo tipo, è stato dimostrato che la concordanza di malattia in gemelli MZ è di circa l'80%, superiore addirittura a quella riscontrabile nel diabete di tipo 1 (insulino-dipendente o giova-nile). Questo dato, se da una parte sottolinea l'assoluta rilevanza dell'aspetto genetico, dall'altra dimo-stra che fattori esterni o ambientali sono comunque necessari per lo sviluppo della celiachia.

Per quanto riguarda il primo aspetto, è ormai ampiamente noto che la malattia celiaca è stretta-mente correlata ad alcuni geni HLA. Questi geni fanno parte del sistema maggiore di istocompati-bilità, localizzato sul cromosoma 6, in una regione (6p21) di considerevole interesse dal punto di vi-sta immunologico, denominata CELIAC1. Due geni HLA, in particolare, appaiono indispensabili per lo sviluppo della celiachia: il DQ2 ed il DQ8. DQ2 e DQ8 sono glicoproteine espresse sulla su-perficie delle cellule APC (Antigen Presenting Cells) del sistema immunitario, costituite da due cate-ne diverse, a e b, e perciò dette eterodimeri. Le catene a e b sono codificate dai geni DQA1 e DQB1 rispettivamente. Gli alleli DQA1*05 e DQB1*02 codificano per l'eterodimero DQ2 e gli alleli DQA1*03 e DQB1*0302 per l'eterodimero DQ8.

Nella popolazione italiana, il DQ2 è presente nell'81% e il DQ8 nel 10% dei bambini celiaci, ma soltanto nel 22% e nel 7%, rispettivamente, dei soggetti di controllo; un ulteriore 8% dei celiaci pre-senta solo il DQB1*02 (6%) o la catena a (DQA1*05) dell'eterodimero DQ2 a rischio. Soltanto in rari casi non è documentabile nessuna delle precedenti combinazioni; questa osservazione spiega l'elevato significato diagnostico predittivo negativo della tipizzazione genetica HLA.

L'importanza della stretta associazione tra malattia celiaca ed antigeni di istocompatibilità di clas-se II risiede nel fatto che antigeni di natura peptidica, specie se di piccole dimensioni, sono ricono-sciuti dai linfociti solo quando complessati con antigeni HLA. L'interazione tra questi (specie il DQ2) ed i frammenti immunodominanti della gliadina determina l'attivazione dei linfociti T, i cui prodotti di secrezione, specie l'Interferon g (IFN g) ed il Tumor Necrosis Factor a (TNF-a) svolgo-no un ruolo chiave nel determinismo delle lesioni mucosali. A conferma di tale ipotesi, cloni di lin-fociti T CD4+ glutine-specifici, DQ2 o DQ8 ristretti, sono stati isolati dalla mucosa intestinale di soggetti celiaci esposta in vitro a peptidi tossici della gliadina.

Altri geni sono certamente coinvolti nella eziopatogenesi della celiachia. A sostegno di ciò sta l'osservazione che in gemelli DZ (quindi con geni diversi) ma identici per ciò che concerne i geni HLA, la concordanza di malattia è soltanto del 35% circa.

Recentemente, attraverso studi condotti su ampi gruppi di soggetti celiaci, è stata suggerita l'importanza di polimorfismi a carico di una serie di geni implicati nella regolazione della risposta im-munitaria e dell'infiammazione. Zone di particolare interesse, dal punto di vista genetico, sono state identificate nel braccio lungo del cromosoma 2, in una regione (2q33) definita CELIAC3, conte-nente i geni CD28, CTLA4 (Cytotoxic T-Lymphocyte-associated Antigen 4) e ICOS (Inducible CO-stimulator genes), nel braccio lungo del cromosoma 5 e nel braccio corto del cromosoma 19. La regione 5q31-33, definita anche CELIAC2, contiene una serie di geni codificanti per molecole coinvolte nella attivazione delle cellule T, citochine e sostanze pro-infiammatorie. Di particolare in-teresse appare la regione definita CELIAC4 sul cromosoma 19 (19p13), contenente il gene per la miosina 9B (MYO9B), una proteina del citoscheletro in grado di regolare la permeabilità intestina-le: una variante genetica di questo gene è risultata infatti essere associata al rischio di sviluppo di ce-liachia nella popolazione olandese; studi successivi, condotti in numerosi altri paesi, fra cui anche l'Italia, non hanno tuttavia confermato questa associazione. Più recentemente, un singolo polimor-fismo nucleotidico a carico del gene MYO9B è risultato essere però associato al rischio di sviluppo di due temibili complicanze della celiachia, la sprue refrattaria ed il linfoma intestinale a cellule T (EATL o Enteropathy-associated T-cell lymphoma).

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Il ruolo dei geni e dell’ambiente

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Volendo sintetizzare, è possibile immaginare che i geni HLA esercitino un ruolo preminente, ne-cessario ma non sufficiente, per lo sviluppo della celiachia; gli altri geni, di volta in volta segnalati in singoli studi ma non replicati in altri, potrebbero essere invece implicati, a seconda delle popolazio-ni interessate, nel determinare aspetti clinici peculiari della celiachia. È stato ad esempio dimostrato che un particolare polimorfismo del gene MIC-A è associato con lo sviluppo di forme atipiche della malattia celiaca; la prevalenza di questo polimorfismo sembra essere comunque diversa a seconda delle popolazioni e questo potrebbe contribuire a spiegare eventuali differenze nel pattern di pre-sentazione clinico della celiachia in differenti regioni geografiche.

Se sulla base delle considerazioni sopra esposte i geni sembrano svolgere un ruolo fondamenta-le nella eziopatogenesi della celiachia, ancor più importante è il contributo dei fattori esterni o am-bientali, intesi come l'insieme di tutti gli elementi in grado di influenzare lo sviluppo della malattia. Questo è dimostrato dal fatto che nessun individuo, anche il più profondamente suscettibile dal punto di vista genetico, svilupperebbe la celiachia, se non assumesse glutine per tutta la durata della vita. A questo punto, analizziamo sinteticamente quale è il ruolo svolto da questi fattori.

Il glutine, uno dei principali componenti dell'endosperma del grano, è un aggregato proteico ete-rogeneo per composizione: sebbene privo di potere nutritivo rilevante, esso conferisce particolare qualità alla farina di frumento, essendo dotato di un potere addensante o “collante” che facilita il processo di panificazione. Questo spiega le difficoltà incontrate nel fare il pane con farine di cereali prive di glutine, come quella di mais. Il potere addensante del glutine è particolarmente utile nell'a-malgamare sostanze diverse e per questo motivo viene sfruttato nell'industria alimentare ed in quel-la farmaceutica.

Le peculiari proprietà visco-elastiche del glutine sono da attribuire al complesso network for-mato da due gruppi di proteine: le gliadine e le glutenine. Le gliadine, rappresentanti circa il 45% di tutte le proteine del seme di grano, sono proteine monomeriche (a singola catena), solubili in etano-lo, di peso molecolare variabile da 28 a 70 kDa. Mediante elettroforesi le gliadine possono essere di-stinte in quattro diverse frazioni, denominate a, b, g e w; a loro volta, le diverse frazioni sono classifi-cabili in tre diversi sottogruppi, sulla base della omologia di sequenza della porzione NH2-terminale: due gruppi corrispondenti alle gliadine g e w; il terzo comprendente le gliadine a e b; le gliadine di un singolo cultivar di frumento possono essere distinte in 45-50 diversi polipeptidi, me-diante elettroforesi bidimensionale. Le glutenine, estraibili in acido acetico, sono proteine polimeri-che, costituite da subunità HMW (high molecular weight) e LMW (low molecular weight). Anche in questo caso, mediante elettroforesi bidimensionale è possibile separare almeno 40 differenti subu-nità. In sintesi, una singola specie di grano contiene da 65 a 80 diverse molecole di gliadine e gluteni-ne, collettivamente definite prolamine.

Sebbene l'attività "tossica" del glutine sia stata inizialmente attribuita alla frazione a della gliadi-na, studi successivi, sia in vivo che in vitro, hanno evidenziato che anche le g- e w-gliadine e le glute-nine sono in grado di indurre danno della mucosa intestinale, così come le prolamine di cereali affi-ni, come l'orzo (ordeine), la segale (secaline) e l'avena (avenine). Per quanto riguarda quest'ultima, oc-corre tuttavia sottolineare che i dati disponibili in letteratura, sono ancora piuttosto contrastanti.

La scoperta di un frammento immunodominante dell'a-gliadina (peptide 57-73), in grado di sti-molare cloni di linfociti T isolati anche dal sangue periferico di soggetti celiaci, ha inizialmente solle-

Fattori ambientali

Glutine

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vato la speranza di poter arrivare alla produzione di un "vaccino"; studi successivi hanno purtroppo dimostrato che sequenze immunodominanti sono presenti non soltanto in varie frazioni della glia-dina, compresa l'w-gliadina, ma anche delle glutenine. Enorme interesse ha suscitato la scoperta che la gliadina non è completamente digeribile dagli enzimi presenti nello stomaco, nel succo pancreati-co o sull'orletto a spazzola degli enterociti; in particolare è stato identificato un frammento di 33 am-minoacidi dell'a2-gliadina, non ulteriormente digeribile (denominato 33-mer), caratterizzato dal fat-to di contenere sequenze overlapping di peptidi immunostimolanti. Un aspetto che per alcuni anni è stato piuttosto trascurato è rappresentato dalla dimostrazione che un'altro frammento di 13 ammi-noacidi (peptide 31-43) dell'a-gliadina, sebbene dotato di scarsa attività immunogena, è in grado di indurre apoptosi degli enterociti su espianti di mucosa intestinale di soggetti celiaci. Queste osser-vazioni hanno ormai definitivamente permesso di comprendere che il glutine esercita un effetto dannoso sulla mucosa intestinale del paziente celiaco attraverso due distinti meccanismi: uno con-cernente la stimolazione dei linfociti T della mucosa intestinale (cosiddetta immunità adattativa), l'altro un effetto tossico diretto (immunità innata). Per maggiori dettagli sui meccanismi patogeneti-ci responsabili della malattia celiaca, si rimanda tuttavia al capitolo successivo.

Fattori ambientali diversi dal glutine e dalle proteine ad esso correlate sono stati già da tempo presi in considerazione per spiegare la patogenesi della malattia celiaca. È stato, per esempio, docu-mentato come l'A-gliadina, ed il peptide E1b dell'adenovirus 12 (Ad12), un sottotipo di adenovirus abitualmente isolato dal tratto gastrointestinale, possiedono numerose omologie nella sequenza aminoacidica. Si è supposto quindi che l'organismo umano, una volta entrato in contatto con l'adenovirus, produca anticorpi diretti contro specifiche proteine di origine virale, i quali, per reazio-ne crociata, risultano attivi anche contro frammenti della gliadina. A sostegno dell'ipotesi che un'eventuale infezione da Ad12 potesse essere coinvolta nella patogenesi della malattia, è stato di-mostrato che l'89% dei soggetti celiaci presenta evidenza di pregressa infezione da Ad12, rispetto al 17% dei controlli, mentre non esiste alcuna differenza fra i due gruppi di pazienti nella frequenza di infezione da parte di adenovirus di tipo diverso o da altri virus intestinali, quali l'echovirus. Questa ipotesi non ha tuttavia ricevuto conferme in studi successivi ed oggi appare decisamente superata.

Considerazioni analoghe possono essere fatte a proposito dell'infezione da Candida. Lasciando da parte il frequente riscontro di infezioni recidivanti da Candida albicans in donne affette da celia-chia (questo dato potrebbe tuttavia avere altre spiegazioni), è stato provato che un importante fatto-re di virulenza della Candida albicans, la proteina di rivestimento HWP1 (Hyphal Wall Protein 1), contiene sequenze amminoacidiche praticamente identiche (altamente omologhe) a quelle presenti nelle frazioni a e g della gliadina. Sorprendentemente questa proteina, utilizzata dalla Candida per aderire alla superficie degli enterociti, è un substrato della transglutaminasi tissutale (tTG), l'enzima target della risposta autoimmune che caratterizza il soggetto celiaco. La proteina HWP1, aderendo in maniera covalente, tramite la formazione di crosslinks, alla tTG e ad altri componenti dell'endo-misio (la sottile membranella connettivale che avvolge le singole fibrocellule muscolari lisce), po-trebbe agire da adiuvante, stimolando la produzione di anticorpi anti-transglutaminasi.

Analogamente, grande risalto è stato di recente dato alla scoperta, ad opera di alcuni ricercatori italiani, di un possibile legame fra infezione da rotavirus (responsabile di una gran parte dei casi di diarrea acuta nel bambino) e sviluppo clinico della celiachia; la notizia, con titoli forse "eccessiva-mente" entusiastici, quali "scoperta la causa della celiachia" è stata comunicata nel 2006 addirittura nei telegiornali. Nello studio in questione è stato dimostrato che nel siero di pazienti celiaci al mo-mento della diagnosi, ma non di quelli a dieta aglutinata, è presente un anticorpo diretto verso un

Agenti infettivi

AIC - Vademecum 2008

Il ruolo dei geni e dell’ambiente

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peptide che ha una elevata omologia di sequenza con la proteina VP-7 dei rotavirus, la tTG, la de-smogleina-1 ed il Toll-like receptor 4. L'anticorpo purificato è risultato capace di indurre un aumen-to della permeabilità in una linea di cellule intestinali umane nonchè di stimolare l'attivazione di mo-nociti in coltura. Una conferma indiretta a questa scoperta è stata fornita dalla osservazione quasi contemporanea, in uno studio epidemiologico condotto negli USA, di un preciso rapporto tempo-rale fra infezione da rotavirus e successivo sviluppo della celiachia.

Ovviamente, questi dati non devono essere interpretati nel senso che l'infezione da rotavirus e ancor meno da Candida siano la causa della celiachia. È invece abbastanza probabile che non solo questi agenti infettivi ma anche altri virus, ad esempio quello della mononucleosi infettiva, possano fungere da evento in grado di scatenare, attraverso meccanismi complessi e certamente non ancora perfettamente individuati, le manifestazioni cliniche della celiachia.

Un discorso a parte, per finire, dovrebbe essere fatto per ciò che concerne lo "stress". È, infatti, osservazione comune che la malattia celiaca spesso esordisce in concomitanza oppure subito dopo uno stress di ordine fisico (ad esempio la gravidanza ed i traumi) o anche semplicemente affettivo. Per quanto il concetto di "stress" sia piuttosto vago e di difficile definizione, è importante sottoline-are che alcune molecole coinvolte nei più fini meccanismi responsabili del danno della mucosa inte-stinale nel soggetto celiaco (ad esempio MIC-A), sono tipicamente indotte dallo stress, inteso nella accezione più ampia (per le cellule intestinali anche un innalzamento della temperatura di 3- 4 gradi può costituire uno stress).

In conclusione, dall'insieme dei dati disponibili di ordine epidemiologico, genetico e fisiopato-logico, emerge che la celiachia è il risultato finale di complesse interazioni fra una miriade di fattori endogeni (regolati dai geni) e fattori esterni o ambientali. Un individuo nasce geneticamente predi-sposto a sviluppare la celiachia ma perchè questa si manifesti clinicamente non è sufficiente l'inge-stione di glutine, anche per lunghi periodi di tempo; è necessario il concorso dello stress e di agenti infettivi, probabilmente ancora non del tutto identificati.

Stress

AIC - Vademecum 2008

Il ruolo dei geni e dell’ambiente

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A lcuni cereali sono importanti costituenti della dieta mediterranea, eppure un sempre più crescente numero di individui non può assumerli perché affetto da malattia celiachia o in-tolleranza al glutine, la principale proteina del seme del grano. Proteine analoghe al glutine,

note anche con il nome di prolammine, sono presenti in altri cereali di uso comune quali orzo e sega-le. L'ingestione di glutine e proteine affini scatena nei soggetti intolleranti una forte reazione immu-nitaria principalmente a livello dell'intestino tenue. È questa incontrollata risposta infiammatoria a condurre all'atrofia dei villi intestinali, minuscole sporgenze digitiformi che ricoprono la parete del piccolo intestino e principale via di assorbimento delle sostanze nutritive contenute negli alimenti. L'intestino così danneggiato perde per buona parte la sua capacità di assimilare i nutrienti e l'indi-viduo celiaco manifesta una sindrome da malassorbimento, caratterizzata da diarrea, ritardo di cre-scita e deficit nutrizionali. Negli ultimi anni sono sempre più frequenti i casi in cui la malattia viene diagnosticata in soggetti che presentano disturbi principalmente extra-intestinali, quali ipertransa-minasemia, disturbi neurologici, infertilità ed anemia. Ne consegue pertanto un quadro clinico e sin-tomatologico molto complesso.

Vediamo più in dettaglio il processo infiammatorio che si innesca nei soggetti celiaci in seguito all'assunzione del glutine.

Innanzitutto osserviamo più da vicino la proteina responsabile della malattia celiaca: il glutine. Il seme del grano, pur essendo costituito principalmente da carboidrati (amido), contiene anche pro-teine necessarie per la crescita del germoglio. Il glutine rappresenta la riserva proteica più importan-te del grano ed è a sua volta costituito da diverse proteine raggruppate in due grosse famiglie: le glia-dine e le glutenine. Sia le gliadine che le glutenine, contenendo elevate quantità di aminoacidi, i costi-tuenti delle proteine, insolubili in acqua quali la glutammina (circa il 40%) e la prolina (circa il 20%), si sciolgono bene solo in soluzioni alcoliche. Il glutine, se dal punto di vista nutrizionale è una prote-ina povera per l'uomo, assume molta importanza nella lavorazione delle farine in quanto conferisce elasticità e viscosità all'impasto proprio per le sue uniche proprietà chimico-fisiche. Le glutenine for-

Glutine: proprietà chimiche e biologiche

mano un complesso reticolo nelle cui maglie vengono intrappolate le gliadine che a loro volta trat-tengono le molecole d'acqua rendendo l'impasto nello stesso tempo soffice ed elastico.

1 2Carmen Gianfrani e Riccardo Troncone 1 Istituto di Scienze dell'Alimentazione, CNR, Avellino

2 Clinica Pediatrica, Università Federico II di Napoli

I meccanismi di malattia

AIC - Vademecum 2008 19

Digestione e assorbimento intestinale

Risposta immunitaria innata

Risposta immunitaria adattativa

Le proteine contenute negli alimenti sono sottoposte ad un lungo processo di digestione mec-canica ed enzimatica che inizia nella bocca grazie alla masticazione e successivamente prosegue nel-lo stomaco, dove vengono spezzettate in frammenti medio-grandi (peptidi) ad opera della pepsina. A livello dell'intestino tenue entrano in azione altri importanti enzimi, quali la tripsina e le endopro-teasi, queste ultime presenti sul cosiddetto “orletto a spazzola” degli enterociti, le cellule che rico-prono il villo intestinale. Sia la tripsina che le endopeptidasi attaccano i residui di proteine riducen-dole in frammenti più piccoli sino a liberare i singoli aminoacidi. Il glutine, a differenza della mag-gioranza delle proteine alimentari, viene digerito con più lentezza in quanto molto resistente alla di-gestione da parte degli enzimi gastro-intestinali, proprio per la sua ricchezza di glutammine e proli-ne. Questa spiccata resistenza alla digestione fa sì che a livello dei villi vengano assorbiti grossi fram-menti proteici del glutine che dal punto di vista immunitario sono cruciali per l'attivazione della rea-zione infiammatoria, come vedremo più avanti.

È noto da tempo che la gliadina contiene un piccolo peptide, il 31-43, particolarmente tossico se messo in contatto con la mucosa intestinale di celiaci. Studi recenti hanno dimostrato che questo peptide non attiva i linfociti T intestinali, ma scatena una risposta immunitaria innata immediata. Attraverso la produzione di interleuchina (IL)-15 da parte delle cellule epiteliali, il 31-43 aumenta l'espressione a livello intestinale di molecole di stress cellulare (MIC e NKG2D) che, interagendo con i linfociti citotossici, mediano il danno dello strato epiteliale del piccolo intestino; inoltre questo peptide, una volta in contatto con le cellule epiteliali intestinali, prolunga l'attività di un importante fattore di crescita, l'EGF, fornendo alle cellule un continuo stimolo proliferativo. Il glutine, quindi, contiene costituenti in grado di “stressare” la mucosa intestinale e di aprire la strada alla risposta im-mune specifica.

Sappiamo che il glutine, oltre al 31-43, contiene molte altre sequenze in grado di stimolare spe-cificamente i linfociti T infiltranti la mucosa intestinale, facendoli proliferare e produrre sostanze

con attività infiammatoria, in particolare l'interferone-gamma (IFN-g). L'individuazione dei peptidi con attività immunostimolante (epitopi) è stata a lungo ostacolata dalla vasta eteroge-neità strutturale delle proteine del glutine e solo l'avvento di sofisticate e costose appa-recchiature di laboratorio (spettrometri di massa) e di lunghe procedure di crescita in vitro dei linfociti isolati da biopsie intestinali (figura 1), ne ha permesso la recente identi-ficazione. Tra i diversi peptidi tossici, un frammento lungo 33 aminoacidi, noto co-me 33-mer, ha mostrato una notevole capa-cità di attivazione dei linfociti T CD4+ in-fiammatori (Th1) in gran parte dei pazienti

+ +

Cultura in vitro dei linfociti T intestinali reattivi alla gliadina

Biopsia intestinale

cellule T cellule feeder

linee di cellule T reattive alla gliadina

gliadina

Figura 1

I meccanismi di malattia

AIC - Vademecum 2008 20

celiaci analizzati; il 33-mer viene definito, per-tanto, il peptide immu-nodominante (Fig 2).

Recentemente è sta-to dimostrato che la gliadina contiene anche peptidi corti in grado di attivare un'altra po-polazione di cellule del sistema immunitario, i linfociti T CD8+ cito-tossici. I linfociti T CD8+ sono considera-ti vere e proprie senti-nelle del sistema immu-nitario, difendendo l'organismo dagli attacchi di virus e altri patogeni e da cellule tumorali, attraver-

so il rilascio di IFN-g o lisando direttamente le cellule infette o trasformate. Pertanto, la scoperta che il glutine attivi anche cellule T CD8+ citotossiche, oltre alle già descritte cellule T CD4+ e ai mecca-nismi dell'immunità innata, dà una chiara idea di quanto siano molteplici e complessi i fattori coin-volti nell'insorgenza della malattia celiaca.

Un ruolo chiave nella tipica lesione celiaca è ricoperto dalle citochine che vengono rilasciate sia dalle cellule dell'immunità innata che adattativa in seguito al contatto con i peptidi del glutine. Tra queste è certamente l'IFN-γ ad avere un ruolo di primaria importanza nella patogenesi della malat-tia, come dimostrato da molti studi. I livelli di IFN-γ sono fortemente aumentati nella biopsia duo-denale prelevata a soggetti celiaci in fase florida di malattia. Questa citochina infiammatoria risulta notevolmente aumentata in frammenti di biopsie di soggetti celiaci in remissione stimolati in vitro con gliadina, e l'aumento si osserva già dopo 30 minuti di cultura. Recentemente nella mucosa inte-stinale atrofica sono stati ritrovati aumentati i livelli anche dell'IFN-α e dell'IL-18, due citochine che mediano la sintesi di IFN-γ e, pertanto, collocate a monte del processo infiammatorio indotto dal glutine.

Normalmente il nostro organismo possiede dei meccanismi in grado di attenuare i forti proces-si infiammatori dovuti ad incontrollate reazioni immunitarie, onde evitare danni irreparabili ai tes-suti e agli organi. Ora sappiamo che anche nell'intestino celiaco sono presenti dei meccanismi di re-golazione, che si attivano molto probabilmente in seguito alla forte produzione di IFN-γ che segue all'ingestione del glutine (figura 2). Si tratta di linfociti T con attività regolatorie (Tr), che attraverso la produzione di sostanze con effetto anti-infiammatorio, quali l'interleuchina (IL)-10, inibiscono in modo specifico la proliferazione dei linfociti T CD4+ intestinali reattivi al glutine (Th1), che come abbiamo visto sono tra i responsabili della patogenesi della celiachia (Figura 2). Resta da stabilire se nei celiaci esiste un primitivo difetto di regolazione della risposta immune nei confronti del glutine.

È noto da tempo che i geni del maggior complesso di istocompatibilità (HLA) contribuiscono alla predisposizione genetica per la celiachia, in quanto la quasi totalità degli individui affetti da in-tolleranza al glutine risulta portatrice dei geni codificanti le molecole HLA DQ2 (il 95% dei celiaci)

Ruolo dei geni HLA

Th1Th1

Tr

Th1 cellula pro-infiammatoria cellula regolatoriaTr

•IFN-•proliferazione

g

IL-10

Lume intestinale

Cellula epiteliale

Figura 2

Peptidi della gliadina/33-mer

I meccanismi di malattia

Th1

Tr

APC

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o DQ8 (il restante 5%). Occorre precisare che i geni HLA sono necessari ma non sufficienti da soli per indurre la malattia celiaca, se consideriamo che la percentuale dei soggetti portatori dei geni HLA DQ2 e/o DQ8 nella popolazione generale si aggira intorno al 25%-30% mentre solo 1% del-la popolazione si ammala di celiachia. Ciò suggerisce che altri fattori genetici e ambientali contribui-scano all'insorgenza della patologia. L'analisi dei geni HLA associati alla celiachia serve pertanto ad escludere l'intolleranza, ma non a diagnosticarla.

I geni HLA hanno un ruolo chiave nelle risposte immunitarie in quanto codificano per moleco-le composte (eterodimeri) che funzionano da vere e proprie sentinelle sulla membrana di gran parte delle cellule ed hanno un ruolo chiave nell'attivazione delle cellule immunitarie. Si distinguono in due gruppi, eterodimeri HLA di Classe I e di Classe II; a questa ultima appartengono gli eterodimeri DQ2 e DQ8 associati alla celiachia. Il DQ2 e DQ8 legano i peptidi del glutine sfuggiti alla degrada-zione e li “presentano” ai linfociti T CD4+ presenti nell'intestino, attivando la cascata di eventi in-fiammatori che conducono all'infiammazione intestinale. Benché sia stato ampiamente dimostrato che l'intolleranza al glutine è associata ai geni HLA di classe II, la recente scoperta di un peptide del-la gliadina che, presentato dalle molecole HLA-A2 di Classe I, stimola i linfociti T CD8+ citotossici, suggerisce che anche i geni HLA di Classe I siano coinvolti nella patogenesi della celiachia.

Alcuni recenti studi hanno dimostrato che i peptidi del glutine per legarsi all'HLA devono esse-re “acidificati” e ciò è reso possibile dall'attività di uno specifico enzima, la transglutaminasi tissutale (tTG) che trasforma alcune glutammine, di cui è ricco il glutine, in acido glutammico. Tale processo, noto anche con il nome di deamidazione, è necessario per il collocamento dei peptidi nella tasca dell'HLA DQ2 e DQ8 e quindi per l'attivazione dei linfociti T CD4+ intestinali.

La tTG è un enzima molto abbondante sia sulle cellule epiteliali dei villi che diffuso nella parte interna della mucosa intestinale. Un'importante funzione della tTG è quella di favorire la cicatrizza-zione dei tessuti in caso di danneggiamento della mucosa intestinale formando reticoli tra le diverse fibre di collagene (reazione di transamidazione). Occasionalmente, e in condizioni di pH legger-mente acido, la tTG può dar luogo a reazioni di deamidazione anziché di transamidazione, fenome-no, come abbiamo visto, particolarmente importante nello sviluppo della celiachia. Un recentissi-mo studio ha messo a punto una procedura enzimatica che riduce notevolmente la capacità del glu-tine di stimolare le cellule T CD4+ infiammatorie. Utilizzando una forma della tTG estratta da bat-teri si può transamidare il glutine trattando direttamente le farine. Il glutine transamidato perde la sua tossicità nei test di laboratorio su cellule isolate da intestino celiaco. Attualmente sono in corso studi per accertare l'efficacia di tali prodotti negli intolleranti al glutine e la loro applicazione tecno-logica nell'industria alimentare.

Per malattia autoimmune si intende una qualsiasi condizione in cui parti dell'organismo vengo-no per errore riconosciuti come agenti pericolosi verso cui attuare un'efficace risposta immunitaria al fine di eliminarle. La celiachia viene considerata una malattia autoimmune per la presenza di anti-corpi diretti verso la transglutaminasi tissutale che, come sappiamo, rivestono enorme importanza ai fini della diagnosi, anche se il loro ruolo nello sviluppo della malattia celiaca resta ancora da defi-nirsi. Un recente studio ha ipotizzato che questi anticorpi provocano modificazioni nella struttura di alcune linee cellulari epiteliali (tra cui le Caco-2) e ne stimolano la proliferazione cellulare, sugge-

Ruolo dell'enzima transglutaminasi

Autoimmunità

I meccanismi di malattia

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rendo quindi un loro probabile ruolo nelle alterazioni morfologiche tipiche della mucosa intestinale celiaca. Inoltre la comparsa di anticorpi anti-tTG nella mucosa intestinale dei pazienti celiaci prima ancora che questi siano dosabili nel siero, fornisce un’ulteriore indicazione del ruolo di questi anti-corpi nella patogenesi dell'atrofia intestinale. Gli anti-tTG non sono gli unici autoanticorpi della ce-liachia, infatti sono stati riscontrati nel siero di diversi pazienti anche anticorpi diretti contro l'actina e la calreticulina.

La celiachia si associa con molte altre condizioni autoimmuni molto comuni, quali il diabete mel-lito, tiroiditi, cardiomiopatie ed epatiti autoimmuni. Molto interessante è l'associazione della celia-chia con il diabete mellito autoimmune. Diversi studi, su bambini e adulti, hanno mostrato che c'è una prevalenza di celiachia tra il 5 % e 7 % nei pazienti diabetici rispetto alla popolazione generale (in cui la prevalenza si aggira intorno all'1%). Entrambe le condizioni hanno in comune l'associa-zione con i geni HLA di Classe II, DQ2 e DQ8, ed il coinvolgimento di una sostenuta risposta im-munitaria mediata sia da cellule T CD4+ che CD8+, nel caso del diabete diretta verso le cellule pro-duttrici di insulina, (cellule b) del pancreas. Alcune ricerche hanno indicato che l'introduzione pre-coce del glutine nella prima infanzia sia tra i fattori scatenanti il diabete in soggetti a rischio. Pazienti nei quali la celiachia è stata diagnosticata e curata nella prima infanzia avrebbero un più basso tasso di sviluppo dell'autoimmunità, rispetto a coloro nei quali l'intolleranza è stata diagnosticata tardi nell'infanzia, anche se queste osservazioni non hanno trovato conferma in studi su pazienti celiaci diagnosticati in età adulta o avanzata.

I meccanismi di malattia

AIC - Vademecum 2008 23

L a malattia celiaca, o celiachia, è stata classicamente descritta come una sindrome da malas-sorbimento che si verifica precocemente in età pediatrica in seguito all'introduzione del glu-tine nella dieta. La prima descrizione della malattia fu fatta nel 1888 da Samuel Gee, che os-

servò i classici sintomi quali diarrea e arresto della crescita e ipotizzò che la causa di questa “indige-stione cronica” potesse essere legata all'alimentazione. Da allora le conoscenze sulla malattia celiaca sono notevolmente cambiate ed è attualmente riconosciuto che si tratta di una malattia multisiste-mica, a patogenesi autoimmune le cui manifestazioni cliniche sono estremamente variabili. La celia-chia può presentarsi a qualsiasi età e può talora essere clinicamente silente. L'entità delle patologie correlate alla malattia celiaca è senza dubbio superiore a quanto si potesse pensare e da questo nasce il crescente interesse alla dimensione sociale di questa condizione.

In base alla modalità di presentazione clinica ed alle alterazioni istologiche ed immunologiche al momento della diagnosi è possibile distinguere quattro forme cliniche della malattia celiaca:

1) malattia celiaca classica o tipica, 2) malattia celiaca con sintomi non classici o atipica, 3) malattia celiaca silente 4) malattia celiaca latente o potenziale

Nella forma classica l'esordio della sintomatologia si verifica in genere tra i 6 e i 24 mesi di età. Questa forma è tipicamente caratterizzata da manifestazioni gastrointestinali, quali diarrea, arresto della crescita, inappetenza, distensione addominale ed ipotrofia della massa muscolare (Tabella 1). All'esame obiettivo il bambino appare spesso pallido, molto magro con l'addome globoso, il panni-colo adiposo scarsamente rappresentato e la massa muscolare ridotta (Figura 1).

È merito di Gibbons di avere evidenziato come il bambino celiaco sia estremamente irritabile, capriccioso, stizzoso, spesso di cattivo umore e talora distaccato dall'ambiente che lo circonda. I pos-sibili segni di laboratorio del malassorbimento sono rappresentati da anemia sideropenica, ipoalbu-minemia, ipocalcemia e deficit di vitamine.

Agli inizi del secolo veniva descritta anche la cosiddetta “crisi celiaca”, caratterizzata da diarrea acquosa esplosiva, marcata distensione addominale, severa ipoprotidemia, disidratazione, squilibrio idro-elettrolitico e letargia, condizione che invece attualmente risulta essere estremamente rara.

Malattia celiaca classica (tipica)

La malattia celiaca: aspetti clinici in pediatria

Ruggiero Francavilla, Elena Lionetti, Maria Cristina Cucco, Giuseppina De Caro, Luciano Cavallo

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Clinica Pediatrica “B. Trambusti”, Università di Bari

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Malattie associateDiabete mellito tipo ITiroidite autoimmuneEpatite autoimmuneSindrome di SjögrenMorbo di AddisonGastrite atrofica autoimmuneMalattie emocitopeniche autoimmuniSindrome di DownSindrome di TurnerSindrome di WilliamsDifetti cardiaci congenitiDeficit di IgA

Sintomi tipiciDiarrea cronicaArresto della crescitaDistensione addominaleIpotrofia muscolareInappetenzaIrritabilità

Sintomi atipiciAnemia sideropenicaBassa staturaOsteoporosiArtralgieDermatite erpetiformeIpoplasia dello smalto dentaleStomatite aftosa ricorrenteDolori addominali ricorrentiVomitoIpertransaminasemiaIperamilasemiaPsoriasiAtassiaEpilessia PolineuropatieAutismoDepressioneCirrosi biliare primariaMiastenia gravisPericardite ricorrenteCardiomiopatia dilatativaInfertilitàAborti ricorrentiPubertà ritardata

Tabella 1. Manifestazioni cliniche della malattia celiaca

Figura 1. Quadri caratteristici di celiachia tipica

a b c

La malattia celiaca: aspetti clinici in pediatria

AIC - Vademecum 2008

a) Ipotrofia della radice degli artib) addome globosoc) estrema magrezza e cachessia

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Nella forma tipica i tests sierologici sono positivi e c'è il tipico coinvolgimento del duodeno e del digiuno prossimale responsabile del malassorbimento, ma l'estensione del danno mucosale è estremamente variabile (Tabella 2).

Malattia celiaca con sintomi atipici (atipica)

Negli ultimi anni è stata descritta una tendenza generale all'esordio più tardivo della sintomato-logia della malattia celiaca, interessando i bambini più grandi tra i 5 e i 7 anni di età. In queste forme i bambini non mostrano chiari segni di malassorbimento, ma presentano manifestazioni extra-intestinali e/o possono lamentare vaghi disturbi intestinali (dolori addominali ricorrenti, nausea, vo-mito, gonfiore o stipsi) (Tabella 1). Anche in questa forma i tests sierologici sono positivi e all'esame istologico delle biopsie duodenali è presente il tipico danno mucosale rappresentato dalla atrofia dei villi, tuttavia, poiché il duodeno presenta notevoli riserve funzionali, molti individui possono non avere sintomi o segni clinici di malassorbimento. Numerosi organi e apparati possono essere inte-ressati, isolati o in associazione tra loro. Riportiamo di seguito i principali distretti coinvolti in corso di malattia celiaca.

È ben stabilito che la bassa statura può essere l'unico segno clinico della malattia celiaca. In una recente revisione sistematica della letteratura è stata infatti calcolata una prevalenza di malattia celia-ca in pazienti con bassa statura del 2,9%-8,3%. Dopo l'inizio della dieta senza glutine si osserva un ti-pico scatto di crescita ed in genere il target dell'altezza viene raggiunto in 2-3 anni; a volte il recupero non è completo, a causa della marcata accelerazione della maturazione ossea che va in parallelo al ra-pido aumento della velocità di crescita.

La sideropenia con o senza anemia, scarsamente responsiva alla terapia marziale per via orale, può spesso rappresentare l'unico segno della malattia celiaca, a causa del coinvolgimento del duode-no prossimale dove avviene l'assorbimento del ferro. È stata infatti riportata una prevalenza di celia-chia in pazienti con anemia sideropenica variabile dal 4,5% al 8%, significativamente superiore alla popolazione generale; tuttavia se si valutano solo i casi non responsivi a due mesi di terapia marziale per os la prevalenza di malattia celiaca raggiunge il 20% dei casi. È, inoltre, importante sottolineare che nel 70% dei celiaci alla diagnosi è presente anemia sideropenica isolata o associata ad altri sinto-mi. Il deficit di vitamina B12 non dovrebbe essere presente nella malattia celiaca, in quanto l'assor-bimento si verifica prevalentemente nella parte terminale dell'ileo. Tuttavia, nei pazienti celiaci sono

Bassa Statura

Sangue

Forma clinicaMalattia celiaca con sintomi classici

Malattia celiaca con sintomi non classici

Malattia celiaca silente

Malattia celiaca latente

Manifestazioni cliniche ed istologicheEnteropatia pienamente espressaSintomi intestinaliEnteropatia pienamente espressaSintomi extra-intestinaliEnteropatia espressaAsintomatica o vaghi sintomiMucosa intestinale normale o con alterazioni minimeAlcune volte sintomatica

Tabella 2. Manifestazioni cliniche ed istologiche della malattia celiaca.

La malattia celiaca: aspetti clinici in pediatria

AIC - Vademecum 2008 26

stati osservati livelli ridotti di vitamina B12 rispetto ai controlli e il 12% dei celiaci presenta questa ca-renza.

La cavità orale, parte del sistema gastroenterico, può essere interessata da numerose anomalie nei pazienti con malattia celiaca. Dal momento che il cavo orale è estremamente semplice da visita-re, le lesioni in questa sede possono essere di ausilio per una diagnosi precoce; infatti tra le forme ati-

piche di malattia celiaca, sono descritte nella letteratura internazionale alcune condizioni che riguardano la cavità orale, tra cui le più co-muni sono la stomatite aftosa ricorrente (tre volte più frequente rispetto alla popolazione generale in un recente lavoro) e l'ipoplasia del-lo smalto dentale (Figura 2), ma sono state os-servate in associazione alla malattia celiaca an-che forme aspecifiche di glossite atrofica, ma-nifestazioni orali di dermatite erpetiforme, sin-drome di Sjogren e lichen planus orale.

Il coinvolgimento del sistema nervoso cen-trale è ormai riconosciuto per l'esistenza di una sindrome caratterizzata da epilessia, calci-ficazioni occipitali endocraniche e malattia ce-liaca. L'inizio della dieta senza glutine può ri-durre la frequenza delle crisi e il dosaggio dei farmaci anti-epilettici, ma raramente consente una completa risoluzione della malattia.

L'atassia può essere un segno atipico di malattia celiaca. La durata di esposizione al glutine correla con la severità dell'atassia e, al contrario, la dieta senza glutine migliora la risposta alla terapia.

Sono state descritte recentemente altre manifestazioni neurologiche più comuni in associazione alla malattia celiaca quali la cefalea, l'ipotonia, i disturbi del comportamento, il ritardo mentale o la sindrome da iperattività-deficit d'attenzione. Tra i disturbi del comportamento in ambito pediatrico l'autismo è una delle associazioni con la malattia celiaca più studiata. Pavone et al. hanno valutato 120 pazienti con malattia celiaca per identificare aspetti autistici e hanno screenato per la malattia ce-liaca 11 bambini autistici: nessuno dei celiaci presentava tratti autistici e nessuno tra gli autistici è ri-sultato affetto da malattia celiaca. Questi risultati, insieme alla letteratura più recente al riguardo, sembrano escludere una forte associazione tra malattia celiaca e autismo e sottolineano la necessità di larghi studi, sistematici e multicentrici per stabilire il ruolo reale del glutine in questo contesto.

L'ipertransaminasemia idiopatica può rappresentare la manifestazione iniziale della malattia ce-liaca; in un recente studio sono stati studiati 114 bambini celiaci consecutivi e di questi il 32% pre-sentava ipertransaminasemia al momento della diagnosi e nel 4,3% era l'unica manifestazione clini-ca della malattia. La dieta senza glutine porta alla completa normalizzazione biochimica e istologica del danno epatico.

L'associazione tra la macroamilasemia e la malattia celiaca è stata descritta in pochi casi in età pe-diatrica. Nei casi descritti la macroamilasemia si risolveva con la dieta senza glutine.

Cavo orale

Sistema nervoso centrale e periferico

Altri sintomi extraintestinali

La malattia celiaca: aspetti clinici in pediatria

AIC - Vademecum 2008 27

Fig. 2: Il deficit dello smalto dentario (a) e le afte orali (b)

a

b

Malattia celiaca silente e latente

Malattie associate

Conclusioni

La malattia celiaca si definisce silente in soggetti asintomatici che presentano i test sierologici po-sitivi e l'atrofia dei villi all'esame istologico delle biopsie duodenali. Si tratta in genere di soggetti a ri-schio che eseguono lo screening per la malattia celiaca, o che effettuano l'endoscopia per altri moti-vi. Spesso una più accurata anamnesi clinica di questi casi silenti rivela la presenza di un basso grado di malattia associato ad uno stato di malessere psicologico. Di comune riscontro sono la siderope-nia, con o senza anemia, disturbi del comportamento, quali tendenza alla depressione, irritabilità, o scarsa performance scolastica nei bambini, facile affaticabilità e ridotta densità minerale ossea. Uno studio che ha valutato adolescenti con malattia celiaca diagnosticata tramite screening e apparente-mente asintomatici alla diagnosi, dimostrava dopo 1 anno di follow-up un miglioramento delle con-dizioni fisiche e psicologiche seguendo una stretta dieta senza glutine.

La malattia celiaca si definisce latente o potenziale in presenza di test sierologici positivi, un ge-notipo HLA predisponente (DQ2 o DQ8), con mucosa intestinale normale o con minime altera-zioni dell'architettura (conta intraepiteliale aumentata). Questi soggetti sono asintomatici, ma nel tempo possono sviluppare sintomi o alterazioni istologiche.

Nell'ambito della presentazione clinica della malattia celiaca uno degli argomenti più dibattuti è l'associazione con altre malattie autoimmuni. Sono due le teorie più accreditate: 1) la presenza di un insieme di geni che predispone ai fenomeni autoimmunitari in genere, per cui è più facile un'asso-ciazione di più malattie autoimmunitarie oppure, 2) la malattia celiaca favorisce l'esordio di altre ma-lattie autoimmuni in soggetti geneticamente predisposti.

Il possibile ruolo preventivo del trattamento precoce della malattia celiaca sullo sviluppo delle complicanze autoimmuni è una questione ancora dibattuta. Ventura et al. hanno dimostrato che ri-tardare la diagnosi, e quindi aumentare il tempo di esposizione al glutine in bambini celiaci non a die-ta senza glutine, comporta una più alta prevalenza di anticorpi organo-specifici (apparentemente glutine-dipendenti) che tendono a scomparire dopo l'inizio del trattamento. Questi dati suggerisco-no l'ipotesi che la dieta senza glutine iniziata precocemente possa prevenire le altre malattie autoim-muni. D'altro canto, Sategna-Guidetti et al. hanno riportato recentemente che la durata di esposi-zione al glutine in adulti celiaci non correla con il rischio di malattie autoimmuni.

La forte associazione con la tiroidite autoimmune è confermata dalla studio di Larizza et al. che hanno riscontrato una prevalenza di malattia celiaca del 7,8% in bambini con tiroidite autoimmune od ipertiroidismo. La prevalenza media di malattia celiaca nel diabete mellito di tipo I riscontrata nei 26 studi effettuati è del 4,5% (0.97–16.4%).

La malattia celiaca è un disordine comune in età pediatrica. Lo spettro della presentazione clini-ca è molto vario e spesso le manifestazioni extra-intestinali (ad esempio, anemia o bassa statura) so-no più comuni dei classici sintomi da malassorbimento. Un alto livello di informazione tra i medici specialistici e il libero uso dei test sierologici potranno aiutare a identificare molti di questi casi non classici, ma sicuramente la pediatria di base riveste un ruolo centrale in questo processo di identifi-cazione precoce.

La malattia celiaca: aspetti clinici in pediatria

AIC - Vademecum 2008 28

La malattia celiaca: aspetti clinici nell’adulto

L e manifestazioni cliniche della malattia celiaca sono estremamente variabili. È possibile in-fatti distinguere a seconda delle modalità di presentazione clinica, delle alterazioni istologi-che della mucosa intestinale e dei valori sierologici (anticorpi) al momento della diagnosi, di-

verse forme cliniche di malattia celiaca (MC).Sebbene il principale organo bersaglio della MC sia l'intestino tenue, le manifestazioni cliniche

possono essere sia di tipo intestinale che extra-intestinale. Lo spettro clinico è pertanto eterogeneo, variando anche con l'età del paziente, la durata e l'estensione della malattia e con la concomitanza di una o più patologie associate.

Attualmente è sempre più frequente incorrere nelle forme di celiachia ad esordio tardivo. Quan-do la celiachia si manifesta nell'adulto può presentarsi con un ampio spettro di sintomi difficili da in-quadrare immediatamente e che spesso spingono i pazienti a consultare diversi specialisti o ad af-frontare veri e propri calvari terapeutici, senza trovare soluzione al problema.

Non a caso la malattia celiaca è stata definita da alcuni autori come il “grande imitatore”.In base alla presentazione clinica si distinguono tre forme di malattia: tipica, atipica e silente.

Il quadro clinico è caratterizzato prevalentemente da sintomi gastrointestinali:&dolori addominali diffusi&diarrea (più di 200-300 g di feci al giorno)&steatorrea (le feci sono chiare, untuose, maleodoranti e abbondanti)&dimagrimento e ipotrofia muscolare&distensione addominale e meteorismo&dispepsia e vomito&astenia

In realtà, nella pratica clinica, questo quadro è oggi di riscontro meno frequente presentandosi generalmente con una sintomatologia addominale molto sfumata e talvolta sovrapponibile a quadri di colon irritabile.

Forma tipica

AIC - Vademecum 2008

A. Picarelli, A.R. Saponara, A. Vallecoccia, M. Greco

Dipartimento di Scienze ClinicheUniversità di Roma “La Sapienza”

29

Forma atipica

Le forme “atipiche” di malattia celiaca sono le più diffuse nell'adulto e dipendono dall'interessamento di diversi organi e apparati (Tab 1). È importante riconoscerle perché i pazienti presentano prevalentemente, o esclusivamente, sintomi e segni extra addominali, che essendo capa-ci di simulare patologie di natura diversa (neurologica, dermatologica, endocrinologica etc…), pos-sono portare ad un ritardo della diagnosi.

Discutendo delle forme atipiche è opportuno segnalare la maggiore frequenza di presentazione nei soggetti celiaci, rispetto alla popolazione generale, di diverse patologie autoimmuni.

Le conoscenze scientifiche attuali non consentono tuttavia di identificare un nesso di casualità tra la MC e un così alto numero di patologie autoimmuni. Sebbene dopo dieta aglutinata non sia sta-to documentato sempre un miglioramento clinico delle patologie suddette, l'evidenza che esse si pre-sentino più frequentemente in età adulta suggerisce chiaramente l'esistenza di una relazione con la durata di esposizione a tale antigene alimentare. Operare una diagnosi precoce e porre i pazienti in trattamento dietetico diventa, quindi, una procedura consigliabile.

SedeOdontostomatologica

DermatologicaEmopoietica

Endocrinologica

EpaticaLocomotoria

NeurologicaPsichiatrica

Altre

Sintomi e segniIpoplasia dello smaltoAftosiDermatite erpetiformeAnemia sideropenica

Disordini della coagulazioneIpopituitarismo secondarioAmenorreaOligospermiaRidotta fertilitàPoliabortivitàIpertransaminasemiaOsteopenia ® osteoporosiArtralgie/ArtritiEpilessiaDepressioneSchizofreniaClubbing

Tab. 1. Presentazioni atipiche di celiachia

Tab. 2. Patologie autoimmuni che possono associarsi alla celiachia.

AIC - Vademecum 2008

La malattia celiaca: aspetti clinici nell’adulto

Caratteristiche

Ulcere ricorrenti nel cavo oraleLesioni cutanee; depositi di IgA

Sideremia; ferritina; Hb; MCV; folati; vitamina B12

Vitamina KGH ® crescita ® bassa statura

;

Transaminasi; esiti istologici2+Ca ; vitamina D; turn-over osseo

Calcificazioni endocraniche occipitali

♀♂♀

Alopecia areata Lupus eritematoso sistemicoArtrite reumatoide Malattia di AddisonAtassia cerebellare PsoriasiCardiomiopatia dilatativa SclerodermiaDeficit selettivo di IgA Sindrome di SjogrenDiabete mellito insulino-dipendente SpondiloartropatieEpilessia/Calcificazioni occipitali Tiroidite di HashimotoEpatiti autoimmuni Vitiligine

30

Forma silente

È una forma di celiachia caratterizzata da completa assenza di sintomatologia, pur in presenza delle tipiche lesioni della mucosa intestinale. Questa forma si ritrova prevalentemente nei familiari di primo e secondo grado di pazienti celiaci e in soggetti con patologie autoimmuni che si sottopon-gono casualmente ad esami per la celiachia.

Nonostante tali pazienti tendano spesso a rifiutare qualsiasi intervento terapeutico e la stessa dia-gnosi, allo stato attuale delle conoscenze, si ritiene prudente suggerire a questi pazienti la sommini-strazione di una corretta dieta senza glutine.

È opportuno infatti segnalare che un celiaco a dieta con glutine presenta una probabilità dop-pia, rispetto alla popolazione normale, di sviluppare linfomi e altri tumori intestinali. Laddove, quin-di, la sintomatologia permane nel tempo o l'aderenza alla terapia è bassa, può essere utile ricorrere a tecniche di imaging, come RMN e TC, per escludere la presenza di eventuali, seppur rare, compli-canze.

È infine da ribadire, come dimostrato da molti studi, l'utilità, in termini di rapporto costo-beneficio, di uno screening rivolto alle persone affette da malattie autoimmuni e ai familiari di sog-getti celiaci.

AIC - Vademecum 2008

La malattia celiaca: aspetti clinici nell’adulto

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1 2Italo De Vitis , R. Urgesi

Le complicanze

N umerosi studi dimostrano come soggetti affetti da celiachia (MC) non diagnosticata o con diagnosi tardiva, e ancor più quelli con scarsa o nessuna aderenza alla dieta aglutina-ta, presentino un rischio di mortalità e morbilità aumentato rispetto alla popolazione ge-

nerale, in relazione alla comparsa sia di malattie associate quali malattie autoimmuni, osteoporosi,

Tab. 1 Le complicanze della celiachia Neoplasie Digiuno-ileite ulcerativa Malattia celiaca refrattaria Enterite/Colite collagenosiche Malattie epato-biliari Anomalie funzionali del pancreas esocrino Atrofia splenica

AIC - Vademecum 2008

cardiopatie e neuropatie che, soprattutto, alla comparsa di complicanze della malattia sia in-fiammatorie (per es. digiuno-ileite) che neopla-stiche (linfoma intestinale) (Tab. 1).

L'arma principale per ridurre il rischio di complicanze è la prevenzione, che si realizza tan-to con l'effettuazione della diagnosi il più preco-cemente possibile quanto con la corretta e co-stante aderenza alla dieta priva di glutine.

Le neoplasie

Il linfoma intestinale Studi internazionali dimostrano come il rischio di comparsa di malattia neoplastica sia notevol-

mente più elevato in soggetti celiaci; in particolare, il rischio di linfoma sarebbe da 2 a 43 volte più elevato rispetto alla popolazione generale. Il numero di casi di MC complicata da linfoma è comun-que fortunatamente ridotto; si tratta in genere di linfoma non Hodgkin a cellule T (Enteropathy-Associated T-cell Lynphoma [EATL]) o, più di rado, a cellule B. Questa complicanza si presenta con maggior frequenza tra la quinta e settima decade di vita e si manifesta con diarrea, dimagrimen-to, dolori addominali, febbre, sintomi occlusivi e perdita di risposta alla dieta priva di glutinata. Seb-bene la sede di elezione della malattia neoplastica sia il digiuno, essa può tuttavia comparire anche in altri distretti quali il colon, lo stomaco o la cute. In particolare, per quanto riguarda il linfoma recen-temente è stato dimostrato che, sebbene esista in effetti un rischio aumentato rispetto alla popola-zione generale, esso risulta comunque inferiore rispetto a quanto creduto in passato e riguarda in particolare i soggetti con MC sintomatica mentre è pressoché sovrapponibile a quello della popola-zione generale nei soggetti asintomatici e con MC silente. La dieta priva di glutine, se iniziata prima dell'insorgenza della malattia neoplastica, avrebbe un effetto protettivo riportando nel giro di circa

1UOC di Gastroenterologia, UCSC-CIC, Roma2UOC di Chirurgia Digestiva, UCSC, Roma

32

5 anni il rischio di sviluppo di linfoma a livelli equivalenti a quelli dei soggetti non celiaci.

Sebbene siano stati riportati in letteratura anche casi di carcinomi alla bocca, all'esofago, alla fa-ringe e al tenue associati a MC, si tratta tuttavia di complicanze estremamente rare. Il rischio di neo-plasia faringea ed esofagea è circa 10 volte più elevato rispetto a quello della popolazione generale.

Anche in questo caso risulta comunque evidente da diversi studi una riduzione statisticamente significativa del rischio neoplastico nei pazienti che si attengono ad una corretta dieta priva di gluti-ne; tale riduzione del rischio non è invece altrettanto riscontrabile tra i soggetti che non rispettano la dieta e tra quelli che vi si attengono solo parzialmente, in modo comunque occasionale o non rigo-roso. Essendo il rischio neoplastico significativo in tutti i soggetti affetti, è certamente auspicabile il rispetto di una dieta rigorosa anche in coloro che, pur non avendo sintomi (soggetti asintomatici) ab-biano comunque avuto una diagnosi di MC.

In alcuni pazienti con MC sono state evi-denziate lesioni linfomatose anche a livello epa-tico ed essendo il linfoma intestinale la patologia neoplastica più frequente in questi soggetti si tratta, presumibilmente, di lesioni metastatiche. Generalmente, il coinvolgimento epatico è rela-tivamente limitato ed il decorso di malattia è lega-to e secondario rispetto al decorso della malattia intestinale (Tab. 2).

La digiuno-ileite ulcerativa è caratterizzata dalla presenza di ulcere croniche multiple a livello del digiuno, dell'ileo e, in alcuni casi, del colon. Si manifesta intorno alla 6°-7° decade di vita con perdita di peso, febbre, diarrea o steatorrea e con un tasso di mortalità elevato (>70%) a causa delle compli-canze che essa determina; in particolare può essere causa di ostruzione intestinale, sanguinamento e perforazione. In alcuni pazienti la malattia risponde estremamente bene alla dieta priva di glutine, in alcuni la guarigione delle ulcere può essere ottenuta con l'uso di steroidi in associazione alla dieta mentre in altri la dieta non sembra avere alcuna efficacia e si può assistere alla sviluppo di una MC re-frattaria. È verosimile che alcuni casi di digiuno-ileite ulcerativa siano, in realtà, una forma iniziale e progressiva di linfoma a cellule T; questo spiegherebbe la scarsa risposta alla dieta priva di glutine. La diagnosi rimane estremamente difficile; la radiologia convenzionale (clisma del tenue o Rx tenue per os) non sembra essere uno strumento sufficientemente sensibile; migliori prospettive sembre-rebbe offrire l'enteroscopia con videocapsula, vista la sua maggiore capacità di individuare lesioni anche minime della mucosa. Allo stato attuale la digiuno-ileite ulcerativa va comunque considerata alla stregua di una condizione pre-cancerosa. Il trattamento, oltre alla dieta priva di glutine, prevede il possibile utilizzo di corticosteroidi ed immunomodulatori (es. azatioprina). Ancora “aneddotico” ma comunque meritevole di ulteriori approfondimenti è, in fine, il possibile impiego dell' infliximab

®[Remicade ] (anticorpo monoclonale chimerico) già utilizzato con successo per il trattamento del morbo di Crohn.

La malattia celiaca refrattaria (MCR) è caratterizzata da un grave stato di malassorbimento, atro-

Altri tumori dell'apparato digerente e respiratorio

Neoplasie epatiche

Digiuno-ileite ulcerativa

Malattia celiaca refrattaria

Le complicanze

Tab. 2Neoplasie e malattia celiaca Linfoma intestinale ( a cellule T o a cellule B) Adenocarcinoma del digiuno Adenocarcinoma della faringe Adenocarcinoma dell’ esofago Neoplasie epatiche

AIC - Vademecum 2008 33

fia con scomparsa pressoché totale dei villi. Si distingue dalla MC per il mancato miglioramento del-la sintomatologia dopo 6 mesi di dieta priva di glutine rigorosa. Recenti studi hanno messo in evi-denza l'esistenza di due varianti di MCR (tipo I e tipo II). In entrambi i casi le alterazioni strutturali della mucosa duodenale sono simili a quelle della MC. Al pari della digiuno-ileite, tale complicanza va considerata e trattata come una condizione ad elevato rischio neoplastico. Recenti studi hanno, in-fatti, evidenziato come essa rappresenti, in effetti, una condizione pre-cancerosa se non, addirittura, la manifestazione precoce di linfoma conclamato.

Il trattamento spesso prevede un supporto nutrizionale fino anche al ricorso alla nutrizione pa-renterale totale a causa del grave stato carenziale. Occasionalmente i pazienti sembrano rispondere meglio ai trattamenti associando alla rimozione del glutine dalla dieta anche la rimozione dei cibi di tipo proteico. In alcuni casi, può essere utile associare alla terapia nutrizionale un trattamento con corticosteroidi o immunomodulatori per ridurre l'infiammazione intestinale. La MCR tipo II sem-bra invece poco responsiva alla terapia steroidea e agli immunosoppressori. Per altro, la scelta di un trattamento con farmaci immunomodulatori deve essere fatta con estrema attenzione, visto l'eleva-to rischio di progressione verso il linfoma che la MCR presenta già di per sé, rischio che questi far-maci potrebbero in taluni casi accelerare.

Sebbene siano necessari ulteriori studi, risultati promettenti con alcuni casi di remissione di ma-lattia o rallentamento dello sviluppo di linfoma sono stati recentemente ottenuti con la sommini-strazione di un particolare farmaco chemioterapico utilizzato per il trattamento di una particolare forma di leucemia nota come leucemia “a cellule capellute” e con il trapianto di cellule staminali au-tologhe.

Le diverse forme di malattie infiammatorie collagenosiche sono state identificate negli ultimi tre decenni come un nuovo gruppo di patologie che possono interessare diversi tratti dell'apparato di-gerente. Tali affezioni sono più frequenti nel sesso femminile e giustificano circa il 2,5% delle diar-ree croniche con colonscopia macroscopicamente normale. In particolare, dal punto di vista istolo-gico l'enterite o sprue collagenosica è una rara condizione caratterizzata dalla deposizione a livello dell'intestino tenue di una banda di collagene subepiteliale con spessore superiore a 10 mcm e dalla mancata risposta clinica alla dieta aglutinata.

La relazione tra colite collagenosica e malattia celiaca rimane comunque ancora controversa. Se-condo alcuni la deposizione di collagene sottoepiteliale sarebbe solo un marker indicativo della scar-sa responsività della malattia alla dieta priva di glutine, secondo altri Autori si tratterebbe invece di una nuova patologia di per sé scarsamente o affatto responsiva alla dieta aglutinata. Molti elementi depongono a favore di una patogenesi comune tra le due malattie. In entrambe è possibile riscon-trare la positività per gli anticorpi anti-endomisio, l'iposplenismo ed un rischio aumentato (come per la MCR) per lo sviluppo di linfoma T o B cellulare. Sebbene in passato questa patologia fosse dif-ficilmente gestibile e ad andamento inevitabilmente infausto, recentemente è stato dimostrato che essa può invece rispondere in modo estremamente favorevole ad un trattamento prolungato con steroidi fino alla completa scomparsa, in alcuni casi, dei depositi sottoepiteliali di collagene.

Per quanto concerne invece il rapporto tra malattia collagenosica del colon (colite collagenosi-ca) e malattia celiaca, un recente studio prospettico ha documentato la presenza di malattia celiaca nel 20% dei casi di colite collagenosica. La diarrea acquosa persistente o ad andamento cronico reci-divante rappresenta il sintomo fondamentale della malattia. Nei pazienti in cui è possibile confer-mare la presenza in associazione di colite collagenasica e MC, la dieta priva di glutine può essere suf-

Enterite e colite collagenosica

Le complicanze

AIC - Vademecum 2008 34

ficiente, da sola, ad indurre la remissione dei sintomi di malattia. Laddove i sintomi dovessero persi-stere si può provare a ricorrere all'uso di loperamide, aminosalicilati e corticosteroidi come la bude-sonide che sembrano in grado di indurre una discreta risposta sia clinica che istologica.

Esiste, infine, una rara forma di gastrite collagenosica anch'essa caratterizzata dalla presenza di depositi di collagene subepiteliale soprattutto a livello della regione antrale. I casi riportati dalla let-teratura sono comunque pochissimi e soltanto in uno di essi è stato possibile confermare l'associa-zione di questa forma di gastropatia con la MC.

Recentemente è stato dimostrato come circa il 10% dei soggetti con aumento “sine materia” de-gli enzimi epatici abbiano una sierologia positiva per MC. Pertanto in soggetti con MC in dieta la per-sistenza di anomalie nei test di funzionalità epatica e biliare deve far sospettare la presenza concomi-tante di una patologia epato-biliare seppur clinicamente silente. In particolare tra le complicanze del-la MC sono state segnalate la cirrosi biliare primitiva, la colangite sclerosante primaria e l'epatite au-toimmune. Sono poi stati documentati casi di sovraccarico di ferro, emocromatosi e steatosi.

Il primo caso di cirrosi biliare primitiva associata alla malattia celiaca venne identificato nel 1978; la sintomatologia che caratterizza le due patologie è estremamente simile, entrambe infatti possono manifestarsi con perdita di peso, malassorbimento, osteopenia, diarrea-steatorrea ed au-mento della fosfatasi alcalina. Sebbene fino ad oggi non sia stato possibile individuare una predi-sposizione genetica o un'alterazione immunologica specifica che le correli, uno dei più recenti studi presenti in letteratura dimostra come nei soggetti affetti da MC il rischio di sviluppare la cirrosi bi-liare primitiva sia 3 volte superiore rispetto a quello di soggetti non celiaci.

Relativamente rara, la sua concomitante presenza nei soggetti affetti da MC venne identificata per la prima volta nel 1988 in tre pazienti con diarrea e steatorrea. Le alterazioni del tratto epatobi-liare sono documentabili sia con lo studio radiologico sia con l'esecuzione della biopsia epatica. La risposta alla dieta prova di glutine sembra piuttosto scarsa.

Alcuni recenti studi hanno documentato la positività degli anticorpi antiendomisio ed antitran-sglutaminasi in pazienti affetti da colangite o epatite autoimmune, mentre la successiva esecuzione di prelievi bioptici a livello del duodeno ha confermato anche la diagnosi di MC evidenziando in questi soggetti un'atrofia subtotale dei villi. Purtroppo questi studi non riferiscono l'evoluzione del-la malattia né la sua eventuale risposta alla dieta senza glutine.

Sono stati descritti numerosi casi di accumulo di lipidi a livello epatico in soggetti adulti affetti da MC. Qualora si tratti di una forma di steatosi massiva può essere presente anche un aumento del-le transaminasi e della fosfatasi alcalina. La dieta senza glutine determina una progressiva normaliz-zazione dei valori enzimatici ed un miglioramento del quadro istologico epatico.

Recentemente l'emocromatosi o sovraccarico epatico di ferro è stata inserita tra le complicanze associate alla MC. Diversamente dalle altre complicanze, la comparsa di uno stato di sovraccarico di ferro sarebbe dovuto, nei soggetti geneticamente predisposti, non al mancato o inadeguato rispetto della dieta priva di glutine, ma proprio all'adozione di tale regime dietetico. Generalmente il duode-no prossimale è il distretto in cui si verifica l'assorbimento del ferro; essendo esso quello maggior-

Le complicanze epato-biliari

Cirrosi biliare primitiva

Colangite sclerosante primaria

Epatite e colangite autoimmune

Steatosi epatica

Emocromatosi

Le complicanze

AIC - Vademecum 2008 35

mente e più frequentemente interessato dalle alterazioni tipiche della MC, il riscontro in pazienti non in dieta di un deficit di ferro o di anemia sideropenica al momento della diagnosi è un' eventua-lità estremamente comune. L'adozione di una dieta priva di glutine può comportare, a seguito del ri-pristino delle capacità di assorbimento del duodeno, la comparsa di un sovraccarico epatico di ferro conseguente alla slatentizzazione di una “emocromatosi latente” non manifestatasi unicamente a causa dei ridotti livelli ematici di ferro.

Sebbene la frequenza delle anomalie della funzione pancreatica esocrina in soggetti affetti da MC non sia esattamente conosciuta, tuttavia più del 20% dei bambini affetti presenta delle altera-zioni della funzione esocrina del pancreas. Quando presenti tali anomalie possono determinare alte-razioni dell'assimilazione dei nutrienti con conseguente stato di malnutrizione tanto più evidente quanto minore è l'età della comparsa. Anche in questi casi la dieta senza glutine rappresenta il tratta-mento d'elezione.

La MC è la causa più frequente di anomalie della funzione splenica legata ad atrofia acquisita dell'organo. In molti dei soggetti affetti, come evidenziabile con l'ecografia, il volume dell'organo è significativamente ridotto. Tale condizione sembrerebbe essere, in realtà, estremamente frequente interessando dal 32% al 76% dei soggetti adulti non in dieta aglutinata mentre non interessa i sog-getti di età pediatrica. Tale complicanza regredisce, almeno in parte, con l'attuazione della dieta sen-za glutine.

È da ricordare che tutti i soggetti con atrofia splenica sono predisposti a gravi infezioni da pneu-mococco a decorso a volte infausto, sembrano maggiormente esposti a malattie autoimmuni e pre-sentano un aumentato rischio di complicanze tromboemboliche. In soggetti celiaci con ipofunzio-ne splenica è pertanto di fondamentale importanza trattare prontamente ogni tipo di infezione e consigliare comunque, specie in previsione di interventi chirurgici, la vaccinazione anti-pneumo-coccica.

Alterazioni della funzione pancreatica esocrina

Anomalie della funzione splenica

Le complicanze

AIC - Vademecum 2008 36

P redisporre un protocollo diagnostico per la celiachia non è un compito semplice, proprio perché vi sono diverse opzioni, soprattutto nel campo della sierologia, altrettanto valide e la cui scelta ci obbliga a fare comunque alcune rinunce. È indispensabile stabilire un percorso,

che ci consenta di disporre di un protocollo semplice, basato su pochi test essenziali, applicabile su tutto il territorio nazionale e che sia al tempo stesso, pur nella sua semplicità ed universalità di esecu-zione, in grado di identificare il maggior numero di celiaci riducendo al minimo le mancate diagnosi e soprattutto le diagnosi sbagliate. Per raggiungere questi risultati il gruppo dei consulenti scientifici dell'AIC ha elaborato un protocollo per la diagnosi di celiachia che è stato sottoposto all'esame della commissione del Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare (C.N.S.A.), creata dal Ministero della Salute, dalla quale è stato approvato con qualche piccola modifica.

Gli esami che devono essere sempre eseguiti per giungere alla diagnosi di celiachia in modo cor-retto sono i marker anticorpali e la biopsia intestinale. La diagnosi di celiachia dovrebbe sempre pas-sare attraverso queste due indagini, perché, se è vero che la biopsia intestinale rimane il “gold stan-dard”, la sierologia è altrettanto importante per la conferma diagnostica dato che la positività dei suddetti anticorpi conferma la glutine-dipendenza dell'atrofia intestinale con ragionevole sicurezza.

La disponibilità di più test anticorpali validi per lo screening della celiachia impone di definire un percorso che ci porti ad ottenere la miglior strategia diagnostica cercando di ridurre al minimo i co-sti, evitando in particolare l'esecuzione di test non necessari e ripetitivi. I due test con la più elevata

Esami di I° livello

Sierologia

Test anticorpali

Anticorpo

Anti-tTG IgAEmA IgAAGA IgA

Sensibilità(%)

989482

Specificità (%)

909978

Valore Pred. Pos. (%)

919979

Valore Pred. Neg. (%)

989481

Tab. 1 - Valore diagnostico dei marker anticorpali correlati alla celiachia

Il protocollo per la diagnosi

Dipartimento di Malattie dell'Apparato Digerente e Medicina InternaAzienda Ospedaliera-Universitaria Policlicnico S.Orsola-Malpighi - Bologna

Umberto Volta

AIC - Vademecum 2008

accuratezza diagnostica per la celiachia sono gli anticor-pi antiendomisio (EmA) ed anti transglutaminasi uma-na (anti-tTG) di classe IgA (Tab. 1).

37

Il confronto fra questi due test ci mostra che gli anti-tTG presentano una sensibilità più elevata degli EmA (98% vs 94%) a fronte di una specificità sicuramente inferiore (90% vs 99%), con falsi positivi in particolare nell'allergia alimentare, nelle infezioni intestinali, nelle malattie infiammatorie croniche intestinali e nella patologia autoimmune in senso lato. A parità di costi gli anti-tTG mostra-no più elevati livelli di riproducibilità (per gli EmA vi è il problema della variabilità inter-observer le-gata alla lettura del test in immunofluorescenza -IFL), una illimitata disponibilità dell'antigene, non-ché un ulteriore vantaggio rappresentato dalla semplicità della tecnica ELISA (ben standardizzata ed automatizzata in molti laboratori) rispetto all'IFL (eseguita manualmente e con possibilità di erro-ri tecnici). Alla luce di tutti questi dati gli anti-tTG pertanto si sono affermati come il test di primo li-vello per lo screening della celiachia, mentre gli EmA, data la loro specificità quasi assoluta per la ma-lattia celiaca, dovrebbero essere utilizzati come test di conferma da eseguirsi nei casi con positività per gli anti-tTG.

Per quanto riguarda gli anticorpi antigliadina (AGA) di classe IgA è importante sottolineare che la loro ricerca, ancorché più economica di quella degli anti-tTG ed EmA, dovrebbe ormai essere ese-guita esclusivamente nei bambini al di sotto dei 2 anni di età dopo avere riscontrato una negatività

per gli anti-tTG (nella prima infanzia gli AGA hanno una sensibilità maggiore de-gli anti-tTG ed EmA). Al di fuori di que-sta indicazione l'applicazione di questo test alla diagnostica della celiachia ai nostri giorni non ha più alcun significato, dal mo-mento che questo marcatore ha evidenti limiti di accuratezza diagnostica se con-frontato con gli altri test (Tab. 2).

Il dosaggio delle IgA totali sieriche deve essere eseguito per escludere una condizione di deficit selettivo di IgA (IgA < 5 mg/dL) (Tab. 2). Nel caso sia infatti presente tale alterazione del sistema immunitario, per identificare una concomitante celiachia, il test più valido è la ricerca degli anti-tTG di classe IgG. La presenza di deficit di IgA può anche essere sospettata tutte le volte che il valore as-soluto degli anti-tTG IgA è molto basso (< 0.5 AU), ma è chiaro che la certezza della presenza di un deficit selettivo di IgA può venire solo dal dosaggio delle IgA totali sieriche, i cui costi contenuti sug-geriscono il loro inserimento nell'algoritmo diagnostico.

La biopsia intestinale, eseguita in corso di esofagogastroduodenoscopia (EGDS) nella seconda o terza porzione del duodeno, rimane l'accertamento indispensabile per la diagnosi di celiachia in quanto nessuno dei test anticorpali raggiunge una sensibilità ed una specificità del 100%. Presuppo-sti fondamentali per una corretta valutazione istologica sono l'orientamento delle biopsia ed un nu-mero adeguato di prelievi bioptici (in genere almeno 4). Per criteri di uniformità e comparabilità dei referti è fondamentale che la classificazione di Marsh-Oberhuber, ulteriormente modificata per quanto riguarda il cut-off dei linfociti intraepiteliali (LIE), ormai accettata ed utilizzata universal-mente, venga applicata su tutto il territorio nazionale (Tab. 3), (Figure 1A, 1B, 2, 3, 4).

Un'atrofia dei villi intestinali non glutine-dipendente, che entra in diagnostica differenziale so-prattutto con la celiachia dell'adulto, è presente in alcune condizioni patologiche di raro riscontro,

IgA totali sieriche

Biopsia duodenale

Istologia

T Esami di I° livelloSierologiaAnti-tTG IgA (anti-tTG IgG nei casi con deficit di IgA)(test più sensibile e con più elevata riproducibità)EmA IgA come test di conferma nei casi anti-tTG IgA+ (test più specifico)AGA IgA (AGA IgG se deficit di IgA) in età < 2 anni(primo anticorpo a comparire)IgA totali sieriche (per escludere deficit di IgA)

ab 2 -

Il protocollo per la diagnosi

AIC - Vademecum 2008 38

fra cui l'enteropatia autoimmune, la gastroenterite eosinofila, alcune malattie parassitarie, fungine e virali (in particolar modo in soggetti immunodepressi), la linfangectasia intestinale, la ipogamma-globulinemia comune variabile ed il danno enterico da FANS (Tab. 4). Nella stragrande maggioran-za di queste condizioni i marcatori sierologici di celiachia sono negativi.

Tab. 3 - Esami di I° livelloBiopsia duodenale

Criteri istologici da inquadrare nel contesto clinico, anticorpale e genetico

Classificazione modificata di Marsh-Oberhuber

LIE: linfociti intraepiteliali. Lesione Tipo 4: atrofia totale dei villi con assenza di LIE.

Il protocollo per la diagnosi

AIC - Vademecum 2008

Tipo 3a>25

IpertroficheAtrofia lieve

Tipo 3b>25

IpertroficheAtrofia parziale

Tipo 3c>25

IpertroficheAtrofia subtotale

LIECripteVilli

Tipo 0<25

NormaliNormali

Tipo 1>25

NormaliNormali

Tipo 2>25

IpertroficheNormali

Fig. 1A: Lesione infiltrativa (tipo 1) (classificazio-ne di Marsh-Oberhuber). Villi architetturalmente nei limiti fisiologici della norma (normale rappor-to villo/cripta= 3/1) con incremento del numero dei linfociti intraepiteliali (LIE) (ematossilina-eosina x20)

Fig. 1B: Lesione infiltrativa (tipo 1) (classificazio-ne di Marsh-Oberhuber).Incremento del numero dei LIE (>25/100 cellule epiteliali) (colorazione immunoistochimica per CD3 x20) (cortesia del Dr V. Villanacci, Consulente Anatomopatologo AIC)

39

Il protocollo per la diagnosi

AIC - Vademecum 2008

Esami di II° livello

GeneticaL'utilità dell'indagine genetica è quella di escludere con certezza quasi assoluta la diagnosi di ce-

liachia se il soggetto è negativo sia per HLA-DQ2 (DQA1* 0501/ DQB1* 0201) che per il -DQ8 (DQB1* 0302) (i casi di celiachia DQ2, DQ8 negativi sono estremamente rari). La presenza del DQ2 o del DQ8 non può invece essere considerata diagnostica perché, anche se la quasi totalità dei celiaci presenta questi pattern HLA, essi vengono ritrovati pure nel 20%-30% della popolazione normale.

Fig.4: atrofia dei villi intestinali di grado severo (subtotale) (tipo 3c)con iperplasia delle cripte ed aumento dei LIE (classificazione di Marsh-Oberhuber) (colorazione ematossilina eosina x20)

Fig. 3: atrofia dei villi intestinali di grado moderato (tipo 3b) con iperplasia delle cripte ed aumento dei LIE (classificazione di Marsh-Oberhuber) (colora-zione ematossilina eosina x20)(cortesia del Dr Vincenzo Villanacci, Consulente Anatomopatologo AIC)

Fig. 2: atrofia lieve dei villi intestinali (tipo 3a) con iperplasia delle cripte ed aumento dei LIE (classifi-cazione di Marsh-Oberhuber) (colorazione ema-tossilina eosina x20)(cortesia del Dr Vincenzo Villanacci, Consulente Anatomopatologo AIC)

Tab. 4 - Atrofia dei villi intestinali non glutine-dipendente

MalattiaMorbo di Whipple

Gastroenterite eosinofilaMalattie parassitarie (giardia, cryptosporidium)

Malattie virali (HIV, cytomegalovirus)Enteropatia autoimmuneLinfangectasia intestinale

Ipogammaglobulinemia comune variabileDanno da farmaci (FANS)

Diagnostica differenzialeMacrofagi nella lamina propria

Infiltrato eosinofiloIdentificazione del parassita

Identificazione del virusg/d nella normaLinfatici dilatati

Assenza di plasmacellule nella lamina propria, iperplasia linfoide-

40

L'HLA è pertanto un test di secondo livello da eseguirsi con la finalità di esclu-dere la diagnosi nei casi in cui la biopsia intestinale e l'indagine anticorpale non ab-biano chiarito se il paziente è celiaco o no. Nei familiari di 1° e 2° grado di celia-ci, soprattutto in età pediatrica, è consi-gliabile eseguire l'indagine genetica per identificare i soggetti predisposti alla ce-liachia da monitorare con indagine sierologica periodica (Tab. 5).

È possibile individuare 3 diversi percorsi diagnostici a seconda che ci si ritrovi di fronte ad un forte sospetto clinico di celiachia (malassorbimento franco, caratterizzato da significativo calo pon-derale, diarrea ed astenia severa), a pazienti con bassa probabilità di celiachia (casi mono-paucisin-tomatici) e a familiari di celiaci.

Dopo avere eseguito il dosaggio delle IgA totali sieriche si procede di pari passo con l'esecuzione della biopsia intestinale e con il dosaggio degli anticorpi anti-tTG di classe IgA o di clas-se IgG (se vi è deficit di IgA). Altri test: EmA come test di conferma nei casi positivi per anti-tTG; nei soggetti di età < 2 anni, se negativi gli anti-tTG, anche AGA IgA o IgG (in caso di deficit di IgA).

Se vi è concordanza fra sierologia (positività degli anti-tTG) e biopsia duodenale (atrofia dei villi intestinali - lesione tipo 3) la diagnosi è sicuramente di celiachia; Se la sierologia è positiva e la biopsia normale o con lesione tipo 1-2, si procede alla determina-zione dell'HLA:

a) in caso di positività per DQ2 o DQ8 con biopsia normale, si consiglia monitoraggio anticorpale con eventuale ripetizione della biopsia duodenale a distanza di tempo; se DQ2 o DQ8 sono posi-tivi con lesione istologica tipo 1-2, la diagnosi è di celiachia potenziale e la decisione di trattare il paziente con dieta aglutinata o no andrà valutata sulla base dei sintomi presentati;

b) in caso di negatività per DQ2 e DQ8, gli anti-tTG sono verosimilmente da considerarsi falsi po-sitivi, e la diagnosi di celiachia è da escludersi con certezza quasi assoluta;

! Se la sierologia è negativa e la biopsia positiva (lesione tipo 3), la prima cosa da fare è escludere nei limiti del possibile altre cause di atrofia della mucosa intestinale, poi si procede alla ricerca dell'HLA:

a) in caso di positività per DQ2 o DQ8, la diagnosi è di celiachia da confermarsi con un iter dia-gnostico completo basato sul controllo bioptico dopo dieta aglutinata;

b) in caso di negatività per DQ2 e DQ8, la diagnosi di celiachia è da escludersi con certezza quasi assoluta;

Si esegue la ricerca degli anti-tTG IgA o IgG (in caso di deficit di IgA). Altri test: EmA come test di conferma nei casi positivi per anti-tTG; nei soggetti di età < 2 anni, se negativi gli anti-tTG, anche AGA IgA o IgG (in caso di deficit di IgA). ! Se la sierologia è negativa, si esclude la diagnosi di celiachia almeno al momento (è noto infatti

che la malattia celiaca può manifestarsi in qualsiasi momento della vita a seguito di eventi scate-nanti quali stress, infezioni, gravidanza).

Percorsi Diagnostici

Forte sospetto clinico di celiachia (sindrome da malassorbimento) (Fig.1)

Rischio basso-moderato di celiachia (casi mono-paucisintomatici) (Fig. 2)

!

!

Il protocollo per la diagnosi

AIC - Vademecum 2008

Istologia e sierologia non diagnostiche:

Esclusione diagnosi di celiachia con elevata probabilità

in caso di negatività sia DQ2 che DQ8

Familiari di celiaci:Identificazione dei soggetti

predisposti alla celiachia in caso di positività per DQ2 o DQ8

Dato l'elevato costo dei test genetici, è consigliabile limitare l'indagine all'età pediatrica.

Tab. 5 - Esami di II livello Genetica: determinazione HLA

Indicazioni

41

! Se1) in caso di istologia positiva (lesione tipo 3) la diagnosi è di celiachia; 2) in caso di istologia negativa o tipo 1-2, determinazione HLA: a) se DQ2 o DQ8 sono positivi, monitoraggio e ripetizione biopsia;b) se DQ2 o DQ8 sono negativi, anti-tTG da considerarsi verosimilmente falsi positivi .

Si esegue la ricerca degli anti-TG IgA o IgG (in caso di deficit di IgA). Altri test: EmA come test di conferma nei casi positivi per anti-tTG; nei soggetti di età < 2 anni, se negativi gli anti-tTG, anche AGA IgA o IgG (in caso di deficit di IgA). ! Se la sierologia è negativa, dato che i familiari hanno una elevata predisposizione alla malattia, è

consigliabile, soprattutto in età pediatrica, eseguire la ricerca degli HLA:1) in caso di aplotipo compatibile (DQ2 o DQ8), è opportuno effettuare periodici (ogni 1-2 anni)

controlli degli anti tTG;2) in caso di aplotipo non compatibile (assenza di DQ2 e DQ8), basso rischio di malattia e non in-

dicazione a monitoraggio anticorpale.Dato l'elevato costo dei test genetici, in considerazione che l'eventuale presenza del DQ2 o DQ8 è solo una indicazione al monitoraggio anticorpale, nell'adulto è consigliabile per motivi economici so-prassedere all'esecuzione del test ed eseguire direttamente monitoraggio con anti-tTG ogni 2 anni.! Se la sierologia è positiva, si procede alla biopsia duodenale: 1) in caso di istologia positiva (lesione tipo 3) diagnosi di celiachia; 2) in caso di istologia negativa o tipo 1-2, determinazione HLA: a) se DQ2 o DQ8 sono positivi con istologia normale, monitoraggio e ripetizione biopsia; se

DQ2 o DQ8 sono positivi con lesione istologica tipo 1-2, decidere caso per caso, in base al qua-dro clinico ed ai sintomi, se iniziare dieta aglutinata o se effettuare semplice monitoraggio;

b) se DQ2 e DQ8 negativi, anti-tTG da considerarsi verosimilmente falsi positivi ed eventual-mente da controllare a distanza.

la sierologia è positiva, si procede alla biopsia duodenale:

Familiari di 1° e 2° grado (Fig.3)

Il protocollo per la diagnosi

AIC - Vademecum 2008

Biopsia duodenale+ IgA seriche + anti-tTG*

Elevato sospetto clinico di celiachia

IgG anti-tTG(se deficit di IgA)

IgA anti-tTG(se IgA normali)

Sierologia negativa+ biopsia positiva (3a-3c)

Sierologia positiva**+ biopsia positiva (3a-3c)

Sierologia positiva**+ biopsia normale

Determinazione HLA DQ2 DQ8

Esclusione di altre causedi mucosa piattaCELIACHIA

Se negativi,anti-tTG

falsi positivi^

Se positivi, monitoraggio anti-tTG e ripetere biopsia duodenale

Determinazione HLA DQ2 DQ8

Se negativi, bassa probabilità di celiachia ^; ulteriore ricerca di altre

cause di danno mucosale

Se positivi, CELIACHIA, da confermare con biopsia

dopo dieta aglutinata

*Nei soggetti di età < 2 anni AGA oltre ad anti-tTG - **EmA come test di conferma nei casi anti-tTG positivi - ^rari casi di celiachia non HLA-DQ2/DQ8

Fig.1 Soggetti con forte sospetto clinico di celiachia

42

Commento conclusivo applicabile a tutti e tre i livelli del protocollo diagnostico

Quando ci si trova di fronte a casi particolari con discordanza fra istologia e sierologia sarebbe opportuno sottoporli all'attenzione dei centri di alta specializzazione con particolare esperienza nel-la diagnosi di celiachia.

Il protocollo per la diagnosi

AIC - Vademecum 2008

*Nei soggetti di età < 2 anni, ricerca di AGA oltre ad anti tTG;EmA come test di confermanei casi anti-tTG positivi - ^ rari casi di celiachia non HLA-DQ2, DQ8 positivi

Fig.3 Familiarità per malattia celiaca

IgA sieriche+ anti-tTG *

Sierologia negativa Sierologia positiva

Familiari di I° e II° grado

Biopsia duodenaleDeterminazione HLA-DQ2/DQ8

Se positivi, predisposizione

a celiachia.Monitoraggio con anti-tTG

Se negativi^, diagnosi di

celiachia esclusa

Istologia positiva (tipo 3a-3c)

Istologia negativao tipo 1-2

CELIACHIADeterminazione

HLA-DQ2/DQ8

Se positivi e istologia normale, monitoraggioSe positivi e tipo 1-2

valutare caso per caso

IgG anti-tTG(se deficit di IgA)

IgA anti-tTG(se IgA normali)

Se negativi^, anti-tTG falsi positiviControllo anti- tTG

Casi Mono- Paucisintomatici

IgA sieriche+anti-tTG*

IgA anti-tTG(se IgA normali)

IgG anti-tTG(se deficit IgA)

Sierologia negativa Sierologia positiva^

Diagnosi di celiachia esclusa Biopsia duodenale

Istologia positiva(tipo 3a-3c)

Istologia negativao tipo 1-2

CELIACHIA

Se positivi, monitoraggio anti-tTG e ripetere biopsia duodenale

Se negativi**, anti-tTGfalsi positivi

Determinazione HLA DQ2/DQ8

^EmA come test di conferma nei casi anti-tTG positivi - *AGA, oltre ad anti-tTG, nei bambini di età < 2 anni - **rari casi di celiachia non HLA-DQ2/DQ8

Fig.2 Soggetti a rischio basso-moderato di celiachia

43

I momenti che seguono alla diagnosi di malattia celiaca (MC) e le prime fasi della dieta aglutinata sono estremamente complessi e meritano una dettagliata descrizione in quanto determinanti per il raggiungimento di un'adeguata aderenza alla dieta e di una soddisfacente “qualità di vita”.

Durante la prima visita, e se necessario nel successivo follow-up, il medico ha il compito di “edu-care” il paziente e la sua famiglia riguardo alla “condizione” di intolleranza al glutine, spiegare cosa significa la dieta senza glutine e come affrontare questo radicale cambiamento di abitudini alimenta-ri e, soprattutto, sottolineare che la stretta aderenza alla dieta senza glutine è “per tutta la vita”. Il me-dico deve inoltre consigliare lo screening dei familiari di I° grado del celiaco ed il ricorso, in casi par-ticolarmente complessi, al dietista, stabilire i tempi del follow-up e raccomandare un contatto con l'Associazione Italiana Celiachia (AIC) (Tab. 1).

Esaminiamo in dettaglio i diversi punti di questa “strategia” post-diagnosi.

La diagnosi di MC potrà giungere attesa dal paziente o al contrario inaspettata, potrà essere la conseguenza di indagini eseguite come screening o per accertamenti dovuti a sintomi specifici di MC, pertanto anche il livello di consapevolezza del paziente su questa patologia potrà notevolmen-te differire da caso a caso.

È indubbio che per ottenere un’aderenza stretta alla dieta senza glutine è necessario motivare il paziente spiegando i principi patogenetici della celiachia, quali sono i cibi in cui il glutine è contenu-to, le manifestazioni cliniche non solo digestive ma anche extra-intestinali e le complicanze determi-nate dalla mancata aderenza alla dieta aglutinata. L'“educazione” del paziente ovviamente non si esa-

Educazione del paziente

Che fare dopo la diagnosi

1 2Alfredo Papa , Antonio Gasbarrini1U.O. Gastroenterologia, C.I. Columbus, Università Cattolica del S. Cuore, Roma;2Istituto di Medicina Interna e Angiologia, Policlinico A. Gemelli, Università Cattolica del S. Cuore, Roma

Tab 1. Gestione del paziente celiaco dopo la diagnosiEducazione del paziente e dei familiari riguardo alla celiachiaFavorire la compliance (aderenza) alla dieta aglutinata "per tutta la vita"Identificare e trattare i deficit nutrizionali o le patologie associateCertificazioni per esenzione dal ticket ed erogazione degli alimenti senza glutineScreening dei familiari di I° gradoFollow-up in centri di riferimento con team multidisciplinareAccesso ad associazione di pazienti

AIC - Vademecum 2008 44

urisce al primo colloquio con il medico, ma dovrebbe essere continua e prevedere l'utilizzo di qual-siasi mezzo informativo: opuscoli, pubblicazioni scientifiche, riviste, audiovisivi, internet e colloqui con altri pazienti celiaci anche in base all'età dei pazienti ed alle loro esigenze. Molto importante è, come vedremo successivamente, il contatto con l'associazione locale dei pazienti.

La terapia della MC consiste nell'esclusione del glutine dalla dieta. Questa esclusione deve essere a vita, completa e assoluta, per ottenere e mantenere la guarigione anatomica e clinica. L'aderenza al-la dieta aglutinata va ricercata nei singoli pazienti e nelle diverse età con diversi mezzi. La conoscen-za dei cibi contenenti il glutine probabilmente aumenta anche la capacità del celiaco di scegliere in maniera autonoma gli alimenti naturalmente “gluten-free”. Nella pratica, è consigliabile ricorrere, in particolare nella fase iniziale dopo la diagnosi, ad alimenti naturali che non contengono glutine

La dieta senza glutine

quali il riso, il mais, carne, pesce, uova, formaggi, frutta e verdura o che non sono stati contaminati con farina di frumento. Per questo è preferibile usare prodotti naturali o di fonte conosciuta. A tal proposito è disponibile un elenco aggiornato di prodotti in commercio sicuramente esenti da gluti-ne, redatto e periodicamente aggiornato dall'AIC. La dieta deve tener conto anche di eventuali altre intolleranze, in particolare quella al lattosio o di altre affezioni che possono coesistere, quali il diabe-te mellito o la stipsi. Infatti, il celiaco al momento della diagnosi può mostrare intolleranza al latto-sio, lo zucchero presente nel latte, che viene digerito dalla lattasi. Il danno della mucosa riduce il li-vello di enzima nella mucosa intestinale e rende il soggetto secondariamente e reversibilmente intol-lerante a questo zucchero.

Una dieta senza glutine prevede quindi inizialmente anche una dieta priva di lattosio e poi a ri-dotto contenuto di lattosio. Ovviamente, come nella popolazione generale anche molti celiaci sono comunque intolleranti al lattosio, anche quando, con la dieta aglutinata, la mucosa intestinale ritorna integra; in tal caso l'intolleranza è permanente.

Nei casi particolarmente complessi il ricorso ad uno specialista nutrizionista o ad una dietologa esperta nel problema non è solo consigliato ma necessario.

Al momento della diagnosi può essere utile, a giudizio del medico curante, eseguire ulteriori in-dagini diagnostiche per escludere eventuali deficit nutrizionali da correggere o complicanze della MC già presenti (Tab. 2). Quindi è consigliabile eseguire delle analisi ematochimiche generali che comprendano anche il dosaggio del ferro e delle principali vitamine. Inoltre, nei pazienti diagnosti-cati in età adulta o con sintomi particolarmente severi (dimagrimento, anemizzazione, etc.) è consi-gliabile eseguire uno studio della mineralizzazione ossea tramite MOC per valutare la presenza o me-

Ulteriori indagini diagnostiche

Tab 2. Indagini diagnostiche utili al momento della diagnosiEmocromoDosaggio sideremia e vitamine (ac. folico, Vit. B12, Vit. D, ecc)Funzionalità epatica (transaminasi, indici di colestasi)Funzionalità tiroidea (TSH, T3,T4, anti-TPO, ecc.)Mineralometria ossea computerizzata (MOC) (pazienti adulti)Rx tenue o Videocapsula endoscopica (pazienti adulti e/o con gravi sintomi)Altri (secondo i segni e/o sintomi del paziente)

Che fare dopo la diagnosi

AIC - Vademecum 2008 45

no di osteoporosi/osteopenia, ed uno studio dell'intero intestino tenue, tramite una radiografia o se disponibile, tramite endoscopia con videocapsula (VCE), per escludere l'eventuale presenza di com-plicanze della MC.

Per quanto concerne il follow-up del celiaco in dieta aglutinata è essenziale che venga effettuato in un centro con esperienza nella gestione di tali pazienti che eventualmente disponga di un team plurispecialistico (nutrizionista, dietologo, psicologo, gastroenterologo-endoscopista, radiologo, gi-necologo, etc.) in grado di intervenire in caso di necessità per supportare l'aderenza del paziente alla dieta senza glutine e per risolvere i problemi che possono di volta in volta presentarsi. Infatti, solo a titolo di esempio, numerosi studi hanno dimostrato che un supporto psicologico, con colloqui pe-riodici a partire dall'inizio della dieta senza glutine, in particolare in pazienti con problemi di ansia e depressione, può migliorare in maniera significativa la aderenza alla dieta aglutinata. Riteniamo che dal momento dell'inizio della dieta aglutinata sia necessario per lo meno un controllo ambulatoriale entro i due mesi successivi. In questa visita il paziente potrà porre al medico delle domande anche sui problemi pratici che il suo nuovo “stile di vita” comporta e chiedere chiarimenti sulla sua condi-zione di celiaco. È consigliabile che il paziente in questa occasione sia accompagnato da almeno un familiare (se non già presenti al momento della comunicazione della diagnosi), per aumentare la co-noscenza dell'intolleranza al glutine anche nell'ambiente familiare.

Successivamente i controlli, almeno per il I° anno, potranno essere effettuati ogni 4-6 mesi. Que-ste visite saranno fondamentali per valutare, mediante il colloquio e l'anamnesi, la aderenza del pa-ziente alla dieta senza glutine e per sottolinearne l'importanza. Il miglioramento dei sintomi che han-no portato alla diagnosi di celiachia può rappresentare, anche se non sempre, una sufficiente prova della aderenza alla dieta aglutinata. Soltanto dopo almeno 6 mesi dall'inizio della dieta, all'anamnesi ed all'esame clinico del celiaco verrà aggiunto anche il dosaggio degli anticorpi anti-transglutami-nasi, che dovranno negativizzarsi o almeno ridursi quantitativamente rispetto al valore precedente all'inizio della dieta. I successivi controlli, in assenza di problemi specifici, potranno essere effettuati con cadenza annuale. Non è invece necessario eseguire una seconda biopsia duodenale.

Numerose evidenze scientifiche dimostrano l'aumentata prevalenza di casi di celiachia nei pa-renti di I° grado di soggetti affetti con percentuali variabili dal 5 fino anche al 10%. Pertanto è consi-gliabile far eseguire il dosaggio degli anticorpi anti-transglutaminasi ai parenti di I° grado dei celiaci, in particolare se sintomatici. Nella pratica, nei casi pediatrici si dovrebbero sottoporre al test siero-logico i fratelli/sorelle e i genitori e nei pazienti adulti i figli e i fratelli/sorelle ed eventualmente inda-gare sulle condizioni cliniche dei genitori e decidere, a seconda dei casi e dell'età, se consigliare il test di screening anche a loro.

I pazienti celiaci hanno avuto finora diritto all'esenzione dal ticket per l'esecuzione di indagini correlate alla condizione di cui sono portatori (“esenzione dalla partecipazione al costo delle relati-ve prestazioni sanitarie”). Infatti, la malattia celiaca era, fino all'aprile 2008, inclusa tra le patologie definite “rare” dal Ministero della Salute. Con il Dpcm del 23 Aprile 2008, “si evidenzia che la celia-

Il follow-up del celiaco in dieta aglutinata

Screening dei familiari di I° grado

Norme e certificazioni

Che fare dopo la diagnosi

AIC - Vademecum 2008 46

chia, data l'elevata prevalenza dei casi, è trasferita nell'elenco delle malattie croniche”. La prevalenza media della celiachia nel nostro paese è variabile a seconda degli studi epidemiologici tra 1:100 ed 1:50 abitanti. A seguito dell'inserimento della celiachia nell'elenco delle malattie croniche, cambia il codice di esenzione (059) così come le prestazioni in esenzione.

L'altra certificazione che lo specialista dovrà predisporre successivamente alla diagnosi è quella per l'erogazione dei prodotti senza glutine, nei limiti previsti dalla legge a seconda di diverse fasce d'età e del sesso del paziente.

I pazienti al momento della diagnosi dovrebbero essere incoraggiati a contattare l'associazione dei soggetti celiaci, rappresentata in Italia dall'AIC, dislocata su tutto il territorio nazionale con sedi regionali e provinciali (Tab. 3). Il colloquio con altri soggetti celiaci è essenziale per migliorare la ade-renza alla dieta aglutinata e per risolvere le problematiche di varia natura che possono eventualmen-te presentarsi. Il sito web dell'AIC (www.celiachia.it) contiene gli indirizzi ed i numeri di telefono dei rappresentanti regionali, oltre ad una serie di informazioni utili al celiaco. Inoltre, tutti gli iscritti rice-vono regolarmente una rivista con le informazioni scientifiche, pratiche, legali, ecc. che sono di inte-resse per i celiaci. Gli iscritti possono inoltre richiedere il prontuario degli alimenti e dei farmaci sen-za glutine.

Contatto con l'associazione dei celiaci (AIC)

Tab 3. Perché è utile il contatto con l'associazione di pazienti (AIC)Educazione (convegni scientifici, incontri tra pazienti, pubblicazioni, ecc.)Supporto psicologico, dieteticoProntuario alimenti senza-glutineElenco ristoranti, pizzerie, locali con alimentazione senza glutineAssistenza legaleManifestazioni culturali, sportive, ecc.

Che fare dopo la diagnosi

AIC - Vademecum 2008 47

L e prime domande che una giovane donna celiaca pone al medico riguardano la sua fertilità e la possibilità di trasmettere la celiachia ai figli. Numerosi studi sembrano indicare che le donne celiache che seguono bene la dieta senza glutine possono stare tranquille: è stato di-

mostrato che lo sviluppo del bambino nell'utero e il decorso della gravidanza non risentono in al-cun modo dell'essere celiache quando si segue bene la dieta e un corretto stile di vita. Tuttavia uno studio epidemiologico suggerisce che le donne celiache hanno più spesso parti indotti e/o cesarei. Questo potrebbe non essere dovuto ad una maggiore predisposizione alle malattie, bensì essere il se-gno di una maggiore attenzione alla salute e quindi di una maggiore medicalizzazione. Nella tratta-zione che segue distingueremo due fasi, quella prima della diagnosi (a dieta libera) e dopo.

È piuttosto chiaro che la celiachia misconosciuta determina alterazioni nella sfera riproduttiva delle donne solo quando non sanno di essere celiache.

Diversi studi retrospettivi indicano che l'età del menarca è spesso posticipata nelle ragazze celia-che; al ritardo puberale si può associare l'amenorrea, presente almeno 3 volte più frequentemente nelle celiache rispetto alle donne della popolazione generale. La menopausa sembra comparire pri-ma. Alcuni studi sostengono che la celiachia dovrebbe essere sospettata di fronte a donne infertili per motivi non spiegati, poiché questa condizione sarebbe più frequente tra le donne infertili rispet-to alla popolazione generale (con prevalenza dal 4 all'8%). Anche la prevalenza di aborti antro il ter-zo mese di gestazione è maggiore, come dimostrato da alcuni studi retrospettivi e da studi epide-miologici su grandi numeri sia di celiache che di controlli. Non sembra essere invece differente la prevalenza di eclampsia tra le celiache. Si registra inoltre, in più studi, un più frequente basso peso al-la nascita del bambino e una riduzione del tempo di allattamento che è di circa 2.5 mesi inferiore ri-spetto alle donne non celiache. Le conferme a questi dati vengono fornite anche da studi che guar-dano l'altro lato del problema. Infatti, uno studio italiano condotto testando per celiachia 860 madri di bambini pretermine e/o sottopeso alla nascita ha confermato che, tra loro, il rischio che la madre sia celiaca è di 2,5 volte superiore al rischio di madri di bambini di peso normale. Uno studio svedese dice anche che la celiachia nel padre, e non quindi nella madre, potrebbe avere un effetto sul peso del bambino alla nascita. Tutti questi problemi sarebbero corretti dalla dieta senza glutine praticata scrupolosamente. In contrapposizione a questi dati, uno studio avrebbe riscontrato che la celiachia non diagnosticata è frequente tra le donne in gravidanza (>1%), ma che ciò non sarebbe associato ad un decorso più o meno sfavorevole della gravidanza stessa.

Il meccanismo patogenetico correlato alla celiachia responsabile di tali disturbi non è ancora

Fertilità, gravidanzae celiachia

Carolina Ciacci

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università Federico II, Napoli

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ben chiaro. È stato supposto che il malassorbimento di specifiche vitamine ed altri oligoelementi quali il ferro e lo zinco, possa causare alterazioni del sistema immunitario ed endocrino, spesso pre-senti nella celiachia, e quindi ipopituitarismo funzionale che si tradurrebbe in ridotta sintesi di gona-dotropine, di estrogeni (ridotta funzione ovarica o di attivazione dei precursori degli ormoni ) e così amenorrea ed infertilità. Bisogna tuttavia tener conto che sono moltissime le donne che non hanno malassorbimento, pertanto si può ipotizzare che l'attivazione patologica del sistema immunitario potrebbe giocare un ruolo per spiegare i disturbi riproduttivi in pazienti con problemi malassorbiti-vi minori.

Non ci sono poi dati epidemiologici concreti per valutare la possibile associazione della celia-chia non diagnosticata con il rischio di malformazioni nel nascituro, anche se segnalazioni di questo tipo sono presenti in letteratura. È noto comunque che una ridotta disponibilità per il feto di ele-menti quali lo zinco, l'acido folico e la vitamina B12 sarebbero associati ad incrementato rischio di sviluppare difetti nella maturazione del tubo neurale, mentre un ridotto assorbimento di vitamina K dalla madre potrebbe causare malformazioni scheletriche nel bambino. Infine le alterazioni endo-crinologiche nelle madri con celiachia sono esse stesse fattori di rischio per patologie come il diabe-te e l'ipo-tiroidismo nel nascituro.

Per evitare queste complicazioni la diagnosi precoce di celiachia è fondamentale, così come la buona aderenza alla dieta senza glutine dopo la diagnosi. È ovvio che le celiache dovranno rispetta-re non solo la dieta senza glutine, ma anche tutte le raccomandazioni dietetiche e di supplementa-zione che sono generalmente fatte a tutte le donne in gravidanza. In particolare è importante un ade-guato apporto di calcio; la gravidanza, di per sé, causa perdita di massa ossea, per cui questo aspetto è ancora più importante se la diagnosi di celiachia è stata fatta nell'età adulta, quando il malassorbi-mento occulto aveva già minato i depositi di calcio nell'osso. L'alimento che contiene più calcio, ed in forma altamente disponibile, è il latte. L'apporto quotidiano di latte parzialmente scremato e dei suoi derivati freschi consente di assumere almeno la metà della quantità di calcio necessaria giornal-mente, mentre nei formaggi stagionati il calcio è meno biodisponibile ed il colesterolo è molto più concentrato. Si rischia, quindi, di assumere troppo colesterolo e calorie per il vantaggio, in quantità di calcio, che si ottiene. Importante per tutte le donne, celiache e non, è l'acido folico, una vitamina che previene le malformazioni del feto, in particolare quelle del tubo neurale.

In alcune zone d'Italia è raccomandata anche una supplementazione di fluoro, poco presente nell'acqua potabile. Così come a tutte le altre donne, alla donna celiaca dovrebbe essere consigliato di monitorare il proprio peso: la dieta senza glutine talora è sbilanciata per eccesso di grassi che, es-sendo più calorici dei carboidrati, favoriscono l'aumento del peso. Come si vede non ci sono parti-colari problemi o rischi nell'affrontare una gravidanza seguendo correttamente la dieta senza gluti-ne.

Molto lavoro si sta facendo in Italia per una diagnosi precoce di celiachia. Ancora molto spesso tuttavia, la diagnosi si fa tardi, proprio durante una gravidanza o immediatamente dopo: si ritiene che ciò accada perché la gravidanza modifica il delicato equilibrio psico-fisico della donna che non sa di essere celiaca, “coagulando” segni e sintomi. In questo caso è ovvio che la diagnosi sarà fatta in condizioni estreme: spesso non si fa la biopsia e si consiglia di iniziare la dieta e si rimanda la diagno-si corretta a dopo l'allattamento o a quando le condizioni cliniche siano migliorate. La dieta senza glutine però corregge le lesioni intestinali, per cui talora è necessaria una riesposizione al glutine e una nuova biopsia per essere sicuri della diagnosi. In molti casi si può eseguire una gastroscopia ed una biopsia anche in corso di gravidanza: poche precauzioni che riguardano soprattutto il controllo della coagulazione ed il livello di emoglobina nel sangue consentono di eseguire l'esame in sicurez-za. Quando questo non è possibile si raccomanda di eseguire più di un esame di laboratorio che con-

Fertilità, gravidanza e celiachia

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fermi la celiachia: quindi non solo la ricerca degli anticorpi anti-transglutaminasi ma anche la ricerca degli EMA, delle immunoglobuline di tipo IgA, dell'HLA-DQ2 e DQ8 (geni di istocompatibilità).

La medicina moderna, in ogni caso, dovrebbe mirare ad evitare situazioni come questa. Anche se la diagnosi è fatta tardi, nella storia clinica di tutte le donne celiache ci sono segnali che avrebbero consentito una diagnosi più tempestiva quali, ad esempio, una non spiegata anemia da mancanza di ferro o alterazioni dello smalto dentario.

Una considerazione a parte va fatta per gli eventuali problemi psicologici: è piuttosto normale nelle celiache in gravidanza, ma identico è il problema nelle non celiache, di avere timori per la salute del nascituro o anche momenti di depressione dopo il parto. Molte donne dunque si chiedono se il piccolo sarà celiaco e cosa possono fare per impedire che diventi celiaco. In realtà oggi si ritiene che si possa fare ben poco: la celiachia è legata alla genetica e a qualche altro fattore che non ci è ancora del tutto chiaro. Evitare che il bambino mangi il glutine non è proponibile e il fatto che venga svez-zato tardi non lo protegge. Così oggi sembra ragionevole proporre un comportamento equilibrato: normale epoca e modalità di svezzamento con un occhio vigile ad eventuali segni clinici e comun-que, anche in assenza di segni evidenti, è bene procedere allo screening con il prelievo di sangue, ma solo dopo che si sia introdotto il glutine nella dieta! Sappiamo che il rischio per un familiare di primo grado di celiaco di essere celiaco è di poco superiore al 10%.

La gravidanza, un evento tanto atteso dalla maggioranza delle donne, deve essere un momento di serenità e soprattutto di salute per madre e figlio. Tutti sanno però che la serenità difficilmente si lega al caso o alla fortuna: più spesso si tratta di attenta prevenzione e di cura di tutti gli aspetti di un problema.

Fertilità, gravidanza e celiachia

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Di cosa parliamo, come trattiamo l'argomento, perché è importante farlo

Una considerazione preliminare serve a chiarire che quando si parla di implicazioni psicolo-giche, non lo si fa solo per mettere in luce gli aspetti potenzialmente problematici, le cose che non vanno bene e che generano sofferenza. La psicologia è per definizione una scien-

za che si occupa del buon funzionamento della mente delle persone, per arrivare solo in un secondo momento a capire perché talvolta le cose non vanno per il verso giusto.

Questo è particolarmente importante per una condizione come quella celiaca che, utilizzando una metafora sportiva (come se superare le difficoltà legate al cambiamento fosse un po' come cor-rere una gara di atletica), consente uno start psicologico da “buoni blocchi di partenza”: certo ab-biamo a che fare con una malattia cronica immuno-mediata, ma nello stesso tempo siamo tranquil-lizzati dal fatto che non richiede assunzione di farmaci (spesso causa di pesanti effetti collaterali), non comporta la dolorosa necessità di convivere con l'idea una degenerazione progressiva (come ac-cade in altri tipi di patologie croniche), consente se ben diagnosticata e stabilmente curata di preser-vare la propria salute con gli stessi mezzi a disposizione di una persona che celiaca non è.

Inoltre, e non si tratta di un dettaglio poco significativo, i passi avanti compiuti nel corso degli ul-timi anni in termini di gradevolezza dei prodotti senza glutine e loro reperibilità, la sensibilizzazione dell'opinione pubblica, insieme a tutte le altre azioni realizzate nella direzione di un più semplice ac-cesso ad una socialità sufficientemente adeguata, costituiscono un “fattore prognostico” positivo dal punto di vista psicologico, che fa ben sperare per altri miglioramenti futuri. Vedere “il bicchiere mezzo pieno” è una modalità che aiuta, pur non essendo sufficiente, ad affrontare le inevitabili pro-ve che fanno parte della vita di ciascuno di noi.

Questo capitolo approfondisce le implicazioni della malattia celiachia (MC) sul piano psicologi-co, non solo dal punto di vista del celiaco nelle differenti fasi del suo ciclo di vita, ma anche da quello dei familiari, considerata la natura relazionale-interpersonale caratterizzante ogni condizione cronica.

Una delle caratteristiche distintive della celiachia è infatti essere una malattia cronica, che dura pertanto tutta la vita: si nasce celiaci (sebbene talvolta si scopra di esserlo solo nel corso della propria esistenza) e una volta diagnosticati la dieta senza glutine va seguita scrupolosamente per sempre, es-sendo l'unica azione terapeutica in grado di ripristinare una buona condizione organica. Proprio per questa cronicità, è di immediata comprensione che il cambiamento da mettere in atto a seguito della diagnosi implichi alcuni necessari “aggiustamenti”, specifici per ogni singolo individuo/nucleo fa-

Irene Cimma

Le implicazionipsicologiche della celiachia

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Psicologa, Psicoterapeuta

miliare, in quel preciso momento esistenziale. Non sempre però questo cammino attraverso il cambiamento è esente da inciampi. Già da qualche anno la comunità scientifica internazionale si è interessata ai risvolti psicologici

che si accompagnano alla MC, come è testimoniato dalla numerosa bibliografia consultabile nelle principali banche dati on-line. Anche se la celiachia è sempre stata maggiormente studiata adottan-do un'ottica biomedica, non si può dimenticare che fin dall'inizio degli anni '80 alcuni ricercatori ab-biano trattato questa patologia anche dal punto di vista delle implicazioni sulla qualità di vita e sul be-nessere percepiti dai pazienti.

È tuttavia da pochi anni che l'interesse per l'impatto delle tematiche psicologiche della celiachia è significativamente cresciuto, uscendo dai confini della comunità dei ricercatori e diffondendosi lentamente sia tra i medici che tra i celiaci stessi.

L'intento che anima questo capitolo è di provare a fare chiarezza su un argomento complesso e sfaccettato, almeno quanto lo è la celiachia tout court, che presenta una sintomatologia estrema-mente variabile, fino ad essere talvolta latente se non anche silente. Questa innegabile complessità tuttavia sprona alla attiva ricerca di una via di comprensione il più possibile globale, che non solo aiu-ti chi si “scopre” celiaco a capire a livello pratico cosa gli sia successo, quali saranno le implicazioni fi-siche, cosa dovrà fare e cosa invece non potrà più fare in futuro, ma anche lo accompagni attraverso una comprensione più simbolica ed emotiva dei cambiamenti che andranno necessariamente af-frontati. Il punto di partenza concettuale che guida questo ragionamento è l'ormai condivisa inte-grazione tra corpo e mente, due domini per troppo tempo tenuti separati l'uno dall'altro. Ciò che si sostiene invece è la reciproca, costante influenza dell'uno nei confronti dell'altra, così che modifica-zioni sul piano fisico comportano sempre ricadute a livello psicologico e viceversa.

L'alimentazione è prima di tutto la risposta ad un bisogno primario di ogni essere umano, ma il comportamento alimentare costituisce un fenomeno con articolate valenze, che travalicano larga-mente la semplice risposta biologica allo stimolo della fame. L'alimentazione è sempre stata per l'uomo una componente fondamentale della cultura, connotando le comunità umane in modo pari al linguaggio e alle espressioni artistiche.

L'assunzione di cibo, nei modi e nei tempi con cui ciò avviene, serve anche ad individuare i rap-porti tra le zone geografiche, tra le classi sociali, tra le differenze di genere, tra i vari periodi del ciclo della vita, scandendone talvolta i passaggi. Il cibo coinvolge riti e tradizioni, feste e religioni.

Come chiarisce la prof.ssa Ciacci, il cibo è spesso “(…) inteso come trasformazione culturale di ciò che alimenta il nostro corpo e rappresenta nella storia delle culture uno dei momenti centrali del-la ritualità collettiva (…)”.

I pasti consumati con la propria famiglia, i cibi preparati in occasione delle festività religiose, le colazioni di lavoro, le feste private, i party, sono momenti relazionali particolari, che permettono in-terazioni affettive e di comunicazione che superano, in termini di valenze emotive, la semplice e ori-ginaria funzione di nutrimento diventando veicolo primario di socializzazione.

Per comprendere la ricaduta qualitativa e quantitativa sulla vita di una persona/nucleo familiare del cambiamento delle abitudini alimentari, non bisogna dimenticare che il cibo ha in sé una valenza culturale, sociale e psicologica, da cui deriva che modificare l'alimentazione di un individuo significa intervenire sulle sue abitudini relazionali.

La celiachia dunque non è semplicemente una questione di dieta.

Il valore simbolico del cibo

Le implicazioni psicologiche della celiachia

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Uno sguardo alla ricerca scientifica

Il senso di identità

Non è questa la sede per delineare un quadro esaustivo della copiosa produzione scientifica in-ternazionale sull'argomento.

Basterà ricordare che una recente rassegna bibliografica condotta da AIC PiemonteValle d'Aosta, nell'ambito di un più ampio progetto di ricerca, ha consentito di catalogare, attraverso la consultazione approfondita delle principali banche dati, 114 lavori pubblicati dal 1982 al 2005 su ri-viste italiane ed estere di ambito psico-sociale e medico sul tema celiachia/malattie croniche e psi-cologia. Un tratto che accomuna molti di questi contributi è la constatazione della necessità di af-frontare “il pianeta celiachia” non soltanto dall'imprescindibile punto di vista medico, ma anche da quello emotivo-relazionale, dove l'esplorazione della malattia sia globale, nei suoi diversi aspetti so-matici, psicologici e ambientali.

Uno dei più recenti studi è stato condotto nel 2005 da un gruppo di ricercatori svedesi che han-no intervistato alcune persone celiache approfondendo quali fossero i tratti emotivi caratteristici nelle persone celiache. È rappresentativo ciò che un uomo dice nel corso della sua intervista: “Ci de-vo pensare tutto il tempo. Non puoi scordartene mai. Non è mai consueto essere intollerante al glu-tine. Semplicemente a causa della mancata consapevolezza delle persone che ti circondano o perché c'è il pane nelle vetrine dei negozi o nei bar (…)”. È una frase breve, come una fotografia scattata al-la successione dei pensieri di questa persona. Forse non sarà condivisa da tutti i celiaci, probabil-mente altri si sarebbero espressi con parole diverse o avrebbero messo in evidenza differenti aspetti, altri ancora non avrebbero avuto niente da dire: occuparsi degli aspetti psicologici significa maneg-giare continuamente piccole differenze, che tuttavia diventano grandi nell'emotività di chi le vive.

La conquista di un senso di identità stabile e autonoma è un percorso che ha inizio fin dalle pri-missime interazioni madre-bambino, nel corso di quella ancora misteriosa costruzione reciproca di relazioni tra due esseri umani intimamente uniti, che devono imparare a conoscersi giorno dopo giorno. Questo cammino interpersonale prosegue durante l'infanzia, quando uno sviluppo e una cre-scita sane si realizzano in un clima familiare che permetta al bambino di fare un'esperienza piena, di accettarsi ed essere accettato dai suoi genitori, che a loro volta devono imparare a gestire il loro ruolo permettendo al piccolo di esistere come individuo separato e autonomo. Tale percorso ha un suo particolare snodo in adolescenza, quando il raggiungimento di un Sé sufficientemente stabile dipen-de anche dal senso di fiducia che deriva dal sentirsi in continuità con il proprio passato e dal ricono-scersi nel modo in cui gli altri ci vedono.

Ogni evento potenzialmente perturbante che si verifichi lungo questo percorso di definizione del proprio Sé costituisce un ostacolo, una “crisi”, nel senso a cui ci rimanda l'etimologia greca del termine, cioè un momento che separa una maniera di essere da un'altra differente. La diagnosi di MC ne costituisce un esempio ben rappresentativo.

Una prima considerazione serve a ribadire con forza che la MC non è direttamente correlata a di-sturbi psicopatologici o psichiatrici di alcuna natura. Inoltre non si vuole qui sostenere che necessa-riamente essa implichi disagio psicologico: la tesi che si sostiene, a fronte della letteratura scientifica e dell'esperienza diretta con i pazienti, è che l'evento celiachia conduce l'individuo prima e il nucleo familiare poi ad un'operazione di parziale ridefinizione della propria identità, nei termini della rap-presentazione mentale che una persona ha di sé e del modo in cui gli altri la percepiscono.

Questa operazione di rideterminazione dei propri confini psicologici è una normale, non evita-

Le implicazioni psicologiche della celiachia

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bile conseguenza di qualunque “crisi”.

Quello diagnostico è il primo snodo critico da affrontare, per le modalità concrete con cui si rea-lizza e per la rilevanza che assume a seconda dello specifico momento esistenziale della persona. Pur trattandosi di un evento che avviene in un tempo limitato e definito (da un giorno all'altro “qualcosa” cambia), in un'ottica psicologica la diagnosi è sempre un processo nel tempo, che richie-de una continua rielaborazione, di durata variabile da individuo a individuo.

Nel caso della MC si è osservato che sono soprattutto i primi sei/diciotto mesi dopo la diagnosi a essere caratterizzati da maggior disagio, nei termini di inquietudini, ansietà e tonalità depressive dell'umore.

È bene ricordare che in campo psicologico, per quanto riguarda le reazioni agli eventi, esistono delle tendenze, che possono essere più marcate o più sfumate. Anche per la celiachia ciò che viene descritto deve essere adattato alle modalità specifiche della singola persona/nucleo familiare. Il celiaco neo diagnosticato potrebbe ad esempio presentare uno o più delle seguenti caratteristiche:&tendenza a mostrare tratti di irritabilità e reattività o al contrario di difficoltà ad esprimere le emo-

zioni e flessione dell'umore;&inclinazione a considerare la celiachia come un problema di cui sarebbe meglio dimenticarsi;&difficoltà a convivere con i possibili cambiamenti corporei (per esempio aumento di peso dovu-

to alla dieta senza glutine che aumenta l'assorbimento delle sostanze nutritive); &propensione a ritenersi un problema per la famiglia e a sentirsi di peso per gli amici;&fastidio derivante dalla “visibilità non cercata” (per esempio al ristorante o in generale in conte-

sti di convivialità);&preoccupazione che gli altri trascurino o dimentichino le esigenze legate alla dieta ed, al contem-

po, senso di vergogna per la propria condizione;&consapevolezza di dover convivere con l'idea di una costante “assunzione di rischio” pur man-

tenendo delle condotte di attenzione.All'aumentare del tempo trascorso dalla diagnosi le prime a regredire sono le manifestazioni an-

siose, che sembrano quindi legate alle prime comunicazioni ricevute sulla malattia. Complessiva-mente le caratteristiche descritte sopra tendono a diminuire la loro intensità e frequenza, sebbene al-cune di esse possano permanere. I timori connessi alla socialità si ridimensionano e la persona si ren-de conto che anche un'alimentazione priva di glutine può non penalizzare il piacere del gusto.

La diagnosi in età infantile, soprattutto durante i primi due anni, parrebbe essere un fattore psi-cologicamente protettivo: il bambino cresce in un mondo senza glutine, non conoscendo altre abi-tudini alimentari, e la dieta sembra essere più facilmente integrabile nello stile di vita futuro.

L'ingaggio emotivo più complesso in questa fase è certamente quello della famiglia e in partico-lar modo della madre: il naturale passaggio dall'allattamento all'alimentazione libera si traduce infat-ti in una inaspettata fonte di problemi, che causano in primo luogo un arresto della crescita del bam-bino. Prima di arrivare alla definizione diagnostica i genitori possono sviluppare una grave preoccu-pazione rispetto alla salute del proprio figlio, mentre successivamente possono emergere fantasie le-gate alla responsabilità della trasmissione della malattia.

La diagnosi

Alcune tematiche inerenti alle principali fasi del ciclo di vita

Infanzia

Le implicazioni psicologiche della celiachia

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Età scolare

Adolescenza

La diagnosi in età scolare generalmente si accompagna a specifiche reazioni emotivo-comportamentali del bambino (irritabilità, svogliatezza a scuola, aggressività con i compagni), che talvolta portano esse stesse al sospetto diagnostico, ancor prima dei sintomi organici.

Anche in questa fase il ruolo della famiglia è centrale, in quanto essa costituisce il primo ambien-te in cui il bambino impara ad interagire con gli altri e può rischiosamente pensare che l'unico modo di affrontare il cambiamento sia quello che sperimenta tra le mura di casa, creandosi così un model-lo da applicare in ogni nuovo contesto sociale.

L'adolescenza è in sé uno dei momenti esistenziali più complessi. La diagnosi di celiachia, e più in generale la gestione della malattia (anche dunque per gli adolescenti che sono stati diagnosticati quando erano bambini), implicano alcune distintive caratteristiche.

Per un adolescente la celiachia potrebbe: &aumentare l'idea di essere diverso in un momento in cui essere “come i propri amici” è priorita-

rio (sono possibili comportamenti di negazione, rifiuto, occultamento dei prodotti dietetici);&diminuire il livello di fiducia di sè perché la percezione che sia difficile condividere con i coetanei

aspetti rilevanti della propria vita interferisce con il bisogno di ricevere conferme e di uniformar-si al gruppo;

&aumentare la dipendenza dai genitori in un momento in cui il gruppo dei pari è il contesto rela-zionale di elezione.Un adolescente dunque:

& accetta con più difficoltà la cronicità; & tende a nascondere le emozioni che la celiachia gli suscita;&prova fastidio per le ingerenze dei familiari;&trasgredisce più frequentemente alla dieta senza glutine.

Le due reazioni comportamentali più frequenti in adolescenza sono infatti:&la trasgressione, che ha lo scopo di dimostrare la propria capacità di autodeterminazione nei con-

fronti dei genitori e di sentirsi uguali agli altri recuperando il proprio senso di normalità;&il ritiro sociale, che ha lo scopo di evitare il confronto e di non sentirsi diverso.

Nei riquadri sottostanti sono sintetizzati alcuni dei fattori che possono ostacolare o favorire la aderenza alla dieta senza glutine:

Alcuni fattori protettivi &

&

&

&

riconoscimento da parte dei genitori dei bi-sogni dell'adolescenteautogestione della dieta da parte dell'adole-scente per quanto possibilevalorizzazione degli aspetti di uguaglianza rispetto agli amici in termini di capacità, competenze, etcadeguato atteggiamento di coetanei e inse-gnanti

Le implicazioni psicologiche della celiachia

Età adultaLa reazione psicologica alla MC si intreccia con le esperienze private della persona nel corso del-

la vita, con il significato simbolico che la diagnosi assume nello specifico momento esistenziale e

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Alcuni fattori di rischio

&

&

&

&

ansia eccessiva dei familiaridifficoltà dei genitori ad allentare il legame di dipendenzaassenza di sintomi dopo strappi alla dietavissuto di diversità rispetto ai compagni

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con la personale storia di malato e di malattia. I quadri psicologici che si possono delineare sono i più svariati: sebbene la ricerca si sia concen-

trata maggiormente nel comprendere l'impatto che la MC ha sui bambini e sugli adolescenti, l'esperienza clinica mostra come non sia da trascurare la ricaduta che una diagnosi inattesa (o che al contrario arriva dopo anni di disturbi fisici inspiegati) ha sulla riorganizzazione pratica ed emotiva di un adulto con abitudini ed equilibri già consolidati.

Alcune ricerche evidenziano delle differenze tra maschi e femmine, tracciando una sorta di pro-filo dell'uomo celiaco e della donna celiaca:&l'uomo celiaco sembra più abile a fronteggiare le difficoltà pratiche, ma pare anche nascondere

di più agli altri la propria condizione, comunicando poco le proprie emozioni;&la donna celiaca sembra provare un maggior senso di diversità e sembra sentirsi più un peso per

gli altri, ma riesce a comunicare di più le proprie emozioni e ad essere più autonoma nella gestio-ne della dieta.

Da tutto quanto precedentemente detto sono evidenti le ricadute sulla famiglia in seguito ad una diagnosi di celiachia.

Sono soprattutto i genitori e i partner ad essere chiamati ad una collaborazione pratica e ad una condivisione emotiva.

In questo senso la funzione di un'Associazione come AIC è fondamentale per consentire ai fa-miliari di inserirsi in una rete, che consenta di accedere a tutte le informazioni scientifiche e pratiche necessarie, nonché di facilitare confronti e condivisione di esperienze.

Il requisito indispensabile per lo psicologo che entra in contatto con persone celiache è la for-mazione specifica sull'argomento.

Nei casi in cui si configuri la necessità dell'intervento di uno psicologo, questo può concretiz-zarsi come sostegno limitato nel tempo, utile ad accompagnare la persona e la sua famiglia nella complessa fase di interiorizzazione della malattia, superando sia le eventuali reazioni patologiche di iper-allarme che la naturale tendenza al rifiuto, alla negazione ed al mascheramento.

L'intervento dello psicologo inoltre può fornire suggerimenti pratici, rispetto alle azioni più indi-cate per aiutare il celiaco e la sua famiglia ad armonizzare la gestione dei cambiamenti e a prevenire potenziali complicazioni nel medio-lungo termine.

Si possono talvolta verificare situazioni più complesse in cui l'evento-celiachia può inserirsi in un contesto emotivo e relazionale per il quale la malattia e la dieta assumono significati particolari, che contribuiscono a perturbare equilibri già precari. In questo secondo caso, in cui la sofferenza psico-logica più o meno consapevolmente riconosciuta pre-esiste alla celiachia, affrontare il cambiamento e la “crisi” può diventare un compito troppo gravoso, che richiede l'attivazione di risorse non dispo-nibili da parte della persona. Il tipo di intervento terapeutico richiesto in questi casi è dunque di di-versa natura e travalica la celiachia stessa, che rimane il fattore scatenante da cui iniziare a lavorare.

Il concetto chiave su cui concludere è l'importanza di fornire alla persona celiaca il riconosci-mento che le consenta di sentirsi “vista” e non solo “visitata” e di fare esperienza della possibilità di parlare di tutti i propri vissuti.

Lo psicologo diventa colui che accompagna nel cambiamento e aiuta ad affrontare l'incertezza del nuovo.

I familiari

Il ruolo dello psicologo

Le implicazioni psicologiche della celiachia

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Istituto di Scienze Materno-Infantili, Università Politecnica delle Marche, AnconaCenter For Celiac Research, University of Maryland School of Medicine, Baltimore (USA)

L a cura della celiachia si basa sulla esclusione completa dalla dieta di tutti gli alimenti conte-nenti glutine. Il glutine è costituito da una miscela di proteine presenti nel frumento, nell'orzo e nella segale (sul caso particolare dell'avena torneremo più avanti).

La dieta senza glutine, talora definita “aglutinata”, determina la graduale normalizzazione della mu-cosa intestinale, la scomparsa nel sangue degli anticorpi presenti in fase florida, ad es. degli anticorpi anti-transglutaminasi, e dei sintomi eventualmente presenti prima della diagnosi. Il trattamento con dieta senza glutine deve essere rigoroso e continuativo per tutta la vita. Poiché nella nostra società gli alimenti contenenti glutine hanno un ruolo basilare (ad es. pane e pasta), è importante considera-re non solo gli aspetti nutrizionali, ma anche quelli psico-sociali di questo trattamento dietetico (og-getto di trattazione in altro capitolo di questo manuale).

La dieta senza glutine richiede la completa eliminazione di tutti gli alimenti contenenti derivati del frumento, dell'orzo e della segale. Sono pertanto da evitare la pasta, il pane e tutti gli altri prodot-ti da forno “normali”, che dovranno essere sostituiti dagli appositi dieto-terapeutici contrassegnati dal marchio “spiga barrata” indicante l'assenza di glutine. Tutte le varietà di frumento devono essere escluse, quindi non solo il grano tenero e quello duro, ma anche il kamut (il cosiddetto “grano dei fa-raoni”), il farro e lo spelta, nonché il malto (chicco di cereale fermentato). Sulla posizione dell'avena torneremo in seguito. Sono invece permessi altri cereali comuni quali il riso ed il mais, ed “esotici” quali il miglio, la quinoa e l'amaranto, purché non contaminati da glutine nel corso della lavorazione. Tutti gli altri alimenti sono naturalmente privi di glutine, per cui possono essere concessi nella dieta aglutinata. Nessuna limitazione quindi per gli alimenti quali verdure, legumi, frutta, carne, pesce, uo-va, latte e derivati. Ancora una volta occorre sottolineare che tutti i suddetti alimenti sono privi di glutine in origine, ma potrebbero contenerne nel prodotto finito presente in commercio.

Al momento della diagnosi può essere presente una transitoria intolleranza al lattosio, seconda-ria alla enteropatia celiaca. Questa situazione può causare tendenza alla diarrea, flatulenza e dolore addominale persistente. Per questo motivo può essere indicato ridurre, all'inizio del trattamento,

Caratteristiche generali della dieta senza glutine

La celiachia ed altre intolleranze alimentari

Gli aspetti nutrizionali della dieta senza glutine

Carlo Catassi

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l'apporto giornaliero di lattosio, sostituendo il latte intero con quello a basso contenuto di lattosio di-sponibile nei supermercati. Non è invece necessario escludere altri alimenti, quali lo yogurt od i for-maggi, i quali contengono quantità molto scarse di questo zucchero. Dopo alcuni mesi di dieta aglu-tinata i livelli di lattasi intestinale tendono a normalizzarsi, per cui è possibile reintrodurre definitiva-mente il latte intero, generalmente dopo i primi 3-6 mesi di cura.

È bene precisare che la celiachia non comporta alcuna predisposizione nei confronti di altre in-tolleranze alimentari.

Il glutine non è una proteina essenziale per l'alimentazione umana. Sul piano nutrizionale il valo-re biologico del glutine è infatti modesto, poiché povero di alcuni aminoacidi essenziali quali la lisi-na. L'assenza di questo composto nella dieta non comporta pertanto alcun rischio nutrizionale spe-cifico, neppure durante i primi anni di vita. L'eliminazione di tutti i derivati del frumento e degli altri cereali “tossici” determina spesso un apporto ridotto di fibre vegetali. Per questo motivo è impor-tante che il celiaco mantenga un apporto adeguato di altri alimenti ricchi di fibra, quali frutta fresca, verdure e legumi. Questo accorgimento sarà utile per prevenire la stitichezza, l'obesità e gli altri even-tuali problemi secondari alla carenza di fibre.

Alcune indagini casistiche suggeriscono che la dieta del celiaco possa talora risultare carente di calcio, ferro, ac. folico ed altre vitamine del gruppo B. La raccomandazione più utile per prevenire queste carenze dietetiche, generalmente marginali sul piano clinico, è quella di mantenere una ali-mentazione il più possibile variata, che includa adeguate quantità di vegetali, carne, latte e derivati.

La necessità per il celiaco di seguire una dieta rigorosamente priva di glutine si scontra con la real-tà che molti alimenti confezionati possono essere contaminati da glutine. In alcuni casi questa situa-zione dipende dall'uso del glutine come “additivo” proteico, ad es. negli insaccati, nella maionese, nelle salse pronte e nei preparati a base di carne.

Altre volte il rischio dipende dall'impiego di ingredienti che potrebbero contenere tracce signifi-cative di glutine. Tra questi, il problema riguarda soprattutto l'amido di frumento, composto di natu-ra glucidica nella cui purificazione possono residuare quantità non trascurabili di glutine. Per altri de-rivati del frumento, quali le maltodestrine e gli sciroppi di glucosio, i pochi dati disponibili suggeri-scono che questi composti, largamente impiegati dall'industria alimentare soprattutto dolciaria, non contengano quantità apprezzabili di glutine.

Cereali in origine privi di glutine possono risultare contaminati nel corso della lavorazione, già nel campo di semina o nelle fasi successive (mietitura, raccolta, stoccaggio, trasporto, etc) a causa dell'impiego di attrezzature promiscue.

Infine, contaminazione di glutine può conseguire al mancato rispetto di regole culinarie adegua-te, ad es. per cottura del riso in acqua già utilizzata per cuocere la pasta comune, oppure per la mani-polazione della pizza con mani “sporche” di farina comune.

Come difendersi dal rischio di contaminazione? È opportuno che il celiaco:1. controlli tutti i prodotti alimentari “elaborati”, leggendo attentamente l'etichetta posta sulla

confezione;2. faccia uso dell'apposito Prontuario degli Alimenti AIC con l’elenco degli alimenti sicuri3. dia la preferenza ai ristoranti e pizzerie il cui personale è stato istruito sui problemi della dieta

Qualità della dieta senza glutine

Il rischio della contaminazione da glutine

Gli aspetti nutrizionali della dieta senza glutine

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senza glutine (si veda l'elenco elaborato ed aggiornato periodicamente da AIC).

Visto che la contaminazione di glutine è un evento assai frequente, si pone il problema se le trac-ce di glutine possano essere comunque dannose per il celiaco. I dati disponibili, tra i quali soprattut-to una recente indagine italiana multicentrica promossa da AIC, indicano che una quota di glutine in-feriore a 10 mg al giorno, almeno nella maggioranza dei soggetti celiaci, non sia in grado di riattivare la malattia celiaca. Per mantenere un apporto di glutine inferiore ai 10 mg al giorno è consigliabile utilizzare prodotti dietoterapeutici il cui limite massimo di glutine contaminante sia di 20 parti per milione (ppm), pari a 20 mg per Kg di prodotto finito. A tal fine è preferibile l'impiego di prodotti che non contengano, tra gli ingredienti, amido di frumento poiché questo composto tende ad au-mentare la quantità di glutine “nascosto”. Il problema non si pone in Italia, ove non è consentito l'uso di amido di frumento nei dietoterapeutici per celiaci, ma riguarda i prodotti in commercio in al-cuni Paesi del Nord-Europa, dove è ammesso un limite massimo di glutine di 200 ppm. Questa si-tuazione potrebbe cambiare nel prossimo futuro, poiché appare probabile che il limite restrittivo di 20 ppm possa essere adottato dal Codex Alimentarius, la Commissione Internazionale che si occu-pa di standardizzare le caratteristiche dei prodotti destinati alla alimentazione umana.

W. Dicke, il pediatra olandese cui si deve l'introduzione della dieta senza glutine nel trattamento della celiachia all'inizio degli anni '50, aveva incluso l'avena nell'elenco dei cereali tossici. Nonostante il ruolo dell'avena fosse controverso, soprattutto per la carenza di studi clinici, per molti anni questo cereale è stato bandito dalla mensa del celiaco. A partire dalla metà degli anni '90 la “questione ave-na” è stata ripresa in considerazione con criterio scientifico. Gli studi clinici più recenti dimostrano che la stragrande maggioranza dei pazienti con celiachia, sia in età pediatrica che adulta, possono as-sumere con la dieta quantità medio-elevate di avena (50-100 g al giorno) senza conseguenze negati-ve. Poiché l'avena è spesso contaminata da glutine, talora pesantemente, è fondamentale impiegare un prodotto appositamente preparato per il celiaco. In una minoranza di casi si possono osservare, soprattutto durante le prime settimane di assunzione di avena, turbe dispeptiche intestinali, specie meteorismo, per lo piú prive di significato clinico poiché secondarie all'aumentato apporto di fibre. D'altra parte, l'aggiunta dell'avena migliora la qualità nutrizionale della dieta priva di glutine, specie per l'aumento dell'apporto di fibre e di alcuni oligoelementi, ed amplia lo spettro delle scelte alimen-tari, specie per quanto riguarda la prima colazione, pasto di non facile gestione per il celiaco. In alcu-ni casi, per la verità molto rari, l'assunzione di avena può riattivare l'enteropatia celiaca e causare la ri-comparsa dei sintomi. Per questo motivo é consigliabile il monitoraggio clinico e degli esami siero-logici (anticorpi anti-tTG), almeno una volta l'anno, del paziente celiaco che assume avena.

Nei Paesi del Nord-Europa le società celiache hanno assunto, da alcuni anni, una posizione favo-revole al consumo di avena, cereale tra l'altro presente nelle rispettive tradizioni alimentari. È auspi-cabile che anche nel nostro paese si rendano presto disponibili prodotti a base di avena non conta-minata da glutine, al fine di ampliare la gamma dei cereali disponibili per l'alimentazioni del celiaco.

Seguire rigorosamente la dieta senza glutine è un compito già abbastanza impegnativo nella vita quo-

Può il celiaco tollerare tracce di glutine nella dieta?

Avena e celiachia

Infine…no al terrorismo dietetico!

Gli aspetti nutrizionali della dieta senza glutine

AIC - Vademecum 2008 59

AIC - Vademecum 2008

tidiana. Può divenire insostenibile, soprattutto sul piano psicologico, se le attenzioni necessarie per evitare il rischio di contaminazione si trasformano in vere e proprie “fobie”, inutili ed ingiustificate. Solo per fare chiarezza su alcuni aspetti che spesso rappresentano argomento di discussione nei “fo-rum” dedicati alla celiachia è bene ribadire che:! NON è necessario utilizzare pentole o posate “dedicate” per il celiaco, è sufficiente la comune

pulizia a mano o in lavastoviglie;! NON è necessario utilizzare spugnette o altri utensili da cucina “dedicati” per il celiaco;! I cibi senza glutine possono essere cotti nello stesso forno dove si cuociono prodotti comuni, an-

che contemporaneamente, purché si abbia la precauzione di utilizzare teglie o recipienti diversi.

Gli aspetti nutrizionali della dieta senza glutine

60

Terapie alternative alla dieta senza glutine: quali prospettive?

L a malattia celiaca (MC) è una patologia dell'intestino tenue causata da un'inappropriata ri-sposta immune al glutine. A tutt'oggi il solo trattamento possibile è una ferrea dieta priva di glutine, con esclusione quindi di numerosi alimenti. Questo comporta notevoli difficol-

tà, soprattutto nel mantenere tale cura per lungo tempo. Si avverte quindi la necessità di trattamenti alternativi, che permettano ai pazienti affetti da MC di introdurre, anche solo per brevi periodi, quantità limitate di glutine.

Proprio grazie ad una migliore conoscenza dei meccanismi che stanno alla base di questa com-plessa malattia, si stanno profilando all'orizzonte nuove possibili opzioni terapeutiche, ancora però in fase sperimentale. Tra queste alcune sono già in corso di sperimentazione sull'uomo (Tabella).

1 2Patrizia Alvisi e Paolo Lionetti1Ospedale Maggiore, Bologna

2Dipartimento di Pediatria, Università di Firenze – Ospedale Meyer, Firenze

Tabella. Possibili trattamenti "alternativi"della celiachia

Meccanismo d'azione Terapie potenzialiRiduzione dei peptidi tossici Grano geneticamente modificatoDegradazione dei peptidi con endoproteasi per via orale PEP Batteriche

PEP micoticheInibitori TG2 Cistamina

KCC009L682777

Inibitori della reattività T-cellulare glutine-dipendente Ab anti CD3Ab anti 154Ab anti TCR

Antagonista del recettore zonulina FZI/OCitochine IL-10

Ab anti IL-15Ab anti recettore IL-15

Ab anti IFN-g

Inibizione delle molecole di adesione Antagonista integrina a

Antagonista integrina a4 b 7Altre terapie Inibitori p-38- MAP chinasi

Peptidi modificati

AIC - Vademecum 2008 61

Grano geneticamente modificato

Terapia enzimatica

Una delle possibilità terapeutiche è rappresentata dal tentativo di creare grano “detossificato”, cioè privo di sequenze immunogeniche derivate dal glutine in grado di stimolare i linfociti T. Alcuni studi hanno messo in evidenza come sostituendo un singolo nucleotide nel DNA del grano, si ot-tenga una varietà di cereale con minor contenuto in prolina. Malgrado questi tentativi, numerosi so-no ancora i dubbi che riguardano questo approccio. In particolare è stato riscontrato che numerosi sono i peptidi, presenti nel glutine, immunologicamente attivi, codificati da più sequenze geniche (circa 40) poste su 6 loci di 2 cromosomi differenti, che dovrebbero essere modificati per garantire una completa inattivazione della gliadina. Inoltre anche nell'ipotesi di una ampia e completa modifi-cazione genetica del grano, con sostituzione di tutte le sequenze potenzialmente “tossiche”, il risul-tato sarebbe comunque incerto per la possibilità di avere peptidi attivi non ancora riconosciuti.

La supplementazione con enzimi in grado di frammentare le proteine del glutine è stata propo-sta da molti anni; in passato essa trovava una suo razionale, in quanto si supponeva che il paziente con MC avesse deficit enzimatici che non gli permettevano di digerire proteine contenenti glutine.

Negli ultimi anni diversi autori si sono interessati invece all'uso di enzimi proteolitici, fra cui le prolil-endopeptidasi (PEP). Questi enzimi, derivati da batteri o di altra origine, sono stati proposti come supplementazione alla dieta con glutine nei pazienti affetti da MC, per promuovere almeno una parziale digestione delle sequenze biologicamente attive presenti negli alimenti, prima del loro arrivo nell'intestino tenue. Questo permetterebbe di ridurre od addirittura evitare l'attivazione dei linfociti T e della cascata infiammatoria delle citochine, con conseguente riduzione dei danni a cari-co della mucosa intestinale. Diversi sono stati i tentativi fino ad ora proposti, fra cui l'uso di PEP de-rivate da Flavobacterium m., Sphingomonas c., Myxococcus x., nessuna delle quali, in realtà, risulta-te pienamente efficaci nella completa proteolisi delle sequenze “immunologicamente attive” del glu-tine e la cui preparazione è gravata da alti costi. Inoltre questi enzimi agiscono per valori di pH com-preso fra 7-8 e non funzionano in ambiente acido come quello dello stomaco, per cui dovrebbero es-sere incapsulati per proteggerli dall'azione del succo gastrico. Solo una terapia enzimatica combina-ta (prolil-peptidasi+cisteina proteasi) avrebbe vantaggi importanti nella degradazione della gliadina. Un'altra proposta nell'uso delle PEP è quella che vede l'impiego di miscele di bifido-batteri ad alte dosi, come quelli presenti nel VSL3, in quanto queste colonie di microrganismi, oltre a colonizzare l'intestino, sono in grado di produrre numerosi enzimi, fra cui alcuni in grado di agire sui peptidi del glutine. Di particolare interesse, invece, è un recente studio in cui è stato valutato l'impiego di una PEP derivata dall'Aspergillus Niger con alimenti ricchi di glutine. Questo enzima avrebbe alcuni in-dubbi vantaggi rispetto ad altre endopeptidasi, fra cui la capacità di degradare i peptidi del glutine, così come le proteine intatte del glutine, essere attivo a pH basso e, da ultimo, essere resistente all'azione della pepsina. Questa endopeptidasi potrebbe quindi essere somministrata come supple-mentazione orale assieme ad alimenti ricchi di glutine, in quanto è in grado di degradare tutti i pepti-di del glutine a livello dello stomaco (presenti anche in cibi particolarmente complessi), con conse-guente assenza nel lume intestinale di sequenze in grado di attivare i T linfociti ed innescare quindi la risposta infiammatoria.

Gli enzimi proteolitici possono essere inoltre impiegati per eliminare la tossicità del glutine du-rante la lievitazione degli alimenti, quali pane e pasta, usando lievito naturale contenente lattobacilli, in grado di idrolizzare le frazioni di gliadina contenute nel grano, nella segale e nell'orzo. In partico-

Terapie alternative alla dieta senza glutine: quali prospettive?

AIC - Vademecum 2008 62

lare alcuni autori italiani hanno riportato i risultati promettenti di alcuni studi sull'uso di miscele di lattobacilli e probiotici durante la lievitazione prolungata di pane e pasta.

La transglutaminasi tissutale (tTG2) è un enzima Ca-dipendente in grado di modificare alcune glutamine presenti nella gliadina, tramite meccanismi di transamidazione o deamidazione e con for-mazione di alcuni peptidi immunologicamente attivi, fra cui il peptide 33-mer. Questi peptidi pre-sentano un'alta affinità per le molecole DQ2/DQ8, e legandosi a queste sequenze dell'HLA pre-senti sulle antigen presenting cells, sono in grado di avviare la risposta infiammatoria mediata dai T-linfociti.

Una possibile implicazione terapeutica può quindi essere quella basata sulla sintesi di inibitori della tTG2. È stato studiato l'effetto della cistamina su biopsie di pazienti affetti da celiachia in cui era stato effettuato un challenge dietetico con glutine ed in cui si era evidenziato un arresto della pro-liferazione T cellulare indotta da questa sostanza. Altri inibitori sono stati studiati, come L-682777, specifico inibitore anche del fattore XIIIa e perciò scarsamente utilizzabile, e come il KCC009, som-ministrato per via orale, ben tollerato da roditori e con emivita breve. In effetti però non sono stati condotti studi sufficienti sulla tossicità, né sulla reale efficacia dei diversi inibitori.

La risposta T cellulare potrebbe essere ridotta o annullata in diversi modi, fra cui la sommini-strazione di anticorpi anti-CD3 e CD154, sperimentati già in passato. Purtroppo però questi tratta-menti non sono così facilmente somministrabili, in quanto sono gravati da effetti collaterali di di-screta entità, fra cui la “sindrome tossica da citochine” per ciò che riguarda l'anti-CD3 e complican-ze tromboemboliche per l'anti CD154.

Anche l'induzione della tolleranza è stata presa in considerazione fra le varie possibilità terapeu-tiche alternative alla dieta priva di glutine. Studi condotti su topi transgenici hanno dimostrato che la somministrazione per via nasale di gliadina o dei suoi derivati poteva parzialmente inibire la risposta T-cellulare, forse inducendo una sorta di tolleranza immunologica. Rimane però da segnalare che so-no stati identificati alcuni peptidi derivati dal glutine, fra cui il 31-49, che non è riconosciuto dai lin-fociti T. In particolare questa sequenza stimola l'immunità innata ed è in grado di indurre l'apoptosi dell'enterocita ed una proliferazione dei linfociti intraepiteliali. La possibilità quindi di avere sequen-ze del glutine che attivano cellule diverse dai T linfociti può in qualche modo inficiare i tentativi di in-duzione della tolleranza sopra descritti.

Altro capitolo in fase sperimentale riguarda il possibile impiego di inibitori dell'attività della zo-nulina, proteina che rivestirebbe un ruolo chiave nell'alterare la permeabilità intestinale. Si tratta di una proteina capace di indurre la disorganizzazione dei microfilamenti di actina, strutture queste co-involte nel mantenimento della permeabilità intestinale paracellulare a livello delle tight junctions. Queste ultime servono ad impedire il passaggio delle macromolecole dal lume intestinale alla sotto-mucosa intestinale e la loro integrità è compromessa durante la fase attiva della MC. In uno studio ri-guardante gli effetti della gliadina e della zonulina sulla permeabilità intestinale è già stato utilizzato in vitro un antagonista, indicato con la sigla FZI/O, in grado di inibire l'attività della zonulina.

Inibitori dell'attività della transglutaminasi tissutale

Inibizione della reattività T cellulare glutine-dipendente

Inibitori della zonulina

Terapie alternative alla dieta senza glutine: quali prospettive?

AIC - Vademecum 2008 63

Uso delle citochine

Inibitori delle molecole di adesione

Altre terapie

Conclusioni

Grande interesse presenta l'impiego delle citochine e degli anticorpi anti-citochine. Una possi-bilità terapeutica riguarda l'uso dell' interleuchina 10 (IL-10), citochina anti-infiammatoria in grado di modulare la risposta Th1: in particolare si osserva la capacità di questa citochina ad indurre una differenziazione delle T cell regulatory di tipo 1, in grado a loro volta di sopprimere la risposta Th1. Nella mucosa dei pazienti affetti da MC, ancora non sottoposti a regime dietetico, è stata riscontrata un'aumentata produzione di IL-10, probabilmente non in quantità sufficiente a controbilanciare l'attività antiinfiammatoria Th1. Proprio per questa sua attività antinfiammatoria, IL10 è stata im-piegata nei pazienti con celiachia refrattaria nel tentativo di controllare la malattia, ma con scarso successo. Altra citochina che riveste un ruolo centrale nella patogenesi della MC è l'interleuchina 15 (IL 15). Tale citochina è in grado di alterare l'omeostasi dell'immunità intestinale. In particolare IL 15 sarebbe in grado di indurre l'espansione monoclonale di linfociti, come si ritrova nella mucosa dei pazienti con celiachia refrattaria e con linfoma. La neutralizzazione dell'attività dell'IL 15 po-trebbe essere vantaggiosa per i pazienti affetti da MC. Diversi sono stati i tentativi fino ad ora con-dotti in tal senso, alcuni dei quali sfruttando tecniche di ingegneria genetica che hanno permesso di sintetizzare recettori per IL 15 inattivi. Altro approccio possibile nel neutralizzare l'azione di questa citochina è l'impiego di anticorpi anti IL 15. Questi tentativi terapeutici trovano in effetti una giusti-ficazione nella celiachia refrattaria, in quanto gravata da un'alta mortalità (sopravvivenza a 5 anni del 20%), ma devono essere attentamente valutati nei pazienti con una patologia benigna come la MC. Infatti ancora oggi non sono noti gli effetti collaterali a lungo termine dell'impiego dell'IL 15 o dei suoi anticorpi.

Un altro capitolo è rappresentato dalla selettiva inibizione delle molecole di adesione dei leuco-citi. Questo meccanismo impedisce la migrazione dei leucociti nei tessuti infiammati. I pochi studi sperimentali riguardano finora patologie di tipo autoimmune diverse dalla celiachia.

Sono stati ipotizzati altri interventi terapeutici a vari livelli, fra cui ricordiamo la possibilità di mo-dificare i peptidi immunologicamente attivi. A questo proposito diversi esperimenti condotti in pas-sato dapprima su casi di encefalomielite poi su pazienti con malattia celiaca, hanno messo in eviden-za come, modificando regioni terminali di α-gliadina ed ottenendo quindi sequenze aminoacidiche modificate, vi sia una riduzione nella produzione di citochine pro-infiammatorie, quali IFN-γ ed IL-10, prodotte dai linfociti Th1/Th0. Inoltre la modificazione dei peptidi può essere sfruttata per ini-bire la presentazione ai T linfociti, mediante il blocco del legame con DQ2/DQ8.

L'approccio terapeutico attuale alla MC è l'eliminazione dalla dieta dell'antigene, ossia degli ali-menti contenenti glutine, che promuove una scomparsa dei sintomi ed una normalizzazione della mucosa intestinale. Malgrado dunque gli ottimi risultati raggiunti con la dieta, i tentativi di trovare una soluzione alternativa sono stati piuttosto numerosi, come abbiamo cercato di illustrare sopra. Al momento attuale, però, questi tentativi terapeutici non rappresentano una valida alternativa alla

Terapie alternative alla dieta senza glutine: quali prospettive?

AIC - Vademecum 2008 6464

dieta di esclusione. In particolare, si tratta al momento ancora di terapie in fase sperimentale, le quali richiedono sicuramente approfondimenti, soprattutto per ciò che riguarda la possibile tossicità e la reale efficacia. Questo comunque non deve essere di ostacolo né tanto meno scoraggiare gli studi re-lativi alle nuove terapie, in quanto, come si è già detto in altra parte, una stretta aderenza alla dieta di esclusione per tutta la vita di un individuo è difficile da mantenere.

Terapie alternative alla dieta senza glutine: quali prospettive?

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Istituto di Scienze Materno-Infantili, Università Politecnica delle Marche, AnconaCenter For Celiac Research, University of Maryland School of Medicine, Baltimore (USA)

Q uando si parla di prevenzione si intende l'insieme delle azioni finalizzate ad evitare il verifi-carsi di eventi non desiderati. La prevenzione è primaria quando è mirata ad impedire lo svi-luppo dell'evento patologico, mentre è secondaria quando tende alla diagnosi precoce di

una patologia ormai in atto (es. attraverso uno screening di massa).Fino a qualche anno fa, parlare di prevenzione primaria della celiachia era del tutto illusorio. Alla

luce delle recenti scoperte sui meccanismi responsabili dello sviluppo di questa malattia, questa pos-sibilità, per quanto ancora “in embrione”, comincia invece a prendere corpo. Per comprendere le possibili strategie di prevenzione della celiachia occorre considerare la complessità delle cause che conducono allo sviluppo di questa condizione patologica. La celiachia dipende infatti dalla intera-zione tra numerosi fattori di predisposizione genetica ed ambientale (Figura), questi ultimi rappre-sentati soprattutto dalla quantità e dalla qualità del glutine assunto, dalla tipologia dell'alimentazione in generale, specie nelle prime epoche della vita, e dalle infezioni a livello intestinale. Non essendo possibile (né desiderabile!) modificare l'assetto genetico della popolazione, la prevenzione si pone l'obiettivo di ridurre il rischio di sviluppare la celiachia attraverso uno o più interventi, a livello di po-polazione generale, sui fattori ambientali.

In Italia ed in altri paesi europei il consumo di glutine è molto elevato e corrisponde all'incirca a 10-20 g al giorno per persona. Poiché esiste un rapporto diretto tra la quantità di glutine assunta ed il

Prevenzione eceliachia

Carlo Catassi

+

CELIACHIA

AmbienteGeni

AIC - Vademecum 2008

HLADQ2/DQ8

QuantitàGlutine

QualitàGlutine

Infezioni Dieta

66

rischio di sviluppare la celiachia, una prima possibilità sarebbe quella di mirare ad una riduzione dei consumi di glutine. Al momento attuale questa strategia appare di difficile attuazione, poiché vi è semmai la tendenza diffusa all'aumento dei consumi dei prodotti ricchi di glutine, quali pasta e piz-za, sia nei paesi occidentali che in quelli in via di sviluppo.

Un'altra possibilità preventiva riguarda l'impiego, a fini alimentari, di cereali meno tossici rispet-to a quelli utilizzati attualmente. Come è noto, le varietà di frumento di maggiore consumo sono quello tenero (utilizzato per panificare) e quello duro (utilizzato soprattutto per fare la pasta). Dati sperimentali recenti suggeriscono che le frazioni più tossiche del glutine, soprattutto il cosiddetto 33-mero (peptide costituito da 33 aminoacidi), siano maggiormente rappresentate nel grano tenero, cioè la varietà che da sola costituisce ben il 90 % dei consumi globali di grano. Varietà “primordiali” di frumento, quali ad es. esempio il farro, avrebbero una ridotta capacità di indurre la malattia celiaca poiché contengono una quantità di peptidi tossici notevolmente inferiore rispetto al grano tenero. Non è pertanto fuori luogo ipotizzare che la frequenza della celiachia nella popolazione generale po-trebbe diminuire qualora vi fosse una sostituzione, almeno parziale, delle varietà di frumento attuali con altre meno tossiche, quali il monococco ed il farro.

Assai promettente appare l'intervento sulla alimentazione durante le prime epoche della vita, al-tra situazione in grado di influenzare il rischio di celiachia. In primo luogo, numerosi dati indicano che l'allattamento al seno, specie se prolungato fino all'età di almeno 6 mesi, eserciti una funzione protettiva nei confronti dell'intolleranza al glutine. Secondo dati svedesi, il comportamento alimen-tare preferibile sarebbe quello di introdurre “tracce” di glutine dai 4 ai 6 mesi quando il lattante è an-cora alimentato esclusivamente al seno. Meno chiaro è invece il possibile ruolo dell'età al momento del divezzamento, quando generalmente vengono introdotti i primi cereali contenenti glutine. La pratica attuale è quella di introdurre le prime pappe ed il biscottino attorno all'età di 6 mesi. Mentre sembra probabile che una introduzione precoce di glutine (prima dei 4 mesi compiuti) possa favori-re la comparsa di celiachia, non è ancora noto quale possa essere l'effetto di una introduzione tardi-va, ad es. a partire dai 12 mesi, quando la barriera intestinale è più efficace nell'impedire l'assorbi-mento dei peptici tossici del glutine. Questa ipotesi è attualmente al vaglio della ricerca, attraverso una indagine multicentrica italiana promossa da AIC e sviluppata su lattanti a rischio familiare di ce-liachia. I risultati di questo lavoro saranno disponibili fra qualche anno.

Infine, le infezioni intestinali sembrano giocare un ruolo nel favorire il rischio di sviluppare la ce-liachia. Di recente è stato evocato un possibile ruolo del Rotavirus, uno degli agenti più comuni di gastroenterite nel bambino e nell'adulto, largamente diffuso sia nei paesi occidentali che in via di svi-luppo. Sembra che gli anticorpi che il sistema immunitario produce in risposta alla infezione da Rota-virus possano reagire anche contro altre proteine dell'organismo (cross-reazione), quali l'enzima transglutaminasi. In tal modo sarebbe innescato il meccanismo autoimmunitario che determina, in ultima analisi, la lesione intestinale tipica della celiachia. La vaccinazione anti-Rotavirus potrebbe pertanto esercitare un effetto protettivo non solo nei confronti dell'enterite causata da questo agen-te infettante, ma anche del rischio di celiachia. Questa ipotesi è tuttavia ancora al vaglio della ricerca, poiché non è chiaro se la risposta immunitaria nei confronti del vaccino sia protettiva verso la possi-bile risposta autoimmunitaria indotta da questo agente.

In conclusione, in questa nota abbiamo passato sinteticamente in rassegna le possibili strategie, di tipo alimentare o di altra natura, la cui applicazione, a livello della popolazione generale, potrebbe determinare una riduzione consistente della frequenza di celiachia. Anche in campo preventivo è au-spicabile che il continuo progresso della ricerca individui altre strade da perseguire, quali ad es. la “vaccinazione” dei soggetti a rischio di malattia.

Prevenzione e celiachia

AIC - Vademecum 2008 67

Prospettive future

L’evoluzione clinica

F Biagi, GR Corazza

Centro per la Malattia Celiaca, Clinica Medica I, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Università di Pavia

Evoluzione della presentazione clinica

L a malattia celiaca (MC) è un'enteropatia cronica ma reversibile caratterizzata, sul piano cli-nico, da un ampio spettro di possibili presentazioni che spaziano da quadri clinici silenti, a quadri paucisintomatici, fino a quadri di grave malassorbimento globale che possono arri-

vare a mettere in pericolo la vita del paziente. A queste acquisizioni, oggi scontate, si è però arrivati dopo un lungo percorso iniziato da Mann nel 1970 che per primo descrisse pazienti affetti da MC ma che non lamentavano diarrea e calo ponderale, i classici sintomi del malassorbimento. Da allora, il numero dei pazienti affetti da MC paucisintomatica è andato progressivamente ad aumentare e nei primi anni '90 si arrivò ad osservare che il numero di pazienti affetti da queste forme paucisinto-matiche era diventato superiore a quello dei pazienti diagnosticati per malassorbimento globale. Ne-gli ultimi anni, è andato poi progressivamente ad aumentare sia il numero di pazienti silenti diagno-sticati per screening di popolazione (generale o familiari di I° grado) sia il numero di pazienti dia-gnosticati per la presenza di una malattia associata.

Abbiamo riesaminato la casistica dei nostri pazienti affetti da MC diagnosticati, tra il 2000 ed il 2006, direttamente presso il nostro centro di Pavia, senza cioè che fossero stati precedentemente vi-sti in un altro centro gastroenterologico. Da tale revisione risulta che negli ultimi sette anni il nume-ro delle nostre diagnosi di MC sembra essersi stabilizzato intorno ai 21-22 pazienti all'anno. Di que-sti, circa il 25% è stabilmente rappresentato da celiaci silenti, diagnosticati principalmente per fami-liarità (Figura 1). È interessante che questa percentuale è sovrapponibile alla prevalenza di MC del 17,7% che abbiamo recentemente dimostrato nei familiari di 1° grado dei nostri pazienti affetti da MC. Si deve però notare che sebbene questi studi di screening di popolazione generale abbiano por-tato ad un netto incremento del numero delle diagnosi di MC, questi studi non hanno permesso di identificare nuovi pattern di presentazione clinica.

Numerose sono le condizioni cliniche sicuramente associate alla MC e nelle quali la MC do-vrebbe essere sempre esclusa. È questo il caso, tra le molte, delle anemie, del diabete mellito di I° ti-po, delle tireopatie autoimmuni, della sindrome di Down. Grazie alle recenti acquisizioni in termini di prevalenza della MC in diversi gruppi a rischio, è pertanto ipotizzabile che, in futuro, il numero di pazienti celiaci diagnosticati ancora in fase silente o subclinica aumenti progressivamente. Questo è un dato non solo ipotizzabile ma anche auspicabile. È stato infatti dimostrato con certezza che tan-to minore è il ritardo diagnostico, tanto migliore è la prognosi e minore è il rischio di complicanze.

AIC - Vademecum 2008 71

Diagnosi precoce ed errori diagnostici

Complicanze

Sebbene sia sicuramente vero che una diagnosi di MC è tanto più vantaggiosa quanto è più pre-coce, l'ansia di raggiungere rapidamente la diagnosi non deve far però dimenticare al bravo medico che la diagnosi deve essere sempre ricercata mediante il ben noto iter diagnostico e cioè biopsia duo-denale ed anticorpi specifici per la celiachia. Negli ultimi anni stiamo infatti assistendo al fatto che stanno aumentando non solo le diagnosi di MC ma anche le diagnosi sbagliate di MC. Da una re-cente revisione della nostra casistica risulta infatti che solo il 70% delle diagnosi di MC fatte sul terri-torio sono corrette. Nella maggior parte dei casi, queste diagnosi sbagliate sono dovute al fatto che i pazienti, forse per la fretta di giungere alla diagnosi o forse per far risparmiare loro esami poco gra-devoli come la gastroscopia, non sono stati sottoposti a biopsia duodenale o a ricerca degli anticorpi specifici. Una diagnosi sbagliata di MC, e la conseguente instaurazione di una dieta priva di glutine, sono assolutamente da evitare. Ciò non solo rende estremamente difficile escludere o confermare la diagnosi iniziale di MC, ma soprattutto ostacola il raggiungimento della diagnosi corretta e co-stringe il paziente ad una dieta inutile, difficile da seguire e dispendiosa. L'ansia di giungere ad una diagnosi precoce non deve pertanto mai far dimenticare che la diagnosi corretta può essere ottenuta solo con biopsia duodenale e ricerca degli anticorpi specifici per la celiachia. D'altra parte, anche se è vero che la diagnosi precoce comporta una prognosi migliore, è il ritardo diagnostico di almeno 12 mesi ad essere associato ad una mortalità aumentata. È molto improbabile che un ritardo diagnosti-co di questa entità possa essere imputabile ai tempi di attesa per l'esecuzione di questi esami.

È noto ormai da tempo che le complicanze della MC rappresentano il principale rischio a cui può andare incontro il paziente celiaco. Sebbene sia verissimo che queste siano molto rare e che dia-gnosi precoce e dieta rigorosa proteggano efficacemente il paziente dalla loro insorgenza, è pur sem-pre vero che è da queste che dipende l'aumentata mortalità dei pazienti celiaci adulti. Recentemente sono state però proposte alcune metodiche biomolecolari che potrebbero portare ad una diagnosi precoce di tali complicanze, il che dovrebbe riflettersi in un miglioramento della prognosi. È questo il caso non solo dell'analisi del riarrangiamento monoclonale dei geni codificanti per la catena gam-ma del T cell receptor e delle sottopopolazioni linfocitarie, ma anche di aberrazioni cromosomiche recentemente dimostrate.

classici silentisubclinicitotali

FiguraNumero di pazienti diagno-sticati diretta-mente presso il centro di Pavia e suddivisi a se-conda della pre-sentazione clini-ca (2000-2006).

30

25

20

15

10

5

02000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

N P

azie

nti

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La clinica della celiachia

72

La Ricercaimmunologica

Salvatore Auricchio

Clinica Pediatrica, Università “Federico II”, Napoli

Meccanismi lesivi della gliadina per la mucosa intestinale del celiaco La risposta adattativa T cellulo-mediata

L a gliadina, ricca di prolina e glutamina, contiene peptidi resistenti alla digestione ad opera del-le proteasi gastrointestinali (prototipo il 33 mer o parte di esso, per esempio il 56-68 della A gliadina). Questi peptidi sono eccellenti substrati della transglutaminasi tissutale che deami-

dano in acido glutammico alcune glutamine. I peptidi deamidati sono presentati selettivamente alle cellule T CD4+ da molecole DQ2 e DQ8 di cellule presentanti l'antigene (dendritiche ed altre): ciò spiega perché solo soggetti DQ2 o DQ8 positivi ammalano di celiachia. La deamidazione dei resi-dui di glutamina in acido glutammico, ad opera della transglutaminasi tissutale, è critica per il legame peptide-molecola HLA DQ2 o DQ8. Perché la proteina sia lesiva occorre perciò che soddisfi la spe-cificità della transglutaminasi (l'enzima deamida la glutamina di sequenza prolina- aminoacido X- glutamina) e che il peptide deamidato sia capace di legarsi al DQ2 o DQ8.

La conoscenza di queste regole, alla base della interazione prolamina-cellule T nel celiaco, ha aperto la possibilità di trovare (o creare) grani che siano utilizzabili per produrre pane e pasta, le cui gliadine siano non (o poco) riconoscibili dalle cellule T del celiaco: questi grani potrebbero giocare un ruolo importante non solo nella terapia dietetica della celiachia, ma anche nella prevenzione di questa.

Sulla base delle analisi approfondite del genotipo DR e DQ è oggi possibile calcolare con una certa ap-prossimazione il rischio di ammalare dei pazienti di primo grado di celiaco. Per i neonati ad alto rischio (su-periore al 20%) si possono prevedere studi prospettici che illustrino la storia naturale della malattia e che consentano anche interventi di prevenzione della malattia, cercando di immunomodulare la risposta immu-ne alla gliadina nel 1° anno di vita.

Ma vi sono altre cellule T ed altri meccanismi che sono coinvolti nella risposta immune adattati-va alla gliadina:

a) la produzione di autoanticorpi, da parte di cellule B, che è gliadino-dipendente, cioè probabil-mente dipendente da cellule T che riconoscono la gliadina con il meccanismo prima illustrato.

Prototipo di questi anticorpi sono gli antitransglutaminasi tissutali, che tanta importanza oggi hanno nella diagnosi della malattia. Ma è stato recentemente dimostrato che questi anticorpi hanno anche un ruolo patogenetico, in quanto sono capaci di indurre proliferazione di enterociti in biopsia di intestino di celiaco coltivata in vitro. Sono perciò probabilmente coinvolti nel rimodellamento del-

AIC - Vademecum 2008 73

la mucosa intestinale del celiaco.Andrebbero studiate le basi molecolari del fenomeno e, più in generale, ulteriori eventuali effetti di questi

anticorpi sul trasporto intestinale di peptidi della gliadina o su altri aspetti di interesse per la patogenesi del-la malattia.

b) la presenza nell'intestino del celiaco di cellule T regolatorie CD4+ che riconoscono le gliadi-ne: esse sono del tipo TR1 in quanto secernono, in risposta alla gliadina, IFNa, IL 15, IL 10 e TGF b e deprimono la risposta alla gliadina di cloni T effettori.

Occorrerebbe studiare l'espansione in vitro e in vivo di queste cellule, candidate per nuove terapie immu-nomodulanti della celiachia: se espanse, queste cellule potrebbero restituire al celiaco la perduta tolleranza al glutine. Anche altre cellule T regolatorie CD25 andrebbero studiate, sia per conoscere meglio il loro ruolo nelle varie forme e stadi della malattia, sia per un’eventuale utilizzazione a scopo terapeutico.

c) la presenza nella mucosa intestinale del celiaco di cellule CD8+, capaci di riconoscere peptidi particolari della gliadina, che sono presentati da molecole HLA di classe prima; queste cellule pro-ducono gamma IF e sono dotate di attività citotossiche, anche in cultura di mucosa di celiaco.

Si potrebbe studiare se altri peptidi della gliadina sono presentati da altre molecole HLA di classe pri-ma; se le cellule CD8+ che rispondono alla gliadina si evidenziano nel sangue periferico dopo carico orale di glutine in celiaci in remissione, con la tecnica dei tetrameri; se queste cellule CD8+, gliadino-specifiche, tra-sferite in topo DQ8 (o DQ2) sono capaci di provocare malattia nell'animale.

La celiachia non è solo una malattia dell'immunità adattativa o dell'autoimmunità, è anche una malattia dell'immunità innata. Alcuni peptidi delle gliadine (per esempio il 31-43 della A gliadina) so-no capaci di agire sulla mucosa del celiaco come “danger signal”, analogamente a quanto si verifica nei tessuti nella risposta ad agenti infettivi.

Il peptide 31-43 è capace di indurre nell'intestino del celiaco, nell'enterocita e nelle cellule che presentano antigeni, attivazione di marcatori dell'immunità innata (COX2, CD83 e CD25), con po-tenziamento della risposta adattativa agli epitopi delle gliadine riconosciuti dalle cellule T (quale il 56-68): mediatore principale di questa risposta rapida è la IL 15, che viene prodotta dall'enterocita del celiaco, se esposto al 31-43.

Queste osservazioni hanno cambiato le nostre conoscenze sulla tossicità dei cereali per il celiaco, che va oggi studiata sotto due aspetti diversi: la capacità di indurre la risposta adattativa T cellulo-mediata e la ca-pacità di indurre la risposta innata. La celiachia si sviluppa, presumibilmente, solo se si verificano ambedue i processi. Ma queste conoscenze hanno anche importanza per conoscere meglio la clinica della intolleranza al glutine: andrebbe indagato se vi sono intolleranze al glutine per così dire parziali, che riguardano una sola delle due branche della risposta immune, quella adattativa o quella innata, e che potrebbero avere espressio-ne clinica diversa dalla celiachia classica. Si potrebbe così aprire un nuovo interessante capitolo nella clinica delle intolleranze al glutine e nello studio dell'azione lesiva dei vari cereali per il celiaco.

Non è noto quali siano le basi molecolari del danno da 31-43 dell'enterocita del celiaco e della iperproduzione di IL 15, che sembra essere un punto centrale nella risposta precoce al glutine dell'intestino del celiaco. Proprio studiando questi aspetti, recentemente è stata descritta una nuova proprietà di alcuni peptidi della gliadina ed in particolare del 31-43: questo peptide è un fattore di crescita per varie linee cellulari ed in particolare per l'enterocita del celiaco, con una azione EGF si-

La risposta innata alla gliadina

La gliadina come fattore di crescita della mucosa intestinale del celiaco

AIC - Vademecum 2008

La Ricerca immunologica

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mile, in quanto attiva i recettori a tirosino-chinasi e, tra questi, in primo luogo il recettore per l'EGF.Occorre studiare quali sono i meccanismi alla base dell'attivazione dello EGFR ad opera del 31-43 e

soprattutto quali relazioni esistano tra vie metaboliche dello EGF e della interleuchina 15. Resta anche da spiegare la maggiore suscettibilità del celiaco a queste particolari attività biologiche di alcuni peptidi della gliadina, quale il 31-43.

AIC - Vademecum 2008

La Ricerca immunologica

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Maria Teresa Bardella

Università degli Studi di Milano

Transglutaminasi e celiachia

Le transglutaminasi (TG) sono una famiglia di enzimi, ampiamente espressi nelle cellule e nei tessuti umani, con numerose funzioni tra le quali quella di cross-linking e di deamidazione delle proteine. Esse giocano un ruolo importante nella patogenesi di diverse patologie uma-

ne, tra cui la celiachia. Sebbene ancora molti aspetti patogenetici non siano chiariti, è ormai assodato che la celiachia presenta una forte componente genetica e risponde all'insulto del glutine con una ri-sposta immuno-mediata.

La TG tissutale (TG2) riconosce come ottimo substrato per la sua azione enzimatica la gliadina, ricca in glutamina e prolina: i peptidi gliadinici deamidati dalla TG2 assumono cariche negative e au-mentano così la loro affinità per l'HLA DQ2/DQ8 delle cellule presentanti l'antigene. L'attivazione della TG2 nel compartimento extracellulare epiteliale e nella lamina propria favorisce perciò la pre-sentazione dei peptidi gliadinici ai linfociti T che, attivati, producono interferon-g il quale a sua vol-ta, insieme al tumor necrosis factor-α, è un regolatore della trascrizione genica della TG stessa. Nell'intestino infatti c'è molta TG2 extracellulare ma questa non è cataliticamente attiva e necessita di specifici attivatori quali appunto l'interferon-g o i ligandi dei Toll-like receptors o l'acido retinoico per esplicare la sua azione. La risposta glutine-specifica dei T linfociti libera citochine infiammatorie e induce il danno della mucosa intestinale, che a sua volta libera TG2 attivata.

La TG superficiale inoltre interviene nella migrazione cellulare (nel caso specifico quella dei T linfociti CD8+) agendo come co-recettore delle integrine o interagendo con la fibronectina. Il fatto che la TG2 sia in grado di favorire il legame tra altri tipi di collagene e i peptidi gliadinici, che così ri-mangono immobilizzati, può giustificare il perpetuarsi dell'infiammazione e la comparsa di nuovi epitopi autoantigenici.

Approfondire la conoscenza del ruolo della TG nella patogenesi della celiachia e determinare la struttura della TG2 attiva è un primo passo verso la possibile produzione di inibitori della TG stessa che potrebbero essere usati nel trattamento della celiachia, in alternativa alla dieta priva di glutine.

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Alessio Fasano

Le nuove strade terapeutiche nel villaggio globale della celiachia

Center for Celiac Research, University of Maryland School of MedicineBaltimore, Maryland, U.S.A.

La malattia celiaca (MC) è un'intolleranza permanente al glutine (una proteina presente in gra-ni quali il frumento e la segale) caratterizzata da una danno intestinale che si risolve con l'eliminazione dalla dieta dei grani contenente glutine. Tale eliminazione, anche se risolutiva

dal punto di vista clinico, è estremamente complicata da implementare, in considerazione del fatto che una dieta priva di glutine prevede l'esclusione di numerosi alimenti: dalla pasta al pane ai biscotti alla birra, ma anche le salse e tutto ciò che può essere “contaminato” con la farina, come ad esempio la frittura. In passato la celiachia era considerata una patologia rara e confinata in Europa; studi epi-demiologici condotti negli ultimi anni hanno però dimostrato che la MC è una delle patologie per-manenti più frequenti del genere umano, con una distribuzione su scala mondiale nella popolazione generale pari allo 0.5-1%. Tale alta prevalenza non sorprende se si pensa che la celiachia è una malat-tia multifattoriale nella quale sono coinvolti fattori genetici ed ambientali ubiquitari.

La MC è considerata un prototipo di malattia autoimmune, in cui alcuni dei geni responsabili (geni HLA), l'autoantigene coinvolto (transglutaminasi tissutale) e, fatto unico tra tutte le malattie autoimmuni, il fattore ambientale scatenante (glutine), sono noti. Dati recenti sembrano indicare che una alterazione della barriera intestinale secondaria ad una malfunzione della zonulina, una mo-lecola che regola la permeabilità dell'intestino, potrebbe giocare un ruolo importante nella patoge-nesi delle malattie autoimmunitarie, compresa la celiachia, particolarmente nella cosiddetta fase “precoce”. Anche se la patogenesi della MC non è stata completamente definita, alcuni punti cardi-ne sembrano essere confermati:

1. la MC è causata da una perdita di tolleranza al glutine secondaria ad un difetto immunitario (comunicazione “difettosa” tra sistema immunitario innato ed adattivo);

2. a parte la componente genetica ed ambientale, un terzo fattore (perdita della funzione barrie-ra dell'intestino) sembra essere essenziale nella genesi del processo autoimmunitario. Tale concetto implica che la rimozione di uno qualsiasi di questi tre fattori: 1) geni (concetto puramente teorico, considerando le possibili conseguenze deleterie di tale approccio), 2) fattore(i) ambientale scatenan-te (un'opzione disponibile solo per la MC, poiché per altre malattie autoimmunitarie, quali il diabete di tipo I, la sclerosi multipla, l'artrite reumatoide, le malattie infiammatorie croniche dell'intestino, etc., tale fattore non è noto), o 3) difetto di barriera, potrebbe essere sufficiente per un trattamento effettivo di qualsiasi condizione di autoimmunità;

3. in base alle suddette considerazioni, per la MC sono adesso concepibili nuove opzioni terapeu-tiche alternative alla dieta priva di glutine: completa digestione di frammenti tossici della gliadina, ri-

AIC - Vademecum 2008 77

stabilimento della tolleranza per il glutine (in altre parole, una sorta di vaccino), restaurazione della funzione intestinale di barriera e/o il blocco della fase infiammatoria responsabile del danno intesti-nale. Tali opzioni, fino a poco tempo fa inimmaginabili, sono al momento in diverse fasi di sviluppo; alcune sono ancora ad uno stato iniziale, altre sono già in una fase di trial clinico umano. Un futuro che sta diventando già realtà è l'uso di alcuni enzimi che possano completamente digerire frammenti di gliadina normalmente resistenti alla digestione e inibitori della zonulina che sono al momento il ri-medio terapeutico alternativo alla dieta priva di glutine più avanzato dal punto di ricerca clinica, poi-ché sono già al vaglio di trial clinici umani avanzati (fase II b).

4. In considerazione del fatto che la celiachia è l'unica malattia autoimmune di cui si conoscono tutti gli elementi coinvolti nella patogenesi, c'è accordo quasi generale nella comunità scientifica in-ternazionale che un'eventuale soluzione del problema della celiachia potrebbe rappresentare la chia-ve di volta per la soluzione di tutte le altre malattie autoimmunitarie di cui non si conosce il fattore scatenante e, per tale motivo, sono al momento orfane di una terapia risolutiva.

Comunque, alcuni concetti vanno stressati per evitare falsi ottimismi. Le tappe per lo sviluppo di principi attivi di tipo farmacologico sono lunghe ed estremamente complesse. Dopo una fase di puro concetto teorico, si passa ad una fase sperimentale di laboratorio, prima su modelli semplici e poi più complessi, fino ad arrivare alla sperimentazione su modelli animali. Se queste fasi vengono superate con successo, si passa all'applicazione per la ricerca sull'uomo. Questa include diverse fasi per stabilire la sicurezza (fase I) e l'efficacia (fasi II e III) del principio farmacologico attivo. Solo se si superano tutte queste tappe e si arriva alle fasi finali sulla sperimentazione nell'uomo, il farmaco può essere messo in commercio e, quindi, essere disponibile per uso clinico. Tutto questo iter è lun-ghissimo e poco “efficiente”: basti pensare che se si parte con circa 1000 prodotti nella fase iniziale di concettualizzazione, solo 2-3 raggiungeranno l'uso clinico dopo 15-20 anni di lavoro e circa 600-800 milioni di Euro di spesa.

AIC - Vademecum 2008

Le nuove strade terapeutiche nel villaggio globale della celiachia

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AssociazioneItaliana Celiachia

Lo Statuto

Art. 1 - Costituzione

Art. 2 - Sede

Art. 3 - Finalità e Attività

È costituita una federazione tra le associazioni per la celiachia denominata "Associazione Italiana Celiachia - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale" in breve denominabile anche "AIC Associazione Italiana Ce-liachia - ONLUS" e di seguito denominata Federazione. È fatto obbligo alla Federazione dell'uso dell'acro-nimo ONLUS o della locuzione "organizzazione non lucrativa di utilità sociale" nella denominazione ed in qualsiasi segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico.

La Federazione ha sede in Via Caffaro n. 68/A Rosso, 16124 GENOVA.La sede legale può essere trasferita in altra città o Regione solo con una delibera dell'assemblea straordinaria

dei soci e ciò comporterà modifica dell'attuale statuto; il Consiglio Direttivo Nazionale, di seguito denominato CDN, può deliberare il trasferimento della sede all'interno dei confini comunali della città ospitante la sede, sen-za che ciò comporti la modifica dello statuto; i soci devono essere tempestivamente informati del trasferimen-to della sede.

La Federazione ha struttura democratica, non ha scopo di lucro e persegue esclusivamente finalità di solida-rietà sociale e socio-sanitaria e della beneficenza a favore di soggetti affetti da celiachia o da dermatite erpeti-forme, secondo quanto previsto dall'art 10 del D. Lgs 460/97.

La Federazione, in particolare, persegue il predetto scopo a tramite lo sviluppo delle seguenti attività:&assistenza socio - sanitaria ai celiaci e alle loro famiglie a seguito della diagnosi, fornendo informazioni sulle

procedure e modalità previste dal servizio sanitario a favore dei celiaci;&assistenza socio sanitaria ai celiaci e alle loro famiglie sulla dieta senza glutine, unica terapia oggi nota per la

cura della celiachia, attraverso i dietisti, nutrizionisti, dietologi, ecc. che collaborano, a titolo professionale o volontario, con l'AIC;

&assistenza sociale ai celiaci e alle loro famiglie, attraverso un servizio di supporto psicologico per l'accettazione della patologia e conseguente compliance alla dieta, che, per tutta la vita, dovrà essere rigoro-samente senza glutine;

&formulazione e aggiornamento di un prontuario di prodotti senza glutine idonei alla dieta dei celiaci.La Federazione può avvalersi di lavoratori autonomi o dipendenti nei limiti stabiliti dalle norme vigenti.La Federazione non può svolgere attività diverse da quelle sopra indicate, ad eccezione di quelle ad essa di-

rettamente connesse o di quelle accessorie per natura a quelle statutarie, in quanto integrative delle stesse quali a titolo esemplificativo: &promozione dell'informazione sulla celiachia attraverso la distribuzione a tutti i celiaci e le loro famiglie di

un house organ periodico, contenente informazioni sui nuovi contributi della scienza medica, sui prodotti senza glutine, sulle attività associative di tutto il territorio nazionale;

&selezione e controllo dei locali che propongono menù o alimenti senza glutine, consentendo al celiaco di se-guire la dieta senza glutine anche fuori dalle mura domestiche;

AIC - Vademecum 2008 81

&

storo su strade e autostrade nazionali e strutture turistiche diverse (catene alberghiere, compagnie di cro-ciere, B&B, ecc…) a livello nazionale;

&attività di sensibilizzazione delle istituzioni nazionali sulla condizione di Celiaco.&Sensibilizzazione delle strutture politiche, amministrative e sanitarie, al fine di migliorare l'assistenza ai pa-

zienti affetti da dette patologie;&Sensibilizzazione delle aziende produttrici e/o distributrici di prodotti alimentari, del libero commercio, af-

finché evidenzino sulle confezioni l'assenza o la quantità di glutine presente nei componenti e nelle lavora-zioni al fine di consentirne l'utilizzo da parte dei pazienti affetti da celiachia o da dermatite erpetiforme ;

&Promozione dei rapporti con le Società Mediche e Scientifiche che si occupano di celiachia e dermatite er-petiforme;

&Effettuazione di indagini sulla diffusione delle dette patologie in Italia e all'estero e sul relativo indice;&La promozione dei rapporti con associazioni mediche nazionali ed internazionali e con ogni altra istituzio-

ne avente scopi e/o programmi analoghi ai propri;&La sensibilizzazione, anche con l'utilizzo dei mezzi informativi di massa, sulle tematiche legate alle sopra

dette patologie, affinchè attraverso una conoscenza più diffusa da un lato se ne possa rilevare l'effettiva dif-fusione e dall'altro si riesca a migliorare la qualità della vita anche di quanti ignorano essere affetti da sud-dette patologie.

&Organizzazione di convegni e seminari e simili a favore delle persone celiache;&Diffusione dell'informazione presso la classe medica e paramedica circa le possibilitÀ diagnostiche e tera-

peutiche relative alla malattia;&Diffusione dell' informazione sulla ristorazione senza glutine pubblica e privata;&AttivitÀ di informazione e coordinamento a favore delle Associazioni regionali socie;&Definizione e coordinamento delle linee generali e delle iniziative promosse a livello nazionale dalle asso-

ciazioni socie e di rappresentare queste ultime nei confronti degli organismi nazionali e sopranazionali;&Svolgimento di attività a sostegno delle Associazioni Socie nelle loro attività rientranti nel presente Art. in

ambito locale;&Raccolta di fondi e contributi in occasione di manifestazioni ed eventi occasionali anche mediante la vendi-

ta di libri o gadgets di modico valore.

Le risorse economiche della Federazione potranno essere:&quote sociali e contributi degli associati;&contributi di privati;&contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche finalizzati anche al sostegno di specifiche e docu-

mentate attività o progetti;&contributi di organismi internazionali;&beni mobili e immobili acquisiti anche per effetto di liberalità e lasciti;&entrate derivanti da attività direttamente connesse;&ogni altro bene divenuto di titolarità della Federazione stessa a qualunque titolo;&ogni altra entrata finalizzata all'attività istituzionale.I versamenti effettuati alla Federazione sono a fondo perduto; in nessun caso, quindi nemmeno in caso di

scioglimento della Federazione, neppure in caso di estinzione, di recesso o di esclusione delle singole Associa-zioni socie dalla Federazione, può pertanto farsi luogo alla ripetizione di quanto versato alla Federazione.

I versamenti non creano altri diritti di partecipazione e, segnatamente, non creano quote indivise di parteci-pazione trasmissibili a terzi, né per successione a titolo particolare, né per successione a titolo universale.

La Federazione è titolare esclusiva del marchio "Spiga Sbarrata" Brevetto Italiano per Marchio di Impresa, avente ad oggetto un marchio figurativo, contraddistinto dal n° MI95C003790, costituito da un cerchio all'interno del quale si nota un disegno di fantasia richiamante una spiga di grano tagliata da un segmento aven-te le estremità arrotondate.

I soci della Federazione hanno diritto ad utilizzare il marchio solo per la promozione ed identificazione di quelle attività istituzionali analoghe a quelle riportate nel presente statuto; le Associazioni socie della Federa-zione potranno quindi utilizzare il marchio nei seguenti casi:

1- raccolte pubbliche di fondi;2- targhe, pubblicazioni, materiale informativo e pubblicitario generico e di eventi specifici promossi dalle

selezione, stipula di accordi e controllo per la somministrazione di alimenti senza glutine in strutture di ri-

Art. 4 - Risorse Economiche

AIC - Vademecum 2008

Statuto

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Associazioni socie;3- carta intestata, biglietti da visita dei rappresentanti delle Associazioni socie.

Fermi restando i presupposti di autonomia patrimoniale, amministrativa , gestionale e contabile delle asso-ciazioni socie, sono soci o associati della Federazione le Associazioni Regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano aventi finalità analoghe a quelle della Federazione, nei modi e con i requisiti stabiliti nel pre-sente statuto e nel Regolamento.

Ogni Associazione socia è rappresentata dal Presidente o da persona delegata ed ha diritto ad un voto.Potrà fare parte della Federazione una sola Associazione per Regione e per ogni Provincia Autonoma di

Trento e Bolzano.L'ammissione del socio è deliberata dal CDN.Tutti i soci sono tenuti al pagamento di una identica quota associativa annuale, da versarsi con le modalità

previste da successive delibere del CDN.Il diritto al voto in Assemblea spetta a tutti i soci in regola con il pagamento della quota associativa annuale.I soci hanno diritto di partecipare alle attività della Federazione con piena parità e non è ammessa la tempo-

raneità della partecipazione alla vita associativa; i soci hanno diritto ad eleggere gli organi della Federazione e ad essere informati sulle attività della stessa.

I soci sono obbligati all'osservanza dell'atto costitutivo, del regolamento interno e delle deliberazioni even-tualmente adottate dai competenti organi sociali in conformità alle norme statutarie.

Le associazioni socie conservano la loro autonomia decisionale, operativa e patrimoniale secondo i loro sta-tuti e delegano gli interventi per le attività sovraregionali alla Federazione nazionale, concordandone i modi nel-le sedi associative opportune.

Le Associazioni socie conformano i propri statuti e regolamenti al presente Statuto ed al Regolamento na-zionale, dandone pubblicazione nei propri siti.

In caso d'inadempienza, accertata dal Collegio dei Probiviri, relativa al rapporto associativo, il CDN, su dele-ga dell'Assemblea Nazionale, adotterà le sanzioni commisurate alla gravità delle non conformità come da rego-lamento federale.

Alle Assemblee elettive delle Associazioni socie è invitato a partecipare, senza diritto di voto, un rappresen-tante del CDN, individuato e delegato dallo stesso CDN della Federazione. La convocazione del rappresen-tante deve essere effettuata tempestivamente e comunque con un preavviso di almeno venti giorni, salvi i casi di indifferibile necessità ed urgenza.

Gli statuti delle Associazioni socie prevedono la presenza, nei loro organi direttivi, di rappresentanti delle province.

Il regolamento nazionale detta disposizioni di attuazione di quanto previsto dal comma precedente.È compito del Consiglio direttivo delle Associazioni socie garantire la gestione trasparente e democratica

dell'Associazione stessa, in conformità a quanto stabilito nello statuto e regolamento nazionale e, laddove non previsto, in conformità al codice civile.

L'appartenenza alla Federazione cessa:a) per dichiarazione di recesso, che deve essere presentata per iscritto al CDN;b) per esclusione, che viene deliberata dal CDN, con quorum deliberativo dei due terzi dei consiglieri in cari-

ca, comunicata per iscritto con motivazioni per i seguenti casi:&in caso di morosità nel pagamento della quota associativa annuale, che persista per oltre tre mesi dell'anno

successivo;&in caso di comportamenti incompatibili con le finalità della Federazione, tali da arrecare danni morali o ma-

teriali alla federazione stessa o per inadempienza agli obblighi assunti ai sensi dell'atto costitutivo, dello sta-tuto e degli eventuali regolamenti e per altri gravi e comprovati motivi.

Contro il provvedimento di esclusione è data facoltà al socio di ricorrere al Collegio dei Probiviri.Nel caso di recesso, il CDN convocherà entro tre mesi l'Assemblea Nazionale per decidere le azioni conse-guenti.

Nel caso di esclusione, la cessazione da socio dovrà essere ratificata dall'Assemblea nazionale a maggioranza dei due terzi, entro tre mesi dall'adozione. A partire dalla data di perdita della qualità di socio, le associazioni re-gionali non possono più utilizzare la denominazione "Associazione Italiana Celiachia", anche in forma di acro-nimo, "AIC", nonchè i relativi simboli e segni distintivi.

Art. 5 - Soci

Art. 6 - Perdita della qualità di socio

AIC - Vademecum 2008

Statuto

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Art. 7 - Organi della Federazione

Art. 8 - Assemblea: Convocazioni

Art. 9 - Assemblea: quorum costitutivi e deliberativi

Art. 10 - Assemblea: Poteri

Gli organi della Federazione sono:1) l'Assemblea dei Soci;2) il Presidente della Federazione;3) il Consiglio Direttivo;4) il Collegio dei Revisori dei Conti;5) il Collegio dei Probiviri.Le persone che ricoprono cariche associative non possono ricevere alcuna retribuzione per alcuna attività,

istituzionale, di consulenza o di volontariato, nemmeno dai beneficiari di dette attività; possono ricevere sol-tanto rimborsi delle spese effettivamente sostenute e nei limiti stabiliti dagli organi della Federazione.

Le Assemblee nazionali sono ordinarie e straordinarie e sono presiedute dal Presidente della Federazione. In caso di impedimento di quest'ultimo, le assemblee sono presiedute dal Vice-Presidente più anziano e, in sua as-senza, dall'altro Vice-Presidente; in loro mancanza, l'Assemblea è presieduta da uno degli associati, su designa-zione della maggioranza dei presenti.

Le assemblee hanno luogo nella sede della Federazione o in altro luogo del territorio nazionale, secondo quanto indicato nell'avviso di convocazione.

L'Assemblea ordinaria è convocata almeno una volta all'anno, entro la data prevista dalle leggi vigenti per l'approvazione del rendiconto consuntivo.

Le assemblee sono convocate, in ogni caso, qualora particolari esigenze lo richiedano e comunque quando ne faccia richiesta almeno 1/5 più 1 (un quinto più uno) degli associati.

La convocazione, con relativo ordine del giorno, avviene con apposito avviso inviato per lettera raccoman-data con avviso di ritorno e/o a mezzo fax e/o e-mail con conferma di lettura, almeno 20 (venti) giorni prima dell'assemblea.

L'Assemblea, legalmente convocata e costituita, rappresenta l'universalità dei soci. Le sue deliberazioni le-galmente adottate obbligano tutti gli associati, anche se non intervenuti o dissenzienti, salvo ogni diritto di im-pugnativa previsto dalle vigenti norme.

L'Assemblea ordinaria in prima convocazione è regolarmente costituita con la presenza della metà più uno degli associati ed in seconda convocazione (da tenersi non prima di 24, ventiquattro, ore dalla prima) è regolar-mente costituita qualsiasi sia il numero degli associati intervenuti.

L'Assemblea ordinaria, sia in prima che in seconda convocazione, delibera con il voto favorevole della mag-gioranza dei soci presenti.

L'Assemblea straordinaria per le modifiche statutarie è regolarmente costituita con la presenza di almeno due terzi dei soci e delibera con il voto favorevole della maggioranza dei presenti.

L'Assemblea straordinaria, per lo scioglimento della Federazione e la conseguente devoluzione del patrimo-nio, è validamente costituita con la presenza dei 4/5 (quattro quinti) dei soci e delibera con il voto favorevole di almeno 3/4 (tre quarti) dei soci.

Non è ammesso il voto per delega, fermo restando quanto previsto dall'art. 5 del presente statuto, o per cor-rispondenza.

L'Assemblea ordinaria:1) elegge il Presidente della Federazione tra i candidati delle Associazioni socie;2) delibera sulla eventuale alienazione del patrimonio immobiliare;3) elegge i membri del CDN tra i candidati delle Associazioni Socie;4) delibera sul programma di attività e sui regolamenti della Federazione;5) approva, sentito il parere del Collegio dei Revisori dei Conti, il rendiconto consuntivo;6) elegge i componenti del Collegio dei Probiviri e del Collegio dei Revisori dei conti;7) stabilisce l'importo annuale della quota associativa;8) delibera su ogni altro argomento sottopostole dal CDN, che non rientri nella competenza dell'Assemblea

straordinaria.L'Assemblea straordinaria delibera sulle modificazioni statutarie, sullo scioglimento e sulla conseguente de-

voluzione del patrimonio sociale.Il presidente dell'Assemblea nomina un segretario per la redazione del verbale, sempre che il verbale mede-

AIC - Vademecum 2008

Statuto

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simo non sia redatto da un notaio.Il verbale delle Assemblee deve essere firmato dal Presidente e dal Segretario.Spetta al Presidente dell'Assemblea dirigere e regolare le discussioni e stabilire le modalità e l'ordine delle vo-

tazioni.L'Assemblea, contestualmente all'elezione del CDN, elegge i componenti del Comitato Scientifico e ne sta-

bilisce il numero, le funzioni, gli obiettivi e la durata; l'Assemblea può delegare il CDN a stabilire la durata del mandato dei membri del Comitato Scientifico. Il Comitato Scientifico eleggerà al suo interno un Presidente.

Il potere di rappresentare la Federazione davanti a terzi ed in giudizio, nonchè quello di firmare nel nome del-la Federazione, spetta al Presidente.

Il Presidente è il rappresentante nella Federazione europea (AOECS); egli può delegare a tale funzione per-sona di sua fiducia, comunicando la decisione al CDN e alle Associazioni socie.

Egli convoca e presiede, fissandone l'ordine del giorno, le riunioni dell'Assemblea e del CDN. In caso di sua assenza nel CDN, lo sostituisce il Vice-Presidente più anziano o, in assenza anche di quest'ultimo, l'altro Vice-Presidente.

L'incarico di Presidente ha la durata di tre anni. Il Presidente può essere rieletto consecutivamente una sola volta.

Gli statuti o i regolamenti delle Associazioni socie fissano analoghi vincoli alla rieleggibilità del proprio Pre-sidente.

I Presidenti delle Associazioni socie in carica alla data di modifica del presente statuto, possono essere rielet-ti un'altra volta, indipendentemente dal numero di mandati consecutivi esercitati.

Per assicurare la necessaria continuità nell'attività della Federazione, prima della scadenza del secondo man-dato consecutivo o nel caso in cui il Presidente in carica comunichi formalmente la propria intenzione di non ri-candidarsi alla presidenza, l'Assemblea può procedere fino ad un massimo di 12(dodici) mesi prima del termi-ne del mandato, all'elezione del nuovo Presidente, il quale entrerà in carica, comunque, alla scadenza del man-dato del Presidente uscente.

In questo periodo il nuovo Presidente affiancherà il Presidente in carica in ogni sua attività, fermo restando che tutti i poteri rimangono in carica a questo ultimo.

La carica di Presidente cessa:1. per scadenza del mandato;2. per dimissioni volontarie;3. per decesso;4. per delibera dell'Assemblea Nazionale.Nei casi 2, 3 e 4 le funzioni del Presidente per l'ordinaria amministrazione saranno esercitate pro tempore

dal Vice Presidente più anziano o, in caso di suo impedimento, dall'altro Vice Presidente.L'Assemblea Nazionale per la nomina del nuovo Presidente deve essere comunque convocata dal Presiden-

te reggente entro 90(novanta) giorni dal momento in cui il Presidente viene meno alle sue funzioni.

Il CDN è composto dal Presidente della Federazione e da 4(quattro) consiglieri, eletti dall'Assemblea Na-zionale tra i candidati delle Associazioni socie; ogni Associazione socia può presentare una candidatura per la carica di Presidente ed una per la carica di consigliere.

Sono ammessi a partecipare senza diritto di voto e su espressa chiamata del CDN:1) il Presidente dei Probiviri;2) il Presidente del Comitato Scientifico;3) lo staff;4) qualsiasi persona che per competenze o compiti scientifici o amministrativi sia stato invitato dal CDN in

considerazione dei temi trattati.È sempre invitato a partecipare al CDN, senza diritto di voto, il Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti.

I consiglieri durano in carica tre anni e sono rieleggibili.Il CDN elegge nel suo seno i Vice Presidenti, in numero massimo di due. Il CDN, se lo ritiene necessario,

può nominare persone anche esterne alla Federazione e ai suoi soci per affidare loro gli incarichi necessari ad una corretta gestione della vita amministrativa della Federazione affinché possano ricoprire, tra l'altro, il ruolo di segretario e di tesoriere.

Art. 11 - Il Presidente della Federazione

Art. 12 - Consiglio Direttivo Nazionale - CDN: Composizione

AIC - Vademecum 2008

Statuto

85

Art. 13 - CDN: Funzionamento

Art. 14 - CDN: Poteri

Art. 15 - CDN: Decadenza del Consigliere

Art. 16 - Collegio dei Revisori dei Conti

Art. 17 - Bilancio e Avanzi di Gestione

Le riunioni del CDN sono convocate dal Presidente di sua iniziativa o su richiesta di almeno tre consiglieri.Le riunioni del CDN sono tenute presso la sede della Federazione o in altro luogo indicato nell'avviso di con-

vocazione.Le convocazioni del CDN saranno effettuate a mezzo lettera o altra comunicazione equipollente (telefax -

telegramma - posta elettronica), con obbligo di conferma, da inviarsi ai consiglieri almeno 15 (quindici) giorni prima della data fissata per l'adunanza, con l'indicazione degli argomenti da trattare, del luogo e della data in cui si terrà la riunione.

Il CDN è validamente costituito con la presenza di almeno la metà più uno dei suoi membri; le deliberazioni del CDN vengono prese con il voto favorevole della maggioranza dei presenti. Il Presidente e i consiglieri han-no diritto ad un solo voto. Non è ammesso il voto per delega o per corrispondenza. In caso di parità prevale il voto del Presidente.

Il CDN ha tutte le facoltà e i poteri necessari per il conseguimento dei fini della Federazione e per la gestione ordinaria e straordinaria della Federazione stessa, che non siano dalla legge o dallo statuto espressamente riser-vati all'Assemblea dei soci.

Il CDN può delegare alcune specifiche funzioni o incarichi al Presidente, ai consiglieri, agli iscritti alle Asso-ciazioni socie o anche a terzi, determinando i limiti di tale delega.

Le norme interne e le loro eventuali modificazioni, adottate dal CDN, devono essere comunicate ai soci en-tro 60 (sessanta) giorni dall'entrata in vigore delle stesse e, in presenza di contestazione, devono essere messe all'ordine del giorno della prima assemblea utile.

Il CDN, in tempo utile per convocare l'assemblea ordinaria, deve esaminare il rendiconto da sottoporre all'approvazione dell'Assemblea corredandolo di apposita relazione sull'attività svolta durante l'esercizio.

A sostituire il consigliere che è venuto a mancare per una qualsiasi causa, è chiamato dal CDN il primo dei non eletti, secondo quanto previsto nel regolamento della Federazione.

I membri così nominati resteranno in carica fino alla scadenza del mandato dei membri sostituiti.L'appartenenza al CDN cessa:1) per dimissioni, che devono essere presentate per iscritto al Presidente o ai Vice-Presidenti;2) per scadenza del mandato;3) per decesso;4) per esclusione, deliberata dal CDN a maggioranza dei due terzi, in caso di comportamenti del consigliere

incompatibili con le finalità della Federazione, tali da arrecare danni morali o materiali alla stessa o per inadem-pienza agli obblighi assunti ai sensi dell'atto costitutivo e dello statuto e per altri gravi e comprovati motivi.

Il Collegio dei Revisori dei Conti è eletto dall'Assemblea Nazionale e si compone di tre membri effettivi e di due supplenti che subentrano in ogni caso di cessazione di un membro effettivo.

I membri effettivi eleggono al loro interno un Presidente.L'incarico di Revisore dei Conti è incompatibile con qualsiasi altra carica nella Federazione e può essere rico-

perto anche da persone non appartenenti alle Associazioni socie.I Revisori dei Conti restano in carica tre anni. I Revisori dei Conti possono partecipare alle adunanze

dell'Assemblea senza diritto di voto. In generale, hanno il compito di vigilare sull'amministrazione della Fede-razione verificando la regolarità della gestione dei fondi e accertano la regolarità del rendiconto consuntivo.

Il Presidente del Collegio, o un suo delegato scelto tra gli altri componenti del Collegio, può partecipare alle riunioni del CDN, esprimendo parere consultivo.Le Associazioni socie prevedono nei propri statuti la nomina del Collegio o di almeno un Revisore dei Conti.

L'esercizio della Federazione chiude il 31 (trentuno) Dicembre di ogni anno.La Federazione ha l'obbligo di impiegare gli utili e gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività isti-

tuzionali e di quelle ad essa direttamente connesse.Alla Federazione è vietato distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riser-

ve o capitale durante la vita della Federazione stessa, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano im-poste per legge o siano effettuate a favore altre ONLUS che fanno parte della medesima ed unitaria struttura.

AIC - Vademecum 2008

Statuto

86

Art. 18 - Durata della Federazione

Art. 19 - Scioglimento

Art. 20 - Collegio dei Probiviri

Art. 21 - Norme di Rinvio

La durata della Federazione è stabilita fino al 31 (trentuno) Dicembre 2100 (duemilacento). Essa potrà essere prorogata con delibera dell'Assemblea Straordinaria dei soci.

Lo scioglimento della Federazione deve essere deliberato dall'Assemblea straordinaria; l'avviso dell'Assemblea straordinaria riunita per lo scioglimento della Federazione deve essere inviato con almeno 60 (sessanta) giorni di anticipo dalla data dell assemblea.

In caso di scioglimento della Federazione, i beni della stessa, dopo il pagamento di tutti gli eventuali debiti, sa-ranno devoluti ad altre ONLUS o a fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo – Agenzia per le or-ganizzazioni di utilità sociale – istituito con DPCM 26 settembre 2000.

A tal fine l'Assemblea potrà nominare uno o più liquidatori, stabilendone i poteri.

L'Assemblea Nazionale, contestualmente alla elezione del Presidente e del CDN, elegge i componenti del Collegio dei Probiviri; il collegio è formato da tre membri, indipendenti dagli organi direttivi della Federazione e delle Associazioni socie, dotati dei requisiti di professionalità, affidabilità e imparzialità, che al loro interno eleggono un proprio Presidente, il quale potrà, se chiamato, prendere parte alle riunioni del CDN.

Il Collegio dei Probiviri resta in carica tre anni.Il Collegio dei probiviri ha i seguenti compiti:a. soluzione dei conflitti tra associati;b. soluzione dei conflitti tra associati e organi associativi;c. soluzione dei conflitti tra organi sociali;d. soluzione dei conflitti di legittimità tra Associazioni Regionali, tra queste e organi associativi; e. soluzione dei conflitti tra i soci delle Associazioni Regionali o tra questi e gli organi direttivi delle medesi-

me Associazioni qualora gli statuti di queste ultime non prevedano un Collegio di Probiviri o questo non sia sta-to comunque eletto.

I soci e i componenti degli organi della Federazione si rivolgono al Collegio dei Probiviri per la preventiva ri-soluzione delle controversie prima di ricorrere alle ordinarie vie giudiziarie.

I Probiviri hanno l'obbligo di dichiarare eventuali situazioni di interesse personale che possano influire sulla serenità ed indipendenza di giudizio, astenendosi dalle relative deliberazioni.

Il Collegio dei Probiviri emette pareri in ordine all'interpretazione dello Statuto, ove richiesto, da un compo-nente degli organi direttivi della Federazione ovvero da una Associazione Regionale.

I criteri di nomina, i poteri e il funzionamento del Collegio sono definiti dal regolamento della Federazione.Le Associazioni socie prevedono nei propri statuti la nomina del Collegio dei Probiviri, salvo quanto previ-

sto dal 2° comma lettera e) del presente Art..

Per quanto non previsto nel presente Statuto o altrimenti stabilito si rinvia alle leggi vigenti in materia.

AIC - Vademecum 2008

Statuto

87

Dalla nascita ad oggi

Presidente Nazionale AIC

Adriano Pucci

L 'Associazione Italiana Celiachia (AIC) è nata nel 1979 su iniziativa di piccoli gruppi di geni-tori che in quel periodo vivevano la malattia in uno stato di grande sconforto, soprattutto per la scarsissima conoscenza della celiachia e la quasi totale assenza di prodotti senza gluti-

ne oltretutto di scarsa e sgradevole qualità e di costo anche allora elevato, per di più a totale carico del-le famiglie.

I diagnosticati in Italia erano stimati intorno a 2000 soggetti, il qual dato faceva erroneamente ri-tenere la celiachia come una malattia rara.In realtà era solamente raramente conosciuta! La vita del celiaco era veramente molto difficile.

L'Associazione era composta inizialmente da poche sezioni regionali che via via si andavano a costituire in ogni regione e che nel giro di pochi anni assicuravano la presenza su tutto il territorio na-zionale.

I primi obiettivi riguardavano ovviamente le maggiori priorità di allora:1. Iniziare la diffusione della conoscenza della malattia a tutti i livelli, ad iniziare dalla classe medi-

ca e dagli specialisti maggiormente coinvolti da questa patologia: gastroenterologi e pediatri che, a quei tempi, erano, per la maggioranza, poco o male informati.

2. Ottenere la gratuità degli alimenti dietoterapeutici senza glutine (cioè sostitutivi di quelli con-tenenti, di norma, il glutine, come: farina, pane, pasta, biscotti, ecc…) da parte dello Stato, motivan-do la richiesta sia con l'alto costo che con la funzione “salvavita” degli stessi, assimilabili all'insulina per i diabetici. L'ottenimento di questo diritto, mediante il D.M. 1 Luglio 1982, pubblicato nella Gaz-zetta Ufficiale del 9 agosto 1982, è stato facilitato dal basso numero dei diagnosticati, la cui incidenza sul bilancio della sanità pubblica rappresentava allora “una goccia d'acqua nell'oceano del costo della sanità”. Molto più difficile e impegnativo è risultato negli anni successivi, man mano che le diagnosi crescevano, mantenere il diritto, pur se entro un tetto max di spesa mensile.

Per la diffusione della conoscenza della celiachia AIC ha attuato varie iniziative, dall'organizza-zione di convegni scientifici alla realizzazione della Giornata Italiana della Celiachia, divenuta negli anni internazionale, man mano che l'iniziativa si estendeva ad altri paesi europei e agli Stati Uniti.

Ottenuta la gratuità, altre iniziative venivano realizzate per facilitare la dieta del celiaco in casa e fuori casa.

Il problema alimentazione non poteva limitarsi ai prodotti dietoterapeutici, peraltro comple-mentari agli alimenti naturalmente privi di glutine, e a quelli del libero commercio (salumi, formaggi, yogurt, ecc…). Occorreva assicurare ai celiaci un numero sufficiente di prodotti del libero commer-

AIC - Vademecum 2008 88

cio che, a causa di una legislazione assolutamente inadeguata, era impossibile individuare attraverso la pura lettura dell'etichetta.

Nacque così il prontuario degli alimenti individuati attraverso l'assicurazione delle aziende, pri-ma con una dichiarazione scritta e poi mediante la compilazione di un questionario che descrive tut-te le fasi del processo, dalla scelta delle materie prime fino alla confezione, idoneo ad evitare conta-minazioni crociate. Dal primo prontuario contenente alcune centinaia di prodotti siamo arrivati nel 2008 ad averne oltre 8.600, di cui una parte provvisti del logo spiga sbarrata, che si può ottenere do-po un processo di verifica e controllo, che comprende anche visite ispettive periodiche agli stabili-menti interessati.

Con i prodotti dietoterapeutici, sempre più numerosi e di buona palatabilità, per di più erogati gratuitamente da SSN (Servizio Sanitario Nazionale), e il prontuario degli alimenti del libero com-mercio, il problema “alimentazione in casa” risulta in gran parte superato.

Restava del tutto irrisolto il problema alimentazione fuori casa, sempre più grave in considera-zione delle sempre maggiori permanenze fuori casa per ragioni di lavoro o di studio (oltre il 30% de-gli italiani consuma il pasto di mezzogiorno fuori casa, tra questi, ovviamente, anche celiaci), senza contare l'aspetto turistico e sociale del mangiare fuori casa. Nacque così il progetto “ristoranti e piz-zerie senza glutine” che ha preso il via nonostante divergenze, sorte all'interno dell'Assemblea Na-zionale (AN), sull'opportunità di dare vita ad un'attività molto delicata e potenzialmente foriera di problemi e polemiche per l'Associazione.

In alcuni membri dell'Assemblea Nazionale vi era infatti il dubbio che i tempi non fossero matu-ri e che AIC non avesse l'esperienza e le forze necessarie per creare una catena di locali che potessero garantire l'assoluta assenza di glutine nei piatti offerti alla clientela celiaca.

Nella maggioranza dell'Assemblea Nazionale prevalse però la convinzione che il popolo celiaco, che in ogni caso era ed è costretto ad alimentarsi fuori casa per lavoro, per studio o per turismo, ha co-munque la necessità di disporre di locali a minor rischio e, soprattutto, con una scelta di piatti s.g. più ampia, per evitare di dover sempre ricorrere a riso in bianco, piatti freddi, carne alla griglia e insalata.

Vi era un'altra importante considerazione, a favore dell'avvio di questo progetto, che riguardava la pizzeria, luogo preferito dai giovani sia per ragioni di velocità e sia, soprattutto, economiche.

Molti celiaci nell'età dell'adolescenza avevano, e in parte hanno ancora, molte difficoltà di socia-lizzazione poiché i loro amici si ritrovavano spesso in pizzeria, dove frequentemente i celiaci non tro-vavano altro che un piatto freddo e delle patatine fritte magari contaminate da fritture precedenti in-farinate o impanate.

Una difficoltà ulteriore alla nascita di una catena senza glutine era dovuta alla diffidenza della stra-grande maggioranza dei gestori che, a torto o a ragione, non ritenevano che il gioco valesse la cande-la. Infatti molti non accettavano il progetto per la paura che al primo errore si sarebbero trovati in un mare di polemiche, tali da non giustificare il ritorno economico del loro impegno.

La stessa preoccupazione è stata registrata pochi mesi fa da parte di una grande catena di ristora-zione, con molti locali sparsi in tutta Italia, che, pur convinta ad entrare nel nostro network, era pre-occupata dal rischio di immagine causato dalla pubblicità negativa di una possibile denuncia da parte di un consumatore celiaco che imputasse un malessere al consumo di alimenti presso uno dei locali della catena. Sappiamo, infatti, quanto sia facile e possibile danneggiare l'immagine di un'azienda con una denun-cia a giornali o riviste specializzate nella difesa dei consumatori, a volte magari senza giustificati e vali-di motivi, mentre molto più difficile è riguadagnare l'immagine e la fiducia dei clienti consumatori.

È bene ricordare che questo progetto, assolutamente gratuito per i ristoratori, è andato via via af-finandosi prevedendo un corso base iniziale seguito da monitoraggi semestrali, indispensabili in un

Dalla nascita ad oggi

AIC - Vademecum 2008 89

settore dove il turn over è molto elevato.A fine 2007 i ristoranti/pizzerie informati e sensibilizzati sul senza glutine erano ca. 1200.Il progetto “Alimentazione Fuori Casa” s'è poi sviluppato in altre direzioni: gelaterie, bed & bre-

akfast, Autogrill, Finigrill, vending (distributori automatici) e Costa Crociere.Per il futuro abbiamo questi obiettivi:

&sviluppare tutti i progetti già avviati;&estendere l'AFC a bar, tavole calde, e pizzerie d'asporto;&professionalizzare i corsi e gli audit compatibilmente con le risorse economiche.

L'attività di AIC non si è limitata ai punti sopradescritti, ma ha investito e investe in altre aree, nel-le quali abbiamo raggiunto risultati molto importanti.

Prima di tutto è doveroso descrivere il lavoro importante svolto dal Comitato Scientifico Nazio-nale (CSN), che ha avuto, tra i principali traguardi, la definizione, nell'ambito del Gruppo di Lavoro Ministeriale istituito per l'attuazione della Legge 123/05, delle Linee Guida sulla Diagnosi e il Fol-low Up, pubblicato integralmente nella G.U. del 7 Febbraio 2008.

È superfluo dire quanto sia importante l'esistenza di un documento ministeriale che fa chiarezza sull'iter diagnostico e sugli esami periodici post diagnosi (frequenza e tipo). Molti celiaci sono stati in-fatti diagnosticati con diversi iter diagnostici, chi senza gastroscopia, e chi, ancora oggi, ne ha fatte due o tre, quando una gastroscopia è indispensabile e sufficiente.

Sembra che alcuni falsi positivi siano invece dovuti ad una errata o imprecisa lettura del vetrino da parte dell'anatomopatologo. Anche per questa delicata fase della diagnosi AIC è riuscita a defini-re e a stampare apposite linee guida, distribuite a tutti gli anatomopatologi italiani, ai quali sarà offer-to anche un training pratico.

Col passare del tempo l'attività di AIC s'è molto orientata anche ai rapporti con le istituzioni, sia a livello regionale e sia nazionale.

Nelle regioni questa attività è diventata sempre più necessaria, soprattutto con la crescente devo-luzione alle amministrazioni locali della materia sanitaria; a livello nazionale l'impegno istituzionale ha permesso di ottenere una legge quadro sulla celiachia (123/05) di cui si parla ampiamente in altro capitolo. La 123/05 è da considerare il più importante risultato normativo ottenuto da AIC, a dimo-strazione della fondatezza delle nostre richieste e del sempre crescente consenso e del riconosci-mento che AIC ha registrato presso le istituzioni. Tali risultati accrescono l'identificazione, la fideliz-zazione e l'appartenenza dei celiaci italiani rispetto all'AIC, diventato così l'unico interlocutore delle istituzioni sui problemi legati al mondo della celiachia.

Una particolare attenzione AIC ha sempre avuto nei confronti della ricerca, per molti anni so-stenuta direttamente ed ora, nel rispetto delle disposizioni legislative vigenti, attraverso la Fondazio-ne Celiachia, che è stata costituita nel 2005.

Come scritto in altri capitoli, AIC è stata tra i fondatori dell'AOECS (Federazione europea delle Associazioni per la celiachia), che oggi conta 35 paesi e le cui attività sono descritte in altri capitoli del presente vademecum.

Come vedete l'attività e la struttura dell'Associazione sono molto cresciute negli ultimi anni, ren-dendo necessario anche il fisiologico cambiamento dell'organizzazione, da gestione totalmente affi-data ai volontari, a gestione “integrata” con personale retribuito, cui , via via è stato affidato gran par-te del lavoro operativo.

L'organigramma della Federazione Nazionale, di seguito rappresentato, evidenzia la complessi-tà della struttura AIC, necessaria per far fronte a tutte le attività indispensabili al raggiungimento di sempre nuovi traguardi, al mantenimento dei diritti acquisiti in 30 anni, dalla nascita ad oggi, e, in ulti-ma analisi, al continuo miglioramento della qualità della vita del celiaco.

Dalla nascita ad oggi

AIC - Vademecum 2008 90

Federazione AIC

Celiachia Notizie House OrganRedazioneRedazione Scientifica

Comitato ScientificoNazionale

Collegio Revisori dei Conti

Collegio Proibiviri

StaffTesoriere

Controllo di GestioneDelegato Aoecs

Responsabile Food

Assemblea Nazionale19 Associazioni Regionali

PresidenteConsiglio Direttivo

DirettoreGenerale

Marchio Concessione e tutela del Logo Spiga Barrata

Raccolta FondiGestione Eventi

Progetti di Finanz. Pubblico

Relazione EsterneRapporti InternazionaliRapporti con le aziende

Formazione Formazione Medico Scientifica

Sviluppo Attività Regionali

Non Food

Alimentazione Fuori CasaRistoranti e PizzerieGelaterieRistorazione per chi viaggiaRistorazione CollettivaBed & BreakfastProgetti Speciali

AlimentiCertificazione del prodotto e Prontuario AlimentiRicerca Tecnologica/alimentareEducazione Alimentare

Food

AIC - Vademecum 2008

Come nell'immagine che apre le pagine dedicate alle attività della nostra organizzazione, negli an-ni abbiamo costruito un'orchestra di forze, diverse, ma complementari, tutte necessarie, ma nessu-na, da sola, sufficiente a raggiungere il risultato. Di questo siamo tutti consapevoli, tanto da impe-gnarci ogni giorno nel superamento delle divergenze e nel mantenimento dell'unità e dell'armonia del gruppo, principale fattore critico di successo.

Dalla nascita ad oggi

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Il Collegiodei Probiviri

L 'art.20 del nostro Statuto sociale istituisce il Collegio dei Probiviri, dettandone i criteri della nomina e i poteri. Il detto articolo è stato nella recente assemblea modificato rispetto alla precedente formulazione e appare ben più rispondente alle esigenze di “certezza giuridica”

richieste da una associazione così composita ed importante quale è oggi l'AIC. L'istituto del probivirato merita qualche osservazione di carattere generale.Nessuna norma di legge impone che gli statuti associativi prevedano un organo di questo tipo.

La sua fonte è, pertanto, esclusivamente di natura contrattuale, nel senso che solo per volontà di co-loro che hanno costituito l'associazione, la quale si configura giuridicamente come un contratto, vie-ne inserita, tra le clausole statutarie, quella istitutiva del Collegio e ne disciplina nomina, poteri e fun-zionamento. Ovviamente, durante la vita associativa, l'assemblea degli associati potrà con le debite maggioranze previste per la revisione statutaria apportare le opportune modifiche ed integrazioni.

Di fatto, non c'è praticamente ente associativo che non preveda la istituzione di un organo sif-fatto; i membri sono scelti tra persone di comprovate moralità e competenza e devono garantire au-tonomia e indipendenza di giudizio.

Esso si configura, di regola, come organo volto a risolvere la conflittualità interna tra associati, tra associati e gli altri organi associativi, tra gli stessi organi associativi alfine di dirimere eventuali conflitti di competenza che tra di loro possano insorgere, ed ancora può essere chiamato a risolvere questioni di elettorato attivo e passivo in occasione della elezione dei membri degli organi elettivi o questioni relative allo stesso accesso alla associazione, per verificare le qualità degli aspiranti, ove ri-chieste dallo statuto.

Frequenti sono le controversie che sorgono da provvedimenti del Consiglio direttivo o dell'As-semblea in caso di pronunzie comportanti la decadenza o esclusione di associati. L'ampiezza dei po-teri attribuiti al Collegio è comunque lasciata alle scelte dei fondatori e successivamente dell'assem-blea. L'adesione all' associazione comporta automaticamente l'accettazione di tutte le regole inter-ne, e quindi anche della obbligatorietà del ricorso al Collegio nei casi indicati dallo statuto.Esso, dunque, è un organo di grande utilità e rappresenta un sistema di giustizia interna che previe-ne ricorsi alla magistratura ordinaria, anche per preservare l'immagine dell'associazione all'esterno. Assai utile è, anche, la funzione che spesso gli è delegata, di esprimere pareri relativamente alla inter-pretazioni e applicazione dello statuto associativo e dunque, in questo caso, appare organo prepo-sto alla tutela della legittimità interna dell'attività amministrativa garantendo il rispetto dello statuto.

Va comunque rilevato, che pur essendo obbligatorio il ricorso al Collegio prima di adire la magi-

Avv. Giorgio Sforza

AIC - Vademecum 2008 92

stratura nelle materie al medesimo attribuite (specie nei casi in cui sia stata deliberata la decadenza o l'esclusione di un associato dall'assemblea o da organi sociali), la decisione del Collegio non impedi-sce che l'interessato si rivolga alla magistratura ordinaria per ottenere una decisione definitiva ope-rante nel sistema giuridico generale. Il Collegio, infatti, non è un organo arbitrale legalmente costitu-to e come tale, le decisioni non possono assumere il valore di una sentenza o di un lodo arbitrale. La ragione consiste nel fatto, che detto organo è già predisposto nello statuto quanto alla sua formazio-ne, mentre i collegi arbitrali propri presuppongono che gli arbitri siano scelti dalle stesse parti in con-flitto tra di loro.

Di regola, il Collegio arbitrale regola autonomamente la propria attività e nell'assumere le deci-sioni deve non solo rispettare lo Statuto associativo, ma applicare anche i principi generali dell'ordinamento giuridico o dell'equità.

Un aspetto di estrema importanza nell'attività del Collegio riguarda l'osservanza delle regole di trasparenza, e in particolare deve salvaguardare il principio del contraddittorio tra le parti. In altre pa-role, deve assicurare che le parti coinvolte nel procedimento davanti a sé possano difendersi com-piutamente. Dovrà pertanto assegnare precisi termini di difesa per la produzione di memorie, con-vocare le parti per sentirle personalmente consentendo loro lo svolgimento di difese orali. Se neces-sario, il Collegio richiederà la produzione di documenti e svolgerà un'attività istruttoria raccoglien-do prove anche orali indicate dalle parti o dal Collegio stesso. Una volta ricevuto un esposto, convo-cherà con prontezza la o le controparti trasmettendo loro il testo integrale dell'esposto, fissando il giorno della udienza collegiale e i termini per le difese. La decisione sarà redatta per iscritto dal Pre-sidente o da un suo delegato, e sarà presa entro un termine breve prorogabile solo per ragionevoli motivi. Le decisioni saranno prese a maggioranza segreta. La decisione verrà comunicata entro ter-mine breve alle parti con lettera raccomandata e al Presidente dell'associazione.

Per venire, ora, all'attuale statuto di AIC, il citato art.20 come modificato, premesso che il Colle-gio è formato da tre membri eletti dalla Assemblea Nazionale, che i membri stessi devono avere re-quisiti personali di “professionalità, affidabilità e imparzialità”, che il Presidente del Collegio è eletto al loro interno, che la durata della loro carica è triennale, individua i seguenti poteri decisionali attri-buiti al Collegio:

Soluzione dei conflitti tra gli associati, dei conflitti tra associati e organi associati, dei conflitti tra organi sociali, dei conflitti tra Associazioni regionali, tra queste e organi associativi, soluzione dei conflitti locali in assenza di una previsione degli statuti regionali di un organo probivirale. Si intende, che la competenza del Collegio è esclusivamente quella di verificare la legittimità dei comportamen-ti con riferimento alla normativa statutaria.

L'articolo in questione prevede altresì, come del resto è insito nella stessa funzione di “legittimi-tà interna” di questo tipo di organi, che gli interessati debbano ricorrere al Collegio prima di adire l'autorità giudiziaria.

Va, infine, ricordata la possibilità che il Collegio sia chiamato ad esprimere pareri in ordine alla in-terpretazione dello Statuto. La facoltà di inoltrare una richiesta di tale contenuto al Collegio è peral-tro riconosciuta ad un componente degli organi direttivi della Federazione, ovvero da una Associa-zione regionale. Limitazione che appare opportuna, onde evitare che il Collegio sia travolto da una inutile e farraginosa conflittualità.

Ovviamente, una previsione statutaria non può essere minuziosa. Le modifiche apportate allo statuto in questa materia appaiono tuttavia tali da dare una notevole rilevanza alle funzioni attribuite ai probiviri. Spetterà eventualmente al Regolamento dare più particolareggiate indicazioni su taluni aspetti che meritano ancora di essere regolati, in specie per quanto riguarda lo svolgimento della pro-cedura informata ai principi di trasparenza e contraddittorio sopra illustrati.

Il Collegio dei probiviri

AIC - Vademecum 2008 93

Il Collegio deiRevisori dei conti

Dottore Commercialista

Alessandro Miccini

A l fine di sviluppare e commentare quanto in rubrica, magari con un taglio non soltanto ed eccesivamente tecnico, diamo comunque spazio ad una breve memoria che inquadra il contesto normativo e regolamentare che disciplina la materia.

La raccomandazione n.5 della commissione aziende non profit del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti è consacrata alla trattazione dei principi di controllo delle aziende non pro-fit. Essa si rivolge ai membri degli organi di revisione e controllo esterno e delle società di revisione, ai componenti degli organi di governo e di amministrazione delle aziende non profit che ne posso-no trarre indirizzi e soluzioni operative per la strutturazione del sistema di controlli interni ed ester-ni all'azienda e a tutti gli altri soggetti portatori di interesse nell'ente.

Per controllo legale si fa riferimento alla previsione obbligatoria, stabilita dalla legge, di un or-gano di revisione contabile (collegio dei revisori, per gli enti contemplati dal libro I del codice civile, vale a dire associazioni, fondazioni e comitati, da distinguere rispetto alle società cooperative, rego-late dal libro V del codice civile). L'organo di revisione contabile dovrebbe essere composto da sog-getti iscritti nel registro dei revisori contabili e si ritiene necessaria la presenza di Dottori Commer-cialisti. Si raccomanda che il numero dei componenti l'organo di controllo sia dispari, sia esso mono-cratico o collegiale. In caso di collegialità, si deve nominare un presidente.

L'organo di controllo è inoltre specificamente previsto, per le ONLUS, dal D.Lgs. 460/97, che obbliga alla presenza di uno o più revisori, per questa tipologia di organizzazioni, solo quando supe-rano per due anni proventi superiori a 1.032.913,80 euro. Potremmo proseguire esponendo in quali macro-aree di attività tecnico-professionale si sostanzia il controllo legale e, più precisamente, nel:

Controllo del perseguimento dei fini istituzionali: una costante verifica della coerenza tra le attività svolte ed il perseguimento della missione associativa);

Controllo amministrativo: inerente la verifica della corretta e puntuale osservanza delle nor-me che disciplinano i rapporti interni all'ente nonché delle norme che regolano i rapporti tra l'ente ed autorità terze in generale);

Controllo contabile: avente ad oggetto la consistenza patrimoniale dell'ente e le opportune forme di garanzia assunte a tutela del patrimonio, nonché la corretta tenuta della contabilità azien-dale;

Controllo degli Enti Non Profit

AIC - Vademecum 2008 94

Controllo fiscale: circa il rispetto delle norme tributarie relative agli enti non commerciali in ge-nerale, a quelle specifiche per le aziende di tipo associativo ed a quelle relative alle ONLUS;

Controllo dei risultati: compito primario degli amministratori e dei manager dell'azienda non profit riguarda l'efficacia istituzionale, l'efficienza e l''economicità. Il revisore ha funzione di stimolo ed indirizzo di tale strumento direzionale.

Nei paragrafi appena scorsi immediatamente si intuisce l'estrema necessità che il “sociale” ven-ga gestito con assoluta trasparenza e spirito garantista al fine di assicurare che lo sforzo del “volon-tariato” raggiunga con la massima efficacia gli obiettivi associativi.

In tal senso il nostro lavoro… di un organo tecnico, con il recepimento del proprio mandato, de-putato sì al controllo ma anche alla fattiva collaborazione per il consolidamento, lo sviluppo ed il raf-forzamento dell'iniziativa e missione associativa.

Organo, di cui fa parte lo scrivente, fortemente voluto dalla Vs. Associazione nonostante il di-mensionamento della medesima che non ne avrebbe richiesto l'istituzione e nomina; volontà diri-genziale questa da connotare nella propria positiva valenza ed augurare che possa trovare spunto “emulativo” nelle strutture periferiche regionali.

Ritengo che il ruolo svolto nelle politiche sociali del Paese dagli Enti quali la Vs. (rectius nostra) Associazione necessitino sempre più di qualità, tecnicismo, formazione e managerialità. In tal senso l'apporto e professionalità dell'organo di controllo, nel nostro caso anche non imposto dalla nor-mativa di riferimento.

Nota Conclusiva

Il Collegio dei revisori dei conti

AIC - Vademecum 2008 95

Le Associazioni Regionali

Teresa D’Amato

D opo la diagnosi di celiachia, subito dopo la “sentenza” del gastroenterologo, si prova una vera e propria stretta al cuore. Approcciarsi impreparati alla nuova realtà da un punto di vista psicologico, prima ancora che nella pratica quotidiana è dura; per molti un vero e

proprio shock!In verità l'accesso all'informazione non sempre è agevole; ci si sente spaventati dalla parola “Ce-

liachia”; si pende con apprensione dalle labbra del medico.È proprio da questo dato di fatto che nasce la motivazione di base che nel 1979 porta alcuni geni-

tori a fondare l'Associazione Italiana Celiachia Onlus.Lo scopo principale, pertanto, era quello di essere di supporto, oserei dire a 360°, ai celiaci ini-

ziando dal far comprendere che:&la celiachia è solo una condizione alimentare “curabile” con una strettissima dieta escludente il-

glutine; &ci si può convivere facilmente senza isolarsi né sentirsi diversi; &si possono apprezzare i benefici di una corretta e sana dieta utilizzando prodotti gluten free;&si può trasformare una scelta obbligata in uno stile di vita alimentare alternativo senza grandi ri-

nunce;&si può rendere la società più aperta, più consapevole dei suoi doveri nei confronti di tutti, facen-

do crescere sia il celiaco sia l'Istituzione.Scopo dell'AIC è quello di avere un contatto diretto, immediato, continuo con gli associati senza

alcuna necessità di mediazione politica o lobbystica e mettere a disposizione di tutti la sua esperien-za, i suoi volontari, le sue “vittorie” sul territorio.

Fondamentale è il ruolo delle Associazioni sul territorio regionale perché esse operano in “trin-cea”: sono cioè il primo incontro tra il celiaco e la società.

Le Associazioni regionali proprio perché direttamente percepiscono i bisogni dell'intollerante sono in grado di affrontare il problema in tutte le sue sfaccettature e di proporre soluzioni opportu-ne.

Nel difendere le istanze degli iscritti, nel ricercare idonee soluzioni, nel proporre interventi mira-ti l'AIC regionale svolge una funzione di pungolo che continuamente spinge il Governo del territo-rio a prendere coscienza delle esigenze e, quindi, predisporre i rimedi necessari.

Di primaria importanza è la funzione che le Associazioni svolgono sul territorio di appartenen-za perché la loro azione penetra nel tessuto sociale costruendo una visione che vede il cittadino non

AIC - Vademecum 2008 96

solo destinatario di un beneficio concesso dall'alto, ma finalmente soggetto che a piena voce recla-ma i suoi diritti.

Molteplici sono le attività che vengono svolte dalle Associazioni Regionali in applicazione dei progetti elaborati a livello nazionale, tutte tese a garantire una piena assistenza ai celiaci ed alle loro famiglie, a sensibilizzare le Istituzioni ed a migliorare i servizi sociali attraverso:&la promozione dell'informazione sulla dieta senza glutine per Ristoranti, Pizzerie, Gelaterie, il

loro monitoraggio e controllo, tutto secondo quanto previsto dal Progetto AFC di AIC;&la sensibilizzazione per garantire l'applicazione nel territorio delle norme a vantaggio dei celia-

ci (mense differenziate, etichettatura, …);&l'organizzazione di convegni e corsi di formazione professionale;&la promozione di corsi di formazione nelle scuole alberghiere;&l'informazione sulla celiachia nelle scuole di ogni ordine e grado;&la divulgazione della conoscenza della celiachia nella pubblica opinione con iniziative locali di

comunicazioneL'auspicio che accomuna le AIC Regionali è quello di poter un giorno trovare le soluzioni a tutte

le problematiche del celiaco e porre la parola “fine” sull'ignoranza e l’indifferenza che, purtroppo, ancora ci circondano.

Le Associazioni Regionali

AIC - Vademecum 2008 97

L a dimensione della tutela della salute e sanità pubblica, ivi inclusa l'alimentazione, che tra-scende il livello nazionale per radicarsi nell'Unione Europea o nelle altre Organizzazioni in-ternazionali è attualmente fondamentale in quanto, a parte alcune eccezioni, è proprio a

questi livelli che prevalentemente si definiscono e attualmente si aggiornano in modo sistematico gli obiettivi di salute e le relative strategie ottimali, successivamente posti in essere dai Governi nazio-nali.

Ciò dipende da molteplici motivi fra i quali rivestono particolare importanza: a) la necessità di un approccio globale per risolvere numerosi problemi sanitari (ad es. controllo del-

le malattie infettive), nonché per assicurare la sicurezza degli alimenti e delle altre merci che or-mai si muovono senza sosta su uno scenario mondiale;

b) il carattere senza frontiera della ricerca scientifica e biomedica che sottintende la praticabilità e rende possibile il perseguimento di alcuni obiettivi di salute;

c) i notevoli benefici che derivano dalla collaborazione fra esperienze ed approcci diversi per la ri-cerca di valide soluzioni di sanità pubblica;

d) la solidarietà fra i popoli che si esprime particolarmente nell'aiuto reciproco per la tutela della sa-lute attraverso le Organizzazioni internazionali, oltre che nella cooperazione bilaterale;

e) la necessità dell'etichettatura armonizzata a livello dell'Unione Europea per consentirne la libera circolazione nell'ambito del mercato unico.

Il numero delle Organizzazioni internazionali esistenti è molto elevato, ma solo alcune di esse si occupano direttamente di sanità e solo in alcuni casi dispongono di un vero e proprio potere deci-sionale. A parte il caso dell'Unione Europea, il compito principale delle Organizzazioni internazio-nali non è quello di emanare normative quanto quello di assistere gli Stati membri nel conseguimen-to di particolari obiettivi e di facilitare la collaborazione fra gli Stati membri. Ne deriva che l'attività delle Organizzazioni internazionali diverse dall'Unione Europea si svolge, salvo specifiche eccezio-ni, nella predisposizione di progetti di convenzione che divengono vincolanti solo per gli Stati mem-bri che provvedono alla ratifica e nell'emanazione di raccomandazioni. Sia le convenzioni che le Rac-comandazioni definiscono standard e forniscono un modello e uno stimolo per la legislazione e la pratica nazionale degli Stati membri.

Poteri e strumenti giuridici delle Organizzazioni Internazionali

Organizzazioni Internazionali nel settore dell'alimentazione

Vittorio Silano

Capo del Dipartimento dell'Innovazione Ministero della Salute, Roma

AIC - Vademecum 2008 98

Una Convenzione è uno strumento giuridico che regola alcuni aspetti dell'amministrazione, del-lo stato sociale o dei diritti umani. La ratifica di una convenzione comporta un duplice obbligo per lo Stato Membro: è un impegno formale ad applicare quanto previsto dalla Convenzione e un'indicazione del desiderio di accettare una supervisione internazionale.

Una Raccomandazione è simile ad una Convenzione, eccetto per il fatto che essa non è soggetta a ratifica e fornisce linee guida più specifiche. Anche se dal punto di vista strettamente giuridico le raccomandazioni non sono vincolanti, esse producono il cosiddetto effetto di liceità, derivante dall'obbligo di cooperare con l'organizzazione, che è implicito in ogni trattato istitutivo di organiz-zazione internazionale e dal potere che anche deve ritenersi caratteristico di ogni organizzazione in-ternazionale, di perseguire, sia pure mediante atti non vincolanti, fini generali o comunque trascen-denti l'interesse degli Stati membri singolarmente considerati.

Per quanto le Organizzazioni internazionali non possano, in genere, obbligare gli Stati membri a particolari azioni, esse possono vigilare sulle modalità attraverso le quali i Governi attuano le con-venzioni ratificate e le raccomandazioni, e ove necessario, richiamare i Governi al rispetto degli ob-blighi internazionali liberamente assunti.

Non bisogna, inoltre, sottovalutare la valenza politica del rispetto delle Raccomandazioni inter-nazionali ed il fatto che, eventuali conseguenze negative per la salute derivanti dal mancato trasferi-mento nella normativa di uno Stato dei principi e delle procedure previsti in una raccomandazione approvata a livello internazionale dallo stesso Stato, potrebbero consentire ai cittadini danneggiati di citare l'Amministrazione competente in sede giudiziaria per ottenere un risarcimento del danno, con buone possibilità di vedere accolta la loro richiesta per comportamento omissivo dell'Amministrazione. Non va, inoltre, sottovalutato il fatto che, fra due o più possibili interpreta-zioni di una norma nazionale, si deve dar preferenza a quella che consenta l'adempimento dei dove-ri internazionali dello Stato e che, quando la legge conferisce ad un organo statuale un potere discre-zionale, si deve ritenere che questo debba essere esercitato in modo non contrario agli obblighi in-ternazionali dello Stato.

In particolare, va qui ricordato che, nel pronunciarsi sul valore delle raccomandazioni comuni-tarie, la Corte di Giustizia, dopo aver precisato che esse "sono in genere adottate dalle istituzioni co-munitarie quando queste non dispongono, in forza del trattato, del potere di adottare atti obbligato-ri o quando ritengono che non vi sia motivo di adottare norme più vincolanti", ha poi affermato che non possono essere considerate per questo prive di qualsiasi effetto giuridico e che, pertanto, i giu-dici nazionali devono tenerne conto ai fini dell'interpretazione di norme nazionali o di altri atti co-munitari vincolanti. Per comprendere la portata delle decisioni adottate dagli Organismi internazio-nali è anche importante valutare la rappresentatività dei rispettivi Organi decisionali.

È importante chiarire una certa confusione terminologica conseguente alla proliferazione delle Organizzazioni internazionali. Così, ad esempio, il Consiglio d'Europa, Organizzazione internazio-nale, con sede a Strasburgo, che riunisce 40 Stati democratici d'Europa, non dovrebbe essere confu-so con il Consiglio Europeo che è la riunione regolare (almeno 2 volte all'anno) dei Capi di Stato o di Governo dell'Unione europea, per l'orientamento della politica comunitaria.

L'Assemblea parlamentare, Organo deliberante del Consiglio d'Europa, è cosa molto diversa dal Parlamento europeo che è l'Organo parlamentare dell'Unione europea che raggruppa i 626 de-putati dei 15 paesi membri eletti a suffragio universale.

La Commissione europea dei diritti dell'uomo è l'Organo internazionale che esamina,

Possibili confusioni fra le denominazioni di Organizzazioni Internazionali diverse

Organizzazioni Internazionali nel settore dell'alimentazione

AIC - Vademecum 2008 99

nell'ambito della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, qualsiasi ricorso individuale o intersta-tale diretto contro uno Stato membro per quanto concerne la sua ammissibilità, mentre la Commis-sione europea è l'Organo esecutivo responsabile del controllo della giusta applicazione delle dispo-sizioni dei trattati e delle decisioni prese dalle istituzioni dell'Unione europea.

La Corte europea dei diritti dell'uomo con sede a Strasburgo è l'unico organo autenticamente giudiziario istituito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e composta da 40 membri e ga-rantisce in ultima istanza il rispetto da parte degli Stati contraenti degli obblighi derivanti dalla Con-venzione, mentre la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sede a Lussemburgo, garantisce il ri-spetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati europei dell'Unione europea, e la Corte internazionale di giustizia è l'Organo giudiziario delle Nazioni Unite, con sede all'Aja.

Infine, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo è il trattato con il quale gli Stati membri del Consiglio d'Europa si sono impegnati a rispettare le libertà e i diritti fondamentali, mentre la Di-chiarazione universale dei diritti dell'uomo è stata adottata dall'ONU nel 1948 allo scopo di raffor-zare, sul piano internazionale, la protezione dei Diritti dell'Uomo.

A differenza di molte Organizzazioni internazionali, l'Unione Europea con sede a Bruxelles (BE) ha il potere di adottare, in numerosi settori, normative vincolanti (Regolamenti, Direttive e De-cisioni) per gli Stati membri e di provvedere al cosiddetto avvicinamento delle normative degli Stati membri. Ciò non impedisce che anche nell'Unione Europea si adottino per alcune materie stru-menti più flessibili come le Risoluzioni e le Raccomandazioni del Consiglio o della Commissione.

A parte gli aspetti di carattere politico, la natura giuridica dell'Unione Europea presenta elemen-ti che non si riscontrano in alcun'altra organizzazione internazionale, come gli ampi poteri decisio-nali attribuiti agli organi, la sostituzione agli Stati membri nella disciplina di molti rapporti puramen-te interni a questi ultimi e l'esistenza di una Corte di giustizia destinata a controllare la conformità ai trattati istitutivi dei comportamenti degli organi e degli Stati membri. Senza dubbio tra i principi del diritto comunitario, ve ne sono alcuni che sono propri del vincolo federale, primo fra tutti il princi-pio della prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno. Differenze fra la Comunità Europea ed altre Organizzazioni internazionali sono riscontrabili anche a livello di alcune istituzioni come, ad esempio, la Commissione Europea che è composta da individui designati dagli Stati a titolo per-sonale e tenuti a non ricevere istruzioni dai Governi, mentre in genere negli organi di governo delle altre Organizzazioni internazionali siedono esclusivamente i rappresentanti dei Governi degli Stati. Per questi motivi si tende a qualificare la Comunità Europea come "supranazionale" oltre che "in-ternazionale" per rimarcare la presenza nei Trattati europei di embrioni o frammenti di Stato fede-rale, caratterizzati dall'erosione, nelle materie di competenza comunitaria, delle sovranità statali.

Considerando la necessità dei celiaci di accedere ad alimenti sicuramente privi di glutine sia in Italia che all'estero, si può ritenere che le istituzioni internazionali più importanti siano quelle dell'Unione Europea, in particolare la Commissione Europea che propone al Parlamento Europeo e al Consiglio Europeo le normative comunitarie e custodisce i trattati, e la Commissione del Codex Alimentarius, istituita congiuntamente dall'Organizzazione per gli Alimenti e l'Agricoltura (FAO) e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

La Commissione Europea, in particolare attraverso le normative concernenti l'etichettatura dei prodotti alimentari che sono strettamente armonizzati a livello europeo determina quali informa-

Organizzazioni Internazionali con particolari competenze nel settore dell'alimentazione

Unione Europea

Organizzazioni Internazionali nel settore dell'alimentazione

AIC - Vademecum 2008 100

zioni siano disponibili ai consumatori europei in materia di alimenti pre-confezionati. Inoltre, la Commissione Europea, particolarmente attraverso l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), può avere un ruolo importante nel definire quale sia il livello delle tracce di glutine even-tualmente tollerate negli alimenti per celiaci e quali i metodi di analisi idonei per verificare la confor-mità degli alimenti in commercio.

Nella materia appena definita, l'EFSA, con sede a Parma, è chiamata a svolgere diversi compiti nell'ambito delle sue funzioni meglio precisati all'art. 23 del regolamento (Ce) n. 178/2002 e, in par-ticolare:

a) fornire alle istituzioni comunitarie e agli Stati membri i pareri scientifici in tutti i casi previsti dal-la legislazione comunitaria e su qualsiasi questione di sua competenza;

b)promuovere e coordinare la definizione di metodi uniformi di valutazione del rischio nei settori di sua competenza;

c) fornire alla Commissione assistenza scientifica e tecnica nelle materie di sua competenza e, quando richiesto, nell'interpretazione e nell'esame dei pareri relativi alla valutazione dei rischi;

d)commissionare gli studi scientifici necessari all'espletamento dei suoi compiti; e) ricercare, raccogliere, confrontare, analizzare e sintetizzare i dati scientifici e tecnici nei settori di

sua competenza;f) intervenire per individuare e definire i rischi emergenti nei settori di sua competenza; g) creare un sistema di reti tra organizzazioni operanti nei settori di sua competenza, del cui fun-

zionamento è responsabile;h)prestare assistenza scientifica e tecnica su richiesta della Commissione nelle procedure di gestio-

ne delle crisi controllate dalla Commissione in relazione alla sicurezza degli alimenti e dei man-gimi;

i) fornire, su richiesta della Commissione, assistenza scientifica e tecnica allo scopo di migliorare la collaborazione tra la Comunità, i paesi candidati, le organizzazioni internazionali e i paesi terzi nei settori di sua competenza;

j) fare in modo che i cittadini e le parti interessate ricevano informazioni rapide, affidabili, obietti-ve e comprensibili nei settori di sua competenza;

k) formulare in modo indipendente conclusioni ed orientamenti su materie di sua competenza;l) svolgere ogni altro compito assegnatole dalla Commissione nell'ambito delle sue competenze.In sintesi, l'EFSA con riferimento alle sue funzioni e con particolare riguardo alla sicurezza ali-

mentare svolge i propri compiti in materia di: A.assistenza e consulenza scientifica e tecnica;B.formulazione di pareri scientifici e loro coordinamento per la costruzione del consenso; C.ricerca, raccolta e analisi dei dati;D.collaborazione con altri organismi e promozione di reti europee comprendenti organizzazioni

attive nel settore della sicurezza alimentare;E.individuazione di rischi emergenti; F. comunicazione dei rischi.

Tali compiti vengono svolti dall'EFSA operando su: I. quesiti posti dalla Commissione, dal Parlamento europeo e dagli Stati membri;II.pareri finalizzati al rilascio da parte della Commissione di specifiche autorizzazioni;III.sorveglianza e valutazione di specifici fattori di rischio e malattie degli animali, e IV.sviluppo di nuovi metodi di valutazione scientifica e relativa armonizzazione.

Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA)

Organizzazioni Internazionali nel settore dell'alimentazione

AIC - Vademecum 2008 101

Essendo un organismo scientifico, l'EFSA non può assumere decisioni in materia di gestione del rischio, di legislazione alimentare, di politiche nutrizionali e di sicurezza alimentare. Analoga-mente, l'EFSA non effettua controlli in materia di sicurezza alimentare, etichettatura o similare ne si sostituisce alle autorità competenti degli Stati membri.

Il fine della Commissione del Codex Alimentarius è quello di guidare e promuovere l'elaborazione e l'adozione di definizioni e requisiti degli alimenti, contribuire alla loro armonizza-zione e, così facendo, di facilitare il commercio internazionale. La Commissione del Codex Alimen-tarius fu istituita nel 1962 congiuntamente dalla FAO e dall'OMS (vedere più avanti).

Partecipano ai lavori del Codex 146 Stati. La Commissione si riunisce ogni due anni alternativa-mente a Roma presso la FAO e a Ginevra presso l'OMS.

Un Comitato esecutivo della Commissione è responsabile di guidare il lavoro della Commissio-ne. La Commissione ha istituito numerosi comitati competenti per specifici settori, i quali formula-no gli standard e le raccomandazioni. È la stessa Commissione che accerta la necessità degli stan-dard e ne avvia la formulazione attraverso il comitato competente. Ciò inizia una complessa proce-dura in 8 stadi attraverso la quale lo standard, ivi inclusi i livelli massimi di residui (MRL), i codici di buona pratica e le linee guida, sono esaminati, prima dell'approvazione, due volte dalla Commissio-ne e dai Governi e da altri soggetti interessati quali le Associazioni dei produttori, dei distributori, dei consumatori. Quindi si provvede alla pubblicazione dello standard e, periodicamente, dell'elenco degli Stati che lo hanno accettato.

Negli anni il Codex Alimentarius ha adottato un gran numero di standards per tipologie di ali-menti e codici di buona pratica igienica e tecnologica e ha valutato una varietà di prodotti fitosanitari e fissato valori massimi dei residui per diverse migliaia di principi attivi, additivi alimentari, contami-nanti e medicinali veterinari.

Recentemente con l'entrata in vigore del nuovo accordo GATT (Uruguay Round), l'importanza del Codex Alimentarius è ulteriormente aumentata in quanto esso è diventato l'organismo di riferi-mento per la risoluzione di discordanti valutazioni degli Stati membri in materia di sicurezza e sanità che possono avere ripercussioni negative sui commerci.

L'Organizzazione per gli Alimenti e l'Agricoltura (FAO) fu fondata nel 1945 con il mandato di accrescere i livelli di nutrizione e gli standard di vita nonché per migliorare la produttività agricola e le condizioni delle popolazioni rurali. Oggi la FAO è la più grande agenzia specializzata delle Nazio-ni Unite e l'agenzia leader per l'agricoltura, la forestazione, la pesca e lo sviluppo rurale. Una specifi-ca priorità dell'Organizzazione è quella di incoraggiare l'agricoltura sostenibile e lo sviluppo rurale, una strategia a lungo termine per aumentare la produzione di alimenti e la sicurezza alimentare nel quadro della conservazione e della gestione delle risorse naturali.

Gli Stati Membri della FAO sono 175; di questi 48 sono in Africa, 21 in Asia, 41 in Europa, 33 in America Latina e Caraibi, 21 nel Vicino Oriente, 2 in Nord America e 9 nel Sud Pacifico.

La FAO è governata dalla Conferenza degli Stati membri, che si riunisce ogni due anni al Quar-tier Generale che si trova a Roma. La Conferenza esamina il lavoro svolto nel biennio precedente e approva il programma di lavoro per il biennio successivo ed il relativo bilancio. La FAO ha una struttura decentrata; oltre al Quartier Generale, vi sono cinque uffici regionali per:

Africa con sede a Accra in Ghana; America Latina e Caraibi con sede a Santiago in Cile;

Commissione del Codex Alimentarius

Organizzazione per gli Alimenti e l'Agricoltura (FAO)

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Organizzazioni Internazionali nel settore dell'alimentazione

AIC - Vademecum 2008 102

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Asia e Pacifico con sede a Bangkok in Tailandia; Europa con sede a Roma; Vicino Oriente con sede al Cairo in Egitto. Inoltre, vi sono 5 uffici subregionali (Africa, America Latina e Caraibi, Asia e Pacifico, vicino Oriente e Europa), 5 uffici di collegamento e più di 80 uf-fici in diversi Paesi.La FAO ha essenzialmente 4 diverse tipologie di attività:Assistenza allo sviluppo. Nei Paesi in via di sviluppo la FAO realizza una serie di progetti di as-sistenza tecnica;Informazione. La FAO raccoglie, analizza, interpreta e dissemina informazioni relative alla nu-trizione, agli alimenti, alle forestazioni e alla pesca. L'Organizzazione fornisce queste informa-zioni agli agricoltori, ai tecnici, agli operatori del commercio e ai programmatori governativi in modo da sostenere le loro rispettive attività e responsabilità. La FAO pubblica una serie di rap-porti autorevoli sulle condizioni e le tendenze globali. Fra questi "Lo Stato della Pesca e dell'Acquacoltura nel mondo" ogni due anni e "La Rassegna Mondiale degli Alimenti" ogni 10 anni. Inoltre, la FAO gestisce il "Sistema Globale Informativo e di Allerta" (GIEWS), per svela-re e fornire informazioni su zone colpite da carestie e il "Centro di Informazione Mondiale sull'Agricoltura" (WAICENT) accessibile mediante Internet, dischi e CD-ROM;Consulenza ai Governi. Basandosi sulle proprie fonti informative e sulla capacità del proprio personale tecnico, la FAO ha fornito consulenza indipendente e disinteressata a più di 90 Stati sulle politiche e la pianificazione agricola e le strutture amministrative e legali necessarie per lo sviluppo. Ciò include l'aumento della sicurezza degli alimenti, lo sviluppo rurale e l'alleviazione della povertà;Foro neutro. La FAO fornisce anche un foro neutro nel quale tutte le nazioni possono incon-trasi per discutere ed elaborare politiche relative a importanti aspetti connessi agli alimenti e all'agricoltura. La FAO approva standard internazionali e promuove convenzioni ed accordi ed ospita regolarmente conferenze, riunioni tecniche e consultazioni di esperti.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità, con sede a Ginevra, è l'Istituto delle Nazioni Unite spe-cializzato per la sanità ai sensi dell'Articolo 57 della Carta delle Nazioni Unite.

La Costituzione dell'OMS definisce la “salute” come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la sola assenza della malattia e di infermità” che definisce come fondamen-tali per la felicità, per le relazioni armoniose e per la sicurezza di tutte le persone. Le funzioni dell'OMS sono (Art. 2 della Costituzione dell'OMS):

a) operare come Autorità direttiva e di coordinamento nel lavoro sanitario internazionale;b)stabilire e mantenere un'efficace collaborazione con le Nazioni Unite, le agenzie specializzate, le

amministrazioni sanitarie governative, i gruppi professionali e simili organizzazioni;c) assistere, su richiesta, i Governi a rafforzare i propri servizi sanitari;d)fornire appropriata assistenza tecnica e, nelle emergenze, necessario aiuto, previa richiesta o co-

munque accettazione da parte dei Governi;e) fornire o assistere nel fornire su richiesta delle Nazioni Unite, servizi e strutture sanitarie a spe-

ciali gruppi in necessità;f) stabilire e mantenere i servizi tecnici ed amministrativi necessari, ivi inclusi servizi epidemiolo-

gici e statistici;g) stimolare e sviluppare attività per eradicare le malattie epidemiche, endemiche ed altre malattie;h)promuovere, in collaborazione con altre agenzie specializzate ove necessario, la prevenzione del-

Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)

Organizzazioni Internazionali nel settore dell'alimentazione

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le lesioni dovute ad incidenti;i) promuovere, in collaborazione con altre agenzie specializzate ove necessario, il miglioramento

della nutrizione, delle abitazioni, dell'igiene, delle condizioni di lavoro, ricreative ed economiche e di altri aspetti di igiene ambientale;

j) promuovere la collaborazione tra gruppi scientifici e professionali che contribuiscono all'avanzamento della salute;

k)proporre convenzioni, accordi e normative ed elaborare raccomandazioni su questioni concer-nenti aspetti internazionali di salute e svolgere i compiti propri dell'Organizzazione coerenti con i propri obiettivi;

l) promuovere la salute e il benessere della madre e del bambino ed alimentare la capacità di vivere armoniosamente in un ambiente globale in evoluzione;

m)sostenere le attività nel settore della salute mentale, specialmente quelle che influenzano l'armonia delle relazioni umane;

n)promuovere e svolgere ricerca nel campo della salute;o)promuovere elevati standard di insegnamento e addestramento delle professioni sanitarie, medi-

che e correlate;p)studiare ed elaborare rapporti, in collaborazione con altre agenzie specializzate ove necessarie,

su tecniche amministrative e sociali che influenzano la sanità pubblica e l'assistenza medica dai punti di vista di prevenzione e cura, ivi inclusi i servizi ospedalieri e la sicurezza sociale;

q)fornire informazioni, consulenza e assistenza in materia sanitaria;r) assistere lo sviluppo di opinioni pubbliche informate fra tutte le persone in materia sanitaria;s) stabilire e aggiornare nella misura necessaria nomenclature internazionali delle malattie, delle cau-

se di morte e delle pratiche di sanità pubblica;t) standardizzare le procedure diagnostiche secondo le necessità;u)sviluppare, stabilire e promuovere standard internazionali relativi agli alimenti, ai prodotti bio-

logici e farmaceutici e similari;v)prendere, in generale, ogni azione necessaria per conseguire gli obiettivi dell'Organizzazione.

Organizzazioni Internazionali nel settore dell'alimentazione

AIC - Vademecum 2008 104

Caterina Pilo

L 'Associazione Italiana Celiachia nasce nel 1979, in un contesto sociale di totale assenza di tu-tele per i celiaci e le loro famiglie. Il numero esiguo di diagnosi, la scarsa conoscenza della patologia rendevano “invisibili” i celiaci alla collettività ed alle istituzioni.

Il primo impegno dell'AIC si rivolse alla tutela ed al sostegno della famiglia, chiedendo alle isti-1tuzioni l'erogazione gratuita dei prodotti. Con D.M. del 1 Luglio 1982 , i celiaci ottengono la gratui-

tà degli alimenti.2Il cd. decreto Veronesi , abrogando il D.M. del 1982, introduce novità rilevanti nella regolamen-

tazione dell'istituto dell'erogazione gratuita,1. inserendo l'erogazione dei prodotti destinati ad una alimentazione particolare nei Livelli Essen-

ziali di Assistenza (LEA);2. indicando i tetti di spesa, calcolati sul fabbisogno calorico totale e la quota da soddisfare con i

prodotti senza glutine, fissata nel 35% del totale;3. calcolando i tetti sulla base dei prezzi medi dei prodotti , incrementati del 30% per tenere conto

di particolari esigenze nutrizionali;4. prevedendo i “buoni”di valore pari ai tetti di spesa attraverso i quali i celiaci ritirano i prodotti

presso “fornitori convenzionati”, che sono i centri di riferimento, presidi delle A.S.L., le farma-cie convenzionate e “altri fornitori incaricati” (che includono anche la GDO Grande Distribu-zione Organizzata e i negozi specializzati)

5. istituendo il “Registro Nazionale dei Prodotti destinati ad un'alimentazione particolare” erogati poi dalle regioniL'erogazione gratuita viene confermata, con veste di “diritto”, dalla legge 123/05 (pubblicata

per esteso in bibliografia a pag 97), che all'art 4 dichiara che “ai soggetti affetti da celiachia è ricono-sciuto il diritto all'erogazione gratuita di prodotti dietoterapeutici senza glutine”. Lo stesso articolo

Erogazione gratuita degli alimenti

Direttore Generale dell'Associazione Italiana Celiachia

La celiachia in Italia: il quadro normativo di riferimento

1D.M. 1 Luglio 1982, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 1982, n. 217 concernente l'assistenza sanitaria integrati-va relativa ai prodotti dietetici destinati ad una alimentazione particolare per persone affette da malattie metaboliche conge-nite, morbo celiaco e dermatite erpetiforme e da fibrosi cistica,2 Decreto del Ministero della Sanità, 8 giugno 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 154 del 5 Luglio 2001

AIC - Vademecum 2008 105

rimanda a decreto del Ministero della Salute la definizione dei limiti di spesa (comma 1), il loro ag-giornamento periodico (comma 2) e “le modalità organizzative dell'erogazione”. Con decreto del 4 maggio 2006, il Ministero della Salute conferma i tetti di spesa del decreto Veronesi del 2001. Il Dpcm del 23 Aprile 2008 conferma all'art. 14 “Erogazione di prodotti dietetici” che “Il SSN garan-tisce le prestazioni che comportano l'erogazione di prodotti destinati ad un'alimentazione particola-re alle persone affette da malattie metaboliche congenite, da fibrosi cistica (…) e da morbo celiaco, compresa la variante della dermatite erpetiforme” (comma 1), oltre che, “i prodotti erogabili alle persone di cui ai commi 1 e 2, sono elencati nel Registro Nazionale istituito presso il Ministero della Salute, ai sensi dell'articolo 7 del decreto ministeriale 8 giugno 2001. Ai soggetti affetti da morbo ce-liaco, l'erogazione dei prodotti senza glutine è garantita nei limiti dei tetti massimi di spesa fissati dal medesimo Ministero della Salute” (comma 3).

3In attuazione della direttiva 89/398/CEE, nel 1992, il decreto 111 prevede che gli alimenti sen-za glutine rientrano tra quelli destinati ad un'alimentazione particolare. A disciplinare la materia in-

4terviene il successivo regolamento del 1998 . Il Decreto del '92 ed i successivi interventi legislativi re-lativi, sono la norma di riferimento per la produzione degli alimenti senza glutine. Ai sensi dell'art 10 si stabilisce che la produzione e il confezionamento di prodotti senza glutine venga effettuata in sta-bilimenti autorizzati dal Ministero della Salute; l'art 7 prevede che tali prodotti sono soggetti a noti-fica dell'etichetta. L'art 4 sancisce che solo gli alimenti prodotti presso stabilimenti autorizzati e sot-toposti a procedura di notifica di etichetta “possono” riportare sulla confezione l'indicazione “die-tetico” e, nel nostro caso, la scritta “senza glutine”. I prodotti dietetici notificati sono elencati nel Re-gistro Nazionale del Ministero della Salute, istituito, come sopra riportato, dal DM 8 Giugno 2001, art. 7. Tale elenco è disponibile, nei suoi aggiornamenti periodici, nel sito del Ministro della Salute.

In materia di etichettatura dei prodotti senza glutine, interviene, indirettamente, la disciplina al-5lergeni , a seguito dell'obbligo per i produttori di dichiarare in etichetta una serie di sostanze, tra cui i

cereali contenenti glutine, presenti negli ingredienti utilizzati per la fabbricazione del prodotto. Ri-mandando all'articolo che specificamente tratta la normativa, ricordiamo solo quali sono i limiti di efficacia della norma rispetto, specificamente, ai prodotti senza glutine:

1. L'obbligo di dichiarazione dell'allergene in etichetta ricorre indipendentemente dalla quantità di glutine presente, quindi, almeno per il momento, quantità di cereali corrispondenti a valori di glu-tine inferiori a 20 ppm fanno comunque scattare l'obbligo di dichiarazione, creando possibile confusione nei celiaci, che potrebbero diffidare di prodotti potenzialmente idonei;

2. Al contrario l'obbligo non riguarda l'eventuale presenza di cereali dovuta a fenomeni di conta-minazione crociata (cross-contamination) legati, ad esempio, alla possibile presenza di farine sul-le attrezzature o sugli impianti di produzione.

Nel Maggio 2001, in attuazione al decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, è adottato, con de-creto ministeriale, il "Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzio-

Gli alimenti dietetici senza glutine

Celiachia: da malattia rara a malattia cronica

3 Decreto Legislativo n. 111 del 27 Gennaio 19924 DPR n. 131 del 19 Gennaio 19985 Direttiva CE/2003/89, recepita dalla legislazione italiana con il Decreto Legislativo n. 114 dell'8 febbario 2006

AIC - Vademecum 2008

La celiachia in Italia: il quadro normativo di riferimento

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6ne dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie" . Per definizione si intende rara in Europa un patologia con una prevalenza di 5 malati su 10.000

individui, negli Usa 7,5 su 10mila, in Giappone 4 su 10mila. Altra condizione per la definizione di malattia rare è la difficoltà di diagnosi. La Celiachia, secondo i più recenti dati di diagnosi diffusi, non può, quindi, più definirsi rara. Infatti, il 23 Aprile 2008, è stato firmato il Dpcm (decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri) visionabile sul sito www.celiaca.it, per i nuovi Livelli Essenzia-li di Assistenza (LEA) del SSN, che contiene l'elenco delle prestazioni e servizi erogati dal SSN, il no-menclatore tariffario dei presidi, delle protesi e degli ausili, oltre che i nuovi elenchi delle malat-tie croniche e delle malattie rare esentate dal pagamento del ticket.

I nuovi elenchi, sanciscono, quindi, il preannunciato passaggio della celiachia dall'elenco della malattie rare a quello delle malattie croniche. Come riporta il comunicato diffuso dalla Ministero della Salute, infatti, “si evidenzia che la celiachia, data l'elevata prevalenza dei casi, è trasferita nell'elenco delle malattie croniche”.

Gli artt 48 e 49 del Dpcm rimandano agli allegati 7 e 8, che sostituiscono i vecchi elenchi delle malattie rare e croniche.

Vale la pena di esaminare brevemente i punti più rilevanti della normativa sulle malattie rare, pro-vando ad ipotizzare i possibili cambiamenti di trattamento che potranno intervenire ad entrata in vi-gore del Dpcm del 23 Aprile 2008.

La disciplina delle malattie rare ha garantito alla celiachia specifiche forme di tutela:1. i presidi, che costituiscono la rete nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la te-

rapia delle malattie rare, devono essere accreditati e sono preferibilmente ospedalieri. Devono avere specifica esperienza nella diagnostica e nella terapeutica delle malattie rare e devono assi-curare l'erogazione, totalmente gratuita, delle prestazioni per la diagnosi di questo tipo di malat-tie. Per le patologie di origine ereditaria, le indagini genetiche, sempre gratuitamente, sono estese ai familiari dell'assistito (art. 2). Tra i presidi sono individuati i Centri interregionali per le malat-tie rare;

2. il Registro Nazionale delle malattie rare, che raccoglie i dati anagrafici, anamnestici, strumentali, e di laboratorio dei pazienti, istituito presso l'Istituto Superiore di Sanità (art. 2 comma 5);

3. l'erogazione in regime di esenzione delle prestazioni finalizzate alla diagnosi, comprese le inda-gini genetiche sui familiari dell'assistito con sospetto diagnostico formulato da medico speciali-sta del SSN (art. 4).Per quanto l'interpretazione e conseguente applicazione della norma abbia differito, da regione

a regione e, spesso, anche tra diverse ASL, molti hanno, in questi anni, beneficiato della tutela garan-tita dall'inserimento nell'elenco della malattie rare, con particolare riferimento al punto 3. La nor-mativa delle malattie croniche non contempla esenzioni per diagnosi, come si evidenzia anche nell'allegato 8 del Dpcm del 28/04/08, che distingue la celiachia con il codice 059 e definisce le prestazioni in esenzione relative come “le prestazioni sanitarie appropriate per il monito-raggio della malattia, delle sue complicanze e per la prevenzione degli ulteriori aggrava-menti “, asciando intendere che la diagnosi resti esclusa dall'esenzione. Altro punto da approfondi-re è la motivazione della permanenza della dermatite erpetiforme nell'elenco delle malattie rare, con-tenuto nello stesso decreto come allegato 7.

6 D.M. 279, 18 maggio 2001, "Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla parteci-pazione al costo delle relative prestazioni sanitarie ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b) del D.lgs. 29 aprile 1998, n.124”

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La celiachia in Italia: il quadro normativo di riferimento

107

La Legge 123/05

Il traguardo normativo più importante, oltre che più recente, è la Legge 123/05, una norma qua-dro che stabilisce diritti inediti e fondamentali al celiaco, in un panorama di principi generali che, ade-guatamente attuati, garantiscono le fondamentali tutele. Non pecchiamo di presunzione afferman-do che la norma è il frutto della pluriennale attività di sensibilizzazione delle istituzioni che AIC ha condotto, evidenziando i bisogni solo parzialmente soddisfatti e i punti davvero critici della celia-chia, come le scarse diagnosi, effetto dell'ancora insufficiente conoscenza della malattia da parte del-la classe medica. Ne percorriamo i contenuti, rimandando, comunque, alla lettura integrale del testo (vedi pag 97).

La legge definisce la celiachia “malattia sociale” e rimanda al Ministro della Salute il compito di 7modificare la normativa vigente (art. 1) per sancire l'ingresso della celiachia tra le patologie ugual-

mente definite.L'art. 2, stabilendo le finalità della norma nel favorire il normale inserimento nella vita sociale

dei soggetti affetti da celiachia”, sposa pienamente la mission dell'AIC, che ha orientato tutta la sua attività alla rimozione degli ostacoli quotidiani dei celiaci e delle loro famiglie.

Il comma 2 dell'art. 2, confermando la natura di legge quadro della L. 123, rimanda alle “regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano” il compito di predisporre “nell'ambito dei rispettivi piani sanitari e nei limiti delle risorse indicati nel Fondo sanitario nazionale, progetti obiettivo, azioni programmatiche e altre idonee iniziative dirette a fronteggiare la malattia celiaca”. Ciò ci conferma la necessità di impegnare il prossimo futuro nei rapporti con le amministrazioni locali, che con gli opportuni provvedimenti potranno garantire una piena ed uniforme applicazione della norma.

Il comma 3 elenca gli obiettivi della legge:a) effettuare la diagnosi precoce della malattia celiaca e della dermatite erpetiforme;b) migliorare le modalità di cura dei cittadini celiaci;c) effettuare la diagnosi precoce e la prevenzione delle complicanze della malattia celiaca;d) agevolare l'inserimento dei celiaci nelle attività scolastiche, sportive e lavorative attraverso un

accesso equo e sicuro ai servizi di ristorazione collettiva;e) migliorare l'educazione sanitaria della popolazione sulla malattia celiaca;f) favorire l'educazione sanitaria del cittadino celiaco e della sua famiglia;g) provvedere alla preparazione e all'aggiornamento professionali del personale sanitario;h) predisporre gli opportuni strumenti di ricerca.

Per garantire l'osservanza del primo degli obiettivi indicati, la legge, al comma 1 dell'art.3, ri-manda alle autorità locali la competenza di indicare “alle aziende sanitarie locali gli interventi opera-tivi più idonei a definire un programma (…) di formazione e aggiornamento professionali della clas-se medica sulla conoscenza della malattia celiaca, al fine di facilitare l'individuazione dei celiaci (…), prevenire le complicanze e monitorare le patologie associate alla malattia celiaca e de definire i test diagnostici e di controllo per i pazienti affetti dal morbo celiaco”. Il protocollo per la formazione medica è stato realizzato in collaborazione con AIC e se ne auspica la rapida approvazione in ambi-to di Conferenza Stato Regioni.

Al comma 2 dell'art. 3, troviamo due importanti riferimenti per il futuro. La legge infatti cita spe-cificamente i “presìdi accreditati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, con documentata esperienza di attività diagnostica e terapeutica specifica, e di centri regionali e provin-ciali di riferimento, cui spetta il coordinamento dei presìdi della rete, al fine di garantire la tempestiva

AIC - Vademecum 2008

La celiachia in Italia: il quadro normativo di riferimento

7 D.P.R. n. 249, 11 febbraio 1961; D.M. 20 dicembre 1961 e successiva normativa

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diagnosi”. Ciò ci autorizza a guardare al superamento delle tutele del decreto delle malattie rare con maggiore ottimismo, garantendo la L. 123 uno dei principali benefici del decreto 279/2001. Inoltre, come strumento per garantire la diagnosi, si fa espresso riferimento all'adozione “di specifici proto-colli concordati a livello nazionale”. La 123/05 ha così il merito di dare al Protocollo di diagnosi e

8follow up , elaborato con la partecipazione dell'Associazione Italiana Celiachia, proprio in attuazio-ne della norma, ruolo di linea guida per la diagnosi, autorizzandoci a richiedere alle Amministrazio-ni Regionali l'inserimento del Protocollo nei piani sanitari regionali.

Tralasciando i comma 1 e 2 dell'art. 4, riferiti all'erogazione gratuita, già affrontata all'inizio di questo articolo, veniamo al comma 3 e 4 dell'art 4, che introducono il diritto forse più rilevante dell'intera 123/05: il diritto al pasto senza glutine “nelle mense delle strutture scolastiche e ospeda-liere e nelle mense delle strutture pubbliche” e l'impegno di spesa di “euro 3.150.000 annui a decor-rere dall'anno 2005” a copertura dell'onere di attuazione. I pasti senza glutine nelle scuole, negli ospedali, nelle caserme, nelle carceri e in ogni contesto pubblico, non sono più frutto della sensibili-tà delle refezioni scolastiche o degli economati, opportunamente informati dalle Associazioni Re-gionali AIC, ma un diritto esigibile dai celiaci e le loro famiglie. La rimozione degli ostacoli quotidia-ni, e non l'assistenzialismo, è il principio che guida la norma e che la rende l'opportunità più impor-tante per il celiaco e il suo pieno ”inserimento nella vita sociale”, come recita l'art 1.

L'art. 5 sancisce il diritto all'informazione, facendo un esplicito, quanto inutile, a dir il vero, rife-rimento al “foglietto illustrativo dei prodotti farmaceutici” che “deve indicare con chiarezza se il prodotto può essere assunto senza rischio dai soggetti affetti da celiachia”. Come noto, secondo quanto previsto da relativa direttiva della Farmacopea Europea del 1999, il glutine nei farmaci non

9rappresenta un rischio per i celiaci . Conseguentemente, la linea guida della Commissione Europea 10relativa alle informazioni da riportare su etichettatura e foglietto illustrativo , ha dato istruzioni per

11l'avvertenza relativa all'amido di frumento .La parte più interessante dell'art. 5 riguarda l'indicazione a “regioni e le province autonome di

Trento e di Bolzano” di provvedere “all'inserimento di appositi moduli informativi sulla celiachia nell'ambito delle attività di formazione e aggiornamento professionali rivolte a ristoratori e ad al-bergatori”. Anche per questo articolo si prevede che “l'onere derivante dall'attuazione del comma 2 è valutato in euro 610.000 annui a decorrere dall'anno 2005”. Il punto più importante è da indivi-duare nel riconoscimento implicito dell'importanza della conoscenza della celiachia e delle modalità di preparare alimenti senza glutine anche in ristoranti, pizzerie e strutture alberghiere, in ogni eserci-zio, quindi, fruibile dal celiaco fuori dal contesto familiare. Come noto AIC ha da anni perseguito l'obiettivo di informare la ristorazione privata sulla dieta senza glutine, per garantire ai celiaci pasti si-curi fuori casa.

La legge chiude con l'art 7 sulla copertura finanziaria, che speriamo sia garantita negli anni suc-cessivi, dipendendo anche da ciò l'effettiva applicazione degli importanti principi sanciti.

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La celiachia in Italia: il quadro normativo di riferimento

8 Pubblicato nella G.U. del 7 Febbraio 20089 La Farmacopea Europea dal 1999 ha imposto per l'amido di frumento presente come eccipiente un contenuto proteico

totale, il cui quantitativo massimo è stato limitato alla misura dello 0,3%10 Excipients in the label and package leaflet of medicinal products for human use – ENTR/F2/BL D (2003)11 L'avvertenza deve essere espressa secondo quanto segue: “Il medicinale è adatto per i soggetti affetti da malattia celiachia …. L'amido di frumento presente può contenere glutine ma solo in tracce e per questo il farmaco è da considerare sicuro an-che per i celiaci …. (ed 2003). Per ulteriori approfondimenti sul tema, si rimanda al sito www.celiachia.it

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Legge 4 luglio 2005, n. 123 "Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia"pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 156 del 7 luglio 2005

Art. 1. (Definizione)1. La malattia celiaca o celiachia è una intolleranza permanente al glutine ed è riconosciuta come malattia so-

ciale.2. Il Ministro della salute provvede, con proprio decreto, in conformità con quanto disposto dal comma 1,

entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, a modificare il decreto del Ministro della sani-tà 20 dicembre 1961, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 20 marzo 1962.

Art. 2. (Finalità)1. Gli interventi di cui alla presente legge sono diretti, unitamente agli interventi generali del Servizio sanita-

rio nazionale, a favorire il normale inserimento nella vita sociale dei soggetti affetti da celiachia.2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano predispongono, nell'ambito dei rispettivi piani

sanitari e nei limiti delle risorse indicati nel Fondo sanitario nazionale, progetti obiettivo, azioni programmati-che e altre idonee iniziative dirette a fronteggiare la malattia celiaca.

3. Gli interventi nazionali e regionali di cui ai commi 1 e 2 sono rivolti ai seguenti obiettivi:a) effettuare la diagnosi precoce della malattia celiaca e della dermatite erpetiforme;b) migliorare le modalità di cura dei cittadini celiaci;c) effettuare la diagnosi precoce e la prevenzione delle complicanze della malattia celiaca;d) agevolare l'inserimento dei celiaci nelle attività scolastiche, sportive e lavorative attraverso un accesso

equo e sicuro ai servizi di ristorazione collettiva;e) migliorare l'educazione sanitaria della popolazione sulla malattia celiaca;f) favorire l'educazione sanitaria del cittadino celiaco e della sua famiglia;g) provvedere alla preparazione e all'aggiornamento professionali del personale sanitario;h) predisporre gli opportuni strumenti di ricerca.Art. 3. (Diagnosi precoce e prevenzione)1. Ai fini della diagnosi precoce e della prevenzione delle complicanze della malattia celiaca, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano, attraverso i piani sanitari e gli interventi di cui all'articolo 2, tenuto conto dei criteri e delle metodologie stabiliti con specifico atto di indirizzo e coordinamento e sentito l'Istituto superiore di sanità, indicano alle aziende sanitarie locali gli interventi operativi più idonei a:

a) definire un programma articolato che permetta di assicurare la formazione e l'aggiornamento professio-nali della classe medica sulla conoscenza della malattia celiaca, al fine di facilitare l'individuazione dei celiaci, sia-no essi sintomatici o appartenenti a categorie a rischio;

b) prevenire le complicanze e monitorare le patologie associate alla malattia celiaca;c) definire i test diagnostici e di controllo per i pazienti affetti dal morbo celiaco.2. Per la realizzazione degli interventi di cui al comma 1 le aziende sanitarie locali si avvalgono di presìdi ac-

creditati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, con documentata esperienza di attività

AIC - Vademecum 2008

La legge

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diagnostica e terapeutica specifica, e di centri regionali e provinciali di riferimento, cui spetta il coordinamento dei presìdi della rete, al fine di garantire la tempestiva diagnosi, anche mediante l'adozione di specifici protocolli concordati a livello nazionale.

Art. 4. (Erogazione dei prodotti senza glutine)1. Al fine di garantire un'alimentazione equilibrata, ai soggetti affetti da celiachia è riconosciuto il diritto

all'erogazione gratuita di prodotti dietoterapeutici senza glutine. Con decreto del Ministro della salute sono fis-sati i limiti massimi di spesa.

2. I limiti di spesa di cui al comma 1 sono aggiornati periodicamente dal Ministro della salute, sentita la Con-ferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base della rilevazio-ne del prezzo dei prodotti garantiti senza glutine sul libero mercato. Il Ministro definisce altresì le modalità or-ganizzative per l'erogazione di tali prodotti.

3. Nelle mense delle strutture scolastiche e ospedaliere e nelle mense delle strutture pubbliche devono essere somministrati, previa richiesta degli interessati, anche pasti senza glutine.

4. L'onere derivante dall'attuazione del comma 3 è valutato in euro 3.150.000 annui a decorrere dall'anno 2005.

Art. 5. (Diritto all'informazione)1. Il foglietto illustrativo dei prodotti farmaceutici deve indicare con chiarezza se il prodotto può essere as-

sunto senza rischio dai soggetti affetti da celiachia.2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono all'inserimento di appositi moduli

informativi sulla celiachia nell'ambito delle attività di formazione e aggiornamento professionali rivolte a risto-ratori e ad albergatori.

3. L'onere derivante dall'attuazione del comma 2 è valutato in euro 610.000 annui a decorrere dall'anno 2005.

Art. 6. (Relazione al Parlamento)1. Il Ministro della salute presenta al Parlamento una relazione annuale di aggiornamento sullo stato delle co-

noscenze e delle nuove acquisizioni scientifiche in tema di malattia celiaca, con particolare riferimento ai pro-blemi concernenti la diagnosi precoce e il monitoraggio delle complicanze.

Art. 7. (Copertura finanziaria)1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in euro 3.760.000 annui a decorrere

dall'anno 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2), della citata legge n. 468 del 1978.

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti va-riazioni di bilancio.

AIC - Vademecum 2008

La legge

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S i intende chiarire in questa sede la posizione di AIC in merito al binomio Celiachia-Invalidità Civile per i soggetti minori di anni 18, argomento che è stato più volte spunto di riflessione sotto molteplici punti di vista (giuridico, medico-legale, psico-sociale). Quanto espresso in

questa sede è da intendersi dunque come compendio di tutti i pareri tecnico-professionali raccolti a partire dal 2001 dall'Associazione, che ne ha ampiamente dibattuto all'interno dei suoi organi rap-presentativi, sia regionali che nazionali.

AIC è concorde sull'importanza delle leggi approvate in Italia dagli anni '70 ad oggi in tema di in-validità, come imprescindibile conquista sociale per la tutela della dignità e dei diritti soggettivi di cia-scuno. Consentire a tutti i celiaci un accesso alla socialità che sia oggettivamente il più adeguato pos-sibile, è da oltre 25 anni una delle missions del nostro Ente, che da sempre lavora per il riconosci-mento dei diritti di tutti i suoi associati. In tal senso una legge dello Stato Italiano, la 123/2005, è sta-ta approvata proprio per il caso specifico della celiachia.

Speriamo che le considerazioni proposte in questo contributo non solo possano servire a com-prendere meglio le numerose sfaccettature di questo complesso argomento, ma soprattutto costitui-scano un aiuto per una riflessione ponderata da parte dei lettori, celiaci e loro familiari.

Pur non essendo semplice fare chiarezza dal punto vista terminologico ed interpretare oggetti-vamente le leggi in vigore, è fondamentale farlo per arrivare ad una riflessione completa sulla mate-ria.

Alla normativa si devono attenere le apposite commissioni regionali deputate all'accertamento degli stati di invalidità civile, valutando le peculiarità specifiche di ogni singolo caso.

Prima di tutto ci si riferisce alla L. del 30 Marzo 1971 n. 118, che definisce cosa si intenda per in-valido civile, cioè la persona affetta da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progres-sivo, compreso l'irregolare psichico, che abbia subito una riduzione permanente della capacità lavo-rativa non inferiore a un terzo o, se minore di anni 18, che abbia difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età.

È bene precisare che il fine della normativa sull'invalidità civile non è di offrire assistenza, eco-nomica e non, a chiunque presenti delle invalidità, ma di tutelare i cittadini affetti da invalidità di un rilievo tale da comportare limitazioni funzionali di un certo livello di gravità. Se così non fosse sa-

Considerazioni medico-legali a partire dal quadro legislativo in vigore

VicePresidente AIC

Elda Angelino

Celiachia e invalidità civile

AIC - Vademecum 2008 112

rebbe impossibile per il Sistema Sanitario far fronte economicamente ad un eccesso di richieste di in-tervento.

Il successivo D.L. del 23 novembre 1988 n. 509, è stato approvato in adeguamento ai criteri fis-sati dalla L. del 26 luglio 1988 n.291 per la metodologia di valutazione dell'invalidità civile. Questo decreto definisce le norme per la revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti, nonché dei benefici previsti dalla legislazione vigente per le medesime categorie. È bene specificare in questa sede che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha più volte ribadito che la metodologia di valutazione delle menomazioni deve considerare la malattia come processo dinamico, cioè anche in correlazione allo svantaggio che il soggetto può subire in termini di emarginazione sociale, che è considerata pertanto funzione della sopravvivenza, al pari di qualunque difetto di un sistema o mec-canismo del corpo. Per quanto riguarda la celiachia questo è un punto importante, perchè è proprio in relazione ai problemi connessi all'integrazione sociale che spesso questa patologia viene conside-rata causa di discriminazione e diversità a svantaggio del soggetto affetto. Lo Stato Italiano ha re-centemente riconosciuto la componente di “sfavore sociale” propria della celiachia, approvando la L. del 4 luglio 2005 n.123 che impone alle Regioni di implementare azioni sanitarie ad hoc per la dia-gnosi precoce, per l'aggiornamento della classe medica e per l'adeguamento della ristorazione col-lettiva e pubblica alle necessità del celiaco, al fine di garantirgli il normale accesso ai contesti sociali.

Con la L. dell'11 ottobre 1990 n. 289, è stata istituita la possibilità di assegnare un'indennità men-sile di frequenza ai soggetti minori di anni 18 giudicati invalidi civili.

L'indennità mensile di frequenza spetta ai minori che a causa dell'infermità da cui sono affetti, presentano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età. La conces-sione dell'indennità mensile è subordinata alla frequenza continua o anche periodica di centri ambu-latoriali o di centri diurni, anche semiresidenziali, specializzati nel recupero di persone portatrici di handicap. Essa è inoltre concessa agli invalidi civili minori di 18 anni che frequentano scuole di ogni ordine e grado, centri di formazione o di addestramento professionali.

Infine è bene richiamare anche la L. del 5 febbraio 1992 n. 104, che chiarisce i criteri per il rico-noscimento dello stato di persona handicappata, cioè colei che presenta una minorazione fisica, psi-chica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che causa difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa di tale gravità da determinare uno svantaggio sociale o emarginazione.

Per quanto concerne la celiachia, ci troviamo qui a dibattere sull'argomento in quanto la “Tabel-la delle percentuali di invalidità ordinata per apparati” (ultime modifiche D.M. 14 giugno 1994), stru-mento attraverso cui le Commissioni valutano i singoli casi, indica tra le patologie dell'apparato ga-stro-intestinale al codice 9334: “Sindrome da malassorbimento enterogeno con compromesso sta-to generale”, con il relativo punteggio di invalidità assegnabile che varia da un minino di 41% ad un massimo di 50%. Sono percentuali di tutto riguardo, come appare evidente dal fatto che, definita pa-ri a 100 la validità di una persona, una riduzione del 50% sancisce la perdita della metà della capacità complessiva.

La prima fondamentale risultanza che si evince dalla lettura della suddetta Tabella è che non so-no considerabili invalidi tutti i minori che, pur affetti da celiachia, non versano in una condizione di compromissione dello stato generale di salute. Ma questo non basta per dirimere la questione.

È necessario un ulteriore e più radicale passaggio, che consiste nel domandarsi se Celiachia e “Sindrome da malassorbimento enterogeno con compromesso stato generale” siano la stessa cosa.

La posizione di AIC

Celiachia e invalidità civile

AIC - Vademecum 2008 113

La condizione celiaca “classica” non comporta per il minore alcun deficit funzionale così grave da giustificare l'aggettivo “invalidante”, così come ad esso si riferisce la normativa di cui sopra, né ri-chiede che il minore si sottoponga a frequenti controlli presso centri specializzati. Nella celiachia “classica” rientrano tutti quei casi, per fortuna la maggioranza, in cui sono assenti altre concomitan-ti infermità gravi e in cui la dieta senza glutine consente di recuperare, nel tempo soggettivamente necessario, un adeguato livello di salute fisica. Accanto a ciò è fondamentale che la persona sia aiuta-ta, se non è in grado di farlo autonomamente, ad interiorizzare ed elaborare psicologicamente il cam-biamento legato alla diagnosi e quindi a raggiungere un buon compenso psicologico, nel tempo sog-gettivamente necessario. Dal momento che la celiachia è una patologia ad elevata eterogeneità sin-tomatologica, ne consegue che varie saranno anche le risposte fisiche e psicologiche degli individui, a seconda delle risorse personali, del sostegno da parte dell'ambiente famigliare, dell'attenzione da parte di quello sociale. In nessun caso tuttavia di “celiachia classica” sarà necessaria una indennità mensile di frequenza per il soggetto minore, in quanto egli non presenterà difficoltà persistenti a svolgere compiti propri dell'età di entità tale da giustificare il ricorso a questa risorsa.

Per quanto concerne poi il chiedersi se la celiachia implichi un handicap, ci sembra che, qualora di handicap si tratti, lo si possa rintracciare unicamente nella restrizione alimentare, fermo restando che la celiachia non comporta per il minore disuguaglianze di apprendimento, di relazione, di perce-zione di sé, di gravità tale da comportare uno svantaggio di opportunità di vita e di lavoro. Dunque il minore celiaco non rientra nella categoria delle persone portatrici di handicap. Lo Stato Italiano non è comunque indifferente alla notevole limitazione connessa al non poter consumare molti cibi alla base dell'alimentazione, poiché fornisce gratuitamente i presidi dietetici di cui il celiaco, minore e adulto, necessita per tutta la sua vita. Questo provvedimento va anche incontro alle famiglie, alle qua-li è imposta un'attivazione di risorse, economiche ed emotive, maggiori per far fronte alla crescita del minore celiaco e per condurlo all'apprendimento della capacità di gestire autonomamente la pro-pria alimentazione.

L'AIC ha sempre orientato il suo operato al superamento degli ostacoli della vita quotidiana del celiaco, rapportandosi alle istituzioni con l'obiettivo di ottenere interventi migliorativi nell'approc- cio all'alimentazione e non ricercando soluzioni assistenziali ulteriori. L'attivita di sensibilizzazione che ha portato al risultato della 123/05, deve essere interpretato in tal senso: fino a che un minore era respinto dalla mensa scolastica perché la scuola non era in grado di garantire un pasto sicuro, il ri-corso alla indennità di frequenza poteva non essere condiviso, ma di certo compreso e giustificato, sebbene non fosse il celiaco ad essere invalido , ma il contesto sociale ad “invalidarlo”. Oggi, la nor-ma esistente ci impone di pretenderne l'applicazione su tutto il territorio nazionale e non di chiedere assistenza per quello che è un diritto sancito.

Differente, e dunque meritevole di una considerazione a parte, è il caso della celiachia refrattaria e/o aggravata da serie patologie associate, che può sovrapporsi alla “Sindrome da malassorbimento enterogeno con compromesso stato generale” e implicare quindi alterazioni gravi o gravissime del-la funzione digestiva, elevata perdita di peso, anemia grave, conseguenti limitazioni in ambito lavo-rativo e sociale. Per questi casi specifici, che sono fortunatamente una minoranza, è consentito dalla legge richiedere alle apposite commissioni l'accesso all'indennità mensile di frequenza per il minore, che dunque presenta difficoltà a svolgere le funzioni proprie della sua età. Rimane però la necessità di essere consapevoli della valenza psicologica che questa misura implica.

AIC non nega che la legge attualmente in vigore possa essere interpretata nel senso della possi-

Per concludere

Celiachia e invalidità civile

AIC - Vademecum 2008 114

bilità di far rientrare la celiachia tra le patologie che possono fruire di un'indennità, a fronte della va-lutazione delle commissioni deputate.

L'Associazione invita però con fermezza i celiaci e i loro familiari a ricorrere a questo strumento solo ed unicamente nei casi in cui la malattia celiaca si sovrapponga alla “Sindrome da malassorbi-mento enterogeno con compromesso stato generale” o nei casi in cui essa si associ ad gravi patolo-gie invalidanti. L'indennità mensile di frequenza deve essere considerata uno strumento che la legge mette a disposizione unicamente per quei minori che non sono più in grado di assolvere ai compiti propri della loro età e, a nostro avviso, per i quali non sia possibile ricorrere ad altri mezzi terapeutici e riabilitativi.

È particolarmente importante per un minore, ancora in fase di sviluppo della personalità, essere aiutato a percorrere un cammino di individuazione e autonomia: vedersi riconosciuta un'invalidità potrebbe rappresentare il rischio di una involuzione invece che configurarsi come un aiuto finaliz-zato al recupero delle proprie abilità.

Anche nei casi in cui il minore, soprattutto in fase adolescenziale, si trovi a dover affrontare dif-ficoltà fisiche e psicologiche serie (in termini di tempo per un recupero completo dell'epitelio inte-stinale e dei sintomi correlati e/o in termini di un disagio psicologico persistente, con elementi di riti-ro sociale o di rifiuto oppositivo alla dieta), il ricorso all'indennità mensile di frequenza può non esse-re la prima soluzione auspicabile, in quanto essa non implica una partecipazione attiva del soggetto e un'assunzione di responsabilità per la propria cura, che sono strumenti evolutivi importanti per il superamento di ogni forma di sofferenza e per il processo di crescita del minore.

Richiedere che venga riconosciuta al minore un'invalidità del 41-50% significa mettere in di-scussione la sua idoneità in molti ambiti della vita quotidiana. Basti pensare che i benefici previsti dal-la normativa sul collocamento agevolato scaturiscono al raggiungimento della soglia di invalidità del 46%.

In questa ottica è di immediata chiarezza che se un minore è affetto da celiachia di gravità tale da indurre una riduzione della propria validità come da tabella di riferimento, ciò pone interrogativi sul-la sua idoneità ad assolvere determinate attività, anche lavorative.

AIC - Vademecum 2008

Celiachia e invalidità civile

33115

Ogni attività volta al raggiungimento di un obiettivo, sia esso economico o sociale, ha biso-gno di grandi risorse. Anche AIC non può sottrarsi a questa logica e, pur essendo tra quei soggetti che non hanno come scopo la produzione di un utile per il raggiungimento dei

suoi scopi, deve trovare strumenti economici idonei a garantirle la necessaria copertura finanziaria, più tecnicamente definita “vitalità economica”.

Dal 1979, anno di nascita della nostra associazione, ad oggi la crescita è stata costante sia per nu-mero di associati che per l'attività svolta. Ovviamente, con il passare del tempo, la struttura ha dovu-to essere adeguata, passando dal volontariato puro e semplice ad una forma che si potrebbe definire mista composta da volontari e personale retribuito. Il volontario assicura l'impegno politico per fis-sare linee programmatiche ed obiettivi e coordinare l'attività per mezzo degli organi associativi. Il personale retribuito porta professionalità, continuità, assistenza e supporto tecnico.

È evidente che un'associazione così strutturata che riesce a sviluppare importanti progetti su tut-to il territorio nazionale, come ad esempio il progetto “Alimentazione Fuori Casa”, la realizzazione e la stampa del Prontuario degli Alimenti e di Celiachia Notizie, oltre che l'importantissima e fonda-mentale attività di sensibilizzazione nei confronti delle Istituzioni, siano esse nazionali e/o territo-riali, necessita di impegno e risorse.

A quanto sopra si aggiungono le attività relative alla divulgazione ed alla conoscenza della pato-logia per aumentare le diagnosi, e quelle volte a raccogliere fondi da dedicare alla ricerca.

In una prima fase di evoluzione associativa, tutte le azioni volte al reperimento fondi erano ge-stite centralmente e le risorse raccolte venivano in parte usate per l'attività centrale ed in parte ridi-stribuite alle realtà regionali per lo svolgimento delle varie attività regionali. Una commissione appo-sitamente istituita e chiamata “Task-force” si occupava del reperimento di ulteriori fondi da dedica-re alla ricerca scientifica.

Recenti mutamenti legislativi, hanno imposto alla nostra associazione di dotarsi di una nuova struttura per poter raggiungere gli obiettivi che già dal suo nascere erano stati individuati; così nel 2005 si è costituita una Società cui è stata affidata la gestione delle attività strettamente commerciali connesse alla realizzazione dei principali progetti AIC ed una Fondazione per l'attività di ricerca scientifica.Ciò ha portato alla nascita di Spiga Barrata Service srl e di Fondazione Celiachia, stru-menti moderni ed articolati, fondamentali per il proseguimento dell'attività. SBS, consente di finan-ziare progetti associativi con risorse che arrivano da attività come la gestione del marchio spiga bar-rata, la raccolta pubblicitaria su Celiache Notizie come su altre nostre pubblicazioni, le quote raccol-

Rapporti con le aziende

Giuseppe Pecorella

AIC - Vademecum 2008 116

te per l'inserimento dei prodotti valutati idonei al consumo dei celiaci nel Prontuario degli Alimenti, sponsorizzazioni per la partecipazione ad eventi nazionali da parte di aziende.

AIC prosegue con la raccolta delle erogazioni liberali che vengono dai donatori: prevalente-mente si tratta di industrie alimentari, che, ovviamente, ben conoscono la celiachia e le attività asso-ciative. Queste donazioni liberali delle aziende si spiegano con, almeno, un grande comune obietti-vo: l'attività intensa di AIC per aumentare la conoscenza della celiachia, al fine d'incrementare in mo-do esponenziale le diagnosi. Questo scopo, da sempre primario per la nostra Associazione, che rap-presenta per AIC la mission più importante sotto l'aspetto etico e morale, per le aziende del senza glutine favorisce l'aumento del bacino d'utenza del senza glutine.

Ciò evidenzia, quindi, una coincidenza di obiettivi, sebbene con finalità e ragioni diverse. L'attività di AIC, con l'obiettivo di far riemergere il sommerso degli ancora troppo numerosi celiaci inconsapevoli e a forte rischio di complicanze alla celiachia correlate, è causa della crescita sensibile del mercato dei consumatori dei prodotti senza glutine, che si traduce con lo sviluppo dell'industria alimentare. Ogni attività di sensibilizzazione, di divulgazione della conoscenza e di comunicazione che AIC mette in atto, giunge, più o meno direttamente, alla crescita delle diagnosi di celiachia e, quindi, all'aumento dei consumatori.

Attraverso le donazioni, le aziende favoriscono AIC e le sue attività, ma anche il loro sviluppo.Ecco perché è sempre stato interesse dei produttori del s.g. aiutare e favorire la crescita

dell'Associazione Italiana Celiachia.Ultima recentissima e preziosissima fonte di sostegno è la destinazione del 5 per mille alle Asso-

ciazioni di Volontariato che, grazie all'ottima reputazione di cui gode la nostra associazione tra la ba-se associativa, dovuta alle qualità politiche ed organizzative ed alla gestione trasparente e cristallina di chi, nel tempo, l'ha governata, ci ha riservato, almeno per il primo anno di sperimentazione del 5 per mille, un riconoscimento importante che ci permetterà di dare nuovo impulso e vigore alla no-stra attività.

Oggi più che mai siamo convinti della bontà delle scelte condivise e della strada intrapresa, e che la politica portata avanti dagli organi federativi ha saputo finalizzare, con un unico obiettivo: miglio-rare la qualità della vita di tutti i celiaci.

AIC - Vademecum 2008

Rapporti con le aziende

117

InformazioneComunicazionee

I l volontariato nasce, cresce e si sviluppa su due fondamentali motivazioni di base. La prima, quella nobile, trova le radici nella spinta individuale di fare qualcosa di utile per gli altri; princi-palmente se gli altri sono quelli che stanno percorrendo un'esperienza analoga al nostro vis-

suto quotidiano.La seconda motivazione scaturisce dalla necessità di sopperire alle carenze ed all'indifferenza delle strutture pubbliche e di fornire adeguate risposte ad esigenze reali. L'operato del volontario è teso a creare una aggregazione tra persone con problematiche comuni e consente di intrecciare una rete di presenze sul territorio, svolgere una funzione di collegamento tra gli associati e stimolare le istituzioni ad un confronto sulle tematiche prospettate.Quello che però riveste un ruolo fondamentale nella crescita e l'affermazione di una associazione, oltre all'impegno dei volontari, è rappresentato da una buona ed efficace comunicazione che riesce a raggiungere, con un messaggio univoco ed autorevole, tutti gli associati da Trieste a Lampedusa.Una delle principali motivazioni del nostro sviluppo risiede quindi in Celiachia Notizie, nato come un “giornalino” (mi sia concesso di chiamarlo impropriamente ancora così in ricordo delle prime edizioni ciclostilate) e giunto ad essere una rivista di quasi 200 pagine a numero, con risultati grafici sempre migliori, che da sempre ha assolto egregiamente il ruolo di house organ della nostra associa-zione.In tale veste riporta le linee politiche dell'AIC , è strumento di informazione delle varie attività na-zionali, è specchio delle molteplici iniziative locali, dà voce ai dubbi e perplessità dei celiaci ed è pale-stra di divulgazione e confronto sulle problematiche scientifiche.Il successo della rivista sta quindi nei contenuti che rispecchiano gli argomenti e le problematiche di interesse del lettore al quale si rivolge. Tale successo è merito di quanti ne hanno curato la redazione nel tempo: dal primo direttore, Adriano Zagato, che ne curò la nascita, al compianto ed indimenti-cabile Franco Lucchesi, che ebbe il merito di dare vita alla redazione di CN, che divenne così il risul-tato di un sinergico lavoro d'equipe.Nel tempo la Direzione è stata curata da un unico direttore oppure, più recentemente, dai direttori Responsabile ed Editoriale. A quest'ultimo, designato dall'editore (nel caso specifico l'AIC), è demandata infatti la direzione ve-ra e propria della testata, per cui ad egli è demandata l'impostazione tecnica e dei contenuti del noti-ziario.Per tale ragione le persone designate a ricoprire tale incarico sono state sempre cooptate tra quelle

Celiachia Notizie:l’House Organ dell’AIC

Gianfranco Alloni

AIC - Vademecum 2008 121

che avevano un lungo vissuto associativo sia a livello regionale che nazionale.Il lungo vissuto associativo rappresentava, infatti, la garanzia di una consolidata conoscenza delle tematiche relative alla celiachia, delle strategie poste in essere dall'AIC, unitamente ad una buona ca-pacità di relazionarsi con gli altri.Attualmente queste gravi incombenze sono state a me affidate e riesco a portarle avanti grazie alle linee guida, vecchie ma sempre attuali e valide, trasmessemi dai predecessori, alle quali mi attengo e mi piace ricordare:&

&Fare in modo che la redazione sia sempre aperta a nuovi componenti;&Dare spazio alle Associazioni regionali;&Proporre innovazione e suscitare discussione nel lettore;&Intrattenere rapporti di collaborazione con il mondo scientifico favorendo il dialogo ed il con-

fronto;&Essere in sintonia con le strategie dell'AIC.

Per definizione house organ è lo strumento ufficiale di comunicazione di un organismo o ente di qualsiasi origine, sia essa politica, commerciale, amministrativa e (come nel nostro caso), associativa. Come tale riporta le li-nee politiche delle strutture dirigenziali di detti organismi, è strumento d'informazione delle varie attività nazio-nali e locali e riporta le informazioni e le novità riguardanti la materia di cui si occupa l'organismo in questione.

Venendo al nostro caso in particolare, nel momento in cui è stata fatta l'iscrizione al Tribunale do-ve ha sede legale l'Associazione, andava indicato:

1) il titolo e la periodicità d'uscita del notiziario, 2) la proprietà della testata, 3) la sede della Redazione, 4) l'Editore, 5) il Direttore Responsabile, 6) la tipografia di riferimento.

Così risulta che il proprietario (2) e l'editore (4) di Celiachia Notizie, siano, contestualmente rappre-sentati dall’AIC, nella persona del Presidente pro-tempore, il quale non risponde dei contenuti del giornale perché la legge in materia d'editoria presuppone che la competenza sia affidata ad un tecni-co iscritto all'Albo dei Giornalisti nell'elenco speciale dei Direttori Responsabili.

Questo chiarimento, per quanto tecnicistico, è doveroso per far capire il meccanismo su cui pog-gia le basi l'editoria.

Nella grande e media editoria il Direttore Responsabile, specialmente in passato, era designato dall'editore ed era una figura paravento ben pagata, ma di contro, si prendeva tutte le responsabilità relative a querele dovute alla pubblicazione di notizie calunniose su fatti o persone. La direzione ve-ra e propria della testata era (ed è) curata da un Direttore editoriale, vero artefice dell'impostazione tecnica e dei contenuti del notiziario.

Questi sono, a parer mio, i requisiti essenziali affinché uno strumento d'informazione possa fun-zionare efficacemente ed avere un'indispensabile autonomia creativa, senza dover apparire una no-iosa e statica “Gazzetta Ufficiale”. Ricordiamoci, che il lettore va stimolato se vogliamo che le pagi-ne della rivista siano lette e, contemporaneamente, l'inserzionista sia invogliato ad investire in un prodotto che riceve consensi ed é largamente diffuso.

Essere collante e stimolo per i componenti della redazione;

AIC - Vademecum 2008

Celiachia Notizie

122

Sito

Mario Mestice

Nel 1995 in Italia Internet era ancora a un livello pionieristico. Ricordo che si “combatteva” con modem che permettevano una velocità massima di collegamento di 9600 kb al se-condo ed era da considerare fortunato chi ne possedeva uno nuovissimo che andava a

33.600.Una volta venuto a conoscenza della Celiachia, per motivi familiari, grande fu l'esigenza di am-

pliare le conoscenze a riguardo. Un aiuto notevole venne dall'Associazione Italiana Celiachia cui ci aveva indirizzato il primario dell'ospedale che aveva fatto la diagnosi. Ma presto, nei primi collega-menti alla rete internet, che pochissimi ancora avevano, rubati anche in uffici tramite amici fortuna-ti, scoprii che l'Associazione aveva già un proprio sito ufficiale da cui attingere preziose informazio-ni. Lo aveva realizzato e lo gestiva per conto di AIC un volontario di nome Marco Moretti su un ser-ver offerto dal Comune di Firenze.

Esisteva anche un altro sito, personale, forse da prima ancora di quello ufficiale, realizzato da Emanuele Ortoleva, ora membro del Consiglio Direttivo di AIC Lombardia e del Consiglio di Amministrazione della Fondazione. Vi era poi una mailing list americana da cui scaricavo i messaggi in inglese per aumentare sempre di più le conoscenze. Ricordo che appena avevo la possibilità di col-legarmi da qualche parte mi stampavo le decine di mail più recenti, avido di informazioni.

Proprio dal sito nazionale compilai un modulo dal titolo “collaborare” per proporre una mia eventuale collaborazione alla gestione del sito, anche se non sapevo ancora nulla o quasi sulla realiz-zazione di pagine web, ma potevo contare su una grande passione. Non ci fu alcun seguito però ini-ziai a studiare l'html e proposi la realizzazione di un sito alla sede regionale dove abitavo e poi alla re-gione dove mi trasferii per lavoro. Ma Internet era ancora uno strumento per pochi e i siti realizzati avevano più l'aria di una imposizione che di una esigenza tanto che si faceva fatica ad avere le infor-mazioni da pubblicare. Si era intorno al 1997. Così però nacque il rapporto con Moretti che dal sito nazionale linkava le pagine regionali ospitate su spazi acquistati su server negli Stati Uniti.

Nel 1998 fu implementata la prima mailing list nazionale e di li a poco sarebbe stato registrato il dominio attuale www.celiachia.it donato da una mamma di Milano tra i proprietari di una società del comparto ISP che avrebbe ospitato il nuovo sito su un proprio server. Da allora l'espansione di Internet è stata un crescendo continuo e sono sotto gli occhi di tutti i progressi fatti anche Italia.

Con il nuovo server c'era la possibilità di utilizzare l'ASP (Active Server Pages), una tecnologia che permette di realizzare siti dinamici con pagine generate al momento della richiesta, attingendo dati da un database. Si iniziò allora a studiare l'ASP.

AIC - Vademecum 2008 123

C'era tanto da imparare ma anche tanta voglia, nonostante i problemi di tutti i giorni che ognu-no di noi aveva. All'improvviso, per una serie di motivi, e senza preavviso mi ritrovai da solo alla ge-stione del sito; si faceva assai fatica a stare dietro a tutte le cose da pubblicare, allora si rese necessa-rio accelerare l'implementazione delle pagine in ASP che avrebbero permesso la collaborazione di più persone, anche inesperte nel campo dell'informatica, alla gestione del sito.

Si iniziò con la sezione delle ricette, un database che conteneva ricette suggerite dagli stessi uten-ti, aggiornato direttamente via web, tramite accesso riservato, da una dietista.

Dopo un po' venne il turno, nello stessa direzione, della sezione dei ristoranti data in gestione a un'altra volontaria che ci lavora ancora oggi con precisione, poi quello delle gelaterie e poi tutta l'area riguardante l'AFC (Alimentazione Fuori Casa). Fu poi la volta della sezione dei Link dove po-ter trovare un elenco di siti attinenti la celiachia ricchi di utili informazioni e, subito dopo, con l'aggiunta dei dati delle associazioni nel mondo e dei dati delle segreterie regionali affidati alla indi-menticabile e infaticabile Anna Maria Vallesi. Poi, ancora, fu la volta della sezione delle F.A.Q. e suc-cessivamente il turno del Prontuario Online. A proposito del Prontuario Online lunghe furono le di-scussioni dovute a punti di vista opposti circa la possibilità di un calo di iscrizioni a seguito della mes-sa online di questo prezioso strumento per i celiaci. Fu quindi realizzata un'area riservata del sito ap-posita per ospitare il prontuario, cui poter accedere solo tramite registrazione. Si fece strada poi la se-zione dedicata ai POI (Point Of Interest), files da scaricare e utilizzare con un navigatore satellitare in modo da avere a disposizione sulle mappe tutti i locali per mangiare fuori casa del nostro net-work, e la sezione dedicata a Celiachia Notizie con i sommari di tutti i numeri. L'ultimo arrivo è “Pmobile”, l'applicativo Java dedicato ai cellulari per poter consultare dinamicamente i dati del pron-tuario online con un telefonino.

Come si nota un cantiere aperto e con tanto lavoro ancora da fare, con la speranza di poter, in fu-turo, migliorare anche graficamente il nostro sito. Il sito ha avuto diverse recensioni positive tra cui anche dal settimanale “Salute” de “La Repubblica” ed è diventato un punto di riferimento per vec-chi e nuovi celiaci. Volutamente fino ad ora si è cercato di evitare soluzioni che pur essendo molto più belle fossero però un ostacolo alla consultazione e all'utilizzo pratico del sito stesso puntando so-prattutto alla semplicità e alla chiarezza.

Negli anni descritti, da una persona, lo staff di www.celiachia.it è passato a contare più di dieci persone che costantemente, in modo autonomo, tengono aggiornate le varie sezioni del sito.

Inizialmente, come si può immaginare, le visite erano poche e concentrate nelle ore di ufficio, dal lunedì al venerdì. È questo chiaro indice di collegamenti fatti dal posto di lavoro quando internet non era ancora diffuso nelle case private.

Ma con l'era dell'ADSL i numeri sono aumentati in maniera esponenziale andando a riempire anche orari e giorni prima semideserti. Nel gennaio 2003 con il nuovo sito a regime il numero me-dio di visite mensili si aggirava sui 21-22 mila che sale costantemente e che nel 2006 si triplica rag-giungendo 73-74 mila, arrivando oggi a una media mensile che sfiora le 115 mila visite.

Il Forum nello stesso periodo passa da 250 iscritti a circa 1260. Oggi il forum conta 1860 iscritti ma si deve tener conto che questo è di libera consultazione, deve registrarsi solo chi vuole partecipa-re in modo attivo, inviare quindi propri messaggi e non solo leggere.

Risultano iscritti all'area riservata del Prontuario Online circa 36.500 utenti da quando l'area è stata implementata nel 2005.

Osservando il grafico degli accessi per giorno della settimana e quello per orario si nota che an-cora esiste una leggera prevalenza di utenti che navigano nel nostro sito in orario di ufficio ma gli ac-cessi sono ormai distribuiti in tutti i giorni e in tutte le ore compreso weekend e ore serali.

I numeri descritti evidenziano l'importanza che il sito ha acquisito nell'area della comunicazione

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Sito

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dell'AIC. È ormai uno strumento indispensabile sia per l'Associazione che per tutti quelli che gravi-tano in qualche maniera intorno alla celiachia. Se si utilizza un motore di ricerca, alle parole legate al-la celiachia corrispondono sempre, tra i primi risultati, delle pagine del nostro sito.

Dalla fase dei primi anni in cui la presenza nel web era avvertita soprattutto come una esigenza di adeguarsi a una tendenza, siamo ora a quella in cui tale presenza è diventata un agile e concreto strumento di comunicazione. Un impegno fondamentale da parte dell'Associazione è quello di mi-gliorare nel tempo, da tutti i punti di vista, tale strumento utile sia alla comunicazione esterna che a quella interna. La gestione del sito è stata fin dall'inizio basata sul volontariato, situazione che ha avu-to i suoi pregi e i suoi difetti, la poca professionalità è stata bilanciata dalla tempestività, il volontario ci lavora in qualunque giorno, anche festivo, e in qualunque ora.

Bisogna però dire che con la creazione di Spiga Barrata Service s.r.l. il sito si è arricchito anche della collaborazione di personale non volontario che concretamente ha migliorato anche il lato pro-fessionale, almeno dal punto di vista dei contenuti.

Giorni della settimana

Mese Visitatori Numero Pagine Accessi Byte gen-07 64026,00 99347,00 790688,00 6158997,00 8,81feb-07 65619,00 102682,00 744773,00 6075194,00 9,71mar-07 70668,00 111180,00 817917,00 6812054,00 10,86apr-07 60265,00 94890,00 741099,00 5973727,00 20,78mag-07 69308,00 113135,00 849024,00 6843132,00 31,78giu-07 60363,00 94620,00 728904,00 6071921,00 27,11lug-07 56629,00 91294,00 777620,00 6079715,00 27,91ago-07 54674,00 83513,00 731446,00 5495650,00 25,22set-07 60542,00 95704,00 757693,00 5801322,00 25,95ott-07 68102,00 108711,00 875179,00 6629443,00 28,70nov-07 66580,00 103147,00 812820,00 6271317,00 26,74dic-07 60386,00 90555,00 764151,00 5783623,00 29,53Totale 757162,00 1188778,00 9391314,00 73996095,00 272,47

diversi di visite

Giorno Lun Mar Mer Gio Ven Sab DomPagine 35739.25 33054.40 34718.60 33664.80 34506 23559 24701.50Accessi 291883.75 247664.80 268798.60 261250.80 267456.50 183358.75 172635.00 Byte 1.32 GB 1.18 GB 1.28 GB 1.25 GB 1.26 GB 928.08 MB 899.64 MB

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Sito

Domini o paesi dei visitatori (Prime 10)

Domini o paesi Pagine Accessi ByteItaly 719457 5999366 27.24 GBUnited States 34731 86511 879.61 MBSweden 23505 186467 953.61 MBGermany 7321 28455 237.43 MBGreat Britain 5865 37312 211.08 MBChina 5487 6026 140.95 MBSwitzerland 4030 29958 158.12 MBSpain 3916 35902 151.36 MBRomania 2958 3650 52.76 MBNetherlands 2330 21925 100.28 MBAltri 186975 1487153 7.03 GB

125

Ore (fuso orario fuso orario del server) del server0 6711 42683 228.94 MB 12 67789 542296 2.55 GB1 4520 21971 135.42 MB 13 70011 543075 2.66 GB2 3767 13590 100.05 MB 14 71949 568910 2.65 GB3 2670 8986 70.02 MB 15 72794 582996 2.72 GB4 2619 8871 60.50 MB 16 71281 607323 2.75 GB5 5330 23025 141.83 MB 17 69054 567227 2.60 GB6 8198 70433 308.81 MB 18 64269 461172 2.35 GB7 28397 248337 1.08 GB 19 52221 400910 1.95 GB8 52090 454010 2.06 GB 20 50263 396207 1.88 GB9 66042 540672 2.49 GB 21 39275 303166 1.43 GB10 75366 627081 2.85 GB 22 25764 197075 951.07 MB11 73177 610844 2.72 GB 23 13018 81865 417.55 MB

Pagine Accessi Byte Ore Pagine Accessi Byte

Provenienza Pagine Pesorelativo relativo

Accessi Peso

Accessi diretti o via segnalibro 152.562 15.5 % 558.330 7.3 %Accessi da un NewsGroupAccessi da motore di ricerca - Elenco completo 84.105 8.5 % 91.053 1.2 %

Google 74.462 75.032MSN 2.955 4.182Yahoo 2.934 7.587Other search engines 2.477 2.566Google (Images) 606 946Tiscali 286 341AltaVista 192 193Mamma 118 119Ask Jeeves 17 18Excite 13 23Altri 45 46

Accessi da pagina esterna (altri siti eccetto i motori di ricerca) 744.538 75.8 % 6.900.490 91.3 %Elenco completo

www.celiachia.it/ristoratori/ristoratori.asp 82.302 502.123www.celiachia.it 70.720 2.603.351www.celiachia.it/ricette/ricetta.asp 56.795 244.199www.celiachia.it/ricette/ricetta2.asp 30.129 309.074www.celiachia.it/pages/index3.asp 28.960 29.028www.celiachia.it/pages/marca.asp 25.351 25.627www.celiachia.it/aggiornamenti/default.asp 21.805 173.147www.celiachia.it/pages/prontuario.asp 18.873 19.181ww.celiachia.it/pages/pag_socio.asp 14.407 14.936www.celiachia.it/ristoratori/ristoratori2.asp 12.866 323.263Altri 382.330 2.656.561

Accessi da pagina interna (altra pagina dello stesso sito)Accessi di origine sconosciuta 7 0 % 34 0 %

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Sito

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D al luglio 1998 l'AIC ha realizzato un proprio Forum sul tema Celiachia allo scopo di favo-rire lo scambio di esperienze e l'aggregazione tra i soci.

Che cos'è il forum ? È una lista di posta elettronica equivalente ad un gruppo di discussione,dove è possibile unirsi e ricevere automaticamente copia di tutto ciò che viene detto, nonché par-

tecipare intervenendo nella discussione con domande su argomenti personali e/o di interesse gene-rale. È usata per lo scambio di notizie, esperienze, chiarimenti.

Gli iscritti, in questi anni, sono passati da 250 agli attuali 1700. Il forum per la celiachia ha inseri-to nello stesso un nuovo servizio che è quello di: domande/risposte.

Il servizio risponde a particolari quesiti degli iscritti

AIC.

Il forum è un momento di aggregazione nel quale ogni singola persona porta il suo contributo in termini di esperienze personali e le mette a disposizione della comunità.

al forum su tematiche quali la dieta, i pro-dotti dietetici o idonei al celiaco, la salute e, in generale, la vita sociale dei celiaci, con tutte le possibili situazioni di difficoltà che si possono riscontrare nel quotidiano.

Le risposte sono affidate , secondo il caso, agli esperti, compresi i medici, che sono consulenti scientifici per

Inoltre, abbiamo aggiunto, una rubrica che abbiamo chiamato : “Celicahia Ricerca in Rasse-gna”, attraverso la quale, in maniera periodica, si trasmettono le più recenti pubblicazioni scientifi-che sulla celiachia.

Visto il numero crescente degli iscritti, noi pensiamo che questa preferenza per il forum, sia ori-ginata, oltre che dal generalizzato ricorso alla comunicazione web, alle chat, ai contatti on line, nei più svariati campi, anche da ragioni peculiari per i celiaci:&la richiesta di informazioni immediate, di cui spesso il celiaco ha bisogno, riguardando la celia-

chia bisogni quotidiani afferenti l'alimentazione;&l'esigenza di vivere in comunità la condizione celiaca, per condividere, risolvere i problemi con

gli altri e non sentirsi “diversi”. È come una grande piazza dove tutti ci riuniamo per ricevere e dare consigli e suggerimenti, ma-

nifestare le nostre emozioni, confrontarci sulla vita quotidiana da celiaci, nostra o dei nostri figli, nel-la scuola, nel lavoro, nella società.

Il forum ha i meriti e i difetti del “villaggio globale della rete”: sembra di vivere in una grande fa-miglia, con gente che vuole conoscere, conoscersi, socializzare, partecipi ciascuno dei problemi

Arrigo Arrighi

Forum

AIC - Vademecum 2008 127

dell'altro, senza mai abbandonare la particolarità della “nostra” vita, che è la dieta senza glutine; ma allo stesso tempo a volte rischia di perdere il contatto con la vita “operativa”, quella tipica delle Asso-ciazioni Regionali e della Federazione, inducendo a confrontarsi sulla base di percezioni solo indivi-duali, sul “sentito dire”, non sempre corretto, non sempre esaustivo. I temi trattati spesso sono com-plessi (applicazione delle norme, attuazione di progetti associativi, diritti dei celiaci, …) e discuterne senza conoscere dati e dettagli può essere dannoso, di certo non utile. Il ruolo del moderatore del fo-rum, che mi onoro di avere, serve proprio a fornire gli elementi utili alla discussione, correggendo in-formazioni, fornendone di nuove, evitando così che uno straordinario strumento di comunicazio-ne possa trasformarsi in un amplificatore di cattiva informazione.

Da volontario AIC, come padre di celiaca, di lunga durata, mi sento di suggerire a tutti i fre-quentatori del forum, che dimostrano autentico interesse per i celiaci e non solo per se stessi, di abbi-nare quanto possibile, il confronto via web all'operatività nel campo, nelle associazioni regionali, che con il loro instancabile e quotidiano lavoro, hanno contribuito a rendere AIC quello che oggi è.

Benvenuti nel forum, benvenuti nella nostra comunità!

Forum

AIC - Vademecum 2008 128

Dieta e formazione

Educazione alimentare

Rossella Valmarana

L 'alimentazione senza glutine non è, come potrebbe sembrare, punitiva, limitativa o legata necessariamente al concetto di rinuncia. Prendendo spunto, infatti, dall'alimentazione me-diterranea, alla quale gli italiani fanno riferimento, si individuano una moltitudine di ali-

menti naturalmente privi di glutine che ognuno di noi consuma giornalmente, sia egli celiaco o no, e che sono alla base di numerose ricette dalle più semplici alle più elaborate.

Tra questi alimenti vi sono: riso, mais, grano saraceno, legumi, patate, pesce, carne, uova, latte e formaggi, verdura e frutta.

Da ciò si desume che il celiaco dispone di tutti i componenti per costruire una dieta bilanciata e varia, con un'attenzione da porre nella scelta delle fonti di carboidrati che devono sostituire i cereali vietati. Scelta che non deve ricadere esclusivamente fra la vastissima gamma di prodotti dietetici sen-za glutine disponibili sul mercato, ma anche fra i cereali naturalmente senza glutine come riso, mais e altre fonti di carboidrati come le patate.

Nella scelta dei prodotti a rischio (vedi Capitoli La dieta del celiaco - Il Prontuario) AIC fornisce al celiaco un valido strumento di supporto quale il Prontuario AIC degli alimenti, utile per evitare l'acquisto di prodotti del libero commercio che possano contenere tracce di glutine per ingredienti-stica e/o contaminazione. Esso non deve in nessun modo diventare vincolo, ma deve essere utiliz-zato con buon senso, senza pensare che solo gli alimenti contenuti al suo interno siano idonei alla sua dieta.

1Le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana dell'IRNAN sono indirizzate a tutti i con-sumatori per fornire consigli, indicazioni per garantire un'alimentazione sana ed equilibrata, proteg-gendo la propria salute.

Nella revisione del 2003 un gruppo di studiosi ha rivisto le Direttive del 1997 in base all'evolu-zione degli studi scientifici e delle abitudini e stili di vita attuali degli italiani.

Come e perché variare la propria dieta – Come comportarsi

1 Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana – pubblicato dal Ministereo delle Politiche Agricole e Forestali e dall'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRANN) – revisione 2003http://www.inran.it/servizi_cittadino/stare_bene/guida_corretta_alimentazione/Linee%20Guida.pdf

AIC - Vademecum 2008 131

Le 10 Direttive inserite nel documento sono:1. Controlla il peso e mantieniti sempre attivo 2. Più cereali, legumi, ortaggi e frutta 3. Grassi: scegli la qualità e limita la quantità 4. Zuccheri, dolci bevande zuccherate: nei giusti limiti 5. Bevi ogni giorno acqua in abbondanza 6. Il Sale? Meglio poco 7. Bevande alcoliche: se sì, solo in quantità controllata 8. Varia spesso le tue scelte a tavola 9. Consigli speciali per persone speciali 10. La sicurezza dei tuoi cibi dipende anche da te

La Direttiva n. 8 “Varia spesso le tue scelte a tavola” fornisce consigli sul comportamento ali-mentare da seguire per garantire un adeguato apporto di tutte le sostanze nutritive indispensabili ad assicurare un buon stato di salute.

L'esclusione nella dieta del glutine e quindi di grano, orzo, segale, farro, avena e cereali simili, condiziona inevitabilmente scelte alimentari ed abitudini quotidiane come il fare la spesa o mangia-re fuori casa. Queste attenzioni specifiche non devono escludere le regole di base di una alimenta-zione sana ed i principi della “dieta mediterranea”, rappresentate da cereali privi di glutine, legumi , frutta, ortaggi, pesce e olio di oliva.

La densità energetica, il contenuto in fibre vegetali e vitamine, il contenuto e la composizione dei grassi prevalentemente di origine vegetale di questi alimenti hanno un ruolo protettivo verso molte patologie e favoriscono un buon stato di salute generale.

La Società Italiana di Nutrizione Umana, mediante i LARN (Livelli di Assunzione Raccoman-data di energia e Nutrienti), ha fornito indicazioni per la popolazione italiana valevoli quindi anche per i celiaci. L'apporto energetico deve essere coperto da un adeguato intake di carboidrati (zucche-ri), grassi (lipidi) e proteine.

La principale fonte di calorie, circa il 55 %, sono i carboidrati contenuti negli alimenti di origine vegetale (cereali, legumi, tuberi, ortaggi e frutta). Il consumo di questi alimenti fornisce anche il ne-cessario intake di fibra che esercita una funzione protettiva.

I grassi totali (condimenti ed i grassi presenti negli alimenti di origine animale) non devono su-perare il 30% dell'apporto calorico giornaliero, mentre il restante 15% del fabbisogno energetico de-ve essere coperto dalle proteine.

Poiché ogni alimento ha un proprio profilo nutritivo, è importante scegliere quantità adeguate (porzioni) di cibi appartenenti ai diversi gruppi di alimenti, alternandoli nei vari pasti della giornata così da avere disponibili tutti i principi necessari per l'organismo.

Gli alimenti vengono suddivisi in 5 gruppi:

I gruppi di alimenti

1 cereali e tuberi2 frutta ed ortaggi3 latte e derivati4 carne, pesce e uova5 grassi da condimento

AIC - Vademecum 2008

Educazione alimentare

132

Il gruppo cereali e tuberi comprende: riso, mais, grano saraceno, miglio e patate. Questi ali-menti costituiscono una importante fonte di carboidrati e sono i principali fornitori di energia.

Il riso e le patate, in particolare, sono alimenti economici e di semplice reperibilità che garanti-scono, al di fuori dell'utilizzo di prodotti dietetici specifici, l'assunzione di una buona quota di ener-gia proveniente da carboidrati. Le patate erroneamente vengono considerate e consumate come ver-dure, mentre per l'elevato contenuto in amido devono essere inserite nel gruppo degli alimenti ric-chi in carboidrati.

I cereali e derivati apportano buone quantità di vitamine del complesso B e proteine che, pur es-sendo di scarso valore nutrizionale, per carenza di aminoacidi essenziali, possono, se unite a quelle derivanti da legumi, dare origine ad una miscela proteica di valore biologico paragonabile a quello delle proteine animali.

Di questo gruppo fanno parte anche i prodotti dietetici senza glutine: pasta, pane, prodotti da forno quali biscotti, dolci, fette biscottate, crackers, grissini, ecc.

È importante non eccedere nel consumo degli alimenti appartenenti a questo gruppo, in parti-colare gli alimenti dolci (prodotti da forno), snack; bisogna fare attenzione al loro apporto calorico e nutritivo, in quanto il consumo energetico di ogni individuo si è ridotto a causa di una vita sempre più sedentaria, si cammina poco - si usano sempre di più i mezzi di trasporto per spostarsi da casa a scuola o in ufficio - stiamo seduti davanti ad un banco, ad una scrivania per molte ore della giornata; anche i bambini si muovono meno rispetto ad una volta, i giochi in cortile sono sostituiti da pome-riggi trascorsi davanti alle televisioni, computer, play station.

Il gruppo costituito da frutta ed ortaggi – comprendente anche legumi freschi – rappresenta una fonte importantissima di fibre, utili a mantenere la funzionalità intestinale, di provitamina A (il beta-carotene presente soprattutto in carote, peperoni, pomodori, albicocche, melone, ecc.), di vita-mina C (presente soprattutto in agrumi, fragole, kiwi, pomodori, peperoni, ecc.), di altre vitamine e di minerali, di cui particolarmente rappresentativo è il potassio. Da sottolineare anche la rilevante presenza in questo gruppo di antiossidanti che svolgono una preziosa azione protettiva contro i ra-dicali liberi. Gli alimenti appartenenti a tale gruppo consentono le più ampie possibilità di scelta an-che per i celiaci ed è opportuno che siano sempre presenti in abbondanza sulla tavola, a cominciare eventualmente dalla prima colazione in cui può essere inserito un frutto o una spremuta di agrumi.

Il gruppo latte e derivati comprende latte, yogurt, e formaggi.La funzione principale di questo gruppo è quella di fornire calcio in forma altamente assorbibile

dall'organismo, proteine di ottimo valore biologico, cioè ricche in aminoacidi essenziali ed alcune vi-tamine (soprattutto B2 e A). Nell'ambito di questo gruppo sono da preferire il latte parzialmente scremato ed i formaggi a minor contenuto di grassi, per limitare l'assunzione di colesterolo. Il latte può essere consumato in ogni momento della giornata. Ottimo inizio della giornata è una colazione a base di latte o yogurt, accompagnato da fiocchi di cereali consentiti o fette biscottate senza glutine e un frutto. È fondamentale iniziare la giornata con una colazione adeguata che eviterà di introdurre nell'arco della mattinata alimenti come merendine e snack che possono “nascondere”, in una picco-la porzione, calorie eccessive.

I formaggi freschi, contenendo una maggiore percentuale di acqua, hanno un contenuto di gras-si e di calorie inferiore rispetto ai formaggi stagionati; facciamo attenzione a non eccedere nel con-sumo di formaggi stagionati e quindi le porzioni dovranno essere contenute anche se sono alimenti piacevoli da gustare.

Il gruppo carne, pesce e uova svolge la funzione principale di fornire oligoelementi (in parti-colare zinco, rame e ferro altamente biodisponibili), proteine di ottima qualità biologica e vitamine del complesso B. Nell'ambito del gruppo sono da preferire le parti più magre delle carni, ruotando

AIC - Vademecum 2008

Educazione alimentare

133

tra carni rosse e bianche. Non eccedere nel consumo di carni più grasse e di quelle parti come le frat-taglie per l'alto contenuto in colesterolo.

Il pesce rappresenta un'ottima fonte di acidi grassi essenziali (i polinsaturi come gli omega -3), grazie a questo apporto e al basso contenuto in colesterolo il pesce rappresenta un importante ali-mento di prevenzione delle malattie cardiovascolari.Per le uova, infine, un consumo accettabile per soggetti sani è quello di uno 2 volte alla settimana.

Nel gruppo degli alimenti proteici troviamo i legumi (fagioli, ceci, piselli, lenticchie, ecc.) che for-niscono, oltre a rilevanti quantità di fibre, anche quei nutrienti principali come il ferro, altri oligoele-menti e proteine di buona qualità biologica, che sono caratteristici di carne, pesce e uova.

La combinazione di legumi con cereali senza glutine oltre ad ampliare le possibilità di scelte e di alternative, offrono un piatto bilanciato dal punto di vista nutrizionale.

Il gruppo dei grassi da condimento comprende sia i grassi di origine vegetale che quelli di ori-gine animale. Il loro consumo deve essere contenuto, tenendo comunque presente il loro ruolo nell'esaltare il sapore dei cibi e nell'apportare gli acidi grassi essenziali e le vitamine liposolubili (Vita-mine A e E), delle quali favoriscono anche l'assorbimento. Sono da preferire i grassi di origine vege-tale (in particolare l'olio extravergine d'oliva) piuttosto che quelli di origine animale (burro, panna, lardo, strutto, ecc.) ricchi in acidi grassi saturi e colesterolo, considerati responsabili di importanti pa-tologie cardiovascolari.

Facciamo anche attenzione ai grassi contenuti negli alimenti come carne, uova, formaggi, frutta secca, ma anche in alcuni prodotti senza glutine come pane, grissini, biscotti, snack. Imparate a leg-gere le etichetta nutrizionali per conoscere il quantitativo di grassi dei vari prodotti che state consu-mando.

È importante ricordare che lo zucchero (saccarosio) è fonte immediata di energia, molto utile nel corso di prestazioni sportive. Lo zucchero viene assunto anche come ingrediente di molti ali-menti, bibite, succhi, caramelle, biscotti, gelato. Facciamo però attenzione a non consumare zuc-cheri in quantità elevata, sia sotto forma di zucchero per dolcificare che contenuto negli alimenti so-pra citati; ciò può portare ad una alimentazione squilibrata e/o in eccesso dal punto di vista energe-tico, che può essere causa di soprappeso, obesità, diabete e malattie cardiovascolari.

A seguito della scelta degli ingredienti per l'elaborazione del pasto senza glutine, anche il celiaco adulto, potrebbe desiderare di accompagnare le proprie pietanze con un buon bicchiere di vino, bianco o rosso, frizzante o fermo. Il vino è una bevanda naturalmente priva di glutine, che contiene alcool, una fonte di energia intermedia tra quella dei carboidrati e quella dei grassi, oltre ad altre so-stanze in piccole quantità con funzioni diverse, ma la raccomandazione più importante, valevole per tutti celiaci e non, è di consumarne con moderazione.

Nella Direttiva n. 8 “Varia spesso le tue scelte a tavola” vengono indicate le porzioni consigliate, che corrispondono ad un quantitativo di alimento espresso in grammi, desunto in base ai consumi medi della popolazione italiana.

Vengono indicate nella Tabella 1 le grammature relative ad una porzione standard, mentre nella Tabella 3 le porzioni consigliate in base all'apporto calorico giornaliero, che si diversifica a secondo dell'età, del sesso e dell'attività fisica. (Tabella 2) Queste indicazioni sono ovviamente valide anche per i celiaci.

Le porzioni consigliate

AIC - Vademecum 2008

Educazione alimentare

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* In Minestra Metà Porzione

Tab 1 Entità delle porzioni standard nell’alimentazione italiana

Tab 2 Calorie giornaliere in rapporto al sesso, età, attività fisica

Tab 3 Porzioni giornaliere consigliate

Calorie 1.700 bambini oltre ai 6 annidonne anziane con vita sedentaria

Calorie 2.100adolescenti femminedonne adulte con attività lavorativa non sedentariauomini adulti con attività lavorativa sedentaria

Calorie 2.600adolescenti maschiuomini adulti con attività lavorativa non sedentaria o moderata attività fisica

Educazione alimentare

Alimento/Gruppi AlimentiCereali, TuberiPaneProdotti da fornoPasta/riso/Pasta all'uovo frescaPatateOrtaggi e FruttaOrtaggi/InsalataFrutta/Succo di fruttaCarne, Pesce, Uova e LegumiLatte e derivatiLatte/YogurtFormaggio fresco/Formaggio stagionatoGrassi da condimentoOlio/Burro/Margarina

1.700 Kcal

311

1 (a settimana)

23

1-2

32 (a settimana)

3

2.100 Kcal

511

2 (a settimana)

232

33 (a settimana)

3

2.600 Kcal

622

2 (a settimana)

242

33 (a settimana)

4

AlimentiPaneProdotti da fornoPasta o riso *Pasta fresca all'uovo*PatateInsalateOrtaggiFrutta o succo

Carne frescaCarne stagionata (salumi)PesceUovaLegumi secchiLegumi freschiLatteYogurtFormaggio frescoFormaggio stagionatoOlioBurroMargarina

Gruppo di AlimentiCereali e Tuberi

Ortaggi e Frutta

Carne, Pesce, Uova, Legumi

Latte e Derivati

Grassi da Condimento

Porzioni1 rosetta piccola/1 fetta media2-4 biscotti/2,5 fette biscottate1 porzione media1 porzione piccola2 patate piccole1 porzione media1 finocchio/2 carciofi1 frutto medio (arance, mele)2 frutti piccoli (albicocche, mandarini)1 fettina piccola3-4 fette medie prosciutto1 porzione piccolan. 1 uovo1 porzione media1 porzione media1 bicchiere1 confezione piccola1 porzione media1 porzione media1 cucchiaio1 porzione1 porzione

Peso (g)50208012020050250150150

7050100603080-120125 (un bicchiere)125 (un vasetto)10050101010

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La dieta del celiaco

Rossella Valmarana

L 'unica terapia della celiachia è l'eliminazione del glutine dall'alimentazione, che dovrà essere seguita rigorosamente per tutta la vita. È necessario escludere tutti gli alimenti preparati con i cereali contenenti glutine come grano, segale, orzo, avena, oltre a farro, spelta, kamut,

triticale.Per quanto riguarda l'avena al momento i risultati degli studi su questo cereale non permettono

di consigliarne il consumo i celiaci. Riportiamo il parere del Comitato Scientifico Nazionale AIC (novembre 2003) relativo all'ido-

neità dell'avena per i celiaci.“Fino ad ora la maggior parte dei dati disponibili ha evidenziato che, nel celiaco, l'assunzione quotidia-

na anche di 70 g d'avena non determina alcun problema sul piano clinico, sierologico e/o istologico. Tutta-via, secondo studi recenti, l'avena conterrebbe degli epitopi in grado di determinare, in vitro, alcune altera-zioni della mucosa intestinale. In particolare, i risultati emersi da un'indagine pubblicata sulla rivista scien-tifica Gut (Gut 2003; 52: 1649- 52) porrebbero in discussione la sicurezza dell'assunzione dell'avena nel soggetto celiaco.

Sulla base di quanto sopra, dunque, l'atteggiamento più idoneo da adottare sembra essere per il mo-mento quello della prudenza, in attesa ovviamente di eventuali ulteriori studi in proposito.”

Al momento della diagnosi il celiaco e la sua famiglia riceveranno dal medico e/o dal dietista in-formazioni e consigli sul nuovo regime alimentare; “educazione, informazione e aggiornamento” sono fondamentali per seguire correttamente la dieta senza glutine ed il materiale elaborato dall'Associazione Italiana Celiachia sarà per voi un valido supporto.

“Senza glutine” significa togliere, sì, il glutine, ma non per questo la dieta del celiaco sarà carente e squilibrata, in quanto la dieta mediterranea è ricca di una grande quantità di cibi naturalmente sen-za glutine che permettono di garantire una dieta nutrizionalmente equilibrata anche al celiaco. La possibilità di scegliere ottimi e gradevoli alimenti permette la preparazione di gustosi, raffinati e pre-libati piatti, che potranno essere consumati da tutta la famiglia.

La completa esclusione del glutine dalla dieta parte dalla conoscenza e consapevolezza che i ce-reali vietati si trovano in moltissimi prodotti alimentari ed il rischio di contaminazione accidentale da glutine è spesso presente nei processi di lavorazione dell'industria alimentare.

Da qui la necessità di suddividere gli alimenti in: “permessi – a rischio – vietati”. Tale suddivisio-ne è stata effettuata considerando, per ogni prodotto alimentare, l'ingredientistica ed il processo di

AIC - Vademecum 2008 136

lavorazione, quindi la possibile contaminazione da glutine.Questa suddivisione semplifica al celiaco l'approccio alla scelta degli alimenti costituenti la pro-

pria dieta: una volta eliminati quei prodotti che sicuramente sono inadatti alla propria alimentazione (categorie di alimenti “vietati”), l'attenzione del celiaco va posta unicamente sugli alimenti delle cate-gorie “a rischio”: categorie per cui AIC ha messo in atto da anni specifici progetti di controllo ed identificazione dei prodotti idonei alla dieta senza glutine: il marchio Spiga Barrata ed il Prontuario degli Alimenti.

Sarà quindi possibile per il celiaco attingere sia a tutte le categorie di alimenti permessi sia a tutti quei prodotti delle categorie a rischio presenti in Prontuario (Vedi Capitoli: Il Prontuario - I Mar-chio Spiga Barrata).

Alimenti permessi: alimenti che possono essere consumati liberamente, in quanto natural-mente privi di glutine o appartenenti a categorie alimentari non a rischio per i celiaci, poiché nel cor-so del loro processo produttivo non sussiste rischio di contaminazione crociata.

Questi prodotti non sono inseriti nel Prontuario AIC degli Alimenti, in quanto sono idonei al ce-liaco.

Alimenti a rischio: alimenti che potrebbero contenere glutine in quantità superiore ai 20 ppm o a rischio di contaminazione e per i quali è necessario conoscere e controllare l'ingredientistica ed i processi di lavorazione.

Per poter avere dei prodotti idonei al consumo dei celiaci infatti è necessario che le aziende pro-duttrici applichino un corretto piano di controllo delle materie prime e del prodotto finito; inoltre occorre monitorare costantemente il processo produttivo, gli ambienti di lavoro, le attrezzature, gli impianti e gli operatori per evitare che possano verificarsi, durante la produzione e/ o il confeziona-mento, pericolosi fenomeni di contaminazione crociata da glutine.

Per questo motivo alcuni prodotti, anche se preparati o derivati con ingredienti naturalmente privi di glutine, sono considerati alimenti a rischio e quindi sono stati inseriti nel Prontuario AIC de-gli Alimenti.

Alimenti vietati: alimenti che contengono glutine, pertanto non idonei ai celiaci e quindi non sono inseriti nel Prontuario AIC degli alimenti.

Per poter aiutare i celiaci nella scelta dei prodotti idonei, l'Associazione Italiana Celiachia da più di vent'anni pubblica il Prontuario AIC degli Alimenti che raccoglie un'ampia scelta di prodotti ali-mentari ritenuti a “minor rischio” di contaminazione da glutine (contenuto di glutine inferiore ai 20 ppm).

Ogni anno il Prontuario si presenta con un numero sempre maggiore di prodotti, passando in 20 anni da 170 prodotti (1997) a più di 8.600 referenze (2008), e con una prefazione che aiuta il ce-liaco a comprendere i criteri di inserimento, a risolvere dubbi su alcune classi merceologiche e ap-profondimenti su argomenti di interesse per i celiaci.

Sono inoltre disponibili sul mercato prodotti sostitutivi a quelli appartenenti al gruppo di ali-menti vietati, come pasta, biscotti e dolci, pane e derivati, farine, per fare solo degli esempi, che ven-gono denominati “Alimenti senza glutine”.

La norma di riferimento per la produzione degli alimenti senza glutine (ed altri prodotti alimen-tari destinati ad una alimentazione particolare) è rappresentata dal D. Lgs. del 27 gennaio 1992, n. 111 e successive modifiche. Tale Decreto Legislativo prevede che la produzione ed il confeziona-mento (art. 10) di prodotti senza glutine vengano effettuati in “stabilimenti autorizzati” dal Ministe-ro della Salute. Inoltre i prodotti sono soggetti a “notifica di etichetta” ai sensi dell'art. 7 della norma di cui sopra.

Sempre la stessa norma prevede che solo gli alimenti prodotti presso stabilimenti autorizzati e

AIC - Vademecum 2008

La dieta del celiaco

137

sottoposti a procedura di notifica di etichette possono riportare sulla confezione l'indicazione “die-tetico”(art. 4) e nel nostro caso ad esempio la scritta “senza glutine”.

Pertanto la presenza di tale dicitura implica sempre e necessariamente Autorizzazione e Notifi-ca Ministeriale.

Dal mese di luglio 2005, il Ministero della Salute ha dato facoltà alle imprese di apporre sull'involucro esterno dei prodotti che hanno completato l'iter istruttorio, nello stesso campo visivo della denominazione, un riferimento all'inclusione nel Registro Nazionale.

Tale riferimento è costituito dal logo riportato qui accanto:I controlli, sia sulla effettiva rispondenza di quanto dichiarato

dalle Aziende in etichetta, che sull’idoneità ai celiaci, sono de-mandati agli organi territoriali di controllo.

I prodotti dietetici notificati sono elencati sul Registro Nazionale Alimenti senza glutine del Ministero della Salute concernente l'Assistenza Sanitaria integrativa relativa ai pro-dotti destinati ad una alimentazione particolare (di cui all'art. 7 del DM 8 giugno 2001). Tale elenco è disponibile, nei suoi ag-giornamenti periodici, nel sito del Ministero della Salute, nel sito AIC oltre che sulle pagine di Celiachia Notizie, dove è completato da al-tre utili informazioni come la grammatura dei prodotti ed il prezzo al pubblico.

AIC - Vademecum 2008

La dieta del celiaco

138

Il Prontuario degli Alimenti AIC

I celiaco, una volta diagnosticato, deve adeguare la sua dieta alla prioritaria ed ineludibile esigen-za di eliminare il glutine (in quantitativi dannosi, superiori a 10 mg al giorno) dalla sua alimen-tazione. Oltre ai prodotti dietoterapeutici senza glutine, che rappresentano una sostituzione

degli alimenti aventi il glutine come ingrediente caratterizzante (pane, pasta, prodotti da forno dolci e salati, ecc.), il celiaco si nutre di altri “gruppi” di alimenti: quelli naturalmente privi di glutine (car-ne, pesce, frutta, verdura tal quali, ecc.) e quelli che, pur non contenendo come ingrediente caratte-rizzante il frumento o altri cereali vietati, possono comunque contenere glutine come ingrediente minore o per contaminazione accidentale. Sono tutti quei prodotti del libero commercio (dalle con-fetture ai dadi, dai dessert confezionati ai salumi, dai piatti pronti alle bevande) che sono parte dei consumi alimentari quotidiani, ma che possono rappresentare un rischio per il consumatore celiaco.

Il Prontuario degli Alimenti, pubblicato annualmente dall'Associazione Italiana Celiachia, è uno strumento destinato ai celiaci, come aiuto alla spesa di tutti i giorni, con i suoi oltre 8.600 prodotti*.

Ogni anno il Prontuario viene redatto, stampato ed inviato ai soci dell'AIC, rinnovato ed am-pliato con i prodotti proposti dalle aziende che scelgono di aderire al progetto, accettando le verifi-che di AIC. L'edizione 2008 è stata stampata con una tiratura di circa 80.000 copie, distribuite ai cir-ca 55.000 soci, a medici, dietisti, farmacisti, ristoranti, pizzerie, hotel, BedandBreakfast, gelaterie, servizi di ristorazione collettiva e aziende alimentari.

Gli aggiornamenti sono pubblicati nel sito www.celiachia.it, su Televideo Rai (pagina 449) e sul-la rivista Celiachia Notizie, distribuita gratuitamente a tutti gli associati AIC.

Il Prontuario è suddiviso in due parti. La prima parte, fornisce utili informazioni che possono trovare applicazione nella vita quotidiana. La Prefazione al Prontuario, infatti, comprende nozioni di base sulla dieta senza glutine, nozioni di educazione alimentare e diversi capitoli nei quali viene spiegato come rapportarsi rispetto ad alcuni alimenti (ad es. prodotti caseari, salumi) oggetto di stu-di e ricerche da parte di AIC. Sempre nella prima parte viene anche spiegata la classificazione degli alimenti, suddivisa in tre categorie:

La Prefazione al Prontuario

1. Alimenti permessi: naturalmente privi di glutine (cioè, alimenti monoingre-diente, non sottoposti a particolari processi di lavorazione)

in quanto sonoo perché fanno parte di categorie ali-

mentari non a rischio per i celiaci, poiché non contengono mai il glutine come ingrediente e, nel cor-

AIC - Vademecum 2008

Susanna Neuhold

Coordinamento Area Alimenti

139

so del loro processo produttivo, non sussiste rischio di contaminazione accidentale da glutinealimenti che possono contenere glutine o a rischio di contaminazione, per

i quali è necessario conoscere e controllare l'ingredientistica ed i processi di lavorazione caso per ca-so.

.2. Alimenti a rischio:

3. Alimenti vietati: alimenti che contengono cereali come frumento, orzo, avena, segale, farro, spelta e triticale.

Tramite questa suddivisione, si può capire come il Prontuario sia destinato a prendere in consi-derazione unicamente gli alimenti del secondo gruppo, quelli “a rischio”, per aiutare il consumatore celiaco a scegliere correttamente i prodotti alimentari idonei alla propria dieta.

L'AIC, attraverso la valutazione dei prodotti proposti dalle aziende che aderiscono a questo pro-getto collaborando fattivamente con la nostra Associazione, crea un elenco diviso per categorie mer-ceologiche, che permette all'utente di orientarsi tra i prodotti potenzialmente a rischio.

Tale elenco costituisce la seconda parte del Prontuario.Le aziende produttrici, che aderiscono e concorrono con le loro risposte alla stesura del Pron-

tuario, dichiarano l'idoneità dei loro prodotti (venduti in Italia) ad essere consumati anche dai celiaci (in quanto il glutine eventualmente presente è sempre inferiore a 20 ppm) e ciò tenendo conto non solo degli ingredienti, ma anche delle possibili contaminazioni durante tutte le fasi di produzione (stoccaggio, lavorazione, confezionamento, ecc.). Tali aziende compilano e sottoscrivono, per ogni singolo prodotto, schede appositamente predisposte da AIC, nelle quali forniscono informazioni su tutti gli ingredienti, oltre ad indicare precise valutazioni di rischio su eventuali contaminazioni du-rante le fasi di produzione e di confezionamento.

Le schede sono poi verificate e controllate dallo staff tecnico dell'area Alimenti AIC e, nell'elenco, vengono quindi inseriti solo i prodotti le cui aziende produttrici hanno fornito esaurien-ti informazioni tali da poterli definire a “minor rischio”. Tale precisazione (prodotti a “ minor ri-schio ” e non “sicuri” o “garantiti” ) è d'obbligo perché la valutazione del prodotto è comunque ef-fettuata su dichiarazioni delle aziende produttrici, in regime di autocertificazione, non essendo pre-visto, per la selezione dei prodotti pubblicati sul Prontuario, visite ispettive di controllo alle aziende.

È comunque prevista la possibilità, qualora lo si ritenga necessario, di effettuare analisi di labo-ratorio dei prodotti prelevati dai punti vendita.

L'inserimento dei prodotti nel Prontuario è subordinato al pagamento di una quota annuale pari a € 25,00 + I.V.A. per prodotto, con quota minima di € 50,00 + I.V.A. e quota massima (per un nu-mero di prodotti uguale o superiore a 100) di € 2.500,00 + I.V.A*.

La quota permette ad AIC di sostenere le spese di gestione tecnica e amministrativa per l'elaborazione del Prontuario stesso e dei controlli analitici.

Il principio alla base del Prontuario è la collaborazione tra AIC e le aziende, che, aiutate e re-sponsabilizzate ad analizzare tutti i possibili punti critici della produzione relativamente alla presen-za accidentale di glutine nel prodotto finito, vengono messe in grado di fornire una lista completa di

*L'elenco dei prodotti

I costi

Come “funziona” il Prontuario

AIC - Vademecum 2008

Il Prontuario degli Alimenti AIC

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quei loro prodotti che sono idonei al celiaco. Lista che viene poi verificata da AIC e pubblicata sul Prontuario, rappresentando anche un formidabile strumento di promozione per le aziende che, in questo modo, vengono ripagate degli sforzi fatti.

Il Prontuario, inoltre, non rappresenta unicamente la verifica dell'idoneità del prodotto, una veri-fica che resta “statica” per tutta la durata dell'edizione in vigore. Al contrario, l'ingresso o la ricon-ferma di un prodotto in Prontuario comportano anche una gestione rigorosa dei prodotti per tutta la durata dell'edizione in vigore. L'inserimento in Prontuario assicura, infatti, controllo costante, gra-zie alla stretta collaborazione con le aziende produttrici, del permanere di tale idoneità e la comuni-cazione immediata dell'eventuale sospensione, corredata di informazioni relative ai lotti non con-formi ed alle cause della non idoneità.

Il Prontuario diventa così uno strumento dinamico e in continuo aggiornamento nelle mani del celiaco.

Cruciale è la segnalazione relativa all'eliminazione di un prodotto. L'aggiornamento sulla pagina 449 di Televideo Rai 1 e sul sito www.celiachia.it non viene eseguito ad una frequenza stabilita, ma ogni qualvolta è necessario informare con tempestività gli associati su un prodotto che è stato elimi-nato dal Prontuario (perché si è verificato non essere più idoneo al celiaco). Segnalazione della non idoneità di un prodotto presente in Prontuario, e quindi della necessità di eliminarlo, viene inoltre in-viata in tempo reale a tutte le Associazioni Regionali.

Un altro tipo di aggiornamento relativo al Prontuario è la comunicazione relativa al cambio di denominazione di un prodotto. Questo tipo di aggiornamento non viene inserito su Televideo, ma sul sito AIC e su Celiachia Notizie, in considerazione del carattere di non urgenza per i normali tem-pi di smaltimento delle confezioni sul mercato.

Oltre alla segnalazione della modifica di denominazione di un prodotto, vengono date anche al-tre utili informazioni, come cambi di formato, uscita di produzione o precisazioni su singoli pro-dotti.

Le modalità di aggiornamento permettono al Prontuario di restare al passo del mercato, che sempre più velocemente modifica denominazioni e confezioni in risposta ad esigenze di marketing.

Ricordiamo infine che il Prontuario non viene mai aggiornato in senso 'positivo', cioè non ven-gono mai inserite nuove referenze all'edizione in corso. Nuovi prodotti vengono aggiunti unica-mente alla edizione successiva del Prontuario, che viene pubblicato annualmente.

L'implementazione di nuovi prodotti avviene solo per la lista dei prodotti a marchio Spiga Bar-rata, presente sul sito AIC e su ogni numero di Celiachia Notizie.

Escludendo le segnalazioni di prodotti alimentari divenuti non più idonei, che vanno sempre re-cepiti con la più stretta osservanza, gli aggiornamenti vanno intesi come un servizio in più per il ce-liaco, che anticipa eventuali dubbi o domande (“Perché non trovo più quel prodotto?”, “In etichetta è riportata la parola frumento tra gli ingredienti: questo prodotto sarà davvero sicuro?”, “Anche que-sto nuovo formato sarà idoneo?”, ecc.).

Desideriamo infine ricordare che tutti i prodotti dietetici senza glutine notificati al Ministero del-la Salute ed inseriti nel Registro Nazionale degli Alimenti senza glutine erogabili gratuitamente sono idonei al celiaco e garantiti dal Ministero stesso.

Gli aggiornamenti al Prontuario

I prodotti dietetici

AIC - Vademecum 2008

Il Prontuario degli Alimenti AIC

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L'inserimento in Prontuario o l'apposizione del logo Spiga Barrata, stanno ad indicare la volon-tà di trasparenza e di promozione dei propri prodotti da parte dell'Azienda, che desidera in questo modo avere un'ulteriore garanzia di sicurezza e qualità dei propri prodotti e promuovere la propria adesione ai progetti dell'Associazione.

Per questo motivo, in Prontuario, non sono presenti tutti i prodotti dietetici per celiaci, così co-me non tutti i prodotti dietetici per celiaci sono identificati con il marchio Spiga Barrata, ma unica-mente quelli le cui Aziende produttrici hanno deciso volontariamente di aderire a questi progetti.

AIC - Vademecum 2008 AIC - Vademecum 2008

Il Prontuario degli Alimenti AIC

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AFC AlimentazioneFuori Casa

Paola Lorusso

L a scelta dei prodotti alimentari, sostituti del pane, pasta, biscotti, pizze, ecc, si è fatta nel tem-po sempre più ampia fino a pareggiare quasi totalmente l'offerta di alimenti comuni. Si de-sume che oggi le abitudini alimentari casalinghe, a seguito di una nuova diagnosi, non ven-

gano completamente stravolte, tranne che per piccole attenzioni che nel tempo riescono ad entrare nel completo ritmo abitudinario.

Certamente medesima visione non potrà essere applicata alle abitudini alimentari fuori le mura domestiche, perché ancora è raro entrare in un pubblico esercizio, sia questo ristorante, bar, pizzeria o fast food, e trovare chi sappia cosa la celiachia sia e cosa si intenda per dieta senza glutine.

Nel quotidiano il cibo continua ad assumere molteplici significati simbolici attraversando con-testi sociali, culturali, ambientali, storici, ed ontologici diversi. La condivisione dello stesso alimento rafforza il senso di appartenenza ad un nucleo familiare, ad un gruppo di pari e alla stessa società; o diversamente a sottolineare la diversa identità culturale nell'era della globalizzazione.

La società è pregna del binomio cibo e socialità, espresso, infatti, anche nel linguaggio comune. Se si fa riferimento a parole come “convivio” e “compagnia”, l'origine etimologica della prima ren-de esplicito il significato più intrinseco del binomio “cum – vivere” vivere assieme o meglio ancora “Nel modo più semplice e immediato la parola propone un'identità fra l'atto del mangiare e quello del vivere” (Massimo Montanari – Convivio, '89), e nell'opera di Dante “Convivio” il termine era in-teso come “banchetto di sapienza”; sorprendente è anche l'origine della parola Compagnia (Com-pagno) dal latino “cum – panis”, chi mangia lo stesso pane.

Tali premesse socio – culturali ed etimologiche, ci consentono di comprendere i precisi bisogni degli individui celiaci: condividere i pasti con amici e parenti, trascorrere le serate in pizzeria con i co-etanei, trovare offerte senza glutine nei luoghi in cui più comunemente sono consumati i pasti di mezzogiorno, …

Tutte queste ragioni hanno motivato la realizzazione del Progetto Alimentazione Fuori Casa, con le progressive variazioni ed il continuo confronto con le istituzioni per la necessaria sensibiliz-zazione sul tema. Un impegno tutt'altro che facile che AIC persegue da diversi anni.

La finalità è quella di sensibilizzare i diversi partners sociali ed aziendali, con l’intenzione di dare la possibilità, ai soggetti celiaci, di condurre uno stile di vita pienamente “normale” dentro e fuori ca-sa senza alcuna restrizione rispetto ai propri bisogni alimentari e sociali.

Infatti una volta riconosciuta la propria intolleranza, si ha un impatto sociale fortissimo, in quan-per la cura della celiachia to l'unica cura possibile prevede si la variazione delle proprie abitudini ali-

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mentari, ma anche di quelle sociali. In questa visione si può guardare la Celiachia come una intolleranza alimentare la cui sintomato-

logia si risolve con una adeguata ed attenta alimentazione senza glutine, ma anche come una diversi-tà che divide o accomuna.

Il celiaco deve potersi alimentare fuori casa ed il realistico obiettivo che ci siamo posti è quello di ridurre il rischio di involontaria assunzione di glutine, attraverso la divulgazione della conoscenza della celiachia tra gli operatori del settore (i gestori, il personale di cucina e di sala) e l'informazione su comportamenti ed azioni necessari ad evitare il glutine.

Nell’ambito del Progetto Alimentazione Fuori Casa sono presenti diversi Progetti rivolti a cate-gorie commerciali diverse: &Ristorazione (Ristoranti, Pizzerie, Trattorie, Osterie, Alberghi, Hotel, Summer Camp, Villaggi,

Case Vacanze, Bar/Caffetterie, Bar/Tavola Calda, Paninoteche, Pub, Creperie, Enoteche, Cate-ring, Sale Ricevimenti)

&Gelaterie (e Yogurterie)&B&B&Barca a Vela&Crociere&Vending&Alimentazione in Viaggio

In particolare si lavora costantemente per creare e sostenere una catena di esercizi informati e sensibilizzati al problema dell'alimentazione del celiaco e sulle modalità di preparazione delle pie-tanze per evitare rischi di contaminazione e che offrano, quindi, menù idonei ai celiaci.

Affinché un esercizio sia presente nel Network AIC, è necessario affrontare un percorso infor-mativo partendo da un Corso Base; esso è suddiviso in una parte teorica ed una pratica. Durante la prima si acquisiscono conoscenze sull'aspetto medico della celiachia e sull'alimentazione senza glu-tine, mentre la seconda parte è dedicata all'apprendimento delle modalità pratiche per produrre un alimento senza glutine. A seguire il percorso informativo viene completato in loco, cioè nei locali che si candidano ad offrire menù idonei ai celiaci, per esprimere al meglio le potenzialità e la dispo-nibilità di ogni singolo esercizio. Verificata la fattibilità di una offerta per celiaci, ogni esercente usu-fruirà della disponibilità di un tutor AIC, che effettuerà monitoraggi periodici.

All'esercente è chiesto di usare prodotti idonei ai celiaci, tra cui quelli naturalmente privi di gluti-ne, quelli con notifica ministeriale ex. D.Lgs. 111/92, inseriti nel Registro Nazionale degli Alimenti senza glutine del Ministero della Salute, quelli presenti nel Prontuario degli Alimenti AIC, dell'anno in corso, e quelli con Marchio Spiga Sbarrata concesso dall'AIC.

Gli esercenti, concluso l'iter informativo e sottoscritto il Protocollo d'intesa con l'AIC, ricevono una vetrofania informativa che riporta la dicitura “ locale Informato da AIC”, che viene apposta nel-le vetrine dei locali. L'elenco di tutti gli esercizi è poi pubblicato nelle liste delle diverse tipologie com-merciali sulla Guida per l'Alimentazione Fuori Casa, che è in distribuita a tutti gli associati AIC e alle strutture facenti parte dello stesso Network; oltre al formato cartaceo l'elenco è presente anche sul sito internet dell'AIC Nazionale (www.celiachia.it). Nel corso degli anni vi sono state altre evoluzio-ni nella comunicazione all'esterno con l'ausilio di Servizi di divulgazione /informazione cliente.

L'attività informativa dell'AIC è tesa a comunicare un necessario grado di responsabilità a chi si candida a fornire un servizio ad una specifica comunità con forte condizionamento alimentare e di educare continuamente l'esercente alla preparazione di pietanze senza glutine e di evitare eventuali disguidi organizzativi. Il Progetto di informazione si rivolge, quindi, a tutti gli esercizi individuati at-

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AFC Alimentazione Fuori Casa

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traverso le segnalazioni di Soci AIC, di Aziende del settore e di Associazioni di categoria, che risul-teranno motivati ed oggettivamente idonei.

Quello appena descritto è il percorso standard applicabile a tutte le attività commerciali sopra ri-portate; oltre ai contenuti generici e di base, uguali per tutti, vi saranno alcuni che differiscono solo per la specificità del prodotto offerto.

Dei Progetti elencati vi sono alcuni, quali Alimentazione in Viaggio, Crociere, Vending, per cui si è studiato un percorso informativo speciale. Si prova farne una breve descrizione:

“Alimentazione in Viaggio” si rivolge a quelle attività di Ristorazione Commerciale, che han-no come target persone in movimento che consumano i loro pasti in aree aeroportuali, autostradali, in stazioni ferroviarie, in centri commerciali ed in centri cittadini. Il percorso informativo prevede l'organizzazione di un Corso Base nella sede centrale o in una filiale dell'Azienda interessata al per-corso con AIC. L'informazione ha una strutturazione a pioggia, poiché sarebbe impossibile infor-mare direttamente e contemporaneamente tutto il personale dell'Azienda, data la sua specifica orga-nizzazione in turni che coprono le 24 ore, e il notevole numero di dipendenti. Il personale docente di AIC si occupa dell'istruzione degli area-trainers o dei Responsabili di ciascun punto ristoro, i quali ripropongono i contenuti ricevuti agli operatori, quali interlocutori diretti del cliente celiaco. Solita-mente i prodotti offerti sono prevalentemente una selezione accurata in un corner nel Market e piat-ti surgelati senza glutine e riscaldati. In ogni caso tutti i prodotti selezionati sono tra quelli natural-mente privi di glutine, quelli presenti nel Prontuario AIC degli Alimenti, quelli notificati dal Ministe-ro e quelli con Marchio Spiga Sbarrata.

“Crociere” è tra i Progetti più giovani che ambisce ad offrire un servizio in sicurezza anche a chi sceglie la Crociera come forma di vacanza. Come per l'alimentazione in viaggio si procede con una formazione a cascata, poiché risulta difficile raggiungere le navi nei diversi porti ed offrire for-mazione completa a tutto il personale di bordo. Il percorso è però estremamente accurato: non solo si disciplina il tipo di menù offerto ed i relativi prodotti di approvvigionamento, ma anche dove e ad opera di quali figure avviene la preparazione delle portate. Si utilizza lo strumento dell’Audit per va-lutare la preparazione del personale di Bordo prima dell'ingresso di ciascuna nave nel network e per i controlli periodici. Può capitare che non si possa inserire nel network l'intera flotta di una compa-gnia a causa delle difficoltà di inviare prodotti di approvvigionamento sicuri in alcune tratte partico-larmente distanti.

Il “Vending” è una realtà commerciale in espansione e le recenti attività mosse nel settore per-seguono la finalità di una sana ed equilibrata alimentazione, nel tentativo di non demonizzare il di-stributore automatico come causa di obesità e cattiva alimentazione, ma anzi di trasformarlo in stru-mento divulgativo per una buona educazione alimentare. In questo amplio riassetto ha trovato spa-zio anche il Senza Glutine, con la presenza di snack e bevande idonee al celiaco preventivamente controllate con l'azienda di distribuzione, realizzando una procedura che non crei problemi di con-taminazione e di confusione tra prodotti idonei e non al celiaco.

Nel tempo questi stessi progetti possono subire variazioni come restrizioni ed ampliamenti, an-che grazie al continuo feed-back che offrono gli associati e gli operatori che con AIC hanno deciso di collaborare.

Si può concludere affermando che da un limite può nascere una possibilità, il limite può diven-tare una risorsa, se ben conosciuto e rispettato.

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AFC Alimentazione Fuori Casa

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Adriano Pucci

Tossicità del glutine e tolleranza individuale

Concentrazione del glutine

Quantità di glutine assunta

L imite di tossicità del glutine: si può definire coma la max quantità di glutine che la totalità sta-tistica dei celiaci (quindi più del 99% della popolazione interessata e salvo casi ipersensibili), può assumere in un dato periodo, che fissiamo nel giorno, senza che la salute ne venga com-

promessa.Occorre anche premettere che esiste una tolleranza individuale difficilmente definibile. Una recente indagine AIC, coordinata dal prof. Carlo Catassi di Ancona e pubblicata nel genna-

io 07 da “American Journal of Clinical Nutrition”, ha dimostrato che 10 mg/giorno di glutine sono tollerati da tutta la popolazione celiaca, mentre 50 mg/giorno possono essere dannosi.

Non è stato possibile verificare i valori intermedi tra 10 e 50 mg/g., quindi allo stato attuale AIC considera 10 mg/g la quantità massima giornaliera che i celiaci possono tollerare.

La concentrazione di glutine, che si esprime in ppm (parti per milione), è la max quantità di mg di glutine che si trova in un Kg di prodotto secco.

Attualmente il mercato mondiale del dietoterapeutico offre alimenti con due livelli di massima quantità di glutine consentita: 20 e 100 ppm (20 ppm=20 mg di glutine in un Kg di prodotto secco, 100 ppm=100 mg di glutine in un Kg di prodotto secco)

La quantità di glutine che si assume è pertanto in funzione della concentrazione e della quantità giornaliera di alimenti che si ingerisce; per chiarire meglio il concetto, facciamo degli esempi che indi-cano la quantità giornaliera di prodotto di alimenti, a varie concentrazioni, che fanno assumere sem-pre 10 mg di glutine:&500 g di prodotto a 20 ppm &100 g di prodotto a 100 ppm&50 g di prodotto a 200 ppm

In conclusione. il celiaco potrebbe tollerare qualsiasi concentrazione di glutine, con quantità

Glutine: tossicità e concentrazione

AIC - Vademecum 2008 146

però inversamente proporzionali alla concentrazione stessa: il prodotto concentrazione (espressa in mg/Kg) per la quantità (espressa in Kg di alimenti) non deve essere superiore a 10 (mg)

Una domanda logica che ci si può porre riguarda la ragione per la quale in molti paesi del nord Europa si accetta la tolleranza di 100 ppm sui prodotti per celiaci contro i 20 ppm ammessi in altri paesi tra cui l'Italia.

Per rispondere in modo esaustivo occorre premettere che:&le abitudini alimentari di quei paesi sono diverse da quelle del sud Europa ed in particolare di chi

segue la dieta mediterranea, che fa ampio uso di prodotti con frumento (pane, pasta, pizza, …). Ciò si traduce, per la dieta senza glutine, in un maggiore utilizzo dei prodotti dietetici sostitutivi del frumento. Un recente studio sulle abitudini alimentari dei celiaci europei (European Journal Gastroenterology Hepatology 2006, 18:1187 – 1195), ha confermato che i celiaci italiani consu-mano i prodotti dietetici in quantità sensibilmente maggiori rispetto ad altri,

&i prodotti indicati come a 200 ppm, che impropriamente vengono chiamati senza glutine (visto che senza equivale a zero), risultano nella realtà con valori medi di concentrazione di circa 50-60 ppm e valori singoli mai superiori a 100 ppm (rif. indagini su prodotti presi random sul merca-to),

&ne deriva che, consumando in nord Europa minori quantitativi di prodotti dietetici, sostitutivi del frumento, l'assunzione di glutine effettiva non sia significativamente superiore alla media di 10 mg/g.Tali associazioni, sostenute dai loro consulenti scientifici, sostengono che i prodotti a 20ppm so-

no più costosi e di peggiore palatabilità. Il mercato Italia del senza glutine contraddice pienamente questa opinione: i prodotti sono numerosi, migliorano ogni giorno in termini qualitativi ed il prezzo (che in realtà non è poi così diverso da quello dei prodotti venduti all'estero) è condizionato, sem-mai, dal sistema distributivo e dall'erogazione del SSN, che rendono la domanda di questo bene ane-lastica rispetto alla variabile prezzo.

Assunto, quindi, che le ragioni addotte dai paesi del nord d'Europa non hanno, per AIC, alcun fondamento, noi rivendichiamo il principio di cautela, fino a contrarie ed inconfutabili evidenze scientifiche. Non si tratta di una posizione “inventata” da AIC, particolarmente conservatrice od oscurantista. A sostenere che il principio precauzionale debba sempre orientare “le decisioni da compiere per proteggere la salute, quando i dati scientifici concernenti il rischio non sono conclusi-vi o incompleti “ è l'art 7 delle Disposizioni Generali Alimentari della norma 178/2002 dell'Unione Europea.

Ci conforta, a conferma della validità nostra posizione, che nel Febbraio 2007, la FDA america-na (Food and Drug Administration) ha scelto il limite di 20 ppm per i prodotti alimentari idonei alla dieta del celiaco.

Limiti di concentrazione ammessi nel mondo

AIC - Vademecum 2008 147

Glutine: tossicità e concentrazione

L a Commissione Eucaristia iniziò la sua attività nel febbraio del 2000, quando ebbe l'incarico di affrontare due questioni che impedivano ai celiaci di accostarsi alla Comunione Eucari-stica sotto la specie del pane. La Chiesa Cattolica poneva la condizione (lettera circolare del-

la Congregazione per la Dottrina della Fede 19 giugno 1995) che l'unica materia valida per la Con-sacrazione dovesse contenere una certa quantità di glutine. La scienza medica, invece, riteneva asso-lutamente indispensabile per la salute del celiaco una dieta rigorosamente priva di glutine.

Ne derivò che i celiaci, che allora volevano fare la Comunione, potevano farlo solo sotto la spe-cie del vino, con tutte le difficoltà pratiche e i disagi psicologici che ne potevano scaturire. Una mag-giore attenzione al problema si ebbe con la “Nota esplicativa” del Vescovo Vittorio Fusco della Dio-cesi di Nardò-Gallipoli e la testimonianza di don Silvio Santovito, prete celiaco.

Sia la condizione posta dalla Chiesa sia quella posta dalla medicina sono tutt'ora legittime ed in-sormontabili, quindi, l'impegno della Commissione è stato quello di individuare l'elemento di ac-cordo fra le due parti: trovare delle ostie che avessero requisiti accettabili per l'una e l'altra posizione.

Dopo ampie ricerche e costante dialogo con le autorità ecclesiastiche, con il Comitato Scientifi-co Nazionale e con le Commissioni specifiche dell'AIC, fu trovato e sottoposto ad analisi di labora-torio un tipo di ostia, prodotto ed autorizzato in Germania, diffuso in Italia (Arcidiocesi di Udine), a base di amido Cerestar (di origine frumentale) a basso contenuto di glutine (inferiore a 10 ppm). A questo risultato hanno contribuito in modo determinante: Carlo Catassi (Comitato Scientifico Na-zionale), Laura Scafuri (Commissione Kit), Don Sergio Severi (rapporti con l'U.L.N.). La documen-tazione fu trasmessa alla Conferenza Episcopale Italiana ed alle diverse Congregazioni della Santa Sede, le quali, accogliendo favorevolmente la richiesta, orientarono l'Ufficio Liturgico Nazionale a dare istruzioni pratiche a tutte le diocesi italiane con il Comunicato del 18 ottobre 2001 “La Comu-nione dei celiaci in Italia”. Si riporta il testo integrale della lettera a pagina 150, per la sua fondamen-tale importanza.

Nel 2004 la Commissione ricevette una segnalazione che metteva in dubbio la validità di alcune ostie circolanti in Italia, fu disposta una serie di verifiche analitiche sulle ostie prodotte dalle ditte: SICOM di Betteni Alberto & C. sas, ARTE SACRA di Candotti Claudio (che non produce, ma com-mercializza le particole fabbricate dalla ditta Franz Hoch, Germania).

Le analisi di laboratorio sono state coordinate dal Prof. Arlorio, del Dipartimento di Scienze Chimiche, Alimentari, Farmaceutiche e Farmacologiche dell'Università di Novara ed hanno previ-sto l'impiego di tecniche all'avanguardia compresa l'analisi del DNA. La verifica, inoltre, è stata ri-

La Comunione ai celiaci

Antonio Camisa

AIC - Vademecum 2008 148

volta ad accertare l'eventuale presenza di altre specie vegetali diverse dal frumento, in questo modo si è constatato che le particole di entrambe le ditte contenevano tracce di avena o riso. A tal proposi-to il Prof. Arlorio, nelle note conclusive della sua relazione, non esclude che tale fenomeno si sia veri-ficato per contaminazione casuale della materia prima durante il trasporto o da impianto di produ-zione.

L'Associazione Italiana Celiachia, per ulteriore garanzia, ha acquisito apposite dichiarazioni dal-le ditte produttrici che attestano che la materia prima utilizzata per la produzione delle ostie per i ce-liaci è esclusivamente l'amido di frumento Cerestar ed escludono qualsiasi tipo di contaminazione all'interno dei locali di produzione.

Pertanto, alla data del 21.07.2005 le particole prodotte dalle suddette ditte sono da considerarsi idonee al consumo da parte del celiaco, poiché:

a) la percentuale in glutine è conforme ai limiti di tolleranza riconosciuti dal Comitato Scientifi-co Nazionale dell'AIC: "il quantitativo di glutine in esse presente (inferiore a 20 ppm e quindi assi-milabile ai “migliori” prodotti dietetici per celiaci) è tale da farle ritenere prive di potenziali effetti in-desiderati per il celiaco, anche nell'eventualità di un uso quotidiano".

b) la materia prima impiegata è l'amido di frumento Cerestar (Triticum spp) in conformità alle norme stabilite dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (lettera circolare del 19 giugno 1995 ai Presidenti delle Conferenze Episcopali): "le condizioni di validità della materia per l'Eucaristia so-no le ostie nelle quali è presente la quantità di glutine sufficiente per ottenere la panificazione senza aggiunta di materie estranee e purché il procedimento usato per la loro confezione non sia tale da snaturare la sostanza del pane".

Si è ritenuto doveroso sottoporre all'attenzione dell'Ufficio Liturgico Nazionale i risultati della verifica, al fine di dirimere i dubbi sollevati e poter tranquillizzare i celiaci in Italia e in tutti i paesi del mondo. La risposta dell'U.L.N. non si è fatta attendere.

Rimangono ancora non soddisfatte due nostre richieste: 1.riguarda l'abolizione della presentazione del certificato medico da parte dei fedeli celiaci (nor-

ma emanata con la lettera del 19 giugno 1995 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede);2. riguarda le ditte, le quali dovrebbero impegnarsi ad apporre su ogni confezione di particole

un'etichetta quanto più possibile completa e chiara: ingredienti, quantità di glutine presente, scaden-za, indirizzo della ditta produttrice.

Le ostie prodotte dalla Ditta: Franz HOCH GmbH, Hostien-und Oblatenfabrik, Postfach 1465 – D 63884 Miltenberg am Main (Germania) sono commercializzate in Italia dalle ditte:

Ars Nova S.a.s. Arte Sacra, di Giacomo Gnutti, Via Tosio,1 - Brescia Tel. 030.3755124Arte Sacra di Candotti, Via Treppo, 10 - Udine Tel. 0432.502065

Le Ostie prodotte in italia sono della ditta:Sicom di Betteni Alberto & C. Sas, Via Bettole, 14 - Borgosatollo (Bs)

Tel. 030.2500444 - Fax 030.2703178

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Comunione ai celiaci

AIC - Vademecum 2008 149

Comunione ai celiaci

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I l marchio Spiga Barrata è ormai diventato un simbolo universale di riconoscimento immediato dei prodotti alimentari idonei al celiaco.

Coeliac UK, l'Associazione Celiachia inglese, lo ha registrato per prima nel Regno Unito nel 1986 e ha poi concesso alle altre Associazioni dei celiaci, riunite nell'AOECS (Association of Europe-an Coeliac Societies, la Federazione delle Associazioni nazionali europee dei celiaci), di registrare la proprietà del logo nel proprio territorio di competenza.

L'Associazione Italiana Celiachia ha registrato il logo della Spiga Barrata in Italia nel 1995. Da quel momento l'AIC è diventata proprietaria dei diritti di utilizzo del marchio per quanto riguarda il mercato italiano e ne ha cominciato la concessione controllata.

Il logo della Spiga Barrata è riconosciuto da tutti come indicatore universale di assenza di gluti-ne, ma ne vengono spesso confuse la proprietà, le modalità di utilizzo e i prodotti destinatari. Vedia-mo allora di precisare che:&Il logo è di esclusiva proprietà dell'AIC che lo concede a tutti i prodotti alimentari appartenenti

alle categorie “a rischio” di cui abbia verificato la sicurezza e l'idoneità per il celiaco.&Il logo non è concesso a prodotti alimentari naturalmente privi di glutine, come l'acqua minerale,

il riso in chicchi, i formaggi tradizionali, la frutta e la verdura tal quali, la carne e il pesce tal quali.&Il logo può essere concesso non solo ai prodotti dietetici “senza glutine” erogabili dal Sistema

1 Sanitario Nazionale (pane, pasta, prodotti da forno dolci e salati), purché abbiamo concluso po-

La storia della Spiga Barrata

Il logo e le sue regole

®

Il marchioSpiga Barrata

Susanna Neuhold

Coordinamento Area Alimenti

1 Analogamente alla concessione d'uso del logo Spiga Barrata, l'erogabilità di un prodotto 'senza glutine' segue una proce-dura di autorizzazione gestita dal Ministero della Salute, in totale autonomia dall'AIC. L'autorizzazione si divide in due fasi: autorizzazione dello stabilimento produttivo e notifica dei singoli prodotti senza gluti-ne con successivo inserimento nel Registro Nazionale degli Alimenti. Il tutto viene gestito dal Ministero in collaborazione con le ASL territorialmente competenti.

AIC - Vademecum 2008 151

sitivamente le procedure di notifica, ma anche a tutti i prodotti alimentari del libero commercio di categorie a rischio di contenere glutine (salumi, gelati, sughi, salse, preparati per brodo, inte-gratori alimentari, ecc.), purché ne sia stata preventivamente accertata l'idoneità al celiaco (per la definizione precisa di queste categorie, vedere i capitoli dedicati alla Dieta del celiaco ed al Pron-tuario).

&Il logo può essere riportato sulle etichette/confezioni dei prodotti verificati e per i quali sia ter-minata positivamente la procedura di concessione.

&Il logo è concesso solo per prodotti alimentari idonei al celiaco (e unicamente per pubblicazioni informativo/pubblicitarie come depliant, cartelloni, pubblicità su riviste, ecc,. relative ai prodot-

2ti a cui è stato concesso) e per nessun altro tipo di prodotti commerciali .&Il logo deve rispettare le dimensioni, le forme e le proporzioni stabilite dall'AIC, deve essere uni-

camente rosso su sfondo bianco o bianco su sfondo rosso (i due colori della nostra Associazio-ne) e deve riportare sempre accanto la “r” di registrato.

&Qualsiasi etichetta, confezione o pubblicazione che riporti il logo deve essere preventivamente sottoposta all'approvazione di AIC che in questo modo vigila sul corretto utilizzo del simbolo della Spiga Barrata.Il logo, quindi, non indica genericamente prodotti idonei al celiaco perché senza glutine, ma so-

lo ben determinati prodotti alimentari che sono stati sottoposti ad una rigorosa procedura di valuta-zione e controllo che perdura per tutto il periodo di concessione d'uso del marchio. Vediamola nel dettaglio.

Destinatari del marchio sono prodotti alimentari per i quali sia stata accertata l'idoneità al con-sumo da parte dei celiaci e cioè contenuto di glutine inferiore ai 20 ppm, secondo quanto indicato dalla nostra Associazione e dal Ministero della Salute (nota del Direttore Generale, Dipartimento Alimenti Nutrizione e Sanità Pubblica Veterinaria, prot. 600.12/ AG32/2861, del 2 ottobre 2003).

Sino al 2005 l'accertamento dell'idoneità degli alimenti avveniva esclusivamente attraverso la Certificazione di prodotto senza glutine, realizzata, per conto e secondo indicazioni di AIC, dall'organismo di certificazione SGS Italia. Dal 2006 AIC si è dotata di una struttura tecnica auto-noma per realizzare direttamente tutte le attività necessarie alla valutazione dei prodotti che richie-dono l'utilizzo del Marchio Spiga Sbarrata.

Tali attività sono state formalizzate all'interno di un Disciplinare Tecnico riportante i requisiti di gestione, produzione e controllo che l'Azienda deve soddisfare per garantire il contenuto in glutine <20 ppm per le sue produzioni a marchio Spiga Sbarrata.

Il Disciplinare riporta anche la descrizione delle modalità delle attività di monitoraggio effettua-te dal personale tecnico AIC. Il monitoraggio delle aziende aderenti al progetto copre infatti tutto l'arco di tempo di licenza d'uso del logo, dalla prima concessione al rinnovo della licenza (che nor-malmente viene concessa per tre anni).

Le procedure di concessione del marchio Spiga Barrata

2 Unica deroga a questa regola consiste nell'utilizzo del logo Spiga Barrata ad opera delle Associazioni AIC Regionali. Come recita, infatti, l'articolo 4 dello Statuto AIC, le AIC regionali “(…) hanno diritto ad utilizzare il marchio solo per la promozio-ne ed identificazione di quelle attività istituzionali analoghe a quelle riportate nel presente statuto; le Associazioni socie della Federazione potranno quindi utilizzare il marchio nei seguenti casi: 1- raccolte pubbliche di fondi; 2- targhe, pubblicazioni, materiale informativo e pubblicitario generico e di eventi specifici promossi dalle Associazioni so-cie; 3- carta intestata, biglietti da visita dei rappresentanti delle Associazioni socie”.

Il marchio Spiga Barrata

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In occasione della prima visita ispettiva (audit) di concessione del marchio, viene condotta un'approfondita analisi del piano di autocontrollo dell'Azienda, per verificare che i controlli analitici eseguiti dall'Azienda, la formazione del personale, la valutazione della criticità delle materie prime utilizzate e dei fornitori dell'Azienda, le pulizie degli impianti ed in generale tutte le procedure messe in atto, siano state formulate in modo tale da prevenire efficacemente il rischio di presenza di glutine nei prodotti finiti destinatari del logo Spiga Sbarrata.

Durante l'audit di concessione presso lo stabilimento produttivo e poi periodicamente, durante le visite ispettive di sorveglianza, gli ispettori (auditor) AIC prelevano campioni di prodotti finiti e materie prime che vengono avviati a laboratori d'analisi accreditati per la quantificazione del conte-nuto in glutine, controllano la documentazione presente in azienda, in particolare verificando le regi-strazioni dei controlli e delle pulizie e di tutto quanto sia stato considerato necessario a garantire l'assenza di glutine, intervistano il personale per verificarne il grado di conoscenza delle problemati-che connesse al rischio di presenza accidentale di glutine nei prodotti finiti, verificano impianti di produzione e magazzini di stoccaggio.

La Spiga, quindi, indica i soli prodotti il cui processo produttivo è stato esaminato e valutato per garantire l'idoneità dei prodotti per la dieta del celiaco.

Con questo Progetto, AIC porta sul mercato un simbolo riconosciuto universalmente, più faci-le da individuare e tranquillizzante, perché il celiaco è consapevole che la Spiga è sinonimo di verifi-ca e controllo e quindi garanzia di un elevato standard di sicurezza.

Come faccio ad essere sicuro che il logo è quello concesso dall'AIC e non un caso di abuso?

Sul Prontuario AIC degli Alimenti, in ogni numero di Celiachia Notizie e sul sito ufficiale di AIC (www.celiachia.it), nelle pagine dedicate al marchio Spiga Barrata, è presente l'elenco dei pro-

3dotti con marchio Spiga Barrata concesso da AIC . AIC, in questo modo, vuole garantire un servizio di informazione che non solo indica i prodotti

cui il marchio è stato concesso, ma evidenzia così tutti quelli che nel mercato ancora utilizzano sim-boli affini o del tutto simili al logo AIC, su cui però AIC non ha alcun controllo.

Abbiamo visto che, in Italia, i prodotti 'licenziatari' del marchio Spiga Barrata seguono una spe-cifica procedura di valutazione, concessione e controlli periodici. Vediamo ora di far chiarezza su co-me funziona la concessione del Marchio nel resto d'Europa.

Analogamente a quanto avviene in Italia, anche altre Associazioni europee concedono il mar-chio Spiga Barrata per i loro territori di competenza.

Le modalità sono però molto diverse da nazione a nazione, prevedendo, per la maggioranza dei casi, livelli di sicurezza minori rispetto allo standard di sicurezza garantito in Italia dall'AIC. Anche il

Alcune aziende, anche in buonafede, utilizzano un marchio simile a quello di AIC senza preventivamente richiedercene la concessione d'uso. AIC, verificato tale utilizzo, di solito su segnalazione diretta dei consumatori o attraverso le Associazioni Regionali Socie, procede immediatamente a contattare l'azienda, informandola della proprietà del marchio, del progetto seguito da AIC e delle procedure di concessione previste, nel tentativo di regola-rizzare la posizione di quest'ultima. Qualora l'azienda non intenda riconoscere la proprietà esclusiva della no-stra Associazione, AIC si vede costretta ad indire per vie legali.

E all'estero?

3Il Prontuario AIC viene aggiornato annualmente; i prodotti a marchio Spiga Barrata vengono automaticamente inseriti in Prontuario dove sono contrassegnati dal simbolo della Spiga Barrata. L'elenco su Celiachia Notizie risulta aggiornato ad ogni nuova pubblicazione (quadrimestralmente). L'elenco sul sito viene aggiornato in tempo reale.

Il marchio Spiga Barrata

AIC - Vademecum 2008 153

quantitativo massimo di glutine è diverso da nazione a nazione. In alcuni paesi il marchio Spiga Bar-rata garantisce i 20 ppm, ma, in altri, i 100 ppm o addirittura i 200 ppm.

È importante ricordare che, con “livello di sicurezza” si intende un preciso sistema di misure preventive e di controllo e la loro verifica, atto a garantire il limite prestabilito, a prescindere dal valo-re di quest'ultimo. Due prodotti, ad esempio, potrebbero garantire nominalmente la stessa soglia massima dei 20 ppm, ma mentre un prodotto potrebbe essere davvero sicuro, perché controllato con frequenza, perché messe in atto tutte le misure atte a prevenire il rischio di contaminazione, ecc., l'altro prodotto potrebbe avere un livello di sicurezza molto basso perché, ad esempio, potreb-be avere come unica forma di controllo un'analisi di quantificazione del glutine all'anno.

Cosa accade quindi quando un prodotto alimentare al quale il marchio sia stato concesso non da AIC, ma da un'altra Associazione straniera, membro dell'AOECS, si trovi in commercio sul merca-to italiano?

AIC riconosce allora l'autorizzazione concessa dall'Associazione straniera, previa verifica della validità del marchio, richiedendo l'evidenza della concessione all'utilizzo (di solito una lettera di auto-rizzazione in carta intestata dell'Associazione straniera), ma, contestualmente, cerca di chiarire ai su-oi associati la differenza tra i prodotti con Marchio concesso da AIC e quelli con Marchio concesso da altra Associazione, tramite la pubblicazione dell'elenco dei prodotti a marchio Spiga Barrata dell'AIC sul sito, sul Prontuario e su Celiachia Notizie.

Ad un'Azienda che intenda avere inseriti i propri prodotti già contrassegnati con il Marchio con-cesso da un'altra Associazione all'interno di questi elenchi, AIC richiede di integrare lo standard di si-curezza garantito dalle modalità di concessione già attuate con eventuali ulteriori controlli da parte di AIC, in modo da poter raggiungere lo stesso livello di sicurezza di tutti i prodotti Spiga Barrata 'ita-liani'.

A livello europeo permane però innegabilmente una situazione di confusione, quantomeno per quei consumatori celiaci che si trovino a vivere per un periodo più o meno lungo all'estero e per quel-le aziende che intendano esportare i propri prodotti in altri Paesi.

Proprio per queste ragioni, da circa due anni, all'interno dell'AOECS si è costituito un Gruppo di Lavoro, cui partecipa anche AIC, per lavorare alla progettazione di un sistema comune per la con-cessione del Marchio Spiga Barrata.

Scopo del Gruppo di Lavoro è quello di raggiungere un sistema di regole comune che, in sintesi, preveda:&identiche modalità di concessione;&medesimo standard di sicurezza garantito e medesimo limite massimo di glutine garantito;&validità della concessione del Marchio per tutto il mercato europeo.

Per poter essere aggiornati sui lavori del Working Group AOECS, oltre che su tutto quanto ri-guarda il marchio Spiga Barrata, vi ricordiamo le pagine sul sito AIC dedicate al marchio Spiga Bar-rata.

Ogni aggiornamento sarà comunque riportato anche su Celiachia Notizie, nelle pagine dedicate al Team Alimenti e nella prefazione del Prontuario.

Il Working Group AOECS

Il marchio Spiga Barrata

AIC - Vademecum 2008 154

Procedura per la concessione del Marchio Spiga Barrata

Valutazione affidabilitàdel fornitore

Qualifica Fornitori

Gestione delle materie prime

Addestramento

Gestione Processo produttivo:• Verifica avviamento produzione• Controlli di processo• Verifica conformità prodotto finito

Gestione reclami

Gestione delle non conformità

Identificazione e Rintracciabilità

Gestione Documentazione

Non conformità minori

Esito positivo

Adeguamento del sistema

Non conformità maggiori

Azioni correttive

Verifica piano

azioni corretive

Approvazione

Audit Modifiche

Verifica modifiche

Concessione Marchio

Il marchio Spiga Barrata

AIC - Vademecum 2008

Si No

®

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Etichettatura:la disciplina degli allergeni

C on il decreto 8 febbraio 2006 n. 114 e successive modificazioni è stata data attuazione ad al-cune direttive comunitarie in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, in particolare la direttiva 2003/89/CE, mediante la quale è stato prescritto che ai consumatori che sof-

frono di allergie o intolleranze alimentari siano fornite le necessarie informazioni per conoscere l'esatta composizione dei prodotti. La citata direttiva, pur migliorando il sistema di etichettatura per rispondere alle esigenze specifiche dei soggetti interessati, non risolve assolutamente tutti i proble-mi ad essi legati ma rappresenta solo uno dei modi più incisivi di soluzione. Né i soggetti interessati possono risolvere i loro problemi attraverso la semplice lettura delle etichette. La direttiva, che modi-fica le vigenti disposizioni per quanto riguarda l'indicazione degli ingredienti, mira tuttavia a garanti-re un elevato livello di tutela della salute dei consumatori e una idonea e adeguata informazione in particolare attraverso l'indicazione degli ingredienti. Questo obiettivo viene realizzato anche me-diante la soppressione delle deroghe contenute nella direttiva quadro 2000/13/CE. Talune disposi-zioni concernenti gli ingredienti derivati da allergeni sono state integrate con la previsione dell'obbligo di menzionare tali sostanze accompagnate da un riferimento all'allergene da cui deriva-no, salvo il caso di allergeni che già figurano nell'etichettatura.

Brevemente, gli aspetti qualificanti della normativa, il nostro decreto legislativo 114/06 e suc-cessive modifiche, sono i seguenti:

Viene modificato il decreto legislativo n. 109/92 per quanto riguarda gli ingredienti dei prodotti alimentari destinati

a) ad essere consegnati come tali al consumatore finale, preconfezionati o sfusi;b) ad essere consegnati a ristoranti, ospedali, mense e collettività analoghe.Nessun prodotto è escluso dal campo di applicazione, compresi quelli che sono oggetto di una specifica regolamentazione comunitaria quali i grassi da spalmare (burro, margarina e rela-

tive miscele), vini, vini aromatizzati e simili, bevande spiritose.

Gli ingredienti finora indicati col nome della categoria di cui all'all. 1 del decreto n. 109/92 devo-

Campo di applicazione

Speciali categorie

Giuseppe De Giovanni

AIC - Vademecum 2008 156

Esperto di legislazione alimentare,già dirigente del Ministero Attività Produttive

no essere completati col riferimento all'eventuale allergene che figura nella miscela o nel miscuglio. Ad esempio l'olio vegetale che contiene olio di arachide dovrà figurare come “olio vegetale (contie-ne olio di arachide)”. A tal fine risultano soppresse due categorie “frutta candita” e “ortaggi”.

È stato redatto un elenco di sostanze, che hanno un potenziale allergenico scientificamente ac-certato. L'elenco è suscettibile di revisione da parte dell'Unione Europea sia per cancellare le sostan-ze che non dovessero più risultare tali da provocare reazioni indesiderate sia per aggiungere altri al-lergeni, secondo la procedura prevista dalla stessa direttiva.

È abolita la cosiddetta regola del 25% che consentiva di non enumerare gli ingredienti degli in-gredienti composti utilizzati in quantità inferiore al 25 per cento del prodotto finito. Secondo la nuo-va regola la composizione degli ingredienti composti può non essere riportata, a condizione che non contengano allergeni, solo nel caso di:

a)ingredienti composti definiti dalla legislazione comunitaria (quali i prodotti di cacao e ciocco-lato e le confetture di frutta) e che rappresentano meno del 2% del prodotto finito;

b)ingredienti composti costituiti da miscugli di spezie e/o erbe che costituiscono meno del 2 % del prodotto finito, ad eccezione degli additivi;

c)ingredienti per i quali non sia prescritta la lista degli ingredienti quali formaggi e burro.

È stata prevista una lista di sostanze derivate che sono esentate dall'obbligo dell'indicazione nei casi e alle condizioni previste dallo stesso decreto legislativo n. 114/06 in quanto è stato accertato che, a seguito dei processi tecnologici cui sono sottoposte, non sono tali da provocare reazioni.

La lista delle esenzioni è una lista aperta nel senso che gli operatori interessati possono segnalare ai competenti Uffici della Commissione europea (Dir. Gen. SAN.CO) gli studi scientifici circa la non allergenicità delle sostanze derivate. La Commissione a seguito di parere dell'Autorità per la si-curezza alimentare, può modificare l'elenco delle esenzioni.

Gli allergeni, salvo pochi casi, figurano già, a norma del decreto legislativo n. 109/92, nella deno-minazione di vendita o nell'elenco degli ingredienti del prodotto finito.

I problemi si pongono quando non ricorrono queste due condizioni o in presenza di una so-stanza derivata che non porta alcun riferimento all'allergene da cui deriva.

È su questi aspetti molto delicati che si attira l'attenzione. Gli operatori devono prestare una par-ticolare attenzione ai seguenti prodotti:'ingredienti composti, semilavorati;'additivi, additivi carry over;'aromi;'erbe, spezie;'preparati a base di vitamine e minerali;

Elenco degli allergeni

Ingredienti composti

Sostanze derivate

Applicazione

AIC - Vademecum 2008

Etichettatura: la disciplina degli allergeni

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'

'solventi e supporti delle sostanze predette;'bevande alcoliche.

Anche se il decreto legislativo n. 109/92 si applica ai prodotti destinati al consumatore e alle col-lettività e non anche ai prodotti destinati ad ulteriori trasformazioni.

Per poter essere sempre sicuri di effettuare la rintracciabilità nei termini e nei modi previsti dal Regolamento (CE) n. 178/2002 e garantire la corretta informazione dei consumatori occorre avere una completa conoscenza degli ingredienti utilizzati.

I fornitori, soprattutto di preparati e di semilavorati, sono tenuti a fornire ai loro clienti le neces-sarie informazioni al riguardo anche se l'articolo 17 del decreto legislativo 109/92 non prescrive in questo caso l'obbligo di fornire la lista degli ingredienti.

La norma nulla prevede in materia di contaminazione accidentale, di presenza di tracce di so-stanze non utilizzate quali ingredienti. Il rischio della contaminazione dovrebbe essere considerato nell'ambito delle procedure di autocontrollo. Pertanto le imprese interessate possono pur sempre ri-portare sull'etichetta o sui cartelli diciture relative alla eventuale presenza di tracce, del tipo “ può contenere tracce di …”, con l'invito a non esagerare evitando in tal modo ogni forma di allarmismo.

Per quanto riguarda l'elenco degli allergeni sono utili le seguenti informazioni su taluni di essi: tali cereali devono figurare obbligatoriamente con il loro nome

(grano o frumento, segale, ecc.). I derivati, quali pane, pasta e farine di.., non necessitano di ulte-riori precisazioni oltre a quanto già figura nella denominazione di vendita o nell'elenco degli in-gredienti. Tuttavia non è vietato evidenziare che il prodotto contiene glutine.

la voce comprende le uova di tutte le specie di animali ovipari.la voce comprende tutte le specie di pesci; non è necessario esplici-

tare il genere (pesce) quando l'informazione sia garantita mediante indicazione della specie co-mune di pesce utilizzato (es. tonno, alice, orata, sogliola, merluzzo); anche i molluschi ed i cro-stacei sono compresi nella lista degli allergeni.

attenzione agli eventuali sinonimi (es. noccioline).la voce riguarda tutti i tipi di latte. Per quanto riguarda

i derivati i prodotti che palesemente sono commercializzati con nomi che fanno riferimento al latte (gelato al latte) o con nomi che certamente sono identificativi di prodotti caseari (formag-gio, yogurt, parmigiano reggiano, grana padano, provolone, gelato alla crema) non sono richie-ste ulteriori precisazioni oltre quanto prescritto. Nel caso della commercializzazione di derivati posti in vendita in imballaggi non trasparenti o la cui denominazione di vendita non identifica esattamente il prodotto e non figura l'elenco degli ingredienti (tollenser, gouda) occorre fornire una idonea informazione: o l'uso della parola “formaggio” o l'elenco degli ingredienti.

la lista è per ora esaustiva.

la soglia dei 10 mg/kg o 10mg/l deve essere calcolata sull'alimento finito pronto per il consumo, preparato secondo le indicazioni del produttore. L'obbligo di etichettatura si applica alla anidride solforosa e ai solfiti comunque presenti nei pro-

dotti finiti. Ciò significa che occorre considerare anche il contenuto naturale di solfiti e che il limite dei 10 mg si riferisce al prodotto finito e non all'ingrediente nella cui preparazione sono stati utiliz-zati.

coadiuvanti tecnologici;

Elenco allergeni

1) Cereali contenenti glutine:

2) Uova e prodotti derivati:3) Pesce e prodotti derivati:

4) Arachidi e prodotti a base di arachidi:5) Latte e derivati (compreso il lattosio):

6) frutta a guscio:7) Anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/l espressi

come So :2

AIC - Vademecum 2008

Etichettatura: la disciplina degli allergeni

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Ad esempio la quantità di solfiti presenti in un vino utilizzato nella preparazione di un salame va calcolata sulla quantità di salame e non sulla quantità di vino utilizzata.

1)Gli ingredienti allergenici sono menzionati in etichetta con la loro denominazione legale o con il nome generalmente conosciuto. Quando un ingrediente ha origini diverse, ne deve essere spe-cificata l'origine allergenica. Esempi:'lecitina di soia o lecitina (da soia); 'lecitina di uova o lecitina (da uova); 'fibre di frumento; 'amido di frumento.

2) La sostanza allergenica in un prodotto privo di elenco degli ingredienti può figurare nella de-nominazione di vendita (es. farina di frumento, filetti di alici) o nell'elenco degli ingredienti, casi nei quali non sono necessarie ulteriori indicazioni. Se la denominazione di vendita non è indicativa dell'allergene (es. vino frizzante) e manca l'elenco degli ingredienti, deve essere inserita in etichetta un'indicazione per evidenziare la presenza dell'allergene o degli allergeni, quale “contiene anidride solforosa” oppure “contiene solfiti”.

Nel caso di additivo allergene o derivante da allergene la messa in evidenza è fatta non per far co-noscere la funzione di impiego, non necessaria, ma per evidenziare la natura della sostanza.

3) Sostanza allergenica presente in un supporto o solvente di un additivo, di un aroma o di una vitamina, riportati in etichetta.

L'indicazione è effettuata tra parentesi, dopo l'additivo, l'aroma o la vitamina (se necessario pre-ceduta dalla parola “contiene” o “con”). L'indicazione non è richiesta quando la stessa sostanza è già indicata come ingrediente del prodotto finito.

4) Coadiuvanti tecnologici e carry over. Il nome della sostanza, sia allergene che derivato, deve figurare nell'elenco degli ingredienti o

completare il nome della sostanza. Esempio: maltodestrine da frumento.5) Ingrediente composto, disciplinato da normativa comunitaria, che costituisce meno del 2%

del prodotto finito.Non è richiesta l'indicazione, se non è allergene o derivato. La direttiva, come anche il decreto le-

gislativo, non riporta alcun altro riferimento. In relazione alle discussioni effettuate a livello di Con-siglio dei Ministri è possibile tuttavia indicare che il riferimento è fatto ai prodotti composti la cui composizione è disciplinata da specifiche direttive comunitarie attuate in Italia con:

a) decreto legislativo 23 agosto 1982, n. 774 e successive modificazioni relativo agli estratti di caffè; b) decreto legislativo 12 giugno 2003, n. 178 relativo ai prodotti di cacao e cioccolato;c) decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 49 relativo al latte totalmente o parzialmente disidratato;d) decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 50 relativo alle confetture, gelatine, marmellate e creme

di marroni;e) decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 151 relativo a succhi di frutta e prodotti similari.

6) Miscugli di erbe e/o spezie che costituiscono meno del 2% del prodotto finito Qualora nella composizione del miscuglio è presente un allergene la dicitura “erbe e/o spezie”

riporta l'aggiunta “contiene...” o simili, seguita dal nome dell'allergene.7) Anidride solforosa e solfiti. Nell'elenco degli ingredienti deve essere riportato il nome effetti-

vo come figura nel decreto del Ministro della Sanità 27 febbraio 1996 n. 209 (es.: conservante E 220 o conservante anidride solforosa). Qualora l'obbligo derivi dall'applicazione del decreto legislativo

Casi specifici

AIC - Vademecum 2008

Etichettatura: la disciplina degli allergeni

159

n. 114/2006, nella dicitura “contiene …” può non figurare la parola “conservante”.

Il decreto legislativo 114/06 ha un allegato contenente l'elenco delle esenzioni dall'obbligo dell'indicazione degli allergeni. È utile precisare che dette esenzioni riguardano essenzialmente pro-dotti che non riportano l'elenco degli ingredienti a norma delle specifiche disposizioni comunitarie ad essi applicabili e che sono suscettibili di revisione sulla base dell'evoluzione della ricerca scientifi-ca.

Esenzioni

AIC - Vademecum 2008

Etichettatura: la disciplina degli allergeni

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L a Farmacopea Europea dal 1999 ha imposto, per l'amido di frumento presente come ecci-piente, un contenuto proteico totale il cui quantitativo massimo è stato limitato alla misura dello 0,3% (quantitativo del tutto innocuo per il celiaco). Conseguentemente la linea guida

della Commissione Europea relativa alle informazioni da riportare su etichettatura e foglietto illu-strativo ha modificato l'avvertenza relativa all'amido di frumento a "il medicinale è adatto per i sog-getti affetti da malattia celiaca... L'amido di frumento presente può contenere glutine, ma solo in tracce, e per questo il farmaco è da considerarsi sicuro per i celiaci" (2003).

Inoltre il Ministero della Salute accogliendo la nostra richiesta su "Medicinali e celiachia" ha con-fermato di attuare le Norme Europee in materia; a tale proposito alleghiamo le seguenti comunica-zioni ufficiali del Ministero a pagina seguente.

Il documento afferma e conferma che i limiti imposti attualmente dalla Farmacopea Europea (il rispetto dei quali è verificato dall'Ufficio IV-Ministero della Salute) consentono di considerare adatti ai soggetti affetti da celiachia (intolleranti al glutine) anche i medicinali contenenti amido di frumen-to.

In ogni caso, questa informazione deve essere sempre riportata sull'etichettatura consentendo, così, una corretta informazione.

Tutte queste considerazioni non valgono invece per gli "allergici" all'amido di frumento (wheat starch).

Ricordiamo che quando nella composizione del farmaco troviamo come eccipienti: amido pre-gelatinizzato, carbossimetilamido, amido sodio glicolato oppure amido di frumento, non c'è perico-lo per il celiaco (intollerante al glutine).

Inoltre, questa direttiva fa riferimento ai farmaci (specialità e generici uso orale) e non ai para-farmaci (tipo integratori farmaceutici, alimentari, ecc...), nè ai prodotti venduti in erboristeria, che quindi non rientrano nelle considerazioni fatte precedentemente.

Il CSN di AIC nel 2003 accetta pertanto quanto comunicato nei suddetti documenti, precisan-do tuttavia che in caso di somministrazione cronica dei farmaci, l'eventuale ipersensibilità indivi-duale debba essere valutata caso per caso.

Farmacie glutine

Chus Roig

AIC - Vademecum 2008 161

AIC - Vademecum 2008 162

Farmaci e glutine

P ochi anni dopo la sua nascita, l'AIC nel 1982 ha raggiunto l'importante obiettivo dell'erogazione gratuita dei prodotti dietoterapeutici, che sono essenziali per poter seguire la dieta senza glutine (Decreto Ministeriale 1.07.1982). È una tappa fondamentale e un ri-

sultato che non ha, ancora oggi, trovato seguito in nessun altro paese.

Siamo partiti da una fornitura dei prodotti da parte delle Aziende USL entro limiti quantitativi, concordati con AIC, determinati sulla base del fabbisogno massimo per fascia d'età (da 5 a 12 Kg/mese) e con una scelta molto limitata.

Nel 2001 il decreto Veronesi (DM 8.06.2001) ha permesso di fare un ulteriore passo avanti:& l'erogazione dei prodotti rientra nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA),& viene istituito il “Registro nazionale degli alimenti destinati ad un'alimentazione particolare”& sono stabilite nuove modalità di erogazione.

Accanto a questi punti, sui quali concordiamo, ce ne sono tuttavia altri sui quali la posizione di AIC è stata critica:&la riduzione dei quantitativi di prodotti gluten-free - motivata dalla volontà di privilegiare una

dieta ricca di carboidrati complessi naturalmente privi di glutine, quali riso, patate, mais e legumi - se condivisibile per l'adulto, può incontrare delle resistenze e non essere accettata dai bambini e so-prattutto dagli adolescenti, le cui scelte sono spesso basate sul gusto e sulla volontà di uniformarsi agli altri più che sul rispetto di sani principi alimentari. In ogni caso sono quantitativi che non tengo-no conto delle diverse abitudini regionali;&l'introduzione dei nuovi tetti di spesa basati sul fabbisogno calorico per fascia d'età e sesso.

, con eccezione di casi non pa-ragonabili per dimensione del fenomeno (es.: Malta)

Quest'ultimo punto è stato particolarmente avversato da AIC che ha presentato ricorso al Tar del Lazio Che non abbiamo, purtroppo, vinto), perché non tiene conto di alcuni fatto-ri, a nostro avviso molto importanti: nella suddivisione per fasce d'età e sesso. Non si consi-dera affatto l'incremento del fabbisogno calorico nella donna in gravidanza e allattamento o nel caso in cui svolga un lavoro particolarmente faticoso o attività sportiva professionale; non si tiene conto che nei bambini fra i due e i tre anni e mezzo le 1300 calorie stabilite dal de-creto possono essere insufficienti mentre, viceversa, non è stata valutata la possibilità di limi-tare la quota calorica nelle persone al di sopra dei 65-70 anni d'età.Tornando invece alle modalità di erogazione dei prodotti, l'articolo 6 del decreto introduce

Elisabetta Tosi

Le modalità di erogazione dei prodotti senza glutine e la grande distribuzione

AIC - Vademecum 2008 163

un'importante novità: oltre ai presidi delle Aziende USL, i prodotti possono essere erogati di-rettamente anche dalle farmacie convenzionate o da altri fornitori incaricati dalle Aziende USL, secondo specifiche direttive emanate dalle Regioni. È questo articolo che ha posto le basi per allargare la distribuzione gratuita ai negozi specializzati e alla GDO (grande distri-buzione organizzata).Nel 2005 viene emanata la legge n. 123 del 4.07.2005, che nell'articolo 4 ribadisce il diritto all'erogazione gratuita dei prodotti dietoterapeutici senza glutine, rimandando al Ministero della salute l'adeguamento e la definizione dei limiti. Un anno dopo la legge un apposito De-creto Ministeriale, tuttora in vigore, stabilisce i limiti massimi di spesa (DM 4.05.2006), non mutandone il valore, sebbene si fosse registrata una riduzione dei costi dei prodotti pari al 6%.

Per fornire un'informazione corretta ed esauriente, dobbiamo comunque far presente che alcune Regioni hanno attualmente superato la differenza uomo-donna e che i limiti di spesa possono essere diversi (vedi ad esempio Regioni a statuto autonomo): per questo è op-portuno rivolgersi alla segreteria AIC della regione di residenza, che saprà dare informazioni più dettagliate sull'applicazione delle norme nel territorio..Da molto tempo AIC si sta impegnando a favorire l'ampliamento la rete di distribuzione gra-tuita dei prodotti senza glutine sia a livello nazionale che regionale sono in essere alcuni pro-getti che hanno come obiettivo da una parte facilitare la vita quotidiana del celiaco e dall'altra contribuire ad abbattere il costo elevato dei prodotti senza glutine, venendo incontro ad un'esplicita richiesta dei propri associati. In diverse regioni è già una realtà l'erogazione gra-tuita dei prodotti senza glutine tramite buoni di vario taglio emessi dalle Aziende Usl, che possono essere utilizzati non solo in farmacia ma anche nei negozi specializzati e nei punti vendita della grande distribuzione organizzata (GDO).Per AIC si tratta di un traguardo veramente importante, perché fornisce ai celiaci un servizio dalla doppia valenza, pratica e psicologica da un lato la comodità di fare la spesa senza gluti-ne nei negozi o al supermercato, quando e dove si fa quella per tutta la famiglia; dall'altro la “demedicalizzazione” della celiachia. Inoltre si viene a creare una concorrenza che potrà in-nescare – almeno questo è l'augurio di AIC – un meccanismo utile ad abbattere i costi trop-po elevati dei prodotti senza glutine.I primi risultati raccolti, tramite sondaggi svolti in più regioni con un questionario, dimostra-no il gradimento dei celiaci, anche se la scelta nella gdo non è certo paragonabile a quella del-le farmacie: teniamo infatti presente che adesso i prodotti inseriti nel Registro nazionale so-no oltre 1600, e il mercato è in continua crescita. In questo percorso non vogliamo certamente dimenticare che le farmacie mettono a dispo-sizione del celiaco un importante valore aggiunto, quale il rapporto diretto col farmacista e la sua professionalità, l'ampio assortimento e la presenza capillare sul territorio. Riteniamo

:

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AIC - Vademecum 2008

Le modalità di erogazione dei prodotti senza glutine e la grande distribuzione

Fascia d'età6 mesi - 1 anno fino a 3,5 anni fino a 10 anni eta adulta

Tetto mensile maschiEuro 45,00 Euro 62,00 Euro 94,00 Euro 140,00

Tetto mensile femmineEuro 45,00Euro 62,00Euro 94,00Euro 99,00

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però che sia nostro preciso dovere lavorare affinché siano monitorati anche i costi: non pos-siamo nascondere che il numero crescente di diagnosi fa aumentare sempre più la spesa pub-blica. Quello che adesso è un diritto acquisito potrebbe essere sempre rivisto e modificato.Infine vogliamo ricordare che AIC sta lavorando con il Ministero per far sì che i buoni siano spendibili circolarmente su tutto il territorio nazionale: questo soprattutto per facilitare gli spostamenti di chi studia o lavora e spesso si trova in grande difficoltà. Il Ministero ultima-mente ha dichiarato che potrebbe essere un obiettivo perseguibile in tempi stimati di due-tre anni e anche questo sarà un notevole passo avanti.

AIC - Vademecum 2008

Le modalità di erogazione dei prodotti senza glutine e la grande distribuzione

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AOECS Association of European Coeliac Societies

La AOECS fu fondata a Roma nel 1988 da un piccolo gruppo di associazioni celiache euro-pee con l'obiettivo principale di aumentare le conoscenze della condizione celiaca e di fare pressione politica (lobbying) per ottenere migliori standard per i cibi senza glutine. Da que-

sto inizio è cresciuta negli anni fino alla forma attuale. Oggi la AOECS è una organizzazione di tipo federativo ed è composta di 35 associazioni di 29

paesi europei con oltre 270.000 membri in tutto: Austria, Belgium, Bosnia e Herzegovina, Croazia, Republica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Ita-lia, Lussemburgo, Malta, Netherlands, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Russia, Serbia, Slo-vakia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito, e ci sono ancora altre associazioni che vor-rebbero entrare a farne parte. Le associazioni membri sono indipendenti e senza scopi di lucro.

Si occupa prevalentemente di problematiche di importanza europea ed internazionale. Coordi-na attività di comune interesse e promuove lo scambio d'informazioni tra gli associati. Per realizzare i suoi obbiettivi l'AOECS:&lavora a livello europeo (anche attraverso il Codex Alimentarius) per ottenere normative riguar-

danti i prodotti dietetici senza glutine;&lavora a livello europeo per avere leggi e regolamenti anche per quello che concerne

l'etichettatura dei prodotti del libero mercato: per dare un'esempio concreto, l'AOECS è stata attiva nell'ottenere la dicitura in etichetta della presenza di glutine nei prodotti alimentari a livello europeo; &lavora per l'incremento della circolazione dei prodotti senza glutine in ambito europeo;&coordina lo scambio di informazioni riguardanti la condizione degli intolleranti al glutine e di

soggetti con dermatite erpetiforme;&mette a disposizione delle associazioni europee la propria esperienza per la costituzione di nuo-

ve associazioni nazionali nei paesi dell'Europa dove attualmente non esistono associazioni per la ce-liachia.

Che cosa fa?

Susan Philips

ECO SA

AIC - Vademecum 2008 167

Come funziona?

Attualmente la struttura della AOECS è composta da: &la General Assembly (Assemblea Generale - un delegato da ciascun membro della AOECS)

che è l'autorità suprema nella AOECS e che ne decide la strategia ecc;&il Board of Directors chiamato “Board” (il Consiglio di Amministrazione – 3 membri eletti

dall'Assemblea Generale) che esegue gli obbiettivi della Assemblea per l'anno tra una AOECS Mee-ting e l'altra. L'Assemblea Generale e/o il Board nomina &i Working Groups (Gruppi di Lavoro) per questioni specifiche. I membri dei Working Groups

sono delegati delle associazioni membri. Il loro compito è di esaminare la questione in base alle loro competenze specifiche in merito e di proporre delle soluzioni alla Assemblea Generale. Il numero di delegati ai Working Groups è di solito di 4-6 membri.

L'Assemblea Generale si riunisce una volta all'anno, ospitata da uno dei paesi membri. Il Board si incontra più frequentemente, e i Working Groups decidono quante volte vedersi in base alle loro esigenze, di solito non più di due o tre volte in un anno.

Attualmente l'AOECS è finanziato da un Basic Membership Fee che ciascun paese membro versa annualmente in base al numero degli associati. In questo modo le nazioni con più associati ver-sano più danaro alla AOECS. I paesi con più membri hanno più peso nelle votazioni.

Per saperne di più, per avere delle informazioni sempre aggiornate, il sito web (in lingua inglese) è www.aoecs.org.

AOECS Association of European Coeliac Societies

AIC - Vademecum 2008 168

C YE è un organismo internazionale formato dai Gruppi Giovani Europei e opera all'inte-rno dell' AOECS (Association of European Coeliac Societies). I rappresentanti dei Gruppi Gio-vani di tutta Europa si incontrano annualmente in occasione della conferenza AOECS per

scambiarsi informazioni e avviare progetti su cui lavorare al fine di migliorare le condizioni di vita dei celiaci, giovani e non.

CYE è stato fondato in Danimarca nel 1995. Al meeting di Malta del 2001, il primo statuto è sta-to definito. Da allora un direttivo (Youth Committee) è eletto ogni due anni per rappresentare CYE. Lo Youth Committee prevede tre cariche: un General Coordinator, un Project Manager ed un Finan-cial Manager.

CYE si occupa di redigere e attuare programmi ed iniziative, come ad esempio: campi internazio-nali per celiaci, un network per chi viaggia, una guida per sapere dove e come trovare prodotti senza glutine all'estero, internet, cooperazioni con altre organizzazioni, un programma di raccolta fondi per aiutare anche le più piccole associazioni giovanili europee di modo che possano unirsi al CYE, etc.

CYE è un forum internazionale che ha per scopo quello di aumentare la conoscenza della condi-zione celiaca e condividere esperienze ed informazioni.

igliorare le condizioni di vita dei giovani celiaci.

Maggiori informazioni sono disponibili sul sito www.cyeweb.eu

Le attività

Benefici

Futuro

Contatti

L'obiettivo resta quello di m

su CYE e le sue attività

1 2Ivana Losa , Anna Quagliata

The CoeliacYouth of Europe

1CYE General Coordinator, Referente Giovanile AIC2Delegata Italiana CYE

AIC - Vademecum 2008 169

Gianluca Maris

La Fondazione

Presidente Fondazione

AIC - Vademecum 2008

D a sempre per AIC la ricerca scientifica è stato uno dei principali obiettivi istituzionali ed a tal fine, già dagli anni '90, aveva studiato e creato una apposita “ Task force per la ricerca”. Ma la nuova regolamentazione della ricerca scientifica (D.P.R. 135/2003, che precisa

quanto già sancito dal D. Lgs.460/1997, come indicato nella risoluzione della agenzia delle entrate 356/2002) ha determinato la possibilità di svolgere ricerca scientifica solo in capo a Fondazioni Onlus. Per questo motivo, per ricercare appunto fondi e svolgere ricerca, con atto di dotazione e fon-dazione del 13.11.2004 l'AIC Nazionale ha deliberato la costituzione della Fondazione Celiachia Onlus.

Finalità ed attività della Fondazione sono esclusivamente di solidarietà sociale, in particolare nei settori della beneficenza e della ricerca scientifica, con peculiare riferimento alla ricerca relativa alle patologie della celiachia e della dermatite erpetiforme.

Con decreto 17.10.2005 il Prefetto della Provincia di Pisa ha disposto l'iscrizione della “Fonda-zione Celiachia Onlus” nel Registro delle persone giuridiche della Prefettura di Pisa conferendo per-tanto alla stessa soggettività giuridica e capacità di agire. Dal 10.11.2005 la Fondazione è iscritta nel Registro delle persone giuridiche della Prefettura di Pisa.

La Fondazione Celiachia Onlus è quindi ente con personalità giuridica di diritto privato,Onlus, ai sensi del libro I del codice civile e del D.Lgs.460/1970 ed ha un suo patrimonio finalizzato al rag-giungimento dei suoi scopi statutari ed al prosieguo della sua attività istituzionale.

La Fondazione celiachia è una onlus, non svolge attività lucrativa ma di utilità sociale, che ne co-stituisce peculiare segno distintivo ed a tale scopo viene inserita in ogni comunicazione e manifesta-zione esterna della medesima. È retta da un consiglio di amministrazione composto da cinque mem-bri che durano in carica tre anni e, comunque, fino alla loro sostituzione (sul territorio sarebbe ne-cessaria la collaborazione di rappresentanti regionali e/o provinciali, allo stato non ancora indivi-duati e/o nominati e comunque operativi).

Nel suo statuto è stato altresì previsto un comitato scientifico (composto da cinque componen-ti, di chiara fama nazionale ed internazionale, di cui due per la fascia pediatrica e due dell'adulto non-ché il presidente del comitato scientifico nazionale di AIC). In detto comitato scientifico possono es-sere cooptati, per particolari obiettivi di ricerca, anche altri specialisti studiosi della celiachia.

Il comitato scientifico propone l'indirizzo da tenere in campo medico e scientifico,prepara i ban-di di concorso per i ricercatori, seleziona e propone al consiglio di amministrazione i referee interna-zionali per la valutazione dei progetti, invia a fine anno i report sulla attività e i risultati raggiunti.

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AIC - Vademecum 2008

La ricerca oggi

Progetti di ricerca

Sito internet

Molti progressi sono stati fatti recentemente nelle nostre conoscenze sulla celiachia. Conoscia-mo il repertorio dei peptidi del glutine in grado di stimolare una risposta immune T CD4+ adattati-va ed il ruolo giocato, in questo processo, dalle molecole HLA. Ne è derivata la possibilità di calcola-re il rischio di ammalare nei soggetti predisposti. Sappiamo anche che la celiachia è una malattia della immunità innata e che peptidi della gliadina, non riconosciuti da cellule T, mimano alcuni effetti, sui tessuti, di batteri e di virus. Sappiamo inoltre che fanno parte della risposta T adattativa al glutine, del celiaco, anche cellule TCD4+ regolatorie e cellule TCD8+ citotossiche; sappiamo che la malattia ce-liaca è una malattia autoimmune diagnosticabile per l'aumento nel siero degli anticorpi anti tTG2; sappiamo infine che è possibile digerire con enzimi proteolitici batterici o vegetali i peptidi lesivi per il celiaco.

Si può ragionevolmente sperare, se si finanziano ricerche ad hoc, che in un prossimo futuro sarà possibile concedere un pasto con glutine ad un celiaco senza danneggiarlo, digerendo con enzimi proteolitici gli epitopi tossici; utilizzare per l'alimentazione umana grani meno tossici o forme di gra-no trattate in modo da renderle meno tossiche; restituire con vaccini o tramite espansione di cellule specifiche T regolatorie la tolleranza al glutine del celiaco.

Tutti i possibili approcci trarrebbero vantaggio dalla disponibilità di un modello animale. Infine oggi è possibile porsi come obiettivo la prevenzione primaria della malattia celiaca.

Saranno rivolti alla identificazione delle vie metaboliche alterate che portano alla malattia per in-gestione del glutine; alla identificazione di cereali e di varianti di grano non tossiche o meno tossiche per il celiaco, alla possibilità di restituire al celiaco la tolleranza al glutine e di prevenire la malattia in soggetti a rischio; alla realizzazione di un modello animale di malattia. I progetti verteranno quindi sui temi da tempo identificati come strategici dal CSR e segnatamente:

A) Meccanismi di lesione nella malattia celiaca B) Strategie alternative alla dieta senza glutineC) Modelli in vitro e animali Per ciascuno di essi sono segnalati alcuni progetti possibili, ma un quadro più generale lo si potrà

avere dopo una ricognizione delle risorse già disponibili in Italia. Per dare concretezza e maggior possibilità a tutto quanto sopra detto la Fondazione Celiachia

sta inoltre cercando di sviluppare ulteriori strumenti (che possano affiancare i bandi), che prevedano una sua partecipazione e gestione diretta ad istituti di ricerca sia in termini finanziari che organizzati-vi.

È stato poi realizzato un sito internet per informare e aggiornare sullo stato della ricerca, sui te-mi attualmente in trattazione e/o allo studio, sulla attività della Fondazione, e che possa all'occorrenza dare risposta alle domande dei celiaci, nonché sulle possibilità e speranze di sconfig-gere in un prossimo futuro la malattia celiaca.

Per contribuire ai progetti della Fondazione e comunque per ulteriori informazioni Vi invitiamo a visitare il sito www.fondazioneceliachia.it

La Fondazione

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Atrofia dei villi. Associata all'iperplasia delle cripte ed all'aumento dei linfociti intraepiteliali, rappresenta la le-sione tipica della celiachia. La severità del danno è variabile, poiché talora si riscontra soltanto un'atrofia parziale dei villi o addirittura villi di altezza normale con aumento isolato dei linfociti intraepiteliali. Sebbene la mucosa si nor-malizzi dopo l'avvio della dieta aglutinata, l'introduzione di glutine “nascosto” negli alimenti può comportare una persistente lesione, più o meno marcata, della mucosa intestinale.

Allergia al glutine. Rara forma di intolleranza alimentare “non celiaca”, caratterizzata da manifestazioni acute di tipo cutaneo, intestinale o respiratorio, che insorgono dopo l'ingestione (o anche l'inalazione) di ali-menti contenenti glutine. Gli esami di laboratorio, come gli EMA e gli AGA, non sono utili per la diagnosi di al-lergia al glutine, la quale è essenzialmente di tipo clinico. A differenza della celiachia, l'allergia al glutine può esse-re transitoria.

Anticorpi antiendomisio (EMA). Esame su sangue utilizzato per la diagnosi sierologica di celiachia. Gli anticorpi EMA di classe A, ricercati con tecnica di immunofluorescenza indiretta, hanno una attendibilità dia-gnostica molto elevata, condizionatamente alla esperienza dell'operatore.

Anticorpi antigliadina (AGA). Esame su sangue utilizzato per la diagnosi sierologica di celiachia (il primo introdotto tra i marcatori immunologici, in ordine cronologico). In genere si eseguono “in parallelo” gli AGA di classe G (più sensibili) e di classe A (più specifici). La positività degli AGA, soprattutto di classe A, è indice di sospetta celiachia. L'esame, rispetto ad altri test sierologici (EMA ed anti-tTG), può presentare “false” positivi-tà, soprattutto in soggetti non celiaci con disturbi intestinali o allergici. Il dosaggio degli AGA-IgG è utile so-prattutto nei bambini piccoli (di età inferiore ai due anni) e nei soggetti con deficit di IgA sieriche.

Anticorpi anti-transglutaminasi tissutale (anti-tTG). Anticorpi anti-transglutaminasi tissutale (anti-tTG). Sono autoanticorpi, presenti nei soggetti celiaci nel sangue ed a livello della mucosa intestinale, diretti contro l'enzima transglutaminasi. Rappresenta l'esame su sangue di primo livello per la diagnosi sierologica di celiachia. Individua gli stessi anticorpi responsabili della positività degli EMA, ma con un metodo di laborato-rio automatizzato (ELISA), meno dipendente dalla esperienza dell'operatore. La ricerca degli anti-tTG di clas-se A presenta una sensibilità diagnostica eccellente.

APC (Antigen presenting cell = cellula presentante l'antigene). Le APC sono cellule del sistema im-munitario (es. cellule dendritiche) presenti, tra l'altro, nella mucosa intestinale. Sulla loro superficie sono espressi i recettori HLA cui si legano, nel soggetto celiaco. i peptidi tossici del glutine.

Autoimmunità, malattie autoimmuni. Sono considerate come autoimmuni quelle patologie nelle quali è possibile mettere in evidenza una componente di “auto-aggressione”, su base immunologica. Affezioni tipica-mente autoimmuni sono il lupus, l'artrite reumatoide, l'epatite autoimmune ed il diabete insulino-dipendente (tipo 1). Per una serie di fattori (es. il riscontro di determinati autoanticorpi quali gli anti-tTG e l'associazione

Glossario medico

Carlo Catassi

AIC - Vademecum 2008

Istituto di Scienze Materno-Infantili, Università Politecnica delle Marche, AnconaCenter For Celiac Research, University of Maryland School of Medicine, Baltimore (USA)

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con altre patologie autoimmuni) la celiachia viene attualmente considerata una patologia autoimmune. L'elemento che differenzia la celiachia, rispetto ad altre affezioni di questo tipo, è la scomparsa delle manifesta-zioni cliniche dopo l'eliminazione di un elemento “esterno”, cioè il glutine.

Biopsia intestinale. Rappresenta l'esame fondamentale per la diagnosi di celiachia. Consiste nel prelievo di un piccolo frammento di mucosa intestinale a livello della parte distale del duodeno, mediante gastro-duodenoscopia o con una apposita capsula bioptica. Sul campione prelevato possono essere effettuate diverse indagini: ai fini diagnostici, la più importante è quella istologica, volta a caratterizzare l'aspetto dei villi e delle cripte intestinali, nonché la cellularità della mucosa.

Celiachia. Intolleranza permanente al glutine alimentare, caratterizzata dalla presenza di un danno di gravi-tà variabile a carico della mucosa del piccolo intestino. Sia le lesioni intestinali sia l'eventuale sintomatologia si ri-solvono con la dieta priva di glutine.

Celiachia atipica. Caratterizzata da manifestazioni cliniche prevalentemente extra-intestinali, spesso isola-te, quali l'anemia, la bassa statura, il ritardo puberale o l'osteoporosi.

Celiachia potenziale. Caratterizzata dalla presenza di positività dei marcatori sierologici, soprattutto degli EMA e degli anti-tTG, in presenza di una mucosa di aspetto normale (o quasi) alla biopsia intestinale. Non vi è accordo unanime sul trattamento della celiachia potenziale, che può essere rappresentato dalla dieta priva di glutine o, viceversa, dal mantenimento della dieta libera con periodico follow-up.

Celiachia refrattaria (vedi sprue refrattaria).

Celiachia silente. Caratterizzata da sintomatologia molto sfumata o addirittura assente, nonostante la pre-senza di una tipica enteropatia celiaca alla biopsia intestinale. Viene diagnosticata occasionalmente, ad esempio a seguito di screening dei familiari del celiaco.

Celiachia tipica. Caratterizzata dai tipici segni della sindrome da malassorbimento intestinale, quali diarrea cronica, vomito, distensione addominale e calo di peso. L'esordio è spesso precoce, durante i primi anni di vita.

Citochine. Molecole di natura proteica utilizzate dalle cellule, particolarmente quelle coinvolte nella rispo-sta immunitaria, a scopo segnalatorio (es. Interferon).

Dapsone. Farmaco utilizzato nel trattamento della dermatite erpetiforme. Sebbene la cura fondamentale della dermatite erpetiforme sia la dieta aglutinata, l'uso di questo farmaco, all'inizio del trattamento, accelera la scomparsa delle manifestazioni cutanee.

Dermatite erpetiforme. Dermatite eritemato-ponfoide, intensamente pruriginosa, localizzata soprattutto alle natiche, ai gomiti ed alle ginocchia. Rappresenta una delle possibili espressioni cliniche della celiachia (ce-liachia della pelle) ed è spesso associata ad una lesione intestinale meno grave rispetto ai casi tipici. Il trattamen-to si basa sulla dieta senza glutine.

Dieta aglutinata (priva di glutine). Così si definisce il trattamento della celiachia, basato sulla dieta di eli-minazione di tutti i cereali contenenti glutine (frumento, orzo e segale).

Dq2 e DQ8 (vedi HLA).

Enteropatia. Lesione della mucosa intestinale evidenziabile soprattutto a livello microscopico.

Eterodimero. Complesso proteico costituito da una catena proteica alfa ed una catena beta, codificate dai geni HLA-DQ, presente sulla superficie delle APC.

Gene. Rappresenta l'unità ereditaria ed è costituita da una sequenza di DNA (o RNA). I geni, contenuti nei cromosomi, regolano lo sviluppo fisico e comportamentale dell'individuo.

Gliadina. Frazione proteica purificabile dal glutine mediante estrazione alcolica. Nella gliadina, a sua volta separabile in diverse frazioni mediante l'elettroforesi, risiedono le principali componenti tossiche per il celiaco.

Glutine. Componente proteica presente nel frumento, nell'orzo e nella segale. Cereali naturalmente privi di glutine sono invece il riso ed il mais. Nei soggetti geneticamente predisposti, l'ingestione di alimenti contenenti

AIC - Vademecum 2008

Glossario medico

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glutine causa la lesione intestinale tipica della celiachia, a livello del piccolo intestino.

HLA (Human Leucocyte Antigen). Con questa sigla si indica il sistema maggiore di istocompatibilità umano, i cui geni sono localizzati sul cromosoma 6. Per quanto riguarda la celiachia, l'interesse è legato al fatto che alcuni antigeni del sistema HLA, per la precisione, il DQ2 ed il DQ8, sono il fattore più importante di pre-disposizione genetica.

Iceberg celiaco. Un iceberg è notoriamente costituito da una parte emersa, visibile, e da una sommersa, non visibile e di dimensioni maggiori. Si parla di iceberg celiaco per illustrare il concetto che solo una parte mi-nima dei casi di celiachia sono attualmente diagnosticati. A fronte di questa, esiste una parte “sommersa”, mol-to più grande, che comprende tutti quei casi che sfuggono attualmente alla diagnosi ed al trattamento.

IgA sieriche. Sono le immunoglobuline (anticorpi) di classe A presenti nel sangue. In alcuni individidui i li-velli di IgA sieriche sono molto bassi (deficit di IgA). Questo è importante ai fini della celiachia per due motivi: a) il deficit di IgA rappresenta un fattore di rischio per la celiachia; b) tutti i test diagnostici di classe A (es. gli EMA e gli anti-tTG) sono costantemente negativi nei soggetti con deficit di IgA.

Incidenza (della celiachia). Frequenza delle “nuove” diagnosi di celiachia per anno, rispetto ad un'unità di misura della popolazione (es. per 1000 nati vivi). Questo parametro fornisce una misura della parte emersa dell'iceberg celiaco.

Intolleranza alimentare. Con questo termine si intendono tutte le reazioni avverse agli alimenti, sia quelle su base immunologica (allergia) che di altra natura (metabolica, idiosincrasica o tossica).

Intolleranza al glutine (vedi celiachia).

Intolleranza al lattosio. Situazione clinica caratterizzata dalla comparsa di disturbi intestinali (diarrea, dolo-ri addominali, meteorismo) in seguito all'introduzione di alimenti contenenti lattosio (soprattutto il latte). È la conseguenza della carenza dell'enzima lattasi a livello intestinale. Trattasi di condizione frequente nella popola-zione generale, specie in età adulta. Nel celiaco può essere presente un'intolleranza “secondaria” al lattosio, le-gata alla lesione della mucosa intestinale, che tende a scomparire dopo l'avvio del trattamento con la dieta priva di glutine.

Linfocita. Rappresenta la cellula principale della risposta immunitaria, presente sia nel sangue che negli or-gani periferici. La mucosa intestinale ne è ricca, sia a livello dell'epitelio di superficie che nella lamina propria sot-tostante.

Linfoma intestinale. Grave patologia cancerosa che colpisce, quale sede primaria, l'intestino. Una rara for-ma di linfoma intestinale, definita EATL (enteropathy associated T cell lymphoma), viene considerata come una possibile complicanza della celiachia.

Malassorbimento intestinale. Disfunzione intestinale che si rileva nei casi tipici di celiachia, a seguito della compromissione dei processi di assorbimento dei nutrienti. Tipici segni di malassorbimento sono la diarrea cronica, il calo di peso e la anemia da carenza di ferro.

Peptide. Frammento di proteina (es. del glutine) costituito da una sequenza di aminoacidi (in genere alme-no 5 aminoacidi).

Prevalenza (della celiachia). Frequenza globale della celiachia nella popolazione generale, comprese tutte le forme che sfuggono alla diagnosi. Può essere valutata attraverso un'indagine di screening sierologico (ad es. attraverso la ricerca “a tappeto” di anticorpi anti-tTG) su un campione di popolazione. Questo parametro for-nisce una misura delle dimensioni globali dell'iceberg celiaco, compresa la parte “sommersa”.

Risposta immunitaria adattativa. È la risposta immunitaria più evoluta, la quale si basa sul riconoscimen-to specifico di alcune strutture (antigeni) del potenziale agente lesivo. Poiché di questa risposta immunitaria ri-mane “traccia” nell'organismo (memoria immunologica), eventuali ulteriori contatti con lo stesso agente lesivo attivano una risposta più immediata ed efficace. Il mediatore per eccellenza della risposta adattativa è il linfoci-ta, sia di tipo T che B.

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Glossario medico

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AIC - Vademecum 2008

Risposta immunitaria innata. È l'insieme dei meccanismi di difesa non specifici (generici) messi in gioco dal sistema immunitario nei confronti dei potenziali agenti lesivi (es. virus e batteri). Sono parte del sistema im-munitario innato la risposta infiammatoria, il sistema complementare, i macrofagi ed i linfociti “natural killer” (NK).

Screening. Applicazione a tutta la popolazione di un test diagnostico per individuare i casi sospetti di una certa patologia, da confermare definitivamente con appropriati accertamenti. Lo scopo dello screening è quel-lo di diagnosticare precocemente le patologie che, se non trattate, possono causare complicanze tardive.

Sensibilità. Capacità del test diagnostico di differenziare i soggetti affetti da una determinata condizione ri-spetto ai sani. Corrisponde alla percentuale di risposte “positive” del test rispetto al totale dei pazienti.

Soggetti a rischio (di celiachia). Sono quei gruppi di persone che presentano una frequenza di celiachia maggiore rispetto a quella riscontrata nella popolazione generale. Tra questi figurano ad esempio i familiari del celiaco, i pazienti affetti da malattie autoimmuni, da sindrome di Down o da sindrome di Turner. Tutti i sogget-ti a rischio dovrebbero essere sottoposti allo screening per la celiachia.

Specificità. Capacità del test diagnostico di risultare normale nei soggetti non affetti da una determinata pa-tologia. Corrisponde alla percentuale di risposte normali del test rispetto al totale dei soggetti non affetti.

Sprue celiaca (vedi celiachia).

Sprue refrattaria. Rara forma di celiachia, propria dell'età adulta, che non risponde al trattamento con la dieta priva di glutine. Richiede generalmente terapia con farmaci (steroidi, immunosoppressori) e/o nutrizione parenterale. Secondo i dati più recenti della letteratura, rappresenterebbe “l'anello di congiunzione” tra la celia-chia ed il linfoma intestinale.

Transglutaminasi. È un enzima ubiquitario nell'organismo. La transglutaminasi presente nella mucosa in-testinale modifica la struttura dei peptidi del glutine aumentandone la reattività nei confronti degli eterodimeri HLA-DQ2 o DQ8 presenti sulle APC dei soggetti geneticamente predisposti alla celiachia.

Trentatrè-mer (33-mer). Polipeptide presente nella gliadina, costituito da 33 aminoacidi. È scarsamente di-gerito a livello dell'intestino umano e contiene diverse sequenze tossiche in grado di attivare la risposta immu-nitaria tipica della celiachia. Viene pertanto considerato attualmente il peptide immunodominante nello scate-namento della enteropatia celiaca.

Zonulina. Proteina prodotta dalla mucosa intestinale e da altri tessuti. Nell'intestino è capace di regolare la permeabilità intestinale intercellulare agendo a livello delle giunzioni serrate.

Glossario medico

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Indice

AIC - Vademecum 2008

Presentazione pag. 07

1.1 La frequenza in Italia e nel mondo pag. 111.2 Il ruolo dei geni e dell'ambiente pag. 141.3 I meccanismi di malattia pag, 191.4 Gli aspetti clinici in pediatria pag. 241.5 Gli aspetti clinici nell'adulto pag. 291.6 Le complicanze pag. 321.7 Il protocollo per la diagnosi pag. 371.8 Che fare dopo la diagnosi pag. 441.9 Fertilità, gravidanza e celiachia pag. 481.10 Le implicazioni psicologiche della celiachia pag. 511.11 Gli aspetti nutrizionali della dieta senza glutine pag. 571.12 Terapie alternative alla dieta senza glutine: quali prospettive? pag. 611.13 Prevenzione e celiachia pag. 66

2.1 L'evoluzione clinica pag. 712.2 La Ricerca immunologica pag. 732.3 Transglutaminasi e celiachia pag. 762.4 Le nuove strade terapeutiche nel villaggio globale della celiachia pag. 77

3.1 Statuto AIC pag. 813.2 Dalla nascita ad oggi pag. 883.3 Il Collegio dei Probiviri pag. 923.4 Il Collegio dei Revisori dei Conti pag. 943.5 Le Associazioni Regionali pag. 963.6 Organizzazioni internazionali nel settore dell'alimentazione pag. 983.7 La celiachia in Italia: il quadro normativo di riferimento pag. 1053.8 La Legge 123/05 pag. 1103.9 Celiachia e invalidità civile pag. 1123.9 Rapporti con le Aziende pag. 116

Capitolo 1 Gli aspetti medici della celiachia

Capitolo 2 Prospettive future

Capitolo 3 L'Associazione Italiana Celiachia

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Capitolo 4 Informazione

Capitolo 5 Dieta e Formazione

Capitolo 6 L'attività Europea

Capitolo 7 Sostegno alla ricerca

e Comunicazione

4.14.2 Il Sito pag. 1234.3 Il Forum pag. 127

5.1 Educazione Alimentare pag. 1315.2 La Dieta del celiaco pag. 1365.3 Il Prontuario degli Alimenti AIC pag. 1395.4 L'Alimentazione Fuori Casa pag. 1435.5 Glutine: tossicità e concentrazione pag. 1465.6 La Comunione ai celiaci pag. 1485.7 Il marchio Spiga Barrata pag. 1515.8 Etichettatura: la disciplina degli allergeni pag. 1565.9 Farmaci e glutine pag. 1625.10 Le modalità di erogazione dei prodotti senza glutine

e la grande distribuzione pag. 163

6.1 AOECS - Association of European Coeliac Societies pag. 167 6.2 I Giovani e l'Europa - The CoeliacYouth of Europe pag. 169

7.1 La Fondazione pag. 170

Glossario pag. 172

Celiachia Notizie: l’House Organ dell’AIC pag. 121

AIC - Vademecum 2008 177

Supplemento n.2 a: Anno XXVII n° 66 - aprile 2008- Tariffa R.O.C. (ex tab.B)-Poste Italiane s.p.a - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) -art. 1, comma 1, DCB PDCELIACHIA NOTIZIE - Periodico quadrimestrale della AIC - Associazione Italiana Celiachia - ONLUS - Reg. Trib. di Milano n°197 del 23/03/1991Sede legale: Via Caffaro 68 A rosso - 16124 Genova - Cod. Fisc. 11359620157 - P.IVA 01581770508-www.celiachia.it - Redazione:Via Lourdes, 23 - 31015 Conegliano (Tv)-Tel. 0438.22399 Fax 0438.21399-e-mail [email protected] Editoriale - Gianfranco Alloni - Direttore Responsabile - Letizia Coppetti

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