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LE FONTI DEL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAPROF.SSA BARBARA GUASTAFERRO

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Università Telematica Pegaso Le fonti del diritto dell’Unione europea

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1. LE FONTI DEL DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA -------------------------------------------------------------- 3

1.1. LE FONTI DI DIRITTO PRIMARIO---------------------------------------------------------------------------------------------- 3

2. LE FONTI DI DIRITTO DERIVATO ------------------------------------------------------------------------------------- 7

3. GLI ATTI UNILATERALI -------------------------------------------------------------------------------------------------- 8

4. LA NOMENCLATURA DEGLI ATTI UNILATERALI -------------------------------------------------------------- 9

5. GLI ATTI CONVENZIONALI--------------------------------------------------------------------------------------------- 15

6. GLI ACCORDI INTERNAZIONALI ------------------------------------------------------------------------------------- 16

7. GLI ACCORDI INTERISTITUZIONALI ------------------------------------------------------------------------------- 17

8. IL DIRITTO INTERNAZIONALE ---------------------------------------------------------------------------------------- 18

9. I PRINCIPI GENERALI DEL DIRITTO -------------------------------------------------------------------------------- 19

10. IL CASO SPECIFICO DEI DIRITTI FONDAMENTALI ----------------------------------------------------------- 20

BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 21

SITOGRAFIA ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 21

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1. Le fonti del diritto dell'Unione europea1

Le fonti del diritto dell'Unione europea (UE) sono di tre tipi: le fonti primarie, le fonti

derivate (o secondarie) e le fonti complementari,

Le fonti primarie, o diritto primario, comprendono essenzialmente i trattati istitutivi dell'Unione

europea. Le fonti derivate sono costituite da atti normativi fondati sui trattati. Il diritto derivato

comprende il diritto derivato unilaterale e il diritto convenzionale. Le fonti complementari sono

composte da atti normativi non previsti dai trattati. Si tratta della giurisprudenza della Corte di

giustizia, da un lato, e del diritto internazionale e dei principi generali del diritto, dall'altro.

Ci si soffermerà soltanto sulle forme di diritto primario e delle forme di diritto secondario.

1.1. Le fonti di diritto primario

Le fonti primarie, comprendono essenzialmente i trattati istitutivi, ovvero il trattato

sull’Unione europea e il trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Questi trattati enunciano le

regole formali e sostanziali le quali definiscono il quadro al cui interno le istituzioni pongono in

essere le varie politiche delle istituzioni europee. Essi stabiliscono altresì le regole formali

stabiliscono segnatamente la ripartizione delle competenze fra l'Unione e i suoi Stati membri,

nonché i poteri delle istituzioni. Inoltre definiscono la sfera d'applicazione delle politiche e

strutturano l'intervento delle istituzioni.

Il diritto primario comprende altresì:

i trattati modificativi dell'Unione europea;

i protocolli allegati ai trattati istitutivi e ai trattati modificativi;

i trattati di adesione degli Stati membri dell’UE.

1 La presente sintesi è disponibile sul sito Europa (sintesi della legislazione europea):

http://europa.eu/legislation_summaries/institutional_affairs/decisionmaking_process/l14534_i

t.htm

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Il diritto primario, detto anche fonte primaria o diritto originario, è il diritto supremo

europea (UE) e prevale su qualsiasi altra fonte del diritto. La Corte di giustizia far rispettare questa

supremazia attraverso varie forme di ricorso, come il ricorso per annullamento (articolo 263 del

trattato –sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), nonché la richiesta di pronuncia in via

pregiudiziale (articolo 267 del TFUE). Va comunque precisato che, mentre secondo la Corte di

giustizia il primato è “assoluto” (nel senso che non trova alcun limite nemmeno nelle disposizioni

costituzionali degli Stati membri), secondo diverse Corti costituzionali il primato è “relativo”:

sarebbe possibile, infatti, porre un argine alla primazia del diritto dell’Unione, laddove questo sia

ultra vires (e dunque lesivo del principio delle competenze attribuite) o sia lesivo dell’identità

costituzionale degli Stati membri.2

Per quanto riguarda la sfera del diritto primario, esso è composto da tutti i trattati istitutivi

dell’UE, modificati e adattati da vari trattati e atti, ovvero:

dai trattati istitutivi delle Comunità europee e dell'Unione;

dai trattati modificativi dell’UE;

dai protocolli allegati a detti trattati;

dai trattati complementari che apportano modifiche settoriali ai trattati istitutivi;

dai trattati di adesione attraverso i quali nuovi paesi aderiscono all'UE.

I trattati "fondatori" che istituiscono le Comunità europee sono:

il trattato di Parigi, firmato il 18 aprile 1951;

i trattati di Roma (trattato Euratom e trattato che istituisce la Comunità economica europea),

firmati il 25 marzo 1957;

il trattato di Maastricht sull'Unione europea, firmato il 7 febbraio 1992;

I trattati modificativi sono:

l'Atto unico europeo (17 e 28 febbraio 1986);

il trattato di Amsterdam (2 ottobre 1997);

il trattato di Nizza (26 febbraio 2001).

Il trattato di Lisbona (13 dicembre 2007) entrato in vigore dal 1° dicembre 2009. E’

importante ricordare che questo trattato, ancora in vigore, abolisce la Comunità europea. I

2 Questa è ad esempio la tesi della Corte costituzionale tedesca nella sentenza sul Trattato di Lisbona. Si rinvia a B.

Guastaferro, Il Trattato di Lisbona tra il “custode” della sovranità popolare e il “custode” della Costituzione, in

“Rassegna di diritto pubblico europeo”, n. 1/2011.

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due trattati attualmente in vigore sono infatti “Il Trattato sull’Unione europea” ed il

“Trattato sul funzionamento dell’Unione europea" (che sostituisce il Trattato sulla Comunità

europea)

I trattati complementari, che apportano modifiche settoriali ai trattati istitutivi sono:

il trattato di "fusione degli esecutivi" (8 aprile 1965);

il trattato che modifica talune disposizioni di bilancio dei trattati comunitari (22 aprile

1970);

il trattato di Bruxelles che modifica talune disposizioni finanziarie dei trattati comunitari e

istituisce una Corte dei conti (22 luglio 1975);

l'atto relativo all'elezione dei rappresentanti del Parlamento a suffragio universale diretto

(20 settembre 1976).

I trattati di adesione

del Regno Unito, della Danimarca, dell'Irlanda e della Norvegia (22 gennaio 1972);

della Grecia (28 maggio 1979);

della Spagna e del Portogallo (12 giugno 1985);

dell'Austria, della Finlandia, della Norvegia e della Svezia (24 giugno 1994);

di Cipro, dell'Estonia, della Lettonia, della Lituania, di Malta, della Repubblica ceca, della

Slovacchia, della Slovenia e dell'Ungheria (16 aprile 2003);

della Romania e della Bulgaria (25 aprile 2005).

Gli atti di adesione della Norvegia, firmati il 22 gennaio 1972 e il 24 giugno 1994, non sono

mai entrati in vigore. Il 1° febbraio 1985 è stato firmato un trattato che definisce uno status

specifico per la Groenlandia.

Per quanto attiene all'area geografica di applicazione del diritto primario, l’articolo 355 del

TFUE stabilisce che esso si applica ai territori metropolitani degli Stati membri e a determinate

isole e territori d'oltremare come Madera, le isole Canarie e i dipartimenti francesi d'oltremare. Esso

si applica anche ai territori le cui relazioni esterne sono affidate a uno Stato membro (come

Gibilterra e le isole Aaland).

L'articolo 355 del TFUE prevede che il Consiglio possa determinare un regime specifico per

alcuni territori. È quanto avviene, ad esempio, per Gibilterra e Saint-Pierre-et-Miquelon in campo

doganale. Infine, l’articolo 355 del TFUE prevede espressamente che il diritto comunitario non si

applichi a determinati territori come le isole Farøer.

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Quanto all'applicazione temporale del diritto primario, essa decorre dall'entrata in vigore del

trattato, fatti salvi i periodi transitori per determinate materie. 12. Per quel che riguarda la durata di

applicazione, i testi che rientrano nella sfera del diritto primario di massima hanno una durata

illimitata (è quanto stabilisce ad esempio l'articolo 356 TFUE).

Per quanto riguarda il regime giuridico del diritto primario, quanto agli impegni conclusi

dagli Stati membri tra loro, bisogna fare delle distinzioni. Se sono:

anteriori al trattato di Roma, di massima cessano di essere applicabili. In tale ipotesi, gli

impegni assunti rientrano nel regime di successione dei trattati previsto dal diritto

internazionale. Fanno eccezione determinate associazioni regionali tra Belgio, Lussemburgo

e Paesi Bassi, autorizzate espressamente dall'articolo 350 del TFUE;

quelli posteriori al trattato di Roma sono soggetti all'obbligo generale del principio di

leale collaborazione sancito dall'articolo 4.3 del TUE. In virtù di tale articolo, gli Stati si

astengono dal prendere qualsiasi provvedimento che possa mettere in pericolo la

realizzazione delle finalità del trattato TUE.

Quanto agli impegni conclusi dagli Stati membri con paesi terzi, se sono:

per quelli anteriori al trattato di Roma, i diritti dei terzi sono salvaguardati a norma

dell'articolo 307 TCE e della giurisprudenza della Corte di giustizia (CGUE, sentenza

12 dicembre 1972, International Fruit Company). In altre parole, tali accordi sono opponibili

alla Comunità per via delle competenze trasferitele dagli Stati membri. Fanno eccezione i

diritti che discendono da accordi incompatibili col TCE, i quali non sono opponibili alla

Comunità;

per quelli posteriori al trattato di Roma, sono riconosciuti come validi, con due

eccezioni: qualora lo Stato travalichi le proprie competenze (se l’UE dispone di una

competenza che uno Stato non abbia rispettato) e qualora l'accordo violi l'obbligo generale

del principio di lealtà.

La Corte di giustizia dell’UE ha la facoltà di interpretare i trattati. Essa non opera invece un

controllo di validità, la quale è determinata dal diritto internazionale.

In determinate circostanze, la Corte di giustizia dell’UE ammette che le disposizioni del

diritto primario possano essere invocate dinanzi a essa dai privati. Le disposizioni devono avere

effetto diretto e il loro contenuto deve essere chiaro, preciso e non soggetto a condizioni (CGUE,

sentenza 19 dicembre 1968, Sagoil).

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2. Le fonti di diritto derivato

Il diritto derivato è composto dagli atti unilaterali e dagli atti convenzionali.

Gli atti unilaterali possono essere classificati in due categorie:

gli atti menzionati all'articolo 288 del trattato che sul funzionamento dell’UE, ossia il

regolamento, la direttiva, la decisione, i pareri e le raccomandazioni;

gli atti non menzionati all'articolo 288 del trattato sul funzionamento dell’UE, ossia i

cosiddetti atti atipici, come le comunicazioni, le raccomandazioni, i libri bianchi e i libri

verdi.

Gli atti convenzionali comprendono:

gli accordi internazionali tra l'Unione europea, da una parte, e un paese terzo o

un'organizzazione terza, dall'altra;

gli accordi tra Stati membri;

gli accordi interistituzionali, ossia tra le istituzioni dell'UE.

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3. Gli atti unilaterali

Gli atti unilaterali sono atti di diritto derivato dell’Unione europea (UE). Essi sono fonte di

diritti unicamente per volontà delle istituzioni.

Il primo tipo di atti consiste in quelli che figurano nella nomenclatura nell'articolo 288 del trattato

sul funzionamento dell’UE: il regolamento, la direttiva, la decisione, i pareri e le raccomandazioni.

Il secondo tipo di atti consiste in quelli detti "fuori nomenclatura". Si tratta degli atti atipici, ed

altresì delle comunicazioni e dei libri bianchi e verdi.

Gli atti unilaterali possono definirsi come atti che sono fonte di diritti unicamente per

volontà delle istituzioni.

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4. La nomenclatura degli atti unilaterali

Gli atti unilaterali previsti nella nomenclatura dell'articolo 288 del trattato sul funzionamento

dell’UE sono:

il regolamento;

la direttiva;

la decisione;

i pareri e le raccomandazioni.

Inoltre l’articolo 289 del trattato sul funzionamento dell’UE stabilisce una distinzione tra atti

legislativi, ovvero gli atti adottati in seguito ad una procedura legislativa, e gli atti non legislativi,

Gli atti non legislativi hanno generalmente lo scopo di attuare gli atti legislativi o talune

disposizioni specifiche dei trattati, come ad esempio i regolamenti interni delle istituzioni, talune

decisioni del Consiglio, le misure adottate dalla Commissione nel settore della concorrenza, ecc.

Anche alcuni atti atipici possono essere classificati nella categoria degli atti unilaterali. Tali

atti sono detti atipici poiché non sono compresi nella classificazione dell'articolo 288 del trattato sul

funzionamento dell’UE. Sono previsti da altre disposizioni dei trattati oppure sono stati creati dalla

pratica istituzionale. Questi atti sono utilizzati spesso dalle istituzioni, Si tratta, ad esempio, delle

risoluzioni, delle conclusioni, delle comunicazioni, ecc. Tali atti hanno una portata politica ma

generalmente non possiedono effetto giuridico vincolante..

Gli atti unilaterali sono strumenti al servizio delle politiche europee. Le autorità europee

sono libere di scegliere l'atto che ritengono più pertinente per attuare la loro politica. Ad esempio,

nell'ambito di una politica di tipo incentivante, il Consiglio o la Commissione possono optare per

una raccomandazione.

In virtù del principio di attribuzione, gli atti sono fondati su una base giuridica del trattato

sull’UE o del trattato sul funzionamento dell’UE corrispondente al settore in cui le autorità

comunitarie desiderano intervenire. In mancanza di una base giuridica precisa, le autorità possono

ricorrere alla clausola di flessibilità (articolo 352 del trattato sul funzionamento dell’UE), che

riguarda le competenze sussidiarie dell’UE.

Inoltre gli atti unilaterali adottati dalle istituzioni europee sono oggetto del controllo

giurisdizionale della Corte di giustizia dell’UE.

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Occorre soffermarsi anche sul regime giuridico degli atti unilaterali. Per quanto riguarda la

forma, gli atti sono sottoposti all'obbligo di visto (il dispositivo è preceduto dalla parola "visto") e

sono motivati (il dispositivo è preceduto dalla parola "considerando") con riferimento alla base

giuridica su cui si fondano.

Per quanto riguarda la diffusione, gli atti devono essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale

dell’UE. Possono anche essere notificati ai destinatari, come avviene nel caso della decisione.

Per quanto riguarda l'entrata in vigore, questa avviene in generale il giorno della notifica o

della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. In deroga a tale norma generale, gli atti possono

prevedere un'entrata in vigore al ventesimo giorno successivo alla pubblicazione. Possono inoltre

prevedere un'applicazione successiva alla data di entrata in vigore.

Si analizzano di seguito i principali atti unilaterali:

A) Il regolamento

Il regolamento fa parte del diritto derivato unilaterale, ossia è ascrivibile esclusivamente alla

volontà dell'autorità dell’Unione europea. L'articolo 288 del trattato sul funzionamento dell’Unione

europea (TFUE) stabilisce che il regolamento «ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi

elementi ed è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri».

Il regolamento ha portata generale, nel senso che non si rivolge a destinatari identificabili

bensì a categorie astratte di persone e in questo si differenzia dalla decisione definita all'articolo

288 del TFUE.

La Corte di giustizia precisa che il regolamento concerne categorie generali di persone, ma

può essere limitato a cerchie di categorie di persone. Si è in presenza di un regolamento anche se, al

momento della pubblicazione dell'atto, è possibile determinare il numero o persino l'identità dei

soggetti in questione.

Il regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e non può pertanto essere applicato in

modo incompleto, selettivo o parziale. Si tratta di un atto giuridico vincolante per:

le istituzioni;

gli Stati membri;

i singoli individui.

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Il regolamento è direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. Questo significa che esso:

non è soggetto a misure di recepimento nel diritto nazionale;

conferisce dei diritti e dei doveri indipendentemente da una misura nazionale di

attuazione. Gli Stati membri possono tuttavia adottare misure di attuazione, qualora

questo risulti necessario, sulla base del dovere di lealtà stabilito dall'articolo 4 del trattato

dell’Unione europea (TUE) ;

può essere utilizzato come riferimento dai singoli individui nelle loro relazioni con altri

singoli individui, con le istituzioni o con le autorità europee.

È applicabile in tutti gli Stati membri a partire dalla sua entrata in vigore, ossia venti giorni

dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. I suoi effetti giuridici prevalgono su tutte le

legislazioni nazionali in maniera simultanea, automatica e uniforme.

Analogamente agli Stati membri, anche le autorità europee possono adottare misure di

attuazione, i cosiddetti regolamenti di applicazione. Questo tipo di regolamento è definito agli

articoli 164 e 178 del TFUE relativi ai regolamenti di applicazione del Fondo sociale europeo e del

Fondo europeo di sviluppo regionale.

Si tratta di atti giuridici che risultano validi soltanto se le loro disposizioni sono conformi al

«regolamento di base». Mentre il regolamento di base stabilisce le regole essenziali, il regolamento

di applicazione definisce le disposizioni tecniche.

B) La direttiva

La direttiva fa parte del diritto dell’Unione europea (UE). Essa è pertanto adottata dalle

istituzioni europee sulla base dei trattati istitutivi, Una volta adottata a livello europeo, la direttiva

deve poi essere recepita dagli Stati membri nel loro diritto interno.

L'articolo 288 del trattato sul funzionamento dell’UE sancisce che la direttiva è obbligatoria.

Come il regolamento e la decisione, essa è vincolante per gli Stati membri, che ne sono i destinatari.

Essa è obbligatoria in tutti i suoi elementi e quindi non può essere applicata in modo incompleto,

selettivo o parziale.

La direttiva si distingue tuttavia dalla decisione e dal regolamento. Contrariamente al

regolamento, che si applica nel diritto interno degli Stati membri direttamente dopo la sua entrata in

vigore, la direttiva deve prima essere recepita dagli Stati membri. Pertanto la direttiva non prescrive

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le modalità per raggiungere il risultato. Essa introduce un obbligo in termini di risultato agli Stati

membri, che possono liberamente le forme e i mezzi per applicare la direttiva

La direttiva inoltre si distingue dalla decisione perché il suo testo ha una portata generale

destinata a tutti gli Stati membri.

Inoltre l’articolo 289 del trattato sul funzionamento dell’UE precisa che la direttiva è un atto

legislativo dal momento che viene adottata in seguito ad una procedura legislativa. In linea di

principio, la direttiva è oggetto di una proposta della Commissione, che viene poi adottata dal

Consiglio e dal Parlamento europeo secondo la procedura legislativa ordinaria o una procedura

legislativa speciale.

La direttiva entra in vigore dopo essere stata notificata agli Stati membri o dopo essere stata

pubblicata nella Gazzetta ufficiale.

La direttiva è un atto giuridico che deve essere recepito. Si tratta di un atto giuridico a due

livelli, che comprende:

la direttiva propriamente detta, adottata dalle istituzioni europee e

le misure nazionali di applicazione, adottate dagli Stati membri.

L'entrata in vigore della direttiva non comporta, in linea di principio, alcun effetto diretto a

livello dei diritti nazionali. Affinché ciò avvenga, è necessaria una seconda operazione, ovverosia il

recepimento. Il recepimento è un atto di cui si fanno carico gli Stati membri e consiste nell'adozione

di misure di portata nazionale che permettono di conformarsi ai risultati previsti dalla direttiva. Le

autorità nazionali devono comunicare tali misure alla Commissione.

In linea di principio, la direttiva deve essere recepita entro un termine (da 6 mesi a 2 anni).

Scaduto tale termine:

la Commissione può chiedere alla Corte di giustizia di condannare gli Stati membri (la

mancata esecuzione della sentenza emessa in tale occasione può comportare una nuova

condanna che prevede il pagamento di penalità pecuniarie);

la Corte di giustizia ha accettato inoltre di concedere ai singoli cittadini, in determinate

circostanze, la possibilità di ottenere un risarcimento dei danni causati dal recepimento

incompleto o in ritardo di una direttiva (sentenza Francovitch e Bonifaci del 19 novembre

1991);

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La Corte di giustizia ritiene che la direttiva abbia effetto diretto (ovverosia che i singoli

cittadini possano invocarla davanti al giudice).

Allo scadere del termine di recepimento, la direttiva ha un effetto diretto verticale. Ciò

significa che i singoli cittadini possono invocarla davanti al giudice contro gli Stati membri. La

direttiva non ha invece un effetto diretto orizzontale (i singoli cittadini non possono invocare il testo

davanti al giudice contro altri singoli cittadini).

La Corte di giustizia tuttavia ha stabilito diverse condizioni affinché un cittadino possa

invocare una direttiva dinnanzi ai tribunali, purché:

le disposizioni della direttiva siano incondizionate e sufficientemente precise;

la direttiva non sia stata correttamente recepita da una misura nazionale nei termini

previsti.

C) La decisione europea

La decisione è un atto giuridico che fa parte del diritto derivato dell'Unione europea (UE).

Essa è

quindi adottata dalle istituzioni europee sulla base dei trattati istitutivi. A seconda del caso,

la decisione può essere rivolta a uno o più destinatari; essa può anche non avere alcun destinatario.

L'articolo 288 del trattato sul funzionamento dell'UE definisce la decisione come un atto

obbligatorio in tutti i suoi elementi. Essa non può quindi essere applicata in maniera incompleta,

selettiva o parziale.

La decisione è adottata in seguito ad una procedura legislativa. Essa è quindi un atto

legislativo adottato dal Consiglio e dal Parlamento secondo la procedura legislativa ordinaria o una

procedura legislativa speciale.

Per contro, la decisione è un atto non legislativo qualora sia adottata unilateralmente da una

delle istituzioni europee. La decisione rinvia allora a una norma stabilita dal Consiglio europeo, dal

Consiglio o dalla Commissione in casi specifici che non rientrano nella competenza del legislatore.

La decisione può essere rivolta a uno o più destinatari. Essa ha allora una portata

strettamente individuale ed è vincolante soltanto per i suoi destinatari.

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I destinatari di una decisione possono essere gli Stati membri o dei privati cittadini. Ad

esempio, la Commissione usa le decisioni per sanzionare le imprese che avrebbero realizzato intese

o commesso abusi di posizione dominante.

Per entrare in vigore, la decisione dev'essere notificata all'interessato. In linea di massima, la

procedura consiste nell'invio di una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno. La decisione può

essere anche pubblicata nella Gazzetta ufficiale, ma la pubblicazione non esenta dall'obbligo di

notifica, unica possibilità per renderla vincolante per il destinatario.

E’ importante sottolineare che dall'entrata in vigore del trattato di Lisbona, la decisione non

designa più necessariamente un destinatario. La decisione ha quindi acquisito una definizione più

ampia ed è soprattutto divenuta lo strumento di base nel settore della politica estera e di sicurezza

comune. Il Consiglio e il Consiglio europeo possono adottare decisioni che riguardano:

gli interessi e gli obiettivi strategici dell'Unione;

le azioni dell'Unione a livello internazionale;

le posizioni da assumere dall'Unione riguardo alle problematiche internazionali;

le modalità di attuazione delle azioni e posizioni dell'Unione.

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5. Gli atti convenzionali

Gli atti convenzionali costituiscono, con gli atti unilaterali, gli atti di diritto derivato

dell'Unione europea (UE). Essi generano diritti e obblighi. Sono il frutto di un accordo di volontà

concluso tra le istituzioni europee o tra queste e un terzo. Contrariamente agli atti unilaterali, gli atti

convenzionali non risultano da una procedura legislativa o dalla sola volontà di un'istituzione.

Inoltre, i trattati istitutivi dell'UE prevedono due grandi tipi di atti convenzionali:

gli accordi internazionali;

gli accordi interistituzionali.

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6. Gli accordi internazionali

Gli accordi internazionali sono gli accordi conclusi tra l'UE da una parte, e un paese terzo o

un'organizzazione terza dall'altra. L'articolo 216 del trattato sul funzionamento dell'UE elenca i casi

in cui l'UE è abilitata a concludere tali accordi.

Inoltre, gli accordi internazionali hanno una portata obbligatoria in tutta l'UE. Essi hanno un

valore superiore agli atti unilaterali di diritto derivato che devono quindi essere conformi ad essi.

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7. Gli accordi interistituzionali

Gli accordi interistituzionali sono conclusi tra le istituzioni europee. Il loro fine è di

organizzare e facilitare la cooperazione tra le istituzioni, in particolare la Commissione, il

Parlamento e il Consiglio.

Questo tipo di accordo fa parte della pratica istituzionale, ma è stato accolto nei trattati

istitutivi dell'UE con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona. Quindi, l'articolo 295 del trattato sul

funzionamento dell'UE riconosce l'esistenza degli accordi interistituzionali e precisa che essi

possono anche essere di carattere vincolante. Il carattere vincolante dell'accordo dipende allora dalla

volontà degli autori dell'atto di impegnarsi.

Inoltre, gli accordi interistituzionali possono ad esempio assumere la forma di codici di

condotta, linee direttrici o dichiarazioni.

Si ritiene opportuno concludere la disamina con una panoramica generale sulle fonti non

scritte del diritto europeo, il cosiddetto diritto complementare.3

Il diritto complementare è costituito dalle fonti non scritte del diritto europeo di origine

giurisprudenziale. Tali fonti sono usate dalla Corte di giustizia quali norme giuridiche per colmare

le lacune del diritto primario o del diritto derivato. Esse comprendono i principi generali del diritto

e le norme di diritto internazionale pubblico. Per quanto riguarda i diritti fondamentali, considerati a

lungo dalla Corte di giustizia principi generali del diritto, essi tendono a divenire progressivamente

elementi di diritto primario. Il trattato costituzionale sottoposto a ratifica sancisce questa evoluzione

integrando nel testo la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Nella sua giurisprudenza la Corte di giustizia si richiama a tutta una serie di norme

giuridiche destinate a colmare i vuoti lasciati dal diritto primario o derivato. Si tratta essenzialmente

del diritto internazionale pubblico e dei principi generali del diritto. Queste due categorie esercitano

un'influenza reciproca, come risulta dal fatto che la Corte di giustizia ha elaborato dei principi

generali del diritto ispirati al diritto internazionale pubblico.

I diritti fondamentali costituiscono una categoria particolare di norme, in quanto possono far

parte del diritto primario o del diritto complementare dell’Unione europea a seconda della loro

fonte. . A partire dagli anni Settanta si è inoltre registrata una tendenza a considerare tali diritti

sempre più come fonti di diritto primario e non di diritto complementare.

3 Questa parte è facoltativa in quanto non presente nella videolezione.

Università Telematica Pegaso Le fonti del diritto dell’Unione europea

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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8. Il diritto internazionale

Nell'elaborare la sua giurisprudenza la Corte di giustizia si ispira al diritto internazionale, cui

fa riferimento tramite rinvii al diritto scritto, alla consuetudine e agli usi.

La Corte di giustizia ha inoltre affermato che l’UE è soggetta alle norme di diritto

internazionale. Ha ritenuto, ad esempio, che l’UE, in quanto soggetto di diritto, è tenuta a

rispondere a livello internazionale dei danni causati a terzi.

La Corte di giustizia si ispira al diritto internazionale anche per elaborare i principi generali

del diritto. È il caso, ad esempio, dei seguenti principi:

obbligo di buona fede;

pacta sunt servanda (le convenzioni vincolano giuridicamente i loro firmatari);

territorialità;

estinzione dei trattati in caso di mutamento radicale delle circostanze.

La Corte di giustizia si è altresì scostata da alcuni principi di diritto internazionale giudicati

incompatibili con la struttura dell’Unione, come il principio di reciprocità nell'esecuzione degli

obblighi statuali.

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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9. I principi generali del diritto

I principi generali del diritto sono fonti non scritte elaborate dalla giurisprudenza della Corte

di giustizia. Essi hanno permesso alla Corte di creare norme in settori non disciplinati dai trattati, ad

esempio in materia di responsabilità extracontrattuale dell’UE. I principi generali del diritto

possono essere:

comuni agli ordinamenti giuridici nazionali: la Corte di giustizia ha individuato

anzitutto una categoria di principi generali comuni a tutti gli ordinamenti giuridici

nazionali e compatibili con gli obiettivi della Comunità. Tra questi principi figurano

la certezza del diritto e il legittimo affidamento, diretto a proteggere gli individui da

mutamenti imprevedibili del diritto;

ricavati da alcuni ordinamenti giuridici nazionali: si è anche ispirata a principi sanciti

solo da alcuni ordinamenti giuridici nazionali. Ad esempio i principi sulla scorta dei

quali ha designato l'istituzione responsabile del danno imputabile alla Comunità

europea e ha valutato l'entità del pregiudizio sono desunti da norme presenti solo in

alcuni ordinamenti giuridici nazionali;

propri dell’UE: la Corte di giustizia ha elaborato una categoria di principi generali

propri dell’Unione europea, seppure ispirati al diritto nazionale. Se ne ha

un'illustrazione con la solidarietà tra Stati membri, l'equilibrio istituzionale o la

preferenza comunitaria.

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10. Il caso specifico dei diritti fondamentali

Esistono tre fonti di diritti fondamentali nell’UE:

la Carta dei diritti fondamentali dell’UE;

la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle

libertà fondamentali

le tradizioni costituzionali degli Stati membri.

Prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali, la

Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e le

tradizioni costituzionali degli Stati membri facevano parte del diritto dell’UE quali principi generali

del diritto.

In seguito il trattato di Lisbona ha inserito nei trattati istitutivi la forza vincolante della

Carta dei diritti fondamentali. L’articolo 6 del trattato sull’UE le conferisce lo stesso valore

giuridico dei trattati. La Carta dei diritti fondamentali è pertanto divenuta una fonte di diritto

primario dell’UE.

Inoltre, l’articolo 6 del trattato sull’UE conferma la Convenzione europea per la

salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e le tradizioni costituzionali

degli Stati membri quali fonti dei principi generali del diritto. Se necessario, la Corte di giustizia

potrà fare riferimento a tali principi per completare i diritti fondamentali protetti dalla Carta.

Infine, l’articolo 6 del trattato sull’UE prevede altresì la possibilità per l’UE di aderire alla

Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

L’accordo relativo a una tale adesione dovrà quindi essere adottato all’unanimità dal Consiglio ed

essere ratificata da tutti gli Stati membri. Inoltre un protocollo sull’eventuale adesione dell’UE non

dovrà modificare le sue competenze, né riguardare le attribuzioni delle sue istituzioni.

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Bibliografia

Adam, R. e A. Tizzano, Lineamenti di diritto dell’Unione europea, Giappichelli

2008

Bin, R. e G. Pitruzzella, Diritto Pubblico, Torino 2009.

Modugno, F. (a cura di), Lineamenti di diritto pubblico, Torino 2009

Tesauro, G., Diritto comunitario, CEDAM, ultima versione

Villani, U., Istituzioni di diritto dell’Unione europea, Bari, Cacucci, 2008;

Strozzi, G., Diritto dell’Unione europea. Dal Trattato di Roma al Trattato di

Lisbona, Torino, Giappichelli, 2009.

Sitografia

http://europa.eu/legislation_summaries/institutional_affairs/decisionmaking_pr

ocess/l14534_it.htm