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Intende trasmettere un messaggio forte e simbolico. E’ un viaggio

metaforico e mediatico nel tempo che valorizza con la memoria

“oggetti forieri di morte”, trasformandoli in “oggetti forieri di

sogni”. Il tentativo sperimentale è quello di conciliare il mondo

brutalmente reale della Storia con quello dell’Immaginazione,

non dicotomizzando ma facendo nascere dal Caos della Guerra lo

spirito del rinnovamento creativo sulle orme di artisti del calibro

di Arman, Pascali, Riello, Reyes e Azzam.

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Molti sono gli artisti che nel corso della loro

carriera hanno affrontato in modi differenti i

temi bellici. Sul territorio francese troviamo

Armand Pierre Fernandez, noto come Arman,

pittore e scultore francese. Durante il suo

periodo delle “accumulazioni”, che potevano

essere di scarpe, monete, orologi, pennelli e

tubetti di colore, notiamo la sua accumulazione

del 1963 di revolvers saldate e quella del 1960

composte di maschere anti gas. Considerando

anche una serigrafia del 1979 eseguita su carta

e raffigurante ancora delle revolvers rosse e

nere riprodotte infinite volte su se stesse.

Arman è stato uno dei primi a rappresentare

senza vergogna i simboli degli strumenti

utilizzati a scopo bellico.

Nello scenario italiano il primo ad occuparsene

nel 1965 è l’artista Pino Pascali che elabora

un ciclo di opere dedicate alle armi. Le sculture

saranno delle armi-giocattolo di grandi

dimensioni e realizzate assemblando residuati

meccanici, tubi idraulici, vecchi carburatori

Fiat, rottami, manopole. L’artista con l’abilità

di un bricoleur ricostruisce cannoni, bombe,

mitragliatrici quasi in scala reale, ma

falsamente minacciosi poiché inutilizzabili. È

questo il suo modo di ironizzare sulla guerra, di

giocare ai soldatini, travestendosi egli stesso in

perfetta tenuta militare. La verosimiglianza

ingannevole è, del resto, favorita e assecondata

dal colore con cui dipinge le sue opere, grigio e

verde.

Un ascendente di Pino Pascali è Antonio

Riello, artista e osservatore scrupoloso dei

meccanismi politici e sociali. Nel 1998

organizza una mostra su delle armi trasformate

in gioielli ai quali attribuisce i nomi delle

donne-chiave della sua vita. Riello mescola

strumenti belligeranti a quelli dell’alta moda,

puntando sul contrasto della logica

qualunquista. Lo scopo dei suoi lavori è quello

di suscitare reazioni controverse sbeffeggiando

la società contemporanea. Nel 2002 presenta

un’altra mostra, chiamata “Guns”, dove esporrà

armi costruite in ceramica.

Sulla scena moderna è possibile scorgere,

inoltre, il messicano Pedro Reyes che ha

trasformato 6.700 armi in strumenti musicali.

SUGGESTIONI ARTISTICHE

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Tale l’iniziativa “disarm” il fine è quello di

suonare il noto brano di John Lennon

“Imagine”. Nel 2008, lo stesso Reyes, aveva

già lanciato una campagna chiamata “Palas por

pistolas” con lo scopo di recuperare armi nelle

strade di Culiacàn, uno dei centri con il più alto

tasso di mortalità del paese e trasformarle in

vanghe per l’agricoltura. Reyes è riuscito a

raccogliere 1.527 armi. Il progetto aveva lo

scopo di dimostrare che gli elementi associati

alla morte e il dolore possono essere riciclati in

oggetti che promuovono la vita e la bellezza.

In contemporanea l’artista siriano Tammam

Azzam, costretto a fuggire a Dubai da

Damasco, sua città natale. Egli racconta con la

sua arte la guerra nel suo paese sperimentando

diverse tecniche. Quando ha perso il suo studio

siriano a causa della guerra, l’arte è diventata

una forma di protesta. L’artista afferma, inoltre,

che : “l’arte non può salvare la Siria. Nulla può

salvarla se non la rivoluzione. L’arte serve a far

mantenere la speranza per un futuro migliore e

aiuterà la ricostruire della Siria, a farla vivere”.

LUCI DI GUERRA L’ultima novità è la pubblicità di un’azienda

americana che produce armi ha pensato di farsi

pubblicità utilizzando un'opera d'arte italiana

conosciuta in tutto il mondo, il David di

Michelangelo. Nella pubblicità della Arma

Lite Inc, pubblicata su alcune riviste

specializzate, è possibile osservare la scultura

del David che, in un fotomontaggio, che

impugna il fucile, un AR-50A1, piuttosto che la

tradizionale fionda. Lo slogan è questo: " a

work of art" (un'opera d'arte). Si riferisce,

ovviamente, alla scultura di Michelangelo ma,

essendo tutt'uno con il fucile, anche all'arma.

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L'inventore di questa bomba fu Cesare Calderoni, di

Novara. Venne proposta per l'adozione nel luglio del

1917 e brevettata il 6 ottobre dello stesso anno.

Diametro massimo dell'involucro sferico di ghisa

57mm, altezza complessiva della bomba 157mm,

peso complessivo della bomba scarica 560g circa;

distanza massima di lancio presumibile 30 - 35 m,

raggio d'azione delle schegge di ghisa non noto, ma

probabilmente superiore a 40 m.

Il suo utilizzo era abbastanza complesso e richiedeva

personale ben addestrato. Si impugnava la bomba per

il codolo cilindrico tenendola in verticale e con la

testa rivolta verso il basso, stringendo ben salda la

placca di sicurezza.con l' altra mano si strappava la

coppiglia di sicurezza. Si lanciava la bomba con un

deciso movimento circolare del braccio. Durante il

volo la placca si staccava e liberava le staffe di blocco

della testa lasciandola cadere. A questo punto, il filo

(assicurato da un lato all' innesco e dall’altro al

manicotto munito di un peso in piombo) entrava in

trazione e accendeva per strappo l’innesco a

capocchia fosforosa.

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Fu una bomba a mano italiana prodotta dalla Società

Bombrini Parodi Delfino (BPD) di Colleferro ed

impiegata dal Regio Esercito durante la prima guerra

mondiale. La BPD è una bomba a mano difensiva a

frammentazione. Il corpo della bomba, realizzato in

ghisa, è cilindrico ed è chiuso superiormente da un

corpo avvitato, che a sua volta porta l'accenditore a

percussione, protetto da un tappo in ottone o in

piombo. L'accenditore è costituito da una capsula

fulminante che, rimosso il tappo e battuta su una

superficie dura, innesca una miccia a polvere nera da

14 secondi. La fiamma della miccia a sua volta

accendeva un cilindretto di carta nel corpo bomba,

contenente fulmicotone, e questo innescava

l'esplosione della carica, costituita da 75 grammi di

balistite. In caso di malfunzionamento della capsula a

percussione, la miccia poteva essere accesa con una

fiamma libera da un foro sul corpo di chiusura. Dato

il peso notevole dell'ordigno, il lancio era limitato a

30 metri, che corrispondeva al raggio d'azione delle

schegge.

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La bomba è il risultato di lunghi studi e molteplici

esperimenti eseguiti da Carlo Cipelli nel silurificio di

San Bartolomeo, in Spezia. Fu utilizzata per la prima

volta dal tenente Giulio Gavotti per il primo

bombardamento aereo della storia durante la guerra

Italo-Turca, nella campagna di Libia il 1° novembre

1911. Furono utilizzate quattro bombe “Cipelli” dal

peso di 1,4 kg dotate di una spoletta ad impatto con

detonatore al fulminato di mercurio ovvero un

involucro sferico d’acciaio poco più grande di un

arancio, pieno di alto esplosivo. Una pallina di ferro,

lasciata libera all’interno, al momento opportuno,

urta, quando la bomba tocca il suolo, contro il

fulminante provocandone l’esplosione. Questa pallina

è tenuta ferma da una molla che si deve estrarre

all’istante del getto e la pressione della mano strige il

piccolo cerchio, che mantiene la pallina immobile nel

breve attimo che passa fra l’estrazione della molla e il

lancio. Il lancio avveniva manualmente, si impugnava

la bomba, si toglieva la sicura così da liberare la

spoletta e si lasciava cadere fuori la bomba.

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Fu una bomba a mano italiana prodotta dalle Industrie

Besozzi ed impiegata dal Regio Esercito e dall'Armée

de terre durante la prima guerra mondiale. La Besozzi

è una bomba a mano difensiva a frammentazione.

L'involucro della bomba ha forma ovalare ed è

formato da due corpi in ghisa a frattura prestabilita,

ottenuti per fusione in conchiglia ed avvitati tra loro.

Superiormente ed inferiormente i due corpi terminano

in due codoli; quello inferiore ospita il tappo filettato

per il caricamento. Il corpo superiore, a lato del

codolo, presenta il foro per la miccia; questa sporge

all'esterno con la capocchia fosforosa d'innesco,

protetta da un tappino avvitato in ottone o piombo.

All'interno la miccia termina con una capsula

detonante immersa nella carica, costituita da 60

grammi di cheddite o di polvere nera.

Per innescare l'ordigno, dopo aver svitato il tappino di

protezione, si sfregava la capocchia contro l'apposito

accenditore o, in caso di forte umidità, si accendeva

direttamente da fiamma libera. La miccia aveva una

durata di 7 secondi circa.

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È un tipo di ordigno utilizzato nel 1880 durante gli

assedi come strumento di disturbo e non

essenzialmente di offesa. Nel 1900, con l’inizio delle

guerre di trincea, venne utilizzata nei reparti di difesa

e attacco pur essendo ormai fuori produzione. Con

l’entrata dell’ Italia in guerra vennero utilizzate e

consumate le giacenze nei magazzini. Tali bombe

erano realizzate in ghisa verniciata e avevano un

diametro che variava dai cinque ai nove centimetri. Il

tappo era in legno con porta miccia in carta

paraffinata.

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Prende il nome da Felice Orsini, un attivista

carbonaro, principalmente influenzato dal pensiero

Mazziniano, fu anche uno scrittore italiano nato a

Meldola nel 1819 e morto a Parigi nel 1858.

Questa bomba si può considerare la progenitrice delle

moderne bombe a mano.

Il funzionamento poteva avvenire in due modi:

- Ritardato, inserendo nei foconi la miccia e

posizionando sopra una capsula fulminante, quindi

accendendo con percussione la capsula si aveva

tempo per il lancio.

- All’impatto ricoprendo tutti i foconi con le capsule e

lanciandola quindi per percussione all’impatto la

bomba doveva esplodere.

Queste bombe erano caricate con polvere nera, che

essendo progressiva veniva a mancare il picco

pressorio istantaneo come nel caso del fulminato di

mercurio e questo faceva sì che si formassero delle

schegge di frammentazione letali.

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Fu una granata italiana nata per l’utilizzo con il

lanciabombe Minucciani ed impiegata anche come

bomba a mano dal Regio Esercito durante la prima

guerra mondiale. La lenticolare Minucciani è una

granata dirompente offensiva adoperata tramite

lanciagranate rotativo automatico. Due gusci in

lamiera uniti per aggraffatura a forma di lente

biconvessa. Il tappo in ottone si avvita ad una flangia

fissata sul semiguscio superiore ed ospita il tubetto

porta miccia. Negli esemplari più recenti il tappo è in

ferro ed è fissato ad incastro tramite due o tre denti. Il

sistema di accensione a miccia è sostituito da una

capocchia fosforosa sporgente dal tappo, che si

accende automaticamente per sfregamento con il tubo

del lanciabombe al momento del tiro ed è collegata al

detonatore da una miccia da 8 secondi di ritardo. Il

tappo con la capocchia sono coperti, durante il

trasporto, da un coperchio in lamierino incollato con

paraffina.

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SITOGRAFIA

-BOMBA CIPPELLI

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http://www.talpo.it/bomba-cipelli.html

http://www.manualedivolo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1224:bombe-sulla-libia-ii&catid=35:generale&Itemid=57

BOMBA BPD

http://www.talpo.it/bpd.html

http://www.frontedolomitico.it/Eserciti/Armi/FronteDolomiticoEsplosivi.htm

BOMBA MINUCCIANI

http://www.talpo.it/lenticolare_minucciani.html

PETARDO THEVENOTH

http://www.talpo.it/petardo_thevenot.html

http://www.talpo.it/petardo-thevenot-incendiario.html

http://www.1gm.it/petardo_thevenot.html

BOMBA ORSINI

http://www.talpo.it/bomba-orsini-1850.html

http://www.treccani.it/enciclopedia/felice-orsini/

BOMBA MILLS

http://www.grurifrasca.net/Sito/dedicatoa/bam.html

http://www.lagrandeguerra.net/ggbombeamano.html

BOMBA SFERICA RISORGIMENTALE

http://www.talpo.it/sferica-risorgimentale.html

http://www.talpo.it/sferica-da-aereo.html

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Polistampa, 2005

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Guerra e le trasformazioni del mondo, Bollati

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Mulino, 2007

• AA.VV. Nicola Gabriele, Edi Casagrande, Cuore,

bombe, pugnale. Le cartoline degli Arditi dalla prima

guerra mondiale agli anni Trenta, Bassano, Itinera,

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• Ideale Cannella, Le ali dell’angelo. La prima guerra

mondiale a Bormio vissuta dai bambini del

comandante del forte di Oga, LaboS, 2010

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A cura

degli alunni della classe 5 sez.G

dell I.I.S.S. DE NITTIS PASCALI di Bari

Tutor Prof. Arch. Bruno Morabito e Prof.ssa Pasqua Taronna