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Università di Caserta – Dipartimento di Psicologia – CFU MODULO - PEDAGOGIA SOCIALE Pietro Boccia 1 Università di Caserta - Dipartimento di Psicologia - Modulo (6 CFU)– Pedagogia sociale (docente: Pietro Boccia) Struttura del MODULO Lezione 1 Unità di apprendimento/1 Legge n. 107/2015, riordino delle disposizioni normative in materia di sistema nazionale sia d’istruzione sia di formazione (D.Lgs n. 59/2017) e modalità per l’acquisizione dei 24 CFU (D.M. n. 616/2017) Unità didattica/1 Analisi della Legge n. 107/2015 Unità didattica/2 Il riordino delle disposizioni normative in materia di sistema nazionale sia d’istruzione sia di formazione (D.Lgs n. 59/2017) Unità didattica/3 Le modalità per l’acquisizione dei 24 CFU (D.M. n. 616/2017) Lezione 2 Unità di apprendimento/2 Il processo di globalizzazione, la secolarizzazione, la pedagogia sociale e la teoria della società complessa Unità didattica/1 Il processo di globalizzazione e la secolarizzazione Unità didattica/2 La pedagogia sociale Unità didattica/3 La teoria della società complessa Lezione 3 Unità di apprendimento/3

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Università di Caserta – Dipartimento di Psicologia – CFU MODULO - PEDAGOGIA SOCIALE Pietro

Boccia

1

Università di Caserta - Dipartimento di Psicologia - Modulo (6 CFU)– Pedagogia sociale

(docente: Pietro Boccia)

Struttura del MODULO

Lezione 1

Unità di apprendimento/1

Legge n. 107/2015, riordino delle disposizioni normative in materia di sistema nazionale sia

d’istruzione sia di formazione (D.Lgs n. 59/2017) e modalità per l’acquisizione dei 24 CFU (D.M.

n. 616/2017)

Unità didattica/1 Analisi della Legge n. 107/2015

Unità didattica/2 Il riordino delle disposizioni normative in materia di sistema nazionale sia

d’istruzione sia di formazione (D.Lgs n. 59/2017)

Unità didattica/3 Le modalità per l’acquisizione dei 24 CFU (D.M. n. 616/2017)

Lezione 2

Unità di apprendimento/2

Il processo di globalizzazione, la secolarizzazione, la pedagogia sociale e la teoria della società

complessa

Unità didattica/1 Il processo di globalizzazione e la secolarizzazione

Unità didattica/2 La pedagogia sociale

Unità didattica/3 La teoria della società complessa

Lezione 3

Unità di apprendimento/3

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Boccia

2

La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e scuola)

Unità didattica/1 La complessità

Unità didattica/2 L’autonomia delle istituzioni: la famiglia

Unità didattica/3 L’autonomia delle istituzioni: la scuola

Lezione 4

Unità di apprendimento/4

La pedagogia, la pedagogia sociale e dimensioni sociali dei modelli educativi nella storia della

civiltà occidentale

Unità didattica/1 La pedagogia e le scienze dell’educazione

Unità didattica/2 La pedagogia sociale: analisi e commento dei capitoli primo e secondo del libro

Pedagogia sociale di Sergio Tramma

Unità didattica/3 Le dimensioni sociali dei modelli educativi nella storia della civiltà occidentale

Lezione 5

Unità di apprendimento/5

Cultura e territorio, socializzazione, dinamiche di esclusione/inclusione

Unità didattica/1 La cultura e il territorio: analisi e commento del capitolo terzo del libro

Pedagogia sociale di Sergio Tramma

Unità didattica/2 La socializzazione

Unità didattica/3 Le dinamiche di esclusione/inclusione

Lezione 6

La pedagogia sociale e la progettazione educativa territoriale come argine alle devianze (bullismo

e cyberbullismo)

Unità didattica/1 La pedagogia sociale e la progettazione educativa territoriale come argine alle

devianze: analisi e commento dei capitoli quarto e quinto del libro Pedagogia sociale di Sergio

Tramma

Unità didattica/2 La pedagogia sociale come argine alle devianze (bullismo)

Unità didattica/3 La pedagogia sociale come argine alle devianze (cyberbullismo)

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LEZIONE 5

Cultura e territorio (analisi e commento del capitolo

terzo del libro Pedagogia sociale di Sergio

Tramma), socializzazione, dinamiche di

esclusione/inclusione

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Il concetto antropologico di cultura

La cultura, in senso antropologico, è un insieme di norme,

di concezioni e di valori che si riscontrano all’interno di

una società.

Le diversità culturali spesso creano conflitti.

Gli antropologi e i sociologi, attraverso la teoria del

conflitto, ritengono che il cambiamento, all’interno delle

società, sia il prodotto di forme di tensione tra interessi

sociali in continua lotta gli uni contro gli altri.

Il conflitto è una condizione di conflittualità e di disagio

tra forme di sollecitazioni contraddittorie per compiere

azioni sociali contrastanti o opposte.

Esso è, pertanto, un processo sociale normale.

Si manifesta, talvolta, come uno strumento, nelle mani di

alcuni soggetti sociali, per realizzare valori e per acquisire

status in contrapposizione, anche violenta, ad altri attori

sociali.

Il conflitto non deve, però, essere confuso con la

competizione. Questa non si prefigge, per raggiungere

alcuni risultati, di demolire un avversario.

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Al fine di uscire da situazioni di conflitto, le azioni sociali

vengono organizzate diversamente da una società a

un’altra.

Esse hanno, però, significato univoco sia per chi le

compie sia per chi le subisce.

Émile Durkheim ne ha fatto notare, nel libro Le regole

del metodo sociologico, gli aspetti oggettivi; Max

Weber, invece, in Economia e società ha posto l’accento

sugli aspetti soggettivi.

Il sociologo americano Talcott Parsons ha, nel capolavoro

Il sistema sociale, proposto una forma d’interazione tra

le due posizioni precedenti.

Egli ha sostenuto che le azioni sociali si presentano, nella

coscienza collettiva, come rapporti sociali, e, nel singolo

individuo, come motivazione psicologica, tendendo a

stabilizzarsi, in forme definite, soltanto nelle istituzioni e

nei sistemi socioculturali.

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La cultura come complesso di modelli e le dinamiche di

gruppo

L’uomo, vivendo in società, acquisisce, a differenza

degli altri animali, la capacità di produrre forme di

cultura e di modificarne, attraverso il processo

d’interazione, i contenuti in funzione dei suoi bisogni e di

quelli del gruppo, in cui vive.

All’interno dei gruppi e delle società si possono realizzare

uguaglianze (processo, tramite il quale, gli individui, che

fanno parte di una determinata società o di un gruppo

hanno uguale accesso a tutte le risorse disponibili),

segmentazioni (collocazione socio/culturale in cui è posto

un individuo) e dinamiche sociali e di gruppo (fitta rete di

interrelazioni che si strutturano all’interno della società o

di un gruppo).

In tal modo, pur appartenendo a una società segmentata

o a un gruppo, si concepisce, da un lato, la libertà, come

liberty (libertà personale) e, dall’altro, l’uguaglianza,

come equality (uguaglianza sociale).

Ognuno assume, agendo, comportamenti articolati e

complessi.

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Le dinamiche più agevolmente interpretabili sono quelle

di gruppo.

I gruppi possono essere primari e secondari.

Nei primi gli uomini, interagendo con gli altri,

determinano anche dinamiche di gruppo.

I soggetti, che compongono un gruppo primario,

interagendo ordinatamente e percependosi nello stesso

tempo vicendevolmente, hanno le stesse aspettative e,

spesso, svolgono le stesse attività.

I membri di un gruppo primario si trovano, poi, nella

situazione di essere fisicamente e a livello psicologico

vicini.

Essi non devono essere considerati come una somma di

unità individuali, ma come un complesso rapporto di

relazioni tra tali unità.

Ogni membro del gruppo è caratterizzato da

irripetibili e inconfondibili forme di differenze individuali,

che sussistono durevolmente.

Tali forme, pur nella difficoltà di trovarne una

spiegazione, scientificamente attendibile, sono state

studiate soprattutto dalla psicologia sociale.

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Le forme delle differenze individuali possono essere, in

ogni modo, meglio analizzate, mettendo in relazione un

individuo con il gruppo o con le segmentazioni della

situazione socio/culturale, in cui vive.

Tra l’individuo e il gruppo si forma una fitta rete di

interrelazioni.

La struttura del gruppo non è altro che la rete di tali

interrelazioni.

Anche nei gruppi artificiali, composti di soggetti con ruoli

differenziati e gerarchici, si forma, fra tutte le unità del

gruppo, una rete di relazioni.

I minimi cambiamenti di tale struttura influenzano,

perciò, i comportamenti e le dinamiche, che si realizzano

all’interno di un gruppo.

Nei gruppi vi sono una struttura manifesta e una

affettiva; la prima è oggettiva, mentre la seconda è

costituita da legami di simpatia, di antipatia e

d’indifferenza.

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Soltanto la comunicazione, come modello di scambi

d’informazione all’interno del gruppo, appartiene tanto

alla struttura manifesta quanto a quella affettiva.

Bisogna, inoltre, considerare che, nei gruppi artificiali, i

modelli di comunicazione assumono tradizionalmente una

forma piramidale di tipo gerarchico; in tale situazione, gli

scambi d’informazione si realizzano, attraverso gli ordini,

dall’alto verso il basso e, attraverso i resoconti, dal basso

verso l’alto.

Oggi, si applicano in pratica i modelli di comunicazione di

tipo circolare o quelli di tipo radiale.

Nel modello di tipo circolare, ogni membro del gruppo

ha la stessa possibilità sia di ricevere sia di trasmettere

informazioni; nel modello di tipo radiale, emerge al centro

del gruppo un leader che assume la funzione di

coordinatore.

Per ogni soggetto, è importante appartenere a un gruppo;

l’individuo non potrebbe essere compreso senza collocarlo

nella segmentazione della società e senza considerare la

sua interazione con il sociale.

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E’ nel gruppo o nel sociale che egli non solo soddisfa il

bisogno di socializzazione, ma anche quello di autostima.

I gruppi primari sono costituiti da soggetti, che

interagiscono in modo diretto e con un coinvolgimento

profondamente emotivo; i gruppi secondari si

costituiscono, invece, quando alcuni soggetti si mettono

insieme per raggiungere scopi pratici.

I membri del gruppo secondario, generalmente, non sono

legati dal punto di vista emotivo.

Essi, al contrario dei gruppi primari, possono anche essere

vicini psicologicamente, perché hanno, in un determinato

momento, gli stessi scopi da realizzare o gli stessi bisogni

da soddisfare o manifestare, ma fisicamente distanti sia

nella stratificazione sociale sia nello spazio geografico.

Essi, in tal caso, diventano organizzazioni sociali o

associazioni di persone.

I gruppi secondari, che diventano organizzazioni sociali

o associazioni, sono di vaste dimensioni.

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Un discorso a parte meritano i gruppi dei pari (costituiti

da soggetti che hanno le stesse caratteristiche e gli stessi

interessi) e i gruppi di riferimento (costituiti da soggetti

spesso immaginari, ai quali alcuni individui fanno

continuamente riferimento).

La società moderna è, nel complesso, costituita da una

diffusa articolazione di gruppi, di associazioni e di

organizzazioni sociali.

Tutta la vita sociale, nelle società tradizionali, si svolgeva

in famiglia oppure partecipando ai riti religiosi, alle

attività di bottega e alle riunioni della comunità.

Nella società attuale, essa è, invece, dominata dalle

organizzazioni informali, che regolano e controllano la

vita dell’uomo, sin dalla nascita.

Alcune delle organizzazioni informali, nelle società

democratiche, sono volontarie e altre obbligatorie; sono

volontarie, per esempio, le organizzazioni dei partiti

politici, delle associazioni culturali, religiose e

professionali, mentre sono obbligatorie l’organizzazione

militare, la scuola dell’obbligo e le strutture carcerarie.

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Alle prime ognuno può aderirvi o allontanarsene

liberamente; alle seconde l’individuo è “obbligato” o

costretto dallo stato a farne parte.

Negli ultimi anni, soprattutto in Italia, si sono diffuse

anche numerose associazioni di volontariato di piccola e

media dimensione, che si dedicano alla promozione,

attraverso il valore della solidarietà, di alcune finalità

sociali.

b. La dinamicità culturale e la creatività

L’uomo ha una predisposizione innata a socializzare.

Tale predisposizione, però, senza un ambiente adeguato,

non riuscirebbe a svilupparsi.

L’essere umano interiorizza il proprio ambiente e, in tal

modo, s’incultura.

La cultura non è soltanto forma d’idealità, di linguaggio,

di comunicazione, di progresso tecnologico, di fatto

storico e di ogni espressione artistico/letteraria ma, intesa

in senso antropologico, è anche un insieme di valori, di

norme e di concezioni, che ognuno, socializzando,

acquisisce, attraverso il processo di apprendimento.

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I valori sono rappresentazioni astratte e collettive,

attinenti a considerazioni più o meno trasparenti e

manifeste di ciò che è buono o giusto; le norme sono,

invece, aspettative in base alle quali tutti si attendono

che, in una determinata società, i comportamenti degli

uomini si svolgano in un certo modo.

Gli uni e le altre sono di fondamentale importanza per la

convivenza umana.

L’essere umano si socializza ai modelli culturali

dell’ambiente in cui vive direttamente e indirettamente.

S’incultura, apprendendo valori, norme e concezioni del

proprio ambiente, e si accultura, recependo i fenomeni

culturali non autoctoni.

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La cultura, infine, si apprende e si trasmette

diffusamente, comunicando e interagendo su tre

dimensioni:

- nel tempo, quando viene trasmessa e lasciata in eredità

da una generazione a un’altra;

- nello spazio geografico, quando è trasmessa e diffusa da

una società a un’altra, da una città a un’altra, dalla città

alla campagna e viceversa;

- nello spazio sociale, quando è trasmessa e diffusa

nell’ambito della stratificazione sociale.

I valori e la cultura hanno la possibilità di trasformarsi

in dispositivi ad hoc, per costruire una società, eretta non

solo sulla convivenza democratica, ma anche sulla

consapevolezza che la diversità etnica e culturale, quando

non supera la soglia di contaminazione, diventa, per

tutti, una ricchezza e una risorsa per la crescita

individuale e per la maturazione sociale.

Ognuno avrebbe, così, l’opportunità di condividere o di

fondare valori e di acquisire sempre maggiori conoscenze.

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Le une e gli altri rappresentano i pilastri per vivere, con

equilibrio, nella complessa società di oggi, conflittuale e

soggetta a veloci trasformazioni.

I valori sono punti di riferimento e tracciano la rotta alla

quale tendere; le conoscenze, ottenute attraverso

l’applicazione allo studio e l’esperienza, sono, invece, la

strada maestra, non solo per trasformare, gradualmente,

in meglio ma anche per migliorare, in maniera continua,

l’intero corpo sociale.

I primi non devono porsi in contrapposizione alle

seconde; i valori, quando non si avvalgono delle

conoscenze, generano mostri (nel Medioevo, ad esempio,

gli uomini, anche se in possesso di saldi valori, come la

solidarietà, la carità cristiana e l’amore per il prossimo,

erano ignoranti e per questo motivo si trasmettevano tra

loro facilmente malattie contagiose).

Se le società tradizionali avessero conosciuto

scientificamente le cause di tali patologie, la peste, ad

esempio, non avrebbe potuto mietere tante vittime.

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Anche le conoscenze senza i valori producono mostri.

Nel Novecento, per esempio, la coltissima Germania ha

prodotto le mostruosità del nazismo.

Il tedesco era un popolo di filosofi, di scienziati e di

artisti, ma ha prodotto una delle nefandezze del secolo

XX, perché nel periodo del nazismo sono mancati i valori

della libertà, della pace, della solidarietà tra i popoli,

della giustizia sociale e, soprattutto, della consapevolezza

che l’essere umano è limitato e, per tale motivo, non

possiede verità da imporre agli altri.

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Lo status e il ruolo sociale nella

differenziazione/stratificazione della cultura

In ogni società gli uomini, comunicando e interagendo,

socializzano e, di conseguenza, assumono posizioni sociali

che, dopo averli acquisiti e interiorizzati, sono costretti,

talvolta anche senza rendersi conto, a recitare.

Una posizione sociale è circoscritta al posto che uno

occupa in un gruppo o nella società in rapporto agli altri.

L’uomo, quando entra in rapporto con gli altri, cerca di

capire, per presupporne l’eventuale comportamento, la

loro posizione sociale.

Se un soggetto conoscesse la posizione sociale di un suo

interlocutore, non solo potrebbe prevederne il

comportamento, ma anche stabilire quale atteggiamento

assumere nei suoi confronti.

Numerose sono, poi, oggi, le posizioni sociali che un

soggetto potrebbe occupare simultaneamente.

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Al progredire della società aumenta anche il numero delle

posizioni da occupare.

Una posizione, quando è valutata in un certo modo

dagli altri, diventa status; lo status è un concetto relativo

e rappresenta, nel linguaggio sociologico, il livello di

valutazione di ogni posizione.

Esso può essere ascritto oppure acquisito; è ascritto,

quando è predisposto e non potrà mai essere modificato.

Alcuni status (maschio o femmina) sono fissati dalla

nascita.

Nelle società tradizionali, quasi tutti gli status erano

ascritti.

Lo status, quando è ascritto, viene imposto all’individuo

dalla stessa società.

Gli status acquisiti comportano, invece, l’opportunità di

compiere delle scelte e di essere, in maniera consapevole,

protagonisti delle proprie azioni (per esempio, scegliere di

laurearsi in Psicologia o in Sociologia significa acquisire lo

status di psicologo o di sociologo).

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Lo status acquisito, come indica lo stesso nome, si basa su

una scelta individuale.

Un soggetto, in tal modo, acquisisce il proprio lavoro

sulla base delle proprie capacità e delle proprie attitudini.

Ogni status sociale è, poi, sempre accompagnato da un

ruolo; questo è una norma specifica, che può essere

definita come un’aspettativa di un comportamento,

collegata alla posizione che è occupata all’interno della

società.

Il ruolo è, quindi, un comportamento istituzionalizzato;

esso, come norma specifica, è un’aspettativa bilaterale:

ognuno deve comportarsi in maniera corrispondente a

una certa posizione sociale; tale comportamento è

soggetto a una continua verifica.

Il ruolo è un’aspettativa di un certo comportamento, che

si pone come passaggio tra il punto di vista sociologico e

quello psicologico.

L’uomo assume, in modo chiaro, comportamenti non

conformi e li manifesta anche all’esterno (per esempio,

vestendosi in un certo modo o portando con sé

determinati oggetti).

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Ognuno, soltanto così, riesce a mettere in pratica il

proprio ruolo e a integrarsi nelle istituzioni sociali.

Se tendono tali caratteristiche a persistere nel tempo, si

può parlare anche di attributi di ruolo; nel caso che esse

siano soggette a mutare e a diventare qualcosa di diverso,

si dovrà parlare di simboli di status.

Un attributo di ruolo individua la differenza di posizione

tra chi occupa un posto in una determinata società e gli

altri; i simboli di status indicano, al contrario, la

differenza di posizione.

Nella vita sociale, l’uomo non occupa una sola posizione,

ma un set di posizioni; possono, così, sorgere tensioni e

conflitti di non facile soluzione.

Dai conflitti di posizione si sviluppano, dunque, altri tipi

di conflitto non facilmente sostenibili.

Questi si verificano, quando s’incuneano in uno stato di

conflitto ruoli diversi dello stesso set di posizione e di altri

set di un individuo.

Il conflitto di ruolo è una situazione di conflitto, che un

soggetto, svolgendo contemporaneamente più ruoli,

subisce.

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In alcune circostanze, ci si trova nella situazione

d’interpretare ruoli incompatibili tra loro, attivando una

forte situazione di stress, come, per esempio, in una

donna, il conflitto tra il ruolo di madre e quello

d’insegnante; la donna, che si trova a occupare entrambe

le posizioni, è, spesso, in una posizione di disagio, giacché

i due ruoli comportano impegni contrapposti e

alternativi.

Per la madre, l’attenzione è rivolta al figlio e alla

famiglia; per l’insegnante, l’interesse principale è, invece,

rivolto all’alunno, alla scuola e al lavoro.

E’ opportuno che tali conflitti siano risolti subito oppure

bisogna, quando non ci si riesce, diluirli nel tempo;

altrimenti potrebbero trasformarsi in disagi psicologici o

in stress di ruoli.

L’uomo potrebbe, in parte, attenuare i conflitti di

ruolo, tramite la socializzazione.

Ognuno, attraverso tale processo, potrebbe, interagendo

con gli altri e comprendendo le loro posizioni sociali,

assumere opportunamente i propri status nei gruppi e

nelle organizzazioni sociali, acquisendone e svolgendone,

in maniera attiva ed efficace, i ruoli.

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Analisi e commento del capitolo terzo (Il territorio) del

libro Pedagogia sociale di Sergio Tramma

Lo spazio vissuto

Le precedenti considerazioni sulla complessità dei

soggetti, la descolarizzazione, l’educazione permanente,

l’animazione e le dimensioni comunitarie, hanno sempre

enfatizzato il territorio intendendolo come quotidiano e

complesso sistema di vita dei soggetti, e, in quanto tale,

l’ambito di riferimento teorico e operativo per le

riflessioni e le azioni riguardanti la pedagogia sociale.

Se il termine territorio, da una parte, registra la realtà, e

dall’altra la crea, si pone allora la questione di concordare

preventivamente ciò che all’incirca è possibile intendere

come territorio.

Va innanzitutto detto che si tratta di un termine

ampiamente usato nelle politiche educative, ma non è

certo di esclusiva pertinenza della pedagogia sociale,

poiché è usato in

molte discipline così come dal linguaggio militare e

dall’ordine pubblico.

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Vanna Iori, nell’affrontare il tema dello spazio educativo,

approfondisce la distinzione tra lo spazio ritenuto

omogeneo e astratto e quello ritenuto vissuto e concreto.

Il primo è affrontato, concettualizzato e sistematizzato

dal pensiero scientifico e filosofico allo scopo di

razionalizzarlo e di controllarlo cognitivamente; il

secondo è uno spazio vissuto diversamente da ogni

soggetto, elaborato differentemente da ogni società classe

sociale e cultura in relazione alle loro diverse concezioni,

immagini, rappresentazioni, e in relazioni agli intenti

trasformativi rispetto a esso.

Per il progettista lo spazio è astratto, è mediato dal

progetto, è concettuale, abitato da entità umane

prevedibili nelle loro aspirazioni e nei loro

comportamenti, lo spazio è quello euclideo, razionalmente

divisibile, geometricamente configurabile.

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Per l’utilizzatore di quegli spazi, per colui che li

frequenterà quotidianamente in tutte le loro sfumature e

contraddizioni, in tutte le loro aperture e chiusure, lo

spazio organizzato è concreto, costituisce una sfera

all’interno della quale egli si muove e che in certo modo si

muove con lui, si modifica nel corso e a causa dei suoi

spostamenti, è una dimensione esistenziale.

L’ambiente dunque non può essere considerato soltanto

un insieme di elementi fisici, in parte neutrali e in parte

artificiali, ma è un contesto nel quale si realizzano le

esperienze vive delle persone.

Il comportamento umano si costruisce, si esplica, si pensa in

uno spazio esistenziale più che geometrico e quindi è influenzato

più che dallo spazio in sé, dalle rappresentazioni simboliche che

di tale spazio si è dato, durante la storia, il gruppo che lo vive.

Concepire il territorio come un luogo vissuto più che come

spazio geometrico-architettonico implica che, come per molte

altre questioni affrontate, la pedagogia sociale sia costretta ad

assumere faticosamente in sé molti sguardi, definizioni e usi

parziali, per produrre una sintesi teorica e operativa che tenga

conto degli intrecci tra le diverse dimensioni del territorio nelle

quali i soggetti vivono al fine di cogliere l’insieme dei processi

educativi che vi sono ospitati per delineare percorsi d’intervento

pedagogicamente pensati e impostati.

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La conoscenza del territorio

La conoscenza del territorio diventa un requisito

essenziale per qualsivoglia intenzione educativa che in

esso si collochi, ma nello stesso tempo, tale processo di

conoscenza, se non considerato una mera operazione

tecnica di raccolta e catalogazione d’informazioni, può

divenire, se opportunamente governato, un’efficace

modalità di coinvolgimento, partecipazione e formazione

dei soggetti cui il lavoro educativo è rivolto.

La riflessione rispetto alla conoscenza del territorio

ripropone ovviamente la questione riguardante il come,

con quali strumenti e con quanta attendibilità sia

possibile cogliere oggettivamente una data situazione da

parte di un osservatore, cioè come sia possibile attivare

una conoscenza esatta, derivante soprattutto da

misurazioni di tipo quantitativo, indipendenti dalle

interpretazioni di chi osserva.

Il processo di conoscenza dunque include chi conosce, il

quale è o dovrebbe essere consapevole di promuovere

operazioni di descrizione e comprensione di ciò con cui è

in relazione.

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Nell’interazione soggetto-spazio è il primo che dà senso, e

quindi fa esistere lo spazio che è spazio per l’uomo, spazio

vitale, intrinsecamente legato alle possibilità

dell’esistenza, parcellizzato in una molteplicità di micro-

spazi dell’esperienza quotidiana.

Il territorio è da intendersi dunque come uno spazio in cui

sono presenti diversi elementi, materiali e immateriali,

antichi e recenti, modificabili e non, che interagiscono tra

di loro.

Pertanto il territorio, per la sua stessa natura, non può

che essere letto sistematicamente, cioè come un insieme

costituito dalle relazioni tra le sue componenti, non

scomponibile, se non per utilità operativa.

Il territorio è sì una complessità, ma una complessità che

in pedagogia sociale non può essere solo dichiarata e

contemplata, bensì deve essere praticata attraverso

azioni tendenti a cambiarne parti e relazioni tra le parti.

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Le mappe del territorio

La conoscenza del territorio è infatti:

- analisi da parte del soggetto conoscente delle proprie

teorie e rappresentazioni del territorio e degli altri

soggetti direttamente o indirettamente coinvolti;

- conoscenza astratta, concettuale del territorio inteso

come ambiente di vita ed educativo, e al contempo

conoscenza concreta, riferita al qui e ora di quel

territorio;

- inquadramento generale di un dato territorio,

indipendentemente dal particolare intervento che

s’intende ideare e realizzare, e al contempo conoscenza

particolare che si pone riguardo allo specifico progetto

educativo che s’intende realizzare;

- acquisita sia preventivamente a qualsiasi attuazione

pratica, sia continuamente nel corso dell’operare.

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L’attenzione educativa d’ispirazione pedagogico-sociale,

per quanto sino ad ora affermato sulla formatività del

territorio e per le intenzioni trasformative che le sono

proprie, è un’attenzione che deve tendenzialmente

tracciare quante più mappe e quanto più complete

possibili del luogo in cui si colloca e si manifesta.

In particolare le mappe considerabili essenziali e delle

quali non si può prescindere sono quelle riguardanti:

- la popolazione;

- l’ambiente geografico-naturale;

- l’ambiente urbanistico;

- la situazione socio-economica;

- la mobilità;

- la situazione aggregativa e relazionale;

- i servizi;

- la storia.

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La popolazione

La mappa della popolazione merita il primo riferimento

non per essere una sorta di variabile indipendente, ma

perché chi concretamente vive in un qualsiasi territorio,

rappresenta l’ovvia ragion d’essere degli interventi

educativi.

Tracciare la mappa della popolazione comporta collocare

i processi generali (nazionali, regionali) che l’hanno

interessata e la interessano (invecchiamento,

immigrazione, ecc.) all’interno di spazi di vita limitati,

amministrativamente circoscritti (quartieri, comuni, ecc.)

e realmente affrontabili da interventi educativi.

La popolazione presenta una struttura (sesso, età, stato

civile, composizione delle famiglie, ecc.) e una

composizione (religione, etnia, lingua, attività

economiche, ecc.).

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30

Tradizionalmente la popolazione è suddivisa in tre grandi

gruppi (giovani, adulti, anziani) allo scopo di cogliere il

loro diverso posizionamento rispetto all’attività

formativa e a quella produttiva: i giovani in formazione e

non ancora in produzione, gli adulti in produzione e non

più in formazione, gli anziani in condizione post-

formativa post-produttiva; in sintesi, allo scopo di

differenziare la popolazione attiva dalla popolazione non

ancora attiva e da quella non più attiva.

In ogni caso, a prescindere dal posizionamento rispetto

all’attività produttiva, è importante conoscere la

suddivisione della popolazione di riferimento in classi di

età, la ripartizione tra maschi e femmine e l’andamento

del loro rapporto riguardo al crescere dell’età.

In questi ultimi decenni, nel nostro Paese si è verificato

un processo d’invecchiamento della popolazione, cioè

l’aumento in valore assoluto e percentuale della

componente di popolazione anagraficamente ritenuta

anziana.

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31

Un processo è da considerarsi strutturale e strategico:

l’aumento dell’età media e della speranza di vita delle

persone ha modificato radicalmente la struttura della

popolazione.

Tutto ciò ha portato all’attenzione pedagogica nuovi

soggetti (anziani in generale e donne anziane in

particolare) e nuove prospettive di lavoro educativo

(l’accompagnamento alle transizioni, la formazione

svincolata del lavoro).

I cambiamenti strutturali della popolazione non si

traducono solo nella variazione quantitativa dei soggetti

interessabili del lavoro educativo territoriale (per

esempio: l’aumento degli anziani e la diminuzione dei

bambini), ma anche, se non soprattutto, nelle

implicazioni educative delle cause che li hanno

determinati e negli effetti che hanno prodotto; sono

cambiamenti, infatti, che hanno trasformato il clima

educativo territoriale, soprattutto per quanto riguarda le

dimensioni informali.

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L’ambiente geografico-naturale

La mappa dell’ambiente geografico-naturale deriva dagli

elementi fisici e ambientali che condizionano lo stabilirsi e

l’evolversi degli insediamenti umani, e che sono

immutabili nel breve e nel medio periodo, se non per

eventi eccezionali naturali o a seguito di importanti e

impegnativi interventi umani.

Ma l’importanza dell’ambiente geografico-naturale non

riguarda esclusivamente il passato, cioè l’influenza che

può avere avuto sulla storia del territorio (o che la storia

ha avuto su esso), ma anche il presente, in particolare

riguardo all’identificazione dei confini, così come

percepiti da chi nel territorio abita: delimitazione dello

spazio naturale di una presunta comunità locale,

operazioni di costante superamento, innalzamento o

abbattimento dei confini stessi, permanenza

nell’immaginario sociale, in particolare nei soggetti più

anziani, di antichi confini naturali che separano il proprio

ambiente di vita da altri.

Le principali informazioni relative all’ambiente geografico-

naturale riguardano i lineamenti idiografici e orografici, il clima,

la vegetazione, le risorse agroforestali, idriche, etc.

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L’ambiente urbanistico

La mappa urbanistica riguarda quelle caratteristiche semi-strutturali del territorio

prodotte dall’opera diretta e consapevole degli esseri umani, cioè quegli interventi

che si sono progressivamente realizzati (in continuità o discontinuità con gli

assetti precedenti) per rispondere alle esigenze produttive, abitative, relazionali

dell’intera collettività o a quelle di alcuni gruppi presenti nel territorio

indipendentemente dalla concordanza di tali esigenze con quelle dell’insieme della

popolazione (per esempio, il caso delle speculazioni edilizie o delle azioni

fortemente compromissorie nei confronti dell’ambiente naturale).

La mappa degli elementi semi-strutturali comprende principalmente le

caratteristiche urbane del territorio, i fattori che facilitano o ostacolano il

collegamento degli insediamenti tra loro e con luoghi particolarmente significativi

del territorio (cioè quelli della produzione e del commercio: aziende, centri

direzionali, centri commerciali), le zone d’interesse storico e artistico, gli spazi di

aggregazione e relazionali formali e informali, e infine quegli elementi urbanistici

che si rivelano o si potrebbero rivelare luoghi di ritrovo formali e informali: piazze,

spazi verdi, luoghi di passeggio, ecc.

Un altro importante elemento della mappa urbanistica è costituito dal sistema di

comunicazione (strade, ferrovie, aereoporti, porti), essenziale, oltre che per le

facilitazioni o gli ostacoli ai rapporti tra i luoghi e gli insediamenti del territorio,

anche per una prima, pur approssimativa individuazione del territorio

effettivamente praticabile dagli individui, cioè di quello da loro realmente fruito e

fruibile, indipendentemente dai confini amministrativi formali.

Infatti, all’interno di un contesto territoriale, vi è una popolazione residente, ma

anche una popolazione gravitante che non coincide con la prima, e la presenza,

soprattutto nelle aree metropolitane, dei due differenti tipi di popolazione, è un

aspetto da non sottovalutare.

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La situazione socio-economica

La mappa socio-economica del territorio è la risultante di più

elementi strettamente collegati tra loro: i settori e i rami di

attività produttiva presenti, la collocazione della popolazione

all’interno di tali settori e rami, il tenore di vita dei cittadini.

La mappa socio-economica richiede un’analisi della condizione

occupazionale delle persone (occupate, disoccupate o in cerca di

prima occupazione) e tale informazione è un indicatore tra i più

importanti della qualità della vita di un territorio, poiché

contribuisce a evidenziare l’esistenza di aree problematiche

dovute alla mancanza o all’attesa del lavoro, con tutte le

possibili conseguenze in termini di situazioni marginali o

comportamenti devianti.

Nel cogliere appieno la situazione occupazionale, è necessaria,

inoltre, attenzione al cosiddetto sommerso (alle posizioni

occupazionali che ufficialmente non figurano) e alle forme di

occupazione debole che interessano, in particolare, le fasce di

età giovanile e le donne.

Ancora rispetto alla situazione occupazionale, da non

dimenticare o sottovalutare l’economia illegale connessa allo

sfruttamento della manodopera e/o alla criminalità organizzata

e alle varie mafie: fatturato importante, controllo di ampi

settori dell’economia legale, in alcune zone sbocco occupazionale

per settori non indifferenti della popolazione.

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La mobilità

Ogni territorio è interessato da fenomeni di mobilità, cioè

dal movimento degli individui in entrata o in uscita.

I tipi di mobilità si distinguono innanzitutto in base alla

loro durata: gli spostamenti possono essere temporanei o

permanenti.

Sono temporanei quando i soggetti rientrano nel loro

luogo di residenza dopo un allontanamento di breve

durata, hanno nei territori di partenza e di approdo

effetti ridotti, non modificano strutturalmente i luoghi

interessati.

Gli spostamenti permanenti comportano invece il cambio

di residenza per un certo periodo (convenzionalmente

quantomeno un anno) e hanno maggiori effetti sulle aree

di partenza e di arrivo.

Gli spostamenti sono causati da diversi fattori, sia di tipo attrattivo

presenti nei luoghi di arrivo, sia di tipo repulsivo presenti nei luoghi di

provenienza, che ne determinano direzioni, intensità, durata: dagli

effetti della divisione del mercato internazionale del lavoro alle crisi

belliche e politiche, dalle fluttuazioni del mercato locale del lavoro al

popolamento di nuove e vecchie zone residenziali.

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36

La mappa della mobilità, in connessione con quella

urbanistica, deve comprendere anche la circolazione delle

persone, cioè quelle forme di mobilità abituali,

giornaliere, dovute, per esempio, agli spostamenti dal

luogo di residenza ai luoghi di svolgimento dell’attività

professionale o formativa.

Tali forme di mobilità abituali evidenziano, ancora una

volta, come e quanto gli individui possano essere

policentrici rispetto alla collocazione territoriale, e

quanto diventi sempre più fragile, indipendentemente

dalle intenzioni, la possibilità di concepire il territorio di

residenza come un territorio totalizzante rispetto agli

interessi, alle attività, alle attese dei soggetti: gli spazi

vissuti dagli individui si ampliano e, nello stesso tempo, si

connotano sempre più debolmente.

Per l’attenzione pedagogica diventa, quindi, molto

difficile circoscrivere il territorio di appartenenza dei

soggetti individuali e collettivi, in particolare individuare

i luoghi in cui risiedono e si sviluppano le esperienze

educative che li coinvolgono, sia perché si rivela

altrettanto difficile governare compiutamente i progetti e

gli interventi formativi a fronte delle pluri/appartenenze

territoriali delle persone.

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La situazione aggregativa e relazionale

La mappa aggregativa e relazionale si rivela tra quelle

fondamentali per la conoscenza del territorio.

Tracciarla non è certo tra le operazioni più semplici, in

quanto operazione complessa ed essenziale, necessaria sia

perché la partecipazione degli individui a una

qualsivoglia dimensione collettiva rappresenta di per sé

un coinvolgimento in un’esperienza formativa, sia perché

molte delle azioni educative territoriali hanno come

propri punti di riferimento soggetti collettivi più che

individuali.

E’ opportuno che la mappa delle aggregazioni sia la più

dettagliata e comprensiva possibile e, come e più delle

altre, venga continuativamente aggiornata e modificata.

Per tracciarla è necessario applicare una bassa soglia

analitica, cioè considerare soggetto collettivo qualsiasi

aggregato che presenti relazioni minimamente

continuative e significative.

L’articolazione della mappa comporta l’individuazione e

la catalogazione delle aggregazioni in rapporto

all’intreccio di alcune loro caratteristiche.

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Innanzitutto all’essere formali o informali, cioè al loro porsi, nel primo

caso, intenzionalmente, esplicitamente, e anche, alcune volte,

statuariamente in quanto organizzazioni (per esempio, associazioni di

volontariato, circoli culturali, gruppi sportivi, partiti politici e altro), e,

nel secondo caso, al loro porsi come insieme di persone con ridotta o

nulla formalizzazione (gruppi di pari, aggregazioni legate all’utilizzo di

spazi pubblici quali bar o giardini, compagnie, etc.).

Inoltre le aggregazioni dovranno essere individuate in rapporto alla

prospettiva temporale, cioè all’essere permanenti, temporanee,

occasionali, cioè in relazione agli utenti di futuro condiviso che

possiedono e/o auspicano (gli associati a un circolo e i partecipanti a una

manifestazione pubblica di tale circolo, i membri di un gruppo sportivo

e gli spettatori di una manifestazione sportiva, un comitato di quartiere

creatosi per un problema piuttosto che i frequentanti di un ciclo di

conferenze etc.).

Un ulteriore elemento di censimento delle aggregazioni esistenti

riguarda la presenza passata o presente d’intenzionalità istituzionale nel

loro processo di strutturazione (per esempio, associazioni di anziani o

aggregazioni giovanili) o l’assenza di tale intenzionalità (per esempio,

centri sociali autogestiti o gruppi di anziani legati a un luogo d’incontro

debole).

Infine si rivela funzionale una mappatura riguardante anche la

percezione che i componenti e le aggregazioni hanno di loro stessi in

relazione alla produzione di cultura, forza dei legami, rapporto con le

norme sociali, etc.

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I servizi

La mappa dei servizi alla persona è quella in cui sono

collocabili i principali interlocutori e i possibili partner

del lavoro educativo territoriale.

Un servizio, secondo una definizione apparentemente

datata ma considerabile ancora un punto di riferimento

per orientarsi nelle trasformazioni che interessano le

politiche sociali, e soprattutto per distinguere un vero

servizio da un altro, consiste in una “unità organizzativa

attivata per l’esercizio di una o più funzioni.

Tali funzioni hanno un carattere di continuità”,

articolato in una o più unità operative, i cui elementi

costitutivi sono:

- una sede fisica;

- un bacino d’utenza o ambito territoriale di riferimento;

- una serie di attività e prestazioni (determinate dagli

obiettivi cui il servizio risponde e dall’utenza cui è

rivolto);

- un’utenza reale o potenziale e un personale dedicato.

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Questa definizione di servizi è importante poiché anche in

questo campo si evidenzia la tendenza alla flessibilità e

alla poliedricità:

- interventi a tempo limitato, affidati a soggetti non

istituzionali (cooperative, privati, associazioni);

- privatizzazione:

- eccetera.

Dunque è necessario rimarcare la differenza che passa tra

la materializzazione dell’intenzione di presidiare i territori

e la meno strutturata presenza di interventi territoriali.

La conoscenza articolata e progressiva dei servizi, così

come la conoscenza del vissuto dei cittadini e degli

operatori, si costruisce in situazione.

Anche perché lo stato e l’assetto dei servizi si presenta in

costante evoluzione, in termini di tipologia, soggetti

interessati, obiettivi specifici, quantità e qualità delle

prestazioni erogate, dipendendo da molte variabili, come

i diritti di cittadinanza che progressivamente sono

riconosciuti (o non riconosciuti), gli effettivi bisogni dei

territori, le risorse a disposizione, etc.

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Servizi nell’area della formazione

All’interno di questa categoria si collocano i servizi

formali, cioè le scuole di ogni ordine e grado (dall’asilo

all’università), con una particolare attenzione a quelli che

coinvolgono gli adulti e alle scuole frequentate da

studenti che appartengono a zone del territorio o a gruppi

sociali a rischio di penalizzazione e di emarginazione

sociale e culturale.

Dei servizi appartenenti a tale area è opportuno

conoscere i bacini di utenza, per ricostruire la

corrispondenza o meno tra il territorio fruito dai soggetti

e il territorio geografico o amministrativo cui fanno

riferimento; l’utilizzo degli spazi e delle attrezzature per

scopi diversi da quelli istituzionali, etc.

Ci sono anche attività episodiche, progetti ad hoc come,

per esempio, corsi rivolti a utenze mirate quali giovani in

cerca di prima occupazione, disoccupati di lungo periodo,

migranti, etc.

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Servizi di area sanitaria

Indicare i servizi di area sanitaria distinguendoli dai

servizi di area assistenziale o di area socio- educativa non

è del tutto possibile e questo non tanto perché

concettualmente, come visto, si rivela sempre molto

inopportuno ridurre la complessità dei soggetti a una

serie di ripartizioni amministrative o disciplinari; quanto

perché, indipendentemente dai soggetti e dalle esigenze di

integrazione, la mappa delle competenze dei servizi è

stata ed è in corso di costante ridefinizione.

Utile, ovviamente, si rivela conoscere le centrali delle

responsabilità dei servizi sanitari, anche se, più

importante ancora, si rivela conoscere l’articolazione

zonale dei servizi, cioè i luoghi di effettivo contatto della

sanità con i cittadini.

Inoltre, è importante conoscere le attività di prevenzione

(dipendenza da sostanze varie) in atto o in programma, le

campagne di

cosiddetta educazione sanitaria effettuate, i gruppi di

self-help e tutto quanto altro fa riferimento ai molti nessi

tra salute e malattia.

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Servizi di area assistenziale e socio-educativa

Anche i servizi assistenziali sono in costante evoluzione,

in relazione all’affacciarsi di soggetti portatori di nuovi

bisogni, all’accentrarsi di disagi tradizionali, al

riconoscimento (o al disconoscimento) del diritto di

ricevere/dovere di fornire azioni di sostegno riguardanti

particolari condizioni di disagio, acuto o cronico, che

possono interessare gruppi più o meno rilevanti di

cittadini.

E’ opportuno ricordare che i servizi assistenziali o sociali,

da un nucleo originario tendente a proteggere i cittadini

caratterizzati da una condizione di debolezza rispetto al

lavoro (infanzia, inabilità, vecchiaia) associata a una

condizione di difficoltà economica, si sono evoluti fino a

diventare un complesso organico e sistematico di attività,

interventi e strutture, finalizzate al benessere psico-fisico,

alla crescita sociale e relazionale del singolo e della

collettività, anche se le attuali tendenze in campo socio-

assistenziale e socio- educativo costituiscono delle

controtendenze rispetto all’acquisizione di principio

attorno alla complessità e alla globalità del soggetto.

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I servizi socio-assistenziali e socio-educativi sono

ripartibili, a prescindere dall’utenza cui si rivolgono, in

relazione alla fase in cui incontrano il processo di

costruzione o diminuzione del disagio.

Sarà dunque possibile parlare di servizi a carattere:

- preventivo, comprensivi di quegli interventi rivolti ai

soggetti e al loro ambiente di vita e tesi a rimuovere i

fattori di rischio, o a diminuire l’incidenza, prima che si

attivino percorsi, individuali e collettivi, di marginalità

e/o devianza;

- curativo o riparativo, comprensivi di azioni e interventi

rivolti a soggetti in condizione di disagio in atto, per

attenuare o eliminare tale condizione;

- riabilitativo, comprensivi di interventi tendenti a

ricondurre il soggetto in una condizione di benessere,

socialmente e individualmente soddisfacente, o quanto

meno accettabile.

Per chi è mosso da intenzioni di lavoro educativo

territoriale, è utile ricostruire il quadro dei servizi in base

alla tipologia dei destinatari in connessione con le

principali azioni a loro rivolte.

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Come organizzarsi:

- ribadire la centralità del destinatario in quanto soggetto unitario e

complesso, e da questa centralità ricostruire i processi di produzione del

malessere che lo riguardano, e le strategie, gli itinerari operativi, le

azioni esistenti o inesistenti che lo interessano o dovrebbero interessarlo;

- identificare la caratteristica connotante (l’identità parziale, il bisogno

principale) che sovrastando le altre, dovrebbe essere la ragione della

presa in carico da parte dei servizi;

- cogliere la mutevolezza e complessità del disagio potenziale o reale, i

limiti e la funzionalità della prevalenza dell’intervento nei confronti

della persona e/o del disagio che la caratterizza.

Stanti le precedenti considerazioni, un elenco dei destinatari dei servizi può essere

stilato, insieme con quelli che sono ritenuti i principali servizi loro rivolti. In parte

sono destinatari collocati fisiologicamente e/o patologicamente in una fase minore

della vita: minori non problematici (servizi educativi per l'infanzia), minori con

problemi (comunità), minori/famiglie problematiche (assistenza domiciliare),

preadolescenti adolescenti (centri di aggregazione, comunità, educativa di strada),

adulti in condizioni di grave emarginazione o problematicità (povertà,

disoccupazione, esclusione sociale), anziani senza problemi di autonomia (centri di

aggregazione, interventi per il tempo libero), anziani con problemi (assistenza

domiciliare, centri diurni, residenze sanitarie assistenziali). Inoltre, destinatari che

prescindono dalla fase della vita raggiunta: disabili/diversamente abili (centri

diurni, centri residenziali etc.), dipendenti da sostanze (comunità, centri diurni),

immigrati/profughi (centri di accoglienza), senza dimora (educativa di strada,

centri diurni), malati psichici (centri diurni, residenzialità accudita), detenuti ed

ex detenuti (interventi riabilitativi, d’inserimento professionale).

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Servizi di area culturale

L'area culturale rappresenta il comparto che vede il

minor numero di luoghi/attività considerabili servizi nel

senso tradizionale del termine.

I servizi d'area culturale, più di altri sono stati quindi

afflitti, e in gran parte lo sono ancora, dalla logica di

sportello che non sempre genera una continuativa e

sicura tensione promozionale in grado di renderli

attraenti e fruibili, riducendo, per esempio, quelle forme

di elitarismo che li hanno in parte contraddistinti e che li

hanno resi, agli occhi di ampi settori di popolazione,

servizi non essenziali, non agevolmente avvicinabili,

rivolti ad altri.

Quali sono i servizi culturali di un territorio?

Innanzitutto le biblioteche, in particolare all'interno di

piccoli comuni a quelle di quartiere, intese sia come

luoghi di consultazione e prestito, sia come centri di

fruizione produzione culturale; quindi i musei, non solo

quelli di importanza nazionale, quanto i musei locali e le

raccolte private disponibili a una fruizione collettiva; i

luoghi ad alto contenuto artistico e culturale etc.

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A tale area di servizi, pur se concettualmente collocabili

anche all'interno della categoria delle attività di servizi

ricreativi, altresì appartengono i cinematografi, i teatri, i

centri culturali mossi da intenti di diffusione e di

condivisione del loro patrimonio e del loro sapere.

Nell'area dei servizi culturali devono poi essere tenuti

presenti, oltre servizi permanenti, anche le rassegne e le

manifestazioni periodiche, come le mostre, in particolare

quelle che riescono a coinvolgere un numero rilevante di

persone e che hanno un significativo impatto sul

territorio.

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Servizi di area sportiva

Per servizi d'area sportiva devono essere intese tutte

quelle attività e tutti quei luoghi connessi alla pratica e

all'interesse sportivo, indipendentemente dalla loro

formalizzazione e intenzionalità.

Luoghi strutturati, finalizzati all'acquisizione di

particolari abilità (piscine, palestre, campi, corsi di vario

tipo ecc.), ma anche luoghi e iniziative (club di tifosi,

manifestazioni, stadi e campi sportivi) che ospitano

eventi, più o meno continuativi e coinvolgenti, e in cui la

partecipazione delle persone si esplica, più che altro, nel

ruolo di spettatore.

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La storia

Disegnare la mappa storica del territorio o di alcune sue

parti, attraverso moduli progressivi che portino a

cogliere, oltre l'andamento di ogni aspetto considerato nel

corso del tempo, anche le interconnessioni esistenti tra le

diverse mappe, è un'operazione in qualche modo

obbligata.

L'attenzione alla storia del territorio è importante per

cogliere le continuità e discontinuità, le persistenze e le

innovazioni, le crisi e i consolidamenti, in ultima analisi

per capire come un luogo è giunto a essere quello che è,

soprattutto in una fase, come l'attuale, caratterizzata

dalla velocità dei cambiamenti riguardanti ogni aspetto

dell'esistenza, degli individui, dei gruppi, delle

collettività.

Gli ultimi decenni, infatti, sono stati caratterizzati da

profondi mutamenti economici, sociali, culturali.

I territori hanno subito profonde trasformazioni: sono

mutati i sistemi produttivi e lavorativi, sono cambiati gli

assetti comunitari, si sono modificati gli stili relazionali.

Conoscere la storia del territorio diventa essenziale per

costruire una cornice di riferimento e orientamento

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attorno all'esistente e muoversi, con qualche presunzione

di sicurezza, all'interno di esso.

Tracciare la mappa storica è un'operazione attuale con

prospettive future, funzionale a cogliere l'evoluzione di

alcuni dei molti apprendimenti sociali collettivi che si

sono verificati in un contesto territoriale, sia come

articolazione locale di apprendimenti generali, sia come

apprendimenti strettamente connessi alla cultura e alla

pratica di un contesto territoriale delimitato.

Delineare la mappa storica del territorio significa

innanzitutto individuare, raccogliere e valorizzare la

documentazione esistente: dalle informazioni riguardanti

il coinvolgimento del territorio all'interno degli

avvenimenti storici generali, alla raccolta delle

informazioni riguardo alla storia della cultura materiale,

dalla raccolta di documentazione minore alla

valorizzazione della diaristica, dai lasciti materiali a

quelli immateriali.

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La socializzazione e le dinamiche di esclusione/inclusione

La socializzazione è un processo attraverso il quale un

individuo, fin dalla nascita, acquisisce e interiorizza

concezioni, valori e norme dell’ambiente in cui vive.

Tale processo è d’iniziazione per ognuno alla realtà

sociale; esso continua, anche se a un ritmo gradualmente

più lento, per tutta la vita.

La socializzazione è indispensabile per far comprendere

a un soggetto, da un lato, in che modo devono essere

svolte, nella società, le funzioni e i ruoli sociali e,

dall’altro, in che maniera devono essere apprese le abilità

e le competenze, tipiche della società, in cui si vive.

Tutti gli uomini acquisiscono norme, valori e concezioni,

attraverso l’apprendimento, e assimilano l’ambiente, per

mezzo dell’adattamento.

L’uno e l’altro sono peculiari al processo di

socializzazione.

Questo offre alle società la possibilità di trasmettere, da una

generazione a un’altra, i modelli di quei comportamenti sociali,

che sono caratteristici di una comune cultura.

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Una società se, ad esempio, fallisse nel trasmettere ai suoi

giovani membri i comportamenti e i valori sui quali si

fonda, cesserebbe la propria funzione e si sgretolerebbe.

Il processo di socializzazione è, perciò, considerato lo

strumento più adeguato, per consentire alle società di

perpetuarsi.

Durante i primi anni di vita, il bambino apprende i

comportamenti più semplici della vita sociale.

Ciò avviene, in generale, all’interno della famiglia, come

fase della socializzazione primaria.

Incomincia, in seguito, inserito in ambienti extrafamiliari

(scuola, gruppo dei pari, mass media e così via), ad

apprendere e a interiorizzare, attraverso la socializzazione

secondaria, i valori e le norme dell’intera società.

Ogni individuo racchiude, dunque, in sé tutti i fattori

della socializzazione.

La socializzazione implica l’adattamento sociale, che non

è acquisito soltanto attraverso l’azione spontanea

dell’individuo; essa dipende anche dall’educazione e dalla

reazione all’ambiente.

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L’educazione deve, però, favorire e non accelerare il

processo di socializzazione.

Tutte le forme di socializzazione non dovrebbero mai

giungere a far assumere a un soggetto comportamenti

conformistici o di disadattamento.

Il conformista si lascia facilmente modellare o plasmare; il

comportamento del disadattato, al contrario, equivale alla

rottura di equilibrio tra l’individuo e il suo ambiente, ovverosia

al rischio d’emarginazione dalla cosiddetta “società dei

normali”.

Il processo di socializzazione deve, pur attraverso una serie di difficoltà

e di resistenze, far sempre raggiungere a un soggetto, mediante

l’interazione, un corretto equilibrio di relazione nella vita sociale.

Nella società contemporanea gli agenti di socializzazione sono numerosi:

- la famiglia;

- la scuola;

- il gruppo dei pari;

- i mass media;

- le associazioni;

- i club;

- le organizzazioni religiose;

- i movimenti politici e così via.

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La famiglia è accreditata dai sociologi come una delle

principali agenzie di socializzazione; in tale istituzione,

infatti, i bambini acquisiscono i primi apprendimenti,

assimilando forme di linguaggio, norme e valori, e

fissando solidi legami affettivi ed emotivi.

Il processo di socializzazione, che si attua nell’ambito

familiare, è, perciò, detto primario.

Le altre agenzie, giacché fanno acquisire apprendimenti

prevalentemente formali e non coinvolgenti

emotivamente, producono una socializzazione secondaria,

ovverosia abilità, norme e valori, che, manifestandosi in

un orizzonte sociale più vasto, aiutano ad acquisire e ad

assumere regole e comportamenti di vita collettiva.

La cultura, essendo un insieme di norme di valori e di

concezioni che, attraverso la socializzazione, si trasmette

nel tempo e nello spazio, spesso produce dinamiche di

esclusione/inclusione.

In ogni società, convivono, anche se in un rapporto, a

volte, dinamico, culture dominanti e sub-culture; altre

volte, le une e le altre entrano in conflitto.

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Tanto le culture dominanti quanto le sub-culture possono essere

definite come un insieme di valori, norme, concezioni e

tradizioni, che gli individui, giacché membri della società,

acquisiscono attraverso i processi di socializzazione e di

apprendimento; le prime sono, però, all’interno di ogni società,

più rappresentative delle seconde.

Le minoranze etniche e i gruppi, in possesso di sub-culture,

spesso rifiutano di partecipare alle attività della cultura

dominante e, perciò, si creano, all’interno della società, forme di

tensioni e di conflitti.

La società, nella quale, per un forte processo immigratorio, si è

formata un’ampia varietà di sub-culture etniche, è quella

americana.

Negli Stati Uniti la minoranza etnica più numerosa (11% della

popolazione) è quella nera.

Il problema delle sub-culture etniche diventa drammatico

soprattutto nelle grandi città.

In queste l’emarginazione e la ghettizzazione sono sempre in

agguato: ciò avverrà finché studiosi, studenti e semplici

cittadini, appartenenti alle culture dominanti, non

trasformeranno, attraverso un adeguato processo educativo, in

maniera convinti, in funzione sociale l’aggressività e in valore

condiviso il relativismo culturale.

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Quasi tutte le società, anche se strutturalmente in

maniera diversa, poggiano su stratificazioni sociali.

I sociologi tendenzialmente sono orientati a schierarsi

intorno ad alcune teorie dominanti.

Alcuni propendono per la teoria funzionalista,

prospettata da Talcott Parsons.

Questa ritiene che la stratificazione è essenzialmente una

caratteristica necessaria per permettere il funzionamento

della società.

Altri, aderendo alla prospettiva del conflitto, teorizzata

da Karl Marx, ritengono che sia necessario superare ed

eliminare, attraverso l’avvento della società socialista, la

stratificazione, perché è strumento d’ingiustizia sociale.

Oggi, si è fatta strada, nei sociologi, una terza posizione.

Questa è stata prospettata da Gerhard Lenski, il quale

ritiene che, per un’adeguata organizzazione della società,

sono importanti sia gli elementi della prospettiva

funzionalista sia quelli della prospettiva del conflitto.

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Lenski, da un lato, spiega e, in qualche modo, giustifica il

motivo per cui alcune società risultano più stratificate di

altre e, dall’altro, individua i caratteri conflittuali, che,

insiti all’interno delle società, tendono a rimuovere ogni

forma di stratificazione sociale.

Una società stratificata facilita, al suo interno, un assetto

che si fonda sulla disuguaglianza strutturata sia dei ceti e

delle classi sociali sia delle caste.

Essa permette un accesso selettivo e differenziato degli

uomini alle risorse economiche e alle opportunità di vita.

La società stratificata è organizzata a strati.

I soggetti che si posizionano all’interno dello stesso strato

sono considerati uguali o pari.

Gli individui che si collocano in uno strato elevato sono

ritenuti di rango superiore e quelli che si collocano in uno

strato meno elevato sono valutati di ceto inferiore.

Logicamente i sistemi di stratificazione sono soggetti a

mutamenti storici e cambiano anche da una società a

un’altra.

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Le stratificazioni sociali, che meglio hanno rappresentato

e rappresentano, i sistemi di tipo chiuso, sono gli “stati”,

nel Medioevo, e le “caste”, in India.

In Europa, nel Medioevo, la stratificazione sociale si

basava su un sistema di “stati” (nobiltà, clero e

borghesia).

La società era governata da un re ereditario, che

concedeva i feudi ai suoi vassalli.

Questi, quasi sempre, appartenevano allo stato di nobile

oppure erano dei comandanti militari, che ricevevano i

feudi in cambio di un gruppo di soldati, che si metteva al

servizio del re.

I vassalli potevano, a loro volta, avere un certo potere nei

confronti dei valvassori.

Non vigeva, nella società feudale, quasi mai la mobilità

sociale.

L’economia era fondamentalmente agricola.

La terra, perciò, rappresentava l’unica fonte di potere e di

ricchezza.

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I contadini si dividevano in liberi e in servi della gleba.

Sono, però, questi ultimi a rappresentare la maggioranza

della popolazione europea con una percentuale di circa il

95%.

Il sistema castale indiano o “varna” è basato

essenzialmente sulla concezione religiosa dell’induismo,

che legittima e preserva la stratificazione sociale.

Esso, giustificando l’immobilità sociale, nega alle caste

inferiori la possibilità di un cambiamento.

Nella società indiana le caste più alte sono considerate

maggiormente pure.

Lo strato che forma la base del sistema castale è quello

degli “intoccabili” o paria (contadini, pescatori, ceramisti

e lavoratori manuali).

Questi sono valutati dei fuori casta e non possono avere

contatto con le altre, giacché le loro occupazioni sono

ritenute impure e, quindi, contaminanti per gli

appartenenti ai varna superiori.

La casta superiore agli “intoccabili” è quella dei maestri,

dei lavandai, dei tessitori e dei barbieri o “vaishya”.

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Questi possono avere contatto con le caste superiori,

senza contaminarli.

Un’altra casta, la terza in ordine di purezza, è quella dei

“ksatriya”.

Questi sono i nobili e i guerrieri che si dedicano ad

addestrare i figli nell’uso della lancia e della spada, per

servire con onore la famiglia reale.

La quarta casta è quella dei “brahmini”.

Questa è rappresentata dagli studiosi e dai sacerdoti che

sono detti santoni, ovvero soggetti, dediti agli studi e alle

preghiere.

Molti di costoro operano come consiglieri del re.

Bisogna, inoltre, aggiungere che, in India, le caste si

possono suddividere in sottocaste inferiori e queste

ancora in gruppi minori.

Tale continua separazione avviene perché si è convinti

che anche il contatto indiretto produca contaminazione.

In conformità a tali convinzioni anche i matrimoni tra

caste diverse sono proibiti.

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Ognuno è, dunque, consapevole, in India, che si

appartiene per nascita a una casta e che ne è vietata

l’uscita.

Dal 1949 il sistema delle caste è, tuttavia, ufficialmente

abolito.

Esso, mentre nelle metropoli sta traballando, nelle zone

rurali, continua, però, a perseverare.

Nelle società moderne e occidentali si ha la

stratificazione per classi sociali.

La classe sociale è un insieme di interessi materiali e

oggettivi, che non ha implicazioni religiose, morali e

giuridiche, ma si basa sul fattore del lavoro e sugli aspetti

economici.

La stratificazione per classi sociali non è rigidamente

strutturata, ma, è basata sulla concezione che ogni

individuo, per il principio della libertà e dell’uguaglianza

di fronte alla legge, deve, nel corso della sua vita, avere la

possibilità di usufruire della mobilità sociale, della

mobilità professionale e della mobilità geografica.

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Testo adottato

Sergio Tramma, Pedagogia sociale, Guerini scientifica, Milano 2010

Riferimenti teorici e normativi

- Pietro Boccia, Sostegno didattico nelle scuole di ogni ordine e grado,

Maggioli editore, Rimini 2017

- Pietro Boccia, Lezioni simulate per la prova orale, Maggioli editore,

Rimini 2018

- Pietro Boccia, Competenze, metodologie e tecnologie didattiche, Maggioli

editore, Rimini 2018

- Legge n. 107/2015 - Riforma del sistema nazionale d’istruzione e

formazione

- D. lgs n. 59/2017 - Riordino, adeguamento e semplificazione del

sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella

scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e

culturale della professione, a norma dell'art. 1, commi 180 e 181, lett. b),

della legge 13 luglio 2015, n. 107

- D. M. n. 616/2016 - Modalità per il conseguimento dei 24 crediti

formativi universitari (nei settori antropo/psico/pedagogici, nonché nelle

metodologie e tecnologie didattiche) indispensabili per la partecipazione

al concorso

Sitografia

http://ec.europa.eu/italia/documents/attualita/futuro_ue/europa2020_it.

pdf

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GRAZIE per la cortese attenzione