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Università degli Studi di Udine DIPARTIMENTO POLITECNICO DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA GESTIONALE TESI DI LAUREA MAGISTRALE La gestione per processi nella Pubblica Amministrazione locale: il caso delle Unioni territoriali intercomunali Relatore: Laureanda: Prof. Marco Sartor Jasmine Zevini Correlatrice: Dott.ssa Milena Grion ANNO ACCADEMICO 2015-2016

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Università degli Studi di Udine

DIPARTIMENTO POLITECNICO DI INGEGNERIA E

ARCHITETTURA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA GESTIONALE

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

La gestione per processi nella Pubblica

Amministrazione locale: il caso delle

Unioni territoriali intercomunali

Relatore: Laureanda:

Prof. Marco Sartor Jasmine Zevini

Correlatrice:

Dott.ssa Milena Grion

ANNO ACCADEMICO 2015-2016

Alla mia famiglia,

presente e futura.

SOMMARIO

Negli ultimi anni la Pubblica Amministrazione italiana è stata oggetto di un’intensa

attività di riforma delle autonomie locali, che ha riguardato, tra l’altro, l’introduzione

di nuove forme associative tra gli enti territoriali esistenti, con lo scopo di migliorare

l’efficienza e la qualità dei servizi da essi erogati, razionalizzando la spesa pubblica e

l’utilizzo delle risorse umane e materiali.

In particolare, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha recentemente disposto

ed approvato la costituzione sul proprio territorio di 18 Unioni territoriali

intercomunali, dei nuovi enti aventi il compito di esercitare in forma associata alcune

delle funzioni precedentemente gestite in maniera autonoma all’interno dei singoli

Comuni. L’efficientamento dei servizi sarà quindi ottenibile attraverso la continua

condivisione di spazi e risorse da parte dei Comuni nelle nuove strutture, che

dovranno essere in grado al tempo stesso di garantire la soddisfazione delle esigenze

dei territori e dei cittadini.

In tale prospettiva, assume particolare rilevanza la possibilità di individuare e

rappresentare i processi aziendali coinvolti nel cambiamento, in modo da poterne

identificare le criticità, visualizzando chiaramente anche i nuovi elementi introdotti

dalla riforma.

Questa tesi ha come oggetto di analisi ed implementazione la rappresentazione dei

processi aziendali delle nascenti Unioni territoriali intercomunali, ed in particolare

della loro funzione finanziaria e contabile, al fine di ottenere una documentazione

che possa agevolarne l’avvio dell’esercizio in forma associata, sviluppando nel

contempo una metodologia e degli strumenti che possano essere applicati per

esaminare anche tutte le altre funzioni coinvolte nella riforma.

Attraverso una serie di interviste di gruppo alle figure responsabili dell’area

considerata, i processi in essa coinvolti sono stati individuati e descritti, per poi

essere rappresentati graficamente grazie all’utilizzo del software Bizagi, un

modellatore che consente di “mappare” i processi aziendali secondo uno standard

(BPMN) universalmente riconosciuto.

Il lavoro svolto ha permesso di ottenere una documentazione snella ed

immediatamente comprensibile dei processi considerati; delle vere e proprie linee

guida in grado di facilitare gli utenti finali nell’apprendimento dell’intero processo e

nel corretto svolgimento delle attività di propria competenza.

Un altro importante risultato riguarda l’introduzione negli enti locali della logica di

processo, già ampiamente diffusa nelle aziende private, a discapito del tradizionale

approccio per funzioni, maggiormente rigido e tipico delle imprese pubbliche; ciò ha

favorito, tra l’altro, la formulazione di alcuni indicatori di performance che

consentano di individuare le criticità presenti nell’erogazione dei servizi e di

risolverle agendo sugli stessi processi in un’ottica di miglioramento continuo.

INDICE

Lista delle tabelle ........................................................................................................ XI

Lista delle figure ...................................................................................................... XIII

Lista dei simboli ........................................................................................................ XV

INTROUZIONE ...................................................................................................... XVII

PRIMA PARTE: LA LETTERATURA ...................................................................... 1

Capitolo 1 - Analisi della letteratura ............................................................................ 2

1.1 Definizioni e concetti chiave .............................................................................. 2

1.2 Approccio organizzativo per funzioni e per processi ......................................... 7

1.3 La gestione per processi ................................................................................... 10

1.3.1 BPI - Business Process Improvement ........................................................ 13

1.3.2 BPR - Business Process Reeingineeing ..................................................... 15

1.3.3 Un confronto tra BPI e BPR ...................................................................... 18

1.4 BPM - Business Process Management ............................................................. 22

1.4.1 Standard grafici a supporto del BPM ......................................................... 29

1.4.2 Vantaggi del BPM ..................................................................................... 30

1.5 La mappatura dei processi ................................................................................ 31

1.5.1 Metodologia ............................................................................................... 33

1.6 Linguaggi e strumenti per la mappatura dei processi ....................................... 35

1.6.1 Interviste .................................................................................................... 37

1.6.2 Diagramma SIPOC .................................................................................... 38

1.6.3 Diagrammi di flusso................................................................................... 39

1.6.4 Matrice di assegnazione delle responsabilità ............................................. 41

1.6.5 BPMN - Business Process Model and Notation ........................................ 42

1.7 La formalizzazione del know-how ................................................................... 43

1.7.1 Rappresentazione testuale .......................................................................... 45

1.7.2 Rappresentazione grafica ........................................................................... 45

1.8 Indicatori di performance aziendali .................................................................. 47

1.8.1 Misurazione e rappresentazione degli indicatori ....................................... 49

1.8.2 KPIs - Key Performance Indicators ........................................................... 50

1.8.3 PMS - Performance Management System ................................................. 51

1.8.4 Il sistema di misurazione previsto dall’ANAC .......................................... 53

1.9 NPM - New Public Management...................................................................... 54

1.9.1 Caratteristiche fondamentali ...................................................................... 54

1.9.2 Il New Public Management in Italia .......................................................... 55

1.9.3 Dal New Public Management alla Public Governance .............................. 56

SECONDA PARTE: IL CASO STUDIO .................................................................. 59

Capitolo 2 - Contestualizzazione del caso studio ....................................................... 61

2.1 Il sistema delle autonomie locali nella PA italiana........................................... 61

2.1.1 La legislazione tra il 1948 e il 1990 ........................................................... 61

2.1.2 Le riforme degli anni Novanta ................................................................... 62

2.1.3 La riforma costituzionale del 2001 ............................................................ 64

2.1.4 Le forme associative tra Comuni ............................................................... 66

2.2 La Regione autonoma Friuli - Venezia Giulia.................................................. 68

2.2.1 Il contesto territoriale e demografico ......................................................... 68

2.2.2 Il percorso dell’associazionismo tra Comuni ............................................. 70

2.2.3 La legge regionale 26/2014 ........................................................................ 71

2.3 Il piano “nextPA - cambiamenti in corso”........................................................ 75

Capitolo 3 - Obiettivi, metodologia e strumenti ......................................................... 77

3.1 Finalità ed obiettivi della tesi ............................................................................ 77

3.2 La metodologia ................................................................................................. 79

3.3 Lo strumento: Bizagi Process Modeler ............................................................ 82

Capitolo 4 - Le fasi del progetto ................................................................................. 91

4.1 Identificazione dei macro processi ................................................................... 91

4.2 Compilazione del diagramma SIPOC ............................................................... 94

4.3 Descrizione e mappatura dei processi .............................................................. 99

4.4 Confronto tra i processi mappati nei diversi cantieri ...................................... 108

4.5 Semplificazione e standardizzazione dei processi .......................................... 117

4.6 Redazione dei regolamenti ............................................................................. 127

4.7 Introduzione di indicatori di performance ...................................................... 132

Capitolo 5 - Risultati ottenuti e futuri sviluppi ........................................................ 135

5.1 Risultati formativi ........................................................................................... 135

5.2 Risultati operativi ........................................................................................... 136

5.3 Difficoltà riscontrate nell’avanzamento del progetto ..................................... 138

5.4 Possibili sviluppi futuri .................................................................................. 139

CONCLUSIONI ....................................................................................................... 141

BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................... 143

APPENDICE ............................................................................................................ 149

XI

Lista delle tabelle

Tab. 1.1 Principali differenze tra approccio per funzioni e per processi ................... 10

Tab. 1.2 Differenze tra BPR e BPI ............................................................................ 20

Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG ................................................... 25

Tab. 1.4 Rappresentazione e relativo significato dei simboli usati nei diagrammi di

flusso .......................................................................................................................... 40

Tab. 1.5 Principali differenze tra NPM e Public Governance ................................... 57

Tab. 2.1 Tappe fondamentali delle riforme locali 1990-2000 ................................... 64

Tab. 2.2 Novità introdotte al Titolo V dalla riforma costituzionale del 2001 ........... 65

Tab. 2.3 Evoluzione delle forme associative secondo la normativa nazionale ......... 67

Tab. 2.4 Popolazione, superficie e numero di Comuni in Friuli-Venezia Giulia ...... 69

Tab. 2.5 Classificazione dei Comuni per territorio e classe demografica ................. 69

Tab. 2.6 Composizione e denominazione delle 18 UTI ............................................ 72

Tab. 3.1 Task in Bizagi ............................................................................................. 83

Tab. 3.2 Sottoprocessi in Bizagi ................................................................................ 84

Tab. 3.3 Eventi di inizio in Bizagi ............................................................................. 85

Tab. 3.4 Eventi intermedi in Bizagi .......................................................................... 86

Tab. 3.5 Eventi di fine in Bizagi................................................................................ 87

Tab. 3.6 Gateways in Bizagi ..................................................................................... 88

Tab. 3.7 Corsie in Bizagi ........................................................................................... 88

Tab. 3.8 Connettori in Bizagi .................................................................................... 89

Tab. 3.9 Regole di connessione tra elementi in Bizagi ............................................. 90

Tab. 4.1 Macro processi e processi relativi al Servizio finanziario........................... 92

Tab. 4.2 Diagramma SIPOC per i macro processi del Servizio finanziario .............. 96

Tab. 4.3 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di

bilancio ..................................................................................................................... 109

Tab. 4.4 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di

bilancio ..................................................................................................................... 111

Tab. 4.5 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di

gestione delle entrate ................................................................................................ 112

XII

Tab. 4.6 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di

gestione delle entrate ................................................................................................ 113

Tab. 4.7 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di

gestione della spesa .................................................................................................. 114

Tab. 4.8 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di

gestione della spesa .................................................................................................. 115

Tab. 4.9 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di

rendicontazione ........................................................................................................ 116

Tab. 4.10 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di

rendicontazione ........................................................................................................ 116

XIII

Lista delle figure Fig. 1.1 Rappresentazione semplificata di un processo ............................................... 3

Fig. 1.2 Elementi principali di un processo aziendale ................................................. 4

Fig. 1.3 La catena del valore di Porter (Porter, 2001) ................................................. 5

Fig. 1.4 Rappresentazione di una struttura organizzativa gestita per funzioni ............ 8

Fig. 1.5 Rappresentazione di una struttura gestita per processi (Sinibaldi, 2009) ....... 9

Fig. 1.6 La gestione del sistema di qualità secondo la ISO 9000 .............................. 12

Fig. 1.7 Matrice di guida alla scelta del metodo di gestione per processi più

appropriato ................................................................................................................. 21

Fig. 1.8 Schematizzazione dell'approccio top-down del Business Process

Management (Josuttis, 2009) ..................................................................................... 23

Fig. 1.9 Teorie e tecnologie fondanti del BPM .......................................................... 29

Fig. 1.10 Esempio di diagramma DFD con i relativi simboli grafici ........................ 36

Fig. 1.11 Rappresentazione del modello di diagramma SIPOC (Sinibaldi, 2009) .... 39

Fig. 1.12 Esempio di matrice delle responsabilità (RACI) ........................................ 41

Fig. 1.13 Clessidra dei KPIs aziendali ....................................................................... 51

Fig. 1.14 Influenze di strategia e organizzazione in un'ottica di PMS ....................... 52

Fig. 3.1 Interfaccia di Bizagi Modeler ....................................................................... 83

Fig. 3.2 Menù a torta di un task in Bizagi .................................................................. 89

Fig. 4.1 Prima fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana

orientale ed occidentale ............................................................................................ 100

Fig. 4.2 Seconda fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa

Friulana orientale ed occidentale ............................................................................. 101

Fig. 4.3 Terza fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana

orientale ed occidentale ............................................................................................ 101

Fig. 4.4 Processo di bilancio mappato nei cantieri del Sile e delle Dolomiti friulane

.................................................................................................................................. 102

Fig. 4.5 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Collinare ............................ 102

Fig. 4.6 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Torre .................................. 103

Fig. 4.7 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Tagliamento....................... 104

XIV

Fig. 4.8 Processo di gestione delle entrate mappato nei cantieri del Collinare e del

Sile ............................................................................................................................ 105

Fig. 4.9 Processo di gestione delle entrate mappato nel cantiere del Torre ............. 105

Fig. 4.10 Processo di gestione della spesa mappato nei cantieri del Collinare e del

Sile ............................................................................................................................ 106

Fig. 4.11 Processo di gestione della spesa mappato nel cantiere del Torre ............. 106

Fig. 4.12 Processo di gestione della spesa mappato nei cantieri del Collinare e del

Sile ............................................................................................................................ 107

Fig. 4.13 Processo di gestione della spesa mappato nel cantiere del Tagliamento .. 107

Fig. 4.14 Processo di gestione fiscale mappato nel cantiere del Sile ....................... 108

Fig. 4.15 Processo definitivo di redazione del bilancio di previsione (UTI e Comuni)

.................................................................................................................................. 119

Fig. 4.16 Processo definitivo di ciclo attivo ............................................................. 121

Fig. 4.17 Processo definitivo di ciclo passivo .......................................................... 123

Fig. 4.18 Processo di redazione del rendiconto (UTI e Comuni) ............................ 124

Fig. 4.19 Processo definitivo di gestione fiscale (soggetto d'imposta) .................... 126

Fig. 4.20 Processo definitivo di gestione fiscale (sostituto d'imposta) .................... 126

XV

Lista dei simboli

ANCI: Associazione Nazionale dei Comuni Italiani

BPI: Business Process Improvement

BPM: Business Process Management

BPMN: Business Process Model and Notation

BPR: Business Process Reengineering

ComPA: Ente di accompagnamento e formazione per la Pubblica Amministrazione

DUP: Documento Unico di Programmazione

FVG: Friuli-Venezia Giulia

ICT: Information and Communication Technologies

IT: Information Technology

ISTAT: Istituto nazionale di Statistica

KPIs: Key Performance Indicators

NextPA: Piano formativo nextPA - cambiamenti in corso

NPM: New Public Management

OMG: Object Management Group

PA: Pubblica Amministrazione

PEG: Piano Esecutivo di Gestione

PMS: Performance Management System

SIPOC: Diagramma SIPOC - Supplier Input Process Output Customer

TQM: Total Quality Management

TUEL: Testo Unico sull’ordinamento degli Enti Locali

XVII

INTROUZIONE

Questa tesi è frutto del lavoro svolto durante un periodo di tirocinio presso

l’associazione ComPA FVG, centro di competenza per la Pubblica Amministrazione

costituito da ANCI, Uncem, UPI e Federsanità ANCI del Friuli-Venezia Giulia, nel

momento in cui veniva avviato un progetto di analisi dei processi aziendali

riguardanti i servizi gestiti dalla Pubblica Amministrazione locale.

Tale progetto nasce dalla decisione congiunta della Regione e di ANCI FVG di

attivare degli interventi che supportassero gli Enti del Comparto Unico della

Pubblica Amministrazione del Friuli-Venezia Giulia nell’affrontare i cambiamenti

normativi ed organizzativi indotti dalle recenti riforme degli enti locali, con

particolare riferimento alla lr 26/2014. Tale legge dispone il riordino del sistema

Regione-autonomie locali, decretando il superamento degli enti provinciali e

l’ordinamento di 18 Unioni territoriali intercomunali, costituite ciascuna da un

insieme di Comuni, con il compito di gestire in maniera coordinata alcune funzioni

amministrative precedentemente gestite dai Comuni stessi, al fine di ottenere una

riduzione della spesa pubblica ed attivare programmi di sviluppo del territorio.

In tali circostanze, è stato affidato a ComPA FVG, in qualità di ente operativo di

ANCI FVG, l’incarico di elaborare, gestire ed aggiornare annualmente un piano

formativo, denominato “nextPA - cambiamenti in corso”, che promuovesse la

crescita delle professionalità e delle competenze interne agli Enti, accompagnando la

Pubblica Amministrazione locale nel processo di rinnovo organizzativo che la vede

coinvolta.

La redazione di questa tesi si colloca all’interno del piano nextPA con l’obiettivo di

mettere a punto una metodologia e degli strumenti in grado di supportarne l’azione

nel processo di avviamento delle attività delle Unioni. A tal fine, l’attività svolta ha

riguardato principalmente l’identificazione, la descrizione e la rappresentazione

grafica di alcuni importanti processi organizzativi coinvolti nell’esercizio delle

funzioni comunali che con la lr 26/2014 diventano di pertinenza delle Unioni, con

l’obiettivo di ottenere una rappresentazione standard che possa fungere da modello di

riferimento per il funzionamento delle UTI a regime. L’esigenza di ottenere un

modello unico nasce principalmente da due fattori: il primo è dato dal fatto che molte

persone provenienti da enti diversi, e quindi con abitudini, prassi e regole diverse, si

troveranno a lavorare insieme in un unico ente UTI; il secondo, ma non meno

importante, è legato alla necessità di fissare degli indicatori condivisi al fine di

rendere le Unioni della Regione tra loro comparabili dal punto di vista della qualità e

dell’efficienza dei servizi erogati, come previsto dalla lr 26/2014.

Il principio fondante di questa tesi è la gestione per processi, un approccio

organizzativo che si contrappone a quello “funzionale” concependo l’azienda non

solo come un insieme di funzioni organizzative aventi ciascuna un proprio ruolo, ma

anche e soprattutto come un insieme di processi intrafunzionali, costituiti da una

XVIII

sequenza logica di diverse fasi ed attività accomunate da un unico obiettivo che crei

valore per il cliente finale.

Attualmente la letteratura individua due diversi metodi di approccio alla gestione per

processi: il Business Process Improvement (BPI) ed il Business Process

Reengineering (BPR). Mentre il BPI si configura come un approccio graduale,

orientato al continuo miglioramento dei processi dell’azienda, il BPR è un metodo

piuttosto radicale, finalizzato alla totale o parziale riprogettazione dei processi.

Entrambi gli approcci sono stati utilizzati, anche se in fasi diverse, per introdurre la

gestione per processi all’interno delle Enti locali. In una prima parte del progetto, è

stato necessario riprogettare i processi individuati al fine di renderli coerenti con le

nuove regole organizzative introdotte dalla normativa regionale, che prevede ad

esempio il coinvolgimento di nuovi attori ed attività per portare a compimento il

corretto esercizio dei Servizi associati. Una volta ridefiniti, i processi sono stati

analizzati da un gruppo di esperti nel settore che, eliminando le attività considerate

non a valore aggiunto, ne hanno proposto una descrizione più snella e lineare.

In tale fase sono stati anche individuati i percorsi critici presenti nei diversi processi,

cioè quei passaggi che si prevede possano generare ritardi ed inefficienze

nell’erogazione dei servizi. Adottando un approccio di BPI, sono stati formulati degli

indicatori di processo che permettessero di valutarne le prestazioni in termini di

efficienza ed efficacia, facilitando l’individuazione e la risoluzione delle criticità

insite nella gestione dei servizi, in un’ottica di miglioramento continuo.

L’introduzione della logica di processo nella Pubblica Amministrazione locale è stata

supportata dall’utilizzo di alcuni strumenti che hanno permesso di estrapolare le

informazioni necessarie per effettuare una ricognizione dei processi organizzativi

coinvolti nelle funzioni comunali e di tradurre tali informazioni in una road map che

possa agevolare i funzionari pubblici nell’avvio dei servizi delle UTI.

Inizialmente, la partecipazione dei responsabili di servizio ai tavoli di lavoro

organizzati da ComPA FVG ha permesso di identificare quali fossero i processi ed i

macro processi più importanti per l’esercizio delle diverse funzioni. Sempre

attraverso il lavoro di gruppo è stato possibile pervenire, per ogni macro processo

individuato, alla compilazione del relativo diagramma SIPOC, uno schema che

sintetizza gli elementi principali che caratterizzano un processo: fornitori, input,

output e clienti. Ciò ha agevolato notevolmente i responsabili di Servizio nella

descrizione più dettagliata delle attività che compongono i processi, i quali sono stati

poi rappresentati graficamente sotto forma di diagrammi di flusso.

La rappresentazione grafica dei processi, anche detta mappatura, è stata realizzata

utilizzando l’applicazione Modeler del software freeware “Bizagi”, un modellatore

che consente di rappresentare in forma grafica, sia i processi aziendali che la

documentazione a loro correlata. Il punto di forza di questo strumento sta nella sua

semplicità ed immediatezza; infatti, essendo dotato di un’interfaccia molto intuitiva e

user friendly, Bizagi permette di elaborare, diffondere ed aggiornare rapidamente una

documentazione dei processi snella e funzionale. Inoltre, il linguaggio di mappatura

XIX

utilizzato da Bizagi si basa sulla notazione standard BPMN (Business Process

Management Notation), il ché rende la documentazione generata comprensibile e

traducibile a livello internazionale.

L’applicazione degli strumenti e delle metodologie a supporto della gestione per

processi hanno quindi permesso di introdurre e diffondere negli enti locali della

Regione una cultura precedentemente poco conosciuta nel settore pubblico, ma ormai

largamente accolta dalle imprese private, che già da tempo hanno integrato la

classica visione funzionale dell’azienda con quella intrafunzionale che caratterizza la

logica di processo.

Un risultato operativo di questo intervento consiste nella descrizione e nella

rappresentazione dei processi standard che saranno il riferimento organizzativo per

una corretta gestione delle funzioni delle Unioni territoriali intercomunali.

L’introduzione di alcuni indicatori di performance per i processi, inoltre, rappresenta

un primo passo verso la costituzione di un sistema di gestione della qualità

attualmente assente negli enti pubblici locali.

Gli obiettivi di questo progetto, tuttavia, sono stati raggiunti non senza difficoltà,

prima tra tutte quella riscontrata durante la fase di definizione dei processi da parte

dei responsabili di Servizi, abituati a svolgere le proprie attività preoccupandosi di

rispettare quanto previsto dalla procedura ma spesso perdendo di vista l’obiettivo

finale: la soddisfazione del cliente. Un ulteriore elemento di complessità che si è

aggiunto in tale fase è dovuto all’oggettiva carenza di riferimenti normativi che

disciplinino lo svolgimento delle funzioni dell’UTI.

Il confronto e lo scambio di opinioni tra i soggetti coinvolti nei tavoli di lavoro in un

clima di reciproca stima e fiducia professionale, tuttavia, hanno permesso di giungere

ad una descrizione e rappresentazione unanime dei processi, che tenesse conto delle

nuove esigenze della Pubblica Amministrazione locale.

La struttura di questa tesi è divisa in due parti principali: la letteratura, costituita dal

capitolo 1, ed il caso studio, che comprende i capitoli 2, 3, 4 e 5.

Il primo capitolo riporta i principali risultati della letteratura in materia di gestione

per processi. Data la carenza di pubblicazioni su tale argomento in ambito pubblico,

l’analisi della letteratura comprende principalmente riferimenti al settore privatistico.

La prima parte del capitolo definisce i concetti chiave che è necessario conoscere per

poter comprendere la successiva analisi, sottolineando il significato dei termini più

utilizzati. Si passa poi alla descrizione della struttura organizzativa per processi,

evidenziando in particolare gli elementi che la differenziano dalla struttura

funzionale. Successivamente, vengono delineati e fra loro confrontati i due possibili

approcci alla gestione per processi: il Business Process Improvement (BPI) e

Business Process Reengineering (BPR). Segue la presentazione degli strumenti e dei

linguaggi che permettono di tradurre la descrizione testuale di un processo in una

rappresentazione grafica corrispondente, chiamata anche mappatura.

XX

Viene poi introdotto il concetto di Performance Management System (PMS), che

prevede la misurazione delle performance aziendali attraverso il monitoraggio di una

serie di indicatori in grado di sintetizzare le prestazioni dell’azienda.

Il primo capitolo si conclude con la definizione di New Public Management (NPM),

una filosofia che mira all’applicazione nel settore pubblico di approcci e metodologie

organizzativi tipici delle imprese private, come è di fatto la gestione per processi.

Il capitolo 2 introduce il caso studio contestualizzandolo in un excursus sulla storia

delle autonomie locali in Italia e tratteggiando i cambiamenti che hanno portato la

Regione Friuli-Venezia Giulia ad emanare la lr 26/2014 di riordino degli enti locali.

Il capitolo 3 approfondisce le finalità e gli obiettivi della presente tesi e descrive in

dettaglio le metodologie e gli strumenti utilizzati per raggiungerli, delineando in

particolare le funzionalità del software Bizagi, utilizzato per la modellazione e

rappresentazione grafica dei processi.

Nel capitolo 4 vengono descritte le diverse fasi attraverso cui ComPA FVG ha

portato avanti l’intervento di mappatura, analisi e miglioramento dei processi

riguardanti la gestione della funzione finanziaria delle Unioni: identificazione dei

macro processi, compilazione del diagramma SIPOC, descrizione e mappatura dei

processi, confronto tra i processi mappati nei diversi cantieri, semplificazione e

standardizzazione dei processi, redazione dei regolamenti ed introduzione di

indicatori di performance.

Il capitolo 5, infine, riporta i risultati di tipo formativo ed operativo derivanti

dall’intervento descritto, espone le difficoltà riscontrate nell’avanzamento del

progetto ed illustra i possibili percorsi che si prevede possano svilupparsi a partire da

questo caso studio.

1

PRIMA PARTE:

LA LETTERATURA

Prima di presentare il caso studiato per elaborare questa tesi, che comprende

l’analisi, la mappatura ed il miglioramento dei processi aziendali della Pubblica

Amministrazione Locale, è necessario analizzare la letteratura esistente in tale

materia. È importante considerare che, data la quantità piuttosto limitata di

pubblicazioni inerenti l’argomento in ambito pubblico, si è ritenuto spesso opportuno

ricorrere all’utilizzo di pubblicazioni riguardanti il settore privatistico.

Grazie alla filosofia del New Public Management NPM, è comunque possibile

analizzare la documentazione esistente ed applicare le metodologie utilizzate per la

mappatura, l’analisi e la misurazione dei processi aziendali, al caso studio in

questione.

Nella prima parte di questa analisi della letteratura, sono state introdotte le

definizioni di alcuni concetti chiave, la cui conoscenza è fondamentale per poter

comprendere al meglio le pubblicazioni esaminate.

Il secondo paragrafo, invece, descrive le principali differenze esistenti tra le strutture

organizzative funzionali e quelle gestite per processi, riportando anche le motivazioni

che hanno spinto le aziende a passare dal primo al secondo approccio.

Nella terza parte si parlerà della gestione per processi, suddividendola tra Business

Process Improvement (BPI), un approccio di analisi e di modifica graduale della

struttura organizzativa, e Business Process Reengineering (BPR), un metodo

maggiormente radicale. Verrà anche introdotto il concetto di Business Process

Management (BPM), che integra la gestione per processi con l’utilizzo

dell’Information and Communication Technologies (ICT), un insieme di strumenti

tecnologici ed informativi che permettono di produrre una documentazione di

processo facilmente condivisibile da tutti gli attori coinvolti, che possa essere

aggiornata costantemente.

Saranno poi individuati e descritti i vari strumenti e linguaggi che possono essere

utilizzati per la mappatura dei processi aziendali, tema centrale di questa tesi.

Successivamente si chiarirà l’importanza di integrare l’approccio prettamente

testuale e normativo tipicamente utilizzato in pubblica amministrazione, con uno più

schematico, e quindi grafico, tipico delle attività ingegneristiche.

Verrà inoltre introdotto il concetto di Performance Management System (PMS), che

prevede la misurazione delle performance aziendali attraverso il monitoraggio di una

serie di indicatori in grado di sintetizzare le prestazioni dell’azienda.

Il capitolo si conclude con paragrafo dedicato al New Public Management.

2

Capitolo 1

Analisi della letteratura

1.1 Definizioni e concetti chiave

Processo

La normativa ISO 90011 definisce il processo come un insieme di attività interrelate

ed interagenti che trasformano elementi in entrata (input) in elementi in uscita

(output).

In particolare, per lo scopo di questa tesi, siamo interessati al concetto di processo

aziendale, di cui esistono in letteratura numerose definizioni. Ne riportiamo alcune

per identificarne gli elementi comuni e poter dare una definizione il più completa

possibile.

“Una serie di attività che prende l’input, aggiunge valore, e produce output”

(Harrington H.J., Verso uno status di classe mondiale, The Quality, n. 2/3, aprile-

settembre, 1993);

“Una sequenza di attività tra loro logicamente interrelate al fine di gestire una risorsa

durante il suo ciclo di vita e raggiungere uno specifico obiettivo. Dove per attività si

intende un’aggregazione di operazioni elementari nell’ambito del quale si determina

il consumo delle diverse risorse aziendali (umane, tecnologiche, strutturali, di know-

how, ...)” (Toscano G., Aspetti organizzativo-contabili della gestione per processi,

Sviluppo & Organizzazione, n. 139, settembre-ottobre 1993);

“Una sequenza di attività logicamente correlate che impiegano risorse (persone,

macchine, materiale) per fornire uno specifico risultato finale. Tale sequenza è

caratterizzata da:

• input misurabile

• attività con valore aggiunto

• output misurabile

• attività ripetitive

1 Norma della serie ISO 9000 che definisce i requisiti di un sistema di gestione per la qualità per una

organizzazione. I requisiti espressi sono di "carattere generale" e possono essere implementati da ogni

tipologia di organizzazione; ultima revisione nel 2015 (ISO 9001:2015)

Analisi della letteratura

3

Gli input provengono dai fornitori (interni e/o esterni) e gli output sono destinati ai

clienti. I processi sono quindi catene di fornitori/clienti ed in questa logica ogni fase

del processo deve conoscere i bisogni sia del cliente finale che del cliente a valle.”

(Biroli M., Process Analysis o Process Management, in Sistemi & Impresa, n.9,

1992);

“Un insieme di attività correlate che hanno complessivamente un obiettivo comune

come, ad esempio, la produzione di un bene o di un servizio o, più in generale, la

creazione di valore per il cliente.” (Sinibaldi A., La gestione dei processi in azienda:

introduzione al Business Process Management, FrancoAngeli, 2009).

Nonostante la varietà di espressioni, è evidente che le definizioni presentate

contengono alcuni elementi in comune:

• Il fatto che un processo aziendale sia costituito da un insieme di attività

correlate

• L’esistenza di un obiettivo finale da raggiungere

• La presenza di uno o più input iniziali che danno vita al processo

• La necessità di una trasformazione dell’input che sia a valore aggiunto per il

destinatario dell’output

Volendo dare una definizione sufficientemente ampia e dettagliata, si potrebbe

affermare che un processo aziendale è una sequenza di attività tra loro interrelate e

finalizzate al conseguimento di un obiettivo comune, svolte all’interno dell’azienda,

che creano valore trasformando delle risorse (input del processo) in un prodotto

(output del processo) destinato ad un soggetto interno o esterno all’azienda (cliente).

La principale differenza tra processo e processo aziendale sta nell’output prodotto. Il

processo realizza un prodotto o un servizio che permette di raggiungere l’obiettivo

aziendale, mentre il processo aziendale è finalizzato a creare un output richiesto a

tutti gli effetti da un cliente.

I principali elementi di un processo aziendale sono quindi:

• Input: fattori fisici o informativi acquisiti all’esterno o da altri processi

aziendali, necessari all’avvio del processo;

Fig. 1.1 Rappresentazione semplificata di un processo

Capitolo 1

4

• Output: prodotto del processo che è destinato al cliente, definito a partire

dalle sue esigenze e dalle prestazioni ad esso associate (qualità, tempi e

costi);

• Risorse: capacità umane e tecnologiche necessarie per svolgere le attività e

prendere le decisioni (include anche la definizione dei ruoli e del potere

decisionale dei diversi attori);

• Logiche di gestione: logiche di base per coordinare le attività, prendere le

decisioni e regolare l’avanzamento del processo;

• Fasi: insiemi di attività e decisioni che, interagendo tra loro, consentono la

realizzazione dell’output;

• Interdipendenze: legami logici e di precedenza tra le fasi (attività e decisioni);

• Controlli: dati ed informazioni in ingresso che forniscono norme, regole o

procedure;

• Eventi: situazioni che condizionano il flusso del processo;

• Vincoli: regole, istruzioni ed informazioni che influenzano le attività che

compongono il processo.

I processi sono classificabili utilizzando vari criteri di associazione, che

corrispondono a diversi elementi caratteristici del processo. Tra le varie

classificazioni proposte in letteratura, abbiamo individuato le più largamente

utilizzate per distinguere i vari tipi di processi aziendali.

Nelle realtà industriali la classificazione più diffusa è quella basata sullo schema

elaborato da Porter (M. Porter, 1987) basato sulla cosiddetta catena del valore.

Secondo tale approccio, i processi aziendali sono divisi tra:

• Processi primari, che hanno un maggior impatto sui risultati di business

dell’azienda e sono in grado di creare valore riconosciuto dal cliente,

influenzando fortemente il suo livello di soddisfazione;

Fig. 1.2 Elementi principali di un processo aziendale

Analisi della letteratura

5

• Processi di supporto, necessari per la gestione aziendale ma che

contribuiscono alla creazione del valore in modo indiretto, svolgendo un

ruolo di fornitori dei processi primari, fornendo loro input e supporto,

favorendone efficienza ed efficacia. Sono strettamente necessari per il

funzionamento dei processi primari, anche se non producono un output

riconoscibile dal cliente finale. Sono caratterizzati da soli clienti interni.

Berchi e Fontanazza hanno invece distinto tre macro-tipologie di processi2:

• Processi direzionali, volti a pianificare, guidare e coordinare gli obiettivi che

forniscono le regole di funzionamento di un’organizzazione e che verificano

la loro applicazione;

• Processi operativi, finalizzati all’ottenimento di prodotti o servizi con i quali

l’organizzazione si presenta sul mercato; rappresentano quelli a maggiore

impatto sui risultati di business dell’azienda;

• Processi di supporto, necessari per il funzionamento degli altri processi,

forniscono gli elementi infrastrutturali ed i servizi generali di supporto.

Un’altra classificazione dei processi è la tripartizione, basata sul modello di R.N.

Anthony, tra:

• Processi direzionali (o strategici), che concorrono alla pianificazione

aziendale di medio-lungo termine dell’organizzazione;

• Processi gestionali, finalizzati alla traduzione degli obiettivi di medio-lungo

termine nella programmazione di breve termine e al controllo del loro

raggiungimento;

• Processi operativi, che concorrono al raggiungimento degli obiettivi e

coinvolgono lo staff operativo.

2 Berchi e Fontanazza, 1991

Fig. 1.3 La catena del valore di Porter (Porter, 2001)

Capitolo 1

6

Come è possibile notare, le tre classificazioni proposte sono molto simili tra loro,

infatti il criterio di classificazione su cui si basano è essenzialmente lo stesso:

l’impatto che i processi hanno sui risultati aziendali, fortemente legato alla tipologia

di attività svolte all’interno del processo.

Process owner

Per ciascun processo dev’essere individuato un process owner, una figura a cui è

affidata la responsabilità dell’intero processo, che presiede in qualità di coordinatore

delle varie funzioni coinvolte. Egli deve garantire il corretto funzionamento del

processo nel suo complesso, curandone l’efficacia e l’efficienza.

Si tratta di una figura molto importante, essendo anche preposta ad individuare gli

obiettivi del processo, gli indicatori di prestazione ed i possibili interventi di

miglioramento. Deve essere in grado di relazionarsi efficacemente, poiché ha il

compito di regolare il flusso delle risorse e di sovrintendere a tutte le attività

convincendo e motivando i soggetti interni ed esterni al processo ed eliminando le

controversie che possono affiorare.

Sottoprocesso

Un sottoprocesso è una parte di un processo che coinvolge un insieme di attività

aventi uno specifico obiettivo, il quale però contribuisce al raggiungimento

dell’obbiettivo più generale del processo. Ogni processo può essere composto da

diversi sottoprocessi con obiettivi specifici diversi ma tra loro correlati o addirittura

consequenziali.

Attività

Un’attività è una sequenza di operazioni elementari la cui ulteriore scomposizione

non sarebbe utile ai fini di un’analisi organizzativo-gestionale di un processo. Ogni

attività conduce ad un output intermedio preciso, che di per sé non è decisivo ma

concorre alla realizzazione del più ampio esito del processo

Secondo Ostinelli, le attività che costituiscono un processo sono caratterizzate da tre

elementi: il loro costo, il tempo di svolgimento e la qualità dell’output da esse

prodotto. Disponendo di una misurazione per questi elementi, è possibile valutare

l’efficienza e l’efficacia dello svolgimento di un processo.

Le attività possono essere classificate in base al valore aggiunto che sono in grado di

generare sull’output finale del processo, quello che contribuisce alla soddisfazione

del cliente finale.3

Secondo la definizione della CEPAS4 (2006) le attività a valore aggiunto VA sono

quelle che agli occhi dei clienti creano valore per il prodotto-servizio e possono

essere identificate chiedendosi se il cliente sarebbe disposto a pagarle in modo

3 Ostinelli, 1995

4 CEPAS: Organismo di Certificazione delle Professionalità e della Formazione

Analisi della letteratura

7

esplicito. Si tratta quindi di attività fondamentali per ottenere la soddisfazione del

cliente. Al contrario, le attività non a valore aggiunto NVA sono quelle che non

rispondono ad alcuna necessità per i clienti, poichè non contribuiscono alla

produzione del valore dell’output. In molti casi però, le attività NVA devono essere

ugualmente svolte per sopperire all’inefficacia del processo.5

Procedura

Spesso nel lavoro quotidiano, e soprattutto nella Pubblica Amministrazione, i termini

“processo” e “procedura” vengono utilizzati senza particolari distinzioni ma in realtà

hanno significati diversi. Infatti, mentre il processo è un insieme di attività che

devono essere eseguite per raggiungere un determinato obiettivo, la procedura è una

regola che va implementata e che spiega agli operatori le modalità di esecuzione

delle azioni di un processo.

Inoltre, a differenza dei processi, le procedure non elaborano informazioni, ma

descrivono le modalità per elaborare tali informazioni.

In sintesi, si potrebbe affermare che una procedura stabilisce “come” un’attività

dev’essere svolta, mentre un processo indica “che cosa” dev’essere fatto per

raggiungere un risultato o, più propriamente, “chi deve fare che cosa”.

Funzione organizzativa

Una funzione organizzativa (o funzione aziendale) è un insieme di attività svolte

all’interno dell’azienda, che vengono raggruppate in base al criterio dell’omogeneità.

Le attività facenti parte di una stessa funzione organizzativa sono svolte da un

gruppo di persone aventi competenze, linguaggi e codici comuni; questo favorisce la

formazione di competenze specialistiche all’interno dell’azienda.

1.2 Approccio organizzativo per funzioni e per processi

La struttura organizzativa funzionale, storicamente adottata in numerose aziende

pubbliche e compagnie private, prevede, seguendo il principio di divisione del

lavoro, che le risorse umane e tecniche dell’azienda vengano attribuite alle funzioni

organizzative. Questa configurazione è tipicamente caratterizzata da un

organigramma gerarchico a piramide, che porta spesso allo sviluppo di “isole

aziendali” aventi funzioni ed orientamenti gestionali specialistici, tra le quali

l’interazione può risultare molto difficile.

Tutto ciò rende la struttura organizzativa statica e pesante, non favorendo in alcun

modo l’innovazione strutturale.

5 Ostinelli, 2005

Capitolo 1

8

L’adozione, da parte delle imprese, di un approccio organizzativo di tipo funzionale

ha consentito in passato di raggiungere elevati livelli di efficienza all’interno delle

singole funzioni. Nel momento in cui aumenta il numero di funzioni di un’azienda,

però, diventa molto difficile riuscire a gestire le interdipendenze che vengono a

formarsi tra di esse. Questo tipo di approccio, che privilegia obiettivi di efficienza

per favorire la riduzione dei costi di struttura, è adatto ad un ambiente stabile,

formato da organizzazioni prive di grosse differenziazioni di prodotto, nelle quali la

rigidità strutturale non comporta particolari svantaggi dal punto di vista della

reattività ai cambiamenti.

Per le imprese che invece operano in ambienti in continua evoluzione, dove la

capacità di innovarsi e di innovare è un attributo fondamentale per il successo

dell’azienda, il passaggio da una struttura organizzata per funzioni ad una gestita per

processi consente di superare i limiti di rigidità dell’approccio funzionale e di

concentrarsi maggiormente sull’esito del processo e sulla catena del valore, in quanto

la soddisfazione del cliente è legata, come già detto, direttamente ai processi e solo

indirettamente alle funzioni organizzative.

L’approccio per processi, infatti, si focalizza sull’output da fornire ai clienti,

aggregando attorno ad esso tutte le attività e le risorse necessarie alla sua produzione.

Un processo è perciò trasversale rispetto ad una struttura funzionale e raggruppa tutte

le funzioni ed i ruoli necessari al raggiungimento dei suoi obiettivi.

Fig. 1.4 Rappresentazione di una struttura organizzativa gestita per funzioni

Analisi della letteratura

9

Questo tipo di struttura organizzativa consente anche una più semplice

individuazione delle responsabilità ed una più rapida localizzazione di sprechi ed

inefficienze, rendendo l’organizzazione globalmente più snella, costituita da gruppi

lavorativi multifunzionali aventi pieno controllo su tutti gli aspetti del processo.

Infine, il monitoraggio delle prestazioni è più semplice, perché direttamente

collegato agli obiettivi aziendali.6

È importante sottolineare che il passaggio da un approccio per funzioni ad uno per

processi non implica la creazione di un nuovo organigramma che cambierebbe

completamente la struttura organizzativa. Una gestione per processi, infatti, consente

di mantenere la struttura organizzativa esistente nell’azienda favorendo però la

nascita di quei collegamenti orizzontali necessari ad integrare e coordinare le

funzioni aziendali. Inoltre, ragionare per processi fa si che gli attori coinvolti

sviluppino una maggiore consapevolezza del flusso logico/causale del lavoro, delle

attività svolte e delle prestazioni derivanti dall’esecuzione di tali attività.

In Tab. 1.1 sono riassunte le principali differenze tra l’approccio organizzativo

funzionale e quello per processi.

6 Sinibaldi (2009)

Fig. 1.5 Rappresentazione di una struttura gestita per processi (Sinibaldi, 2009)

Capitolo 1

10

Tab. 1.1 Principali differenze tra approccio per funzioni e per processi

Approccio per funzioni Approccio per processi

Focus Competenze specialistiche

del personale

Risultato dei processi

aziendali

Obiettivo Riduzione dei costi di

struttura

Soddisfazione del cliente

finale

Struttura organizzativa Statica, rigida Dinamica, adattabile

Aggregazione delle

attività In base alle funzioni

In base all’output da

fornire ai clienti

Gruppi di lavoro Unifunzionali Multifunzionali

Responsabilità Accentrate nelle mani di

pochi dirigenti

Distribuite ai vari livelli

dell’organizzazione

Comunicazione Limitata all’interno delle

funzioni organizzative

Estesa al di fuori dei

confini aziendali

Tipo di relazioni Verticali, intrafunzionali Orizzontali,

interfunzionali

Ambiente adeguato Stabile, tecnologicamente

maturo

Turbolento, in costante

cambiamento

1.3 La gestione per processi

Negli ultimi anni le aziende devono far fronte alla sempre maggiore varietà e

variabilità dei contesti in cui operano, trovandosi ad agire in ambienti anche molto

complessi e turbolenti, dove i clienti sono sempre più esigenti e consapevoli di ciò

che ricevono. Questa situazione rende la competitività aziendale una questione di

flessibilità e di attenzione al cliente, imponendo la ricerca di nuove soluzioni

organizzative.

Se un tempo le aziende spingevano verso un consumo massificato, ora, vista la

maggiore consapevolezza dei consumatori, sono questi ultimi a chiedere prodotti e

servizi sempre più personalizzati, influenzando la produzione.

Le aziende devono quindi prestare sempre maggiore attenzione alle richieste dei

clienti, improntando il proprio agire secondo criteri di flessibilità ed innovatività

gestionale. Uno dei metodi con cui è possibile tenere il passo con i tempi è quello di

gestire la propria attività per processi, dal momento che è sempre più diffusa la

convinzione che esista un rapporto di causa-effetto tra la capacità di controllo dei

processi ed i risultati aziendali.

L’approccio per processi, in realtà, non è il risultato di una nuova invenzione - i

processi infatti esistono da sempre - ma rappresenta un mezzo che consente di porre

in risalto una dimensione aziendale che normalmente è difficile far emergere: la

dimensione orizzontale.

Analisi della letteratura

11

Il cambiamento di prospettiva della gestione aziendale ha anche come risultato la

modifica dei criteri di gestione della stessa, non più finalizzati solo al

raggiungimento di risultati economico-finanziari, ma anche alla determinazione di

tutti i fattori che implicano la creazione di valore per il cliente. È importante, però,

che alla base di questa scelta ci sia una cultura orientata al cambiamento, promossa e

sorretta in primo luogo dal management.

La gestione per processi è una metodologia organizzativa che si propone di

individuare i processi critici, quelli che influenzano in maggior misura le prestazioni

aziendali, e di gestirli in modo che diventino più efficienti ed efficaci e

contribuiscano a migliorare i risultati complessivi dell’azienda.

L’approccio per processi può anche essere considerato un approccio di tipo sistemico

alla gestione, infatti, oltre a considerare i singoli processi, è necessario individuare e

gestire anche tutte le relazioni e le interdipendenze che intercorrono tra di essi;

infatti, secondo la ISO 9001, i processi identificati devono essere gestiti ed

organizzati come parte di un sistema.

Con l’assunzione di una gestione per processi, diventa fondamentale per ogni

persona impiegata nell’azienda condividere gli obiettivi e collaborare con i propri

colleghi, che diventano clienti e fornitori interni a cui rivolgere la massima cura

cercando di assecondarne le esigenze operative. Questo modo di operare massimizza

il valore aggiunto percepito dal cliente finale e pone le basi per la sua fidelizzazione.

Possono essere individuate tre macro fasi caratterizzanti la gestione di un processo7:

1. L’attribuzione della responsabilità del processo, che comporta

l’individuazione di un process owner, un soggetto che vede accomunate su di

sé sia la responsabilità di tutto ciò che avviene all’interno del processo sia

l’autorità per prendere tutte le decisioni che su di esso possono influire.

La scelta del process owner, vista l’estrema importanza che la sua posizione

ricopre, non è sempre semplice, soprattutto per processi che richiedono

l’operare congiunto di varie funzioni aziendali. Di solito il proprietario del

processo viene scelto tra i manager di alto livello con responsabilità di linea,

dotati già di prestigio e credibilità all’interno dell’azienda.

2. La pianificazione del processo in modo che possa generare, senza necessità di

aggiustamenti successivi, il valore atteso dagli utenti e di farlo con il minor

consumo possibile di risorse.

Utilizzando la schematizzazione proposta da Conti, la sequenza di attività di

pianificazione può essere riassunta nel modo seguente8:

• Identificazione dei clienti e dei fornitori del processo

• Identificazione dei bisogni e delle esigenze dei clienti

7 De Risi, 2001

8 Conti, 1992

Capitolo 1

12

• Trasformazione delle attese degli utenti in obiettivi misurabili del

processo

• Progettazione di un processo in grado di soddisfare gli obiettivi;

• Definizione degli indicatori di efficacia ed efficienza del processo

• Progettazione di un “sistema di controllo”, cioè di un insieme di

persone, strumenti e procedure istituito per raccogliere, elaborare e

distribuire i dati sulla base del sistema di indicatori.

3. L’esecuzione del processo, in cui è necessario il controllo degli obiettivi

stabiliti nella fase di pianificazione, nonché la continua ricerca di soluzioni di

miglioramento del processo, non solo come azioni correttive riferite a

problemi di funzionamento ma anche per adeguare le prestazioni del processo

ad esigenze sorte in seguito. Particolare attenzione dev’essere posta in questa

fase nel presidiare il flusso del processo, risolvendo i problemi sorti tra

fornitore e cliente nei punti di interfaccia tra processi o tra fasi successive

dello stesso processo ed evitando il risorgere di barriere organizzative.

Quanto più sarà stata efficace la fase di pianificazione congiunta tra il process

owner ed i vertici aziendali, tanto maggiore sarà l’autonomia operativa di

ciascun processo.

Da questa analisi è chiaro che per mettere a punto un corretto sistema di gestione per

processi, è necessario conoscere dettagliatamente gli elementi di ogni processo in

termini di input e output, clienti e fornitori, attori e risorse coinvolte.

Per ottimizzare tale gestione, la ISO 9000 propone come soluzione l’attuazione di un

ciclo di miglioramento continuo, che permetterebbe di incrementare passo dopo

passo i risultati del sistema di gestione, che devono essere sempre misurati ed

esplicitati in modo da garantire fin da subito concretezza e tangibilità, oltre che

continuità e miglioramento graduale.

Fig. 1.6 La gestione del sistema di qualità secondo la ISO 9000

Analisi della letteratura

13

Come si evince dalla Fig. 1.6, il sistema di gestione della qualità ISO 9000 prevede

che le parti interessate (clienti, fornitori, proprietari, lavoratori e società) impongano

al sistema dei requisiti di input e di output, e che il processo di miglioramento

continuo implementi in modo ciclico diverse attività mirate alla responsabilizzazione

della direzione, alla gestione delle risorse, alla realizzazione del prodotto e alla sua

misurazione, attività assolutamente necessaria per garantirne il miglioramento.

A questo punto, non è difficile cogliere le affinità esistenti tra l’approccio per

processi e quello della qualità: entrambi pongono l’attenzione sulla customer

satisfaction e costituiscono un’opportunità per migliorare l’operatività e i risultati

aziendali.

L’analisi della gestione per processi non può tralasciare la valutazione delle

metodologie attraverso le quali realizzare il miglioramento all’interno dell’impresa.

A tal proposito, è possibile individuare due diverse impostazioni9: quella orientata ad

un cambiamento costante e graduale (per piccoli passi) e quella che prevede un

cambiamento radicale e dirompente. La prima è conosciuta con il nome di Business

Process Improvement (BPI) o anche di Total Quality Management (TQM) e la

seconda viene identificata con la locuzione Business Process Reengineering (BPR).

Nei prossimi sotto paragrafi approfondiremo le caratteristiche dei due approcci e

concluderemo con una loro reciproca comparazione.

1.3.1 BPI - Business Process Improvement

Se accettiamo la definizione da Davenport (1993) che il miglioramento dei processi

aziendali (BPI) è un miglioramento incrementale di tipo bottom-up dei processi

esistenti all'interno dei confini funzionali, allora possiamo assumere che10

“le

iniziative di Business Process Improvement hanno principalmente a che fare con il

miglioramento dei processi aziendali in sé”.

Un processo si dice migliorato se è stato riprogettato per raggiungere uno o più dei

seguenti obiettivi:

• Migliorare le funzionalità, in termini di output erogati e di obiettivi di

business raggiunti;

• Aumentare la qualità dell’output intesa come conformità, operatività ed

affidabilità;

• Aumentare la flessibilità, ovvero la capacità di adattamento ad eventuali

variazioni delle esigenze future;

• Ridurre il tempo (ciclo) di funzionamento del processo, sia quello di attesa

che quello di servizio;

• Diminuire i costi operativi, preventivi, di valutazione ed il numero di errori;

9 Pierantozzi, 1998

10 Grove e Kettinger, 1998

Capitolo 1

14

Il Business Process Improvement è dunque un insieme di metodologie orientate al

miglioramento del processo, il quale però dev’essere ottenuto gradualmente,

attraverso un cambiamento incrementale nel tempo e puntando sull’aumento del

grado di customer satisfaction11

. Questa metodologia è stata descritta per la prima

volta nel 1991 da H. J. Herrington ed ha come obiettivo la semplificazione delle

attività di processo esistenti attraverso l’eliminazione degli sprechi e delle

inefficienze burocratiche, al fine di migliorare l’efficienza globale dell’azienda.

Trova quindi applicazione nei casi in cui, pur avendo accertato la presenza di

inefficienze, si decide di modificare solo in parte la struttura ed il funzionamento dei

processi. Infatti, vengono conservati gli elementi ritenuti validi mentre quelli

considerati inefficienti vengono sottoposti ad una meticolosa opera di

riprogettazione, che viene condotta per parti e gradualmente nel tempo. È facile

intuire che questo tipo di approccio risulta adeguato soprattutto in assenza di

condizioni di emergenza (es. crisi economiche e finanziarie), in situazioni per cui i

processi critici individuati non sono completamente inadeguati.

La gestione incrementale solitamente non si accompagna a cambiamenti strategici

dell’azienda: le scelte di fondo riguardanti la tecnologia, i prodotti ed i mercati

rimangono essenzialmente le stesse.

Essenziali per il buon esito di un’iniziativa di miglioramento incrementale sono

invece i contributi “provenienti dal basso”; infatti, chi opera quotidianamente

all’interno dei processi ne conosce le debolezze e ne sa indicare le cause molto più

consapevolmente rispetto ai manager. Inoltre, la gradualità dell’intervento ed il

coinvolgimento degli operatori, riescono a conquistare più facilmente la disponibilità

al cambiamento ed il sostegno da parte dell’intera organizzazione.

È importante ricordare che l’obiettivo del BPI non è quello di riprogettare i processi

partendo da zero, ma di razionalizzarli e migliorarli per passi successivi. Secondo

Davenport, le condizioni fondamentali affinchè si possa parlare di BPI sono:

• La presenza di una vision aziendale in cui siano specificati dei chiari obiettivi

di business;

• L’identificazione dei processi da riprogettare, ossia di tutti quei processi

aziendali che sono in conflitto con la business vision;

• La misurazione di tutti i processi esistenti, al fine di individuare una linea di

riferimento per i miglioramenti futuri;

• L’individuazione delle leve di information technology (IT);

• Lo sviluppo di un prototipo dei nuovi processi aperto a rivisitazioni

successive.

11

Gambel (2003)

Analisi della letteratura

15

Infine, l’implementazione del Business Process Improvement all’interno di

un’organizzazione può essere in generale sintetizzata nelle cinque fasi seguenti:

1. Organizzazione per il miglioramento: selezionare i processi critici, nominare i

process owner ed organizzare gruppi di lavoro finalizzati al miglioramento

dei processi; stabilire i vincoli e i metodi di misurazione, identificare gli

obiettivi di miglioramento e sviluppare il piano di progetto;

2. Comprensione del progetto: rappresentare graficamente il processo attuale,

analizzare il rispetto delle procedure esistenti, raccogliere tutte le

informazioni disponibili ed allineare le attività correnti alle procedure in

modo da poter raggiungere una conoscenza più dettagliata possibile del

processo;

3. “Fluidificazione” del processo: rendere il processo fluido, privo per quanto

possibile di criticità e ostacoli, rimuovendo e semplificando le attività non a

valore aggiunto (NVA);

4. Implementazione, misure e controllo: mettere in funzione il processo già

migliorato e stabilire dei sistemi d misura e controllo. E' indispensabile avere

in funzione un efficiente sistema di report, in modo da poter attuare in tempi

brevi tutte le modifiche necessarie.

5. Miglioramento continuo: migliorare costantemente i processi ripetendo le

prime quattro fasi in modo ciclico.

1.3.2 BPR - Business Process Reeingineeing

M. Hammer e J. Champy sono considerati i padri fondatori del BPR, una

metodologia di miglioramento aziendale teorizzata per la prima volta nel libro

intitolato “Reengineering the Corporation”, del 1991, in cui definiscono il Business

Process Reengineering come12

“il ripensamento di fondo e il ridisegno radicale dei

processi aziendali, finalizzato ad ottenere forti miglioramenti delle prestazioni e dei

parametri critici dell’impresa, quali i costi, la qualità, il servizio e la velocità,

realizzati in generale con il supporto della tecnologia informatica”.

Uno degli elementi fondamentali della definizione proposta risiede nel superamento

dell’organizzazione funzionale, in favore di una gestione dell’impresa per processi.

Con il concetto di “ripensamento di fondo e ridisegno radicale dei processi

aziendali”, invece, gli autori consigliano di ridefinire il processo ignorando la sua

attuale configurazione e pensando prima di tutto a ciò che l’azienda dovrebbe essere

per poter raggiungere le performance desiderate. Inoltre, una riprogettazione radicale

implica una reinvenzione completa dei processi, e non un semplice miglioramento

della situazione esistente, cosa che può portare anche al raggiungimento di ampi salti

12

Hammer e Champy, 1991

Capitolo 1

16

prestazionali che non sarebbe possibile realizzare adottando un approccio basato su

piccoli e graduali miglioramenti come quello del BPI.

Come tutte le metodologie di gestione per processi, il BPR prevede che i processi

vengano esaminati e riprogettati dalla prospettiva del cliente, poiché lo scopo di

questo approccio è quello di implementare processi orizzontali efficaci ed efficienti

che siano in grado di assicurare tempestivamente la soddisfazione dei clienti13

.

Secondo Gambel, la scelta di intraprendere un programma di Business Process

Reengineering nasce normalmente dopo che è stata rilevata un’assoluta

inadeguatezza delle strategie adottate per raggiungere gli obiettivi aziendali ed il

BPR si configura come una forma di gestione straordinaria in cui si ricorre i

particolari casi di crisi (caduta della domanda, perdita di quote di mercato, ecc.) o di

ridefinizione della strategia. In simili circostanze, una revisione solo parziale dei

processi non sarebbe sufficiente; è necessario, quindi, ridefinire gli obiettivi

strategici aziendali e ridisegnare i processi almeno quelli critici) ed il loro

funzionamento, al fine di renderli coerenti con gli obiettivi stabiliti.

Una buona riprogettazione dei processi può condurre ad ottimi risultati sul piano del

miglioramento delle performance aziendali, ma è importante che il cambiamento

coinvolga processi ampi e trasversali rispetto alle funzioni aziendali. Tale

cambiamento richiede spesso un notevole dispendio in termini di tempi, costi e

risorse impiegate; per questo motivo i progetti di BPR coinvolgono solitamente un

numero limitato di processi, focalizzandosi solo su quelli critici, di maggiore

rilevanza per il business.

In sintesi, le caratteristiche principali della reingegnerizzazione dei processi possono

essere riassunte nei seguenti punti:

• L’oggetto di intervento sono i processi e poiché i processi attraversano

trasversalmente le strutture organizzative, gli interventi di

reingegnerizzazione dei processi interessano normalmente organizzazioni

diverse o parti diverse di una stessa organizzazione;

• L’intervento da mettere in atto è di tipo radicale; infatti, i processi vengono

completamente ridisegnati da zero, senza tenere conto di un modello esistente

al quale apportare miglioramenti graduali;

• Il risultato atteso dall’intervento è un miglioramento di tipo discontinuo

rispetto ai livelli prestazionali dei processi precedenti all’intervento;

• I risultati di miglioramento sono ottenuti principalmente grazie

all’introduzione di tecnologie informatiche e di telecomunicazioni, avendo

cura di non limitarsi ad automatizzare l’esistente, ma di sfruttare le

potenzialità della tecnologia a valle di un ripensamento radicale dei processi.

13

Tsiouras, 2007

Analisi della letteratura

17

Hammer, inoltre, elenca nel suo articolo “Reengineering Work: Don’t Automate,

Obliterate” i tre principi fondamentali per una buona reingegnerizzazione dei

processi14

:

1. Organizzarsi intorno ai risultati e non alle mansioni;

2. Permettere al beneficiario del risultato del processo di seguire il processo

stesso;

3. Raccogliere l’informazione una sola volta e direttamente dalla fonte senza

rischiare duplicati e documenti non aggiornati.

Sulla base di questi principi, si devono articolare le varie fasi di un intervento di

Business Process Reengineering, che consistono in:

1. Fase di analisi del problema

a. Rilevamento, definizione e quantificazione del problema e quindi

della necessità di un cambiamento

b. Costituzione del gruppo di lavoro e condivisione dei metodi

2. Fase di analisi dei processi

a. Analisi e classificazione dei processi esistenti, con l’utilizzo di

indicatori quantitativi di performance (pre assessment)

b. Identificazione dei processi da riprogettare

3. Fase di progettazione e sviluppo

a. Definizione degli obiettivi di ristrutturazione e individuazione del

miglioramento atteso

b. Sviluppo del nuovo modello di processo

i. Identificazione degli attori

ii. Determinazione delle sequenza delle operazioni

iii. Analisi dei punti decisionali

iv. Definizione delle interdipendenze

c. Definizione del nuovo prototipo di processo e simulazioni

4. Fase di attivazione del cambiamento

a. Pianificazione, implementazione e valutazione dei risultati attraverso

l’analisi degli scostamenti e l’utilizzo di indicatori quantitativi di

performance (post assessment)

Infine, elenchiamo alcuni principi base della riprogettazione radicale che è necessario

conoscere ed applicare affinchè l’esito dell’intervento risulti positivo:

• Porre le attività in parallelo anziché in sequenza poiché spesso la sequenza

delle attività non è dettata da un ordine naturale, ma è imposta artificialmente,

secondo modelli di organizzazione del lavoro tradizionali. La

reingegnerizzazione si chiede sempre se non sia possibile modificare la

14

Hammer, 1990

Capitolo 1

18

sequenza delle attività, fino ad eliminarla, mettendo le stesse attività in

parallelo. In questo modo si possono raggiungere forti miglioramenti in

termini di tempo totale di attraversamento del processo, dal momento che

vengono eliminati i tempi morti d’attesa;

• Ricomporre le attività frammentate. Spesso, attività leggermente diverse sono

assegnate a persone o uffici diversi, coerentemente con l’idea che la

specializzazione spinta delle mansioni migliori l’efficienza della singola

attività; dall’altro lato però, l’efficienza globale del processo peggiora per

effetto dei maggiori tempi di coordinamento richiesti. La reingegnerizzazione

dei processi tende a ricomporre attività frammentate, introducendo nuove

mansioni, in cui sono raccolte tutte le attività che servono a dare una risposta

esauriente, tempestiva e personalizzata al singolo caso, cioè alla singola

richiesta del cliente;

• Categorizzare e differenziare i flussi nei processi. Spesso accade che vengano

trattati allo stesso modo richieste o casi diversi solo perché incanalati nello

stesso processo. Questo effetto di appiattimento viene superato nella

reingegnerizzazione, che tende a differenziare le richieste e a trattarle come

versioni diverse nell’ambito dello stesso processo. L’applicazione di questo

principio di reingegnerizzazione richiede in genere l’identificazione

all’ingresso del tipo di richiesta, e la tracciatura del caso;

• Eliminare le attività che non danno valore aggiunto. La reingegnerizzazione

si pone sempre il problema del perché un’attività venga svolta, ovvero quale

sia (se esiste) il suo valore aggiunto.

1.3.3 Un confronto tra BPI e BPR

Come si è potuto apprendere dai precedenti paragrafi, la sequenza logica delle fasi

che si eseguono per l’applicazione pratica delle due tecniche di gestione descritte,

può essere così sintetizzata:

• Rilevare la necessità di un cambiamento;

• Identificare i processi su cui intervenire;

• Analizzare i processi attuali

• Identificare degli interventi graduali/radicali

• Mettere in atto gli interventi e gestire il cambiamento

• Verificare i risultati dell’intervento

Il BPI richiede un’attenta analisi della situazione esistente, individua le aree di

inefficienza al fine di identificare anche le più piccole possibilità di miglioramento

ed elabora interventi specifici finalizzati modificare la struttura del processo, senza

però alterarne gli elementi essenziali; la sua natura incrementale ed il forte contributo

di tipo bottom-up consentono che il cambiamento venga accolto velocemente ed in

maniera positiva dall’intera struttura organizzativa.

Analisi della letteratura

19

Per il BPI, quindi, le fasi più complesse e costose sono quelle iniziali mentre risulta

più agevole la gestione del cambiamento organizzativo.

Il BPR, invece, concentra l’attenzione sulla possibilità di ridisegnare un processo

completamente diverso, che in un certo senso rivoluziona il vecchio modo di lavorare

definendo una sequenza di fasi, e relative attività, più efficiente. In questo caso,

quindi, la fase di analisi dei processi attuali è decisamente snella, dal momento che i

processi verranno comunque completamente ridisegnati, mentre molto più

impegnative sono le fase di realizzazione dei nuovi processi e di gestione del

cambiamento.

Business Process Improvement e Business Process Reengineering, pur essendo due

metodologie diverse nei presupposti teorici e nei risvolti pratici, possiedono diverse

caratteristiche in comune15

:

• Il focus e motore del cambiamento è sempre il cliente: la creazione di valore

per il cliente rappresenta in entrambi i casi una condizione necessaria per

creare valore a livello di azienda.

• Vi è una forte sponsorizzazione da parte dell’alta direzione: è compito del

management creare un clima favorevole all’iniziativa attraverso azioni di

comunicazione interna, incontri personali con i gruppi di lavoro, l’utilizzo di

sistemi di incentivazione adeguati ed una sua partecipazione attiva per la

rimozione degli ostacoli durante tutto il processo di cambiamento.

• L’oggetto del cambiamento è il processo ed in particolare le attività che lo

compongono: entrambe le metodologie sono orientate ai processi, non alle

funzioni aziendali, nel senso che hanno come obiettivo la ridefinizione dei

processi aziendali e non della struttura organizzativa.

• Le responsabilità vengono distribuite tra i vari livelli organizzativi: entrambi i

processi di cambiamento prevedono una ridefinizione dei livelli gerarchici

caratterizzata da un maggior grado di delega attribuita ai livelli inferiori e,

conseguentemente, di responsabilità sui risultati raggiunti e di autonomia nel

loro raggiungimento. Inoltre, la definizione degli obiettivi da raggiungere

deve essere chiara ed i responsabili del loro conseguimento devono,

possibilmente, essere coinvolti ed ascoltati prima della loro definizione.

• Sono richiesti interventi sulla tecnologia: tali interventi riguardano soprattutto

le tecnologie per il trattamento delle informazioni, la cui possibilità di

applicazione rappresenta spesso uno stimolo all’introduzione degli stessi

progetti di cambiamento.

• Vengono adottati strumenti e metodologie di misurazione delle prestazioni

dei processi: questo consente di valutare la situazione di partenza, definire gli

obiettivi da raggiungere, misurare i risultati conseguiti, fare confronti con le

prestazioni dei concorrenti.

15

Pierantozzi, 1999

Capitolo 1

20

• È possibile fare ricorso a progetti pilota per il loro avviamento: le modalità di

funzionamento del nuovo processo vengono in entrambi i casi sperimentate

su una parte del processo stesso oppure in una realtà aziendale circoscritta, al

fine di testare la validità del progetto e di verificarne l’impatto

sull’organizzazione prima di replicarle sull’intero processo.

• Vengono normalmente istituiti dei gruppi di lavoro: l’attuazione di interventi

sia di miglioramento che di ridisegno dei processi, richiede la creazione di

team di lavoro interfunzionale che si avvalga di diverse competenze. La

necessità di apprendere e condividere le grandi potenzialità del lavoro di

gruppo è una delle caratteristiche specifiche dell’adozione della gestione per

processi.

In Tab. 1.2 sono invece elencate le principali differenze tra i due possibili approcci

alla gestione per processi.

Tab. 1.2 Differenze tra BPR e BPI

BPI BPR

Tipologia di cambiamento Cambiamento di tipo

graduale ed incrementale

Cambiamento di tipo

radicale

Assunzione di partenza Processo esistente Nessuna

Frequenza del

cambiamento Cambiamento continuo

Cambiamento in un unica

soluzione

Costi e tempi richiesti Costi limitati e brevi

tempi di realizzazione

Costi elevati e lunghi

tempi di realizzazione

Portata dell’intervento Limitata, interna alle

funzioni

Ampia, trasversale alle

funzioni

Quantità di processi

coinvolti Molti processi coinvolti

Pochi processi coinvolti,

ma critici

Rischiosità dell’intervento Moderata Alta

Gravità della situazione

as-is

Assenza di una situazione

di emergenza

Forte urgenza di

cambiamento

Grado di dipendenza

dalla strategia aziendale

Dipendenza limitata ed

indiretta

Diretto collegamento con

la strategia aziendale

Tipo di partecipazione

all’intervento

Contributo di tipo

bottom-up

Impostazione ex novo di

tipo top-down

Fonte: Davenport, 2009

Analisi della letteratura

21

È evidente che i due metodi differiscono soprattutto per quanto riguarda la

metodologia da seguire per implementarli: se nel BPI si identificano i processi su cui

intervenire, si individua un team d’intervento, si analizzano i processi attuali e le

modalità di miglioramento e poi si procede con l’attuazione degli interventi di

miglioramento e con l’analisi dei risultati, nel BPR si ripensa la strategia, si valuta

l’inadeguatezza dei processi chiave attuali, si ridisegnano i processi inadeguati e poi

si prosegue con la messa a punto dei nuovi processi e la valutazione dei risultati.

Nonostante esistano delle chiare differenze tra queste due metodologie, però, nella

pratica non si è sempre in grado di definire a priori se sarà convenente mettere in atto

un intervento semplicemente migliorativo di BPI oppure se risulterebbe

maggiormente proficuo un intervento più radicale di BPR. Si è già detto che in

condizioni di crisi o di cambiamento strategico il BPR è l’approccio più adeguato

ma, al di fuori di questi casi limite, entrambe le metodologie potrebbero rivelarsi dei

validi ed efficaci strumenti tra cui scegliere.

Al riguardo vengono suggeriti due criteri che, usati simultaneamente, conducono ad

un modello di guida per la scelta del metodo più appropriato alla situazione:

• L’esigenza di radicalità del cambiamento

• Il grado di disponibilità al cambiamento della struttura organizzativa

Incrociando queste due variabili, è possibile ottenere una matrice (Fig. 1.7) che

permette di individuare l’approccio che è più conveniente adottare in determinate

situazioni.

Fig. 1.7 Matrice di guida alla scelta del metodo di gestione per processi più

appropriato

Capitolo 1

22

Secondo questa classificazione, il BPR si impone quando alla necessità di un

cambiamento rapido e radicale si accompagna un’organizzazione flessibile e

propensa ai mutamenti. È invece decisamente preferibile ricorrere all’approccio

incrementale quando non si abbia né l’esigenza di cambiamenti radicali, né la

disponibilità dell’organizzazione a notevoli innovazioni.

Quando l’esigenza di cambiamento non è elevata ma la struttura appare piuttosto

elastica, il management può scegliere di attuare sia un miglioramento incrementale,

sia un cambiamento radicale. In una situazione in cui l’urgenza di un cambiamento è

elevata e la disponibilità al cambiamento è bassa, l’approccio radicale potrebbe

miseramente fallire a causa delle resistenze interne, ma d’altro canto quello

incrementale potrebbe non essere sufficientemente “spinto” per risolvere

efficacemente tutti i problemi; in questo caso, quindi, ricade sul management la

responsabilità della decisione, dopo aver analizzato attentamente le condizioni in cui

versa l’impresa.

Va sottolineato, comunque, che la classificazione appena descritta, è valida quando si

stia considerando un singolo processo, per il quale occorre decidere se utilizzare

l’una o l’altra tecnica di gestione. Quando invece si considera l’intera azienda

nell’insieme dei suoi processi, possono coesistere - su processi diversi - progetti di

reingegnerizzazione e progetti di miglioramento graduale. È anche possibile che le

due tecniche vengano applicate in modo sequenziale, laddove dopo una fase di

cambiamento incrementale si sentisse la necessità di implementare un cambiamento

radicale, o viceversa.

La gestione per processi, che accorpa al suo interno gli approcci di BPR e BPI fin qui

analizzati, si è trasformata con il passare del tempo in una filosofia gestionale più

completa, denominata Business Process Management (BPM), che verrà analizzata

dettagliatamente all’interno del prossimo paragrafo.

1.4 BPM - Business Process Management

Il Business Process Management è una disciplina che si occupa di modellare, gestire,

automatizzare ed ottimizzare i processi di business allo scopo di migliorarne

l’efficienza e l’efficacia, con impatti positivi sulle performance aziendali.

Si sviluppa a partire dagli anni ’90, a seguito della diffusione delle metodologie di

Total Quality Management (TQM) e di Business Process Reengineering (BPR),

quando il concetto di qualità inizia ad essere accompagnato in maniera sempre più

consistente da quello di soddisfazione del cliente.

Il BPM viene definito16

come una metodologia che consiste nell’analizzare il

processo, implementare ed integrare le strategie di business, monitorare ed

ottimizzare i processi, stabilire gli strumenti corrispondenti ed allineare il business

con l’information technology. L’autore, inoltre, sostiene che l’approccio adottato da

16

Josuttis, 2005

Analisi della letteratura

23

questa metodologia debba essere di tipo top-down: decidere quali step devono essere

svolti manualmente e quali tramite automazione IT; separare l’intero processo in

blocchi più piccoli seguendo l’ordine temporale e i sistemi responsabili; suddividere

ulteriormente.

In Fig. 1.8 è schematizzato l’approccio top-down del BPM.

Rifacendoci alle definizioni rilasciate da Gartner e Weske possiamo inoltre affermare

che17

“il Business Process Management è una disciplina gestionale che utilizza un

approccio sistematico e strutturato con il fine di supportare la gestione esplicita di un

processo di business utilizzando metodi, tecniche e strumenti, che coinvolgono esseri

umani, organizzazioni, applicazioni, documenti e altre fonti di informazione, allo

scopo di raggiungere gli obiettivi di business dell’organizzazione allineando i

processi di business a questi obiettivi”.

Una peculiarità del BPM consiste nel fatto che esso non richiede necessariamente un

ripensamento delle strategie aziendali ma è da considerarsi come uno strumento di

supporto per l’incremento dell’efficacia delle proprie strategie, in cui i processi

aziendali svolgono a loro volta un ruolo di asset strategico per l’azienda.

Volendo riassumere, il Business Process Management è una disciplina di gestione

che considera l’organizzazione in termini di processi di business il cui

funzionamento porta ad ottenere gli obiettivi strategici prefissati. Il BPM analizza,

gestisce, migliora ed ottimizza i processi nella loro interezza, oltrepassando le

barriere strutturali in maniera trasversale alle organizzazioni.

Obiettivo del BPM è la sinergia tra i processi e l’Information and Communication

Technology (ICT) tramite un approccio di tipo top-down che parte considerando il

processo nella sua interezza, lo scompone in attività, ottimizza i flussi ed infine li

automatizza attraverso l’allineamento con la tecnologia.

17

Hill, 2006

Fig. 1.8 Schematizzazione dell'approccio top-down del Business Process Management

(Josuttis, 2009)

Capitolo 1

24

Nel concreto, un progetto di BPM può consentire una riduzione dei tempi o dei costi

necessari per condurre a termine un determinato processo, una diminuzione della

quantità di errori, una maggiore automazione dei compiti amministrativi o un miglior

utilizzo delle risorse.

Questi risultati possono essere ottenuti attraverso una continua ottimizzazione dei

processi, in un ciclo continuo di modellazione, esecuzione e misurazione18

:

• Modellazione: i processi vengono modellati nella loro interezza, esplicitando

su un diagramma i ruoli, i compiti e la sequenza di attività che compongono il

processo che si sta modificando.

• Analisi/simulazione: si individuano ed analizzano gli indicatori di

performance del progetto di miglioramento, utilizzati per l’analisi delle

simulazioni del processo. Analisi e simulazione valutano l’accuratezza e la

precisione del progetto prima di passare alla successiva fase di

implementazione.

• Implementazione: le attività del processo precedentemente modellato e

simulato vengono combinate in sinergia utilizzando strumenti software

integrati.

• Esecuzione: il processo viene automatizzato tramite la messa in opera del

modello. I risultati sono l’automazione del flusso di lavoro e l’integrazione di

sistemi diversi.

• Interazione: si sviluppano portali, tipicamente web, che permettono agli

amministratori e ai proprietari del processo di gestire i processi stessi,

aiutando gli tenti finali nelle loro attività e mettendo a disposizione indicatori

e metriche di misurazione delle performance.

• Misurazione: gli indicatori definiti durante la fase di modellazione vengono

monitorati e registrati; vengono inviati eventuali allarmi al superamento di

determinate soglie. La fase di misurazione precede un’ulteriore e successiva

fase di modellazione.

Il paradigma da seguire per avvicinarsi al BPM prevede che si possieda una visione

complessiva del problema e che il passaggio alla fase di implementazione avvenga

con gradualità, generando consenso nell’organizzazione, affinando le metodologie e

creando un “centro di eccellenza” interno, formato da persone che possiedono le

competenze adeguate.

Innovazione ed apprendimento devono guidare tutta la metodologia, e il risultato di

questi sforzi è l’eccellenza nel business, che consiste nel raggiungere il massimo di

efficienza ed efficacia nello svolgimento dei processi che portano valore

all’organizzazione. Questo obiettivo non si raggiunge immediatamente, ma è frutto

di un percorso di maturità, in cui l’organizzazione impara a gestire sempre meglio i

propri processi, passando da una fase inziale dominata da tentativi casuali e sporadici

18

Nicoletti, 2010

Analisi della letteratura

25

di miglioramento fino ad uno stato di continuo e rapido adattamento dei processi alle

mutabili condizioni del business, con un miglioramento significativo percepibile.

Un modello di maturità per il BPM è un percorso evolutivo di miglioramento, che

deve permettere ad un’azienda di capire sia in quale punto del percorso si trova, sia

in quali aree deve migliorare per poterlo percorrere.

Riportiamo in Tab. 1.3, il modello proposto da OMG (The Object Management

Group), che raggruppa serie di attività logicamente correlate nelle cosiddette process

area, ognuna delle quali raggiunge degli obiettivi (goal) utilizzando delle azioni

specifiche (specific practice - SP). I goal posso a loro volta essere specifici (specific

goal - SG), nel caso rappresentino obiettivi riguardanti solo la process area in esame,

oppure istituzionalizzati (institutionalized goal - InG), se coinvolgono obiettivi

condivisi dall’intera organizzazione.

Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG

Livello di

maturità Focus Process Area Descrizione

1

Iniziale

Iniziative di

singoli individui

senza che alcun

processo venga

esplicitato o che

ci sia supporto da

parte dell’

organizzazione

2

Gestito

I manager

stabiliscono un

ambiente di

lavoro stabile nel

loro gruppo

Organizational

Process

Leadership

Garantire il consenso e individuare

le responsabilità nella gestione delle

attività di miglioramento delle

performance del processo

Organizational

Business

Governance

Stabilire la responsabilità nella

gestione delle attività di

miglioramento delle performance

delle attività dell’organizzazione

Work Unit

Requirements

Management

Identificare chiaramente i requisiti

per una determinata attività

Work Unit

Planning and

Commitment

Stabilire e mantenere la

pianificazione e l’impegno per fare e

gestire un determinato blocco di

attività

Work Unit

Monitoring

and Control

Misurare e sottoporre a

monitoraggio le performance del

processo e mantenerle in linea con

requisiti e pianificazione,

procedendo eventualmente alla

riallocazione delle risorse

Capitolo 1

26

Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG

Livello di

maturità Focus Process Area Descrizione

2

Gestito

I manager

stabiliscono un

ambiente di

lavoro stabile nel

loro gruppo

Work Unit

Performance

Gestire i rapporti con il gruppo di

lavoro in modo che tutti abbiano la

responsabilità dei task e degli

obiettivi assegnati al fine di

raggiungere gli obiettivi pianificati

Work Unit

Configuration

Management

Identificare, gestire e controllare il

contenuto e gli eventuali

cambiamenti di un gruppo di attività

Sourcing

Management

Gestire l’acquisizione di prodotti e

servizi da fornitori esterni

Process and

Product

Assurance

Assicurare la conformità di attività e

prodotti nei confronti di

regolamenti, leggi, standard, ecc.

3

Standardizzato

L’organizzazione

definisce dei

processi standard

insieme alle

relative risorse

Organizational

Process

Management

Sviluppare processi e risorse

standard all’interno

dell’organizzazione ed individuarne

i punti di forza e di debolezza

Organizational

Competency

Development

Sviluppare le competenze richieste

affinchè chi lavora nel processo

utilizzi gli standard previsti

Organizational

Resource

Management

Pianificare e gestire l’acquisizione,

l’allocazione e la riassegnazione

delle risorse richieste per sviluppare

ed erogare prodotti e servizi

Organizational

Configuration

Management

Identificare, gestire e controllare gli

aspetti finanziari e di business

relativi all’offerta di prodotti e

servizi, in base agli standard di

risorse e processi

dell’organizzazione

Product and

Service

Business

Management

Pianificare e gestire gli aspetti

finanziari di business relative

all’offerta di prodotti e servizi

Product and

Service Work

Management

Pianificare e gestire le attività e i

risultati per l’offerta di prodotti e

servizi, in base agli standard di

risorse e processi

dell’organizzazione

Product and

Service

Preparation

Stabilire i requisiti per l’offerta di un

prodotto o servizio e predisporne lo

sviluppo e l’erogazione

Analisi della letteratura

27

Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG

Livello di

maturità Focus Process Area Descrizione

3

Standardizzato

L’organizzazione

definisce dei

processi standard

insieme alle

relative risorse

Product and

Service

Deployment

Installare, modificare, sostituire e

rimuovere le risorse usate per

l’offerta di un prodotto o servizio

Product

Service

Operation

Dare al cliente le risorse e le

informazioni necessarie

all’erogazione di un prodotto o

servizio

Product and

Service

Support

Mantenere le risorse necessarie

all’erogazione di un prodotto o

servizio

4

Predicibile

I processi sono

gestiti quantitati-

vamente in modo

da avere risultati

predicibili

Organizational

Common Asset

Management

Determinare le caratteristiche

comuni di prodotti e servizi attuali e

futuri e utilizzarle per migliorare le

performance, i costi e la qualità

Organizational

Capability and

Performance

Management

Caratterizzare quantitativamente gli

standard di processo

dell’organizzazione e fornire dati e

modelli in modo da gestire

quantitativamente prodotti e servizi

Product and

Service

Process

Integration

Integrare i processi e i ruoli di

diversi ambiti e discipline coinvolti

nell’offerta di un prodotto o servizio

in modo da migliorarne efficienza ed

efficacia

Quantitative

Product and

Service

Management

Pianificare e gestire il lavoro dietro

l’offerta di un prodotto o servizio in

modo che questo raggiunga gli

obiettivi di performance e qualità

Quantitative

Process

Management

Gestire in modo statistico le

performance delle attività necessarie

per sviluppare, preparare, erogare e

supportare un prodotto o servizio

secondo gli obiettivi di qualità

5

Innovatore

I processi

vengono

continuamente

migliorati

Organizational

Improvement

Planning

Stabilire in modo quantitativo gli

obiettivi di miglioramento e

l’infrastruttura a supporto del

miglioramento continuo e definire le

strategie per raggiungere gli obiettivi

Organizational

Performance

Alignment

Mantenere allineate le strategie di

business e gli obiettivi quantitativi

dell’organizzazione attraverso tutti i

livelli gerarchici e in modo

trasversale a prodotti e servizi

Capitolo 1

28

Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG

Livello di

maturità Focus Process Area Descrizione

5

Innovatore

I processi

vengono

continuamente

migliorati

Defect and

Problem

Prevention

Identificare e risolvere le cause dei

difetti e dei problemi che

impediscono il raggiungimento degli

obiettivi dell’organizzazione

Continuous

Capability

Improvement

Migliorare in modo continuo e

misurabile le performance

dell’organizzazione adottando

modifiche incrementali

Organizational

Innovative

Improvement

Formulare soluzioni complete di

miglioramento che, una volta in

produzione, raggiungano gli obiettivi

di qualità desiderati

Organizational

Improvement

Deployment

Accrescere in modo continuo e

misurabile le performance

dell’organizzazione adottando le

migliorie fatte in modo sistematico

Un determinato livello di maturità può essere raggiunto tutti gli obbiettivi ad esso

associati.

Inoltre, è importante far notare che al crescere del livello di maturità aumenta anche

la diffusione delle buone pratiche di gestione dei processi all’interno

dell’organizzazione, passando dalle sporadiche iniziative di singoli individui, a

gruppi di lavoro, a divisioni, all’organizzazione nella sua totalità ed infine

all’organizzazione vista all’interno di una catena del valore con fornitori e clienti.

Di Leva afferma19

che il BPM “consiste in un insieme di metodi, tecnologie e

strumenti utili a controllare, analizzare ed eseguire i processi operativi di un’azienda”

e può essere considerato come “una filosofia per gestire l’azienda in modo più

razionale”.

Gli strumenti a cui l’autore fa riferimento in questa definizione, sono da intendere

come l’insieme di quei sistemi informatici ed informativi che supportano il BPM

nella semplificazione e velocizzazione delle pratiche aziendali e consentono di

definire i dei processi aziendali mediante l’utilizzo di notazioni ad hoc atte ad

eseguire e controllare l’andamento dei processi.

19

Di Leva, 2011

Analisi della letteratura

29

In Fig. 1.9 sono riportate e sintetizzate le teorie, gli strumenti e le metodologie che

permettono di mettere in pratica il BPM.

1.4.1 Standard grafici a supporto del BPM

Gli standard a supporto del BPM possono essere classificati in tre gruppi:

• Standard grafici di modellazione;

• Standard per i formati di interscambio dei modelli di processo;

• Standard di esecuzione dei processi aziendali.

In questa tesi facciamo riferimento soltanto agli standard grafici di modellazione in

quanto, nel caso studio analizzato, ci limiteremo a trattare solamente la mappatura e

alla rappresentazione grafica dei processi.

Prima di definire le diverse tipologie di modellazione grafica, è doveroso sottolineare

l’importanza di conformarsi ad uno standard che, grazie all’adozione di un

linguaggio comune, permette l’interazione tra tutti gli strumenti BPM e l’uniformità

di rappresentazione.

Gli standard grafici permettono agli utenti di rappresentare sotto forma di diagramma

il flusso informativo, i punti di decisione ed i ruoli dei vari processi aziendali.

Tali standard, rispetto alle altre tipologie, si rivelano maggiormente intuitivi e user

friendly, in quanto consentono una comprensione quasi immediata del processo senza

richiedere particolari conoscenze specifiche.

Fig. 1.9 Teorie e tecnologie fondanti del BPM

Capitolo 1

30

Lo standard grafico maggiormente utilizzato è il Business Process Model and

Notation (BPMN) ma esistono altri due “linguaggi” ampiamente noti: l’Activity

Diagram UML e l’Event-driven Process Chain (EPC). Volendo descrivere questi tre

standard più dettagliatamente:

• Il BPMN è una notazione di modellazione per processi aziendali avente come

scopo l’abolizione del gap esistente tra i diagrammi di flusso e il linguaggio

di esecuzione dei processi.20

• L’Activity Diagram UML è un linguaggio di modellazione visuale orientato

agli oggetti, atto a descrivere i processi aziendali mediante la visualizzazione

delle sequenze di azioni che devono essere eseguite e l’inserimento della

descrizione del flusso di controllo e del flusso di dati per attività.

• L’Event-driven Process Chain (EPC) è una metodologia di modellazione che

consente di descrivere il processo aziendale da diversi punti di vista: quello

dei responsabili del processo, quello del flusso funzionale, con una sequenza

dinamica delle attività, quello del flusso di output, che pone l’evidenza sulle

relazioni tra gli output prodotti, e quello del flusso informativo, che mostra

gli elementi informativi utilizzati. Il processo aziendale non è alto che

l’unione di tutte le viste del processo.

1.4.2 Vantaggi del BPM

Poichè esiste uno stretto legame tra processi e profittabilità aziendali, vi è una

sempre maggiore esigenza di incrementare il valore delle attività riducendo allo

stesso tempo le risorse impiegate per svolgerle, di ridurre i costi legati ai sistemi

informativi aziendali e di sottoporre i processi aziendali a continui controlli di

qualità. Integrando tra loro i processi di business in modo da poterli monitorare ed

ottimizzare secondo un orientamento univoco agli obiettivi aziendali, si sfruttano

appieno le potenzialità di un sistema di BPM, ottenendo una sostanziale riduzione dei

costi e dei tempi di implementazione degli stessi processi.

Inoltre, il BPM può aiutare a migliorare le prestazioni aziendali grazie alla riduzione

dei costi di ownership, all’aumento di flessibilità, al raggiungimento di tempi di

consegna più rapidi e soprattutto migliorando le relazioni con gli stakeholder interni

ed esterni.

Alla luce di questi vantaggi si può affermare che il BPM rappresenta un ottimo

strumento per la gestione dei processi di quelle organizzazioni che si trovano in una

fase di grande cambiamento, che devono porsi come obiettivo l’incremento della

customer satisfaction, la misurazione delle performance aziendali e la maggiore

attenzione per le risorse impiegate.

20

Per approfondimenti sulla notazione BPMN si rimanda a pag. 82

Analisi della letteratura

31

1.5 La mappatura dei processi

Il primo passo per una corretta gestione dei processi è sicuramente la loro

identificazione e documentazione. A tal fine, possono essere utilizzate varie tecniche,

sia grafiche che testuali, che consentono di formalizzare il contenuto di un processo

in maniera più o meno intuitiva.

La mappatura dei processi consiste nell’applicazione di una metodologia

formalizzata per l’identificazione e la modellazione dei processi aziendali e

comprende varie tecniche di rappresentazione delle componenti dei processi. Come

già accennato, gli elementi che compongono un processo e che vengono

rappresentati con queste tecniche sono gli input e gli output del processo, le singole

attività e le relazioni tra di esse, i soggetti che le attuano e le interfacce esistenti tra

gli stessi e, inoltre, i punti di decisione e le alternative che fanno sì che un processo si

sviluppi in una direzione piuttosto che in un’altra.

Secondo Ostinelli21

, infatti, la mappatura dei processi consiste nella scomposizione

dell’organizzazione in attività elementari di facile gestione, nella definizione di un

modello di riferimento per i processi gestionali e nella ricostruzione, attraverso

appropriate tecniche di modellazione, di una mappa dei legami logici tra le attività

lungo i processi gestionali.

Si tratta di uno strumento molto potente, poichè consente tra l’altro di visualizzare

graficamente i punti critici esistenti nel processo allo stato attuale e di individuare i

possibili cambiamenti da apportare per migliorarne i risultati ed accrescere la

customer satisfaction.

Generalmente, gli obiettivi di un intervento di mappatura possono essere classificati

in due categorie: quelli di natura organizzativa, che consistono nell’identificazione

delle criticità e delle azioni migliorative da attuare su un processo, e quelli di natura

informatica, che constano nell’identificazione degli elementi chiave per la

progettazione dei sistemi informativi dell’azienda. Ai fini di questa tesi, siamo

interessati solamente alla prima categoria, che Ostinelli riassume nei seguenti punti:

• Comprendere ciò che realmente viene fatto, ovvero in che modo vengono

impiegate le risorse aziendali, siano esse umane, tecnologiche o strutturali;

• Esplicitare le interdipendenze esistenti tra le attività, anche se queste vengono

svolte da funzioni aziendali distinte;

• Valutare la convenienza economica di diversi corsi d’azione alternativi

determinando i costi delle attività connesse al percorso prescelto;

• Imputare i costi delle attività aziendali agli oggetti ultimi di calcolo (prodotti,

servizi, tipologie di clienti, canali distributivi, aree geografiche);

• Determinare il mix di risorse più appropriato da assegnare ai processi;

21

Ostinelli, 1995

Capitolo 1

32

• Semplificare i processi gestionali identificando le attività non a valore

aggiunto per il cliente, ovvero quelle attività ridondanti e non necessarie che

assorbono risorse ed aumentano i costi aziendali senza generare benefici

significativi in termini di posizione competitiva dell’azienda.

Se questi sono gli obiettivi, il successo della fase di mappatura in un intervento di

gestione dei processi è possibile solo in presenza di alcuni presupposti organizzativi,

primo tra tutti il coinvolgimento nel progetto dell’intera organizzazione da parte

dell’alta direzione, la quale deve per prima essere disposta a dedicare allo sviluppo

del progetto tutte le risorse necessarie. Secondo Ostinelli22

, la mappatura dei processi

aziendali deve portare tutto il corpo aziendale a “pensare per processi”, il che è

possibile solo motivando il personale e diffondendo gli obiettivi del progetto a tutti i

livelli aziendali, anche attraverso degli incontri formativi sulle metodologie e gli

approcci da seguire, che possono aiutare tra l’altro ad abbattere quelle barriere

organizzative che spesso emergono all’interno delle aziende, dovute ad una forte

resistenza al cambiamento.

Oltre ad un’attenta azione di sponsorship sugli obiettivi del progetto da parte del

management, un’altra fase fondamentale preliminare al lavoro di mappatura consiste

nella costituzione di un gruppo di lavoro. Data la natura transfunzionale dei processi,

infatti, è necessario formare almeno un gruppo di lavoro composto da persone

appartenenti ad unità organizzative differenti, che possano portare all’interno del

gruppo la propria esperienza e la conoscenza specialistica relativa alla funzione

aziendale di appartenenza. Inoltre, nella scelta delle persone che andranno a

costituire il team di lavoro, sono da apprezzare caratteristiche quali creatività e

capacità critica.

In presenza dei suddetti prerequisiti, è possibile iniziare il lavoro di analisi e

mappatura dei processi aziendali, il cui risultato dovrà permettere all’azienda

possibilità di individuare semplicemente da una rapida visione degli schemi prodotti:

• Le attività svolte da ciascuna unità organizzativa, considerando sia quelle

attività routinarie, sia quelle di carattere eccezionale;

• La struttura delle attività, che comprende descrizione sommaria, input,

output, risorse utilizzate, periodicità di svolgimento, obiettivi assegnati,

fattori di vincolo o di condizionamento dei risultati e fattori di complessità

che determinano direttamente il carico di lavoro delle risorse impegnate ed il

consumo delle risorse utilizzate;

• Lo scambio di informazioni e materiali tra le varie unità organizzative,

seguendo il filo logico delle attività;

• Il grado di responsabilità dei diversi soggetti sul processo, strettamente legato

al ruolo che essi vi ricoprono.

22

Ostinelli, 1995

Analisi della letteratura

33

Prima di definire la metodologia attraverso cui questi risultati vengono raggiunti,

però, è utile definire l’insieme degli elementi che è indispensabile conoscere per la

buona riuscita della mappatura del processo.

Questo insieme viene spesso indicato nelle aziende private con il termine “modello di

processo”, ed è formato dai seguenti elementi:

• Responsabile di processo

• Fornitori dei requisiti di processo (input)

• Elementi che caratterizzano il processo: persone, mezzi, procedure, standard

• Output del processo

• Clienti

Il processo dev’essere inoltre costantemente controllato attraverso l’uso di alcuni

indicatori, e migliorato nel caso non portasse a risultati soddisfacenti.

L’assenza di anche uno solo di questi elementi determina lacune considerevoli nella

definizione dei macroprocessi aziendali.

Per impostare un modello di processo bisogna inoltre classificare i vari gradi di un

processo in base al livello organizzativo in cui vengono gestiti:

• A livello di direzione generale si parla di macroprocessi;

• A livello di responsabili di funzione ci si relaziona con i processi gestionali;

• A livello operativo/di dettaglio si utilizza il termine “istruzioni operative”,

che sta ad indicare sia i sottoprocessi che le singole attività.

1.5.1 Metodologia

La metodologia che si utilizza per mappare i processi aziendali consta dei seguenti

passi:

• Individuare i processi aziendali oggetto dell’analisi;

• Analizzare gli input, gli output, le risorse, i vincoli e gli attori del processo;

• Definire le metriche e gli indicatori idonei alla misura della performance del

processo aziendale;

• Stabilire chi intervistare e le tecniche da adottare durante l’intervista;

• Stabilire con quale metodologia, notazione e strumento mappare il processo

as-is;

• Valutare e far valutare il processo;

• Individuare le criticità e le linee guida per lo sviluppo dei processi to-be;

• Rappresentare i risultati alla dirigenza;

• Condividere le best practices con i dipendenti;

• Individuare il responsabile dei processi aziendali e le azioni da intraprendere

per l’aggiornamento della documentazione.

Capitolo 1

34

È importante che in tutte queste fasi l’approccio adottato sia di tipo proattivo,

orientato al miglioramento continuo, e che si cerchi di abbandonare quello reattivo

tipicamente utilizzato nelle aziende, che prevede la ricerca di una soluzione alle

problematiche solo dopo che queste si siano già verificate.

Adottando un approccio proattivo è invece possibile valutare i processi aziendali ed

ipotizzare preventivamente dei potenziali miglioramenti sulla base di

un’autovalutazione delle prestazioni attuali, prima che possano verificarsi nuove

criticità.

Sia il fine ultimo della mappatura semplicemente conoscitivo, di ridefinizione o di

progettazione ex novo dei processi aziendali, il punto di partenza del lavoro consiste

comunque nell’identificare i processi aziendali in modo che possano essere analizzati

in un secondo momento.

La letteratura riporta varie metodologie adottabili per stabilire il livello di criticità e

di rilevanza dei processi in relazione all’obiettivo specifico dell’analisi del processo.

Queste metodologie prevedono diverse modalità di coinvolgimento del personale e

diversi tempi e tecniche di rappresentazione dei processi, ma devono in ogni caso

essere in grado di fornire alcune informazioni ritenute indispensabili: l’elenco delle

principali attività svolte, la tipologia, la localizzazione ed il peso dei clienti, le

aspettative degli stakeholders, i prodotti e i servizi erogati, i vincoli ai quali le attività

e i processi sono sottoposti, la struttura organizzativa attuale.

Le informazioni da raccogliere riguardano in primo luogo gli input, i vincoli, le

regole e le istruzioni che condizionano lo svolgimento delle attività del processo, le

risorse umane ed organizzative ed i mezzi utilizzati per svolgerle, e gli output del

processo.

Una volta identificata la provenienza e la destinazione di input e output, sarà

possibile specificare anche l’identità di clienti e fornitori di ciascun processo.

L’identificazione e l’analisi di questi elementi consente tra l’altro di delineare i

confini dei vari processi e di stabilire le interazione tra di essi e con l’esterno.

Ostinelli23

identifica due approcci principali per procedere alla scomposizione

dell’azienda in attività elementari: il primo si basa sulle funzioni aziendali e pertanto

parte dall’analisi dell’organizzazione e delle sue strutture funzionali; il secondo è

invece basato sugli obiettivi di processo, sviluppandosi quindi a partire dalle

esigenze del cliente finale.

Il primo metodo permette di comprendere, attraverso la raccolta dati provenienti da

interviste dirette o da questionari, come i diversi operatori occupino il loro tempo, di

confrontare le loro mansioni con quelle previste dal mansionario aziendale e di

capire in che modo le attività sfruttino le risorse disponibili nelle diverse funzioni, in

modo da identificare eventuali inefficienze.

23

Ostinelli, 1995

Analisi della letteratura

35

Una volta identificate le varie attività sarà possibile collegarle tra loro esplicitando i

legami logici ed i processi gestionali esistenti.

Il secondo approccio parte invece dalla comprensione dei bisogni del cliente e

dall’esplicitazione degli obiettivi aziendali; una volta individuati i macroprocessi

sulla base delle aspettative del cliente si riescono anche ad individuare le variabili

che potrebbero portare al successo l’azienda.

Questo approccio permette di analizzare le interconnessioni tra le diverse funzioni,

dove e come si crea valore aggiunto e soprattutto l’efficacia dei processi, offrendo

una visione globale e unitaria dell’azienda.

Queste due logiche si differenziano sia per quanto riguarda l’oggetto a cui

attribuiscono maggiore importanza (le funzioni aziendali nel primo approccio e i

bisogni del cliente nel secondo), sia per la finalità perseguita (in un caso si tratta di

un’analisi dell’efficienza e nell’altro della ricerca dell’efficacia aziendale).

I due approcci, comunque, non devono essere considerati come due alternative

equivalenti. È infatti prassi molto diffusa utilizzare contemporaneamente le due

logiche per poter unire ed integrare i risultati.

1.6 Linguaggi e strumenti per la mappatura dei processi

I processi possono essere descritti attraverso degli standard universalmente

riconosciuti, che permettono di “leggerne” e comprenderne il funzionamento a

chiunque conosca il linguaggio utilizzato. In letteratura esistono diversi linguaggi di

mappatura dei processi che possono essere classificati in quattro categorie24

:

• Linguaggi di descrizione basati sui dati: enfatizzano il flusso dei dati e lo

scambio di documentazione durante l’esecuzione del processo, come ad

esempio il Data Flow Diagram (DFD)

• Linguaggi basati sulle attività: riportano le attività in sequenza come il

linguaggio WIDE;

• Linguaggi basati sulla comunicazione: riportano le interazioni tra attori e

informazioni e le fasi necessarie per l’esecuzione del processo (esempio:

Action Workflow);

• Linguaggi orientati agli oggetti: Unified Modelling Language (UML).

Non si tratta di metodi di analisi dei processi ma di linguaggi aventi come scopo la

rappresentazione dell’obiettivo di processo e delle modalità di svolgimento.

Il Data Flow Diagram (DFD) è un linguaggio che viene utilizzato solitamente per la

descrizione dei processi riguardanti progetti informativi poiché consente di

visualizzare un processo come un insieme di dati che vengono scambiati nelle

diverse attività che lo compongono. Gli elementi caratterizzanti tale rappresentazione

sono:

24

Casati e Pernici, 2011

Capitolo 1

36

• Processi, che rappresentano le unità di elaborazione dei dati;

• Flussi di dati, che indicano scambi di dati tra processi;

• Archivi, in cui vengono memorizzate permanentemente le informazioni del

sistema;

• Sorgenti e destinazioni dei dati, ovvero chi li fornisce e chi li riceve.

A ciascuno di questi elementi è associata una rappresentazione grafica (Fig. 1.10) e

ad ogni elemento grafico è associato un nome, che deve indicare chiaramente

l’elemento all’interno del sistema.

Il linguaggio WIDE (Workflows on an Intelligent and Distributed database

Environment) permette di descrivere un processo come una sequenza di attività

collegate tra loro da vincoli di precedenza e punti di sincronizzazione.

E’ composto da tre sottomodelli che rendono completa la descrizione del processo e

migliorano la comprensione dell’azienda:

• Il modello dei processi, che definisce le attività e l’ordine in cui devono

essere eseguite;

• Modello delle informazioni, che descrive i dati e i documenti necessari

all’esecuzione del processo;

• Modello dell’organizzazione che descrive la struttura dell’organizzazione e

gli elementi che ne fanno parte, a prescindere dai processi, al fine di

identificare quali sono gli elementi che hanno il diritto di eseguire un

determinato task.

La caratteristica fondamentale che distingue il linguaggio WIDE da un normale

diagramma di flusso è che il WIDE permette una gestione delle eccezioni

particolarmente efficace, poiché implementa un altro linguaggio, chiamato Chimera-

Exc, creato apposta per gestire le eccezioni, che per la loro natura casuale ed

irregolare non sarebbe possibile rappresentare come semplici diramazioni del flusso

di attività.

Nell’approccio proposto dal linguaggio AG (Action Workflow), il flusso di lavoro

non è considerato solo come una successione di attività finalizzate alla

trasformazione delle informazioni, ma anche e soprattutto come un insieme di

interazioni tra persone. Pertanto, questo linguaggio è centrato sui legami e le

interazioni tra clienti e fornitori di servizi nell’esecuzione del processo.

Fig. 1.10 Esempio di diagramma DFD con i relativi simboli grafici

Analisi della letteratura

37

I quattro elementi che l’AW prende in considerazione sono: le attività, l’azione intesa

come ciò che le persone fanno quando prendono impegni reciproci al fine di uscirne

soddisfatti, l’impegno, che è la modalità di interazione tra cliente e fornitore, e il

processo inteso come insieme di attività.

Secondo l’AW, inoltre, esistono quattro diversi cicli di interazione tra clienti e

fornitori, attraverso cui i processi possono essere descritti:

• Ciclo di preparazione o richiesta: il cliente richiede al fornitore l’esecuzione

di un lavoro;

• Ciclo di negoziazione ed accettazione: il cliente e il fornitore raggiungono un

accordo;

• Ciclo di esecuzione/produzione: il fornitore esegue il lavoro;

• Ciclo di soddisfazione/erogazione: il cliente valuta il lavoro ed esplicita il suo

livello di soddisfazione.

UML è invece un linguaggio grafico utilizzato in particolare per modellare processi

informatici, poiché si basa su un approccio orientato agli oggetti, un paradigma di

progettazione che permette di creare oggetti software in grado di interagire gli uni

con gli altri attraverso lo scambio di messaggi. Per modellare i processi, il linguaggio

UML propone l’utilizzo di diagrammi, gli activity diagrams, che definiscono le

attività da svolgere per realizzare una certa funzionalità. Spesso vengono utilizzati

anche dei diagrammi complementari, detti “dei casi d’uso” (use case diagrams), che

permettono di descrivere le funzioni ed i servizi offerti da un sistema, in base a come

questi vengono percepiti e utilizzati dagli attori che interagiscono con il sistema

stesso e possono quindi essere considerati degli strumenti di rappresentazione dei

requisiti funzionali di un sistema.

Finora si sono discusse le caratteristiche dei vari linguaggi che possono essere

adottati per descrivere i processi. Ma quali sono invece gli strumenti che vengono

normalmente utilizzati, anche in modo congiunto, per ottenere una mappa completa

ma allo stesso tempo molto intuitiva dei processi aziendali?

La letteratura abbonda di informazioni relative a questo ambito, ma nei prossimi

paragrafi descriveremo gli strumenti più comunemente ed efficacemente utilizzati: le

interviste, il diagramma SIPOC, la matrice delle responsabilità, i diagrammi di flusso

e la notazione BPMN; che sono anche i più utili ai fini dell’analisi del caso studio di

questa tesi.

1.6.1 Interviste

Il primo passo per la mappatura dei processi aziendali consiste nella raccolta delle

informazioni necessarie a descrivere il funzionamento del processo, che

normalmente avviene intervistando i responsabili di funzione o i responsabili

d’ufficio, figure che, pur lavorando quotidianamente a stretto contatto con le singole

Capitolo 1

38

attività del processo, possiedono anche una visione piuttosto ampia e completa del

processo nella sua interezza, consentendo loro di descriverlo in modo coerente dal

punto di vista logico-causale.

Non sempre, però, le informazioni raccolte dalla prima intervista sono esaustive e

coerenti con la struttura dei processi; spesso quindi risulta necessario ripetere

l’intervista, anche diverse volte, fino a quando le informazioni raccolte non saranno

complete.

Il soggetto intervistatore deve presentarsi preparato sull’argomento dell’intervista,

porre le domande chiave per ottenere le informazioni necessarie cercando di non

divagare mai dal focus dell’incontro; non deve limitarsi tracciare i fatti ma deve

comprenderne le motivazioni e verificare sempre le informazioni, anche richiedendo

i documenti più significativi. È inoltre di fondamentale importanza che

l’intervistatore condivida gli obiettivi dell’analisi con i suoi interlocutori e che

mantenga sempre e comunque un comportamento il più possibile super partes, al

fine di non influenzare la descrizione del processo e favorendo la creazione di

rapporti di fiducia reciproca con gli intervistati.

Per ciascun processo sarà necessario produrre un documento che lo descriva

rilevando25

:

• I sottoprocessi e le attività svolte nelle varie fasi del processo stesso;

• Le competenze delle risorse umane impiegate nelle varie fasi del processo e

la loro valutazione;

• Le risorse tecnologiche necessarie;

• Procedure, prassi e istruzioni utilizzate per svolgere il processo;

• I vincoli che interessano il processo, le attività, gli input e gli output;

• I clienti ed i fornitori del processo;

• Il responsabile del processo (process owner);

• Gli stakeholders;

• Le relazioni ed i collegamenti esistenti tra attività interne al processo o tra

processi diversi.

Dopo aver raccolto queste informazioni, è necessario rielaborarle graficamente, in

modo da poter creare una mappa dei processi aziendali che sia più chiara ed

esauriente possibile.

1.6.2 Diagramma SIPOC

Il diagramma SIPOC è uno strumento di documentazione dei processi ad alto livello,

ampiamente utilizzato nel Lean Six Sigma, che mette in evidenza le relazioni

esistenti tra gli elementi fondamentali che compongono un processo, dalle cui iniziali

(in inglese), tra l’altro, deriva il nome26

:

25

Ostinelli, 1995 26

Sinibaldi, 2009

Analisi della letteratura

39

• Supplier: è l’elenco dei fornitori del processo, cioè di coloro che forniscono

gli input che il processo elaborerà o di cui il processo si servirà per svolgere

le sue attività. È costituito da persone, altri processi, aziende o sistemi che

possono essere interni o esterni all’organizzazione;

• Input: è l’insieme delle risorse necessarie al processo e può essere costituito

da persone, materiali, documenti, equipaggiamenti o informazioni;

• Process: è una descrizione del processo in termini delle attività che lo

compongono;

• Output: è l’insieme dei prodotti e dei servizi generati dal processo;

• Customer: è l’elenco dei clienti del processo, ovvero i destinatari dell’output.

Come il supplier, è costituito da persone, altri processi, aziende, sistemi o

applicazioni che possono essere interni o esterni all’organizzazione.

In Fig. 1.11 è schematizzato un modello di diagramma SIPOC in cui sono riportate

anche le domande che è necessario porsi per poterlo compilare.

1.6.3 Diagrammi di flusso

Un modo molto semplice e diffuso per rappresentazione i processi è quello che si

serve dei diagrammi di flusso (flowchart), anche detti diagrammi a blocchi. Un

diagramma di flusso è uno strumento che consente di descrivere un processo ad un

basso livello di dettaglio e utilizza solitamente delle forme geometriche fondamentali

che, connesse da frecce, rappresentano il flusso delle attività all’interno del processo.

I nodi del grafo, quindi, rappresentano le attività mentre gli archi orientati indicano la

loro sequenza cronologica; anche i punti decisionali possono essere rappresentati in

modo molto semplice, solitamente ponendo una questione a cui sia possibile

rispondere affermativamente o negativamente e dando così luogo ad una diramazione

del processo27

.

27

Harrington, 1991

Fig. 1.11 Rappresentazione del modello di diagramma SIPOC (Sinibaldi, 2009)

Capitolo 1

40

In Tab. 1.4 sono illustrati i simboli che vengono normalmente utilizzati per disegnare

i diagrammi di flusso, ad ognuno dei quali è associato un particolare significato: il

rettangolo con gli angoli smussati, ad esempio, viene usato per rappresentare le

azioni di inizio e di fine processo, mentre il rettangolo semplice rappresenta

un’azione o un’attività svolta all’interno del processo; il rombo, invece, è utilizzato

per indicare un punto in cui dev’essere presa una decisione e, come già accennato, la

freccia è l’indicatore della direzione del flusso.

Tab. 1.4 Rappresentazione e relativo significato dei simboli usati nei diagrammi di flusso

Simbolo Descrizione

Rettangolo con angoli smussati

Viene utilizzato per rappresentare

l’azione che dà il via e quella che

conclude il processo o una parte di esso

Rettangolo

Viene usato per rappresentare un’azione

o un’attività che si compie all’interno del

processo

Rettangolo con Ombreggiatura

La forma ombreggiata richiama la

presenza di un ulteriore diagramma di

flusso che spiega in modo più dettagliato

quella parte di processo

Rombo

Viene usato per rappresentare un punto

in cui si prende una decisione. Al suo

interno viene posta una domanda che

richiede la risposta “sì” o “no”

Rettangolo con ondina

Viene usato per indicare che in un

determinato punto viene prodotto un

documento

Freccia

È l’indicatore della direzione del flusso

Analisi della letteratura

41

1.6.4 Matrice di assegnazione delle responsabilità

La matrice di assegnazione delle responsabilità, anche detta matrice RACI, è uno

strumento che identifica la modalità di interazione delle diverse funzioni all’interno

dei processi, evidenziando in particolare quali siano i loro ruoli e le loro

responsabilità. Questo permette di documentare la rete di relazioni che supporta la

comunicazione organizzativa e soprattutto il processo decisionale.

La matrice viene costruita elencando sulle righe i processi o le attività, e sulle

colonne i vari ruoli funzionali e gli individui coinvolti nella gestione e

nell’organizzazione del processo; nelle celle di intersezione tra riga e colonna,

invece, vengono inseriti il simboli che corrispondono al livello di responsabilità che

la persona o la funzione organizzativa ha su un determinato processo o attività.

Risorsa 1 Risorsa 2 Risorsa 3 Risorsa 4 Risorsa 5

Attività 1 R A R A I

Attività 2 A C I C R

Attività 3 I R C A A

Attività 4 R I A C C

Attività 5 I C A R I

Fig. 1.12 Esempio di matrice delle responsabilità (RACI)

L’obiettivo della compilazione di tale matrice è quello di identificare chiaramente

“chi fa che cosa”, in modo da evitare scoperture, sovrapposizioni o sovraccarichi

decisionali e dare ad ognuno la consapevolezza di ciò che gli altri attori del processo

si aspettano da ciascun ruolo.

La matrice di assegnazione delle responsabilità pone quindi in relazione le risorse

che intervengono nel processo con le attività delle quali sono responsabili o con loro

aggregazioni, specificando il tipo di relazione che intercorre tra ogni risorsa ed ogni

attività o, per meglio dire, il livello di responsabilità di ogni risorsa su ciascuna

attività28

:

28

Jacka e Keller, 2009

Capitolo 1

42

• Responsible (R) - Responsabile di 1° livello: esegue ed assegna l’attività;

• Accountable (A) - Responsabile di 2° livello: ha la responsabilità sul risultato

dell’attività (deve essere assegnato univocamente per ciascuna attività);

• Consulted (C) - Consultato: aiuta e collabora con il Responsabile di 1° livello

per l’esecuzione dell’attività;

• Informed (I) - Informato: deve essere informato al momento dell’esecuzione

dell’attività ma non ne è coinvolto in prima persona.

Utilizzando i simboli R, A, C, ed I, corrispondenti ai quattro livelli di responsabilità,

è possibile compilare completamente la matrice delle responsabilità, chiamata per

l’appunto RACI.

1.6.5 BPMN - Business Process Model and Notation

Il BPMN è, ad oggi, il più affermato standard grafico per la modellazione dei

processi. Si tratta di una notazione ispirata ai diagrammi di flusso che, come ogni

linguaggio di modellazione di tipo grafico, utilizza un determinato insieme di simboli

per rappresentare su un diagramma i processi aziendali.

Il diagramma realizzato tramite la notazione BPMN prende il nome di Business

Process Diagram (BPD) e permette di rappresentare i tre livelli di un business

process:

• Il livello private, ovvero i processi interni all’azienda;

• Il livello abstract, quello delle relazioni con l’esterno;

• Il livello global, cioè le interazioni tra aziende diverse o tra diversi settori di

una stessa azienda.

I maggiori punti di forza dello standard BPMN sono la semplicità del suo utilizzo e

l’immediatezza nella sua comprensione; lo scopo principale per cui lo standard è

stato realizzato è infatti quello di offrire una notazione ed un linguaggio di

comunicazione facilmente comprensibile e riproducibile da tutti gli attori che

intervengono nei processi aziendali, dall’analista incaricato di disegnare il processo,

allo sviluppatore che deve implementarne la tecnologia, fino al personale operativo,

in modo da permettere a tutte queste figure di “parlare la stessa lingua” senza che si

rendano necessari dei pesanti interventi formativi29

.

Nonostante sia stata ideata per la rappresentazione dei processi di business delle

aziende private, la notazione può essere utilizzata per riprodurre qualunque tipo di

processo. Come vedremo, infatti, lo standard BPMN si adatta facilmente anche alla

rappresentazione dei processi presenti nella Pubblica Amministrazione, che sono

oggetto di analisi di questa tesi.

L’argomento verrà poi ripreso ed approfondito nell’analisi del caso studio, quando

verranno presentate le funzionalità del software Bizagi, l’applicativo che è stato

utilizzato per la mappatura di tutti i processi esaminati in questa tesi.

29

Wohed et al., 2006

Analisi della letteratura

43

1.7 La formalizzazione del know-how

Nel paragrafo precedente, si sono descritti i principali strumenti che vengono

utilizzati per la mappatura dei processi aziendali. Il fatto di poter mappare i processi

che descrivono l’organizzazione e le sue attività consente in un certo senso di

formalizzare il cosiddetto know-how dell’azienda, ovvero la sua “arte di saper fare”.,

la sua conoscenza interna. Questo tipo di formalizzazione presenta diversi vantaggi,

poichè può essere utilizzata per organizzare, strutturare, memorizzare, apprendere,

comunicare, valutare e migliorare l’azienda nel suo complesso. Permette infatti di

organizzare il lavoro definendo “chi fa cosa”, in modo che ciascun attore conosca le

attività di cui è responsabile e svolga in maniera coerente ed efficace i compiti a lui

attribuiti. Per questi motivi una formalizzazione esplicita del know-how aziendale

che sia accessibile sempre e da chiunque ne sia interessato, si rivela un intervento

necessario ai fini di una buona organizzazione del lavoro in un’impresa30

.

Un aspetto fondamentale della formalizzazione risiede nella possibilità di

memorizzare le conoscenze e le competenze specifiche acquisite dall’azienda nel

corso degli anni, che altrimenti andrebbero perse per sempre con l’allontanamento di

un dipendente. Rispetto ad un intervento di formalizzazione preventiva, il recupero a

posteriori di un know-how ormai perduto non è per nulla semplice ed incide

negativamente sia sui costi che sui tempi dell’azienda. Mettere per iscritto le

mansioni da svolgere è un lavoro che richiede certamente un certo impegno, ma ha il

grosso vantaggio di evitare qualsiasi perdita di informazioni; inoltre, prevede che

chiunque abbia libero accesso alle stesse informazioni e possa essere operativo fin da

subito al pari degli esperti. La creazione di documenti omogenei in cui le

informazioni sono date in modo chiaro, conciso e comprendibile per tutti, favorisce

la rapidità e l’efficacia della comunicazione; una definizione chiara dei compiti da

eseguire permette oltre che di riprodurre fedelmente le pratiche, anche di

normalizzarle ed omogeneizzarle, garantendo in questo modo un determinato livello

di qualità dei servizi offerti ai propri clienti.

Infine, la formalizzazione delle attività fa sì che la loro attuazione venga

costantemente monitorata, valutata e continuamente migliorata.

Nonostante i numerosi vantaggi derivanti dalla formalizzazione della conoscenza

aziendale, però, questa pratica spesso non viene attuata in maniera efficace nelle

aziende, o non viene affatto considerata. Diverse sono le difficoltà che rendono di

difficile attuazione la formalizzazione del know-how di un’impresa31

:

30

Foguem, et al., 2008 31

Cavalli L., 2008

Capitolo 1

44

• Mancanza di motivazione: se i vantaggi derivanti dalla formalizzazione del

proprio know-how non vengono illustrati chiaramente, i documenti redatti

possono risultare poco pertinenti o non venire realizzati nei termini prescritti.

La motivazione dei redattori è infatti un punto fondamentale del processo di

formalizzazione del know-how, ragion per cui la direzione aziendale deve per

prima essere interessata ed impegnarsi a trasmettere questa necessità al resto

dell’organizzazione ed in modo particolare a coloro che sono chiamati a

redigere questi documenti.

• Mancanza di adesione: spesso i dipendenti temono che, una volta

formalizzate, le loro conoscenze diventeranno disponibili a chiunque ed essi

diverranno risorse facilmente sostituibili e non più indispensabili per

l’azienda; per questo motivo, i dipendenti spesso preferiscono non partecipare

al processo di redazione delle proprie competenze ed attività.

• Superficialità o ridondanza delle informazioni: se la documentazione viene

redatta da quegli attori che temono che il proprio modo di lavorare possa

essere stravolto dalla direzione, ci si potrebbe trovare di fronte a dei

documenti in cui le informazioni sono redatte in modo molto superficiale,

compromettendo considerevolmente la comprensione degli stessi; altre volte,

invece, il problema può essere l’opposto, ovvero quello di avere una

ridondanza di informazioni all’interno di diversi documenti, il che rende

molto complessa la loro gestione.

• Cambiamenti imminenti: risulta alquanto complesso formalizzare la

conoscenza considerando soltanto ciò che avviene nel presente, quando si è

consapevoli del fatto che a breve avranno luogo cambiamenti che

introdurranno delle nuove pratiche. E’ grande la tentazione di descrivere ciò

che si dovrebbe fare per essere efficaci nella quotidianità ma in questo caso i

documenti redatti sarebbero vaghi e discordanti con i bisogni attuali.

• Mancanza di tempo: la motivazione principale che viene data dai dipendenti

quando si rifiutano di formalizzare il know-how è la mancanza di tempo. È

importante però far capire loro che non è necessario formalizzare tutto ciò che

avviene nell’azienda ma solamente quei documenti indispensabili al controllo

rischi ed alla conservazione del know-how specifico.

• Costo elevato o mancato profitto: durante la redazione del proprio know-how

i dipendenti devono assentarsi dalle loro consuete attività lavorative ed essere

sostituiti provocando un maggior costo di produzione; alternativamente, si

può affidare tale compito a dei consulenti esterni, il che comporta comunque

un ingente costo all’azienda, senza contare che la mancanza di ritorno sul

capitale investito è considerato il costo più penalizzante.

Analisi della letteratura

45

1.7.1 Rappresentazione testuale

Per rappresentare la conoscenza, è prassi abbastanza diffusa nelle aziende quella di

utilizzare la rappresentazione testuale, cioè di redigere dei documenti scritti in cui

vengono delineate le pratiche dell’impresa. Nonostante questo approccio risulti

ancora molto utilizzato, esso viene spesso criticato per i suoi risultati insoddisfacenti,

oltre che per il fatto di essere uno strumento non particolarmente intuitivo e user

friendly.

Una delle principali critiche32

a questo approccio è quello di essere di difficile

astrazione, dal momento che l’autore tende spesso a spiegare molto dettagliatamente

come deve essere realizzato un compito o un’attività. Una sovrabbondanza di dettagli

rende meno immediata la comprensione di un documento, che spesso necessita di

diverse riletture. Un documento così redatto è probabilmente più interessante per i

principianti, che possono apprendere molto grazie questi dettagli, ma diventa

ripetitivo e dispersivo per i lettori più avanzati, che faranno fatica ad individuare

l’informazione precisa di cui hanno bisogno. La redazione di un documento di

formalizzazione del know-how aziendale deve quindi richiedere all’autore uno sforzo

d’astrazione che gli permetta di descrivere la sua conoscenza in modo essenziale,

comprensibile e soprattutto con l’obiettivo di creare un documento operativo.

Un altro problema della rappresentazione testuale del know-how è che i redattori non

sempre sanno quando è necessario redigere una procedura o un’istruzione (manuale

operativo, protocollo, ecc.) o quando invece è sufficiente limitarsi ad informazioni

generiche di tipo organizzativo. Quest’eterogeneità nella struttura della

documentazione è un ostacolo alla sua comprensione ed alla sua diffusione, che

generalmente può essere superato adottando un approccio modulare alla

documentazione.

Inoltre, i documenti generati tramite l’approccio testuale risultano spesso essere non

pertinenti, illeggibili, ingombranti, poco pratici ed ingovernabili, in quanto redatti o

con linguaggi troppo specifici, o in modo troppo dettagliato e dispersivo, o non sono

stati aggiornati a tempo debito.

1.7.2 Rappresentazione grafica

Per far fronte alle criticità riscontrate nell’utilizzo della rappresentazione testuale

della conoscenza, la letteratura33

consiglia di associare all’approccio testuale una

rappresentazione di tipo grafico, basata su dei diagrammi logici, anche detti

logigrammi.

Tale forma di rappresentazione consiste nel descrivere ed analizzare le attività

attraverso l’utilizzo forme grafiche logicamente collegate che permettano di

semplificare la realtà, di chiarire le idee e di facilitare il ragionamento del lettore.

32

Parodi e Ferrara, 2002 33

Mazza, 2010

Capitolo 1

46

La rappresentazione grafica presenta diversi vantaggi rispetto a quella testuale, in

quanto permette una raffigurazione più sintetica e coerente rispetto a quella testuale

ed una più rapida comprensione dei concetti rappresentati. Utilizzando la

visualizzazione grafica, il redattore è costretto a scomporre via via le attività azioni

sempre più elementari, e a descriverle in modo sintetico e ottimale, permettendo

all’utente di seguire il processo passo per passo e di comprendere quale direzione

dovrà intraprendere in base alla situazione in cui si trova, questo grazie alla chiara

visualizzazione dei vari punti decisionali all’interno del flusso di attività.

Questo approccio permette inoltre di individuare più semplicemente anche le

potenziali disfunzioni del sistema, in quanto l’utilizzo di diverse forme grafiche

consente la rilevazione di percorsi critici, come ad esempio dei cicli infiniti (loop) o

delle azioni che non portano ad alcuna conclusione34

.

Le diverse forme grafiche che si possono utilizzare sono tra l’altro dotate di un

proprio significato simbolico ricco di informazioni utili per un’immediata

comprensione dei processi: questo consente di omettere tali informazioni senza

compromettere la completezza della formalizzazione, dal momento che queste sono

già contenute intrinsecamente all’interno dei simboli utilizzati.

Come si è appena visto, le rappresentazioni grafiche presentano diversi vantaggi

rispetto a quelle testuali; tuttavia, anche i logigrammi hanno alcuni limiti che non

possono essere trascurati, primo fra tutti il fatto di richiedere generalmente molte

pagine per essere redatti e di presentare spesso numerose frecce e rinvii ad altre

pagine, il che rende complicata la gestione ed il coordinamento dei documenti.

Un altro svantaggio consiste nel fatto che una rappresentazione grafica deve essere

allo stesso tempo globale e leggibile, e quindi comprensibile rapidamente, ma anche

sufficientemente completa per l’utente. Questo equilibrio non è però sempre

semplice da raggiungere, spesso infatti i logigrammi sono troppo dettagliati e

complessi, o al contrario si rivelano eccessivamente superficiali.

Un ulteriore difficoltà35

che contraddistingue l’approccio grafico consiste inoltre nel

capire “chi fa che cosa”: spesso infatti i logigrammi descrivono e rappresentano in

modo ottimale la sequenza delle operazioni svolte in un determinato processo senza

però precisare quali siano le funzioni ed i ruoli preposti all’esecuzione di tali attività..

Di conseguenza, se da una parte la comprensione del processo o dell’attività migliora

nettamente grazie ad una chiara visualizzazione della sequenza di azioni, dall’altra

non è possibile comprendere e definire le missioni e le responsabilità di ciascun

attore coinvolto.

Infine, un’altra criticità che contraddistingue le rappresentazioni grafiche è la loro

eterogeneità: esistono infatti diverse tipologie di rappresentazioni grafiche, ognuna

delle quali utilizza simboli diversi o, ancor peggio, simboli identici ma aventi

significati diversi.

34

Lavinio, 2000 35

Kulpa,1994

Analisi della letteratura

47

I vari servizi dell’impresa possono decidere di servirsi di una qualsiasi delle tipologie

grafiche disponibili per formalizzare il proprio know-how, il che rende molto

complicato lo scambio di informazioni fra i diversi servizi, dando luogo anche a

gravi incomprensioni.

Come abbiamo visto, comunque, la redazione grafica contribuisce a risolvere alcuni

degli ostacoli legati alla rappresentazione testuale, permettendo agli utenti di disporre

di documenti chiari, leggibili, semplici da comprendere e da utilizzare, caratteristiche

che rendono un documento, come si suol dire, operativo.

La redazione grafica, per poter essere pienamente efficace, è vincolata dall’utilizzo di

un linguaggio che deve essere composto da un vocabolario, da una sintassi e da una

grammatica, e che come ogni linguaggio può essere utilizzato efficacemente soltanto

rispettando delle rigorose norme di redazione.

Tali norme non devono essere intese come degli ostacoli alla formalizzazione, ma

devono al contrario facilitare il lavoro dei redattori, i quali dovranno dedicarsi

solamente al contenuto della rappresentazione dei processi in cui sono coinvolti e

non alla sua forma, per la quale basterà attenersi alle già citate e ben definite norme

di redazione.

Risulta utile, inoltre, rispettare una certa modularità nella descrizione dei processi, in

modo da poter ottenere in qualsiasi momento le informazioni necessarie, qualunque

sia il livello di dettaglio desiderato.

1.8 Indicatori di performance aziendali

Secondo Di Crosta, il modo migliore per gestire un’organizzazione sia quello di

vederla come un insieme integrato di processi, stabilire dei chiari obiettivi di

business e monitorarli costantemente attraverso un insieme bilanciato di indicatori di

performance36

.

Per quanto riguarda i processi aziendali e la loro integrazione, l’argomento è già stato

ampiamente trattato in questa tesi; pertanto, in questo paragrafo ci concentreremo sul

concetto di obiettivi di business e sugli indicatori prestazionali.

Come già accennato, gli obiettivi generali strategici e di business, che comprendono

normalmente la crescita del fatturato e dei margini di profitto così come l’aumento

della quota di mercato, devono essere tradotti in obiettivi più specifici di processo, i

quali concorreranno a loro volta a produrre i risultati strategici definiti.

Gli obiettivi di processo sono normalmente connessi alla modalità in cui esso viene

realizzato, ma non devono necessariamente essere legati all’output fornito. In un

progetto di analisi e mappatura dei processi aziendali, devono essere definiti e

collegati agli obiettivi strategici dell’impresa già durante la fase preliminare, in modo

da poter avere una prima opinione su quali siano gli aspetti critici per il loro

36

Di Crosta, 2008

Capitolo 1

48

raggiungimento. Devono inoltre poter essere misurati al fine di fissare un target

prestazionale di riferimento e di intervenire eventualmente sui processi con misure

preventive e correttive; pertanto, questi obiettivi dovranno essere tradotti in indicatori

misurabili e monitorabili costantemente.

Le norme UNI definiscono un indicatore di qualità di processo come

un’informazione qualitativa o quantitativa associata ad un processo, che consente di

valutare le sue variazioni nel tempo e di verificare il conseguimento degli obiettivi

per la qualità prefissati, al fine di consentire la corretta assunzione delle decisioni e

delle scelte. Gli indicatori diventano, quindi, uno strumento informativo che consente

di valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Prima di poter definire degli indicatori di performance è necessario compiere i

seguenti passi37

:

• Definire la mission e la vision aziendale, nonché le politiche per la qualità;

• Definire gli obiettivi aziendali e le conseguenti pianificazioni strategiche;

• Determinare in quali ambiti l’organizzazione dovrebbe provvedere alla

creazione del valore;

• Individuare i fattori critici di successo, ovvero le aree di eccellenza in cui

l’organizzazione deve essere performante per poter avere successo nel

business;

• Definire degli indicatori per ciascun fattore critico.

Ciascun indicatore così definito, per essere significativo e rappresentativo, dovrà

possedere tre caratteristiche fondamentali38

:

1. Pertinenza: tra tutti gli indici che possono essere individuati per misurare un

processo e i suoi risultati, bisogna individuare il più appropriato a

rappresentare il fenomeno da osservare;

2. Praticità: essendo un elemento di dialogo tra utilizzatori dotati di formazioni

diverse, l’indicatore dovrebbe essere facile da stabilire e pratico da utilizzare,

costituendo un supporto alla comunicazione che risulti accessibile ed

accettabile da parte di tutti;

3. Economicità: gli indicatori devono essere utili sia per l’individuazione e la

pianificazione delle azioni preventive e migliorative, sia per la

quantificazione dei loro costi, dal momento che gli investimenti per la loro

adozione dovrebbero risultare il più possibile redditizi. Occorre quindi

privilegiare la raccolta dei dati e l’elaborazione degli indicatori veramente

utili.

Dopo aver identificato gli indicatori di processo tenendo conto di queste tre

caratteristiche, sarà possibile valutare i processi sulla base di questi.

37

Di Crosta, 2008 38

Tessaro, 2012

Analisi della letteratura

49

La valutazione di un processo dev’essere fondata sui principi di efficacia, efficienza,

flessibilità e capability previsti anche dalle normative italiane.

L’efficacia misura il grado di conseguimento degli obiettivi prefissati, mentre per

efficienza si intende il rapporto tra i risultati ottenuti e le risorse utilizzate per

ottenerli. La flessibilità misura invece la capacità che un processo ha di adattarsi ed

andare incontro alle variazioni dei requisiti richiesti dalla clientela; al contrario, la

capability è la capacità di riprodurre nel lungo periodo e in assenza di perturbazioni

il medesimo processo.

1.8.1 Misurazione e rappresentazione degli indicatori

Gli indicatori sono generalmente espressi sotto forma di indici e possono prevedere

metodi di misura e di rappresentazione diversi a seconda dei casi.

Per garantire una corretta comprensione dei cambiamenti che potrebbero interessare i

risultati della gestione, ogni organizzazione può adottare le seguenti tipologie di

misurazione39

:

• Misura quantitativa o per conteggio, come ad esempio il numero di difetti o

di non conformità;

• Tasso o percentuale, per esempio la percentuale degli ordini evasi nei tempi

concordati;

• Rapporto tra due valori di misura quantitativa;

• Indice ponderale di più misure, ottenuto calcolando la media pesata dei

diversi elementi valutabili per esprimere uno stesso indicatore;

• Scala qualitativa: un giudizio può essere espresso attraverso espressioni

comuni quali “buono”, “adeguato”, “soddisfacente” ecc. riportate in una scala

predefinita;

• Indice del peso delle criticità secondo una scala di valutazione, ad esempio

attribuendo ad ogni difetto una gravità “alta”, “ media” o “bassa”;

• Simbolistica identificativa di una condizione (es., OK e KO)

Le misure, inoltre, possono essere di tipo:

• Puntuale, quando il valore viene calcolato in determinate condizioni e in un

certo periodo di tempo;

• Di trend, se valutano l’andamento su più periodi;

• Comparato, se effettuano un confronto tra diverse aree o reparti;

• Incrementale, se analizzano le differenze o gli scostamenti da dei valori di

riferimento;

• Previsionale, se ipotizzano valori futuri sulla base di analisi storiche e

statistiche;

• Di benchmarking, se atte a confrontare le prestazioni di diverse aziende.

39

Lothian, 1997

Capitolo 1

50

Per quanto riguarda invece la rappresentazione degli indicatori, essa deve risultare

sensibile alle modificazioni dei fenomeni tenuti sotto osservazione ma deve allo

stesso tempo consentire una lettura immediata dei dati e delle informazioni. Esistono

comunque diverse forme di rappresentazione tra cui scegliere:

• Prospetti e tabelle;

• Diagrammi ed istogrammi;

• Curve, solitamente utilizzate per rappresentare gli andamenti di un indicatore

nel tempo;

• Simboli e pittogrammi.

Per formalizzare degli indicatori è inoltre necessario definirne la denominazione e

l’unità di misura, nonché le responsabilità e la periodicità della raccolta e del

trattamento delle informazioni. Per quanto riguarda quest’ultimo concetto, vale la

pena distinguere tra indicatori e report, che sono anch’essi strumenti informativi

riguardo alle prestazioni aziendali, ma che devono essere sempre utilizzati ad

intervalli regolari e secondo delle regole di applicazione fisse.

1.8.2 KPIs - Key Performance Indicators

Un Key Performance Indicator (indicatore chiave di prestazione), comunemente

chiamato KPI, è un indice che consente di misurare lo scostamento delle

performance di un processo rispetto all’obiettivo aziendale.

I KPI possono misurare l’intera gamma delle prestazioni di un processo, in termini di

efficienza, livello di servizio e qualità, che nella loro globalità devono quantificare il

valore dell’output del processo per il cliente.

La caratteristica che contraddistingue i KPI dai normali indicatori è la loro criticità40

.

I KPI sono infatti gli indicatori sui quali il management basa le sue scelte

organizzative; come qualsiasi indicatore prestazionale, devono rappresentare delle

informazioni sintetiche e significative sull’andamento dei processi, ma devono in

particolar modo essere prioritari, cioè fondamentali nei cicli di pianificazione e

controllo a tutti i livelli aziendali (strategico, direzionale ed operativo). È

fondamentale, infatti, saper distinguere gli indicatori chiave di performance (KPI)

dalle misure superflue, in quanto la documentazione gestita non deve appesantire

l’organizzazione con una mole di informazioni ingestibile. Implementare un sistema

di misurazione della performance troppo dettagliato e ridondante è un errore che

equivale a non implementare per nulla il sistema.

I KPI devono quindi essere facilmente comprensibili e leggibili, sintetici ma allo

stesso tempo completi, poiché hanno anche la funzione di generare un quadro

d’insieme delle performance aziendali; devono inoltre essere aggiornati con una

periodicità prestabilita.

40

Cavalli S., 2008

Analisi della letteratura

51

Lo schema a clessidra rappresentato in Fig. 1.13 fa notare che ogni KPI è un

indicatore, e che ogni indicatore è una misura, quindi un KPI è sempre una misura,

ma non vale sempre il contrario, infatti non tutte le misure possono essere dei KPIs.

Utilizzando i KPI la direzione ha la possibilità non solo di misurare i fenomeni

aziendali nel tempo e nello spazio, ma anche di pianificare e programmare le attività

dell’azienda definendo degli obiettivi misurabili, di valutare gli scostamenti (gap) tra

risultati attesi e risultati ottenuti e di intraprendere azioni di miglioramento al fine di

ridurre tali gap.

1.8.3 PMS - Performance Management System

Il Performance Management System è un sistema finalizzato alla gestione della

performance aziendale in chiave strategica e basato sulla definizione di indicatori

prestazionali legati alla qualità dei servizi erogati, all’efficienza e all’efficacia dei

processi, all’immagine aziendale, alla soddisfazione degli utenti, all’impatto dei

servizi erogati, al valore trasferito e al grado di soddisfacimento delle attese degli

stakeholders41

. Per quanto riguarda gli enti pubblici, essi devono in particolare

mostrarsi responsabili sia verso gli stakeholders interni che verso quelli esterni, al

fine di gestire due diverse tipologie di performance, una di tipo individuale e una di

livello organizzativo.

Negli ultimi anni, il sistema di gestione della performance PMS si è evoluto in un

sistema più completo denominato Performance Management Strategico che ingloba,

oltre al sistema PMS tradizionale, anche l’attività di valutazione.

Lo schema rappresentato in Fig. 1.14 evidenzia come in un’ottica di PMS la strategia

aziendale venga influenzata sia dall’ambiente esterno che dall’organizzazione e come

essa stessa influenzi a sua volta la misurazione delle performance, l’analisi dei

risultati e la risposta dell’organizzazione.

41

Ferreira e Otley, 2009

Fig. 1.13 Clessidra dei KPIs aziendali

Capitolo 1

52

La diffusione dei principi del New Public Management, di cui parleremo nel

prossimo paragrafo, ha portato all’attuazione nelle amministrazioni pubbliche di

filosofie di business legate alle performance aziendali.

A tal proposito, Cosenz afferma, evidenziando una sostanziale differenza tra settore

pubblico e privato, che mentre per le imprese private è possibile stabilire una

gerarchia di risultati che pone al vertice il ritorno economico sugli investimenti

dell’imprenditore e degli azionisti, per le aziende pubbliche tale gerarchia appare più

sfumata, a vantaggio di una parità di grado tra i ritorni in forma liquida per il

funzionamento futuro dell’azienda stessa e quelli in forma di prodotti/servizi verso la

collettività42

.

In quest’ottica, uno dei vantaggi derivanti dall’introduzione di un sistema di

misurazione delle performance aziendali negli enti pubblici consiste nella possibilità

di utilizzare in modo più appropriato le risorse considerate strategiche, ponendo

particolare attenzione al soddisfacimento degli utenti.

Secondo Kourtit e Van de Waal le motivazioni principali che dovrebbero spingere le

aziende, siano esse pubbliche o private, ad adottare un sistema di gestione delle

perfomance sono43

:

42

Cosenz, 2011 43

Kourtit e Van de Waal, 2012

Fig. 1.14 Influenze di strategia e organizzazione in un'ottica di PMS

Analisi della letteratura

53

• La possibilità di una più accurata misurazione delle prestazioni;

• Una migliore comprensione delle conoscenze e delle competenze delle

persone;

• La responsabilizzazione delle risorse umane;

• L’allineamento dell’organizzazione alla strategia;

• La formalizzazione del processo di pianificazione strategica;

• L’introduzione di premi collegati alle prestazioni;

• Il miglioramento della qualità dell’organizzazione.

L’introduzione del Performance Management System PMS nelle istituzioni

pubbliche è correlata, come precedentemente accennato, alla diffusione delle teorie

del New Public Management (NPM) che propongono l’estensione delle pratiche di

controllo di gestione tipiche del settore privato al settore pubblico.

1.8.4 Il sistema di misurazione previsto dall’ANAC

Un sistema di misurazione viene definito44

come “l’insieme delle misure che

permettono di rappresentare, in un quadro unitario, tutte le dimensioni o le

prospettive della capacità dell’impresa di perseguire i propri obiettivi di breve, medio

e lungo termine”. È proprio all’interno di questo insieme che si collocano gli

indicatori di performance di cui si è parlato nei paragrafi precedenti.

Gli enti locali, in quanto appartenenti alla pubblica amministrazione, sono soggetti ad

una delibera (ANAC 88/2010), che determina quali sono le dimensioni della qualità

di cui bisogna tenere conto nella predisposizione di eventuali indicatori:

• Accessibilità: rappresenta la disponibilità di informazioni che permettano di

individuare chiaramente il luogo in cui il servizio può essere richiesto;

• Tempestività: è il tempo che intercorre tra la richiesta e l’erogazione del

servizio o della prestazione;

• Trasparenza: rappresenta la disponibilità e la diffusione di informazioni che

tengono informati gli stakeholders riguardo le attività dell’ente; tale

dimensione qualitativa può venire misurata in termini di completezza,

chiarezza, tempistica e responsabilità dei soggetti preposti;

• Efficacia: va intesa come conformità, affidabilità, completezza ed esaustività

del servizio erogato rispetto a quanto atteso dell’utente.

Secondo quanto previsto dall’ANAC gli enti facenti parte della pubblica

amministrazione devono dotarsi di un insieme di indicatori (almeno 3 o 4 per

dimensione) riportanti la qualità effettiva dell’ente e tali da fornire informazioni

distintive e rilevanti riguardo ai livelli di qualità delle varie prestazioni erogate.

44

Cosenz, 2011

Capitolo 1

54

1.9 NPM - New Public Management

Il New Public Management, conosciuto anche con la sigla NPM, è un paradigma

gestionale nato nel Regno Unito all’inizio degli anno Ottanta, sotto la guida

dell’allora primo ministro Margaret Tatcher. Una definizione universalmente

riconosciuta di New Public Management non esiste, ma possiamo affermare che in

generale questo termine venga usato per descrivere il modo in cui le tecniche di

gestione tipicamente utilizzate nel settore privato vengano oggi applicate ai servizi

pubblici45

. Si tratta infatti di una nuova filosofia gestionale secondo cui un

miglioramento nella pubblica amministrazione deriverebbe dall’applicazione di

strumenti privatistici ispirati ai principi di centralità del cliente e di flessibilità dei

servizi, nonché all’orientamento ai risultati, piuttosto che alle procedure.

1.9.1 Caratteristiche fondamentali

Secondo Borgonovi (2013) la teoria del NPM permette di modernizzare lo stato

sociale attraverso il trasferimento nel settore pubblico di logiche e principi

manageriali tradizionalmente impiegati in quello privato, superando la logica

burocratica secondo cui il raggiungimento dei risultati è garantito dal rispetto formale

di regole di funzionamento predefinite.

Il termine New Public Management individua quindi un insieme di tecniche di

gestione delle amministrazioni pubbliche che si basa sull’idea di integrare le

abitudini gestionali proprie degli enti pubblici ed incentrate sulla coerenza tra norme

e adempimenti amministrativi, con i metodi di gestione orientati al risultato propri

del settore privato, al fine di garantire una maggiore efficienza ed efficacia nella

gestione delle risorse e nell’erogazione dei servizi al cliente.

Negli ultimi anni l’esigenza di un recupero di efficienza ed efficacia del sistema

pubblico ha portato ad una ridefinizione dei suoi confini e ad una nuova

considerazione del rapporto pubblico-privato, nonché ad un significativo

ripensamento dei suoi modelli organizzativi e funzionali alla ricerca di forme di

gestione più flessibili46

. In quest’ottica rientrano pienamente le teorie del NPM,

secondo cui esiste una perfetta analogia tra settore pubblico e privato, che permette

di trasporre le regole del privato al pubblico superando così la secolare dicotomia tra

la gestione pubblica e quella amministrativa.

Esistono alcuni fattori chiave utili a definire e riassumere i principali aspetti che

caratterizzano il NPM47

:

• L’adozione di pratiche proprie e tipiche delle imprese private nel settore

pubblico;

• Una grande enfasi sul concetto di efficienza;

45

Lane, 2000 46

Meneguzzo, 1995 47

Mercurio e Martinez, 2010

Analisi della letteratura

55

• Una forte tendenza verso la misurazione degli output e la definizione di target

di performance;

• Lo sviluppo di nuovi sistemi di controllo e di reporting interno;

• L’ingresso nelle logiche del controllo da parte dei cittadini;

Come si può immediatamente notare, questi fattori corrispondono all’applicazione

nel settore pubblico di tutte quelle tecniche di analisi, progettazione e misurazione

dei processi di cui ci siamo occupati nei paragrafi precedenti. Il NPM prevede quindi

anche l’attuazione di logiche gestionali tipiche dell’organizzazione per processi e per

obiettivi, motivo per cui esso può essere considerato la filosofia cardine sulla quale

questa tesi è stata costruita.

Pettigrew individua cinque fattori principali che devono ispirare la ricerca

manageriale rivolta al settore pubblico. In primo luogo, tale ricerca deve avere come

obiettivo quello di aumentare il proprio impatto sulle scelte e sulle linee di sviluppo

politico, ed è quindi necessario che la ricerca presenti un alto grado di innovazione

sia per quanto riguarda il metodo seguito, sia per le ipotesi di ricerca. Il terzo fattore

fa invece riferimento all’apertura interdisciplinare giacché lo studio del settore

pubblico e dei pubblici servizi richiede spesso conoscenze di carattere multi-

disciplinare.

Il quarto fattore è la capacità di aprire a livello internazionale la ricerca, poiché vi è

la forte esigenza di mettere a confronto diversi sistemi di governance.

L’ultimo aspetto cui Pettigrew fa riferimento è invece la capacità di far recepire le

proprie considerazioni ai decisori politici; questo dipende in forte misura

dall’apertura mentale e dalla disponibilità del decisore politico, ma anche lo status

del ricercatore gioca un ruolo importante48

.

1.9.2 Il New Public Management in Italia

L’aumento dell’attenzione rivolta dalla comunità scientifica al tema del NPM ha

permesso di evidenziare le differenze esistenti tra i diversi Paesi in termini di principi

di regolamentazione e di regole seguite nel processo di riforma del settore pubblico49

.

Per quanto riguarda il contesto italiano, bisogna innanzitutto sottolineare il ritardo

temporale, rispetto al quadro internazionale, nell’attuazione degli interventi di

sviluppo e innovazione dell’imprenditorialità e della gestione pubblica. Infatti, con

circa dieci anni di ritardo, agli inizi degli anni Novanta, l’Italia ha accelerato

l’applicazione di logiche di NPM, attraverso l’emanazione di diversi provvedimenti

normativi, tra cui la riforma degli enti locali, n. 142/1990, e quella del governo

locale, n. 504/1992, aventi obiettivi di decentramento organizzativo, riduzione della

burocrazia pubblica, innovazione di governo e partnership pubblico-privato.

48

Pettigrew, 2005 49

Ferlie et al., 1996

Capitolo 1

56

Ciò nonostante, in Italia vi è ancora una certa difficoltà a superare il modello

tradizionale burocratico, in quanto, oltre alla riluttanza al cambiamento, vi è anche

una scarsa attenzione verso l’individuazione dei fattori critici di successo aziendali.

Inoltre, la riforma della pubblica amministrazione è ostacolata dal fatto che molto

spesso convivono in essa diverse strutture parallele che perseguono un medesimo

obiettivo operando però in maniera contrastante per raggiungerlo, talvolta

producendo norme a loro volta discordanti.

Le critiche al NPM sorgono in materia di creazione del valore, infatti se si considera

il concetto di creazione del valore nel settore pubblico e nel settore privato si può

notare che mentre per un’azienda privata risulta facile definire che cos’è il valore, ciò

diventa assai più arduo per un ente pubblico, in quanto il valore si deve rispondere ad

esigenze e ad aspettative di una pluralità di stakeholder.

Il valore pubblico, infatti, deve essere valutato sia come valore prodotto dai servizi

individuali per l’utenza finale, sia in termini di impatto sociale delle politiche

indirizzate all’intera comunità, sia ancora come forma di fiducia e di legittimazione

di cui gode l’amministrazione pubblica.

1.9.3 Dal New Public Management alla Public Governance

Il superamento degli ostacoli al cambiamento che caratterizzano la pubblica

amministrazione e dei limiti del New Public Management, che propone di trasferire

quasi automaticamente al settore pubblico le logiche del mondo delle imprese

private, può corrispondere all’introduzione del concetto di Public Governance, una

prospettiva gestionale che nasce come naturale evoluzione del New Public

Management.

La Public Governance, che secondo Meneguzzo arricchisce e completa i contenuti e

le logiche del NPM contribuendo a superarne i limiti, nasce negli anni Novanta per

sopperire alle già discusse lacune del New Public Management50

.

La teoria contesta l’incessante ricerca del tecnicismo da parte degli studiosi del

NPM, focalizzandosi invece su concetti quali la partecipazione e la

responsabilizzazione, ponendo al centro del processo di governo la figura del

cittadino-utente. Ulteriori aspetti centrali nella Public Governance sono: la capacità

di creare visioni condivise sulle prospettive di sviluppo, l’apprendimento continuo,

l’apertura al mercato e la partecipazione delle varie componenti del sistema sociale

ed economico.

In questa nuova prospettiva, le amministrazioni pubbliche non vengano più

considerate come organismi chiusi e governati da norme e procedure, ma come

sistemi aperti in grado di intervenire direttamente sulle relazioni con l’ambiente, dal

momento che gli stakeholders sono di natura plurima e comprendono istituzioni,

associazioni, privati cittadini, ma anche imprese private ed altri enti pubblici.

50

Meneguzzo, 1997

Analisi della letteratura

57

Con l'espressione Public Governance, quindi, si vuole indicare la capacità della

pubblica amministrazione di muoversi verso nuovi assetti istituzionali, ruoli e

modalità di azione che, rispetto al passato, siano maggiormente incentrate sulla

cooperazione fra attori pubblici e privati, sulla collaborazione fra soggetti

istituzionali distinti, e su una partecipazione più immediata e diretta dei cittadini e

della società civile alle scelte collettive ed alla loro implementazione.

In Tab. 1.5 sono evidenziate le principali differenze tra i paradigmi di New Public

Management e di Public Governance.

Tab. 1.5 Principali differenze tra NPM e Public Governance

New Public Management Public Governance

Prospettiva Micro. Enfatizza l’utilizzo di

modalità gestionali in pubblica

amministrazione.

Ottica di intervento rivolta verso

l’esterno. Prospettive micro

(singola PA), meso (sistema di

PA) e macro (sistema socio-

economico). Recupero delle

capacità di governare sistemi e reti

di soggetti economici e sociali da

parte delle PA.

Oggetto di

riferimento

Management. Efficienza interna.

Logiche di funzionamento delle

singole amministrazioni

pubbliche.

Policy-making, erogazione dei

servizi, management, democrazia.

Efficienza a livello di sistema,

efficacia. Relazioni di sistema di

amministrazioni pubbliche. Reti

inter-istituzionali.

Natura delle

relazioni

esterne alla

PA

Competizione/contrapposizione

pubblico-pubblico e pubblico-

privato.

Frammentazione/disgregazione

del sistema PA.

Collaborazione tra PA ed altri

soggetti pubblici e privati.

Contemperamento degli interessi a

livello di sistema economico-

politco.

Natura delle

relazioni

interne alla

PA

Separazione del livello politico

dal livello

amministrativo/gestionale.

Superamento della dicotomia

politici-manager.

Contemperamento degli interessi a

livello aziendale.

Approccio Strumentalista. Specializzazione. Sistemico.

Integrazione/coordinamento.

Teorie di

riferimento

Approcci aziendali e

manageriali. Letteratura

internazionale.

Teoria politica. Letteratura

prevalentemente europea

Fonte: Cepiku, 2005

59

SECONDA PARTE:

IL CASO STUDIO

Questa seconda parte dell’elaborato presenta la descrizione del caso studio

analizzato, in cui sono stati utilizzati alcuni degli strumenti e delle metodologie

discusse nel capitolo precedente.

Si tratta della mappatura, dell’analisi e del miglioramento dei processi coinvolti nella

gestione del servizio finanziario e contabile da parte della Pubblica Amministrazione

locale, ed in particolare delle nascenti Unioni territoriali intercomunali, la cui

costituzione è stata resa obbligatoria in Friuli-Venezia Giulia con la legge regionale

26/2014.

Questo caso studio fa parte di un più ampio progetto di accompagnamento della PA

locale nel processo di riforma che sta coinvolgendo la Regione autonoma Friuli-

Venezia Giulia negli ultimi anni e, proprio perchè nasce in risposta alle recenti leggi

regionali sul riordino degli Enti locali, necessita di una contestualizzazione

abbastanza ampia.

All’inizio di questa parte, infatti, viene presentato il contesto istituzionale in cui tali

riforme si sono sviluppate, fornendo prima di tutto il quadro generale nazionale, con

le sue leggi e le sue riforme più importanti nella storia degli enti locali.

Si passa poi ad approfondire la situazione del Friuli-Venezia Giulia che, in quanto

Regione autonoma, ha la possibilità di emanare leggi sul proprio territorio che non

devono necessariamente sottostare a quelle nazionali. Particolare attenzione è stata

posta sulla lr 26/2014, che in questi anni sta trasformando in modo sostanziale

l’assetto della PA regionale.

Successivamente, vengono esposti gli obiettivi e le finalità della tesi, fortemente

legati al progetto “nextPA - cambiamenti in corso”, che la Regione e ANCI FVG

hanno affidato a ComPA.

Segue la descrizione vera e propria del caso studio, secondo la sequenza cronologica

delle fasi in cui si è articolato il progetto.

Infine, vengono riportati i risultati di tipo formativo ed operativo ottenuti, le

difficoltà riscontrate nell’avanzamento di questo progetto e gli sviluppi che ci si

potrà attendere in futuro dall’applicazione ad altri casi di studio delle metodologie e

degli strumenti utilizzati.

61

Capitolo 2

Contestualizzazione del caso studio

2.1 Il sistema delle autonomie locali nella PA italiana

Il modello amministrativo italiano deriva originariamente da quello delineatosi nella

Francia rivoluzionaria e napoleonica, che fu poi ripreso dalla legislazione

piemontese, e quindi, da quella italiana. Tale modello venne poi reinterpretato nel

1948 secondo i principi della Costituzione repubblicana e riuscì anche ad adeguarsi

al nuovo quadro regionale introdotto negli anni ‘70, senza mai sconvolgere i suoi

pilastri amministrativi. A partire dal 1990, la Pubblica Amministrazione italiana, fino ad allora caratterizzata

da una storia di notevole stabilità, è stata oggetto di intensi cambiamenti, avviati con

la legge 142 di riforma dell’ordinamento locale, che aprì un percorso impegnativo e

complesso, culminante nel 1993, quando la legge 81 introdusse l’elezione diretta del

sindaco. Tra il 1997 e il 1999, inoltre, una serie di provvedimenti amministrativi

diede avvio ad un ambizioso processo di decentramento dei poteri, che

accompagnava l’apertura di nuovi spazi di autonomia e semplificazione. Nel 2000,

questo ciclo riformatore si concluse con un testo unico volto a coordinare in un

organico corpo normativo le varie disposizioni sugli enti locali.

Agli interventi legislativi fece seguito, nel 2001, una riforma costituzionale che

ampliò considerevolmente il ruolo delle Regioni e delle autonomie locali in base al

principio di sussidiarietà.

2.1.1 La legislazione tra il 1948 e il 1990

In Italia, pur non mancando le influenze da parte di altre culture e tradizioni, i tratti

originari del modello amministrativo di derivazione francese hanno dimostrato una

grande capacità di permeanza, anche in contesti storici molto diversi. La stessa

Costituzione repubblicana mantenne infatti dei chiari riferimenti a tale modello,

riscontrabili ad esempio nella costituzionalizzazione delle Province e nella

configurazione delle stesse, così come dei Comuni, quali “circoscrizioni di

decentramento statale” (art. 129).

Il punto centrale nel disegno costituzionale del 1948 è la sanzione del principio

autonomistico. Citando l’art. 5 della Costituzione, “La Repubblica, una e indivisibile,

riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo

Capitolo 2

62

Stato il più ampio decentramento amministrativo, adegua i principi ed i metodi della

sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.”

La proclamazione dell’autonomia implica il riconoscimento a Comuni e Province di

potestà pubbliche nel perseguimento di interessi propri delle rispettive collettività,

secondo un indirizzo politico-amministrativo distinto e relativamente indipendente

da quello statale. In questi termini, il pluralismo autonomista territoriale diventa una

componente fondamentale della democrazia italiana, in quanto elemento essenziale

dell’intero disegno costituzionale.

A partire dai primi anni ‘70, le autonomie locali e provinciali si sono trovate ad

operare in un contesto fortemente mutato, contraddistinto dalla presenza di

importanti istituzioni regionali. Tuttavia, il sistema locale italiano è rimasto a lungo

regolato da normative emanate in epoca pre-costituzionale, a loro volta risalenti da

schemi e formule di epoca ancora più antica.

Gli interventi legislativi che, prima del 1990, hanno inciso direttamente sull’assetto

locale, sono stati, quindi, circoscritti, ed hanno interessato in generale profili

specifici, lasciando spesso immutati, tra l’altro, aspetti tutt’altro che secondari della

disciplina preesistente, o limitandosi a riconoscere ufficialmente fenomeni ormai

diffusi nella realtà, mentre la parte essenziale dell’ordinamento comunale e

provinciale rimaneva regolata da disposizioni risalenti al primo ventennio del XX

secolo.

L’istituzione delle Regioni ordinarie ha permesso, negli anni ‘70, di mettere in

evidenza tutta l’inadeguatezza della disciplina comunale e provinciale,

dall’insufficienza di circoscrizioni territoriali rispetto al decentramento delle

funzioni, fino all’indeterminata collocazione della Provincia. In questo quadro, si è

sviluppato un intenso dibattito, da cui scaturì, soprattutto durante la seconda metà

degli anni ‘70, un’estesa attività di progettazione.

Dopo un periodo di rallentamenti e difficoltà, l’attenzione per le riforme istituzionali

ha consentito l’approvazione, con la legge 8 giugno 1990, n. 142, di un nuovo

ordinamento delle autonomie locali.

2.1.2 Le riforme degli anni Novanta

Nell’ultimo decennio del secolo scorso la Pubblica Amministrazione italiana è stata

investita da un intenso processo riformatore, volto a fornire una nuova immagine, più

moderna ed efficiente, alla struttura, al personale e alle attività svolte, dopo che per

molto tempo l’ente pubblico era stato considerato un sinonimo di burocrazia,

lentezza e supremazia nei confronti del cittadino.

Il nuovo paradigma si basa sul presupposto che la Pubblica Amministrazione è il

principale strumento attraverso il quale la Repubblica persegue il principio

costituzionale dell’uguaglianza sostanziale, creando così i presupposti del modello

dell’Amministrazione della sussidiarietà, che riconosce ai cittadini di poter

contribuire attivamente e direttamente alla soluzione di problemi di interesse

Contestualizzazione del caso studio

63

generale, superando il modello bipolare (cittadini-amministrati e cittadini-clienti) che

aveva fino ad allora caratterizzato il rapporto tra PA ed utenza.

Nel 1990, questa opera di rinnovamento inizia il suo percorso proprio con una

riforma normativa sugli enti locali: la legge n. 142 sull’ordinamento delle autonomie

locali, che introduce tra le varie innovazioni il riconoscimento dell’autonomia

statutaria agli enti locali (Comuni e Province), l’incentivazione delle fusioni e delle

aggregazioni dei piccoli Comuni, e la previsione delle cosiddette Città metropolitane.

Con la legge 142, il legislatore italiano interviene con grande cautela sull’assetto

degli enti locali, limitandosi a delinearne il riordino piuttosto che a definirlo

concretamente, e affidandone lo sviluppo a fonti statali, regionali e locali.

A modificare profondamente il contesto in cui si colloca la 142, sono intervenute

altre importanti riforme, come quella introdotta dalla legge 81 del 25 marzo 1993,

che stabilendo che “il sindaco e il presidente della Provincia sono eletti dai cittadini a

suffragio universale e diretto” e quindi assegnando loro anche il potere di nominare e

revocare i componenti della Giunta, ha ridisegnato i tratti essenziali del sistema di

governo locale.

Gli anni successivi all’entrata in vigore della legge 81 sono stati contrassegnati da

una serie di provvedimenti minori, mentre nel frattempo si consolidava l’esigenza di

rafforzare i poteri e il ruolo degli enti locali, di eliminare o ridurre notevolmente i

vincoli ed i controlli e di armonizzare le leggi 142 e 81, correggendo ed eliminando

gli aspetti incongrui, e dotando gli obiettivi perseguiti di efficaci strumenti di

attuazione.

In questa direzione si sviluppò, a partire dal 1997, un processo di trasformazione

destinato ad incidere profondamente sull’organizzazione e sulle attività delle

amministrazioni locali. Le disposizioni sulla delega per il conferimento di funzioni,

(15 marzo 1997, n. 57, meglio conosciuta come “legge Bassanini” dal nome

dell’allora Ministro per la Funzione pubblica dei Governi), e sullo snellimento (legge

15 maggio 1997, n. 127, c.d. “Bassanini bis”), successivamente modificate ed

integrate (legge 16 giugno 1998, n. 191, c.d. “Bassanini ter”), e i decreti legislativi

che ne derivarono, intervengono sulla gran parte delle materie disciplinate dalla

legge 142 del 1990, realizzando un esteso conferimento di funzioni amministrative in

favore delle Regioni e degli enti locali. In questo modo, negli anni 1997-99, si intese

operare in materia di autonomie con un “federalismo amministrativo” che avviava un

ampio processo di trasferimento delle funzioni dallo Stato ai livelli più vicini ai

cittadini, rendendo decentramento e semplificazione i temi principali delle riforme

sopracitate.

Per concludere questo percorso riformativo durato dieci anni, venne approvato nel

2000, con il decreto legislativo 267, il testo unico sull’ordinamento degli enti locali

(t.u.e.l.), considerato un elemento chiave nell’evoluzione dell’ordinamento locale in

Capitolo 2

64

Italia. Tale documento risponde, infatti, all’esigenza di riunire e coordinare in un

organico corpo normativo le disposizioni (riassunte in Tab. 2.1) che variamente e

spesso disordinatamente avevano costituito la decennale riforma degli enti locali.

Tab. 2.1 Tappe fondamentali delle riforme locali 1990-2000

Anno Contenuti delle riforme Provvedimenti

1990 Riordino generale dell’ordinamento

locale

Legge 142 del 1990

1993 Elezione diretta del sindaco e del

presidente della Provincia

Legge 81 del 1993

1997-99 Decentramento di funzioni e risorse;

semplificazione; completamento e

revisione della legge 142

Legge 59 del 1997 e relativi

decreti delegati, in particolare

d.lgs. 112 del 1998

Legge 265 del 1999

2000 Coordinamento in un testo unico delle

disposizioni sulle autonomie locali

Testo unico 267 del 2000

Fonte: Vandelli, 2007

2.1.3 La riforma costituzionale del 2001

Mentre si producevano gli sviluppi legislativi fin qui descritti, altre riflessioni e

proposte di riforma si rivolgevano allo stesso quadro costituzionale. Da tempo,

infatti, il dibattito istituzionale e politico evidenziava la necessità di ripensare l’intero

titolo della Costituzione dedicato alle autonomie (Titolo V), in una prospettiva di

trasformazione in senso federalista del sistema italiano, motivato da esigenze di

modernizzazione del Paese, di adeguamento alle tendenze europee, di avvicinamento

delle decisioni ai cittadini e di responsabilizzazione dei governanti. In considerazione

di queste esigenze, i rappresentanti di Regioni, Comuni e Province51

proposero, nel

settembre del 2000, una serie di modifiche alla disciplina costituzionale delle

autonomie. A partire da queste proposte, il Parlamento pervenne poi

all’approvazione della modifica del Titolo V della Costituzione del 1948, che

divenne legge costituzionale il 18 ottobre 2001.

I principali contenuti innovativi introdotti dalla riforma del 2001 al Titolo V della

costituzione sono sintetizzati in Tab 2.2 sotto forma di comparazione con la

Costituzione del 1948.

51

Conferenza dei presidenti delle Regioni, ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ed UPI

(Unione Province Italiane)

Contestualizzazione del caso studio

65

Tab. 2.2 Novità introdotte al Titolo V dalla riforma costituzionale del 2001

Costituzione del 1948 Riforma del 2001

Livelli di

autonomia

Art. 114

La Repubblica si riparte in

Regioni, Province e Comuni.

Gli enti autonomi - Comuni, province,

Città metropolitane e Regioni -

costituiscono la Repubblica, insieme allo

Stato.

Autonomie

speciali

Art. 116

Autonomia speciale per

Sicilia, Sardegna, Trentino-

Alto Adige, Friuli-Venezia

Giulia e Valle d’Aosta.

Conferma le Regioni a statuto speciale ma

la legge del Parlamento può, su intesa con

la regione interessata, conferir ulteriori

forme di autonomia, anche in materia di

istruzione, ambiente e beni culturali.

Poteri

legislativi delle

Regioni

Art. 117

Elenca le materie nelle quali

le Regioni hanno

competenza legislativa nel

rispetto dei principi

fondamentali fissati dalle

leggi statali.

Inverte il criterio di ripartizione delle

competenze legislative: fissa le

competenze dello Stato, tutto il resto è

demandato alle Regioni. Riserva allo Stato

i livelli essenziali delle prestazioni nella

sanità e nei servizi sociali.

Le Regioni intervengono nel processo

legislativo dell’Unione europea.

Funzioni

amministrative

e sussidiarietà

Art. 118

Conferisce le funzioni

amministrative alle Regioni,

che le possono delegare a

Comuni e Province.

Tutte le funzioni amministrative spettano

ai Comuni o, in base al principio di

sussidiarietà, a Province, Città

metropolitane, Regioni e Stato.

Le istituzioni pubbliche favoriscono

l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli

e associati, per lo svolgimento di attività di

interesse generale (sussidiarietà).

Autonomia

finanziaria

Art. 119

Prevede in termini generali

l’autonomia finanziaria delle

Regioni.

Gli enti locali hanno autonomia finanziaria

e possono stabilire tributi propri e

usufruire di parte del gettito delle tasse

statali imposte sul loro territorio.

Al fine di garantire l’uguaglianza tra i

cittadini, è istituito un fondo perequativo

per i territori con minore capacità fiscale.

Lo Stato rimuove gli squilibri economici e

sociali tra gli enti locali con risorse

aggiuntive.

Limiti alle

Regioni

Art. 120

Prevede i limiti all’attività

delle Regioni.

Aggiunge un intervento sostitutivo dello

Stato in caso di gravi inadempienze delle

Regioni, che ledono l’unità del sistema o

diritti civili e sociali dei cittadini.

Regioni ed enti

locali

Art. 123

Disciplina lo statuto

regionale.

Per garantire la consultazione tra Regione

ed enti locali è istituito nello statuto di

ogni Regione il Consiglio delle autonomie

locali.

Fonte: Vandelli, 2007

Capitolo 2

66

Tab 2.2 Novità introdotte al Titolo V dalla riforma costituzionale del 2001

Riassumendo, quindi, l’attuale struttura delle autonomie locali deriva da una serie di

leggi e decreti legislativi che ne hanno modificato l’assetto amministrativo a partire

dagli anni ’70 fino all’approvazione nel 2001 della riforma del Titolo V della

Costituzione attualmente in vigore.

Lo scopo di questo susseguirsi di riforme fu quello di conferire allo Stato italiano una

fisionomia più “federalista”, nella quale i centri di spesa e di decisione si spostarono

dai livelli più alti e centralizzati a quelli locali, avvicinandosi così ai cittadini.

Come abbiamo visto, nel corso degli ultimi venticinque anni, le Regioni hanno

ottenuto autonomia e competenze sempre maggiori, culminanti con la riforma del

2001 che, in particolare, specificò quali fossero le competenze esclusive dello Stato,

lasciando alle Regioni il compito di occuparsi di tutte le altre e garantendo alle stesse

l’autonomia sia in campo finanziario che organizzativo.

2.1.4 Le forme associative tra Comuni

Il Comune si connota ufficialmente come ente più vicino ai cittadini e come primario

soggetto esponenziale degli interessi della collettività locale. Il t.u.e.l. riconosce,

infatti, al Comune la titolarità di tutte le funzioni relative alla popolazione e al

territorio che ne stanno alla base, con le sole eccezioni derivanti da disposizioni di

legge che demandino esplicitamente determinate competenze ad altri soggetti.

A partire dagli anni ’90, durante l’ondata di riforme sulle autonomie locali, il

legislatore nazionale si è interessato, tra l’altro, alle forme associative tra enti locali,

con l’obiettivo di indurre i piccoli Comuni a collaborare tra loro nel tentativo di

risolvere alcune criticità quali la scarsità delle risorse finanziarie e delle dotazioni di

personale.

Le forme associative previste dal capo VII della legge 142/90 (convenzioni, consorzi,

accordi di programma, Unioni di Comuni) sono state progressivamente arricchite,

incentivate finanziariamente e dotate di maggiore autonomia con l’emanazione della

legge 265/99, le cui disposizioni sono successivamente confluite nel d.lgs. 267/2000

(t.u.e.l.). In particolare, il t.u.e.l. ha individuato le seguenti forme associative tra enti:

Costituzione del 1948 Riforma del 2001

Controlli da

parte degli

uffici statali

Artt. 124,

125 e 130

Istituisce un commissario di

Governo in ogni Regione. Si

prevedono controlli formali

sui singoli atti delle Regioni

e degli enti locali.

Abrogati

Viene meno la figura del commissario di

Governo. Questi controlli sono superati.

Controlli

sulle leggi

regionali

Art. 127

Ogni legge regionale è

sottoposta a controllo del

Governo, che può rinviarla al

Consiglio regionale.

Il controllo è soppresso: se il Governo

ritiene che una legge regionale sia contraria

alla Costituzione la impugna direttamente

davanti alla Corte costituzionale.

Contestualizzazione del caso studio

67

convenzioni, consorzi, Unioni di Comuni e accordi di programma. Tali forme

organizzative, caratterizzate da diversi livelli di integrazione delle attività e dei

processi decisionali, avrebbero permesso anche ai Comuni di piccole dimensioni di

promuovere e coordinare lo sviluppo della comunità di riferimento attraverso la

condivisione delle risorse umane, finanziarie e tecnologiche. Il d.lgs. 267/2000

attribuisce alle Regioni il compito di individuare i livelli ottimali di esercizio delle

funzioni associate incentivando con proprie leggi le diverse forme di associazione.

In Tab. 2.3 sono sintetizzate le caratteristiche delle suddette forme associative

seguendo l’evoluzione della relativa disciplina nazionale.

Tab. 2.3 Evoluzione delle forme associative secondo la normativa nazionale

Forma

associativa

Legge 142/90 Legge 265/99 Decreto legislativo

267/2000

Convenzione • Accordo tra Municipi

• Non comporta la nascita di un

nuovo soggetto giuridico

• Stabilisce i fini, la durata, le

forme di consultazione degli

enti contraenti, i loro rapporti

finanziari, i reciproci obblighi

e le relative garanzie

• È consentita la

stipula di

convenzioni a

tutti gli enti locali

• Può essere

realizzata

attraverso un

ufficio comune o

tramite la delega

di funzioni a un

Comune

contraente

• Lo Stato e la

Regione (nelle

materie di

competenza)

hanno la facoltà di

costruire forme di

convenzione

obbligatorie per la

gestione a tempo

definito di uno

specifico servizio

Consorzio • Ente strumentale con

personalità giuridica

• Utilizzabile per la gestione

associata di uni o più servizi

• Utilizzabile solo da Province

e Comuni

• Utilizzabile per la

gestione associata

dei servizi e delle

funzioni

• È possibile

costruire un

consorzio

obbligatorio sulla

base di

impostazioni

legislative

Unione di

Comuni

• Comporta la creazione di un

nuovo ente locale

• Utilizzabile per l’esercizio

congiunto di determinate

funzioni di Comuni

• Costituita da Comuni

contermini, appartenenti alla

stessa Provincia, ciascuno con

popolazione non superiore a

5.000 abitanti

• Precondizione per la futura

fusione obbligatoria

• Eliminazione

dell’obbligo di

fusione

• Eliminazione per

la costituzione

degli obblighi di

contermineità,

appartenenza alla

stessa Provincia e

dimensione della

popolazione

• Utilizzabile per la

gestione associata

dei servizi e delle

funzioni

Capitolo 2

68

Tab 2.3 Evoluzione delle forme associative secondo la normativa nazionale

Accordo di

programma

• Accordo per la creazione di

opere, interventi o programmi

di intervento che richiedono

l’azione integrata e coordinata

di Comuni, Province, Regioni

e Stato

• Può prevedere arbitrato

• Se l’accordo comporta

variazione degli strumenti

urbanistici, l’adesione del

sindaco allo stesso deve

essere ratificata dal consiglio

comunale

Fonte: Zanin, 2013

La disciplina sulle forme associative è stata poi oggetto di revisione a seguito

dell’introduzione delle misure di stabilizzazione finanziaria e delle disposizioni

relative al patto di stabilità interno previste dalla Legge 122/2010, che ha vincolato i

Comuni con popolazione non superiore ai 5.000 abitanti alla gestione in forma

associata delle funzioni fondamentali, attraverso la stipula di convenzioni o la

creazione di una Unione.

Ulteriori modifiche alle forme associative tra enti locali sono state introdotte nel

2012 a seguito dei decreti sulla spending review, con lo scopo di razionalizzare la

spesa pubblica e di ridurre il numero di forme associative utilizzabili dagli enti locali.

2.2 La Regione autonoma Friuli - Venezia Giulia

2.2.1 Il contesto territoriale e demografico

La Regione Friuli-Venezia Giulia si estende su una superficie di 7.862 kmq,

articolata in quattro province: Udine, Pordenone, Gorizia e Trieste. Secondo gli

ultimi dati forniti dall’ISTAT, la popolazione residente al 31 dicembre 2015 è di

1.221.218 abitanti, con una distribuzione prevalentemente concentrata nelle province

di Udine e Pordenone (Tab. 2.4).

Il territorio del Friuli-Venezia Giulia, nonostante sia una delle Regioni italiane con

minor estensione territoriale, è inoltre suddiviso in 216 Comuni, le cui dimensioni

rendono fortemente disomogenea la distribuzione della popolazione sul territorio

regionale. Da un’analisi congiunta dei dati sulle dimensioni dei Comuni e sulla loro

collocazione territoriale (Tab. 2.5) si apprende infatti che la metà dei Comuni

regionali e la quasi totalità di quelli con popolazione non superiore ai 1.000 abitanti

si colloca in territorio montano o parzialmente montano, mentre i Comuni di

dimensioni maggiori (con popolazione compresa tra i 3.000 e i 15.000 abitanti)

tendono invece a concentrarsi sulla pianura e sulla costa.

Contestualizzazione del caso studio

69

Inoltre, la maggioranza degli enti locali è costituita da Comuni piccoli, con

popolazione che non supera i 3.000 abitanti.

Questo tipo di contesto ha fornito, come vedremo, le condizioni necessarie a

stimolare la nascita di diverse forme associative tra enti locali regionali.

Tab. 2.4 Popolazione, superficie e numero di Comuni in Friuli-Venezia Giulia

Provincia Comuni della

Provincia

Popolazione

(al 31.12.2015)

Superficie

(kmq)

Densità abitativa

(abitanti per kmq)

Gorizia 25 140.268 467 300

Pordenone 50 312.794 2.275 137

Trieste 6 234.874 213 1.105

Udine 135 533.282 4.907 109

Totale 216 1.221.218 7.862 155

Elaborazione di dati ISTAT 2015

Tab. 2.5 Classificazione dei Comuni per territorio e classe demografica

Comuni 0 -

500

501 -

1.000

1.001-

3.000

3.001-

5.000

5.001-

15.000

15.001-

30.000

Capoluoghi Tot.

Montani 19 27 30 3 4 - - 83

Parzialmente

montani - - 10 1 8 1 2 22

Non montani - 4 42 18 39 6 2 111

Totale 19 31 82 22 51 7 4 216

Elaborazione di dati ISTAT 2015

Il Friuli-Venezia Giulia, in virtù della sua posizione geografica di confine e delle

consistenti minoranze linguistiche presenti nel suo territorio, è stata riconosciuta

Regione a statuto speciale con la legge costituzionale 1/1963.

Secondo l’art. 116 della Costituzione, le Regioni a statuto speciale devono disporre

di particolari forme e condizioni di autonomia fissate direttamente dai singoli statuti

approvati e modificabili con legge costituzionale. Questa condizione di autonomia,

insieme all’elevato numero di Comuni appartenenti alle fasce demografiche più

basse, ha portato il Friuli-Venezia Giulia a ricercare, nel corso del tempo, la

promozione di diverse forme di collaborazione (soprattutto convenzioni) tra gli enti

locali, permettendo comunque a questi ultimi di mantenere le proprie identità locali.

Capitolo 2

70

2.2.2 Il percorso dell’associazionismo tra Comuni

Tra il 1998 e il 2005 la scelta del legislatore regionale in quanto ad autonomie locali

sul territorio è stata quella di supportare gli enti di minore dimensione demografica e,

più in generale, di favorire l'associazionismo fra Amministrazioni, incentivando la

stipulazione di convenzioni, e la costituzione di Unioni di Comuni, non

necessariamente vincolate alla successiva fusione.

Inizialmente il fenomeno dell’associazionismo ha interessato numerosi Comuni,

portando nell'anno 2000 alla costituzione di ben diciotto unioni. Tuttavia, la mancata

applicazione della sanzione prevista dalla normativa regionale in caso di

scioglimento anticipato rispetto alla previsione dello statuto ha favorito nel 2004

l'estinzione delle unioni scarsamente operative, lasciando così incompiuta la

realizzazione dell’istituto.

Successivamente, la legge regionale 1/2006, recante “Principi e norme fondamentali

del sistema Regione - autonomie locali nel Friuli-Venezia Giulia”, ha disciplinato la

gestione associata di servizi tra enti locali e lo sviluppo delle forme associative,

strumenti moderni che avrebbero permesso alla pubblica amministrazione di operare

con maggiore efficienza e competitività rispetto al passato. In questo modo la legge

regionale 1/2006 ha delineato i principi fondamentali del nuovo sistema Regione -

Autonomie locali, che faceva perno su una forma associativa innovativa, costituita

volontariamente tra Comuni contermini e priva di personalità giuridica: le

Associazioni intercomunali. Questa nuova forma di associazione mirava a realizzare

la massima integrazione possibile tra gli enti costituenti, al fine di creare un’intensa

rete associativa che si estendesse su tutto il territorio regionale.

A differenza delle altre forme di collaborazione, la costituzione delle Associazioni

intercomunali presupponeva che i Comuni interessati fossero situati in contesti

omogenei dal punto di vista territoriale e socioeconomico.

Inoltre, tali Associazioni avrebbero dovuto essere obbligatoriamente dotate di uffici

comuni e non avrebbero potuto sciogliersi prima dei sei anni di attività.

Per quanto riguarda le Unioni di Comuni, le novità introdotte dalla lr 1/2006, ed in

particolare dall’articolo 23, riguardavano l’obbligo della contiguità territoriale, la

durata minima della previsione non inferiore a sei anni, e l’indicazione delle funzioni

da svolgere.

Nonostante la nuova disciplina introdotta, la riforma del 2006 non ha dato i risultati

sperati; infatti, otto anni più tardi, lo sviluppo delle forme associative si dimostrava

ancora molto limitato e ben al di sotto delle aspettative del legislatore.

Tale fattore, unito alla contingente crisi economica che ha ridotto, anche se in forma

moderata, le risorse a disposizione degli enti locali, ha provocato una non

trascurabile riduzione della qualità e del livello dei servizi ai cittadini, specialmente

per i Comuni di piccole dimensioni. Ciò ha reso di fatto indispensabile un

ripensamento dell’associazionismo locale, che ha portato in breve tempo

all’emanazione della legge regionale 26/2014.

Contestualizzazione del caso studio

71

2.2.3 La legge regionale 26/2014

Contestualmente alla presentazione al Parlamento di una proposta di legge nazionale

volta al superamento delle Province nello statuto regionale, nel 2014 viene avviata

un’importante riforma istituzionale, sfociata il 12 dicembre dello stesso anno nella

legge regionale n. 26, “Riordino del Sistema Regione-Autonomie locali nel Friuli-

Venezia Giulia. Ordinamento delle Unioni territoriali intercomunali e riallocazione

di funzioni amministrative”.

Tale riforma ridisegna lo scenario degli enti locali territoriali della Regione

realizzando un nuovo sistema istituzionale basato su due pilastri fondamentali, la

Regione e il Comune, e ridefinendo le funzioni e le competenze ad essi assegnate.

In particolare, con la lr 26/2014 (art. 1) “la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia

attua il processo di riordino del proprio territorio mediante l'individuazione delle

dimensioni ottimali per l'esercizio di funzioni amministrative degli enti locali, la

definizione dell'assetto delle forme associative tra i Comuni e la riorganizzazione

delle funzioni amministrative, finalizzati alla valorizzazione di un sistema

policentrico che favorisca la coesione tra le istituzioni del sistema Regione-

Autonomie locali, l'uniformità, l'efficacia e il miglioramento dei servizi erogati ai

cittadini, nonché l'integrazione delle politiche sociali, territoriali ed economiche.”

Più precisamente, la legge prevede che alcune delle funzioni comunali,

sovracomunali e di area vasta, vengano esercitate in modo coordinato dalle Unioni

territoriali intercomunali (anche dette UTI), nuovi enti locali dotati di personalità

giuridica ed istituiti, oltre che per lo svolgimento di suddette funzioni, anche per lo

sviluppo territoriale, economico e sociale dell’intera Regione.

La nuova legge regionale abbandona l’impostazione volontaria dell’associazionismo

tra Comuni delineato dalla lr 1/2006, affidando alla Regione la predisposizione del

Piano di riordino territoriale (Capo I), strumento attraverso cui essa ha il compito di

determinare i confini delle nuove Unioni territoriali intercomunali.

Tale Piano rende obbligatoria l’adesione alle Unioni per i Comuni con popolazione

fino a 5.000 abitanti, e fino a 3.000 abitanti se appartenenti o appartenuti a Comunità

montane (art. 6, comma 1). Per i Comuni con popolazione superiore, invece, la

partecipazione è facoltativa, ma la non adesione comporta una riduzione delle risorse

destinate annualmente dalla Regione al finanziamento del loro bilancio (art. 42,

comma 4).

La costituzione delle UTI è finalizzata a garantire la soddisfazione delle esigenze dei

territori, nonché una maggiore efficienza dei servizi erogati alla collettività mediante

la razionalizzazione della spesa pubblica e dell’utilizzo delle risorse umane e

materiali, ottenibile a sua volta attraverso una continua condivisione di uffici e

risorse da parte dei Comuni partecipanti.

In relazione a tali finalità, il Piano per l’articolazione delle Unioni è formulato nel

rispetto dei seguenti criteri fondamentali:

Capitolo 2

72

a) La contiguità territoriale dei Comuni ricompresi in ciascuna Unione

territoriale intercomunale;

b) Il limite demografico minimo di ciascuna Unione, fissato in 40.000 abitanti o

30.000 abitanti nel caso l’Unione comprenda Comuni appartenenti o

appartenuti a Comunità montane;

c) L’omogeneità, la complementarietà e l’integrazione delle caratteristiche

geografiche, demografiche, di mobilità, ambientali, economiche, sociali,

culturali e infrastrutturali;

d) La compatibilità con il territorio della Aziende per l’assistenza sanitaria;

e) L’integrazione istituzionale rappresentata anche da precedenti forme

associative o convenzioni.

L’Amministrazione regionale ha quindi ritenuto, in una prima proposta, di

suddividere il territorio del Friuli-Venezia Giulia in diciassette Unioni territoriali

intercomunali, rispettando i criteri sopra elencati con due sole eccezioni: la prima

riguarda il territorio dei Comuni della provincia di Trieste, che, al fine di rispettare la

contiguità territoriale di tutti i Comuni aderenti ed il limite demografico minimo,

vede i tre ambiti socio assistenziali raggruppati in un’unica Unione; la seconda

muove invece dalla scelta di valorizzare la pluridecennale esperienza associativa dei

Comuni costituenti il Consorzio comunità collinare del Friuli (sorto nel 1967),

favorendone la trasformazione in Unione.

A seguito dell’approvazione del Piano di riordino territoriale52

e della successiva

modifica del Piano approvato53

, la Giunta regionale ha approvato in via definitiva il

Piano di riordino territoriale comprendente tutti i Comuni della Regione, che

individua le 1854

aggregazioni di Comuni descritte in Tab. 2.6, riportante tra l’altro la

denominazione ufficiale delle Unioni così costituite. Territorio

Tab. 2.6 Composizione e denominazione delle 18 UTI

Unioni Comuni Pop. kmq

Unione

Giuliana

Duino-Aurisina, Monrupino, Muggia, San Dorligo

della Valle, Sgonico, Trieste (6)

234.874

199.896

Unione del

Basso

Isontino

Doberdò del Lago, Grado, Fogliano-Redipuglia,

Monfalcone, Ronchi dei Legionari, Sagrado, San

Canzian d’Isonzo, San Pier d’Isonzo, Staranzano,

Turriaco (10)

73.356

250.893

52

Deliberazione della Giunta regionale 1 luglio 2015, n. 1282 LR 26/2014, art. 4, comma 6. 53

Delibera n°583 9 aprile 2016. Modifica del Piano di riordino territoriale approvato con DGR

1281/2015. Approvazione definitiva. 54

Alle iniziali 17 Unioni è stata aggiunta l’Unione del Canal del Ferro-Val Canale, nata dalla

decisione di dividere il territorio dell’Alto Friuli “montano” da quello “collinare”.

Contestualizzazione del caso studio

73

Tab. 2.6 Composizione e denominazione delle 18 UTI

Unioni Comuni Pop. Kmq

Unione

dell’Alto

Isontino

Capriva del Friuli, Cormòns, Dolegna del Collio,

Farra d’Isonzo, Gorizia, Gradisca d’Isonzo,

Mariano del Friuli, Medea, Moraro, Mossa,

Romans d’Isonzo, San Floriano del Collio, San

Lorenzo Isontino, Savogna d’Isonzo, Villesse

(15)

66.912

184.764

Unione del

Canal del

Ferro-Val

Canale

Chiusaforte, Dogna, Malborghetto-Valbruna,

Moggio Udinese, Pontebba, Resia, Resiutta,

Tarvisio (8)

10.613

884.915

Unione

dell’Alto

Friuli

Artegna, Bordano, Gemona del Friuli, Montenars,

Trasaghis, Venzone (6)

19.485

157.328

Unione

della

Carnia

Amaro, Ampezzo, Arta Terme, Cavazzo Carnico,

Cercivento, Comeglians, Enemonzo, Forni

Avoltri, Forni di Sopra, Forni di Sotto, Lauco,

Ligosullo, Ovaro, Paluzza, Paularo, Prato

Carnico, Preone, Ravascletto, Raveo, Rigolato,

Sauris, Socchieve, Sutrio, Tolmezzo,

Treppo Carnico, Verzegnis, Villa Santina, Zuglio

(28)

37.351

1.003.132

Unione del

Friuli

centrale

Campoformido, Martignacco, Pagnacco, Pasian

di Prato, Pavia di Udine, Pozzuolo del Friuli,

Pradamano, Tavagnacco, Tricesimo, Udine (10)

167.092

219.423

Unione del

Torre

Attimis, Cassacco, Faedis, Lusevera, Magnano in

Riviera, Nimis, Povoletto, Reana del Rojale,

Taipana, Tarcento (10)

33.492

302.829

Unione del

Medio

Friuli

Basiliano, Bertiolo, Camino al Tagliamento,

Castions di Strada, Codroipo, Lestizza, Mereto di

Tomba, Mortegliano, Sedegliano, Talmassons,

Varmo (11)

51.626

342.197

Unione del

Collinare

Buja, Colloredo di Monte Albano, Coseano,

Dignano, Fagagna, Flaibano, Forgaria nel Friuli,

Majano, Moruzzo, Osoppo, Ragogna, Rive

d’Arcano, San Daniele del Friuli, San Vito di

Fagagna, Treppo Grande (15)

50.699

286.048

Unione del

Natisone

Buttrio, Cividale del Friuli, Corno di Rosazzo,

Drenchia, Grimacco, Manzano, Moimacco,

Premariacco, Prepotto, Pulfero, Remanzacco, San

Giovanni al Natisone, San Leonardo, San Pietro

al Natisone, Savogna, Stregna, Torreano (17)

51.654

456.550

Capitolo 2

74

Tab. 2.6 Composizione e denominazione delle 18 UTI

Unioni Comuni Pop. kmq

Unione della

Bassa

Friulana

occidentale

Carlino, Latisana, Lignano Sabbiadoro,

Marano Lagunare, Muzzana del Turgnano,

Palazzolo dello Stella, Pocenia, Porpetto,

Precenicco, Rivignano Teor, Ronchis, San

Giorgio di Nogaro (12)

53.300

355.187

Unione della

Bassa

Friulana

orientale

Aiello del Friuli, Aquileia, Bagnaria Arsa,

Bicinicco, Campolongo Tapogliano, Cervignano

del Friuli, Chiopris-Viscone, Fiumicello,

Gonars, Palmanova, Ruda, San Vito al Torre,

Santa Maria la Longa, Terzo d’Aquileia,

Torviscosa, Trivignano Udinese, Villa

Vicentina, Visco (18)

57.970

296.949

Unione del

Tagliamento

Casarsa della Delizia, Cordovado, Morsano al

Tagliamento, San Giorgio della Richinvelda,

San Martino al Tagliamento, San Vito al

Tagliamento, Sesto al Reghena, Spilimbergo,

Valvasone Arzene (9)

57.814

334.263

Unione delle

Dolomiti

friulane

Andreis, Arba, Barcis, Castelnovo del Friuli,

Cavasso Nuovo, Cimolais, Claut, Clauzetto, Erto

e Casso, Fanna, Frisanco, Maniago, Meduno,

Montereale Valcellina, Pinzano al Tagliamento,

Sequals, Tramonti di Sopra, Tramonti di Sotto,

Travesio, Vajont, Vito d’Asio, Vivaro (22)

36.308

994.861

Unione del

Livenza

Aviano, Brugnera, Budoia, Caneva, Polcenigo,

Sacile (6)

50.410

233.135

Unione del

Sile

Azzano Decimo, Chions, Fiume Veneto, Pasiano

di Pordenone, Prata di Pordenone, Pravisdomini

(6)

52.312

171.865

Unione del

Noncello

Cordenons, Fontanafredda, Porcia, Pordenone,

Roveredo in Piano, San Quirino, Zoppola (7)

115.950

227.301

Fonte: Regione e dati ISTAT 2015

La lr 26/2014 è considerata una delle più importanti riforme istituzionali nel contesto

nazionale, non solo perché mira ad una consistente riduzione della spesa pubblica,

ma soprattutto in quanto rappresenta, con il superamento delle Province, la

concretizzazione di uno storico rinnovo della governance territoriale, orientata al

miglioramento dei servizi ai cittadini e al rilancio dello sviluppo di territori, che

viene affidato ai rappresentanti degli Enti, più a contatto con i cittadini.

Contestualizzazione del caso studio

75

2.3 Il piano “nextPA - cambiamenti in corso”

Il Piano formativo nextPA – cambiamenti in corso è un progetto nato nel 2014 dalla

volontà congiunta della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e dell’ANCI Friuli-

Venezia Giulia di attivare delle azioni formative e degli interventi che supportassero

Enti del Comparto Unico della Pubblica Amministrazione del Friuli-Venezia Giulia

nell’affrontare i cambiamenti indotti dalle riforme.

A tal fine, è stato chiesto a ComPA FVG, ente operativo di ANCI FVG, di elaborare

una proposta di piano che promuovesse la crescita delle professionalità e competenze

interne agli Enti. Tale piano è stato costruito attraverso un processo partecipato da

parte di tutti gli interlocutori e beneficiari, a partire da un confronto con analoghe

esperienze già portate a termine con successo sul territorio italiano. Approvato da

una cabina di regia che monitora anche l’avanzamento del progetto, è stato affidato a

ComPA FVG il compito di gestire il piano nella sua interezza e di aggiornarlo

annualmente indicando i nuovi obiettivi ed il programma delle azioni necessarie per

raggiungerli.

Come accennato, il Piano formativo nextPA è oggetto di un continuo monitoraggio

da parte della Regione e di ANCI, atto a verificare lo stato di avanzamento e ad

individuare l’eventuale necessità di correttivi ed integrazioni.

Si tratta comunque di un piano centrato su una formazione di tipo strategico, il cui

obiettivo si è focalizzato, soprattutto a partire dalla seconda annualità (2015),

sull’accompagnamento delle amministrazioni comunali alla costituzione delle Unioni

territoriali intercomunali (UTI), sull’avvio dei servizi congiunti e sull’approvazione

del Piano triennale dell’Unione, come stabilito dalla lr 26/2014.

I percorsi formativi attivati nell’anno 2014 e 2015 hanno permesso di conseguire,

oltre ai risultati formativi, alcuni importanti risultati "operativi”, tra cui non solo i

documenti richiesti agli Enti per legge, come lo Statuto e l’Atto costitutivo delle UTI,

ma anche di tipo organizzativo a supporto concreto dell’avvio dei servizi dell’UTI,

come ad esempio l’analisi dei carichi di lavoro del personale di tutti i Comuni delle

UTI accompagnate, la definizione dei macro-processi organizzativi per ciascuna

funzione trasferita, le simulazioni del dimensionamento dinamico delle funzioni

trasferite, nonché la proposta di dimensionamento delle UTI con il relativo

funzionigramma.

Per quanto riguarda l’annualità in corso (2016), il Piano formativo nextPA ha

individuato fra le finalità strategiche il rafforzamento e la diffusione di una cultura

che porti gli Enti a:

• Agire con una logica di processo;

• Essere orientate al cambiamento per una continua ricerca di miglioramento

(reingegnerizzazione dei processi);

• Essere promotrici e coordinatrici di azioni di sviluppo del territorio e di

comunità “allargate”.

Capitolo 2

76

Per raggiungere nello specifico i primi due obiettivi, sono state declinate le seguenti

competenze chiave che l’azione formativa intende sviluppare:

• Descrivere ed analizzare i processi, definendo le attività che li compongono

ed i relativi tempi di attraversamento, nonché identificandone gli indicatori di

performance;

• Descrivere il flusso documentale relativo al processo analizzato, ovvero

collegare i processi ai relativi procedimenti;

• Redigere la procedura connessa al processo;

• Collaborare alla redazione del regolamento relativo alla funzione;

• Collaborare nel dimensionamento delle funzioni, definendo le competenze

chiave necessarie e l’organico di ciascuna funzione, ed organizzando il

trasferimento delle persone fra i vari Enti;

• Collaborare nell’impostazione di un piano di comunicazione nei confronti del

proprio territorio e dei cittadini;

• Gestire il cambiamento, identificandolo e attivando tecniche e strumenti per

ridurre le resistenze ad esso;

• Lavorare all’interno di un gruppo e in gruppo, in modo da confrontarsi con le

diversità e valorizzarle.

Questa azione formativa coinvolge principalmente i Servizi le cui funzioni saranno

gestite dalle UTI già durante il primo anno della loro costituzione, i Servizi di

pianificazione e programmazione, e quelli che dovranno svolgere un ruolo di

monitoraggio e coordinamento dei servizi.

77

Capitolo 3

Obiettivi, metodologia e strumenti

3.1 Finalità ed obiettivi della tesi

Il 30 giugno 2016 è entrata in vigore la legge regionale 10/2016, che ha introdotto,

tra l’altro, alcune modifiche alla legge regionale 26/2014. Le novità introdotte hanno

riguardato principalmente gli articoli 26 e 27 della lr 26/2014, in cui sono indicate

rispettivamente quali funzioni comunali devono essere esercitate dalle Unioni e quali

vengono gestite dai Comuni ma in avvalimento, cioè avvalendosi dell’Unione.

In particolare, l’articolo 6 della lr 10/2016 ha apportato modifiche all’articolo 26

della lr 26/2014, mentre l’articolo 7 della lr 10/2016 ha sostituito l’articolo 27 della lr

27/2014, prevedendo rispetto al testo previgente diverse decorrenze per le funzioni

indicate e differenti modalità di esercizio associato delle stesse.

Tenendo conto di quanto previsto dalla legge originale e delle modifiche conseguenti

alla lr 10/2016, a decorrere dal 1 luglio 2016, i Comuni devono obbligatoriamente

esercitare in forma associata, tramite l'Unione cui aderiscono, la funzione di

elaborazione e presentazione di progetti a finanziamento europeo, più almeno altre

due funzioni comunali nelle materie di seguito elencate:

• Gestione del personale e coordinamento dell'organizzazione generale

dell'amministrazione e dell'attività di controllo;

• Sistema locale dei servizi sociali di cui all' articolo 10/2006;

• Polizia locale e polizia amministrativa locale;

• Attività produttive, compreso lo Sportello unico;

• Catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute in capo allo Stato dalla

normativa vigente;

• Programmazione e pianificazione territoriale di livello sovracomunale;

• Pianificazione di protezione civile;

• Statistica;

• Elaborazione e presentazione di progetti a finanziamento europeo;

• Gestione dei servizi tributari.

Dal 1 gennaio 2017, i Comuni dovranno esercitare in forma associata la funzione

relativa ai servizi sociali, più almeno altre due tra le funzioni sopraelencate; tutte le

altre saranno esercitate dall’Unione a partire dal 1 gennaio 2018.

Capitolo 3

78

Per quanto riguarda le disposizioni emanate dall’articolo 27, dal 1 luglio 2016 i

Comuni svolgono necessariamente in forma associata avvalendosi degli uffici

dell’UTI, la sola funzione della programmazione e gestione dei fabbisogni di beni e

servizi relativi all’attività della CUC regionale.

A partire dal 1 gennaio 2017 i Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti,

ridotti a 5.000 se appartenenti o appartenuti a Comunità montane, dovranno

esercitare in forma associata, mediante convenzione o, in alternativa, avvalendosi

degli uffici dell’Unione, la funzione finanziaria ed il controllo di gestione, nonché

almeno altre due funzioni comunali nelle seguenti materie:

• Opere pubbliche e procedure espropriative;

• Pianificazione territoriale comunale ed edilizia privata;

• Procedure autorizzatorie in materia di energia;

• Organizzazione dei servizi pubblici di interesse economico generale;

• Edilizia scolastica e servizi scolastici;

Le restanti materie ed attività sopraelencate dovranno invece essere

obbligatoriamente esercitate dai Comuni in forma associata a decorrere dal 1 gennaio

2018.

All’interno di tale quadro legislativo, la finalità ultima di questo progetto di tesi

consiste nello sviluppo di una modalità e nella messa a punto di alcuni strumenti in

grado di supportare la l’azione del Piano nextPA nel processo di accompagnamento

alla costituzione delle nascenti strutture UTI, ed in particolare nell’avvio

dell’esercizio associato delle funzioni comunali di cui agli articoli 26 e 27 della lr

26/2014.

Trattandosi di un obiettivo piuttosto ampio per come è stato formulato, esso va

declinato in una serie di obiettivi specifici intermedi, anche chiamati milestones, il

cui raggiungimento è condizione necessaria per la realizzazione dell’obiettivo finale,

e attraverso i quali è possibile monitorare lo stato di avanzamento del progetto.

La prima milestone consiste nell’introduzione della logica di processo nella PA

locale, istituzione tradizionalmente abituata a ragionare per funzioni e per

procedimenti, piuttosto che per processi. Con l’adozione di questo nuovo approccio

sarà possibile rappresentare sotto forma di flussi di processo i servizi attualmente

svolti nei Comuni, per poi cercare di prevedere in che modo i cambiamenti normativi

ed organizzativi modificheranno tali processi una volta che le funzioni comunali

saranno trasferite alle Unioni.

Il secondo obiettivo è quello di standardizzare i processi così identificati e di derivare

da essi i regolamenti che dovranno disciplinare l’erogazione dei servizi nelle UTI.

Tali “nuovi” regolamenti, elaborati a partire dai flussi di processo e da essi integrati,

costituiranno la road map per la gestione dei servizi di tutte le Unioni, presupposto

Obiettivi, metodologia e strumenti

79

per il raggiungimento dell’armonizzazione e della semplificazione amministrativa in

tale ambito.

Il terzo obiettivo riguarda la misurazione e la comparazione dei servizi erogati, che si

concretizza attraverso l’identificazione di una serie di indicatori di performance per i

processi, attraverso i quali sarà possibile l’introduzione di una logica di misurazione

e controllo del processo, attualmente assente nella pubblica amministrazione locale.

Nel prossimo capitolo saranno definite le metodologie e gli strumenti che sono stati

adottati per raggiungere gli obiettivi appena descritti, ma vale la pena delineare qui le

fasi attraverso cui il progetto si è strutturato:

• Introduzione dell’approccio per processi all’interno dei Comuni;

• Identificazione e mappatura dei macro processi relativi ad ogni servizio

analizzato;

• Individuazione ed eliminazione o aggregazione dei passaggi non a valore

aggiunto coinvolti nei processi;

• Comparazione dei processi ed identificazione di un processo standard di

riferimento;

• Validazione dei macro standard che gli enti potranno prendere come

riferimento per lo svolgimento delle proprie funzioni;

• Descrizione delle procedure connesse al processo da cui sviluppare i

regolamenti per i nuovi Enti;

• Identificazione di indicatori di qualità ed efficienza per i processi;

Avendo assistito soltanto alla realizzazione una piccola parte del vasto progetto di

definizione dei processi per tutte le funzioni comunali in trasferimento alle Unioni,

questa tesi coinvolge lo studio dei processi relativi ai servizi gestiti dalla sola

funzione finanziaria e contabile, nonché l’elaborazione dei regolamenti per tale area,

e l’introduzione di una prima formulazione per alcuni indicatori di qualità.

Tuttavia, le metodologie e gli strumenti impiegati in questa prima fase costituiranno

un modus operandi che potrà essere applicato in modo analogo in tutte fasi

successive del progetto, che riguarderanno lo studio dei processi coinvolti nelle

restanti funzioni di cui agli articoli 26 e 27 della lr 26/2014.

3.2 La metodologia

Come si può intuire da una lettura delle finalità di questo progetto, esse non

riguardano soltanto la sfera operativa, che comprende ad esempio la mappatura dei

processi e la produzione dei regolamenti, ma sono in gran parte legati ad obiettivi di

tipo formativo, come l’introduzione di un approccio completamente nuovo per la

pubblica amministrazione locale, quello per processi.

Capitolo 3

80

Questa tipologia di obiettivi richiede però degli interventi formativi che siano capaci

di incidere, oltre che sulle competenze delle persone, anche sui loro comportamenti e

valori. Agire sui comportamenti e sui valori significa innanzitutto cercare di

diffondere una cultura all’interno dell’organizzazione in cui si agisce e trasformare i

concetti teorici in applicazioni pratiche, per farle diventare poco a poco delle prassi

quotidiane.

La pubblica amministrazione locale del Friuli-Venezia Giulia è caratterizzata da una

notevole rigidità strutturale e da un’altrettanto rilevante resistenza al cambiamento,

dovuta anche al fatto che la maggior parte dei dipendenti pubblici attualmente in

servizio svolgono le stesse attività da circa quarant’anni, quando sono stati assunti in

modo massiccio in seguito al terremoto del 1976. Tale rigidità costituisce un ostacolo

non indifferente alla diffusione di nuove culture organizzative e alla corretta

attuazione delle nuove riforme.

Per poter incidere a livello organizzativo in tale contesto è tuttavia fondamentale

partire dalle persone, che sono per prime toccate dal cambiamento.

Pertanto, si è ritenuto necessario coinvolgere nel progetto, oltre ai dirigenti ed alle

figure apicali dei Comuni aderenti alle UTI, anche gli amministratori ed i

responsabili di Servizio55

.

Per riuscire ad individuare e a descrivere i vari processi coinvolti nelle funzioni

comunali il cui esercizio è stato trasferito alle UTI è stato inoltre importante adottare

una metodologia di tipo bottom-up, cioè che “parte dal basso”, nel senso che gli

stessi responsabili di Servizio e dipendenti comunali hanno lavorato in prima persona

per “destrutturare e ristrutturare” i Servizi di propria competenza e la propria “attività

quotidiana”.

La fase di “ristrutturazione” dei Servizi coerentemente con la loro nuova gestione

all’interno delle Unioni è stata appunto preceduta da una fase di “destrutturazione”

degli stessi, intesa come individuazione dei macro processi relativi al Servizio

esaminato e, conseguentemente, dei processi e delle attività in esso coinvolte.

Questa fase di “destrutturazione” è stata eseguita separatamente per ogni Unione, o

per meglio dire “cantiere56

”, organizzando degli incontri formativi ed operativi che

hanno coinvolto, almeno per quanto riguarda il Servizio finanziario e contabile,

Segretari comunali, responsabili del Servizio finanziario e ragionieri provenienti da

tutti i Comuni appartenenti alla medesima UTI.

Attraverso l’integrazione di diverse metodologie didattiche quali lavori di gruppo,

tavoli di discussione ed interviste sotto il coordinamento del personale di ComPA

FVG, è stato possibile per gli attori coinvolti pervenire alla definizione dei processi

as-is, cioè così come si presentano all’interno dei Comuni di provenienza, ed anche

55

Per approfondimenti si rimanda a pag. 137 56

È detto “cantiere” lo stadio embrionale dell’UTI, cioè l’insieme di tutti i Comuni aderenti ad una

stessa Unione non ancora ufficialmente costituita

Obiettivi, metodologia e strumenti

81

ad un’ipotesi dei processi to-be, contenenti nuovi protagonisti e nuove attività di

pertinenza della futura UTI.

Come già accennato, questo lavoro è stato svolto separatamente per ogni “cantiere

territoriale” (futura Unione) ed ha quindi prodotto documenti diversi per ognuno di

essi, risultati talvolta addirittura discordanti tra loro in alcune parti. Al fine di

giungere alla definizione di processi tra loro coerenti e completi, che costituiscano un

punto di riferimento chiaro ed esaustivo per il personale che dovrà operare all’interno

delle Unioni, è stato quindi necessario esaminare la documentazione ottenuta,

confrontarla e quindi procedere ad una sua standardizzazione, in modo da garantire

una certa unicità ed affidabilità per quanto riguarda il modus operandi delle UTI,

come descritto dettagliatamente nel prossimo capitolo.

La fase di “ristrutturazione” ha quindi compreso le attività di comparazione dei

processi mappati nei diversi “cantieri” e di rielaborazione degli stessi sulla base di

quanto disciplinato dalla lr 26/2014, pervenendo così alla definizione dei processi

standard e dei regolamenti che a loro volta disciplineranno la gestione del Servizio da

parte delle Unioni.

Come si può facilmente intuire, in questo caso il lavoro è stato svolto unitariamente

per tutto il territorio regionale. In particolare, ComPA FVG ha pensato di istituire per

ogni Servizio coinvolto nel progetto, un centro di competenza formato da un numero

ristretto di esperti della materia in esame, generalmente funzionari delle PA locali

che hanno maturato una significativa esperienza in una determinata materia e

rappresentano il riferimento regionale per l’apprendimento relativamente

all’argomento considerato.

La parola d’ordine di ogni centro di competenza è “confronto”; il confronto continuo

e costruttivo tra gli esperti coinvolti ha infatti permesso di far emergere i diversi

punti di vista sulla normativa regionale e di risolvere numerose problematiche

riguardanti la materia in esame, nonché di instaurare un clima positivo e

collaborativo di stima e di fiducia reciproca tra i partecipanti e di trovare una sintesi

fra i processi descritti nei diversi cantieri.

Oltre all’attività legata all’organizzazione del Servizio specifico, ciascun centro di

competenza è stato anche incaricato di trasferire la propria specifica competenza agli

altri livelli della PA locale attraverso un’attività formativa e di mettere a disposizione

dell’intero sistema amministrativo regionale modelli, documenti amministrativi tipo

e linee di indirizzo per l’applicazione di principi relativi alla materia di competenza,

tra i quali trovano collocazione anche i regolamenti che vengono presentati in questa

tesi.

Capitolo 3

82

3.3 Lo strumento: Bizagi Process Modeler

Tra gli strumenti a supporto della mappatura e dell’analisi dei processi aziendali che

sono stati impiegati nel corso di questo progetto (interviste, diagrammi SIPOC,

diagrammi di flusso, ecc., già descritti nella parte di analisi della letteratura), quello

maggiormente utilizzato è indubbiamente il software di modellazione dei processi

Bizagi, che quindi merita di essere presentato più approfonditamente in questo

paragrafo.

La suite Bizagi, il cui nome deriva dalla combinazione dei termini inglesi “business”

ed “agility”, è formata da tre diversi prodotti software tra loro complementari, che

insieme permettono di modellare, costruire ed eseguire qualsiasi tipo di processo

aziendale appoggiandosi su di una piattaforma BPM molto potente:

• Bizagi BPMN Modeler è un applicativo installabile gratuitamente che,

utilizzando il linguaggio standard di modellazione dei processi BPMN,

consente di rappresentare graficamente, documentare e simulare i processi

aziendali;

• Bizagi Studio è una soluzione BPM, anch’essa gratuita, che permette alle

aziende di automatizzare i propri processi e flussi di lavoro;

• Bizagi Engine prende i processi precedentemente modellati ed automatizzati

e li esegue in tutta l'organizzazione.

Grazie ai suoi tre applicativi, quindi, la suite Bizagi consente all’utilizzatore di

gestire l’intero ciclo di vita del processo, modellandolo e documentandolo con il

BPMN Modeler, automatizzandolo e rendendolo un flusso operativo tramite il

pacchetto Studio e, infine, eseguendolo e monitorandolo per mezzo dell’applicativo

Engine. Ai fini di questa tesi, che ha riguardato principalmente la rappresentazione

dei processi della Pubblica Amministrazione locale e la loro rielaborazione grafica, è

risultato fondamentale potersi servire delle funzionalità del software Bizagi BPMN

Modeler, che ha permesso di rappresentare i processi aziendali molto chiaramente

dal punto di vista “visivo”, rendendoli più facilmente comprensibili, analizzabili e

migliorabili.

Il pacchetto Modeler presenta un’interfaccia molto semplice ed intuitiva per

l’utilizzatore, che è composta da quattro elementi principali (Fig. 3.1):

• La barra degli strumenti, che contiene i comandi di accesso rapido ad un

sottoinsieme di un menù all’interno del Bizagi Process Modeler;

• Il ribbon, che racchiude i comandi principali per la gestione dei modelli di

processo, organizzati in diversi menù;

• La palette (o tavolozza), che comprende gli elementi grafici del BPMN

utilizzati per definire un modello di processo

• La barra delle opzioni di vista, tramite la quale è possibile adattare le

dimensioni del diagramma in modo da facilitare la navigazione nel processo.

Obiettivi, metodologia e strumenti

83

Fig. 3.1 Interfaccia di Bizagi Modeler

Per poter comprendere le rappresentazioni dei processi contenute in questo elaborato,

è necessario descrivere il contenuto della palette, che è composta dagli elementi

grafici del BPMN utilizzati per definire il modello di processo. Tali elementi sono

suddivisi in 7 diverse tipologie in base al loro significato e alla loro funzione

all’interno del processo: attività, eventi, gateways, dati, artefatti, corsie e connettori.

Attività

Le attività rappresentano il lavoro o i compiti manuali o automatici svolti dai membri

dell’organizzazione. Sono dette task quando rappresentano dei semplici compiti e

vengono invece classificate come sotto processi se si tratta di attività composte (Tab.

3.1 e 3.2).

Tab. 3.1 Task in Bizagi

Attività generica, non può essere scomposta in sotto attività

Attività svolta da una

persona con l’ausilio di un

applicativo

Attività svolta mediante

l’utilizzo di servizi Web o

applicativi automatizzati

Attività svolta da un

macchinario, si deve

specificare il linguaggio

macchina (script)

Capitolo 3

84

Tab. 3.1 Task in Bizagi

Si attende un messaggio o

della documentazione da

un utente esterno al

processo

Si invia un messaggio o

della documentazione ad

un utente esterno al

processo

Attività svolta interamente

da un utente senza

l’ausilio di applicativi

Attività di inserimento di

regole aziendali da

rispettare

Attività che deve essere

ripetuta fintanto che si

soddisfa una condizione

booleana

Attività che deve essere

ripetuta per un numero

predefinito di volte

Tab. 3.2 Sottoprocessi in Bizagi

Attività che racchiude in sé altre attività mappate con compiti, gateway, eventi e

flussi di sequenza

Può essere riutilizzato e

chiamato anche in altri

processi, deve essere

contenuto all’interno di

una pool

Viene innescato da un

evento (non ha né flussi in

entrata né flussi in uscita,

non fa parte del processo)

Non richiede relazioni ben

definite di sequenza tra le

attività; di volta in volta si

definiscono la sequenza e

la ripetitività

Obiettivi, metodologia e strumenti

85

Tab. 3.2 Sottoprocessi in Bizagi

Ciclo basato su una

condizione booleana (si

ripeterà fintanto che

risulterà vera la

condizione booleana)

Ciclo che itera per un

numero predefinito di

volte, con iterazioni

simultanee

Prevede tre possibilità:

- Completamento con

successo

- Completamento fallito

- Errore inaspettato

(evento intermedio di

cancellazione)

Eventi

Un evento è qualcosa che accade durante lo svolgimento del processo influenzando il

suo flusso. Gli eventi si dividono in tre tipologie: quelli di inizio, quelli intermedi e

quelli di fine, come riportato nelle seguenti tabelle.

Tab. 3.3 Eventi di inizio in Bizagi

Punto di avvio del processo, senza alcuna motivazione particolare

Il processo inizia

all’arrivo di un messaggio

o di documentazione da

parte di un utente

Il processo ha inizio ad

una certa data o ad un

certo tempo di ciclo (per

es. ogni venerdì)

Il processo può avere

inizio solo quando una

certa condizione si avvera

Il processo viene

innescato dall’arrivo di un

segnale (segnale

broadcast, inviato a tutti)

Vi sono più eventi

scatenanti il processo ed è

necessario che tutte

vengano innescate per

avviare il processo

Vi sono più eventi

scatenanti il processo ma

è necessario che se ne

inneschi uno solo per far

avviare il processo

Capitolo 3

86

Tab. 3.4 Eventi intermedi in Bizagi

Evento che influenza il processo ma che non ne determina né l’avvio né

l’interruzione

Il processo può continuare

il suo corso solo una volta

inviato o ricevuto il

messaggio (o la

documentazione)

Punto del processo in cui

bisogna attendere

l’avverarsi di uno solo di

molteplici eventi possibili

Eventi di invio o ricezione

di segnali in modalità

broadcast (verso tutti)

Segnala un ritardo o

un’attesa

Il processo diventa di

responsabilità di altri

Il processo può proseguire

quando una condizione

prestabilita si avvera

E’ necessaria una

compensazione

Punto del processo in cui

bisogna attendere che tutti

gli eventi previsti si

avverino prima di poter

procedere

Serve o a connettere due

parti del processo o a

creare situazioni cicliche

Obiettivi, metodologia e strumenti

87

Tab. 3.5 Eventi di fine in Bizagi

Indica il termine del

processo, non dovuto a

motivazioni particolari

Al termine del processo

viene inviato un

messaggio o della

documentazione

Al termine del processo

deve avvenire l’escalation,

le responsabilità degli

effetti dovuti al processo

vengono attribuite ad altri

Il processo termina in

quanto si è verificato un

errore prestabilito (legato

all’evento intermedio di

tipo errore)

Utilizzato con le

transazioni, cancella la

transazione e scatena un

flusso alternativo da

percorrere

Al termine del processo

deve avvenire la

compensazione

Al termine del flusso viene

inviato un segnale in

broadcast

Il termine del processo

scatena una serie di

conseguenze,

conseguenze che

dovranno essere tutte

verificate

Termina immediatamente

tutte le attività del

processo

Dati

I dati possono essere di due tipologie:

• Singolo dato: artefatto che fornisce informazioni riguardo a come i documenti

e gli strumenti aziendali vengono utilizzati e aggiornati durante il processo;

• Archivio: indica la presenza di un archivio o di un software di gestione dei

dati aziendali.

Gateways

I gateways sono degli elementi che fungono da controllori poiché permettono di

monitorare la divergenza e la convergenza di un flusso di attività creando

ramificazioni, biforcazioni, combinazioni ed unioni nel processo (Tab. 3.6).

Capitolo 3

88

Tab. 3.6 Gateways in Bizagi

Come elemento di

convergenza è usato per

unire percorsi alternativi

Come elemento di

divergenza è utilizzato per

creare percorsi alternativi,

dei quali deve esserne

percorso solo uno

Può essere utilizzato solo

come elemento di

divergenza

I percorsi alternativi si

basano su condizioni: se le

condizioni sono

soddisfatte allora il flusso

intraprende il percorso

relativo alla condizione

soddisfatta

Come elemento di

convergenza: unisce

percorsi alternativi e deve

attendere il

completamento di tutti i

percorsi per poter

procedere

Come elemento di

divergenza: non controlla

alcuna condizione

La scelta del percorso è

basata sull’accadimento di

un determinato evento

Eventi esclusivi: si creano

istanze di processo

Eventi paralleli: per poter

creare le istanze di

processo devono accadere

tutti gli eventi predefiniti

Come elemento di

convergenza: attende la

soddisfazione di una

condizione aziendale

Come elemento di

divergenza: unisce più

gateway, crea percorsi

alternativi basandoli su

espressioni e condizioni

aziendali

Corsie

Tab. 3.7 Corsie in Bizagi

Pool

Contiene un singolo

processo, cioè i flussi

sequenziali tra le attività;

ogni processo deve essere

contenuto interamente in

una Pool

Lane

Rappresenta una funzione,

un ruolo o un

dipartimento responsabile

delle attività svolte

all’interno della lane

Milestone

È una sottopartizione del

processo e ne indica una

fase

Obiettivi, metodologia e strumenti

89

Tab. 3.8 Connettori in Bizagi

Flusso di sequenza

Connette due attività

secondo l’ordine in cui

vengono svolte

Associazione

Associa le informazioni

aggiuntive e gli artefatti

agli oggetti

Flusso di messaggistica

Mostra il flusso di

scambio di

documentazione e

messaggistica tra due

entità

Un altro elemento molto utilizzato è il menù a torta, una funzionalità drag-and-drop

che compare cliccando su un qualsiasi elemento già presente nel diagramma, e

permette, a partire da esso, di scegliere l’elemento successivo e di posizionarlo nel

punto desiderato della Pool semplicemente trascinandolo. Ad esempio, il menù a

torta per un semplice task si presenta come in Fig. 3.2, da cui si deduce che i suoi

possibili successori possono essere: un altro task, un gateway, un evento intermedio

o un evento di fine; inoltre, al task possono essere associati altri elementi quali

documenti ed artefatti.

In Bizagi è anche possibile rappresentare le interazioni tra due o più processi, che

coinvolgono diverse organizzazioni o utenti esterni, attraverso l’utilizzo di eventi

iniziali, intermedi o finali di invio e ricezione, rappresentanti lo scambio (l’invio o la

ricezione) di messaggi contenenti informazioni condivisibili.

Esistono però delle regole di connessione tra elementi, ispirate al linguaggio BPMN,

di cui bisogna tenere conto per poter utilizzare flussi di messaggistica nella

mappatura. La Tab. 3.9 mostra infatti quali elementi del processo possono essere

collegati tra loro tramite flussi di messaggistica; qualsiasi altro tentativo di

connessione viene respinto dal software, talvolta generando un messaggio di errore

in fase di salvataggio del file.

Fig. 3.2 Menù a torta di un task in Bizagi

Capitolo 3

90

Tab. 3.9 Regole di connessione tra elementi in Bizagi

Bizagi è uno strumento che viene utilizzato in tutto il mondo ed in moltissimi settori

per mappare, migliorare ed eseguire i processi aziendali. Rispettando i principi di

modellazione indicati nella guida ufficiale della suite, è possibile infatti elaborare in

modo efficace anche processi piuttosto complessi. La documentazione risultante,

inoltre, può essere pubblicata quasi istantaneamente in molti formati diversi, tra cui

Word, PDF, file Web, Sharepoint, MediaWiki, ecc., divenendo così di facile

consultazione anche per quei soggetti che non hanno installato il software nel proprio

dispositivo.

91

Capitolo 4

Le fasi del progetto

Come già indicato nel capitolo precedente, questa tesi riguarda l’applicazione delle

metodologie e degli strumenti finora descritti all’analisi organizzativa della Pubblica

Amministrazione locale, ed in particolare del Servizio finanziario e contabile che, a

decorrere dal 1 gennaio 2017, i Comuni del Friuli-Venezia Giulia dovranno

esercitare in forma associata attraverso gli uffici dell’UTI di appartenenza, in

accordo con la legge regionale 26/2014.

La scelta di analizzare in primo luogo la funzione finanziaria degli Enti locali è

dovuta non tanto alla priorità della sua gestione in forma associata rispetto alle altre

funzioni, quanto piuttosto alla sua portata strategica nell’organizzazione in termini di

interconnessioni tra i soggetti e gli uffici coinvolti.

Per quanto riguarda la struttura del progetto, esso si è articolato nelle seguenti fasi,

che verranno approfondite singolarmente all’interno di questo capitolo:

1. Identificazione dei macro processi;

2. Compilazione del diagramma SIPOC;

3. Rappresentazione dei processi con Bizagi;

4. Comparazione dei processi mappati;

5. Semplificazione e standardizzazione dei processi;

6. Redazione dei regolamenti;

7. Introduzione di alcuni indicatori.

4.1 Identificazione dei macro processi

In un contesto lavorativo sempre più dinamico, in cui le relazioni tra i vari soggetti

organizzativi divengono sempre più frequenti e complesse e l’orientamento al cliente

è ormai un valore universalmente riconosciuto, è necessario per chi gestisce ed opera

in un’organizzazione considerare non solo sui singoli compiti svolti all’interno di un

ufficio, ma anche e soprattutto porre l’attenzione sull’insieme di tutte le attività

necessarie ad erogare servizi verso l’utenza e a garantire un corretto sviluppo

dell’organizzazione nel tempo. Queste attività, aggregate in base al risultato da

raggiungere e al cliente da soddisfare, rappresentano i macro processi organizzativi,

ovvero gli elementi fondamentali su cui si basa tutta l’analisi sviluppata in questo

progetto.

Capitolo 4

92

Grazie alla loro natura trasversale, i macro processi consentono di individuare

eventuali criticità riguardanti le relazioni tra i vari attori coinvolti, di integrare quanto

svolto dai diversi uffici per l’erogazione del servizio all’utente finale, e di favorire

molte altre riflessioni che un tradizionale approccio “per funzioni” non

permetterebbe, dal momento che le varie interconnessioni esistenti tra le attività

rimarrebbero nascoste.

L’analisi organizzativa condotta presso i vari cantieri è stata quindi implementata

sulla logica di processo, identificando i macro processi attivi nell’organizzazione, al

fine di individuare la struttura organizzativa tipo che i servizi erogati dalle

costituende Unioni dovranno assumere, consentendo anche ai soggetti coinvolti nella

loro gestione di fare chiarezza sulle responsabilità e sugli elementi chiave di ciascun

macro processo.

In questa fase sono stati identificati per ciascuno dei macro processi individuati,

anche i processi aziendali ad essi associati, i quali sono stati successivamente oggetto

di analisi, semplificazione, e standardizzazione, coerentemente con gli obiettivi del

progetto.

Per quanto riguarda il servizio di nostro interesse, cioè quello finanziario, i macro

processi ed i relativi processi organizzativi individuati sono sintetizzati in Tab. 4.1.

Tab. 4.1 Macro processi e processi relativi al Servizio finanziario

PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO

Macro processo Processi associati

Supporto finanziario alla

programmazione strategica

Definizione degli obiettivi strategici sostenibili per

il SeS

Ciclo della programmazione

operativa

Redazione del DUP

Redazione del Bilancio di previsione

Redazione del PEG

Controllo sugli equilibri di

bilancio

Variazioni al Bilancio ed assestamenti

Supporto al controllo di

gestione

Elaborazione di dati finanziari per i modelli di

controllo di gestione

Rendicontazione della gestione Rendicontazione della gestione

GESTIONE OPERATIVA

Macro processo Processi associati

Ciclo attivo Gestione delle entrate

Ciclo passivo Gestione della spesa

Le fasi del progetto

93

Tab. 4.1 Macro processi e processi relativi al servizio finanziario

Macro processo Processi associati

Controllo di regolarità Controllo di regolarità contabile

Gestione mutui e debito Gestione dei mutui

GESTIONE FISCALE

Macro processo Processi associati

Gestione fiscale Gestione fiscale - Soggetto d’imposta

Gestione fiscale Gestione fiscale - Sostituto d’imposta

Come si può notare dalla tabella, il Servizio finanziario è stato innanzitutto diviso in

tre principali macro aree organizzative: programmazione e controllo, gestione

operativa e gestione fiscale; all’interno di tali aree sono poi stati individuati i macro

processi ed i processi di competenza del Servizio finanziario. È importante, inoltre,

sottolineare che, essendo il Servizio finanziario e contabile una delle funzioni gestite

in avvalimento57

dalle UTI, tutte le attività riportate in tabella devono essere svolte

dagli uffici dell’Unione sia per tutti i Comuni ad essa afferenti sia per l’UTI stessa in

quanto Ente a sé stante, il ché comporta la redazione di numerosi documenti dello

stesso tipo, ma per Enti diversi.

Come vedremo dall’analisi dei processi, i documenti elaborati per l’Unione e per i

Comuni dovranno essere tra loro coerenti, il ché implica un attento lavoro di

coordinamento da parte degli uffici dell’Unione e di collaborazione con gli uffici

comunali.

Trattandosi di una materia completamente nuova rispetto al percorso di studi seguito,

molti dei temi considerati all’interno di questa tesi richiederebbero ampi

approfondimenti per essere pienamente compresi. Tuttavia, non si è ritenuto

necessario in funzione degli obiettivi di questo progetto, dilungarsi in dettagliate

spiegazioni ed approfondimenti relativamente a concetti specifici in materia di

Pubblica Amministrazione. Vale la pena, comunque, chiarire con una breve

spiegazione il significato delle sigle e dei termini maggiormente ricorrenti in queste

pagine.

In tabella 4.1, ad esempio, sono riportate alcune sigle che identificano i documenti

che vengono elaborati nel ciclo di programmazione operativa. Il Documento Unico

di Programmazione (DUP) viene definito come lo strumento che definisce la

programmazione strategica di mandato degli enti locali e traduce tali indirizzi

strategici nella programmazione operativa, costituendo il presupposto necessario per

redigere tutti gli altri documenti di programmazione.

57

Per approfondimenti si rimanda a pag. 118

Capitolo 4

94

In particolare, il DUP è articolato in due sezioni:

• La Sezione Strategica (SeS), che sviluppa e concretizza le linee

programmatiche di mandato e individua, in coerenza con il quadro normativo

di riferimento, gli indirizzi strategici dell’ente;

• La Sezione Operativa (SeO), che definisce il quadro di riferimento per la

programmazione operativa del triennio coperto dal bilancio di previsione

finanziario;

Il Piano Esecutivo di Gestione (PEG) è invece uno strumento di programmazione e

di autorizzazione alla spesa finalizzato a ordinare e a razionalizzare l’attività degli

enti locali, specificandone gli obiettivi, le risorse a disposizione e le responsabilità di

gestione ed ispirandosi a criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza

dell’azione amministrativa.

Questa terminologia verrà più volte utilizzata anche nei prossimi paragrafi.

4.2 Compilazione del diagramma SIPOC

Dopo aver compreso come sarà organizzato, in termini di macro processi e processi

coinvolti, il Servizio finanziario delle nascenti Unioni territoriali intercomunali, si è

ritenuto utile al fine di facilitare la successiva mappatura dei processi, individuare per

ognuno dei suddetti macro processi gli elementi che costituiscono il diagramma

SIPOC, uno strumento di supporto alla documentazione dei processi, le cui

caratteristiche sono già state ampiamente descritte nell’analisi della letteratura.

Per compilare il diagramma SIPOC sono necessarie informazioni riguardanti i

fornitori, gli input, gli output e i clienti del processo. Tali informazioni sono state

ottenute tramite l’elaborazione dei dati derivanti dai tavoli di lavoro organizzati in

ciascun cantiere, dove i soggetti coinvolti sono stati chiamati a rispondere perlopiù

alle seguenti domande:

• Chi sono i fornitori del processo?

• Quali sono le persone, le aziende o gli altri processi che forniscono le risorse

di cui il processo si serve per svolgere le sue attività?

• Quali sono gli input del processo?

• Quali informazioni, documenti, persone e materiali sono necessari affinchè il

processo prenda avvio e si sviluppi;

• Quali attività compongono il processo?

• Quali sono gli output del processo?

• Quali prodotti e servizi vengono generati dal processo?

• Chi sono i clienti del processo?

• Quali sono le persone, i processi, le aziende e le applicazioni a cui è destinato

l’output del processo?

• Chi è responsabile della buona riuscita del processo?

Le fasi del progetto

95

• Quali sono i process owner?

• Quali fattori potranno influire negativamente sulla buona riuscita del

processo?

• Quali criticità potranno emergere nello svolgimento del processo?

Le risposte date dai soggetti intervistati si sono rivelate spesso incomplete e talvolta

contraddittorie fra un cantiere e l’altro. Ciò è dovuto a un’oggettiva difficoltà da

parte di persone abituate ad operare con logica “funzionale” a rileggere le proprie

attività in termini processuali, ovvero considerando le interconnessioni tra i vari

uffici, soggetti ed Enti. Spesso, infatti, è stato necessario richiamare il concetto di

processo, insistendo in particolare sulla differenza tra la figura del process owner,

quella degli esecutori delle attività di processo, e quella del responsabile funzionale

ed amministrativo. Una volta chiariti i maggiori dubbi e perplessità dei partecipanti

ai tavoli, si è potuto procedere più facilmente alla compilazione del diagramma

SIPOC, che viene riportato in Tab. 4.2, dove, oltre ai 5 elementi fondamentali

(supplier, input, process, output, customer) sono stati identificati anche i process

owner e le eventuali criticità che ci si aspetta possano emergere nell’esecuzione di

ciascun macro processo.

Capitolo 4

96

Tab. 4.2 Diagramma SIPOC per i macro processi del Servizio finanziario

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Le fasi del progetto

97

Tab. 4.2 Diagramma SIPOC per i macro processi del Servizio finanziario

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Capitolo 4

98

Tab 4.2 Diagramma SIPOC per i macro processi del Servizio finanziario

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Le fasi del progetto

99

4.3 Descrizione e mappatura dei processi

L’elaborazione del diagramma SIPOC ha permesso ai soggetti coinvolti,

tradizionalmente abituati ad immaginare l’organizzazione dei propri Enti come un

insieme di aree funzionali tra loro indipendenti, di iniziare a ragionare in termini di

processo, facilitando così la successiva fase di descrizione e mappatura vera e propria

dei processi.

In ogni cantiere è stato richiesto al gruppo di lavoro, solitamente formato da due o tre

persone per ogni Comune aderente all’Unione, di descrivere, partendo da quanto

viene svolto all’interno dei Comuni, i processi coinvolti nel Servizio finanziario e

contabile dell’UTI che erano stati individuati nella prima fase del progetto (Tab. 4.1).

Si è ritenuto necessario effettuare questo passaggio separatamente in ogni cantiere, in

modo da produrre una documentazione completa che tenesse conto delle diverse

percezioni che i vari Enti territoriali hanno di uno stesso processo. I processi di

competenza delle Unioni, infatti, sono stati descritti in modo diverso in ogni cantiere,

sia per la mancanza di chiari riferimenti disciplinari che regolassero le modalità di

gestione dei servizi da parte delle UTI, sia per il fatto che la descrizione ha coinvolto

molti soggetti provenienti da Comuni diversi e quindi abituati a procedere in modo

diverso per gestire uno stesso servizio, in base alle prassi consolidatesi nei propri

Enti di provenienza. Anche nel confronto all’interno di uno stesso cantiere, in cui il

gruppo di lavoro si componeva di soggetti appartenenti ad Enti territorialmente

limitrofi, si sono spesso riscontrate opinioni e prassi contrastanti riguardo allo

svolgimento di uno stesso processo, sintomo della mancanza di una chiara disciplina

regolamentare anche per gli stessi Comuni, il ché ha portato a svariati dibattiti su

quali fossero le prassi più corrette da adottare. Una volta risolti questi confronti, è

stato finalmente possibile pervenire in ogni cantiere alla descrizione univoca dei

processi in esame, e contemporaneamente alla loro rappresentazione grafica

supportata dallo strumento di modellazione Bizagi. Questo ha fatto sì che la

documentazione ottenuta risultasse omogenea tra i diversi cantieri e quindi adatta per

una successiva comparazione e semplificazione, al fine di pervenire alla

modellazione dei processi standard di riferimento per le Unioni di tutto il territorio

regionale.

È importante sottolineare che, in ogni cantiere in cui è stata attivata questa fase del

progetto sono stati individuati e quindi mappati solo alcuni dei processi riportati in

Tab. 4.1, ovvero quelli considerati più strategici per la gestione del Servizio

finanziario e contabile all’interno di quel cantiere. Tuttavia, la documentazione

ottenuta ha comunque consentito di realizzare una comparazione sufficientemente

ampia fra i processi descritti nei diversi cantieri, nella quale sono state identificate le

più importanti differenze ed analogie che hanno fornito gli spunti per la successiva

semplificazione e standardizzazione dei processi.

Capitolo 4

100

Vale la pena riportare in queste pagine le rappresentazioni grafiche di quei processi

considerati maggiormente critici per il Servizio finanziario, che sono stati analizzati

più approfonditamente nelle successive fasi del progetto, richiedendo anche

l’elaborazione di specifici regolamenti.

Per quanto riguarda il processo di redazione del bilancio di previsione, esso è stato

mappato in tutti e sette i cantieri territoriali in cui questa fase del progetto è stata

attivata: Collinare, Bassa Friulana orientale, Bassa Friulana occidentale, Torre,

Dolomiti friulane, Sile e Tagliamento, le cui relative mappature sono rappresentate

nelle seguenti figure.

Si noti che nei cantieri del Sile e delle Dolomiti friulane il processo è stato descritto e

quindi mappato in modo uguale, così come è avvenuto per i cantieri della Bassa

Friulana orientale ed occidentale, i quali, tra l’altro, diversamente da tutti gli altri,

hanno suddiviso il processo in tre milestones successive: “redazione bilancio”,

“approvazione bilancio” e “atti conseguenti”, come si vede in Fig. 4.1, 4.2 e 4.3.

Fig. 4.1 Prima fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana

orientale ed occidentale

Le fasi del progetto

101

Fig. 4.2 Seconda fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana

orientale ed occidentale

Fig. 4.3 Terza fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa

Friulana orientale ed occidentale

Capitolo 4

102

Come si può notare osservando le Fig. 4.4 e 4.5, il processo di bilancio rappresentato

graficamente nel cantiere del Collinare quasi del tutto identico a quello mappato nei

cantieri del Sile e delle Dolomiti friulane. Vi è però una differenza per quanto

riguarda l’attività di presentazione di emendamenti al bilancio da parte dei revisori,

che vedremo evidenziata nella fase di confronto tra processi, descritta nel prossimo

paragrafo.

Fig. 4.4 Processo di bilancio mappato nei

cantieri del Sile e delle Dolomiti friulane Fig. 4.5 Processo di bilancio mappato nel

cantiere del Collinare

Le fasi del progetto

103

Fig. 4.4 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Torre

Capitolo 4

104

Fig. 4.5 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Tagliamento

Da una prima rapida analisi delle mappature fin qui presentate, si possono notare

alcune analogie e differenze in termini di attività ed attori coinvolti nel processo.

Inoltre, è abbastanza evidente che in alcuni cantieri il processo di bilancio è stato

mappato ad un livello di dettaglio maggiore rispetto ad altri; nel cantiere del

Tagliamento (Fig. 4.7), ad esempio, la mappatura risulta visivamente molto più

lineare e semplice rispetto a quelle degli altri cantieri, sintomo che la descrizione del

processo è stata in primis meno dettagliata.

Per quanto riguarda il macro processo di ciclo attivo, il relativo processo di “gestione

delle entrate” è stato mappato nei cantieri del Collinare, del Sile e del Torre. In

questo caso le rappresentazioni del Collinare e del Sile sono risultate esattamente

identiche, mentre quella del Torre, oltre a coinvolgere un numero inferiore di

soggetti, è composta da un flusso di attività più lineare, ovvero privo di gateways e,

di conseguenza, di diramazioni.

Queste due diverse mappature sono riportate rispettivamente in Fig. 4.8 e 4.9.

Le fasi del progetto

105

Anche il ciclo passivo, come il ciclo attivo, è stato mappato solamente nei cantieri

del Collinare, del Sile e del Torre. In particolare, anche in questo caso, il relativo

processo di “gestione della spesa” è stato descritto e quindi rappresentato in modo

identico nei cantieri del Collinare e del Sile (Fig. 4.10), mentre il gruppo di lavoro

del cantiere del Torre ha agito ancora una volta ad un minor livello di dettaglio,

presentando quindi un processo più semplice e lineare (Fig. 4.11).

Fig. 4.6 Processo di gestione delle entrate

mappato nei cantieri del Collinare e del Sile Fig. 4.7 Processo di gestione delle

entrate mappato nel cantiere del Torre

Capitolo 4

106

Il processo di rendicontazione è stato mappato nei cantieri del Collinare, del Sile e

del Tagliamento. Ancora una volta le mappature del Sile e del Collinare risultano

identiche e le riportiamo quindi in un’unica figura (Fig. 4.12); la rappresentazione

del processo descritto nel cantiere del Tagliamento, invece, appare più semplice e

lineare (Fig. 4.13).

Fig. 4.8 Processo di gestione della spesa mappato

nei cantieri del Collinare e del Sile Fig. 4.9 Processo di gestione della

spesa mappato nel cantiere del Torre

Le fasi del progetto

107

Fig. 4.10 Processo di gestione della spesa mappato nei cantieri del Collinare e del Sile

Fig. 4.11 Processo di gestione della spesa mappato nel cantiere del Tagliamento

Capitolo 4

108

Per quanto riguarda il processo di “gestione fiscale”, esso è stato descritto

esclusivamente nel cantiere del Sile, come rappresentato in Fig. 4.14.

4.4 Confronto tra i processi mappati nei diversi cantieri

Dopo aver descritto e rappresentato graficamente nei vari cantieri le attività che

dovrebbero essere svolte una volta che la gestione del Servizio finanziario sarà

ufficialmente di competenza delle Unioni, il successivo obiettivo del progetto è

quello di fare sintesi ed uniformare quanto elaborato nei cantieri così da identificare e

descrivere dei processi standard, da fornire a tutto il territorio assieme ad una

documentazione univoca a cui poter fare riferimento per la gestione del Servizio in

forma associata.

Per raggiungere tale obiettivo è stato attivato un passaggio intermedio, consistente in

un confronto diretto tra i processi mappati nei diversi cantieri, ed in particolare tra le

attività e gli attori in essi coinvolti, al fine di individuare le principali differenze ed

analogie e capire quali siano le attività da considerare non a valore aggiunto per il

processo. In quest’ottica, i processi mappati nei diversi cantieri costituiscono un

importante input per la successiva fase di standardizzazione; infatti, da una loro

diretta comparazione è possibile ottenere diversi spunti di riflessione su quali siano le

modalità più corrette di procedere, evitando di dover partire da zero nel definire un

processo standard di riferimento che possa essere adottato in tutte le realtà territoriali.

L’analisi delle differenze e delle analogie tra processi non ha coinvolto direttamente

il personale degli Enti locali, ma è stata il risultato di una rielaborazione da parte di

ComPA FVG di tutta la documentazione ottenuta fino a questo punto nei diversi

cantieri.

Per ogni processo oggetto di analisi, sono state elaborate due tabelle comparative: la

prima individua, per ogni cantiere, quali attori sono stati coinvolti nel processo,

mentre la seconda riporta le differenze tra le attività mappate.

Il primo processo oggetto di analisi è quello del bilancio. La Tab. 4.3 mostra le

principali differenze tra i processi mappati nei vari cantieri in termini di attori

Fig. 4.12 Processo di gestione fiscale mappato nel cantiere del Sile

Le fasi del progetto

109

coinvolti, riportando sull’asse delle ascisse i nomi dei cantieri in cui è stata attivata la

fase di mappatura dei processi, e sull’asse delle ordinate tutti gli attori in esse citati.

Nelle caselle interne, un “sì” indica che nella mappatura di un determinato cantiere è

stata coinvolta una certa figura; un “no”, che quel cantiere non ha attribuito alcuna

attività del processo a quel soggetto.

Tab. 4.3 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di bilancio

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Capitolo 4

110

Osservando la Tab. 4.3 si nota che i cantieri delle Dolomiti friulane, del Sile e del

Collinare presentano esattamente gli stessi attori coinvolti (Assemblea dei

Sindaci/Giunta Comunale (A), Revisori (B), Ufficio Servizi finanziari UTI (C),

Consigli Comunali (D), Regione/Stato (E) ed Uffici UTI/Comunali (F)), mentre il

processo mappato nel cantiere del Torre si discosta di poco dai precedenti,

coinvolgendo in più gli Amministratori (L) e non attribuendo alcuna attività ai

Consigli Comunali.

Il processo del cantiere Tagliamento rende partecipi anche i Sindaci (I), che hanno il

compito di trasmettere i bilanci Comunali, ma non coinvolge gli attori Regione/Stato

(E) e Uffici UTI/Comunali (F).

Infine, gli attori implicati nei cantieri della Bassa Friulana orientale ed occidentale

sono esattamente gli stessi e risultano più numerosi rispetto a quelli riportati dai

precedenti cantieri. Questo è dovuto al fatto che in questi ultimi due territori il

livello di dettaglio utilizzato nella mappatura dei flussi di processo è stato più elevato

rispetto agli altri.

Si può inoltre notare che soltanto tre attori sui dieci totali sono stati considerati in

tutti i cantieri analizzati, ovvero Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale, Revisori e

Ufficio Servizi Finanziari UTI. I Consigli Comunali e gli Uffici UTI/Comunali sono

comunque presenti nella quasi totalità dei processi rappresentati.

La seconda parte dell’analisi comparata ha riguardato, come già accennato, il

confronto tra le varie attività inserite all’interno del processo nei diversi cantieri. È

stato necessario prima di tutto elaborare un elenco che contenesse, in ordine più o

meno cronologico, le principali attività coinvolte nei diversi flussi mappati:

1. Raccolta ed elaborazione dei dati utili per redigere il bilancio;

2. Quadratura tra risorse disponibili e richieste;

3. Redazione di una prima bozza di bilancio;

4. Armonizzazione con i bilanci comunali;

5. Attività di verifica: approvazione dello schema di bilancio e successiva

revisione/riprogrammazione se non approvato;

6. Emissione del parere sullo schema di bilancio;

7. Presentazione di emendamenti allo schema di bilancio;

8. Emissione del parere tecnico sugli emendamenti;

9. Modifica del bilancio sulla base degli emendamenti;

10. Approvazione bilancio + emendamenti;

11. Completamento dello schema di bilancio comunale sulla base del bilancio

UTI;

12. Comunicazioni obbligatorie;

13. Redazione e approvazione del piano performance/PEG comunale/UTI;

14. Assegnazione bilancio.

Le fasi del progetto

111

Analogamente al confronto sugli attori coinvolti, in Tab. 4.4 sono riportate, per ogni

cantiere, quali attività fanno parte del processo di bilancio mappato e quali attori

devono dovrebbero svolgerle.

Tab. 4.4 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di bilancio

Dolomiti

friulane Sile Collinare Torre Tagliamento

Bassa

Friulana

orientale

Bassa

Friulana

occidentale

1 C C C C C C C

2 - - - C - - -

3 C C C C C C C

4 - - - - C C C

5 A+C A+C A+C A - A+C A+C

6 B B B B B B B

7 D+B D+B D D D D D

8 - - - - - C C

9 C C C C - - -

10 A+D A+D A+D A+D A A+D A+D

11 - - - - - C C

12 C C C C - C C

13 - - - - - G+H G+H

14 C C C L - C C

Osservando la tabella, si può notare che i flussi mappati nei diversi cantieri sono in

generale molto simili per quanto riguarda le attività coinvolte.

In particolare, i flussi di attività dei cantieri delle Dolomiti friulane e del Sile sono

esattamente identici tra loro, e lo stesso vale per il Collinare, il cui processo di

bilancio prevede però che la presentazione di emendamenti al bilancio possa

avvenire solamente da parte dei Consigli Comunali, e non dai revisori.

Capitolo 4

112

Il processo del cantiere del Torre aggiunge invece l’attività di quadratura tra risorse

disponibili e richieste, mentre i restanti tre cantieri differiscono in maggior misura

dai precedenti.

Il flusso del cantiere Tagliamento coinvolge un numero inferiore di attività, non

considerando quelle conseguenti all’approvazione del bilancio. Inoltre, non è stata

rappresentata alcuna verifica della correttezza dello schema di bilancio prima della

sua approvazione.

I flussi dei cantieri della Bassa Friulana orientale ed occidentale risultano

esattamente identici tra loro e coinvolgono un numero di attività maggiore rispetto ai

precedenti. In particolare, sono state differenziate e successivamente collegate tra

loro le attività appartenenti al processo di redazione dei bilanci comunali e quelle

relative alla redazione del bilancio dell’Unione, in modo da avere una visione più

chiara di come i bilanci comunali influenzino il bilancio dell’UTI e viceversa.

Per quanto riguarda il processo di “gestione delle entrate” incluso nel macro processo

di ciclo attivo, le due tabelle seguenti sintetizzano le principali differenze riscontrate

nella sua rappresentazione da parte dei vari cantieri.

Si può notare che anche in questo caso la rappresentazione del processo da parte dei

cantieri del Sile e del Collinare è esattamente uguale, sia in termini di attori coinvolti,

sia per quanto riguarda le attività e le responsabilità su di esse.

Il cantiere del Torre, invece, fa iniziare il processo con l’attività di apposizione del

visto di regolarità contabile, e introduce alla fine l’attività di verifica di imputazione

del sospeso, entrambe assenti nelle altre descrizioni. Nel Torre sono però state

omesse le attività di pagamento, riscossione e verifica delle riscossioni, precedenti a

quella di incasso da parte della tesoreria e dei vari agenti contabili.

Tab. 4.5 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di gestione

delle entrate

Collinare Sile Torre

Uffici responsabili

Entrate SÌ SÌ SÌ

Ufficio Servizi

finanziari UTI SÌ SÌ SÌ

Tesoreria SÌ SÌ SÌ

Soggetto pagante SÌ SÌ NO

Ufficio riscossioni

coattive SÌ SÌ NO

Posta/Agenti

contabili NO NO SÌ

Le fasi del progetto

113

Elenchiamo e numeriamo le 15 principali attività individuate nel processo di gestione

delle entrate, che sono state riportate in Tab. 4.6 per l’analisi delle attività:

1. Apposizione del visto di regolarità contabile;

2. Registrazione contabile dell’accertamento;

3. Verifica del numero di accertamento;

4. Pagamento;

5. Riscossione;

6. Verifica delle riscossioni;

7. Riconciliazione delle riscossioni e degli accertamenti;

8. Riscossione coattiva;

9. Incasso;

10. Emissione eventuale fattura e relativa registrazione fiscale;

11. Verifica di imputazione del sospeso;

12. Emissione della reversale di incasso.

Tab. 4.6 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di gestione

delle entrate

Collinare Sile Torre

1 - - Ufficio Servizi finanziari UTI

2 Ufficio Servizi

finanziari UTI

Ufficio Servizi

finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI

3 Uffici responsabili

Entrate

Uffici responsabili

Entrate -

4 Soggetto pagante Soggetto pagante -

5 Tesoreria Tesoreria -

6 Uffici responsabili

Entrate

Uffici responsabili

Entrate -

7 Uffici responsabili

Entrate

Uffici responsabili

Entrate -

8 Ufficio riscossioni

coattive

Ufficio riscossioni

coattive -

9 - - Tesoreria/Poste/Agenti

Contabili

10 - - Ufficio Servizi finanziari UTI

11 - - Ufficio Servizi finanziari UTI

+ uffici responsabili Entrate

12 Ufficio Servizi

finanziari UTI

Ufficio Servizi

finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI

Capitolo 4

114

In Tab. 4.7 e 4.8 sono illustrati i confronti tra gli attori e le attività coinvolte nel

processo di gestione della spesa, appartenente al macro processo di ciclo passivo.

Anche in questo caso, le mappature dei cantieri del Collinare e del Sile sono

identiche, mentre la descrizione del processo da parte del cantiere del Torre è stata

effettuata ad un livello di dettaglio minore; infatti, essa ha considerato tra gli attori

coinvolti nel processo, soltanto gli uffici responsabili della spesa dei Comuni e

dell’Unione, ivi compreso l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI.

Tab. 4.7 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di gestione

della spesa

Collinare Sile Torre

Uffici responsabili

Uscite SÌ SÌ SÌ

Ufficio Servizi

finanziari UTI SÌ SÌ SÌ

Segreteria

UTI/comunale SÌ SÌ NO

Ufficio protocollo

UTI/comunale SÌ SÌ NO

Fornitore SÌ SÌ NO

Il seguente elenco sintetizza le principali attività coinvolte nel processo di gestione

della spesa da parte delle UTI:

1. Emissione della determina di impegno;

2. Verifica di regolarità contabile e copertura finanziaria;

3. Registrazione contabile dell’impegno di spesa;

4. Pubblicazione;

5. Effettuazione della spesa;

6. Trasmissione della fattura elettronica;

7. Verifica di correttezza della fattura;

8. Registrazione della fattura;

9. Emissione dell’atto di liquidazione;

10. Emissione del mandato di pagamento

11. Gestione dello split payment;

12. Registrazione sulla piattaforma crediti.

Dal confronto riportato in Tab. 4.8 si nota ancora una volta il minor livello di

dettaglio adottato dal cantiere del Torre nella descrizione del processo; infatti, alcune

attività, tra cui l’effettuazione della spesa da parte degli uffici responsabili delle

uscite, non sono state considerate nella rappresentazione grafica del processo.

Le fasi del progetto

115

Tab. 4.8 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di gestione

della spesa

Collinare Sile Torre

1 Uffici responsabili

Uscite

Uffici responsabili

Uscite

Uffici responsabili

Uscite

2 Ufficio Servizi

finanziari UTI

Ufficio Servizi

finanziari UTI

Ufficio Servizi

finanziari UTI

3 Ufficio Servizi

finanziari UTI

Ufficio Servizi

finanziari UTI

Ufficio Servizi

finanziari UTI

4 Segreteria

UTI/comunale

Segreteria

UTI/comunale -

5 Uffici responsabili

Uscite

Uffici responsabili

Uscite -

6 Fornitore e ufficio

protocollo

Fornitore e ufficio

protocollo -

7 Uffici responsabili

Uscite

Uffici responsabili

Uscite

Uffici responsabili

Uscite

8 Ufficio Servizi

finanziari UTI

Ufficio Servizi

finanziari UTI

Ufficio Servizi

finanziari UTI

9 Uffici responsabili

Uscite

Uffici responsabili

Uscite

Uffici responsabili

Uscite

10 Ufficio Servizi

finanziari UTI

Ufficio Servizi

finanziari UTI

Uffici responsabili

Uscite

11 Ufficio Servizi

finanziari UTI

Ufficio Servizi

finanziari UTI -

12 Ufficio Servizi

finanziari UTI

Ufficio Servizi

finanziari UTI -

Le ultime due tabelle di questo paragrafo si riferiscono al processo di

rendicontazione descritto nei cantieri del Sile e del Tagliamento.

Il confronto riportato in Tab. 4.9 rivela che per quanto riguarda i soggetti coinvolti in

questo processo, i due cantieri hanno considerato esattamente lo stesso insieme di

attori. Per quanto riguarda le attività svolte nel processo, esse sono sintetizzate nel

seguente elenco:

1. Raccolta dati provenienti da altri uffici;

2. Verifica e correzione di accertamenti ed impegni di competenza;

3. Riaccertamento ordinario dei residui;

4. Redazione dello schema di rendiconto ed allegati;

5. Approvazione dello schema di rendiconto da parte dell’Assemblea dei

Sindaci/Giunta Comunale;

Capitolo 4

116

6. Emissione del parere su schema di rendiconto ed allegati;

7. Approvazione definitiva del rendiconto;

8. Comunicazioni obbligatorie.

Osservando la Tab. 4.10 si nota che i due cantieri hanno considerato in generale le

stesse attività nel flusso di rendicontazione mappato. Vi è però una differenza

importante che riguarda l’attività di approvazione del rendiconto. Infatti, mentre il

primo cantiere considera sia il rendiconto dei Comuni che quello dell’UTI,

coinvolgendo quindi nella loro approvazione sia i Consigli Comunali che

l’Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale, il secondo affida invece questo compito

ai soli Consigli Comunali, senza considerare la rendicontazione per la stessa UTI.

Tab. 4.9 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di

rendicontazione

Sile Tagliamento

Ufficio Servizi finanziari

UTI SÌ SÌ

Assemblea dei Sindaci/

Giunta Comunale SÌ SÌ

Altri uffici

UTI/comunali SÌ SÌ

Consigli Comunali SÌ SÌ

Revisori SÌ SÌ

Tab. 4.10 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di

rendicontazione

Sile Tagliamento

1 Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI

2 - Ufficio Servizi finanziari UTI

3 - Ufficio Servizi finanziari UTI

4 Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI +

uffici comunali

5 Assemblea dei Sindaci/Giunta

Comunale

Assemblea dei Sindaci/Giunta

Comunale

6 Revisori Revisori

7

Assemblea dei Sindaci/Giunta

Comunale (UTI); Consigli

Comunali (Comuni)

Consigli Comunali (Comuni)

8 Ufficio Servizi finanziari UTI -

Le fasi del progetto

117

Per quanto riguarda il processo di “gestione fiscale”, esso è stato descritto e

rappresentato graficamente solo nel cantiere del Sile, come mostrato nel paragrafo

precedente. Per questo motivo non è stato possibile realizzare per tale processo una

comparazione analoga a quella eseguita ed illustrata per gli altri quattro processi.

Nella successiva fase del progetto, quindi, il centro di competenza ha costruito e

standardizzato il processo di “gestione fiscale” facendo riferimento alla sola

rappresentazione effettuata nel cantiere del Sile, oltre ovviamente alle proprie

competenze ed esperienze personali.

4.5 Semplificazione e standardizzazione dei processi

La quinta fase del progetto può essere considerata anche la più importante per la

presente tesi, essendo quella che contribuisce in modo più evidente al

raggiungimento delle finalità e degli obiettivi che ci siamo posti. In questa fase,

infatti, i processi precedentemente descritti e mappati separatamente nei vari cantieri

sono stati visionati ed ulteriormente confrontati da parte del team58

di esperti che

forma il centro di competenza contabile, al fine di formulare una loro

sistematizzazione, che ha consentito di identificarne una rappresentazione unica che

potrà fungere da linea guida per la gestione del Servizio finanziario e contabile in

tutte le Unioni costituite sul territorio regionale.

Questo obiettivo è stato raggiunto attraverso una serie di incontri con i soggetti

appartenenti al centro di competenza, che hanno potuto innanzitutto prendere visione

del lavoro svolto fino a quel punto da ComPA FVG nei diversi cantieri. Durante

questi incontri il confronto e la discussione hanno consentito di distinguere nei

diversi processi le attività a valore aggiunto da quelle derivanti da prassi e procedure

interne ai singoli Enti, e di riflettere sulle esigenze derivanti dal nuovo assetto

territoriale. Il centro di competenza è così riuscito a semplificare notevolmente i

processi precedentemente descritti nei cantieri e ad elaborare delle rappresentazioni

di sintesi.

Anche in questa fase non sono mancate opinioni divergenti riguardo ad uno stesso

processo o attività, ma il lavoro di gruppo è servito proprio a far emergere diversi

punti di vista, che hanno offerto continui spunti di riflessione sul processo analizzato

ed hanno consentito di sviscerare alcuni passaggi critici e di identificare una

soluzione condivisa da proporre come “standard”.

I dubbi e le incertezze emersi durante gli incontri sono stati chiariti generalmente

grazie al confronto diretto e alla naturale condivisione di idee da parte dei

58

Il gruppo di lavoro è composto da 6 funzionari pubblici, provenienti da diversi Enti locali, che

mettendo a disposizione le proprie competenze e servendosi del lavoro svolto nei diversi cantieri

territoriali, sono riusciti a delineare l’assetto della futura funzione finanziaria dell’Unione, definendo

una volta per tutte il modus operandi di riferimento per le nascenti UTI.

Capitolo 4

118

partecipanti, ma nei casi più critici è stato necessario ricorrere alla consultazione dei

documenti normativi a disposizione.

Alla fine si è giunti ad una descrizione unanime dei processi analizzati, e di

conseguenza ad una loro rappresentazione ufficiale e definitiva per mezzo dello

standard BPMN, il tutto sotto il coordinamento di ComPA FVG.

In queste pagine riportiamo i risultati concreti di questa fase di semplificazione e

standardizzazione dei processi, ovvero le rappresentazioni grafiche dei cinque

processi esaminati, ottenute utilizzando lo strumento Bizagi. Per ogni

rappresentazione grafica ci sarà, inoltre, una breve descrizione a parole di quanto

illustrato, sottolineando la grande leggibilità di questo strumento, che da una rapida

osservazione del flusso permette immediatamente di capire “chi fa che cosa” e

“quando”. Per rendere più agevole la comprensione dei flussi che descrivono il

“processo produttivo” di questa funzione dell’UTI, è opportuno ricordare quanto

accennato nel capitolo precedente circa la disciplina normativa. La lr 26/2014

prevede infatti che le funzioni di cui all’art. 27 in cui rientra quella di Servizi

finanziari, siano gestite “in avvalimento” attraverso l’UTI. Ciò comporta che il

servizio finanziario dell’UTI debba svolgere contemporaneamente tutte le attività

della funzione finanziaria per conto di ciascun Comune e dell’UTI. Ciò significa che

esso dovrà interfacciarsi da un lato con le Giunte Comunali e dall’altro con

l’Assemblea dell’UTI. Nel contempo è necessario che vi sia una forte

interconnessione fra movimenti e documenti economico-finanziari di tutti gli Enti

che costituiscono l’Unione e dell’UTI stessa, dovendo quest’ultima gestire attività e

funzioni per i primi. Pertanto, la gestione del Servizio finanziario dovrà essere

organizzata con un doppio binario, prevedendo momenti di interscambio.

Uno dei processi in cui questa situazione è immediatamente visibile è quello di

redazione del Bilancio di previsione, la cui rappresentazione dopo la

standardizzazione è illustrata in Fig. 4.15.

Come si può notare, il grafico comprende sia la redazione del bilancio di previsione

dei Comuni aderenti all’Unione sia quella relativa all’Unione stessa. Procedendo

dall’alto verso il basso, gli attori coinvolti nel processo sono: gli Amministratori, i

Consigli Comunali, gli uffici UTI/comunali, l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI e la

Giunta Comunale/Assemblea dei Sindaci. Vi sono inoltre altri due soggetti, revisori e

Regione/Stato, che essendo esterni all’Ente sono stati posti in una pool diversa da

quella contenente il processo in esame. In totale, comunque, sono presenti solo 7 dei

10 attori individuati nella precedente fase del progetto, il ché fornisce già una prima

indicazione della semplificazione effettuata.

Le fasi del progetto

119

Fig. 4.13 Processo definitivo di redazione del bilancio di previsione (UTI e Comuni)

Capitolo 4

120

La prima parte del processo è esattamente identica per i due tipi di bilancio

(comunale e dell’Unione) e prende avvio dalla redazione, sulla base delle linee

programmatiche provenienti degli amministratori (Giunta per i Comuni ed

Assemblea per l’UTI), di un budget previsionale da parte di ogni singolo ufficio

dell’Ente. L’ufficio Servizi finanziari dell’UTI, dopo aver ricevuto eventuali linee

programmatiche da parte della Regione e/o dello Stato, opera una sintesi dei dati utili

per redigere il bilancio, a cui fa seguire la quadratura tra le risorse richieste e quelle

disponibili. Se la quadratura viene raggiunta, la Giunta Comunale/Assemblea dei

Sindaci può approvare le bozze di bilancio, sulle quali i revisori contabili ed i

Consigli Comunali esprimono successivamente il proprio parere; altrimenti, viene

richiesto ad amministratori ed uffici UTI/comunali di riformulare i propri obiettivi e

budget previsionali, finché la quadratura non sarà raggiunta. Una volta espresso il

parere da parte dei Consigli Comunali sulle bozze di bilancio, i percorsi dei due tipi

di bilancio si dividono. Per quanto riguarda il bilancio dell’UTI, se i Consigli

Comunali non hanno presentato emendamenti o gli emendamenti sono stati recepiti,

il bilancio UTI viene definitivamente approvato dall’Assemblea dei Sindaci;

altrimenti, l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI ed i revisori contabili esprimono il

proprio parere sugli emendamenti, prima che l’Assemblea dei Sindaci proceda

all’approvazione finale del bilancio.

La stessa cosa vale per i bilanci comunali, che devono però essere approvati in via

definitiva dagli stessi Consigli Comunali e non dall’Assemblea dei Sindaci

dell’Unione. Dopo l’attività di approvazione i due percorsi si riallineano nuovamente

con l’approvazione della ripartizione in macroaggregati e capitoli, le comunicazioni

ufficiali e l’assegnazione del bilancio, che chiude il processo.

Le fasi del progetto

121

Il processo di ciclo attivo o “gestione delle entrate” è invece rappresentato nel

seguente grafico.

Fig. 4.14 Processo definitivo di ciclo attivo

Capitolo 4

122

In questo caso, gli attori coinvolti nel processo sono la tesoreria, il soggetto pagante,

l’amministrazione, l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI, l’ufficio responsabile delle

entrate ed Equitalia (o altro ente di recupero crediti). Il flusso di attività inizia con

l’approvazione del PEG e l’assegnazione del budget di entrata da parte

dell’amministrazione. Successivamente, l’ufficio responsabile delle entrate redige la

determina di accertamento sulla quale l’ufficio finanziario dell’UTI (di seguito

chiamato anche “Ragioneria”) ha il compito di effettuare il controllo di regolarità. Se

la regolarità è confermata, la determina viene registrata, mentre in caso contrario essa

dev’essere modificata dall’ufficio responsabile delle entrate, fino alla conferma della

sua regolarità. Dopo la registrazione contabile della determina, il processo può

proseguire verso due strade alternative a seconda del tipo di entrata: se si tratta di un

pagamento non automatico, infatti, la Ragioneria deve inviare al soggetto pagante

una richiesta di pagamento; a questo punto, una volta effettuato il pagamento la

tesoreria può incassare l’importo. Seguono l’emissione della reversale d’incasso da

parte della Ragioneria e la sua trasmissione alla tesoreria per la regolarizzazione.

Parallelamente, l’ufficio responsabile delle entrate verifica l’effettiva riscossione

degli accertamenti: nel caso l’esigibilità sia confermata, la Ragioneria procede con la

registrazione contabile dell’incasso; in caso contrario l’ufficio competente

dell’entrate può attivare il recupero crediti in modo “bonario”, cioè ripetendo la

richiesta di pagamento al soggetto debitore fino a quando l’esigibilità non è

confermata, oppure in maniera “coattiva”, affidando ad Equitalia o ad un altro ente di

riscossione crediti il compito di riscuotere l’importo.

In Fig. 4.17 è rappresentato il processo di ciclo passivo o “gestione delle uscite”, che

coinvolge, simmetricamente rispetto al ciclo attivo appena descritto, la tesoreria, il

fornitore, l’amministrazione e l’ufficio responsabile delle uscite.

Il processo inizia con l’assegnazione delle risorse finanziarie ai responsabili dei

servizi da parte dell’amministrazione; dopodiché, se l’affidamento è indiretto,

l’ufficio responsabile delle uscite emana la determina a contrarre attivando la

procedura di gara, altrimenti, se l’affidamento è diretto non è necessario indire

alcuna gara: l’ufficio responsabile adotta direttamente la determina di affidamento ed

assume l’impegno di spesa.

A questo punto la Ragioneria UTI ha il compito di registrare l’impegno di spesa

dopo aver verificato la regolarità contabile di tale impegno; qualora invece la

regolarità non sia confermata, il processo non può continuare. Una volta apposto il

visto di regolarità contabile, l’ufficio competente per le uscite può formalizzare il

contratto con il fornitore del prodotto o servizio, e dovrà poi controllare che il

contratto venga eseguito correttamente, affinchè il fornitore possa emettere la fattura.

Il fornitore che non si attenga a quanto previsto dal contratto riceverà una

contestazione da parte dell’Ente e non potrà emettere la fattura finché la prestazione

non sarà eseguita correttamente. L’ufficio competente entrate dovrà inoltre verificare

la regolarità della fattura presentata dal fornitore e respingerla con motivazione

Le fasi del progetto

123

qualora non risulti regolare. Se la fattura è regolare, l’ufficio competente entrate

procede alla sua liquidazione e la Ragioneria ne verifica la regolarità contabile. Se la

regolarità è confermata, la fattura viene registrata contabilmente e viene trasmesso il

mandato di pagamento con o senza split payment alla tesoreria, la quale procede al

pagamento della prestazione al fornitore per conto dell’Ente.

Fig. 4.15 Processo definitivo di ciclo passivo

Capitolo 4

124

Il seguente grafico riporta il flusso di attività del processo redazione del rendiconto

dell’UTI e dei Comuni.

Gli attori coinvolti nel processo di rendicontazione sono l’ufficio Servizi finanziari

dell’UTI, gli uffici UTI/comunali, l’Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale, i

Consigli Comunali ed i revisori. La parte iniziale del flusso non cambia in funzione

del tipo di rendiconto considerato (UTI o comunale) e prende avvio con le operazioni

di riaccertamento ordinario dei residui da parte degli uffici UTI/comunali. I dati

risultanti da queste operazioni vengono elaborati dall’ufficio Servizi finanziari

dell’UTI per redigere una proposta di determina. La proposta di riaccertamento viene

inviata ai revisori che esprimono un parere al riguardo, per essere poi approvata

dall’Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale. A questo punto la Ragioneria

raccoglie presso gli altri uffici UTI/Comunali le informazioni necessarie per redigere

Fig. 4.16 Processo di redazione del rendiconto (UTI e Comuni)

Le fasi del progetto

125

il rendiconto, e dopo la redazione il processo si divide: se si sta considerando il

rendiconto dei Comuni, la Giunta Comunale deve approvare la relazione illustrativa

e lo schema di rendiconto, sul quale i revisori formuleranno il proprio parere, prima

che il rendiconto dei Comuni venga approvato dai Consigli Comunali; se invece si

stratta del rendiconto dell’UTI, il relativo schema di rendiconto dev’essere approvato

dall’Assemblea dei Sindaci che, prima di approvare il rendiconto in via definitiva,

chiedono il parere sullo schema ai revisori. All’approvazione definitiva del

rendiconto, sia esso comunali e dell’Unione, seguono le comunicazioni obbligatorie,

in cui dev’essere compresa la certificazione di bilancio.

Riportiamo infine la rappresentazione standardizzata del processo di gestione fiscale,

che appare più semplice rispetto ai processi fin qui analizzati, se si considerano il

numero di attori coinvolti e le interazioni tra di essi; infatti, i soggetti che

contribuiscono alla gestione fiscale all’interno dell’Unione sono solamente tre:

l’ufficio Servizi finanziari, gli uffici UTI/comunali e la tesoreria. Il centro di

competenza contabile ha però individuato due diversi processi appartenenti al macro

processo di gestione fiscale: uno in cui l’ente agisce come soggetto d’imposta, e

l’altro in cui rappresenta il sostituto d’imposta.

Il processo di gestione fiscale come soggetto d’imposta è rappresentato in Fig. 4.19,

dove vediamo che le attività possono avviarsi in due modi alternativi: se non c’è

rilevanza fiscale, gli uffici comunali/UTI liquidano la fattura senza rilevanza fiscale e

il processo continua come ciclo attivo o passivo; altrimenti, gli uffici devono

trasmettere alla Ragioneria informazioni sul documento attivo o passivo in questione

ed effettuare la liquidazione con rilevanza fiscale. A questo punto, l’ufficio Servizi

finanziari dell’UTI effettua le registrazioni fiscali, elabora i dati ai fini delle

liquidazioni periodiche ed effettua il versamento all’Agenzia delle Entrate tramite

F24 telematico. Al versamento segue il pagamento dei tributi da parte della tesoreria,

dopo il quale la Ragioneria procede con i controlli e le eventuali denunce e può

infine trasmettere le dichiarazioni annuali all’Agenzia delle Entrate.

Il processo di gestione fiscale come sostituto d’imposta è rappresentato in Fig. 4.20,

dove si vede che le attività hanno inizio con la determinazione dei presupposti

impositivi e dell’imposta da parte degli uffici UTI/comunali, a cui segue l’azione di

liquidazione. Dopo la liquidazione, l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI si occupa di

effettuare le ritenute fiscali e, successivamente , di emettere il mandato di pagamento

al creditore. Contemporaneamente lo stesso ufficio elabora i dati ai fini delle

liquidazioni periodiche ed effettua il versamento tramite F24 all’Agenzia delle

Entrate. Come nel caso del soggetto d’imposta, una volta che la tesoreria avrà pagato

i tributi, la Ragioneria procederà con i controlli e le eventuali denunce e potrà infine

trasmettere le dichiarazioni annuali all’Agenzia delle Entrate. Il processo termina

quando la tesoreria ha effettuato anche il pagamento al creditore.

Capitolo 4

126

Fig. 4.17 Processo definitivo di gestione fiscale (soggetto d'imposta)

Fig. 4.18 Processo definitivo di gestione fiscale (sostituto d'imposta)

Le fasi del progetto

127

4.6 Redazione dei regolamenti

Scopo del progetto nextPA, si è detto essere quello di accompagnare la Pubblica

Amministrazione locale nel processo di riordino degli enti territoriali della Regione,

favorendo una crescita delle professionalità ma anche dotando gli Enti di strumenti e

metodologie utili per affrontare i cambiamenti e gestire il nuovo assetto

organizzativo. Uno degli strumenti che la PA considera basilari per la gestione dei

propri Servizi è il Regolamento. ComPA ha quindi ritenuto fondamentale realizzare

attraverso il centro di competenza anche questa attività. L’elemento innovativo, però,

è stato quello di procedere alla stesura del regolamento partendo dai flussi descrittivi

dei processi. Dopo aver semplificato e standardizzato i processi associati alla

gestione del Servizio finanziario delle Unioni, ottenendo così le loro rappresentazioni

grafiche definitive, si è proceduto infatti ad elaborare, insieme al centro di

competenza contabile, il regolamento che disciplina la gestione di tale funzione. I

regolamenti, insieme alle rappresentazioni grafiche dei processi, costituiscono la

road map di cui i funzionari pubblici potranno servirsi per operare all’interno delle

Unioni.

Al centro di competenza contabile è stato chiesto innanzitutto di individuare gli

argomenti che necessitavano di essere disciplinati per mezzo di un regolamento,

evitando quindi di riportare al suo interno interi passaggi già disciplinati da testi

normativi come si riscontra frequentemente nella maggior parte dei Regolamenti

comunali, redatti con approccio burocratico piuttosto che organizzativo. È stato

stilato il seguente indice, in cui gli stessi argomenti sono stati raggruppati in base al

macro processo di appartenenza:

• Ciclo della programmazione

- Approvazione del bilancio

- Approvazione del DUP

- Approvazione del PEG

- Variazioni della programmazione

• Ciclo della gestione

- Ciclo attivo

- Ciclo passivo

- Gestione fiscale

- Controlli interni

- Variazioni della gestione

• Ciclo della rendicontazione

- Revisione ordinaria dei residui

- Rendicontazione

• Revisione economico-finanziaria

• Tesoreria

Capitolo 4

128

Il lavoro di stesura dei regolamenti si è svolto essenzialmente in due fasi: nella prima

fase, ogni partecipante del centro di competenza si è focalizzato su un diverso

processo, elaborando una prima bozza della parte di regolamento relativa a quel

processo sulla base delle proprie personali conoscenze e dei riferimenti di carattere

normativo e statutario a disposizione. Essendo sei i soggetti coinvolti nel centro di

competenza, sei sono state le parti di regolamento finora elaborate: approvazione del

bilancio, ciclo attivo, ciclo passivo, gestione fiscale, rendicontazione e variazioni

della gestione, cinque delle quali coincidono con i processi precedentemente

analizzati.

Nella seconda fase, che è stata finora portata a termine solo per due delle sei parti

sopracitate, le bozze sono state condivise e discusse con l’intero centro di

competenza contabile, ricorrendo anche alla consultazione delle mappature ufficiali

al fine di chiarire eventuali dubbi emersi durante la redazione delle bozze e di

elaborarne la versione definitiva.

È fondamentale che il regolamento disciplinante un processo sia coerente con quanto

mappato nella sua rappresentazione grafica, in quanto mappatura e parte descrittiva

dovranno essere considerati due documenti complementari, che insieme devono

riuscire a dare una visione chiara ed esauriente di come gestire il Servizio e la

funzione.

In particolare, mentre la mappatura chiarisce la sequenza delle attività da svolgere e

le responsabilità dei soggetti coinvolti per ognuna di esse, le descrizioni disciplinano

il modo in cui tali attività devono essere svolte, evidenziandone i termini entro i quali

possono iniziare e devono essere completate, ed elencando i documenti i documenti

che è necessario elaborare.

In questo paragrafo riportiamo il testo dei due regolamenti finora stilati, ovvero

quelli del ciclo passivo e della rendicontazione. In “grassetto” sono stati evidenziati i

vincoli di tipo temporale determinati dal centro di competenza in fase di stesura del

regolamento. Si può notare che quanto disciplinato va di pari passo con la

descrizione dei processi in termini di flusso avvenuta nella fase precedente, il ché

indica che il vincolo di coerenza tra i due documenti è stato rispettato, cosa tra l’altro

abbastanza ovvia dal momento che, come già accennato, le mappature dei processi

sono state punto di partenza e oggetto di continua consultazione per il

completamento delle parti descrittive. Le rappresentazioni grafiche dei processi con

Bizagi possono quindi essere considerate, oltre che dei risultati operativi delle prime

fasi del progetto, anche degli strumenti di supporto alle fasi successive e parti

integranti del Regolamento del Servizio.

Presentiamo di seguito la parte di Regolamento relativa al ciclo passivo, che è

costituita da sei diversi articoli. Il primo articolo “La gestione della spesa”, riporta

semplicemente le fasi attraverso le quali si sviluppa la gestione della spesa, ovvero

l’impegno di spesa, la liquidazione, l’ordinazione ed il pagamento.

Le fasi del progetto

129

Il secondo articolo disciplina la prima fase della gestione della spesa, l’impegno di

spesa, riportando quanto segue:

“Il Piano Esecutivo di Gestione e Sviluppo (PEG) assegna ai responsabili di Servizio

per ciascun centro di responsabilità primaria, gli obiettivi di gestione e le dotazioni

finanziarie, umane e strumentali necessarie al loro raggiungimento.

Il responsabile di Servizio è responsabile della gestione del procedimento

amministrativo di assunzione dell’atto di impegno, nonché della realizzazione

dell’intervento cui è finalizzata, della liquidazione e del pagamento.

La procedura prende avvio con la determina a contrarre. In tale fase il responsabile

del Servizio controlla la disponibilità delle risorse e le prenota. Le attività

proseguono con l’adozione della determina di impegno debitamente sottoscritta e

completa di tutti gli elementi richiesti dalla normativa in vigore e da disposizioni

interne; essa diventa esecutiva con l’apposizione del visto di regolarità contabile

attestante la copertura finanziaria da parte del responsabile del Servizio finanziario.

Tale visto deve essere apposto entro il giorno lavorativo successivo. Nel caso in

cui il visto di regolarità non possa essere apposto, il responsabile del Servizio

finanziario è tenuto a darne comunicazione in via informatica al responsabile del

Servizio proponente indicandone le ragioni ed eventualmente suggerendo possibili

rimedi affinchè adotti le misure necessarie ad apportare le dovute correzioni e/o

integrazioni. Ogni amministrazione quantificherà in base alla propria organizzazione

interna il massimo numero di giorni che potranno decorrere tra l’adozione della

determina a contrarre e l’apposizione del visto.

Con la stipula del contratto l’obbligazione giuridica viene perfezionata e l’importo

dell’impegno costituisce il vincolo all’ordinazione. Il direttore dell’esecuzione del

contratto monitora costantemente lo svolgimento del contratto e adotta

tempestivamente gli eventuali atti di variazione dell’importo contrattuale.

Nel caso la spesa sia finanziata da specifiche entrate, il procedimento di spesa dovrà

essere coordinato e sincronizzato con il procedimento di entrata e l’atto d’impegno

dovrà farvi specifico riferimento citando il relativo atto di accertamento.”

Il terzo articolo è intitolato “Registro delle fatture” e riporta quanto segue:

“La fattura è accettata o respinta dal responsabile della spesa, che nel secondo caso

ne darà comunicazione al fornitore. Il sistema informativo contabile assicura la

tenuta del registro delle fatture automaticamente con l’accettazione delle stesse.”

Il quarto articolo disciplina invece la seconda fase del processo di gestione della

spesa, cioè la sua liquidazione:

“La liquidazione è disposta dal Servizio cui compete l’esecuzione del provvedimento

di spesa nell’osservanza del principio contabile, entro 15 giorni dal ricevimento

della fattura. Con la liquidazione della spesa, il responsabile di Ufficio e Servizio

attesta che il credito del terzo è divenuto liquido ed esigibile per l’intervenuta

esecuzione e/o fornitura, anche parziale qualora contrattualmente previsto, dei beni,

lavori e/o servizi prefissati.

Capitolo 4

130

Il provvedimento di liquidazione è immediatamente trasmesso al Servizio

finanziario, corredato di eventuali documenti strettamente necessari per

l’ordinazione di pagamento. Il Servizio Finanziario, eseguito il controllo di regolarità

contabile, dispone l’ordinazione.

Nel caso in cui il Servizio Finanziario rilevi irregolarità contabile, la liquidazione

viene respinta al Servizio proponente, indicando le ragioni ed eventualmente

suggerendo possibili rimedi.”

Il quinto articolo tratta la fase di ordinazione:

“Il Servizio finanziario procede alle verifiche dei documenti entro tre giorni dal

ricevimento dell’atto di liquidazione e, qualora vengano valutati positivamente,

emette immediatamente il mandato di pagamento. In caso di esito negativo delle

verifiche il Servizio finanziario provvede all’ordinazione secondo le disposizioni di

legge.”

Il sesto ed ultimo articolo descrive infine la fase di pagamento come “il momento

conclusivo del processo di effettuazione della spesa, che si realizza con l’estinzione

da parte del Tesoriere dell’obbligazione verso il creditore.”

Per quanto riguarda, invece, la parte di regolamento che descrive il processo di

rendicontazione, essa è composta da cinque articoli.

Il primo articolo disciplina la redazione del verbale di chiusura da parte del

responsabile del Servizio finanziario:

“Entro il 20 gennaio di ogni anno, prima delle operazioni di riaccertamento

ordinario dei residui, il Responsabile del Servizio finanziario redige il verbale di

chiusura derivante dalle scritture registrate fino al 31 dicembre dell’anno precedente.

Il verbale di chiusura si conclude con un prospetto che evidenzia il risultato di

amministrazione presunto.”

Il secondo articolo tratta invece la fase di riaccertamento ordinario dei residui da

parte dei responsabili dei Servizi, che devono eseguirlo seguendo le disposizioni dei

principi contabili e della normativa vigente. Inoltre, stabilisce che “le segnalazioni

conseguenti al riaccertamento ordinario dei residui, da inviare al Servizio

finanziario entro il 15 febbraio, devono indicare e garantire, con piena assunzione di

responsabilità:

• La corretta imputazione delle entrate e delle spese secondo il criterio di

esigibilità, eventualmente attraverso la richiesta delle necessarie variazioni di

bilancio;

• La reimputazione delle spese non pagate entro il 31 dicembre dell’anno

precedente;

• L’elenco dei residui attivi e passivi insussistenti con la relativa motivazione;

• L’elenco dei residui attivi di difficile esazione (crediti che si stima non

verranno riscossi) o di quelli da eliminare perché di lieve entità, in quanto i

costi di riscossione sarebbero superiori al credito recuperato.

Le fasi del progetto

131

Il Servizio finanziario raccoglie la documentazione, esegue le conseguenti

registrazioni contabili e predispone entro il 1° marzo la proposta di deliberazione di

riaccertamento dei residui, che viene immediatamente trasmessa ai revisori i quali

dispongono di dieci giorni per la resa del parere di competenza.

La proposta di deliberazione, corredata di tutti gli allegati, è adottata dalla Giunta

entro il 15 marzo.

Il terzo articolo, riferendosi alle attività di chiusura dell’esercizio, dispone quanto

segue:

“I Responsabili dei Servizi, fermo restando il costante monitoraggio delle risorse loro

assegnate, predispongono:

• Entro il 15 gennaio gli atti necessari all’aggiornamento degli inventari al 31

dicembre dell’anno precedente;

• Entro il 15 febbraio la relazione finale di gestione riferita all’attività svolta

nell’anno precedente, utile anche ai fini della valutazione dei risultati, dalla

quale emergono:

- Gli obiettivi programmati e gli eventuali scostamenti fra gli stessi,

nonché i risultati conseguiti con opportuna motivazione;

- Le innovazioni poste in essere rispetto ai processi di lavoro ed alla

modalità di erogazione dei servizi;

- Le risorse utilizzate e quelle rimaste da utilizzare con l’indicazione

delle eventuali necessità di reimputazione agli esercizi successivi,

anche se si tratta di risorse confluite in avanzo di amministrazione;

- Eventuali riflessi patrimoniali dell’attività svolta, compreso l’elenco

dei crediti divenuti inesigibili.

• Entro il 15 febbraio la rendicontazione dei contributi straordinari ricevuti e

gestiti, evidenziando le finalità perseguite, le somme spese e quelle da

spendere in caso di intervento realizzabile in più esercizi, curando altresì

l’adozione degli atti necessari alla reimputazione delle relative risorse.

Il Servizio finanziario, oltre a presentare la propria relazione finale, supporta i diversi

Servizi nella predisposizione degli atti di propria competenza.

Le relazioni finali sono utilizzate dall’organo esecutivo per la predisposizione della

relazione sulla gestione.”

Il quarto articolo disciplina il ruolo degli agenti contabili nel processo di

rendicontazione:

“Gli agenti contabili sono individuati con formale provvedimento dal Presidente

dell’UTI e sono di due categorie: gli agenti contabili interni sono l’economo e gli

eventuali addetti alla riscossione di particolari entrate incaricati con atto formale,

mentre gli agenti contabili esterni sono i concessionari per la riscossione dei tributi

ed i concessionari di particolari servizi affidati all’esterno. Sono, inoltre, agenti

contabili i consegnatari di quote e/o azioni di società partecipate dall’Ente.

Capitolo 4

132

Le somme riscosse dagli agenti contabili interni sono versate alla tesoreria con

periodicità trimestrale o, comunque, al raggiungimento dell’incasso massimo di

tremila euro, con redazione di distinte di versamento indicanti i dati per

l’imputazione contabile e trasmesse al Servizio finanziario.

Gli agenti contabili esterni versano il riscosso al tesoriere con periodicità prevista

dall’atto di concessione e/o dalla legge.

Tutti gli agenti contabili rendono il conto della gestione, entro i termini previsti dalla

legge, al responsabile del Servizio finanziario, che provvede:

• Alla parificazione con le scritture contabili dell’Ente;

• All’inserimento di tali conti fra gli allegati al rendiconto della gestione;

• Al deposito dei conti presso la competente sezione della Corte dei conti.

Qualora i conti degli agenti contabili non siano riscontrati, anche parzialmente, il

responsabile del Servizio finanziario ne dà immediata informazione agli agenti

invitandoli a prendere cognizione delle motivazioni e di tutte le informazioni

necessarie. Gli agenti possono presentare per iscritto le proprie controdeduzioni nei

cinque giorni successivi. Trascorso tale termine il responsabile del Servizio

finanziario parifica il conto o, nell’impossibilità di procedere in tal senso, dà atto

delle risultanze di riscontro in apposito atto.”

Il quinto ed ultimo articolo tratta invece la fase di elaborazione del rendiconto:

“Sulla base delle relazioni finali di gestione dei responsabili dei Servizi e delle

operazioni di riaccertamento, il responsabile del Servizio finanziario elabora gli

schemi di conto del bilancio, di conto economico e di stato patrimoniale e gli altri

allegati obbligatori.

La suddetta documentazione, unitamente alla di proposta di delibera consiliare, è

trasmessa alla Giunta entro il 15 marzo. Tali atti, una volta adottati, sono

immediatamente trasmessi ai revisori dei conti per la resa del parere.

Tutta la documentazione prevista dalla normativa vigente è messa a disposizione dei

Consiglieri, in modalità telematica, venti giorni prima della data prevista per

l’approvazione.”

4.7 Introduzione di indicatori di performance

Durante la fase di redazione dei regolamenti, il centro di competenza contabile si è

più volte trovato a dover stabilire delle date entro le quali determinate attività

appartenenti al processo, come ad esempio la stesura e l’invio di documenti ad altri

uffici, devono essere svolte. Ciò ha fatto emergere l’esigenza di introdurre anche una

logica di “misurazione” oggi poco o per nulla presente nella gestione dei Servizi

delle PA. Con il supporto di ComPA si è sviluppata una riflessione su quali

dimensioni poter misurare in questo Servizio. Facilmente si è parlato di efficienza ed

efficacia, ma per riuscire a fissare dei termini che siano verosimilmente osservabili

Le fasi del progetto

133

da parte di tutte le Unioni della Regione, siano esse di piccole o di grandi dimensioni,

e tenendo conto della disponibilità si dati in assenza di un controllo di gestione, i

soggetti coinvolti nel centro di competenza hanno dovuto riflettere a lungo per

trovare delle soluzioni che sostenibili.

Sono stati individuati alcuni indicatori di processo per i processi, finalizzati a

misurare il livello di servizio di ciascuna Unione, in termini, per il momento, di

efficienza ed efficacia.

In ogni caso, si tratta qualcosa di assolutamente innovativo per la maggior parte della

Pubblica Amministrazione locale del Friuli-Venezia Giulia, che prima d’ora non si

era mai dotata di strumenti che valutassero le performance degli Enti nei processi di

erogazione dei servizi, soprattutto ai propri clienti interni. Per questo motivo, oltre

che per il fatto che le Unioni sono enti nascenti, inizialmente gli indicatori

permetteranno soltanto di individuare delle misure caratterizzanti ciascuna Unione.

Solo confrontando tra loro i risultati delle misurazioni ottenute nei diversi Enti, sarà

possibile valutare il loro livello di servizio per ciascun processo, e definire degli

obiettivi di efficienza ed efficacia più o meno sfidanti in base alle possibilità

dell’Ente stesso ed ai risultati ottenuti nelle altre UTI. Il passo successivo sarà quello

di misurare e, laddove gli obiettivi di performance fissati non vengano raggiunti, di

individuare le cause ed i possibili rimedi. Qualora invece gli obiettivi siano stati

raggiunti e superati, potranno essere introdotti traguardi sempre più sfidanti e nuovi

indicatori in grado di valutare altri aspetti dell’attuazione di un processo.

Al momento, comunque, ci troviamo ad uno stadio embrionale di questa fase, dove

sono state elaborate soltanto alcune bozze di indicatori. In particolare, il centro di

competenza contabile si è finora concentrato sul processo di ciclo passivo, per il

quale sono stati identificati tre diversi indicatori:

𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑙𝑢𝑠𝑖 𝑖𝑛 𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐𝑖𝑝𝑜

𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 (4.1)

𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑙𝑢𝑠𝑖 𝑖𝑛 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜

𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 (4.2)

𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑟𝑖𝑛𝑣𝑖𝑎𝑡𝑖

𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 (4.3)

Si noti innanzitutto che le tre formulazioni riportate sono tutte di tipo puntuale, nel

senso che il valore degli indicatori dev’essere sempre calcolato in determinate

condizioni ed in un certo periodo di tempo. Un’altra caratteristica di questi indicatori

è la loro formulazione “in positivo”, finalizzata ad introdurre una logica premiante e

motivante.

Il primo indicatore (4.1) esprime la percentuale di atti appartenenti al processo di

ciclo passivo che sono stati conclusi in anticipo rispetto alle scadenze previste dal

Capitolo 4

134

regolamento di rendiconto, indicando quindi la presenza di eventuali “eccellenze”

per quanto riguarda la tempestività del servizio erogato, e sottolineando

essenzialmente una caratteristica positiva della realizzazione del processo, il ché

potrebbe anche suggerire la diminuzione delle tempistiche previste dal regolamento.

Il secondo indicatore (4.2) riguarda invece la percentuale di atti conclusi secondo le

scadenze previste dal regolamento: se il valore di questo indicatore è alto, significa

che il Servizio finanziario è in grado di rispettare fedelmente le scadenze previste dal

centro di competenza contabile; se invece il suo valore è basso, indica che qualcosa

non è andato come previsto e bisogna ricercare nel processo le cause di tale

inefficienza.

Il terzo indicatore (4.3) misura invece la capacità dei soggetti coinvolti nel processo

di elaborare atti che siano essenzialmente privi di errori già dalla stesura iniziale, e

che possano quindi di essere portati a termine direttamente, senza che sia necessario

rinviarli agli uffici a monte per apportare eventuali correzioni, il ché implicherebbe

una perdita di tempo.

Si può notare che i tre indicatori presentati non possiedono ancora una

denominazione ufficiale; si tratta infatti di una prima proposta, che quasi sicuramente

sarà soggetta ad aggiustamenti e modifiche, mano a mano che il sistema verrà

implementato nel tempo. Come riportato in letteratura, infatti, per poter impostare un

sistema di misurazione delle performance vero e proprio, l’esecuzione dei processi

dev’essere osservata per un tempo tale da poter riconoscere chiaramente quali siano i

parametri che influenzano maggiormente le loro performance e in che modo queste

possano essere valutate. È chiaro, quindi, che nella situazione in cui ci troviamo

attualmente, dove i processi connessi con il Servizio finanziario delle Unioni sono

appena stati “creati” ed i relativi regolamenti sono tuttora in fase di elaborazione, non

sia ancora possibile stabilire degli indicatori di performance ufficiali per tali processi.

135

Capitolo 5

Risultati ottenuti e futuri sviluppi

Questo ultimo capitolo sintetizza gli esiti che si sono ottenuti grazie all’applicazione

al caso studio analizzato delle metodologie e degli strumenti a supporto della

gestione per processi descritti nei precedenti capitoli.

Si tratta di risultati di carattere sia formativo che operativo, il cui valore, già

ampiamente riconoscibile, dovrebbe concretizzarsi ancor di più una volta che le gli

strumenti fin qui sperimentati verranno utilizzati per avviare la gestione associata

anche di tutte le altre funzioni contenute negli articoli 26 e 27 della lr 26/2014.

Si riportano, inoltre, le difficoltà riscontrate nell’avanzamento del progetto ed i

risultati che si prevede possano essere ottenuti in futuro, grazie all’attuazione di

interventi simili a quello analizzato in questa tesi.

5.1 Risultati formativi

Dal punto di vista formativo, i risultati ottenuti sono legati all’introduzione della

gestione per processi all’interno della Pubblica Amministrazione locale. Il carattere

in un certo senso innovativo di questo progetto, infatti, non sta tanto nel fatto di aver

avviato il trasferimento di una funzione da un tipo di Ente ad un altro, quanto

piuttosto nel modo di intendere l’organizzazione e nei mezzi utilizzati per farlo, oltre

che, ovviamente, nel fatto di accompagnato un processo di riforma della Pubblica

Amministrazione locale unico in Italia.

La formazione in tal senso si è compiuta non solo di tipo teorico, come necessario

nelle fasi iniziali del progetto per formare i funzionari pubblici sulla nuova

metodologia che avrebbero dovuto adottare, ma anche di tipo empirico, come

avvenuto in tutte le fasi successive, dove gli stessi funzionari hanno avuto modo di

applicare nei tavoli di lavoro i concetti teorici appresi e di entrare sempre più a

contatto con questo nuovo modo di ragionare e di vedere l’organizzazione.

Questo progetto ha così permesso di introdurre per la prima volta la logica di

processo nella Pubblica Amministrazione locale della nostra Regione, aprendo così

la strada alla diffusione di metodologie e strumenti di tipo scientifico in un contesto

dominato da abitudini piuttosto datate, che mai prima d’ora aveva avvertito la

necessità di sottoporre la propria struttura ed i propri servizi ad un’analisi scientifica

delle attività e alla successiva misurazione delle performance.

Capitolo 5

136

Man mano che i principi ed i meccanismi della gestione per processi sono stati

recepiti ed adottati dai soggetti coinvolti nel progetto, è stato possibile realizzare gli

obiettivi operativi di definizione dell’organizzazione del Servizio finanziario delle

nascenti UTI, che hanno compreso, tra l’altro, la mappatura e la standardizzazione

dei processi di maggiore interesse e l’elaborazione dei regolamenti disciplinatori.

Attualmente ci troviamo nella fase iniziale del processo di diffusione della logica di

processo all’interno degli Enti pubblici, dal momento che la formazione in detta

materia ha riguardato per ora soltanto una parte di chi opera nella Pubblica

Amministrazione locale, rivolgendosi in modo particolare ai funzionari responsabili

di Servizio e di processo. La decisione di coinvolgere inizialmente nella formazione

solo alcune persone è dovuta ad una duplice esigenza: da un lato quella di non

“bloccare” le attività degli Enti privandoli di tutto il personale; dall’altro quella di

lavorare con le persone aventi una maggiore visione d’insieme. Il percorso

prevedrebbe poi che questi stessi soggetti, forti delle competenze ed esperienze

acquisite, trasmettessero il nuovo approccio a tutti i livelli del loro Servizio. A

supporto di questo trasferimento è inoltre previsto l’intervento dei membri del centro

di competenza, che rappresentano i “formatori interni al sistema” di cui gli enti

potranno beneficiare.

Il risultato del progetto dal punto di vista formativo consiste quindi nell’introduzione

e nella diffusione all’interno degli Enti locali del Friuli-Venezia Giulia di una cultura

più tipica delle aziende private ma del tutto innovativa per quelle pubbliche, che

dovrebbe permettere di aumentare la capacità della Pubblica Amministrazione locale

di individuare e risolvere le proprie inefficienze ed agire in un’ottica di

miglioramento continuo dei propri servizi.

5.2 Risultati operativi

Il termine “risultati operativi” sta ad indicare l’insieme degli esiti concreti ed in

qualche modo tangibili risultanti dal compimento di un’azione o di un intervento.

Prima di passare in rassegna i risultati operativi derivanti dall’analisi di questo caso

studio, è opportuno ricordare che l’intervento in questione nasce dalla necessità e

dalla volontà di dare vita ad una nuova tipologia di Ente pubblico territoriale,

avviandone le sue principali funzioni, e in particolare impostando la struttura della

sua funzione finanziaria, che a partire dal 1 gennaio 2017 dovrà essere gestita in

forma associata per tutti i comuni del territorio regionale. Come si può facilmente

percepire, si tratta di un obiettivo già di per sé concreto, che per essere realizzato

deve passare attraverso un’analisi altrettanto concreta della situazione attuale e dei

nuovi elementi da tenere in considerazione nella definizione della situazione futura.

Oltre a ciò, altri risultati operativi sono stati conseguiti grazie all’applicazione degli

strumenti e delle metodologie a supporto della gestione per processi e sono

fondamentalmente di tre tipologie:

Risultati ottenuti e futuri sviluppi

137

• La rappresentazione grafica dei processi coinvolti nella funzione finanziaria

delle nascenti Unioni sotto forma di mappatura dei relativi flussi di attività;

• L’elaborazione del regolamento che disciplina lo svolgimento dei suddetti

processi;

• L’introduzione di alcuni indicatori di performance per il Servizio finanziario.

Per quanto riguarda la rappresentazione grafica dei processi, le cinque mappature

definitive sono state ottenute, come abbiamo visto, in modo graduale, in seguito alla

realizzazione di una serie di passaggi preventivi che ripercorriamo come segue.

Prima di tutto sono stati individuati i macro processi ed i relativi processi che

descrivano il Servizio finanziario e contabile delle Unioni; dopodiché, per ogni

macro processo considerato, sono stati identificati i process owner e gli elementi

necessari alla compilazione del diagramma SIPOC, ovvero i fornitori, gli input, gli

output ed i clienti del processo. L’individuazione di questi elementi ha facilitato

notevolmente la successiva fase di descrizione dei processi da parte dei funzionari

coinvolti nei diversi cantieri territoriali analizzati, nei quali i processi descritti sono

stati poi rappresentati graficamente utilizzando il linguaggio BPMN proposto dal

software Bizagi. In questo modo si sono ottenute diverse versioni di ogni processo

considerato, una per ogni cantiere in cui il processo è stato descritto e quindi

mappato. Il confronto tra le varie versioni elaborate e la successiva semplificazione

dei flussi da parte del centro di competenza contabile, ha portato ad ottenere una

standardizzazione dei processi, il cui output coincide con la mappatura definitiva dei

cinque processi considerati più critici per la gestione del Servizio finanziario: la

redazione ed approvazione del bilancio, la rendicontazione, il ciclo attivo, il ciclo

passivo e la gestione fiscale.

A partire da quanto riportato in tali rappresentazioni e sulla base dell’esperienza

maturata dai soggetti appartenenti al centro di competenza contabile, è stato poi

elaborato un regolamento atto a disciplinare lo svolgimento dei processi di

competenza del Servizio finanziario. Nello stesso, sono stati fissati i limiti temporali

entro i quali si prevede che le attività di un processo possano e debbano essere

compiute, e sono stati elencati tutti gli atti e le informazioni che dovranno essere

prodotti durante le varie fasi di un processo.

Il regolamento così elaborato, composto dalle parti descrittive che completano e

integrano le rappresentazioni grafiche dei processi ottenute dalla loro mappatura,

costituisce una sorta di road map per quella parte della Pubblica Amministrazione

locale che si troverà a dover gestire per la prima volta la funzione finanziaria

all’interno delle Unioni territoriali intercomunali.

Infatti, se da un lato la mappatura di un processo consente ai soggetti in esso

coinvolti di visualizzare rapidamente la sequenza delle attività da svolgere e le

interconnessioni esistenti tra i vari uffici interni ed esterni all’Ente, dall’altro lato la

descrizione è importante per definire le modalità e le regole a cui è necessario

sottostare affinchè un processo venga portato a compimento, costituendo così una

guida allo svolgimento delle attività rappresentate.

Capitolo 5

138

Il regolamento è stato completato con la definizione di indicatori che permettono di

valutare il livello di qualità dei servizi erogati dalla funzione finanziaria dell’UTI.

Nonostante per il momento sia stato possibile introdurre soltanto alcune semplici

formulazioni, queste ultime possono essere considerate un importante risultato

operativo del progetto, perché rappresentano un primo segnale della volontà di

valutare e di migliorare la qualità dei servizi gestiti dalla Pubblica Amministrazione

locale.

5.3 Difficoltà riscontrate nell’avanzamento del progetto

Ripercorrendo le varie fasi di sviluppo del progetto, possiamo affermare che le

maggiori difficoltà rilevate durante il suo avanzamento sono legate essenzialmente

alla mancanza di familiarità con le materie in esame, che comprende da un lato la

scarsa conoscenza da parte nostra di ciò che avviene all’interno della Pubblica

Amministrazione locale, e dall’altro la quasi totale inesperienza dei funzionari

pubblici in materia di gestione dei processi.

Il primo grande ostacolo incontrato, infatti, ha riguardato proprio l’introduzione del

concetto di gestione per processi nella PA locale, abituata fino a quel momento a

ragionare in una logica funzionale. Inizialmente è stato quindi indispensabile

riprendere con i soggetti coinvolti nel progetto il concetto di processo e le varie

nozioni ad asso associate. Questo ha reso possibile l’individuazione dei processi e dei

macro processi del Servizio finanziario (tabelle 4.1 e 4.2), ma con tempi dilatati.

Allo stesso tempo, però, visto il linguaggio molto specifico utilizzato nella Pubblica

Amministrazione, soprattutto nell’ambito del Servizio finanziario, spesso è stata

necessario attivare un apprendimento anche nella direzione opposta, ovvero dai

funzionari pubblici verso il gruppo di consulenti ComPA incaricati di mappare i

processi. Ciò è stato indispensabile per chiarire fin dal principio eventuali dubbi

derivanti dalla terminologia utilizzata, che sarebbero altrimenti sfociati in

incomprensioni riguardanti la successiva descrizione dei processi.

Nella fase di mappatura dei processi, invece, la difficoltà iniziale è stata quella di far

conoscere ai soggetti coinvolti le reali potenzialità dello strumento grafico utilizzato

e di far loro comprendere l’importanza di attenersi, nella descrizione di un processo,

ad alcune regole concettuali ed informatiche di non immediata applicazione, come ad

esempio quella di descrivere le varie attività in modo breve ma allo stesso tempo

esaustivo, o di rendere il processo il più possibile pulito e lineare.

Un’ulteriore difficoltà riscontrata durante la fase di descrizione dei processi, è stata

quella di riuscire a distinguere il confine tra prassi, procedure e processi, in modo che

la loro rappresentazione grafica contenesse soltanto le attività effettivamente

appartenenti ad un processo, e non quelle facenti parte di una prassi già impiegata

negli enti comunali.

Risultati ottenuti e futuri sviluppi

139

In tutte le fasi del progetto, inoltre, si è dovuto procedere tenendo in considerazione i

numerosi aspetti normativi in gioco, che talvolta hanno reso una materia già poco

conosciuta ancora più vasta e complessa.

Nonostante queste difficoltà, Bizagi si è comunque rivelato uno strumento

abbastanza flessibile, capace di adattarsi alle necessità specifiche dell’organizzazione

in questione, sebbene si trattasse di enti pubblici e non di imprese private.

Inoltre, l’interfaccia utente utilizzata da Bizagi si è dimostrata user friendly anche per

gli stessi funzionari pubblici coinvolti nel progetto, la cui conoscenza iniziale sul

tema si era rivelata piuttosto limitata; è stato sufficiente, infatti, effettuare una breve

descrizione degli elementi utilizzati nel linguaggio BPMN, per rendere

completamente comprensibili a tutti i soggetti interessati le rappresentazioni grafiche

elaborate.

5.4 Possibili sviluppi futuri

Come si può evincere dalla descrizione delle varie fasi del progetto, alcune di esse, in

particolare quelle che interessano la stesura dei regolamenti e la formulazione degli

indicatori di performance per i processi, non sono state ancora del tutto completate.

La redazione del regolamento, ad esempio, è stata portata a termine soltanto per due

dei cinque processi analizzati nelle fasi precedenti, mentre la definizione degli

indicatori ha riguardato solamente il processo di ciclo passivo.

Senza dubbio, quindi, prima di procedere ad eventuali sviluppi successivi del

progetto, sarà necessario terminare il lavoro di elaborazione dei regolamenti ed

impostare almeno una prima versione del sistema di misurazione delle performance

del Servizio finanziario delle Unioni.

Tuttavia, benché il caso analizzato in questa tesi abbia riguardato l’analisi e la

rappresentazione dei processi associati alla sola funzione finanziaria delle nascenti

Unioni, è opportuno ricordare che esso fa parte in realtà di un progetto molto più

ampio, il cui obiettivo è quello di accompagnare la Pubblica Amministrazione locale

della nostra regione nell’importante processo riformativo che la vede coinvolta e che

comprende la costituzione e l’avvio di tutte le funzioni delle nuove UTI.

È evidente, quindi, che dopo aver completato il lavoro di “ristrutturazione” del

Servizio finanziario e contabile, si dovrà procedere in modo analogo per tutte le altre

funzioni elencate negli articoli 26 e 27 della lr 26/2014, tenendo ovviamente conto

delle relative priorità. Per altre cinque funzioni la prima fase di rappresentazione con

Bizagi dei relativi processi è già stata compiuta. L’intenzione è quella di utilizzare le

metodologie e gli strumenti impiegati in questo caso studio per esaminare e

predisporre il funzionamento anche di tutti gli altri Servizi di pertinenza delle Unioni.

Il passo successivo (auspicato da ComPA FVG) sarebbe quello di far sì che i

funzionari coinvolti nei vari Servizi dell’Ente iniziassero ad utilizzare in modo

Capitolo 5

140

autonomo gli strumenti ed i linguaggi di mappatura dei processi e coinvolgessero in

questa fase anche i livelli più bassi della propria funzione. Questo favorirebbe la

comprensione e la diffusione della logica di processo all’interno dell’Ente e

consentirebbe a tutti di contribuire in modo attivo alla formalizzazione del know-how

aziendale.

La stessa metodologia potrebbe inoltre essere applicata non solo alle altre funzioni

che diventeranno di pertinenza delle Unioni, ma anche a quelle che rimarranno in

capo ai Comuni, al fine di valutare e migliorare anche la qualità di quei Servizi che

non saranno trasferiti ai nuovi Enti.

Infine, uno studio più approfondito dei processi considerati, tale da far emergere

informazioni di maggior dettaglio sulle singole attività, come ad esempio i tempi

standard necessari per la loro esecuzione, produrrebbe un ampliamento della

documentazione ad essi associata, che diventerebbe assai utile per attivare processi di

benchmarking ma anche per procedere alla certificazione della qualità dei Servizi

erogati dai vari Enti territoriali e quindi alla definizione e adozione della “Carta dei

cittadini”, che sarebbero in questo caso non solo clienti esterni ma anche interni.

141

CONCLUSIONI

I risultati derivanti dallo sviluppo del progetto descritto in questa tesi dimostrano

come le metodologie e gli strumenti a supporto della gestione aziendale per processi,

comunemente utilizzati dalle imprese private, possano essere applicati con successo

anche in contesti appartenenti al settore pubblico, ed in particolare all’interno della

Pubblica Amministrazione locale.

Come si evince dall’analisi della letteratura, lo scopo del Business Process

Management è quello di diffondere all’intera azienda il concetto di “operare per

obiettivi”, ponendo particolare attenzione al cliente ed ai suoi bisogni, la cui

soddisfazione deve ispirare la logica di coordinamento di tutte le attività aziendali.

In questo caso, l’approccio per processi si inserisce all’interno di un’azienda

pubblica molto ampia, che comprende tutti gli enti locali presenti sul territorio

regionale e coinvolge il personale in essi operante a tutti i livelli. È chiaro, quindi,

che affinchè tale logica possa raggiungere le varie aree aziendali e diffondersi

all’interno dell’intera organizzazione, siano necessari interventi formativi e sinergici

sforzi comunicativi da parte di tutti i soggetti coinvolti, specialmente da coloro che

rivestono un ruolo di maggiore e riconosciuta competenza all’interno degli enti

locali. Da qui la scelta di costituire dei gruppi di esperti nelle materie in esame (i

“centri di competenza”) che attraverso dei tavoli di lavoro potessero acquisire le

conoscenze fondamentali sulla gestione per processi e progettare il cambiamento

organizzativo in modo collaborativo e consapevole.

Tuttavia, l’attività svolta dai centri di competenza può risultare efficace solo se

accompagnata dalla diffusione all’interno dell’organizzazione delle metodologie

adottate e dei risultati ottenuti, nonché da una certa predisposizione al cambiamento

da parte dei funzionari operanti all’interno degli enti.

Nel contesto pubblico, infatti, si riscontra spesso una certa resistenza al cambiamento

da parte dei funzionari, abituati a vedere l’organizzazione come una serie di funzioni

separate ed indipendenti, ciascuna con i propri compiti ed obiettivi da raggiungere, e

non come un insieme di attività interdipendenti aventi come obiettivo comune la

soddisfazione del cliente.

L’introduzione dell’approccio per processi rende invece necessario il superamento

della struttura funzional-gerarchica tipica degli enti pubblici: l’aggregazione per

funzione lascia spazio a quella per obiettivi/competenza/attività; la responsabilità

viene conferita in relazione al ruolo ricoperto nello specifico processo e non

necessariamente all’autorità attribuita. Ogni processo, infatti, si focalizza su una

specifica esigenza del cliente, a tal fine richiedendo il coordinamento di attività o fasi

svolte da risorse appartenenti a diverse funzioni aziendali.

È importante sottolineare che la gestione per processi non intende abbandonare

completamente la struttura funzionale, ma cerca piuttosto di sovrapporsi ad essa per

porre maggiore accento sul cliente finale.

142

Questa tesi descrive la metodologia e gli strumenti adottati nello sviluppo di un

progetto avente come fine ultimo quello di generare delle linee guida alle quali il

personale operante all’interno degli enti locali potrà fare riferimento e dovrà

attenersi, per quanto possibile, nell’esercizio associato delle funzioni e dei servizi

previsti dalla normativa regionale.

Tale progetto può essere definito innovativo innanzitutto per aver applicato per la

prima volta nella Pubblica Amministrazione locale le teorie ed i principi della

gestione per processi, introducendo così anche negli enti locali la filosofia del New

Public Management. Inoltre, è bene sottolineare che il progetto ha coinvolto l’analisi

e la mappatura di processi in un certo senso “nuovi”, perché nuove rispetto al passato

sono le modalità di esecuzione e le responsabilità affidate ai vari attori coinvolti. Si

tratta quindi di una sorta di previsione dell’attività futura, piuttosto che di una

semplice azione di riprogettazione o miglioramento dei processi attuali, il ché

conferisce al progetto un’impronta ancor più innovativa.

Volendo però far rientrare questo intervento di analisi e ridefinizione dei processi

aziendali in una delle categorie individuate in letteratura, esso potrebbe essere

inserito in quella classe di interventi che prevede una fase iniziale di riprogettazione

dei processi attuali (Business Process Reengineering), e dal loro successivo e

graduale miglioramento (Business Process Improvement), al fine di raggiungere dei

risultati che siano il più possibile stabili e duraturi.

Avendo riguardato per il momento soltanto la funzione finanziaria e contabile delle

nascenti Unioni territoriali intercomunali, l’attività di mappatura dei processi e

redazione dei regolamenti finora svolta costituisce soltanto una fase iniziale di questo

progetto. Il prossimo passo sarà quello di approfondire l’analisi delle possibili

criticità dei processi al fine di formulare degli indicatori in grado di valutarne le

performance in un’ottica di miglioramento continuo. Le metodologie e gli strumenti

fin qui sviluppati potranno poi essere riproposti ed applicati in sede di mappatura ed

analisi dei processi appartenenti a tutte le altre funzioni comunali in trasferimento

alle UTI, la cui attuazione determinerà il completamento dell’intero progetto.

143

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149

APPENDICE

Sintesi dei principali articoli della legge regionale 26/2014 consultati per la

redazione di questa tesi.

Art. 1

(Oggetto e finalità)

1. La Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, ai sensi dell' articolo 4, primo

comma, numero 1 bis), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 ( Statuto

speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), con la presente legge e con

provvedimenti a essa collegati e successivi, anche di natura non legislativa, attua il

processo di riordino del proprio territorio mediante l'individuazione delle dimensioni

ottimali per l'esercizio di funzioni amministrative degli enti locali, la definizione

dell'assetto delle forme associative tra i Comuni e la riorganizzazione delle funzioni

amministrative, finalizzati alla valorizzazione di un sistema policentrico che

favorisca la coesione tra le istituzioni del sistema Regione-Autonomie locali,

l'uniformità, l'efficacia e il miglioramento dei servizi erogati ai cittadini, nonché

l'integrazione delle politiche sociali, territoriali ed economiche.

Art. 2

(Assetto istituzionale)

1. L'ordinamento degli enti locali della Regione si basa sui Comuni, quali enti

autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi fissati dalla

Costituzione, dallo Statuto speciale e dalla presente legge.

2. L'ordinamento delle Unioni territoriali intercomunali (Unioni) e la definizione

delle rispettive funzioni sono orientati al soddisfacimento dei bisogni del cittadino.

Art. 4

(Piano di riordino territoriale)

1. Entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta

regionale, con deliberazione pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione, adotta

la proposta del Piano di riordino territoriale per uno sviluppo sociale ed economico

sostenibile che include tutti i Comuni della Regione e individua le dimensioni delle

Unioni territoriali intercomunali di cui all'articolo 5.

2. La proposta di Piano è effettuata nel rispetto dei seguenti criteri:

a) contiguità territoriale dei Comuni ricompresi nelle Unioni;

b) limite demografico minimo per ciascuna Unione pari a 40.000 abitanti ovvero pari

a 30.000 abitanti qualora comprenda Comuni appartenenti o appartenuti a Comunità

montane;

150

c) omogeneità, complementarietà e integrazione delle caratteristiche geografiche,

demografiche, di mobilità, ambientali, economiche, sociali, culturali e

infrastrutturali;

d) compatibilità con il territorio delle Aziende per l'assistenza sanitaria;

e) integrazione istituzionale rappresentata anche da precedenti forme associative o

convenzioni.

3. La Giunta regionale acquisisce il parere del Consiglio delle autonomie locali entro

venti giorni dalla trasmissione della deliberazione di cui al comma 1.

4. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione della deliberazione di cui al comma 1:

a) i Comuni di ciascuna istituenda Unione il cui territorio sia confinante con quello di

altra Unione e quelli con essi confinanti possono chiedere l'inclusione in un'Unione

contermine;

b) i Comuni di cui all'articolo 6, comma 2, che non intendono aderire ad alcuna

Unione ne danno comunicazione alla Regione; entro i successivi venti giorni gli

stessi Comuni trasmettono una relazione nella quale viene delineata la sostenibilità

dell'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 26, a fronte della riduzione delle risorse

di cui all'articolo 42.

5. Le determinazioni di cui al comma 4 sono assunte dai consigli comunali con

deliberazione motivata adottata a maggioranza assoluta.

6. Nei successivi quarantacinque giorni la Giunta regionale, acquisite le richieste e le

comunicazioni dei Comuni di cui al comma 4, e tenuto conto dei criteri di cui al

comma 2, approva il Piano di riordino territoriale, con deliberazione pubblicata nel

Bollettino Ufficiale della Regione, contenente la delimitazione geografica delle

Unioni territoriali intercomunali, l'elenco dei Comuni che non aderiscono ad alcuna

Unione e la decorrenza della sua efficacia.

7. Qualora le modifiche rispetto alla proposta di Piano, derivanti dall'applicazione del

comma 4, non consentano l'osservanza dei criteri di cui al comma 2, lettere a), b) e

d), la Giunta regionale può prescindere dagli stessi dandone adeguata motivazione

provvedendo, qualora necessario, ad avviare il procedimento previsto dall' articolo 6,

comma 2, della legge regionale 16 ottobre 2014, n. 17 (Riordino dell'assetto

istituzionale e organizzativo del Servizio sanitario regionale e norme in materia di

programmazione sanitaria e sociosanitaria). La presente disposizione si applica in

particolare per i Comuni nell'ambito territoriale di cui all' articolo 4 della legge 23

febbraio 2001, n. 38 (Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della

regione Friuli-Venezia Giulia).

Art. 5

(Unioni territoriali intercomunali)

1. Le Unioni territoriali intercomunali sono enti locali dotati di personalità giuridica,

aventi natura di unioni di Comuni, istituiti dalla presente legge per l'esercizio

coordinato di funzioni e servizi comunali, sovracomunali e di area vasta, nonché per

lo sviluppo territoriale, economico e sociale.

151

2. L'Unione ha autonomia statutaria e regolamentare secondo le modalità stabilite

dalla presente legge e a essa si applicano i principi previsti per l'ordinamento degli

enti locali e, in quanto compatibili, le norme di cui all' articolo 32 del decreto

legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti

locali).

Art. 6

(Modalità di adesione alle Unioni)

1. L'adesione a un'Unione è obbligatoria per i Comuni con popolazione fino a 5.000

abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartenenti o appartenuti a Comunità

montane.

2. L'adesione a un'Unione da parte dei Comuni con popolazione superiore a 5.000

abitanti, ovvero a 3.000 abitanti se appartenenti o appartenuti a Comunità montane,

costituisce condizione per la piena fruizione del supporto finanziario regionale agli

enti locali previsto dall'articolo 42.

3. L'adesione a un'Unione da parte dei Comuni di cui al comma 2 non è revocabile

per dieci anni.

3 bis. Il termine di cui al comma 3 non trova applicazione per i Comuni che

aderiscano ad altra Unione confinante ai sensi dell'articolo 4, comma 4, lettera a),

qualora gli stessi, entro tre anni, decidano di aderire all'Unione prevista

originariamente dal Piano di riordino territoriale di cui all'articolo 4, sentito il parere

delle rispettive Assemblee.

4. Ai fini del monitoraggio e attuazione di risparmi di spesa conseguenti

all'istituzione di Unioni territoriali intercomunali, la Direzione centrale competente

effettua la ricognizione dei costi derivanti dall'erogazione dei servizi o da altre

funzioni di pubblica utilità.

5. Ove alla scadenza del primo quadriennio successivo alla costituzione non risulti,

in forma consolidata per l'Unione e per i Comuni a essa aderenti, il conseguimento di

risparmi di spesa nonché di adeguati livelli di efficacia ed efficienza nella gestione,

nell’esercizio dei servizi e delle funzioni di cui al comma 4, l'Amministrazione

regionale è autorizzata ad applicare misure di penalizzazione di natura finanziaria.

L'Osservatorio regionale di cui all'articolo 59 propone parametri oggettivamente

rilevati per la definizione del conseguimento del risparmio, tenuto conto degli

equilibri precedentemente perseguiti dai soggetti cui le Unioni sono subentrate.

6. Fermi restando i vincoli previsti dalla vigente normativa, in relazione alle funzioni

comunali esercitate in forma associata, la spesa sostenuta per il funzionamento

generale dell'Unione, compresa la spesa di personale, non può comportare, in sede di

prima applicazione e per i primi tre anni a decorrere dal 2016, il superamento della

somma delle medesime spese sostenute dai singoli Comuni partecipanti e pro quota

dalla Comunità montana, dalla Comunità collinare e dalle Province, in relazione alle

risorse umane e strumentali trasferite all'Unione, calcolate sulla media del triennio

2012-2014. A regime, attraverso specifiche misure di razionalizzazione organizzativa

152

e la programmazione dei fabbisogni, devono essere assicurati progressivi risparmi di

spesa.

7. Qualora i risparmi di spesa di cui al comma 6 vengano conseguiti nel primo

triennio, decorrente dal 2016, di esercizio delle Unioni, la Regione può riconoscere

alle stesse incentivi annuali corrispondenti al risparmio conseguito per ciascun anno.

8. La legge regionale di riforma della finanza locale definisce le modalità di

attuazione dei commi 5, 6 e 7.

Art. 26

(Funzioni comunali esercitate dall'Unione)

1. A decorrere dall'1 luglio 2016 i Comuni esercitano in forma associata, tramite

l'Unione cui aderiscono, la funzione di cui alla lettera i) e almeno ulteriori due

funzioni comunali nelle materie di seguito elencate:

a) gestione del personale e coordinamento dell'organizzazione generale

dell'amministrazione e dell'attività di controllo;

b) sistema locale dei servizi sociali di cui all' articolo 10 della legge regionale 31

marzo 2006, n. 6 (Sistema integrato di interventi e servizi per la promozione e la

tutela dei diritti di cittadinanza sociale), ferma restando la disciplina della forma

associata del Servizio sociale dei Comuni di cui agli articoli da 17 a 21 della legge

regionale 6/2006 ;

c) polizia locale e polizia amministrativa locale;

d) attività produttive, ivi compreso lo Sportello unico;

e) catasto, a eccezione delle funzioni mantenute in capo allo Stato dalla normativa

vigente;

f) programmazione e pianificazione territoriale di livello sovracomunale;

g) pianificazione di protezione civile;

h) statistica;

i) elaborazione e presentazione di progetti a finanziamento europeo;

l) gestione dei servizi tributari.

2. A decorrere dall'1 gennaio 2017 i Comuni esercitano in forma associata, tramite

l'Unione cui aderiscono, la funzione di cui alla lettera b) e almeno altre due delle

funzioni comunali nelle materie di cui al comma 1.

3. Le restanti funzioni di cui al comma 1 sono esercitate dai Comuni in forma

associata tramite l'Unione a decorrere dall'1 gennaio 2018.

4. Agli organi dell'Unione competono le decisioni riguardanti le funzioni di cui al

presente articolo con le modalità e nei termini previsti dallo statuto .

5. Il contenuto degli atti in materia di programmazione e di pianificazione territoriale

di livello sovracomunale è determinato dalla normativa regionale di settore.

153

Art. 27

(Funzioni comunali gestite avvalendosi dell'Unione)

1. Nell’ambito di ciascuna Unione, i Comuni esercitano in forma associata le

funzioni comunali nelle materie e attività e con le decorrenze di seguito indicate:

a) A decorrere dall’1 luglio 2016, la programmazione e gestione dei fabbisogni di

beni e servizi in relazione all’attività della Centrale unica di committenza regionale;

b) A decorrere dall’1 gennaio 2017, i servizi finanziari e contabili e il controllo di

gestione, nonché almeno due tra le seguenti:

1) opere pubbliche e procedure espropriative;

2) pianificazione territoriale comunale ed edilizia privata;

3) procedure autorizzatorie in materia di energia;

4) organizzazione dei servizi pubblici di interesse economico generale;

5) edilizia scolastica e servizi scolastici;

c) A decorrere dall’1 gennaio 2018, le restanti materie e attività di cui alla lettera b).

2. Gli organi dei Comuni conservano la competenza ad assumere le decisioni

riguardanti le funzioni di cui al presente articolo.

3. Nell’ambito di ciascuna Unione le funzioni relative alla lettera a) sono esercitate

dai Comuni avvalendosi degli uffici dell’Unione; le funzioni nelle materie di cui alla

lettera b) sono esercitate in forma associata dai Comuni con popolazione inferiore a

15.000 abitanti, ridotti a 5.000 se appartenenti o appartenuti a Comunità montane,

mediante convenzione, in modo da raggiungere la medesima soglia demografica

complessiva, o, in alternativa, avvalendosi degli uffici dell’Unione.

4. Le soglie demografiche indicate al comma 3 ai fini dell’esercizio associato di

funzioni comunali tramite convenzione possono essere derogate e ridotte

rispettivamente fino a 7.500 e 3.000 abitanti nei casi di particolare adeguatezza

organizzativa previsti con deliberazione della Giunta regionale, d’intesa con il

Consiglio delle autonomie locali; l’Osservatorio per la riforma di cui all’articolo 59

fornisce i criteri idonei a determinare i presupposti di adeguatezza organizzativa.

5. Le soglie demografiche indicate ai commi 3 e 4 possono essere ridotte di un

ulteriore 30 per cento per i Comuni di cui all’articolo 4 della legge 38/2001.