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I Università degli Studi di Padova CORSO DI LAUREA IN FISIOTERAPIA PRESIDENTE: Ch.mo Prof. Raffaele De Caro TESI DI LAUREA L’ANZIANO FRAGILE E IL RISCHIO DI CADUTA: EFFICACIA DELLA RIABILITAZIONE. UNA REVISIONE DI LETTERATURA RELATORE: DOTT. MAG. FT. MARCELLA PEVERE CORRELATORE: DOTT. FT FRANCESCA TESSAN LAUREANDO: FERNANDO COLANCECCO Anno Accademico 2014-2015

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I

Università degli Studi di Padova

CORSO DI LAUREA IN FISIOTERAPIA

PRESIDENTE: Ch.mo Prof. Raffaele De Caro

TESI DI LAUREA

L’ANZIANO FRAGILE E IL RISCHIO DI CADUTA:

EFFICACIA DELLA RIABILITAZIONE.

UNA REVISIONE DI LETTERATURA

RELATORE: DOTT. MAG. FT. MARCELLA PEVERE

CORRELATORE: DOTT. FT FRANCESCA TESSAN

LAUREANDO: FERNANDO COLANCECCO

Anno Accademico 2014-2015

II

RINGRAZIAMENTI

Ringrazio Marcella Pevere, Dott. Mag. in Fisioterapia, mia Relatrice, per l’ampia

disponibilità, il materiale, l’inestimabile esperienza ed il sapiente indirizzo trasmessi

durante l’elaborazione della tesi.

Ringrazio Francesca Tessan, Dott. in Fisioterapia, mia Correlatrice, per la

collaborazione, il sostegno ed i preziosi suggerimenti.

Grazie a Monica per la pazienza ed il supporto che solo lei mi poteva dare

consentendomi di trovare energie in momenti non semplici che la vita mi ha posto

dinanzi recentemente.

Grazie a tutti coloro che, volontariamente o inconsapevolmente, mi hanno aiutato a

giungere alla conclusione dell’attuale percorso di studi.

III

ABSTRACT………………………………………………………………………..1

1

1. L’ANZIANO

1.1 LA SITUAZIONE DEMOGRAFICA: CENNI……………………………. 2

1.2 L’INVECCHIAMENTO COME PROCESSO FISIOLOGICO…………… 3

2. L’ANZIANO E IL RISCHIO DI CADUTA

2.1 COMORBILITA’, FRAGILITA’ E DISABILITA’ NELL’ANZIANO…... 4

2.2 IL CONCETTO DI CADUTA: DEFINIZIONE, EZIOGENESI ED

INQUADRAMENTO EPIDEMIOLOGICO……………………………….. 5

2.3 STRATEGIE DI PREVENZIONE…………………………………………. 7

3. MATERIALI E METODI

3.1 IL QUESITO DI RICERCA…………………………………………….…... 9

3.2 METODOLOGIA DELLA RICERCA……………………………………... 9

3.3 CRITERI DI INCLUSIONE ED ESCLUSIONE……………………….…. 11

3.4 DESCRIZIONE DEL MATERIALE REPERITO E CONSULTATO….… 12

4. RISULTATI

4.1 ANALISI E COMPARAZIONE DELLE REVISIONI……………………. 17

4.2 ELEMENTI RIABILITATIVI DI SIGNIFICATIVITA’ E CRITICITA’…. 21

4.3 VALUTAZIONE E DISCUSSIONE DELLE RISULTANZE…………….. 31

5. CONCLUSIONI………………………………………………………………….. 37

BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………...………. 41

ALLEGATI

1

ABSTRACT

La caduta per un anziano può determinare o evidenziare la sua fragilità e gli studi che ne

hanno indagato i fattori contribuenti e quelli di prevenzione propongono l’effettuazione

di “esercizio fisico” per ridurne l’incidenza con verificata efficacia.

La finalità di questo elaborato è individuare quelle specifiche indicazioni terapeutiche

efficaci per il paziente anziano fragile, focalizzando sugli aspetti tecnico-operativi

dell’intervento e sulle indicazioni riabilitative specifiche di prevenzione.

Dalle ricerche effettuate sulle banche dati disponibili, sono state selezionate tre revisioni

sistematiche e meta-analisi de “The Cochrane Collaboration”: Gillespie LD. (2012)

“Interventions for preventing falls in older people living in the community”; Cameron

ID. (2012) “Interventions for preventing falls in older people in care facilities and

hospitals”; Kendrick D. (2014) “Exercise for reducing fear of falling in older people

living in the community”.

Dall’analisi è emerso che, per gli anziani residenti nel territorio, sono efficaci gli

esercizi di equilibrio, flessibilità e rinforzo, svolti congiuntamente, in gruppo o

individualmente al proprio domicilio nonchè la pratica del Tai Chi. Il solo allenamento

dell’equilibrio è meno efficace, mentre il solo rinforzo è potenzialmente nocivo.

Per gli anziani ricoverati nelle strutture di lungodegenza, l’efficacia dell’intervento è

maggiore per i soggetti che richiedono un livello di assistenza minore.

Nei reparti di cura ospedalieri in fase subacuta sono efficaci i cicli di riabilitazione

intensivi, in particolar modo se effettuati con apparecchiature meccaniche quali il

treadmill asimmetrico o la piattaforma di allenamento dell’equilibrio mediante il visual

feedback.

Per quanto riguarda l’importante fattore di rischio della sindrome della paura di cadere

(Post Fall Syndrome), l’esercizio del Tai Chi è efficace nel ridurla, così come

l’allenamento dell’equilibrio statico e dinamico, anche se quest’ultimo in misura

inferiore.

Non determinano differenze significative d’efficacia la durata del ciclo di sedute, il

numero di sessioni settimanali d’esercizio e il livello di rischio di cadere dei partecipanti

rilevato prima dell’intervento, mentre incide sui risultati il tipo di attività fatta svolgere

al gruppo di controllo che subisce un maggior distacco dal gruppo intervento se non

effettua alcuna attività.

Gli studi, spesso, non descrivono nel dettaglio le attività somministrate ai pazienti, ma

vanno ad elencare macrocategorie di esercizio non riportando altri elementi.

2

CAP. 1 - L’ANZIANO

1.1 LA SITUAZIONE DEMOGRAFICA: CENNI

L’invecchiamento della popolazione rappresenta l’evento che, a partire dalla seconda

metà del XX secolo, sta caratterizzando in maniera diffusa i paesi del mondo, in special

modo quello occidentale, determinando una trasformazione della loro struttura

demografica con profonde influenze sulle dinamiche culturali, sociali, economiche e

politiche.

Si tratta di un processo sostanzialmente riconducibile a due fenomeni fra loro

contrapposti: da una parte il sensibile aumento dell'aspettativa di vita, dall’altra una

significativa riduzione della natalità.

Alla fine dell’Ottocento, l’aspettativa di vita alla nascita era, nei paesi occidentali, di

poco superiore ai 40 anni, in soli 100 anni è quasi raddoppiata avendo raggiunto, alle

soglie del 2000, i 77,8 anni (Kinsella 2001)(1)

.

Per l’intensità e la velocità con cui si è realizzato tale evento si tratta di una vera e

propria "rivoluzione demografica".

I motivi che l’hanno determinato sono tre. Il primo in ordine temporale, ma

probabilmente anche il più importante, è la marcata riduzione della mortalità infantile

per malattie infettive e parassitarie. II secondo motivo è l’aumento dell’aspettativa di

vita in età senile, risultato derivante dai sempre più efficaci interventi di prevenzione e

trattamento delle malattie cardiovascolari principale causa di morte in età adulta e

anziana nelle popolazioni occidentali; questo ulteriore guadagno di anni di vita ha

interessato anche i soggetti di età più avanzata.

Un elemento che caratterizza l’invecchiamento della popolazione è quello che vede le

donne vivere mediamente più a lungo degli uomini (Hazzard 1994)(2)

.

L’aspettativa di vita della donna in Italia è attualmente di 82 anni, quella dell’uomo di

75 anni, con un rapporto femmine/maschi negli ultraottuagenari di 2,6:1.

L’Europa (intesa come l’UE dei 28 membri), con il 18,2% della popolazione costituita

da ultrasessantacinquenni, è il continente più vecchio del mondo e l’Italia, con il 22% di

anziani ed il 13,8% di giovani al di sotto dei 15 anni, è la nazione più vecchia.

Tale primato è assegnato al nostro Paese anche per il prossimo futuro.

Nel 2030 la percentuale di italiani con 65 e più anni raggiungerà ben il 35% dell’intera

popolazione, quindi, per ogni 2,34 giovani-adulti ci sarà 1 anziano e per ogni 3

ultrasessantacinquenni, 1 avrà 80 e più anni (U.S. Bureau of Census 2001).

Sulla base di questi dati demografici, ci si chiede quali saranno nel prossimo futuro le

3

ripercussioni della crescita della popolazione anziana.

Il problema centrale è quello di assicurare una migliore qualità della vita che, in età

avanzata, dipende dalla stato di salute e dal livello di autonomia funzionale.

Quest’ultimo parametro è quello che incide maggiormente, dal momento che la perdita

di autonomia funzionale, cioè la disabilità, pone l’anziano in una condizione di

dipendenza.

Studi epidemiologici hanno dimostrato come, dopo i 75 anni, la prevalenza della

disabilità aumenti in maniera esponenziale, tanto da interessare oltre il 50% della

popolazione con più di 80 anni. La fascia di età dai 75 anni in poi rappresenta, dunque,

l’area ad alto rischio di disabilità e di non autosufficienza.

Non sorprende, pertanto, che questa fetta di popolazione utilizzi una quota significativa

dei servizi sanitari e socio-assistenziali a lungo termine e dei relativi oneri finanziari.

1.2 L’INVECCHIAMENTO COME PROCESSO FISIOLOGICO

Tra le numerose definizioni dell’invecchiamento proposte, quella attorno alla quale si è

raccolto un certo grado di consenso è che l’invecchiamento può essere definito come

“un processo biologico caratterizzato da cambiamenti età-dipendenti che comportano

per l’organismo una diminuzione continua e progressiva della capacità di adattamento

all’ambiente, una conseguente diminuita probabilità di sopravvivere ed una crescente

probabilità di morire, ovvero un’aumentata vulnerabilità” (Baldoni 1991)(3)

.

In pratica, la senescenza può essere vista come un insieme di cambiamenti che si

realizzano nel corso del tempo e che trasformano un individuo giovane e sano in uno

anziano e indifeso.

La diminuzione delle riserve funzionali e dell’efficienza dei meccanismi che

l’organismo utilizza per mantenere stabile il proprio equilibrio interno (omeostasi),

rendono il soggetto anziano particolarmente vulnerabile ad eventi "stressanti", quali, ad

esempio, condizioni patologiche anche di lieve entità, variazioni marcate della

temperatura ambientale, eventi di natura traumatica socio-affettiva, come subire un furto

o l’improvvisa morte del coniuge.

La contemporanea presenza di più malattie croniche (comorbilità) e la difficoltà o

incapacità a compiere le attività essenziali della vita (fragilità e disabilità), sono

caratteristiche comunemente riconosciute nell’anziano che richiedono elevate e

specifiche competenze professionali ed una specifica assistenza.

Dal punto di vista teorico, l’invecchiamento è dovuto all’interazione tra fattori intrinseci

(genetica), estrinseci (ambiente) e stocastici (casualità).

4

A questi si devono aggiungere i fattori epigenetici che appartengono all’individuo, ma

possono essere influenzati dall’ambiente in cui vive” (Bosello 2011)(4)

.

L’invecchiamento è dunque un processo continuo e progressivo, con differente velocità

in ciascun individuo, che si realizza, di regola, in maniera graduale e si accompagna a

cambiamenti a carico dei diversi tessuti, modificando la struttura, la morfologia e la

funzionalità di organi, sistemi ed apparati.

Alla luce di quanto sopra e fermo restando che il declino è un processo inarrestabile,

l’unica strada percorribile per garantire un “buon invecchiamento” è conoscere e

rendere comuni i meccanismi sottesi alle modificazioni in atto al fine di permettere a

ciascuno di scegliere, nei limiti delle proprie risorse e consapevolmente, in che modo

vivere questa progressiva transizione.

CAP. 2 - L’ANZIANO E IL RISCHIO DI CADUTA

2.1 COMORBILITA’, FRAGILITA’ E DISABILITA’ NELL’ANZIANO

La senescenza, spesso, è caratterizzata da una maggior suscettibilità di patologia e dalla

presenza di malattie croniche che portano ad un progressivo calo funzionale e perdita o

riduzione dell’autonomia.

La disabilità si può manifestare in modo subdolo senza apparenti eventi acuti o con

andamento a gradini per l’instaurarsi di nuove patologie o il riacutizzarsi di quelle già

presenti.

Per l’anziano, il concetto di salute, malattia, benessere, cambiano di significato.

La salute non è assenza di malattia, ma autonomia personalizzata, il benessere non

significa stare bene, ma sentirsi bene.

Numerose sono le definizioni del concetto di fragilità nell’anziano: secondo Intiso D.,

essa, può essere considerata come “una ridotta capacità fisiologica dell’anziano che

determina un’aumentata vulnerabilità e scarsi recuperi funzionali”(5)

.

Molto nota e particolarmente calzante per il fisioterapista in area geriatrica è la

definizione di Fried L.(6)

che identifica la fragilità come una sindrome e, in quanto tale,

la definisce dalla presenza di un insieme di segni e sintomi quali la perdita di peso

involontaria, la riduzione della forza muscolare, la ridotta velocità del cammino, la

ridotta attività fisica, l’affaticamento o intolleranza allo sforzo fisico.

La presenza di 3 su 5 dei predetti criteri è sufficiente per supportare una diagnosi clinica

di fragilità nell’ambito delle sindromi geriatriche.

5

Nella persona anziana il rapporto patologia-disabilità presuppone frequentemente la

coesistenza di più malattie (comorbilità), la vecchiaia con polipatologia è un evento che

caratterizza il paziente geriatrico (Bosello 2011)(4)

.

Si definisce comorbilità la “condizione patologica risultante dalla coesistenza di più

malattie; questa si accentua con il trascorrere degli anni e rappresenta una caratteristica

precipua di molte persone anziane” (Zanetti 1998)(7)

.

La fragilità definisce la vulnerabilità di un individuo a fattori di stress (noxa) intra o

extra-individuali e l’incapacità dello stesso di mantenere l’omeostasi a fronte di risultati

interni o esterni. Il processo di fragilità è dinamico e complesso, tuttavia i meccanismi

patofisiologici non sono ancora chiari.

L’aspetto centrale nella fragilità è il coinvolgimento simultaneo di più sistemi:

endocrino, neuromuscolare e immunologico.

Diversi studi hanno cercato di trovare relazioni tra biomarker flogistici e immunologici

e diversi aspetti clinici della fragilità, ma non sono ancora stati chiariti tutti i

collegamenti.

La sarcopenia cioè il declino muscolare è però responsabile di debolezza, affaticamento

e riduzione di velocità del cammino.

Gli elementi costitutivi della comorbilità influenzano negativamente la qualità della vita

perchè limitano l’autonomia personale, fisica, mentale, affettiva, impedendo alla

persona di agire in maniera libera e completa come questa desidera.

Gli strumenti per definire e raggiungere la migliore qualità di vita sono l’autonomia

funzionale, motoria, cognitiva e affettiva. La Fisioterapia, in ambito geriatrico, si

propone di raggiungere la migliore funzionalità globale possibile in relazione col

raggiungimento della migliore qualità di vita personalizzata.

Il trattamento deve essere poi valutato in modo multidimensionale e confrontato in

équipe per rilevare il residuo funzionale del soggetto attraverso ciò che questi sente,

percepisce e considera qualità di vita indipendentemente dal suo stato di autonomia.

2.2 IL CONCETTO DI CADUTA: DEFINIZIONE, EZIOGENESI ED

INQUADRAMENTO EPIDEMIOLOGICO

La definizione di caduta non è, a tutt’oggi, univoca, il ministero italiano della salute la

definisce un “improvviso, non intenzionale, inaspettato spostamento verso il basso dalla

posizione ortostatica o assisa o clinostatica. La testimonianza delle cadute è basata sul

ricordo del paziente e/o la descrizione della caduta da parte dei testimoni. Questa

definizione include i pazienti che dormendo sulla sedia cadono per terra, i pazienti trovati

6

sdraiati sul pavimento, le cadute avvenute nonostante il supporto”(8).

In letteratura è stata dimostrata la sostanzialità della questione che, infatti, può far

variare di molto i risultati in base alla nozione adottata.

In uno studio (Wolf 1996)(9)

, in particolare, sono state poste a confronto le statistiche

sulle cadute riguardanti lo stesso campione e il medesimo periodo di monitoraggio,

basandosi prima sulla definizione FICSIT, che definisce la caduta come un

“unintentionally coming to rest on the ground, floor or other lower level”, poi sulla

definizione studio-specifica che si rifà, invece, al concetto di “injurious falls”.

Negli studi in età geriatrica, le cadute rappresentano una causa frequente e

potenzialmente prevedibile di elevata morbilità e mortalità (10) (11) (12) (13)

.

Sebbene alcune siano provocate da fattori endogeni, come quelle dovute a sincope e

altre invece siano conseguenza di fattori esogeni, come quelle provocate dall’impatto

con un veicolo, la maggior parte delle cadute dell’anziano ha un’origine multifattoriale.

Esse sono il risultato dell’interazione tra i fattori intrinseci al soggetto, che

compromettono la stabilità, e quelli legati ai rischi ambientali e alle richieste di

prestazioni fisiche.

Il mantenimento dell’equilibrio per un soggetto adulto richiede che vi sia, in tempi

rapidi, l’integrazione di stimoli differenti (sensitivi, propriocettivi e vestibolari) ed una

risposta adeguata del sistema nervoso centrale e dell’apparato muscolo-scheletrico agli

stimoli che generano spostamenti del baricentro.

Nell’anziano, proprio a causa dell’emergere della sua fragilità e della presenza di più

patologie, le capacità di gestione del proprio movimento risultano deficitarie.

La polipatologia induce, spesso, all’assunzione di farmaci che influiscono sullo schema

di elaborazione e risposta alle situazioni di squilibrio controllato in cui ogni giorno

ciascuno viene a trovarsi nel solito ripetersi delle ADL, spingendo verso la condizione

di “squilibrio incorretto” che porta alla caduta.

Il tutto si verifica per l’incapacità del soggetto di correggere, nei tempi opportuni, la

propria base d’appoggio.

Le cadute rappresentano la prima causa di incidente domestico e anche la prima causa di

ricovero e decesso per incidente domestico (PNLG, 2007)(14)

.

Secondo i dati di una review del 2005, l’evento caduta riguarda ogni anno circa il 30%

dei soggetti ultrasessantacinquenni che vivono al domicilio e più del 50% di quelli che

vivono in strutture residenziali di lungodegenza; inoltre, in circa la metà dei casi si tratta

di cadute ripetute (Kannus 2005)(15)

ed oggi le tendenze sono ulteriormente in aumento

(Sherrington 2015)(13)

.

Le cadute in ospedale sono, nel 78% dei casi, definite “fisiologiche” e quindi prevedibili

7

(Morse 2002)(16)

.

Alcuni autori affermano che le cadute costituiscono la più frequente complicanza per

soggetti anziani ricoverati in un reparto di riabilitazione e si verificano soprattutto nei

primi giorni del ricovero (Vassallo 2003)(17)

.

Il problema delle cadute nella popolazione anziana non è semplicemente una questione

di “alta incidenza”, ma anche di “alta suscettibilità” ai danni da caduta, in ragione della

comorbilità (es. osteoporosi) e delle modificazioni fisiologiche età-correlate che

possono rendere drammatica anche una caduta apparentemente di poco conto (frattura

di femore, ematoma subdurale) (Rubestein 2006)(18)

.

Il ricorrere di una complicanza aumenta man mano che cresce l’età del soggetto anziano

e nel 24% dei casi porta al decesso entro l’anno (Oliveira Guerra 2003)(19)

.

La disabilità conseguente ad una caduta può determinare un netto cambiamento nella

vita dell’anziano, se si considera che, almeno il 50% degli ultrasessantacinquenni in

grado di deambulare senza difficoltà prima della frattura dell’anca, dopo l’evento, non

riesce più a recuperare la mobilità che aveva in precedenza (PNLG 2007)(14)

.

Sebbene l’attuale trattamento ortopedico e la tecnologia chirurgica aiutino la guarigione

dell’osso in modo soddisfacente, la frattura del femore rimane comunque un evento

denso di conseguenze per la persona colpita, per la sua famiglia e per l’intera società.

2.3 STRATEGIE DI PREVENZIONE

In riabilitazione è fondamentale, anche se piuttosto complesso, trovare strategie di

prevenzione delle cadute.

In letteratura sono stati proposti numerosi interventi secondo due modalità di approccio:

multifattoriale, che prevede l’utilizzo di programmi di intervento agenti sui fattori

intrinseci e estrinseci, e monofattoriale, che include strategie d’intervento su singoli

fattori quali ad esempio la supplementazione di calcio e vitamina D o l’esercizio fisico

proposti allo scopo di prevenire i danni correlati alla caduta (Kannus 2005)(15)

.

Teoricamente un intervento multifattoriale per la popolazione anziana dovrebbe essere

più efficace di un intervento monofattoriale, perché le cause ed i fattori di rischio di

caduta hanno generalmente un’estrema variabilità inter e intraindividuale (Hill-

Westmoreland 2002)(20)

.

D’altra parte, però, un intervento su un singolo fattore, come ad esempio l’esercizio

fisico, potrebbe ridurre di per sé deficit e disabilità agendo su più fattori di rischio

simultaneamente (Kannus 2005)(15)

.

Sebbene esista un’ampia letteratura in riferimento agli interventi di prevenzione delle

8

cadute, non è ancora chiaro quale sia il modo migliore per prevenire le stesse nella

popolazione anziana (Chang 2004)(21) (22) (23) (24) (25) (26) (27) (28)(29)(30)

.

Sia l’approccio mono che multifattoriale hanno fornito elementi di riflessione

incoraggianti, ma l’approccio delle falls clinics, che prevede valutazione

multidimensionale degli specifici fattori di rischio di caduta, counseling e formazione di

paziente e famiglia, è risultato essere la modalità migliore (Hill 2008)(31)(32)(33)(34)

.

Quindi l’intervento più efficace sembrerebbe essere quello che riesce a combinare più

strategie di approccio e soprattutto agevola la compliance del paziente nel lungo

termine(35)

.

Negli ultimi anni, in letteratura, sono stati illustrati studi specifici per valutare l’efficacia

di interventi sugli apparati corporei al fine di prevenire il rischio di caduta dell’anziano.

Si tratta di proposte piuttosto eterogenee che hanno evidenziato risultanze interessanti in

merito alla diminuzione d’incidenza delle cadute se il training era focalizzato su ambiti

circoscritti: aumento della forza, miglioramento della deambulazione, dell’equilibrio o

degli spostamenti, la salita delle scale, etc.(35)(36)(37)(38)(39)(40)

.

Gli aspetti di maggior interesse erano la necessità di personalizzare le attività e

l’efficacia manifestatasi in ogni setting abitativo dell’anziano.

9

CAP. 3 MATERIALI E METODI

3.1 IL QUESITO DI RICERCA

Uno strumento da molti proposto(41)(42)(43)(44)(45)

per prevenire gli eventi di caduta è

l’effettuazione di “esercizio fisico”. La stragrande maggioranza degli studi(46)(47)(48)(49)(50)

che si approcciano al tema delle cadute dell’anziano si è chiesta se tale strumento fosse

o meno una soluzione al problema valida in senso generale.

Con il termine “esercizio fisico” si indicano, in realtà, tipologie d’intervento talora

molto diversificate tra loro per modalità di esecuzione, intensità, frequenza, setting in

cui può essere proposto, ecc.(51)(52)(53)(54)(55)

.

Mi sono chiesto se sia possibile individuare in letteratura delle specifiche condotte

terapeutiche efficaci sul paziente anziano fragile.

La finalità è quella di verificare se esistano fonti da cui attingere gli aspetti tecnico-

operativi dell’intervento in modo dettagliato: come viene svolto l’esercizio, l’intensità,

le soglie di progressione, le cose da evitare, gli errori comunemente commessi dal

terapista e/o dal paziente, i compensi e tutto ciò che possa aiutare a comprendere come

gestire la riabilitazione preventiva negli anziani fragili con efficacia e sicurezza.

Ho, quindi, cercato di capire quali interventi siano realmente efficaci nell’evitare le

cadute nel paziente anziano, cercando di reperire indicazioni riabilitative specifiche per

fronteggiare una problematica così diffusa e lesiva dello stato di salute di soggetti già

indeboliti dal trascorrere del tempo(10)(13)(41)

.

3.2 METODOLOGIA DELLA RICERCA

Per la ricerca delle fonti sono partito dall’idea di trovare materiale a “budget zero” e,

pertanto, ho scelto di non utilizzare accessi a pagamento al fine di garantire a chiunque

lo volesse di ripetere la ricerca effettuata, senza incontrare gli ostacoli derivanti da un

limite economico. Con tale modalità di ricerca “real life” ho pensato di offrire migliori

condizioni di ripetibilità dell’esperienza.

Sono state effettuate le ricerche su Pubmed, Medline, Cinahl, Embase, Pedro, Cochrane

Bone, Joint and Muscle Trauma Group Specialised Register, Cochrane Central Register

of Controlled Trials (The Cochrane Library) ed anche, da ultimo, sul motore di ricerca

generalista Google.

Il sito specialistico più agevole per la ricerca è stato Pubmed.

Per procedere alla scansione del database sono state definite preliminarmente le stringhe

10

di ricerca.

In particolare, per verificare l’entità della produzione scientifica esistente in materia e

procedere ad una eventuale preliminare scrematura delle pubblicazioni si è utilizzata la

seguente stringa di parole-chiave: “prevention AND falls AND elderly AND people

AND efficacy”.

Il risultato ottenuto di 7032 fonti ha evidenziato che vi era una discreta quantità di

produzione di letteratura in materia e quindi che necessitasse una più dettagliata e

mirata cernita, utilizzando gli appositi filtri messi a disposizione dal motore di ricerca.

Sono stati attivati quindi il filtro “ultimi 5 anni di pubblicazione”, ritenendo che il

tempo trascorso non andasse a discapito della bontà metodologica degli studi effettuati e

che i risultati degli stessi non risentissero di forme di obsolescenza.

Inoltre, è stato apposto il filtro “età partecipanti > 65 anni” per escludere da subito tutti

gli studi non incentrati realmente sul soggetto anziano.

Non si è utilizzato il filtro “lingua inglese” al fine di evitare che articoli pubblicati in

duplice lingua venissero esclusi accidentalmente.

Consapevole della notevole produzione di studi esistente si è scelto di visionare solo gli

studi di buona qualità applicando i filtri: “studi clinici”, “revisioni” e “revisioni

sistematiche”, in modo che la selezione delle pubblicazioni reperite partisse da un

livello elevato di qualità dell’evidenza (Ia, Ib o IIa).

Infine, il filtro “full text” è stato inserito per necessità di verificare tutti gli aspetti di una

pubblicazione al fine di comprendere appieno le procedure seguite, i metodi adottati e le

analisi di merito svolte dagli autori.

Oltretutto, l’applicazione del filtro full text è stato inserito anche perché manca, in

letteratura, una definizione univoca del concetto di fragilità dell’anziano.

In carenza di convergenze verso una nozione condivisa, essa si presta ad interpretazioni

e variazioni che possono, talvolta, stravolgere la trama del disegno di uno studio(9)

.

E’ stato, quindi, ritenuto necessario avere visione del testo completo dell’articolo per

capire quali erano realmente le caratteristiche dei partecipanti alla sperimentazione.

Al termine, applicando i filtri suddetti, le fonti sono state 123.

Pochissimi di questi articoli erano disponibili su Pubmed per intero. Quelli che non lo

erano ma, dalla lettura dell’abstract, apparivano attinenti ed interessanti, sono stati

cercati in formato testo integrale, per altre vie.

In particolare, sono stati contattati gli autori o, più facilmente, sono stati cercati , tramite

Google e altri motori di ricerca d’importanza residuale, su altri siti che rendevano

disponibile il materiale in formato pdf.

Una volta ottenuti gli articoli si è cercato manualmente altro materiale setacciando le

11

bibliografie degli stessi e riproponendo lo stesso schema di ricerca appena esposto.

3.3 CRITERI DI INCLUSIONE ED ESCLUSIONE

Tutti gli articoli sono stati esaminati negli abstract fino a includere nella scelta finale

quelli che hanno soddisfatto tutti i criteri che si vanno di seguito ad illustrare.

Sono stati inclusi gli studi randomizzati controllati che prevedevano nel progetto,

dichiarandolo chiaramente già nell’abstract, l’effettuazione di interventi volti a

prevenire le cadute nei soggetti anziani posti in essere o supervisionati da un

fisioterapista o figura equivalente (nei rispettivi Paesi di svolgimento delle operazioni

della ricerca illustrata nell’articolo).

Sono stati inclusi nella revisione gli studi in cui la popolazione campionaria era

adeguata. I campioni di partecipanti dovevano essere superiori al minimo

statisticamente rilevante (n=30) sia in fase di reclutamento che nelle successive fasi di

sperimentazione.

Sono stati accettati gli studi, anche a più bracci d’intervento, che verificavano la validità

dell’esercizio nei soggetti anziani come unico trattamento di prevenzione o che

prevedevano e pubblicavano i dati di confronto di almeno un gruppo focalizzato solo

sull’esercizio purchè vi fosse in ogni caso un gruppo controllo.

Tale gruppo controllo non doveva effettuare attività suscettibili di migliorare la

condizione fisica degli appartenenti allo stesso.

Quindi il compito dei partecipanti al gruppo controllo doveva essere o di non ricevere

alcun intervento o solo trattamenti placebo.

All’esercizio fisico poteva essere associato anche un altro tipo d’intervento quali la

somministrazione di supplementi di vitamina D o l’aggiustamento della terapia

farmacologica assunta a lungo termine, corsi informativi (educazione sanitaria e/o

posturale), etc.

L’importante era l’univocità degli obiettivi espressi nel programma, la graduabilità della

posologia e la misurabilità degli esiti degli interventi attuati.

Le pubblicazioni incluse dovevano essere edite nell’ultimo decennio e disponibili in

formato testo integrale.

Ho incluso gli studi in cui la maggior parte dei partecipanti viveva in comunità anche in

forme non molto diffuse in Italia quali le case-albergo (home dwelling), nonché le

sperimentazioni in luoghi a maggior livello di assistenza, come ospedali o reparti di

lungodegenza o riabilitazione.

Ho escluso, ovviamente, tutti i risultati spuri della ricerca (es. i protocolli di

12

studio)(56)(57)(58)

.

Al termine delle valutazioni preliminari sono stati individuati n. 12 articoli (Conroy

2010, Smulders 2010, Halvarsson 2011, Yang, 2012, Clemson 2012, Gusi 2012, Perula

2012, Tousignant 2013, Fairhall 2013, Lee 2013, Gianoudis 2014, Rasi

2015)(59)(60)(61)(62)(63)(64)(65)(66)(67)(68)(69)(70)

e tre revisioni sistematiche e meta-analisi

Cochrane(71)(72)(73)

che rispecchiavano i criteri di inclusione per accedere

all’approfondimento di merito.

A seguito del reperimento delle revisioni sistematiche e meta-analisi, in materia di

prevenzione delle cadute, si è preso atto dell’esistenza di fonti di primo livello nella

trasmissione delle conoscenze EBP e queste hanno escluso dall’approfondimento le

altre pubblicazioni in precedenza individuate.

L’analisi dei risultati è stata quindi condotta sulle tre revisioni Cochrane, in quanto fonti

qualitativamente di grado più elevato.

Incidentalmente, si segnala la presenza di numerosi protocolli di studio che potranno

essere di aiuto, una volta concretizzati e divulgati in pubblicazione con i rispettivi

risultati, per individuare ulteriori tendenze riabilitative in argomento.

3.4 DESCRIZIONE DEL MATERIALE REPERITO E CONSULTATO

Oggetto dell’approfondimento sono le revisioni sistematiche e meta-analisi che vado di

seguito ad illustrare:

“Interventions for preventing falls in older people living in the

community” (Review) - Gillespie L.D. e altri - 2012

L’ambito in cui gli autori effettuano la revisione è quello delle persone anziane che

vivono nel territorio e che quindi conservano un sufficiente livello di autonomia.

L’obiettivo espresso è valutare gli effetti degli interventi volti a ridurre l'incidenza delle

cadute negli anziani.

La premessa obbligata è che circa il 30% delle persone sopra i 65 anni di età che vivono

nel territorio senza particolari vincoli di dipendenza funzionale (living in the

community) ogni anno sperimenta l’evento caduta.

La pubblicazione è un aggiornamento di una revisione Cochrane già pubblicata nel 2009

e costituisce una sorta di laboratorio permanente sulla tematica d’indagine con finalità

di garantire, attraverso la progressiva crescita dei numeri (degli studi e dei partecipanti),

che vi sia evidenza su alcuni aspetti di un fenomeno molto diffuso e soprattutto in

costante espansione.

13

La popolazione cresce di numero e aumenta l’età media dei soggetti.

Parimenti aumentano le problematiche relative alla gestione degli anziani per quanto

riguarda i cali fisiologici di salute e il sopraggiungere della fragilità ovvero il

manifestarsi di essa a seguito o a causa anche di una sola caduta.

I metodi di ricerca si sono concentrati sugli archivi elettronici come il Cochrane Bone,

Joint and Muscle Trauma Group Specialised Register (Febbraio 2012), Central (The

Cochrane Library 2012, volume 3), Medline (dal 1946 a Marzo 2012), Embase (dal

1947 a Marzo 2012), Cinahl (1982 al febbraio 2012) e sui registri telematici degli studi.

I criteri di selezione adottati hanno previsto l’accettazione degli studi randomizzati e

quasi-randomizzati controllati di interventi finalizzati a ridurre le cadute in una

popolazione anziana di soggetti viventi nel territorio.

Raccolta e analisi dei dati sono state effettuate da due revisori che hanno valutato,

indipendentemente, il rischio di bias e i dati estratti.

Sono stati usati il rate ratio (RaR) al 95% d’intervallo di confidenza (CI) per confrontare

il tasso di cadute (ad esempio cadute all'anno per persona) e tra i gruppi di intervento e

di controllo.

Per il rischio di cadere, si è utilizzato un rischio rapporto (RR) al 95% d’intervallo di

confidenza (CI) basato sul numero di persone che cadono (fallers) in ogni gruppo.

Quando era possibile i dati sono stati aggregati.

Sono stati inclusi 159 studi clinici con 79.193 partecipanti. La maggior parte degli studi

hanno confrontato un intervento di prevenzione delle caduta contro nessun intervento o

con un intervento che non si prevede possa ridurre il numero di cadute.

Gli interventi più comuni testati sono stati l’esercizio come singolo intervento (59 studi)

e i programmi multifattoriali (40 studi).

La revisione ha analizzato gli studi che si sono occupati della prevenzione dalle cadute

sotto più aspetti proponendo diversi tipi d’intervento.

Particolare cura è stata posta nel garantire, tramite gli strumenti statistici a disposizione,

la validità dei risultati illustrati effettuando analisi specifiche e limitando i potenziali

bias.

La revisione è corredata di numerose tabelle illustrative e riepilogative nonché grafici

specifici (forest plot).

“Interventions for preventing falls in older people in care facilities and

hospitals” (Review) - Cameron I.D. e altri - 2012

Gli autori procedono all’aggiornamento di una revisione edita nel 2010 inerente il

problema della prevenzione delle cadute delle persone anziane in strutture di

14

lungodegenza e negli ospedali (care facilities and hospitals).

Lo studio si occupa di analizzare il problema della prevenzione delle cadute in setting in

cui il paziente è particolarmente soggetto al rischio di cadere ed anche di riportare

lesioni correlate alla caduta subita.

Nella revisione vengono particolarmente trattati e illustrati gli accorgimenti statistici

adottati per limitare le fonti di distorsione.

Lo studio non si occupa esclusivamente di exercise interventions, bensì anche di altri

tipi di approccio al problema. In questa tesi, tali aspetti sono stati approfonditi solo se

contestuali ad una proposta di esercizi.

Lo studio analizza e relaziona separatamente le due tipologie di struttura indicate nel

background fornendo risposte più precise sull’efficacia dei trattamenti nelle strutture di

lungodegenza e negli ospedali.

In questa revisione, le cadute vengono riferite come eventi piuttosto comuni che

causano una notevole morbilità e mortalità nella categoria degli anziani anche facendo

confronti con quelli viventi sul territorio.

L’obiettivo dichiarato è, quindi, valutare l’efficacia degli interventi finalizzati a ridurre

le cadute degli anziani in un setting di strutture di lungodegenza e negli ospedali,

effettuando anche specifiche analisi dei sottogruppi e dell’eterogeneità.

Per procedere alla ricerca degli studi, i metodi utilizzati sono stati l’impiego dei

database preminenti come Cochrane Bone, Joint and Muscle Trauma Group Specialised

Register (fino a marzo 2012); The Cochrane Library 2012, volume 3; MEDLINE,

EMBASE e CINAHL (a tutto marzo 2012); registri degli studi in corso di svolgimento

(a tutto agosto 2012) e la bibliografia degli articoli.

I criteri di selezione prevedevano l’accettazione degli studi randomizzati controllati di

interventi volti a ridurre le cadute nelle persone anziane che fossero ricoverate in

strutture di lungodegenza, ospedali e assimilabili.

La raccolta e analisi dei dati sono state effettuate da due revisori che hanno valutato,

indipendentemente l’uno dall’altro, i dati estratti ed i rischi di distorsione.

Sono stati usati un rate ratio (RaR) al 95% d’intervallo di confidenza (CI) per

confrontare il tasso di cadute (ad esempio cadute all'anno per persona) tra il gruppo

intervento e il gruppo controllo.

Per verificare il rischio di caduta si è utilizzato un rischio rapporto (RR) al 95% (CI) in

base al numero di persone che cadono (fallers) in ogni gruppo. Quando è stato possibile

tecnicamente, i dati pubblicati dagli studi sono stati aggregati.

Sono stati inclusi 60 studi (60.345 partecipanti), 43 studi (30.373 partecipanti) in

strutture di assistenza e 17 (29.972 partecipanti) negli ospedali.

15

La revisione è corredata di numerose tabelle illustrative e riepilogative nonché grafici

esemplificativi di fenomeni statistici (forest plot).

“Exercise for reducing fear of falling in older people living in the

community” (Review) - 2014 - Kendrick D. e altri

Gli autori di questa revisione hanno esaminato un aspetto collaterale, ma molto rilevante

nell’ambito della prevenzione delle cadute nell’anziano. La paura di cadere è comune

nelle persone anziane e associata a gravi conseguenze fisiche e psicosociali.

L’esercizio (programmato, strutturato, l'attività fisica ripetitiva e intenzionale volta a

migliorare la forma fisica), può ridurre la paura di cadere per migliorare la forza,

l’andatura, l’equilibrio e l'umore e ridurre la frequenza delle cadute.

La revisione viene effettuata proprio con l’obiettivo di valutare gli effetti (benefici,

danni e costi) di interventi (esercizi) realizzati per ridurre la paura di cadere nelle

persone anziane che vivono nel territorio.

Le ricerche sono state effettuate sul Cochrane Bone, Joint and Muscle Trauma Group

Specialised Register (a luglio 2013), sul Central Register of Controlled Trials (Central

2013, uscita 7), Medline (dal 1946 alla 3A settimana di luglio 2013), Embase (dal 1980

al 2013 settimana n. 30), Cinahl (dal 1982 al luglio 2013), PsycInfo (dal 1967 ad agosto

2013), Amed (dal 1985 all’agosto 2013), le sperimentazioni cliniche

dell’Organizzazione Mondiale della Sanità - International Clinical Trials Registry

Platform (accesso del 7 Ago 2013) e Current Controlled Trials (accesso del 7 ago 2013).

Non sono state applicate restrizioni di lingua e si è cercato, manualmente, negli elenchi

di riferimento nonchè consultato gli esperti.

Gli studi ammessi dai criteri di selezione erano randomizzati o quasi-randomizzati che

hanno reclutato persone residenti nel territorio (dove la maggioranza è stata di 65 anni e

oltre) non limitate da specifiche condizioni mediche (ad esempio ictus, frattura

dell’anca).

Sono stati inclusi gli studi che hanno valutato gli interventi basati sull’esercizio rispetto

a nessun intervento o un intervento che non fosse costituito da esercizi (ad esempio

social visit) e in cui fosse misurata la paura di cadere.

Gli interventi basati sull’esercizio (exercise interventions) sono stati vari; per esempio,

“prescrizioni” o consigli, somministrati in gruppo o individualmente, con o senza

supervisione.

La raccolta e l’analisi dei dati sono state effettuate da due autori della revisione che

hanno valutato, in modo indipendente, gli studi per l’inclusione, i dati estratti e il rischio

di distorsione (bias). Sono state aggregate le dimensioni d’effetto dei singoli studi

16

usando il modello a effetti fissi mentre, dove era presente una significativa eterogeneità

statistica, è stato usato il modello a effetti casuali.

Sono stati stimati il rapporto di rischio (RR) per gli outcome dicotomici e l’incidence

rate ratio (IRR) per gli outcome di tasso.

Dove gli studi utilizzavano le stesse misure continue è stata stimata la media delle

differenze (MD) dove sono state usate misure diverse o formati diversi di una stessa

misura è stata stimata la media delle differenze standardizzate (SMD).

Dove possibile, sono state eseguite, di solito in via predefinita, varie analisi della

sensibilità e dei sottogruppi.

Sono stati inclusi 30 studi, che hanno valutato l’esercizio in 3D (Tai Chi e yoga),

allenamento dell’equilibrio o allenamento della forza/resistenza.

Due di questi erano studi randomizzati a grappolo (cluster randomization), 2 erano studi

cross-over e uno era quasi-randomizzato.

Per esercizi 3D s’intendono quelle attività che comportano l’effettuazione di movimenti

corporei nei 3 piani dello spazio e che sono accomunati dall’appartenenza ad una

disciplina e che si rifà alle scienze olistiche(74)(75)

.

I movimenti seguono schemi che coinvolgono tutto il corpo e sono ispirati a discipline

orientali che sono basate su un substrato filosofico ispiratore delle sequenze motorie

eseguite.

Gli studi hanno incluso un totale di 2.878 partecipanti con un’età media che andava da

68 a 85 anni.

La maggior parte degli studi hanno reclutato più donne che uomini, con 4 studi

reclutanti solo donne. 12 studi hanno accolto tra i partecipanti le persone ad aumentato

rischio di cadere e 3 di questi studi hanno incluso chi aveva anche paura di cadere.

La revisione è corredata da numerose tabelle illustrative e riepilogative nonché grafici

specifici per le comparazioni tra interventi (forest plot).

17

CAP. 4 - RISULTATI

4.1 ANALISI E COMPARAZIONE DELLE REVISIONI

Le revisioni sistematiche e meta-analisi oggetto d’esame sono state redatte secondo le

indicazioni ed avvertenze del Manuale Cochrane per le revisioni sistematiche inerenti

gli interventi(76)

.

Tutte le review, oggetto di approfondimento, partono dal presupposto che l’evento

caduta è molto diffuso, grave e potenzialmente fatale negli anziani e hanno come

obiettivo principale quello di verificare l’efficacia degli interventi proposti negli studi

analizzati.

Nelle revisioni vengono illustrati anche i metodi di ricerca utilizzati.

In particolare, sono state consultate le banche dati elettroniche più note, integrando

anche con ricerche “manuali” sulle bibliografie degli studi rinvenuti, controllando le

liste dei trial ancora in corso, quelli non pubblicati e chiedendo, altresì, informazioni

agli esperti del settore.

In Gillespie 2012 ci si interroga sulla definizione di caduta e sulla necessità di spiegare

chiaramente ai partecipanti la nozione per evitare distorsioni nella risposta data

mediante autodichiarazione.

In Cameron 2012 si precisa che, statisticamente, le cadute sono più comuni tra gli

uomini e tra coloro che abbisognano di livelli di assistenza elevati.

In ospedale i tassi di incidenza delle cadute sono elevati nei reparti geriatrici, ma

soprattutto in quelli psicogeriatrici.

In Kendrick 2014 si pone l’accento sulla sindrome della paura di cadere rilevata in

numerosi studi tra i residenti nelle case-albergo.

Essa variava tra il 21% e l’85% degli anziani e ne soffriva sia chi era già caduto sia

coloro che non avevano ancora vissuto l’evento caduta.

Questa sindrome, oltre a costituire un importante fattore di rischio di caduta, è, già di

per sé, un elemento rilevante che funge da limite o freno all’effettuazione di attività,

ripercuotendosi sul grado d’indipendenza, sullo sviluppo dell’attività sociale e in ultima

analisi sul livello di qualità di vita.

A tal proposito, nella revisione si cita Tinetti 1993 che ha definito la paura di cadere

come “una preoccupazione duratura di cadere che porta un individuo ad evitare attività

che lui/lei rimane in grado di eseguire”(77)

.

Tuttavia, la paura di cadere è stata concettualizzata in modi diversi(78)(79)

e misurata

utilizzando strumenti vari(80)

.

18

Sono state impiegate: scale che misurano la paura (single item question), la fiducia nei

propri mezzi per evitare una caduta (falls efficacy) o la fiducia nel proprio equilibrio, la

preoccupazione riguardo alle cadute o il timore di cadere misurato come restrizione

dell’attività.

Nella revisione si sottolinea altresì che, pur esistendo delle revisioni importanti che

trattano la materia della prevenzione delle cadute e degli esercizi, nessuno si è ancora

occupato espressamente della paura di cadere e della sua pericolosità anche per chi non

ha oggettivi problemi d’equilibrio.

Nelle revisioni di Gillespie e Cameron, la prevenzione delle cadute è incentrata sulla

molteplicità dei fattori contribuenti che possono determinare l’evento e sugli interventi

proponibili.

Questi ultimi possono essere diversi: intervento singolo, multiplo o multifattoriale.

L’intervento singolo consiste in una sola categoria di trattamento che viene effettuato

indistintamente a tutti i partecipanti allo stesso gruppo.

L’approccio multiplo è uniforme nei confronti di tutti, ma prevede più tipi d’intervento

contemporaneamente (es. esercizio fisico più farmaco), mentre, quello multifattoriale è

commisurato alle esigenze del singolo paziente sulla base di una valutazione

multidisciplinare.

Per le finalità del presente lavoro ho preso in considerazione e analizzato i soli

trattamenti singoli basati sull’esercizio.

L’intervento è stato confrontato con un gruppo “usual care” (nessun cambiamento nelle

attività abituali) o con un intervento di controllo tipo “placebo”, intervento non pensato

per ridurre le cadute (per esempio educazione sanitaria generale o social visits).

In Kendrick, l’unico approccio previsto è quello singolo basato sull’esercizio definito

come attività fisica “programmata, strutturata, ripetuta e intenzionale nel senso che

l’obiettivo è il miglioramento o il mantenimento di uno o più componenti d’idoneità

fisica” (CDC 2011)(81)

e comprendente le categorie della classificazione ProFaNE

(Prevention of Falls Network Europe) meglio illustrate a seguire.

Il controllo può essere costituito da cura tradizionale o intervento alternativo che però, si

precisa, non deve essere suscettibile, neanche in astratto, di influire sullo stile di vita e

aumentare la volontà di fare esercizio spontaneamente.

In tutte e tre le revisioni vengono inclusi studi clinici randomizzati o quasi-randomizzati

controllati.

In Kendrick però vengono espressamente inclusi gli studi cluster randomizzati, solo se

sono presenti più di due sottogruppi per ogni gruppo d’intervento o controllo per evitare

distorsioni.

19

Nella revisione di Cameron, per poter dare risultati più precisi, i setting valutati

vengono suddivisi anche al fine di effettuare eventuali analisi di sottogruppo.

Le strutture di lungodegenza sono state suddivise in base al livello di assistenza fornito

ai pazienti.

Ad alto livello vi sono le strutture che “sono principalmente impegnate nella fornitura di

servizi di cura e di riabilitazione di degenza per pazienti in terapia a lungo termine e

forniscono assistenza infermieristica in contemporanea con la cura personale”(OECD

2011)(82)

.

Le strutture di livello intermedio sono “istituzioni che forniscono cure e servizi alle

persone che non richiedono il livello di attenzione che forniscono gli ospedali e le

strutture di cura specializzati, ma che, a causa della loro condizione fisica o mentale,

hanno bisogno di cure e servizi al di sopra del livello di vitto e alloggio” (NLM

2012)(83)

.

Alcune strutture forniscono entrambi i livelli di cura.

Per gli studi negli ospedali, è stata operata la suddivisione in quelli che forniscono cure

in fase acuta e quelli che forniscono cure in fase subacuta, escludendo gli interventi che

hanno avuto luogo nei pronto soccorso, ambulatori o dove sono stati prestati i servizi

ospedalieri in contesti di territorio.

Le cure in subacuto sono definite “servizi medici e infermieristici qualificati forniti ai

pazienti che non sono in una fase acuta di una malattia, ma che richiedono un livello di

cura superiore a quello previsto in un ambiente di cura a lungo termine” (NLM

2012)(83)

.

Gli studi inclusi nelle tre review provengono da Paesi diversi e sono riepilogati,

unitamente alle altre caratteristiche, in tabella (allegato 1).

La tipologia e le caratteristiche dei partecipanti sono riepilogati in tabella (allegato 2).

In Gillespie e Cameron sono stati inclusi gli studi che hanno fornito i dati relativi ai

rapporti tra tassi di incidenza (rate ratio) o ai rapporti tra odds ratio (risk ratio) o

quantomeno pubblicato i dati grezzi utili per il calcolo degli indici predetti da parte

degli autori della revisione.

Sono stati accettati i dati forniti dagli studi su base di autodichiarazione da parte dei

partecipanti e anche in casi di registrazione retroattiva o in mancanza di continuità di

monitoraggio durante la sperimentazione.

Gli outcome primari sono stati quindi il tasso di cadute e il rischio di cadere, mentre

l’outcome secondario più importante è stato il rischio di frattura correlata a caduta.

In Kendrick l’outcome primario era, invece, la paura di cadere per la cui misurazione

sono state utilizzate diverse scale appositamente validate per gli outcome psicologici(80)

.

20

Tra gli outcome secondari (tasso di cadute e rischio di cadere) sono stati utilizzati rate

ratio e risk ratio.

In Gillespie, sono stati arruolati 13.264 partecipanti in 59 studi(9)(60)(63)(84)(85)(86)(87)(88)(89)

(90)(91)(92)(93)(94)(95)(96)(97)(98)(99)(100)(101)(102)(103)(104)(105)(106)(107)(108)(109)(110)(111)(112)(113)(114)(115)

(116)(117)(118)(119)(120)(121)(122)(123)(124)(125)(126)(127)(128)(129)(130)(131)(132)(133)(134)(135)(136)(137)(138)(139)

in cui è stato testato l’effetto dell’esercizio sulle cadute e solo sei di questi

(60)(87)(101)(108)(119)(126) hanno riportato il numero di persone che hanno patito una frattura

derivante da caduta.

In Gillespie le caratteristiche generali dei partecipanti variavano notevolmente a causa

delle modalità di reclutamento utilizzate, nonché dei criteri di inclusione e di esclusione

applicati.

I partecipanti in alcuni studi erano volontari sani; in altri, erano più rappresentativi della

popolazione anziana generale essendo stati campionati a caso da database come le liste

elettorali.

Ottantatre studi (52%) hanno reclutato i partecipanti con una storia di cadute o uno o più

fattori di rischio per le cadute.

Siccome la maggior parte degli studi ha specificamente escluso le persone anziane con

deterioramento cognitivo, i risultati di questa revisione non possono essere applicabili a

questo importante gruppo di persone a rischio.

Nella maggior parte degli studi l’intervento basato sull’esercizio è stato svolto in un

contesto di gruppo. In 12 studi clinici è stato effettuato a casa.

La maggioranza degli studi che propongono l’esercizio fisico come unico intervento,

prevedevano l’impiego di più di una categoria dello stesso.

In alcuni studi clinici, invece, gli interventi sono all’interno di una sola categoria.

Per far riferimento ad un linguaggio comune, gli esercizi somministrati negli studi sono

stati raggruppati, per modalità, in 6 categorie utilizzando la tassonomia ProFaNE:

• passo, equilibrio e allenamento funzionale (Cornillon 2002; Liu-Ambrose 2004;

McMurdo 1997; Wolf 1996)(95)(112)(119)(9)

;

• rinforzo/aumento della resistenza (Davis 2011; Fiatarone 1997; Latham 2003; Liu-

Ambrose 2004; Woo 2007)(97)(99)(109)(112)(137)

;

• esercizio 3D (movimento costante e ripetuto sui tre piani dello spazio): Tai Chi

(Huang 2010; Li 2005, Logghe 2009; Voukelatos 2007; Wolf 1996; Wolf 2003; Woo

2007)(104)(110)(114)(134)(9)(136)(137)

e square-stepping (Shigematsu 2008)(129)

;

• attività fisica generale (gruppi di cammino Pereira 1998; Resnick 2002; Shigematsu

2008)(123)(125)(129)

.

Nessuno studio ha, invece, riportato risultati per il solo allenamento della flessibilità o

21

della resistenza (endurance).

Otto studi hanno confrontato diversi programmi di esercizio (Davis 2011; Helbostad

2004; Kemmler 2010; Nitz 2004; Shigematsu 2008; Steadman 2003; Yamada

2010)(97)(103)(107)(122)(129)(131)(139)

o metodi di svolgimento (Wu 2010)(138)

.

In Cameron, nelle strutture di lungodegenza, 13 studi hanno testato interventi singoli

basati sull’esercizio (Buettner 2002, Choi 2005, Faber 2006, Kerse 2008, Mulrow 1994,

Nowalk 2001, Rosendahl 2008, Sakamoto 2006, Schoenfelder 2000, Serra-Rexach

2011, Shimada 2004, Sihvonen 2004, Toulotte 2003) (140)(141)(142)(143)(144)(145)(146)(147)(148)

(149)(150)(151)(152);

Negli ospedali, invece, vi erano due studi ad approccio singolo (Donald 2000, Jarvis

2007)(153)(154)

.

In Kendrick, dei 30 studi inclusi (9)(61)(62)(63)(85)(91)(101)(111)(114)(124)(135)(151)(155)(156)(157)(158)(159)

(160)(161)(162)(163)(164)(165)(166)(167)(168)(169)(170)(171)(172), cinque avevano più di una tipologia

d’intervento che ha soddisfatto i criteri d’inclusione (Hinman 2002; Karinkanta 2012;

McCormack 2004; Vogler 2009; Wolf 1996)(156)(157)(160)(166)(9)

.

Complessivamente, si proponevano 36 tipologie d’intervento così riepilogati: 9 come

esercizi 3D (Tai Chi, Yoga); 19 come passo, equilibrio, coordinazione, compiti

funzionali e 8 come allenamento di forza e resistenza.

Si prende in considerazione negli studi anche la danza per affinità di attività e

coinvolgimento corporeo nel suo complesso.

Inoltre, le condotte terapeutiche sono state classificate a seconda che la

somministrazione avvenisse in gruppo o singolarmente e in base alla durata

dell’intervento (cioè fino a 12 settimane, da 13 a 26 settimane e più di 26 settimane).

La maggior parte (89% degli interventi) delle sedute di esercizi erano eseguiti da una a

tre volte alla settimana mentre negli altri casi (11%) gli esercizi erano da effettuare 4 o

più volte alla settimana.

4.2 ELEMENTI RIABILITATIVI DI SIGNIFICATIVITA’ E CRITICITA’

In Gillespie gli studi inclusi sono 159, ma, come suindicato, solo 59 si occupano di

testare l’esercizio come unico rimedio per prevenire le cadute e, dei 79.193 partecipanti

globalmente considerati al termine della selezione, sono 13.556 quelli reclutati in studi

che mettevano a confronto trattamenti basati esclusivamente sugli esercizi (caso-

controllo o tecniche d’esercizio a confronto).

Le caratteristiche degli esercizi proposti negli studi in oggetto sono riepilogate in tabella

3 (allegato 3).

22

Le macrocategorie che sono state definite sono le seguenti:

- trattamento di gruppo (più categorie di esercizio) confrontato col gruppo controllo

Il gruppo comprendeva 16 studi (per 3.622 partecipanti) per l’outcome tasso di cadute

e 22 studi (per 5.333 partecipanti) per il rischio di cadere.

L’analisi di sottogruppo del rischio di cadere all’arruolamento si è proposta di rilevare

eventuali differenze aggregate tra studi con partecipanti a più alto rischio di cadere

rispetto a quelli non selezionati secondo tale parametro all’atto del reclutamento.

Nell’ambito dei 16 studi aggregati per il tasso di cadute e dei 22 studi per l’outcome

rischio di cadere, venivano proposte varie soluzioni d’esercizio ma, nella maggioranza

dei casi questi rientravano nella combinazione di tre tipologie d’esercizio secondo la

tassonomia ProFaNE:

a) equilibrio/coordinazione;

b) rinforzo/resistenza (sforzo anaerobico);

c) flessibilità.

Diversi studi, hanno previsto in aggiunta esercizi di endurance (sforzo aerobico).

Tuttavia, solo Ballard 2004, Beyer 2007, Buchner 1997, Lord 1995, Robertson 2001a

e Smulders 2010(84)(86)(89)(115)(126)(60)

, inseriscono, nel testo della pubblicazione, una

descrizione dettagliata dell’intervento.

In questi studi si cerca di spiegare in concreto quali esercizi vengono proposti, le

progressioni ed altri elementi di pratica clinica.

Negli altri studi si cita la categoria di esercizi somministrati, senza entrare nel dettaglio

o comunque limitandosi alle definizioni standard e solo in qualche caso viene fornito

qualche elemento in più senza entrare nello specifico (es. Rubenstein 2000, Lord 2003,

Means 2005)(127)(116)(120)

.

- Trattamento individuale a casa (più categorie di esercizio) confrontato col gruppo

controllo.

Si tratta di sette studi con 469 partecipanti all’intervento contro 482 del gruppo

controllo.

Nel raggruppamento, i due studi con maggior peso sull’analisi forniscono poche

indicazioni sugli esercizi da somministrare (Bischoff-Ferrari 2010, Campbell

1997)(87)(91)

.

Dei rimanenti studi, due forniscono sufficienti dettagli per orientare la pratica

fisioterapica (Haines 2009, Robertson 2001)(101)(126)

e altri due, invece, indicano alcuni

elementi all’interno delle categorie di esercizi proposti (Lin 2007, Liu-Ambrose

2008)(111)(113)

.

In ogni caso, tutti gli studi propongono l’abbinamento di esercizi d’equilibrio con il

23

rinforzo e lo sforzo anaerobico.

- Trattamento individuale (programma LiFE) confrontato col gruppo controllo

Il programma LiFE testato in Clemson 2010(63)

è un piccolo studio con 34 partecipanti

ed è basato su balance e rinforzo muscolare.

- Trattamento di gruppo (Tai Chi) confrontato col gruppo controllo

Nel raggruppamento vi era una sostanziale eterogeneità statistica che è stata esplorata

mediante un’analisi di sottogruppo relativa al rischio di cadere al momento del

reclutamento.

Un aspetto discutibile è la presenza dell’istruttore di disciplina anzichè del

fisioterapista.

- Trattamento di gruppo (passo, equilibrio e allenamento funzionale) confrontato col

gruppo controllo.

Il gruppo comprendeva quattro studi per complessivi 519 partecipanti (per tasso di

cadute) e tre studi per 453 partecipanti (per rischio di cadere) (Cornillon 2002, Liu-

Ambrose 2004 - agility group, Mc Murdo 1997 e Weerdesteyn 2006)(95)(112)(119)(135)

.

Quest’ultimo rimanda al programma denominato NFPP(135)

che è basato

sull’abituazione dei partecipanti a camminare in ambiente affollato evitando ostacoli,

ma anche sull’apprendimento di tecniche di caduta al fine di vivacizzare i meccanismi

di balance e migliorare il potenziale di risorse di base posseduto dal singolo soggetto.

Da ultimo, nel sottogruppo, solo in Liu-Ambrose 2004(112)

è stata fornita solo qualche

indicazione sugli esercizi proposti.

- Trattamento individuale (equilibrio) confrontato col gruppo controllo

Riguarda un solo studio (Wolf 1996)(9)

con 128 aderenti, in cui l’equilibrio era testato

con un’apposita piattaforma e nel corpo della pubblicazione venivano dati solo alcuni

dettagli dell’intervento.

- Trattamento di gruppo (rinforzo/tenuta) confrontato col gruppo controllo

E’ riferito ad un braccio d’intervento (strength/resistance group) di Liu-Ambrose

2004(112)

. I partecipanti sono stati 64 e, in esso, vengono fornite alcune indicazioni

d’esecuzione dell’esercizio.

- Trattamento di gruppo (resistenza anarobica/tenuta) confrontato col gruppo controllo

In Latham 2003(109)

viene proposto l’allenamento basato sullo sforzo anaerobico con

popolazioni campionarie consistenti, ma con poche indicazioni pratiche.

- Trattamento individuale (cammino) confrontato col gruppo controllo

Solo uno studio (Pereira 1998)(123)

con 196 partecipanti ha fornito dati sufficienti per

l’analisi e ha dato alcune informazioni sulle attività proposte.

- Trattamento di gruppo (esercizio) confrontato con altro esercizio.

24

Il raggruppamento comprende sette studi, elencati di seguito, che hanno paragonato

diversi tipi di esercizi o metodi di somministrazione degli stessi.

Tra questi, Kemmler 2010(107)

(227 partecipanti) ha confrontato due gruppi che hanno

svolto esercizi analoghi, eseguiti in gruppo con cadenza settimanale diversa.

Un gruppo due volte a settimana (maggiore intensità) e l’altro una volta (minore

intensità).

Il programma prevedeva, tra l’altro, l’allenamento della balance statica e dinamica,

ginnastica funzionale, rinforzo, stretching e progressivo allenamento a casa con

ulteriori esercizi di allenamento di forza ed elasticità.

Nello studio vi sono sufficienti indicazioni sulle modalità di esecuzione degli esercizi,

come indicato nel paragrafo exercise program.

Negli altri studi inseriti nel gruppo di confronto tra diversi esercizi è stato proposto

quanto segue:

1) Davis 2011(97)

ha proposto uno studio a 3 bracci di intervento: rinforzo (1 volta a

settimana), rinforzo (2 volte a settimana) e gruppo controllo che faceva esercizi di

balance;

2) Nitz 2004(122)

ha testato il gruppo intervento con esercizi di balance in percorso

predefinito comparato con lo stretching ed esercizi delicati;

3) Steadman 2003(131)

ha confrontato il gruppo fisioterapia tradizionale più esercizi di

balance con la sola fisioterapia (comprendente una minima parte di balance);

4) Shigematsu 2008(129)

ha comparato lo square stepping (esercizio di cammino su un

tappeto con passi predefiniti) rispetto al cammino standard;

5) Yamada 2010(139)

, proponeva l’esecuzione di esercizi secondo uno schema

standard (rinforzo, equilibrio, flessibilità) accompagnato da cammino su percorso

accidentato (trail walking).

Il controllo era costituito da esercizi dello stesso standard unitamente a cammino

su percorsi indoor, fornendo alcune indicazioni d’esecuzione;

6) Helbostad 2004(103)

infine, proponeva l’allenamento in gruppo e individuale a casa

basati entrambi su rinforzo e balance funzionale. Il controllo erano i soli esercizi a

casa come da programma citato ma non illustrato;

Solo alcuni dei predetti trial hanno pubblicato i dati anche per il numero di fallers

(Kemmler, Shigematsu, Yamada, Helbostad)(107)(129)(139)(103)

.

Tra di loro gli studi del sottogruppo non erano molto omogenei e sono stati quindi

trattati come casi singoli.

In due di questi non è stato garantito il minimo campionario per la validità statistica

(Nitz, Yamada)(122)(139)

, mentre Kemmler 2010(107)

presentava maggior numerosità

25

campionaria e forniva elementi di significatività in termini di efficacia.

Infine, in Gillespie è stata effettuata un’aggregazione di dati relativi alle fratture degli

studi che pubblicavano tale outcome, ma solo sei studi hanno pubblicato i dati per

complessivi 810 partecipanti.

Degli studi costituenti il sottogruppo, tre hanno descritto gli esercizi proposti ai

partecipanti ovvero hanno fatto rinvio ad un programma (Haines 2009, Robertson 2001,

Smulders 2010)(101)(126)(60)

.

Il primo ha proposto esercizi di rinforzo degli arti inferiori e di balance da effettuare

settimanalmente a casa (3-7 per 7 settimane) con fornitura di supporto DVD (e

all’occorrenza anche lettore DVD) e libro di esercizi (Kitchen Table Exercise Program).

In Robertson 2001(126)

, invece, vengono prospettati esercizi di equilibrio, rinforzo,

elasticità e attività fisica generale, indicando dettagliatamente le modalità e corredando

le indicazioni con figure e fotografie.

Infine, in Smulders(60)

ci si rifà al Nimegen Falls Prevention Program.

Gli altri autori (Bischoff-Ferrari 2010 per la quota dei fratturati all’anca, Korpelainen

2006 e Mc Murdo 1997)(87)(108)(119)

non hanno fornito particolari dettagli, ma indicano

tutti gli stessi tipi di esercizi, cioè allenamento dell’equilibrio associato al rinforzo per

Bischoff-Ferrari(87)

o alla danza ed allo stamping (battere i piedi a terra in modo ritmato)

per Korpelainen(108)

.

Sono state effettuate le seguenti analisi di sottogruppo:

- Trattamento di gruppo ad alto rischio di cadute (più categorie d’esercizio)

confrontato col gruppo dei non selezionati per rischio di cadute al reclutamento;

- Trattamento di gruppo ad alto rischio di cadute (Tai Chi) confrontato col gruppo dei

non selezionati per rischio di cadute al reclutamento;

La prima analisi riguarda nove studi per il tasso di cadute (per 1.261 partecipanti) e

dodici per il rischio di cadere (per 1.430 partecipanti) in cui i partecipanti sono stati

selezionati al baseline per valutare il loro profilo di rischio.

Sono invece sette gli studi per il tasso di cadute (per 2.361 partecipanti) e dieci per il

rischio di cadere (per 3.903 partecipanti) che hanno reclutato i partecipanti senza

selezione preventiva di rischiosità.

Sia nel gruppo di studi che avevano selezionato gli aderenti in base al più alto rischio di

cadere che nel gruppo che non aveva effettuato tale distinzione, si proponevano,

principalmente, esercizi di equilibrio, rinforzo e flessibilità.

Per la medesima tipologia d’analisi riferita, però, al Tai Chi, i numeri esibiti sono più

contenuti ma comunque cospicui per fornire ampi margini di significatività (più di

1.000 partecipanti non selezionati contro più di 500 selezionati per profilo di rischio

26

elevato).

Gli studi inclusi sono stati condotti in Paesi con notevoli diversità di modelli di

assistenza sanitaria.

L’efficacia di alcuni interventi potrebbe essere stata sensibile alle differenze di base

esistenti tra i sistemi sanitari, le strutture e le reti a livello locale e nazionale come nel

caso di Hendriks 2008(173)

che mirava a riprodurre nei Paesi Bassi uno studio descritto

da Close 1999(174)

nel Regno Unito ottenendo risultati opposti a quest’ultimo.

In Cameron, malgrado il campione complessivo fosse molto importante (60.345

partecipanti e 60 studi di cui 43 nelle strutture di lungodegenza e 17 negli ospedali), in

realtà, per quanto concerne gli approfondimenti sviluppati in questo lavoro, solo 15

studi (13 inerenti le strutture di lungodegenza e 2 gli ospedali) sono stati presi in

considerazione per il tipo di sviluppo del progetto ideato.

Le caratteristiche degli esercizi proposti negli studi in oggetto sono riepilogate in tabella

4 (allegato 4)

Le analisi sono state effettuate dividendo gli studi tra i due setting (care facilities e

hospitals) e ulteriormente suddividendo in sottogruppi ciascun ambito operativo.

La suddivisione delle strutture di lungodegenza è stata effettuata secondo il livello di

assistenza fornito ai pazienti, mentre negli ospedali in base al tipo di cura garantita (in

fase acuta o subacuta).

Complessivamente, sono 2.199 i partecipanti arruolati negli studi che testavano

l’esercizio come singolo rimedio preventivo alle cadute.

Nelle varie aggregazioni, i campioni compositi più numerosi sono stati pari a 1.887 e

1.844 persone per analizzare, nelle strutture di lungodegenza, i dati rilevati

relativamente agli outcome tra gli alti livelli di assistenza forniti e quelli intermedi.

Nel caso di strutture a livello intermedio, quattro studi (Kerse 2008, Sakamoto 2006,

Shimada 2004, Sihvonen 2004)(143)(147)(150)(151)

hanno rilevato entrambi gli outcome,

mentre uno (Choi 2005)(141)

solo il rischio di cadere.

In questo gruppo, l’indice di eterogeneità (I2) era medio-basso, anche se venivano

proposte attività differenti.

Degli studi con popolazioni campionarie più elevate, in Kerse 2008(143)

, di fatto, si

propone l’addestramento dei partecipanti (su base dei bisogni personali specifici) con la

ripetizione diuturna dei passaggi posturali, mentre nel altro studio vengono fatti eseguire

esercizi di equilibrio in piedi su una gamba sola (Sakamoto 2006)(147)

; infine in Shimada

e Sihvonen si propongono esclusivamente esercizi della categoria allenamento

funzionale, passo e coordinazione, descrivendo ben poco delle attività svolte in concreto

se non che le stesse avvengono utilizzando apparecchiature meccaniche quali

27

rispettivamente il treadmill asimmetrico (Shimada)(150)

e una piattaforma

computerizzata apposita (computerised visual feedback and a force platform)

(Sihvonen)(151)

.

Il quinto studio(141)

anch’esso ha descritto poco dell’intervento ed era incentrato sul Tai

Chi ed il trattamento era somministrato in gruppo 3 volte a settimana per 12 settimane

da un maestro della disciplina.

Negli studi organizzati in condizioni di alti livelli di assistenza (Faber 2006, Mulrow

1994, Rosendahl 2008)(142)(144)(146)

l’eterogeneità era medio-bassa ed i numeri dei

partecipanti erano statisticamente sufficienti (>80 unità per gruppo), salvo che in

Schoenfelder 2000(148)

(16 persone).

E’ necessaria un’attenta considerazione del contesto per valutare l’efficacia

dell’intervento, infatti, come si sottolinea in Becker 2010(175)

, il tipo di cure fornite in

strutture di lungodegenza differisce tra i Paesi e tra i sistemi di assistenza sanitaria.

Altrettanta considerazione deve essere posta ai contesti culturali e organizzativi quando

si va a generalizzare i risultati della revisione.

Inoltre, vi è notevole variabilità di tipologia, durata, obiettivi e intensità dei programmi

che sono stati esaminati di prevenzione delle cadute.

Nelle strutture di lungodegenza è stato testato anche la categoria di esercizi proposti.

Si è trattato fondamentalmente di esaminare studi che comparavano, con modalità

differenti, la categoria degli esercizi di passo, equilibrio e funzionalità.

L’unica eccezione è consistita nel raggruppamento di 4 studi (Faber 2006, Mulrow

1994, Rosendahl 2008)(142)(144)(146)

e Schoenfelder 2000(148)

(solo per tasso di cadute) che

hanno proposto un mix di esercizi a base di allenamento dell’equilibrio congiuntamente

al rinforzo ed all’elasticità, ma solo in Faber si specificavano i dettagli degli esercizi e in

Schoenfelder si aggiungeva qualche indicazione.

Gli altri due studi erano molto stringati nelle descrizioni dell’intervento.

Infine, per quanto concerne gli studi sviluppati in ambito ospedaliero, è necessario

specificare che, a prescindere dai risultati che saranno esposti a seguire, i numeri

pubblicati sono piuttosto risicati trattandosi di 54 partecipanti (Donald 2000)(153)

e 29

(Jarvis 2007)(154)

.

Nel primo caso si propone di aggiungere alla fisioterapia standard, il rinforzo di flessori

d’anca e dorsiflessori di caviglia con esercizi fatti da seduti, nel secondo caso, invece, si

propone fisioterapia intensiva (10 sedute a settimana) e una seduta a domicilio a

settimana dopo la dimissione per 8 settimane con esercizi di passo/coordinazione,

rinforzo e flessibilità. In entrambi gli studi sono poche le indicazioni ulteriori

pubblicate.

28

La revisione non fornisce una robusta evidenza per quanto riguarda gli interventi

efficaci per ridurre le cadute.

Non tutti gli studi hanno soddisfatto gli standard del documento CONSORT (Altman

2001)(176)

.

Infatti molti di essi hanno mostrato problemi di variazione nei metodi di accertamento,

registrazione, analisi e reporting delle cadute come descritti in Hauer 2006(177)

.

Inoltre 19 studi non hanno segnalato i dati utilizzabili per il tasso di cadute e 20 per il

rischio di cadere.

In Kendrick, sono stati effettuati 3 grandi raffronti:

1) la comparazione dell’esercizio col controllo suddividendo l’outcome “paura di

cadere” secondo la misura di rilevazione usata. Il confronto è stato eseguito sia

subito dopo l’intervento che a distanza di tempo;

2) il confronto tra tipologie di esercizi;

3) il parallelo tra esercizio e controllo secondo un outcome secondario (per quanto

qui d’interesse il tasso di cadute).

Nella prima comparazione sono stati aggregati 24 studi per complessivi 1.692 aderenti

suddividendo successivamente in sottogruppi secondo i punteggi utilizzati.

Il gruppo degli studi integrati più numeroso (12) è stato quello che assommava i risultati

misurati con FES (Falls Efficacy Scale), MFES (Modified FES) e K-FES (Korean

version of the FES).

Gli studi aggregati non spiegano molto delle proposte terapeutiche somministrate, infatti

in 15 casi su 24 ci si limita a fornire la categoria di esercizi secondo la tassonomia

ProFaNE, in cinque casi si spende qualche parola in più ma comunque rimanendo vaghi

riguardo ai dettagli (Halvarsson 2011, Logghe 2009, Reinsch 1992, Yang 2012, Yoo

2010)(61)(114)(124)(62)(171)

e solo in quattro casi vengono forniti abbastanza elementi o ci si

rifà a programmi predefiniti già noti o potenzialmente conoscibili (Clemson 2010,

Freiberger 2012, Haines 2009, Weerdesteyn 2006)(63)(155)(101)(135)

.

Successivamente, sono state effettuate le stesse analisi con i dati provenienti dagli studi

che avevano previsto il follow up per capire lo sviluppo degli eventuali effetti nel corso

del tempo.

Sono stati definiti due periodi (breve termine, cioè fino a 6 mesi e lungo termine, cioè

più di 6 mesi) per testare i trend di sviluppo di eventuali fenomeni rilevati al termine del

periodo d’intervento.

Gli studi che avevano pubblicato i dati del follow up sono stati solo sette.

In particolare, quattro studi hanno fornito i dati a breve termine proponendo

l’applicazione del programma LiFE (Clemson 2010)(63)

, un programma di rinforzo ma

29

soprattutto di balance ed elasticità da eseguire a casa con una seduta col terapista

almeno ogni 2 settimane (Lin 2007)(111)

, esercizi di rinforzo con utilizzo di piccoli pesi

ed elastici (Vogler 2009)(166)

o esercizi di balance in via esclusiva (Wolf 2001)(178)

.

Chi, invece, ha fornito dati aggregabili a lungo termine (Freiberger 2012, Karinkanta

2012 e Logghe 2009)(146)(157)(114)

ha proposto esercizi di rinforzo e Tai Chi.

La seconda comparazione ha riguardato le seguenti tipologie d’esercizio: 1) esercizio

3D; 2) forza/resistenza; 3) equilibrio.

La prima tipologia riguardava solo il Tai Chi (7 studi) per 483 partecipanti.

Ciò nonostante, l’eterogeneità statistica era alta e, solo in Logghe 2009(114)

, vi era

qualche indicazione sugli esercizi che erano impartiti da maestri della disciplina.

Nel caso di esercizi di rinforzo, l’aggregazione è stata di quattro studi (Freiberger 2012,

Resnick 2008, Vogler 2009, Yoo 2010)(155)(163)(166)(171)

.

Il primo ha fornito sufficienti dettagli per le attività effettuate.

Si trattava di una sperimentazione a quattro bracci in cui i tre gruppi d’intervento

effettuavano in modo diverso rinforzo e balance (in particolare lo Strength and Balance

group, tra le altre cose, eseguiva cammino a occhi chiusi o su superficie instabile, il

Fitness group allenava anche l’endurance col nordic walking e il Multifaceted group

focalizzava sugli aspetti psicologici conseguenti a cadute e sull’educazione al

contenimento del rischio).

In Yoo 2010(171)

, si proponevano esercizi di cammino in esterna su prato con pesi alle

caviglie tre volte a settimana per dodici settimane.

Gli altri due studi non danno sufficienti indicazioni di dettaglio.

Il sottogruppo dell’esercizio dell’equilibrio (passo, coordinazione e allenamento

funzionale secondo la tassonomia ProFaNE), comprende 11 studi.

Clemson 2010(63)

e Weerdesteyn 2006(135)

si rifanno ai due programmi di esercizi LiFE

e NFPP, mentre Haines 2009(101)

si basa sul Kitchen Table exercise program.

Inoltre, Halvarsson 2011(61)

, Reinsch 1992(124)

, Wolf 1996(9)

e Yang 2012(62)

accennano

ad alcune indicazioni del trattamento, mentre gli altri studi non forniscono dettagli utili.

Passando alla terza grande comparazione, in essa ci si occupava di studi che avevano la

riduzione della paura di cadere come outcome primario e studi con altro obiettivo

principale (es. miglioramento dell’equilibrio o prevenzione delle cadute).

I raggruppamenti di studi erano due. Il primo costituito da sette trial (in esso figuravano

più tipologie di esercizi: equilibrio, rinforzo, 3D) per 471 partecipanti.

Il secondo, invece, era costituito da diciassette studi, di cui dieci proponevano

l’allenamento dell’equilibrio, due il rinforzo e cinque il Tai Chi per 1.227 partecipanti.

Le caratteristiche degli esercizi proposti negli studi inclusi in Kendrick 2014 sono

30

riepilogate in tabella 5 (allegato 5).

Si è rilevato, altresì, che l’uso di due definizioni differenti di caduta, come in Wolf

1996(9)

, può alterare i risultati.

La comparabilità dei risultati della ricerca in futuro potrebbe essere facilitata

dall’adozione di una definizione unanime di caduta sviluppata per gli studi in

popolazioni residenti nel territorio dalla Prevention of Falls Network Europe (Lamb

2005)(178)

.

Gli studi dovrebbero utilizzare le raccomandazioni di consensus per lo svolgimento

delle sperimentazioni sulla prevenzione delle cadute che includono la registrazione

quotidiana degli eventi di caduta, un follow up mensile o anche più frequente, che vi sia

il “cieco” dei ricercatori nell’assegnazione al gruppo (Lamb 2005)(178)

.

Nel 45% dei trial non è stato fatto, nonostante vi sia evidenza empirica di una

sottostima del 25% delle cadute quando i dati sono stati raccolti retrospettivamente per

telefono al termine del trimestre anzichè quotidianamente e inviati mensilmente

(Hannan 2010)(179)

.

Qualora i dati non siano stati presentati nel formato richiesto o mancavano del tutto, il

team di revisione ha tentato di ottenere i dati dagli autori del trial e, di conseguenza, si è

riusciti ad includere dati non pubblicati da sette studi.

Alcuni interventi, come si vedrà in seguito, sono stati associati ad una piccola o

moderata riduzione della paura di cadere ma, per come è impostata la review, essendo

usate delle misure d’outcome come la paura percepita, la preoccupazione, il timore (cioè

sensazioni difficili da rendere oggettive), la definizioni di differenza minima

clinicamente significativa è di difficile utilizzo.

Una differenza minima clinicamente importante è il più piccolo cambiamento in una

misura di esito che un paziente avrebbe ritenuto rilevante.

Le voci nelle scale possono richiedere differenti ponderazioni tra i singoli partecipanti e

tra le diverse popolazioni perché i concetti quali paura, preoccupazione e tutto ciò che

viene espresso a parole riflettendo delle sensazioni interiori, possono essere valutate in

modo molto vario negli item optabili nelle scale.

Di conseguenza, non è possibile considerare gli outcome di una revisione sulla paura di

cadere in termini di differenza minima clinicamente importante.

E’ possibile che i partecipanti alle sperimentazioni esaminati nella revisione fossero più

attivi fisicamente e più interessati o motivati a partecipare a un programma di esercizi

rispetto alla popolazione generale degli anziani.

Se così fosse, i risultati potrebbero sopravvalutare l’effetto del trattamento (esercizio)

rispetto all’introduzione in una popolazione più ampia di quella di una casa-albergo per

31

persone anziane.

La maggior parte degli studi inclusi nella revisione provengono da Paesi ad alto reddito,

quindi i risultati potrebbero non essere generalizzabili ai Paesi a medio e a basso

reddito.

Il rapporto tra la paura di cadere e il verificarsi delle cadute è importante, perché una

potenziale conseguenza non voluta di ridurre la paura di cadere può essere l’aumento

dell’esposizione ad attività associate con un più alto rischio di cadere.

La revisione, pertanto, ha riferito sia sulla paura di cadere che sulla frequenza delle

cadute.

A causa della natura dell’intervento e delle misure di outcome utilizzate, lo studio in

cieco dei partecipanti e dei valutatori degli outcome non era possibile e dunque tutti gli

studi inclusi sono stati giudicati essere ad alto rischio di distorsione di prestazione e

rilevazione.

Inoltre la mancanza del cieco nei partecipanti ha esposto gli stessi al rischio dell’effetto

Hawthorne(180)

.

La qualità dell’evidenza è stata quindi ridimensionata di un livello per tutti gli outcome

per l’alto rischio di bias per mancanza del cieco.

L’eterogeneità significativa tra le dimensioni dell’effetto nella meta-analisi per le

misure dell’outcome primario è dovuta principalmente ad un unico studio fuori

intervallo (Nguyen 2012)(161)

.

La qualità dell’evidenza per l’outcome “paura di cadere immediatamente dopo

l’intervento” è stata giudicata “bassa”, mentre la qualità dell’evidenza per tutti gli altri

risultati, tra cui la paura di cadere a breve e lungo termine di follow-up, è stata giudicata

“molto bassa”.

Dove la qualità delle prove è “bassa”, suggerisce che ulteriori ricerche possano

cambiare la rilevazione dell’effetto dell’esercizio su tali outcome.

Dove la qualità delle prove è “molto bassa”, invece, esiste una notevole incertezza circa

il reale effetto dell’esercizio sugli outcome.

4.3 VALUTAZIONE E DISCUSSIONE DELLE RISULTANZE

In Gillespie vi è una forte evidenza d’effetto nella prevenzione delle cadute per alcuni

interventi singoli (a base di esercizi).

I risultati sono stati i seguenti:

a) gruppo esercizio comparato con gruppo controllo

1) esercizio di gruppo: più categorie d’esercizio rispetto al controllo

32

Nel complesso, i trattamenti con combinazione di due o più categorie di esercizio,

eseguiti contestualmente, hanno raggiunto una riduzione statisticamente significativa

del tasso di cadute e del rischio di cadere.

2) esercizio individuale a casa: più categorie d’esercizio rispetto al controllo

Gli esercizi effettuati a domicilio, contenenti più componenti, hanno ottenuto una

riduzione statisticamente significativa nel tasso di cadute e nel rischio di cadere.

3) Esercizio di gruppo: Tai Chi contro controllo

Nel complesso, negli studi testanti il Tai Chi, si è constatata una riduzione del tasso di

cadute e del rischio di cadere.

Le analisi eseguite hanno indicato che l’effetto del trattamento è stato maggiore nel

sottogruppo dei soggetti non selezionati per maggior rischio di cadere al momento del

reclutamento e la differenza era statisticamente significativa rispetto ai selezionati.

Il Tai Chi sembra essere, quindi, più efficace nelle persone che non sono ad alto rischio

di cadere preintervento.

Un aspetto controverso potrebbe essere il fatto che il trattamento non viene

necessariamente fornito dal fisioterapista facendosi riferimento ad un generico istruttore

della disciplina.

4) Esercizio individuale e di gruppo: allenamento dell’equilibrio rispetto al gruppo

controllo

In questo gruppo di studi, l’intervento era costituito dalla sola categorie di esercizio

denominata passo, equilibrio e allenamento funzionale.

I gruppi d’intervento hanno realizzato una riduzione statisticamente significativa del

tasso di cadute ma non del rischio di cadere.

5) Esercizio individuale e di gruppo: allenamento di forza/resistenza contro

controllo

L’allenamento della forza/resistenza, somministrato in un contesto di gruppo, non è

riuscito a ottenere una significativa riduzione del tasso di cadute o del rischio di cadere.

In generale, sono pochi gli studi presi in considerazione che offrissero dati aggregabili,

ma, nei report pubblicati, risaltano due studi in cui è stato segnalato un numero

significativamente maggiore di eventi avversi nel gruppo di trattamento in cui si

eseguivano esercizi di rinforzo/resistenza anaerobica.

Uno è Latham 2003(109)

: “diciotto persone avevano lesioni muscolo-scheletriche nel

gruppo esercizio, rispetto ai cinque nel gruppo controllo” e l’altro è Liu-Ambrose

2004(112)

“dieci donne nel gruppo allenamento della resistenza, tre nel gruppo di

allenamento dell’agilità e due nel gruppo di stretching hanno sviluppato disturbi

muscoloscheletrici (ad esempio, dolore al collo, borsite all’anca).”

33

6) Esercizio individuale: attività fisica generale (cammino) rispetto al controllo

Solo due studi hanno esaminato l’effetto dei gruppi di cammino (Pereira 1998; Resnick

2002)(123)(125)

.

Non c’era alcuna riduzione del rischio di cadere in Pereira 1998, mentre in Resnick

2002, vi erano dati insufficienti per l’inclusione in analisi e comunque non ha riportato

alcuna differenza significativa nel numero di cadute.

b) Esercizio contro esercizio

Otto studi hanno confrontato diversi tipi di esercizio o metodi di somministrazione.

Tra questi, solo Kemmler 2010(107)

(227 partecipanti) ha raggiunto una riduzione,

statisticamente significativa, del tasso di cadute e del rischio di cadere.

Negli altri studi inseriti nel gruppo di confronto tra diversi esercizi, non vi è stata alcuna

riduzione significativa degli outcome prestabiliti.

Per quanto riguarda l’outcome relativo al numero di persone che hanno subito una

frattura, i trattamenti basati sull’esercizio hanno determinato una riduzione

statisticamente significativa del rischio di fratture.

Infine, per l’analisi dell’efficacia degli esercizi in base al rischio di cadere all’atto del

reclutamento non risultano differenze d’efficacia significative tra gli studi che hanno

effettuato la selezione e quelli che non l’hanno effettuata.

In Cameron, nonostante l’incremento degli studi e dei partecipanti, molti dei risultati

delle analisi aggregate rimangono incoerenti.

Complessivamente, nelle strutture di lungodegenza, non è stata registrata alcuna

riduzione significativa del tasso di cadute o del rischio di cadere.

Anzi, appare esservi una tendenza verso un aumento della frequenza di cadute e del

rischio di cadere nelle strutture di lungodegenza in cui vi è un alto livello di assistenza e

una tendenza verso una diminuzione, anche se non significativa, nelle strutture di livello

intermedio.

In queste ultime, due studi (sui cinque che lo compongono - Shimada 2004, Sihvonen

2004, Choi 2005, Sakamoto 2006, Kerse 2008)(150)(151)(141)(147)(143)

, influendo

sull’efficacia del gruppo, propongono esclusivamente esercizi di allenamento

funzionale, passo e coordinazione utilizzando apparecchiature meccaniche (Shimada

2004, Sihvonen 2004).

Questi studi, che sembrano esser efficaci avendo ridotto significativamente il tasso di

cadute e non significativamente il rischio di cadere, utilizzano apparecchi (Shimada il

treadmill asimmetrico e Sihvonen una piattaforma di forza computerizzata) il cui

impiego però potrebbe essere non semplice da attuare.

Secondo i dati pubblicati in Choi 2005, il Tai Chi sarebbe efficace, ma il peso specifico

34

di questo studio è leggero e non riesce ad incidere molto sul risultato complessivo del

gruppo di trial.

L’aggregazione di questi cinque studi, quindi, ha indicato un miglioramento degli indici

di outcome, ma non in modo statisticamente rilevante.

Nei reparti di cura ospedalieri in fase subacuta sono efficaci i cicli di riabilitazione

intensivi avendo ridotto il rischio di cadere.

Gli studi, però, sono solo due e, nel tasso di cadute, l’unico studio che pubblica dati

(Donald 2000) non risulta significativamente efficace, ma nell’aggregazione dei dati di

entrambi i trial (Donald 2000 e Jarvis 2007)(153)(154)

, nell’outcome rischio di cadere, si

evidenzia una riduzione statisticamente significativa.

Gli studi in parola confrontano la fisioterapia definita usual o funzionale con il rinforzo,

in particolare degli arti inferiori.

Al di là di alcuni aspetti minori sopra citati, all’interno di ogni tipologia di struttura, i

risultati relativi all’efficacia dell’esercizio sono, nel complesso, inconsistenti/incoerenti.

Questo può essere dovuto al tipo ed intensità d’esercizio, alle differenze nelle

popolazioni di studio o forse alla variabilità della qualità metodologica.

Infine, in Kendrick i risultati rilevati negli studi che comparano l’esercizio rispetto al

controllo (nessun intervento o intervento non esercizio) con outcome primario la paura

di cadere sono stati i seguenti:

1) Effetto dell’esercizio subito dopo l’intervento

La conglobazione delle dimensioni d’effetto per tutte le scale di misurazione della paura

di cadere Falls Efficacy Scale (FES) (tutte le versioni), ABC (Activities-specific Balance

Confidence scale) e single item question, ha dimostrato che gli interventi basati

sull’esercizio fisico sono associati ad una riduzione statisticamente rilevante della paura

di cadere, in misura intermedia (0,37 Standard Mean Difference) tra una differenza

piccola ma significativa (0,2 Standard Deviation) e una moderata (0,5 SD).

Due studi hanno misurato la paura di cadere utilizzando sia la FES che l’ABC (Clemson

2010; Ullmann 2010)(63)(165)

.

In generale, le dimensioni dell’effetto aggregate non differivano significativamente tra

le diverse scale utilizzate per misurare la paura di cadere.

Infatti, l’analisi principale effettuata con i punteggi FES e l’analisi di sensibilità con i

punteggi ABC in questi due studi ha fornito risultati analoghi.

Uno studio (Nguyen 2012 - 73 partecipanti)(161)

che proponeva esercizio in 3D (Tai Chi

praticato due volte a settimana per 6 mesi con sessioni di 1 ora precedute da 15 minuti

di riscaldamento e 15 di raffreddamento confrontato con nessun intervento nel gruppo

controllo), aveva una dimensione d’effetto molto più grande di altri studi della meta-

35

analisi e per questo è stato escluso in quanto elemento outlier.

Senza considerare lo studio Nguyen 2012, gli interventi, seppur diminuiti d’entità, erano

ancora associati ad un piccolo/moderato (e statisticamente significativo) miglioramento

nella paura di cadere immediatamente dopo l’intervento e non c’era più una

significativa eterogeneità tra le dimensioni degli effetti.

A prescindere dai risultati particolarmente ottimistici registrati nello studio Nguyen

2012, nel gruppo Tai Chi, la percentuale di coloro che dichiarano “non ho affatto paura

di cadere” è comunque aumentata dal 43% preintervento al 53% postintervento e

ridottasi al 47% a 4 mesi di follow-up; nel gruppo di riallenamento dell’equilibrio, le

percentuali al pre e postintervento e a 4 mesi di follow-up sono state invece il 29%, 27%

e 33%; e nel gruppo di controllo, questi erano rispettivamente 44%, 35% e 41%.

In ogni caso, la pratica del Tai Chi importa una riduzione significativa della paura di

cadere subito dopo l’intervento.

2) Effetto dell’esercizio sulla paura di cadere fino a 6 mesi dopo l’intervento

Gli esercizi fino a 6 mesi postintervento sono stati associati ad una piccola e,

statisticamente non significativa, riduzione della paura di cadere.

3) Effetto dell’esercizio sulla paura di cadere dopo 6 mesi dalla fine dell’intervento

Nel follow-up a lungo termine, l’esercizio è stato associato ad una piccola riduzione

della paura di cadere di significatività statistica marginale.

Per quanto riguarda le analisi dei sottogruppi, l’effetto dell’esercizio subito dopo

l’intervento, non evidenzia differenze rilevanti degli esercizi sulla paura di cadere a

seconda del tipo di attività svolta (3D - Tai Chi, andatura, equilibrio, coordinazione,

esercizi di attività funzionali; esercizi di rinforzo/resistenza).

In ogni caso, in valore assoluto, l’esercizio in 3D ha ottenuto i risultati migliori seppur

nella scarsa validità generale.

L’effetto del trattamento a base di esercizi riguardanti la paura di cadere è inferiore

negli studi in cui il gruppo controllo ha ricevuto un intervento alternativo (ad esempio

istruzione, visite sociali, attività artigianali, gruppi di discussione), rispetto a quelli in

cui il gruppo controllo non ha ricevuto alcun intervento.

Le evidenze disponibili non hanno dimostrato che l’effetto dell’esercizio sulla paura di

cadere differisca tra gli studi che accettano solo partecipanti ad elevato rischio di cadere

rispetto a quelli che hanno reclutato i partecipanti senza porre tale filtro.

L’effetto degli esercizi sulla paura di cadere, invece, può essere maggiore quando gli

stessi sono effettuati in gruppo rispetto a quando vengono svolti individualmente.

L’evidenza disponibile non ha dimostrato che l’effetto del trattamento sulla paura di

cadere cambi in base alla frequenza di esercizio (da 1 a 3 volte alla settimana, 4 o più

36

volte a settimana), alla durata degli interventi (fino a 12 settimane; da 13 a 26 settimane,

più di 26 settimane) o secondo l’obiettivo primario dello studio (ridurre la paura di

cadere o altro obiettivo primario).

Gli esercizi considerati, che hanno ridotto la paura di cadere, sono stati associati ad un

tasso di cadute significativamente inferiore, fornendo rassicurazione che la riduzione

della paura di cadere non è associata ad un aumento della frequenza di cadute.

E’ possibile, quindi, affermare che la riduzione della paura di cadere non determina un

peggioramento degli outcome secondari (tasso di cadute e rischio di cadere), esponendo

i partecipanti agli studi a maggiori fattori di rischio.

Il ridotto numero di studi inclusi nelle analisi potrebbe aver determinato la mancanza di

sufficiente sensibilità per rilevare eventuali effetti differenziali.

37

CAP. 5 - CONCLUSIONI

La massa critica accumulata dalle revisioni di Gillespie LD.(71)

e Cameron ID.(72)

è

corposa e abbraccia una casistica molto ampia di studi e di approcci al problema nonché

di tipologie d’intervento.

Tra i problemi metodologici della ricerca, si evidenzia che, spesso, nello svolgimento

delle sperimentazioni sulla prevenzione delle cadute, non vengono seguite le

raccomandazioni di consensus che includerebbero la registrazione quotidiana degli

eventi di caduta, un follow up mensile o anche più frequente, che vi sia il “cieco” dei

ricercatori nell’assegnazione al gruppo, etc.

Inoltre, sarebbe utile che gli studi prevedessero e pubblicassero sempre i dati di follow

up per verificare, anche dopo il periodo d’intervento, l’efficacia del trattamento

somministrato.

Nella review di Kendrick D. (73)

, è stata posta la problematica della qualità dell’evidenza

rilevata, che è stata declassata a causa dell’eterogeneità degli studi inclusi e per la

presenza di uno studio fuori intervallo (outlier), la cui inclusione nelle analisi si rivela

importante, se non decisiva, per stabilire la validità del trattamento.

In particolare, si rivelano problematici gli alti rischi di bias dovuti alle carenze di

blinding e la probabile presenza di publication bias.

Oltretutto, negli studi inclusi, la ricerca appare orientata verso una varietà eccessiva di

tecniche e programmi di esercizi e ciò non facilita l’approfondimento e la verifica

d’efficacia delle soluzioni proposte.

Nello specifico settore geriatrico, la scienza riabilitativa sembra ancora orientata alla

sperimentazione pura, senza avere ancora individuato percorsi di ricerca consolidati.

Un elemento molto frequente negli studi è, altresì, l’esclusione dei soggetti con

deterioramento cognitivo e ciò costituisce un limite importante alla validità dei risultati,

in quanto i pazienti in età geriatrica, invece, sono generalmente esposti a tale

condizione.

Tale scelta allontana la ricerca in ambito geriatrico dalla pratica clinica (Mundi

2014)(182)

.

Dal tipo di ricerche effettuate, emerge che la possibilità di accedere al patrimonio

scientifico complessivo esistente in ambito riabilitativo è molto importante.

Sarebbe auspicabile che i professionisti della riabilitazione possano accedere

liberamente all’informazione scientifica per consentire un costante ed effettivo

aggiornamento delle conoscenze.

Il materiale reperito per l’approfondimento è stato acquisito a budget zero.

38

Gli studi meta-analizzati sono quasi tutti di provenienza estera e di modelli socio-

sanitari anche molto diversi da quello italiano e, come viene riconosciuto, in parte, nelle

stesse revisioni, non è detto che modificandosi l’ambiente complessivo gli outcome

siano confermati e questo è particolarmente vero se si considerano le strutture

residenziali.

Sarebbe, quindi, auspicabile che, in Italia, venga proposto o replicato qualche studio al

fine di verificare l’esportabilità nel nostro Paese degli esiti rilevati altrove.

Entrando nello specifico della domanda che ha mosso questa ricerca, quale cioè sia la

tipologia più efficace di esercizio per la prevenzione delle cadute nell’anziano fragile, si

può affermare che la risposta ottenuta è solo parziale.

Gli studi analizzati nelle tre revisioni, solo in pochi casi, consentono di ideare e dar

corso a progetti riabilitativi avendo già chiaro il percorso, perché il riferimento agli

esercizi è spesso abbreviato a macrocategorie e sono poche le eccezioni o il rinvio a

programmi tipizzati e di facile e pronta reperibilità.

Nel corso delle ricerche ho accertato che maggiori indicazioni e dettagli utili possono

essere appresi da pubblicazioni che, pur non avendo obiettivi di fornire evidenze,

riescono a dare quella serie di elementi che semplificano l’elaborazione e l’effettuazione

di un programma di prevenzione delle cadute.

Mi riferisco al Compendium sulla prevenzione delle cadute edito dal National Center for

Injury Prevention and Control of the Centers for Disease Control and Prevention di

Atlanta (USA)(183)

.

Questa pubblicazione, rivolta agli operatori sanitari, fornisce una panoramica orientata

alla divulgazione degli aspetti pratici dell’attività di prevenzione delle cadute,

sostenendo le proprie affermazioni e suggerimenti col rinvio agli studi esistenti in

materia.

Non entra nel merito e non analizza gli studi richiamati come si farebbe in una

revisione, ma si concentra nel fornire schemi, tabelle, disegni, immagini fotografiche e

quant’altro utile per facilitare la somministrazione di esercizi da parte del personale

sanitario competente e, allo stesso tempo, mettere a disposizione qualche elemento di

conoscenza in più, in tale ambito, a tutti gli interessati.

Negli studi analizzati, vi sono certamente esercizi efficaci e modalità di

somministrazione suscettibili di amplificare gli effetti utili sulla prevenzione delle

cadute, tuttavia, il lapidario rinvio alle macrocategorie (es. alla tassonomia Profane) non

facilita la massimizzazione delle conoscenze e questo è un elemento che potrebbe

rendere più arduo l’auspicio degli autori delle revisioni (Gillespie e Cameron) di

investire maggiormente e in modo mirato nella formazione del personale, come

39

dichiarato nelle loro conclusioni.

A partire dall’osservazione di come il Tai Chi sia risultato un intervento efficace in più

contesti e con diverse tipologie di soggetti, si possono comunque forse trarre delle

indicazioni di massima sulle caratteristiche che l’esercizio fisico dovrebbe avere

(globale, di movimento, non necessariamente veloce, più centrato sulla balance che sul

rinforzo puro e semplice, con contrazioni isometriche di tenuta e non necessariamente

isotoniche).

Il Tai Chi, tuttavia, è una disciplina che viene proposta da maestri d’arte anziché da

fisioterapisti e questo può costituire un limite professionale alla somministrazione.

La nozione condivisa di caduta rimane tuttora una questione aperta e di grande impatto

sugli outcome così come dimostrato nello studio di Wolf 1996(9)

. Anche la paura di

cadere è stata concettualizzata in modi diversi e misurata con scale eterogenee.

Occorrerebbe far convergere la ricerca verso strumenti conformi o verificarne

maggiormente la congruenza.

Nel cercare di rispondere al quesito della mia tesi, ho condotto l’analisi sulle tre

revisioni, esaminando le sole sperimentazioni che facevano riferimento in modo

specifico all’esercizio fisico, come rimedio standardizzato al problema delle cadute nel

paziente anziano, escludendo gli studi che prevedevano altri tipi d’intervento.

Sulla base di questa scelta, ho analizzato i risultati riscontrando aspetti interessanti per il

mio elaborato, ma che hanno risposto solo parzialmente al quesito posto.

All’esito dell’approfondimento svolto, ho ipotizzato che porsi la domanda sull’efficacia

del trattamento basato sul solo aspetto fisioterapico e sulla professionalità di un’unica

figura sanitaria rappresenti un limite del mio elaborato.

Questo perché la problematica delle cadute e della prevenzione del rischio delle stesse è

complessa e articolata, a maggior ragione per quanto riguarda l’anziano fragile.

Gli studi da me analizzati hanno confermato, infatti, che l’evento caduta scaturisce dal

concorso di una pluralità di fattori.

Per ottimizzare la prevenzione, quindi, occorre intervenire congiuntamente, ma non

necessariamente in contemporanea, sui fattori, che coinvolgono aspetti multidisciplinari.

Partendo dai risultati ottenuti, per dare una risposta più completa al quesito posto,

quindi, ritengo interessante continuare ed ampliare la ricerca effettuata, inserendo

ulteriori parole chiave e dando all’approfondimento un’impostazione diversa che tenga

conto degli interventi multipli e degli approcci multifattoriali, focalizzando così l’analisi

sulla visione multidimensionale e multiprofessionale dell’assistenza che è ciò che

davvero caratterizza l’approccio all’anziano fragile, permettendo di offrire un sostegno

quanto più possibile centrato sui bisogni individuali della persona.

40

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52

ALLEGATI

53

ALLEGATO 1

NUMERO

STUDI

STUDI

AGGIUNTI DA

PRECEDENTE

EDIZIONE

DELLA

REVISIONE

STUDI CHE

HANNO TESTATO

L’ESERCIZIO

SINGOLARMENTE

DESIGN NUMERO

PAESI RIEPILOGO

NAZIONALITA’ STUDI

SULL’ESERCIZIO

GILLESPIE 159 51 59

136 Random

14 Cluster

1 Crossover

8 Quasi-

random

21

AUSTRALIA N.27, AUSTRALIA E

NUOVA ZELANDA N. 1, AUSTRIA E

GERMANIA N.1, BRASILE N.1,

CANADA N.12, CILE N.2, CINA N.1,

DANIMARCA N.2, FINLANDIA N.4,

FRANCIA N.3, GERMANIA N.6,

ITALIA N.1, GIAPPONE N.6, PAESI

BASSI N.9, NUOVA ZELANDA N.6,

NORVEGIA N.1, SVEZIA N.1,

SVIZZERA N.4, TAIWAN N.6,

THAILANDIA N.2, REGNO UNITO

N.27, USA N. 34, INTERNAZIONALI

N.2.

AUSTRALIA N.11,

AUSTRALIA E NUOVA

ZELANDA N. 1, BRASILE

N.1, CANADA N.3, CILE N.2,

CINA N.1, DANIMARCA

N.1, FINLANDIA N.2,

FRANCIA N.1, GERMANIA

N.2, GIAPPONE N.5, PAESI

BASSI N.3, NUOVA

ZELANDA N.3, NORVEGIA

N.1 , SVEZIA N.1,

SVIZZERA N.2, TAIWAN

N.2, REGNO UNITO N.3,

USA N. 14.

CAMERON

60

43

lungodegenza

17 ospedale

20

13 lungodegenza

7 ospedale

15

13

lungodegenza

2 ospedale

33 Random

26 Cluster

1 Quasi-

random

15

USA N. 13, AUSTRALIA N.12,

REGNO UNITO N.11, CANADA N.2,

FINLANDIA N.1, FRANCIA N.2,

GERMANIA N.2, COREA N.1,

GIAPPONE N.3, PAESI BASSI N.4,

NUOVA ZELANDA N.2, SINGAPORE

N.2, SPAGNA N.1, SVEZIA N.3,

SVIZZERA N.1.

USA N.4, REGNO UNITO

N.2, FINLANDIA N.1,

FRANCIA N.1, SUD COREA

N.1, GIAPPONE N.2, PAESI

BASSI N.1, NUOVA

ZELANDA N.1, SPAGNA

N.1, SVEZIA N.3, SVIZZERA

N.1.

KENDRICK 30 0 30

27 Random

2 Cluster

1 Quasi-

random

12

AUTRALIA N.8, USA N.7, PAESI

BASSI N.3, CANADA N.2,

FINLANDIA N.2, TAIWAN N.2, CINA

N.1, GERMANIA N.1, SUD COREA

N.1, SVEZIA N.1, VIETNAM N.1,

NUOVA ZELANDA N.1.

AUTRALIA N.7, USA N.7,

PAESI BASSI N.3, CANADA

N.2, FINLANDIA N.2,

TAIWAN N.2, CINA N.1,

GERMANIA N.1, SUD

COREA N.1, SVEZIA N.1,

VIETNAM N.1, NUOVA

ZELANDA N.1.

54

ALLEGATO 2

NUMERO

PARTECIPANTI

COMPLESSIVI

NUMERO

PARTECIPANTI

IN STUDI CON

SOLO

ESERCIZIO

CRITERI INCLUSIONE CRITERI

ESCLUSIONE

CRITERI

ESCLUSIONE CARATTERISTICHE PARTECIPANTI STUDI INCLUSI

ETA' LUOGO PATOLOGIA LUOGO SESSO

ETA'

MEDIA

(ANNI)

CONDIZIONI

GILLESPIE

2012 79.193 13.556

Più di 60

anni

(o meno di

60 anni se

età media

meno

deviazione

standard è

più di 60

anni)

vivente nel

territorio

(casa

propria,

casa-albergo)

no parkinson

no post ictus

no se vivente in

struttura con

servizi/necessità

medico-riabilitative

70% donne

37 studi solo

donne

2 studi solo

uomini

//

1) 83 studi hanno incluso

persone a rilevato rischio di

caduta

2) 7 studi hanno reclutato

persone con frattura recente

all'anca o da caduta

3) 89 hanno escluso i

soggetti con decadimento

cognitivo

CAMERON

2012 60.345 2.199

Più di 65

anni

(o età media

più 65 anni)

ricovero in

lungo-

degenza o

ospedale

nessuno

no se la maggioranza è

stata dimessa per il

territorio. Viene inclusa

in Gillespie

77% donne in

lungodegenza

58% donne in

ospedale

4 studi solo

donne

84 L.D.

79 OSP.

7 studi hanno reclutato solo

soggetti con decadimento

cognitivo

KENDRICK

2014 2.878 2.878

Più di 65

anni

vivente nel

territorio

(casa

propria,

casa-albergo)

no se presente

specifica

condizione

medica

(es. post ictus,

frattura anca)

no se vivente in casa-

albergo ma molto

anziano e se vivente in

struttura con

servizi/necessità

medico-riabilitative

salvo report dati

separati

maggioranza

donne 51-89%

4 studi solo

donne

68-85 //

ALLEGATO 3

Nr.

Prog. Studio

Gait /

Balance /

Functional

training

Strength /

Resistance

training

Flexi-

bility

3D

(Tai

Chi,

dance)

General

physical

activity

Endu-

rance

Oth

er

Setting

I=individuale

G= di gruppo

indicazioni sugli esercizi:

S = SUFFICIENTI

P = PARZIALI

C = SOLO CATEGORIE

1 Ballard 2004 X X X X G SUFFICIENTI

2 Barnett 2003 X X X X G SOLO CATEGORIE

3 Beyer 2007 X X X G SUFFICIENTI

4 Bischoff-Ferrari 2010 X X I SOLO CATEGORIE

5 Brown 2002 X X X X G PARZIALI

6 Buchner 1997 X X G SUFFICIENTI

7 Bunout 2005 X X G SOLO CATEGORIE

8 Campbell 1997 X X X X I SOLO CATEGORIE

9 Campbell 1999 X X X X I SOLO CATEGORIE

10 Carter 2002 X X X G SOLO CATEGORIE

11 Cerny 1998 X X X X G SOLO CATEGORIE

12 Clemson 2010 X X I SUFFICIENTI

13 Cornillon 2002 X G SOLO CATEGORIE

14 Dangour 2011 X X X G SOLO CATEGORIE

15 Davis 2011 X X X X G SOLO CATEGORIE

16 Day 2002 X X X G SOLO CATEGORIE

17 Fiatarone 1997 X I PARZIALI

18 Grahn Kronhed 2009 X X X X G SUFFICIENTI

19 Hauer 2001 X X X X G SOLO CATEGORIE

20 Helbostad 2004 x x G PARZIALI

21 Haines 2009 X X X I SUFFICIENTI

22 Huang 2010 X G SOLO CATEGORIE

23 Iwamoto 2009 X X X X G SOLO CATEGORIE

24 Kamide 2009 X X X I PARZIALI

25 Kemmler 2010 X X X X G SUFFICIENTI

26 Korpelainen 2006 X X X G SOLO CATEGORIE

27 Latham 2003 X I SOLO CATEGORIE

28 Li 2005 X G SOLO CATEGORIE

29 Lin 2007 X X X I PARZIALI

30 Liu-Ambrose 2004 X X G PARZIALI

31 Liu-Ambrose 2008 X X X X I PARZIALI

32 Logghe 2009 X G PARZIALI

33 Lord 1995 X X X G SUFFICIENTI

34 Lord 2003 X X X G PARZIALI

35 Luukinen 2007 X X X X G SOLO CATEGORIE

36 Madureira 2010 X X X G SOLO CATEGORIE

37 Mc Murdo 1997 X G SOLO CATEGORIE

38 Means 2005 X X X G PARZIALI

39 Morgan 2004 X X X G SOLO CATEGORIE

40 Nitz 2004 X X X G SOLO CATEGORIE

41 Pereira 1998 X G PARZIALI

42 Reinsch 1992 X X G PARZIALI

43 Resnick 2002 X G SOLO CATEGORIE

44 Robertson 2001 X X X X I SUFFICIENTI

45 Rubenstein 2000 X X X G PARZIALI

46 Sherrington 2004 X X G PARZIALI

47 Shigematsu 2008 X X X G SUFFICIENTI

48 Skelton 2005 X X X X G SOLO CATEGORIE

49 Smulders 2010 X X X G SUFFICIENTI

50 Steadman 2003 X G SOLO CATEGORIE

51 Suzuki 2004 X X X X G PARZIALI

52 Trombetti 2011 X X X G SOLO CATEGORIE

53 Voukelatos 2007 X G PARZIALI

54 Weerdesteyn 2006 X G SUFFICIENTI

55 Wolf 1996 X X G PARZIALI

56 Wolf 2003 X G SOLO CATEGORIE

57 Woo 2007 X X G PARZIALI

58 Wu 2010 X X I PARZIALI

59 Yamada 2010 X X X X X G PARZIALI

TOTALI 44 39 30 13 13 13 6 I = 12

G = 47

S = 12

P = 20

C = 27

1

ALLEGATO 4

Nr.

Prog. Studio

Gait /

balance /

functional

training

Strength /

Resistance

training

Flexi-

bility

3D

(Tai

Chi,

dance)

General

physical

activity

Endu-

rance

Oth

er

Setting

I=individuale

G= di

gruppo

indicazioni sugli

esercizi:

S = SUFFICIENTI

P = PARZIALI

C = SOLO

CATEGORIE

LUNGODEGENZA

1 Buettner 2002 X X X X X G SOLO

CATEGORIE

2 Choi 2005 X G SOLO

CATEGORIE

3 Faber 2006

X G SUFFICIENTI

X X X X G SUFFICIENTI

4 Kerse 2008 X I SOLO

CATEGORIE

5 Mulrow 1994 X X X I SOLO

CATEGORIE

6 Nowalk 2001

X X I SOLO

CATEGORIE

X I SOLO

CATEGORIE

7 Rosendahl 2008 X X I SOLO

CATEGORIE

8 Sakamoto 2006 X I SOLO

CATEGORIE

9 Schoenfelder

2000 X X I PARZIALI

10 Serra-Rexach

2011 X X X G PARZIALI

11 Shimada 2004 X I PARZIALI

12 Sihvonen 2004 X I SOLO

CATEGORIE

13 Toulotte 2003 X X X G SOLO

CATEGORIE

OSPEDALE

14 Donald 2000 X I SOLO

CATEGORIE

15 Jarvis 2007 X X X G SOLO

CATEGORIE

TOTALI 10 10 7 3 2 1 1 G = 7

I = 10

S = 2

P = 3

C = 12

2

ALLEGATO 5

Nr.

Prog. Studio

Gait /

Balance /

Functional

training

Strength /

Resistance

training

Flexi-

bility

3D

(Tai

Chi,

dance)

General

physical

activity

Endu-

rance

Setting

I=individuale

G= di gruppo

indicazioni sugli

esercizi:

S = SUFFICIENTI

P = PARZIALI

C = SOLO

CATEGORIE

1 Barnett 2003 X G SOLO CATEGORIE

2 Campbell 1997 X I SOLO CATEGORIE

3 Clemson 2010 X I SUFFICIENTI

4 Freiberger 2012 X G SUFFICIENTI

5 Haines 2009 X I SUFFICIENTI

6 Halvarsson 2011 X G PARZIALI

7 Hinman 2002 X I SOLO CATEGORIE

X I SOLO CATEGORIE

8 Karinkanta 2012

X G SOLO CATEGORIE

X G SOLO CATEGORIE

X G SOLO CATEGORIE

9 Lai 2013 X I SOLO CATEGORIE

10 Lajoie 2004 X I SOLO CATEGORIE

11 Lin 2007 X I PARZIALI

12 Logghe 2009 X G PARZIALI

13 Mc Cormack 2004 X G SOLO CATEGORIE

X G SOLO CATEGORIE

14 Nguyen 2012 X G SOLO CATEGORIE

15 Reinsch 1992 X I PARZIALI

16 Rendon 2012 X I SOLO CATEGORIE

17 Resnick 2008 X G SOLO CATEGORIE

18 Sihvonen 2004 X I SOLO CATEGORIE

19 Tiedemann 2012 X G SOLO CATEGORIE

20 Ulmann 2010 X G SOLO CATEGORIE

21 Vogler 2009 X I SOLO CATEGORIE

X I SOLO CATEGORIE

22 Vrantsidis 2009 X G SOLO CATEGORIE

23 Wallsten 2006 X G SOLO CATEGORIE

24 Weerdesteyn 2006 X G SUFFICIENTI

25 Westlake 2007 X G SOLO CATEGORIE

26 Wolf 1996 X G PARZIALI

X I PARZIALI

27 Wolf 2001 X I SOLO CATEGORIE

28 Yang 2012 X I PARZIALI

29 Yoo 2010 X G PARZIALI

30 Zhang 2006 X G SOLO CATEGORIE

TOTALI 19 8 / 9 / / I = 16

G = 20

S = 4

P = 8

C = 24