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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” FACOLTA’ DI INGEGNERIA DIPARTIMENTO DI ELETTRONICA TESI DI LAUREA IN INGEGNERIA ELETTRONICA PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE DI UN SISTEMA DOMOTICO PER UN EDIFICIO A VALORE STORICO Relatore Candidato Ch.mo Prof. Ing. ANTONIO NIGRO ANGELO LUCIANO matr. 45/4630 ANNO ACCADEMICO 2004/2005 1

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI

“FEDERICO II”

FACOLTA’ DI INGEGNERIA

DIPARTIMENTO DI ELETTRONICA

TESI DI LAUREA

IN

INGEGNERIA ELETTRONICA

PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE DI

UN SISTEMA DOMOTICO PER

UN EDIFICIO A VALORE STORICO

Relatore Candidato

Ch.mo Prof. Ing. ANTONIO NIGRO

ANGELO LUCIANO matr. 45/4630

ANNO ACCADEMICO 2004/2005

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INDICE CAPITOLO 1 – MOTIVAZIONE DELLA SCELTA DELLA TESI 8 PROGETTAZIONE DI UN SISTEMA DOMOTICO

PER EDIFICI DI VALORE STORICO 12

CAPITOLO 2 – STATO DELL’ARTE IL SISTEMA BUS 18

Struttura di un dispositivo 20

La comunicazione tra i dispositivi 23

Le funzioni dei livelli 24

Livelli dipendenti dal mezzo 25

Scambio di informazioni in una HBES 27

Topologia 31

MEZZI DI TRASMISSIONE 34

Doppino 35

Cavo coassiale 36

Fibre ottiche 38

Trasmissione Wireless 40

Trasmissione su linee elettriche di potenza (Power Line

Communications) 43

GLI STANDARD DOMOTICI 47

Standard Americani 48

Cebus (Consumer Electronics Bus) 48

Smarthouse 48

X-10 49

Echelon LONWorks 49

Standard Europei 50

BatiBus 50

EIB (European Installation Bus) 51

EHS (European Home System Association) 52

Konnex 53

Standard giapponese: HBS (Home Bus System) 54

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Altri standard internazionali: All Bus Datapark 54

HAVI (Home Audio Visual Interoperability) 55

HES (Home Electronic System) 55

Home Plug and Play 55

IEEE 802 55

Jini 56

No New Wires 56

OSGI (Open Service Gateway Initiative) 56

Sharewave 57

UPnP (Universal Plug and Play) 57

VESA Home Network 57

Standard proprietario: SCS BTicino 57

CAPITOLO 3 – DESCRIZIONE DEL SITO 58 CENNI STORICI 59

Il castello di Bagnoli 60

ASPETTI SOCIO – ECONOMICI 64

DESCRIZIONE DELL’IMPIANTO ELETTRICO

E DEL PRECABLAGGIO 66

CAPITOLO 4 – SCELTA DEI COMPONENTI 68

LO STANDARD KONNEX 69

I principali passi della convergenza 70

Il panorama normativo 70

Vantaggi offerti da Konnex. 71

CARATTERISTICHE DI EIB 73

Struttura del sistema 74

Apparecchi 74

Software di gestione 76

Tipologie di installazione 76

Visualizzazione 76

ABB iBUS KNX/EIB 77

Struttura del sistema e cablaggio 78

Tipologia dei dispositivi ABB i-bus EIB/KNX 81

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Telegrammi e indirizzi 82

ABB POWERNET 86

Tecnica trasmissiva 87

MY HOME BTICINO 90

Topologia 91

Tipo di collegamento 92

Spazi di installazione da mettere a disposizione 92

Metodo di programmazione/configurazione/

messa in servizio 93

Interfaccia SCS/EIB 94

Modalità standard 98

Modalità bus di campo 98

Modalità auto-memo 99

MYHOME COMFORT AUTOMAZIONE 100

Configurazione filare 100

Principali modalità operative dei comandi 103

Configurazione interfaccia SCS/SCS 104

Numero max di dispositivi collegabili al sistema 105

Programmazione e configurazione radio 107

Configurazione sistema misto 108

MYHOME SICUREZZA 109

Configurazione del sistema 109

Norme generali di installazione. 112

MYHOME DIFFUSIONE SONORA 114

MYHOME VIDEOCONTROLLO 116

Configurazione 116

Norme generali di installazione 119

Verifica dell’alimentazione 119

CAPITOLO 5 – PROGETTAZIONE 121 Vantaggi della progettazione integrata degli impianti 121

Analisi delle esigenze dell’utente 123

Valutazione degli impianti e dei loro componenti 125

Definizione delle funzionalità del sistema 126

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Scelta del sistema di controllo e dei suoi componenti 129

Stesura del layout e degli schemi degli impianti 130

Mappa dei segnali (ingressi) e comandi (uscite) 131

Schemi delle connessioni 132

Specifiche di programmazione del sistema 132

AUTOMAZIONE DI UN MUSEO 133

Security 133

Safety 134

Illuminazione 135

Climatizzazione 136

INTEGRAZIONE DELL’IMPIANTO ELETTRICO

PREESISTENTE NEL SISTEMA DOMOTICO 140

DESCRIZIONE DEGLI AMBIENTI E DEGLI SCENARI PREVISTI 142

Scenari previsti 143

PIANO TERRA 145

Ingresso 145

Sala controllo edificio 145

Sala Espositiva A e B 146

Servizi per normodotati 147

Servizi per disabili 147

PRIMO PIANO 148

Ufficio 148

Sala Congressi 148

Sale Espositive C e D 149

SECONDO PIANO 150

Sale della pinacoteca A, B, C 150

Scala di sicurezza 150

SCHEMA DEL SISTEMA AL PIANO TERRA 151

CAPITOLO 6 – REALIZZAZIONE DEL PROGETTO REALIZZAZIONE DEL SISTEMA BUS 152

SCELTA DEL TIPO DI ALIMENTAZIONE

E DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE 153

Interfacciamento tra i diversi bus 154

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Ripartizione delle funzionalità 156

MATRICE DOMOTICA 157

CAPITOLO 7 – SVILUPPI FUTURI 158 Gli scenari di mercato 158

Il mercato della domotica in Italia 159

Tipologia di utenza e funzioni di maggiore interesse 160

I fattori che inibiscono lo sviluppo del mercato 161

Le ipotesi per gli sviluppi futuri 162

IL FUTURO NON HA FILI 166

La domotica e il wireless 167

Bluetooth 167

ZigBee - 802.11.4 170

ZigBee e BlueTooth a confronto 171

LA CASA DEL DOMANI 174

BIBLIOGRAFIA 177 RIFERIMENTI WEB 178

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PREFAZIONE

Questo  lavoro  giunge  al  termine  di  un  intenso  e  faticoso  ciclo  di  studi  e  spero  possa 

rappresentare un ponte che mi permetta di lasciare il mondo universitario e approdare in 

quello lavorativo senza troppe difficoltà. 

Inutile  sottolineare  come  la  soddisfazione  nell’attraversare  questo  ambito  traguardo  sia 

enorme. 

 

Traguardo che non avrei mai potuto raggiungere senza  l’apporto della mia  famiglia: mio 

padre, mia madre, mio fratello, la nonna e le zie materne che hanno sempre creduto in me, 

sostenendomi nei momenti moralmente  e materialmente nei momenti  difficili ma  anche 

evitando di farmi cadere in illusorie esaltazioni. 

 

Sono orgoglioso che la mia guida siano state il professore Luciano, l’unico capace in questi 

6  anni,  passati  formulando  ipotesi  e  dimostrando  teoremi,  di  farmi  davvero  capire  cosa 

vuol dire ESSERE INGEGNERE e l’ing. Enzo Priore che ha messo a mia disposizione le 

sua vaste competenze in materia. 

 

Non  posso  dimenticare  i miei  compagni  di  avventura: Nico, Gerardo,  Flavio, Alfredo, 

Fiore, Peppe, Marco, Errico, Gabriele, Giovanni;   con  loro ho condiviso  fatiche ma anche 

sogni e divertimento.  

Molti di  loro hanno  fornito un prezioso aiuto nella stesura di questo  lavoro; spero che  in 

futuro possa si possa continuare a collaborare in maniera così produttiva. 

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CAPITOLO 1: MOTIVAZIONE DELLA SCELTA DELLA TESI

La domotica si può definire come la disciplina che si occupa dell’integrazione impiantistica degli

edifici: impianto elettrico, elettronico e di sicurezza, termoidraulico, allarmi, automazione,

antintrusione, ecc…

Attraverso l’utilizzo di tecnologie e soluzioni sempre più automatizzate, la domotica consente

sia di migliorare la flessibilità di gestione, il comfort, la sicurezza, il benessere, il risparmio

energetico degli edifici (pubblici, civili, industriali e legati al terziario), e più in generale, la qualità

dell’abitare e del lavorare.

Il termine “domotica” deriva dal neologismo francese “domotique”, a sua volta contrazione della

parola greca “domos” (casa, costruzione) e di “automatique” (automatica; secondo altri

“informatique”, informatica): quindi significa letteralmente “casa automatica”.

La continua evoluzione delle tecnologie e lo studio più approfondito delle esigenze dei

consumatori permettono di concepire la disciplina della domotica lontano dall’idea della

semplice informatica applicata alla casa. Domotica vuol dire interazione fra la casa e l’uomo,

vuol dire ricerca di una migliore accessibilità e fruibilità dell’abitazione, vuol dire anche creare

nuovi mezzi per condividere gli ambienti domestici con gli altri membri della famiglia.

Si sta creando un nuovo modo di vivere la casa, è quello di vedere non più ogni

elettrodomestico oppure ogni servizio dell’abitazione come unico ed isolato dagli altri, ma

concepire un ambiente integrato dove coesistenza diventa una parola d’ordine. Grazie all’uso di

tecnologie e standard più innovativi stanno nascendo anche nuove tipologie di servizi avanzati

per gli utenti. Questi iniziano a disporre di tutti i mezzi necessari per tenere sotto controllo il

sistema abitazione, dove i singoli dispositivi sono in grado di gestire tutto il lavoro e fornire in

modo automatico i servizi, decidendo tra loro priorità, privilegi, modalità di uso ed eventuali

collaborazioni e cooperazioni.

La domotica introduce una serie di nuove opportunità per gli utenti che possono essere così

suddivise:

1) vantaggi funzionali: migliorare la sicurezza, aumentare il comfort ambientale, mettere la

casa in comunicazione con il mondo esterno, ottimizzare i consumi energetici; questi

sono alcuni fra i più importanti vantaggi che la domotica offre a coloro che la abitano. Il

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valore aggiunto dell’automazione sta nella capacità di mettere in comunicazione e far

dialogare i vari componenti, dispositivi e sistemi impiantistici. Affinché gli apparecchi e gli

impianti possano essere considerati parte integrante della casa intelligente occorre che

soddisfino particolari requisiti tra i quali:

la possibilità di essere comandati nel modo più semplice possibile (sistemi

disponibili al tocco);

la possibilità di integrarli interfacciandoli con il minimo sforzo;

la capacità di elaborare informazioni e dati inviandoli facilmente da un dispositivo

all’altro.

la possibilità di usufruire dei servizi delle varie apparecchiature da qualsiasi punto

dell’edificio;

la possibilità di sfruttare le risorse audio/video per usufruire di alcuni servizi

essenziali dell’abitazione.

2) Multifunzionalità dei componenti e delle apparecchiature: un altro requisito fondamentale

dei sistemi domotici risiede nella possibilità dei componenti e delle apparecchiature di

poter svolgere contemporaneamente più funzioni. Questo è possibile perché i sistemi

sono integrati e interoperabili. Ad esempio un videocitofono oltre che far comunicare 2

ambienti dell’edificio può essere d’ausilio all’impianto antintrusione per segnalare

possibili allarmi.

3) Unica interfaccia utente: questa proprietà è importante perché permette di:

eliminare la moltitudine di telecomandi associati a sistemi impiantistici non

integrati;

avere un’unica interfaccia telefonica che permette il dialogo con la centrale di

controllo da qualunque apparecchio dell’edificio o da cellulare, per effettuare

comandi, interrogare il sistema, attivare o disattivare un impianto, modificare la

programmazione ecc…

avere un’unica interfaccia internet anziché la molteplicità di interfacce, per

esempio tra personal computer, elettrodomestici intelligenti ecc…

Un sistema domotico, quindi, rende facile l’utilizzo di tecnologie diverse e

complesse anche ad utenti non tecnicamente preparati.

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4) Creazione di scenari: La creazione di scenari permette di utilizzare al meglio le

potenzialità dei sistemi domotici integrati perché è possibile attraverso la creazione di

macroistruzioni, che non sono altro che software già impostati o creati ad hoc, attivare

contemporaneamente sequenze di operazioni connesse ad un determinato evento. Ad

esempio effettuando un determinato percorso attraverso delle stanze e corridoi il sistema

può spegnere o accendere delle lampade con una sequenza definita creando particolari

scenari luminosi. Oppure, attivando la funzione “uscita” dall’edificio, il sistema di controllo

inserisce l’allarme, spegne le luci e lo stereo, abbassa la temperatura, chiude le

tapparelle ecc…In pratica il sistema centrale di controllo comunica con i vari sottosistemi

impiantistici per ricevere dati ed inviare comandi in modo tale da eseguire

contemporaneamente sequenze .

Figura 1.1: Concetto di edificio intelligente

Gli ambiti applicativi della domotica oggi sono molteplici e riassumibili in quattro grandi

categorie: risparmio energetico, comfort, security, safety.

Risparmio energetico: nell’ambito del risparmio energetico rientrano tutte le tecniche e

gli impianti in grado di ottimizzare il consumo energetico. In domotica nel risparmio

energetico rientra anche il risparmio monetario sul costo dell’energia. Il risparmio

monetario ha lo scopo di progettare sistemi in grado di approvvigionarsi dalla fonte

energetica più conveniente.

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Comfort: nell’ambito del comfort rientrano tutti i sistemi progettati per la semplificazione

del rapporto uomo – casa e per il miglioramento della qualità della vita privata e

lavorativa. La connessione con la rete Internet, impianti audio e video multi room e gli

elettrodomestici in genere sono alcuni esempi delle tecnologie atte al raggiungimento di

un maggior livello di comfort nell’abitazione.

Security: La sicurezza è intesa come controllo degli accessi indesiderati dall’esterno,

accessi sia fisici che telematici. Il controllo degli accessi fisici è gestito da impianti

antifurto e da sistemi per il controllo degli accessi. Gli attacchi telematici sono quelli

provenienti dalla rete esterna (ad esempio Internet) collegata alla rete domestica. La

protezione da questi tipi di attacchi avviene tramite le tecnologie classiche

dell’informatica, come l’installazione di firewall e il controllo degli accessi con codici

d’identificazione.

Safety: La safety è intesa come sicurezza personale contro eventuali malfunzionamenti

d’impianti potenzialmente pericolosi o dannosi per le persone e l’abitazione. Per la

gestione della safety si impiegano ad esempio l’impianto antincendio, antiallagamento,

gestori dei carichi di potenza ecc.

Esiste poi un altro grande settore della domotica che riguarda l’assistenza a persone anziani e

disabili che, utilizzando le facili interfacce rese disponibili dai sistemi intelligenti, riescono a

poter gestire la propria abitazione e le apparecchiature presenti in un modo che non sarebbe

diversamente possibile. Coloro che hanno difficoltà di movimento possono, attraverso il normale

apparecchio telefonico, rispondere al citofono e aprire la porta premendo un tasto; chi ha

difficoltà visive, mediante informazioni vocali, può regolare la temperatura del riscaldamento,

operazione banale ma resa più complicata dal sempre maggior utilizzo di piccoli display a

cristalli liquidi. Ancora, in situazioni in cui non vi sia più la possibilità di governare gli arti, il

riconoscimento vocale di un personal computer, oppure, un apposito telecomando gestibile con

il solo soffio, può azionare il motore della carrozzella o semplicemente attivare un dispositivo in

grado di effettuare chiamate di emergenza.

Un sistema domotico possiede una serie di peculiarità tecnologiche che lo rendono efficiente:

elevato grado di flessibilità: il sistema è basato su poche regole installative generali,

intuitive e facili da ricordare. Ciò consente di partire con un minimo di funzioni stabilito

dall’utente, che può crescere o modificarsi nel tempo. Quanto più il sistema è complesso,

tanto più è necessario semplificarne l’utilizzo in modo che la sua complessità diventi

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meno evidente all’utente. L’installatore vede dispositivi dotati di molte funzionalità, ma di

semplice installazione e configurazione;

innalzamento di livello dei comandi dell’utente: con l’automazione domestica, per

esempio, non comanderemo solo una lampada, ma chiederemo un’illuminazione adatta

ad una determinata situazione di utilizzo. Non imposteremo più una temperatura, ma un

adeguamento delle condizioni climatiche al tipo di attività che si svolgono in un

determinato momento. Non inseriremo un impianto antintrusione, ma diremo al sistema

che stiamo uscendo, lasciando a questo l’onere di provvedere alle azioni conseguenti;

possibilità di supervisione: dispositivi come il computer, oggi diffusissimo, devono

poter accedere al sistema domotico per inviare comandi e per ricavarne informazioni

(consumi, stato dell’impianto, sinottici, statistiche, ecc…) senza però essere richiesta

obbligatoriamente la loro presenza e, soprattutto, senza mettere in crisi il funzionamento

degli impianti stessi;

decentralizzazione dell’intelligenza ed elevata tolleranza al guasto: l’uso di

dispositivi dotati di logica digitale evita il problema di blocco totale del sistema, legato alla

vulnerabilità di un solo controllore centrale. Per esempio, un interruttore elettronico che si

guasta deve rendere indisponibile la sola funzione a questo assegnata e non deve

bloccare altri comandi o altre funzioni.

integrazione delle funzioni: i dispositivi appartenenti ad un sistema funzionale devono

essere in grado di scambiare informazioni con quelli tradizionali destinati ad un’altra

funzione; per esempio, il sensore di movimento del sistema antintrusione deve poter

comunicare con il sistema di illuminazione per accendere le luci in modo automatico;

“Integrare” significa, quindi, passare ad una logica di “sistema”, ella quale tutte le funzioni

dei vari dispositivi (anche molto diversi tra loro) vengono svolte in modo intercorrelato per

trarne i maggiori benefici di gestione. L’integrazione può essere realizzata a diversi livelli

come indicato nella figura seguente.

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Figura 1.2: Livelli di integrazione delle funzioni di gestione di un singolo edificio

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PROGETTAZIONE DI UN SISTEMA DOMOTICO PER EDIFICI A VALORE STORICO.

Il nostro paese possiede un patrimonio storico – artistico senza eguali al mondo per qualità e

quantità; la sua salvaguardia è un dovere di tutti. Immaginiamo un edificio che, sotto tutela della

Soprintendenza per il suo valore culturale, debba essere ristrutturato nella sua parte

impiantistica. L′ideale sarebbe un impianto poco invasivo, in grado di svolgere funzioni

complesse, di essere monitorato centralmente e di valorizzare le particolarità architettoniche

dell'edificio. Una tecnologia del genere è già disponibile: si tratta dei sistemi bus.

Il bus, sul quale si basano tutte le recenti tecnologie domotiche, è un sistema di comunicazione

digitale, seriale, bidirezionale che interconnette dispositivi intelligenti di misura e controllo,

come sensori, attuatori e controllori. Ogni dispositivo è connesso in parallelo su un unico canale

di comunicazione. A seconda delle esigenze possiamo far interagire i dispositivi tramite un cavo

metallico, oppure sfruttando la rete elettrica (onde convogliate) o ancora instaurando un

collegamento in radiofrequenza. Inoltre esiste una netta separazione tra le linee di potenza il

bus stesso.

Poter disporre di un impianto domotico basato su bus comporta diversi e notevoli vantaggi:

riduzione del cablaggio: la connessione in radiofrequenza o ad onde convogliate riduce

al minimo le opere murarie necessarie per l’installazione dei vari impianti e si può

sfruttare la canalizzazione già esistente, inoltre ridurre il cablaggio significa anche avere

un minore pericolo d′incendio;

integrazione completa tra i vari impianti: la possibilità di far viaggiare tutte le

informazioni che si scambiano i dispositivi su un unico canale ci consente di rendere più

efficienti i vari impianti e ridurre il numero di sensori e attuatori necessari. Infatti un

sensore volumetrico può essere sfruttato dall’impianto antintrusione ma anche

dall’impianto di climatizzazione per il calcolo del carico termico e dall’impianto di

illuminazione per il passaggio da uno scenario luminoso all’altro;

monitoraggio di stati e regolazioni: tramite dei quadri sinottici possiamo controllare

l’edificio nella sua totalità, in questo modo si possono rilevare in maniera più tempestiva

allarmi o semplici anomalie nel funzionamento. Ad esempio si può predisporre la verifica

permanente della struttura e rilevare in maniera quasi istantanea la formazione di lesioni

o crepe nelle mura;

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possibilità di disporre di comandi centralizzati: da un unico punto dell’edificio si

possono inviare comandi a qualsiasi altra parte. In questo modo è garantito un intervento

più efficace in caso di allarme. Questo può essere molto utile se l’edificio è destinato ad

ospitare opere d’arte di valore elevato che necessitano di elevati livelli di protezione;

creazione di scenari: la possibilità di poter comandare tutti gli impianti in ogni singolo

componente ci consente di creare dei contesti che esaltano la bellezza dell’edificio e di

ciò che esso contiene e ne permettono una migliore conservazione nel tempo. Se

l’edificio ospita una pinacoteca è possibile produrre precise condizioni climatiche che

garantiscono una perfetta conservazione dei quadri.

In definitiva utilizzare le tecnologie domotiche all’interno di un edificio di elevato interesse

storico – culturale consente una sua più efficace salvaguardia e ci dà la possibilità di esaltarne

la bellezza. Tutto ciò garantendo un risparmio economico sia dal punto di vista energetico che

da quello della manutenzione.

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CAPITOLO 2: STATO DELL’ARTE

Il concetto di automazione nasce a cavallo tra il XIX e il XX secolo insieme alla scoperta

dell’energia elettrica. Il primo prototipo di regolatore era un dispositivo molto semplice provvisto

di un liquido che risponde ai cambiamenti della temperatura, capace di regolare l'apporto di

energia ad un riscaldamento. L’inventore era William Penn Powers che nel 1891 trasferitosi a

Chicago darà vita alla Power Regulator Company, antenata di quella che oggi è la Siemens

Building Technology.

Così, con la nascita di quella industria che produceva regolatori, per la prima volta la tecnologia

entrava ad automatizzare una funzione chiave delle abitazioni. Durante tutto il ‘900 sono stati

creati modelli e prototipi di casa automatizzata che cercavano di sfruttare i vantaggi offerti dalla

diffusione dell’elettricità o dalle prime scoperte sull’energia atomica. Nel 1907 fu un hotel di

Chicago il primo grande edificio pubblico dotato di un impianto di aria condizionata automatico e

in quegli stessi anni iniziano le costruzioni dei primi enormi grattaceli che dovevano fare i conti

con nuove esigenze di gestione e controllo delle risorse elettriche.

Solo attorno agli anni '50, quando negli Stati Uniti si iniziò a pensare in ottica di Building

Automation, un gruppo di Ingegneri Energetici produsse il primo dispositivo pratico di controllo

multiplo degli edifici chiamato System 320. Questo nuovo sistema prevedeva gia l'uso di display

a cristalli liquidi in lingua inglese dai quali ricevere tutte le informazioni in tempo reale sul

funzionamento degli impianti.

Nel 1966, Jim Sutherland, un ingegnere in collaborazione con la Westinghouse Corporation

diede vita al primo dispositivo di automazione domestica chiamato "Electronic Computing Home

Operator" o "ECHO IV", un dispositivo che implementava molte funzionalità a partire dal

controllo della temperatura interna di ogni stanza, al controllo della lista della spesa, permetteva

la gestione di un inventario per ogni componente della famiglia, spegneva e accendeva

apparecchiature, faceva previsioni del tempo e permetteva di fare annotazioni su un display

CTR.

É il 1970 invece quando un gruppo di ingegneri scozzesi diede vita ad una industria chiamata

Pico Electronics che sarà base del futuro sviluppo di X-10 uno degli standard più utilizzati oggi

in domotica che sfrutta la linea elettrica per le sue trasmissioni.

Nel decennio 1970/80 si sviluppò una nuova concezione degli elettrodomestici e iniziarono gli

studi per adattare le ultime innovazioni nel campo elettronico e informatico alle abitazioni. Infatti

in questi anni vennero immessi nel mercato i primi calcolatori che consentirono un incremento di

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prestazioni sulla velocità, precisione e flessibilità dei processi di automazione e una riduzione

significativa dei costi di cablaggio. Si ebbe così la nascita dei primi progetti di edificio

intelligente, cioè di un’abitazione che consente la gestione integrata degli impianti tecnologici,

delle attrezzature informatiche e delle reti di comunicazione dando all’utente finale la possibilità

di automatizzare alcune funzionalità.

La nascita dei primi standard europei come BatiBus, EIBus, ed EHS è avvenuta nel decennio

successivo. La presenza di standard così numerosi è stato uno dei fattori che maggiormente ha

rallentato lo sviluppo di questo settore, insieme alla mancanza di personale specializzato. Per

questo motivo all’inizio del nuovo millennio dalla fusione tra i 3 standard suddetti è nato Konnex,

uno standard fortemente voluto dalla UE che ne incorpora e amplifica tutte le funzionalità.

Inoltre in quest’ultimo decennio è nata l’idea di sviluppare la domotica non solo come strumento

per incrementare il comfort e ottimizzare i consumi energetici ma anche come modo per

migliorare la qualità della vita a persone anziane, disabili o lungodegenti.

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IL SISTEMA BUS I sistemi bus sono nati nei primi anni ottanta per il controllo dei processi industriali.

Nell’automazione dell’edificio per diverse ragioni, sono stati utilizzati con alcuni anni di ritardo.

Nel 1987 è stato costituito il comitato Tecnico 205 del CENELEC “Home and Building

Electronic System, HBES” incaricato di preparare le norme europee che regolano la

realizzazione dei sistemi bus nella casa e negli edifici.

Un impianto realizzato con tecnologia bus (che d’ora in avanti chiameremo semplicemente

HBES) è caratterizzato da una linea di potenza, che alimenta gli apparecchi utilizzatori e da una

linea di controllo e di comando degli apparecchi stessi la linea bus.

La linea bus è un mezzo di comunicazione che trasporta informazioni ed è separata dalla linea

di potenza, questo comporta un primo notevole vantaggio, la riduzione del cablaggio.

Figura 2.1: separazione tra la linea di potenza e quella di controllo

La linea di potenza è costituita dai tre cavi: fase, neutro e terra; la linea bus invece può essere:

un cavo (doppino telefonico, coassiale o fibra ottica);

la rete elettrica stessa sulla quale convogliare un’onda a 110 o 132 kHz;

l’etere attraverso il quale trasmettere una portante modulata in radiofrequenza (868 MHz)

o all’infrarosso.

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Una similitudine che rende bene l’idea del funzionamento dei sistemi bus è quella di paragonarli

a degli autobus che trasferiscono i “telegrammi” da una stazione ad un’altra.

Come per gli autobus, anche i sistemi BUS, operano con una velocità ben definita (baud) e

utilizzano delle strade (doppino o altro), e sempre come gli autobus, hanno problemi di traffico e

pertanto utilizzano dei dispositivi atti a regolare il flusso delle informazioni onde evitare

“ingorghi” che potrebbero anche causare “incidenti” con conseguente perdita di informazioni.

E’ importante chiarire subito che la linea bus di un HBES non è una linea di trasmissione dati

per telecomunicazione e distribuzione multimediale. Entrambe, linea bus e trasmissione dati,

vengono suddivise in classi, ma, sebbene presentino delle analogie, sono molto diverse tra loro.

La “Classe di applicazione” di una linea di trasmissione dati è definita in base alla larghezza di

banda utilizzata:

Classe A: fino a 100 kHz per bassa velocità dati e possibilità di trasmettere la voce su

cavo in rame;

Classe B: fino ad 1 MHz per media velocità dati su cavo in rame;

Classe C: fino a 16 MHz per alta velocità dati su cavo in rame;

Classe D fino a 100 MHz per altissima velocità dati su cavo in rame;

Classe ottica: 10 GHz e oltre su cavo in fibra ottica.

La norma EN 50090-9-1 definisce, invece, tre “Classi HBES” secondo il livello di prestazione del

mezzo di comunicazione, ossia della linea bus:

Classe 1, che garantisce i requisiti necessari alla trasmissione di comandi e controlli;

Classe 2, che comprende la Classe 1 e la trasmissione voce e video lento;

Classe 3, che comprende la Classe 2 e la trasmissione di segnali video complessi.

Una linea bus, che in un HBES Classe 1 è comunemente costituita da un doppino telefonico,

mette in comunicazione tutti i dispositivi del sistema, i quali possono essere “sensori” o

“attuatori”.

I sensori ricevono un segnale dall’esterno, per esempio un valore di temperatura che è

cambiato, lo codificano e trasmettono un messaggio agli attuatori. Gli attuatori ricevono il

messaggio lo decodificano e agiscono secondo quanto previsto da loro programma, per

esempio accendono o spengono la caldaia.

I dati che formano il messaggio sono trasmessi in forma digitale, ossia sono costituiti da una

serie di bit (unità minima di informazione).

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Le informazioni contenute nel messaggio sono interpretabili da parte di ogni dispositivo perché

sono codificate secondo un “protocollo di comunicazione”.

I dispositivi possono funzionare sia come trasmettitori che come ricevitori. Tutti i dispositivi

collegati al mezzo di comunicazione sono normalmente in stato di ricezione, pronti a

decodificare solo i messaggi loro rivolti; un solo dispositivo per volta può invece risultare in stato

di trasmissione, altrimenti si verificherebbero collisioni di messaggi, con conseguente

deterioramento degli stessi.

Un HBES è un sistema ad intelligenza distribuita, perché ogni dispositivo, opportunamente

programmato, sa come si chiama, cosa deve fare, come e con chi lo deve fare. Questo vuol dire

che ogni dispositivo deve avere un indirizzo unico in tutto il sistema e riconoscersi come

destinatario di un messaggio, deve essere programmato per realizzare una precisa funzione,

secondo una determinata modalità, con un altro componente del sistema, stabilito dal

programma stesso.

Struttura di un dispositivo.

Le norme EN 50090 descrivono un generico dispositivo connesso alla rete HBES secondo un

modello concettuale, detto modello di riferimento OSI (Open System Interconnected), che

prevede una struttura a livelli, ossia blocchi funzionali indipendenti tra loro.

Questa struttura modulare è utile per lo sviluppo della tecnologia bus, perché ogni blocco

funzionale è sostituibile nel tempo con uno più efficiente, senza apportare variazioni agli altri

livelli.

Il modello di riferimento OSI HBES si compone (norma CEI EN 50090-2-1) di tre sezioni:

Comunicazione;

Applicazione;

Gestione.

La sezione Comunicazione definisce i seguenti sette livelli, che costituiscono la struttura di un

dispositivo HBES secondo il modello di riferimento generale OSI:

livello 7: applicazione;

livello 6: presentazione;

livello 5: sessione;

livello 4: trasporto;

livello 3: rete;

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livello 2: collegamento dati;

livello 1: fisico.

Un dispositivo HBES può essere realizzato in un unico apparecchio che contiene tutti i livelli,

ma può essere anche costituito da due o più apparecchi, nei quali saranno distribuiti i vari livelli.

Tra i livelli la norma definisce tre punti di interfaccia:

1) Interfaccia di processo, tra il livello applicazione e l’ambiente reale controllato;

2) Interfaccia universale, tra il livello trasporto e il livello rete;

3) Interfaccia mezzo, tra il livello fisico e il mezzo.

La comunicazione di un HBES avviene attraverso 2 canali:

1) canale di controllo per la trasmissione dei messaggi HBES;

2) canale di informazione per la trasmissione ad esempio di dati audio o video.

Figura 2.2: modello OSI

Le funzioni riguardanti il canale di informazione sono svolte solo dal livello fisico, quelle

riguardanti il canale di controllo possono essere svolte da tutti i sette livelli. I due canali,

informazione e controllo, possono utilizzare lo stesso mezzo di comunicazione o mezzi

differenti, che possono essere dello stesso tipo o di tipo diverso. Nel seguito ci occuperemo

solo dei canali di controllo.

I mezzi di comunicazione possono essere tra i seguenti:

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1) TP (Twisted Pair): coppia ritorta (doppino telefonico);

2) PL (Power Line): linea elettrica (onde convogliate);

3) CX (CoaXial): cavo coassiale;

4) IR (InfraRed): infrarosso;

5) RW (Radio Waves): onde radio;

6) FO (Optical Fibre): fibra ottica.

La rete HBES prevede anche l’alimentazione per i dispositivi che ne necessitano per il loro

funzionamento.

La sezione Applicazione riguarda i processi applicativi di un dispositivo HBES. Un processo

applicativo di un dispositivo è definito dalla norma CEI EN50090-2-1 come un elemento interno

al dispositivo che elabora informazioni destinate ad una particolare applicazione; può

rappresentare un processo manuale, automatizzato, computerizzato o fisico. In particolare, il

processo applicativo di un dispositivo HBES è costituito dal livello 7:Applicazione, che

appartiene all’ambiente descritto dal modello OSI, e dal Processo Utente, che appartiene

all’ambiente reale controllato.

Il processo utente può essere costituito da programmi utente, da processi fisici o da interazioni

con l’utente stesso.

La sezione Gestione riguarda i problemi di avvio, termine, prova e monitoraggio delle attività

dell’HBES, nonché il supporto al loro corretto svolgimento e la correzione di eventuali condizioni

anormali.

Tipiche attività gestionali sono:

attivazione/disattivazione:

1) attivazione, manutenzione e chiusura,

2) inizializzazione e modifica dei parametri;

monitoraggio:

1) registrazione dello stato e dei cambiamenti di stato,

2) registrazione e segnalazione dei dati statistici;

controllo degli errori:

1) rilevazione di errori,

2) funzioni di diagnostica, riconfigurazione e riavvio.

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La comunicazione tra i dispositivi

Prima di descrivere le funzioni dei livelli, vediamo qual è il percorso seguito dalla comunicazione

osservando la figura 2.3, dove sono rappresentati due dispositivi HBES: un sensore e un

attuatore. Supponiamo che il livello 7 (applicazione) del sensore riceva dall’ambiente attraverso

l’interfaccia di processo, una informazione (per esempio un valore di temperatura) e la passi al

livello immediatamente inferiore, che fa la stessa cosa, fino ad arrivare al livello 1 (fisico). Ogni

livello tratta i dati ricevuti secondo la funzione che deve svolgere. Il livello fisico del sensore

trasforma l’informazione in un segnale elettrico e lo invia, tramite l’interfaccia mezzo, alla linea

bus.

Il livello fisico dell’attuatore riceve il segnale e lo trasforma in modo da essere riconosciuto dal

livello immediatamente superiore (collegamento dati). Con un percorso inverso a quello seguito

nel sensore, l’informazione arriva al livello applicazione dell’attuatore che, attraverso

l’interfaccia processo, agisce sull’impianto di condizionamento.

All’interno di ciascun dispositivo ogni livello può comunicare solo con quello adiacente, elabora i

dati ricevuti dal livello superiore, se il dispositivo è in trasmissione, o inferiore, se il dispositivo è

in ricezione.

Tra i dispositivi, invece, la comunicazione può avvenire, attraverso un’interfaccia, solo tra i livelli

corrispondenti.

Figura 2.3: comunicazione tra un sensore ed un attuatore

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Le funzioni dei livelli

Applicazione

Il livello applicazione costituisce il collegamento logico tra tutti i dispositivi del sistema. In pratica

fornisce il protocollo di comunicazione, ossia il linguaggio utilizzato dal dispositivo per

comunicare tra loro indipendentemente dal mezzo utilizzato.

Presentazione e sessione

I livelli presentazione e sessione nell’ HBES non svolgono alcuna funzione, quindi sono da

considerare vuoti.

Trasporto e rete

I servizi forniti dal livello trasporto e rete sono facoltativi. Il livello trasporto assicura che i dati in

arrivo dal mezzo siano privi di errori, posti nella sequenza che ha significato per il livello di

applicazione e organizzati in modo indipendente dal percorso seguito sulla linea bus. Il livello

rete ha la funzione di instradare i dati per mezzo di routers (instradatori) che collegano due o

più tratti di linea bus.

Collegamento dati

Il livello collegamento dati assicura che la comunicazione avvenga senza errori o collisioni

causate da un eventuale contemporaneità di trasmissione dei dispositivi. Deve fornire un

servizio di individuazione e correzione degli errori senza connessione al mezzo di

comunicazione, utilizzando una o più connessioni fisiche dedicate.

Fisico

Il livello fisico è connesso alla linea bus e ha due funzioni secondo il verso della comunicazione:

dal processo utente al mezzo oppure dal mezzo al processo utente. Nel primo caso, trasmette

al mezzo, sotto forma di segnale elettrico, la sequenza di bit forniti dal livello collegamento dati,

nel secondo, riceve dal mezzo la sequenza di bit che costituisce l’informazione e la passa al

livello collegamento dati priva di tutte le influenze dovute al mezzo di comunicazione (rumore,

attenuazione ecc…)

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Livelli dipendenti dal mezzo

La norma EN 50090-5-2 si occupa di reti HBES di Classe 1 che utilizzano come mezzo di

comunicazione una coppia ritorta(doppino telefonico). Essa stabilisce i requisiti dei livelli fisico e

collegamento dati per i sistemi di Classe 1, che utilizzano i due tipi di mezzi attualmente più

diffusi per l’automazione della casa e degli edifici:

1) TP0 (Twisted pair type 0): coppia ritorta tipo 0;

2) TP1 (Twisted pair type 1): coppia ritorta tipo 1.

Sulla coppia di cavi viene trasmesso un segnale analogico in banda base

(sbilanciato/asimmetrico nel TP0, bilanciato/simmetrico nel TP1) con una componente continua.

La modulazione avviene aprendo e chiudendo il circuito. Il TP0 usa una logica negativa, ossia

lo stato di circuito aperto indica un valore logico 0, il circuito chiuso indica 1, con velocità di

trasferimento del segnale di 4.8 kbit/s. L’ampiezza del segnale è di 12 – 15 V. Nel TP1 la logica

è positiva, lo stato a riposo del circuito, cioè il non trasmettere, corrisponde ad un 1. La velocità

di trasferimento è di 9.6 kbit/s. L’ampiezza del segnale è di 24 – 30 V. Il livello fisico TP1 è

costituito da una MAU (Medium Attachment Unit): unità di collegamento al mezzo e da una

unità logica. La MAU riceve dal mezzo, attraverso il connettore, il segnale analogico e lo

converte in una componente continua (che può essere usata per alimentare il dispositivo) e in

un segnale digitale, che viene decodificato in una serie di bit. La serie di bit viene interpretata

dalla unità logica come una serie di caratteri che vengono inviati al livello collegamento dati.

Analogamente, la serie di caratteri ricevuti dal livello collegamento dati vengono trasformati dal

livello fisico, con un procedimento inverso, in un segnale analogico da trasmettere al mezzo. Il

livello collegamento dati riguarda la struttura del messaggio, che è suddiviso in campi.

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Figura 2.4: Unità di collegamento al mezzo (MAU)

Figura 2.5: Struttura di un messaggio HBES Classe 1 TP1

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Figura 2.6: Dal segnale analogico alla serie di caratteri HBES (Classe 1 –Tp1)

Scambio di informazioni in una HBES Come abbiamo visto, i dispositivi HBES si scambiano messaggi strutturati tramite il mezzo di

comunicazione. Le informazioni più importanti, dal punto di vista applicativo, sono contenute in

tre campi:

1) informazioni operative;

2) indirizzo sorgente;

3) indirizzo destinazione.

I dati scambiati tra i dispositivi nel campo informazioni operative possono essere suddivisi in

due classi:

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1) comandi, che richiedono l’esecuzione di una funzione (accendere o spegnere una

lampada);

2) stati, che danno un’informazione sullo stato del dispositivo (lampada accesa o spenta) o

di una grandezza fisica misurata (livello di temperatura).

I campi indirizzo sorgente e indirizzo destinazione hanno una funzione essenziale. Poiché i

dispositivi sono sempre collegati al mezzo di comunicazione e i messaggi trasmessi vengono

ricevuti da tutti, per stabilire il destinatario o i destinatari di un messaggio è necessario il

collegamento logico fornito dal livello applicazione. È appunto attraverso questo collegamento,

non fisico, che ogni dispositivo, quando riceve un messaggio, capisce se è indirizzato a lui

leggendo il campo indirizzo destinazione; mentre quando lo trasmette, lo firma scrivendo il suo

indirizzo nel campo indirizzo sorgente.

L’indirizzo può essere di due tipi:

1) indirizzo di un singolo dispositivo;

2) indirizzo di un gruppo di dispostivi.

Nel campo indirizzo sorgente ci sarà sempre l’indirizzo di un singolo dispositivo, nel campo

indirizzo destinatario ci può essere un indirizzo di gruppo.

L’indirizzo di gruppo può essere assegnato a due o più dispositivi intercorrelati da una logica

funzionale; in questo modo si realizza un collegamento logico tra diversi dispositivi: per

esempio, con un pulsante e un unico messaggio si possono spegnere tutte le luci di un piano o

tutto l’edificio.

Ecco come è organizzata la trasmissione dei messaggi in una rete HBES. Quando si verifica un

evento previsto dal programma di gestione del sistema, per esempio viene premuto un pulsante

o cambia la temperatura in un ambiente controllato, se la linea risulta libera da altri messaggi

per un tempo t1, viene trasmesso un messaggio. Se il dispositivo destinatario non è in grado di

ricevere il messaggio ne invia uno di occupato. Il dispositivo mittente si pone in attesa e

ritrasmetterà in seguito il messaggio.

Una volta ricevuto il messaggio, il dispositivo destinatario deve, dopo un tempo t2 confermare

con un altro messaggio l’avvenuta ricezione. Se rileva un errore, deve segnalarlo con un

messaggio di non corretta ricezione. Il dispositivo mittente ripeterà la trasmissione del

messaggio fino ad un massimo di 3 volte.

I valori di t1 e t2 sono stabiliti dalle norme EN 50090 sono previsti i seguenti livelli di priorità di

trasmissione messaggi:

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1) normali;

2) normali ritrasmessi in caso di rilevazione errori;

3) urgenti;

4) allarmi;

5) gestione della rete.

Fino ad ora abbiamo considerato i dispositivi HBES come sensori ed attuatori, che si possono

definire come dispositivi dedicati all’applicazione, i quali consentono l’effettivo controllo

dell’edificio (interruttori, relè, rivelatori di temperatura, segnalatori ecc…)

In realtà esiste un altro gruppo di dispositivi detti di sistema (alimentatori in c.c. , accoppiatori di

linee, ripetitori di segnale ecc..) che, pur non entrando nella logica del controllo dell’edificio,

sono indispensabili per il funzionamento della rete HBES.

I dispositivi di sistema sono disponibili per l’installazione ad incasso o a parete e per il

montaggio su guida DIN. Il sistema TP1 prevede dei dispositivi che possono essere installati nei

quadri elettrici senza alcun tipo di cablaggio: sul profilato DIN viene aggiunta una striscia

adesiva dotata di quattro piste metalliche parallele che svolgono le funzioni del cavo bus

all’interno del quadro. I morsetti dei dispositivi vengono messi al momento dell’aggancio sul

profilato stesso.

L’alimentazione viene fornita dalla PSU (Power Supply Unit), che può anche essere integrata

nel dispositivo HBES.

Figura 2.7: Il dispositivo A è alimentato via bus da un’unità di alimentazione (PSU)

separata, i dispositivi B e C da una PSU integrata, costituita da accumulatori (B) o alimentata dalla rete (C).

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I dispositivi dedicati all’applicazione, dal punto di vista costruttivo, sono strutturati in un modulo

di applicazione e in un accoppiatore, detto BCU che realizza la connessione alla linea bus. La

BCU traduce il messaggio ricevuto dalla linea bus e comanda di conseguenza il modulo di

applicazione, oppure riceve un segnale analogico dal modulo e lo converte in un messaggio da

inviare sul bus. La BCU può far parte del dispositivo HBES o essere un componente a parte

che comanda un apparecchio tradizionale. Un qualsiasi apparecchio d’illuminazione può far

parte di una rete HBES se viene collegato ad un accoppiatore BCU appositamente realizzato.

L’intelligenza di un sistema bus sta tutta nella BCU, che è il componente più importante del

sistema. La parte che gestisce la comunicazione in una BCU è costituita da un

microprocessore, e da tre tipi di memorie:

1) ROM(memoria di sola lettura) che contiene il sistema operativo;

2) EEPROM(memoria di sola lettura cancellabili e programmabili) in cui viene mantenuto,

anche in assenza di tensione, il programma che il dispositivo deve eseguire;

3) RAM(memoria ad accesso causale) dove vengono caricati di volta in volta i messaggi

ricevuti.

Figura 2.8: struttura di una BCU.

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Topologia

La topologia di una rete HBES, ossia la struttura fisica della rete di connessioni tra i dispositivi,

dipende dalla sua architettura. Con il termine architettura si intende la struttura logica di un

sistema bus: il modo in cui sono raggruppati ed individuati i dispositivi durante il funzionamento.

Abbiamo già visto la differenza tra collegamento fisico(primo livello) e collegamento

logico(settimo livello/applicazione).

L’architettura di un HBES può essere gerarchica piatta o mista. In una architettura gerarchica i

dispositivi sono raggruppati per tipo di applicazione (riscaldamento, illuminazione, antifurto,

antincendio, citofonia, ecc..) ogni gruppo dipende da un controllore. I controllori possono

comunicare tra loro ed eventualmente con un supervisore del sistema. Questa struttura logica è

adottata per grandi impianti. L’architettura piatta non fa distinzione tra i vari tipi di applicazione:

tutti i dispositivi e i controllori hanno un accesso diretto al mezzo di comunicazione. Questa

struttura è adottata per piccoli impianti come quelli domestici.

In una struttura mista ogni applicazione ha una sua linea bus come nell’architettura gerarchica,

ma sono collegate tra loro per mezzo di accoppiatori/disaccoppiatori, che non le controllano, ma

possono metterle in comunicazione o isolarle secondo le necessità. La topologia della

connessione dei dispositivi è spesso determinata dalle indicazioni del costruttore, ma in

generale può assumere qualsiasi configurazione: lineare, ad albero, a stella, ad anello.

Figura 2.9: sistema bus ad architettura gerarchica

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Figura 2.10: sistema bus ad architettura piatta

Figura 2.11: sistema bus ad architettura mista (gerarchica/piatta)

Figura 2.12: Tipologie di connessione tra dispositivi HBES

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In realtà, tenuto conto che solitamente i dispositivi vanno collegati in derivazione, le topologie

utilizzate sono quelle lineare e ad albero. Una eventuale configurazione ad anello, per esempio,

diventa lineare se non la si chiude.

La topologia lineare è quella più semplice ed è utilizzata nelle architetture piatte. Per edifici a

più piani si utilizza la topologia ad albero (architetture gerarchiche o miste), con una linea

dorsale per tutto l’edificio.

Tutti i sistemi BUS hanno dei limiti topologici entro i quali ci si deve muovere. In generale i

sistemi hanno delle limitazioni fisiche che devono essere rispettate. Il sistema è costituito da

aree che sono a loro volta suddivise in linee. Su ogni linea possono essere connessi un numero

ben preciso di dispositivi ed a ogni area possono essere collegate un numero di linee. Quando

una linea è stata “riempita” con il massimo numero possibile di dispositivi, si deve aggiungere

un’altra linea al sistema; le linee e le aree sono collegate fra loro mediante accoppiatori.

Figura 2.13: Schema topologico di un sistema BUS

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MEZZI DI TRASMISSIONE

La scelta del mezzo di trasmissione assume fondamentale importanza nel progetto di un

sistema domotico, infatti da questa dipendono numerosi fattori come il tipo di cablaggio oppure

la possibilità di poter ampliare o meno l’impianto.

Il doppino garantisce costi più bassi rispetto agli altri mezzi, ma quando non è possibile

realizzare opere murarie si scelgono sistemi wireless e ad onde convogliate come canale di

comunicazione.

Figura 2.14: Tabella comparativa delle caratteristiche dei mezzi di trasmissione

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Doppino

Il twisted pair TP è un doppino telefonico particolare (attualmente il più diffuso è di categoria 5 E

per prestazioni fino a 100 MHz ma sono disponibili già di categoria superiore con maggiori

prestazioni come 6 Classe E per prestazioni fino a 250 MHz e 7 banda larga per prestazioni fino

a 1 GHz in via di sviluppo). Il doppino telefonico puro, pur ancora in uso, è valido solamente per

la parte telefonica di base e poco adatto per le nuove tecnologie; si privilegia l‘uso del doppino

TP, testato fino a 100 MHz, che garantisce velocità dell'ordine dei 100 Mbps (mega bits per

secondo). Il twisted pair può essere schermato (STP, Shielded Twisted Pair) o non schermato

(UTP, Unshielded Twisted Pair). Il TP è un mezzo trasmissivo generalizzato: su questo mezzo

passa infatti sia traffico digitale che traffico telefonico classico (analogico). Mentre il cavo

coassiale permette cablaggi a catena, con il TP sono possibili solo situazioni punto a punto;

infatti la topologia di rete che utilizza come mezzo trasmissivo il TP è la topologia a stella.

L‘UTP è oggi il più popolare tipo di cablatura usato nelle reti locali di computer e rappresenta la

base del Cablaggio Strutturato; viene infatti usato nella maggioranza delle reti Ethernet come

pure nelle Token Ring. Il cavo UTP è composto da quattro coppie di fili contenuti in un

rivestimento isolante. Ogni coppia è intrecciata per eliminare l‘interferenza proveniente dalle

altre coppie e da altre apparecchiature elettriche. La posizione ed i colori sono standardizzati

per permettere l‘interoperabilità. Generalmente i sistemi a bus utilizzano questo mezzo

trasmissivo. Vediamone le specifiche tecniche principali. I cavi UTP classificati CAT 1 e CAT 2

servono esclusivamente per gli impianti telefonici. Il cavo UTP CAT 3 è utilizzato per

trasmettere dati alla velocità di 10 Mbps. Il cavo UTP CAT 4 è utilizzato per trasmettere dati alla

velocità di 16 Mbps. Il cavo UTP CAT 5 è utilizzato per trasmettere dati alla velocità di 100

Mbps. La lunghezza massima di ogni segmento è di 90 metri. La velocità di trasmissione va da

10 Mbps a 100 Mbps, consentiti solo dal tipo CAT 5 E terminato da connettori RJ 45 di CAT 5

E. La definizione di ulteriori categorie (6, 7) e maggiori velocità di trasmissione sembrano

assicurare al cablaggio in rame ancora una vasta diffusione, per supportare ulteriori livelli di

prestazioni e le modalità trasmissivo di Giga Ethernet (fino a 1 Gbps). In questo modo possono

essere di fatto integrate nell‘automazione dell‘edificio anche le opzioni più esigenti in termini di

larghezza di banda (intrattenimento con TV digitale interattiva) e di numero di canali.

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Cavo Coassiale

Un cavo coassiale è formato da un cavo di andata costituito da un filo di rame, e da un cavo di

ritorno formato da un cilindro di rame che corre lungo lo stesso asse e racchiude il filo lungo

tutto il suo percorso. I due conduttori sono separati da un dielettrico, mentre tutta la struttura è

protetta da una guaina esterna. Il cavo coassiale consente maggiori distanze tra i nodi della rete

e più elevate velocità di trasmissione (maggiori di 10 Mbps). Ha il vantaggio di essere meno

sensibile ai disturbi elettromagnetici. Rispetto al doppino presenta maggiori difficoltà di

installazione, data la poca flessibilità del cavo e la necessità di effettuare saldature all’interno

dei connettori, ma anche costi maggiori.

Il conduttore interno

La sezione del conduttore interno, o meglio la sua superficie è responsabile di oltre 80% del

livello di attenuazione di un cavo coassiale. La radiofrequenza, infatti, scorre sullo strato

superficiale del filo, per il cosiddetto effetto pelle.

Maggiore è la sezione del filo, maggiore risulta la superficie e minore sarà l’attenuazione. Oggi il

conduttore interno è realizzato con filo di rame nudo, ovvero rame elettrolitico con purezza

maggiore del 99,9%.

Poiché l’isolamento è realizzato con la tecnologia skin-foam-skin (pellicola-espanso-pellicola) la

superficie esterna del conduttore è preservata da un sottilissimo strato di polietilene naturale,

pertanto il conduttore interno di rame nudo è garantito dal fenomeno di ossidazione, che

precedentemente era prerogativa dei conduttori di rame stagnato o addirittura argentato.

Il dielettrico

Il dielettrico è lo strato di materiale posto intorno al conduttore interno; serve:

1) a mantenere esattamente concentrico il conduttore rispetto allo schermo

2) a proteggere il conduttore dagli agenti atmosferici.

In precedenza l’espansione del dielettrico era ottenuta tramite additivi chimici.

Oggi la tecnologia produttiva usa il sistema gas injected, che prevede l’espansione del

dielettrico tramite l’iniezione fisica di gas azoto nel polietilene. Inoltre è realizzato con la

tecnologia detta skin-foam-skin (pellicola-espanso-pellicola), dove: il primo skin isola il

conduttore interno, la sezione espansa consente al segnale elettromagnetico di propagarsi ad

alta velocità, il secondo skin sigilla ulteriormente l’isolamento.

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Con questo tipo di espansione, infatti, otteniamo le caratteristiche meccaniche, elettriche e di

invecchiamento migliori.

La prova di invecchiamento effettuata secondo le norme IEC 68-2-3 (21 giorni a 40°C e umidità

relativa del 93%) evidenzia come un cavo con dielettrico espanso chimicamente, aumenti

mediamente le perdite oltre il 68%, mentre un cavo con dielettrico espanso a gas mantenga le

perdite entro il 5%.

Il conduttore esterno o schermo

Lo schermo ha la funzione di preservare da interferenze esterne il segnale d’antenna che

scorre sul conduttore interno, così come di evitare l’irradiazione di segnali elettromagnetici

verso l’esterno.

La grande quantità di segnali elettromagnetici che oggi affollano l’etere, rende indispensabile

l’uso di cavi provvisti di uno schermo che garantisca un’alta immunità alle interferenze, ovvero

una efficienza di schermatura di almeno 75 dB. Un livello di schermatura di questo valore si

ottiene soltanto con un doppio schermo, costituito prima da un nastro metallico e poi da una

treccia di fili di rame. Lo schermo dei cavi da discesa è generalmente eseguito con un nastro di

alluminio e da fili di rame stagnato.

L’uso di nastro di rame con fili di rame nudo è invece più tipicamente realizzato per i cavi da

distribuzione, il più delle volte posati esternamente, interrati o comunque in ambienti più ostili

delle pose interne.

Per la posa dei cavi in località particolarmente inquinate da forti segnali interferenti, è

disponibile una gamma di cavi coassiali che garantisce una efficienza di schermatura maggiore

di 90 dB.

Questo risultato è ottenuto ancora con un nastro metallico ma da una treccia di fili con

copertura ottica più elevata, ovvero formata da un maggior numero di fili nella treccia.

La guaina

La guaina protegge il cavo coassiale dall'ambiente esterno.

Il compound termoplastico più utilizzato per realizzare la guaina protettiva di un cavo coassiale

è il PVC (polivinilcloruro), ciò per la sua flessibilità, durata e costo contenuto. Questo materiale

corrisponde alle norme applicative per la posa interna anche se, nella pratica, la qualità dei

PVC oggigiorno utilizzati, siano essi bianchi o neri, è tale da renderli resistenti ai raggi UV e

pertanto utilizzabili anche per posa esterna.

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Buona norma è invece utilizzare cavi con guaina in PE(polietilene) nero (che contiene carbon

black per resistere maggiormente ai raggi UV) per la posa esterna che, inoltre, ha un miglior

grado di impermeabilità rispetto al PVC.

I cavi adatti alla posa interrata sono inoltre provvisti di una vera e propria tamponatura di petrol

jelly, interposta tra lo schermo e la guaina di polietilene nero. Se ne suggerisce l'uso anche in

tutti i casi di posa in ambiente con alto tasso di umidità.

In tutti i casi in cui c'è pericolo di incendio il PVC non va utilizzato, sebbene sia un materiale

autoestinguente, perché emette gas corrosivi e tossici, pericolosi per inalazione.

Fibre ottiche Sono dei filamenti sottili e leggeri in vetro, quarzo fuso o plastica aventi una larghezza di banda

(3.3 GHz = 3300 MHz) di gran lunga superiore ai cavi coassiali (500 MHz) o al doppino. I

segnali elettrici per essere trasmessi vengono trasformati in impulsi luminosi e convogliati nel

cavo che può contenere diversi filamenti indipendenti. Questi segnali luminosi, che viaggiano ad

una velocità prossima a quella della luce, all'arrivo vengono riconvertiti in segnali elettrici tramite

diodi fotoelettrici. Le fibre ottiche oltre ad offrire un'elevata larghezza di banda, vengono

utilizzate prevalentemente per trasmissioni a lunga distanza sia perché non subiscono

interferenze elettromagnetiche dall'esterno e sia perché la luce all'interno della fibra subisce

pochissime dispersioni. Le fibre ottiche possono essere curvate grazie alla loro flessibilità, e la

luce che le attraversa seguirà la curvatura riflettendosi sulle sue pareti.

Costi e complessità di installazione di questa tecnologia la fanno però entrare solamente nelle

grandissime installazioni ed unicamente come rete portante di una struttura multidominio molto

complessa ed estesa.

Per le fibre ottiche vengono utilizzati materiali trasparenti nei confronti della luce emessa dalla

sorgente luminosa. Il termine “fibra ottica” è generico e si riferisce a numerosi tipi di fibre di

diversi materiali con dimensioni e prestazioni diverse. All’interno c’è un cilindro trasparente

(core o nucleo) al cui interno viaggiano i raggi luminosi. Esso è circondato da uno strato

cilindrico coassiale e a stretto contatto (cladding o mantello), anch’esso trasparente ma con

caratteristiche tali che la luce rimbalza sulla superficie tra cladding e core in modo da

propagarsi sempre all’interno del core. Dal punto di vista ottico la fibra è completa ma

strutturalmente ancora fragile. Vengono pertanto aggiunti all’esterno ulteriori strati di materiale

plastico (jackets) con funzione di rivestimenti protettivi e irrobustimento meccanico. La luce si

propaga grazie alle riflessioni dei raggi luminosi tra core e cladding.

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Il principio fisico sul quale si basa la propagazione della luce all’interno delle fibre ottiche è

quello della riflessione totale, che si verifica, per ampi angoli di incidenza, allorché la luce

stessa incontra una superficie di separazione tra due mezzi aventi diverso indice di rifrazione (il

secondo mezzo deve averlo minore). È definito indice di rifrazione di un mezzo trasparente il

rapporto tra la velocità della luce nel vuoto e quella nel mezzo considerato.

Il cladding ha quindi indice di rifrazione minore del core. Se l’angolo di incidenza è superiore ad

un angolo limite che dipende dagli indici di rifrazione dei due mezzi, si ha riflessione totale e il

raggio si propaga lungo la fibra, per riflessioni successive, quasi senza attenuazione.

Figura 2.15: sezione di una fibra ottica

Raggi incidenti con angoli differenti effettuano percorsi differenti a parità di velocità, pertanto se

i vari raggi appartengono a un’unica informazione in arrivo ci sarà uno sfasamento temporale

tra essi. Le fibre che consentono questa situazione sono dette multimodali e non sono adatte

per impieghi alle alte frequenze (cioè alte velocità). La tendenza è quella di utilizzare fibre con

indice di rifrazione che varia all’interno del nucleo (fibre multimodali a variazione di indice) che

consentono di ovviare parzialmente a questo inconveniente. Accanto alle fibre multimodali

esistono anche le fibre monomodali, che propagano il segnale in un solo modo, caratterizzate

da un nucleo di dimensioni molto ridotte, adatte per alte frequenze e molto utilizzate in telefonia.

La potenza ottica subisce un’attenuazione lungo la fibra, cioè decresce esponenzialmente con

la distanza nella forma exp(-α*l), dove l è la lunghezza del collegamento. La costante α dipende

dalla lunghezza d’onda con un andamento che, nel campo attualmente di interesse per le

telecomunicazioni, presenta delle zone di minimo, dette finestre: la prima finestra è compresa

tra 800 e 900 nm, la seconda finestra è attorno a 1300 nm e la terza attorno a 1500 nm.

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Figura 2.16: Propagazione della luce all’interno di una fibra ottica

La potenza ottica subisce anche due tipi di distorsione temporale; il primo, al quale si è

accennato sopra, è dovuto al fatto che i vari modi hanno velocità di gruppo diverse e quindi

subiscono ritardi diversi: dispersione intermodale. La seconda causa di dispersione è la non

monocromaticità della sorgente: infatti anche un medesimo modo ha, a lunghezze d’onda

diverse, velocità diverse e le sorgenti ottiche hanno una banda di radiazione non nulla. Questo

tipo di dispersione è detta cromatica e dipende dal materiale costituente la fibra.

Trasmissione Wireless La scelta del mezzo fisico di trasmissione dei dati è condizionata dalla facilità di installazione

del mezzo stesso e dalle sue potenzialità in relazione alle esigenze degli utenti. Accanto alle

soluzioni cablate che fanno uso di cavi in rame, della linea a bassa potenza, dei cavi coassiali e

della fibra ottica, stanno prendendo piede le tecnologie di trasmissione wireless, che assicurano

la massima flessibilità e scalabilità.

La tecnologia di trasmissione delle informazioni senza fili (wireless) presenta numerosi

vantaggi, in primo luogo la mobilità sia delle apparecchiature sia delle persone che le devono

utilizzare. In secondo luogo, una notevole flessibilità in fase di istallazione rispetto a soluzioni

che richiedono il cablaggio e, di conseguenza, una notevole espansibilità. Infine offrono costi

ridotti rispetto alle soluzioni cablate.

Tuttavia, non si possono trascurare anche i notevoli problemi dovuti alle interferenze durante la

trasmissione, alla limitata velocità di trasmissione dei dati (in alcuni specifici casi), ai problemi di

distanza e di superamento di barriere fisiche e strutturali. Spesso questo tipo di mezzo

trasmissivo si usa congiuntamente con altre tecnologie cablate, in cui la trasmissione wireless è

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limitata agli ultimi metri. Da questo punto di vista l‘ambito domestico o dell‘edificio abitativo è

ideale, una volta risolti i rimanenti problemi di interferenza e sicurezza delle comunicazioni.

Le tecnologie wireless utilizzabili sono due: la trasmissione nell‘infrarosso e la trasmissione in

radiofrequenza.

1) L‘impiego dell‘infrarosso è quello meno costoso e più diffuso (es. telecomandi), ma solo

col sostegno di un‘apposita associazione ha raggiunto caratteristiche che lo rendono

utilizzabile per un campo abbastanza ampio di applicazioni in ambito domestico e

d‘ufficio. Lo standard IrDA (Infrared Digital Association, 1994) garantisce infatti

comunicazioni a 4 Mbps, sia pure su distanze limitate (tipicamente di pochi metri). IrDA

utilizza una comunicazione punto a punto di tipo direzionale e richiede un —contatto a

vista“ fra i dispositivi che devono comunicare senza ostacoli fisici. Funziona con molta

efficienza ad esempio per il trasferimento dei dati fra PERSONAL COMPUTER ed altri

dispositivi digitali come cellulari, stampanti, ecc...ed ha un basso costo.

2) La trasmissione in radiofrequenza può avvenire con diverse tecnologie. Le reti di nuova

generazione, le reti wireless ad alta velocità per intenderci, sono state presentate come

una vera e propria rivoluzione riguardo la comunicazione.

Conosciamo tutti gli apparecchi UMTS che, sfruttando frequenze di 2,5GHz e 3GHz,

garantiscono bande con un massimo di 384Kbytes al secondo ad ogni utente. Questo significa

che una telefonata si è trasformata in uno scambio non solo di voce, ma anche di dati (foto,

video, immagini, mp3, ecc....), rendendo così le comunicazioni tra persone veri e propri incontri

virtuali. Tutto questo grazie alla velocizzazione e alla banda larga delle nuove tecnologie

wireless. In realtà però la banda larga a 384Kbytes/s delle reti 3G va condivisa con tutti gli altri

utenti in quel momento connessi, creando un inevitabile decadimento delle prestazioni del

nostro apparecchio wireless (che sia telefonino o laptop) La diffusione di questa tecnologia

quindi oltre ad essere a medio – lungo termine non offre la certezza di una banda larga a tutte

le ore.

Si possono quindi distinguere tecniche di trasmissione su spettro ampio o ristretto, come per le

linee di potenza. La prima soluzione è preferita in quanto l‘informazione distribuita su un più

largo campo di frequenze, risulta generalmente meno sensibile ai disturbi che agiscono su

campi di frequenza specifica. In particolare, una tecnica utilizzata a questo scopo è quella del

salto di frequenze (hopping), in cui il messaggio nel corso di una stessa trasmissione è inviato

su portanti a frequenza variabile, riducendo le interferenze. Con la radiofrequenza si

propongono in genere architetture diverse dovute alla necessità di trasmettere segnali di

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potenza molto limitata, per evitare l‘interferenza con altre apparecchiature. In questo caso si

possono prevedere strutture con diversi punti di accesso distribuiti opportunamente per ricoprire

il volume di un edificio, quando questo superi il raggio di trasmissione di un singolo

componente.

Il segnale più adatto per la modulazione è un segnale sinusoidale, i cui parametri sono

l’ampiezza, la frequenza e la fase.

Facendo variare nel tempo uno di questi parametri si può usare il segnale sinusoidale per

trasmettere informazioni.

Modificando l’ampiezza si ottiene la modulazione d’ampiezza (Amplitude Modulation, AM),

modificando la frequenza si ha la modulazione di frequenza (Frequency Modulation, FM) e

modificando la fase si ha la modulazione di fase (Phase Modulation, PM).

La modulazione d’ampiezza è la più semplice tecnica di modulazione. Tuttavia da sola

consente velocità di trasmissione abbastanza basse, e quindi è spesso usata in unione ad altre

tecniche di modulazione in sistemi che richiedono una velocità elevata.

Nella modulazione di frequenza, la frequenza della portante (carrier) varia in funzione del

segnale modulante. Nella trasmissione digitale si avranno quindi due frequenze diverse, una

leggermente superiore ed una leggermente inferiore a quella della portante, per rappresentare

gli “0” e gli “1”. Tale tecnica è detta Frequency Shift keying (FSK).

Nella modulazione di fase, la portante varia la sua fase in funzione del segnale da trasmettere.

Nella trasmissione digitale agli “0” e agli “1” sono associati diversi valori di fase (per esempio

90° per un “1” e 270° per un “0”), e questa tecnica è detta Phase Shift keying (PSK).

La modulazione di fase è la tecnica più costosa, ma è anche la più adatta ad essere utilizzata

in combinazione alla modulazione di ampiezza per ottenere elevate velocità di trasmissione.

I principali standard per le tecnologie wireless sono: IrDA, DECT, IEEE 802.11, Bluetooth,

ZigBee.

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Trasmissione su linee elettriche di potenza (Power Line Communications) Questa è una tecnica di trasporto delle informazioni digitali sulle preesistenti linee elettriche,

solitamente adibite al trasporto di potenza elettrica e quindi disponibili come vettori per altri tipi

di informazioni purché non collidenti con i segnali elettrici.

Le linee elettriche sono state costruite per trasportare segnali a basse frequenze; quindi il rame

che le costituisce non è di eccellente qualità, cioè non è solitamente bonificato: inoltre, lungo il

percorso del cavo/conduttore esistono diverse giunzioni che non disturbano la trasmissione dei

segnali elettrici, perché a bassa frequenza. Nonostante la scarsa qualità del supporto

trasmissivo, dal punto di vista delle telecomunicazioni, i segnali digitalizzati possono sfruttare i

cavi delle linee elettriche grazie al principio delle onde convogliate, mediante il quale si

convogliano segnali di diverse frequenze sullo stesso cavo, separandole all’arrivo con opportuni

filtri selettivi.

Il problema principale è quello di limitare al massimo la potenza delle sottoportanti onde evitare

che i cavi, e la rete nel suo complesso, oltre che i supporti meccanici che le costituiscono, si

trasformino in vere e proprie antenne e quindi generino campi elettromagnetici che vanno ad

interferire con l’ambiente circostante, nocendo sia alle persone, incompatibilità in senso

ambientale, sia agli apparati, incompatibilità strumentale.

L’idea di fondo non è certo innovativa e ripercorre esperienze del passato basate sul principio

fisico delle onde convogliate, grazie alla quale è possibile far convivere segnali ad elevata

frequenza con la tensione di rete. La grossa e fondamentale innovazione è sul fronte della

tecnologia applicata che può sfruttare algoritmi sempre più sofisticati per la modulazione e

demodulazione dei segnali: il segnale relativo alle informazioni da trasmettere viene codificato

con una tecnica di modulazione in diversi range di frequenze, ognuna identificante una

sottoportante rispetto a quella principale del segnale elettrico: queste sottoportanti possono

convogliare le onde relative alle informazioni, di media o alta frequenza , sullo stesso supporto

ove si propaga il segnale elettrico, la cui frequenza è molto più bassa, 50 Hz in Europa e 60 Hz

negli USA.

Con opportuni filtri in ingresso ed in uscita dalla rete elettrica, i segnali digitalizzati vengono

separati dalla portante del segnale elettrico mediante la tecnica della fasatura: ogni

sottoportante è identificata da una ben precisa frequenza sulla quale viene accordato il relativo

filtro sia in ingresso che in uscita. I diversi dispositivi da raggiungere vengono infine riconosciuti

con lo stesso principio in quanto ad ognuno di essi viene assegnato un codice di

riconoscimento basato su una determinata frequenza: solo il dispositivo che si accorderà

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sull’apposito filtro selettivo con il valore a lui destinato potrà ricevere l’informazione codificata.

Ovviamente questa operazione deve essere eseguita con estrema precisione e velocità, anche

per permettere un adeguato bit rate, o flusso di dati, come vedremo nel seguito in dettaglio.

Questa tecnologia è considerata nuova, pur essendo il principio fisico noto da tempo, perché

solo negli ultimi 15 anni è iniziata una vera e propria sperimentazione per collegare utenti

distanti fra di loro sfruttando le linee elettriche: principalmente perché solo negli ultimi decenni si

sono sviluppati potenti ed al tempo stesso piccoli processori in grado di svolgere i numerosi

calcoli necessari a modulare e demodulare i segnali nelle diverse frequenze delle sottoportanti.

Lo scema logico di una Power Line Communications è molto semplice ed intuitivo:

l’informazione viene campionata in un segnale digitale, assegnando le relative frequenze che

costituiscono le sottoportanti di modulazione. Il segnale convogliato viaggia assieme al segnale

elettrico e si propaga su tutta la rete.

Le caratteristiche tecniche della connettività permettono con la tecnologia Power Line attuale di

portare all’interno dell’abitazione flussi da 2 fino a 10 Mbit/s; simile anche alle più recenti offerte

ADSL.

Vi sono due tipi di tecnologia PLC:

1) a banda stretta, utilizza la banda di frequenza 9 – 148.5 kHz, si basa sulla norma

CENELEC EN 50065 e permette una velocità di trasmissione dati che può raggiungere i

150 kbit/s;

2) a banda larga, utilizza la banda di frequenza 1.6 – 30 MHz e permette una trasmissione

dati a velocità più elevate. Per questo tipo di tecnica non vi è ancora per ora una norma

internazionale.

In questi anni le industrie impegnate nelle Power Line Communications hanno sviluppato un

certo numero di standard che, nel rispetto delle normative frequenziali, sono caratterizzati da bit

rate relativamente bassi, e quindi indirizzati alla realizzazione di sistemi per home automation, i

più importanti sono : X-10, Intellon CEBus, Echelon LONWorks, Intelogis PLUG-IN.

Analizzeremo tali standard nel capitolo successivo.

La progettazione/realizzazione di un sistema di comunicazione che sfrutti la trasmissione dei

segnali ad alta frequenza sulla rete elettrica deve determinare la tecnica di trasmissione

impiegata ma anche un adeguato MAC (Media Access Control) che consenta l’utilizzo

contemporaneo del mezzo da parte di più utenti.

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Conviene sottolineare, infatti che tra tutti gli strati che compongono il modello OSI, stiamo

concentrando la nostra attenzione su quelli più bassi, cioè sullo strato fisico e su quello di

collegamento dati (in particolare il MAC layer è il primo sottostrato del data link layer e in pratica

fa da cuscinetto tra gli strati superiori e quello fisico), cioè su quegli strati maggiormente legati

ed influenzati nella loro struttura, al mezzo di trasmissione utilizzato: sugli strati cioè che

caratterizzano maggiormente i diversi sistemi di comunicazione.

Il campo frequenziali d’uso delle linee elettriche in bassa tensione è piuttosto ristretto e

localizzato su frequenze relativamente basse. Infatti il mezzo presenta una topologia varia ed

incerta, con notevole livello di attenuazione e rumore ma soprattutto le frequenze variano con la

connessione/disconnessione alla rete dei vari carichi. Nonostante tutto, con modulazioni a

spettro espanso o di tipo FSK, si è riusciti a produrre dispositivi con un buon livello di efficienza

anche se con bit rate bassi. In particolare avendo a disposizione un range di frequenze ben più

ampio di quello garantito dalle bande standard, le tecniche di modulazione a spettro espanso

sembrano adattarsi ancora meglio a questo contesto.

Modulazione a spettro espanso.

Obiettivo di questa tecnica, ottenuto distribuendo il segnale su tutta la banda disponibile, è

quello di rendere la trasmissione più resistente agli effetti del rumore e di contenere

notevolmente il livello del segnale trasmesso, in modo da avere così meno problemi in termini di

irradiazione e di compatibilità elettromagnetica.

Questi vantaggi si pagano però con una efficienza in banda piuttosto bassa, perché si ha la

necessità di occupare ampie porzioni di spettro per poter avere bit rate piuttosto elevati. Ciò,

considerando l’attuale mancanza di uno specifico piano di assegnazione delle frequenze, può

costituire un ostacolo notevole all’implementazione di tale tecnica.

Modulazione OFDM

La tecnica che però sembra offrire le maggiori potenzialità con questo tipo di sistemi aventi

canali piuttosto ostili è l’OFDM (Orthogonal Frequency Division Multiplexing). Si suddivide il

flusso dati complessivo ad alta velocità che deve essere trasmesso in tanti flussi paralleli di

velocità molto più bassa; ognuno di questi va a modulare una ben precisa sottoportante di una

numerosa serie di sottoportanti tutte ravvicinate tra loro: queste, trasmesse simultaneamente,

finiranno per occupare così ciascuna una ristrettissima parte della banda complessiva a

disposizione.

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Se la banda occupata da ogni sottoportante è sufficientemente piccola la risposta in frequenza

del canale si può considerare piatta su quelle frequenze e quindi piuttosto semplice da

equalizzare.

Questa tecnica è piuttosto complessa ma molto efficace, la cui idea risale agli anni ’60 ma solo

negli ultimi anni si è sviluppato con l’ingresso sul mercato di processori molto veloci. L’efficienza

in banda è abbastanza elevata (anche 5 bit/s/Hz) e garantisce bit rate alti, ma purtroppo

richiede rapporti segnale/rumore notevoli che creano interferenza con altri sistemi.

Figura 2.17: modulazione a spettro espanso.

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GLI STANDARD DOMOTICI

I diversi componenti che vengono inseriti in un sistema integrato di controllo dell’edificio sono in

grado di scambiarsi informazioni se sono tra di loro compatibili, cioè se sono in grado di

scambiarsi informazioni. Per questo è sorta la necessità di definire uno standard di

comunicazione, cioè un linguaggio comune attraverso il quale i vari dispositivi possono

colloquiare.

Esistono numerosi standard utilizzati nel campo dell'automazione domestica e del building

automation. Come già detto uno dei fattori che ha contribuito a rallentare la crescita di questo

settore è proprio l'incertezza su quale di essi prevarrà e diventerà lo standard di mercato. Nel

seguito è descritta una panoramica dei principali bus, iniziando da quelli in cui è stata attivata

un’azione di standardizzazione.

Figura 2.18: Rappresentazione dei vari standard utilizzati nel mondo

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Standard Americani

Il mercato statunitense sembra essere contraddistinto da una maggiore conflittualità tra

standard diversi e non è ancora stata intrapresa una vera e propria strada di convergenza come

nel caso del mercato europeo.

Cebus (Consumer Electronics Bus)

Sviluppato dall'associazione americana EIA (Electronic Industries Association) il Consumer

Electronic Bus è uno standard integrato multimediale per sistemi di home automation che ha

caratteristiche di flessibilità e modularità. I dispositivi che lo impiegano devono tuttavia

possedere sufficiente potenza di elaborazione per poter gestire i dati in transito sulla rete. I

prodotti basati su tale standard sono costituiti da due elementi fondamentali: un transceiver (che

implementa la tecnica Spread Spectrum) e un microcontrollore che esegue il protocollo.

Il transceiver trasmette i pacchetti dati a circa 10kbps usando, come già anticipato tecniche di

modulazione a spettro espanso: ognuno di questi contiene l’indirizzo del mittente e del

destinatario. Il protocollo CEBus usa un modello di comunicazione peer-to-peer così che ogni

nodo della rete ha accesso al canale ogni volta.

Esiste una vasta gamma di prodotti con standard CEBus, che vanno dal semplice Chip fino alla

piattaforma completa, a seconda del livello di integrazione che si vuole raggiungere.

Nonostante questo sistema risulti più completo e funzionale dell’ X-10 i suoi costi più elevati non

ne hanno consentito lo stesso grado di diffusione sul mercato. Il CEBus è conosciuto anche

come EIA/ANSI-600 dalla sigla di standardizzazione.

Smarthouse

La National Association of Home Builders (NAHB) di Washington D.C. ha costituito la Smart

House Limited parthership. La NAHB ha invitato le ditte a diventare associati della Smart House

con l'intento di riunire più costruttori di componenti o prodotti per Smart House attraverso un

consorzio. La Smart House è composta da circa 25 ditte produttrici che hanno formalmente

sottoscritto il contratto, chiamato "Research and Licensing Agreements", per lo sviluppo dei

prodotti. Altre 25 ditte hanno costituito business affiliati con Smart House per lo sviluppo delle

applicazioni. Il NAHB è una delle attività commerciali più grandi e fra le associazioni che

influenzano il congresso degli Stati Uniti. Rappresenta circa l'85% di imprenditori edili e

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costruttori di impianti elettrici. Il punto fondamentale di Smart House è quello di fornire sistemi

completi per tutte le funzioni della casa includendo forniture per l'automazione della casa. Costi

ridotti sono garantiti da un minor lavoro per l'installazione.

X-10 X10 è uno standard storico dell'automazione domestica, presente ormai da venti anni in

America, che ha avuto una larga diffusione anche in altri paesi e sembra mantenere, grazie

anche alle innumerevoli periferiche disponibili sul mercato, una salda posizione nel panorama

delle soluzioni HA. X-10 è un sistema solamente unidirezionale e permette a dispositivi

compatibili di comunicare tra loro sfruttando l’impianto elettrico in bassa tensione

dell’abitazione: un controllore/trasmettitore è inserito in una normale presa elettrica o installato

al posto di un interruttore di corrente, mentre tra il dispositivo da controllare e la rete elettrica cui

è connesso viene inserito un modulo X-10. Il controllore centrale può anche essere controllato

da un PC mediante software, oppure pilotato a distanza grazie a telecomandi a infrarossi.

X-10 per trasmettere dati binari usa una modulazione di ampiezza (AM). Per differenziare i

simboli la portante usa il punto di attraversamento dello zero da parte dell’onda sinusoidale di

tensione a 60 Hz nel passaggio dal semiciclo positivo a quello negativo o viceversa. I ricevitori

sincronizzati accettano la portante ad ogni punto di attraversamento dello zero (viene scelto

questo punto perché sulle linee elettriche è quello che presenta meno rumore e interferenza da

parte di altri dispositivi). Per ridurre gli errori l’X-10 richiede due attraversamenti dello zero per

trasmettere i simboli binari: quindi ogni bit necessita di un ciclo completo a 60 Hz. La velocità di

trasmissione è quindi limitata a 60 bit al secondo.

Echelon LONWorks La tecnologia LonWorks, creata anni fa da Echelon Corporation, costituisce una piattaforma

completa, indipendente dal tipo di media scelto ed aperta, per la gestione di dispositivi connessi

in rete. I protocolli possono essere implementati da chiunque su ogni tipo di processore senza

riconoscimento di royalities: i prodotti che seguono le linee guida LonWorks per

l'interoperabilità, possono dopo una fase di test fare uso del logo LonWorks. La Neuron Chips

ne ha implementato i protocolli in un chip che viene costruito da Toshiba, Cypress e Motorola e

che é già stato utilizzato in più di 8 milioni di dispositivi in tutto il mondo.

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Il Neuron è un chip disponibile in due versioni, entrambe caratterizzate da tre processori ad 8 bit

con più di 10 kbyte di RAM ed altrettanti di ROM, che su power line è capace, grazie a

modulazioni di tipo Spread Spectrum, di 10 kbps. Il cuore del sistema è comunque il protocollo

LONTALK: uno standard aperto, espressamente concepito per le esigenze di controllo. Questo,

insieme ad altre caratteristiche, è implementato direttamente sul chip Neuron così da realizzare

su un singolo chip un sistema di controllo completo capace di supportare diversi mezzi di

comunicazione. Recentemente Echelon ha consentito al suo sistema di interfacciarsi con gli

altri tipi di transceiver presenti su power line, e il massimo bit rate raggiungibile è stato portato a

1,25 Mps.

Il sistema si completa con il Lonworks Network Service (LNS), un potente sistema operativo per

la connessione e lo sviluppo della rete dei dispositivi di controllo. In pratica permette

l’installazione, la configurazione, il monitoraggio e il controllo della rete di controllo Lonworks.

LNS è compatibile con tutti i sistemi (PC, MAC,UNIX ecc…) e il suo server supporta a livello di

strato di trasporto, sia il protocollo LONTALK che il TCP/IP.

LONWorks è conosciuto anche come ANSI/EIA 701.9-A-1999.

Standard Europei

Il mercato europeo è caratterizzato dalla presenza di diversi standard, proprietari e non, che,

per molteplici motivi, non sono riusciti ad imporsi nel mercato dell’automazione domestica

singolarmente. In Europa si sta imponendo un unico protocollo, chiamato KONNEX (o KNX),

nato dalla fusione dei tre standard nati separatamente e inizialmente in concorrenza fra loro

(EHS, BATIBUS, EIB). Nonostante sembra che si stia arrivando ad un unico standard, di

seguito verrà proposta una trattazione separata dei tre; infatti KNX fissa per lo più regole

d’interoperabilità diventando più che uno standard unico un contenitore di standard differenti.

BatiBus BatiBUS, sviluppato da MERLIN GERIN, AIRELEC, EDF e LANDIS & GYR, è stato uno dei

primi field bus nel mercato. Le aziende che utilizzano questo standard hanno fondato nel 1989 il

BatiBUS club international (Bci), con più di 80 partners in molti paesi. BatiBUS è uno standard

Europeo (French NFC standards 46620) e gestito anche dai comitati CENELEC e ISO/IEC JTC

1 SC25. Ha aderito all'iniziativa KONNEX.

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L’associazione BATIBUS CLUB INTERNATIONAL nasce a Parigi nel 1989 ed è l’associazione

alla quale si deve il merito di aver introdotto sul mercato il primo vero sistema a bus. L’obbiettivo

iniziale di questa associazione è la realizzazione di prodotti basati sulla rete di comunicazione

BATIBUS e di estenderne l’uso nei vari settori del mercato residenziale e terziario.

I mezzi di trasmissione previsti sono: il doppino, la radiofrequenza e i raggi infrarossi. La

velocità di trasmissione è limitata a 4800baud su qualsiasi tipo di topologia di rete (bus, stella,

albero, loop o combinazioni di questi) distribuiti su di una distanza non superiore ai 2,5 Km.

Prevede l'identificazione di ogni dispositivo (detto punto) con tre codici definiti indirizzo, tipo ed

estensione. Sono disponibili 240 indirizzi per ogni tipo di punto terminale e sono realizzabili 32

tipi di punto: centrale (00), ingresso binario (05), uscita binaria (04), comando manuale (0E),

trasmettitore telefonico (01), ecc. Ogni punto può avere indirizzo senza estensione (codice di

estensione 00) oppure con estensione (codice di estensione 04) e in tale caso dispone di altri

byte per definire l'indirizzo.

I messaggi possono avere indirizzamenti di diverso tipo.

1) Diretto (punto a punto): da un punto a un altro punto avente indirizzo, tipo ed

estensione specificati nel pacchetto inviato.

2) Di gruppo (multicast): da un punto a più punti, definiti gruppo, aventi la prima cifra di

indirizzo, tipo ed estensione specificati nel messaggio in linea. Ogni gruppo è costituito

da 16 punti e in totale i gruppi sono 15.

3) Generale (broadcast): da un punto a tutti i punti della rete. 4) Esteso (extended): da un punto con codice estensione 04 ad un altro punto con

estensione 04. Le informazioni riguardanti l'indirizzo sono contenute nei byte denominati

TAE (Tipo di indirizzo esteso), Eadr (Estensione dell'indirizzo) e in altri opzionali che

definiscono il gruppo, la zona e lista indirizzi.

EIB (European Installation Bus) E’ uno standard europeo di proprietà della EIBA (European Installation Bus Association) cui

sono associate o affiliate più di cento aziende europee. Il protocollo EIB è uno standard

disponibile per le aziende affiliate e i prodotti sviluppati sono certificati dagli appositi laboratori.

Per garantire la compatibilità dei prodotti offerti dai numerosi costruttori, EIBA ha provveduto a

mettere a punto una serie di procedure unificate. EIBA si occupa di:

1) stabilire le prescrizioni relative al prodotto, lo standard qualitativo e le procedure di

verifica;

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2) rilasciare le licenze del marchio;

3) partecipare alla stesura delle normative nazionali e internazionali;

4) contribuire ad emanare le disposizioni sulle certificazioni e sui centri di formazione.

Il risultato di tutto questo è fornire una serie di prodotti che possono garantire,

indipendentemente dal costruttore, un elevato standard qualitativo e una totale compatibilità.

Vi sono circa cinquanta produttori tra cui i più significativi sono ABB, SIEMENS, VIMAR,

GEWISS, PHILIPS. In Italia si è formata l’associazione EIBA Italia, sulla spinta di quella

europea, importante riferimento per lo sviluppo della tecnologia bus negli impianti di

automazione per gli uffici. La commercializzazione, iniziata nei primi anni novanta, comprende

oltre quindicimila sistemi che in prevalenza sono stati installati nell’ambito della building

automation (automazione industriale) con la tendenza a diffondersi nell’home automation; è uno

standard in Francia e Germania oltre che uno standard sperimentale della Comunità Europea in

convergenza con lo standard KNX.

EIB prevede vari mezzi trasmessivi: il doppino telefonico, le onde convogliate, la radiofrequenza

e ETHERNET. Ad una rete EIBus (dorsale di tipo bus dello standard EIB) è possibile collegare

fino a 61.455 dispositivi. La topologia può essere a bus, stella, albero e soluzioni miste dove

comunque la lunghezza totale non deve superare i 1000 metri per segmento, 700 metri tra i vari

dispositivi e 350 metri tra l’alimentatore e il bus. La velocità di trasmissione è 9600bps.

EIB prevede lo scambio messaggi come paradigma di comunicazione fra i dispositivi.

L’indirizzamento fisico è dato semplicemente dalla posizione del dispositivo nell’impianto. EIB

ha sviluppato inoltre un dispositivo gateway per l’accesso al bus via IP.

EHS (European Home System Association) EHS (European Home System), e stato sviluppato a partire dal 1987 nell’ambito dei programmi

europei Eureka ed Esprit, con i finanziamenti della Commissione Europea, nel tentativo comune

di interconnettere diversi dispositivi elettrici ed elettronici per l’uso in ambito domestico. Il

progetto è stato nominato EHS nel 1995 quando le compagnie che hanno portato avanti lo

sviluppo hanno dato vita al EHSA (European Home System Association). Fanno parte di questa

associazione circa trentasei compagnie tra le quali PHILIPS ELECTRONICS, BT e THORN

EMI. Nell’ottobre 1995, il CEBUS INDUSTRY COUNCIL (CIC) ha annunciato un’alleanza con

EHS promosso dal EHSA come la tecnologia di rete del futuro nell’ambito dell’automazione

domestica. Essendo una tecnologia aperta che supporta diversi mezzi trasmessivi, EHS ricerca

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l’interoperabilità tramite: l’utilizzo di un linguaggio di comandi orientato agli oggetti e una

classificazione dei dispositivi che permette a dispositivi appartenenti alla stessa classe di poter

essere intercambiabili.

EHS supporta plug & play (l’aggancio e sgancio dei dispositivi non necessita di riconfigurazione

del sistema e della rete), generalmente un apparecchio EHS comprende un micro-controllore e

un modem integrato.

Le specifiche EHS sono state rilasciate verso la fine del 1991, e modificate nel corso degli anni

e le ultime sono del 2000 .

E’ uno standard aperto per il quale è prevista una certificazione dei prodotti.

EHS implementa i livelli 1,2,3 e 7 del modello OSI (Open System Interconnection). I mezzi di

trasmissione previsti sono: il doppino telefonico, le onde convogliate, il cavo coassiale, la

radiofrequenza e i raggi infrarossi, La topologia è a stella o bus per il cavo coassiale, solo a bus

per il doppino telefonico.

La rete effettua una trasmissione credibile e sicura di informazioni tra i terminali del sistema,

coinvolgendo i più bassi strati del modello di riferimento OSI effettuando il recupero automatico

delle informazioni perse (recovery). La rete è in grado di autoconfigurarsi e implementa

possibilità diagnostiche. I livelli di destinazione dei segnali di comando sono rappresentati da

indirizzi che collegano gli attuatori con le applicazioni (attuatori e applicazioni possono anche

coesistere sullo stesso dispositivo). La gestione della rete usa un unico codice di destinazione.

Ogni sezione della rete permette di indirizzare fino a 256 terminali. Un sistema implementato

con lo standard EHS può gestire milioni di indirizzi (oltre 1012). EHS è dotato di un servizio

sviluppato per fornire robustezza al sistema contro gli errori di comunicazione, apparecchi

malfunzionanti o rilocazioni casuali. Questo servizio amministra l’inizializzazione del sistema e

la riconfigurazione dopo la perdita di energia o il riposizionamento delle unità ed è inoltre

sfruttato per poter portare a termine la funzione di plug & play.

Konnex Konnex Association è il risultato di un processo di convergenza di 3 associazioni: BCI, EIBA e

EHSA. Fondata nel 1999 da 9 aziende, che provenivano dalle 3 associazioni iniziali.

L'obiettivo di Konnex è quello di promuovere un unico standard basato sulle competenze

tecniche di 3 esperienze pluriennali. Al momento, la Konnex Association rappresenta più di 200

aziende nel mondo che operano nei sistemi elettrici ed elettronici per la casa e per l'edificio. Le

aziende operano in diversi settori applicativi, tra i quali: aziende manifatturiere, aziende di

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Facility management, fornitori di energia. L'Associazione KONNEX Italia nasce ufficialmente

nell'ottobre del 2002 dalla trasformazione dell'Associazione Eiba Italia, di cui eredita la

consolidata esperienza acquisita in quasi dieci anni d'attività.

Konnex Italia è l'espressione nazionale di Konnex Association, l'Associazione europea dei

costruttori leader di materiali e componenti per l'installazione elettrica, sorta dall'iniziativa dei tre

principali consorzi europei, EIBA, BCI ed EHSA, che hanno avviato il processo Convergenza

che ha portato alla definizione del protocollo unico KNX. Scopo di Konnex Italia è diffondere

l'installazione del sistema KNX, lo standard che consente la gestione automatizzata e

decentralizzata degli impianti tecnologici di un edificio. Il sistema KNX è pensato ed utilizzato in

un'ampia tipologia di strutture: edifici, industrie, abitazioni e locali pubblici.

Standard giapponese: HBS (Home Bus System) Nato nel settembre 1988 come risposta all'europeo EHS e all'americano CEBus, L'Home Bus

System è la soluzione proposta da un consorzio di società giapponesi, l'Electronic Industries

Association of Japan, al problema della standardizzazione, con il contributo di agenzie

governative ed associazioni commerciali. Utilizza un cablaggio formato da due cavi coassiali e

da otto coppie di cavo twisted-pair a cui vengono collegate apparecchiature audio/video,

telefoni ed altri dispositivi.

Altri standard internazionali: All Bus Datapark Tecnologia basata sulla trasmissione bidirezionale impulsiva di dati in banda base, generata

dallo stesso microcontrollore di funzione, su una delle quattro possibili dorsali BUS: Databus -

Parkbus - Widebus - Virtualbus, di cui solo le prime tre sono costituite da un monofilo telefonico

riferito a terra, mentre la quarta non necessita di nessun vettore fisico o frequenza radio o

frequenza vettrice (onde convogliate). Tutte e quattro le dorsali Bus, per la loro grande banda

passante (da 3 Hz a 5/6 MHz) danno la possibilità di ricetrasmissione dati e/o segnali analogici

di tutti i dispositivi che impiegano la nuova tecnologia di modulazione degli impulsi, la cui durata

può essere variata in base alla frequenza modulante.

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HAVI (Home Audio Visual Interoperability) L'architettura Home Audio-Video interoperability (HAVi) è stata sviluppata da otto tra i maggiori

produttori di apparecchiature elettroniche di consumo (Grundig, Hitachi, Matsushita, Philips,

Sharp, Sony, Thompson e Toshiba) sotto forma di architettura di una rete domestica paritetica e

distribuita. HAVi è basata sull'interfaccia i.LINK ed offre la connettività plug&play,

l'interoperabilità tra apparecchiature di marche diverse e un'unica interfaccia d'utente, facile da

usare, per controllare vari tipi di apparecchi Audio-Video.

HES (Home Electronic System) L'Home Electronic System (HES) è uno standard internazionale per automazione domestica,

che viene attualmente sviluppato da un gruppo di esperti provenienti da Nord America, Europa

ed Asia. Gli esperti sono organizzati in un gruppo di lavoro noto come ISO/IECJTC1/SC25/WG1

che ha il compito di definire lo standard e sottoporlo alle nazioni partecipanti per essere

approvato. Allo scopo di individuare soluzioni hardware e software che permettano ai produttori

di offrire dispositivi che possano operare con reti domestiche di varia natura, il Gruppo di Lavoro

si prefigge di specificare: un'interfaccia universale, un linguaggio di comunicazione e un

Gateway residenziale per connettere la rete domestica con le reti esterne dei service providers.

Home Plug and Play Le specifiche Home Plug and Play, che rientrano tra gli standard definiti dal CEBus Industrial

Council, regolano i meccanismi di interazione ad alto livello tra dispositivi ed applicazioni HA.

Questo significa che i costruttori potranno sviluppare i prodotti senza conoscere nel dettaglio il

funzionamento di altri apparati similari garantendone nel contempo compatibilità ed

interoperabilità.

IEEE 802 Il progresso tecnologico in pochi mesi ha sviluppato soluzioni Wireless dall'installazione

semplice ed efficace. Grazie allo standard Ieee 802 (Information Technology -

Telecommunications and information exchange between systems - Local and metropolitan area

networks - Specific requirements - Part 11: Wireless LAN Medium Access Control (MAC) and

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Physical Layer (PHY) Specifications), oggi è possibile collegare in modalità senza fili, qualsiasi

nodo di una rete informatica, garantendo all'utenza un accesso continuo ad alta velocità. Lo

standard 802.11b prevede la certificazione Wi-Fi, che garantisce la compatibilità tra dispositivi

di diverse case produttrici, ciò permette una comunicazione senza interruzioni con Pc wireless e

apparati di rete fissa. Installare una rete wireless è molto semplice. Per collegare i dispostivi

wireless a una rete Ethernet cablata, è necessario impiegare un access point, apparecchio in

grado di ricevere segnali radio trasmessi dagli stessi Pc e inoltrarli ai relativi dispositivi di rete

(hub/switch o router), per effettuare il collegamento con postazioni collegate alla rete fissa.

Jini La missione dell'HomeRF Working Group è di permettere l'esistenza di un ampio numero di

dispositivi consumer interoperabili, mediante la definizione di uno standard industriale aperto

rivolto a computer e altri dispositivi elettronici. Questi potranno così colloquiare e scambiarsi dati

e informazioni all'interno o nelle immediate vicinanze di un'abitazione in modo del tutto

trasparente agli utilizzatori, che non dovranno preoccuparsi della realizzazione di una rete per il

passaggio dei dati. All'associazione, partecipano i nomi più noti nei settori di hardware,

software, elettronica e comunicazioni.

No New Wires Le tecnologie proposte da Intellon rendono possibile la costituzione di una rete di

comunicazione digitale ad alta velocità utilizzando gli impianti elettrici. L'integrazione con un

sistema a radio frequenza dà poi la possibilità di coprire le zone non raggiunte dalla cablatura

elettrica. Si può così beneficiare di una rete tipo Ethernet con una velocità che arriva fino a 14

Mbps.

OSGI (Open Service Gateway Initiative) OSGI (Open Service Gateway Initiative), cui aderiscono 14 società tra cui Alcatel, Ibm, Lucent,

Motorola, Nortel, Oracle, Philips, Sun Microsystems e Toshiba, è uno standard aperto basato su

Java che permette di creare un'interfaccia tra gli apparati domestici intelligenti e le reti di dati. I

servizi possibili comprendono connettività internet, servizi TV intelligenti, funzioni di

automazione domestica e di monitoraggio a distanza.

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Sharewave Membro della Wireless Ethernet Compatibility Alliance (WECA), ShareWave offre soluzioni

hardware e software che permettono connessioni ad alte prestazioni tra dispositivi diversi,

all'interno delle abitazioni. I sistemi che fanno uso di questa tecnologia, possono inviare e

ricevere video in movimento, computer grafica, audio Hi-Fi, voce, dati in tempo reale.

UPnP (Universal Plug and Play) L'iniziativa Universal Plug and Play, che adotta protocolli Web standard, permette ad un'ampia

gamma di dispositivi di riconoscersi e di comunicare direttamente tra di loro o attraverso

apparecchiature intermedie come PC e set-top box. Questa tecnologia è supportata da

Microsoft, cui si sono unite 250 altre società nei settori dell'elettronica di consumo, informatica,

sicurezza, reti, dispositivi per la casa ed automazione domestica, che formano l'Universal Plug

and Play Forum.

VESA Home Network Lo standard VESA Home Network (VHN) consente un trasferimento di informazioni tra ogni

apparecchiatura digitale connessa in un'abitazione. Fornisce interoperabilità tra dispositivi

collegati a reti di tipo diverso, comprendenti reti a banda stretta od ampia. Dà inoltre la

possibilità di avere un controllo utente – dispositivo, dispositivo – dispositivo e dei servizi di

gestione della rete, più un'interfaccia comune tra i gateway residenziali che collegano i

dispositivi nella casa alle reti di accesso.

Standard proprietario: SCS BTicino Tra gli standard proprietari è sicuramente quello più interessante perché è completamente

sviluppato in Italia. Questo rappresenta un sistema “ibrido” a bus a 4 fili. Pur non essendo

concettualmente un sistema a bus ortodosso, rappresenta una soluzione intelligente che va

incontro alla genericità delle installazioni esistenti e di nuova costruzione ed a una

relativamente bassa istruzione dell’installatore qualificato. Infatti nelle scatole portafrutto

esistono dei dispositivi hardware che permettono di realizzare l’automazione a diversi livelli. In

questo modo non occorre un software che al termine dell’installazione configuri tutto il sistema.

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CAPITOLO 3: DESCRIZIONE DEL SITO

L’edificio oggetto del nostro studio è un castello medioevale situato nel territorio di Bagnoli

Irpino e tuttora oggetto di lavori di restauro della struttura.

Questa è una ridente cittadina di circa 3400 abitanti, situata a 654 m slm, dista Km 39 da

Avellino e Km 91 da Napoli, località collegate con moderni autoservizi di linea.

La superficie complessiva del Comune è di 66,90 Kmq, per un totale di circa Ha 6.700 di cui

5.900 costituiscono la superficie forestale, per la maggior parte ricoperta da boschi di faggio.

Già rinomata località di villeggiatura estiva, per la bellezza dei suoi paesaggi, per il suo clima

mite e salubre, per l’aria incontaminata e l’acqua pura delle sue fresche sorgenti, Bagnoli Irpino

con il suo “villaggio Laceno” che sorge sull’omonimo altopiano, è oggi soprattutto una delle più

attrezzate e frequentate stazioni sciistiche dell’Italia Meridionale.

Situato al centro di un paesaggio di media montagna tra i più suggestivi, a m 1053 slm,

l’altopiano e il villaggio sono diventati un consolidato centro di sport invernali, dotato di moderni

impianti di risalita con oltre Km 25 di piste, 5 alberghi e caratteristici ristoranti.

La presenza di un complesso residenziale a ridosso delle piste e degli impianti di sci e un

villaggio alpino immerso nel panorama verdeggiante dei monti completano l’offerta turistica

della località, meta frequentatissima di turismo estivo ma ancor di più meta di tanti appassionati

sport invernali.

Denominata la “gemma dell’Irpinia”, Bagnoli Irpino oltre alle bellezze paesaggistiche e naturali,

vanta un patrimonio culturale invidiabile. Di grande interesse è il Coro Ligneo seicentesco,

prezioso gioiello di intaglio, dichiarato monumento nazionale che si conserva nella Chiesa di S.

Maria Assunta. Di notevole pregio è la grande tela della Madonna del Rosario, opera del

sommo artista Marco Pino da Siena, appartenente al complesso monumentale della Chiesa di

S. Domenico. Il centro storico dai tratti medievali conserva numerosi palazzi gentilizi,

caratteristico è il quartiere della Giudecca. Le suggestive Grotte del Caliendo, complesso

ipogeo in via di valorizzazione, insieme con il Lago Laceno costituiscono spunti turistici di

grande interesse. Proverbiale è l’ospitalità degli abitanti e apprezzate sono le specialità culinarie

tutte a base di funghi e tartufi.

Bagnoli Irpino è anche famoso per aver dato i natali a Leonardo Di Capua, medico scienziato e

filosofo del Seicento, fondatore dell’Accademia degli Investiganti, seguace di Cartesio e

convinto assertore del metodo sperimentale nelle scienze.

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CENNI STORICI

Il territorio di Bagnoli ha avuto frequentazione di popoli fin dalla lontanissima età del bronzo.

Ritrovamenti archeologici confermano lo stanziamento di popolazioni, di origine e provenienza

appenninica. Dopo la conquista romana, nel 268 a.C. , sulle nostre montagne fu deportata una

popolazione del Piceno, che si era ribellata; il massiccio da allora prese il nome di monti

Picentini. La guerra dei soci italici contro Roma, per la questione della cittadinanza romana e la

successiva guerra civile tra Mario e Silla, apportò devastazioni in tutto il territorio. Di questo

periodo è la nascita di “Civitanova”, un villaggio ubicato presso l’attuale Fontigliano; zona da

sempre denominata “CIVITA”. Al tempo del principe Pandolfo di Benevento, Civitanova era un

fiorente villaggio. Nell’847 d.C. il ducato di Benevento fu diviso in due principato; il nostro

territorio fu aggregato a quello di Salerno e la linea di confine era a ridosso di Nusco e di

Fontigliano; le bande saracene al soldo dei principi longobardi in lotta fra di loro, devastarono e

saccheggiarono Civitanova. Gli abitanti per sfuggire alle incursioni, si trasferirono a Bagnoli,

luogo già fortificato. Del periodo longobardo, l’insediamento presso l’attuale Fontigliano, era

certamente quello più significativo; nel territorio però esistevano altri agglomerati, molti erano di

modeste dimensioni, composti da poche casupole; ubicati in prossimità di sorgenti perenni o

torrenti; questi insediamenti erano denominati “casali” e di alcuni se ne tramandano i nomi. Il

casale Balneolo occupava una posizione strategica ed il castello longobardo era stato edificato

presso di esso sul poggio anticamente denominato “Lafelia”, termine longobardo che significa la

rocca, la fortificazione. Dopo l’arrivo degli abitanti di Civitanova, Balneolo divenne un centro

consistente, crebbe di importanza e cominciò ad essere menzionato nei documenti longobardi

del tempo; infatti, nel 901 lo si trova citato per una donazione fatta al monastero di San

Benedetto di Salerno da tal Erimanno conte di Conza. Nel 1001 descritto in modo dettagliato

come centro autonomo viene citato per una concessione di tal Orso, figlio di tal Gisilberto da

Montella a d un certo Giovanni per servizi militari prestati. Bagnoli sorge in definitiva prima

dell’anno Mille come centro fortificato a difesa del ducato longobardo di Salerno. Al tempo della

minore età di Federico II, Diopoldo di Hohenburg Schweisspeunt, capitano tedesco, ne fa un

centro di rilevanza strategica; il paese divenne una piazza d’armi, fu cinto da poderose mura e

munito di un formidabile castello, situato sul poggio detto Serra, e dominante tutta l’alta valle del

Calore. Fu in questo periodo che gli abitanti di tutti i casali si stabilirono in Bagnoli, allettati dalle

promesse del feudatario tedesco e per sfuggire alle scorrerie delle truppe francesi del De

Brienne, che combatteva contro il capitano tedesco per conto del pontefice Innocenzo III. Per

molto tempo Bagnoli fu demanio regio, finché al tempo degli Aragonesi fu dato in feudo,

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insieme con Montella e Cassano alla famiglia Cavaniglia, spagnoli imparentati con i Caracciolo

e gli Orsini. In tale periodo il paese conobbe i più notevoli benefici di progresso e rinnovamento,

diverse iniziative produttive furono migliorate ed ingrandite. Accanto all’industria armentizia, che

gli Aragonesi favorirono considerevolmente, sorsero in questo periodo la bachicoltura, e

soprattutto la produzione dei tessuti, filatura e tintoria; la famosa “Pezza Bagnolese” per secoli

costituì un capo importante di corredo da sposa. Bagnoli ospitò anche una comunità ebraica, gli

ebrei si stabilirono nel rione denominato “Giudecca”, e andarono a costituire il nervo di quel ceto

di commercianti ed artigiani, che tanto ha contribuito, nei secoli al progresso del paese. Luogo

di ritrovo degli accademici Pontaniani, Bagnoli, ispirò il poeta Sannazzaro, che da questi luoghi

trasse diversi spunti per il suo poema “ARCADIA”. Eretto a ducato nel 1611, fu tenuto in feudo

dalla famiglia Maiorca –Strozzi, fino al 1806, quando fu abolita la feudalità. Custodi gelosi e fieri

della loro libertà i Bagnolesi imponevano sempre ai diversi feudatari il giuramento dei “Capitoli”,

norme e privilegi riguardanti gli usi civici sul demanio da parte della popolazione. La rivoluzione

del 1799 e i moti Carbonari del 1820, videro i Bagnolesi parte attiva, e la restaurazione

conseguente si fece sentire in questi luoghi in modo più cocente. Quaranta famiglie furono

interdette dai traffici e dai commerci, segnando il declino di tutte le attività produttive. Bagnoli

Irpino è famoso per aver dato i natali: a Leonardo Di Capua, medico, scienziato, filosofo del

1600; a Domenico D’Aulisio, giureconsulto di fama nazionale; a Ambrogio Salvio, vicario

generale dell’ordine dei domenicani confessore di Carlo V; al sommo scultore Domenico Di

Venuta; e ai pittori Andrea D’Asti, Jacopo Cestaro e Michele Lenzi.

Il castello di bagnoli

L’edificio è stato costruito a partire dall’anno 1197 per opera del capitano tedesco DIOPOLDO

DI HONENBURG che lì vi si arroccò, dopo aver strappato ai D’Aquino la contea di Bagnoli,

Montella e Cassano, temendo la vendetta dei vecchi signori. Il castello è un’imponente torre

quadrata che serviva sia per alloggiarvi delle truppe stabili, che per dimora temporanea dei

feudatari, i quali ogni tanto vi si recavano per brevi periodi di tempo. Anche Federico II dimorò

nel castello di Bagnoli.

Una prima ristrutturazione avvenne alla fine del 1400 quando Garsia Cavaniglia acquistò il

feudo di Montella. Venne eliminata la merlatura, caratteristica di tutti i castelli normanno – svevi,

in più furono soppresse tutte le catidoie insieme al ponte levatoio.

La copertura fu rifatta con travatura e manto di tegole e con configurazione a padiglione;

insomma l’edificio fu trasformato da roccaforte militare in un severo palazzotto.

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Figura 3.1 Il castello Normanno – Svevo, agli inizi del ‘900. Divenuto di proprietà demaniale, fino alla metà del XIX secolo era abitato da diverse famiglie

bagnolesi. Alla fine di tale secolo, il comune tolse la copertura che fu utilizzata per ristrutturare il

carcere ubicato nell’ex convento di San Rocco.

Da quel momento il fabbricato ha subito con più accanimento l’ingiuria del tempo, il terremoto

del 1980 l’ha poi squassato, minandolo intimamente.

Diversi avvenimenti si sono svolti in questo Castello dei quali citiamo i più importanti. Tra il 1499

ed il 1500 il Conte Troiano Cavaniglia vi ospitò alcuni Accademici Pontiniani, fra i quali il

Sannazzaro che in questi monti si ispirò per la sua Arcadia. Nel 1517 fu tenuto in prigione il

grande matematico ed astrologo Giovan Battista Abiosi, per un libello contro lo stesso Conte,

questi venne poi liberato per l’intercessione di Papa Leone X.

Il castello, alto circa 20 metri, a forma di imponente torre quadrata, si componeva di sedici vani

soprani e otto sottani, ha una cantina nel lato settentrionale e la sua entrata è posizionata nel

lato orientale.

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Figura 3.2 Il castello nella seconda metà del ‘900.

Figura 3.3 Il castello ai giorni nostri.

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Figura 3.4 Particolare del castello.

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ASPETTI SOCIO – ECONOMICI

L’evoluzione socio – economica del paese dopo la seconda guerra mondiale è stata

caratterizzata dallo sviluppo turistico che ha avuto inizio quando l’amministrazione comunale,

volgendo l’interesse al proprio territorio montano, di rara e suggestiva bellezza, ne incentivò lo

sfruttamento a scopo turistico - residenziale con concessioni di suoli a prezzi simbolici.

Così è sorto il villaggio Laceno che, anche grazie alla realizzazione degli impianti sciistici a

partire dagli anni ’70, è diventata una delle più importanti stazioni turistiche della Campania, sia

nel periodo estivo che nel periodo invernale.

A partire dagli anni ’80 la zona ha lamentato una crisi latente le cui cause sono da ricercare tra

diversi fattori. Il terremoto ha indubbiamente fatto registrare una battuta d’arresto ma la causa

principale consiste in una mancata pianificazione e una deficitaria programmazione degli

interventi che hanno permesso il sorgere di strutture episodiche senza alcun nesso tra loro e

prive di quelle infrastrutture di supporto indispensabili per un corretto ed equilibrato sfruttamento

della stazione turistica..

Infatti la valorizzazione turistica della montagna passa attraverso una politica che, partendo

dalla tutela e dalla salvaguardia del territorio persegua i suoi obiettivi socio-economici

soprattutto attraverso una tutela attiva del centro antico ed un recupero di tutti quei monumenti

che lo hanno caratterizzato nei secoli.

La parte più antica di Bagnoli si è andata via via spopolando a partire dagli anni sessanta, ciò

ha comportato un degrado di questi quartieri che è continuato fino all’evento tellurico del 1980.

A partire dal 1981, grazie all’emissioni di leggi speciali per il finanziamento delle opere di

ricostruzione è iniziato un complesso recupero del patrimonio edilizio esistente che, condotto

spesso in maniera oculata, ha consentito il risanamento di innumerevoli abitazioni nella parte

antica del paese le quali però sono rimaste disabitate. Questo perché tali abitazioni non hanno i

comfort che caratterizzano gli edifici moderni e non sono facilmente raggiungibili con mezzi di

trasporto.

Per questo motivo il massiccio impegno economico corre il rischio di rimanere vano e di

recuperare un centro antico “fantasma” se non è mirato alla riabilitazione ed al suo

reinserimento attivo nelle attuali esigenze sociali.

Ecco dunque che, una volta accettato il fine di salvaguardare i valori storico ambientali del

centro antico e constatato che in Bagnoli la funzione più adatta che può svolgersi non è quella

residenziale, è ipotizzabile una sua funzione turistico – alberghiera.

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In particolare, attesa la forte vocazione turistica di Bagnoli, una indicazione di intervento per la

riabilitazione e il reinserimento attivo del centro antico è certamente quella di adattare le sue

abitazioni a case-albergo o case-pensione.

Questa trasformazione sta avvenendo quasi spontaneamente, infatti negli ultimi anni molte

abitazioni del centro storico sono state acquistate da turisti che preferiscono alloggiare a

Bagnoli, dove hanno a disposizione maggiori servizi, piuttosto che sul Laceno.

In quest’ottica assume fondamentale importanza il recupero e la valorizzazione di quei

monumenti che ancora oggi si trovano in condizioni di degrado ma che possono diventare

un’interessante attrattiva turistica e culturale.

Solo il perseguimento di tale politica potrà portare benefici all’economia bagnolese,

incrementando il flusso turistico che sarà richiamato non solo dal Laceno ma anche dalle

bellezze storiche e artistiche del paese.

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DESCRIZIONE DELL’IMPIANTO ELETTRICO E DEL PRECABLAGGIO La fornitura di energia elettrica per l’impianto in esame avverrà tramite l’Ente distributore, in

bassa tensione.

Il sistema di distribuzione elettrica a cui l’impianto sarà connesso è il TT (neutro, generatore e

carcasse metalliche degli apparecchi utilizzatori connessi francamente a terra).

Considerate le attività cui è destinato il monumento, l’impianto elettrico è stato progettato e

dovrà essere eseguito con particolare riguardo e nel pieno rispetto della legge n°46/90 e

relativo regolamento di attuazione di cui al D.P.R. n°447 del 6/12/91, sia per garantire la

massima sicurezza dello stesso, che per garantire il rispetto dell’istanza estetica e storica

dell’edificio.

Pertanto si è optato per una distribuzione delle prese di corrente con il sistema a battiscopa

brevettato dalla BTicino in materiale autoestinguente, mentre i corpi illuminanti saranno serviti

da linee autonome.

In particolare si prevede l’inserimento di un quadro generale sito al piano terra e di tre quadri di

zona atti ad assicurare le protezioni delle linee.

Le linee di distribuzione derivate dai quadri sono state opportunamente dimensionate e la scelta

degli interruttori è stata effettuata in modo da ottenere una protezione selettiva, mentre il

sistema delle tre linee generali o principali direttamente derivate dal quadro generale è stato

scelto al fine di garantire la massima continuità di esercizio e rendere autonomi i tre piani.

In uscita dai quadri di zona sono state previste linee separate per i carichi F.M. e illuminazione.

Le linee, costituite da conduttori in rame, saranno del tipo omologato in cavo con isolamento in

pvc e con guaina dl tipo autoestinguente (grado di isolamento 3). Essi saranno allocati nelle

canaline battiscopa per la distribuzione alle prese di corrente, mentre saranno protetti

meccanicamente mediante tubi metallici con diametro capace di accogliere comodamente i fili

conduttori e con grado di protezione IP4X per la distribuzione ai corpi illuminanti. Tali condotti

saranno opportunamente occultati da contenuti cavedii in legno o tramite soluzioni alternative

consone agli ambienti.

Linee ed accessori dovranno essere corredati dal marchio di qualità.

Le prese nei luoghi di accesso al pubblico saranno di tipo industriale con grado di protezione

IP4x, e dotate di protezione contro le sovracorrenti, nonché servite da interruttore differenziale

con soglia di intervento di 30 mA, al fine di garantire la protezione contro i contatti diretti.

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Per determinare il tipo ed il numero dei corpi illuminanti, necessari ad ottenere il dovuto grado di

illuminazione, si è proceduto al calcolo computerizzato dello stesso utilizzando un programma

specifico.

Le linee di illuminazione dei corpi illuminanti saranno anch’esse dotate di conduttore di

protezione, mentre gli interruttori (dotati di tasti fosforescenti) saranno tutti insellati in apposito

spazio del quadro di piano al fine di evitare la distribuzione degli stessi nei vari ambienti.

L’illuminazione di emergenza è stata affidata a singole lampade ad accumulatori tali da

garantire una durata del servizio di almeno due ore.

Il sistema di protezione contro i contatti indiretti è costituito da un impianto di messa a terra

coordinato con dispositivi di intervento differenziale.

Il tipo di dispersore adottato è del tipo verticale ed orizzontale: quello verticale è costituito da

n°5 profilati in acciaio zincato da 50x50 mm, e lunghezza di m 2.0 posti all’interno di idonei

pozzetti di ispezione in cls di dimensioni 40x40 cm; quello orizzontale sarà costituito da una

corda in rame della sezione di 35 mmq interrata alla profondità non inferiore a 50 cm. Il

collettore di terra sarà costituito da un piatto di rame, posto in idonea cassetta ispezionabile, al

quale saranno connesse le masse estranee, i conduttori di protezione ed il conduttore di terra.

Per quanto concerne la messa in opera, va tenuto presente che, essendo il rame e l’acciaio

zincato due metalli aventi diverso potenziale standard di ossido – riduzione si viene così a

formare, tra essi una pila galvanica in cui il terreno funge da elettrolita e i metalli da elettrodi. Si

ha così una circolazione di corrente tra i due metalli che conduce ad una corrosione

elettrochimica e che potrebbe, nel tempo, determinare una perdita di efficacia dell’impianto in

oggetto. Per ovviare a tale inconveniente è opportuno siliconare, ingrassare o verniciare le

giunzioni tra i due metalli in modo da isolare le giunture dal terreno ed impedire la corrosione.

All’impianto di terra saranno altresì collegate le cinque calate dell’impianto di protezione contro

le scariche atmosferiche.

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CAPITOLO 4: SCELTA DEI COMPONENTI

Nella scelta dei prodotti da utilizzare per l’impianto bus abbiamo optato per due diverse case:

ABB e MyHome BTicino, entrambe hanno aderito al consorzio Konnex.

La prima sfrutta totalmente lo standard europeo Konnex/EIB, quindi sulla sua rete bus si

possono aggiungere componenti di altre case che aderiscono a Konnex con molta facilità e

senza bisogno di interfacce.

I prodotti ABB sono divisi in 2 linee, completamente interfacciabili tra loro tramite un gateway:

ABB Ibus: trasmissione tramite doppino

ABB Powernet: trasmissione tramite onde convogliate.

Il sistema MyHome BTicino, garantisce un design più elegante che meglio si adatta ad ambienti

di cui è necessario valorizzarne la bellezza e soprattutto offre come mezzo di comunicazione la

radiofrequenza che semplifica notevolmente il cablaggio dell’impianto. Questa adotta il

protocollo SCS ma mette a disposizione un’interfaccia capace di far interagire i due standard.

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LO STANDARD KONNEX

Come già anticipato, nel 1998 le associazioni facenti capo ai tre sistemi europei: BATIBUS,

EIBA e EHSA hanno intrapreso un cammino comune con lo scopo di normalizzare la

progettazione, l’installazione e l’utilizzazione di impianti misti basati sulle tre tecnologie, ha inizio

la convergenza col fine di assicurare un rapporto costo/prestazione adeguato per tutti i tipi di

edificio ed applicazioni.

L’obiettivo tecnico fondamentale della convergenza è quello di unificare il livello applicativo in

modo che l’utente finale possa usufruire dei servizi avanzati offerti dai tre sistemi conviventi in

un unico sistema BUS senza preoccuparsi della tecnologia sulla quale è basato il sistema

stesso questo ha significato creare uno standard unico.

I punti chiave standard sono:

La scelta dei mezzi di comunicazione

norme e regole dell’installazione concordate con CENELEC

un protocollo di comunicazione condiviso da tutti

il modulo di collegamento con la richiesta

istruzioni sui tre modi di configurazione per impiantisti

interoperabilità dei prodotti di diversi costruttori

database di prodotti certificati

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I principali passi della convergenza

1996:

- accordo di cooperazione

- programmi di marketing

1997:

- programmi preliminari

- programmi di certificazione tecnica

1998:

- sviluppo del libro delle regole

- stand condiviso all’ELEC ‘98

- presentazione del libro delle regole

- definizione della struttura

- organizzazione della nuova associazione

1999:

- decisione sul nome dell’associazione

- vendita dei primi prodotti

- l’associazione riunita continua a promuovere gli standard e fornisce assistenza

tecnica ai loro soci

Tuttavia, poiché i sistemi adottati dalle tre associazioni europee utilizzano tecnologie troppo

diverse tra loro si è abbandonata l’idea della convergenza per definire uno standard unico,

denominato KNX, che è basato sulla tecnologia di uno dei tre sistemi (EIB) e integra le modalità

di installazione ed i mezzi di trasmissione degli altri due.

Il panorama normativo

La normalizzazione dei sistemi Bus è iniziata nel 1987 con la costituzione del comitato tecnico

CENELEC TC 205 “Home and Building Electronic System, HBES”.

(Il CENELEC è il comitato, costituito da venti paesi, che si occupa di normativa elettrotecnica

ed elettronica a livello europeo; il corrispondente comitato a livello mondiale è l’IEC, costituito

da sessanta paesi. A livello nazionale , in Italia, è il CEI).

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In Italia il comitato tecnico ha il suo corrispondente nel CEI- SC83A” Sistemi elettronici per la

casa e l’edificio, HBES”, che partecipa direttamente ai lavori CENELEC e trasferisce in norme

nazionali del CEI le norme europee (EN).

Gli scopi del TC 205:

Preparazione delle norme per tutti gli aspetti riguardanti “I sistemi Elettronici per la Casa

e l’Edificio”(HBES) in relazione alla Tecnologia dell’Informazione

Integrazione di un largo spettro di applicazioni di controllo automatico e gestione degli

edifici, comprese le comunicazioni con differenti mezzi di trasmissione e le interfacce con

le reti pubbliche

Garantire gli aspetti della compatibilità elettromagnetica e la sicurezza

elettrico/funzionale

La normativa europea è strutturata in una serie di norme EN 50090 con l’aggiunta di

alcuni rapporti tecnici su temi specifici pubblicati da appositi gruppi di lavoro, costituiti

nell’ambito del TC 205.

Vantaggi offerti da Konnex.

L'iniziativa Konnex/KNX ha ormai raggiunto l'obiettivo di essere il primo standard mondiale

aperto per la domotica e l'automazione degli edifici.

Infatti, l'assenza di royalty ed il fatto di essere indipendente dalla piattaforma hardware è uno

dei plus dello standard. L'Associazione Konnex è la realtà che ha dato vita allo standard KNX,

tecnologia bus per le applicazioni dedicate alla home e building automation. Proprio nel corso

del secondo semestre 2003, il Presidente dell'Associazione Konnex, ha annunciato che tutte le

aziende associate che hanno contribuito allo sviluppo e al riconoscimento della tecnologia KNX,

hanno concordato di rilasciare i 61 brevetti necessari per l'implementazione di prodotti basati

sulla tecnologia KNX, versione 1.0. Nello stesso tempo, i comitati tecnici nazionali, sotto l'egida

del TC 205 del CENELEC, hanno accettato la tecnologia KNX come lo standard per la Home e

la Building Automation (registrato secondo le norme EN: 50090-3-1, 50090-4-1, 50090-4-2,

50090-5-2 e 50090-7-1). In tal modo la tecnologia KNX è divenuta di fatto uno standard nel

settore della domotica e l'automazione degli edifici, garantendo i seguenti vantaggi:

1) è privo di royalty aggiuntive per i membri della Associazione Konnex;

2) è indipendente da qualunque specifica applicazione tecnologica hardware/software;

3) i profili applicativi sono incorporati come parte integrale dello standard;

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4) si caratterizza per una procedura di certificazione obbligatoria dei prodotti, che conduce

al rilascio del marchio KNX per i dispositivi, a garanzia dell'interoperabilità nativa tra

prodotti di costruttori diversi;

5) dispone di un tool software unico e integrato per l'installazione, progettazione,

engineering e messa in servizio.

A garanzia della interoperabilità esiste una "procedura di certificazione che garantisce che

qualunque prodotto KNX certificato possa essere integrato in un impianto KNX,

indipendentemente dalla presenza di dispositivi e/o applicazioni realizzati da altri costruttori".

Solo i prodotti che superano la procedura di certificazione sono autorizzati a riportare il marchio

di qualità KNX. Oggi, Konnex stima che il mercato europeo dei sistemi domotici e di

automazione degli edifici si aggiri attorno a 300 milioni di Euro, di cui la tecnologia KNX occupa

il 50%, su un mercato potenziale che si stima possa valere 2,5 miliardi di Euro.

L'Associazione Konnex annovera 90 membri, principalmente costruttori di dispositivi elettronici

per il controllo nella casa e negli edifici, HVAC (Heating Ventilation Air Conditioning), sistemi

d'allarme e d'antintrusione, elettrodomestici. Questi costruttori già oggi assicurano la

disponibilità di oltre 1000 dispositivi, KNX compatibili (EIB) o KNX certificati.

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CARATTERISTICHE DI EIB

L’impianto bus EIB fornisce un sistema compatibile, flessibile ed economico, sia per

applicazioni in edifici residenziali semplici e limitate nello spazio, che per applicazioni più

complesse in edifici appositamente progettati. L’intero sistema dal cablaggio, al progetto e

l’impiego dell’attrezzatura bus, alla messa in funzione ed alla manutenzione è pensato per

soddisfare anche le più complesse esigenze legate all’impianto elettrico.

Il sistema EIB è decentralizzato, cioè non ha bisogno di una centrale che contenga tutti i dati di

configurazione del sistema. E’ possibile però realizzare anche sistemi centralizzati con diverse

gerarchie di comando o supervisione.

Poiché dotato di un microprocessore che viene istruito mediante un programma, ogni

componente è autosufficiente per apprendere le caratteristiche del funzionamento

dell’apparecchiatura.

Il sistema è alimentato i bassissima tensione di sicurezza(SELV) da un alimentatore certificato

EIBA.

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Figura 4.1: Tecnologia EIB Struttura del sistema

I dispositivi intelligenti di una rete KNX sono identificati da un indirizzo fisico. Questo indirizzo

identifica univocamente il dispositivo all’interno della rete e viene dato attraverso l‘interfaccia

seriale RS232 utilizzando il software di programmazione e messa in servizio.

L‘indirizzo fisico è determinato dalla posizione del dispositivo all’interno della struttura della rete.

In un sistema KNX, l‘unità d‘impianto più piccola è la linea, ad ogni linea possono essere

collegati 64 dispositivi, tuttavia attraverso dei ripetitori di segnale è possibile collegare sulla

stessa linea fino a 256 dispositivi. Il numero max di ripetitori per linea è 3. Mediante opportuni

accoppiatori di bus è possibile invece collegare fino a 15 linee, formando una struttura

denominata campo. Mediante accoppiatori di campo è possibile collegare fino a 15 campi di

questo tipo.

Nelle linee principali e nelle dorsali non sono ammessi ripetitori, inoltre ogni linea è isolata

galvanicamente dalle altre attraverso gli accoppiatori di linea/campo, ciò assicura che la caduta

di tensione su una linea non porta conseguenze per il resto del sistema.

Apparecchi

L’alimentatore fornisce una tensione al bus di 28 Vcc (le apparecchiature possono funzionare

ad una tensione minima di 21 V assorbendo una potenza di 150 – 200 mW), è protetto contro i

cortocircuiti ed è realizzato in modo da garantire l‘immunità del sistema a brevi interruzioni di

rete (fino 100ms). Poiché ogni linea dispone di un proprio alimentatore è assicurato che, anche

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in caso di caduta dell‘alimentazione in una linea, la rimanente parte del sistema KNX rimane

operativa. Il carico bus dipende dal tipo di apparecchio collegato. Gli apparecchi funzionano fino

ad un minimo di 21 V ed assorbono, in genere, 150 mW, anche se il massimo consumo

consentito è di 290mW (10mA@29V )

Ogni dispositivo deve essere in grado di separare l’alimentazione dal segnale in quanto

entrambi impiegano lo stesso supporto trasmissivo (doppino). Viene fornito normalmente in

esecuzione per barra DIN; sul supporto DIN viene incollata, mediante autoadesivo una barra

dati.

Tramite un dispositivo denominato collegatore, il cavo bus viene connesso alle varie barre dati

e quindi alle apparecchiature ad essa collegate.

Una seconda modalità di collegamento tra apparecchiature e cavo bus prevede l’impiego di

appositi morsetti di connessione che garantiscono la continuità del circuito anche in assenza del

dispositivo e quindi, contemporaneamente, la sostituzione del dispositivo senza interrompere la

linea.

La configurazione minima di un sistema EIB prevede:

un alimentatore per un massimo di 64 componenti;

un terminale di uscita per il controllo dell’utenza;

un terminale di ingresso per l’acquisizione dei comandi.

La connessione tra i vari apparecchi terminali di ingresso e di uscita e la linea avviene per

mezzo della BCU. Questo dispositivo è stato già introdotto nel capitolo 2 ed ha la funzione di

smistare i telegrammi; mediante delle tavole di filtro i telegrammi saranno abilitati (attraverso il

software ETS) a trasmettere le informazioni ai vari rami dell’impianto.

Soltanto le informazioni indirizzate alla linea o all’area interessate verranno trasmesse, evitando

l’invio di messaggi non diretti ai componenti di quelle zone. Diventa quindi indispensabile

definire in fase di progettazione gli indirizzi di gruppo, cioè un codice comune a tutte le

apparecchiature che devono dialogare insieme.

L’accoppiatore provvede alla ricezione, trasmissione ed elaborazione dei dati, essendo

provvisto di una unità intelligente (microcontroller) che viene istruita mediante un programma

applicativo, scaricato con un software, gestito da un PC collegato con il bus. Il PC può essere

comandato da remoto, tramite un modem, per il controllo o la supervisione a distanza del

processo.

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Software di gestione

Per la messa in servizio di un impianto EIB, terminata l’installazione, ci si avvale di un PC e del

software ETS. Questo è un software che non dipende dai singoli produttori; esso è in grado cioè

di progettare, parametrizzare i singoli componenti e realizzare il coordinamento tra sensori e

attuatori del sistema a prescindere dalla tipologia dei materiali impiegati. Naturalmente, i vari

componenti devono soddisfare le specifiche del protocollo di comunicazione definito per lo

standard EIB e debitamente validati dall’associazione EIBA.

La procedura di programmazione prevede inizialmente l’assegnazione a ogni componente di un

indirizzo fisico in modo da essere riconoscibile inequivocabilmente. Ogni apparecchiatura viene

dotata dal costruttore di un programma applicativo che ne determina il funzionamento e la

funzione; tale programma viene caricato dal software sul dispositivo insieme all’assegnazione

dell’indirizzo fisico. La banca dati degli apparecchi di ogni costruttore viene messa a

disposizione dagli utenti anche tramite Internet.

Tipologie di installazione

- S-Mode (System Mode), adatta ad integratori di sistema ed orientata

all'implementazione di funzioni complesse. Tutti i componenti " System Mode ", connessi

alla rete, possono essere indirizzati tramite un unico tool software (ETS), comune a tutti i

costruttori, che consente di programmare, configurare e stabilire le connessioni.

Mediante ETS è possibile programmare ciascun componente in base alla funzione cui è

destinato in un progetto. Consente un elevato livello di flessibilità sia dal punto di vista

funzionale sia riguardo ai collegamenti.

- A-mode: Automatica (Automatic mode), pensata per permettere all'utente finale la

connessione automatica di nuove applicazioni, riguarda prodotti destinati al mercato

consumer. I componenti "Automatic mode" si avvalgono di una modalità di

configurazione automatica che adatta i loro link di comunicazione a quelli di altri

componenti "Automatic mode" che si trovano nella rete. Ciascun componente contiene

un numero fisso di parametri da impostare ed una libreria con le istruzioni su come far

colloquiare i componenti.

- Grazie al software ETS i componenti "Automatic mode" possono anche essere integrati

in una rete KNX.

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- E-mode: Configurazione semplice (Easy) realizzata senza l‘uso di un PC, in genere si

utilizzano dispositivi specifici chiamati “configuratori“ oppure semplici “dip-switches“

presenti nei dispositivi; i dispositivi “E-Mode“ realizzano funzioni limitate ma comunque

adatte per applicazioni di Home Automation; per la loro configurazione è sufficiente una

formazione minima di base facilmente acquisibile da qualsiasi installatore Quindi “E-

Mode“ ‘ è una tipologia di installazione per impianti di piccole e medie dimensioni, dove

non si richiedono soluzioni complicate S-mode: Liberamente programmabile; un unico

tool di progettazione; alte prestazioni e funzioni; per professionisti con una buona

formazione.

Visualizzazione.

La visualizzazione di un sistema EIB dipende ovviamente dall’applicazione. La più semplice può

essere quella di visualizzare alcuni parametri o stati logici con un display. Nei sistemi più

complessi, come le applicazioni del terziario (attività commerciali, musei, case di cura, hotel

ecc..) si possono avere su un PC le animazioni che emulano lo stato di tutte le variabili

implementate nel sistema stesso. Dei sinottici possono avvisare sullo stato degli allarmi dei vari

impianti tecnologici, o sullo stato ON/OFF di sensori e attuatori situati nei vari ambienti. Si

possono inoltre archiviare i vari processi o fare un’analisi e il calcolo dei consumi.

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ABB iBUS KNX/EIB

Basandosi sulla sua pluriennale e, all’epoca, già ben consolidata esperienza nella progettazione

di sistemi per l’automazione degli impianti, ABB ha partecipato alla costituzione

dell’Associazione EIBA in qualità di socio fondatore. Fin dalla metà degli anni ‘80, infatti, è stata

tra le prime aziende del settore ad affrontare e risolvere problemi di automazione e gestione

usando sistemi computerizzati. Ad oggi, con sistemi ABB i-bus EIB/KNX sono stati attrezzati, in

Italia e nel resto del mondo, migliaia di edifici; il know how così acquisito consente attualmente

ad ABB di operare in ambito Konnex a livelli di assoluta eccellenza, dando il proprio contributo

all’avanzamento del progetto e sviluppando in proprio apparecchi, dispositivi e, più in generale,

diverse tipologie di prodotti compatibili. È importante notare, a questo proposito, che i

componenti ABB a standard EIB sono già conformi allo standard KNX, garantendo di

conseguenza la piena compatibilità tra i sistemi ABB i-bus EIB già installati e quelli futuri. Ciò

consente, quindi, di continuare ad utilizzare e ampliare gli impianti EIB senza problemi, poiché

questi sono perfettamente integrabili nei sistemi realizzati secondo lo standard KNX.

Struttura del sistema e cablaggio Lo schema mostra la struttura di un generico sistema EIB/Konnex. In esso si distinguono i vari

dispositivi raggruppati in linee, a loro volta appartenenti ad una delle “Zone” o “Aree” che

costituiscono il sistema completo. La linea che li unisce tutti è il bus, costituito da un doppino

utilizzato sia per la

trasmissione dei segnali sia per l’alimentazione dei dispositivi.

Come si può vedere ogni linea può raggruppare fino a 64 dispositivi, ogni area fino a 15 linee e

ogni sistema può comprendere fino a 15 aree distinte. In ogni singolo sistema EIB/Konnex è

perciò possibile connettere oltre 14.400 dispositivi diversi.

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Le linee vengono collegate alle linee principali mediante gli accoppiatori di linea (AL); più linee

principali possono poi essere accoppiate fra loro usando una linea dorsale e gli accoppiatori di

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area (AA). Quello che è importante rimarcare è che i singoli dispositivi possono essere connessi

in qualunque punto del cavo bus, su qualunque livello di collegamento, cioè su qualsiasi tipo di

linea.

Ciascun tratto di linea (anche principale o dorsale), che definisce una sezione del sistema, può

avere la distribuzione che si preferisce (lineare, a stella, ad albero o una loro qualsiasi

combinazione) purché si rispettino i seguenti standard Konnex per garantire il perfetto

funzionamento del sistema:

lunghezza massima della singola linea: 1000 metri

numero massimo di dispositivi sulla singola linea: 64

distanza massima fra 2 dispositivi: 700 metri

distanza massima di un dispositivo dall’alimentatore: 350 metri

numero massimo di alimentatori per linea: 2 (posti ad almeno 200 metri l’uno

dall’altro)

Figura 4.2: Struttura di EIB

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Se ci sono 30 o più dispositivi collegati fra loro su di un cavo bus di lunghezza inferiore o uguale

a 10 metri occorre posizionare l’alimentatore nelle immediate vicinanze.

Poiché la trasmissione di segnali e comandi si effettua attraverso il bus di sistema, la linea di

alimentazione a 230 V per le utenze elettriche comandate (motori, lampade, condizionatori,

ecc.) deve essere portata esclusivamente a ridosso delle utenze stesse, senza coinvolgere nel

cablaggio gli interruttori e gli altri apparecchi di comando/controllo. Questi ultimi dispositivi

garantiscono una sicura interfaccia tra uomo e sistema essendo alimentati solo dalla tensione a

24 Vc.c. SELV presente sul bus.

Sulla linea di alimentazione a 230 V possono comunque essere inserite tutte le protezioni delle

utenze che l’installatore ritiene più opportune (interruttori automatici, differenziali, ecc.) in modo

del tutto analogo a

quanto avviene in una installazione tradizionale.

Per le sue caratteristiche il cavo bus può essere posato, senza alcun problema, accanto alla

linea di alimentazione a 230 V, negli stessi tubi o canalizzazioni.

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Figura 4.3: Norme di installazione Tipologia dei dispositivi ABB i-bus EIB/KNX

I dispositivi ABB i-bus EIB/KNX si suddividono in dispositivi di sistema e dispositivi dedicati

all’applicazione. I dispositivi di sistema supportano e svolgono tutte le operazioni base.

Appartengono a questa categoria, ad esempio, i dispositivi accoppiatori e l’alimentatore che

alimenta a bassissima tensione di sicurezza (SELV 24 Vc.c.) i diversi dispositivi collegati al

sistema.

I dispositivi dedicati all’applicazione sono tutti quelli che consentono il controllo dell’edificio.

Appartengono a questa categoria gli interruttori, i relè attuatori, i sensori (di luminosità, di

temperatura ecc.), gli apparati di segnalazione e così via. Sono inoltre disponibili terminali di

ingresso e di uscita EIB/Konnex generici, che consentono di connettere al sistema diversi

tipi di apparecchi disponibili in commercio.

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In generale i dispositivi sono strutturalmente divisi in due moduli: il modulo applicativo vero e

proprio (ad esempio interruttore e relativo tasto) e l’accoppiatore BCU (Bus Coupling Unit) che

realizza la connessione al bus. L’accoppiatore BCU, che consente l’interscambio dei segnali tra

il modulo applicativo e il resto del sistema, può essere già contenuto nel dispositivo stesso

oppure può essere facilmente abbinato ad esso. Le stesse funzionalità sono spesso disponibili

in dispositivi di forma diversa (per montaggio a incasso, a parete o su profi lato DIN) per

agevolare le diverse esigenze di installazione.

Telegrammi e indirizzi

Lo scambio di informazioni tra i dispositivi avviene mediante telegrammi, che trasmettono le

informazioni necessarie codificate sotto forma di bit. Ogni volta che si aziona un interruttore

oppure viene eccitato un sensore d’allarme o, più semplicemente, se un dispositivo del sistema

ha delle informazioni da trasmettere viene immesso sul bus un telegramma.

La velocità con cui questi vengono trasferiti è di 9600 bit/s. l’accesso al bus avviene secondo la

modalità CSMA/CA (Carrier Sense Multiple Access with Collision Avoidance):

tutti gli utenti del bus sono permanentemente “in ascolto”; se un dispositivo vuole inviare

un telegramma lo può fare in qualsiasi momento, a condizione che non vi sia traffico sul

bus, per poi cedere ad altri utenti l’occupazione del mezzo trasmissivo, una volta

terminato il trasferimento del messaggio. se un dispositivo rileva qualche errore nel

telegramma ricevuto invia al dispositivo mittente l’informazione di non corretta ricezione,

causando la ritrasmissione del telegramma fino a un massimo di tre volte;

se il dispositivo mittente non riceve la conferma di corretta ricezione entro un determinato

intervallo di tempo, interpreta l’accaduto come “telegramma non ricevuto dal destinatario”

e lo ritrasmette automaticamente;

se il destinatario non è in grado di ricevere immediatamente il telegramma, invia un

messaggio di “occupato”, facendo sì che il dispositivo mittente ritrasmetta le informazioni

dopo un periodo d’attesa;

in caso di rilevazioni di errore o altri messaggi urgenti il sistema permette di assegnare

una priorità di trasmissione ai relativi telegrammi. I telegrammi di allarme hanno priorità

su tutti gli altri telegrammi operativi; i dati ritrasmessi hanno priorità maggiore rispetto ai

dati normali. Sono previsti complessivamente 4 livelli di priorità dei messaggi (in ordine

crescente):

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- “Low Operational” per comandi normali;

- “High Operational” per comandi rapidi;

- “Alarm” per allarmi;

- “System” per la gestione della rete.

Il formato di telegramma è una serie di blocchi formati ciascuno da una stringa di 11 bit (uno di

start, otto di dati, uno di parità, uno di stop) che contiene varie informazioni. La sequenza di

trasmissione dei blocchi è la seguente:

1) Campo controllo (1 byte): contiene informazioni di sistema, quali la priorità del

telegramma e se è la prima volta che viene spedito o meno.

2) Campo indirizzo (4 Byte): vengono memorizzati gli indirizzi fisici sorgente e destinazione.

3) Campo dati (2 Byte): contiene i dati riguardanti la funzione da svolgere.

4) Campo sicurezza (1 Byte): verifica l’integrità della spedizione (odd parity).

5) Campo pausa (1 Byte): stato di pausa della sequenza di trasmissione.

6) Campo conferma (1 Byte): ogni destinatario conferma la ricezione senza errori del

telegramma.

7) Campo pausa (2 Byte):stato di pausa della sequenza di trasmissione.

A ogni dispositivo corrisponde un indirizzo “fisico” univoco in tutto il sistema, che identifica l’area

(linea principale), la linea e il dispositivo stesso all’interno della linea; l’indirizzo sorgente, nel

telegramma, è sempre un indirizzo “fisico”.

L’indirizzo destinazione, al contrario, contiene quasi sempre un indirizzo di gruppo. Questo è un

indirizzo comune a due o più dispositivi intercorrelati da una medesima logica funzionale:

l’indirizzo di gruppo realizza, quindi, u “cablaggio logico” tra i diversi dispositivi.

Ad esempio se un interruttore deve accendere più lampade, nella logica del sistema sia

l’interruttore sia gli attuatori di accensione delle lampade vengono identificati con il medesimo

indirizzo di gruppo.

Modificando via software gli indirizzi di gruppo si possono quindi modificare le funzioni degli

impianti, cambiando gli abbinamenti tra dispositivi di comando (es. interruttori) e utenze

comandate (es. lampade), senza dover apportare alcuna modifica ai cablaggi dell’impianto

interessato.

Attraverso gli indirizzamenti di gruppo possono essere stabilite correlazioni funzionali anche

molto complesse tra i dispositivi che operano in un sistema EIB/ Konnex. Inoltre basta attribuire

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a un dispositivo più di un indirizzo di gruppo per far operare il dispositivo stesso all’interno di

diverse logiche funzionali.

Figura 4.4: Sensori ed attuatori in un edificio

Si immagini che le lampade, interruttori e tapparelle mostrate nel disegno debbano garantire le

seguenti modalità di funzionamento:

le lampade L1, L2 e L3 sono comandate con l’interruttore S1 e sono sottoposte al

controllo dell’interruttore orario C1;

la lampada L4 può essere comandata con l’interruttore S2 o con l’interruttore S3 ed è

sottoposta al controllo dell’interruttore orario C1;

ciascuna tapparella T1, T2 e T3 ha un proprio comando rispettivamente negli apparecchi

D1, D2 e D3;

le tapparelle T4 e T5 sono comandate dall’apparecchio D4 e sono sottoposte al controllo

dell’interruttore orario C1.

Per soddisfare le condizioni di cui sopra sono stati definiti i seguenti

indirizzi di gruppo (identificati per comodità con numerazione progressiva):

- Indirizzo di gruppo 1/1: S1, L1, L2, L3

- Indirizzo di gruppo 1/2: S2, S3, L4

- Indirizzo di gruppo 1/3: C1, L1, L2, L3, T4, T5

- Indirizzo di gruppo 1/4: D1, T1

- Indirizzo di gruppo 1/5: D2, T2

- Indirizzo di gruppo 1/6: D3, T3

- Indirizzo di gruppo 1/7: D4, T4, T5.

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La tabella che descrive tali condizioni operative rende ancora più chiaro che molti dispositivi

sono inseriti in più di un indirizzo di gruppo.

Figura 4.5: Indirizzi di gruppo

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ABB POWERNET

ABB Powernet EIB è un sistema di building automation a onde convogliate, in cui i segnali e i

comandi vengono trasmessi ad alta frequenza attraverso gli stessi cavi elettrici dell’impianto

(tecnologia powerline) e non è necessario, quindi, il doppino telefonico o altro mezzo di

trasmissione dedicato. Grazie al semplice utilizzo e alla sua notevole flessibilità operativa, con il

sistema ABB Powernet EIB è possibile controllare e programmare il funzionamento di tutti i

dispositivi elettrici presenti in un edificio; può essere installato negli impianti esistenti senza

necessità di posare ulteriori cavi e, perciò, rappresenta la soluzione ideale negli ambienti

domestici, nel piccolo terziario e, in particolare, in tutte le ristrutturazioni in cui non si voglia, o

non sia permesso, effettuare opere murarie (edifici storici, di particolare valore artistico o

architettonico). Il sistema è costituito da componenti specifici (trasmettitori, ricevitori ed

eventuali filtri), la maggior parte dei quali innestabili nelle comuni prese di corrente o montabili a

incasso come normali interruttori, che consentono di usufruire di un’ampia varietà di funzioni

difficilmente realizzabili con i dispositivi tradizionali; tutto ciò senza alcuna necessità di

particolari conoscenze tecniche. Con ABB Powernet EIB diventa quindi semplicissimo portare a

livelli di eccellenza il comfort e la sicurezza, rendendo nello stesso tempo assai più economico

l’utilizzo dell’energia. Apparecchi di illuminazione, pompe, elettrovalvole, motori di avvolgibili

(tapparelle, tende, saracinesche), ventilatori, condizionatori, segnalatori di allarme sono solo

alcuni esempi di utenze elettriche che possono essere automatizzate e controllate dal sistema

ABB Powernet EIB il quale diventa, a tutti gli effetti, uno strumento di gestione integrata di tutti

gli impianti tecnologici di un intero edificio o, semplicemente, di una piccola unità abitativa.

Infatti, l’alta potenzialità applicativa del sistema consente di aggiungere anche una sola

funzione intelligente Powernet ad un impianto tradizionale, con costi competitivi, se si tiene

conto del risparmio sulle opere murarie e sulla manodopera, rispetto all’inserimento della

medesima funzione con criteri tradizionali. Se si dispone di un personal computer, questo può

essere utilizzato anche per la programmazione, il comando e il controllo attraverso ABB

Powernet EIB; in caso contrario il sistema stesso dispone di una centralina (“Controller”) che,

collegata a qualsiasi presa di corrente, è immediatamente pronta per programmare, controllare

e comandare l’impianto. La presenza del personal computer o della centralina non è comunque

necessaria per l’utente poiché, una volta programmato il sistema in fase di installazione, i

componenti intelligenti svolgono direttamente le rispettive funzioni, trasmettendo e ricevendo

segnali e comandi attraverso l’impianto elettrico esistente nell’edificio.

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Figura 4.6: Rete ABB Powernet Tecnica trasmissiva

Il sistema ABB Powernet EIB è costituito da dispositivi “intelligenti” in grado

di comunicare tra loro scambiandosi informazioni di comando e di stato; la comunicazione

avviene sulla normale linea a 230 V ed è bidirezionale (ogni dispositivo è in grado sia di

trasmettere sia di ricevere informazioni) con modalità di trasmissione halfduplex.

La rete elettrica deve essere caratterizzata da un andamento in tensione di tipo sinusoidale

senza distorsioni, con un’ampiezza pari a 230 V e tolleranza ammessa pari a ±10%. Tutti i

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dispositivi vengono collegati alla fase ed al conduttore neutro dell’impianto mediante i due

appositi morsetti: i segnali vengono immessi tra questi due conduttori.

Lo scambio di informazioni tra i dispositivi avviene mediante telegrammi, ciascuno costituito da

un insieme di bit le cui combinazioni codificano di volta in volta le diverse informazioni che

vengono trasmesse.

Per garantire una comunicazione dati sicura è stato sviluppato un sistema di trasmissione

completamente nuovo in grado di offrire affidabilità e stabilità all’impianto in tutte le condizioni

standard della rete elettrica.

Il sistema ABB Powernet EIB adotta la tecnica di modulazione denominata SFSK (Spread

Frequency Shift Keying): i segnali e i comandi vengono modulati e trasmessi su due frequenze

separate. Grazie ad un’opportuna “tecnologia di comparazione” e a una complessa procedura

di correzione “intelligente” degli errori, i telegrammi possono essere recuperati, e quindi

riconosciuti correttamente, anche in presenza di interferenze durante l’operazione di

trasmissione.

A garanzia di una trasmissione affidabile, quando un dispositivo riceve con successo un

telegramma invia al trasmettitore un telegramma di conferma

dell’avvenuta corretta ricezione; solo dopo questa operazione la trasmissione viene considerata

conclusa.

Nel caso in cui il trasmettitore non riceva alcuna risposta di conferma ripete la trasmissione del

telegramma.

Nonostante questo sistema di trasmissione sia stato concepito per assicurare la massima

affidabilità nello scambio delle informazioni tra i dispositivi, ciò non compromette la rapidità di

invio dei telegrammi: una procedura di invio richiede solo circa 130 ms, vale a dire più di 6

telegrammi al secondo. La velocità di trasmissione è di 1200 bit/s.

In accordo con la Norma EN 50065, il sistema ABB Powernet EIB utilizza la banda di frequenze

compresa tra 95 kHz e 125 kHz: un segnale a 105,6 kHz della durata di 833,3 ms corrisponde

allo “0” logico, mentre un segnale

a 115,2 kHz della medesima durata corrisponde all’“1” logico. Questi segnali, con codifica NRZ,

vengono sovrapposti alla tensione di rete a 230V/50Hz; l’ampiezza massima dei segnali viene

limitata a 116 dBmV (dispositivi di classe 116 secondo EN 50065). Al fine di ridurre i disturbi, la

commutazione tra i simboli logici “0” e “1” viene compiuta “a fase-continua”.

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Figura 4.7: Modalità di trasmissione SFSK, Spread Frequency Shift Keying

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MY HOME BTICINO

MyHome offre una serie di applicazioni modulari; il cliente finale può scegliere solo una parte

dell‘offerta e decidere di ampliarla in futuro secondo nuove esigenze, attraverso moduli di

comunicazione tra i vari sistemi. Grazie alle moderne tecnologie digitali di comunicazione, le

funzioni d’ogni singolo impianto possono essere modificate facilmente in qualsiasi momento,

variando la sola configurazione dei dispositivi senza interventi onerosi al cablaggio ed alle

strutture murarie.

L‘offerta copre:

- Automazione luci e scenari

- Automazione tapparelle

- Diffusione Sonora

- Antifurto

- Termoregolazione

- Gestione energia

- Citofonia e videocitofonia digitale

- Telefonia Integrata

- Cablaggio Multimediale

- Dispositivi di controllo

Il sistema MyHome è modulare, non è quindi necessario installare tutto e subito, ma è possibile

modificarlo ed estenderlo nel corso del tempo; le singole applicazioni sono integrate tra di loro.

L‘integrazione si realizza impiegando dispositivi di interfacciamento specifici che consentono di

realizzare funzioni domotiche evolute, derivanti dalla sinergia degli impianti connessi tra loro.

Tra questi dispositivi ve ne sono anche di particolari che permettono l‘integrazione dei sistemi

MY HOME BTicino con altri basati su protocolli di comunicazione differenti (per esempio il

protocollo KNX-EIB).

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Topologia In funzione del sistema che si deve installare è possibile scegliere tra due diverse tipologie di

cablaggio:

- con struttura libera;

- con struttura a stella.

Il cablaggio con struttura libera si utilizza quando si installano impianti di automazione luci e

scenari, automazione tapparelle, gestione energia, antifurto e termoregolazione. Questo tipo di

cablaggio viene solitamente utilizzato nelle distribuzioni tradizionali, tuttavia, è importante tener

conto in fase di progetto delle seguenti prescrizioni:

Il percorso del BUS può essere lo stesso della linea energia, realizzato con le tradizionali

canalizzazioni sottotraccia, in canalizzazioni per montaggio superficiale, in sistemi

sottopavimento o in canalizzazioni situate in controsofittature in quanto il doppino BUS

inguainato è caratterizzato da una tensione di isolamento 300/500V.

In un sistema possono essere gestiti sino ad un massimo di 9 indirizzi di ambiente. Per

ogni ambiente è possibile gestire sino ad un massimo di 9 indirizzi per ciascun attuatore.

A questi indirizzi si aggiungono eventuali appartenenze ad uno o più gruppi.

Figura 4.8: Topologia di MyHome BTicino. 91

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Le dimensioni dei cavidotti dovranno essere adeguate per soddisfare qualsiasi richiesta

di dotazione impiantistica attuale e futura. Il cablaggio con struttura a stella si utilizza per

la realizzazione di impianti telefonici, informatici,segnali televisivi, diffusione sonora e

videocitofonia. La struttura del cablaggio a stella è costituita da un punto centrale

definito “centro stella“ nel quale convergono tutti i rami periferici e gli ingressi dalle reti

urbane e di edificio. Di norma il “centro stella“ è realizzato con un centralino dove sono

raggruppati tutti i dispositivi attivi e passivi per la gestione dei servizi. Il dimensionamento

di un impianto con cablaggio a stella deve tener conto delle seguenti prescrizioni:

1) prevedere un centralino con dimensioni tali da consentire l‘installazione dei

dispositivi necessari e riservare degli spazi per eventuali ampliamenti;

2) compatibilmente con la struttura dell‘edificio, collocare il “centro stella“ in posizione

baricentrica rispetto all‘impianto;

3) installare le condutture predisponendo ogni 10 metri delle scatole rompitratta per

facilitare la posa dei cavi.

4) I cavi degli impianti di trasmissione dati/telefonia//TV possono condividere le

medesime tubazioni e dovranno avere un adeguato diametro interno comunque

non inferiore a 20 mm.

Tipo di collegamento Il supporto fisico è costituito da un cavo ad una coppia ritorta e non schermata al quale sono

connessi in parallelo tutti i dispositivi del sistema. Questi sono alimentati con una tensione di 27

V d.c. In casi particolari è possibile estendere un impianto filare con opportune interfacce radio.

In questo caso i dispositivi impiegano la stessa tecnologia utilizzando come supporto di

comunicazione le onde radio anziché la connessione al bus.

Spazi di installazione da mettere a disposizione L‘integrazione dei vari sistemi comporta la necessità di installare in un centralino o quadro

domotico tutti i dispositivi (alimentatori, interfacce, centralino telefonico, ecc.) che sono utilizzati

per il controllo e la gestione delle applicazioni installate e prevedere degli spazi di “riserva“ per

consentire l‘ampliamento di nuove funzioni. Generalmente i dispositivi di controllo sono da barra

DIN, mentre i dispositivi in campo sono disponibili sia nella versione da incasso che da quadro.

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Metodo di programmazione/configurazione/messa in servizio

Tutti i dispositivi del sistema devono essere opportunamente programmati assegnando il

rispettivo identificativo e le modalità di funzionamento. Questa procedura, denominata

configurazione, si effettua inserendo in apposite sedi dei dispositivi ad innesto denominati

configuratori, differenziati tra di loro con numeri, lettere o grafismi stampigliati sul dorso degli

stessi.

Figura 4.9: Configuratore della linea MyHome BTicino.

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Figura 4.10: Panoramica dei configuratori.

Con la configurazione si assegna l‘indirizzo di destinazione o sorgente del comando all‘interno

del sistema e la modalità di funzionamento (accensione/ spegnimento di un carico o

rilevamento), dispositivi più evoluti (es. Web server) richiedono invece una programmazione con

PERSONAL COMPUTER utilizzando software dedicati di facile utilizzo.

Interfaccia SCS/EIB

Gli impianti MyHome si arricchiscono grazie alla possibilità di integrare anche le installazioni

basate sullo standard EIB. Infatti la nuova interfaccia consente di collegare tra loro impianti

basati sulla tecnologia SCS ed EIB con modalità differenti a seconda delle esigenze installative.

Le funzioni che si possono realizzare sono innumerevoli, vediamo alcuni esempi significativi:

- Connessione di un impianto automazione filare, formato da soli comandi, ad uno EIB

costituito da sole uscite (attuatori). Questa modalità permette di contenere molto i costi

rispetto ad un impianto EIB completo, mantenendo pressoché inalterate le funzioni.

Inoltre si ha il vantaggio di conservare l’estetica BTicino per tutti i comandi.

- Connessione di un impianto MyHome (antifurto, automazione,…) ad uno EIB con sole

uscite. Questa configurazione si rivela utile quando si vogliano eseguire delle attivazioni

sulla parte EIB conseguenti ad allarmi generati sull’antifurto.

- Connessione di due impianti con possibilità di associare ad ogni evento sul bus SCS un

conseguente evento su quello EIB. Questa funzione permette la massima flessibilità nel

gestire lo scambio di informazioni tra i due sistemi.

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Figura 4.11: Interfacciamento EIB/SCS.

L’interfaccia SCS/EIB può collegare un sistema SCS ad un sistema EIB con tre diverse

modalità:

1) Modalità standard 2) Modalità bus di campo 3) Modalità auto_memo

Tutte e tre le modalità sono sempre attive. In termini generali queste richiedono un approccio

diverso nell’uso dell’interfaccia, ma noN si escludono reciprocamente.

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Figura 4.12: Interfaccia EIB/SCS art. F426

Con la modalità auto_memo è possibile collegare qualsiasi frame SCS con telegrammi EIB.

L’interfaccia converte, da SCS ad EIB, solo tre diversi tipi di frame:

Allarme (dal sistema Antifurto)

Comandi Ausiliari (dal sistema Antifurto o dal sistema Automazione)

Comandi del sistema Automazione

Ogni frame deve essere associata ad uno specifico comando EIB ad unO specifico indirizzo

EIB.

In EIB le azioni possibili sono:

Commutare ACCESO/SPENTO un attuatore;

Comandare SU/GIÙ/STOP una tapparella;

Visualizzazione a distanza.

Per tali motivi, è possibile definire una conversione di default da SCS a EIB: Indirizzi EIB = X/Y/I1/I2

Dove X/Y (indirizzo di gruppo per EIB) può essere scelto manualmente dall’installatore

mediante configuratori (due).

Dove I1/I2 sono:

0/1 a 0/9 per comandi allarme:

I2= 1 per intrusione

I2= 2 per manomissione

I2= 3 per batteria

I2= 4 per alimentazione

I2= 5 a 9 uso futuro 96

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1/0 a 9/0 per comandi SCS ESE Dest = A/PL=10 a 90 (I1=1 a 8; I2=1 a 9) (I1=9 ; I2=0)

9/1 a 9/9 per comandi ausiliari canale Ch = 1 a 9 (I1=9; I2= 1 a 9);

Figura 4.13: Articolo L4652/2

Utilizzando l’articolo L4652/2 con il configuratore in posizione M=CEN abbiamo quattro diversi

comandi con lo stesso indirizzo di destinazione: un comando per ogni pulsante (1,2,3,4).

Se vogliamo comandare una luce, si possono utilizzare solo i pulsanti inferiori (3 e 4) per la

commutazione ACCESO/SPENTO di due diverse luci ciclicamente:

ACCESO/SPENTO/ACCESO/SPENTO …

Se vogliamo comandare tapparelle ed in particolare due differenti tapparelle, dobbiamo usare

tutti i pulsanti (1,2,3,4).

Utilizzando i pulsanti 1 e 3, l’indirizzo di gruppo corrispondente è X/Y.

Utilizzando i pulsanti 2 e 4, l’indirizzo di gruppo corrispondente è X/Z, dove Z viene scelto

mediante un altro configuratore (totale tre configuratori per scegliere due diversi indirizzi di

gruppo).

Per definire se l’articolo L4652/2 comanda una luce o una tapparella, dobbiamo specificare un

indirizzo di separazione mediante altri due configuratori (WU):

Indirizzo > WU = tapparella

Indirizzo <= WU = luce

Se non sono installati configuratori, tutti gli indirizzi instradati sono per il comando di tapparelle.

In caso di configurazione errata, i led EIB e PROG.. sono accesi o lampeggianti.

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Modalità standard In questa modalità, tutti i comandi SCS hanno il corrispondente attuatore. L’interfaccia agisce

quale filtro per le frame.

Le regole sono:

1) Le frame Comandi Ausiliari SCS sono convertite in telegrammi di comando in EIB.

2) Le frame Allarme SCS sono convertite in telegrammi di comando EIB.

3) Le frame Comandi SCS non sono convertite in telegrammi di comando EIB.

Questa modalità viene utilizzata quando si vogliono convertire allarmi, allarmi tecnici (ausiliari)

da SCS a EIB.

In caso di allarmi tecnici è necessario ripristinare l’allarme dal sistema EIB.

Con il sistema EIB le azioni possibili sono:

1) Commutare ACCESO/SPENTO un attuatore;

2) Comandare SU/GIÙ/STOP una tapparella;

3) Visualizzazione a distanza.

Modalità bus di campo Se nel sistema SCS non è presente alcun attuatore e si trovano tutti sul sistema EIB,

l’interfaccia opera in modalità bus di campo. Tutti i comandi SCS richiedono la configurazione

CEN in posizione M.

Regole di filtro:

1) Le frame SCS Automazione sono convertite in telegrammi EIB.

2) Le frame Comandi Ausiliari SCS sono convertite in telegrammi di comando EIB.

3) Le frame Allarme SCS sono convertite in telegrammi di comando EIB.

Questa modalità viene impiegata quando è necessario ridurre i costi in un impianto EIB,

utilizzando dispositivi di comando SCS invece di comandi EIB. In caso di allarmi tecnici, è

anche necessario ripristinare l’allarme da EIB.

Con il sistema EIB le azioni possibili sono:

Commutare ACCESO/SPENTO un attuatore;

Comandare SU/GIÙ/STOP una tapparella;

Visualizzazione a distanza.

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Modalità auto-memo Per questa modalità operativa è necessario utilizzare il pulsante PROG. posizionato sul frontale

dell’interfaccia. Questa modalità può essere impiegata quando l’installatore ha bisogno di una

conversione di comandi da SCS ad EIB che non viene fornita dalle due precedenti modalità

(standard e bus di campo).

Dopo aver premuto il pulsante PROG.. per 5 secondi è possibile iniziare a memorizzare (il led

rosso PROG.. si accende).

Il dispositivo memorizza l’ultima frame SCS e l’ultimo telegramma EIB che riceve. Quando si è

certi che le due frame sono corrette si deve premere nuovamente il pulsante PROG.. per

memorizzare la conversione (il led PROG.. lampeggia lentamente per 5 secondi). Se il pulsante

non viene premuto per 2 minuti, dopo essere entrati in modalità PROG. o dopo l’ultima

interazione utente, il dispositivo ritorna automaticamente in funzionamento normale. Ripetendo

la procedura, è possibile memorizzare un massimo di 20 frame SCS/EIB. Una volta terminato,

si esce dalla modalità PROG. Premendo il pulsante per 5 secondi (led PROG. spento).

Se in un ciclo di programmazione sono state memorizzate meno di 20 frame SCS/EIB (per

esempio ne sono state memorizzate 12), la prossima volta che si entra in modalità PROG. il

dispositivo continua a memorizzare dopo l’ultima associazione programmata (per esempio 13).

Se durante un ciclo di programmazione sono state memorizzate meno di 20 frame SCS/EIB, si

deve tener presente che in un successivo ciclo di programmazione, entrando in modalità

PROG. il dispositivo continua a memorizzare dopo l’ultima associazione programmata.

Se sono state memorizzate 20 frame SCS/EIB e si cerca di aggiungerne, l’interfaccia indica

“memoria piena” attraverso il lampeggio alternato dei led PROG. ed EIB.

Premendo il pulsante PROG. per 10 secondi, tutte le conversioni

memorizzate vengono cancellate (il led PROG. lampeggia velocemente per 5 secondi).

Non viene effettuato alcun controllo su eventuali associazioni errate (p.es. frame SCS per

comando luci associata a telegrammi EIB per comando tapparelle).

Quando il dispositivo è in funzione e riceve una frame SCS memorizzata, automaticamente la

converte e la trasmette all’impianto EIB. Il dispositivo non è in grado di eseguire l’operazione

inversa: leggere un telegramma EIB e convertirlo in una frame SCS.

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MYHOME COMFORT AUTOMAZIONE BTicino prevede quattro sistemi di comunicazione:

- filare standard;

- filare basic;

- radio;

- misto filare/radio;

Configurazione filare Per comprendere la logica di indirizzamento è utile definire alcuni termini che ricadranno

frequentemente nel contesto:

- Ambiente (A): insieme dei dispositivi appartenenti ad una zona logica.

- Punto luce (PL): identificativo numerico del singolo attuatore all’interno dell’ambiente.

- Gruppo (G): insieme dei dispositivi appartenenti anche ad ambienti diversi, ma che

devono essere comandati contemporaneamente.

- Indirizzo degli attuatori: l’indirizzo degli attuatori è definito univocamente assegnando i

configuratori numerici 1-9 nelle posizioni A (ambiente) e PL (punto luce all’interno

dell’ambiente)

- Per ogni ambiente è possibile definire un massimo di 9 indirizzi; in un sistema sarà

possibile definire un massimo di 9 ambienti.

- La definizione del gruppo di appartenenza si effettua inserendo un terzo configuratore

numerico nella sede identificata,

- Indirizzo dei comandi: rappresenta l’indirizzo dei dispositivi destinatari del comando.

Esistono 4 modalità di indirizzamento:

1) comando punto – punto (Figura 4.13): comando diretto ad un solo attuatore

identificato da un “numero di ambiente”.

Dispositivo di comando: A=n° PL=n° .

Attuatore A=n° PL=n°.

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2) comando di ambiente (Figura 4.14): comando diretto a tutti gli attuatori

identificati dallo stesso numero di ambiente.

Comando: A=AMB, PL=n°

Attuatore A=n°, PL=n°.

3) comando di gruppo(Figura 4.15): comando diretto a tutti gli attuatori che

svolgono particolari funzioni anche se appartengono ad ambienti diversi e sono

identificati dallo stesso numero di gruppo.

Comando A=GR PL=n°

Attuatore A=n° PL=n° G=n°

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4) Comando generale (Figura 4.16): diretto a tutti gli attuatori del sistema

Comando A=GEN PL=/

Attuatore A=n° Pl=n° G=n°

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Principali modalità operative dei comandi I dispositivi presenti nel sistema di automazione possono svolgere funzioni diverse, quali

regolazione dell’intensità luminosa, accensione spegnimento di lampade oppure

apertura/chiusura di tapparelle.

La definizione della funzione svolta, cioè cosa deve fare il dispositivo, si effettua inserendo dei

configuratori nelle sedi contrassegnate con M dei dispositivi di comando e completando gli

stessi con i relativi tasti e copritasti (se i dispositivi sono da incasso). Nella tabella seguente

(figura 4.17) si elencano le diverse modalità operative in funzione del configuratore e della

tipologia di copritasto utilizzato nel dispositivo.

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Configurazione interfaccia SCS/SCS Sono previste le seguenti cinque modalità:

1) Espansione fisica (configuratore MOD=1): permette di aumentare la lunghezza

totale del bus o di superare il limite di assorbimento di 1200 mA dovute al singolo

alimentatore.

2) Espansione logica (configuratore MOD=2) permette di aumentare il numero di

dispositivi di un impianto che é di 8 (max 9 ambienti con 9 punti luce ciascuno). 3) Montante pubblico (configuratore MOD=3): permette di interfacciare i sistemi

citofonici o videocitofonici digitali con gli altri bus dei sistemi antifurto o

automazione 4) Interfaccia antifurto/automazione (configuratore MOD=4): permette di far

dialogare fra i loro sistemi di automazione e l'antifurto 5) Separazione galvanica (configuratore MOD= nessun configuratore

richiesto): permette di collegare l'impianto videocitofonico con un impianto automazione consentendo di effettuare supervisione tramite Web Server A/V

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Numero max di dispositivi collegabili al sistema

- Dimensioni logiche (n° max di indirizzi): in un sistema potranno essere gestiti sino ad

un massimo di 9 indirizzi di ambiente. Per ogni ambiente sarà poi possibile gestire sino

ad un massimo di 9 indirizzi per ciascun attuatore. A questi indirizzi si aggiungono

eventuali appartenenze ad uno o più gruppi.

- Dimensioni fisiche (legate alla lunghezza del cavo e all’assorbimento degli apparecchi): il numero max di dispositivi collegabili sul bus dipende dall’assorbimento

totale degli stessi e dalla distanza tra il punto di connessione e l’alimentatore. Questo

può erogare fino a 1,2 A; il numero massimo di dispositivi sarà quindi determinato

dividendo questo valore per l’ammontare dell’assorbimento totale dei dispositivi. Ai fini

dei calcoli sopraindicati, si riporta nella tabella seguente (Figura 4.18) la corrente

assorbita da ciascun dispositivo.

Nel computo degli assorbimenti è necessario considerare anche la disponibilità di corrente in

funzione della lunghezza del cavo. Durante il dimensionamento bisogna rispettare le seguenti

regole:

1) la lunghezza del collegamento fra l’alimentatore e il dispositivo più distante non

deve superare i 250 m (Figura 4.19);

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2) la lunghezza totale dei collegamenti non deve superare i 500 m (Figura 4.20);

3) la massima corrente disponibile all’estremità di un cavo telefonico lungo 250 m è

di 600 mA per un cavo SCS e di 400 mA per un cavo telefonico generico;

4) ai fini di una ripartizione ottimale delle correnti sulla linea bus è consigliabile

posizionare l’alimentatore in posizione intermedia (Figura 4.21).

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Programmazione e configurazione radio Fanno parte del sistema automazione radio due tipi di dispositivi, cioè i trasmettitori (comando

ed interfaccia trasmittente) e ricevitori (attuatori ed interfaccia ricevente). Per poter comandare

un attuatore radio da un trasmettitore è necessario creare un legame esclusivo tra i due. In

pratica ogni ricevitore viene programmato con uno o più codici numerici contenuti in ciascun

trasmettitore. In questo modo, prima di eseguire un comando, l’attuatore verifica che il codice

identificativo contenuto nel messaggio sia fra quelli memorizzati.

Questo funzionamento garantisce l’immunità dai disturbi o dalle interferenze anche nel caso di

impianti adiacenti.

L’operazione di programmazione avviene in più fasi:

1) Premere il micropulsante sul frontale del ricevitore (attuatore o interfaccia

ricevente) per almeno 4 secondi, fino a quando l’indicatore luminoso si accende in

modo permanente.

2) Premere il micropulsante a bordo del trasmettitore (comando o interfaccia

trasmittente) che si vuole associare entro 20 secondi.

3) L’indicatore luminoso a bordo del ricevitore segnala l’avvenuta programmazione

con un lampeggio ed il successivo spegnimento.

4) Se si desidera memorizzare nuovi codici ripetere la sequenza nel punto 1.

5) Per cancellare i codici memorizzati premere il micropulsante per almeno 10

secondi. L’indicatore luminoso segnala, con un lampeggio ed il successivo ritorno

alla condizione di spento, l’avvenuta cancellazione.

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Configurazione sistema misto

Poiché l’impianto è radio integrato con automazione filare la modalità di indirizzamento è quella

tipica del sistema automazione comandi filare. In uno stesso sistema è possibile installare sia

l’interfaccia ricevente che quella trasmittente.

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MYHOME SICUREZZA

Il sistema antifurto filare BTicino, integrato nelle serie civili Living International, Light , Light

Tech e Magic TT, rileva la presenza di intrusi e segnala attraverso allarmi acustici, luminosi e

telefonici la violazione delle zone protette, rappresentando un efficace e sicuro sistema per la

protezione dei beni e delle persone.

L'utilizzo del doppino SCS BTicino con isolamento 300/500V e la chiusura del coperchio di

protezione dei morsetti, offrono la possibilità di installare gli apparecchi a fianco di dispositivi di

energia evitando l’utilizzo di setti separatori. Inoltre viene incrementata la possibilità di installare

gli impianti in ambienti non predisposti.

Configurazione del sistema Configurare i dispositivi che compongono l’impianto significa assegnare:

il numero della zona di appartenenza (obbligatorio);

il numero progressivo ( obbligatorio );

le funzioni speciali ( opzionale );

il numero del canale ausiliario ( opzionale).

In questo modo, ogni componente del sistema risulta univocamente determinato e riconoscibile

dalla centrale. Vengono inoltre assegnate le modalità di funzionamento. I vari componenti

vengono configurati utilizzando gli appositi configuratori inseribili nelle sedi poste sul retro degli

apparecchi stessi.

Nella configurazione i numeri assegnati ai dispositivi devono essere progressivi (1..9)

rispettando la sequenza ed evitando, quindi, di omettere

uno o più numeri identificativi.

- Centrale: la centrale del sistema permette, attraverso l’uso dei configuratori,

l’impostazione delle seguenti temporizzazioni.

ALLARME — imposta la durata del tempo di allarme (suono sirena). Per la selezione dei

tempi utilizzare i configuratori come riportato nella seguente tabella (Figura 4.22):

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ZONA 1 — imposta i tempi di ritardo all’attivazione dei sensori della “ZONA 1” ( Ritardo

“ultima uscita/primo ingresso”). Per la selezione dei tempi utilizzare i configuratori come

riportato nella seguente tabella (Figura 4.23):

- Espansore di zone 5 ÷ 8: fa parte del gruppo inseritori quindi richiede l’impostazione del

numero progressivo con la possibilità di programmare le funzioni speciali.

N° — assegna il numero progressivo al gruppo degli inseritori. Il configuratore 1

identificherà il primo dispositivo, il configuratore 2 identificherà il secondo e così di

seguito fino ad un massimo di 9 dispositivi inseritori (espansori, parzializzatori o

inseritori).

LED — imposta le modalità di funzionamento delle segnalazioni luminose fornite dai led.

Infatti, si possono occultare le segnalazioni qualora, per esempio, il dispositivo sia

installato in camera e la luce emessa dai led dia fastidio. Nessun configuratore - i led indicheranno le zone attive accendendosi in modo

permanente.

Configuratore 1 - i led si accenderanno solamente alla pressione di uno qualsiasi dei

pulsanti per 4 secondi.

- Sirena esterna: La sirena esterna richiede la configurazione del numero progressivo da

effettuarsi tramite il ponticello (1). Se nell’impianto sono presenti 2 sirene esterne il

ponticello (1) della seconda sirena deve essere tagliato.

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Figura 4.24: Configurazione sirena

- Ricevitore radio: Quando sono presenti i sensori (volumetrici o perimetrali), sia da soli

che combinati, il ricevitore deve essere assegnato OBBLIGATORIAMENTE al gruppo

sensori. In tutti gli altri casi il ricevitore potrà essere inserito in qualsiasi zona libera

dell’impianto. Il medaglione di telesoccorso se utilizzato su canale ausiliario, non

necessita di configurazione in quanto già preimpostato sul canale 9.

Z — assegna il numero di zona di appartenenza nel “gruppo” di dispositivi (qualsiasi

zona libera nell’impianto). I configuratori 1÷8 assegnano la zona del ricevitore all’interno

del “gruppo” dei sensori (rivelatori IR o interfaccia contatti); il configuratore 9 assegna la

zona del ricevitore all’interno del “gruppo” dei dispositivi ausiliari (interfaccia canale

ausiliario o attuatore a relè); nessun configuratore assegna la zona del ricevitore

all’interno del “gruppo” degli inseritori (inseritore, parzializzatore, espansore di zone).

N° — assegna il numero progressivo del ricevitore all’interno della zona attribuita. Il

configuratore 1 identifica il primo espansore, il configuratore 2 il secondo e così di

seguito fino ad un numero massimo di 9 dispositivi espansori per ognuna delle zone.

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AUX — Questo configuratore attiva la funzione di preallarme (con sensori volumetrici e/o

perimetrali) o allarme tecnico (con sensori di allarme tecnico) ed assegna un canale

ausiliario (AUX).

Norme generali di installazione.

- Verifica lunghezza collegamenti: durante il dimensionamento dell’impianto si deve

procedere alle seguenti verifiche: 1) La lunghezza del collegamento fra alimentatore e sirena esterna non deve

superare i 100 metri.

2) Nel caso vengano installate 2 sirene esterne, le linee di collegamento fra sirene

ed alimentatore devono essere separate e la lunghezza massima di ognuna non

deve superare i 100 metri, mentre la somma delle due non deve superare i 175

metri.

3) La lunghezza massima dei collegamenti fra i due dispositivi più lontani non deve

superare i 175 metri.

4) La lunghezza totale dei collegamenti non deve superare i 350 metri.

- Numero massimo degli apparecchi e verifica assorbimenti: ogni impianto può essere

costituito da un numero minimo e massimo di dispositivi come riportato nelle seguenti

tabelle (Figura 4.25).

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- Verifica assorbimenti elettrici: Dopo aver verificato la lunghezza dei collegamenti si

deve procedere alla somma delle correnti totali assorbite dai dispositivi installati. Questa

verifica si rende necessaria per stabilire se dotare l’impianto di 1 o 2 sirene esterne o

batterie, al fine di garantire l’autonomia minima richiesta di 24 ore all’impianto più

complesso, ad una temperatura di –25°C nel caso di mancanza di alimentazione della

rete. Se si utilizza l’alimentatore E46ADCN e l’assorbimento è minore di 150mA è

sufficiente installare una sirena 4072L; se l’assorbimento è maggiore di 150mA è

necessario installare 2 sirene 4072L. In ogni caso l’assorbimento totale non deve

superare i 300 mA. Se si utilizza l’alimentatore E47ADC e l’assorbimento è minore di

100mA è sufficiente installare una batteria 7,2Ah; se l’assorbimento è maggiore di

100mA è ne necessario installare 2 batterie 7,2Ah. In ogni caso l’assorbimento totale non

deve superare i 200 mA.

Figura 4.25: Tabella assorbimenti

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MYHOME DIFFUSIONE SONORA

Il sistema di diffusione sonora BTicino, costituito da apparecchi con estetica e modularità Living

e Light Tech, offre la possibilità di sonorizzare l’ambiente e seguire da un ambiente all’altro,

senza alcuna interruzione ciò che viene trasmesso.

I punti di ascolto sono costituiti da diffusori da incasso connessi ad amplificatori locali, questi

ultimi permettono di effettuare sia la regolazione del volume sonoro in ogni locale che la

teleaccansione del sistema.

In base alle diverse esigenze installative, tutti gli apparecchi possono essere installati nelle

consuete scatole da incasso oppure in scatole superficiali in abbinamento con il sistema di

canalizzazione Interlink.

Tale sistema è in grado di disporre di un massimo di 48 diffusori sonori per sonorizzare ambienti

con grandi superfici o disposti su più piani.

Per l’alimentazione di tutto il sistema si ricorre in questo caso all’impiego di più alimentatori

E45/24DC connessi ad un apposito dispositivo E45/24/4. Il numero degli alimentatori da

collegare dipende dalla complessità dell’impianto; ogni alimentatore è in grado di alimentare

sistemi con un massimo di 12 diffusori sonori e 6 amplificatori locali, pertanto i sistemi con un

massimo di 24, 36 o 48 diffusori sonori richiederanno, rispettivamente 2,3 o 4 alimentatori.

Durante la realizzazione dell'impianto elettrico predisporre la rete di tubi e le scatole da incasso

tenendo conto che l'impianto di diffusione sonora Living International, Light e Light Tech è

alimentato a bassissima tensione di sicurezza (SELV), pertanto i conduttori dovranno essere

posti in condutture

separate. Questa precauzione previene anche da eventuali problemi di accoppiamento

elettromagnetico sui conduttori di segnale.

Per il collegamento elettrico dei vari componenti del sistema è sufficiente utilizzare dei semplici

conduttori unifilari non schermati di sezione 1 mmq.

Dovranno essere inoltre rispettate le distanze massime di collegamento fra i componenti del

sistema come di seguito riportato (Figura 4.26):

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A seconda del tipo di uscite disponibili sull'apparecchio audio si dovranno scegliere gli opportuni

cavetti schermati di collegamento ed adattamento.

In pratica, considerato che la sensibilità di ingresso del preamplificatore è regolabile, potranno

venire utilizzate sia le uscite di linea dei sistemi HI-FI (normalmente dotati di connettori coassiali

fono RCA o di connettori DIN), che le uscite per altoparlanti o cuffie.

Nel caso dei più semplici apparecchi radio o radioregistratori è possibile utilizzare le uscite per

cuffia (normalmente prese jack, miniatura 3,5 mm o standard 6,3 mm). Prima di effettuare il

collegamento si dovrà avere l'accortezza di regolare il controllo di volume dell'apparecchio ad

un livello ridotto, che non dia luogo a distorsioni per sovraccarico dell'ingresso del

preamplificatore, e di non ritoccare più questa regolazione. Nel caso vengano utilizzate le uscite

di linea dei sistemi HI-FI le regolazioni sull'apparecchio non sono necessarie, poiché tali uscite

sono generalmente a livello fisso.

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MYHOME VIDEOCONTROLLO Con soli 6 fili, per gli impianti audio, e 8 fili, per gli impianti video, si realizza il cablaggio di tutti

gli impianti indipendentemente:

dal numero di utenze (posti interni);

dalla dimensione dell'impianto;

dalle funzioni fornite.

La distribuzione del segnale video avviene tramite cavo twistato, per agevolare il lavoro

dell'installatore e per evitare l'uso di cavi inadeguati, è presente a catalogo un cavo ad 8

conduttori specifico per la realizzazione di impianti audio e video con il sistema digitale.

Le connessioni sono identiche su tutti i dispositivi, l'accoppiamento filo-numero sul morsetto

resta identico in tutto l'impianto; in questo modo si agevolano le connessioni e si riducono le

possibilità di errore.

L’inserimento nell'impianto di tutti i dispositivi con morsetti estraibili, consente il precablaggio

dell'impianto ed una installazione dei dispositivi più rapida.

In caso di successivi interventi, il sezionamento dell'impianto e la sostituzione dei dispositivi

sarà altrettanto facile, rapida (ci si limita a sconnettere e riattaccare il morsetto estraibile) e

sicura (non si devono scollegare i fili, quindi non c'è il rischio di sbagliare le connessioni), non

effettuando alcun intervento sul cavo.

Nell’esecuzione dell’impianto devono essere rispettate le seguenti condizioni:

- Possono essere collegati al massimo 100 apparecchi da configurare (moduli fonici +

derivatori di piano + attuatori).

- Distanza massima tra posto esterno ed ultimo derivatore di piano 1000m (impianti b/n).

- Distanza massima tra l’uscita del derivatore di piano e posto interno 50m.

- Totale cavo utilizzato oltre 3000m ad esclusione dei tratti che connettono i derivatori di

piano con i posti interni.

Configurazione

La configurazione è molto semplice ed è necessaria per i seguenti dispositivi:

1) Modulo fonico: A corredo nel modulo fonico viene fornita una scheda elettronica

con connettore. La scheda deve essere inserita nell’ultimo modulo pulsanti della

pulsantiera, dopo aver collegato fra loro i moduli mediante i multicavi con

connettori. Non deve essere utilizzata se la pulsantiera è costituita dal solo 116

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modulo fonico a 1 o 2 pulsanti e quando viene impiegato il modulo a chiamata

digitale.

P - numero del posto esterno Il configuratore inserito nella sede P del modulo fonico; assegna a quest’ultimo un

numero di riconoscimento all’interno del sistema. Il posto esterno principale non

deve essere configurato in P, mentre tutti gli altri posti esterni devono essere

numerati in modo progressivo.

N - numero di chiamata Assegna la corrispondenza tra i pulsanti del posto esterno, ed i citofoni. Nei posti

esterni comuni realizzati con moduli pulsanti, in N del modulo fonico deve essere

inserito 1. Nei posti esterni secondari in N deve essere inserito il numero del

primo citofono del montante. Nel caso in cui il posto esterno venga realizzato con

modulo fonico e modulo a chiamata digitale (art. 342600 o art. 342610), in N non

deve essere inserito nessun configuratore.

2) Interfaccia per telecamera: Il configuratore inserito nella sede P dell’interfaccia

per telecamera, assegna a quest’ultima un numero di riconoscimento all’interno

del sistema. Il parametro P è in comune alla configurazione dei moduli fonici, non

è possibile quindi configurare con il medesimo P un modulo fonico ed

un’interfaccia per telecamera. La configurazione di P deve essere progressiva ed

univoca nell’impianto (1,2,3......).

3) Derivatore di piano

N - Numero di chiamata: attribuisce il numero del posto interno connesso

su PI1. Le uscite PI2, PI3, PI4 corrispondono di conseguenza a N+1, N+2, N+3.

Le uscite di ciascun derivatore devono essere utilizzate in successione. Se viene

utilizzata una sola uscita deve essere la PI1; se ne vengono utilizzate 2 saranno

la PI1 e la PI2 e così via.

P - Numero del posto esterno da autoaccendere con la prima pressione del

tasto.

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4) Selettore ciclico a 2 ingressi:

MOD – tipo di posto esterno connesso a PEA e PEB: ai connettori PEA e PEB

possono essere connessi differenti tipi di posti esterni:

- telecamere scorporate o minidome;

- pulsantiera sfera con telecamera;

- pulsantiera sfera senza telecamera.

ALL – definizione di posto esterno allarmato

T – durata della segnalazione di allarme sul videocitofono: durante una

segnalazione di allarme acustico, non è possibile inviare le chiamate dal posto

esterno dedicato. È possibile segnalare questa condizione con un segnale di

occupato sulla pulsantiera. Per questa funzione vedere la seguente tabella.

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Norme generali di installazione

Le tubazioni contenenti i conduttori devono avere un diametro adeguato, tenendo conto anche

di eventuali futuri ampliamenti.

I conduttori devono avere sezioni e caratteristiche adeguate alle dimensioni, estensione e

topologia dell’impianto.

Le apparecchiature devono essere posizionate e collegate a regola d'arte in conformità alle

norme CEI, in particolar modo, gli alimentatori e le telecamere. I posti esterni hanno un grado di

protezione IP54. L’alimentatore va installato nel quadro “Servizi Generali” adeguatamente

alimentato e protetto attraverso un proprio interruttore di protezione e sezionamento

opportunamente dimensionato. Le telecamere non devono essere rivolte verso fonti di luce

diretta (es. lampade, luce solare, superfici riflettenti, ecc..).

Nei derivatori di piano deve essere rispettata la connessione IN – OUT del montante; le uscite

Pl1, Pl2, Pl3 e Pl4 devono essere utilizzate in modo progressivo.

Verifica dell’alimentazione

Prima di procedere all’installazione dell’impianto è opportuno effettuare alcune verifiche inerenti

l’alimentazione dell’impianto medesimo:

1) verificare che gli alimentatori siano in numero sufficiente per fornire la corrente di

alimentazione richiesta dai dispositivi per realizzare l’impianto;

2) verificare che la sezione dei cavi e la distanza (in metri di cavo) che separa

ciascun dispositivo dall’alimentatore consentano una tensione di alimentazione

sufficiente. Infatti, attraversando il tratto di cavo che collega il dispositivo

all’alimentatore, la corrente di alimentazione provoca una caduta di tensione; la

verifica consiste nel garantire che ciascun dispositivo, nelle condizioni di massimo

assorbimento, venga alimentato da una tensione superiore a quella minima

prevista per quel dispositivo.

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Schema A: collegamento di alimentatori supplementari affiancati

Da utilizzare quando un solo alimentatore non è sufficiente per fornire la corrente necessaria;

cioè quando la verifica 1 non è andata a buon fine (Figura 4.30).

Schema B: collegamento di alimentatori supplementari distribuiti

Da utilizzare quando la caduta di alimentazione è elevata (>3 V); cioè quando la verifica 2 ha

dato esito negativo (Figura 4.31) .

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CAPITOLO 5: PROGETTAZIONE Vantaggi della progettazione integrata degli impianti.

Con il termine integrazione si intende, normalmente, l’operazione di mettere insieme qualcosa

attraverso procedure e operazioni comuni. Vuol dire trasformare la sommatoria dei singoli

prodotti in un sistema omogeneo, rendere i diversi sistemi reciprocamente compatibili. Significa

anche rendere qualcosa completo, o più valido, più efficace, con la possibilità di poter

aggiungere successivamente ulteriori elementi.

L’integrazione degli impianti nella struttura dell’edificio coinvolge prima di tutto il coordinamento

tra il progettista degli impianti (elettrico, meccanico, di sicurezza ecc..) e quello architettonico

con lo scopo di:

utilizzare alcuni elementi strutturali dell’edificio quali i ferri di armatura dei pilastri in

cemento armato, grondaie e pluviali metallici per la realizzazione degli impianti di terra e

di protezione contro i fulmini;

definire in vai preliminare, idonei spazi per i passaggi delle condutture (elettriche, idriche,

di sicurezza, ecc..) sia verticali sia orizzontali;

individuare, per esempio, idonei ambienti per le apparecchiature e i locali tecnici, i

contatori e tutti i locali classificati a maggior rischio in caso di incendio (centrali termiche,

box, eventuali depositi di combustibili e/o di infiammabili, ecc..) i cui impianti presentano

requisiti particolari.

Altri importanti vantaggi riguardano:

il risparmio sui costi di installazione evitando di effettuare opere murarie a posteriori (fori,

tracce su muri, ecc..) tenendo conto, per esempio, che inserire due tubi al posto di uno

ha come costo aggiuntivo praticamente solo quello del tubo anziché dover fare due volte

le tracce sui muri;

la riduzione dei tempi di esecuzione dei lavori.

Per fare tutto ciò è importante che sia sviluppata in modo disciplinare ed interdisciplinare la

progettazione degli impianti come fase di studio per la ricerca delle soluzioni tecniche più

idonee e che deve necessariamente precedere la fase di realizzazione delle opere, in modo da

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ridurre al minimo le varianti e le modifiche nel corso dei lavori e avere un impianto rispondente

alle normative tecniche e di sicurezza.

La mancanza di una progettazione integrata, nella maggior parte dei casi, porterà ad avere tanti

sistemi di controllo diversi che agiscono ciascuno su un impianto.

Questo comporta alcuni svantaggi:

essendo presenti molti sistemi di controllo intelligenti si hanno dei doppioni. Infatti le

funzioni complessive richieste al sistema non sono tali da giustificare la presenza di una

così alta capacità di calcolo. Ciò, in pratica, si traduce, a parità di funzioni svolte, in un

costo maggiore rispetto ad un sistema integrato;

posto che tra la maggior parte dei suddetti sistemi di controllo non si possono avere o

sono limitati gli scambi di informazioni, si perdono tutte le potenzialità tipiche di un

sistema integrato.

L’utente deve gestire vari sistemi di controllo che possono essere anche molto diversi tra loro.

Questo porta ad una disincentivazione all’uso di sistemi di automazione da parte di coloro che

sono meno portati verso le nuove tecnologie in quanto attribuiscono loro notevole complessità e

difficoltà di apprendimento.

La progettazione di un sistema domotico può essere suddivisa nelle seguenti fasi:

1) analisi delle esigenze dell’utente;

2) valutazione degli impianti e dei loro componenti;

3) definizione delle funzionalità del sistema;

4) scelta del sistema di controllo e dei suoi componenti;

5) stesura dei layout e degli schemi degli impianti;

6) mappa dei segnali (ingressi) e dei comandi (uscite);

7) schemi delle connessioni;

8) specifiche di programmazione del sistema.

Ciascuna delle fasi sopra elencate, ovviamente, assumerà un importanza ed un peso diverso in

relazione alle dimensioni dell’abitazione.

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Analisi delle esigenze dell’utente

In questa fase il progettista ha il compito di studiare le caratteristiche del luogo e dell’abitazione

e capire quali sono le reali esigenze e i bisogni dell’utente.

Nella progettazione integrata questo stadio è molto importante, per questo si consiglia di

utilizzare strumenti che permettano meglio di capire quelle che sono le effettive esigenze del

cliente. Spesso l‘uso di questionari da porre a quest’ultimo facilitano l‘analisi delle esigenze. Ciò

risulta essere indispensabile anche perché spesso per mancanza di conoscenza l‘utente finale

non è in grado di valutare cosa sia possibile realizzare, o perché non ci aveva pensato o perché

ritenuto troppo complicato/oneroso. Spesso inoltre il cliente non è in grado di esprimere

chiaramente quello che desidera, anche perché non sa la sua fattibilità. Occorre innanzi tutto

rivolgersi al questi in termini di funzionalità ed esigenze da soddisfare piuttosto che in dispositivi

da installare. L‘esperienza personale poi porterà ogni progettista all‘individuazione di strumenti

personali che gli permettano di poter eseguire questa fase di analisi nel miglior modo possibile.

Inoltre è importante conoscere l’entità dell’investimento che il committente intende destinare per

il sistema domotico.

Si tratta, dunque, di identificare le tipologie delle applicazioni da realizzare tenendo conto:

a) se trattasi di immobile ubicato in luogo isolato o in un centro abitato;

b) se trattasi di una abitazione singola o di un condominio;

c) se il luogo presenta fenomeni aeraulici(fulmini) significativi;

d) se sono possibili interruzioni dell’alimentazione da pare del distributore elettrico;

e) dell’estensione e delle caratteristiche dei locali;

f) della presenza di persone anziane, disabili, bambini, personale di servizio, animali

ecc..;

g) delle aree funzionali da implementare.

Questa prima parte del lavoro dello specialista è molto delicata: errori di valutazione o

incomprensioni possono portare ad un’errata progettazione e installazione del sistema, che può

tradursi in notevoli aggravi di costo per la correzione degli errori commessi e spesso possono

sorgere dei contenziosi.

Per esempio, il progettista, analizzando le situazioni di cui ai punti a), b), c), avrà modo di

valutare se è necessario prevedere opportuni scaricatori di sovratensione (sulla linea elettrica di

alimentazione, sui cavi di segnali TV, sulla linea telefonica), per evitare o ridurre i danni agli

impianti installati per fenomeni dovuti a fulminazione diretta o indiretta, oppure installare un

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gruppo di continuità (UPS) per garantire la presenza dell’alimentazione ad alcuni apparati più

importanti (centrale domotica, lampade di emergenza, motorizzazioni ecc..) in caso di

mancanza della tensione di rete.

Nell’analisi delle richieste del committente è bene tenere conto delle esigenze inespresse per

mancanza di conoscenza delle potenzialità del sistema di automazione domestica. Nello stesso

tempo è bene evitare un’analisi troppo tecnica usando un vocabolario che identifichi le

applicazioni di utilità del committente.

Data le molteplicità di interfacce utente oggi disponibili (consolle, telefono, PC touch screen,

internet) è opportuno identificare fin dall’inizio le modalità preferite di interazione col sistema.

È importante creare delle predisposizioni che permettano di sviluppare in futuro quelle

funzionalità che non si ha intenzione di sviluppare subito.

In questo contesto assume quindi importanza lo studio e il progetto del precablaggio

dell’abitazione e dell’edificio non fondamentale dell’abitazione sistemica domotica. Il progetto

del precablaggio ha caratteristiche particolari in quanto non è detto che sia coincidente con il

cablaggio del sistema, può mantenere distribuzioni e funzioni virtuali che saranno implementate

in futuro e interesserà anche il sistema degli impianti tradizionali onde garantire la massima

flessibilità distributiva dell’alloggio nel tempo.

Allo stesso tempo il precablaggio può prefigurare soluzioni anche diversificate in relazione a

sistemi domotici diversi, presenti sul mercato, ma con un grado di attenzione agli sviluppi futuri,

sia delle apparecchiature sia dei servizi erogabili, lasciando almeno un margine all’utilizzatore di

modifica e sostituzione del sistema domotico, tenendo presenti, comunque, i fattori di

obsolescenza tecnica dovuta all’incessante evolversi dell’Information Communication

Technology.

Per quanto concerne la tecnologia di precablaggio, si può anche considerare la possibilità di

non incidere (solo parzialmente) sul manufatto edilizio: le tecniche di trasmissione e

l’affermazione delle tecnologie wireless, con gli standard Wi-Fi, Bluetooth e ZigBee stanno

decretando nuovi scenari funzionali ed installativi basati sulle onde radio, senza contare la

possibilità d’uso della rete Gsm, Gprs e Umts per funzioni di telecontrollo.

Un’attenta valutazione da parte del progettista sul bilanciamento tra dispositivi che operano via

cavo e dispositivi che operano via etere consente un’ottimizzazione del sistema fin dall’avvio del

progetto domotico. Questo influenzerà poi i criteri di tracciatura nei muri, le nicchie, le scatole di

derivazione, i quadri, la predisposizione di eventuali canaline attrezzate, l’incorporazione in

sistemi edilizi o negli arredi.

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Il precablaggio legato specificatamente all’edificio interfaccerà le reti geografiche già presenti

sul territorio e distribuirà ai piani e agli alloggi le risorse necessarie ai diversi livelli: rete

telefonica classica, reti a banda larga, reti elettriche con contatori intelligenti, reti su cavo

coassiale televisive terrestri analogiche e digitali, reti ad onde radio, reti ad onde convogliate,

LAN, insieme alle classiche reti impiantistiche.

I due aspetti, cablaggio dell’alloggio e dell’edificio, dovranno essere affrontati in modo

coordinato, per non impedire l’espletamento di funzioni e servizi all’interno dell’alloggio per via

della mancanza degli allacciamenti necessari.

L’installazione di un sistema domotico in abitazione o edificio (dal lato delle telecomunicazioni)

ha un impatto diverso a seconda della tipologia d’intervento:

nelle nuove costruzioni, recuperi e ristrutturazioni, si metteranno in atto principalmente i

criteri di progettazione legati al precablaggio strutturato delle reti fisiche;

negli altri casi si privilegerà la possibilità, se prevista dal sistema domotico, di “far

correre” il segnale nelle reti già esistenti (elettriche, telefoniche, audiovisive, ecc..) e di

utilizzare maggiormente tecnologie via etere: onde radio oppure infrarossi, comunemente

indicate come wireless.

Lo sviluppo delle tecnologie wireless, come si può facilmente intuire, permetterebbe già oggi di

essere completamente svincolati dal laccio dei cablaggi fisici, ma l’opportunità di utilizzo è

comunque frenata da possibili interferenze elettromagnetiche e da condizioni di massima

sicurezza, ad esempio, che devono essere espletate nei subsistemi antincendio e

antieffrazione, antiallagamento anche dal punto di vista normativo.

Nella realtà delle situazioni progettuali e installative a seconda dei sistemi (e subsistemi)

adottati si potranno definire soluzioni miste più o meno caratterizzate dall’essere cablate o

wireless, rispondenti alle tecnologie adottate e alle funzioni che si vogliono automatizzare e

telecontrollare, con attenzione anche agli aspetti di integrazione tra i vari sistemi e tecnico

economici.

Valutazione degli impianti e dei loro componenti.

Una volta chiarite le esigenze dell’utente e le particolarità dei luoghi di installazione è possibile

definire le caratteristiche del sistema nel suo complesso. È un’operazione importante perché si

tratta di predisporre l’elenco degli impianti coinvolti e le tipologie dei componenti previsti.

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In particolare, in questa fase di valutazione bisogna analizzare la tipologia di funzionamento di

alcuni impianti e/o componenti di altri fornitori, che vanno integrati o controllati. Può trattarsi, per

esempio, dell’impianto di climatizzazione, delle motorizzazioni di cancelli, porte e finestre e di

apparecchiature particolari quali sauna o vasca da bagno con idromassaggio.

Questa analisi mette in evidenza le modalità di controllo delle varie apparecchiature e consente

di evitare possibili incongruenze e incompatibilità tra il sistema di controllo e gli impianti e

componenti previsti.

I risultati di questa analisi possono portare a modificare la scelta di alcuni componenti che

hanno specifiche diverse (termostati, elettrovalvola, motorizzazioni ecc..) e possono evitare

costi sugli impianti previsti per funzionalità che sono già presenti nel sistema integrato di

automazione (centralina d’irrigazione, controllo temperatura ambiente ecc..).

Definizione delle funzionalità del sistema.

Questa operazione è fondamentale perché dalle scelte delle modalità di funzionamento dei vari

impianti e delle funzioni richieste dipendono le specifiche di dettaglio per la definizione del

sistema di controllo e dei suoi componenti.

In particolare si tratta di definire le modalità di funzionamento degli impianti di:

sicurezza antintrusione;

sicurezza ambientale;

climatizzazione;

illuminazione;

chiusura ed apertura automatica di porte, finestre, cancelli, tende ecc..;

irrigazione;

diffusione sonora;

distribuzione dei segnali video (videocitofoni, TV, videosorveglianza);

telefonia e dati;

gestione dei carichi elettrici di alcuno elettrodomestici (lavatrice, lavastoviglie, forno

ecc..), per evitare di superare la potenza elettrica installata;

servizi di teleassistenza, di tele sorveglianza e di manutenzione.

L‘integrazione degli impianti, a seguito della gestione delle informazioni ottenuta sia in maniera

centralizzata, distribuita o mista, permette la realizzazione di funzioni anche complesse. Queste

vengono identificate spesso con il termine scenari. Gli scenari possono essere semplici, come

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per esempio lo spegnimento di tutte o parte delle luci con un unico comando, oppure più

complessi come per esempio la chiusura di un edificio quindi (chiusura luci, movimentazioni,

inserimento sistema sicurezza,…). Uno scenario è lo scatenarsi di un comando secondo

modalità ben definite che determina un insieme di azioni che agiscono anche su impianti

differenti e permettono all‘edificio di raggiungere un nuovo stato. La realizzazione di scenari,

generalmente è abbastanza semplificata. Dal punto di vista del comando questo può essere

manuale e diretto o automatico. In entrambi i casi si possono rendere necessari accorgimenti

per la sua sicurezza. Queste azioni possono partire da semplici diciture sul pulsante che lo

attiva e, passando attraverso la verifica dell‘intenzionalità come, ad esempio, la pressione

esercitata per un certo numero minimo di secondi possono arrivare al controllo anche

biometrico di chi ne sia realmente abilitato.

Dal punto di vista del dispositivo attuatore possono esserci apparecchiature dedicate, essere

determinate direttamente dalla centrale di domotica o anche dall‘insieme della

parametrizzazione dei dispositivi.

Questa fase è sicuramente quella più importante per la domotica perché permette l‘enorme

aumento delle funzionalità ottenibili con l‘integrazione. Esiste una parte di funzioni che sono

delegate al professionista e sono quelle tipiche degli scenari di integrazione che vengono

concordati con il committente a fronte delle sue richieste. Esistono poi quelle che il

professionista realizza sempre su richiesta del committente ma sono scenari più operativi che,

con l‘evolvere del tempo, il committente stesso può modificare agendo sull‘impianto. La maggior

parte degli investimenti dei vari fornitori sono attualmente concentrati proprio nello sviluppo di

apparati di interfaccia semplici, intuitivi e magari belli, eleganti e scenografici che realizzino la

possibilità di introdurre o modificare nuovi scenari e nuove impostazioni che possano soddisfare

queste esigenze e necessità che scaturiscono giorno per giorno nella normale gestione

dell‘immobile.

Bisogna quindi fare attenzione a questa parte della progettazione, perché spesso l‘utente finale

ne riamane affascinato e, spinto dall’entusiasmo, in maniera altrettanto veloce può iniziare a

chiedere nuove funzioni. Significa che è stato fatto un ottimo lavoro di promozione della

soluzione e che la nostra professionalità ne potrà trarre un notevole differenziazione nei

confronti degli altri attori presenti sul mercato.

Per la gestione degli scenari si propone di compilare una tabella che permette di raccogliere e

visualizzare le informazioni necessarie (Figura 5.1).

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Nome scenario

Comandato da

Cosa Dove Quando Condizione

Supponiamo di voler realizzare lo scenario ESCO DI CASA, attivato dall’inserimento del

sistema di sicurezza(Figura 5.2).

Nome scenario ESCO DI CASA

Comandato da Inserimento attraverso codice del sistema di

sicurezza

Cosa Dove Quando Condizione

Chiudere luci di

casa

Tutte le stanze Subito

Chiudere

tapparelle

Tutte, tranne

cucina

Subito

Disattivare presa Camera da letto Subito

Impostare

temperatura

ECO

Tutte le stanze Subito

Accendere luci

cortile

Cortile 30 secondi Se luminosità

esterna scarsa

Apertura

cancello

automatico

Cortile 120 secondi

In questa fase si arriva anche alla definizione delle specifiche per la programmazione del

sistema di controllo.

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Scelta del sistema di controllo e dei suoi componenti.

Chiariti le esigenze del committente, gli impianti e le modalità di funzionamento richieste, è

possibile effettuare la scelta dei componenti da integrare.

Tale operazione riguarda la definizione della configurazione del sistema centrale di controllo, il

numero e le tipologie dei componenti previsti.

Si tratta quindi di scegliere:

la centrale di controllo e le eventuali espansioni ed interfacce utente;

i vari tipi di sensori per il controllo degli impianti di sicurezza, di climatizzazione,

d’illuminazione ecc..;

i moduli di controllo per gli apparecchi d’illuminazione;

i moduli di controllo per le motorizzazioni di porte, finestre, cancelli, tende ecc...;

gli apparecchi per i comandi di valvole, condizionatori, caldaia, pompe, ecc..;

i componenti degli impianti audio – video, telefonia e dati;

i componenti per il controllo di alcuni elettrodomestici (lavatrice, lavastoviglie, forno ,

televisori, ecc..);

i componenti per i servizi di assistenza, di telesorveglianza e di manutenzione.

I dati raccolti e la loro analisi servono per operare la scelta tecnologica. Tale scelta è molto

importante e non sempre è quella che risulta ottimale a risolvere tutti gli eventuali problemi o

vincoli che si sono individuati, ma è quella che trova (o dovrebbe trovare) il giusto

compromesso tra, esigenze da soddisfare, caratteristiche tecniche degli impianti, costi finali,

libertà d‘azione, know-how del progettista. Bisogna ricordarsi che spesso piccoli inconvenienti

che causano disagi all’utente finale, anche se temporanei, potrebbero offuscare i vantaggi

dell’integrazione; soprattutto se si lavora, in ambienti occupati o perché vi si abita o vi si lavora.

Inoltre dai dati raccolti si può evincere che non sempre il cliente può o vuole realizzare tutte le

modifiche in unico momento, vuoi per motivi economici, spazi non ancora esistenti o modifiche

familiari. Bisogna quindi tenere conto anche di questi ulteriori elementi sia nella progettazione

che nella realizzazione, in termini di dimensionamento dei tubi da posare e di spazi da tenere a

disposizione nei quadri centrali, nelle scatole di derivazione, nelle scatole portafrutti e nella

disposizione delle tracce. Un altro importante fattore da tenere in considerazione è l‘aspetto

estetico, in quanto è quello più percepito dall’utente finale, e che spesso ne misura il

gradimento. Una funzionalità ben progettata e realizzata, può essere inquinata da un fattore

estetico che ne impedisce la percezione effettiva. Bisogna che il valore percepito dal cliente

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finale, sia alto e spesso questo è rappresentato dalle interfacce con cui comanda, visualizza e

controlla l‘edificio.

La scelta del mezzo di comunicazione è determinata sia dalla tipologia del sistema di controllo e

dei componenti utilizzati, che dalle caratteristiche funzionali da realizzare. Per esempio:

la trasmissione via radio è utilizzata in abitazioni esistenti per ridurre al minimo le opere

murarie;

la trasmissione ad onde convogliate evita di aggiungere cavi di segnale sfruttando la rete

elettrica esistente;

il BUS rende fisicamente indipendente i punti di comando da quelli di controllo;

la trasmissione a raggi infrarossi consente, attraverso un telecomando IR, di comandare

apparecchiature poste in ambienti diversi dell’abitazione.

Stesura del layout e degli schemi degli impianti. Una volta definite le posizioni dei quadri elettrici, delle centrali e dei vari componenti, si passa

alla fase di rappresentazione grafica.

Questa fase, estremamente importante, si pone l’obiettivo di trasferire su supporto informatico,

mediante un software di disegno CAD, i componenti dei vari impianti che costituiscono il

sistema di controllo dell’abitazione.

Avremo pertanto dei disegni schematici che rappresenteranno i quadri elettrici e di automazione

dei disegni che saranno rappresentati sulla planimetria o sulle diverse planimetrie

dell’abitazione. Tali disegni, una volta stampati su carta, serviranno per la fase installativa degli

impianti.

È buona norma suddividere i vari layer planimetrici per tipologia di impianto o per gruppi

omogenei (sicurezza , controllo e automazione, audio-video, telefonia-dati). Il numero di

elaborati grafici planimetrici, realizzati in opportuna scala, sarà suddiviso anche in funzione

della densità dei componenti presenti e della diversa tipologia di impianti previsti.

Altri elaborati sono costituiti da schemi e particolari installativi che saranno meglio illustrati nei

capitoli e paragrafi specifici.

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Mappa dei segnali (ingressi) e comandi (uscite). Le tabelle o mappe degli ingressi e delle uscite hanno il compito di definire ed ordinare tutti i

segnali provenienti dai vari sensori previsti (antintrusione, gas, acqua, temperatura ecc..) e i

comandi relativi ai vari attuatori (relé, motori, elettrovalvola ecc..)

Nella definizione della tabella degli ingressi/uscite è necessario tener conto delle funzionalità da

realizzare. Per esempio potremo utilizzare gli ingressi dei contatti magnetici sulle finestre non

solo per l’antintrusione, ma anche per il controllo della temperatura nel locale, sospendendo il

riscaldamento o il condizionamento quando la finestra è aperta.

È rilevante anche il sistema di controllo scelto se su BUS, centralizzato o distribuito.

Riprendendo in parte l‘esempio dello scenario ESCO DA CASA, la tabella potrebbe essere così

compilata (Figura 5.3):

Leggendo questa tabella nel senso orizzontale, (riga arancione per esempio) si leggono le

funzionalità, quindi premendo il pulsante vicino al testa letto di sinistra, collegato al dispositivo o

all‘ingresso con indirizzo fisico bb.bb.bb, si realizza la classica funzione di pulsante (toggle)

della luce in camera da letto, cioè accendi e spegni di una luce. Leggendo la stessa tabella in

senso verticale (colonna azzurra per esempio) si evince che la luce in camera da letto, il cui

attuatore ha l‘indirizzo fisico yy.yy.yy , è comandata da tre pulsanti ( bb.bb.bb, cc.cc.cc,

dd.dd.dd) e dallo scenario ESCO DI CASA (aa.aa.aa). La corretta compilazione di questa

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tabella, porta poi alla scelta qualitativa e quantitativa dei dispositivi e della loro

programmazione/parametrizzazione.

Altro strumento che può risultare di aiuto è costituito dalle cosiddette matrici domotiche che

hanno lo scopo di far emergere i servizi domotici ai vari livelli di integrazione tra loro e

assolvono il compito di inquadramento dei servizi e dei dispositivi “visibili” in campo e di

tracciare un primo percorso utile per la committenza, per il progettista e per lo stesso sistemista

domotico per lo sviluppo successivo graduale del progetto, che dovrà essere confrontato più

volte con i desiderata espressi dalla committenza.

Schemi delle connessioni.

Una volta definita la tabella o la mappa degli ingressi e delle uscite vengono rappresentati gli

schemi delle connessioni, necessari per verificare la correttezza; si tenga conto, infatti, che un

impianto di automazione integra componenti elettrici ed elettronici di varie tipologie. Per

esempio, sono normalmente presenti apparecchiature che utilizzano tensioni diverse in corrente

sia alternata che continua (230 Vca, 24 Vca, 12 Vcc ecc..).

È necessario, quindi, individuare le eventuali apparecchiature di interfaccia da utilizzare ed è

altresì, buona norma analizzare sempre attentamente gli schemi elettrici di tutti i componenti

collegati.

Gli schemi delle connessioni si possono suddividere in:

schemi elettrici ed elettronici dei componenti;

schemi delle interconnessioni tra i componenti e il sistema di controllo;

mezzi di collegamenti utilizzati (per esempio tipologia dei cavi);

schemi funzionali.

Specifiche di programmazione del sistema.

Le specifiche di dettaglio per la programmazione del sistema di controllo hanno un diretto

collegamento con il modo di funzionamento dei vari impianti e con le funzioni richieste dal

committente.

La programmazione del sistema può essere un impegno non indifferente e variabile, che

determina spesso la qualità del risultato finale. È necessario, quindi, che nella progettazione del

sistema vengano definite le specifiche di programmazione, attività questa spesso trascurata.

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AUTOMAZIONE DI UN MUSEO

All’interno di un museo si riscontrano tre necessità fondamentali per garantire una

conservazione ottimale delle opere d’arte in esso contenute:

a) protezione da furti e danneggiamenti (security o sicurezza anticrimine);

b) protezione da allagamenti e incendi (safety);

c) Illuminazione che non arrechi danni alle opere d’arte.

d) controllo termoigrometrico con elevata precisione (climatizzazione).

Security Con l’espressione sicurezza anticrimine si vuole intendere la tutela del patrimonio culturale con

particolare riguardo ai beni mobili nei confronti di “azioni” dolose.

Tra queste si segnalano:

- Effrazione

- Intrusione

- Vandalismi

- Taccheggi

- Furti

- Rapine

- Attentati.

Gli strumenti disponibili sul piano tecnico per poter perseguire gli obiettivi di sicurezza sono

essenzialmente:

1) Sbarramenti alla azione dolosa: si tratta delle barriere di protezione passiva (sbarramenti

fisici) e ad uomo presente (vigilanza) tra loro integrate;

2) Contrasto alla azione dolosa: è questo lo strumento che si affida ai sistemi di protezione

attiva basati sulla tecnologia e a tempestivi interventi di repressione ad uomo presente

tra loro sinergici.

Come sistemi di protezione attiva sono previsti:

1) telecamere a circuito chiuso in ogni ambiente;

2) sensori volumetrici che rilevano la presenza di persone all’interno dell’edificio;

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3) rilevatori di urti e rottura vetri;

4) pulsanti di allarme;

5) contatti magnetici per porte e finestre.

La centrale domotica sarà in collegamento con le Forze dell’ordine o altri istituti di vigilanza

privata, quindi potrà segnalare tempestivamente eventuali allarmi e attivare le sirene all’interno

e all’esterno insieme lampeggianti.

Il sistema di videocontrollo sarà composto da telecamere, ne verranno installate 2 per ogni

ambiente museale e 1 in ogni altra stanza, e monitor, posizionati nella sala di controllo, con un

videoregistratore.

Infine occorre precisare che non si può eliminare il rischio di furti o di atti vandalici, perché ogni

impianto di sicurezza può essere “aggirato”, ma è importante limitare al minimo tale rischio e

soprattutto cercare di ridurre i danni provocati da eventuali atti criminosi.

Safety Gli obiettivi della sicurezza in caso di incendio, da prendere a riferimento in modo mirato e

soprattutto integrato, in ambito dei beni culturali sono:

1) Sicurezza degli insediamenti e degli edifici anche in caso di incendio;

2) Sicurezza del “contenuto” anche in caso di incendio;

3) Sicurezza degli “occupanti” (frequentatori ed addetti) anche in caso di incendio;

4) Sicurezza dei soccorritori.

Con l’espressione “sicurezza in caso d’incendio” si vuole intendere, in adesione alla ratio del

nuovo approccio, qualcosa di più rispetto alla sicurezza antincendio, volendo con ciò

sottolineare la convinzione che la sicurezza deve essere garantita anche in caso ed in

occasione di un incendio che non si è saputo o potuto evitare.

È proprio questo il caso al quale meglio si attaglia l’obbligo della gestione del rischio residuo,

postulato dalla filosofia sottesa al nuovo approccio.

Infatti in caso di incendio la necessità di garantire la sicurezza degli occupanti, dei beni mobili e

di quelli immobili richiede una strategia di sicurezza complessa e a tutto campo. È quindi

necessario un “progetto sicurezza” che deve fare riferimento ad un percorso costituito da più e

diversi momenti, tra i quali si segnalano:

- definire l’incendio (focolaio) di progetto che si vuole affrontare e risolvere;

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- provvedere al suo rilevamento tempestivo;

- provvedere all’invio di allarmi mirati;

- provvedere al controllo e/o allo spegnimento con sostanze idonee;

- provvedere all’intervento ad uomo presente per verifiche e/o azioni mirate.

È quasi inutile aggiungere che i singoli momenti in questione sono tra loro fortemente

dipendenti.

Sarà quindi opportuno rilevare tempestivamente il propagarsi dell’incendio attraverso rilevatori

ottici di fumo e favorire il deflusso delle persone attraverso l’accensione di opportune lampade

di emergenza, segnalando l’allarme ai vigili del fuoco.

Queste misure sono solo una parte di quelle previste per garantire la sicurezza in caso di

incendio a queste, le altre (come la creazione di vie di fuga e l’installazione di dispositivi di

spegnimento) esulano dagli scopi di questo lavoro.

Illuminazione In ambienti espositivi assume notevole importanza l’illuminazione di ciò che esposto, infatti

occorre esaltare le caratteristiche delle opere d’arte ma anche evitare che l’esposizione

prolungata di queste a flussi luminosi possa provocare danneggiamenti. Inoltre bisogna

garantire adeguati livelli di luminosità negli uffici e nella sala congressi evitando però sprechi di

energia.

Per questo distinguiamo due tipi di illuminazione:

Illuminazione principale: è l’illuminazione già presente nell’edificio, questa viene

attivata da un rilevatore di presenza e da un crepuscolare con sensore di luce abbinato

per evitare sprechi di energia. Illuminazione supplementare: viene installata negli ambienti museali ed è composta da

punti luce orientabili. L’orientamento è stato scelto a controllo manuale, in modo che,

una volta impostato il giusto tipo di illuminazione non si possa più venire modificarlo. Si

attiva tramite telecomando.

Tutte le luci potranno essere attivate anche da sinottici posti nella sala controllo.

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Climatizzazione

L'esposizione e la conservazione del patrimonio culturale implica due problematiche

fondamentali:

un'azione di prevenzione dei confronti del naturale degrado indotto dal tempo e da atti

criminosi compiuti dall'uomo

un'azione di restauro volta a recuperare parte di patrimonio degradato.

Tuttavia una razionale politica di conservazione del patrimonio culturale non può limitarsi ad

interventi puntuali di restauro conservativo, ma deve piuttosto fare riferimento ad un programma

di riqualificazione dell'ambiente stesso (cioè delle sedi) ove i beni culturali vengono conservati

ed esposti.

Dunque l'attenzione degli specialisti si sta rivolgendo alla qualità dell'ambiente, cioè ai

parametri ambientali da controllare ed alle tecniche per il loro controllo.

Progettare e realizzare gli impianti tecnici per un Museo presenta specifici problemi che

derivano da due fattori fondamentali:

in Italia i musei sono, nella maggioranza dei casi, collocati in edifici monumentali, di

interesse storico ed architettonico

nel definire le condizioni di progetto è necessario porre al centro dell'attenzione il

"benessere" dell'oggetto da conservare piuttosto che il benessere del visitatore.

Fondamentalmente i principali parametri ambientali che risultano essere agenti di degrado

nella conservazione di opere d’arte sono:

Le radiazioni elettromagnetiche assorbite dalle molecole costituenti gli oggetti provocano

variazione di colore delle superfici e, in generale, attivano reazioni chimiche che li danneggiano

seriamente.

I materiali organici sono più vulnerabili, ma sono soggetti al danno anche materiali inerti come

la ceramica ed il vetro.

Influenzano i processi di degenerazione sia la lunghezza d'onda delle radiazioni, che la quantità

di energia elettromagnetica assorbita.

Per quanto riguarda la lunghezza d'onda, maggiormente dannose sono le radiazioni ultraviolette

(lunghezza d'onda inferiore ai 380 nm), in quanto in esse è maggiore l'energia intrinseca del

fotone; mentre per quanto riguarda la quantità di energia elettromagnetica assorbita, va

considerato che quanto minore è la quantità di energia elettromagnetica assorbita, tanto meno

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rapido è il processo degenerativo e che è importante non solo l'intensità del flusso energetico

assorbito, ma anche il tempo complessivo di esposizione della radiazione.

Trattandosi di radiazioni elettromagnetiche non si deve dimenticare che esse provocano un

innalzamento della temperatura superficiale degli oggetti, con il conseguente ingenerarsi di

dilatazioni termiche e tensioni meccaniche da punto a punto dell’oggetto.

Le condizioni termoigrometriche dell'aria a contatto con l'oggetto sono le condizioni di

temperatura e di umidità relativa.

Premesso che l'oggetto tende sempre ad entrare in equilibrio termoigrometrico con l'ambiente

circostante, in generale si può dire che il rischio maggiore per la conservazione deriva dalle

variazioni nel tempo (gradienti temporali) della temperatura e dell'umidità relativa.

È stato infatti appurato che qualora un manufatto sia ben conservato in condizioni

termoigrometriche non "ottimali", potrebbe essere un grave errore trasferirlo in un ambiente con

condizioni "ottimali", in quanto il mutamento potrebbe innescare un processo di degrado

connesso con la necessità di adeguamento al nuovo clima.

Va poi annotato che:

Le basse temperature di per se stesse non sono dannose per gli oggetti museali, mentre

le alte lo possono essere in quanto favoriscono i processi degenerativi di carattere

chimico

La fluttuazione nel tempo della temperatura dell'aria induce uno stress termico

nell'oggetto stesso

L'umidità relativa influenza le variazioni di dimensione e di forma degli oggetti, i processi chimici

e i processi biologici in quanto:

Tutti i materiali organici in grado di assorbire acqua, quali il legno, l’avorio, il cuoio, i

tessili, la carta, i collanti, ecc., si gonfiano quando l’umidità relativa cresce e si

restringono quanto l’umidità relativa diminuisce, con conseguenti variazioni di peso,

deformazioni, rotture di fibre e crepe;

Diverse reazioni chimiche sono favorite da elevati valori di umidità relativa: la corrosione

dei metalli, lo scolorimento delle tinture, l’indebolimento delle fibre organiche (tessili e

carte);

I valori di umidità relativa superiori al 65% associati a valori di temperatura superiori a 20

gradi centigradi favoriscono lo svilupparsi di muffe ed accelerano i cicli vitali di numerosi

insetti dannosi.

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Svolge un ruolo importante anche la qualità dell’aria a contatto con l’oggetto museale, ovvero la

concentrazione degli inquinanti solidi e gassosi presenti nell’aria,

Gli inquinanti solidi sono le polveri; esse costituiscono un rilevante problema per la

conservazione, in quanto si depositano sulle superfici degli oggetti e la rimozione da dette

superfici richiede strofinamento, lavaggi e scuotimenti che accelerano il degrado degli oggetti

stessi incrementandone il rischio di danneggiamento fisico-chimico.

In generale le polveri sono costituite da minute particelle minerali abrasive che in qualche caso

ed in presenza di acqua, possono diventare chimicamente attive; quando si hanno tende,

tappeti o moquette si possono avere anche polveri costituite da fibre tessili spezzate; inoltre le

polveri possono contenere uova di insetti, spore di miceti e spore di batteri e, in condizioni

termoigrometriche adeguate (temperatura compresa tra i 20 e i 30 gradi ed umidità relativa

superiore al 65%), possono favorire lo sviluppo degli agenti del biodegrado, in particolare nei

materiali a base di cellulosa.

Tra gli inquinanti gassosi si possono citare l’anidride solforosa, l’ozono e gli ossidi di azoto.

La seta, il ferro, i marmi, gli affreschi, la carta, sono esempi di materiali che, soprattutto in

presenza di luce con componenti ultraviolette, sono notevolmente danneggiati da inquinanti

acidi come l’anidride solforosa.

Quasi tutti i materiali organici possono essere attaccati dall’ozono, che però è generalmente

presente nell’ambiente in concentrazioni molto basse.

La necessità di dover assicurare una elevatissima precisione nel controllo della temperatura e

dell’umidità dell’aria, insieme all’esigenza di ridurre l’intrusività dell’intervento e garantire il

risparmio energetico richiede l’impiego di Unità per il trattamento dell’aria (U.T.A.). Questa riceverà informazioni dai sensori di temperatura e igrometrici presenti in ogni ambiente

per ottenere differenti condizioni climatiche sala per sala. All’interno degli ambienti espositivi tali

condizioni sono fissate e non possono variare, i valori di umidità e temperatura vanno monitorati

costantemente dalla centrale domotica e memorizzati.

Questi due sensori rilevano l’andamento medio della temperatura nel tempo ma non risentono

di variazioni istantanee, per effettuare un controllo ancora più accurato dei parametri

microclimatici è importante l’utilizzo di una telecamera termica che, riuscendo a rilevare la

presenza di sorgenti di calore in specifici punti, consentirà un intervento più tempestivo dell’

U.T.A. Questa azionerà solamente le bocchette di aerazione posizionate in prossimità della

telecamera termica che rileva queste improvvise variazioni di calore.

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Per questo motivo il sistema di controllo di questo impianto (PLC o microcontrollore) sarà

collegato al bus tramite un opportuno modulo I/O.

L’installazione di questa struttura di climatizzazione comporta comunque la realizzazione di

opere murarie che occorre limitare al minimo indispensabile. Per fare ciò l’unità centrale viene

posizionata sulla terrazza in modo da non essere visibile dall’esterno.

È anche importante stabilire dove far passare le condutture per l’aria, una canalizzazione

esterna si può nascondere più facilmente tra le decorazioni dell’edificio, anche perché all’interno

non sono previste controsoffittature ma risulta molto più costosa perchè richiede la costruzione

di ponteggi alti diversi metri.

Figura 5.4: integrazione dell’U.T.A. nell’impianto BUS

139

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INTEGRAZIONE DELL’IMPIANTO ELETTRICO PREESISTENTE NEL SISTEMA DOMOTICO Il progetto di riattazione dell’immobile al primo stralcio prevede già la realizzazione di un

impianto elettrico in modo da rendere abitabili tutti gli ambienti. La presenza di un impianto

elettrico già esistente pone diverse questioni:

1) La potenza disponibile è gia fissata, in particolare come si nota dallo schema elettrico

riportato in appendice A, la potenza totale è di 54 kW suddivisa in 18 kW per piano. Di

questi 9.9 kW sono riservati all’impianto di climatizzazione, 3.6 kW all’illuminazione e 4.5

kW alla forza motrice.

2) Esiste già un impianto di illuminazione che però va potenziato con altri punti luce. I corpi

illuminanti presenti assorbono una potenza di 2058 W per piano, avendo assunto pari ad

1 il coefficiente di contemporaneità. Ciò vuol dire che abbiamo a disposizione altri 1500

W circa per l’alimentazione di altri corpi illuminanti che verranno inseriti. L’impianto di

illuminazione esistente deve poter essere integrato nel sistema domotico, per questo

dobbiamo inserire delle interfacce per poter controllare i punti luce già presenti.

3) Il quadro elettrico è stato progettato pensando ad un impianto di climatizzazione

decentralizzato, la necessità di utilizzare un impianto centralizzato comporta una

modifica del quadro elettrico. Dal calcolo del carico termico effettuato è risultato che la

potenza necessaria per il riscaldamento è di 53 kW, vista la collocazione geografica

dell’edificio questo è risultato essere il vincolo più stringente. Da ciò si ricava che l’U.T.A.

deve assorbire almeno 1 kW di potenza, ma si preferisce riservarne 3 kW Inoltre è

necessario ridistribuire la potenza all’interno di ogni piano. Ciò perché i convettori

all’interno di ogni ambiente vengono sostituiti da serrande motorizzate che, essendo

poste quasi ad altezza del soffitto devono prendere energia dall’impianto di illuminazione.

4) Il precablaggio è gia fissato, il valore storico dell’edificio impone che non siano effettuate

altre opere murarie oltre a quelle esistenti. Per questo nell’installazione del nostro

sistema bus occorrerà sfruttare le canalizzazioni già presenti, senza l’aggiunta di nuovi

elementi.

5) Non è presente un UPS cioè un gruppo di continuità, né un gruppo elettrogeno, che

invece sono indispensabili per la sicurezza delle persone e dell’edificio oltre che per un

corretto funzionamento dell’impianto. Lo schema classico di inserimento di queste unità

suppletive richiede la definizione di utenze privilegiate, dalle quali dipende la sicurezza

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delle persone e che sono collegate all’ UPS e al gruppo elettrogeno, e utenze

preferenziali, dalle quali dipende la continuità dei processi di automazione, che verranno

alimentate dal Gruppo Elettrogeno.

Le utenze privilegiate saranno:

a) antifurto;

b) allarmi cioè illuminazione di emergenza e motorizzazioni delle finestre;

c) intelligenze del sistema, cioè: PLC della climatizzazione, dispositivo di gestione

dei carichi, interruttore crepuscolare e PC di supervisione.

Le utenze preferenziali saranno tutte le altre.

In definitiva in ogni piano si aumenterà la potenza riservata all’illuminazione e alla forza motrice

che passano rispettivamente da 3.6 a 4.5 kW e da 4.5 a 5.4 kW, in questo modo la potenza

riservata all’illuminazione supplementare e all’azionamento delle serrande aumenta da 1500 a

2400 W circa. La potenza riservata ai convettori andrà invece eliminata del tutto. In totale ad

ogni piano forniremo 9.9 kW, per un totale di 29,7 kW, cui si aggiungono 3 kW per la

climatizzazione arrivando ad un totale di 32,7 kW, per questo è opportuno ridiscutere il contratto

e ridurre la potenza fornita a 33 kW.

Gli UPS installati saranno 3, uno per piano ed avranno potenza di 1 kW ciascuno, mentre il

gruppo elettrogeno avrà potenza pari a 33 kW.

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DESCRIZIONE DEGLI AMBIENTI E DEGLI SCENARI PREVISTI

Nel terzo capitolo è stata descritta l’importanza che assume il castello per lo sviluppo turistico

ed economico del paese e di tutta l’alta valle del calore.

Per questo motivo il tale struttura, una volta ultimati i lavori di recupero, diventerà, oltre che un

monumento di grande valore storico – artistico, anche un importante centro a carattere socio –

culturale, capace di ospitare mostre di opere d’arte oltre che convegni ed incontri.

In particolare alcuni ambienti saranno espositivi, quindi adibiti per ospitare quadri oppure ogni

altro tipo di opere d’arte, mentre uno diventerà una sala congressi.

Vi saranno dei locali destinati ad ospitare tutta la parte logistica e di controllo degli impianti

installati nell’edificio.

In definitiva la consistenza dell’immobile è costituita da:

piano terra;

piano primo;

piano secondo;

terrazza panoramica.

Al piano terra saranno destinati i seguenti ambienti:

1) ingresso

2) sala controllo generale;

3) sala espositiva A;

4) sala espositiva B;

5) servizi per disabili;

6) servizi per normodotati.

Al primo piano saranno destinati i seguenti ambienti:

1) ufficio 1° piano;

2) sala convegni;

3) sala espositiva C;

4) sala espositiva D;

5) servizi per normodotati;

6) scala di sicurezza;

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Al secondo piano troveremo i seguenti ambienti:

1) ufficio 2° piano;

2) sala A della pinacoteca;

3) sala B della pinacoteca;

4) sala C della pinacoteca;

Scenari previsti Riportiamo, sotto forma di tabelle,(Figura 5.5 5.6 5.7) le descrizioni degli scenari previsti che

coinvolgono l’intero edificio, gli altri saranno rappresentati all’interno del progetto dei singoli

ambienti perché relativi solo a questi.

Nome scenario CHIUSURA

Comandato da Telecomando o chiave

Cosa Dove Quando Condizione

Attivare allarme Tutti gli ambienti Subito

Spegnere

climatizzazione Tutti gli ambienti non museali Subito

Spegnere

climatizzazione Sale museali Subito

Non c’è

esposizione

Chiudere le finestre Tutti gli ambienti Subito

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Nome scenario ESPOSIZIONE

Comandato da Quadro sinottico

Cosa Dove Quando Condizione

Attivare security per

le opere d’arte Sale museali Subito

Attivare safety per

opere d’arte Sale museali Subito

Accendere

climatizzazione Sale museali Subito

Nome scenario ALLARME ANTINTRUSIONE

Comandato da Rivelatore volumetrico o perimetrale

Cosa Dove Quando Condizione

Attivare

illuminazione per le

opere d’arte

Sale Museali Subito

Attivare

illuminazione

principale

Sale museali Subito

Attivare gli

avvisatori acustici e

luminosi

Tutti gli ambienti Subito

Attivare le sirene

per esterno Tutti gli ambienti Subito

Avvisare forze

dell’ordine tramite

telefono

Subito

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PIANO TERRA Ingresso L’ingresso ha la funzione di accogliere i visitatori ed effettuare funzioni di check-in e check-out:

cioè registrazione dei visitatori, riscossione di eventuali biglietti di ingresso, consegna di

depliant e brochure.

Gli scenari possibili sono 2 :

giorno: tutte le luci della sala sono spente;

notte: le luci sono accese.

Il passaggio da uno scenario all’altro può essere comandato dal crepuscolare oppure dal

sensore volumetrico.

Sala controllo edificio

In questa stanza si realizza il monitoraggio ed il controllo dell’intero edificio, infatti qui è

posizionata la centrale domotica, cioè un calcolatore che effettua la supervisione dell’intero

sistema bus, e la centrale antifurto.

Inoltre occorre installare dei quadri sinottici che possono attivare scenari o inviare semplici

comandi nei quali sono visualizzati:

gli allarmi che vengono segnalati in qualsiasi punto dell’edificio;

l’apertura/chiusura di porte e finestre;

la presenza di persone negli ambienti.

Sono previsti anche dei monitor che trasmettono le immagini dei vari ambienti dell’edificio ed è

possibile inviare messaggi vocali nei vari ambienti.

Da questa postazione è previsto il controllo, sala per sala, di:

illuminazione;

climatizzazione;

azionamenti di porte e finestre.

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In particolare possiamo modificare gli scenari o passare da uno scenario ad un altro già

implementato.

Come per l’ingresso anche per questa sala sono previsti due scenari: ”giorno” e “notte” .

Sala Espositiva A e B In questi ambienti deve essere garantita la massima sicurezza possibile, sia a livello anticrimine

che antincendio. Per questo sono previsti dispositivi supplementari a protezione degli oggetti

esposti cioè:

1) sensori a barriera;

2) sensori a variazione di peso.

Le condizioni termoigrometriche sono fissate in modo da garantire una perfetta conservazione

di ciò che è in mostra.

Per poter apprezzare meglio la bellezza di ciò che è in mostra occorre aggiungere altri corpi

illuminanti, così possiamo distinguere diversi gruppi di illuminazione all’interno di queste sale:

1) illuminazione principale: composta dall’illuminazione già presente;

2) illuminazione supplementare: composta da punti luce orientabili;

3) illuminazione di emergenza.

Si scelgono punti luce orientabili in modo da poter cambiare l’illuminazione a seconda del tipo di

esposizione.

Gli scenari previsti sono:

a) sala vuota: illuminazione principale spenta, illuminazione supplementare spenta; b) sala occupata di giorno: illuminazione principale spenta, illuminazione supplementare

accesa; c) sala occupata di notte: illuminazione principale accesa, illuminazione supplementare

spenta; d) visita guidata: in questo scenario si può creare una sequenza di illuminazione delle

varie opere in modo da concentrare l’attenzione dei visitatori su un oggetto alla volta;

Il passaggio dallo scenario “a “ ai successivi avviene su segnalazione del volumetrico che rileva

la presenza di persone nella stanza, gli scenari “b” e “c” dipendono dal sensore di luce mentre

l’ultimo scenario può essere attivato con un telecomando.

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Servizi per normodotati I componenti d’arredo dei bagni sono dotati di sensori che li attivano solo quando è rilevata la

presenza di persone, in questo modo si ottiene un risparmio idrico ed energetico.

Per evitare possibili perdite d’acqua è installato un sensore antiallagamento che comanda

un’elettrovalvola capace di interrompe il flusso idrico.

Servizi per disabili I servizi per disabili si differenziano per una maggiore automazione e per misure diverse, nella

disposizione dei servizi igienici.

L’ingresso è facilitato da una porta assistita elettromeccanicamente e comandata da 2 pulsanti

posti all’interno ed all’esterno dei servizi.

Poiché lo spessore del muro che separa i servizi per normodotati da quello per i disabili è sottile

si utilizza un’unica sensoristica comune ad entrambi gli ambienti.

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PRIMO PIANO Ufficio

Questo ambiente, così come quello a secondo piano, è a disposizione del personale e non

richiede funzionalità particolari.

Gli unici elementi da inserire, oltre alle interfacce per integrare prese e punti luce già esistenti,

sono quelli relativi all’impianto di climatizzazione, e di safety/security.

Gli scenari previsti saranno “giorno” e “notte”, comandati dal sensore di luce.

Sala Congressi Questa sala ha un’estensione di circa 52 metri quadri, di questi 8 sono occupati dal

palcoscenico, è prevista la presenza di poltroncine per un totale di 30 posti a sedere, suddivisi

in 6 file da 5, avendo scelto una densità di posti a sedere inferiore a 0,6 per metri quadri.

In questo ambiente è stato pensato per ospitare convegni, seminari, proiezioni di filmati e altro

genere di spettacoli.

Così è necessaria la presenza di un proiettore di uno schermo a scomparsa, di un sistema di

diffusione sonora, di 2 punti luce orientabili che illuminano il palcoscenico, di lampade

segnapasso e di segnalazione uscita oltre a delle tende motorizzate capaci di oscurare la sala.

Gli scenari previsti sono i seguenti: “sala vuota”, “conferenza”, “proiezione”

a) sala vuota: luci spente, tende aperte, climatizzazione disattivata;

b) conferenza: luci principali accese, segnapasso e di uscita spente, tende aperte,

climatizzazione attivata;

c) proiezione: luci principali spente, tende chiuse, luci segnapasso e di uscita accese,

schermo abbassato, proiettore acceso.

Il passaggio da uno scenario all’altro è possibile tramite telecomando, inoltre è presente un

touch screen dal quale si può variare il clima oppure gli scenari.

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Sale Espositive C e D Il livello di protezione, il tipo di climatizzazione e gli scenari programmati sono del tutto simili a

quelli delle sale al piano inferiore. Le uniche differenze risiedono nelle diverse dimensioni che

comportano un diverso numero e una diversa disposizione dei componenti all’interno delle

stanze.

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SECONDO PIANO Sale della pinacoteca A, B, C In questi ambienti deve essere garantito lo stesso livello di protezione delle sale espositive, per

questo installeremo i seguenti sensori supplementari:

- sensori a barriera;

- contatti magnetici.

Anche gli scenari saranno simili a quelli creati per le sale espositive.

Scala di sicurezza

Questa collega il 1° e il 2° piano. È già dotata di illuminazione di emergenza, come del resto

tutte le altre sale, quindi sarà necessario integrare i componenti già presenti nell’impianto

elettrico, installare i dispositivi per la sicurezza antifurto e antincendio e quelli dedicati alla

climatizzazione la finestra presente all’interno di questo ambiente non può essere aperta quindi

non è necessario prevedere un azionamento.

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CAPITOLO 6: REALIZZAZIONE

Prima di passare all’installazione del sistema occorre effettuare una scelta precisa dei

componenti, del modo in cui essi comunicano, e di come vengono alimentati.

Tale scelta sarà influenzata in gran parte dalla necessità di ridurre al minimo l’esecuzione di

opere murarie, ma si è tenuto conto anche della necessità di conseguire livelli di protezione

(security e safety) elevati sia per le persone che per gli oggetti.

Come è stato già detto configurare un sistema a Bus vuol dire per ogni dispositivo definire:

a) chi è;

b) quali funzioni svolge;

c) con chi deve svolgere una determinata funzione.

Per i sistemi EIB queste operazioni si possono effettuare con il software ETS2, mentre quelli

SCS prevedono la configurazione manuale, per tale motivo la realizzazione del progetto sarà

divisa in due parti, infatti prima si installa il bus SCS quindi si procede con il bus EIB tenendo

conto dell’interfaccia tra i due sistemi.

Per questo motivo particolare importanza assume l’integrazione dei 2 impianti che, se ben

realizzata, permette di unificare agli occhi dell’utente le tecnologie in modo che questo possa

sfruttare a pieno i vantaggi forniti da entrambi i bus.

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SCELTA DEL TIPO DI ALIMENTAZIONE E DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE

Si è già evidenziata la necessità di utilizzare le canalizzazioni già esistenti per il cablaggio dei

nuovi impianti, a questo bisogna aggiungere che lo spessore delle pareti, mediamente 1 metro,

non consente la trasmissione di segnali wireless da una stanza all’altra. Per questo in ogni

ambiente occorre installare trasmettitori e ricevitori che convogliano i segnali su un doppino per

farli giungere negli altri ambienti.

In pratica ad ogni stanza si associa una rete wireless; detto ciò la scelta ricade sui seguenti

mezzi:

1) Onde convogliate (PL)

2) Radiofrequenza (RF)

3) Doppino. (TP)

4) Doppino piatto. (TFP)

Il bus EIB avrà come mezzo di trasmissione le onde convogliate o il doppino, mentre il bus SCS

utilizzerà la radiofrequenza o il doppino stesso, che scorrerà nelle canalizzazioni già esistenti

sotto il soffitto o nel battiscopa.

Il doppino piatto, invece, si sostituisce a quello classico se deve correre al di fuori delle

canalizzazioni, come nell’impianto audio della sala congressi.

Gli apparecchi da installare potranno essere alimentati nei seguenti modi:

1) Rete elettrica (EL)

2) Batterie tampone (B)

3) Doppino (TP)

4) Cavi Piatti (FW)

I dispositivi da installare nei pressi dell’impianto già presenti si alimenteranno direttamente dalla

rete, mentre per gli altri bisognerà ricorrere a batterie tampone o al doppino, nel caso in cui non

siano richieste potenze significative. Per gli attuatori si ricorre invece ai cavi piatti che, non

necessitando di canalizzazioni possono essere messi in posa direttamente sull’intonaco e

mimetizzati con una tinteggiata.

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Interfacciamento tra i diversi bus Ogni mezzo di trasmissione identificherà un bus diverso, per questo i vari bus andranno

interfacciati tra loro in modo da formarne uno globale, per questo è opportuno utilizzare i

seguenti dispositivi:

a) interfaccia TP/PL: prodotta da ABB;

b) interfaccia PL/RS232: prodotta da ABB serve per collegare al Bus il PC di

supervisione;

c) interfaccia EIB/SCS: prodotta da BTicino;

d) interfaccia SCS/SCS prodotta da BTicino che collega ad esempio il Bus per

l’antifurto con quello del videocontrollo;

e) interfaccia RF/TP prodotta da BTicino.

Infine è opportuno ricordare che quando verrà installato l’impianto di climatizzazione bisognerà

utilizzare un’altra interfaccia che lega il controllore dell’U.T.A. al bus. La scelta più semplice

ricade sul PLC della SIEMENS S7 200 che contiene un modulo per collegarsi ad un bus con

protocollo KNX.

154

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155Figura 6.1: Interfacciamento tra bus

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Figura 6.2: Ripartizione Funzionalità

L’interfaccia SCS /EIB non consente l’integrazione completa tra i due sistemi, infatti non si

possono comandare attuatori SCS tramite comandi EIB, questo comporta una limitazione che

induce a una ripartizione preventiva delle funzionalità, in particolare:

Ripartizione delle funzionalità

156

la safety è affidata all’impianto EIB;

la security dell’edificio è affidata all’impianto SCS;

la security delle opere d’arte è divisa tra EIB e SCS;

l’azionamento delle finestre dipende da SCS;

l’illuminazione è controllata da EIB;

la climatizzazione è controllata da EIB ma negli ambienti non espositivi è previsto un

touch screen per il controllo della temperatura.

EIB

ILLUMINAZIONE

SECURITY OGGETTI

CLIMA

SCS SECURITY EDIFICIO

AZIONAMENTO PORTE E FINESTRE

SAFETY

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1 RETE PL EIB AVVISATORE ACUSTICO E LUMINOSO 1 1 1 32 BA RF SCS CONTATTI MAGNETICI 20 20 10 503 TP TP SCS CONTROLLO DEL SISTEMA ANTIFURTO 1 14 FW PL EIB ELETTROVALVOLA 1 1 25 TP TP EIB PULSANTE ALLARME 1 1 1 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 166 BA RF SCS RILEVATORE DI URTI E ROTTURA VETRI 2 1 2 2 2 1 2 3 2 2 1 2 2 3 1 287 RETE PL EIB RILEVATORE OTTICO DI FUMO 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 158 RETE PL EIB SENSORE A BARRIERA 5 5 2 5 5 5 2 299 RETE PL EIB SENSORE A VARIAZIONE DI PESO 8 8 4 8 28

10 RETE PL EIB SENSORE ANTIALLAGAMENTO 1 1 211 BA RF SCS SENSORE VOLUMETRICO 1 1 1 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1612 TP TP SCS SIRENA ESTERNA 2 213 BOCCHETTE PER AREAZIONE FORZATA 2 2 8 8 4 2 8 4 8 2 2 8 8 4 2 7214 RETE PL EIB SENSORE DI TEMPERATURA E UMIDITÀ 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1515 TP TP SCS TOUCH SCREEN 1 1 1 1 416 RETE PL EIB TELECAMERA TERMICA 2 2 1 2 2 2 1 1217 FW RF SCS AZIONAMENTO FINESTRE 2 1 2 2 2 1 2 3 2 2 1 2 2 3 2718 FW RF SCS AZIONAMENTO PORTE 1 119 FW RF EIB AZIONAMENTO SCHERMO 1 120 BA RF SCS COMANDO RADIO 3 2 3 3 3 2 3 4 3 3 2 3 3 4 1 4221 FW PL EIB AZIONAMENTO TENDE 2 222 RETE PL EIB INTERFACCIA PRESE GIÀ PRESENTI 2 4 3 4 3 3 4 2 4 1 3 3 4 2 1 4323 RETE PL EIB INTERFACCIA PUNTI LUCE GIÀ PRESENTI 1 1 3 2 1 1 3 1 2 1 1 3 2 1 1 2424 RETE PL EIB PRESE COMANDATE 1 1 4 625 RETE PL EIB PUNTO LUCE COMANDATO (SEGNAPASSO) 14 1426 RETE PL EIB PUNTO LUCE ORIENTABILE 4 4 2 2 4 4 4 2 2627 TP TP EIB CREPUSCOLARE CON SENSORE DI LUCE 1 1 1 328 TFP TFP SISTEMA AUDIO 1 129 TFP TFP SCS AMPLIFICATORI LOCALI 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1530 TFP TFP SCS DIFFUSORI SONORI 1 1 2 2 1 1 2 1 2 1 1 2 2 1 1 2131 RETE PL EIB INGRESSI ANALOGICI 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1532 RETE PL EIB INGRESSI BINARI 1 1 4 4 1 1 1 1 1 1 1 4 4 1 1 2733 TP TP EIB INTERFACCIA PER QUADRI SINOTTICI 8 834 RETE PL EIB INTERFACCIA EIB/PC 1 135 RETE EIB INTERFACCIA ONDE CONVOGLIATE/DOPPINO 1 136 TP SCS INTERFACCIA RF/DOPPINO(RICEV. E TRASM.) 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 4537 TP TP SCS INTERFACCIA SCS/EIB 2 2 2 638 TP TP SCS INTERFACCIA SCS/SCS 2 2 2 639 TP TP SCS MICROFONO PER SORVEGLIANZA ACUSTICA 1 1 2 2 1 1 2 1 2 1 1 2 2 1 1 2140 TP EIB MODULO I/O PLC 5 541 RETE TP SCS MONITOR 12 1242 TP TP SCS PREAMPLIFICATORE, RELÈ E MODULO MICROFONICO 1 143 RETE PL EIB RICEVITORE PER TELECOMANDO 1 1 1 1 1 1 1 1 844 RETE TP EIB COMUNICATORE TELEFONICO 1 145 RETE TP SCS TELECAMERA 1 1 2 2 1 1 2 2 2 1 1 2 2 2 1 2346 BA IR EIB TELECOMANDO 2 2 2 647 TP TP SCS VIDEOCITOFONO 1 148 RETE VIDEOPROIETTORE 1 149 RETE VIDEOREGISTRATORE 1 1

PRIMO PIANO SECONDO PIANO

SEC

UR

ITY&

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A-M

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157

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CAPITOLO 7: SVILUPPI FUTURI Gli scenari di mercato

Uno dei problemi principali per la valutazione del mercato della domotica è

rappresentato proprio dalla difficoltà di definire cosa rientri nella categoria.

Il fenomeno della home automation presenta un importante trend evolutivo, un’area

d’innovazione e di business che ha raggiunto in Italia nel 2002 i 12.260 mln di euro. Di

questi, 7.310 mln sono costituiti da tecnologie, apparati e servizi (prodotti elettrici ed

elettronici, infrastrutture tecnologiche e servizi correlati), mentre i restanti 4.950 mln

sono arrivati da sistemi, reti e nuovi servizi (sistemi di controllo e di comunicazione,

servizi correlati e consumer service providing). Un settore, questo, in continua

espansione anche se ancora marginale se confrontato con altri paesi europei.

Di contro il building automation è un mercato già consolidato, che ha sviluppato

un’offerta valida e ben recepita dagli utenti, tramite progettisti e installatori specializzati.

Nella tabella seguente si riportano alcuni elementi che differenziano i due comparti.

Figura 8.1: Confronto tra building automation e home automation

La situazione del mercato offre segnali contraddittori: da un lato, c’è una richiesta che

sta crescendo e dall’altro sono ancora pochi i progetti in cui si è realizzato un

importante investimento in domotica. Sono poche le aziende in grado di offrire soluzioni

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integrate ed integrabili. Esse sono disperse sul territorio e spesso incapaci di attrarre

grandi commesse, data la loro ridotta dimensione e bassa numerosità. C’è comunque

un crescente interesse dell’utente finale manifestato dalle continue richieste di nuovo

comfort e maggiore efficienza. C’è la consapevolezza nelle grandi imprese che questo

sia un momento favorevole per spingere nell’innovazione delle funzionalità di base.

Sostanzialmente, comunque, si riscontra un andamento positivo del mercato con ottime

aspettative. È quanto emerge da un’analisi effettuata su dati a livello mondiale

dell’andamento della home e building automation. Secondo tale rapporto il mercato

europeo è in forte crescita, così come è già accaduto negli USA. L’Europa ha però due

velocità: nelle nazioni del nord, ed in particolare in Scandinavia, le imprese e gli utenti

sono molto attivi sia in termini di creazione di tecnologie sia di installazioni. Molto meno

rilevanti sono i dati della domotica nell’area del mediterraneo, anche se le stime ed i dati

tendenziali evidenziano una fortissima crescita di questo mercato nei prossimi 5 anni.

La Spagna in particolare, grazie ad una serie di politiche per l’innovazione attuate

dall’inizio del nuovo millennio appare come una nazione trainante in termini

d’installazioni. In termini tecnologici, la domotica ormai vuole gestire sia il controllo che

la trasmissione di dati (voce, suoni, video) imponendo un ripensamento all’intera

infrastruttura degli edifici.

Il mercato della domotica in Italia Il mercato della domotica in Italia, allo stato attuale dell’arte (dati 2005), è ancora a

livello di nicchia. Allo scopo di definirne le dimensioni del mercato e le sue tendenze

sono stati presi in considerazione, oltre ai sistemi d’automazione della casa, i sistemi di

sicurezza e i teleservizi. Queste ultime due aree, secondo uno studio effettuato da

Sistema Casa, rappresentano ancora circa l’80% degli investimenti effettuati in ambito

domotico.

Per il prossimo futuro, la tendenza è, invece, di una decisa crescita del mercato

complessivo con una sempre maggiore percentuale destinata al comparto home

automation.

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Figura 8.2: Il mercato italiano

Tipologia di utenza e funzioni di maggiore interesse In generale si rileva un basso grado di automazione dell' ambiente domestico,

considerato nei suoi singoli componenti, la tecnologia è sempre più accettata, ma

questa è soprattutto "tecnologia fai da te".

Il processo di rinnovamento tecnologico delle singole apparecchiature presenti

costituisce sicuramente un prerequisito essenziale per lo sviluppo dell'Home

Automation.

L'attuale offerta di sistemi di Home Automation è in particolare indirizzata verso una

utenza di fascia alta e medio-alta. La selezione dell'utenza avverrà non solo in base al

reddito, ma soprattutto in rapporto al grado di "apertura culturale" degli utenti.

Nella maggior parte dei casi la decisione di acquisto è guidata dalle esigenze di

sicurezza e di miglioramento della qualità della vita. L'atteggiamento dell'attuale

offerta di sistemi di automazione domestica varia a seconda della complessità dei

prodotti e del numero delle funzioni integrate. Ad una maggiore complessità corrisponde

un orientamento alle nuove abitazioni e alle ristrutturazioni, ciò soprattutto per

l'esigenza di un progetto a monte che consenta alla casa di recepire l'installazione. Si è

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in presenza di un ruolo prevalente delle ville e dei grandi appartamenti, anche se il

livello di costi oggi raggiunto consentirebbe l' utilizzo su larga scala di tali sistemi nei

condomini. Vi è comunque consapevolezza che la quota più ampia di mercato è

rappresentata dal parco delle abitazioni esistenti. L' attività di sviluppo dell' offerta è

orientata alla ricerca di soluzioni applicabili anche all' attuale patrimonio residenziale.

I fattori che inibiscono lo sviluppo del mercato Le tecnologie utilizzate nella domotica e building automation sono già presenti in ambito

industriale da oltre 2 decenni, a livello domestico la loro diffusione è stata ostacolata,

nonostante le grosse aspettative iniziali, da diversi fattori:

1) la limitata standardizzazione e integrazione dei sistemi;

2) il conservatorismo dell’industria edilizia e delle professioni;

3) l’insufficienza della ricerca e inefficienza del trasferimento alla pratica applicativa.

Altro elemento negativo è da attribuire alle esagerate aspettative create dalle ditte

produttrici di componenti e sistemi le quali hanno immesso sul mercato tecnologie

ancora da consolidare, con poca attenzione ai rapporti costi/benefici. Inoltre l’assenza di

protocolli comuni ha impedito la creazione di un mercato dei fornitori e soprattutto

l’interoperabilità delle funzioni. In pratica l’interesse delle singole aziende ha prevalso su

quello comune, tutto ciò fino alla nascita del consorzio Konnex che pur rappresentando

un notevole passo in avanti non consente l’integrazione globale.

Un esempio palese di ciò lo abbiamo trovato nella realizzazione del nostro progetto

quando ci si è resi conto che non era possibile comandare attuatori BTicino con

comandi ABB, nonostante questi abbiano entrambi aderito all’iniziativa europea.

In Italia, poi, vi è stata e vi è tuttora una certa rigidità dell’industria delle costruzioni e

anche dei progettisti. Il fatto di avere procedure burocratiche complesse, che portano a

lunghi tempi di realizzazione di un edificio, non ha creato le migliori condizioni per

coinvolgere, per esempio, società legate ad attività nel settore informatico a progettare

e realizzare le proprie sedi come invece è avvenuto in altri paesi ottenendo ottimi

risultati di funzionalità e con costi operativi contenuti.

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La crescita della domanda è rallentata anche dalla mancanza di sensibilizzazione

dell’utente finale all’argomento, infatti in molti è diffusa la sensazione che la domotica

rappresenti un lusso e non un modo per migliorare la qualità della vita e garantire un

migliore sfruttamento delle risorse ambientali.

Il costo delle soluzioni è ancora visto come uno ostacolo, anche perché molte volte si

dà più risalto ai costi dei singoli componenti piuttosto che ai vantaggi offerti con il

risparmio di manodopera, di opere murarie e di energia.

Risulta molto più problematica la carenza di know-how da parte degli installatori. Si

rileva, quindi, un’esigenza di formazione degli installatori che, per tradizione, svolgono

normalmente un’attività impiantistica specializzata (elettrica, sicurezza, termoidraulica)

e non integrata. Ciò non significa che gli installatori di sistemi di automazione domestica

devono essere in grado di eseguire tutti i tipi d’impianti, ma devono saperne

programmare la gestione ed il controllo.

Figura 8.3: Inibitori all’esecuzione di un impianto integrato.

Le ipotesi per gli sviluppi futuri A fronte di una domanda attuale limitata, le prospettive del mercato potenziale sono

molto alte. Questo dipenderà dai nuovi servizi che potranno essere offerti e dalle nuove

tecnologie impiantistiche che abbasseranno notevolmente i costi d’installazione, sia per

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gli edifici di nuova costruzione, sia per quelli che dovranno essere riadattati o

ristrutturati.

Ad esempio, per il settore casa si prevede che in Italia nei prossimi 10 anni si

costruiranno 1 milione e mezzo di nuove abitazioni, 2 milioni e mezzo saranno

ristrutturate e circa 8 milioni riqualificate. Si pensa che saranno installati circa 3 milioni e

mezzo d’impianti domotici per un fatturato complessivo di circa 8 miliardi e mezzo di

euro (fonte: Expo Energy 2002). Gli operatori del settore sono concordi nell’osservare

che ultimamente qualcosa è cambiato nella percezione dei possibili utenti e che questo

clima, finalmente non sfavorevole, è chiaramente percepibile nei convegni di settore,

nelle fiere, in articoli e pubblicità che presentano le nuove tecnologie non più come un

sogno del futuro ma come una possibilità reale accessibile, se non ancora a tutti, ad un

ampio bacino di utenti.

La riduzione della dimensione media della famiglia, la progressiva “semplificazione”

della struttura familiare, l’invecchiamento della popolazione costituiscono alcuni dei

lineamenti essenziali delle recenti modificazioni nella struttura della popolazione

italiana. L’impatto di tali tendenze sui modelli di consumo comporta l’avvicendarsi di

nuovi modelli di comportamento, nuovi stili di vita, nuovi bisogni che devono modificare

l’offerta industriale, soprattutto di beni di consumo.

I nuovi bisogni dell’utente nei confronti di dispositivi domotici sono nell’ordine di:

• comfort e relax;

• maggiore benessere;

• sicurezza;

• risparmio energetico;

• facilità d’installazione;

• interfacce di comunicazione “user friendly”.

In particolare, l’utente desidera aumentare lo standard di comfort e di sicurezza delle

proprie abitazioni, sfruttando la possibilità di interagire, tramite tecnologie wireless, con i

vari dispositivi. Il desiderio di vivere in una condizione più confortevole ed in un

ambiente più rispondente alle nostre necessità appare predominante tra la fascia di

popolazione adulta e giovane, in possesso di una buona formazione tecnologica alle

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spalle. Nella maggior parte dei casi l’acquisto è guidato dalle esigenze di sicurezza e di

miglioramento della qualità della vita che, insieme alla facilità di uso, sono fra i fattori

che maggiormente stimolano l’acquisto dei sistemi di home automation. In ogni caso, le

motivazioni sono differentemente percepite dalle diverse tipologie di utenti, come

sintetizzato nella figura seguente.

Figura 8.4: Motivazioni all'acquisto

Come detto l’attuale offerta di sistemi di home automation è indirizzata verso un’utenza

di fascia medio-alta. Per il successo del settore è però

necessario che, in futuro, attraverso una riduzione dei costi e una diffusione della

conoscenza dei benefici legati alla domotica, l’offerta possa essere indirizzata a tutti

coloro che sono in grado di cogliere le opportunità di miglioramento della qualità della

vita offerte dalle soluzioni domotiche.

Sul lato building automation, è da rilevare che sempre più imprese valutano gli edifici

non più come semplici “ambienti di lavoro”, bensì come parti integranti della propria

operatività.

Gli studi più recenti fanno emergere dati originali ed interessanti. Il fattore della

produttività è strettamente legato alla qualità dell’abitare: l’efficienza da parte dei

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lavoratori è, infatti, direttamente proporzionale alla positività percepita in ambiente di

lavoro. Altro fattore degno di nota è quello relativo al ruolo del gestore dell’edificio che

ha assunto un’importanza critica. In passato, la difficoltà di gestione dipendeva dal fatto

che i diversi impianti, servizi e controlli non offrivano possibilità d’integrazione.

L’ospedale, la fabbrica, il centro commerciale, l’albergo o la scuola rappresentano sfide

continue: gli impianti devono rispecchiare le necessità del business più da vicino e

ridurre i costi operativi.

I bilanci limitati richiedono energie di gestione superiori per soddisfare le attese di

crescita dei livelli di comfort e di servizio. Ogni imprenditore ha esigenze uniche e

particolari per la gestione dell’edificio. La libertà di scegliere i sotto sistemi per

soddisfare le necessità specifiche è cruciale. Ciascun sotto sistema ha la propria

interfaccia: come può il gestore dell’edificio mantenere un quadro chiaro degli eventi?

Quanti terminali devono essere sulla sua scrivania? Chi deve essere contattato qualora

si presenti un problema?

È difficile prevedere quelle che saranno le esigenze del futuro, comunque saranno

indirizzate verso l’integrazione e la facilità di gestione. Mentre i singoli sistemi di

gestione diventeranno obsoleti, le esigenze delle applicazioni si faranno sempre più

complesse. In questo orizzonte configurazioni graduabili, semplici e compatibili

rappresentano l’unica soluzione accettabile per ottimizzare i cicli di vita dei sistemi e

delle attrezzature che costituiscono l’edificio, anche al fine di ridurre i costi di

occupazione e di accrescere la produttività organizzativa attraverso una corretta

progettazione e gestione.

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IL FUTURO NON HA FILI

Un vita senza fili non è solo una bella metafora (niente lacci, legami e laccioli, non

siamo burattini) ma la realtà di milioni di persone, anche nei paesi più lontani, come il

villaggio ugandese Nyarukamba, dove si telefona anche grazie a tecniche WI-FI usando

computer alimentati da dinamo di bicicletta. Ma siamo solo agli inizi e i futurologi sono

persino in imbarazzo nel proiettare gli scenari, trovandosi di fronte ad una moltitudine di

sigle, ognuna delle quali rimanda ad una diversa tecnica di trasmissione: dopo il Gsm e

l’Umts incombe la quarta generazione di cellulari a banda larga, affiancandosi a

Bluetooth, Wi-Fi, Wimax e a cose ancora più fantasiose come Ultra Wide Band e

ZIgBee.

Tutti questi sistemi hanno due cose in comune, intanto trasmettono informazioni senza

cavi elettrici ma soprattutto comprimono i segnali occupando bande di frequenza ridotte

rispetto alle voraci trasmissioni televisive analogiche. Dunque si vanno affermando con

irruenza perché un bene fino ad ieri scarso, le frequenze, potrebbe persino diventare

abbondante e questo si riverserà anche sui costi, destinati a scendere.

Qualcuna delle tecniche in questione ha una portata spaziale limitata, mentre altre,

come il Wimax, si spingono a decine di chilometri di distanza e perciò non sono

confrontabili, ma il risultato è che questo insieme di apparati sta cambiando la vita di

milioni di persone con la possibilità di una casa senza fili elettrici e soprattutto di un

accesso da ogni luogo e in ogni momento alle informazioni che servono e ai contatti

umani desiderati, d’affari ma anche sociali ed affettivi, che poi sono sempre i più

importanti e caldi.

Cruciale sarà, comunque, che tutti i dispositivi abbiano linguaggi e standard comuni ma

è esattamente quello che non sta avvenendo, con danno di tutti, produttori ed utenti.

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La domotica e il wireless

Lo sviluppo del wireless può “trainare” anche il mercato della domotica contribuendo ad

abbassare i costi di un impianto sia per i componenti che per l’installazione la quale

richiederà sempre meno manodopera e opere murarie. Lo stesso progetto descritto in

questa tesi potrà risultare molto meno oneroso tra poco tempo. I primi risultati si stanno

già vedendo, basti pensare alla nuova linea della Domustech a radiofrequenza che

utilizza il protocollo LONWORKS ma che potrà essere integrata con gli impianti Konnex

grazie ad una nuova interfaccia da commercializzare il prossimo anno. Nella babele di

protocolli wireless quelli che sembrano essere i più interessanti per applicazioni di

building automation e domotica sono sicuramente ZigBee e Bluetooth.

Bluetooth Il consorzio BLUETOOTH è stato fondato nel 1998 da ERICSSON, IBM, INTEL, NOKIA

e TOSHIBA e comprende attualmente i maggiori produttori di apparecchiature di

telefonia, elettronica e informatica.

BLUETOOTH, che significa dente blu, era il cognome di Harald re vikingo del decimo

secolo, artefice dell’unificazione geografica tra Danimarca e Norvegia. Per la vocazione

a unire mondi diversi, è stato scelto come nome di questa tecnologia che mediante un

sistema radio che opera sui 2,4 GHz consente ad apparecchiature elettroniche e

informatiche di comunicare con una velocità fino ad 1Mb/s nel raggio limitato di una

decina di metri. La tecnologia wireless BLUETOOTH fornisce una connettività voce e

dati ad alta capacità e a basso costo e si propone come standard per i cellulari,

personal computer, laptop e moltissimi altri dispositivi elettronici. La comunicazione

avviene tra piccole radio ricetrasmittenti integrate, altamente performanti, ognuna delle

quali ha assegnato un indirizzo unico a 48 bit proveniente dallo standard IEEE 802. Le

specifiche di BLUETOOTH comprendono hardware, software e requisiti

d’interoperabilità.

Ciò che caratterizza la posizione di confine di BLUETOOTH tra una semplice tecnologia

d’interconnessione e una vera e propria architettura per l’automazione domestica sono

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la sua capacità di autoconfigurazione dinamica di reti autonome e il suo protocollo di

Service Discovery Protocol (SDP).

Figura 8.5: Un esempio di rete wireless formata secondo lo standard

Bluetooth

I dispositivi comunicano tra loro creando e riconfigurando dinamicamente delle reti ad

hoc (dette piconet), composte da un massimo di otto nodi dove uno dei quali funge da

master (gestore della piconet) e gli altri fungono da slave. La configurazione cambia

automaticamente quando si inserisce o si elimina un dispositivo. Più piconet possono a

loro volta interconnettersi (sfruttando il meccanismo master/slave), aumentando le

possibilità di espansione; l’interconnessione tra più piconet forma una rete wireless

chiamata scatternet. Due dispositivi BLUETOOTH vicini tra loro si riconoscono automaticamente e nel caso

che entrambi svolgano un ruolo di master essi realizzano una scatternet su frequenze

diverse, ogni master a sua volta gestisce gli slave della propria piconet Il limite dei

canali radio disponibili è 79, che rappresenta il numero massimo di master attivi. Ciò

che permette la sincronizzazione dei dati e il giusto scambio semantico e sintattico delle

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informazioni tra dispositivi semplicemente avvicinandoli è l’SDP che permette ad un

dispositivo BLUETOOTH di determinare quali sono i servizi che gli altri apparecchi

presenti nella piconet mettono a disposizione. Tale protocollo può fungere sia da server

(ossia può essere interrogato da un altro dispositivo e rispondere con i propri servizi) sia

da client (interrogando gli altri dispositivi) e ogni apparecchio dispone delle informazioni

relative ai servizi di cui è capace e dei protocolli supportati: altri apparati potranno fare

uso di queste informazioni per determinare le possibilità di interazione con i nodi della

piconet. Un esempio concreto, se un telefonino BLUETOOTH vuole trasferire un

messaggio di testo a un PDA, potrà interrogare questo ultimo per sapere se è dotato di

funzionalità e-mail, o se è in grado di ricevere un testo in altro modo. Quando un

dispositivo si inserisce per la prima volta in una piconet, inoltre, effettuerà una

scansione di tutti i nodi presenti per capire come può interagire con essi.

Le principali caratteristiche tecniche di BLUETOOTH sono di seguito riassunte:

utilizzo di banda di 2.4 GHz ISM (Industrial Scientific Medical);

portata massima di 100 metri. Viene definito un campo di trasmissione corto

(circa 10 metri) e, alternativamente, medio (circa 100m) per la trasmissione via

radio di dati e voce con una velocità massima di 720 Kb/s per ogni canale;

utilizzo del Frequency Hop (FH) spread spectrum che divide la banda di

frequenza in un numero di sottocanali (79 frequenze ad intervalli di 1 MHz per

ottenere migliori prestazioni in presenza di interferenze);

usa pacchetti corti per massimizzare la capacità in caso di interferenze. Con

l’aumentare delle interferenze, la diminuzione delle prestazioni è minima e

graduale, in modo da mantenere la stabilità dei link;

possibilità di saltare da una sottofrequenza all’altra durante la connessione;

sistemi di sicurezza e riservatezza integrati;

trasmissione attraverso muri e oggetti omnidirezionale;

supporto del protocollo TCP/IP;

la banda di frequenza è regolata per la legge in tutto il mondo. Il consorzio

afferma che le trasmissioni radio BLUETOOTH si conformeranno agli standard

nei paesi in cui tale tecnologia verrà utilizzata.

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Quando sono state definite le specifiche è stata posta molta enfasi nel realizzare

un design che permettesse l’implementazione di questa tecnologia in un unico

chip (CMOS), riducendo così costi, consumi e le dimensioni del circuito

complessivo (caratteristica necessaria per l’utilizzo in telefoni cellulari e piccoli

dispositivi in genere).

ZigBee - 802.11.4

ZigBee in inglese vuol dire vespe ronzanti. Questo standard sfrutta appieno un potente

physical layer radio e un Media Access Control (MAC) definito dalla specifica 802.15.4

messa a punto dall'Institute of Electrical & Electronic Engineers degli Stati Uniti (IEEE).

Il protocollo 802.11.4 - ZigBee, sviluppato dalla ZigBee Alliance, un consorzio che

raggruppa più di 70 società tra cui Motorola, Philips e Samsung, in prima linea nella

promozione della nuova tecnologia, è stato definito allo scopo di supportare reti di

oggetti a costi e consumi energetici molto minori rispetto ad altri più noti protocolli

wireless. Lo standard IEEE 802.15.4 definisce due livelli radio fisici (PHY) che

rappresentano tre bande di frequenza, non soggette a licenza, che comprendono sedici

canali a 2,4 GHz, dieci canali da 902 a 928 MHz e un canale da 868 a 870 MHz. La

velocità di trasferimento dati per ogni banda è rispettivamente 250 kbps, 40 kbps e 20

kbps. La banda 2,4 GHz è disponibile in tutto il mondo, mentre la banda inferiore a 1

GHz è disponibile nell’America del Nord, in Europa e Australia/Nuova Zelanda.

Entrambi i PHY utilizzano DSSS (Direct Sequence Spread Spectrum). Il tipo di

modulazione nella banda dei 2,4 GHz è O-QPSK, con sequenza PN di lunghezza 32 e

larghezza di banda RF di 2 MHz. Nelle bande inferiori a 1 GHz, viene utilizzata la

modulazione BPSK con sequenza PN di lunghezza 15 ed è operativa alla frequenza RF

di 600 kHz in Europa e di 1200 kHz nell'America del Nord.

Caratterizzato da una velocità di trasferimento dei dati relativamente bassa (28 Kbyte),

ha però interessanti caratteristiche di sicurezza e la possibilità di collegare tra loro un

alto numero di unità, cosa che lo rende particolarmente adatto a funzionalità di

controllo, come nel campo della Domotica: è stato infatti concepito per essere integrato

negli oggetti di uso comune. La sua proprietà più interessante è quella di garantire

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consumi molto bassi, quindi i dispositivi che adottano questo standard possono essere

ricaricati con batterie che durano diversi anni. Si tratta inoltre di uno standard aperto,

cosa che dovrebbe garantirne una buona diffusione.

Apparentemente il nuovo standard si trova ad operare in aperta competizione con la

ormai consolidata tecnologia “Bluetooth”; in realtà quest’ultima non è adatta per

l’automazione delle infrastrutture ed il controllo di apparecchiature industriali, in quanto

si tratta di applicazioni che richiedono disponibilità di nodi a basso costo e soprattutto di

una durata delle batterie che il Bluetooth non è in grado di garantire.

In un ambito applicativo particolarmente sensibile alle problematiche di costo, la

speranza dei promotori di Zigbee è quella di pervenire alla realizzazione di chip

completamente integrati ed in grado di attuare l’intero protocollo, il cui costo non sia

superiore ai 2 dollari. Naturalmente tale intento comporta, preliminarmente, una

diffusione globale dello standard entro settori comuni ma non ancora interessati a pieno

dal controllo remoto.

In realtà il grande interrogativo è legato alle reali possibilità di crescita in un mercato,

quello del wireless, già in parte saturato da altri standard concorrenti come Bluetooth e

Wi-Fi (IEEE 802.11), ed indubbiamente inferiore a questi in termini di data-rate. Tuttavia

la nuova tecnologia assume caratteristiche che la rendono unica nel suo genere,

favorendo l’adozione del wireless in ambiti per cui gli standard attuali risultano inadatti.

Può essere utile, da questo punto di vista, effettuare un rapido confronto con Bluetooth,

per mettere in risalto come le differenze a livello di protocollo si riflettano, poi,

inevitabilmente sulle applicazioni supportate.

ZigBee e BlueTooth a confronto

Il Bluetooth si ritrova ormai integrato in molti PC portatili, palmari e telefoni cellulari; è

inoltre integrato in alcuni elettrodomestici: frigoriferi, lavatrici e forni a microonde. Due

dei punti più critici del Bluetooth, le interferenze e l’interoperabilità, sono stati in parte

risolti con l’algoritmo di “frequency hopping” (salto di frequenza, cioè il cambiamento

dinamico della frequenza di trasmissione) per cercare di risolvere i problemi di

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interferenze con i prodotti WiFi (IEEE 802.11), Wireless USB e altri prodotti nella banda

dei 2.45 GHz.

Altri aspetti critici del Bluetooth sono il consumo di energia e la latenza. Poiché la

maggior parte dei sistemi di trasmissione a radiofrequenza riducono il consumo di

energia praticamente a zero in fase di riposo, l’elemento chiave per limitare il consumo

di energia, e aumentare la vita utile della batteria, è la riduzione della durata e della

frequenza delle trasmissioni.

Il Bluetooth, che è un protocollo relativamente complesso (circa 250kbyte di memoria

per implementarlo), deve inviare un volume di dati di controllo superiore rispetto ad

alcune soluzioni concorrenti. Ciò aumenta la latenza e richiede tempi di trasmissione

piuttosto lunghi. In un sistema per il collegamento multipunto-punto a basso costo,

come un’interfaccia per PC o un videogioco, il protocollo che viene utilizzato per la rete

wireless non dovrebbe certamente consumare più energia di quanto non sia

strettamente necessario per trasmettere i dati. Un’altra delle criticità del Bluetooth è il

costo. Nelle periferiche per PC, in cui le decisioni sui componenti da utilizzare sono

spesso basate sul risparmio di mezzo centesimo per unità, il Bluetooth continua ad

avere dei problemi a causa dei suoi elevati costi e complessità. La tecnologia è stata

utilizzata in alcuni mouse e tastiere di Logitech e Microsoft, ma parecchi produttori si

stanno rendendo conto che progettare usando la tecnologia Bluetooth vuol dire

fabbricare dei prodotti decisamente più costosi di quanto gli utenti siano intenzionati a

spendere.

Zigbee può essere considerato come un potenziale concorrente nei progetti di

periferiche per PC, perché in teoria riduce i costi e prolunga la durata delle batterie,

rispetto a Bluetooth. Zigbee richiede 32 kbyte di memoria di programma per

implementare tutto il protocollo, il che si riflette positivamente sul consumo (meno dati

da trasmettere) ed anche sul costo (il singolo dispositivo necessita di minore capacità di

memoria) La maggiore complessità del Bluetooth si evince anche dal maggior numero

di primitive di servizio previste dal protocollo: 131 contro circa 30 della tecnologia

concorrente.

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I dispositivi Zigbee, quando saranno disponibili, potranno trasmettere su distanze di

qualche decina di metri, in condizioni ambientali favorevoli, con una velocità lorda di

trasmissione dei dati che può raggiungere i 250 kbps (contro 1Mbps del Bluetooth).

Indubbiamente un data-rate ridotto rende inappropriato Zigbee allorché la quantità di

informazione da trasferire diventa eccessiva, tuttavia come risvolto positivo si ha la

possibilità di utilizzare della logica di elaborazione meno costosa, in quanto le

prestazioni richieste sono meno onerose. La maggiore complessità del protocollo

Bluetooth è in effetti legata anche alla possibilità di trasferimento di dati multimediali,

voce ed immagini in reti ad hoc: non per niente una tipica applicazione è quella degli

auricolari wireless, tenuto conto che lo standard supporta pienamente le trasmissioni

bidirezionali real time, che non sono, invece, esplicitamente supportate in Zigbee.

Secondo le previsioni, lo schema di indirizzamento Zigbee prevede la possibilità di

connettere, in teoria, più di 65.000 nodi (utilizzando una modalità di indirizzamento

breve) attraverso un unico coordinatore di rete. In Bluetooth, il dispositivo master

gestisce al più otto slave in un’unica piconet ( anche se configurazioni di rete più

complesse rendono decisamente meno critico tale aspetto peggiorando, però la

latenza).

In definitiva, realizzazioni Bluethooth in semplici applicazioni, richiederebbero un costo

del singolo nodo potenzialmemente anche più elevato della periferica collegata (ad

esempio un sensore), il che risulterebbe decisamente anomalo; in aggiunta un consumo

di potenza eccessivo penalizzerebbe tali sistemi in termini di praticità e di

costo per il singolo utente.

Vale la pena, a questo punto, identificare l’esatta collocazione di Zigbee nell’ambito del

wireless; viene riportata, a questo proposito una tabella in cui sono riassunte le

caratteristiche dei vari standard a confronto. Le speranze dei promotori Zigbee

risiedono nella realizzazione di chip CMOS che contengono sia la parte necessaria per

l’elaborazione del segnale in banda base che la parte RF, assieme ad un

microcontrollore per attuare l’intero protocollo. Si prevede che il costo iniziale dei chip

(anche superiore al bluetooth) possa essere considerevolmente ridotto non appena una

diffusione globale del nuovo standard renderà possibile una produzione su più larga

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scala. Una tale possibilità consentirebbe l’attuazione del concetto di “computing

ovunque”.

Figura 8.6: Confronto delle proprietà delle principali tecnologie wireless

attualmente disponibili

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LA CASA DEL DOMANI

La casa del futuro sarà simile a quella di ieri e diversa da quella di oggi. Anch’essa avrà

porte e finestre, il salotto, le poltrone, il letto, il bagno, la cucina, ma saranno sparite le

“diavolerie” che caratterizzano le abitazioni del terzo millennio: l’ingombrante case del

computer, il video registratore, il lettore DVD, il decoder e tanto altro ancora. O meglio,

ci saranno ma non si vedranno. Saranno integrate in quegli oggetti senza tempo con le

quali siamo abituati a vivere dalla nascita: appunto tavolo, sedie, libreria, muri, soffitto

pavimento. In pratica le cose che un tempo erano spettatrici passive diventeranno

“soggetti”, capaci di interagire con noi e con altri oggetti, in una complessa rete di

relazioni. La casa, riuscirà a captare le emozioni attraverso le espressioni del nostro

viso, ci accoglierà adattando l’intensità della luce nell’ambiente al nostro umore, o saprà

consolarci mandando in onda un determinato brano di musica. Tutto ciò grazie

all’evoluzione dei sistemi fotografici che saranno capaci di rilevare il comportamento

delle persone in relazione alle tecnologie di cui è dotato l’appartamento.

L’idea guida alla base di questo è Ambient Intelligence che è la possibilità di poter

condividere tutte le informazioni e i contenuti digitali all’interno della propria casa con la

massima libertà, combinando i differenti apparecchi di elettronica di consumo e le

tecnologie come Wi-Fi, Bluetooth, ZigBee e Banda Larga.

Così la casa viene intesa cove il luogo nel quale i vari dispositivi diventano

un’estensione del nostro corpo e della nostra mente. Nessun limite alla scelta di questi

strumenti. Nell’ingresso c’è un robot capace di riconoscere i volti di chi si presenta alla

porta, la centralina di ricezione wireless di tutti i dispositivi e una videocamera con

sensore di movimento che invia le immagini ad un cellulare per controllare da lontano la

presenza di eventuali intrusi in casa.

In salotto ecco il Dvr centrale che diffonde i contenuti multimediali nelle stanze, un

grande televisore con schermo piatto e il monitor Lcd con Touch Screen e sistema di

riconoscimento vocale per comandare musica, temperatura e illuminazione. Nello studio

non possono mancare il computer da tavolo dotato del Multi Media Center in grado di

gestire, attraverso un solo telecomando, Tv, videoregistratore, lettore Dvd e altri

dispositivi. In cucina, scontata la presenza del frigorifero, con display che segnala gli

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alimenti presenti all’interno e ti avverte quando scadono, ma ci starebbe bene anche un

PC da parete con riconoscimento vocale per visualizzare note e ricette. La camera da

letto rappresenta il posto ideale dove mettere il media hub senza fili con casse integrate

per l’ascolto della musica e un Tablet Pc per leggere gli E-Books. Schermo Lcd anche

in bagno.

Sogni impossibili? Certo, la casa multimediale ha un costo ancora proibitivo, ma non ci

vorrà molto perché la realtà quotidiana arrivi a combaciare con il sogno.

Figura 8.7: La casa del futuro

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BIBLIOGRAFIA

Massimo Cappella , “ PROGETTARE LA DOMOTICA “ , Maggioli Editore

Giuseppe Gustavo Quaranta – Paolo Mongiovì , “ L’ABC DELLA DOMOTICA “ , Il sole

24 ore Editore

Domenico Trisciuoglio, “INTRODUZIONE ALLA DOMOTICA”, Tecniche nuove

Carlo Vitti, “INTRODUZIONE AI SISTEMI BUS”, CONSTED Edizioni Tecniche

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI , “Atto di indirizzo sui criteri

tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei”

Elaborati del Gruppo di lavoro (D.M. 25.7.2000)

OPUSCOLI “Project Engineering for EIB Installations B a s i c P r i n c i p l e s”

4th (revised) edition

“DOMOTICA: IL LIBRO BIANCO”

“EDIFICI INTELLIGENTI: opportunità per imprese e per gli utilizzatori”

CATALOGHI

GUIDA MYHOME PROGETTAZIONE ED INSTALLAZIONE

CATALOGO RS

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RIFERIMENTI INTERNET

www.domotica.it

www.firenzetecnologia.it/domotica

www.bagnoli-laceno.it

www.eiba.com

www.konnex.it

www.myhome-bticino.it

www.bol.it.abb.com

www.siemens.it

www.gewiss.it

rswww.it

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