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UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA
FACOLTÀ DI DIRITTO CANONICO
NOTE DI COMMENTO AL LIBRO I (CAN. 1-95)
DEL CODICE DI DIRITTO CANONICO
CORSO DB0302
AD USO DEGLI STUDENTI
Redatte da
Piero Giorgio MARCUZZI, SDB
David ALBORNOZ, SDB
Kevin Otieno MWANDHA, SDB
ROMA 2016-17
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1. DB0302. Norme generali I
(6 ECTS - 4 crediti nel I semestre 2016-17 FDC, lunedì 8.45-10.20; martedì 10.35-11.20;
mercoledì 11.25-12.10. 12 settimane di scuola con gli esami previsti il 24 o 26 gennaio 2017)
2. Argomenti:
A. Nozioni generali; Presentazione del Codice di Diritto Canonico 1983; Introduzione al Libro I
del Codice di Diritto Canonico; i canoni preliminari, le leggi ecclesiastiche e la loro funzione
pastorale nella Chiesa, l’incontro delle volontà del Legislatore e del Popolo di Dio nel diritto
consuetudinario, I decreti generali e le istruzioni, Gli atti amministrativi singolari, Statuti e
regolamenti.
B. Il programma dello studio:
I. Alcuni nozioni generali nell’ambito giuridico
i. La persona umana
Fini ultimi
Mezzi
Vita sociale
La potestà dello stato e della Chiesa
ii. Classificazioni delle azioni umane
Azioni interne
Azioni esterne
iii. L’ordine etico e l’ordine giuridico
Premesse
L’ordine etico
L’ordine giuridico
Elementi comuni e differenziali
iv. La natura teandrica della Chiesa e necessità della potestà sociale
v. Fondamento teologico del diritto canonico
vi. Nozione e divisione del diritto in genere
vii. Definizione del codice di diritto canonico
viii. Divisione del codice di diritto canonico
II. Libro I (parte I)
i. Ambito e efficacia del codice cann. 1-6
ii. Le leggi ecclesiastiche cann. 7-22
Nozioni generali
Divisione delle leggi
Differenziazioni delle leggi
Promulgazione delle leggi
Soggetto delle leggi
Effetto della legge canonica
Interpretazione delle leggi
Cessazione dell’obbligazione della legge
Cessazione della legge
iii. La consuetudine cann. 23-28
iv. Decreti generali e istruzioni cann. 29-34
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v. Gli atti amministrativi singolari cann. 35-93
Norme comuni cann. 35-47
I decreti e precetti singolari cann 48-58
Autorizzazione, approvazione e conferma
Esecuzione degli atti amministrativi
Il silenzio della pubblica amministrazione
Anatomia dell’atto amministrativo
Requisiti degli atti essenziali
Fisiologia dell’atto amministrativo
L’attività della pubblica amministrazione
Procedimento nella formazione e tipologia di un atto
amministrativo
Terapia dell’atto amministrativo
vi. I rescritti cann. 59-75
Nozione
Analisi
vii. I privilegi cann. 76-84
Nozione
principi generali
viii. Le dispense cann. 85-93
Nozione
Analisi
Natura
Divisione
ix. Gli statuti e gli ordinamenti cann. 94-95
Gli statuti
Nozione
Natura
Divisione
Gli ordinamenti
Nozione
Natura
Autore
Obbligo
Elenco di alcuni ordinamenti
III. Rilettura dei canoni 1-95 con commento
Le norme preliminari: 1. Estensione ed ambito del codice latino; 2. Il codice e le
norme liturgiche; 3. Le norme concordatarie; 4. Il codice in relazione ai diritti
acquisiti e ai privilegi; 5. Il codice e il diritto consuetudinario; 6. Il codice e la
legislazione precedente.
Esistenza e vigore della legge canonica: 7. Istituzione della legge; 8. La
promulgazione e vacanza della legge; 9. Il principio d'irretroattività della legge;
10. Gli effetti irritanti e inabilitanti della legge; 11. Criteri di determinazione del
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soggetto passivo (sudditanza) della legge canonica; 12. Limiti territoriali di
sudditanza; 13. Sudditanza alle leggi particolari territoriali.
I casi di inapplicabilità della legge: 14. Il dubbio di diritto e di fatto; 15. La
rilevanza dell’ignoranza e dell’errore.
L'interpretazione della legge: 16. L'interpretazione della legge - nozione e
funzione dell'interpretazione della legge; 17. Le regole interpretative stabilite dal
Codice; 18. Tipi di interpretazione della legge; 19. La supplenza della legge;
Cessazione della legge: 20. Cessazione della vigenza e dell'efficacia della legge;
21. La revoca della legge;
Norme integrative: 22. La “canonizzazione” della legge civile;
La consuetudine canonica: 23. l'approvazione del legislatore; 24. La razionalità
della consuetudine canonica; 25. l'animus della comunità; 26. Il tempo richiesto
per introdurre una consuetudine; 27. Classificazione della consuetudine; 28. La
cessazione della consuetudine;
Decreti generali e Istruzioni: 29. I decreti generali legislativi; 30. Incompetenza
dell’autorita con sola potesta esecutiva; 31. I decreti generali esecutivi; 32.
Estensione dell’obbligo; 33. Limiti e cessazione; 34. Le istruzioni;
Gli atti amministrativi Singolari: 35. L’autorita competente e i principali tipi di
atto amministrativo; 36. L’interpretazione; 37. La forma scritta; 38. Casi di
invalidita; 39. Le condizioni; 40. l’esecutore dell’atto amministrativo; 41.
L’esecuzione in forma commissoria; 42. La procedura nell’esecuzione; 43. La
sostituzione dell’esecutore; 44. Il successore nell’ufficio dell’esecutore; 45.
L’errore nell’esecuzione; 47. La revoca dell’atto amministrativo.
I decreti e i precetti singolari: 48: Definizione di decreto singolare; 49.
Definizione di precetto singolare; 50. L’informazione necessaria – natura
dell’esercizio del potere; 51. Forma del decretto o del precetto; 52. Efficacia del
decreto o precetto; 53. Contrarieta’ tra decreti o precetti; 54. Efficacia giuridica del
decreto o precetto; 55. La trasmissione del testo; 56. La non comparizione del
destinatario; 57. L’obbligo di mettere un decreto o precetto; 58. Cessazione del
decreto e del precetto singolari.
I Rescritti: 59. Definizione; 60. Il beneficiario; 61. Petizione e valore; 62. efficacia
giuridica; 63. Condizioni per la validita’; 64. Conflitto di competenza a livello
universale; 65. Conflitto di competenza a livello particolare; 66. Errori nei scritti;
67. Contrarieta’ tra i scritti; 68. Presentazione del rescritto all’Ordinario; 69.
Presentazione del rescritto all’esecutore; 70. Facolta’ dell’esecutore; 71. Uso del
rescritto; 72. Proroga dei rescritti della Sede Apostolica; 73. La revoca dei rescritti;
74. Prova della concessione orale; 75. Rimando ai canoni sui privilegi e dispense.
I privilegi: 76. Definizione; 77. Interpretazione; 78. Durata; 79. Provoca; 80.
Rinuncia; 81. Cessazione del diritto dell’autorita’ concedente; 82. Non uso o uso
contrario; 83. Altri modi di cessazione; 84. Abuso della potesta’ data.
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Le dispense: 85. Definizione; 86. Limiti; 87. Potesta’ di dispensare dei i vescovi
diocesani e degli Ordinari; 88. Potesta’ degli Ordinari del luogo; 89. Nessuna
potesta’ per i non Ordinari, salvo sia concessa dal diritto; 90. La giusta e
ragionevole causa della dispensa; 91. Ambito della potesta’ di dispensa; 92.
Interpretazione; 93. Cessazione.
Gli statuti e i regolamenti: 94. Definizione/contenuto, la forza obligante e le
disposizioni legislative degli statuti; 95. Definizione e elementi costitutivi del
regolamento.
IV. Presentazione dei lavori e commenti generali
3. Finalità/obiettivi:
Avere uno sguardo generale della storia, l’esistenza, natura, la dottrina e la legislazione
contenuta nel Libro I del Codice di Diritto Canonico della Chiesa Latina, can. 1-203
(specificamente i canoni 1-95 oggetto del nostro studio nel primo semestre)
4. Valutazione del corso:
Presenza e partecipazione attiva; presentazione dei lavori richiesti; Esame finale orale (20-
25min).
5. Testi:
Codex Iuris Canonici; Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium; BAURA Eduardo, Parte generale
del diritto canonico, Roma 2013; DE PAOLIS V. – D’AURIA A., Le norme generali. Commento al
Codice di Diritto Canonico, Città del Vaticano 2008; Dispensa del docente.
Bibliography
BEAL J.-CORIDEN J.-GREEN T. (eds), New Commentary on the Code of Canon Law, New York 2000,
p. 1-140
BRUGNOTTO Giuliano, Commento ai canoni 1-6, in AA.VV., Codice di Diritto Canonico
commentato. Testo ufficiale latino, Traduzione italiana, Fonti, Interpretazioni autentiche,
Legislazione complementare della Conferenza episcopale italiana. A cura della Redazione di
Quaderni di diritto ecclesiale, Ancora, Milano 2001.
CABREROS DE ANTA, M., in AA.VV., Comentarios al Código de Derecho Canónico (BAC), Madrid 1963.
CHIAPPETTA Luigi, Il Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico-pastorale, Vol. I, Dehoniane,
Roma 1996, 1-142.
ECHEVERRÍA Lamberto de (ed.), Código de Derecho Canónico, Edición bilingüe comentada por los
Profesores de la Facultad de Derecho Canónico de la Universidad Pontificia de Salamanca, BAC,
Madrid 1986.
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HUELS John, Introductory canons, in J. BEAL - J. CORIDEN - T. GREEN (ed.), New Commentary on the
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Codice di diritto canonico (a cura di S. Ferrari), Bologna 1983, 69-101.
5
LOMBARDÍA, P., Lezioni di diritto canonico, Milano, 1985. (Capitoli: I [Titoli I e II] e III).
MARZOA A.-MIRAS J.-RODRÍGUEZ OCAÑA R. (a cura), Comentario exegético al Código de Derecho
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MICHIELS, G., Normae Generales Iuris Canonici Parisiis-Tornaci-Romae, 1949.
MIRAS J.-CANOSA J.-BAURA E., Compendio diritto administrativo canonico, Roma 20092.
OJETTI, B., Commentarium in Codicem. Liber primus, Normae generales (can. 1-86), Romae, 1927.
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(ed.), Comentario exegético al Código de Derecho Canónico, Vol. I, EUNSA, Pamplona 1997, 255-
288.
OTADUY Javier, sub cann. 1-28, in Comentario exegético al Código de Derecho Canónico, a cura di A.
MARZOA – J. MIRAS – R. RODRÍGUEZ-OCAÑA, Pamplona 1996, vol. I, pp. 255 a 470 (ed. inglese: Exegetical
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English edition edited by Ernest Caparros [Wilson & Lafleur / Midwest Theological Forum, 2004], vol. I, pp.
221-436).
VAN HOVE A., Commentarium Lovaniense. II. De legibus ecclesiasticis (Mechliniae 1930); III. De
consuetudine et de temporis supputatione (Mechliniae 1933).
WERNZ, F.-VIDAL, J., Ius Canonicum, I: Normae Generales, Roma 1938.
Oltre ai manuali sopra elencati e alle edizioni commentate del Codice del 1983, nel corso delle lezioni si
forniranno specifici riferimenti bibliografici.
INTRODUZIONE GENERALE AL CODICE DI DIRITTO CANONICO
1. Descrizione del Codex Iuris Canonici
Il Codex Iuris Canonici è stato promulgato il 25 gennaio 1983; si è fatta la presentazione
ufficiale il 3 febbraio dello stesso anno, ed è entrato in vigore il 27 novembre 1983, prima
domenica di Avvento, assieme all'Errata corrige collocato nell'Appendix. L’intitolazione e la
collocazione ufficiali del vigente Codice di Diritto Canonico sono:
Codex Iuris Canonici, Auctoritate IOANNIS PAULI PP. II promulgatus, Typis Polyglottis
Vaticanis M.DCCCC.LXXXIII, in Acta Apostolicae Sedis 75 (1983), Pars II [25 ianuarii
1983], XXXII + 320;
La Pontificia Commissione per l'Interpretazione Autentica del Codice di Diritto Canonico,
dal 1 marzo 1989 Pontificio Consiglio dell'Interpretazione dei Testi Legislativi, ha pubblicato
l'edizione del Codex Iuris Canonici, con l'indicazione delle fonti dei singoli canoni e un
copioso indice analitico-alfabetico.1
2. Significato di Codex Iuris Canonici
All’inizio della trattazione è opportuno esaminare il significato dei termini, che formano
l'espressione Codex Iuris Canonici, dal momento che essa sarà usata con molta frequenza
nell'insieme delle discipline canonistiche, per passare successivamente alla definizione o
descrizione.
2.1. Codex
Il termine deriva etimologicamente da «caudex». Cioè, la pellicola che c’è tra il legno e la
scorza dell'albero, sulla quale si scriveva prima della scoperta del papiro; in seguito è passato
a significare l'insieme di fogli di quella pellicola.
Il termine opposto era quello di volumen, che anticamente indicava un rotolo di pergamena
oppure un rotolo di fogli di papiro.2
Formalmente, nell’ambito della scienza giuridica, il termine codex si riferisce propriamente
al «Corpo organico delle leggi fondamentali che disciplinano un dato ramo del diritto»3.
1 PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI AUTHENTICE INTERPRETANDO, Codex Iuris Canonici, Auctoritate
IOANNIS PAULI PP. II promulgatus, Fontium annotatione et indice analytico-alphabetico auctus, Libreria Editrice
Vaticana 1989.
2 A. FORCELLINI, Lexicon totius latinitatis, Patavii 1864-1926, Tom. I, col. 558c-559a (= FORCELLINI, Tom. I, 558c-
559a): «In familiari sermone pro caudex usuvenit codex. … 1. Stricto sensu caudex est truncus arboris, sive solidus
atque integer, sive in tabulas divisus … 2. Frequentissime accipitur pro libro, quod veteres olim codicem
appellarunt plurium tabularum contextum … 1.°) Generatim de quacumque scripta tabula et libro dicitur … 2.°)
Speciatim codex dicitur liber accepti et expensi … 3.°) Item speciatim in quo collectae sunt constitutiones
principum Romanorum». Cf. Thesaurus Linguae Latinae, editus auctoritate et consilio Academiarum quinque
Germanicarum Berolinensis Gottingensis Lipsiensis Monacensis Vindobonensis, Volumen III C - Comvs, Lipsiae
MDCCCCVI-MDCCCCXII, col. 1403-1407 (= Thesaurus Linguae Latinae, Vol. III, 1403-1407).
3 N. ZINGARELLI, Vocabolario della lingua italiana, Dodicesima edizione a cura di Miro DOGLIOTTI e Luigi ROSIELLO,
Lo Zingarelli 1994, voce codice 2, Bologna 121993, 389a (= ZINGARELLI12, voce codice). Cf. N. PARISI - D.
RINOLDI, Dizionario dei termini giuridici (= Dizionari pratici), voce codice, Firenze 1985, 66b (= PARISI -
RINOLDI, voce codice): «raccolta organica e sistematica di tutte le norme giuridiche succedutesi nel tempo e
relative ad una determinata branca del diritto».
2.2. Ius
Nella prospettiva delle celebri definizioni contenute nel Digesto sotto il titolo «De iustitia et
iure», «ius» è ciò che è giusto [iustum], l’oggetto della giustizia [iustitia], virtù morale che
consiste nel dare a ognuno ciò che è proprio o appartiene, il suum: «Iustitia est constans et
perpetua voluntas ius suum cuique tribuendi»4.
D’altra parte si afferma: «Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere, alterum non laedere, suum
cuique tribuere»5. L’aspetto che viene evidenziato è quello dell’obbligo, del debito. Però con
l’attribuzione dell’honeste vivere si oltrepassano le frontiere del diritto-giustizia, il suum
cuique tribuere, perché l’honestum abbraccia tutti i doveri morali e non solo quelli verso gli
altri che sono oggetto proprio della giustizia.
Ma l’interpretazione data da ULPIANO, facendo derivare la voce ius da iustitia, secondo il testo
del Digesto: «Ius est a iustitia appellatum»6, non è la più adeguata. Infatti non è questo l’ordine
di derivazione semantica o grammaticale, ma l’inverso. Iustum e iustitia derivano dalla forma
più primitiva e semplice: ius.
La filologia accetta due radici sanscrite come etimologia probabile di ius. Una è la radice yu
(da dove iugum e iungere), che esprimerebbe bene l’idea di vincolo e obbligo contenuta nel
diritto.
L’altra radice è yoh (da dove yous, yaus e yovis) e significa qualcosa di santo, sacro, che
procede dalla divinità. Da ciò il nome latino della divinità: Iovis o Iu-piter, derivato dalla
medesima radice sanscrita. Questo senso religioso anche lo conserva l’altra parola latina della
medesima famiglia: iurare, iuramentum. Il giuramento esprimeva una invocazione della
divinità che ha valore di legge.
Diverse lingue moderne hanno perso il sostantivo ius e lo traducono con il termine «diritto»,
con le sue diverse formulazioni: derecho, droit, direito, right e recht. Questi termini hanno
una diversa radice da quella propria di ius. La loro derivazione è da directum, diritto, aggettivo
sostantivato del tardo latino medioevale, usato in opposizione a tortum, storto. Deriva dalla
radice sanscrita rgu, che significa ciò che è retto o diritto, sia in senso fisico -il concetto
geometrico della linea diritta-, sia nel senso morale: la rettitudine, l’essere onesto; e anche il
significato di dirigere secondo una linea retta, di esercitare una funzione di comando. Infatti
con la medesima radice si incontrano le voci regere, rex, regnum, regula.
Il termine ius = diritto, significa in genere anche la scienza, che ha come oggetto lo studio dei
rapporti giuridici in tutta la loro estensione. Ha inoltre altri significati: interesse tutelato dalla
legge; tassa od onere fisso in corrispettivo di un atto; facoltà che deriva dalla norma o dalla
prassi, ecc.
La riflessione di Tommaso d'Aquino:
4 Domini nostri sacratissimi principis Iustiniani iuris enucleati ex omni vetere iure collecti Digestorum seu Pandectarum,
Liber Primus, Titulus I, De iustitia et iure, 10, in Corpus Iuris Civilis, Iustiniani Digesta, 1, 1, 10, Recognovit
Theodorus MOMMSEN, retractavit Paulus KRUEGER, apud Weidmannos, Dublin/Zürich 221973, 29b (= D. 1, 1, 10).
5 D. 1, 1, 10 § 1.
6 D. 1, 1, 1.
o San Tommaso ricorda che il vocabolo ius originariamente fu impiegato per significare
la medesima cosa justa7. Il termine diritto, il ius, non significa propriamente il giusto,
ma la cosa giusta, la res iusta.
o Dalla Quaestio 57 si può concludere che per San Tommaso non c’è attività umana che
non si sviluppi attorno a una delle virtù cardinali. Allora, essendo il diritto un’attivita
umana che si svolge nei rapporti interpersonali, risulta evidente che si trova nell’orbita
della virtù della giustizia, come virtù cardinale che regola gli atti compiuti verso gli
altri.
o Per le virtù della prudenza, fortezza e temperanza vale il principio che la virtù
perfeziona il soggetto e l’atto: «la virtù è quella che fa buono al suo possessore e buona
la sua opera»8, in modo tale che non si può incontrare la perfezione della virtù nell’atto
senza che si trovi prima nel soggetto. Ma per la virtù della giustizia non capita
necessariamente così. In altre parole, mentre per le prime non si può parlare di atto
virtuoso se non si prende in considerazione il soggetto che fa l’atto e il modo nel quale
agisce, per la giustizia, invece, è possibile parlare di un atto giusto «senza avere in
considerazione come lo realizza l’agente»9, perché la perfezione della giustizia si può
dare anche separatamente dall’animo dell’agente nel suo rapporto con l’altro soggetto.
o Perciò la giustizia può essere una virtù presente oggettivamente e soggettivamente, e
avremo in quel caso il iustum perfectum in ordine moralitatis; o può essere una virtù
presente solo oggettivamente. Sará un iustum imperfectum, un’armonia soltanto
esterna, a livello delle cose e delle azioni, senza riuscire a fare bonum hominem e
limitandosi a fare bonum opus o bonum actum.
o Il ius per San Tommaso è questo iustum imperfectum, il bonum opus in quanto può
darsi staccato dal bonus homo. Vale a dire, se la giustizia è la virtù per la quale suum
unicuique tribuitur, il diritto è quel suum, è l’oggetto della giustizia considerato nel
suo possibile -non necessario- isolamento dall’intenzione del soggetto agente.
o Questa dissociazione del soggetto dall’oggetto permette a San Tommaso di
identificare il diritto nell’agire, nella res. Gli atti considerati nella loro esteriorità,
privati dell’animo, cadono al livello delle cose, della res. Soltanto in quanto possono
essere equiparati a una cosa sono «diritto».
o Il diritto come ipsa res iusta costituisce per San Tommaso il primo elemento di tutto
l’ordinamento giuridico, il quale, perciò, ha il suo fondamento nell’ordine oggettivo
delle cose.
o Per San Tommaso anche la legge si basa sull’ordine giusto delle cose, in quanto
costituisce una espressione e una determinazione di questo, per mezzo dei processi di
adattamento, deduzione e determinazione. La legge nasce dall’ordinamento oggettivo
delle cose, illuminate dalla ragione. Per questo la legge deve avere la sua radice ultima
7 «Hoc nomen ius primo impositum est ad significandum ipsam rem iustam»: TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae,
IIa IIae, q. 57, art. 1 ad 1.um (= IIa IIae, q. 57, art. 1 ad 1.um).
8 «virtus est quae bonum facit habentem et opus eius bonum reddit»: Ia IIae, q. 55, art. 3.
9 «etiam non considerato qualiter ab agente fiat»: IIa IIae, q. 57, art. 1.
nella res iusta e, perciò, nella stessa giustizia10. Per questo il diritto può essere definito
come l’ordinamento giusto delle cose, espresso e integrato dalla legge.
2.3. Canone
Nella epoca dell’Impero Romano, canon indica una regola, una norma in genere, che riguarda
sia la fede e i costumi (cf. i canoni dottrinali soprattutto dei primi Concili ecumenici e
provinciali), sia la disciplina ecclesiastica (cf. nei medesimi Concili i canoni disciplinari
frammisti con i canoni dottrinali). Da Giustiniano (482-565) in poi, il termine "kanän" fu
usato per designare, in modo pressoché esclusivo, una legge della Chiesa, dottrinale o
disciplinare; mentre il termine "nîmov" indicava la legge dell’Impero. Le leggi con valore sia
per l’Impero Romano, sia per la Chiesa, emanate dall’autorità civile, venivano denominate
"nomokanonev" (nomocanoni): leggi civili ed ecclesiastiche contemporaneamente. Il canone
è come una macchina idraulica che serve come un canale per far passare acqua al destino.
Esso è una legge a disposizione del diritto per motivo di giustizia. La legge o lex è «iusti
regula», cioè regola di ciò che è giusto; vale a dire: lex è norma oggettiva, che impone un
determinato comportamento ai membri della società, e ciò che impone deve essere
oggettivamente giusto.11
2.4. Ius canonicum
Espressione usata per indicare sia la scienza del Diritto Canonico, sia il complesso delle leggi
della Chiesa, secondo le diverse specificazioni:
ius propositum - il diritto divino, naturale e positivo, che la Chiesa propone;
ius constitutum - il diritto positivo ecclesiastico, che la Chiesa costituisce;
ius receptum - il diritto positivo civile, che la Chiesa riceve e «canonizza» nelle sue
leggi mediante un rimando specifico, sottoposto però a condizioni precise (can. 22).
Nel corso dei secoli l’attuale espressione ius canonicum era variamente denominata: ius
sacrum, ius divinum, ius pontificium, ius ecclesiasticum; questa espressione sembra che sia
stata usata per la prima volta nel trattato anonimo De singularitate clericorum, scritto a Roma
tra il 363 e il 375.12 A tale proposito si deve notare che l’espressione «diritto ecclesiastico»
viene usata odiernamente per indicare la disciplina giuridica, che tratta della legislazione
civile in materia di confessioni religiose.
2.5. Codex Iuris Canonici
Codex Iuris Canonici è una collezione sistematica e sintetica di leggi ecclesiastiche, un
insieme ordinato e organico di disposizioni normative, che riguardano la vita e l’azione della
Chiesa. Questa collezione sistematica e sintetica di leggi ecclesiastiche, che viene sotto il
nome di Codice di Diritto Canonico, ha delle caratteristiche ben definite vis:
o Autentica, in quanto proviene con certezza da chi ne è indicato come autore, in questo
caso, dalla Suprema Autorità della Chiesa, che l’ha approvata e promulgata come tale;
10 «Lex non est ipsum ius, proprie loquendo, sed aliqualis ratio iuris»: IIa, IIae, q. 57, art. 1, ad 2um.
11 FORCELLINI, Tom. I, 516b-c. Cf. pure: Thesaurus Linguae Latinae, Vol. III, 272-276.
12 Cf. A. VAN HOVE, Prolegomena, Editio altera auctior et emendatior (= Commentarium Lovaniense in Codicem Iuris
Canonici, Volumen I. - Tomus I.), n. 41, Mechliniae - Romae 21945, 41 (= VAN HOVE2, Prolegomena, n. 41, 41).
o Unica, in quanto promulgata con un unico atto autoritativo, sia per il tempo di
promulgazione, sia per il momento di obbligatorietà;
o Universale, in quanto riguarda tutta e la sola Chiesa latina (cf. can. 1), salvo quanto
attiene al diritto divino;
o Esclusiva, rispetto alle leggi precedenti, secondo le modalità e le disposizioni definite
nei cann. 2-6.
3. Struttura del Codex Iuris Canonici
Il Codex Iuris Canonici consta di 7 LIBRI, divisi in Partes eccetto i LIBRI I, III e V; le Partes
di alcuni LIBRI sono divise in Sectiones.
LIBRI, Partes et Sectiones constano generalmente di Tituli; questi, a loro volta, generalmente
di Capita; i Capita possono essere divisi in Articuli.
La partizione ultima, che costituisce il normale riferimento per le citazioni, è in Canones come
suddivisione finale per le singole disposizioni legislative. L’origine ufficiale di tale divisione
è il Decretum Magistri Gratiani, o meglio, secondo l’intitolazione originale data dal Maestro
alla sua opera: Concordia discordantium canonum13. I Canoni possono essere a sé stanti,
oppure divisi in Paragrafi e Numeri successivamente, oppure in Numeri soltanto.
La ragione di questa distinzione è data dal fatto che i Paragrafi, pur avendo una stretta
relazione con il contenuto complessivo del Canone, hanno un senso compiuto a sé stante. I
Numeri invece, nella suddivisione sia del Canone, sia del Paragrafo, non hanno un senso
compiuto a sé stante; indicano generalmente una enumerazione oppure una diversa
specificazione della medesima disposizione iniziale legislativa. In generale, il Codex Iuris
Canonici, rimane strutturato nella seguente maniera:
o LIBER I, DE NORMIS GENERALIBUS (cann. 1-203 = 203; 11 Tituli).
o LIBER II, DE POPULO DEI (cann. 204-746 = 543).
o Pars I, De christifidelibus (cann. 204-329 = 126; 5 Tituli).
o Pars II, De Ecclesiae constitutione hierarchica (cann. 330-572 = 243):
Sectio I, De suprema Ecclesiae auctoritate (cann. 330-367 = 38; 5 Capita);
Sectio II, De Ecclesiis particularibus deque earundem coetibus (cann. 368-572
= 205; 3 Tituli).
o Pars III, De institutis vitae consecratae et de societatibus vitae apostolicae (cann. 573-
746 = 174):
Sectio I, De institutis vitae consecratae (cann. 573-730 = 158; 3 Tituli)
Sectio II, De societatibus vitae apostolicae (cann. 731-746 = 16).
o LIBER III, DE ECCLESIAE MUNERE DOCENDI (cann. 747-833 = 87; 5 Tituli).
o LIBER IV, DE ECCLESIAE MUNERE SANCTIFICANDI (cann. 834-1253 = 420).
Pars I, De sacramentis (cann. 840-1165 = 326; 7 Tituli).
Pars II, De ceteris actibus cultus divini (cann. 1166-1204 = 39; 5 Tituli).
13 Concordia discordantium canonum, in Corpus Iuris Canonici, Editio lipsiensis secunda post Aemilii Ludouici
RICHTERI curas ad librorum manu scriptorum et editionis romanae fidem recognouit et adnotatione critica instruxit
Aemilius FRIEDBERG, Pars prior, Decretum Magistri Gratiani, Lipsiae 1879 (ristampa: Graz 1959) (= FRIEDBERG
I).
Pars III, De locis et temporibus sacris (cann. 1205-1253 = 49; 2 Tituli).
o LIBER V, DE BONIS ECCLESIAE TEMPORALIBUS (cann. 1254-1310 = 57; 5 Tituli).
o LIBER VI, DE SANCTIONIBUS IN ECCLESIA (cann. 1311-1399 = 89).
Pars I, De delictis et poenis in genere (cann. 1311-1363 = 53; 6 Tituli).
Pars II, De poenis in singula delicta (cann. 1364-1399 = 36; 7 Tituli).
o LIBER VII, DE PROCESSIBUS (cann. 1400-1752 = 353).
Pars I, De iudiciis in genere (cann. 1400-1500 = 101; 5 Tituli).
Pars. II, De iudicio contentioso (cann. 1501-1670 = 170):
Sectio I, De iudicio contentioso ordinario (cann. 1501-1655 = 155; 11 Tituli);
Sectio II, De processu contentioso orali (cann. 1656-1670 = 15).
Pars III, De quibusdam processibus specialibus (cann. 1671-1716 = 46; 3 Tituli).
Pars IV, De processu poenali (cann. 1717-1731 = 15; 3 Capita).
Pars V, De ratione procedendi in recursibus administrativis atque in parochis
amovendis vel transferendis (cann. 1732-1752 = 21):
Sectio I, De recursu adversus decreta administrativa (cann. 1732-1739 = 8);
Sectio II, De procedura in parochis amovendis vel transferendis (cann. 1740-
1752 = 13; 2 Capita).
Il Codice del 1983 mantiene la divisione fondamentale in LIBRI, strutturandone però il
contenuto in una maniera tutta diversa sia dalla tradizione canonistica, sia da quella
romanistica, dal momento che assume come base la nuova visione ecclesiologica propria del
Concilio Ecumenico Vaticano II, senza dimenticare per diversi altri aspetti la bimillenaria
tradizione giuridico-legislativa della Chiesa.
In rispetto alla tradizione giuridico-legislativa, prima di procedere all’esposizione delle leggi
fondamentali della Chiesa-Popolo di Dio, secondo le diverse materie e in modo sistematico e
organico, è posto il LIBRO introduttivo di tutto il Codice, ampliato a confronto del Codice
precedente sia nei concetti, sia nelle tematiche normative e quindi con un numero maggiore
di canoni: il LIBER I, DE NORMIS GENERALIBUS.
La Costituzione dogmatica conciliare Lumen gentium14, approfondendo il mistero della
Chiesa, l’ha riscoperta nel suo aspetto visibile e sociale come «il nuovo Popolo di Dio». Di
conseguenza, nella revisione, il legislatore supremo della Chiesa ha posto al centro della
legislazione canonica ecclesiale la struttura organizzativa, personale e comunitaria, di essa:
LIBER II, DE POPULO DEI.
Il punto successivo è l’azione della Chiesa, Popolo di Dio, che è chiamato a compiere la
missione affidatale da Cristo Fondatore, secondo le funzioni d’insegnamento della Parola di
Dio e di santificazione di coloro che accettano nella fede la Parola. A tale riguardo, ci sono
due LIBRI: LIBER III, DE ECCLESIAE MUNERE DOCENDI; LIBER IV, DE ECCLESIAE MUNERE
SANCTIFICANDI.
L’azione della Chiesa, Popolo di Dio, non si realizza soltanto con i mezzi spirituali; ma
proprio perché essa è ancora in situazione temporale, formata di uomini che vivono nel
14 SACROSANCTUM CONCILIUM OECUMENICUM VATICANUM II, Constitutio dogmatica Lumen gentium, De Ecclesia, 21
novembris 1964, in AAS 57 (1965) 5-71.
mondo, ha bisogno dei mezzi materiali per poter compiere efficacemente la sua missione;
ecco allora il LIBER V, DE BONIS ECCLESIAE TEMPORALIBUS.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha pure approfondito l’aspetto che unisce questo Popolo
nella «Chiesa-comunione»; ecco quindi che la normativa canonica è volta ora al ricupero della
comunione, quando essa venga turbata da un delitto contro la comunione stessa, vale a dire
contro la Chiesa medesima, che è “comunione”, in modo tale che il fedele, che ha mancato,
possano rientrare nella pienezza di comunione a formare con i fratelli e le loro comunità
ecclesiali la vera comunione di salvezza: da qui il LIBER VI, DE SANCTIONIBUS IN ECCLESIA.
Infine dalle affermazioni solenni dei diritti dei fedeli nella Chiesa, si giunge alla loro effettiva
tutela mediante lo strumento giuridico del processo, come alla difesa dei diritti delle persone
e delle comunità e alle dichiarazioni di verità nelle diverse situazioni di conflitto, che si
possono verificare nell’ambito del popolo di Dio, data la sua condizione terrena; Ecco perciò
il LIBER VII, DE PROCESSIBUS.
4. La Costituzione Apostolica di promulgazione
L’intitolazione, incipit, arenga, della Costituzione Apostolica, secondo la collaudata e
diuturna tradizione, è già di per sé stessa significativa di quanto la Suprema Autorità della
Chiesa intende esprimere mediante il documento: «Sacrae disciplinae leges», leggi che
regolano la sacra disciplina della Chiesa cattolica. Il riferirsi alla sacralità proprio nel campo
giuridico mette immediatamente in evidenza che non ci troviamo in ambito di leggi che
tendono a disciplinare la vita di una società semplicemente civile, con interesse
prevalentemente politico; ma piuttosto in quello di leggi che regolano una forma di vita, che
è e deve essere per sua natura “sacra”, cioè nella linea della missione salvifica, affidata alla
Chiesa dal suo divino Fondatore.
Il legislatore inizia il suo dire con la considerazione che il Codice in quanto tale non
rappresenta una novità per il Popolo di Dio, dal momento che si era partiti, per la sua
revisione, dal Codice promulgato il 27 maggio 1917, entrato in vigore il 19 maggio 1918: le
solennità di Pentecoste dei due anni successivi.
L’intenzione di procedere alla revisione del primo Codice del 1917 venne espressa da
Giovanni XXIII15, nel discorso tenuto ai Cardinali il 25 gennaio 1959, nel Cenobio
benedettino della Basilica di San Paolo fuori le Mura. In quella medesima occasione
manifestò pure la volontà di celebrare altri due grandi avvenimenti: il Sinodo Romano e il
Concilio Ecumenico Vaticano II. Si deve dire che soprattutto il Concilio ebbe un influsso
decisivo sulla revisione del Codice16.
Le motivazioni per la revisione furono la necessità sentita di una rielaborazione del Codice
del 1917, per molti punti già superato, e in particolare l’adeguamento alla dottrina e al
rinnovamento conciliare, secondo un’unica e medesima intenzione, che è quella di restaurare
la vita cristiana.
15 B. Giovanni XXIII, di Sotto il Monte (Bergamo), Angelo Giuseppe Roncalli, 28 ottobre, 4 novembre 1958 - 3 giugno
1963.
16 IOANNES PP. XXIII, Sollemnis allocutio Questa festiva ricorrenza, Ad E.mos Patres Cardinales in Urbe praesentes
habita, die XXV Ianuarii anno MCMLIX, in coenobio Monachorum Benedictinorum ad S. Pauli extra Moenia,
post Missarum sollemnia, quibus Beatissimus Pater in Patriarchali Basilica Ostiensi interfuerat, 25 ianuarii 1959,
in AAS 51 (1959) 65-69.
Circa la natura dei lavori di revisione, essi vennero realizzati con spirito squisitamente
collegiale, sia nella redazione materiale dell’opera, sia per la sostanza stessa delle leggi
rielaborate, in piena corrispondenza al magistero e all’indole del Concilio Ecumenico
Vaticano II. Per questo motivo furono invitati a prestare la loro opera di collaborazione i
Vescovi e le Conferenze Episcopali, come pure, in ogni fase, gli esperti nella teologia, nella
storia e soprattutto nel Diritto Canonico. I lavori procedettero grazie alla Commissione a ciò
deputata, che curò la stesura o la riformulazione del testo dei canoni. In sostanza, il lavoro di
revisione, pur rivestendo la natura di atto primaziale, contemporaneamente riflette la
sollecitudine collegiale di tutta la Chiesa.
Il legislatore presenta poi alcune considerazioni sulla natura e le fonti dello stesso Codice
di Diritto Canonico:
o esso deriva dal patrimonio di diritto contenuto nei libri del Vecchio e del Nuovo
Testamento; da questo patrimonio, come sua prima sorgente, proviene tutta la tradizione
giuridico-legislativa della Chiesa, si percepisce l’importanza della disciplina, si
comprende la stretta congiunzione con il carattere salvifico dello stesso messaggio
evangelico;
o il Codice non sostituisce la fede, la grazia, i carismi e soprattutto la carità dei fedeli nella
vita della Chiesa;
o ma crea un ordine tale, che assegna il primo posto all’amore, alla grazia, ai carismi e rende
più agevole il loro organico sviluppo sia a livello societario, sia a livello personale.
Il contenuto del Codice, documento legislativo primario della Chiesa in quanto fondato
nell'eredità giuridico-legislativa della Rivelazione e della Tradizione, necessario strumento
per assicurare il debito ordine sia nella vita individuale e sociale, sia nell'attività della Chiesa,
è costituito essenzialmente da:
o gli elementi fondamentali della struttura gerarchica e organica della Chiesa;
o le principali norme sull’esercizio della triplice funzione di insegnare, santificare e
governare;
o alcune regole e norme di comportamento.
Quanto alla corrispondenza con la dottrina conciliare, soprattutto in riferimento alla
dottrina ecclesiologica, il nuovo Codice rappresenta un grande sforzo di tradurre in linguaggio
canonistico tale ecclesiologia e in essa deve avere sempre il suo primario riferimento. Proprio
da questa corrispondenza con l’approfondimento della teologia sulla Chiesa derivano:
o i criteri fondamentali, che regolano sia la materia, sia il linguaggio del nuovo Codice;
o il carattere di complementarità in relazione con l’insegnamento conciliare, dato
soprattutto nelle Costituzioni Lumen gentium e Gaudium et spes.
Di conseguenza, la novità del Concilio costituisce anche la novità del Codice di Diritto
Canonico. Gli elementi principali di ecclesiologia conciliare, che emergono dal testo del
Codice e danno un’immagine vera e genuina della Chiesa, sono:
o la dottrina che presenta la Chiesa come popolo di Dio e l’autorità gerarchica come
servizio;
o la dottrina che vede la Chiesa come “comunione” e quindi determina le relazioni tra
Chiese particolari e Chiesa universale, tra collegialità e primato;
o la dottrina per cui tutti i membri del popolo di Dio sono partecipi, nel modo proprio a
ciascuno, della triplice funzione di Cristo;
o la dottrina che riguarda i doveri e i diritti dei fedeli, particolarmente dei laici;
o l’impegno della Chiesa per l’ecumenismo.
Quindi anche per il Codice, come per la dottrina conciliare, vale l’asserto: “fedeltà nella
novità e novità nella fedeltà.” La necessità del Codice risulta non solo dall’insistente richiesta
da parte dei Vescovi di tutto il mondo per avere uno strumento indispensabile per il loro
governo pastorale, ma soprattutto dagli argomenti interni:
o la Chiesa è compagine visibile e sociale;
o la visibilità della sua struttura gerarchica e organica;
o l’organizzazione dell’esercizio delle sue funzioni, specialmente l’esercizio della sacra
potestà e l’amministrazione dei sacramenti;
o la regolamentazione secondo giustizia, basata sulla carità, delle relazioni tra i fedeli;
o la definizione e la garanzia dei diritti dei singoli fedeli;
o il sostegno, la tutela e la promozione delle iniziative comuni per una vita cristiana sempre
più perfetta.
Esigenza fondamentale per il Codice è l’osservanza, che è motivata dalla natura stessa della
legge canonica. Infatti, il primo effetto giuridico di essa, come di ogni altra giusta legge, è
l’obbligo morale di metterla in pratica da parte di chi ne è suddito.17 Per la legge canonica
inoltre, la motivazione profonda per l’osservanza è data dal suo stesso scopo fondamentale,
che è insieme legge suprema della Chiesa: la “salus animarum”, «quae in Ecclesia suprema
semper lex esse debet» (can. 1752). Di fatto, già nell’Antico Testamento, «Leggi e
comandamenti erano considerati munifico dono di Dio, e la loro osservanza vera sapienza (cf.
Sir 24)»18.
Infine il legislatore, concludendo la Costituzione Apostolica:
o compie l’atto primaziale solenne della promulgazione del nuovo Codice di Diritto
Canonico;
o indica autoritativamente il momento della sua entrata in vigore;
o esorta i fedeli a voler osservare le norme con animo sincero e buona volontà,
o perché sia sempre più favorita nella Chiesa la salvezza delle anime, «auxiliatrice
Beatissima Virgine Maria, Ecclesiae Matre».
5. La prefazione
17 Cf. F. J. URRUTIA, S.I., L'obbligo delle leggi della Chiesa, in Quaderni di diritto ecclesiale 1 (1988) 155-164.
18 GIOVANNI PAOLO PP. II, Discorso Ho desiderato grandemente, 3 febbraio 1983, n. 3c, in PONTIFICIA COMMISSIO
CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO, Promulgazione e presentazione ufficiale del Codice di Diritto
Canonico, Città del Vaticano [1983], 33.
All’inizio è riportata la norma lapidaria, data dal Papa S. Celestino I19 ai sacerdoti il 21 luglio
429: «Nulli sacerdotum suos liceat canones ignorare».20
Si evidenzia poi la consuetudine antichissima di redigere collezioni dei sacri canoni. Queste
collezioni nei primi dieci secoli della Chiesa furono realizzate per iniziativa privata e quindi
non avevano un valore legale complessivo, ma ciascuna legge, ogni canone, conservava il
valore legale che aveva, quando fu promulgato dalla competente autorità. In tal modo sorsero
moltissime collezioni anche contrastanti tra loro.
Il monaco Graziano, camaldolese del convento dei SS. Nabore e Felice, Magister Iuris
Canonici nella scuola di Bologna († probabilmente prima del 1160), operò una mirabile
sintesi di tutto questo materiale legislativo con la sua Concordia discordantium canonum,
chiamata poi Decretum Magistri Gratiani. Questa notevolissima opera venne
tradizionalmente datata per l’anno 1140: con essa nasce la scienza del Diritto Canonico.
Al Decretum furono fatti dei commenti nello stile dell'epoca, e cioè a forma di glossae, da
parte dei cosiddetti “glossatori”; i glossatori del Decretum Magistri Gratiani vennero
denominati “decretisti”. Il Decretum, pur avendo un formidabile valore scientifico, rimase
tuttavia una collezione privata. Sull’esempio di Graziano, furono redatte altre collezioni, le
Compilationes antiquae, in numero di cinque, con l’innegabile merito dell'ordinamento
interno della materia legislativa più organico e sistematico.
Successivamente, il Papa Gregorio IX promulgò una collezione autentica: Liber Extra, o
Decretales Gregorii IX (1234); venne poi quella di Bonifacio VIII21: Liber VI (1298); e in
seguito, quella di Clemente V22, promulgata poi da Giovanni XXII23: Clementinae (1317).
Alle precedenti si aggiunsero le collezioni private: Extravagantes Ioannis XXII (1325; 20
decretali); Extravagantes communes (74 decretali), raccolte in maniera definitiva e ordinate
sistematicamente da Jean Chappuis, le prime nel 1500, le seconde nel 150324. Queste sono
le collezioni medioevali più importanti di leggi canoniche nell’ambito della Chiesa
dell’epoca.
Nell’ambito civile, l’Imperatore Giustiniano aveva realizzato il Corpus Iuris Civilis, per
raccogliere in un’unica opera il grande patrimonio giurisprudenziale e legislativo del diritto
romano. Esso è composto dalle: Institutiones (4 Libri); Digesta (50 Libri); Codex (repetitae
praelectionis, dell’anno 534, con 12 Libri; Authenticum, o anche Liber authenticorum,
oppure, più comunemente in base al tempo, Novellae (154, nella versione latina dell’anno
556). Dalle Novellae vennero fatti dei sommari e furono inseriti nel Codex alle rispettive
19 S. Celestino I, della Campania, 10 settembre 422 - 27 luglio 432.
20 Regesta Pontificum Romanorum ab condita Ecclesia ad annum post Christum natum MCXCVIII, edidit Philippus
JAFFÉ editionem secundam correctam et auctam auspiciis Gulielmi WATTENBACH, Curaverunt S. LOEWENFELD,
F. KALTENBRUNNER, P. EWALD, Tomus primus, a S. Petro ad a. MCXLIII, n. 371 (154), Lipsiae 21885 (ristampa:
Graz 1956), 55 (= JAFFÉ2 n. 371). Il testo è trascritto nel Decretum Magistri Gratiani, D. XXXVIII, can. 4
(FRIEDBERG I, 141).
21 Bonifacio VIII, di Anagni, Benedetto Caetani, 24 dicembre 1294, 23 gennaio 1295 - 11 ottobre 1303.
22 Clemente V, Francese, Bertrando de Got, 5 aprile, 14 novembre 1305 - 20 aprile 1314.
23 Giovanni XXII, di Cahors, Giacomo Duèse, 7 agosto, 5 settembre 1316 - 4 dicembre 1334.
24 A. M. STICKLER, S.D.B., Historia Iuris Canonici Latini, Institutiones academicae, I, Historia fontium, Augustae
Taurinorum 1950, 270.
Cf. J. F. von SCHULTE, Die Geschichte der Quellen und Literatur des Kanonischen Rechts, I, Von Gratian bis auf Papst
Gregor IX., Stuttgart 1875 (ristampa: Graz 1956), 71.
collocazioni; questi sommari si chiamano Authenticae, e il loro insieme Corpus
authenticarum.
Sull’esempio di Giustiniano, anche nell’ambito ecclesiale si pensò di compilare una raccolta
consimile. A tale scopo nel 1556 venne istituita dal Papa S. Pio V25 una Commissione
apposita, i Correctores romani, che procedette all’opera di emendamento sulla base dei più
antichi manoscritti; il papa Gregorio XIII26, con il Breve Emendationem decretorum, del 2
giugno 1582, approvò la revisione del Decretum Magistri Gratiani, avendo precedentemente
approvato le diverse collezioni di decretali con la Costituzione Cum pro munere pastorali,
del 1 luglio 158027. Così, in analogia al Corpus Iuris Civilis, fu redatto il Corpus Iuris
Canonici, che costituisce lo “ius canonicum classicum.”
Nell’ambito delle Chiese Orientali cattoliche ad esso corrisponde in certo qual modo il
Syntagma Canonum, o Corpus Canonum Orientale.
In seguito l’attività legislativa della Chiesa continuò, soprattutto con i decreti del Concilio di
Trento (1545-1563) e i documenti dei Dicasteri della Curia Romana, mai però raccolti in
collezioni ufficiali.
Ciò fu causa di un immenso accumulo di disposizioni normative, per cui i Vescovi nel
Concilio Vaticano I (1869-1870) richiesero che si approntasse una nuova e unica collezione
di leggi per la cura pastorale del popolo di Dio; al riguardo il Papa Pio IX28 aveva già
costituito una Commissione nel 1867.
Furono fatte delle “codificazioni private” sull’esempio della codificazione napoleonica, tra le
quali eminente e significativa risulta essere quella di A. Pillet, Ius Canonicum generale
distributum in articulos, Paris 1890; essa era composto da 5 articoli introduttivi;
Prolegomena; LIBRI: DE PERSONIS, DE REBUS, DE ACTIONIBUS; complessivamente, 2004
articoli29.
Si accinse all’opera della codificazione ufficiale S. Pio X30, seguendo la proposta
presentatagli dal giurista insigne Pietro Gasparri (1852-1934), fatto poi Cardinale nel 1907, e
ne comandò l'esecuzione con il Motu Proprio Arduum sane munus, 19 marzo 190431, come
realizzazione di parte del motto del suo Pontificato: «Instaurare omnia in Christo». L’impresa,
davvero difficile, proseguì fino al 1914 e continuò con il Papa Benedetto XV32, che poté così
promulgare il primo Codex Iuris Canonici, con la Costituzione Apostolica Providentissima
25 S. Pio V, di Bosco (Alessandria), Antonio (Michele) Ghislieri, 7, 17 gennaio 1566 - 1 maggio 1572 (fu beatificato il
27 aprile 1672, canonizzato il 22 maggio 1712).
26 Gregorio XIII, Bolognese, Ugo Boncompagni, 13, 25 maggio 1572 - 10 aprile 1585.
27 FRIEDBERG I, Prolegomena, LXXVI-LXXXII.
28 B. Pio IX, di Senigallia, Giovanni M. Mastai Ferretti, 16, 21 giugno 1846 - 7 febbraio 1878.
29 Cf. VAN HOVE2, Prolegomena, n. 391, 387.
30 S. Pio X, di Riese (Treviso), Giuseppe Sarto, 4, 9 agosto 1903 - 20 agosto 1914 (fu beatificato il 3 giugno 1951,
canonizzato 29 il maggio 1954).
31 PIUS PP. X, Motu Proprio Arduum sane munus, De Ecclesiae legibus in unum redigendis, 19 martii 1904, in Pii X
Pontificis Maximi Acta, Vol. I, Typographia Vaticana 1905 (ristampa: Graz 1971), 219-222.
32 Benedetto XV, Genovese, Giacomo della Chiesa, 3, 6 settembre1914 - 22 gennaio 1922.
Mater Ecclesia, 27 maggio 191733; esso entrò in vigore il 19 maggio 1918. L’indole di questo
Codice è chiaramente enunziata nel proemio al can. 6: «Codex vigentem huc usque
disciplinam plerumque retinet, licet opportunas immutationes afferat». Di conseguenza, il
Codice del 1917 si presenta come una sintesi della legislazione antica, con metodo diverso e
con le necessarie modifiche.
Nonostante l’universale consenso per il Codice Piano-benedettino, sia le condizioni esterne
della Chiesa nel mondo contemporaneo, sia le trasformazioni interne progressive della
comunità ecclesiale, resero necessaria e urgente una nuova riforma della legislazione
ecclesiastica nel suo complesso. Il Papa Giovanni XXIII ne diede l’annuncio il 25 gennaio
195934. Il 28 marzo 1963 costituì la Commissione per la Revisione, ponendo come Presidente
il Card. Pietro Ciriaci e nominando 40 Padri Cardinali come membri; il medesimo giorno
nominò Segretario della Commissione il Rev.mo Giacomo Violardo35.
Prima Congregazione Plenaria
Si tenne il 12 novembre 1963 e fu piuttosto una adunanza confidenziale; la Commissione dei
Padri Cardinali convenne di iniziare i lavori veri e propri solo dopo la conclusione del
Concilio Ecumenico Vaticano II, perché, in base ai principi e alla dottrina in esso
approfonditi, si doveva impostare l’opera di revisione; si poteva intanto dare inizio in modo
privato ai lavori preparatori36.
Il Papa Paolo VI37 internazionalizzò la Commissione in modo più incisivo, aggiungendo altri
membri Cardinali alla Commissione; il 17 aprile 1964, nominò 70 Consultori per il lavoro
concreto della revisione38.
Il Papa Paolo VI, in data 20 novembre 1965, convocò i Cardinali membri, i Segretari e i
Consultori della “Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo”, per celebrare
l’inaugurazione pubblica dei lavori effettivi, e pose il principio fondamentale per la revisione
del Codice: «… Codex Iuris Canonici veluti ducis munere fungitur et Concilium Vaticanum
Secundum quasi lineamenta praebet operis novi»39. Intervenne in seguito più volte nei suoi
discorsi, fornendo una preziosa guida per l’opera dei Consultori.
Seconda Congregazione Plenaria
33 BENEDICTUS PP. XV, Constitutio Apostolica Providentissima Mater Ecclesia, Venerabilibus Fratribus et dilectis Filiis
Patriarchis, Primatibus, Archiepiscopis, Episcopis aliisque Ordinariis ac praeterea Catholicarum Studiorum
Universitatibus ac Seminariorum Doctoribus atque auditoribus, 27 maii 1917, in AAS 9 (1917), Pars II, 5-8.
34 Vedi sopra nota 26.
35 Nel Diarium Romanae Curiae, pubblicato nel numero del 2 maggio 1963 di Acta Apostolicae Sedis, si legge: «Il Santo
Padre Giovanni XXIII, felicemente regnante, si è degnato di costituire una COMMISSIONE PER LA REVISIONE DEL
CODICE DI DIRITTO CANONICO»; seguiva la composizione della Commissione (AAS 55 [1963] 363-364). La data
di costituzione, 28 marzo 1963, è desunta dalle Note storiche, in Annuario Pontificio per l'anno 1964, Città del
Vaticano 1964, 1580; le notizie, che si trovano in Communicationes 1 (1969) 5, sono riprese dalle Note storiche,
in Annuario Pontificio per l'anno 1969, Città del Vaticano 1969, 1471.
36 Communicationes 1 (1969) 36.
37 Paolo VI, di Concesio (Brescia), Giovanni Battista Montini, 21, 30 giugno 1963 - 6 agosto 1978.
38 Communicationes 1 (1969) 35.
39 PAULUS PP. VI, Allocutio Singulari cum animi studio, Ad E.mos Patres Cardinales et ad Consultores Pontificii Consilii
Codici Iuris Canonici recognoscendo, 20 novembris 1965, in AAS 57 (1965) 988.
Si tenne il 25 novembre 1965; furono presentati ai Padri Cardinali i quesiti:
o se conveniva elaborare uno o due Codici, uno per i fedeli della Chiesa Latina e uno per
quelli delle Chiese Orientali, e insieme un qualche Codice fondamentale;
o se la base di tale Codice potesse essere il testo presentato nella prima relazione;
o se si doveva preparare un regolamento per la procedura dei lavori;
o se e come si doveva approvare la divisione della materia.
In data 15 gennaio 1966, fu inviata dal Card. Pietro Ciriaci, Presidente della Commissione,
una lettera ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, perché tutti i Vescovi mandassero voti
e suggerimenti per il futuro Codice, si provvedesse al modo migliore per le relazioni tra
Commissione e Conferenze Episcopali, si indicassero nomi di periti per la scelta dei
Consultori e collaboratori di ogni categoria e di ogni nazione40. Nel frattempo, dopo aver
trattato e risolto diverse questioni, vennero costituiti vari gruppi e sottogruppi, incaricati di
preparare gli Schemata del futuro Codice, secondo una metodologia di lavoro ben
determinata41. Questi schemi dovevano essere inviati al Santo Padre con una relazione
esplicativa e, con la sua approvazione, sarebbero stati mandati successivamente a tutti gli
Episcopati del mondo, ai Dicasteri della Curia Romana, alle Università e Facoltà
ecclesiastiche, all’Unione dei Superiori Generali, perché facessero le loro osservazioni, sia
generali su tutto lo schema, sia particolari sui testi proposti dei singoli canoni.
Uno dei momenti più importanti di questo periodo fu l’enunciazione dei 10 principi direttivi
per la revisione; questi furono discussi e approvati dal 30 settembre al 4 ottobre, durante la
Prima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 29 settembre - 29 ottobre 1967;
costituirono l’iter da seguire.
Terza Congregazione Plenaria
Si tenne il 28 maggio 1968. Si discusse e si votò la "Positio" sull'ordinamento sistematico del
nuovo Codice di Diritto Canonico, già inviata ai Padri Cardinali il 20 aprile immediatamente
precedente. L’esito della votazione fu: placet, 27; non placet, 1; placet iuxta modum, 1242.
Essa era stata preceduta da un importante Congresso Internazionale, 20-25 maggio 1968,
organizzato dalla Segreteria della Pontificia Commissione per la Revisione del Codice, su
suggerimento dello stesso Santo Padre Paolo VI, allo scopo di una degna celebrazione del 50º
del Codice del 1917. I temi delle relazioni principali del Congresso ebbero un influsso
notevole nello sviluppo della dottrina canonistica e nella revisione stessa del Codice; essi
vennero svolti da eminenti relatori, si può dire i più famosi canonisti di quel tempo: si
aggiunsero interessanti comunicazioni.
Dall’anno 1969 la Pontificia Commissione per la Revisione del Codice di Diritto Canonico,
in base alla richiesta presentata nel medesimo “Conventus Internationalis Canonistarum”, ha
iniziato a pubblicare ogni semestre la rivista Communicationes, la quale «in id tendit ut
40 Communicationes 1 (1969) 42-43.
41 Communicationes 1 (1969) 44-45.
42 Communicationes 1 (1969) 44.
notitias det praecipuas de rebus ad nostrae Commissionis opus atque navitatem
spectantibus»43.
Tra la Terza e la Quarta Congregazione Plenaria (1968-1977) della Pontificia Commissione
per la Revisione del Codice di Diritto Canonico furono inviati per la consultazione i diversi
schemi.
Quarta Congregazione Plenaria
Venne celebrata nei giorni 24-27 maggio 1977. Ci furono nell'ordine:
o la relazione del Cardinale Presidente, che trattò i seguenti punti: un breve sguardo storico
sulla Commissione e sulla sua competenza; i Gruppi di studio, la loro opera e il metodo
di lavoro; l'iter della consultazione e lo stato dei singoli schemi del nuovo Codice;
o la presentazione e discussione di due problematiche specifiche: sul diritto matrimoniale e
sul diritto penale;
o il discorso conclusivo del Santo Padre44.
Da parte della Segreteria della Commissione furono inviati per la consultazione gli ultimi
schemi.
A questo punto, la Segreteria della Commissione procedette all'immenso lavoro di ordinare,
sintetizzare, trasmettere ai Consultori, esaminare con loro, discutere e valutare diligentemente
ogni osservazione pervenuta agli Schemata, richiedendo, se del caso, la collaborazione
specializzata dei Dicasteri della Curia Romana competenti. Dopo ciò, si procedette al
ponderoso lavoro di coordinamento interno, uniformità terminologica, redazione dei canoni,
disposizione sistematica in piena fedeltà ai principi direttivi e all'utilità pratica dei futuri
operatori del Codice di Diritto Canonico. Tutto questo confluì nell'edizione dello schema
dell'intero Codice:
PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO, Schema Codicis Iuris Canonici,
Iuxta animadversiones S.R.E. Cardinalium, Episcoporum Conferentiarum, Dicasteriorum Curiae
Romanae, Universitatum Facultatumque ecclesiasticarum necnon Superiorum Institutorum vitae
consecratae recognitum (Patribus Commissionis reservatum), 29 iunii 1980, Libreria Editrice
Vaticana 1980 (p. XXIV+ 382; 1728 canoni).
Il contenuto dello schema del Codice 1980 era distribuito nella maniera seguente:
o LIBER I, DE NORMIS GENERALIBUS, cann. 1-200 (= 200);
o LIBER II, DE POPULO DEI, cann. 201-705 (= 505);
o LIBER III, DE ECCLESIAE MUNERE DOCENDI, cann. 706-788 (= 83);
o LIBER IV, DE ECCLESIAE MUNERE SANCTIFICANDI, cann. 789-1204 (= 416);
o LIBER V, DE BONIS ECCLESIAE TEMPORALIBUS, cann. 1205-1262 (= 58);
o LIBER VI, DE SANCTIONIBUS IN ECCLESIA, cann. 1263-1351 (= 89);
o LIBER VII, DE PROCESSIBUS, cann. 1352-1728 (= 377).
Lo schema del Codice del 1980 venne mandato ai Padri della Pontificia Commissione di
Revisione per l'esame e le osservazioni, in vista dell'elaborazione dello schema del Codice di
43 Communicationes 1 (1969) 3.
44 Communicationes 9 (1977) 62-82.
Diritto Canonico da presentare al Sommo Pontefice per l'approvazione definitiva. Nei primi
mesi del 1981, la Commissione stessa, per volontà del Santo Padre, fu aumentata di un
numero notevole di Padri, scelti da diverse parti del mondo e in rappresentanza delle diverse
Conferenze Episcopali, «ut maior haberetur in ipsa Episcoporum totius orbis catholici
repraesentatio»45. Furono raccolte e catalogate tutte le osservazioni, i voti e le nuove proposte
dei Cardinali e Vescovi membri della Pontificia Commissione46, e vennero date opportune
risposte e concise spiegazioni da parte della Segreteria e dei Consultori. Questo materiale,
debitamente ordinato e con l'integrazione di alcuni canoni desunti dal progetto della Lex
Ecclesiae Fundamentalis, da inserire nel Codice, fu pubblicato in un volume, che costituì la
base della discussione finale della Pontificia Commissione nella Congregazione Plenaria:
PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO, Relatio, complectens synthesim
animadversionum ab Em.mis atque Exc.mis Patribus Commissionis ad novissimum Schema
Codicis Iuris Canonici exhibitarum, cum responsionibus a Secretaria et Consultoribus data, Typis
Polyglottis Vaticanis MCMLXXXI47.
Quinta Congregazione Plenaria
La Pontificia Commissione per la Revisione del Codice di Diritto Canonico tenne l'ultima
Congregazione Plenaria nell'aula del Sinodo dei Vescovi, 20-29 ottobre 1981. Ebbe una
importanza del tutto particolare, in quanto non solo fu definitiva per lo schema del Codice, ma
pure ne affrontò direttamente il testo.
Su proposta sottoscritta da almeno 10 Padri della Commissione furono discusse altre 35
questioni, riferite ai canoni dello schema del Codice del 1980.
Alla fine venne posto ai Padri della Commissione il seguente quesito, riguardante il lavoro di
correzione e integrazione, oltre le necessarie revisioni di stile e della lingua latina, da
compiersi dalla Segreteria e dalla Presidenza della stessa Commissione prima di procedere
alla stesura definitiva, per presentare poi il testo emendato al Santo Padre: «Placet 45 supra
45 sequens quaesitum: “Placetne Patribus ut post examinata in Plenaria schema CIC et
emendationes iam inductas, idem schema, introductis quae in Plenaria maioritatem
obtinuerint, prae oculis quoque habitis, quae datae fuerint, animadversionibus, atque
perpolitione facta quoad stilum et latinitatem (quae omnia Praesidi et Secretariae
45 PONTIFICIUM CONSILIUM DE LEGUM TEXTIBUS INTERPRETANDIS, Acta et documenta Pontificiae Commissionis Codici
Iuris Canonici Recognoscendo, Congregatio Plenaria, Diebus 20-29 octobris 1981 habita, Typis Polyglottis
Vaticanis 1991, 5. Nelle pagine seguenti sono riportati tutti i documenti attinenti l'aggiunta dei nuovi membri alla
Commissione, 7-23.
46 La lista dei Cardinali e Vescovi membri della Pontificia Commissione si trova in Communicationes 14 (1982) 117-
119; PONTIFICIUM CONSILIUM DE LEGUM TEXTIBUS INTERPRETANDIS, Acta et documenta Pontificiae
Commissionis Codici Iuris Canonici Recognoscendo, Congregatio Plenaria, Diebus 20-29 octobris 1981 habita,
Typis Polyglottis Vaticanis 1991, 24-26.
47 La Relatio è pubblicata integralmente, salvo ovviamente i nomi dei Padri della Commissione, su Communicationes
14 (1982) 116-230; 15 (1983) 57-109, 170-253; 16 (1984) 27-99.
committuntur) dignum habeatur quod Summo Pontifici, qui tempore et modo, quae sibi
videantur, Codicem edat, quam primum praesentetur?”»48.
Compiuto in tempi molto ristretti questo notevole lavoro, si poté giungere così allo schema
definitivo del Codice di Diritto Canonico:
PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO, Codex Iuris Canonici, Schema
novissimum, Post consultationem S.R.E. Cardinalium, Episcoporum Conferentiarum,
Dicasteriorum Curiae Romanae, Universitatum Facultatumque ecclesiasticarum necnon
Superiorum Institutorum vitae consecratae recognitum, iuxta placita Patrum Commissionis deinde
emendatum atque SUMMO PONTIFICI praesentatum, E Civitate Vaticana, 25 martii 1982, Typis
Polyglottis Vaticanis 1982 (p. XX+308; 1776 canoni).
Questo ultimo schema definitivo del Codice venne presentato al Santo Padre Giovanni Paolo II
il 22 aprile 1982. Era deceduto a Foggia (Italia) il 22 marzo 1982, infortunato per un grave
incidente automobilistico, il Presidente della Commissione di Revisione Card. Pericle Felici. Così
commentava il Propresidente successore nell'ufficio, Mons. Rosalio José Castillo Lara, di ritorno
a Roma dalle esequie: «Per imperscrutabili disegni di Dio non poté godere il momento, da lui
tanto atteso, di consegnare al Santo Padre il frutto di così lungo e arduo lavoro».
A presentazione avvenuta, il Santo Padre si applicò allo studio personale dello schema, aiutato
da un gruppo di sette esperti di diverse scuole e correnti teologiche e giuridiche. Il compito di
questo gruppo era quello di richiamare l'attenzione del Santo Padre su cambiamenti di particolare
importanza riguardo alla legislazione vigente e segnalare eventuali emendamenti da introdurre.
Il Santo Padre ebbe con questi esperti 11 incontri di oltre 3 ore ciascuno. Il 3 maggio 1982 il
Santo Padre fece comunicare ai Vescovi residenziali, tramite le rispettive Conferenze Episcopali,
che era ancora disposto a considerare qualsiasi proposta o suggerimento gli venisse fatto con una
certa urgenza.
Tutte le osservazioni risultanti dal gruppo e quelle pervenute da parte dei Vescovi di tutto il
mondo ecclesiale furono esaminate dal medesimo gruppo dei sette esperti in 24 sessioni di studio
di 3 ore e mezzo ciascuna.
Successivamente un'altra Commissione ristretta prese in esame i problemi speciali riguardanti lo
schema e le osservazioni non accolte dalla maggioranza degli esperti, sempre presente ed
ascoltato il Propresidente della Commissione di Revisione.
Dopo l'ultima discussione, svoltasi il 23 dicembre 1982, il Santo Padre decise che la
promulgazione del Codice di Diritto Canonico dovesse avvenire il 25 gennaio 1983, esattamente
24 anni dopo l'annuncio della sua revisione dato da Papa Giovanni XXIII.
La prefazione, fin qui presentata con le integrazioni ritenute opportune, continua indicando le
qualità sia generali, sia specifiche, che raccomandano il nuovo Codice di Diritto Canonico.
Vengono segnalate in primo luogo le qualità, che si possono attribuire ad ogni Codice moderno
di leggi:
o la semplicità, in quanto il nuovo Codice si presenta privo di eccessive complicazioni o di
notevoli difficoltà;
48 PONTIFICIUM CONSILIUM DE LEGUM TEXTIBUS INTERPRETANDIS, Acta et documenta Pontificiae Commissionis Codici
Iuris Canonici Recognoscendo, Congregatio Plenaria, Diebus 20-29 octobris 1981 habita, Typis Polyglottis
Vaticanis 1991, p. 592.
o la perspicuità, per la chiarezza delle disposizioni normative;
o l'armonia interna, per la concordia e la conformità dei concetti;
o la profonda scienza giuridica, non solo perché opera di un insieme qualificato di giuristi
veramente esperti, ma anche perché ha tenuto conto di ogni acquisizione della scienza
giuridica.
In secondo luogo si mettono in evidenza le qualità caratteristiche del Codice delle leggi della
Chiesa:
o la carità, per cui afferma Giovanni D'Andrea (1270-1348): «Quapropter sicut potissima
virtus, ad quam conatur inducere ius civile, est ipsa legalis iustitia, sive civilis amicitia. Ita
potissima virtus, ad quam conatur ius canonicum est illa coelestis amicitia, quam charitatem
vocamus», per cui come la virtù principale, a cui si sforza d'indurre il diritto civile, è la stessa
giustizia legale, cioè una civile amicizia; così la virtù principale, verso cui tende il diritto
canonico è quella celeste amicizia, che chiamiamo carità49;
o l'equità, nel senso di "equità canonica" (cf. cann. 19 e 1752), come caratteristica della legge
della Chiesa, oltre l'applicazione della norma canonica secondo giustizia, tenendo conto però
delle concrete circostanze, non previste dalla stessa norma, in cui viene a trovarsi la persona,
e avendo sempre presente, nella valutazione globale, lo scopo supremo della Chiesa, che è
anche la sua legge suprema: la salvezza delle anime (can. 1752);
o l'umanità, il profondo aggancio alla natura dell'uomo, che si può tradurre in quel complesso
di elementi spirituali quali la benevolenza, la comprensione, la generosità e simili verso gli
altri, che sono o si ritengono propri dell'uomo in quanto essere sociale e civile;
o il vero spirito cristiano, nella mistica unione con Cristo e nella comunione con i fratelli nella
Chiesa, rispondente all'esterna e interna indole data divinamente alla Chiesa stessa, e che
provvede insieme alle sue condizioni e necessità nel mondo contemporaneo.
La prefazione infine presenta i vantaggi della conoscenza e applicazione delle leggi canoniche,
che sono:
o la sicurezza nell'esercizio del ministero pastorale: le leggi sono uno degli elementi
indispensabili per una sana e giusta attività dei Pastori nella Chiesa;
o la conoscenza da parte di ciascuno dei propri diritti e obblighi, per la più ampia esposizione;
gli obblighi superano indiscutibilmente gli antichi "Cinque precetti generali della Chiesa",50
senza però dimenticarli;51
o la preclusione all'arbitrio, come conseguenza del precedente;
o la prevenzione e l'eliminazione degli abusi;
o il progresso e la promozione dell'attività e delle iniziative apostoliche.
49 Ioannis Andreae, Iureconsulti clarissimi, In Tit. De Reg. Jur. Commentarii (vulgo Novella) insignes …, Regula II,
Appendix n. 25, Lugduni, Apud heredes Iacobi Giunctae, 1551, 165ra.
50 Primi Elementi della Dottrina Cristiana tratti dal Catechismo pubblicato per ordine di Sua Santità Papa Pio X,
Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1912, 9-10: «16. - I cinque precetti generali della Chiesa. 1° Udir la Messa
la domenica e le altre feste comandate; 2° Non mangiar carne nel venerdì e negli altri giorni proibiti, e digiunare
nei tempi prescritti; 3° Confessarsi almeno una volta l'anno, e comunicarsi almeno a Pasqua; 4° Sovvenire alle
necessità della Chiesa, contribuendo secondo le leggi o le usanze; 5° Non celebrar solennemente le nozze nei
tempi proibiti».
51 Cf. Catechismus Catholicae Ecclesiae, n. 2041-2043, Città del Vaticano 1997, 525-526.
La presentazione ufficiale
Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ha voluto compiere la presentazione ufficiale del nuovo
Codice di Diritto Canonico il 3 febbraio 1983 nell'Aula delle Benedizioni, sovrastante il Portico
della Basilica Vaticana, presenti il Sacro Collegio dei Cardinali con i 18 nuovi Cardinali creati
nel Concistoro del giorno precedente il 2 febbraio, il Corpo Diplomatico accreditato presso la
Santa Sede, i Capi Dicastero e il personale, i Rettori delle Università, Docenti e Cultori del Diritto
Canonico. Furono pronunciati tre discorsi:
o il primo, dall'Ecc.za Rev.ma Mons. Rosalio José Castillo Lara, S.D.B., Propresidente della
Pontificia Commissione per Revisione del Codice di Diritto Canonico, «che ha illustrato l'iter
dei lavori di revisione ed alcuni aspetti di quanto realizzato, i criteri fondamentali che hanno
guidato la riforma ed alcune novità di maggiore rilievo nella nuova codificazione»;
o il secondo, dall'Em.za Rev.ma Card. Agostino Casaroli, Segretario di Stato, «che ha trattato
di come la Chiesa deve vedere, comprendere ed accettare il nuovo Codice, ora riveduto e
rinnovato»;
o il terzo, dallo stesso Santo Padre Giovanni Paolo II, il quale ha approfondito la presenza e il
significato del diritto nella Chiesa, dandone un'ampia giustificazione, e infine ha consegnato
ufficialmente il nuovo Codice a tutta quanta la Chiesa con fiducia e speranza52.
Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium 1990
A completamento dell'introduzione generale al Codice di Diritto Canonico della Chiesa
Latina, è opportuno dare alcuni accenni alla revisione e al contenuto generale del nuovo
Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.
La codificazione per le Chiese Orientali Cattoliche ha inizio con la Commissione di studio
creata da Pio XI53.
PIUS PP. XI, Notificatio Cum quamplurimi, Instituitur Commissio Pontificia ad
codificationem iuris ecclesiastici orientalis parandam, s.d., in AAS 21 (1929) 669.
Continua poi con l'istituzione della Commissione per la redazione del testo:
SACRA CONGREGATIO PRO ECCLESIA ORIENTALI, Notificatio Augustus Pontifex, De
constituenda Pontificia Commissione ad redigendum «Codicem Iuris Canonici Orientalis»,
17 iulii 1935, in AAS 27 (1935) 306-308.
Escono successivamente parti del Codice di Diritto Canonico Orientale, promulgate dal Papa
Pio XII54:
PIUS PP. XII, Litterae Apostolicae Motu Proprio datae Crebrae allatae, De disciplina
sacramenti matrimonii pro Ecclesia Orientali, 22 februarii 1949, in AAS 41 (1949) 89-117
(131 canoni; entrato in vigore il 2 maggio 1949).
52 PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO, Promulgazione e presentazione ufficiale del
Codice di Diritto Canonico, Città del Vaticano [1983] (39 pagine).
53 Pio XI, di Desio (Milano), Achille Ratti, 6, 12 febbraio 1922 - 10 febbraio 1939.
54 Pio XII, Romano, Eugenio Pacelli, 2, 12 marzo 1939 - 9 ottobre 1958.
PIUS PP. XII, Litterae Apostolicae Motu Proprio datae Sollicitudinem Nostram, De iudiciis
pro Ecclesia Orientali, 6 ianuarii 1950, in AAS 42 (1950) 5-120 (576 canoni; entrato in vigore
il 6 gennaio 1951).
PIUS PP. XII, Litterae Apostolicae Motu Proprio datae Postquam Apostolicis Litteris, De
religiosis, De bonis Ecclesiae temporalibus et De verborum significatione pro Ecclesiis
Orientalibus, 9 februarii 1952, in AAS 44 (1952) 65-152 (325 canoni; entrato in vigore il 21
novembre 1952).
PIUS PP. XII, Litterae Apostolicae Motu Proprio datae Cleri sanctitati, Ad Venerabiles Fratres
Patriarchas, Archiepiscopos, Episcopos, ceterosque locorum Hierarchas Ecclesiarum
Orientalium, pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes: De ritibus orientalibus,
De personis pro Ecclesiis Orientalibus, 2 iunii 1957, in AAS 49 (1957) 433-603 (558 canoni;
entrato in vigore il 25 marzo 1958).
I due ultimi Motu Proprio di Pio XII, Postquam Apostolicis Litteris e Cleri sanctitati,
facevano preciso riferimento non più a una sola Chiesa Orientale, ma alle Chiese Orientali
nella loro legittima pluralità.
Documento fondamentale per la revisione del Codice per le Chiese Orientali, oltre il
complesso degli altri documenti, che, insieme ai documenti sopra citati, costituiscono fonte
agli attuali canoni, è indubbiamente il decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II, che porta
come intitolazione Orientalium Ecclesiarum, 21 novembre 196455.
In vista del rinnovamento della disciplina comune orientale e per affermare, in base al dettato
conciliare, la pluralità legittima delle diverse Chiese Orientali Cattoliche, il Papa Paolo VI, al
posto della "Pontificia Commissio Codicem Iuris Canonici Orientalis Redigendum", istituì la
"Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Orientalis Recognoscendo", il 10 giugno
197256. La notifica della costituzione avveniva con Lettera dell'allora Segretario di Stato,
Card. Giovanni Villot, al Card. Giuseppe Parecattil, nominato Presidente della Commissione
per la Revisione del Codice di Diritto Canonico Orientale57.
La Commissione pubblicava la rivista Nuntia, a numeri a sé stanti, giunta attualmente al suo
completamento con la promulgazione del Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, anni
1975-1990, n. 1-31.
I primi schemi sono usciti separatamente non appena i Gruppi di studio li avevano pronti per
la pubblicazione. Bisogna dire che la Commissione per la Revisione ha lavorato molto
celermente, perché la totalità degli schemi è stata data agli organismi competenti in vista delle
osservazioni ed emendamenti al testo dei canoni entro gli anni 1980-1984, nel seguente
ordine:
55 SACROSANCTUM CONCILIUM OECUMENICUM VATICANUM II, Decretum Orientalium Ecclesiarum, De Ecclesiis
Orientalibus Catholicis, 21 novembris 1964, in AAS 57 (1965) 76-89.
56 Cf. Communicationes 4 (1972) 177.
57 Nuntia 1975, n. 1, 11.
o 1980 -
Schema canonum de cultu divino et praesertim de sacramentis, Romae MCMLXXX
(p. 64; 236 canoni).
Schema canonum de monachis ceterisque religiosis necnon de sodalibus aliorum
institutorum vitae consecratae, Romae MCMLXXX (p. 52; 143 canoni).
o 1981 -
Schema canonum de normis generalibus et de bonis Ecclesiae temporalibus, Romae
MCMLXXXI (p. 56; 183 canoni).
Schema canonum de clericis et laicis, Romae MCMLXXXI (p. 40; 109 canoni).
Schema canonum de evangelizatione gentium, Magisterio ecclesiastico et
Oecumenismo, Romae MCMLXXXI (p. 36; 101 canoni).
Schema canonum de sanctionibus poenalibus in Ecclesia, Romae MCMLXXXI (p.
22; 62 canoni).
1982 -
Schema canonum de tutela iurium seu de processibus, Romae MCMLXXXII (p. 109;
398 canoni).
1984 -
Schema canonum de constitutione hierarchica Ecclesiarum Orientalium, Romae
MCMLXXXIV (p. 92; 292 canoni).
La Segreteria della Commissione per la Revisione del Codice Orientale operò le necessarie
correzioni ed emendamenti, in base alle osservazioni pervenute e poté presentare, a distanza
di appena due anni, lo schema dell'intero Codice orientale. Per coordinare il lavoro e riunire
in un unico complesso tutta la normativa rielaborata venne costituito un gruppo di studio,
denominato De coordinatione, «di cui fanno parte 5 consultori di facile convocazione ed
esperti in diritto Canonico Orientale e in lingua latina».
Si è seguito il criterio di divisione, non in 7 Libri come nel Codice di Diritto Canonico, ma
quello «in 29 Titoli, già delineato nella relazione fatta al Sinodo dei Vescovi nel 1980, da
parte del Vice-Presidente della Commissione»58, S.E.R. Miroslav Stefan Marusyn, Vescovo
titolare di Cadi.
I criteri e la traccia di lavoro del Coetus de coordinatione sono esposti in Nuntia 1985, n. 21,
66-79; l'evoluzione dell'ordine sistematico dello Schema Codicis Iuris Canonici Orientalis è
descritto nella relazione in Nuntia 1988, n. 26, 17-99; l'operato complessivo del Coetus de
coordinatione si trova in Nuntia 1988, n. 27, 3-86.
Il secondo schema, che comprendeva l'intera codificazione, porta la data del luglio 1986;
venne inviato ai Padri della Commissione di Revisione con Lettera del 17 ottobre 1986, festa
di S. Ignazio d'Antiochia59:
58 Nuntia 1984, n. 19, 93. A dir la verità i Titoli previsti nella relazione, tenuta il 16 ottobre 1980, erano 28: Nuntia 1980,
n. 11, 85-87.
59 Nuntia 1986, n. 23, 109-110.
o PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI ORIENTALIS RECOGNOSCENDO, Schema
Codicis Iuris Canonici Orientalis, Romae mense iulio MCMLXXXVI (p. 278; 1561
canoni)60.
È opportuno notare l'intitolazione al singolare dello schema: «Codex Iuris Canonici
Orientalis», che risente ancora della impostazione precedente; essa verrà poi cambiata e
modificata nella redazione definitiva.
A questo schema vennero fatte numerose osservazioni da parte dei Padri della
Commissione61; esse furono raccolte e pubblicate con le risposte date dal Gruppo di studio
al riguardo: Le osservazioni dei membri della Commissione allo «Schema Codicis Iuris
Canonici Orientalis» e le risposte del «Coetus de expensione observationum», in Nuntia
1989, n. 28.
La discussione sull'intero schema del Codice orientale si svolse nell'Assemblea Plenaria della
Pontificia Commissione, 3-14 novembre 1988; essa «aveva approvato a larghissima
maggioranza tutti i 30 Titoli, votati singolarmente, dello Schema del Codice orientale ed
aveva espresso il desiderio che esso, emendato “iuxta placita Patrum Commissionis”, venisse
presentato al più presto al Supremo Legislatore».
Seguì appunto il lavoro redazionale per tale presentazione, avvenuta il 28 gennaio 1989, in
vista dell'esame personale da parte del Sommo Pontefice:
o PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI ORIENTALIS RECOGNOSCENDO, Codex
Canonum Ecclesiarum Orientalium, Schema novissimum, Iuxta placita Patrum
Commissionis emendatum atque Summo Pontifici praesentatum62.
Il Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium è stato promulgato il 18 ottobre 1990, festa di S.
Luca Evangelista, con la Costituzione Apostolica Sacri Canones, ed è entrato in vigore il 1
ottobre 1991, festa del Patrocinio della Beata Vergine Maria in parecchie Chiese d'Oriente:
o IOANNES PAULUS PP. II, Constitutio Apostolica Sacri Canones, Venerabilibus Fratribus
Patriarchis, Archiepiscopis, Episcopis, ac dilectis Filiis Presbyteris, Diaconis ceterisque
Christifidelibus Orientalium Ecclesiarum: Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium
promulgatur, 18 octobris 1990, Praefatio, Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium,
Index, in AAS 82 (1990) 1033-1044, 1047-1060, 1061-1353, 1355-1363.
La presentazione avvenne il 25 ottobre 1990, nella XXVII Congregazione generale della 11ª
Assemblea, 8ª Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (30/9 – 28/10 1990), presenti i Rettori delle
Università Romane e i Decani delle Facoltà di Diritto Canonico dell'Urbe. Hanno preso la
parola: il Santo Padre Giovanni Paolo II; Mons. Emilio Eid, Vescovo titolare di Sarepta dei
Maroniti, Vicepresidente della Commissione; P. Ivan Zuzek, S.I., Segretario63. Questi mise
in evidenza le caratteristiche generali del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali: l'unità di
fondo del patrimonio giuridico delle Chiese Orientali, la varietà di esse nella configurazione
60 Nuntia 1987, n. 24-25.
61 Nuntia 1984, n. 18, 96-109.
62 Le notizie come pure l'intitolazione sono ricavate dalla Breve relazione sull'attività della Commissione dal 25 ottobre
1988 al 1° dicembre 1989, in Nuntia 1989, n. 29, 78-80.
63 Nuntia 1990, n. 31, 3-34.
delle Ecclesiae sui iuris, la novità della codificazione attuale che deriva, come per il Codice
di Diritto Canonico, dai principi del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Lo stesso giorno, 25 ottobre 1990, venivano date le norme per la tutela del testo latino e la
sua traduzione in altre lingue:
o SECRETARIA STATUS, Normae de latino textu Codicis Canonum Ecclesiarum Orientalium
tuendo eodemque alias in linguas vertendo, 25 octobris 1990, in L'Osservatore Romano,
Sabato, 27 ottobre 1990, 664.
La medesima Segreteria di Stato, in data 31 gennaio 1991, comunicava al Vicepresidente
della Commissione, S.E.R. Emilio Eid: «Con la promulgazione del Codex Canonum
Ecclesiarum Orientalium, la Commissione per la Revisione del Codice di Diritto Canonico
Orientale, da Lei guidata, ha portato a termine il suo compito»65.
Il Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium non segue la divisione in Libri, Parti e Sezioni,
propria del Codice di Diritto Canonico; ma ripartisce la materia in 30 Titoli, suddivisi a volte
in Capitoli, Articoli, Numeri e Lettere; l'ulteriore divisione è in Canoni, Paragrafi e Numeri,
come per il Codex Iuris Canonici.
È utile riportare la serie dei 30 Titoli, con i sei canoni preliminari:
o Canones praeliminares, cann. 1-6 (= 6).
o Titulus I, De christifidelibus eorumque omnium iuribus et obligationibus, can. 7-36 (=30).
o Titulus II, De Ecclesiis sui iuris et de ritibus, cann. 27-41 (= 15).
o Titulus III, De suprema Ecclesiae auctoritate, cann. 42-54 (= 13).
o Titulus IV, De Ecclesiis patriarchalibus, cann. 55-150 (= 96).
o Titulus V, De Ecclesiis Archiepiscopalibus maioribus, cann. 151-154 (= 4).
o Titulus VI, De Ecclesiis metropolitanis ceterisque Ecclesiis sui iuris, can. 155-176 (= 22).
o Titulus VII, De eparchiis et de Episcopis, cann. 177-310 (= 134).
o Titulus VIII, De exarchiis et de exarchis, cann. 311-321 (= 11).
o Titulus IX, De conventibus hierarcharum plurium Ecclesiarum sui iuris, can. 322 (= 1).
o Titulus X, De clericis, cann. 323-398 (= 76).
o Titulus XI, De laicis, cann. 399-409 (= 11).
o Titulus XII, De monachis ceterisque religiosis et de sodalibus aliorum institutorum vitae
consecratae, cann. 410-571 (= 162).
o Titulus XIII, De christifidelium consociationibus, cann. 573-583 (= 11).
o Titulus XIV, De evangelizatione gentium, cann. 584-594 (= 11).
o Titulus XV, De Magisterio ecclesiastico, cann. 595-666 (= 72).
o Titulus XVI, De cultu divino et praesertim de sacramentis, cann. 667-895 (= 229).
o Titulus XVII, De baptizatis achatolicis ad plenam communionem cum Ecclesia catholica
convenientibus, cann. 896-901 (= 6).
o Titulus XVIII, De oecumenismo seu de christianorum unitate fovenda, can. 902-908 (=7).
o Titulus XIX, De personis et de actibus iuridicis, cann. 909-935 (= 27).
o Titulus XX, De officiis, cann. 936-978 (= 43).
o Titulus XXI, De potestate regiminis, cann. 979-995 (= 17).
64 Nuntia 1990, n. 31, 35-36.
65 Nuntia 1990, n. 31, 73.
o Titulus XXII, De recursibus adversus decreta administrativa, cann. 996-1006 (= 11).
o Titulus XXIII, De bonis Ecclesiae temporalibus, cann. 1007-1054 (= 48).
o Titulus XXIV, De iudiciis in genere, cann. 1055-1184 (= 130).
o Titulus XXV, De iudicio contentioso, cann. 1185-1356 (= 172).
o Titulus XXVI, De quibusdam processibus specialibus, cann. 1357-1400 (= 44).
o Titulus XXVII, De sanctionibus poenalibus in Ecclesia, cann. 1401-1467 (= 67).
o Titulus XXVIII, De procedura in poenis irrogandis, cann. 1468-1487 (= 20).
o Titulus XXIX, De lege, consuetudine et de actibus administrativis, can. 1488-1539 (=52).
o Titulus XXX, De praescriptione et de temporis supputatione, cann. 1540-1546 (= 7).
Il Pontificio Consiglio dell'Interpretazione dei Testi Legislativi ha pubblicato l'edizione del
Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, con l'indicazione delle fonti in nota numerata ai
singoli canoni pagina per pagina; la presentazione è stata redatta dall’allora Presidente del
Pontificio Consiglio, S. Ecc.za Mons. Iulianus Herranz. Vi si aggiungono alla fine la
Costituzione Pastor bonus sulla Curia Romana e una trattazione intitolata De accessu ad
fontes, l'accesso alle fonti, per spiegare i criteri usati e avviarsi al reperimento delle fonti
stesse:
o PONTIFICIUM CONSILIUM DE LEGUM TEXTIBUS INTERPRETANDOS, Codex Canonum
Ecclesiarum Orientalium, Auctoritate IOANNIS PAULI PP. II promulgatus, Fontium
annotatione auctus, Libreria Editrice Vaticana 1995.
Introduzione al CIC/83, Libro I
Possiamo descrivere il Libro I del Codice di Diritto Canonico come il Libro che serve a leggere
e comprendere gli altri Libri del Codice, e tutte le altre leggi ecclesiastiche, per la loro giusta
applicazione.
Proprio per questo motivo si trova all’inizio del testo codiciale e, come la sua intitolazione -
«Norme generali»- lo suggerisce, i canoni del Libro I trattano fondamentalmente dei principi e
delle norme, piuttosto tecniche, che hanno una applicazione nelle altre parti del Codice e nel
diritto canonico in generale, per raggiungere una profonda comprensione delle leggi. Perciò viene
anche chiamato – la parte generale del codice o del diritto. Come affermava il giurista Celso:
«Scire leges non hoc est verba earum tenere, sed vim ac potestatem» ossia “Conoscere le leggi
non è tenerne a mente le parole, ma lo spirito e la forza”66. San Bonifacio VIII: «certum est quod
is committit in lege, qui legis verbum complectens, contra legis nititur voluntatem» (Reg. 88).
Una cosa chiara è che chiunque osserva la lettera della legge senza capire lo spirito di essa è
contro la legge.
1. Caratteristiche del Libro I
Le caratteristiche del Libro I si possono sintetizzare:
* generalità - corrispondentemente all’intitolazione del Libro I; es: se negli altri Libri vengono
descritti i diversi uffici del Vescovo, del parroco, del rettore, nel Libro I abbiamo la trattazione
generale sull’ufficio ecclesiastico, che si applica a tutte le categorie di uffici;
66 D. I, 3, 17.
* tecnicità - proprio perché si devono poter applicare con esattezza e sicurezza alle altre norme
del Codice e fuori del Codice i canoni del Libro I; essi risentono per ciò stesso di una certa
freddezza e formalismo, necessari però a garantire la giustizia;
* tradizione romano-ecclesiale - in quanto realizzano la sapienza giuridica antica, approfondita
nella formulazione del diritto romano e ripresa, con diversa prospettiva, dalla Chiesa per il suo
diritto;
* certezza giuridica - si presenta come la conseguenza delle caratteristiche precedenti ed è
insieme garanzia di giustizia e di verità, per un sicuro procedere delle persone fisiche e giuridiche
nell’ambito del popolo di Dio.
2. Fonti del Libro I
Il complesso delle fonti è stato inserito sotto il testo dei singoli canoni e paragrafi, per rendere
esplicita la tradizione canonica (cf. can. 6 § 2) e per un chiaro aiuto nell’interpretazione dei canoni
medesimi, oltre lo scopo, non certo di scarsa importanza, di far conoscere in modo particolare
l’influsso del Concilio Ecumenico Vaticano II sulla normativa vigente. L’edizione con le fonti è
stata pubblicata nel 1989, a cura della Pontificia Commissione per l’Interpretazione Autentica del
Codice di Diritto Canonico; per il Libro I:
PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI AUTHENTICE INTERPRETANDO, Codex Iuris
Canonici, Auctoritate IOANNIS PAULI PP. II promulgatus, Fontium annotatione et indice
analytico-alphabetico auctus, Libreria Editrice Vaticana 1989, 5-52.
Dal momento che nel Codice del 1917 erano già state raccolte le fonti antiche del diritto classico
e della legislazione successiva, le fonti del Codice attualmente vigente si limitano a indicare:
i canoni del Codice del 1917, corrispondenti in modo al testo dei canoni attuali;
le risposte autentiche ai canoni del Codice del 1917 date dalla “Pontificia Commissio ad
Codicis Canones Authentice Interpretandos”, istituita dal Papa Benedetto XV, con il Motu
Proprio Cum Iuris Canonici Codicem, 15 settembre 191767; vi si aggiungono le risposte date
dal Presidente della Commissione;
la legislazione postcodiciale, dal momento che l’attività legislativa della Chiesa non si è
limitata al Codice, ma ne ha seguito l’evolversi nella vita giuridica e pastorale;
i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II, fonte di evidente e rilevante importanza,
anche se soprattutto dottrinale;
i documenti della legislazione postconciliare ad esecuzione dei decreti del Concilio
Ecumenico Vaticano II;
le risposte autentiche ai documenti conciliari e postconciliari, date:
laboribus et Concilii Decretis Interpretandis”, istituita dal Papa Paolo VI, con il Motu
Proprio Finis Concilio, 3 gennaio 196668;
67 BENEDICTUS PP. XV, Motu Proprio Cum Iuris Canonici Codicem, Commissio instituitur ad Codicis canones
authentice interpretandos, 15 septembris 1917, in AAS 9 (1917) 483-484.
68 PAULUS PP. VI, Litterae Apostolicae Motu Proprio datae Finis Concilio, Commissiones quaedam postconciliares
constituuntur, 3 ianuarii 1966, in AAS 58 (1966) 37-40.
lla “Pontificia Commissio Decretis Concilii Vaticani II
Interpretandis”, istituita dal Papa Paolo VI, 11 luglio 196769.
Nel prendere in esame le fonti ai singoli canoni è assolutamente necessario avere presente il
criterio generale con cui esse furono raccolte ed elaborate, altrimenti si rischia in molti casi di
non comprendere il motivo della loro citazione. Come riporta il Card. Rosalio José Castillo Lara,
che ne presenta la redazione, nello scegliere le fonti è stato usato un concetto molto ampio per il
loro discernimento, con l’indicazione non solo delle fonti dalle quali si ricava direttamente il testo
del canone, ma anche di quelle fonti che offrono soltanto un lontano e indiretto riferimento ad
esso o hanno persino una relazione di contrarietà. Si è voluto in tal modo rendere più agevole agli
studiosi la conoscenza del progredire della norma70.
3. L’influsso del Concilio Ecumenico Vaticano II
Data la configurazione del Libro I, l’influsso dei documenti conciliari nei canoni di esso è stato
indubbiamente minore a confronto con gli altri Libri del Codice, proprio per le caratteristiche
sopra descritte; è però certamente presente. Esso si manifesta:
nell'assunzione di testi del Concilio proposti come canoni (cf. can. 87 § 1);
nel riportare le disposizioni della legislazione postconciliare, che sono attuazione di quanto
stabilito dal Concilio stesso, come pure le risposte autentiche ai decreti del Concilio;
ma soprattutto nello spirito nuovo, con cui è animato anche questo settore prevalentemente
tecnico del nuovo Codice; tale spirito lo si ritrova, non tanto nella singola disposizione, ma
leggendo il complesso dei canoni, che risultano per l’esperto “diversi” dai precedenti proprio
per il nuovo afflato che li pervade.
4. Struttura comparativa del Libro I
La struttura comparativa del Libro I, con le opportune aggiunte e integrazioni tratte dal Libro II
e da altri Libri del Codice del 1917, offre soltanto un’idea generale e generica per la
corrispondenza e il confronto dei canoni, anche se ha il suo interesse e significato soprattutto per
la numerazione e le intitolazioni dei Titoli, Capitoli e Articoli, con il numero complessivo dei
canoni corrispondenti ad ognuno di essi. Il confronto delle due normative codiciali permette in
certo modo di percepire visivamente le “novità” o il “riordinamento” della materia; e questo
contribuisce di certo allo studio attento e a una più sicura applicazione della “nuove” norme
generali nella vita della Chiesa.
Il fatto dell’aver riunito nel Libro I tutta una serie di norme tecniche, raccogliendole dal resto del
Codice, naturalmente non in senso assoluto ed esclusivo, mentre ha contribuito alla chiarezza e
69 SECRETARIA STATUS, Notificatio L'11 luglio, Constituitur Pontificia Commissio Decretis Concilii Vaticani II
Interpretandis, Prot. n. 99766, 11 iulii 1967, in Leges Ecclesiae post Codicem iuris canonici editae, Collegit,
digessit notisque ornavit Xaverius OCHOA, Volumen III, Leges annis 1959-1968 editae, n. 3577, Roma 1972, col.
5217 (= Leges Ecclesiae, III/3577, 5217).
La competenza di tale Commissione venne poi estesa: SECRETARIA STATUS, Litterae Il Santo Padre, Quibus competentia
Pontificiae Commissionis Decretis Concilii Vaticani II Interpretandis extenditur, Prot. n. 134634, 14 aprilis 1969,
in Communicationes 2 (1970) 78.
70 PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI AUTHENTICE INTERPRETANDO, Codex Iuris Canonici, Auctoritate
IOANNIS PAULI PP. II promulgatus, Fontium annotatione et indice analytico-alphabetico auctus, Libreria Editrice
Vaticana 1989 p. XII: « In Fontibus seligendis lata discernendi ratio adhibita est, non tantum eos, ex quibus directe
oritur canonis textus, indicando, sed etiam eos, qui remotam ac indirectam tantum relationem, etiam contrarietatis
habent. Voluimus ita faciliorem reddere studiosis normae progressus cognitionem».
alla precisione di questo tipo particolare di norma, “generale” per definizione, ha reso
contemporaneamente possibile presentare negli altri Libri in maniera più rilevante l’indole
pastorale e spirituale delle leggi della Chiesa, pur senza sottintendere l’aspetto propriamente
giuridico, con canoni d’intenso afflato teologico, che riportano, talvolta alla lettera, i principi e le
direttive del Concilio Ecumenico Vaticano II.
5. Elaborazione del Libro I
Abbiamo accennato nell’introduzione generale alle tappe successive della stesura di tutto il
Codice di Diritto Canonico. Ci fermiamo ora a considerare queste stesse tappe in riferimento alla
stesura del Libro I nel suo complesso, seguendo le varie fasi in cui essa si svolse, riportando le
citazioni dei lavori della Segreteria della Commissione per la revisione e dei Gruppi di studio dei
Consultori, tratte dalla rivista Communicationes, e le successive stesure del testo, seguendo gli
schemi elaborati secondo l’ordine del tempo.
Si tralascia il lavoro preparatorio precedente, che parte dal primo annuncio fatto dal Papa
Giovanni XXIII, 25 gennaio 1959, si concretizza nella costituzione della “Pontificia Commissio
Codici Iuris Canonici Recognoscendo”, 28 marzo 1963, e comprende il periodo dal 1963 al 1966,
anno quest'ultimo in cui si è tenuta la prima sessione del Gruppo di studio corrispondente.
I canoni del Codice del 1917, riguardanti la materia del Libro I, furono rielaborati dal Coetus
studiorum «De normis generalibus». Il resto dei canoni che costituiscono l’attuale Libro I, come
si vedrà nel seguito, venne rielaborato invece da un diverso Gruppo di studio, che assunse
successive denominazioni, dal momento che questi stessi canoni erano collocati precedentemente
in diversi Libri, soprattutto nel Libro II sulle persone.
Prima fase, 1966-1977
In questo periodo si parte dalla discussione iniziale sulla materia legislativa da elaborare, fino alla
prima stesura pubblicata dello schema del Libro I, comprendendo pure la materia che in esso si
inserirà in un secondo momento, come si può vedere dai diversi Gruppi di studio che ne trattano.
Sono state fatte serie delle sessioni71 anche denominate Coetus studiorum «De normis
generalibus»:
Sessio I, 24-27 maii 196672.
Sessio II, 13-17 novembris 196773.
Sessio III, 19-23 februarii 196874.
Sessio IV, 28-31 ianuarii 196975.
Sessio V, 29 septembris - 4 ottobre 196976.
71 La serie delle sessioni e i cambiamenti di denominazione dei Gruppi di studio si trovano: Synthesis generalis laboris
Pontificiae Commissionis Codici Iuris Canonici Recognoscendo, Cura et studio: P. Joseph FOX, O.P. - D. Georgii
CORBELLINI, in Communicationes 19 (1987) 266-270.
La nuova redazione, ancora però incompleta, si trova: Synthesis generalis laboris Pontificiae Commissionis Codici Iuris
Canonici Recognoscendo, in Communicationes 28 (1996) 191-236. L'indicazione completa dei verbali e delle
relazioni e di quanto concerne la revisione del Libro I è contenuta in Communicationes 23 (1991) 300-301.
72 Communicationes 16 (1984) 143-157.
73 Communicationes 17 (1985) 29-73.
74 Communicationes 19 (1987) 19-67.
75 Communicationes 19 (1987) 68-105.
76 Communicationes 19 (1987) 182-220.
Sessio VI, 25-30 ianuarii 197177.
Conclusa la Sessione VI del Gruppo di studio «De normis generalibus», il Relatore, Mons. Willy
Onclin, Segretario Aggiunto della Commissione, presentò la sintesi dei lavori in un'ampia
relazione con l’intitolazione: De recognoscendis normis generalibus Codicis I.C78.
Come sopra si era accennato, si indicano ora la serie delle Sessioni del Gruppo di studio, che
rielaborò la materia sparsa in diversi Libri del Codice del 1917 e procedette alla sua nuova
collocazione, non senza alcune difficoltà, nel Libro I del Codice di Diritto Canonico (Coetus
studiorum «De Quaestionibus specialibus Libri II»):
Sessio I, 5-6 maii 196779.
Sessio II, 9-12 decembris 196780.
Sessio III, 5-9 novembris 196881.
Sessio IV, 25-28 martii 196982.
Sessio V, 24-28 novembris 196983.
Sessio VI, 9-13 novembris 197084.
Sessio VII, 26-30 aprilis 197185.
Sessio VIII, 4-8 octobris 197186.
Sessio IX, 14-18 februarii 197287.
Sessio X, 13-17 novembris 197288.
Sessio XI, 12-16 martii 197389.
Sessio XII, 22-26 octobris 197390.
Sessio XIII, 13-17 maii 197491.
Sessio XIV, 12-16 ianuarii 197692.
Nella Quinta Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, il giorno 20 ottobre 1977, il Card.
Pericle Felici tenne una breve relazione sul lavoro svolto nella revisione del Codice di Diritto
Canonico, essendo imminente la pubblicazione degli ultimi schemi. Seguì una discussione
77 Communicationes 20 (1988) 95-121.
78 Communicationes 3 (1971) 81-94.
79 Communicationes 21 (1989) 35-55.
80 Communicationes 21 (1989) 119-136.
81 Communicationes 21 (1989) 137-164.
82 Communicationes 21 (1989) 165-204.
83 Communicationes 21 (1989) 205-245.
84 Communicationes 21 (1989) 246-273.
85 Communicationes 22 (1990) 12-35.
86 Communicationes 22 (1990) 36-73.
87 Communicationes 22 (1990) 74-117.
88 Communicationes 22 (1990) 118-165.
89 Communicationes 22 (1990) 234-275.
90 Communicationes 22 (1990) 276-315.
91 Communicationes 23 (1991) 22-107.
92 Communicationes 23 (1991) 108-127.
chiarificatrice, nella quale intervennero il Cardinale stesso, il Segretario Mons. Rosalio José
Castillo Lara e il Segretario Aggiunto, Mons. Willy Onclin93.
Il primo schema del Libro I fu pubblicato nel 1977, intitolato:
PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO, Schema canonum
Libri I de normis generalibus (Reservatum), Typis Polyglottis Vaticanis MCMLXXVII
(p. 58; 180 canoni).
Vengono presentate alcune osservazioni generali alla struttura dello schemae si nota soprattutto
la mancanza del Titolo sulle persone fisiche e giuridiche, demandato allo schema del Libro II,
cann. 1-15 e 70-80. Tale tema era intitolato e contenuto sulle persone fisiche e giuridiche nella:
PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO, Schema canonum
Libri II De populo Dei (Reservatum), Pars prima De personis in genere, Titulus I De
Christifidelibus, Caput I De personarum physicarum statu canonico, cann. 2-15,
Titulus II De personis iuridicis, cann. 70-80, Typis Polyglottis Vaticanis
MCMLXXVII, 23-26, 42-45.
Seconda fase, 1977-1980
Lo Schema canonum Libri I de normis generalibus del 1977 ricevette, entro i limiti dell'ottobre
197894, ma con una certa larghezza, le osservazioni da parte dei Cardinali, delle Conferenze
Episcopali, dei Dicasteri della Curia Romana, delle Università e Facoltà ecclesiastiche e dai
Superiori degli Istituti di vita consacrata. Altrettanto avvenne per il settore riguardante le persone
fisiche e giuridiche. Sulla base di queste osservazioni e con gli apporti dei Consultori dei due
Gruppi di studio e della Segreteria della Commissione, il testo dei canoni venne discusso e
rielaborato, fino a una nuova stesura. Riportiamo la serie delle sessioni e gli argomenti trattati in
esse.
SERIES ALTERA: Recognitio Schematis (1977): Libri I de Normis Generalibus95:
Sessio I, 7-11 maii 197996.
Sessio II, 23-27 octobris 197997.
Sessio III, 26 novembris - 1 decembris 198098.
Sessio IV, 18-23 februarii 198099.
Sessio V, 5-7 maii 1980100.
SERIES ALTERA: Recognitio Schematis (1977): Libri II de Populo Dei101:
93 Communicationes 9 (1977) 211-221.
94 PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO, Schema canonum Libri I de normis generalibus
(Reservatum), Typis Polyglottis Vaticanis MCMLXXVII, 2: «Tempus utile ad responsiones huic Pontificiae
Commissioni mittendas usque ad finem mensis octobris 1978 datur».
95 Communicationes 19 (1987) 270.
96 Communicationes 23 (1991) 141-165.
97 Communicationes 23 (1991) 166-210.
98 Communicationes 23 (1991) 211-243.
99 Communicationes 23 (1991) 244-272.
100 Communicationes 23 (1991) 273-299.
101 Communicationes 19 (1987) 275-276.
Sessio I, 15-20 octobris 1979102.
Sessio II, 19-23 novembris 1979103.
Sessio VIII, 8-16 maii 1980104.
Il problema della collocazione della materia sulle persone fisiche e giuridiche venne trattato in
maniera definitiva nella seduta del 13 maggio 1980, dopo la discussione sull’intitolazione e sulla
sistematica generale del Libro II. Così i canoni riguardanti le persone fisiche e le persone
giuridiche furono inseriti nel Libro I e collocati prima del Titolo riguardante gli atti giuridici. La
intitolazione, contenuto e struttura del secondo schema del Libro I si trova in:
PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO, Schema Codicis Iuris
Canonici, Iuxta animadversiones S.R.E. Cardinalium, Episcoporum Conferentiarum,
Dicasteriorum Curiae Romanae, Universitatum Facultatumque ecclesiasticarum necnon
Superiorum Institutorum vitae consecratae recognitum (Patribus Commissionis
reservatum), LIBER I, DE NORMIS GENERALIBUS, cann. 1-200, Libreria Editrice Vaticana 1980,
3-43.
Terza fase, 1980-1981
Lo Schema Codicis Iuris Canonici del 1980 venne inviato ai Padri della Pontificia Commissione
di Revisione per l’esame e le osservazioni, in vista dell'elaborazione dello schema da presentare
al Sommo Pontefice per l'approvazione definitiva. La Commissione stessa, per volontà del Santo
Padre, fu aumentata di numero, «ut maior haberetur in ipsa Episcoporum totius orbis catholici
repraesentatio»105. Furono raccolte e catalogate tutte le osservazioni, i voti e le nuove proposte
dei Cardinali e Vescovi membri della Pontificia Commissione. Questo materiale, fu pubblicato
in un volume nella Quinta Congregazione Plenaria, tenutasi a Roma 20-29 ottobre 1981:
PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO, Relatio, Complectens
synthesim animadversionum ab Em.mis atque Exc.mis Patribus Commissionis ad
novissimum Schema Codicis Iuris Canonici exhibitarum, cum responsionibus a Secretaria
et consultoribus data (Patribus Commissionis stricte reservata), Liber I, De normis
generalibus, Typis Polyglottis Vaticanis MCMLXXXI, 16-46106.
Delle osservazioni, voti, proposte fatte dai Padri della Commissione, alcune furono accolte dalla
Segreteria della Commissione, altre invece respinte; per altre vennero fornite delle spiegazioni o
date le ragioni della scelta operata; per altre ancora la discussione fu rimandata alla
Congregazione Plenaria della Commissione.
La questione terminologica venne risolta nella riunione del 28 ottobre 1981 dopo la discussione
e la corrispondente replica alle osservazioni107.
102 La relazione della parte che interessa le persone fisiche e giuridiche, discussa il 15-17 ottobre 1979, si trova in
Communicationes 12 (1980) 48-76.
103 La relazione della parte che interessa le persone fisiche e giuridiche, discussa il 23-24 novembre 1979, si trova in
Communicationes 12 (1980) 122-129.
104 La relazione della parte che interessa le persone fisiche e giuridiche, discussa il 13 maggio 1980, si trova in
Communicationes 13 (1981) 298-302.
105 Vedi sopra nota 57.
106 Communicationes 14 (1982) 127-154.
107 Ivi, 587.
Dopo l’approvazione globale da parte della Commissione nella riunione del 28 ottobre 1981 e
l’intenso lavoro della Segreteria e dei Consultori venne approntato lo schema definitivo del
Codice, compreso il Libro I, da presentare al Santo Padre: ciò che avvenne il 22 aprile 1982 con
intitolazione, contenuto e struttura del terzo schema del Libro I nella:
PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO, Codex Iuris Canonici,
Schema novissimum, Post consultationem S.R.E. Cardinalium, Episcoporum
Conferentiarum, Dicasteriorum Curiae Romanae, Universitatum Facultatumque
ecclesiasticarum necnon Superiorum Institutorum vitae consecratae recognitum, iuxta
placita Patrum Commissionis deinde emendatum atque SUMMO PONTIFICI praesentatum,
Liber I, De normis generalibus, cann. 1-203, E Civitate Vaticana 25 martii 1982, 1-33.
Quarta fase, 1982
Questa fase è consistita nell'esame approfondito dello schema del Codice del 1982, compiuto
personalmente dal Santo Padre Giovanni Paolo II assieme con le due successive Commissioni di
esperti.
Riportiamo le principali modifiche apportate allo schema del 1982 in riferimento al Codice
attualmente vigente:
quanto alla suddivisione interna del Libro I, non furono apportate modifiche di nessun
genere; l'unica variante riguarda il numero delle pagine rispetto alle due edizioni;
quanto al contenuto dei canoni, alcuni cambiamenti sono di notevole importanza
teologica e giuridica; altri sono puramente formali; altri riguardano semplicemente la
rifinitura del testo.
Lo scopo generale di tali varianti, oltre la necessaria precisazione in ambito dottrinale, è stato
quello di rendere il testo maggiormente perspicuo.
Quinta fase, 1983
La quinta fase comprende tutti gli atti ufficiali della Suprema Autorità della Chiesa circa il nuovo
Codice di Diritto Canonico, incluso il Libro I ed è promulgazione, 25 gennaio 1983.
IOANNES PAULUS PP. II, Constitutio Apostolica Sacrae disciplinae leges, Venerabilibus
Fratribus Cardinalibus, Archiepiscopis, Episcopis, Presbyteris, Diaconis ceterisque populi
Dei membris: Codex Iuris Canonici promulgatur, 25 ianuarii 1983, in AAS 75 (1983) Pars
II, VII-XIV.
Entrata in vigore, 27 novembre 1983.
6. Indicazioni sulla legislazione vigente
Il complesso legislativo vigente non si riduce ai tre fondamentali documenti, che secondo la
parola autorevole del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, costituiscono la traduzione esecutiva
dei principi ispiratori del Concilio Ecumenico Vaticano II108: Codex Iuris Canonici109, Constitutio
Apostolica Pastor bonus110, Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium111; ma si completa sia
con documenti legislativi precedenti, sia con leggi vere e proprie promulgate dopo il Codice di
Diritto Canonico.
Dopo la promulgazione del Codice di Diritto Canonico, completano la legislazione universale o
integrano la legislazione vigente con inserimento di nuove disposizioni canoniche, secondo i vari
generi letterari di legge di portata universale, valide cioè per tutta la Chiesa.
Si devono inoltre tenere presente i numerosi documenti, che assumono il genere letterario del
Decreto generale esecutivo o della Istruzione con annesse norme direttive o esecutive.
CANONI INIZIALI O PRELIMINARI
I canoni 1-6 trattano del rapporto tra il Codice di diritto canonico e altre realtà giuridiche: le
norme delle Chiese orientali (can. 1), il diritto liturgico (can. 2), gli accordi con gli Stati e altre
comunità politiche (can. 3), i diritti acquisiti e i privilegi delle persone fisiche e giuridiche (can.
4), e infine, la normativa precedente, consuetudinaria e legislativa (cann. 5-6).
CAN. 1: L’AMBITO DEL CIC/83
1. Terminologia
Ecclesia latina - si può definire la Chiesa che usa il latino come lingua ufficiale. Il termine
sarà approfondito trattando il can. 111.
canon - «ogni singola disposizione del codice di diritto canonico contrassegnata da un numero
progressivo»112.
2. Parte dispositiva
108 «Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, qui nunc in lucem proditur, veluti complementum magisterii a Concilio
Vaticano II propositi habendus est, quo universae Ecclesiae ordinatio canonica tandem expletur, praeeuntibus
Codice Iuris Canonici latinae Ecclesiae, anno MCMLXXXIII promulgato, atque “Constitutione Apostolica de
Romana Curia” anni MCMLXXXVIII, quae utrique Codici adiungitur utpote “communionis, universam
Ecclesiam veluti conglutinantis” (Const ap. Pastor bonus, n. 2) princeps Romani Pontificis instrumentum»:
IOANNES PAULUS PP. II, Constitutio Apostolica Sacri Canones, Venerabilibus Fratribus Patriarchis,
Archiepiscopis, Episcopis, ac dilectis Filiis presbyteris, Diaconis ceterisque Christifidelibus Orientalium
Ecclesiarum, Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium promulgatur, 18 octobris 1990, in AAS 82 (1990) 1038-
1039. 109 IOANNES PAULUS PP. II, Constitutio Apostolica Sacrae disciplinae leges, Venerabilibus Fratribus Cardinalibus,
Archiepiscopis, Episcopis, Presbyteris, Diaconis ceterisque populi Dei membris: Codex Iuris Canonici
promulgatur, Praefatio, Codex Iuris Canonici, Index, 25 ianuarii 1983, in AAS 75 (1983, Pars II) VII-XIV, XV-
XXX, 1-301, 303-317. 110 IOANNES PAULUS PP. II, Constitutio Apostolica Pastor bonus, De Romana Curia, 28 iunii 1988, Adnexum I, De
pastorali momento Visitationis “ad limina Apostolorum” de qua in articulis a 28 ad 32, Adnexum II, De
Apostolicae Sedis adiutoribus uti laboris Communitate de qua in articulis a 33 ad 36, Index, in AAS 80 (1988)
841-912, 913-917, 918-923, 931-934. 111 IOANNES PAULUS PP. II, Constitutio Apostolica Sacri Canones, Venerabilibus Fratribus Patriarchis, Archiepiscopis,
Episcopis, ac dilectis Filiis presbyteris, Diaconis ceterisque Christifidelibus Orientalium Ecclesiarum, Codex
Canonum Ecclesiarum Orientalium promulgatur, 18 octobris 1990, Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, in
AAS 82 (1990) 1033-1044, 1045-1364.
112 ZINGARELLI12, voce canone.
Il can. 1 dispone che tutta la normativa canonica, contenuta nei canoni del Codice di Diritto
Canonico, comprese le risposte autentiche ai medesimi canoni, riguarda soltanto i fedeli
ascritti, per ascrizione originaria o successiva, alla Chiesa latina a norma dei cann. 111-112113.
3. Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium
Il can. 1 latino corrisponde al can. 1 orientale114; la sua collocazione è nella parte iniziale:
Canones praeliminares, intitolazione non usata nel Codice latino.
Anche qui il can. 1 tratta dell’estensione della normativa canonica delle Chiese Orientali ai
soli fedeli ascritti a una di esse, a norma dei cann. 29-38. Si riporta altresì la possibilità di
relazioni con la Chiesa Latina.
CAN. 2. IL CODICE E IL DIRITTO LITURGICO
Questo canone regola il rapporto tra il Codice di Diritto Canonico e il diritto liturgico115, il
quale comprende tutte le norme riguardanti la celebrazione della S. Messa, il culto del Mistero
Eucaristico fuori della S. Messa, come pure i diversi riti per la celebrazione degli altri
sacramenti e dei sacramentali.
1. Terminologia
ritus - viene inteso specificamente in questo canone nel senso di qualunque forma legittima
di compiere le sacre funzioni; così: il "Rito della S. Messa", il "Rito del Battesimo".
actio liturgica - indica appunto la funzione sacra, che si celebra con il rito proprio.
leges liturgicae - sono le leggi che regolano la sacra liturgia e perciò determinano pure i riti
nel celebrare le sacre funzioni; il complesso di queste leggi, attualmente vigenti, forma il
cosiddetto diritto liturgico.
contraria - una disposizione è contraria, quando non può essere osservata
contemporaneamente insieme alla disposizione contenuta in altro canone del Codice di Diritto
Canonico o in altra legge ecclesiastica.
2. Parte dispositiva
Il can. 2, a parte le variazioni terminologiche sopra esaminate, quanto al contenuto riporta
praticamente la stessa norma dispositiva del codice precedente. Esso pone due principi e una
eccezione:
o il principio di estraneità - non è compito del Codice di Diritto Canonico definire i riti
liturgici o riportare la descrizione della celebrazione delle funzioni liturgiche, in quanto
ciò spetta appunto al diritto liturgico.
o il principio di permanenza - tutto il complesso delle leggi liturgiche, con la precisazione
«hucusque vigentes», finora vigenti, mantiene il suo valore, proprio in forza di questa
disposizione del can. 2: il Codice infatti regola nella sua globalità tutta la disciplina della
Chiesa.
113 Cf. J. BEYER, Il primo canone del Codice, in Quaderni di diritto ecclesiale 6 (1993) 298-306.
114 Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1. Canones huius Codicis omnes et solas Ecclesias orientales
catholicas respiciunt, nisi, relationes cum Ecclesia latina quod attinet, aliud expresse statuitur. 115 Cf. M. RIVELLA, Il rapporto fra Codice di diritto canonico e diritto liturgico, in Quaderni di diritto ecclesiale 8 (1995)
193-200.
o l'eccezione - se qualche canone del Codice attuale modifica, deroga o abroga una legge
liturgica, questa immediatamente deve essere modificata, derogata o abrogata, secondo i
casi: è questo il senso del «nisi sit contraria»; la prevalenza spetta al Codice.
Il lavoro di adattamento delle leggi liturgiche al nuovo Codice venne eseguito dalla
Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino con Decreto Promulgato Codice, del 12
settembre 1983: Variationes in libros liturgicos, ad normam Codicis Iuris Canonici nuper
promulgati introducendae, Typis Polyglottis Vaticanis MCMLXXXIII.
Ci si può domandare quale sia la natura delle norme del Libro IV del Codice, che trattano
della funzione di santificare nella Chiesa. Sono canoni «connessi con la liturgia». Si trovano
nel Codice perchè fanno riferimento alla comunità ecclesiale in se stessa e sono destinate a
promuovere il buon ordine pubblico nella Chiesa116. Per es.: il diritto della comunità di
conoscere previamente i requisiti di validità e liceità delle celebrazioni liturgiche; chi e sotto
quali condizioni può presiedere un rito liturgico; chi può prendere un determinato ruolo nel
rito che viene celebrato. Sono canoni che regolano materie connesse con la liturgia che, per
regola generale, sono di carattere previo alle celebrazioni, in modo tale da garantire la validità
e la liceità delle azioni liturgiche117.
3. Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium
Il can. 2 latino trova una sufficiente corrispondenza nel can. 3 orientale118; la sua
collocazione è nella parte iniziale: Canones praeliminares.
Sostanzialmente si tratta delle medesima disposizione, anche se qui il riferimento al diritto
liturgico diventa più frequente, data la formula «saepe … se refert»; inoltre è manifesta la
preoccupazione dell'osservanza delle prescrizioni liturgiche, pur stabilendo la prevalenza
della normativa codiciale.
CAN. 3. IL CODICE E IL DIRITTO CONCORDATARIO
Anche questo canone regola un rapporto tra sistemi legislativi; però, mentre il precedente can.
2 lo regolava all'interno della Chiesa, questo lo determina in relazione agli altri Ordinamenti
giuridici in ambito internazionale. La Sede Apostolica, qui citata, si colloca nella posizione,
di cui al can. 113 § 1, come "persona morale", che tratta internazionalmente, anche se
stabilisce una precisa disposizione per i fedeli della Chiesa.
1. Terminologia
116 Cf. Communicationes 5 (1973) 42-43.
117 «… conviene observar que el CIC, al tratar esta materia, considera las situaciones jurídicas en que se encuentran los
ministros y los demás fieles, así como las relaciones de justicia que median entre quienes personifican a Cristo en
las acciones sagradas, y quienes precisan de los sacramentos para su inserción en la Iglesia o para desarrollar su
vocación propia en el Pueblo de Dios. También en este ámbito, el nervio del tratamiento jurídico pretende
garantizar el valor de los actos, y lo realiza mediante el despliegue operativo de los requisitos de capacidad activa
y pasiva de las partes implicadas en la realización de los sacramentos, así como por la determinación de los
criterios que encauzan el legítimo comportamiento de los ministros sagrados y de los fieles»: E. TEJERO,
Comentario al Libro IV, en Código de derecho canónico, Edición bilingüe y anotada, a cargo del Instituto Martín
de Azpilcueta, EUNSA, Pamplona 51992, 519.
118 Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 3 - Codex, etsi saepe ad praescripta librorum liturgicorum se refert,
de re liturgica plerumque non decernit; quare haec praescripta sedulo servanda sunt, nisi Codicis canonibus sunt
contraria.
Apostolica Sedes - è un nomen iuris, vale a dire, un'espressione o un termine definito dalla
legge; in questo caso il significato è determinato appunto dal can. 361.
natio - deriva da "nascita" e si definisce «il complesso degli individui legati da una stessa
lingua, storia, civiltà, interessi, aspirazioni, specialmente in quanto hanno coscienza di questo
patrimonio comune»119, qui però s'intende "nazione" nel senso di Stato, cioè di persona
morale territoriale sovrana, costituita dalla organizzazione politica di un gruppo sociale
stanziato stabilmente su un territorio: con esso la Sede Apostolica intrattiene o potrebbe
intrattenere rapporti diplomatici.
societas politica - comprende le società sopranazionali o infranazionali, che di per sé non
posseggono un territorio indipendente dallo stato o nazione in cui hanno la loro sede
principale, ma con le quali si instaura o è possibile instaurare un rapporto di tipo diplomatico.
conventio - indica un accordo tra volontà sovrane, che normalmente giunge a una
formulazione scritta e siglata dalle autorità competenti della Sede Apostolica e della nazione
o della società politica, su questioni di comune interesse; tale "convenzione" viene variamente
denominata: concordato, che implica il rapporto generalmente completo su tutta la materia di
competenza dei due Ordinamenti sovrani; poi, patto, accordo, "modus vivendi", protocollo.
abrogare - significa revocare completamente una legge con un altro atto legislativo posto
dalla autorità legittima e competente120.
derogare - significa revocare una parte della legge precedente alle medesime condizioni
dell'abrogazione.
2. Parte dispositiva
Il can. 3, circa il rapporto tra Codice e diritto concordatario, stabilisce:
o il principio di permanenza - i canoni del Codice non modificano in nulla le convenzioni
e tutti gli accordi del genere, anche se riportano delle disposizioni abrogative o di deroga
agli accordi stessi: questi perciò continuano ad avere il loro valore, nonostante la
promulgazione e l'entrata in vigore del Codice di Diritto Canonico il 27 novembre 1983.
o l'eccezione - essa ribadisce il principio di permanenza, per cui, se qualche canone del
Codice fosse eventualmente contrario alla disposizione di un accordo internazionale,
questa stessa disposizione e l'accordo continuerebbero a rimanere in vigore, nonostante
l'opposizione della legge canonica vigente.
La ragione per giustificare il canone sta nel fatto che ciò che fu stabilito concordemente da
due parti a modo di contratto, - pacta sunt servanda - non può essere "denunciato", revocato
o modificato anche solo parzialmente da una sola di esse, dal momento che i canoni del
Codice di Diritto Canonico sono leggi unicamente all'interno della Chiesa: salvo beninteso
quei canoni che riportano disposizioni di diritto divino121.
3. Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium
119 ZINGARELLI12, voce nazione.
120 Vedi la trattazione fatta da P. MONTINI, Il Diritto Canonico dalla A alla Z, A. Abrogazione, in Quaderni di diritto
ecclesiale 5 (1992) 245-258. 121 Cf. J. HUELS, Commentary on can. 3, in J. BEAL – J. CORIDEN – T. GREEN (Edd.), New Commentary on the Code of
Canon Law, Paulist Press, New York / Mahwah 2000, 50-51.
Il can. 3 latino è parallelo al can. 4 orientale122.
C'è però un disposto, espresso con l'aggettivo «approbatas», che non è presente nel Codice
latino. Con ciò si mette in evidenza la possibilità, data alle Chiese Orientali, di stabilire
accordi, che dovranno poi essere approvati dalla Santa Sede123.
CAN. 4. IL CODICE IN RELAZIONE AI DIRITTI ACQUISITI E AI PRIVILEGI
Il rapporto, che viene regolato in questo canone, non si verifica più tra due sistemi legislativi;
ma, in primo luogo, tra il diritto oggettivo-normativo, la legge, e i diritti soggettivi,
legittimamente acquisiti, delle persone fisiche o delle persone giuridiche; in secondo luogo,
tra legge canonica e i diritti soggettivi delle medesime persone, legittimamente loro concessi
dalla competente autorità.
1. Terminologia
– ius quaesitum - espressione non troppo facile da precisare. Facendone una descrizione
possiamo dire:
in senso negativo - i diritti acquisiti
non sono "diritti innati", quelli cioè che provengono dalla nascita o dall'ascrizione originaria a un
Ordinamento giuridico primario, senza alcun altro titolo giuridico di possesso;
non sono neppure "facoltà", grazie o concessioni, attribuite dalla legge stessa alla persona in
questione;
come non sono "diritti acquirendi", che la persona è capace di acquisire, può acquisire, ma non ha
ancora iniziato ad acquisire;
non sono nemmeno "aspettative di diritto", una situazione in corso di formazione per diventare un
diritto acquisito: si chiamano pure "diritti iniziati", anche se non sono ancora del tutto acquisiti;
in senso positivo - i diritti acquisiti sono veri e propri diritti soggettivi entrati a far parte del
patrimonio giuridico della persona fisica o giuridica, che attualmente li possiede, dal momento che li
aveva precedentemente acquisiti a norma di legge o per concessione del legislatore.
– acquisitio iuris - l'accento è posto sull'aggettivo quaesitum, che qualifica lo ius quaesitum.
Si giunge all'acquisizione di un diritto soggettivo attraverso stadi successivi; si richiede infatti:
la legge, che qui sta per qualsiasi norma o consuetudine, che determini e regoli le
condizioni, adempiute le quali la persona fisica o la persona giuridica acquisisce quello specifico
diritto "soggettivo";
il fatto giuridico, previsto dalla legge e al quale la legge stessa annette l'effetto giuridico
dell'acquisizione del diritto; il fatto giuridico può essere:
semplice, quando si realizza con un unico atto;
122 Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 4 - Canones Codicis initas aut approbatas a Sancta Sede
conventiones cum nationibus aliisve societatibus politicis non abrogant neque eis derogant; eaedem idcirco
perinde ac in praesens vigere pergent contrariis Codicis praescriptis minime obstantibus.
123 La fonte di questo canone, che riconosce l'ampia potestà dei Patriarchi, si trova: PIUS PP. XII, Litterae Apostolicae
Motu Proprio datae Cleri sanctitati, Ad Venerabiles Fratres Patriarchas, Archiepiscopos, Episcopos, ceterosque
locorum Hierarchas Ecclesiarum Orientalium, pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes: De ritibus
orientalibus, De personis pro Ecclesiis Orientalibus, 2 iunii 1957, can. 281, in AAS 49 (1957) 518: «Patriarcha,
impetrato consensu Sedis Apostolicae, conventiones, non tamen contrarias iuri communi vel legi a Sede
Apostolica pro peculiari illo ritu datae, cum Auctoritate civili, obtento consensu Synodi permanentis, inire potest.
Easdem autem conventiones Patriarcha ad effectum ducere non potest nisi obtenta Sedis Apostolicae
approbatione». Per questo can. 281 non sono indicate fonti precedenti.
complesso, quando si realizza con una serie di atti, previsti dalla legge, che si succedono nel tempo;
intertemporale, quando si realizza mediante lo scorrere di un periodo di tempo, determinato dalla
legge;
la posizione del fatto giuridico, al quale la legge attribuisce l'effetto giuridico del sorgere,
modificarsi, o estinguersi di un diritto soggettivo: posto l'unico atto; realizzata la serie completa degli
atti; decorso senza interruzioni tutto il periodo di tempo determinato.
– privilegium - è un nomen iuris, definito nel can. 76 § 1: può essere descritto come una
qualunque concessione favorevole (cf. can. 77), fatta a vantaggio di determinate persone fisiche o
giuridiche, per poter agire contra vel praeter ius, vale a dire, in modo diverso o al di fuori della legge.
Dal fatto che il privilegio può essere concesso soltanto dal legislatore, o dall'autorità esecutiva alla
quale il legislatore abbia attribuito tale potestà (cf. can. 76 § 1), mediante un atto peculiare, a modo
di norma oggettiva, oltre che dalla disposizione canonica, consegue l'importanza del privilegio
medesimo, tanto da essere ritenuto in dottrina una specie di "singularis lex", o "privata lex",
dall'aggettivo privus = singolo, isolato, come indica anche l'étimo del termine.124
– persona physica et iuridica - nomina iuris, definiti nei cann. 96 e 113 § 2.
– revocatio la cessazione ab extrinseco di un privilegio mediante un atto peculiare, prodotto
dall'autorità competente.
2. Parte dispositiva
È necessario leggere il canone secondo le due parti distinte, in quanto diversa è la disposizione
normativa circa i diritti acquisiti e circa i privilegi, pur essendo comune tra i due il principio di
permanenza e l'eccezione; per i privilegi però si aggiungono altre condizioni.
2.1. Circa i diritti acquisiti
La disposizione legislativa stabilisce:
* il principio di permanenza, per cui iura quaesita permangono intatti, anche se è cambiata
la legge in forza della quale essi sono stati effettivamente acquisiti: «Iura quaesita integra
manent».125
* l'eccezione, introdotta dalla particella condizionale «nisi»: se nei canoni del Codice c'è una
disposizione che revoca o abolisce, in modo espresso, esplicito o implicito, un determinato diritto
soggettivo già acquisito da una persona fisica o giuridica, questo viene immediatamente a cessare.
Tra le ragioni motivanti il principio di permanenza, si può citare non soltanto la disposizione del can.
9 sulla irretroattività della legge, in quanto la nuova legge riguarda i diritti che si acquisiranno nel
futuro, non quelli acquisiti nel passato con la legge precedente;126 ma anche il fatto che è necessario
difendere la stabilità dell'ordine giuridico nella comune convivenza sociale: e questo richiede
corrispondentemente la stabilità, non la fissità, dei diritti soggettivi acquisiti dalle persone, che fanno
parte della medesima convivenza.
Si è detto: «non la fissità», in quanto il legislatore è tenuto a perseguire il bene comune della
società; nel caso ben determinato in cui il bene comune costituisce un interesse prevalente rispetto al
124 M. CORTELAZZO - P. ZOLLI, Dizionario etimologico della lingua italiana, voce privilegio, Bologna 1985, 981.
125 Cf. J. GARCÍA MARTÍN, Le norme generali del Codex Iuris Canonici, Institutum Iuridicum Claretianum, Ediurcla,
Roma 52006, 32-33 (= GARCÍA MARTÍN5, Le norme generali, 32-33).
126 Cf. CHIAPPETTA, Il Codice di Diritto Canonico, I/148, 37.
singolo diritto soggettivo, questo deve necessariamente cedere, salvo restando la facoltà della persona
di ricorrere alla legittima autorità per rivendicare il proprio diritto.
acquisiti; si vedano i cann. 36 § 1, 38, 121, 122, 123, 192, 326 § 2, 562, 616 § 1, 1196.
come fonte il can. 771 § 1 del Codice del 1917. Si tratta della revoca implicita del diritto acquisito di
esclusività del fonte battesimale posseduto da una chiesa, in riferimento al diritto soggettivo di ogni
singola chiesa parrocchiale di avere il proprio fonte battesimale: alla chiesa, che possedeva il diritto
acquisito di esclusività, rimane il diritto cumulativo; tale diritto si aggiunge a quello proprio delle
altre chiese parrocchiali che una volta non l'avevano e ora lo posseggono in base appunto al can. 858
§ 1.
2.2. Circa i privilegi
Il canone stabilisce:
* il principio di permanenza, condizionato - il principio è il medesimo che per i diritti
acquisiti; dal momento però che si tratta di "concessioni contro o al di fuori del diritto", che di per sé
non fanno parte del patrimonio giuridico proprio della persona, ma sono un "favore" da parte del
legislatore, questi è più libero di ridurli o anche di abolirli del tutto; di conseguenza, sono state poste
dal legislatore stesso delle condizioni per la permanenza di tali privilegi.
* le condizioni - perché i privilegi possano rimanere in vigore si richiede:
che siano stati concessi dalla Sede Apostolica; di conseguenza, non si parla di
concessioni da parte di altra autorità, come il Vescovo diocesano o eventualmente il Concilio
particolare;
l'uso effettivo del privilegio al tempo della promulgazione del Codice;
nessuna revoca precedente o attuale mediante un atto formale da parte dell'autorità
competente.
* l'eccezione, come sopra per i diritti acquisiti.
Le ragioni motivanti la disposizione condizionata derivano non tanto ex iustitia, come
sopra per i diritti acquisiti, quanto piuttosto ex convenientia, in quanto sembra opportuno che il
legislatore, una volta concesso il privilegio in base a cause di tempo, luogo, circostanze, merito, di
quelle determinate persone fisiche o, forse in maniera più rilevante, di certe persone giuridiche
proprio in vista di un più agevole e sicuro espletamento della missione, non lo elimini
immediatamente con una legge generale, che di per sé non tiene conto, né può tenerlo, delle cause
particolari sopra citate. Essendo però una ragione ex convenientia, il principio di permanenza risulta
appunto condizionato in base a precise verifiche.
stata fatta nei cann. 396 § 2, 509 § 1, 526 § 2. A detti canoni García Martín127, aggiunge anche il
can. 1019 § 2; facciamo notare che in esso si parla di indulto e non di privilegio128, oltre il fatto che
dal can. 4 del Codice del 1917 è stato eliminato il termine indulto, come sopra si è indicato.
3. Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium
127 Cf. GARCÍA MARTÍN, Le norme generali, 36, nota 49. 128 «La differenza tra indulto e privilegio è che il privilegio è, propriamente, costitutivo di una norma oggettiva speciale
(ius singulare) ed ha per sé una maggiore stabilità»: CHIAPPETTA, Il Codice di Diritto Canonico, I/156, 39.
Il can. 4 latino corrisponde sostanzialmente e pressoché letteralmente al can. 5 orientale.129
CAN. 5. IL CODICE E IL DIRITTO CONSUETUDINARIO
Il rapporto investe qui la stessa normativa canonica, in quanto la consuetudine ha valore di
legge nella Chiesa, anche se il Codice ne regola le condizioni di formazione e di esistenza nei cann.
23-28. Le disposizioni del can. 5 sono quindi di grande importanza per la disciplina ecclesiastica: si
tratta infatti del rapporto tra il sistema consuetudinario vigente prima della promulgazione del nuovo
Codice con il sistema legislativo canonico attualmente vigente.
1. Terminologia
– consuetudo - può essere considerata secondo una duplice prospettiva, in fieri o in facto esse
rispettivamente:
consuetudo facti - posizione od omissione di atti simili per un periodo di tempo
sufficientemente prolungato, fino a formare abitudini costanti nella stessa comunità; tale tipo di
consuetudine viene denominata anche: uso, usanza, costume, prassi, prassi comprovata …
consuetudo iuris - diritto oggettivo-normativo non scritto, introdotto sulla base di una
"consuetudo facti", cioè per diuturne abitudini da parte del popolo di Dio, con il convincimento che
esso induca un vero obbligo giuridico, cui si aggiunge il consenso legale del legislatore ecclesiastico
competente.
s'intende appunto in questo ultimo senso di «consuetudo iuris»; solo questa infatti ha vera rilevanza
giuridica con forza di legge.
La consuetudine si distingue in base:
all'estensione:
universalis - che ha valore di legge per tutta la Chiesa, anche se riguarda una sola categoria
o un solo stato di fedeli;
particularis - che ha valore di legge per parte della Chiesa, che costituisca una comunità,
capace di ricevere una legge (cf. can. 25).
al tempo:
ordinaria - che ha avuto la durata di 30 anni;
centenaria - che ha avuto la durata di un secolo;
immemorabilis - il cui inizio non si conosce, dal momento che di per sé si perde lontano
nel tempo; si aggiunge "di per sé", in quanto potrebbe anche non essere durata per un secolo, ma
certamente nessuno dei fedeli interessati all'osservanza ne conosce con esattezza il tempo del suo
sorgere.
all'effetto giuridico:
contra ius - contraria al diritto vigente (denominata anche: consuetudo contra legem);
praeter ius - che induce un nuovo obbligo giuridico al di fuori del diritto vigente
(denominata anche: consuetudo praeter legem);
secundum ius - è il modo assunto dalla comunità per osservare il diritto vigente (denominata
anche: consuetudo secundum legem): si veda come esempio di tale consuetudine il can. 527 § 2.
129 Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 5. Iura quaesita itemque privilegia, quae a Sede Apostolica ad haec
usque tempora personis physicis vel iuridicis concessa in usu sunt nec revocata, integra manent, nisi Codicis
canonibus expresse revocantur.
al giudizio:
reprobata - che implica un giudizio di riprovazione e di rifiuto da parte del diritto vigente;
tolerata - pur implicando come principio generale un giudizio negativo e quindi il rifiuto e
la conseguente eliminazione da parte della legislazione vigente, viene lasciata sussistere per la
presenza notevolmente incidente delle circostanze di luogo o di persone.
I verbi usati al riguardo delle consuetudini:
vigere - avere valore di legge attuale nella Chiesa;
supprimere - indica che, o viene abolita la consuetudo iuris già in vigore, o viene interrotto il
tempo della consuetudo facti, che sta per avere valore di legge; entrambe devono ricominciare di
nuovo, secondo le disposizioni dei canoni, per avere, dopo il periodo di tempo prescritto, valore di
legge, a meno che non siano reprobatae nel diritto vigente;
reviviscere - indica che la consuetudo iuris soppressa, o che la consuetudo facti interrotta, possono
ricominciare a far decorrere il tempo prescritto per riavere o ottenere rispettivamente vigore di legge;
submovere - ha lo stesso effetto giuridico del sopprimere; implica però una certa procedura di
convincimento da parte dell'autorità, che deve realizzarne la soppressione.
2. Parte dispositiva
2.1. Can. 5 § 1. Codice e consuetudini contra ius precedenti
Distinguiamo la normativa secondo i due tipi di consuetudini contrarie di cui parla il § 1,
reprobatae e non reprobatae, anche se il principio base è il medesimo per entrambe130.
2.1.1. Consuetudini contrarie, universali e particolari, reprobatae
Il can. 5 § 1 fino al punto e virgola tratta appunto di questa categoria di consuetudini, e al
riguardo stabilisce:
* il principio di soppressione, per cui è immediatamente abolita la consuetudine vigente
precedentemente con l'entrata in vigore del nuovo Codice, che riporta un canone o più canoni contrari
alla consuetudine in questione;
* il principio di non reviviscenza, per il quale la disposizione contraria del Codice impedisce
che tali consuetudini possano essere nuovamente introdotte per il futuro come consuetudines facti
nel popolo di Dio.
2.1.2. Consuetudini contrarie, universali o particolari, non reprobatae
Il can. 5 § 1, al riguardo stabilisce:
* il principio generale di soppressione, come sopra per quelle riprovate;
* l'eccezione, cioè la possibilità di permanenza di queste consuetudini:
a iure - vale a dire: una espressa disposizione del canone del Codice permette la permanenza della
consuetudine contraria;
ab homine - un giudizio di tolleranza dato dall'Ordinario competente; questo giudizio si fonda su
elementi precisi:
la durata secolare o indefinita: esse sono cioè centenarie o immemorabili;
le circostanze di luogo o di persone, che rendono impossibile la loro eliminazione da parte
dell'Ordinario.
130 Cf. J. OTADUY, Comentario al can. 5, in A. MARZOA – J. MIRAS – R. RODRÍGUEZ-OCAÑA (Edd.), Comentario exegético
al Código de Derecho Canónico, Vol. I, EUNSA, Pamplona 21997, 274-278.
Notiamo in primo luogo che il principio comune per tutte le consuetudini precedenti,
universali o particolari, contrarie al diritto vigente del Codice, è quello della loro eliminazione; questo
avviene a motivo della fondamentale uniformità di disciplina, che deve stabilirsi nel popolo di Dio,
secondo giustizia animata dalla carità, senza che vi siano eccezioni obbliganti con valore normativo
che la debbano sconvolgere o contrastare.
La prima eccezione, a iure, ha la sua ragion d'essere proprio nell'equità, che è uno dei principi
ispiratori nella formulazione delle leggi ecclesiastiche; essa cerca di conoscere e rispettare le legittime
autonomie e le peculiarità, che di per sé non turbano l'ordine pubblico della Chiesa, né impediscono
il raggiungimento del bene comune. Si vedano nel Codice i numerosi esempi di questa eccezione
nella seconda edizione dell'Index dell'Ochoa, sotto la voce consuetudo. Come esempio si vedano i
cann. 284, 438, 527 § 2, 952 §§ 2 e 3, 1062 § 1, 1119, 1263, 1276 § 2, 1279 § 1.131
La seconda eccezione, ab homine, è basata sul giudizio di tolleranza,132 che include da parte
della competente autorità:
una considerazione di ordine teorico: tale consuetudine è oggettivamente nociva al diritto
vigente, in quanto contraria; tra le diverse citazioni in proposito, riportiamo una espressione di S.
Agostino (345-430): «Pertinet autem ad christiani firmitatem non solum operari quae bona sunt, sed
et tolerare quae mala sunt»;133
una considerazione di ordine pratico: l'autorità competente permette, anche solo
tacitamente, che rimanga in vigore:
oggettivamente perché è ormai da troppo tempo praticata dal popolo di Dio o da
una sua porzione come la diocesi (can. 369);
soggettivamente perché ci sono circostanze tali che inducono a mantenerla per evitare
un maggior male.
Si tratta nel caso dell'istituto giuridico della dissimulatio, che rientra tra le caratteristiche del Diritto
Canonico: l'autorità legittima conosce la cosa, ha la potestà e la possibilità di intervenire, ma non lo
fa perché, a suo giudizio, impedisce un male certamente maggiore134.
Naturalmente non ci sono esempi nel Codice di questo genere di consuetudini.
per pronunciare il giudizio di tolleranza, sulla base delle
considerazioni teoriche e pratiche, è l'Ordinario, che s'individua in forza dei cann. 134 §§ 1 e 2; rientra
nel novero degli Ordinari, per disposizione espressa del 295 § 1, anche il Prelato della Prelatura
personale.
2.2. Can. 5 § 2. Codice e consuetudini praeter ius precedenti
131 Cf. OCHOA, Index, 109b-110a.
132 P. V. Pinto (a cura di), Commento al Codice di Diritto Canonico, Presentazione del Card. Mario Francesco Pompedda
(= Studium Romanae Rotae, Corpus Iuris Canonici, I), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2001, 3:
«La tolleranza è concessa dallo stesso codice, mentre è demandata all'Ordinario la rimozione o meno della
consuetudine contraria»: Si tratta di una affermazione palesemente errata a confronto di una attenta lettura del
testo del canone: il giudizio di tolleranza è dato dall'Ordinario e non dal Codice.
133 Sancti Aurelii Augustini Sermones de Vetere Testamento, id est Sermones I-L secundum ordinem vulgatum insertis
etiam novem sermonibus post Maurinos repertos, recensuit Cyrillus Lambot, O.S.B., Sermo XLVI, De pastoribus,
n. 13 (309-311), in Corpus Christianorum, Series Latina, XLI, Turnholti MCMLXI, 540. 134 Cf. S. BUENO SALINAS, Tratado General de Derecho Canónico, Atelier, Barcelona 2004, 319-320 (= BUENO SALINAS,
Tratado General, 319-320).
Il can. 5 § 2 tratta appunto delle consuetudini praeter ius precedenti al Codice, siano esse
universali o particolari: si tratta di una novità nella legislazione canonica. Per tali consuetudini esso
stabilisce:
* il principio di permanenza, condizionato, per cui mantengono il loro valore obbligante
presso il popolo di Dio o le comunità dei fedeli, che le hanno legittimamente introdotte;
* la condizione, è che siano ancora osservate dal medesimo popolo di Dio o dalle stesse
comunità dei fedeli al momento della promulgazione e dell'entrata in vigore del nuovo Codice di
Diritto Canonico, avendo di conseguenza la consapevolezza della loro forza obbligante: a questo si
riferisce appunto l'espressione: «hucusque vigentes».
2.3. Codice e consuetudini secundum ius precedenti
Dal momento che, per loro natura, queste consuetudini sono il modo concreto, con cui il
popolo di Dio mette in esecuzione le leggi canoniche, le consuetudini secundum ius seguono
necessariamente la sorte delle leggi corrispondenti; di conseguenza, quando si viene a stabilire il
confronto con il Codice attuale, tali consuetudini si adeguano alle norme relative al rapporto tra la
legislazione precedente e quella attuale, che è regolato dal can. 6 § 1.
In tutti i casi, esse costituiscono un ottimo principio d'interpretazione, quando si riferiscono
al diritto precedente riportato nel Codice attuale, a norma del can. 6 § 2; sono un sicuro fondamento
della traditio canonica, dal momento che «consuetudo est optima legum interpres», come recita il
can. 27.
È evidente che, data la nuova legislazione canonica, le consuetudini secundum ius si stanno
ora formando con l'esecuzione delle leggi vigenti.
3. Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium
Il can. 5 § 1 latino corrisponde al can. 6 n. 2 orientale.135
La disposizione è notevolmente semplificata. Di fatto si stabilisce:
il principio generale di revoca di tutte le consuetudini, siano esse reprobatae, o semplicemente
contrariae;
l'eccezione generale di mantenimento di tutte le consuetudini non reprobatae e contrariae, purché
siano centenarie o immemorabili.
Non c'è il corrispondente del can. 5 § 2 latino circa le consuetudini praeter ius.
CAN. 6. IL CODICE E LA LEGISLAZIONE PRECEDENTE
1. Terminologia
– expresse - significa: detto direttamente e positivamente, in modo chiaro e preciso, così che
non permangano dubbi su quanto viene enunciato nella legge. Questo avverbio nel linguaggio
giuridico ha due specificazioni:
explicite - la cosa è detta con i termini precisi usati dalla legge;
implicite - la cosa è detta con termini equivalenti a quelli di cui sopra.
Expresse, sia come avverbio, sia nella forma di aggettivo qualificativo, è usato frequentemente nei
canoni del Codice136.
135 Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 6. Codice vim obtinente: …
2° revocatae sunt omnes consuetudines, quae canonibus Codicis reprobantur aut quae eis contrariae sunt nec
centenariae vel immemorabiles.
136 OCHOA, Index, 184b-185a.
Explicite, è usato molto raramente nel Codice, proprio per il significato stretto, che assume nel
testo legislativo; si trova soltanto nei cann. 135 § 2 e 157. L'aggettivo corrispondente, con il
medesimo significato, si trova soltanto nei cann. 206 § 1 e 697 n. 2. Ci sono poi casi in cui, sia
l'avverbio, sia l'aggettivo, vengono usati uniti con «implicite»: l'avverbio, nel can. 85; l'aggettivo, nei
cann. 33 § 2, 34 § 3. L'aggettivo viene usato infine nel can. 773, con un significato diverso, anche se
simile, di "pubblicamente manifesto"137.
Implicite, è usato ancor meno: un unico caso nel can. 1006. Ci sono i tre casi, già citati, in cui
viene usato una volta come avverbio e due volte come aggettivo, unito ad «explicite»: nel can. 85;
nei cann. 33 § 2 e 34 § 3138.
– ex integro - integralmente, nel senso della totalità della materia.
– ius vetus - espressione molto ampia, usata unicamente in questo canone, che comprende non
solo il diritto antico del Codice precedente, ma si estende a tutto il complesso del Diritto Canonico
dai primi tempi della Chiesa fino ad oggi: in questo senso si parla poi di traditio canonica.
Naturalmente il riferimento al diritto immediatamente precedente è di per sé preferibile, proprio
perché più vicino alle circostanze di tempo, di luogo e di persone, con il diritto attualmente vigente.
– traditio canonica - espressione del tutto nuova nei canoni del Codice, usata unicamente in
questo can. 6 § 2; essa significa tutto il complesso normativo, consuetudinario e legislativo, della
Chiesa, con l'insieme dei documenti di appoggio, di esplicazione, di esecuzione delle autorità
competenti; a ciò si aggiungono le glosse, i commenti, i trattati dei diversi autori, cultori e studiosi
del Diritto Canonico, che hanno illustrato, chiarito, approfondito nel corso dei secoli tale complesso
normativo.
2. Parte dispositiva
2.1. Can. 6 § 1. Proemio
Esso è estremamente significativo e di particolare importanza, in quanto indica la novità del
Codice di Diritto Canonico in vigore e un certo distacco dalla legislazione precedente.
Difatti non presenta più in modo generico ciò che costituiva il nucleo della normativa
codiciale del 1917, can. 6 cioè:
* sintesi e sistematizzazione della disciplina esistente precedentemente;
* riforma e opportuna modifica della disciplina vigente.
Semplicemente si presenta con la propria forza obbligante, manifestando con questo la diversità
e la conseguente novità della normativa codiciale, che vuole operare un certo distacco dal passato. Si
è detto volutamente "un certo distacco", per non giungere al concetto di "separazione", che sarebbe
errato e contrario allo stesso can. 6 in base alla disposizione del § 2. Si deve tenere presente al
riguardo che una delle fonti egregie dell'attuale Codice rimane sempre il Codice del 1917.
Nel proemio del can. 6 è stabilito chiaramente il principio di abrogazione sia del Codice
precedente, sia delle altre leggi riportate nei paragrafi seguenti. Si deve perciò notare che il proemio
ha valore per tutto il resto del § 1 del can. 6. Di conseguenza, non ha senso citare semplicemente il
contenuto del singolo numero del § 1, senza aggiungere contemporaneamente il proemio a tale
paragrafo, che dà al numero stesso significato e forza obbligante.
137 OCHOA, Index, 184a.
138 OCHOA, Index, 218b.
2.2. Can. 6 § 1 n. 1 - Codice del 1983 e Codice del 1917
La disposizione legislativa è estremamente chiara: al momento dell'entrata in vigore del
nuovo Codice di Diritto Canonico il 27 novembre 1983, è abrogato per questo stesso fatto il Codice
precedente, promulgato il 25 maggio 1917 (Solennità di Pentecoste) dal Papa Benedetto XV ed
entrato in vigore il 19 maggio 1918 (del pari, Solennità di Pentecoste)139. Con l'abrogazione del
Codice del 1917 sono abrogati:
* le Risposte Autentiche relative ai canoni del medesimo Codice;
* tutti i documenti, istruzioni, decreti, dichiarazioni, notificazioni, che si riferivano
all'esecuzione pratica dei medesimi canoni.
2.3. Can. 6 § 1 n. 2. Codice del 1983 e leggi precedenti contrarie
Si tratta nel n. 2 delle leggi non contenute nel Codice del 1917, ancora in vigore o successive
alla sua entrata in vigore; possiamo distinguerle:
* leggi promulgate prima del Codice del 1917 e ancora in vigore;
* leggi promulgate dopo il Codice del 1917, dal 1918 al 1962;
* leggi promulgate durante o dopo la fine del Concilio Vaticano II, sempre però prima del
Codice vigente, dal 1962/65 al 27 novembre 1983.
Tutte queste leggi vengono a trovarsi in rapporto con il nuovo Codice; se il loro contenuto
risulta essere contrario o contraddittorio ai canoni del Codice del 1983, esse sono abrogate
immediatamente e nella loro totalità. A proposito di totalità, dobbiamo precisare che queste leggi al
di fuori del Codice del 1917 hanno generalmente una parte iniziale dottrinale o esplicativa, cui segue
una parte più strettamente disciplinare; basta vedere i numerosi testi dei documenti legislativi
postconciliari. È importante mettere in evidenza che l'operazione abrogativa investe unicamente la
parte disciplinare contraria delle leggi, sia universali, sia particolari, non certo la parte dottrinale.
Data però la particolare natura del Codice di Diritto Canonico, come di tutte le leggi della
Chiesa, che rispetta sommamente le singole persone e le istituzioni, viene posta una eccezione per le
leggi particolari, dal momento che queste riguardano non tutta la Chiesa, ma solo parti di essa o
determinate strutture con peculiari caratteristiche ed esigenze; proprio in vista di salvaguardare il più
possibile ciò che è specifico delle diverse strutture ecclesiali, il Diritto Canonico diventa in certo
modo "elastico", meglio adattandosi così alla natura della Chiesa stessa, alla libertà dei fedeli e delle
istituzioni inferiori, sacrificando anche l'uniformità della disciplina.
Di conseguenza, circa le leggi precedenti contrarie sono stabiliti:
* il principio di abrogazione o revoca totale delle leggi universali e delle leggi particolari;
* l'eccezione, per le leggi particolari, comprese le leggi proprie, la normativa interna degli
organismi ecclesiali, gli statuti delle persone giuridiche e ogni altra normativa propria; tale eccezione
deve però essere "espressa", e quindi chiaramente indicata, in modo esplicito o implicito, nel testo
del canone.
La formulazione più comune di tale eccezione è: «nisi aliud iure expresse caveatur», dando al
termine «iure» una accezione molto ampia, per qualsiasi tipo di norma obbligante a modo di legge.
che il principio di abrogazione ha valore per tutti i tipi di leggi ecclesiastiche
contrarie al Codice: precipienti o proibenti, permittenti o penali, irritanti o inabilitanti.
139 Cf. Communicationes 14 (1982) 129-130.
2.4. Can. 6 § 1 n. 3. Codice del 1983 e leggi precedenti penali
Si tratta sempre di leggi non contenute nel Codice precedente; bisogna però mettere subito in
evidenza che queste leggi penali non sono contrarie o contraddittorie con i canoni del Codice
attualmente vigente, perché altrimenti sarebbero abrogate, non per il n. 3, ma per la disposizione del
n. 2 appena esposta. È una successiva determinazione, data per la natura peculiare di questo tipo di
leggi, che comminano una sanzione penale per un delitto ecclesiastico.
Il can. 6 § 1 n. 3 stabilisce in proposito:
* il principio di abrogazione, condizionato, delle leggi universali penali e delle leggi
particolari penali;
* la condizione - queste leggi sono state emanate esclusivamente dalla Sede Apostolica; non
sono quindi comprese nella disposizione abrogativa le leggi penali non contrarie, non contenute nel
Codice, inserite nel diritto particolare o proprio, emanate da una autorità inferiore alla Sede
Apostolica;
* l'eccezione - «nisi in ipso hoc Codice recipiantur»: è una conferma per i canoni del Codice,
che riportano disposizioni penali, contenute nel Codice del 1917 o in altre leggi emanate dopo di
esso; ciò vuol dire che, quando un canone del Codice del 1983 riporta tale e quale un canone penale
del Codice del 1917 o una legge penale emanata dalla Sede Apostolica fuori del Codice del 1917,
questo stesso canone del Codice del 1983 ha valore per se stesso, nonostante sia abrogata la
disposizione simile precedente: il fatto di riportare la medesima disposizione penale non conferisce
al canone in questione un peculiare nuovo valore obbligante. Si noti che, per le leggi penali del Codice
del 1917 riportate nel Codice vigente, questa disposizione è necessaria, per il fatto che il Codice del
1917 è abrogato nella sua totalità dal § 1 n. 1.
2.5. Can. 6 § 1 n. 4. Codice del 1983 e leggi precedenti disciplinari
Un'altra serie di leggi viene abrogata dalla disposizione del n. 4: le leggi disciplinari universali
che riguardano materia riordinata integralmente dai canoni del nuovo Codice.
Si tratta perciò delle leggi:
* a livello universale, emanate quindi dalla Suprema Autorità della Chiesa, tramite la Santa
Sede, e per tutto il popolo di Dio o per una categoria di fedeli estesa in tutta la Chiesa;
* non contenute nel Codice del 1917, ma emanate al di fuori di esso, sempre dalla Suprema
Autorità della Chiesa (cf. n. 1);
* non contrarie al Codice attuale (cf. n. 2);
* e neppure penali (cf. n. 3);
* ma disciplinari, concernenti perciò la disciplina e il governo della Chiesa, vale a dire
l'organizzazione delle persone, fisiche e giuridiche, delle strutture e istituzioni ecclesiali, le
disposizioni sull'agire dei fedeli nel compiere la loro missione, le norme sui beni temporali, l'apparato
processuale con le procedure giudiziali e amministrative.
Circa queste leggi il Codice stabilisce:
* il principio fondamentale di abrogazione o di revoca totale, sottoposto però a una precisa
condizione;
* la condizione - la materia di queste leggi universali disciplinari è ripresa e riordinata nella
sua totalità dai canoni del nuovo Codice. Data la complessità dei testi di legge, è difficile che tale
materia possa essere contenuta in canoni singoli, ma piuttosto è esposta in un insieme di canoni, tali
a volte da formare un vero e proprio istituto giuridico.
Indubbiamente l'area abrogativa di questa disposizione è la più vasta rispetto a quella delle
leggi considerate precedentemente, in quanto questo tipo di legge disciplinare è il più frequente per
la vita della Chiesa, mentre sono davvero poche le leggi veramente contrarie ai canoni del Codice e
pochissime quelle penali al di fuori di esso. Il nuovo Codice ha ripreso con spirito diverso e sotto una
luce nuova il complesso della normativa precedente, rielaborandola, sintetizzandola, innovandola e
strutturandola in un sistema organico di leggi, quali sono i 1752 canoni attuali.
Di conseguenza sono abrogati dal can. 6 § 1 n. 4, per citare solo i documenti più importanti
e significativi:
le parti dispositive delle Costituzioni Apostoliche del Papa Paolo VI:
Paenitemini, sul digiuno e l'astinenza, dai cann. 1249-1253;140
Indulgentiarum doctrina, sulle indulgenze, anche se solo parzialmente, cann. 992-997;141
le «Litterae Apostolicae Motu Proprio datae» del Papa Paolo VI:
Ecclesiae Sanctae, sull'attuazione dei decreti conciliari Christus Dominus, Presbyterorum
ordinis, Perfectae caritatis, Ad gentes142;
Sacrum diaconatus ordinem, sul diaconato permanente143;
Matrimonia mixta, sui matrimoni misti, dai cann. 1124-1129144;
Causas matrimoniales, sui processi matrimoniali, dai cann. 1671-1707145;
Ministeria quaedam, sulla tonsura, gli ordini minori e il suddiaconato146;
Ad pascendum, sul diaconato147;
Firma in traditione, sulle offerte per la celebrazione delle S. Messe, dai cann. 945-958148.
A maggior ragione sono abrogate le normative contenute nei documenti dei Dicasteri della
Curia Romana, che furono esecutive delle leggi citate, oppure che rientrino nelle condizioni stabilite
dal canone.
materia peculiare in modo completo e sufficiente nonostante il numero ridotto di canoni, abroga
140 PAULUS PP. VI, Constitutio Apostolica Paenitemini, Exercitium paenitentiae in Ecclesia, praecipue per ieiunium et
abstinentiam, ex integro reordinatur, 17 februarii 1966, in AAS 58 (1966) 177-198.
141 PAULUS PP. VI, Constitutio Apostolica Indulgentiarum doctrina, Sacrarum indulgentiarum recognitio promulgatur,
1 ianuarii 1967, in AAS 59 (1967) 5-28.
142 PAULUS PP. VI, Litterae Apostolicae Motu Proprio datae Ecclesiae Sanctae, Normae ad quaedam exsequenda SS.
Concilii Vaticani II Decreta statuuntur, 6 augusti 1966, I. Normae ad exsequenda Decreta SS. Concilii Vaticani II
«Christus Dominus» et «Presbyterorum Ordinis», II. Normae ad exsequendum Decretum SS. Concilii Vaticani II
«Perfectae caritatis», III. Normae ad exsequendum Decretum SS. Concilii Vaticani II «Ad gentes divinitus», in
AAS 58 (1966) 757-787 (757-758; 758-775; 775-782; 783-787).
143 PAULUS PP. VI, Litterae Apostolicae Motu Proprio datae Sacrum Diaconatus Ordinem, Generales normae de
diaconatu permanenti in Ecclesia latina restituendo feruntur, 18 iunii 1967, in AAS 59 (1967) 697-704.
144 PAULUS PP. VI, Litterae Apostolicae Motu Proprio datae Matrimonia mixta, Normae de matrimoniis mixtis
statuuntur, 31 martii 1970, in AAS 62 (1970) 257-263.
145 PAULUS PP. VI, Litterae Apostolicae Motu Proprio datae Causas matrimoniales, Normae quaedam statuuntur ad
processus matrimoniales expeditius absolvendos, 28 martii 1971, in AAS 63 (1971) 441-446.
146 PAULUS PP. VI, Litterae Apostolicae Motu Proprio datae Ministeria quaedam, Disciplina circa Primam Tonsuram,
Ordines Minores et Subdiaconatum in Ecclesia Latina innovatur, 15 augusti 1972, in AAS 64 (1972) 529-534.
147 PAULUS PP. VI, Litterae Apostolicae Motu Proprio datae Ad pascendum, Nonnullae normae ad sacrum Diaconatus
ordinem spectantes statuuntur, 15 augusti 1972, in AAS 64 (1972) 534-540.
148 PAULUS PP. VI, Litterae Apostolicae Motu Proprio datae Firma in traditione, Quaedam capita de facultatibus ad
Missarum stipendia pertinentibus statuuntur, 13 iunii 1974, in AAS 66 (1974) 308-311.
certamente la legge o la norma precedente sulla medesima materia, forse trattata in modo più ampio
e con un maggior numero di disposizioni.
Di conseguenza sono abrogati dal can. 6 § 1 n. 4, per citarne solo alcuni:
Congregazione per la Dottrina della Fede:
Sacramentum paenitentiae, Normae pastorales I-XIII, circa l'assoluzione sacramentale
generale, dai 4 cann. 960-963149;
Ecclesiae pastorum, sulla vigilanza circa i libri, con le Risposte ufficiali del 25 giugno 1980
e del 7 luglio 1983, dai 7 cann. 824-830150;
Congregazione per i Religiosi e gli Istituti secolari:
Renovationis causam, norme 10-38 della parte dispositiva dell'Istruzione, sul rinnovamento
della formazione alla vita religiosa, dai 21 cann. 641-661151;
Ad instituenda experimenta, concessione di particolari facoltà152;
Dum canonicarum legum, sul sacramento della penitenza e l'esclusione dalla professione
perpetua per malattia153;
Processus iudicialis, sulla dimissione dei religiosi di voti perpetui.154
2.6. Can. 6 § 2. Valore interpretativo della legislazione precedente
Le disposizioni appena esaminate potrebbero indurre alla conclusione che tutto il patrimonio
storico della legislazione precedente, che ha avuto per secoli o per decenni lo scopo di essere
strumento per la Chiesa al fine di raggiungere la sua missione di salvezza nel mondo, non conservi
alcun valore dopo l'entrata in vigore del nuovo Codice; ma senza vero fondamento.
Il primo valore della legislazione passata è indubbiamente quello storico, un vero
monumento di sapienza giuridica e insieme una viva testimonianza dell'agire della Chiesa per
rendersi sempre più disponibile all'elevazione naturale e soprannaturale dell'uomo. Purtroppo questo
formidabile patrimonio, pur essendo tanto prezioso, è praticamente avvicinato da pochi studiosi,
anche se gli esperti di Diritto Canonico ne fanno attenta considerazione e approfondimento
appassionato: non sarà mai buon giurista colui che non conosce il diritto antico, della cui eredità oggi
noi usiamo.
C'è però un altro valore, quello attuale, che il legislatore ben conosce e che ha inserito come
norma di operazione interpretativa, non più legislativa, nel can. 6 § 2. In esso si stabilisce che i canoni
149 SACRA CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI, Normae pastorales Sacramentum Paenitentiae, Circa absolutionem
sacramentalem generali modo impertiendam, 16 iunii 1972, in AAS 64 (1972) 510-514.
150 SACRA CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI, Decretum Ecclesiae pastorum, De Ecclesiae pastorum vigilantia circa
libros, 19 martii 1975, in AAS 67 (1975) 281-284; Responsa ad proposita dubia I et II, 25 iunii 1980, in AAS 72
(1980) 756; Risposte ai quesiti sulla interpretazione del decreto Ecclesiae pastorum, 7 luglio 1983, in AAS 76
(1984) 45-52.
151 SACRA CONGREGATIO PRO RELIGIOSIS ET INSTITUTIS SAECULARIBUS, Instructio Renovationis causam, De
accommodata renovatione institutionis ad vitam religiosam ducendam, 6 ianuarii 1969, in AAS 61 (1969) 103-
120.
152 SACRA CONGREGATIO PRO RELIGIOSIS ET INSTITUTIS SAECULARIBUS, Decretum Ad instituenda experimenta, Quo
nonnullae facultates Religiosis Institutis conceduntur, 4 iunii 1970, in AAS 62 (1970) 549-550.
153 SACRA CONGREGATIO PRO RELIGIOSIS ET INSTITUTIS SAECULARIBUS, Decretum Dum canonicarum legum, Normae
circa usum et administrationem Sacramenti Paenitentiae, praesertim apud Religiosas, 8 decembris 1970, in AAS
63 (1971) 318-319.
154 SACRA CONGREGATIO PRO RELIGIOSIS ET INSTITUTIS SAECULARIBUS, Decretum Processus iudicialis, De dimissione
religiosorum qui vota perpetua nuncuparunt in religione clericali exempta, 2 martii 1974, in AAS 66 (1974) 215-
216.
del nuovo Codice, nella misura in cui si rifanno al diritto antico o lo riportano, devono essere valutati
e quindi interpretati tenendo conto, oltre che di quella attuale, anche dell'interpretazione data dalla
tradizione canonica. Di conseguenza, dei canoni che riportano il diritto antico:
in primo luogo, deve essere data l'interpretazione, che hanno oggi, secondo le norme vigenti
dell'ermeneutica giuridico-canonica, dal momento che sono legge del nostro tempo e i termini e le
espressioni, in essi usati, non possono se non avere il significato odierno;
in secondo luogo, l'interpretazione attuale, se risulta dubbia, poco chiara, oppure persino oscura,
deve essere illuminata e illustrata dalla legge precedente e dall'interpretazione, che i "probati
auctores" antichi e recenti hanno dato di essa: in tal modo viene valorizzata non solo la legislazione
precedente, ma anche lo studio e l'approfondimento scientifico, che di essa hanno fatto gli operatori
e gli esperti di diritto canonico.
Uno dei tanti esempi di traditio canonica potrebbe essere l'attuale can. 27, che recita:
«Consuetudo est optima legum interpres».
3. Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium
3.1. Can. 6 n. 1
Il can. 6 § 1 n. 2 e 4 latino è analogo al can. 6 n. 1 orientale.155 Vi si dispone l'abrogazione
di tutte le leggi del diritto comune e particolare contrarie ai canoni del Codice.
È opportuno notare due particolarità:
mantenimento;
3.2. Can. 2
Il can. 2 orientale156 è semplicemente l'opposto della norma stabilita nel can. 6 § 2 latino.
Per il can. 6 § 2 latino, il complesso del diritto antico è anche una regola d'interpretazione, che
serve solo se il disposto risulta oscuro dopo l'applicazione della regola fondamentale
d'interpretazione: il significato proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto (cf. can. 17).
Per il can. 2 orientale invece, il diritto antico, nella sua più vasta accezione, è la regola
principale e primaria d'interpretazione, non disgiunta ben s'intende dalle altre regole ordinarie, di cui
al can. 1499; la ragione può essere ricercata nel fatto che i canoni del Codice delle Chiese Orientali
recepiscono o adattano il più delle volte il diritto antico delle medesime Chiese e quindi ad esso si
rifanno giustamente per la loro interpretazione attuale, non avendo alle spalle un Codice precedente,
ma solo documenti legislativi parziali e non unificati.
155 Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 6. Codice vim obtinente: 1° abrogatae sunt omnes leges iuris
communis vel iuris particularis, quae sunt canonibus Codicis contrariae aut quae materiam respiciunt in Codice
ex integro ordinatam …
156 Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 2 - Canones Codicis, in quibus plerumque ius antiquum Ecclesiarum
Orientalium recipitur vel accommodatur, praecipue ex illo iure aestimandi sunt.