Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017....

81
Università degli Studi di Padova Dipartimento di Medicina Molecolare Corso di Laurea Magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie Presidente: Ch.mo Prof. Daniele Rodriguez TESI DI LAUREA LA COMUNICAZIONE FACILITATA COME SPAZIO COMUNE DI ESPERIENZA NELLA DISABILITÀ’ INTELLETTIVA E VERBALE. UN’INDAGINE DI RICERCA QUALITATIVA (Facilitated Communication as common area of experience in intellectual and verbal disability. A qualitative research) RELATORE: Prof. Natale Migliorino LAUREANDA: Dott.ssa Silvia Missaglia Anno Accademico 2015/2016

Transcript of Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017....

Page 1: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

Università degli Studi di Padova

Dipartimento di Medicina Molecolare

Corso di Laurea Magistrale in

Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie

Presidente: Ch.mo Prof. Daniele Rodriguez

TESI DI LAUREA

LA COMUNICAZIONE FACILITATA COME SPAZIO COMUNE DI ESPERIENZA

NELLA DISABILITÀ’ INTELLETTIVA E VERBALE.

UN’INDAGINE DI RICERCA QUALITATIVA

(Facilitated Communication as common area of experience

in intellectual and verbal disability.

A qualitative research)

RELATORE: Prof. Natale Migliorino

LAUREANDA: Dott.ssa Silvia Missaglia

Anno Accademico 2015/2016

Page 2: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

2

Page 3: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

3

“L’unico modo di conoscere i valori di una persona

è coinvolgerla in un dialogo

in quanto titolare del proprio progetto esistenziale,

timoniere del proprio vascello.”

Ciro Ruggerini,

Sumire Manzotti

Page 4: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

4

Page 5: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

5

Indice

Riassunto ...................................................................................................................... 7

Abstract ........................................................................................................................ 9

Introduzione ................................................................................................................ 11

CAPITOLO 1 .............................................................................................................. 13

La Comunicazione Aumentativa Alternativa ................................................................ 13

1.1 La Comunicazione Facilitata (CF) ....................................................................... 14

1.1.1 Attori coinvolti nella relazione comunicativa facilitata ................................... 15

1.1.2 L’aspetto valutativo ...................................................................................... 16

1.1.3 Perché è necessario il contatto fisico? ............................................................. 17

1.1.4 Il percorso .................................................................................................... 19

1.1.5 Critiche rivolte alla Comunicazione Facilitata................................................ 20

1.1.6 Scopi dell’indagine ........................................................................................ 20

CAPITOLO 2 .............................................................................................................. 23

Metodologia ................................................................................................................ 23

2.1 Indagine qualitativa ............................................................................................ 23

2.2 L’intervista come strumento d’indagine ............................................................... 23

2.3. Soggetti coinvolti ................................................................................................ 24

2.3.1. Domande e tematiche proposte all’utenza ..................................................... 25

2.3.2 L’intervista rivolta ai facilitatori ................................................................... 25

2.4 Metodologia di analisi delle produzioni testuali .................................................... 26

2.4.1 Produzioni dell’utenza .................................................................................. 26

2.4.2 Produzioni dei facilitatori ............................................................................. 27

CAPITOLO 3 .............................................................................................................. 29

Risultati ...................................................................................................................... 29

3.1 Le dimensioni ..................................................................................................... 29

3.1.1 Dimensione esistenziale ................................................................................. 29

3.1.2 Dimensione affettiva ..................................................................................... 30

3.1.3 Dimensione morale ....................................................................................... 31

3.1.4 Dimensione affettivo-morale.......................................................................... 32

3.1.5 Dimensione sociale ........................................................................................ 33

3.2 Dimensione corporea che consente l’espressione scritta ........................................ 34

3.2.1 Il facilitatore come strumento “vivo” ............................................................. 35

3.2.2 La potenzialità maieutica del gesto facilitativo ............................................... 36

3.2.3 Le azioni generate dal gesto facilitativo .......................................................... 37

Page 6: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

6

Conclusioni ................................................................................................................. 39

Bibliografia ................................................................................................................. 41

Sitografia .................................................................................................................... 42

ALLEGATI ................................................................................................................. 43

ALLEGATO 1: LIBERATORIA .............................................................................. 45

ALLEGATO 2: PRODUZIONI UTENZA................................................................. 47

ALLEGATO 3: TABELLA ANALISI UTENTI ........................................................ 59

ALLEGATO 4: INTERVISTA FACILITATORI ...................................................... 63

Intervista 1 ............................................................................................................ 63

Intervista 2 ............................................................................................................ 68

Intervista 3 ............................................................................................................ 71

ALLEGATO 5: TABELLA ANALISI FACILITATORI ........................................... 74

Page 7: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

7

Riassunto La questione indagata dalla presente ricerca riguarda le possibilità comunicative

offerte dalla la tecnica della Comunicazione Facilitata alla persona disabile. Si tratta di

una metodologia di Comunicazione Aumentativa Alternativa, utilizzata con chi non è in

grado di esprimersi verbalmente.

Nella prima parte del presente elaborato viene esposta la tecnica e gli attori coinvolti

nella relazione comunicativa, ovvero la persona disabile chiamata “facilitato” e

l’operatore formato per assisterla che prende il nome di “facilitatore”.

Successivamente si è condotta un’indagine qualitativa su alcune produzioni testuali

dell’utenza che utilizza tale tecnica all’interno di un centro diurno, in un’attività

strutturata. Lo scopo è di comprendere quali contenuti va a muovere nel soggetto

disabile. Attraverso la metodologia, si sono suddivisi i testi secondo cinque dimensioni

umane che sono emerse da una prima lettura: dimensione esistenziale, affettiva, morale,

affettivo-morale e sociale.

Elaborando schematicamente i contenuti si è visto che si va oltre il bisogno

comunicativo inteso come richiesta, ma si accede ad un desiderio che svela contenuti

ben più profondi. All’interno delle loro produzioni è emerso il valore che ha per loro

questa possibilità di esprimersi e gli strumenti che glielo consentono. Il primo tra gli

strumenti è proprio il “facilitatore” che attraverso il gesto accompagnatore fornisce alla

persona affiancata l’occasione di dare voce al proprio pensiero. Intervistando alcuni

facilitatori, si è approfondita la dinamica del gesto facilitativo per individuarne le

caratteristiche e le potenzialità generative.

Lo spazio che viene dato allo svolgere comunicazione con questa metodologia di

Comunicazione Aumentativa Alternativa è di comune accesso e incontro da entrambi

gli attori coinvolti nel dialogo e incide sulla componente professionale ma ancor più su

quella umana.

Page 8: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

8

Page 9: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

9

Abstract The question of this qualitative research regards the communicative possibilities

offered by the technique of Facilitated Communication to a disabled person. The

Facilitated Communication is an Augmentative and Alternative Communication

methodology, used with people not able to express yourself verbally.

In the first part of that paper it is exposed the technique and the actors involved in the

communicative relationship, that are: the disabled person named “facilitated”, and the

qualified operator “facilitator”.

Subsequently it was conducted a qualitative investigation on some textual productions

of disabled people, who use this technique in a structured activity, in the day center who

attending. The purpose is to comprehend which contents the technique moves in the

disabled person. Through the methodology, the texts were divided in five human

dimension emerged from a first reading: existential dimension, affective, moral,

affective-moral and social.

Processing schematically the contents, it has been seen that contents go over the the

communicative need, understood as a request, and become desire to go more in deph. In

their production emerged the value that for them has this expression’s possibility and

the tools that allow it. The first of this, is the facilitator that with his attendant gesture

provides the flanked person the opportunity to gives voice to their toughts. Interviwing

facilitators it has deepened the dynamics of facilitative gesture to identify its

characteristics and generative potential.

The experience’s space, given to carrying out communication with this Augmentative

and Alternative Communication methodology, it’s a meeting point for both the players

involved in the dialogue and it affects the professional component, but even more the

human.

Page 10: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

10

Page 11: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

11

Introduzione Nell’esperienza del Corso di Laurea Magistrale ho avuto modo di conoscere la

realtà della narrazione da parte di studenti tirocinanti e professionisti della riabilitazione

e approcciarmi ad una sua analisi da un punto di vista qualitativo. La motivazione che fa

nascere l’esigenza dello scrivere è di elaborare un vissuto, ripercorrere le tappe di un

evento che ha mosso gli stati emozionali del terapista.

A questa conoscenza si è affiancata una scoperta all’interno della mia realtà di

tirocinio ed in seguito lavorativa: sono venuta a contatto con il mondo della disabilità e

nello specifico ho conosciuto soggetti non in grado di esprimersi verbalmente.

Confrontandomi con i colleghi sulle iniziali difficoltà comunicative, mi è stato riferito

di una particolare modalità utilizzata dall’utenza con il supporto degli operatori, per

esprimersi, la Comunicazione Facilitata. Con questo tipo di comunicazione è possibile

aprire “un serbatoio di pensieri” scoprendo riflessioni e racconti a cui non è dato di

aver voce.

Essa non può prescindere dalla dimensione relazionale della comunicazione tra utente,

detto “facilitato” e il professionista, definito in questo contesto comunicativo

“facilitatore”. Attraverso il supporto fisico per aiutare nei movimenti si apre uno spazio

condiviso di conoscenza: con il gesto concreto del tocco ci si propone l’ingresso nel

mondo della persona facilitata.

Di qui l’intento del presente elaborato, di delineare il valore di questa strategia

comunicativa come spazio condiviso di esperienza conoscitiva tra l’utente e chi lo

supporta, attraverso un approccio qualitativo ai testi prodotti dagli utenti e alle interviste

rivolte ai facilitatori.

Page 12: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

12

Page 13: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

13

CAPITOLO 1

La Comunicazione Aumentativa Alternativa

Il termine “comunicazione” deriva dal verbo latino communicare, ossia “mettere

in comune”, e sottende il bisogno dell’uomo di condividere e relazionarsi attraverso

l’espressione di sé e dei suoi vissuti.

Attraverso la comunicazione, due o più soggetti danno vita ad uno scambio

interattivo in cui sono in grado di condividere un determinato significato sulla base di

un linguaggio condiviso (Watzlawick, 1971). È proprio il linguaggio che svolge un

ruolo chiave nell’atto comunicativo poiché fa da tramite tra i pensieri di ogni singolo e

il mondo esterno e ci permette di trasmettere conoscenze, bisogni, emozioni, intenzioni,

idee (Gava, 2007).

Quando ci si relaziona con una persona affetta da disabilità intellettiva e/o

verbale la comunicazione diviene più “limitata” poiché vi è la difficoltà di trovare un

linguaggio condiviso. Per non incorrere nel rischio di generare problemi relazionali o

comportamentali aumentando l’isolamento del soggetto, risulta fondamentale potenziare

le abilità di comunicazione della persona dandole la possibilità di capire e farsi capire

nelle situazioni della sua vita quotidiana, per favorire l’interazione con le altre persone e

avere, conseguentemente, stima di sé.

Per fronteggiare tale difficoltà nasce intorno agli anni Settanta a Toronto, un

nuovo orientamento clinico, riabilitativo ed educativo: la Comunicazione Aumentativa

Alternativa (CAA). Si tratta di un sistema organizzato e codificato in grado di

compensare le difficoltà comunicative dei soggetti che presentano deficit nell’utilizzo e

nella comprensione del linguaggio verbale1. È quindi un’alternativa all’aspetto fonetico

del linguaggio verbale. Analizzando i termini che la caratterizzano, si definisce:

Aumentativa, perché punta a potenziare le risorse comunicative che ancora

sussistono, come residui vocali, comunicazione non verbale (sguardo, mimica,

postura, gesto ecc.), strategie compensative (tabella con le lettere dell’alfabeto),

strumenti tecnologici (attivatori di segnali comunicativi, sintetizzatore vocale,

accessi al computer, ausili elettronici ecc.);

1 Fontanini S. (2016), Comunicazione Aumentativa Alternativa e Disabilità, Edizioni Junior, Parma, p. 9

Page 14: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

14

Alternativa, in quanto utilizza strumenti alternativi alla parola come i codici

sostitutivi del sistema alfabetico (figure, disegni, simboli, ecc.)2.

Al fine di strutturare un adeguato intervento educativo di CAA è necessario valutare le

competenze comunicative del soggetto e comprendere se può essere una valida strategia

di interazione da proporre. In caso di risposta favorevole, tale valutazione verrà ripresa

per considerare le tecniche e gli strumenti adeguati alla persona.

1.1 La Comunicazione Facilitata (CF)

La comunicazione facilitata è una tecnica di Comunicazione Aumentativa

Alternativa rivolta a persone che non hanno linguaggio verbale o il cui linguaggio non

risulta comprensibile3.

Essa punta a sviluppare le abilità comunicative attraverso l’indicazione e la scrittura:

l’indicazione permette al soggetto di esprimersi servendosi di alcuni ausili che

consentono la scelta di parole, immagini, materiali;

la scrittura dà la possibilità di esternare informazioni, pensieri e vissuti tramite

l’utilizzo di tastiere che possono essere collegate o meno ad un computer.

Inizialmente la persona viene guidata da un operatore appositamente formato, detto

“facilitatore”, che fornisce supporto fisico, sostenendo una parte del corpo, aiutando a

stabilizzare i movimenti dell’utente e guidandolo in un gesto ritmico nel caso della

digitazione su tastiera; il supporto deve essere altresì emotivo, attraverso una relazione

di fiducia tra chi facilita e chi viene facilitato.

La tecnica della Comunicazione Facilitata pur avendo degli elementi base e delle

linee guida, deve essere calata su ogni individuo, poiché ogni persona è un’entità con

capacità comunicative proprie. Le facilitazioni fornite, gli ausili e allo stesso modo il

sostegno e gli atteggiamenti del facilitatore, devono essere pensate ad hoc in base alle

risorse e ai bisogni dell’utenza. L’obiettivo di tale tecnica è l’autonomia comunicativa

della persona, attraverso la graduale eliminazione del supporto fisico fornito dal

facilitatore. Si tratta di un percorso progressivo, in cui ogni utente procede secondo le

proprie tempistiche: alcuni soggetti potrebbero necessitare della figura del facilitatore

per periodi molto lunghi.

2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero e parola, Franco Angeli,

Gorgonzola (MI), p. 23 3 Biklen D. (1999), La comunicazione facilitata, Omega Edizioni, Torino, p. 19

Page 15: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

15

Gli ambiti in cui utilizzarla sono quelli di qualsiasi altro tipo di comunicazione:

la famiglia, la scuola, il centro diurno, le agenzie di tempo libero, ecc; per ognuno di

questi contesti ci devono essere obiettivi chiari e differenti, in maniera da garantire a

pieno l’efficacia del risultato ed il raggiungimento del maggior livello di autonomia e

generalizzazione.

Il suo utilizzo, come in generale quello delle Comunicazioni Aumentative

Alternative deve sempre essere inserito in un progetto educativo personalizzato e in un

progetto di vita completo.

1.1.1 Attori coinvolti nella relazione comunicativa facilitata

L’atto comunicativo presuppone la presenza di due o più interlocutori. Nel

contesto della Comunicazione Facilitata gli attori coinvolti in questa relazione sono:

la persona con deficit comunicativo;

un terapista abilitato, il “facilitatore”.

I candidati all’utilizzo della Comunicazione Facilitata sono coloro che hanno

una produzione del linguaggio (orale e scritto) ridotta, assente o non sufficientemente

competente per esprimere non solo i propri bisogni ma anche il proprio pensiero.

Inizialmente utilizzata con pazienti cerebrolesi, è stata poi adoperata con successo con

persone con diagnosi molto diverse: autismo e altre sindromi pervasive dello sviluppo,

sindromi genetiche (sindrome X fragile, sindrome di Down, ecc.), patologie motorie,

disturbi della comunicazione e deficit di attenzione.

Nel caso di patologie motorie gravi la Comunicazione Facilitata permette la mediazione

tra il mondo interno della persona e il mondo esterno, fornendo un supporto fisico e

stabilizzando il movimento aiuta la persona ad effettuare gesti e movimenti che

altrimenti non sarebbero possibili in autonomia. Nei casi di iperattività, pensiero veloce

o nessi associativi allentati (disturbi della forma del pensiero), aiuta la persona a

riorganizzare il pensiero e renderlo più lento: il movimento ritmico e armonico del gesto

stimola una maggiore organizzazione generale della persona; inoltre, la scrittura al

computer, con l’utilizzo di un singolo dito, essendo più lenta del linguaggio orale,

costringe il pensiero a rallentare, a stare al passo col corpo e l’altro.

Il facilitatore è un persona competente che ha acquisito la qualifica di Assistente

alla Comunicazione in uno dei centri specializzati che offrono i corsi di formazione.

Page 16: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

16

Costui non guida la mano del facilitato nella scelta, ma piuttosto stabilizza e rallenta il

movimento della persona che si accinge a compiere una scelta. Il punto corporeo di

facilitazione inizialmente può essere la mano, poi l'avambraccio, la spalla e si allontana

per gradi fino ad arrivare, quando possibile, alla sola presenza del facilitatore. Tale

strategia non consiste solo in un supporto fisico ma anche nello stabilire una relazione

privilegiata di fiducia reciproca e di intesa in cui il facilitatore intuisce e riconosce al

facilitato capacità di elaborare pensieri e ricerca insieme a lui un codice alternativo che

permetta di manifestarli. La relazione che si viene ad instaurare consente lo sviluppo,

all’interno di un progetto condiviso in équipe, dell’alleanza terapeutica con la persona e

la sua famiglia, creando un clima di collaborazione, sostegno e condivisione tra i vari

sistemi di cui l’utente è parte.

Per comprendere se la tecnica può essere utilizzata con la persona disabile, viene

effettuata una sua valutazione da un supervisore delle competenze e delle possibilità di

applicazione della tecnica. Una volta discusso il processo valutativo in équipe, il

facilitatore inizierà il percorso con il soggetto disabile mantenendo in un primo periodo

i contatti con il supervisore referente.

1.1.2 L’aspetto valutativo

L’aspetto valutativo viene preso in carico da dei centri di supervisione che si

occupano della formazione e della ricerca per la tecnica della facilitazione. Presso

quest’ultimi vi sono professionisti che valutano tutti gli aspetti della persona, e

consentono di studiare il sussidio e le modalità idonee a facilitarla. Vengono effettuati

dei test per valutare il livello intellettivo e motorio del soggetto.

Il supervisore è una figura che si occupa della formazione e accompagna il

facilitatore nello svolgere la sua azione facilitante con l’utente: si occupa di mostrare

delle prove pratiche con l’utente e successivamente di osservare anche il neo facilitatore

in azione; rimane inoltre in contatto con il facilitatore per monitorare le prime fasi di

lavoro più strutturate.

Page 17: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

17

1.1.3 Perché è necessario il contatto fisico?

Molte persone con disabilità presentano difficoltà nel movimento o nel suo

controllo volontario sia nella mobilità ampia, sia in quella fine necessaria per la

digitazione sulla tastiera (componente disprattica).

Le difficoltà fisiche specifiche possono riguardare (Crossley, 1990):

scarso coordinamento occhio-mano,

basso/elevato tono muscolare,

problemi nell’isolare o estendere il dito indice,

perseveranza nell’esecuzione di un compito,

utilizzo di entrambe le mani per eseguire un compito che ne richiederebbe una sola,

problemi nella programmazione di un’azione,

tremori, instabilità muscolare,

problemi nell’iniziare e/o continuare un compito su comando,

impulsività.

Nel caso di problematiche di questo tipo si deve prendere in considerazione la

possibilità che l’utente presenti difficoltà a portare avanti un atto motorio per un

impedimento fisico del tipo di una paralisi, come anche l’eventuale condizione

disprattica in cui vi è un disturbo di programmazione e sequenziazione dell’atto

motorio. In quest’ultimo caso, per iniziare un programma motorio è fondamentale il

sostegno di uno "starter".

Il facilitatore ha questa funzione di "starter" che mette in pratica tramite il

contatto fisico e il supporto emotivo, la sollecitazione verbale.

Oltre ad avere la funzione di starter, che consente l’avvio dell’azione comunicativa, il

facilitatore deve considerare che la programmazione di un movimento è un’operazione

complessa ed è necessaria una concatenazione e sinergia di eventi e capacità tra i quali:

corretta informazione sulle caratteristiche della stimolazione esterna in entrata

(corretta integrazione sensoriale);

corretta integrazione sensoriale dello stimolo;

decisione di agire in un certo modo (intenzionalità);

previsione dello schema motorio per agire;

attivazione dello schema motorio e controllo di esso durante il corso dell’azione

(corretta propriocezione per il feedback);

Page 18: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

18

feedback di ritorno che confermi il fatto che l’atto motorio è stato compiuto secondo

le previsioni.

Tramite il contatto fisico ed il supporto si evita il rischio di generare una scorretta

motricità, la quale potrebbe portare ad una caduta dell’intenzionalità e al rifiuto di

concentrarsi sull’azione da compiere. Con la Comunicazione Facilitata si cerca di

ovviare agli inconvenienti della scorretta o scoordinata motricità, cercando di aiutare a

trovare la concentrazione e a prendere coscienza di dove il braccio e/o la mano siano

collocati nello spazio. La facilitazione calma la persona, contenendo l’ansia, e può

aiutarla a rallentare e a mantenere un ritmo costante.

Al facilitatore vengono fornite precise informazione riguardo il supporto fisico:

aiutare la persona ad orientarsi correttamente nello scrivere assicurandosi che i piedi

siano ben piantati per terra, che lo strumento per scrivere sia facilmente

raggiungibile (osservare se vi è la necessità di inclinarlo), accertarsi che la tavola sia

stabile, che il congegno non scivoli via e che la persona sia ben posizionata sulla

seduta, assicurarsi che vi sia un’atmosfera rilassata;

accertarsi di quale grado di supporto la persona necessiti, man mano che cerca di

indicare. Inizialmente si fornirà supporto da sotto l’avambraccio, sotto o sopra il

polso, o si aiuterà la persona ad isolare il dito indice per facilitare l’uso del

congegno di comunicazione.

chiedere alla persona di tirare indietro il dito indice, la mano o il braccio dopo ogni

selezione, per permettergli di avere abbastanza tempo per pensare alla selezione

successiva e per impedirgli di battere ossessivamente sullo stesso tasto. Se

necessario, fornire una pressione all’indietro sulla mano, il braccio o il polso.

Nel percorso di formazione del facilitatore, è previsto l’approfondimento e la

trattazione attraverso delle prove pratiche, della riabilitazione senso-motoria.

Le fasi iniziali del percorso, ovvero le attività più strutturate, rappresentano un

allenamento al gesto anche per il facilitatore, che lo regola in base all’utenza con cui si

relaziona. Entrambi i soggetti quindi, prendono confidenza con la facilitazione.4

4 Ivi, p. 22

Page 19: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

19

1.1.4 Il percorso

L’apprendimento della tecnica da parte dell’utente, si sviluppa in un percorso

suddiviso in diverse fasi strutturate. Inizialmente si propongono esercizi, basati su

risposte a scelta da domande chiuse; successivamente si giunge ad una conversazione

libera e spontanea5. Appare essenziale allo sviluppo di una buona alleanza facilitatore-

facilitato che vi sia sempre un rispetto di queste fasi. Ogni livello diverso di

conversazione implica un livello di comunicazione diverso e un livello di conoscenza

diversa tra facilitato e facilitatore.

Le tappe di sviluppo della tecnica devono sempre essere inserite all’interno di un

progetto che sia educativo, riabilitativo, terapeutico. La valutazione iniziale, la scelta

degli obiettivi, la preparazione del percorso ed il monitoraggio dello stesso sono svolti

dall’équipe con i supervisori6. Si vedono riassunte qui di seguito, le fasi di sviluppo del

percorso7:

Prima fase: si instaura una relazione comunicativa che permetta la conoscenza del

facilitato. Il facilitatore osserva ed esplora il suo linguaggio, la sua gestualità e le

competenze espressive. Si valuta lo strumento più idoneo per facilitare in base alla

postura e allo sguardo. Si mantiene il rapporto a due in un contesto adeguato: una

stanza tranquilla per dare la possibilità all’utente di concentrarsi per un tempo

stabilito. In questa fase vengono poste domande semplici a scelta multipla.

Seconda fase: si punta a trasferire l’uso della tecnica ad altri contesti di

comunicazione, puntando ad una maggiore autonomia del soggetto. Si cerca di

promuovere una conversazione libera.

Terza fase: si utilizzano tutte le modalità comunicative possibili.

I livelli di comunicazione nel procedere delle fasi sono:

1. primo livello: vengono poste domande con risposte conosciute dall’operatore (si

utilizza la scelta si/no);

2. secondo livello: le domande rivolte hanno risposte prevedibili (si utilizza la scelta

si/no, la scelta multipla, i contrari);

3. terzo livello: le domande diventano aperte, di conoscenza del contesto;

4. quarto livello: la conversazione diviene libera.

5http://www.cooperativaintervento.it/wp-content/uploads/2013/02/Cooperativa-Intervento_La-

Comunicazione-Facilitata.pdf, www.cooperativaintervento.it 6 Ibidem

7 Colombo S., La comunicazione facilitata, tecnica aumentativa alternativa, alfabetica del linguaggio,

dispensa formativa

Page 20: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

20

1.1.5 Critiche rivolte alla Comunicazione Facilitata

Nei primi anni Novanta furono prodotti alcuni articoli in cui venivano rivolte

numerose critiche alla tecnica, basate sulla conduzione di esperimenti risultanti

sfavorevoli all’affermazione della sua validità. Il numero dei casi in cui la

Comunicazione Facilitata risultava utile, tra quelli presi in esame risultava basso.

L’argomentazione più consistente derivava dal dubbio che la produzione dei facilitati,

non scaturisse da essi ma da chi si occupava di facilitarli. Da molti venne definita una

frode, dichiarando che il facilitato era semplicemente un pupazzo nelle mani del

facilitatore.

Tali affermazioni nascevano dal caso in cui osservando il facilitato durante la

scrittura, egli non guardasse il suo congegno facilitativo, o quando si notava da parte del

facilitatore un rinforzo e supporto fisico eccessivo.

L’autore Marvin Shevin8 trattò l’influenza del facilitatore sul facilitato e

individuò alcune strategie per cercare di controllare il meccanismo del suggerimento

inconscio fornito dal facilitatore. La prima è estendere il numero delle persone con cui i

due partners utilizzavano la comunicazione facilitata; la seconda consiste nello

stimolare e sensibilizzare il facilitatore per farlo accorgere di come potrebbe

inconsciamente suggerire e invitare a considerare questi accorgimenti come possibili

argomenti di discussione tra i partners; l’ultima strategia riguarda l’individuazione da

parte di entrambi i partners delle situazioni in cui vi è maggiormente la possibilità di

suggerimento.

L’aspetto positivo è che le critiche rivolte, hanno stimolato maggiormente i

sostenitori della tecnica ad una riflessione e revisione più incisiva tesa a migliorarne

sempre più l’applicabilità.

1.1.6 Scopi dell’indagine

La presente indagine qualitativa si basa sull’analisi di produzioni testuali

dell’utenza tramite la tecnica sopra presentata e di interviste rivolte ai facilitatori. In

particolare attraverso l’analisi si vuole indagare:

8 Mayer Shevin, collega di Biklen. Douglas Biklen fu colui che introdusse la Comunicazione Facilitata

negli Stati Uniti nel 1989.

Page 21: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

21

quali sono le possibilità comunicative e le dimensioni di senso che

l’utilizzo della tecnica apre e attiva nel soggetto disabile mediante l’atto dello

scrivere;

in quale dimensione avviene l’incontro tra facilitato e facilitatore, che

apre e promuove uno spazio di esperienza comune di comunicazione.

Page 22: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

22

Page 23: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

23

CAPITOLO 2

Metodologia

2.1 Indagine qualitativa

L'indagine attraverso cui si è scelto di delineare gli esiti delle domande di

ricerca, è di tipo qualitativo. Tramite l'approccio qualitativo si vuole infatti effettuare

un'analisi ragionata di produzioni testuali per proporre uno sguardo allo spazio

esperienziale di comunicazione tra utente facilitato e operatore che facilita. Tale sguardo

potrà poi essere stimolo di apertura verso nuove elaborazioni del momento terapeutico

educativo.

Non si punta quindi a ricercare soluzioni e dati quantitativi che le confermino o

meno ma si tratta di mettere in gioco l'esistenza dei facilitati e dei facilitatori

nell’interazione tra essi, cercando di comprendere le loro interpretazioni e percezioni,

arrivando a produrre resoconti della realtà autentici e ricchi di implicazioni.

“Nella ricerca qualitativa si rinuncia alla tirannia del mondo dei numeri e [...] ci

si incammina in un’area [...] sostanzialmente esperienziale e intuitiva [...]; l’intelligenza

del ricercatore si sforza di rendere evidenti i significati; [...] la dimensione qualitativa ha

una funzione di integrazione [...] la ricerca qualitativa non è un esercizio diretto ad

obiettivare ciò che è vero da ciò che è falso; è, piuttosto, un tentativo di fornire un

resoconto della realtà a più voci che denotano aspetti culturali e relazionali.” (Jones,

2004)

2.2 L’intervista come strumento d’indagine

E’ stato utilizzato come strumento d’indagine l’intervista. Quest’ultima è stata

rivolta ad entrambi i soggetti della relazione comunicativa. Nello specifico:

per l’utenza, è stata svolta in gruppo durante l’orario previsto per la conduzione

dell’attività di comunicazione all’interno del centro diurno;

per gli operatori si è effettuata singolarmente in un momento diverso da quello

strutturato appositamente per l’utenza.

Con entrambe le categorie di soggetti ci si è avvalsi della tipologia di intervista

semistrutturata, la cui traccia è costituita da una serie di domande, che hanno però

Page 24: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

24

lasciato libera la conduzione all’intervistatore, a seconda dei contenuti emersi

dall’intervistato.

Gli utenti hanno risposto alle domande tramite la digitazione su tastiera non

collegata ad un terminale e la scelta di cartelli riportanti opzioni di risposta. Ad ogni

incontro è stata proposta una domanda o un’affermazione da completare, alla quale si

lasciava piena libertà alla persona disabile di rispondere secondo ciò che desiderava

mettere in evidenza relativamente alla tematica trattata.

Ai facilitatori sono state poste 6 domande, mantenendo flessibile lo schema a

seconda delle questioni su cui l’operatore poneva più rilevanza. Per mantenere la natura

flessibile e direzionabile dell’intervista si è cercato di evitare affermazioni e commenti

che esprimessero giudizio o disaccordo; si sono preferite e promosse espressioni di

interesse, incoraggiamento e richieste di approfondimento con la ripetizione della

risposta appena ricevuta, richieste esplicite di chiarimento e rispettando eventuali tempi

di pausa.

2.3. Soggetti coinvolti

I soggetti coinvolti nell’indagine sono facilitati e facilitatori che mediamente da

10 anni hanno intrapreso il percorso di utilizzo della comunicazione facilitata.

Si tratta di 11 utenti disabili, con deficit comunicativi di varia natura, nello

specifico di dislalia, disfasia, balbuzie, ai quali si associano problematiche cognitive che

incidono sul funzionamento intellettivo e motorio; 3 facilitatori, di cui due educatori

professionali e un operatore socio-sanitario. Nel momento dell’attività di gruppo era

presente anche un trascrittore per i testi prodotti dagli ospiti del centro diurno.

Per l’utenza è stato richiesta ai responsabili della struttura l’autorizzazione al

trattamento dei dati personali e il permesso di utilizzare le produzioni testuali ai fini di

ricerca e stesura dell’elaborato di tesi. Altresì ai facilitatori è stata sottoposta

precedentemente all’intervista una liberatoria per la tutela della privacy, secondo

l’articolo n.13 del D.Lgs 196/2003 (allegato 1).

Page 25: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

25

2.3.1. Domande e tematiche proposte all’utenza

Dopo alcuni incontri di osservazione, è stato illustrato all’utenza il progetto che

si sarebbe condotto, e si è provveduto a costituire le domande idonee ad indagare la loro

esperienza relativamente all’utilizzo della tecnica, consultando le educatrici responsabili

dell’attività in merito all’adeguatezza dei tempi e dei modi di strutturazione del

percorso. Le domande ed affermazioni rivolte loro, sono state:

la richiesta di presentazione del gruppo;

“chi è parte del gruppo oltre a voi?”;

“vi sentite liberi di esprimervi con i vostri facilitatori?”;

“cosa pensate su chi critica la CF?” (è seguita la lettura di una critica rivolta alla

tecnica)

“per me parlare senza voce è…”

“vi piace il vostro corpo? vi piace il contatto con gli operatori che vi aiutano a

scrivere?”

Le risposte prodotte sono state trascritte da un volontario presente costantemente agli

incontri, in appositi quaderni conservati dalla struttura.

2.3.2 L’intervista rivolta ai facilitatori

In seguito al conseguimento della disponibilità dei facilitatori e alla richiesta

formale della struttura per l’autorizzazione ad intervistarli, sono stati concordati

singolarmente gli appuntamenti in cui svolgere il colloquio. Si è data la massima

disponibilità all’intervistato di poter scegliere l’ambiente in cui condurre la

conversazione.

Prima di iniziare l’intervista è stata fornita una spiegazione dello scopo

dell’indagine e della modalità di svolgimento, e richiesta la firma della liberatoria.

Ciascuna intervista si è protratta mediamente per mezz’ora, venendo audioregistrata. Le

domande rivolte agli operatori sono state:

“in che cosa consiste l’atto facilitativo?”

“come è nata e si è sviluppata la tua esperienza di facilitatore?”

“come ti senti quando sei coinvolta nell’atto della comunicazione facilitata?” [quali

percezioni corporee, sentimenti, stato d’animo, difficoltà, …]

Page 26: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

26

“come fai a conoscere l’intenzione di movimento dell’utente?” [attraverso quali

segnali corporei e canali di senso]

“come regoli il supporto fisico per l’utente?” [quali strategie adotti?]

“quali motivi ti spingono a portare avanti questa metodologia di comunicazione?”

In seguito le interviste sono state trascritte e si è proceduto alla lettura che ha generato

poi l’analisi dei testi, secondo la domanda di ricerca.

2.4 Metodologia di analisi delle produzioni testuali

Dopo aver trascritto sia le produzioni durante gli incontri con l’utente, sia le

interviste con i facilitatori, si è eseguita la lettura alla luce della domanda di ricerca. Per

gli utenti è stato preso in esame un altro testo in cui trattavano il loro percorso con la

Comunicazione Facilitata, prodotto in periodo settembre 2012, gennaio 2013.

2.4.1 Produzioni dell’utenza

Nei testi prodotti dall’utenza si sono individuati dei segmenti narrativi, ovvero

delle porzioni di testo, che aprivano la prospettiva su cinque dimensioni proprie del

costrutto “persona”. Si sono individuate:

● dimensione esistenziale

● dimensione affettiva

● dimensione morale

● dimensione affettivo-morale

● dimensione sociale.

Successivamente l’intera produzione è stata nuovamente letta, e ad ogni segmento

narrativo è stata attribuita una dimensione. I codici utilizzati sono emersi da una prima

lettura libera e sono stati rispettivamente: DE (dimensione esistenziale), DA

(dimensione affettiva), DM (dimensione morale), DA-M (dimensione affettivo-morale),

DS (dimensione sociale).

Suddivisi i segmenti per dimensione, a ciascuno è stata assegnata un’etichetta

riguardo il contenuto espresso.

Si è prodotto un documento in formato .docx, in cui è stata inserita una tabella a

due colonne: nella prima è stato riportato il codice della dimensione, nella seconda è

Page 27: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

27

stato inserito il segmento narrativo ed è stata riportata tra parentesi l’etichetta riportante

la tematica che andava a portare alla luce il segmento narrativo (tabella 1). È stato poi

elaborato uno schema per ciascuna dimensione.

DIMENSIONE PRODUZIONI (ETICHETTA)

... ...

Tabella 1 - Strutturazione tabella analisi testi utenti

2.4.2 Produzioni dei facilitatori

Attraverso le produzioni dei facilitatori si è cercato di indagare maggiormente

quello che è il contatto tra i due soggetti in comunicazione: il gesto facilitativo.

Si sono individuati allo stesso modo alcuni segmenti narrativi che permettessero

di comprendere l’esperienza del facilitatore, in particolare ciò che caratterizza il gesto,

le sue potenzialità e azioni.

Si è proceduto nella stessa modalità per le produzioni dell’utenza (tabella 1),

individuando però una dimensione aggiuntiva: la dimensione corporea (DC).

In seguito ad una riflessione ed interpretazione dell’intervistatore sono state poi

riportate le proprietà del gesto emerse.

Page 28: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

28

Page 29: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

29

CAPITOLO 3

Risultati

3.1 Le dimensioni

Una valida conoscenza del sistema uomo si costruisce a partire dalle esperienze

vissute dall’individuo e dai significati che traggono da determinati eventi (Heidegger,

1927). Ciò non preclude la considerazione dell’uomo come organismo biologico, ma

sostiene che non può essere compreso solo in ambito naturalistico.9

La relazione comunicativa permette all’individuo di esprimere i suoi valori e

all’interno del contesto riabilitativo permette di costruire, insieme al professionista, un

proprio percorso terapeutico che incida sulla sua qualità di vita.

Per sviluppare la domanda di ricerca, si sono organizzate le informazioni in

merito a ciascuna dimensione delineando schemi del loro processo costitutivo. In tal

modo si individueranno le possibilità comunicative offerte dalla presente tecnica

espressivo-comunicativa alla persona con disabilità.

Si riportano qui di seguito gli schemi risultati dall’analisi dei testi scritti degli

ospiti del centro.

3.1.1 Dimensione esistenziale

“Sono grata della fortuna di godere delle mie parole”

“Per me scrivere basta a pensare

giorno dopo giorno che vale la pena vivere,

nonostante le fatiche per gioire nella vita”

“Sono contenta perché non morirò nel silenzio”

Attraverso il processo comunicativo, si mette in moto la dimensione esistenziale

dell’utente, con l’interazione tra tre concetti principali: identità, tempo ed espressione.

I tre concetti prendono forma secondo tre differenti processi:

● l’identità attraverso l’autodescrizione,

● il tempo attraverso la riflessione,

9 Ruggerini C., Manzotti S. et al. (2013), Narrazione e disabilità intellettiva, Erickson, Trento, p. 26

Page 30: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

30

● l’espressione attraverso la narrazione.

La relazione che vi è tra i concetti e tra i processi che vanno a delinearli è

circolare e bidirezionale. Ovvero per ogni concetto c’è un’influenza reciproca nel

processo della sua costruzione: l’identità si esprime e dà senso al tempo; l’espressione

dà senso al tempo costruendo l’identità; il tempo permette la generazione di un’identità

attraverso la sua espressione.

3.1.2 Dimensione affettiva

“Certo a me piacerebbe fare da sola

ma guarda un po’, non ci riesco.”

“Farei grandi chiacchiere se potessi parlare,

sarei ripresa da tutti

perché non starei a guardare e basta”

“E’ molto bello, tutti non diciamo niente.

Giovi, tu mi conosci da tanto,

tu mi hai seguita per la CF, ti ringrazio.

È stata dura in fondo, le parole hanno vinto sul silenzio”

La dimensione affettiva si compone di vissuti emotivi legati al concetto di corpo

e al concetto di mente.

I vissuti legati al corpo sono di “fatica” perché manca il controllo della propria

corporeità e questo costituisce un limite all’espressione, di “infelicità” perché non

costruzione IDENTITA'

senso del TEMPO

valore dell'

ESPRESSIONE

AUTODESCRIZIONE

RIFLESSIONE NARRAZIONE

Page 31: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

31

apprezzano l’estetica e la funzionalità della propria fisicità. L’azione dello scrivere

esprime l’immaginazione del soggetto, che stimolata, permette di trascendere la

dimensione corporea.

I vissuti legati alla mente al pensiero sono di “comprensione”, di

“consolazione”, di “difficoltà”. Attraverso la scrittura si raccontano le emozioni e così

facendo hanno la possibilità di rielaborare l’esperienza che le ha innescate, investendola

di significato.

3.1.3 Dimensione morale

“Ma loro segnano su un foglio, noi su una tastiera.

In verità la gente non sa pensare meglio di noi,

solo in modo diverso.”

“Sono quelli che ci guardano senza sapere,

senza andare oltre quello che vedono.

A me dà fastidio, non le sopporto.”

La dimensione morale della persona facilitata si basa sulla consapevolezza della

sua condizione di disabilità. Riconoscendosi tale si riconosce automaticamente come

“persona diversa”. Questa diversità espone l’individuo al giudizio altrui con il rischio di

essere sottovalutati, di essere visti solo per quello che si appare.

Oltre la diversità però c’è pur sempre la persona, con i suoi diritti e le sue

necessità, come il vivere la sua autonomia residua. All’interno di questo spazio

comunicativo, si trova la possibilità per l’utente di vivere questo bisogno attraverso la

relazione di aiuto con il facilitatore.

attraverso la scrittura

legati a

Vissuti EMOTIVI

CORPO: fatica, infelicità

vado oltre con l'IMMAGINAZIONE

MENTE: comprensione,

consolazione, difficoltà

gestisco le emozioni con la NARRAZIONE

Page 32: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

32

3.1.4 Dimensione affettivo-morale

“Accidenti, anche se faccio fare agli altri

sanno credere comunque in me.”

“Penso che sia importante per noi

la mano delicata che ci accompagna ogni giorno.”

“Ho meditato di trovarmi dentro questi discorsi:

non volevo che la gente lallerasse (sparlasse)

che sono buona zero.”

Ciò che costituisce prevalentemente la dimensione affettivo-morale è il costrutto

di fiducia. La fiducia riposta nella persona disabile diventa occasione per instaurare la

relazione d’aiuto tra utente ed operatore. Quest’ultimo vedendo oltre la disabilità e

riconoscendo il valore dell’altro può testare la disponibilità comunicativa della persona

attraverso la facilitazione.

La comunicazione avviene tramite il canale del contatto, dell’accompagnamento

al gesto, e attraverso l’ascolto che mette in condizione l’utente di poter sperimentarsi ed

esprimersi.

Emerge un altro costrutto, ovvero il giudizio dell’altro. La paura del giudizio o il

giudizio superficiale, che si ferma all’apparenza, non concedono spazio e

considerazione ai contenuti della persona e quindi alla sua libertà espressiva.

DIVERSITA'

• condizione di DISABILITA'

SUPERFICIALITA', SOTTOVALUTAZIONE

• GIUDIZIO ALTRUI

SUPERAMENTO LIMITE CON FACILITATORE

• desiderio di AUTONOMIA

Page 33: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

33

3.1.5 Dimensione sociale

“Faccio del mio meglio per lasciare traccia di me”

“Vorrei anche dire che possiamo dire pensieri profondi,

ho voglia di farli uscire.

E’ un mondo interessante da far conoscere”

“Resto positiva ho molta voglia

che mia mamma mi veda, mio papà mi noti.”

Le due parti che vanno a costituire la dimensione sociale sono complementari tra

esse: il desiderio di comunicare di sé e la voglia di condividere le proprie esperienze.

Il comunicare di sé permette di identificarsi, distinguendosi dagli altri. Allo

stesso tempo vi è l’esigenza di condividere con gli altri, per avere dei vissuti comuni,

sentendosi parte di un gruppo.

La Comunicazione Facilitata in questo senso permette di avviare un percorso

che inizia in una relazione a due e gradualmente può aprirsi ad un gruppo più numeroso

consentendo alla persona con deficit comunicativo di vivere la sua dimensione sociale.

VALORE DELL'ALTRO

OLTRE LA DISABILITA'

INVESTIRE DI FIDUCIA

RISPOSTA AL BISOGNO COMUNICATIVO

FACILTAZIONE: relazione attraverso gesto e ascolto

GIUDIZIO PER ICONTENUTI CHE ESPRIMO,

NON DALL’APPARENZA

LIBERTA’

COMUNICATIVA

Page 34: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

34

3.2 Dimensione corporea che consente l’espressione scritta

Quando manca la possibilità di esprimersi verbalmente per la persona disabile, i

suoi contenuti mentali possono talvolta essere riportati ed esternati grazie all’azione di

scrittura.

Ciò che rende possibile la scrittura ed è tramite tra il pensiero e l’espressione

scritta, è il corpo: attraverso la dimensione corporea si attua l’atto dello scrivere. La

dimensione corporea diviene punto di incontro comunicativo, ed è qui che si inserisce il

gesto facilitativo, come tocco che accompagna l’espressione somatica della persona

disabile consentendogli di scrivere e dando la possibilità di condividere.

“... penso che sia importante per noi la mano delicata che ci accompagna ogni

giorno. Mi fa sentire più serena giorno dopo giorno. Grazie a voi io vivo e posso ridere.

Mi posso esprimere, i pensieri non sono solo miei ma posso condividerli. Rido se mi

aiutate perché io so le cose ma il corpo non risponde.”

UNICITA'/DIVERSITA'

DESIDERIO

SENSO DI APPARTENENZA

COMUNICARE DI SE' CONDIVIDERE/

LASCIARE IL SEGNO

CONTENUTI MENTALI CORPO PRODUZIONE

SCRITTA

Page 35: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

35

3.2.1 Il facilitatore come strumento “vivo”

La volontà di esternare dei contenuti parte dal soggetto disabile con un

movimento verso gli ausili che permettono l’indicazione o la digitazione.

L’attenzione di chi facilita deve risiedere nella percezione dell’intenzionalità di

movimento. Se viene colta il soggetto disabile andrà ad imprimere nel facilitatore la sua

espressione somatica e quindi a manifestare la sua esigenza comunicativa.

Allo stesso modo, l’atto ha la funzione di gestire la componente motoria

patologica del soggetto disabile (condizione pareto-spastica degli arti superiori, tratti

disprattici, tremolii).

Attraverso questa visione del gesto, il facilitatore può essere inteso come

strumento “vivo”, dotato di coscienza somatica che qualifica l’accompagnamento

facilitativo in “atto percepito” e “atto gestito”:

● atto percepito, perché lo strumento “facilitatore” è dotato di sensibilità

cinestesica che consente al soggetto disabile di portare a compimento la sua

intenzione. Giovanna (educatrice, facilitatore) dice: “Sento l’intenzionalità,

perché in qualche modo il mio tenere il braccio è semplicemente un tocco

fondamentalmente, quindi sento l’intenzionalità di andare alla tastiera.”. La

percezione del movimento non è rivolta solo al cogliere l’intenzionalità ma

altresì a regolare di volta in volta il supporto necessario al soggetto “… sento

proprio a livello fisico se in quel momento ha bisogno di più sostegno, se posso

magari lasciare che la facilitazione… dare un sostegno minore, quindi ridurre

la facilitazione che vuol dire invece di tenerlo al polso, provare a tenerlo più

verso il gomito…”;

● atto gestito, poiché essendo strumento non privo di componente cognitiva, è in

grado di ridurre le difficoltà motorie della persona con disabilità fisica, oltre che

intellettiva e verbale. Attraverso lo studio di una corretta posizione facilitativa, si

dà un fine al movimento di digitazione o indicazione e una possibilità di

espressione al soggetto. In merito al contenimento del gesto Silvia racconta

(operatrice, facilitatore): “... si parte sempre da un contenimento proprio anche

di spazio, di postura, no? e poi si passa da lasciare sempre un po’ più libera la

persona, capire, fare il punto e vedere, modificare le risposte ai bisogni,

insomma.”. Giovanna evidenzia proprio la necessità di gestire l’atto facilitativo

“… perché M. per esempio ha degli scatti improvvisi e il braccio scapperebbe

Page 36: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

36

da un’altra parte, …”.

Il facilitatore inteso come strumento deve mantenere un giusto rapporto tra le

due azioni per fare in modo che la comunicazione sia efficace: deve essere sensibile nel

cogliere l’intento e guidarlo fino ad un suo compimento. Francesca (educatrice,

facilitatore) descrivendo una posizione facilitativa parla della gestione della disabilità

fisica di un’utente dicendo “... tu praticamente gli chiudi con la tua mano le tre dita e il

pollice e gli lasci libero l’indice, che però è chiuso, …” e prosegue sottolineando

l’intenzionalità della stessa “... solo quando lei lo apre parte… ta, ta, ta… e scrive.”.

3.2.2 La potenzialità maieutica del gesto facilitativo

La condizione di mancata espressione verbale pone sia i facilitatori, che i

facilitati in una condizione di “mancata conoscenza” dell’altro. Da qui parte, proprio

come secondo il metodo socratico, una ricerca di sapere e conoscere attraverso il

dialogo10

. Questo si incarna nell’incontro tra due corporeità e si svolge attraverso il

contatto corporeo e l’atto facilitante.

La potenzialità dialogica che rivela il gesto che facilita, è di natura maieutica.

Ovvero in seguito al riconoscimento di non sapere i soggetti coinvolti nella relazione

sono stimolati a generare la propria verità.

Il tocco e l’accompagnamento permettono alla persona disabile di esprimere un

suo pensiero, individuandolo, elaborandolo e conoscendolo. Il facilitatore quindi

permette la produzione delle verità della persona, ponendosi come “levatrice” che porta

alla luce le sue idee e dà il privilegio di esplorarsi: “Il fatto che possono esprimere

queste persone, cioè dai la possibilità di esprimersi e certo che se ripenso la

comunicazione facilitata, è comunque una tecnica privilegiata. Nel senso che alla fine

tu in questo modo vai ad esplorare i pensieri, quello che le persone… quello che sono le

loro opinioni …”.

L’azione dinamica del gesto è “ricerca”, la quale coinvolge allo stesso modo i

due ruoli, poiché l’uno permette all’altro di conoscere nuove realtà di esperienza,

liberandosi dai propri preconcetti. Anche il soggetto disabile che viene facilitato

provoca i contenuti dei facilitatori, svincolandoli da opinioni consolidate, come

ammette Francesca: “... poi oltre tutto ti scrivono delle bombe, tra virgolette, che tu ti

10

Ruffaldi E., Carelli P. et al. (2008), Il pensiero plurale, Loescher, Città di Castello (Pg), p. 132

Page 37: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

37

senti piccolo così (gesto indicativo con la mano), altro che figo, "l'operatore figo" che

può insomma facilitare; e a volte questo scrivere questi pensieri così anche rispetto a

come vedono la loro disabilità ti fa veramente sentire piccolo e quindi è bello insomma

nel senso.”.

3.2.3 Le azioni generate dal gesto facilitativo

Nel momento in cui avviene il gesto, due entità corporee si incontrano e si

definiscono immediatamente i due ruoli della relazione di aiuto: tra i due interlocutori è

presente una differenza di adattamento, competenza e abilità. Il facilitatore cerca di

presentarsi al meglio nella sua veste: “... secondo me e deve essere proprio pulito da

qualsiasi pensiero, in ascolto, imparziale e... in modo neutro insomma.” (Silvia,

operatrice, facilitatore). E’ cosciente di essere un professionista che offre un servizio

alla persona al meglio delle sue potenzialità e nel rispetto della persona che ha innanzi.

Nel medesimo tempo però il gesto apre uno spazio comunicativo in cui la

differenza dei ruoli perde d’importanza in favore dell’accesso ai contenuti della persona.

Lo stupore e la curiosità per le parole che hanno da esprimere, per i racconti che hanno

da narrare spingono oltre il muro della diversità: “Il potere è bello, che ti dà entusiasmo,

ti dà energia, ti continua a stimolare è proprio questo: lo stupore dell'altro

fondamentalmente, perché comunque è un'altra persona che ti racconta una parte di sé,

dei suoi vissuti e quindi per quello prima ti dicevo, con estrema umiltà.” (Silvia,

operatrice, facilitatore). In questo modo viene aperto uno spazio in cui rimane sospesa la

definizione di disabilità e acquista maggior valore quella di persona: “Nel momento in

cui sono in comunicazione e abbiamo questo spazio è come se perdessi di vista i limiti

che ci sono nella disabilità, nel senso che non mi sento di... La mia mente non pensa

alla possibilità che io dò a quella persona che non può parlare, ma penso "adesso parlo

con una persona" o comunque ascolto e mi metto in relazione con una persona.”(Silvia,

operatrice, facilitatore).

Page 38: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

38

Page 39: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

39

Conclusioni Nella tecnica della Comunicazione Facilitata la persona con disabilità intellettiva

e verbale esprime la sua esigenza comunicativa attraverso una prima espressione

corporea, che imprime il messaggio nel corpo del facilitatore che lo riesce a tradurre in

parole mediante l’accompagnamento all’azione della scrittura. Il pensiero, il contenuto

della persona disabile si riversa nell’indicazione o digitazione di una tastiera e diviene

possibilità di occuparsi di tutte le proprie dimensioni umane, attraverso una relazione

comunicativa.

L’occasione di esternare e narrare di sé utilizzando il linguaggio alfabetico, non

solo per comunicare i propri bisogni della quotidianità, si rivela essere un momento in

cui la persona disabile è chiamata a riflettere più profondamente su quali sono i suoi

valori e come per lei ha senso concretizzarli nel corso della sua vita. Vi è dunque una

presa di coscienza di sé e una crescita umana.

Nello specifico si tratta di far risuonare questa consapevolezza nel percorso

educativo-riabilitativo, per incidere sulla qualità di vita del soggetto con disabilità,

rispondendo ai suoi bisogni: ciò è competenza del professionista.

Qui viene a definirsi lo spazio di esperienza comune in cui i due soggetti della

relazione terapeutica vengono ad incontrarsi e a costruire insieme un futuro riabilitativo

significante.

La tecnica presa in considerazione realizza concretamente l’incontro attraverso

la dimensione corporea: tramite il contatto fisico avviene il gesto facilitativo.

Quest’ultimo genera interazione tra due corpi e, secondo le caratteristiche e le funzioni

individuate, congiunge due persone stimolando in loro una crescita sia umana che

professionale.

Nel terapista avviene una crescita professionale, che attraverso questa tecnica

esplora e conosce i soggetti a cui rivolge la sua prestazione ed è in grado di stabilire con

loro una relazione d’aiuto efficace che promuova la loro espressione.

Nel soggetto disabile avviene una crescita personale e umana in cui prende

coscienza di sé e/o la esprime direttamente attraverso parole sue.

Entrambe le visioni in questo spazio si intersecano e dialogano tra loro

permettendo agli attori della comunicazione di arricchire e rivedere i propri schemi di

pensiero sia professionale, sia personale.

“Sono persone che riescono a scrivere molto bene della loro vita, dei loro

Page 40: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

40

vissuti quindi è proprio un incontro con l'altro per me. È proprio l'incontro, non ci sono

limiti per me in quel momento. "Io ti tolgo il limite tuo, ti facilito e tu sei sei una

persona che parla con me e io con te"” (Silvia, operatrice, facilitatore)

Page 41: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

41

Bibliografia

1. Fontanini S. (2016), Comunicazione Aumentativa Alternativa e Disabilità,

Edizioni Junior, Parma

2. Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero e

parola, Franco Angeli, Gorgonzola (MI)

3. Biklen D. (1999), La comunicazione facilitata, Omega Edizioni, Torino

4. Colombo S., La comunicazione facilitata, tecnica aumentativa alternativa,

alfabetica del linguaggio, dispensa formativa di supervisore di Comunicazione

Facilitata

5. Ruggerini C., Manzotti S. et al. (2013), Narrazione e disabilità intellettiva,

Erickson, Trento

6. Ruffaldi E., Carelli P. et al. (2008), Il pensiero plurale, Loescher, Città di

Castello (Pg)

7. Pavone M. (2010), Dall’esclusione all’inclusione, lo sguardo della pedagogia

speciale, Mondadori Università, Milano

8. Mortari L. (2006), La pratica dell’aver cura, Bruno Mondadori, Milano

9. Tarozzi M. (2008), Che cos’è la Grounded Theory, Carocci, Roma

10. Ricoeur P. (2016), Tempo e racconto, volume 1, Jaca Book, Milano

11. Warrick A. (2003), Comunicare senza parlare, comunicazione aumentativa

alternativa nel mondo, Omega Edizioni, Torino

12. Guerra C., Caldei P. et al. (2006), A voce alta, dialoghi di ragazzi autistici

attraverso il metodo della Comunicazione Facilitata, Edizioni Junior, Azzano

San Paolo (Bg)

13. Aujoulat I., Azzoni G. et al. (2013), La comunicazione della salute, un manuale,

Raffaello Cortina editore, Milano

E’ stato consultato anche:

● Migliorino N. (2016), Analizzare testi esperienziali, dispensa

Page 42: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

42

Sitografia

● Cooperativa Intervento (Mestre),

www.cooperativaintervento.it,

http://www.cooperativaintervento.it/wp-content/uploads/2013/02/Cooperativa-

Intervento_La-Comunicazione-Facilitata.pdf,

consultato in settembre 2016

Page 43: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

43

ALLEGATI

Page 44: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

44

Page 45: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

45

ALLEGATO 1: LIBERATORIA

AUTORIZZAZIONE AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

(ART. 13 DEL D.LGS. 196/2003)

Gentile Collega,

sono a chiederle la Sua partecipazione alla presente ricerca ai fini dell’elaborazione di

una tesi di laurea magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie.

L’obiettivo della tesi è di presentare la tecnica della “Comunicazione Facilitata” e di

analizzare come l’atto comunicativo tramite tale tecnica, diviene punto di incontro e

luogo comune di esperienza per l’operatore e l’utente coinvolti.

Sono a rivolgerle alcune domande precisandole che l’intervista verrà registrata al fine di

elaborare con precisione il contenuto. Le informazioni e i dati raccolti verranno trattati

in forma anonima, sia su supporto informatico che cartaceo, con specifica adozione di

misure finalizzate a consentire l’accesso e l’utilizzo ai soli operatori impegnati nella

ricerca, garantendo la riservatezza dei dati sensibili ed il rispetto delle normative vigenti

in materia di tutela della privacy.

Il/La sottoscritto _________________________________________________________

Nato/a____________________________________ il _______ /_______ /___________

Professione_____________________________________________________________

AUTORIZZA ai sensi e per gli effetti dell’art. 13 del D.Lgs. n. 196/2003, con la

sottoscrizione del presente modulo, il proprio consenso al trattamento dei dati

personali forniti durante l’intervista registrata per finalità di elaborazione della tesi di

laurea.

Data ____________________ Firma ________________________

La ringrazio per la disponibilità e collaborazione.

Silvia Missaglia

Page 46: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

46

Page 47: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

47

ALLEGATO 2: PRODUZIONI UTENZA

21 settembre 2012

ESPERIENZE DI VITA... RIFLESSIONI SUL PERCORSO

INTRAPRESO CON LA COMUNICAZIONE FACILITATA

N.: davvero vedevo che sapevo scrivere me certo

pensavo sarebbe stato impossibile dare parole alle mie

intenzioni.

Ma: (con Francesca in contemporanea a Mo) avevo

barba e capelli scuri, spavaldo e vivace, ma non sapevo

parlare. Adesso posso farlo. Da vent’anni sognavo di

poter scrivere. È accaduto, si è realizzato anche.

Accidenti saper scrivere adesso dà senso alla sofferenza

e ancora alle mie disabilità.

Mo: (con Giovanna) io ho iniziato tanti anni fa. I nostri

capelli erano scuri. Forse pensavo di riuscire a muovere il

mondo. Ora penso invece di muovere i vostri animi:

parlo con voi e ci guardiamo dentro.

G. G.: io posso scrivere, io mi sento bene, noi possiamo

cercare voi per tutta la vita per dirvi grazie.

MaV: sono arrabbiata perché scrivere mi piace, ma non

mi ha aiutato.

In cosa poteva aiutarti scrivere?

MaV: secondo me a star bene con gli altri, ma non è così.

G. G.: io penso sia verità. Mamma non ci vuole credere,

ma a me piace scrivere con voi.

N.: bisogna pensare che per le persone non è valido

scrivere così. Ma loro segnano su un foglio, noi su una

tastiera. In verità la gente non sa pensare meglio di noi,

solo in modo diverso. Fermezza MaV, se vuoi puoi

farcela.

Ma: assieme sappiamo salire o scendere accanto agli

altri. Facciamo fatica a capire se non ci aiutano. Ma se

vado solo a prendere il pulmino, so andare a cercare

anche vasti spazi dove stare assieme. Assieme siamo

forti. Assieme possiamo fare grandi cose.

28 settembre 2012

Mo: sì, mi pare che poi faticavo a scrivere per via degli

occhi. Con tre operatrici diverse scrivo adesso, sono

contenta perché non morirò nel silenzio.

N.: io volevo dire che si può parlare in tanti modi, ma

bisogna volerlo tutti. Faccio a volte fatica ma pensando

mi viene in mente che insieme si può fare meno fatica.

G. G.: finora sto andando verso nuove scoperte molto

interessanti. Non bisogna fermarsi.

A quali scoperte ti riferisci?

Del nostro sapere che nessuno sapeva esistere.

MaV: certo avete ragione devo scrivere anche le mie

sensazioni, devo desiderare di sentire davvero ancora

sapore nello scrivere. Grazie fratelli siete testardi, voi

soli mi capite.

Ma: quando mi stanno antipatiche certe persone a saper

parlare gliene direi quattro. Ma se scrivo so mediare

anche argomenti difficili. Faccio solo affaticamento

(fatica) a stare al mio posto.

N.: chi sono le persone antipatiche a te che sorridi

sempre a tutta la gente?

Ma: sono quelli che ci guardano senza sapere, senza

andare oltre quello che vedono. A me dà fastidio, non le

sopporto.

G. G.: per Giulia - mi mancano le tue frasi, credo tu

possa scrivere devi farcela.

Mo: faccio del mio meglio per lasciare traccia di me.

Page 48: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

48

5 ottobre2012

Mo: io ringrazio. Vorrei spiegare cosa intendo per silenzio:

a me spaventa essere con limiti e basta. Mi aiuta pensare

che

Max: che se no finisse

Mo: che i miei pensieri sono utili agli altri.

A cosa sono utili?

Mo: a vivere meglio

Max: beata te

G. G.: oggi ho male, ma bisogna cibarsi di questa naturale,

benedetta esperienza. Voglio sentire gli altri durante la

scrittura cosa pensano.

MaV: sono felice di essere qui con voi. Assieme restiamo

quando stiamo male. Sto bene con voi, mi siete d’aiuto

devo ringraziarvi.

Ma: quando scrivo ascolto il valore delle parole

Basta pensare -finalmente scrivo- e ancora mi danno

fiducia.

N.: io capisco Mo, concordo con lei. Faccio però a volte

fatica ad accettare di essere così. Mi piacerebbe un giorno

svegliarmi normale, ma ho capito che la mia non è una

malattia che si guarisce. Io sono io.

Io penso a fare ordine, ho tanta roba dentro che a volte è

troppa e poi si accumula, ma se faccio ordine, una o due

escono, sento che si fa spazio.

Mo: sono grata della fortuna di godere delle mie parole.

Max: che brava!

12 ottobre 2012

PERCHÉ SERVE UN FACILITATORE PER POTER

SCRIVERE...

Ma: quando scriviamo da soli non ci riusciamo, assieme

si. Facciamo finta che sia un braccio nostro che serve ad

indirizzare quello che funziona meno.

G. G.: per non perdere il nostro braccio in giro.

Mo: possiamo pensare meglio. Devo risultare triste ma

rispetto sempre i turni di scrittura degli altri. Sono triste

solo per rispetto, giudico poco ed ascolto.

MaV: serve per scrivere sennò andiamo a caso.

N.: serve a guardare dentro la confusione e a dare

coraggio e fiducia.

Quindi insieme è meglio che da soli?

MaV: si fa fatica a scrivere senza di voi.

G. G.: la nostra forza è insieme

N.: soli si fa poco insieme si fa tutto ciò che è possibile

ed a volte anche, meglio.

Ma: sai quando ci sono delle difficoltà a noi costa fatica

scrivere, pensare ed ascoltare ed anche capire dove si

andrà a scrivere e quindi serve quando, accidenti, non

riusciamo a fare tutto assieme.

Page 49: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

49

19 ottobre

MaV: ora è diverso scrivere, grazie a voi.

N.: mi fa piacere, è vero che cambia forse perché mi

sembra normale in questo modo, tutti insieme e non

da soli. Però è stato fondamentale cominciare piano,

poco così abbiamo fatto palestra.

G. G.: per me scrivere basta a pensare giorno dopo

giorno che vale la pena vivere, nonostante le fatiche

per gioire nella vita.

Ma: a me fa andare via la malinconia sapere di avere

qui tante persone amiche. Ho voglia di salutare tutti.

Mo: ho meditato di trovarmi dentro questi discorsi:

non volevo che la gente lallerasse (sparlasse) che sono

buona zero.

Ci tieni all’opinione delle persone?

Mo: mi piace. Notate che le persone mettono

freddezza finché vi notano? (domanda per i compagni)

G. G.: (domanda per Monica) non capisco perché ti

piace l’opinione degli altri. A me no, non piace sapere

che pensano zero di me.

N.: (domanda per i compagni): gestite normalmente le

vostre difficoltà quando siete soli con voi stessi?

MaV: serve tanto tempo perché gli altri si accorgano di

noi.

Grazie a me so fare sempre sola cose difficili, sempre

ascoltando che qualcuno sa di aiutarmi serenamente.

Cosa fai da sola?

N.: desidero fare disegni, cercare me stessa davanti per

non lasciar cadere vana la felicità. Ascolto persone

migliori di me come Ma.

G. G.: ho capito che ci provi ad essere felice. Migliore

cosa vuol dire?

N.: quando sa dare consigli a tutti è bravo.

Ma: grazie. Sarei famoso se sapessi anche ascoltare

come fai sempre tu. Accidenti, anche se faccio fare agli

altri sanno credere comunque in me.

MaV: secondo me sta solo dicendo a noi che dobbiamo

fare da soli e accontentarci, io non mi accontento.

Certo a me piacerebbe fare da sola ma guarda un po’,

non ci riesco.

Noi operatori riportiamo che la ricerca della felicità è

una cosa che riguarda tutti, non solo le persone con

disabilità. Essere felici è difficile, tutti vorremmo saper

fare più cose di quelle che sappiamo fare. Etc...

N.: io sono contenta perché vuol dire che siamo un po’

tutti uguali anche se diversi.

Mo: tutti per tutti. È molto bello sentire anche le vostre

idee.

G. G.: mi fate vedere le mie difficoltà in modo girato.

Non pensavo che per voi girasse così.

Ma: lo vedo tutti i giorni che le persone cercano e più

sono in movimento meno trovano nel senso che io ho

tanto tempo per pensare e osservare mentre altri se lo

negano.

MaV: sentire oggi i vostri fatti rimane molto strano

secondo me.

Pensavi fossimo perfetti?

MaV: deve essere così sennò chi ci aiuta?

26 ottobre 2012

Mo: fa piacere essere notata e rispettata per i pensieri

che ho. Io volevo dire che mi dispiace di pesare agli

altri, di non essere in grado di star da sola, però è così.

N.: nessuno pensa troppo da persone come noi.

Facessero diversamente penserebbero le nostre qualità

e verità. Vuoi che metto giusto in ciò che faccio?

Vedrete che sono una persona come voi.

Page 50: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

50

MaV: calmi dentro e sereni

E allora perché siamo tristi ogni tanto

MaV: dovete decidere sempre cosa cenare e così non

state felici.

N.: ecco, hai colto, fatti immaginare. Ma sai che ti

vedo in palestra a fare numeri da circo e dire che

bello che bello.

Si lo dico spesso.

N.: allora vedi che immagino bene. Poi Giovanna la

vedo a casa in cucina, sempre a fare poi qui è stanca.

E la Franci io la vedo che fa l’amore con suo marito e

poi fa un bimbo.

Ma tutto il tempo?

N.: no, queste sono le attività prevalenti, poi vi lavate,

dormite, fate vita quotidiana.

G.G.: potete vivere gioiosi, mi sembra impossibile che

siate tristi.

Mo: è molto bello, tutti non diciamo niente. Giovi, tu

mi conosci da tanto, tu mi hai seguita per la CF, ti

ringrazio. È stata dura in fondo, le parole hanno vinto

sul silenzio.

23 novembre 2012

Riprendendo i discorsi degli incontri precedenti viene

chiesto agli utenti se realmente pensano che gli

operatori siano perfetti o se notano delle cose di noi che

li fa ridere. Gli viene proposto di prendere un po’ in

“giro” gli operatori scherzando sui difetti se ne vedono.

G. G.: ho molto da voi imparato, voi siete perfetti

comunque. Fate proprio bene il vostro lavoro, non

saprei dire niente di male.

MaV: a me piace quando siete allegri diventate

contagiosi, siete grandi veramente.

N.: detto le osservazioni: Giovi è ferma sempre sul dire

grazie a tutti ma nessuno passa e la fa arrabbiare. Lei

secondo me si prende tempo facendosi vedere calma

poi per penitenza prende qualcuno della famiglia o di

voi e mena tutti. Bene. Tu cerchi sempre fermezza ma

sei buona e mi fai ridere quando prendi me con

fermezza.

Susi B. (Susanna B.) capisce anche persone leggendo le

idee ma ha sempre soltanto la sua idea davanti. Dà

carne mentre lavora. Fai, nessuno gradisce, devi dare

calma e naturalezza sei brava.

Mo: a me fa divertire quando fate comarola con noi lì e

quando fate gli scemi, tutto sommato vi riesce bene. Ci

vuole divertimento per divertire.

Ma: a me fa ridere S. quando fa le scoregge in

ascensore, però le sue non puzzano, le tue sì. A parte

gli scherzi provo gioia quando vi vedo sereni ma ci sono

giorni tristi anche per voi, è questo che è ironico non

trovate?

Ironico in che senso?

Ma: anche fuori siete assolutamente bravi e buoni e

belli. Quando volete sapere le cose brutte ve le diremo

se ci saranno.

Page 51: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

51

18 gennaio 2013

Spieghiamo ai ragazzi la proposta di Patrizia

chiedendo loro di poter scrivere delle frasi allegre,

sulla vita o su qualsiasi cosa possa portarli ad

esprimersi in modo felice tralasciando le loro

difficoltà.

Ma: vorrei vederla più che altro Patrizia per

chiederle cosa vuole che scriviamo

Qualcosa di allegro

Marino: tipo bae... non so scrivere in dialetto... tipo

bae di cotone?

N.: mi sa che Marino si è perso sulle virgole

Mo: siamo con noi anche se non possiamo essere:

cioè facciamo le cose per farvi contenti.

Ma: però, che filo logico. Non fa una piega, però non

è quello che serve.

N.: passiamo di discorso in discorso.

Mo: e siamo bravetti a fare esercizio con frasi a caso.

N.: (in risposta a G. G.) a noi sei persona davvero

pura. Dai, penso vali cento volte più di barbare

persone che ci pensano stupide.

G. G.: mi sento molto nera ma voi fate bene a

stimolarmi così.

11 gennaio 2013

Si propone agli utenti la visione del cortometraggio “il circo

della farfalla” (scaricabile da youtube, se non lo avete visto

guardatelo) per poi discutere su quali, secondo loro, sono i

talenti che posseggono.

Ma: sto ascoltando da vari fronti che a noi disabili stanno

togliendo tanti servizi. A noi queste persone non

toglieranno quello che accantoniamo come salute

mentale. Volevo dire che siamo sani di mente e questo

nessuno ce lo accantonerà.

T.: a me sta scomodo di non riuscire a parlare, devo

adattarmi a quello che gli altri capiscono. Però sono felice

di stare con i miei amici. Devo dire che adesso sto bene, ho

trovato solo gente in gamba.

Mo: proprio interessante questa proposta. Io penso che le

difficoltà maggiori siano negli altri. Io sono libera di

pensare, di osservare, io sono libera da orologi e da

preoccupazioni. Ho pensato che è proprio bello vivere in

pace con sé stessi.

MaV: vedo una buona ragazza in faccia mia, simpatica e

divertente, secondo sono molto rispettosa degli altri, giuro

di dare tanto per tutti, mentre sarei troppo disabile per

capire.

N.: io dico che è meglio avere le gambe buone, ma che si

può vivere anche senza.

Naturalmente dare una mano agli altri è bello, vale come

ascoltare però. Nessuno fa questo bene, certo noi più degli

altri. Dare valore a chi passa per essere belle persone.

G. G.: deve essere troppo facile senza gambe e braccia

muovere dentro la gente. Io non faccio niente di buono ma

voi volete vedere buone cose. Vi piace metterci alla prova.

Grazie.

Page 52: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

52

25 gennaio 2013

Introduciamo nuovamente il lavoro di Patty (Patrizia).

Per facilitarli nella costruzione del pensiero gli

chiediamo di associare l’argomento “allegria” alla

lettura animata che si sta svolgendo in questo periodo

in biblioteca ad Abano sulla fiabola scritta da loro. La

lettura è molto divertente ed è fatta da Francesca e dal

tirocinante Alessandro. Si chiede ai ragazzi di utilizzare

la fiabola come spunto per lavorare sull’argomento

richiesto da Patty.

MaV: divertente fare scenette deridendo sui

personaggi. Deve essere molto serio far giocare i

burattini, facevi ridere tutti.

Ma: si, effettivamente nella jella di essere disabile ho la

fortuna di lavorare per la cooperazione dei sorrisi. Non

sono capace di scrivere divertenti barzellette, però a

Patty, dico che più di tutto ridere fa buon sangue. Serve

proprio un motivo?

N.: non siamo vivaci cabarettisti a parte voi due, tu e

Francesca avete un futuro. Seriamente, per far ridere

sono confusa ma lo sono spesso, l’abitudine mi aiuta.

Mi viene da immaginare un giorno al contrario, cioè

andare a casa invece di venire al lavoro, fare noi

assistenza a voi.

Sapevi che martedì verrai a vedere la lettura animata?

(domanda per G. G.)

G. G.: no, oggi è una bella giornata per me, grazie mille.

Felicità vera è dover volare in alto mentre tutti fanno

vedere verità con occhi nuovi.

Cosa intendi?

G. G.: dare un senso alla vita volando lontano. Volare

uguale guardare con occhi nuovi la vita.

Mo: io non voglio lasciarmi prendere (intristire) dalla

mia disabilità finora io ho pensato fantasticando sulla

possibile vita, poi ultimamente posso rispettarmi, così

posso vivere meglio.

Dov’è la tua allegria?

Mo: un po’ penso dentro di me, un po’ penso tutta

intorno a me.

Page 53: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

53

23/09/2016

ALCUNE DOMANDE SUL GRUPPO E SULLA

COMUNICAZIONE FACILITATA

Silvia Missaglia vuole conoscere noi e la CF, vi piace?

T.: a me va gran bene. Sono felice di poterlo fare.

Gi.: è troppo importante. Io sono molto ammirata è

bello che gli altri vogliono conoscerci.

MaV: voglio sapere se tu ci aspetterai perché siamo

lenti. Siamo un gruppo.

N.: siamo artefici di un serbatoio di pensieri se agli altri

interessa è solo da aprire.

G. G.: vieni a guardare tutti i nostri pensieri, ciao.

Operatore a Gr: questa presentazione ti piace o no?

Gr: sceglie il cartello si

Operatore: pensare ad una presentazione

T.: a me sembra che nessuno ci conosca veramente.

Siamo semplici persone anche noi. Siamo forti se siamo

uniti.

Gi: vorrei anche dire che possiamo dire pensieri

profondi, ho voglia di farli uscire. E’ un mondo

interessante da far conoscere.

Giovanna operatrice: da dove partiresti?

Giorgia: domande, così possiamo spiegare.

N.: 3 in più di Silvia. Ciao, ben arrivata! Vi chiamate

Silvie e siete forti, buone e vitali.

Ma: sono molto felice che sei ancora qui, bentornata,

ne sentirai delle belle.

MaV: siamo ragazzi che pensano e ascoltano anche se

non sappiamo fare niente.

Silvia rivolta a Gi: quest’attività ti piace e perché?

Giorgia: sono felice di avere questa possibilità perché

prima possibilità non ce ne erano.

Max: è vero.

Gi: era un mondo buio e io niente facevo. Va nostra

Silvia racconta a tutti chi siamo!

Ma concorda.

30/09/2016

Francesca porta i saluti di Silvia Missaglia, che

l’ultima volta era venuta a trovarci. Oggi non è

potuta venire. Verrà la prossima volta per

conoscerci meglio e anche per conoscere la

“Comunicazione Facilitata”. Oggi facciamo un gioco,

che, poi regaleremo a Silvia. Il gioco si chiama

“parole in libertà”: ognuno di voi deve dire una

parola o una piccola frase per descrivere sé stesso o

il nostro gruppo. Le parole o piccole frasi saranno

scritte su un cartellone.

G. G: non voglio giocare ma parlare con voi.

Max: toh

Viene chiesto a G. G. cosa vuole dirci

G. G.: voglio fermare il tempo.

Le viene chiesto se vuole che questa frase sia

riportata nel cartellone

G. G.: no

T.: semplicità, anche da persone come noi si può

essere semplici.

G. G.: non mi piace mollare ho forza di vivere.

Le viene chiesto se possiamo scrivere questa frase e

quella detta da lei prima nel cartellone.

G. G. risponde di sì.

A Mar viene chiesto se può dire qualcosa del nostro

gruppo, tra “amicizia, sorrisi” e “tristezza”. Mar

sceglie “tristezza”.

Mo: tenace forte come una pianta grassa.

N.: amore per gioco, azzerare il tempo che passa.

Gi: è una parola difficile da trovare. Vero? Ci penso

un altro po’.

Operatore chiede a Gr se il gruppo parlato è un

gruppo pieno di “sorrisi” o di “tristezza”. Sceglie

“sorrisi”.

Page 54: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

54

Max: MaV non voleva la ciuccia.

G: poi bisogno boh non so.

Operatore a Gi: hai bisogno di tempo o vuoi che

scriviamo questa che hai detto?

Gi: tremo serve tempo.

Max: stai fermo

Operatore rivolto a Massimo: lo scriviamo?

Max: sì - e poi- adesso 2 ore

T.: verità qui siamo veri senza avere sempre paura dei

giudizi da parte di tutti.

G. G.: non lasciare perdere.

Mo: molto audace.

Operatore a Mo: in che senso?

Mo: mi devo muovere con cautela.

N.: bianco marroni tutti uguali.

Gi: io non ho parole vere noi deriviamo da posti bui

ma con voi fremo meno io porto gioia volentieri

quando sto con voi -e precisa- più gioia vera.

Viene chiesto se ci sono domande o delle richieste di

spiegazioni.

A Mar viene chiesto se l’è piaciuto quanto abbiamo

detto e riportato sul cartellone. Mar indica “non so”.

T.: a me sembra che vado bene così

Viene chiesto a Mar se possiamo aggiungere “rabbia”

(anche in riferimento al comportamento di MaV), Mar

indica “non so”.

Gi: è un sorriso nuovo per ogni persona, voglio

dedicarlo ad ognuno di voi grazie per voi tutti.

N.: con voi è felice giocare

Sono state dette parole positive ma dentro di noi, ci

può essere anche qualcosa di non positivo.

Gi: è molto difficile descrivere dentro cosa proviamo

tutti riescono io no e voi?

07/10/2016

Presentazioni a Marcello (un nuovo volontario)

Gi: ti applaudo Marcello, io sono Giorgia ben arrivato.

Mir e C. scelta in coppia di due cartelli, ognuna ha

preso il proprio nome.

MaV: MaV.

Gr sceglie il cartello con scritto il suo nome

G. G.: ciao Marcello, benvenuto!

Mo: ciao Marcello! Io sono Mo stai più vicino a me, se

vuoi!

G. G.: benvenuto Marcello, volentieri se vuoi

possiamo stare insieme

N.: a noi sembra più bello con gli esterni devi venire

naturalmente sempre adesso basta vogliamo Silvia

resta con noi

Viene letto quanto scritto nel cartellone durante

l’incontro della volta scorsa “parole in libertà che

parlino di noi e del gruppo”.

Ma, Mir e C. sono invitati a dire qualcosa da

aggiungere sul cartellone. Anche MaV.

Ma: qui assieme stiamo bene siamo solidali e ci

sosteniamo

Max: ah benon

A Mir viene chiesto cos’è il gruppo parlato.

Mir: è bello

C.a tra “tristezza” e “felicità” sceglie “felicità” (in

relazione allo stare nel Gruppo Parlato)

MaV: a me sembra che siamo proprio veri così ci

vedete come siamo veramente

Silvia vi farà delle domande su di noi e sul gruppo…

Max: magari

Page 55: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

55

Gi: poi io non resistevo più troppo tempo era ferma la

porta delle mie parole poi restavo sempre respiri ma

vero parlare è di più poi senza voi ora sarei presa

malissimo ho voglia di scrivere poi mi piacete tanto

Operatore: “senza” o “sempre”?

Gi: tutti i giorni sempre respiri mai parole

Ma: da soli non arriviamo da nessuna parte assieme

dappertutto

A Ma viene chiesto: cosa chiediamo a Gr? Indicaci

almeno 2 parole

Risposta di Ma: è meglio assieme o da soli

Gr tra “assieme” e “da soli” sceglie “assieme”.

Anche a Mir viene chiesto se è meglio stare insieme o

da soli.

Mir: insieme

Viene chiesto a T. e C. di dire qualcosa sui facilitatori.

T.: fate sentire le nostre parole a tutti altrimenti

sarebbero rinchiuse

C.: sono contenta

Silvia fa la presente domanda: “con i vostri facilitatori

vi sentite liberi nello scrivere e nell’esprimere i vostri

pensieri?”

Le risposte la prossima volta.

...Silvia chiede: da chi è composto il gruppo, oltre che

da voi?

Gi: è possibile che anche ci siano gli ospiti

Ma: qui siamo assolutamente in tanti -e poi- siamo noi

e voi

Operatore: voi chi?

Ma: voi facilitatori di noi

Max: ecco

G. G.: tutti noi poi gli operatori noi facciamo CF grazie

solo a voi

Silvia chiede di raccontare qualcosa sui facilitatori.

N.: Giovanna devo dire che ha esperienza, Francesca

sei grande, Silvia C. era sorridente resta nel gruppo

deve sentirsi parte di noi

Operatore: hai altri facilitatori?

Max: sì

N.: resta Susanna B. …

Massimo: ecco

N.: ... di cui parlo senza troppi segreti e c’entra poco è

grazia per me non sto nei suoi ranghi

Operatore: cosa vuol dire?

N.: resta ferma e rigida.

Max: ah benon

Operatore: vuoi dire qualcosa di Susanna Carpanese?

N.: Susanna C. sei simpatica

Mo: devo dire che è grazie a loro che oggi possiamo

scrivere i nostri pensieri

MaV: se io non avessi incontrato voi non avrei mai

scritto. Fate nervi ma vi adoro tutte –e poi- devi

parlare di noi al mondo

G. G.: non vedo come farei senza di voi

Page 56: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

56

14/10/2016

Si riprende la domanda della scorsa volta. Silvia

chiede se con i facilitatori si sentono liberi di scrivere

e di esprimere i loro pensieri.

Mo: troppo è il caos per poter parlare.

N.: è difficile esprimersi senza parole quindi sono

davvero angeli. Senza facilitatori noi non siamo

persone pensanti ma solo esseri da spostare.

G. G.: io non trovo giusto un parlare freddo così voi

siete bravi facilitatori io però gioisco poco ho voglia

di parlare tutta da sola.

MaV: sono io a decidere loro mi aiutano io scrivo

quello che voglio.

Viene chiesto a Gr: sei contento o triste di

comunicare con noi grazie ai cartelli?

Gr: contento

Mo: torno in bagno poi scrivo.

Viene chiesto a C.: sei contenta o triste di

comunicare con noi grazie ai cartelli?

C.: contenta

N.: a volte vorrei tornare a scrivere tutti i giorni

sarebbe bello liberare i pensieri sempre.

Max: è vero! Lo dico anche io.

T.: per me parlare fa bene sempre perché posso dire

finalmente più cose, poi perché lo scrivere mi aiuta

per orientarmi a vivere meglio poi lo sfogarmi

permette di pensare positivo poi penso che più

parlo di me più posso giocare, più posso giocare più

posso fare pensieri positivi.

Silvia C. chiede di concludere sui facilitatori o sulla

libertà di scrivere.

T.: più positivi siamo più felici siamo.

Mo: io mi devo preparare. Molti giorni penso la vita

è preziosa però faccio fatica per la tristezza di essere

disabile però fresca arrivo per il gruppo parlato.

Oggi resto qui poi vado via.

21/10/2016

Silvia legge una critica che alcune persone rivolgono

alla CF: “sono i facilitatori a scrivere”

Mo: rido di essere presa in giro perché ogni pensiero

mi deriva più dal profondo. Lo so è difficile, farlo

vedere perché ci giocano deridono e molti non ci

credono.

Max: ah beh quello si

N.: godere che mi guardano scrivere sono felice di

essere buona a farlo senza paura. Quelle persone

che sono sceme fanno ridere.

G. G.: loro possono mentire noi lo notiamo.

Max: è vero

Operatore: loro chi?

G. G.: i facilitatori. Molti pensieri li battiamo noi.

Resto positiva ho molta voglia che mia mamma mi

veda, mio papà mi noti.

Gi: io dico: voi mi aiutate, io penso e scrivo.

T.: giocare per parlare di noi. Titti se ne frega poi

scrivo con senso di bene.

Ma: quando scrivo insieme a voi sono davvero un

essere felice. Posso dire quello che penso a tutti.

Quando sono solo sono ansioso di ritrovarvi.

MaV: devi dire a quelle persone che Marta Vettore

fa sempre quello che vuole. Io scrivo solo quando

voglio.

N.: bene se ci siete sarei già morta altrimenti di noi

non saprebbe niente nessuno.

Ma: quando scriviamo facciamo anche sassi. Ascolto

gli altri e dico la mia.

Operatore (Francesca): cosa vuol dire facciamo

anche sassi?

Page 57: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

57

Ma: siamo assolutamente lasciati all'ascolto anche

sapendo quando qualcosa non va sempre a posto.

Operatore: capita che dici le cose che non vanno o

é più difficile?

Ma: quando qualcosa qualcuno non va possiamo

dirlo

Operatore: tu lo fai?

Max: io no

Operatore: avrai in mente un esempio.

Ma: ascolto voi e sento la stanchezza.

Gi: non posso parlare poi posso parlare poi posso

pensare poi posso ridere.

Operatore rivolto a Gi: mi sento di farlo?

Gi: oppure posso scrivere poi...

L’operatore ripete la domanda di Silvia.

Gi: ...poi essere pensati, poi dire... popò. Poi finito.

T.: giocare per parlare di noi, T. se ne frega poi

parla con senso di bene poi persone povere di

buon senso per gli altri. Fate usare la testa per

pensare che anche noi pensiamo.

Gi: tremo per le vertigini tremo perché qualcosa

vive dentro di me. Mi piacerebbe parlare ridere di

persone e fare in ogni tempo una bella sorpresa a

voi portando qui ogni mio pensiero con la voce. Poi

tristezza resta ogni giorno ero felice prima del mio

restare autistica poi devo provare a parlare con

voi, lo trovo responsabile ma difficile.

G. G.: non bollire se nessuno ti capisce, G. G. ci

prova!

Mo: restare a pensare restare fermi poi rompere

restando immobili

Operatore: rompere cosa?

Mo: tutto! Poi giudicare restando senza parole

Operatore: ti é mai capitato?

Mo: si poi mi pento

MaV: tenetevi forte non parlo sono sempre stata

così. Farei grandi chiacchiere se potessi parlare,

sarei ripresa da tutti perché non starei a guardare

e basta.

Ma: quando avevo pochi anni mi sentivo diverso

mi arrabbiato e facevo scintille. Avevo solo mia

mamma che mi capiva e anche mio nonno avevo

sempre tanta gente attorno a me ma di veri amici

nessuno. Amici che mi capissero e non che

facessero finta. Da quando scrivo a me non serve

più la voce sono capito da tanti.

N.: vorrei dire a Giorgia di scrivere per dare voce ai

suoi pensieri. Anch'io mi arrabbiavo perché non mi

uscivano parole, ma adesso si può se ci

accontentiamo.

Richiesta operatore a G. G.: vuoi fare una domanda

a qualcuno?

G. G.: noi bisogna forse non mollare vero? (Per

Mo)

Mo: ho giurato per deridermi, mio papà parlerà

con me in paradiso.

28/10/2016

Silvia dice una frase da completare: “Parlare senza

usare la voce per me è…”

Ma suggerisce due parole per Gr

Gr sceglie il cartello ascolto e sono felice

Per Mir e C. la frase è: “Parlare usando poco la

voce per me è…”

Ma suggerisce altre tre parole: ascoltare, sognare,

isolarsi

Mir completa dicendo ascoltare

C. sceglie sognare

N.: pensare tanto

G. G.: io non parlo ma giuro vi invidio molto

T.: sapere di essere diversa deve darmi la forza

fare tutto per sentirmi felice senza piangere a me

aiuta. Devo essere grata fermarmi a respirare

senza fare domande sul perché sono così.

Page 58: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

58

11/11/2016

Silvia chiede : "Vi piace il vostro corpo?"

Mir, C. e Gr scelgono tra i cartelli “mi piace”, “non

mi piace”

Mir: si mi piace

C.: si mi piace

Gr: non mi piace

La domanda viene allargata al resto del gruppo

"Vi piace il vostro corpo? E Lo sentite più amico o

nemico?"

MaV è molto arrabbiata. Non scrive nulla.

Mo: oppure? Penso di poter essere. No, fa ridere.

Gi: per le persone resto tremante. Ero perfetta poi

un giorno ti trovi autistica e vuoi restare, restare

tutto il tempo ero ferma per paura del potere del

mio corpo, perché poi era lui che ho dentro e lo

resisto più di tutto lo porto dentro come un

presente ma vorrei che non fosse così. Vorrei

essere persona umana migliore. Io non amo il mio

dentro resisto ma vorrei sentire pensieri più

umani. Io molte volte non detesto voi ma il mio

corpo si.

Ni: così no. Dopo fatiche e pianti tutto è più forte.

Si vede che forse rido di più di me e penso di

essere ancora più interessante perché sono

diversa da tutti gli altri. Vi ringrazio di cuore.

Ma: a me non piace, a voi piace il mio corpo?

Questa è una domanda. Questa domanda sembra

facile.

Quindi sarebbe meglio farne un'altra che riguarda

solo una parte. Esempio a me piace assolutamente

i miei occhi.

Silvia: "Vi piace il contatto con gli operatori che vi

aiutano a scrivere?"

Max: ah m'beh quello sì!

Gi: penso che sia importante per noi la mano

delicata che ci accompagna ogni giorno. Mi fa

sentire più serena giorno dopo giorno. Grazie

a voi io vivo e posso ridere. Mi posso esprimere, i

pensieri non sono solo miei ma posso condividerli.

Rido se mi aiutate perché io so le cose ma il corpo

non risponde.

Ma: quando sono arrivato qui avevo qualche

dubbio. Sapevo che avevo bisogno di aiuto, adesso

ascolto anche i loro pensieri più segreti sapendo di

non poterli raccontare. Davvero un perfetto

assetto, abbiamo tutti bisogno di ascolto e

d'accordo diamo la passione migliore che abbiamo.

Ascolto per me è aiuto a noi per voi.

Mo: è positivo, ci aiutano. Per me possono essere

persone giuste che vegliano su di noi.

G. G.: ho paura di fare male.

N.: vi voglio bene perché mi capite e sono a mio

agio con voi. Dio vi benedica e vi protegga.

Giovanna domanda a C.: "quale parte del tuo corpo

ti piace di più?"

Risposta multipla: -viso -occhi -mani -piedi (sceglie

viso e occhi)

Poi le si chiede: "ti piace il contatto con gli

operatori?"

Sceglie “così così” (lo indica con la mano e lo dice a

voce.)

Mir: mi sento bene.

Max: altro ché

Domanda a Gr: "ti piace il contatto con gli

operatori?"

Gr sceglie "mi sento male"

Page 59: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

59

ALLEGATO 3: TABELLA ANALISI UTENTI

CODICI (DIMENSIONE DI SENSO) PRODUZIONI (ETICHETTE)

DE dimensione esistenziale ● Sono grata della fortuna di godere delle mie parole (Valore

dell’esperienza dell’espressione del sé)

● Però è stato fondamentale cominciare piano...(Senso del tempo)

● … poco così abbiamo fatto palestra (Valore del progresso)

● Per me scrivere basta a pensare giorno dopo giorno che vale la pena

vivere, nonostante le fatiche per gioire nella vita (Espressione come

senso dell’esistenza)

● Fa piacere essere notata e rispettata per i pensieri che ho. Io volevo dire

che mi dispiace di pesare agli altri, di non essere in grado di star da sola,

però è così (Importanza della propria identità e dignità)

● Desidero fare disegni, cercare me stessa davanti per non lasciar cadere

vana la felicità (Ricerca della propria felicità)

● lo vedo tutti i giorni che le persone cercano e più sono in movimento meno

trovano nel senso che io ho tanto tempo per pensare e osservare mentre

altri se lo negano (Percezione del pensiero nel tempo)

● A me sta scomodo di non riuscire a parlare, devo adattarmi a quello che

gli altri capiscono. Però sono felice di stare con i miei amici. Devo dire

che adesso sto bene, ho trovato solo gente in gamba (Limite della

mancanza di espressione verbale)

● Vedo una buona ragazza in faccia mia, simpatica e divertente, secondo

sono molto rispettosa degli altri, giuro di dare tanto per tutti, mentre sarei

troppo disabile per capire (Autodescrizione di sé)

● Siamo con noi anche se non possiamo essere: cioè facciamo le cose per

farvi contenti (Mancanza di libertà)

● Siamo artefici di un serbatoio di pensieri se agli altri interessa è solo da

aprire (Consapevolezza di ciò che produce l’esperienza)

● Fate sentire le nostre parole a tutti altrimenti sarebbero rinchiuse… è

difficile esprimersi senza parole quindi sono davvero angeli. Senza

facilitatori noi non siamo persone pensanti ma solo esseri da

spostare.(Facilitatore: aiuto per liberare ciò che l’utente pensa)

● Per me parlare fa bene sempre perché posso dire finalmente più cose, poi

perché lo scrivere mi aiuta per orientarmi a vivere meglio poi lo sfogarmi

permette di pensare positivo poi penso che più parlo di me più posso

giocare, più posso giocare più posso fare pensieri positivi.(Racconto di sé

attraverso la CF: orientamento e sfogo)

Page 60: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

60

● Oppure? Penso di poter essere. No, fa ridere.(Infelicità della propria

corporeità, ma corpo che mi fa essere (mi dà identità)

DA dimensione affettiva ● Certo avete ragione devo scrivere anche le mie sensazioni, devo

desiderare di sentire davvero ancora sapore nello scrivere. Grazie fratelli

siete testardi, voi soli mi capite. (Re-investimento nella scrittura, vissuto

di comprensione)

● Finora sto andando verso nuove scoperte molto interessanti. Non bisogna

fermarsi… Del nostro sapere che nessuno sapeva esistere. (Entusiasmo e

curiosità della scoperta)

● Quando mi stanno antipatiche certe persone a saper parlare gliene direi

quattro. Ma se scrivo so mediare anche argomenti difficili. Faccio solo

affaticamento (fatica) a stare al mio posto. (Gestione vissuti emotivi)

● Io ringrazio. Vorrei spiegare cosa intendo per silenzio: a me spaventa

essere con limiti e basta. Mi aiuta pensare che… che i miei pensieri sono

utili agli altri. (Consolazione utilità dei miei pensieri condivisi)

● E’ molto bello, tutti non diciamo niente. Giovi, tu mi conosci da tanto, tu

mi hai seguita per la CF, ti ringrazio. È stata dura in fondo, le parole

hanno vinto sul silenzio. (Fatica di utilizzare lo strumento della CF, ma

prevale la volontà espressiva)

● Desidero fare disegni, cercare me stessa davanti per non lasciar cadere

vana la felicità. Ascolto persone migliori di me come Marino. (Ricerca

della propria felicità)

● Secondo me sta solo dicendo a noi che dobbiamo fare da soli e

accontentarci, io non mi accontento. Certo a me piacerebbe fare da sola

ma guarda un po’, non ci riesco. (Non accettazione del proprio limite,

frustrazione)

● Io sono libera di pensare, di osservare, io sono libera da orologi e da

preoccupazioni. Ho pensato che è proprio bello vivere in pace con sé

stessi. (Libertà nel proprio tempo, serenità in sé stessi)

● Sono arrabbiata perchè scrivere mi piace, ma non mi ha aiutato…

secondo me a star bene con gli altri, ma non è così. (Aspettativa delusa

vissuto di frustrazione nella relazione con gli altri)

● E’ molto difficile descrivere dentro cosa proviamo tutti riescono io no e

voi? (Difficoltà di descrivere l’interiorità)

● Io non parlo ma giuro vi invidio molto (Narrazione del proprio vissuto

emotivo)

● Devo essere grata fermarmi a respirare senza fare domande sul perché

sono così. (Rassegnazione)

Page 61: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

61

● Farei grandi chiacchiere se potessi parlare, sarei ripresa da tutti perché

non starei a guardare e basta. (Immaginazione su di sé)

● No, fa ridere. (Infelicità della propria corporeità)

● Ho paura di fare male. (Contatto non vissuto bene)

DM dimensione morale ● Bisogna pensare che per le persone non è valido scrivere così. Ma loro

segnano su un foglio, noi su una tastiera. In verità la gente non sa pensare

meglio di noi, solo in modo diverso. Fermezza Marta, se vuoi puoi farcela.

(Visione della disabilità: diversità)

● Sono quelli che ci guardano senza sapere, senza andare oltre quello che

vedono. A me dà fastidio, non le sopporto. (Intolleranza alla

superficialità)

● A me spaventa essere con limiti e basta. (Visione di disabilità, essere

sottovalutati)

● Noi facciamo CF grazie solo a voi (Modalità di superare il limite: aiuto

dal facilitatore)

● Sono io a decidere loro mi aiutano io scrivo quello che voglio. Io dico: voi

mi aiutate, io penso e scrivo.(Valore autonomia)

● T. se ne frega poi scrivo con senso di bene. (Passare oltre il giudizio

altrui)

DA-M dimensione affettivo-morale ● Ho meditato di trovarmi dentro questi discorsi: non volevo che la gente

lallerasse (sparlasse) che sono buona zero. (Importanza del giudizio

esterno (il giudizio esterno che qualifica e identifica me)

● Accidenti, anche se faccio fare agli altri sanno credere comunque in me.

(Essere investiti di fiducia)

● Io sono libera di pensare, di osservare, io sono libera da orologi e da

preoccupazioni. Ho pensato che è proprio bello vivere in pace con sè

stessi. (Libertà nel proprio tempo, serenità in sé stessi)

● Dare valore a chi passa per essere belle persone. (Potere di dare valore

all’altro)

● Io non faccio niente di buono ma voi volete vedere buone cose. (Volontà

degli operatori di vedere oltre la disabilità)

● Sono felice di avere questa possibilità perchè prima possibilità non ce ne

erano. (Risposta al bisogno espressivo)

● Verità qui siamo veri senza avere sempre paura dei giudizi da parte di

tutti. (Momento di verità, veri senza paura del giudizio altrui)

● Fate sentire le nostre parole a tutti altrimenti sarebbero rinchiuse… Senza

facilitatori noi non siamo persone pensanti ma solo esseri da spostare.

Page 62: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

62

(Facilitatore: aiuto per liberare ciò che l’utente pensa)

● Penso che sia importante per noi la mano delicata che ci accompagna

ogni giorno. (Contatto corporeo come accompagnamento al gesto)

● Davvero un perfetto assetto, abbiamo tutti bisogno di ascolto e d'accordo

diamo la passione migliore che abbiamo. Ascolto per me è aiuto a noi per

voi. (Dimensione dell’ascolto, supporto emotivo)

DS dimensione sociale ● Assieme siamo forti. Assieme possiamo fare grandi cose.(Visione della

disabilità, collaborazione e unità del gruppo)

● Io volevo dire che si può parlare in tanti modi… (Diversità nella

comunicazione)

● … ma bisogna volerlo tutti.(Volontà di comunicare)

● Faccio del mio meglio per lasciare traccia di me (Volontà di lasciare il

segno (azione dinamica))

● Si, effettivamente nella jella di essere disabile ho la fortuna di lavorare

per la cooperazione dei sorrisi. Non sono capace di scrivere divertenti

barzellette, però a Patty, dico che più di tutto ridere fa buon sangue.

(Trovare altre potenzialità personali)

● Vorrei anche dire che possiamo dire pensieri profondi, ho voglia di farli

uscire. E’ un mondo interessante da far conoscere. (Desiderio di

espressione e di farsi conoscere)

● A volte vorrei tornare a scrivere tutti i giorni sarebbe bello liberare i

pensieri sempre. (Importanza del comunicare i pensieri)

● Molti pensieri li battiamo noi. Resto positiva ho molta voglia che mia

mamma mi veda, mio papà mi noti. (Desiderio di essere notata)

Page 63: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

63

ALLEGATO 4: INTERVISTA FACILITATORI

Intervista 1

1 In che cosa consiste l’atto facilitativo?

Allora, consiste nel sostenere il braccio o la mano a seconda della gravità insomma che presenta la

persona in modo tale che la persona che deve compiere più cose contemporaneamente quindi, pensare alla

risposta da dare o la frase da digitare, pensare dove si trovano le lettere sulla tastiera, se ha la tastiera

davanti o qualsiasi altro strumento insomma, non debba pensare anche a dove è il suo braccio in quel

momento, la posizione del braccio. Quindi serve proprio fisicamente a mantenere la posizione del braccio

della persona che potrebbe avere degli scatti improvvisi che potrebbe non riuscire a controllare il

movimento e quindi la facilitazione è tra virgolette il togliere il pensiero rispetto a quell’azione e dare la

possibilità alla persona di concentrarsi su altro. Questo fisicamente insomma, come se la persona si

sentisse sollevata dal pensare a quella cosa; che a noi viene naturale fare tutto contemporaneamente, non

pensiamo neanche minimamente a dov’è la nostra mano per scrivere sopra il foglio insomma ecco.

2 Ok. Poi questa è una domanda un po’ personale: come è nata e si è sviluppata la tua esperienza di

facilitatore?

E’ nata tanti anni fa, nel senso che… è un po’ nata insieme a loro. Nel senso che noi eravamo appoggiati

ad una cooperativa composta da tante figure professionali esperte in riabilitazione, e ci siamo appoggiati

a loro, e un po’ era la necessità di comprendere queste persone in maniera diversa nel senso che

l’approccio che avevamo con loro non era sufficiente a fare, dire e ottenere i risultati che c’eravamo posti

come obiettivi ((nel progetto educativo)) e quindi... alla fine erano anche pochi ((i facilitati)), quindi

quando io ho iniziato, si erano una decina, dodici più o meno... quindi era… non avevamo tutte le persone

gravissime che abbiamo adesso e io ho iniziato con i primi due inseriti gravi, che sono stati Ma e Mo.

Tu hai sentito l’esigenza perchè appunto non c’era… non riuscivi a comunicare con i primi, magari

con quelli…

Ma perchè comunque vedevi che loro in qualche modo avevano delle capacità… ma non le sapevano

esprimere o non sapevano rispondere pienamente solo perchè noi usavamo un linguaggio comune per noi

ma alla fine per loro non era così… non era il canale giusto insomma e quindi siamo andati pian pianino

alla ricerca di altri strumenti e... all’inizio avevamo la possibilità di portarli individualmente, cioè fare un

incontro individuale che durava mezz’oretta anche due/tre volte la settimana, dove con delle domande

semplici cercavamo di esplorare i sensi per esempio… cioè le loro conoscenze quindi con delle domande

che potevano essere a risposta multipla, o domande aperte, si cercava di capire se riuscivano un po’ a

rispondere. E da lì in base a quello che risultava alla fine di questo percorso, cercavamo di partire con

dell’altro; perché se uno ti diceva che le orecchie servono per tirare su gli occhiali insomma, c’era

qualcos’altro da fare insomma. O non riconosceva i gusti oppure non riusciva a capire se toccare la moka

del caffè scotta, è calda/è fredda insomma, da lì insomma abbiamo cercato di capire quale era il percorso

poi anche sensoriale da fare, quindi abbiamo lavorato da un lato sulla parte proprio sensoriale e motoria e

dall’altra sull’aspetto comunicativo quindi andando in cerca anche di altri strumenti che non per tutti

erano il computer insomma all’inizio.

Page 64: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

64

3 Ok poi, come ti senti te quando sei coinvolta nell’atto della comunicazione facilitata? Ovvero se

hai delle particolari percezioni corporee, i tuoi sentimenti, i tuoi stati d’animo, le tue difficoltà…

magari pensando anche all’inizio dell’esperienza come è stato.

E’ sempre una grande emozione, nel senso che alla fine pur conoscendoli da tanto tempo arrivi lì che dici

“bah, io oggi non avrei tanta voglia magari” perché mi sento stanca perché ho mal di testa o cosa però

esci sempre che hai ricevuto tanto. E quindi in realtà anche non andando con grandi aspettative ti ritrovi

che loro comunque riescono a darti tanto e a ripagarti… non so di… della fatica che magari hai fatto

fisica per accompagnarli in bagno o per fare altro insomma, perché magari si è più concentrati a volte

sull’aspetto assistenziale e poi rischi insomma di dedicare meno tempo... lo vedo anche in comunità

insomma che a volte resta poco tempo in realtà per comunicare veramente.

Però a livello così emotivo magari sono più con i nuovi... con chi conosco insomma ormai c’è anche un

tono proprio diverso nel senso che il rapporto a livello fisico è superato, so come facilitarli, sento proprio

a livello fisico se in quel momento ha bisogno di più sostegno, se posso magari lasciare che la

facilitazione… dare un sostegno minore, quindi ridurre la facilitazione che vuol dire invece di tenerlo al

polso, provare a tenerlo più verso il gomito… ecco insomma sono quei tentativi che si fanno lì al

momento perché magari senti la persona che risponde bene. Con i nuovi in realtà, c’è sempre un po’ di

titubanza perché dici… non so proviamo insomma, c’è anche la curiosità di vedere se questa persona

risponde, e in realtà stupisce sempre nel senso che alla fine si vede come in realtà proprio questo discorso

di trovare un altro strumento che dia la possibilità alla persona di potersi esprimere apre un mondo. Poi

bisogna tener presente che sei... hai a che fare comunque con delle persone adulte e che quindi

l’approccio deve essere graduale rispetto al tipo di domande e al come si pongono, perché anche la

persona insomma se è emozionata di poter finalmente esprimersi e quindi può essere capace poi di non

riuscire gestire, a livello emotivo, questa cosa.

4 Ok, diciamo le prossime due sono concentrate su qualcosa che mi hai già accennato, cioè proprio

sul contatto fisico. Allora, come fai a conoscere l’intenzione di movimento dell’utente, cioè

attraverso quali segnali corporei e canali di senso riesci a capire un po’ l’intenzione di movimento

della persona che faciliti?

Beh, si sente che ha il movimento spontaneo della persona verso, noi in questo caso parliamo delle

tastiere, comunque questi strumenti e come dicevo prima il discorso del tocco fisico è proprio per tenere

fermo il braccio in direzione giusta, perché Ma per esempio ha degli scatti improvvisi e il braccio

scapperebbe da un’altra parte, GG lo stesso non riesce a tenere chiuse le dita, le tre dita per cui per lei la

facilitazione consiste nel tenerle chiuse le quattro dita, lasciarle libero l’indice e lì si vede che quando

lei… allora quando lei va verso la tastiera e ha già iniziato una parola si intuisce quale parola sta

scrivendo e a quel punto verrebbe naturale indirizzarla anche verso la tastiera in alcuni momenti per

velocizzare un po’ perché è molto lenta. In realtà, quando noi ci avviciniamo alla tastiera perché la

avviciniamo magari verso quella lettera lei non tira fuori l’indice per andarla a digitare e lì intuisci che

vuole fare lei il movimento, quindi la si riporta in posizione, che vuol dire mano verso il petto, in modo

che lei abbia la visione della tastiera completa e quando lei si sente pronta parte anche col braccio e tira

Page 65: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

65

fuori il dito. Se tu prossima volta la guardi bene, c’è questa intenzionalità di fare il movimento. Perché lì è

proprio evidente, mentre con altre persone magari tenendole al polso e già tenendo loro si vede meno

questa cosa, perché sembra quasi che sia il facilitatore a portare il braccio della persona, lì la vedi che è

lei a tirare fuori il dito perché sennò lo tiene chiuso a pugno.

E con gli altri, allora dalla parte nostra del facilitatore si sente che c’è il movimento della persona, a volte

può venire il dubbio di dire boh, questa parola, queste lettere magari le ho guidate troppo… non lo so…

però alla fine vedi che la frase, cioè si legge la frase intera, è composta da parole che non avevi previsto

del tutto e quindi lì se uno volesse anche dire “l’hai guidato verso un certo pensiero, perché ormai una

volta che è iniziata la frase puoi intuire quello che sta scrivendo” in realtà non è sempre così, perché può

esserci che scriva la parola che viene logica per comporre la frase ma può essere che il suo pensiero sia

più elaborato e tu non l’avevi previsto insomma.

Quindi alla fine, c’è il percorso... quando si inizia con la comunicazione facilitata con una persona che è

proprio all’inizio, si cerca a volte di fare anche delle domande le cui risposte sono prevedibili. Questo

serve più per un allenamento al gesto. Perché non tutti partono che sanno già scrivere voglio dire, o che

hanno avuto esperienza con un computer, quindi serve anche allenarli a capire dove sono le lettere, la

punteggiatura, che è importante nella frase… le virgole, i punti, sennò non si capisce niente. Tra l’altro

noi usiamo poi anche delle tastiere scollegate a dei pc, quindi a maggior ragione dobbiamo anche stare

attenti. A volte se io non mi scrivo la frase che stanno scrivendo perdo il filo del discorso e magari dopo

anche loro, nel senso che se hanno davanti anche la scritta sul terminale, magari la rileggono, ma così se

fanno un discorso lungo a un certo punto vedi che si fermano e dici “bon, dai che ti rileggo quello che hai

scritto che riprendi il filo e magari concludi la frase”. G che fa queste composizioni molto lunghe, cioè a

volte ti perdi.

5 Ok. E la quinta è sempre sulla fisicità. Cioè come riesci a regolare il supporto fisico per l’utente,

cioè quali strategie adotti per magari riuscire a prestare più attenzione a quanto lui sia disponibile

quel giorno x?

Ah ok. Beh, molto dipende dalla gravità della sua patologia insomma. Perché ad esempio Ma, al dì là

degli scatti che può avere, ha il problema che lui ruota il polso, quindi per le persone molto gravi molto

dipende dalla gravità e da cosa presenta questa patologia, nel senso che ruotando il polso se io

((facilitatore)) tenessi la mano sull’avambraccio, lui una volta che arriva alle lettere, mi gira e me le tocca

tutte, mi gira il dito e me le tocca tutte; quindi per lui la facilitazione consiste nel tenergli il polso dritto in

posizione e potrebbe usare anche il dito, però siccome allunga poco il braccio abbiamo inventato questo

ausilio che è come un prolungamento del dito e quindi consiste appunto nel tenergli il polso in modo che

lui arrivi direttamente a una lettera senza schiacciarne 5. Per GG te l’ho detto, per N lo stesso, lei non

allunga assolutamente le braccia e quindi ha bisogno anche lei di un prolungamento.

Ecco, poi magari ci sono persone che non presentano un problema esattamente fisico al braccio e allora lì

l’obiettivo della facilitazione sarebbe anche quello di diminuire: si parte con il supporto alla mano, e poi

si dovrebbe scendere all’avambraccio, al gomito, massimo sarebbe alla spalla. Noi eravamo riusciti tempo

fa ad arrivare alla spalla con E, perché anche lui scriveva con la CF. Però per dirti, con MV io scrivo al

gomito, però dipende anche loro… cioè alla fine, il rapporto che il facilitatore ha con la persona, è diverso

Page 66: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

66

da… la persona ha un rapporto diverso con ogni facilitatore. Come noi abbiamo un rapporto diverso con

ogni persona che incontriamo, quindi ci può essere quello con cui hai più confidenza e quello con cui ti

senti meno sicuro, e quindi anche il supporto in questo caso cambia e può essere che un facilitatore

magari facilita meno, ha meno esperienza… così, intanto si senta più sicuro a facilitare la persona

tenendola al polso e dopo pian piano, man mano che si conoscono anche riduca la facilitazione. C’è chi

con qualche facilitatore non riesce a scrivere, perché si crea anche un rapporto personale poi con la

persona e può essere di simpatia o di antipatia, quindi alla fine “io va beh… va bene che tu mi faciliti però

puoi anche starmi meno simpatico”. Insomma, cambia, poi ci sono i momenti in cui ti dici oh prima io

magari mi sento anche di diminuire la facilitazione perché in quel momento senti che la persona scrive

comunque. Ma questo forse capita più con Mo. Mo ha dei momenti in cui è addormentata e dei momenti

in cui è più sveglia, cioè dipende proprio da come sta la persona quindi se sento che lei ce la fa,

qualcosina provo a… anche perché è un ritorno che dai a loro anche di fiducia.

E’ una questione anche di... che magari loro pensano “so fare più da solo”, è una questione di autonomia.

Non che il facilitatore condizioni insomma quello che scrivono però è un ritorno che dai a loro, ecco, che

ce la fanno.

6 Ok, ultima domanda. Quali sono i motivi che ti spingono a portare avanti questa metodologia di

comunicazione; perché comunque non è una tecnica così semplice insomma, mi hai detto che c’è

anche tanto lavoro del singolo alle spalle… cos’è che che ti fa dire “andaimo avanti”?

Il fatto che possono esprimere queste persone, cioè dai la possibilità di esprimersi e certo che se ripenso la

comunicazione facilitata, è comunque una tecnica privilegiata. Nel senso che alla fine tu in questo modo

vai ad esplorare i pensieri, quello che le persone… quello che sono le loro opinioni, possono dare il

contributo anche rispetto alle piccole cose, però quello che secondo me è l’obiettivo più importante prima

di questo, è dare alla persona la possibilità di esprimersi nella quotidianità, perché questa è una tecnica

che usano solo in presenza dei facilitatori e solo quindi in determinati momenti, se MaCA mi viene a dire

“scrivere” alle 8 di mattina appena arrivo, io non è che lo posso accontentare perchè siamo lì, in ufficio

c’è il computer, e dire “guarda si si, andiamo a scrivere, cosa mi devi dire, ti sei svegliato, magari ti è

venuto in mente qualcosa?”. E dopo quando io invece sono disponibile, lui non lo è più. E lì ti rendi conto

che, il limite della comunicazione facilitata, perché lui non è che può andare al computer e dire al collega

“scusa vai tu che io adesso non posso devo fare dell’altro”.

E quindi l’idea quella di puntare sulla invece Comunicazione Aumentativa, cioè che aumenti le possibilità

di comunicazione, magari di risposte semplici, però nella quotidianità è più importante, perché in questo

modo, queste persone possono esprimersi con tutti e non solamente quando appare il facilitatore, che

magari appare ma non è in quel momento disponibile. N ha passato tante di quelle arrabbiature in questo

senso, perché lei ogni volta che magari tu passavi, lei ti vedeva diceva “bon, adesso scrivo”, invece no,

non funziona così. C’erano e ci sono dei momenti dedicati alla comunicazione facilitata e quindi a questa

possibilità di dire, anche al di là delle domande che posso porre io insomma… “devo dire una cosa e te la

scrivo” eh però se tu non sei disponibile in quel momento, o sei ammalato, cosa fa?

Quindi in realtà, si è bella, bellissima, io non vedo l’ora di arrivare al venerdì e passando in comunità, io

ho sempre detto “mi raccomando lasciatemi il Gruppo Parlato”. E’ stata una… no perché insomma

Page 67: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

67

dispiace poi dire… perchè gli altri magari li incontri ogni tanto, li saluti… con loro anche però, insomma

avere questo privilegio.

Grazie mille Giovanna!

Page 68: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

68

Intervista 2

1 In che cosa consiste per te Francesca, l’atto facilitativo?

Secondo me è uno strumento, è un entrare in sintonia con quella persona, un po’ un rapporto empatico,

ma senza in realtà proprio avere quell’aspetto perché poi deve essere la persona che scrive.

L’empatia e tutte quelle cose, è una delle criticità della comunicazione facilitata, il rischio che poi il

ragazzo, l’utente scriva proprio quello che tu stai pensando, c’è tutto un lavoro che abbiamo fatto dietro

quest’aspetto qua, e in realtà io per esempio noto che quando sono più stanca faccio fatica, nel senso, in

quel momento sei uno strumento ma devi esserci, ecco quindi non… vedo proprio che a volte se io sono

spenta faccio più fatica a facilitare, scrivono più lettere a caso, non so perché, perché non sono connessa,

secondo me devi essere connessa in quel momento, devi esserci.

2 Ok, bene grazie. La seconda è una domanda legata alla tua esperienza personale: come è nata e si

è sviluppata la tua esperienza di facilitatore?

Ok, allora io sono arrivata qua nel 2006, nel centro diurno a marzo 2006, all’interno del laboratorio

espressivo-comunicativo, che era appunto questo il laboratorio 1. Quando io sono arrivata, già all’interno

di questo laboratorio... era il laboratorio più di altri adibito a quest’aspetto qua.

I ragazzi già un po’ uscivano dagli uffici, c’era comunque ancora una parte fatta in ufficio, io mi ricordo

che scrivevano in ufficio con alcuni, però già veniva fatto qualcosa anche in laboratorio, quindi io ho

iniziato perché mi ha formato Giovanna in realtà. Io sono stata formata da Giovanna penso nell’arco del

2006/2007.

La cosa bella, non so se c'entra adesso o è una domanda successiva, che appunto la formazione che mi

aveva fatto Giovanna, che comunque era una buona formazione, c’eravamo anche incontrate anche

individualmente così, cose che adesso effettivamente non si riesce a fare in questa fase della nostra vita

lavorativa… la cosa bella è stata poi il percorso che abbiamo fatto con SC che appunto come un po’

formatrice di cf è venuta qua, abbiamo fatto degli incontri solo noi operatori e poi i facilitatori e poi il

gruppetto, i 4 facilitatori del periodo; e poi la cosa bella è che ha rivisto tutti i ragazzi, noi abbiamo

portato una serie di domande criticità, informazioni rispetto a cosa... quali erano i nostri dubbi, quali

erano le perplessità, cosa non riuscivamo a fare con una certa persona, che potevano essere di gruppo, ma

anche una mia difficoltà personale o di un altro mio collega e lei ha veramente dato degli spunti molto

molto belli e ci ha aiutato tantissimo con alcune persone, con cui magari avevamo difficoltà; oltre alla

comunicazione facilitata ci ha aiutato molto a capire come comunicare con quelle persone che magari, un

po’ con Gr, queste persone che all’inizio fai fatica… ci ha dato degli spunti per capire come approcciarsi

a persone che magari non utilizzano la CF ma che magari possono comunque sfruttare comunicazione di

tipo alternativo insomma.

3 Come ti senti quando sei coinvolta nell'atto della comunicazione facilitata? [quali percezioni

corporee, sentimenti, stati d’animo, difficoltà, ...]

E’ bello, a me piace. Mi sento bene, è un’attività che a me fa stare bene, mi piace mettermi in connessione

ecco.

Quali difficoltà percepisci?

Mi rendo conto anche che quando sono stanca a volte è facile che emerga il mio pensiero. E’ come se io

sono meno concentrata, nel fatto che comunque sto facilitando, e parte il messaggio mio, il mio pensiero.

Oppure per esempio G, vedo che ci son delle volte che proprio io..., poi con G scrivo settimanalmente,

faccio tutto il mio lavoro settimanale con lei, e ci son delle volte proprio che... lì lo vedo ancora di più,

che se io sono stanca... cioè c’è proprio un rapporto nello scrivere... che a volte va come un treno, altre

volte sento che è più difficile; però mi accorgo che sono io che sono stanca, ma in realtà non è che i

pensieri che lei mi scrive li sto pensando io, cioè in questa cosa si vede che alla fine comunque tu devi

essere connesso, ma non è che sono più stanca, nel senso che non produco.

G che ha dei pensieri molto profondi, molto cosi, io sento che là per esempio con lei, sarà anche perché

scrivo di più, incide tantissimo ((la stanchezza)).

Io sento che è la mente mia, quando la mente mia non c’è, che non vuol dire pensare… ma esserci, va

peggio, si facilita peggio. La produzione del messaggio è peggiore, che quindi dipende in parte da me e in

Page 69: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

69

parte si, comunque tanto la facilitazione, la comunicazione facilitata è questa, è una relazione: se uno dei

due fa fatica, si fa fatica.

E a livello di percezioni corporee, il contatto fisico con gli utenti ti fa stare bene o hai “blocchi”?

No, no. Poi ci sono delle persone con cui magari sei più sintonia, alcune meno. Va a periodi secondo me,

è una cosa che è periodica cioè, ci sono stati dei periodi con Mo in cui facevo più fatica, adesso è

abbastanza tranquilla… anche con G, nello stesso anno e mezzo comunque ci sono stati dei periodi in cui

scrivo meglio, dei periodi che sento che c’è più fatica insomma, probabilmente da parte di entrambe, ma

siccome la comunicazione facilitata si basa sull’empatia anche, questa parte deve esserci.

Si, sei comunque in una relazione a due…

Certo, se non c’è fiducia in quel momento non c’è connessione e fai fatica.

Poi la formazione fatta con SC è stata proprio fondamentale nel mio percorso perché poi era stato un

percorso interno con Giovanna, che è molto brava ma non è una formatrice ufficiale tra virgolette e quindi

aver fatto questa cosa qua,mi ha poi aiutato a capire tante cose. Però ecco c'è sempre un po' tutte le

problematiche legate alla CF permangono: quanto è il pensiero mio, quanto il loro, quanto è la difficoltà...

seppur probabilmente ce le ha molto più forti uno che guarda da fuori e dice "chi sta scrivendo?" in realtà

io sono benissimo consapevole di quando il mio pensiero è uguale, e quando in realtà io non stavo

pensando quella cosa lì e quindi non è farina del mio sacco.

Questa cosa ce l'ho, sono convinta, sennò dico "allora vado a fare CF tanto per..." ma non avrei questo

pensiero, sennò non avrebbe senso.

Poi ci sono le volte che proprio, cioè che loro non hanno voglia, che lo vedi, che non scrivono, cioè che

hanno... Anche loro non hanno voglia di scrivere, che non hanno idee... Perché voglio dire non è che loro

adesso scrivono sempre questi pensieri strapoetici, cioè a volte pure loro vogliono parlare ((del

quotidiano)).

4 Come fai a conoscere l’intenzione di movimento dell’utente? Ci sono segnali corporei che ti fanno

capire l’intenzione?

Beh allora, per esempio, GG lei apre il dito. Nel senso finchè lei ha proprio la mano chiusa, tu

praticamente gli chiudi con la tua mano le tre dita e il pollice e gli lasci libero l’indice, che però è chiuso,

solo quando lei lo apre parte… ta, ta, ta… e scrive.

Alcuni li senti che partono perché vanno da sé…

Quindi si avverte lo slancio del braccio per esempio?

Oppure per esempio, io non so, questa cosa qui sinceramente è una domanda a cui non so rispondere bene

bene, nel senso che non so spiegartelo a voce, però io anche quando scrivo con G, quando scrivo con N,

con molti io mi rendo conto che devo tornare al petto, un rientrare al petto. Ma non so spiegarti il motivo

per cui torno al petto in quel momento e non in un altro, cioè sento che si è un attimo perso il gesto quindi

è giusto che io gli riporti la mano al petto. Se tu vedi, quando scriviamo, se ci hai guardato a volte vanno

diretti… ta,ta,ta… e a volte invece il rientro al petto è più spesso. Questa cosa di rientrare al petto, in

effetti sono un po’ io che la guido, quando sento che il dito si perde. Però non so spiegartelo bene, non so

come metterlo giù per iscritto, è una sensazione… una roba che fai dopo anni che lo fai.

Ok, quindi c’è molta componente data dall’esperienza concreta nel poi fare questa cosa di

riportarli al petto…

Erano anche indicazioni date da SC, cioè c’è l’esperienza affianco alla formazione.

5 La prossima è sempre inerente il contatto fisico: come regoli il supporto fisico per l’utente? Adotti

qualche strategia per capire come regolarlo?

Eh… no devo dire che... no, non ho usato strategie. Diciamo che ci sono un po’ le strategie che ci siamo

date e io in realtà ultimamente… è anche questa cosa qua che ci siamo sempre detti, “la CF pian piano

diventa… sempre più… ti allontani, la fai al gomito, poi la fai alla spalla…” con gli utenti che abbiamo è

abbastanza difficile. L’ho fatto solo con G, perché ho provato, quindi non è una strategia, mi sono accorta

che secondo me poteva essere. Io mi sono seduta proprio di fronte a lei, le ho detto “scrivi “G”, tranquilla

io sono qua” toccandole la spalla, però lei ho visto per esempio, scrivi “G”, scrive benissimo, come tu le

dici scrivi “Francesca”, mi ha scritto per esempio, il nome della sorella e poi mi ha riscritto “G”. E dopo

Page 70: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

70

“Francesca, dai… F,R,A…” e allora però ti accorgi in realtà che fa più fatica, ma non perché non sa

scrivere, comunque la facilitazione aiuta proprio a perdere probabilmente quella difficoltà che hai.

Poi, non cambia tanto da giorno a giorno, nel senso che c’è proprio un supporto fisico diverso. Mi

approccio in modo diverso a seconda dell’utente con cui scrivo perchè ha proprio caratteristiche diverse,

per il percorso che abbiamo fatto, abbiamo capito quale è la modalità migliore. Ecco può essere magari

l’unica una Mo che magari sto un po’ più alta, un po’ più bassa a seconda se vedo che è più stanca,

rispetto alla facilitazione al polso un po’ più su, o anche magari una G così, però per il resto non è una

cosa che almeno dal mio punto di vista varia quotidianamente. Dopo chiaro che c’è chi non vuol scrivere,

probabilmente anche la loro stanchezza a volte al di là di MV che magari è proprio la volta che ha voglia

o no. Ecco con MV mi sento che all’inizio sono io che forzo di più, ma perché voglio che lei scriva,

quando poi vedi che effettivamente quel giorno proprio non vuole lasci perdere però a volte con lei

forzare all’inizio di fare questo movimento ((allungamento del braccio verso la tastiera)) e poi lei a volte

parte, ma la partenza è la sua, non è la mia.

Poi anche la..., per esempio rispetto a prima se... come vediamo le differenze, io ho trovato una differenza

abissale per esempio nel modo in cui scriveva GG, tornando dalla mia prima maternità, cioè lei ha iniziato

veramente a fare ((gesto del digitare)). Adesso si è un po’ ripersa ma non tanto. Però veramente un abisso

rispetto ad un anno e passa prima quando ero andata via; stessa cosa ho trovato Mo molto più spenta

perché invecchiando, ha molto più il gesto lento, quindi tu vedi il cambiamento loro che non dipende da

te, dipende da loro, cioè certe cose dipendono da loro, magari GG un affinamento del gesto per il percorso

fatto, Mo una sua… cioè pian piano che invecchia e quindi è sempre più stanca però sono cose che poi...

tu cerchi di rimodulare la facilitazione in base al loro modo di scrivere in realtà, non perché sei tu che lo

stai facendo.

6 Ultima domanda: quali motivi ti spingono a portare avanti questa metodologia di comunicazione?

Per me è bellissimo, cioè tanti mi dicono anche tipo, adesso non so... quando porto gli scritti come

riunione educatori, A e F, si vede che sono estasiata, ma sono contenta perché sono proprio cose che

porca miseria hanno scritto loro, cioè e io che li facilito so che li hanno scritti loro. Dopo c’è sempre,

alcune volte c’è... questa parte resta perenne, nel senso che è vero che a volte uno fa una domanda, tu già

hai un tuo pensiero, il toso scrive quella roba che tu hai pensato, quindi lì dici “sono io che scrivo o è lui

che…” c’è sempre questa parte qua. Però a volte quando magari le domande sono più aperte, cose che

senti che in realtà che è il toso che scrive, è bellissimo! Cioè per me è proprio bello, io lo farei tutti i

giorni, sempre.

Secondo me comunque nella riabilitazione dai lo spazio, poi, la difficoltà è sempre dire “cavolo, ti do solo

questo spazio, nell’arco della settimana tu non hai altri momenti”. Questa è un po’ la difficoltà, poi

magari lo fai in laboratorio tramite altre piccole cose o ogni tanto chiedo qualcosa qua in laboratorio, però

molto meno strutturato anche qua rispetto ad una volta, nel senso che adesso ci concentriamo il venerdì

mattina o l’attività con G, qui adesso si è inserita anche T, quindi faccio G e T, però in realtà non c’è più

questa cosa di dire facciamo il gruppetto, perché per la strutturazione del laboratorio non si riesce e quindi

questa cosa manca insomma.

Io mi sento proprio facente parte di un gruppo d'amici, cioè venerdì mattina siamo proprio uguali e poi

oltre tutto ti scrivono delle bombe, tra virgolette, che tu ti senti piccolo così altro che figo, "l'operatore

figo" che può insomma facilitare; e a volte questo scrivere questi pensieri così anche rispetto a come

vedono la loro disabilità ti fa veramente sentire piccolo e quindi è bello insomma nel senso.

Ecco la cosa di poter avere ausili, comunicatori, cose... Non ci buttiamo mai tanto perché siamo sommersi

da cose: da organizzativi, da parti assistenziali; però effettivamente sarebbe bellissimo queste cose che

diciamo... "Ho sete", "ho fame" cioè questi facilitatori ((ausili)) e far imparare al ragazzo però poi... Ci

sono, esistono, ci sono tantissime cose, te li passa l'Ulss anche, basta magari chiederlo però poi non ci

mettiamo mai la testa così tanto per mille motivi, insomma non perché vogliamo criticarli.

Bene, grazie mille!

Page 71: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

71

Intervista 3

1 In che cosa consiste per te Silvia, l’atto facilitativo?

Mah, per me… mi sento uno strumento di movimento e uno strumento di rassicurazione, nel senso che

fare CF, usare la tastiera prima poi anche i cartelli però, fare cf in qualche modo... devi sentirti di poterti

mettere in ascolto, con il corpo anche, con la testa insomma quindi… contenere il gesto per aiutare la

persona, perché poi ci siamo dati tutta una serie di modalità che funzionano per quella persona lì e di cosa

ha bisogno quella persona lì; però anche dare un contenimento emotivo che vuole essere proprio, la mano

sulla spalla piuttosto che la vicinanza in un certo modo, che ognuno di noi... cioè ci siamo dati poi delle

modalità... però ognuno di noi in quel momento lì… è come dire, deve sentirsela un pochino proprio, no?

Devi sentire di essere proprio consapevole che sei uno strumento e che non sei tu, e con molta umiltà

gestisci anche quel momento lì insomma.

2 E la tua esperienza di facilitatore come è nata e si è sviluppata?

Giovanna ha formato me, ancor prima che arrivassi in laboratorio 1, nel senso che il pensiero iniziale era

“facciamo CF, come si fa all’1” inizialmente; quindi domande individuali quasi sempre, in modo

trasversale in tutti i laboratori. Cioè abbiamo attrezzato ogni laboratorio di una tastiera e di un paio di

cartelli, perché chennesò Mo piuttosto che MaC, piuttosto che…, potesse fare piccole scelte o scelte

insomma più o meno grandi facendo... formando una persona per laboratorio in qualche modo e io ero

ancora al 3 e quindi ho avuto già una formazione lì. Poi quando sono tornata dalla maternità mi sono

continuata a formare con loro qui, e proprio abbiamo, come dire, provato a capire di spingere un po’ di

più su questa cosa.

La formazione poi ci ha dato molti spunti. Su cosa osservare soprattutto, per persone nuove che vengono

inserite e che hanno bisogno insomma di un inizio. E quindi capire cosa osservare, dove soffermarsi di

più.

3 Come ti senti tu quando sei coinvolta nell'atto della comunicazione facilitata? Anche a livello

magari di percezioni corporee, sentimenti, stati d’animo, difficoltà, dubbi, incertezze...

Si è un momento molto... Diciamo che l'unico momento in cui un facilitatore si ferma, almeno parlo per il

mio caso, si ferma o comunque... È un momento un po' di, può avere difficoltà, ma la gestisce, è quella

quando l'altra persona, come dire, esprime delle forti emozioni. Allora non è quello il momento e non

sono le competenze del facilitatore; il facilitatore non ha competenze per poter gestire le emozioni

fondamentalmente, quindi quel momento lì, si rimanda a un altro luogo, a un altro momento insomma. È

quello il momento secondo me in cui devi capire anche tu fino a che punto puoi arrivare, che ti può

mettere anche un po' in difficoltà, perché non puoi dare delle risposte, non sei competente, non puoi farlo

insomma. Però insomma l'abbiamo come gruppo ci supportiamo su questa cosa qua e abbiamo le idee

abbastanza chiare, quindi insomma.

Io… non ci penso neanche di poter scrivere io. Forse perché ne abbiamo fatta talmente tanto che ormai...

Nel senso che ti posizioni già in un modo... "vediamo cosa mi scrive" nel senso, in questo senso qua.

Poi ci sono le volte che può capitare che loro non hanno voglia, oppure la risposta non arriva subito,

arriva con un po’ più di tempo, con tempi diversi. L’utente lo capisce secondo me, se pratichi da un po’ di

tempo.

Nei momenti in cui sei più stanco sei un po’ più insicuro, meno fermo rispetto alle richieste così, ed è

oltre che il tono con cui ti poni, è proprio il… a livello di percezione insomma. Sei anche meno, come

dire…, i due corpi, le due energie si sentono fondamentalmente secondo me, proprio una questione anche

di energia, adesso azzardo un po’ a dire questa cosa non so però, devi essere connesso. Connesso vuol

dire tutto secondo me: corpo, mente, cuore.

4 Come fai a conoscere l’intenzione di movimento dell’utente? Cioè attraverso quali segnali

corporei e canali di senso, capisci l’intenzione che ha l’utente di fare quel movimento.

Io lo sento, nel senso che sento l’utente che va alla tastiera, sento anche se c’è una possibile confusione.

Emm… ho capito questa tua domanda, non so se riesco a spiegarmi però. Sento l’intenzionalità, perché in

qualche modo il mio tenere il braccio è semplicemente un tocco fondamentalmente, quindi sento

Page 72: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

72

l’intenzionalità di andare alla tastiera e sono collegata al braccio ma collegata anche allo sguardo della

persona. Nel senso alcune persone scrivono anche se non ci vedono o sono ipovedenti, tipo la Mo, ha un

deficit visivo e quindi lei vede solo i contrasti di colore ma ha memorizzato, è come se lei avesse

memorizzato le lettere, dove sono, quindi se anche io mi sposto o do meno, come dire, appoggio lei

comunque va sulle lettere che ha scelto e forma la parola. Nel senso, non è che ci vede, le conosce a

memoria, ok? E invece altre volte può succedere per esempio con N, l’intenzionalità c’è, ma i pensieri

sono tanti e le chiedo di, insieme al gesto, di concentrarsi anche con la vista sulle lettere bene.

Comunque è una cosa che io mi sento di dire che si sente, cioè nel senso che quando diventi facilitatore e

ti alleni, perché c’è un allenamento insomma in questo, no? eventualmente dici, “guarda, non riesco a

capire bene cosa stiamo scrivendo, eventualmente chiediamo alla collega se ci aiuta” perché il lavoro è un

po’ questo insomma, no? Lo senti, è un allenamento in qualche modo.

5 Grazie. E come regoli il supporto fisico per l’utente? C’è qualche strategia che adotti

particolarmente, oppure è sempre una cosa che è molto sentita?

Allora dai il supporto massimo inizialmente con una persona che non conosci, cioè faciliti come dire, in

modo abbastanza basico, dopodichè calibri sempre di più il grado di facilitazione, se tu vedi che

comunque, non sei tu che tieni la mano, ma che la persona comunque continua a scrivere, col passare del

tempo ti sposti verso l’avambraccio e poi negli anni dall’avambraccio alla spalla insomma. Quindi ci sono

vari gradi di facilitazione. Però secondo me quando parti, provi proprio a facilitare in modo completo,

cioè tenendo un braccio, eventualmente anche l’altro perché, il problema quale è, io che ho un deficit non

riesco a controllare le mie braccia, ho bisogno che qualcuno mi controlli l’altro braccio che io non riesco

a controllare fondamentalmente. Ok quindi, c’è questa doppia valenza, insomma poi bisogna conoscere

un po’ il soggetto e capire i bisogni che ha insomma. Però si parte sempre da un contenimento proprio

anche di spazio, di postura, no? e poi si passa da lasciare sempre un po’ più libera la persona, capire, fare

il punto e vedere, modificare le risposte ai bisogni, insomma.

Sarebbe bello che iniziassi anche tu, perché provare ti fa proprio capire il grado di empatia, il grado di

trasporto. Poi la cosa che potrebbe essere utile, se cominci a scrivere qualcosa che pensi tu, probabilmente

potrebbe essere che è bene che ti sposti, lasci lo spazio al collega perché forse quella facilitazione che dai

tu… ci metti qualcosa di più tu forse, no? ci può essere questo rischio. Però insomma, c’è questa parte

qua, dopodichè c’è anche la parte che qualcuno sostiene che c’è, questa empatia talmente forte che

insomma scrive quello che puoi pensare tu, però insomma non è che… a me raramente è capitato

insomma. Dipende proprio dal facilitatore con che approccio si mette lì a fare questa cosa secondo me e

deve essere proprio pulito da qualsiasi pensiero, in ascolto, imparziale e... in modo neutro insomma.

Essere proprio aperto…

Esatto, esatto.

Si, il contatto fisico è proprio capire un po’ quanto la persona può… Allora noi non è che scriviamo con

persone di cui non abbiamo dati. Io non vado sicuramente a mettermi a scrivere con una persona che non

conosco, io inizio a scrivere con una persona che ha fatto un percorso, che si è avvicinata, che sappiamo

di cosa ha bisogno ma anche che cosa può tollerare, cosa non può tollerare pian pianino, nel senso che il

contatto fisico in CF c’è e se una persona ha fastidio, tipo la MV se tu vedi, con lei che ha una percezione

alterata insomma rispetto anche al contatto, alla sensibilità, c’è un approccio con ognuno diverso

insomma. Quindi si, questa cosa qua è importante, ecco.

Si è comunque in relazione con l’altro, e proprio bisogna trovare un po’ la sintonia. Non tutti riescono a

fare CF con le stesse persone, ci sono persone che funzionano meglio, facilitatori che funzionano meglio

e utenti, in questo caso, che lavorano meglio con alcuni facilitatori. Però le modalità del gesto, del

contenimento, ce le diamo e nel tempo possono anche modificarsi, nel senso che le possiamo rivalutare e

quindi pensare che il gesto, che l’accompagnamento non serva più, basta solo la mano sulla spalla, cioè si

va a ricalibrare perché è una cosa che cambia, anche la persona fa un percorso di consapevolezza, anche

l’utente fa il suo percorso e quindi più o meno sicurezza, più o meno emotività rispetto al momento stesso

della CF, che insomma è un momento importante quando una persona non parla e non comunica a casa, e

ha questo spazio qui una volta la settimana è un accavallamento di tante cose. Quindi io dico, siamo bravi

noi, sono brave anche le persone che comunicano a stare dietro le scelte che chiediamo, nel senso non

Page 73: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

73

sono un fiume in piena, inizialmente lo era per N per esempio. N quando aveva la possibilità di scrivere

era un fiume in piena. Un fiume in piena voleva dire caos.

E comunque è bello, io lo farei tutti i giorni nel senso che la possibilità di entrare in relazione con l’altro è

a 360 gradi, che puoi farla anche col fisico insomma con altri modi, però la possibilità di esprimersi è

importante e io la implementerei se potessi insomma.

6 Infine, quali motivi ti spingono a portare avanti questa metodologia di comunicazione?

Nel momento in cui sono in comunicazione e abbiamo questo spazio è come se perdessi di vista i limiti

che ci sono nella disabilità, nel senso che non mi sento di... La mia mente non pensa alla possibilità che io

dò a quella persona che non può parlare, ma penso "adesso parlo con una persona" o comunque ascolto e

mi metto in relazione con una persona.

Il potere è bello, che ti dà entusiasmo, ti dà energia, ti continua a stimolare è proprio questo: lo stupore

dell'altro fondamentalmente, perché comunque è un'altra persona che ti racconta una parte di sé, dei suoi

vissuti e quindi per quello prima ti dicevo, con estrema umiltà.

Sono persone che riescono a scrivere molto bene della loro vita, dei loro vissuti quindi è proprio un

incontro con l'altro per me. È proprio l'incontro, non ci sono limiti per me in quel momento. "Io ti tolgo il

limite tuo, ti facilito e tu sei sei una persona che parla con me e io con te", perché è proprio botta e

risposta o altrimenti una conversazione di gruppo, il “Libro Parlato” è molto bello per quello, a volte

facciamo degli incontri e adesso vuoi sapere qualche cosa da qualcuno… abbiamo fatto momenti in cui

loro si passavano parola... È molto simpatico instaurare anche momenti del genere, di comunicazione fra

le persone, non solo con l'operatore. Cioè il pensiero e la cultura che sarebbe bello stimolare è anche

questo secondo me, che per persone che hanno disabilità di questo tipo e che non possono comunicare

attraverso la parola si potessero naturalmente pensare degli strumenti che viaggiassero con loro, e che

tutti potessero riuscire in qualche modo a fare i facilitatori. Perché fare il facilitatore secondo me non è

una cosa difficile, nel momento in cui hai un metodo e quindi potesse entrare nelle scuole, potesse

entrare... Avere anche come dire la tastiera dietro nello zaino e quando hai bisogno comunichi. È questa

l'idea, è questo il pensiero che... Non rimanga qui dentro, ma che sia una cosa che si apra fuori, negli

ospedali, non lo so, qualcosa che si usi naturalmente. Ognuno di noi può comunicare, in modi diversi, ma

tutti noi comunichiamo.

Va bene, grazie mille Silvia!

Non so se sono stata chiara, spero di si! Poi è un percorso che facciamo anche noi insieme di

consapevolezza, cioè se tu ci poni queste domande anche noi insomma ci lavoriamo, è bello, è uno

scambio bellissimo secondo me, grazie Silvia!

Page 74: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

74

ALLEGATO 5: TABELLA ANALISI FACILITATORI

DIMENSIONI PRODUZIONI (ETICHETTE)

DE ● … in realtà stupisce sempre nel senso che alla fine si vede come in realtà proprio questo

discorso di trovare un altro strumento che dia la possibilità alla persona di potersi esprimere

apre un mondo. (valore possibilità espressiva)

● Il fatto che possono esprimere queste persone, cioè dai la possibilità di esprimersi e certo che

se ripenso la comunicazione facilitata, è comunque una tecnica privilegiata. Nel senso che

alla fine tu in questo modo vai ad esplorare i pensieri, quello che le persone… quello che

sono le loro opinioni, possono dare il contributo anche rispetto alle piccole cose, però quello

che secondo me è l’obiettivo più importante prima di questo, è dare alla persona la possibilità

di esprimersi nella quotidianità, … (valore possibilità espressiva)

● E dopo quando io invece sono disponibile, lui non lo è più. E lì ti rendi conto che, il limite

della comunicazione facilitata, perché lui non è che può andare al computer e dire al collega

“scusa vai tu che io adesso non posso devo fare dell’altro”. (limiti tecnica)

● E quindi l’idea quella di puntare sulla invece Comunicazione Aumentativa, cioè che aumenti

le possibilità di comunicazione, magari di risposte semplici, però nella quotidianità è più

importante, perché in questo modo, queste persone possono esprimersi con tutti e non

solamente quando appare il facilitatore, che magari appare ma non è in quel momento

disponibile. (valore esperienza comunicativa)

● Mi approccio in modo diverso a seconda dell’utente con cui scrivo perchè ha proprio

caratteristiche diverse, per il percorso che abbiamo fatto, abbiamo capito quale è la modalità

migliore. (unicità)

● Dopo c’è sempre, alcune volte c’è... questa parte resta perenne, nel senso che è vero che a

volte uno fa una domanda, tu già hai un tuo pensiero, il toso scrive quella roba che tu hai

pensato, quindi lì dici “sono io che scrivo o è lui che…” c’è sempre questa parte qua.

(dubbio)

● Però a volte quando magari le domande sono più aperte, cose che senti che in realtà che è il

toso che scrive, è bellissimo! Cioè per me è proprio bello, io lo farei tutti i giorni, sempre.

(stupore)

● Secondo me comunque nella riabilitazione dai lo spazio, poi, la difficoltà è sempre dire

“cavolo, ti do solo questo spazio, nell’arco della settimana tu non hai altri momenti”. (limiti

della tecnica)

● … poi oltre tutto ti scrivono delle bombe, tra virgolette, che tu ti senti piccolo così altro che

figo, "l'operatore figo" che può insomma facilitare; e a volte questo scrivere questi pensieri

così anche rispetto a come vedono la loro disabilità ti fa veramente sentire piccolo e quindi è

bello insomma nel senso. (limitatezza operatore)

● Poi ci sono le volte che può capitare che loro non hanno voglia, oppure la risposta non arriva

Page 75: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

75

subito, arriva con un po’ più di tempo, con tempi diversi. (attesa tempi comunicativi)

● Dipende proprio dal facilitatore con che approccio si mette lì a fare questa cosa secondo me e

deve essere proprio pulito da qualsiasi pensiero, in ascolto, imparziale e... in modo neutro

insomma. (predisposizione facilitatore)

● … io inizio a scrivere con una persona che ha fatto un percorso, che si è avvicinata, che

sappiamo di cosa ha bisogno ma anche che cosa può tollerare, cosa non può tollerare pian

pianino, nel senso che il contatto fisico in CF c’è e se una persona ha fastidio, tipo la MV se

tu vedi, con lei che ha una percezione alterata insomma rispetto anche al contatto, alla

sensibilità, c’è un approccio con ognuno diverso insomma. (valore percorso comunicativo)

● Però le modalità del gesto, del contenimento, ce le diamo e nel tempo possono anche

modificarsi, nel senso che le possiamo rivalutare e quindi pensare che il gesto, che

l’accompagnamento non serva più, basta solo la mano sulla spalla, cioè si va a ricalibrare

perché è una cosa che cambia, anche la persona fa un percorso di consapevolezza, anche

l’utente fa il suo percorso …. (consapevolezza di sé utente)

● Nel momento in cui sono in comunicazione e abbiamo questo spazio è come se perdessi di

vista i limiti che ci sono nella disabilità, nel senso che non mi sento di... La mia mente non

pensa alla possibilità che io dò a quella persona che non può parlare, ma penso "adesso

parlo con una persona" o comunque ascolto e mi metto in relazione con una persona.

(integrazione)

● Il potere è bello, che ti dà entusiasmo, ti dà energia, ti continua a stimolare è proprio questo:

lo stupore dell'altro fondamentalmente, perché comunque è un'altra persona che ti racconta

una parte di sé, dei suoi vissuti e quindi per quello prima ti dicevo, con estrema umiltà.

(narrazione)

● Sono persone che riescono a scrivere molto bene della loro vita, dei loro vissuti quindi è

proprio un incontro con l'altro per me. È proprio l'incontro, non ci sono limiti per me in quel

momento. "Io ti tolgo il limite tuo, ti facilito e tu sei sei una persona che parla con me e io con

te", … (incontro che abbatte le differenze)

● … per persone che hanno disabilità di questo tipo e che non possono comunicare attraverso

la parola si potessero naturalmente pensare degli strumenti che viaggiassero con loro, e che

tutti potessero riuscire in qualche modo a fare i facilitatori. (integrazione ed inclusione

sociale)

● Ognuno di noi può comunicare, in modi diversi, ma tutti noi comunichiamo. (modalità

comunicative differenti)

DA ● … in realtà stupisce sempre nel senso che alla fine si vede come in realtà proprio questo

discorso di trovare un altro strumento che dia la possibilità alla persona di potersi esprimere

apre un mondo. (stupore)

● … hai a che fare comunque con delle persone adulte e che quindi l’approccio deve essere

graduale rispetto al tipo di domande e al come si pongono, perché anche la persona insomma

Page 76: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

76

se è emozionata di poter finalmente esprimersi e quindi può essere capace poi di non riuscire

gestire, a livello emotivo, questa cosa. (gestione emotiva)

● … mi piace mettermi in connessione ecco. (benessere)

● Poi ci sono delle persone con cui magari sei più sintonia, alcune meno. (affinità)

● Però a volte quando magari le domande sono più aperte, cose che senti che in realtà che è il

toso che scrive, è bellissimo! Cioè per me è proprio bello, io lo farei tutti i giorni, sempre.

(stupore)

● … però anche dare un contenimento emotivo che vuole essere proprio, la mano sulla spalla

piuttosto che la vicinanza in un certo modo, che ognuno di noi… cioè ci siamo dati poi delle

modalità... però ognuno di noi in quel momento lì… è come dire, deve sentirsela un pochino

proprio, … (vicinanza fisico-emotiva)

● Devi sentire di essere proprio consapevole che sei uno strumento e che non sei tu, e con molta

umiltà gestisci anche quel momento lì insomma. (umiltà)

● Nei momenti in cui sei più stanco sei un po’ più insicuro, meno fermo rispetto alle richieste

così, ed è oltre che il tono con cui ti poni, è proprio il… a livello di percezione insomma.

(insicurezza)

● Connesso vuol dire tutto secondo me: corpo, mente, cuore. (connessione)

DM ● … la necessità di comprendere queste persone in maniera diversa nel senso che l’approccio

che avevamo con loro non era sufficiente a fare, dire e ottenere i risultati che c’eravamo posti

come obiettivi ((nel progetto educativo)) … (necessità di comprensione)

● … molto dipende dalla gravità della sua patologia insomma (approccio corretto)

● ((la formatrice)) … lei ha veramente dato degli spunti molto molto belli e ci ha aiutato

tantissimo con alcune persone, con cui magari avevamo difficoltà; oltre alla comunicazione

facilitata ci ha aiutato molto a capire come comunicare con quelle persone che magari, un

po’ con Gr, queste persone che all’inizio fai fatica… ci ha dato degli spunti per capire come

approcciarsi a persone che magari non utilizzano la CF ma che magari possono comunque

sfruttare comunicazione di tipo alternativo insomma. (approccio giusto con tutta l’utenza)

● La formazione poi ci ha dato molti spunti. Su cosa osservare soprattutto, per persone nuove

che vengono inserite e che hanno bisogno insomma di un inizio. E quindi capire cosa

osservare, dove soffermarsi di più. (necessità di conoscenza)

DA-M ● … la facilitazione è tra virgolette il togliere il pensiero rispetto a quell’azione e dare la

possibilità alla persona di concentrarsi su altro. (aiuto nella difficoltà)

● … dare un sostegno minore, quindi ridurre la facilitazione che vuol dire invece di tenerlo al

polso, provare a tenerlo più verso il gomito… ecco insomma sono quei tentativi che si fanno lì

al momento perché magari senti la persona che risponde bene. (fiducia)

● … hai a che fare comunque con delle persone adulte e che quindi l’approccio deve essere

graduale rispetto al tipo di domande e al come si pongono, perché anche la persona insomma

Page 77: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

77

se è emozionata di poter finalmente esprimersi e quindi può essere capace poi di non riuscire

gestire, a livello emotivo, questa cosa. (gestione emozioni)

● … quindi se sento che lei ce la fa, qualcosina provo a… anche perché è un ritorno che dai a

loro anche di fiducia. (fiducia)

● E’ una questione anche di... che magari loro pensano “so fare più da solo”, è una questione

di autonomia. Non che il facilitatore condizioni insomma quello che scrivono però è un

ritorno che dai a loro, ecco, che ce la fanno. (dare autonomia)

● … noto che quando sono più stanca faccio fatica, nel senso, in quel momento sei uno

strumento ma devi esserci … (consapevolezza del proprio ruolo)

● Mi rendo conto anche che quando sono stanca a volte è facile che emerga il mio pensiero. E’

come se io sono meno concentrata, nel fatto che comunque sto facilitando, e parte il

messaggio mio, il mio pensiero. (consapevolezza del limite)

● … ti accorgi in realtà che fa più fatica, ma non perché non sa scrivere, comunque la

facilitazione aiuta proprio a perdere probabilmente quella difficoltà che hai. (aiuto nella

difficoltà)

● Allora non è quello il momento e non sono le competenze del facilitatore; il facilitatore non

ha competenze per poter gestire le emozioni fondamentalmente, quindi quel momento lì, si

rimanda a un altro luogo, a un altro momento insomma. È quello il momento secondo me in

cui devi capire anche tu fino a che punto puoi arrivare, che ti può mettere anche un po' in

difficoltà, perché non puoi dare delle risposte, non sei competente, non puoi farlo insomma.

(gestione emozioni)

● Però si parte sempre da un contenimento proprio anche di spazio, di postura, no? e poi si

passa da lasciare sempre un po’ più libera la persona, capire, fare il punto e vedere,

modificare le risposte ai bisogni, insomma. (fiducia)

DS ● Ma perchè comunque vedevi che loro in qualche modo avevano delle capacità… ma non le

sapevano esprimere o non sapevano rispondere pienamente solo perchè noi usavamo un

linguaggio comune per noi ma alla fine per loro non era così… non era il canale giusto

insomma e quindi siamo andati pian pianino alla ricerca di altri strumenti ... (mancanza

canali comunicativi adatti)

● … cioè alla fine, il rapporto che il facilitatore ha con la persona, è diverso da… la persona ha

un rapporto diverso con ogni facilitatore. Come noi abbiamo un rapporto diverso con ogni

persona che incontriamo, quindi ci può essere quello con cui hai più confidenza e quello con

cui ti senti meno sicuro, e quindi anche il supporto in questo caso cambia e può essere che un

facilitatore magari facilita meno, ha meno esperienza… così, intanto si senta più sicuro a

facilitare la persona tenendola al polso e dopo pian piano, man mano che si conoscono anche

riduca la facilitazione. (confidenza)

● E quindi l’idea quella di puntare sulla invece Comunicazione Aumentativa, cioè che aumenti

le possibilità di comunicazione, magari di risposte semplici, però nella quotidianità è più

Page 78: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

78

importante, perché in questo modo, queste persone possono esprimersi con tutti e non

solamente quando appare il facilitatore, che magari appare ma non è in quel momento

disponibile. (apertura possibiltà)

● ((la facilitazione)) Secondo me è uno strumento, è un entrare in sintonia con quella persona,

un po’ un rapporto empatico, ma senza in realtà proprio avere quell’aspetto perché poi deve

essere la persona che scrive. (relazione empatica)

● La produzione del messaggio è peggiore, che quindi dipende in parte da me e in parte si,

comunque tanto la facilitazione, la comunicazione facilitata è questa, è una relazione: se uno

dei due fa fatica, si fa fatica. (relazione comunicativa)

● … devi sentirti di poterti mettere in ascolto, con il corpo anche, con la testa insomma ...

(ascolto)

● Nel momento in cui sono in comunicazione e abbiamo questo spazio è come se perdessi di

vista i limiti che ci sono nella disabilità, nel senso che non mi sento di... La mia mente non

pensa alla possibilità che io dò a quella persona che non può parlare, ma penso "adesso

parlo con una persona" o comunque ascolto e mi metto in relazione con una persona.

(dialogo)

● … lo stupore dell'altro fondamentalmente, perché comunque è un'altra persona che ti

racconta una parte di sé, dei suoi vissuti e quindi per quello prima ti dicevo, con estrema

umiltà. (condivisione)

● Sono persone che riescono a scrivere molto bene della loro vita, dei loro vissuti quindi è

proprio un incontro con l'altro per me. È proprio l'incontro, non ci sono limiti per me in quel

momento. "Io ti tolgo il limite tuo, ti facilito e tu sei sei una persona che parla con me e io con

te", … (abbattimento diversità)

● … instaurare anche momenti del genere, di comunicazione fra le persone, non solo con

l'operatore. (interazione)

DC ● Questo fisicamente insomma, come se la persona si sentisse sollevata dal pensare a quella

cosa; che a noi viene naturale fare tutto contemporaneamente, non pensiamo neanche

minimamente a dov’è la nostra mano per scrivere sopra il foglio insomma ecco. (percezione

del proprio corpo)

● … abbiamo lavorato da un lato sulla parte proprio sensoriale e motoria e dall’altra

sull’aspetto comunicativo quindi andando in cerca anche di altri strumenti che non per tutti

erano il computer insomma all’inizio. (cura senso-motoria)

● … con chi conosco insomma ormai c’è anche un tono proprio diverso nel senso che il

rapporto a livello fisico è superato, so come facilitarli, sento proprio a livello fisico se in quel

momento ha bisogno di più sostegno, se posso magari lasciare che la facilitazione… dare un

sostegno minore, quindi ridurre la facilitazione che vuol dire invece di tenerlo al polso,

provare a tenerlo più verso il gomito… ecco insomma sono quei tentativi che si fanno lì al

momento perché magari senti la persona che risponde bene. (percezione risposta motoria)

Page 79: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

79

● Beh, si sente che ha il movimento spontaneo della persona verso, noi in questo caso parliamo

delle tastiere, comunque questi strumenti … (spontaneità movimento)

● … perché Ma per esempio ha degli scatti improvvisi e il braccio scapperebbe da un’altra

parte (contenimento)

● … come dicevo prima il discorso del tocco fisico è proprio per tenere fermo il braccio in

direzione giusta … (funzione del contatto)

● … c’è questa intenzionalità di fare il movimento. (intenzionalità movimento)

● … ci può essere quello ((facilitatore)) con cui hai più confidenza e quello con cui ti senti meno

sicuro, e quindi anche il supporto in questo caso cambia e può essere che un facilitatore

magari facilita meno, ha meno esperienza… così, intanto si senta più sicuro a facilitare la

persona tenendola al polso e dopo pian piano, man mano che si conoscono anche riduca la

facilitazione. (calibrazione supporto)

● … tu praticamente gli chiudi con la tua mano le tre dita e il pollice e gli lasci libero l’indice,

che però è chiuso, solo quando lei lo apre parte… ta, ta, ta… e scrive. (conoscenza

intenzione del gesto)

● Alcuni li senti che partono perché vanno da sé… (percezione intenzione di movimento)

● … tu cerchi di rimodulare la facilitazione in base al loro modo di scrivere in realtà, non

perché sei tu che lo stai facendo. (adattamento al loro corpo)

● … mi sento uno strumento di movimento e uno strumento di rassicurazione, nel senso che fare

CF, usare la tastiera prima poi anche i cartelli però, fare cf in qualche modo... devi sentirti di

poterti mettere in ascolto, con il corpo anche, con la testa insomma quindi… contenere il

gesto per aiutare la persona … (disposizione all’ascolto corporeo)

● Connesso vuol dire tutto secondo me: corpo, mente, cuore. (connessione)

● Sento l’intenzionalità, perché in qualche modo il mio tenere il braccio è semplicemente un

tocco fondamentalmente, quindi sento l’intenzionalità di andare alla tastiera e sono collegata

al braccio ma collegata anche allo sguardo della persona. (intenzionalità movimento)

● … l’intenzionalità c’è, ma i pensieri sono tanti e le chiedo di, insieme al gesto, di concentrarsi

anche con la vista sulle lettere bene. (intenzionalità movimento)

● Comunque è una cosa che io mi sento di dire che si sente, cioè nel senso che quando diventi

facilitatore e ti alleni, perché c’è un allenamento insomma in questo, … (percezione

corporea)

● Allora dai il supporto massimo inizialmente con una persona che non conosci, cioè faciliti

come dire, in modo abbastanza basico, dopodichè calibri sempre di più il grado di

facilitazione, se tu vedi che comunque, non sei tu che tieni la mano, ma che la persona

comunque continua a scrivere, col passare del tempo ti sposti verso l’avambraccio e poi negli

anni dall’avambraccio alla spalla insomma. (calibrazione supporto)

● Però si parte sempre da un contenimento proprio anche di spazio, di postura, no? e poi si

passa da lasciare sempre un po’ più libera la persona, capire, fare il punto e vedere,

modificare le risposte ai bisogni, insomma. (funzione del contatto)

Page 80: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

80

● … tipo la MV se tu vedi, con lei che ha una percezione alterata insomma rispetto anche al

contatto, alla sensibilità, c’è un approccio con ognuno diverso insomma. (conoscenza

percezione utente)

● Però le modalità del gesto, del contenimento, ce le diamo e nel tempo possono anche

modificarsi, nel senso che le possiamo rivalutare e quindi pensare che il gesto, che

l’accompagnamento non serva più, basta solo la mano sulla spalla, cioè si va a ricalibrare

perché è una cosa che cambia, anche la persona fa un percorso di consapevolezza, anche

l’utente fa il suo percorso … (cambiamento della consapevolezza corporea utente)

● … la possibilità di entrare in relazione con l’altro è a 360 gradi, che puoi farla anche col

fisico insomma con altri modi, però la possibilità di esprimersi è importante ... (contatto

come canale)

Page 81: Università degli Studi di Padovatesi.cab.unipd.it/55924/1/Missaglia_Silvia_13-12-2016.pdf · 2017. 8. 1. · 2 Gava M. L. (2013), La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero

81

Ringraziamenti

Ringrazio il Professor Natale Migliorino

per la possibilità di confronto proficuo e la sua disponibilità

Ringrazio i miei genitori

perché mi hanno dato la possibilità di crescere ancora

Ringrazio le mie sorelle

perché sono compagne costanti di avventura

Ringrazio Elena

per l’infinito e costante supporto

Ringrazio Giovanna, Francesca e Silvia

per la grande disponibilità e professionalità nel contribuire a questo lavoro

Ma più di tutti ringrazio i ragazzi del Gruppo Parlato

perché con le loro parole stravolgono schemi

e in mezzo a tanta frenesia risvegliano sempre la mia umanità