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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE Prova finale Il Muro di Israele Viaggio nei territori palestinesi lungo il percorso di una barriera che divide due popoli Candidata: Stefania Bolzan 478759 SC Relatore: Prof. Raffaele Fiengo ANNO ACCADEMICO 2003-2004

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA

COMUNICAZIONE

Prova finale

Il Muro di Israele Viaggio nei territori palestinesi lungo il percorso di una

barriera che divide due popoli

Candidata: Stefania Bolzan 478759 SC

Relatore: Prof. Raffaele Fiengo

ANNO ACCADEMICO 2003-2004

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Alla mia più grande sostenitrice, colei che se n’è andata in punta di piedi proprio mentre ero davanti al Muro

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Indice

Introduzione UN MURO PER DIVIDERE DUE POPOLI pag 1

Capitolo 1 IN PRINCIPIO ERA IL MURO... pag 3

Come nasce il Muro di Israele pag 3

Dettagli tecnici sul Muro pag 4

Capitolo 2 IL PERCORSO DEL MURO: UN PROGETTO PER CIRCONDARE LA CISGIORDANIA pag 7

Israele e il Muro pag 8

Chilometro dopo chilometro le terre attraversate dal Muro pag 10

1. Il confine settentrionale pag 10

2. Jenin pag 11

3. La parte occidentale pag 12

4. Tulkarm pag 13

5. Kalkilya pag 14

6. Ramallah pag 14

Il progetto per la seconda fase di costruzione pag 16

7. Da Elkana alla base di Ofra pag 16

8. Jerusalem pag 17

9. Bethlehem pag 18

Capitolo 3 ESSERE PALESTINESE OGGI… pag 21

Vivere da prigionieri pag 21

La questione dei permessi pag 23

I numeri dei rifugiati pag 24

La situazione in Palestina pag 25

La demografia del conflitto pag 29

Le risorse idriche del Medioriente pag 30

Risorse idriche della regione pag 30

Lo sfruttamento delle falde pag 30

Le risorse idriche nel conflitto israelo-palestinese pag 31

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Capitolo 4 GENTE DI PALESTINA pag 33

Chi è dentro è dentro… pag 33

Vite distrutte dal Muro pag 37

Israeliani contro pag 38

Dal diario di Dorothy pag 39

Diario da Gerusalemme Est pag 42

Appunti di viaggio: Quelle lacrime che non potrò più dimenticare pag 45

Capitolo 5 IL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE pag 49

Una controversia dalle radici profonde pag 49

La Road Map: tre fasi per portare la pace in Medio Oriente pag 50

Prima fase: fine del terrore e della violenza, normalizzazione della vita dei palestinesi e riconoscimento reciproco pag 51

Seconda fase: la transizione pag 52

Terza fase: fine del conflitto israelo-palestinese pag 52

Le riserve israeliane alla Road Map pag 52

Capitolo 6 LE OPINIONI DEI PRINCIPALI ATTORI SULLA SCENA INTERNAZIONALE pag 55

I contrari al Muro pag 55

Nazioni Unite pag 55

Stati Uniti pag 56

Croce Rossa pag 57

Giovanni Paolo II pag 57

“L’altro Likud” pag 58

Israeliani al confine pag 58

Shimon Peres pag 58

Naomi Chazan pag 59

Yael Dayan pag 59

Yasser Arafat pag 60

Nabil Shaat pag 60

Comitato Italiano di appoggio all’Accordo di Ginevra pag 61

I favorevoli al Muro pag 61

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Ariel Sharon pag 61

Elie Diesel pag 62

Avraham B. Yehoshua pag 62

David Grossman pag 63

Ehul Gol pag 63

Capitolo 7 Cronologia – ACCADE OGGI: I FATTI SALIENTI DI UN ANNO DI MURO pag 65

Capitolo 8 IL MURO DI ISRAELE DAVANTI ALLA CORTE DELL’AJA pag 75

Il parere della Corte Suprema Israeliana pag 77

Israeliani in appoggio ai palestinesi pag 77

Israele ridisegnerà il percorso pag 77

In attesa davanti a un Muro pag 78

Il Muro viene dichiarato illegale pag 81

Le reazioni del mondo politico pag 82

Il Ministro degli Esteri israeliano pag 82

Il Ministro della Giustizia israeliano Lapid pag 82

Arafat pag 82

Gli Stati Uniti pag 82

La Commissione Europea pag 83

Il Ministro Frattini pag 83

Sharon respinge il giudizio dell’Aja pag 84

Scritte sul Muro pag 85

Allegato GLI ACCORDI DI GINEVRA pag 89

La firma degli Accordi pag 89

Primo dicembre 2003: la pace passa per Ginevra pag 89

2 dicembre 2003: lo “spirito di Ginevra” pag 90

Il governo israeliano critica Powell pag 90

La Santa Sede e gli Accordi di Ginevra pag 90

Il testo ufficiale degli Accordi di Ginevra pag 91

La traduzione italiana degli Accordi di Ginevra pag 114

Cartina illustrativa degli Accordi di Ginevra Pag 139

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Introduzione

Un Muro per dividere due popoli

Ricordo ancora la totale sorpresa con la quale appresi che in Medio Oriente, a due passi dalla “civilissima” Europa, gli israeliani avevano cominciato a costruire un Muro di difesa che li avrebbe separati dai palestinesi.

Un Muro di protezione, secondo coloro che lo giustificano come l’unico

mezzo per racchiudere paure e pericoli mai sconfitti, nati da un odio antico che si tramanda di padre in figlio.

Un Muro di schiavitù, per tutti quelli che invece ne sono imprigionati all’interno, privati di quella libertà e di quel coraggio necessari a rendere più vivibili delle esistenze spazzate dai venti di una Storia impietosa.

Un Muro vergognoso e inaccettabile per tutti gli altri che osservano da fuori, che in nome di un perbenismo tipicamente occidentale si indignano di fronte ad un esperimento che ritorna come uno spettro da un passato arido e inglorioso.

Eppure, proprio quella parte di mondo, apparentemente partecipe dei gravi

problemi internazionali, e che dopo tutto la via della separazione l’ha già solcata, sembra non volersi accorgere di ciò che sta accadendo così vicino a noi.

Le luci della ribalta di quotidiani e telegiornali, italiani ed esteri, sono puntate altrove, e così le corrispondenze da Gerusalemme servono sì a raccontare al mondo un eterno conflitto che si avvia a piccoli passi verso una pace ancora troppo lontana, ma in esse non c’è spazio per il Muro. Del Muro si parla molto poco e ancor meno lo si è fatto in passato.

Ecco allora che diventa difficile, in casi di scarsa informazione come questo, capire bene di che cosa si tratti, riflettere sulle implicazioni sottese al progetto, avere delle certezze di fondo che permettano di formarsi un’idea.

Rimane internet, un po’ “terra di nessuno” e un po’ “tuttologia prêt-a-

porter”, una specie di “speaker corner” globale nel quale un “navigatore” con

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Introduzione

occhio critico può riuscire a dare risposta a interrogativi che altrove non trovano spazio.

E proprio a internet deve molto questo mio elaborato, nel quale si tenta di

spaziare dalle ragioni storico-politiche che motivano la costruzione del Muro, alle implicazioni geografiche ad esso collegate, fino alle reazioni personali della gente, di chi il Muro l’ha visto davvero e di chi col Muro dovrà per forza imparare a convivere.

La speranza è quella di essere riuscita a dare voce alle opinioni di esponenti sia israeliani che palestinesi, garantendo così almeno un minimo di imparzialità, doverosa laddove le problematiche sono talmente intricate da non riuscire a stabilire da che parte risieda il torto o la ragione.

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Capitolo 1

In principio era il Muro…

COME NASCE IL MURO DI ISRAELE

E’ il 16 giugno 2002: nasce così, di domenica, tra reticolati e onde magnetiche, il Muro di Israele. All’inizio, il suo aspetto, più che un’invalicabile linea difensiva, ricorda una staccionata, accompagnata qua e là da una trincea e da mucchi di terra rimossa da poco. I bulldozer scavano poco più avanti. Gli Israeliani prevedono qualche anno per finire i lavori e giurano che, una volta ultimata, nessun’altra opera creata dall’uomo potrà esservi paragonata. Categorico è il rifiuto verso qualunque accostamento con altri sbarramenti che l’hanno preceduto nella storia e ai quali la mente di ognuno spontaneamente ricorre.

Spiegano che sarà un Muro elettronico ad alta tecnologia, e che a seconda delle diverse esigenze del percorso sarà fatto di reticolati ad alta tensione, rotoli di filo spinato, barriere anti-carro, profonde trincee, lastroni di cemento armato alti tre metri, sensori a onde magnetiche, telecamere mobili e torrette di guardia. In certi tratti ci sarà una strada pattugliata da guardie di frontiera, chiusa fra due recinzioni metalliche; in altri sono previsti passaggi, posti di blocco, cancelli per il transito di merci e persone autorizzate.

Arafat intanto dichiara: « Non lo accetteremo mai, faremo di tutto per

impedirlo, è un atto razzista e fascista di apartheid! ». Due sono le motivazioni che spingono fin dall’inizio i Palestinesi a protestare per l’inizio dei lavori di costruzione del Muro: innanzitutto il fatto che in tal modo vengano legalizzate pratiche che il mondo non ha mai accettato, come la separazione fisica tra popoli e razze, l’impossibilità materiale di spostarsi da un luogo all’altro, la negazione della libertà di circolare; in seconda istanza, che il Muro non segua fedelmente il tracciato della Linea Verde (la linea di confine stabilita tra Israele e Palestina nel 1967, al termine della “Guerra dei sei giorni”), ma che lo costeggi a Est, in un raggio di 5-20 chilometri di distanza, per inglobare alcuni popolosi blocchi di insediamenti ebraici, che sorgono nell’area dei Territori occupati. In tal modo, Israele annetterebbe una considerevole porzione di

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Capitolo 1

Cisgiordania, stabilendo un confine arbitrario e violando tutte le norme internazionali.

Israele replica che il Medio Oriente avrà sempre bisogno di confini chiari e che comunque una barriera pare assolutamente necessaria per fermare le continue infiltrazioni dei terroristi palestinesi; inoltre, il confine disegnato dal Muro sarà solo un confine “di sicurezza” e non un confine geo-politico.

Da tutte le parti fioccano le proteste: dai partiti nazionalisti, dal movimento

dei coloni, dalla vetrina internazionale. L’affaire “Muro d’Israele” parte già minato fin dai suoi inizi, al centro di discussioni politiche, dibattiti sociali, manifestazioni atte a scoraggiarne la continuazione…

Nel frattempo, però, nel mondo occidentale tutto tace: l’Onu sottovaluta la situazione, e opinione pubblica e stampa, sia in Europa che negli Stati Uniti, non si occupano minimamente di documentare la grave situazione che si sta creando in una terra già martoriata da troppi conflitti, dovuti a odii laceranti tra le popolazioni, perpetuati nel tempo e aggravati dall’inasprirsi degli eventi.

DETTAGLI TECNICI SUL MURO Il Muro, costruito lungo il confine della Cisgiordania per impedire ai

kamikaze palestinesi di farsi esplodere nelle strade di Gerusalemme o Tel Aviv, una volta terminato, raggiungerà una lunghezza complessiva di 600 chilometri, contro i 350 chilometri della Linea Verde.

Il progetto dovrebbe essere terminato per il 2005, ma su questo non ci sono dati certi. Non esiste un piano regolatore del Muro o un progetto ufficiale del governo israeliano: le uniche informazioni disponibili sono le notifiche di esproprio che i palestinesi si vedono recapitare dall’esercito israeliano.

I lavori, cominciati nel giugno del 2002 intorno al distretto della città di

Zububa, all’estremo Nord della Cisgiordania, hanno portato, nel luglio del 2003, al completamento del settore Nord, che giunge poco più a Sud della città di Kalkilya. La parte settentrionale del tracciato è lunga 145 chilometri: 132 sono

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costituiti da un recinto elettronico, mentre i restanti 13 chilometri sono in cemento armato.

Capitolo 1

Il Muro è alto 8 metri ed è circondato da fossati, larghi dai 60 ai 100 metri, e

da reti di filo spinato. Ogni 300 metri è stata posta una torretta di controllo. Lungo il tracciato sono state costruite strade di aggiramento per soli coloni, 41 varchi agricoli e sono stati eretti 9 check-point per pedoni e veicoli. Per la realizzazione di questo tratto settentrionale è stato annesso l’1,6% della Cisgiordania, nel quale si contano 11 colonie, dove vivono 19880 ebrei, ma nel quale risiedono anche circa diecimila palestinesi.

Il costo complessivo dell’operazione è di un milione di dollari al

chilometro. Il 1° ottobre 2003 il governo israeliano ha approvato con 18 voti favorevoli, 4 contrari e un astenuto, la fase 2 della costruzione della “barriera difensiva”, definita dai palestinesi “Muro dell’apartheid”.

Contemporaneamente alla prosecuzione del tracciato principale sarà costruito un tracciato separato che ingloberà cinque insediamenti ebraici: Ari’el, Beit Arieh-Elkana, Nili-Naaleh, Gush Etzion-Efrat e Yatir-Sussia.

I due tracciati potrebbero comunque in futuro unirsi, ma per ora il premier

israeliano Ariel Sharon ha preferito rimandare la questione ad un momento successivo. Non esistono comunque mappe ufficiali della parte meridionale del Muro e ciò significa che sono possibili cambiamenti dell’ultima ora. Secondo il quotidiano israeliano “Haaretz”, la barriera difensiva avvolgerà la città di Gerusalemme, ma per inglobare la città santa degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani, Israele sarà costretto ad annettere sul versante occidentale del Muro i popolosi insediamenti di Maaleh Adumin, Givon e Har Homa.

Alla fine dei lavori circa 200mila palestinesi di Gerusalemme Est si

troveranno separati dai connazionali in Cisgiordania. Anche la città di Betlemme subirà l’impatto traumatico della costruzione del Muro. Il tracciato, che pure non è stato ufficializzato, dovrebbe assicurare a Israele l’annessione della Tomba di Rachele, luogo santo anche per i musulmani. Stessa sorte toccherebbe alla città di Hebron, dove i Luoghi Santi della città sembrano essere destinati a collocarsi sul versante occidentale del Muro.

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Capitolo 2

Il percorso del Muro: un progetto per circondare la Cisgiordania

Un percorso a zig-zag: fin da quando si è cominciato a parlare del Muro, è stato questo a stupire e a far indignare. « E’ il non rispettare la distanza dalla Linea Verde », si è detto, « è il continuo zigzagare delle mura », « è il costruire recinzioni che neghino le terre, la libertà di movimento e quindi la sopravvivenza alla popolazione palestinese ». Questo è ciò che rende davvero ingiusto, agli occhi degli oppositori, il Muro di separazione tra Israele e Palestina. Tracciata nel 1967, all’indomani della “Guerra dei sei giorni”, quella Linea di separazione, segnata sulle carte geografiche col colore verde, non ha, e forse non ha mai avuto, alcun valore precisamente politico, anche se ormai è ad essa che si rifà la parte più moderata dell’opinione pubblica palestinese. E’ questo, dunque, il punto cruciale, il nodo sul quale si discute, dal momento che il disegno del Muro, tracciato dal governo Sharon, in alcuni punti si attiene al percorso della Linea Verde, ma in molti altri si rivela tortuoso e intricato, in un estremo tentativo di separazione tra i due popoli, spingendosi molto all’interno nella speranza di salvaguardare le colonie israeliane.

Nelle carte geografiche più dettagliate, realizzate dalle Organizzazioni Non

Governative palestinesi e in particolare da B’Tselem (The Israeli Information Centre for Human Rights in the Occupied Territories), è facile distinguere i tratti della barriera costruiti per primi. Sono il percorso che dal nord della Palestina scende fino alla zona di Kalkilya, i pochi chilometri a sud di Ramallah e il tratto che percorre la parte est di Gerusalemme girandovi attorno fino a cadere a nord di Betlemme.

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Capitolo 2

Ma la progettazione del muro, secondo la documentazione dell’Ocha

(Office for the Coordination of Humanitarian Affaire per le Nazioni Unite), innescherà a breve una seconda fase di costruzione della barriera, che porterà alla formazione di almeno quattro enclavi, delle quali tre includeranno insediamenti israeliani, mentre la quarta isolerà la città di Tulkarm. Inoltre, obiettivo a lungo raggio sembra essere quello di allacciare i diversi spezzoni del muro perché si congiungano, andando così a recintare completamente i confini a nord, a ovest e a sud della Cisgiordania.

ISRAELE E IL MURO LEGENDA:

la Linea Verde la parte di Muro già realizzata il progetto della seconda fase di costruzione del Muro

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Capitolo 2

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Capitolo 2

CHILOMETRO DOPO CHILOMETRO LE TERRE ATTRAVERSATE DAL MURO 1. Il confine settentrionale

LEGENDA:

– la parte di Muro già costruito a cui si riferisce il paragrafo seguente

Quello costruito a nord, all’altezza del check-point di Salem, fu l’inizio del primo tratto di Muro: nel giugno del 2002 partirono da lì, a rilento, i lavori, in una zona di campagne e di colline molto esposta, in cui era facilissimo entrare a piedi in Israele. Così infatti facevano moltissimi lavoratori clandestini, che si spingevano oltre la Linea Verde tranquillamente a piedi.

Ma il progetto, dopo le esitazioni del primo periodo, ha cominciato a procedere velocemente e tutt’ora si sta allargando. I chilometri che già sono percorsi dalla barriera hanno inizio appunto al nord e si estendono ad est fino al villaggio di Al-Mutilla, un piccolo insediamento palestinese. In questo tratto la barriera ricalca abbastanza fedelmente la Linea Verde, costeggiando la zona di Jenin e inglobando due insediamenti di coloni.

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Capitolo 2 2. Jenin

LEGENDA:

– la parte di Muro già costruito a cui si riferisce il paragrafo seguente

Dal Governatorato di Jenin il progetto avanza lungo due tratti, verso est e verso sud. Il primo segue fedelmente il percorso della Linea Verde, dirigendosi verso la valle del Giordano e costeggiando a poca distanza altri due villaggi palestinesi, Bardala e Ein El-Beida. Il tratto che procede verso sud, invece, giunge ad inoltrarsi fino a 8 chilometri oltre la Linea Verde, tagliando fuori i 200 abitanti del piccolo villaggio di Al-‘Aqaba, e sfiorando in quel punto una base militare israeliana.

Al-‘Aqaba è uno di quei villaggi considerati “Area C”, cioè “Zona non densamente popolata”, nella quale, a causa della presenza militare, negli ultimi mesi sono state abbattute diverse abitazioni giudicate non regolari e sono stati negati molti permessi edili.

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Capitolo 2 3. La parte occidentale

LEGENDA:

– la parte di Muro già costruito a cui si riferisce il paragrafo seguente

Da Zububa, divisa dalla città israeliana di Salem dal primo tratto di Muro, comincia il cammino verso sud della barriera, in direzione di Tulkarm.

Qui è già stata completata durante la prima fase di costruzione quella parte di Muro che costeggia la Linea Verde, equidistante fra tre insediamenti palestinesi e un quarto, Umm el Fahm, in territorio israeliano. Ed è proprio in questo punto che, secondo i piani, verrà effettuata la prima enclave, prevista nel progetto della seconda parte di costruzione: tale enclave avrà come scopo quello di isolare dall’insediamento israeliano i tre villaggi palestinesi che costeggiano con grande prossimità la Linea Verde, con un Muro che in questo tratto sarà di cemento.

Poco più a sud, invece, il Muro continua con una digressione in territorio cisgiordano, per poi ritornare verso il confine del ’67. In questo punto, il tratto costruito crea una seconda enclave attorno a un insediamento palestinese di 9000 abitanti; la barriera progettata nella fase 2 invece, racchiuderà due insediamenti di coloni, spingendosi a 13 chilometri nel West Bank e circondando su tre lati i 13000 abitanti della vicina città di Yabad.

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Capitolo 2 4. Tulkarm

LEGENDA:

– la parte di Muro già costruito a cui si riferisce il paragrafo seguente

Proseguendo il cammino sempre in direzione sud, si incontra un’altra zona completamente circondata dal Muro, con all’interno tre insediamenti palestinesi. Siamo qui ancora in prossimità della Linea Verde, che giunge a toccare la città di Tulkarm. Quest’ultima, già in partenza separata da Israele nella zona ovest, si preparata ad essere circondata totalmente dalla barriera anche ad est, non appena verrà ultimata la costruzione di un tratto di Muro che finirà letteralmente coll’accerchiare i 42000 abitanti della zona.

Secondo quanto previsto nel progetto iniziale, il Muro che avrebbe circondato Tulkarm si sarebbe dovuto sviluppare in altezza per diversi metri, ma i lavori già avviati hanno lasciato intravedere un impianto di trincee e filo spinato, che dovrebbe quindi sostituirsi alle imponenti barriere in muratura pensate in un primo momento.

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Capitolo 2

5. Kalkilya

LEGENDA:

– la parte di Muro già costruito a cui si riferisce il paragrafo seguente

Percorrendo un ulteriore tratto di strada, si giunge a Kalkilya (42000 abitanti). Qui il percorso della barriera si fa piuttosto intricato e il Muro separa la popolazione della città dalle 1500 persone di un vicino villaggio palestinese e dagli insediamenti israeliani inseriti nel territorio circostante.

Inoltre, secondo i dati dell’Organizzazione Non Governativa “Pengon” sono rimasti isolati sul lato ovest della città nove pozzi, cinquanta serbatoi e nove villaggi della zona, strettamente connessi sotto il profilo delle risorse economiche a Kalkilya.

6. Ramallah

LEGENDA:

– la parte di Muro già costruito a cui si riferisce il paragrafo seguente

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Capitolo 2

Duemila persone vivono nel piccolo villaggio di Rafat, circondato dalla

barriera che l’esercito israeliano cominciò a costruire nell’agosto del 2002, per un tratto di 8 chilometri proprio a sud di uno dei maggiori centri palestinesi, la città di Ramallah.

Questi 8 chilometri costeggiano cinque villaggi palestinesi, e rappresentano il punto cruciale della seconda fase di pianificazione del Muro: essi infatti, andando ad unirsi al tratto di barriera proveniente da nord ovest, permetterebbero l’unificazione dei diversi tracciati della barriera. Una volta ultimata anche questa seconda fase di costruzione, il Muro non conoscerebbe più interruzioni da Kalkilya fino a Ramallah, per poi proseguire verso sud, allacciandosi al tratto già costruito nella parte est di Gerusalemme.

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Capitolo 2

IL PROGETTO PER LA SECONDA FASE DI COSTRUZIONE 7. Da Elkana alla base di Ofra

LEGENDA:

– la parte di Muro solamente progettatta a cui si riferisce il paragrafo seguente Dovrebbe partire da Elkana il secondo tratto di barriera, avanzando

progressivamente lungo un intricato percorso già approvato dal governo Sharon, nel tentativo di includere il maggior numero possibile di insediamenti israeliani, fino ad inoltrarsi nei pressi della città araba di Nablus.

Il tratto di Muro in questione percorrerà in questo punto il territorio cisgiordano, estendendosi oltre il confine per una profondità di circa 22

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Capitolo 2

chilometri, e andando a racchiudere, tra gli altri, anche i 18.000 coloni di Ari’el, il secondo insediamento israeliano in Palestina. Una situazione del genere renderebbe particolarmente difficile la vita agli abitanti della zona, tanto che proprio su questo tratto si concentrano molte delle pressioni internazionali, che mirano a far cessare l’avanzamento dei lavori.

Altre richieste giungono all’amministrazione israeliana da parte di coloni e sostenitori, per includere il cosiddetto “blocco di Talmon”, un’area posta a sud, che comprende cinque insediamenti israeliani, ma che per ora è stata aggirata dal percorso del Muro e si trova completamente immersa in territorio palestinese. Nel caso in cui anche tale proposta fosse approvata, in questa zona i chilometri aggiuntivi del tratto di barriera arriverebbero a 155, andando a racchiudere a ovest una trentina di insediamenti di coloni per un totale di 83000 cittadini israeliani, mentre 38000 palestinesi, raggruppati in sedici villaggi, si ritroverebbero inseriti tra la Linea Verde e il tratto di Muro. Quest’ultimo, una volta costruito interamente, si avvierebbe dunque, secondo stime ancora incerte, dalla città di Elkana alla base militare di Ofra.

8. Jerusalem

LEGENDA:

– la parte di Muro già costruito a cui si riferisce il paragrafo seguente – la parte di Muro solamente progettatta a cui si riferisce il paragrafo seguente

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Capitolo 2

E’ proprio nella città tre volte santa, meta principale degli attacchi dei

kamikaze, che sono state pianificate e messe in atto più opere per tentare una separazione con i palestinesi nel confine est della città. Qui un primo Muro era stato costruito fin dall’inizio del progetto: un Muro alto tre metri, di frequente scavalcato dagli abitanti che da Gerusalemme dovevano passare ad Abu Dis, settore palestinese situato ad est e contiguo alla grande città. Proprio per porre fine a tale attraversamenti, il Muro è stato ricostruito ed ora raggiunge un’altezza di 8 metri.

Il tratto, che lascia ad est i tre villaggi di Abu Dis, Al-‘Elzariya e As-Sawahira Ash-Sharqiya prosegue verso sud ovest inoltrandosi tra gli insediamenti palestinesi per giungere fino alla zona a sud di Gerusalemme, circondando il tratto nord della città di Betlemme. Qui il Muro si mantiene distaccato di qualche chilometro dalla Linea Verde, e nella prima fase aveva risparmiato il luogo sacro della Tomba di Rachele. Ora però anche lì si tenta di costruire, per proseguire poi, secondo il piano già approvato dal governo, verso sud costeggiando ancora la Linea Verde e i principali villaggi israeliani che si inoltrano oltre il confine.

9. Bethlehem

Una volta ultimato il tratto di Muro a nord di Betlemme, il piano prevede di costeggiare il lato ovest della città e poi di scartare ad est alcuni insediamenti di coloni, dividendo in questo tratto piuttosto nettamente le zone abitate dai palestinesi da quelle ormai divenute israeliane. All’altezza del villaggio palestinese di Surif, che verrebbe toccato dalla barriera, i lavori dovrebbero tornare a costeggiare più fedelmente la Linea verde del ’67, giungendo fino all’estremo sud della Cisgiordania.

In debito di qualche chilometro, il confine originario torna invece a restringersi attraverso il progetto del muro che, una volta giunto a sud, si inoltra verso est e circonda le zone palestinesi dividendole dai territori occupati, giungendo nei pressi dell’insediamento israeliano di Carmel.

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Capitolo 2

LEGENDA:

– la parte di Muro solamente progettata a cui si riferisce questo paragrafo

Non esistono al momento, però, dati definitivi riguardanti soprattutto

quest’ultima parte del tracciato, a sud del paese. Modifiche ed eventuali compromessi restano sempre possibili, anche a seconda delle spinte che si abbattono sul governo da direzioni nazionali e internazionali.

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Capitolo 3

Essere palestinese oggi…

VIVERE DA PRIGIONIERI Gli israeliani lo chiamano “barriera di sicurezza”. I palestinesi lo chiamano

“Muro della vergogna”. Il risultato è lo stesso: una barriera di 8 metri di cemento armato, rete elettrificata, trincee, filo spinato e sensori che rilevano i movimenti dei corpi umani, intervallata da torrette di guardia.

La decisone di costruire il Muro è stata votata dal Consiglio dei ministri

israeliani nel maggio del 2001, in base a una proposta dell’ex premier laburista d’Israele, Ehud Barak. Il Muro è uno dei pochi argomenti su cui la destra e la sinistra israeliana sembrano essere d’accordo. Divergono solo le modalità di costruzione: per il Likud di Sharon bisogna comprendere nella zona della barriera anche gli insediamenti ebraici in Cisgiordania, con penetrazioni fino a 20 chilometri nel territorio che le Nazioni Unite riconoscono come futuro Stato palestinese. I laburisti vorrebbero attenersi al tracciato dei confini stabiliti dalla pace del 1967, la cosiddetta Linea Verde. Per entrambi gli schieramenti politici israeliani, il Muro è fondamentale per fermare gli attacchi terroristici.

Questa barriera rischia di imprigionare, tra la Linea Verde e quella del

muro, 275000 palestinesi che abitano 122 tra villaggi e centri urbani. Di questi palestinesi, 70000 circa non godono del diritto di residenza in Israele e questo significa niente scuola, niente servizi sociali e niente libertà di movimento. Inoltre, 31 pozzi d’acqua, in un paese che muore di sete, sono stati confiscati e più di 102000 ulivi sono stati sradicati. Oltre al Muro infatti, restano tutte le cosiddette “by-pass roads”, strade riservate agli israeliani per motivi di sicurezza. Un altro pezzo di Cisgiordania finirebbe di fatto annesso ad Israele, rendendo il futuro Stato palestinese una specie di macchia di leopardo senza nessuna continuità territoriale.

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Capitolo 3

Un movimento che si oppone alla costruzione di questa barriera è nato

immediatamente e, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, è composto non solo da palestinesi, ma anche da israeliani, entrambi contrari a farsi rinchiudere in una”prigione a cielo aperto”.

Le 21 associazioni che si oppongono al Muro si sono unite in un network chiamato “Pengon” e hanno lanciato una campagna internazionale, chiamata “Stop the wall”, che ha organizzato una grande manifestazione contro la barriera, che si è svolta il 9 novembre 2003. La data non è stata scelta a caso: il 9 novembre 1989 cadeva il Muro di Berlino.

Quando si parla di questo Muro, ricorre spesso il paragone con quello che divise Berlino dal 1961 al 1989, che più che una città, divideva il mondo in due blocchi contrapposti. In realtà, oltre che diversi fisicamente (il Muro israeliano risulterà due volte più alto e tre volte più lungo di quello tedesco, e costruito con materiali diversi), le due costruzioni partono da un presupposto diametralmente opposto: quello di Berlino si basava su un trattato internazionale, quello d’Israele invece, viene costruito contro qualunque norma di diritto internazionale.

Il 9 dicembre 2003 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha deciso che

la questione del Muro venga trasferita alla competenza della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, massimo organo giuridico dell’Onu per risolvere le controversie giuridiche tra Stati. La risoluzione, che non ha potere coercitivo, è passata con 90 voti favorevoli, 7 contrari (tra cui quello di Israele e degli Stati Uniti) e 74 astensioni (compresi i Paesi dell’Unione Europea, guidata dalla presidenza di turno dell’Italia).

Segue di pochi mesi un’altra risoluzione di condanna dell’Assemblea dell’Onu, quella del 22 ottobre 2003, votata da 144 Stati e bocciata da 4 (Israele, USA, Isole Marshall e Micronesia), 12 le astensioni.

La costruzione va avanti comunque e, come già ribadito, costa un milione di

dollari al chilometro. Israele attraversa una delle crisi economiche più gravi della sua storia: è costretta a dolorosi tagli allo stato sociale, ma il governo di Sharon è assolutamente convinto della necessità di questa barriera per fermare gli attentatori suicidi che, nel corso della seconda Intifada, hanno causato la morte di 854 israeliani. La casistica degli attentati sembra però dargli torto: Hanadi Jaradat, la ventinovenne che si è fatta esplodere nel ristorante “Maxim”

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Capitolo 3

di Haifa il 4 ottobre 2003, uccidendo 19 persone e ferendone 50, veniva da Jenin. Aveva attraversato il Muro.

LA QUESTIONE DEI PERMESSI « Una possibilità di oltrepassare il Muro c’è, il problema è che sta in tasca ai

soldati israeliani disposti lungo i check point », dicono i palestinesi, vittime della gestione troppo arbitraria dei permessi per oltrepassare il Muro.

Nella zona di Gerusalemme, per esempio, erano centinaia i palestinesi che ogni giorno, vivendo nei sobborghi della città, si spostavano per raggiungere i loro luoghi di lavoro, nel centro di Gerusalemme. Ma con la costruzione del Muro, questo non è più possibile.

Ottenere un lasciapassare dall’esercito israeliano può dipendere da molte cose, in primo luogo dalla fedina penale, e non soltanto quella personale, ma di tutta la famiglia. In una società come quella palestinese, basata sui clan, è molto difficile non avere un cugino o un parente che abbia avuto in passato qualche conto in sospeso con la giustizia. Varie fasce di sicurezza dovrebbero essere state classificate dall’eser-cito di Israele, che, secondo determinate caratteristiche, con-cede o meno di attraversare per un certo periodo il percorso della barriera. Ma controlli, passaggi burocratici e permessi non han-no una lunga efficacia, e i lavo-ratori sono costretti a ripetere l’intero iter almeno una volta ogni tre mesi.

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Capitolo 3 I NUMERI DEI RIFUGIATI

La tabella sottostante illustra l’entità numerica del problema dei rifugiati: in Palestina infatti sono moltissime le persone che per gravi motivi di natura economica o politica hanno perso o sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni per trasferirsi in territori diversi da quello di origine. Come è possibile osservare, spesso le migrazioni avvengono verso altri Stati del Medio Oriente, confinanti con Israele.

Posizione Adulti Bambini Famiglie

Palestina Jericho 16,656 296 3,659 Jerusalem 194,182 1,385 44,918 Hebron 151,395 2,533 31,548 Nablus 278,521 3,155 60,474

Totale Palestina 654,971 7,582 143,562 Gaza Jabalia 161,965 4,602 31,829

Rimal 145,437 3,451 31,405 Zeitun 116,681 2,843 30,124 Nuseirat 106,700 2,659 21,953 Deir El-Balah 76,406 1,868 16,291 Khan Yunis 152,812 3,824 33,270 Rafah 147,220 3,647 29,930

Totale Gaza 907,221 22,894 194,802 Libano Beirut 48,417 293 13,457

Mountain 78,400 486 20,724 Saida 94,840 937 23,152 Tyre 99,404 1,017 23,292 Tripoli 54,835 610 12,110 Beqaa 15,783 153 3,786

Totale Libano 391,679 3,496 96,521 Siria Damascus 321,037 5,634 74,170

South 22,801 511 5,148 Homs-Hama 35,883 574 8,773 North 29,941 560 6,882

Totale Siria 409,662 7,279 94,973 Giordania Amman South 482,736 5,900 87,143

Irbed 300,981 5,085 57,525 Amman North 464,782 5,483 87,152 Zarka 470,268 8,320 85,357 Totale Giordania 1,718,767 24,788 317,177

Totale 4,082,33 66,039 847,035

Dati UNRWA, riferiti al 30 giugno 2003.

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Capitolo 3

LA SITUAZIONE IN PALESTINA Il 22% dei bambini palestinesi al di sotto dei 5 anni soffre abitualmente di

malnutrizione (il 9,3% in forma acuta, il 13,2% in forma cronica) rispetto al 7,6% del 2000. Circa il 15,6% al di sotto dei 5 anni è affetto da un’anemia acuta che “in molti casi produrrà ripercussioni permanenti sul futuro sviluppo fisico e mentale”. Il consumo dei generi alimentari è diminuito del 30% pro capite. Si registra una diffusa scarsità di generi alimentari, soprattutto proteici. Più della metà delle famiglie palestinesi mangia una sola volta al giorno. Molti cercano di sopravvivere nutrendosi unicamente di pane e tè. Il 50% dei palestinesi in territorio occupato è giunto ad indebitarsi per acquistare alimenti. Il prodotto interno lordo si è quasi dimezzato rispetto ai dati di due anni fa. La povertà è aumentata del 60%.

Imputato è il governo israeliano. I continui check-point, posti non solo al confine ma anche all’interno dei

territori palestinesi, rendono difficili gli spostamenti, possibili inoltre solo con permessi rilasciati dalle autorità israeliane, e allungano le distanze provocando così effetti negativi non solo sui prezzi delle merci (il costo dell’acqua è aumentato dell’80 % rispetto a settembre 2000) ma anche sulla qualità stessa dei prodotti trasportati. Ad ogni controllo i camion devono essere svuotati da un lato del blocco e ricaricati dall’altro lato; i testimoni raccontano di aver visto carichi di frutta e verdura lasciati marcire al sole. Le cisterne non sempre riescono a raggiungere i villaggi perché fermate “arbitrariamente” dai posti di blocco. Per nulla sembrerebbe incidere la consapevolezza che circa 280 comunità rurali dei territori occupati non hanno accesso ai pozzi o ad acqua corrente o che il 50% dei palestinesi dei territori occupati dipende completamente dagli aiuti alimentari.

La situazione per quanto riguarda le risorse idriche infatti non è da sottovalutare. Le autorità israeliane hanno proposto un piano di desalinizzazione alla controparte palestinese, ma ciò è stato giudicato dispendioso per le spese del trasporto e poco utile, dal momento che l’acqua potabile è presente nei territori ma è mal distribuita: le statistiche del consumo quotidiano d’acqua pro capite indicano che nel 2002 ciascun palestinese ha consumato 70 litri d’acqua, rispetto ai 350 degli israeliani nelle colonie. Ciò significa che gli israeliani

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Capitolo 3

ricevono e consumano una quantità d’acqua cinque volte maggiore di quella dei palestinesi.

Il governo israeliano sta portando avanti una “politica di bantustanizzazione

della Palestina”. Le continue confische da parte della forza di occupazione di terre, risorse idriche e infrastrutture, accompagnate da distruzioni di aziende agricole, di vaste zone coltivate o di case, mirano a confinare la popolazione palestinese a settori sempre più ridotti delle loro terre, in base alla mappa degli insediamenti pianificati e delle strada che gli attraverserà. Il governo israeliano tenterebbe dunque di isolare le comunità palestinesi per creare delle aree, distanziate tra loro, facilmente controllabili. Il bantustan escluderebbe di fatto i palestinesi dall’accesso alle proprie risorse territoriali e idriche, offrirebbe a Israele riserve di manodopera a basso prezzo, priverebbe il futuro Stato palestinese di confini coerenti e impedirebbe la costruzione di una nazione palestinese dotata di sovranità reale e capacità di garantire al suo popolo il diritto all’alimentazione. Manifestazione evidente che questa sarebbe la direzione assunta dalla politica del governo Sharon sono le cartine del tracciato del recinto di sicurezza/Muro dell’apartheid.

Il recinto o Muro, che dir si voglia, non è posto sui confini tra Israele e i territori precedenti alla guerra del 1967, ma all’interno della Cisgiordania.

Ecco i dati: 36 comunità (per un totale di 72000 palestinesi) sono state separate dalle loro aziende agricole e dai loro pozzi ad Ovest della barriera; 19 comunità (per un totale di 128500 persone) sono state quasi completamente imprigionate dall’andamento del Muro, tra cui 40000 persone, che si sono trovate intrappolate a Kalkilya, circondate in ogni direzione da una muraglia alta 8 metri, con un’unica strada disponibile, controllata da un posto di blocco israeliano; 13 comunità (per un totale di 11700 persone) sono rimaste intrappolate in un territorio definito come “zona militare protetta”, situata tra il Muro e la Linea Verde, e sono rimaste tagliate fuori dalla Palestina e senza l’autorizzazione ad entrare in Israele.

I documenti del Ministero della Difesa israeliano parlano di due fasi della

costruzione del recinto di sicurezza. La prima, già iniziata nel giugno 2002, prevede la confisca di 2875 acri di terra, al solo scopo di spianarla, tra le terre più fertili, e molte falde acquifere saranno annesse da Israele. La Cisgiordania sarà privata del 51% delle sue risorse idriche. Molti saranno costretti ad emigrare e si calcola che già 6000-8000 persone circa abbiano abbandonato

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Capitolo 3

l’area di Kalkilya. La seconda fase vedrà la costruzione del Muro da Salem fino a Bet-Shean, tagliando in due la Cisgiordania e includendo nei territori israeliani l’intera Valle del Giordano.

La bantustanizzazione procede anche su altri fronti; vengono riportati dati

significativi sull’avanzata dei coloni nei territori occupati:nel 1999, 44 nuovi insediamenti e avanposti erano stati realizzati in Cisgiordania, 34 nel 2001, mentre altri 14 avevano ricevuto l’approvazione del governo israeliano.

Israele sarebbe dunque fautrice di una “politica della riduzione alla fame”.

La sua politica di divisione, distruzione, confische viola il diritto all’alimentazione. I suoi mezzi non si limitano a salvaguardare l’incolumità dello Stato, ma provocano sofferenze tali da essere percepiti come punizioni collettive. Secondo il “Centro d’Informazione Nazionale Palestinese” (PNIC), tra il 29 settembre 2002 e il 31 maggio 2003, le forze di occupazione hanno sradicato e distrutto circa 2,5 milioni di ulivi e oltre un milione tra agrumeti e alberi da frutta. Inoltre, 806 pozzi e 296 magazzini sono stati distrutti e 200 strade, tra arterie principali e secondarie, sono state cinte di filo spinato e migliaia sono state cosparse di montagne di spazzatura. “L’Associazione Idrologi Palestinesi” registra che, tra il giugno 2002 e il febbraio 2003, 42 camion per il trasporto di cisterne d’acqua sono stati parzialmente o totalmente distrutti e 9118 cisterne palestinesi per l’approvvigionamento idrico sono state smantellate. La Banca Mondiale stima i danni all’agricoltura intorno a 217 milioni di dollari, nonché danni alle infrastrutture idriche per un valore di circa 140 milioni di dollari. Questi dati non giustificherebbero azioni di difesa, ma sarebbero ritorsioni e attacchi contro i palestinesi, salvo poi rientrare nel programma di isolamento e di “bantustanizzazione” di questi territori.

Il governo israeliano deve necessariamente rispettare gli obblighi sanciti dal

diritto internazionale e umanitario ponendo fine ai blocchi e all’occupazione. Intanto, da parte israeliana, viene sottolineato il continuo impegno ad

alleggerire le sofferenze dei palestinesi, sempre a condizione della sicurezza del suo popolo. Vengono infatti intrattenuti contatti quotidiani con le organizzazioni umanitarie e si cerca di agevolare i loro movimenti nei territori, nonostante i blocchi di sicurezza. Purtroppo i terroristi approfittano sistematicamente dei trasporti di aiuti umanitari o delle limitate aperture che si concedono per aiutare

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Capitolo 3

il mercato del lavoro palestinese per infliggere brutali attacchi sui civili israeliani. Alla luce di queste considerazioni, la richiesta di abbattere tutte le barriere e i blocchi di sicurezza dimostra, secondo il governo israeliano, come non si abbia avuto cura di comprendere approfonditamente la complessa realtà che quotidianamente si deve affrontare.

L’ultima parola sulla delicata questione spetta quindi alle Nazioni Unite;

tuttavia, non resta che constatare che, al di là delle colpe o delle ragioni, il dato indiscusso rimane purtroppo la drammatica situazione umanitaria nei Territori che non vede una vicina risposta.

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Capitolo 3

LA DEMOGRAFIA DEL CONFLITTO Il problema demografico nel conflitto israelo-palestinese è di estrema

importanza anche se a volte si tende a metterlo in secondo piano rispetto ad altre questioni come ad esempio lo status di Gerusalemme.

Popolazione in Israele/Palestina, secondo i principali gruppi religiosi: 1890-2002 (migliaia)

Anno Ebrei Cristiani Musulmani Totale* Incr. annuo %

1914 94 70 525 689 1,1

1922 84 71 589 752 1,1

1931 175 89 760 1.033 3,6

1947 630 143 1.181 1.970 4,6

1960 1.911 85 1.190 3.111 3,6

1967 2.374 102 1.204 3.716 2,5

1975 2.959 116 1.447 4.568 2,6

1985 3.517 149 2.166 5.908 2,6

1995 4.522 191 3.241 8.112 3,2

2002 5.050 220 4.050 9.650 2,8

Incremento annuo:

1890-1947 587 86 749 1.438 2,3

1947-2002 4.420 77 2.869 7.680 3,0

* Inclusi i drusi e altre piccole minoranze religiose, e dal 1990, immigrati dall'ex Urss senza affiliazione religiosa

Fonti: Fino al 1975: R.Bachi (1977); dopo il 1975: stime di S. Della Pergola basate su Israel Central Bureau of Statistics; Palestinian Central Bureau of Statistics

Questa tabella si trova anche nella rivista Limes n.2 del 2002 p.34

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Capitolo 3

LE RISORSE IDRICHE DEL MEDIORIENTE Tutta la regione mediorientale soffre sempre di più con il passare degli anni

di uno squilibrio tra l'effettiva disponibilità di acqua e i consumi in forte crescita. Se poi si tiene conto dell'andamento demografico e dello sviluppo economico, questo squilibrio diventa ancor più drammatico.

Le risorse idriche sono state da sempre una tra le maggiori cause di conflitto della regione, basti pensare alle alture del Golan (1176 Kmq). Queste furono occupate da Israele durante la guerra dei sei giorni (1967) e successivamente annesse nel 1981 con una legge della Knesset.

Il controllo del Golan è fondamentale per due ragioni. In primo luogo la sua posizione strategica permette alle forze israeliane un ottimo controllo della zona soddisfacendo così alle esigenze di sicurezza; in secondo luogo queste alture sono il punto di passaggio e di confluenza di un terzo delle risorse idriche dello Stato ebraico che per consolidare la sua posizione sul territorio ha costruito più di 150 insediamenti agricoli.

Risorse idriche della regione Il corso superiore del Giordano è formato da tre torrenti: l'Hasbani, il Dan e

il Banyias. Il primo nasce in Siria mentre gli altri due dalle alture del Golan. Il corso inferiore del Giordano è alimentato da sorgenti, acque superficiali e dal fiume Yarmuk. Solo il 30% delle risorse idriche proviene da acque superficiali mentre il restante proviene dall'acqua sotterranea. Un altro fiume importante della regione è il Litani: ha una portata minore del Giordano ma il tasso di salinità è notevolmente più basso.

Lo sfruttamento delle falde Da una decina di anni sia Israele che la Giordania stanno depauperando le

loro falde idriche. Gli israeliani stimano che entro il 2010 il loro deficit idrico salirà a 360 milioni di m3 mentre quello della Giordania ammonterà a quasi 200 milioni di m3 e quello della Cisgiordania a 140 milioni di m3. La questione è la seguente: se il Giordano può garantire solo 1,4 miliardi di m3 l'anno da dove proverrà l'oro blu mancante?

La Giordania ha da poco elaborato un progetto che prevede lo sfruttamento delle riserve d'acqua del Wadi Ram, il deserto di Lawrence d'Arabia. Nel deserto, a mille metri di profondità, si estende una falda di diversi miliardi di metri cubi di acqua potabile. La falda dovrà rifornire di acqua la città di

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Capitolo 3

Amman, una delle più "assetate" del mondo. La Banca mondiale stima che un cittadino giordano ha accesso a 140 mila litri di acqua all'anno mentre il limite minimo accettabile dalle organizzazioni internazionali sarebbe di mille litri. E' per questa ragione che la Giordania ha deciso di sfruttare questa falda nel deserto piena però di acqua fossile, quindi non rinnovabile! L'oro blu sarà estratto con un centinaio di pozzi profondi circa 1000 metri situati a una settantina di chilometri da Aqaba. Arrivata in superficie, l'acqua sarà trasportata attraverso una condotta di acciaio fino ad Amman. Una volta realizzato il progetto, la capitale giordana potrà usufruire di quest'acqua aggiuntiva per una trentina di anni con un costo di circa 500 milioni di dollari, dopodiché la falda si esaurirà.

Le risorse idriche nel conflitto israelo-palestinese Gli accordi di Oslo II del 28 settembre 1995 precisano che "Israele

riconosce i diritti dei palestinesi sull'acqua della Cisgiordania". In realtà, secondo la Banca mondiale, il 90% dell'acqua della Cisgiordania è utilizzata da Israele mentre i Palestinesi possono solamente disporre del restante 10%. In particolare oggi Israele consuma l'80% delle sue risorse idriche per l'agricoltura, il 15% per usi domestici e il 5% per l'industria.

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Capitolo 3

Le fonti principali d'acqua sono rappresentate dalle sorgenti sotterranee

della striscia di Gaza e dall'acquifero dei territori occupati della Cisgiordania, dove la disparità economica e sociale tra le comunità consente un consumo giornaliero pro capite per gli israeliani di 260 litri e solo di 60 litri ai palestinesi. Inoltre, sono state imposte alcune regole che penalizzano i palestinesi: il divieto di scavare nuovi pozzi senza il possesso dell'autorizzazione militare; l'espropriazione di pozzi e sorgenti ai palestinesi assenti; il divieto di irrigare dopo le ore 16 e una fatturazione dell'acqua senza distinzione tra israeliani e palestinesi, nonostante il diverso tenore di vita" (cfr. M. Canepa, Tutto comincia dall'acqua, in "Israele/Palestina la terra stretta, liMes, n.1, Gruppo editoriale L'Espresso, 2001, pp. 191-192).

Va anche tenuto conto del fatto che il contributo al PIL dell'agricoltura di Israele è del solo 2% mentre quello palestinese è del 15%. Questa situazione è sicuramente causa di ingiustizia e non permetterà al futuro Stato palestinese di essere autosufficiente. Un'equa distribuzione delle risorse idriche dovrà passare forzatamente attraverso un accordo più largo comprendente oltre a Israele e il futuro Stato palestinese anche la Giordania, la Siria e il Libano.

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Capitolo 4

Gente di Palestina

CHI E’ DENTRO E’ DENTRO…

...chi è fuori è fuori: da Gerusalemme, attorno a cui si stanno ultimando i lavori del controverso Muro che separa palestinesi da israeliani, palestinesi da palestinesi e, nel paradossale caso di Ar Ram, israeliani da israeliani

La storia del Muro di separazione tra Israele e Territori Occupati Palestinesi inizia nel giugno del 2002 con la confisca delle terre e la distruzione delle coltivazioni attorno a Jenin da parte dell’esercito israeliano. Tre mesi dopo viene resa pubblica la prima mappa del Muro - che comprendeva solo la parte occidentale - e viene anche approvata dal comitato esecutivo l’annessione ad Israele di parte di Betlemme e di Hebron. Nel luglio 2003 il ministro della difesa israeliano annuncia il completamento della prima fase (145 chilometri ) e lo stanziamento di altri 171 milioni di dollari per la costruzione del restante Muro con l’aggiunta della parte orientale lungo tutta la valle del Giordano, per un totale di 730 chilometri.

Nella Cisgiordania meridionale, dove si stanno recentemente concentrando i

lavori, il Muro circonda già Betlemme ed Hebron - inglobando in Israele i luoghi sacri come la tomba di Rachele - e continua a sud di Gerusalemme verso est e verso ovest.

A Gerusalemme il Muro circonda la Città Santa e l’anello di colonie che le sono state costruite intorno, annettendo entro la sua cerchia gli insediamenti ebraici nelle zone di Ram, Hizma, Ananta, Za’im e Azarya. Qui il Muro passa attraverso quartieri periferici, villaggi e campi coltivati, distruggendo i legami familiari ed economici tra i residenti arabi coinvolti.

Ora che la costruzione della parte che va da Jenin a Kalkilya (prima fase) è conclusa, i bulldozer stanno proseguendo verso Ramallah.

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Capitolo 4

Le strade che passano per l’area di Ar Ram sono una via storica di

collegamento con i paesi arabi e tra le parti della Palestina: qui transitano migliaia di persone, che quotidianamente si spostano tra Gerusalemme e Ramallah, il più importante centro della Cisgiordania e sede dell’Autorità Palestinese; dopo la costruzione del Muro, funzioneranno come “by pass roads”, strade esclusivamente israeliane dirette alle colonie in Cisgiordania.

La costruzione del Muro è iniziata in questa zona lo scorso febbraio, ma ha

avuto una accelerazione quando il mese scorso le forze dell’Isreali Defence Force (Idf) hanno iniziato a sollevare l’asfalto delle strade coi bulldozer, bloccando gli accessi alla zona per preparare lo spazio al Muro che si prevede sarà alto 8 metri. La barriera in questa zona isolerà oltre 64000 persone, 25000

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Capitolo 4

lavoratori e migliaia di studenti che non potranno piu’ frequentare le scuole di Gerusalemme. Il Muro di Ar Ram separa anche la comunità locale da quelle dei vicini sobborghi arabi: Beit Hanina, Al Barreed e Atarot.

Diversamente dalle altre aree divise dal Muro, la popolazione di Ar Ram e’ costituita in buona parte da cittadini israeliani o con passaporto Usa, che per motivi di convenienza hanno deciso di vivere nella periferia di Gerusalemme. Infatti, a partire dall’occupazione del 1967, Israele diede agli abitanti di Gerusalemme Est lo status di residenti, dotandoli delle carte di identità blu che contraddistinguono le persone autorizzate ad entrare a Gerusalemme e spostarsi ovunque in Israele. Per tutti gli altri, i palestinesi dotati di carta di identità arancione -che li autorizza a spostarsi in Cisgiordania senza attraversare check points -, la possibilità di uscire da Ar Ram sarà limitata a rari permessi speciali.

« Il percorso passerà dagli attuali 15-30 minuti in auto ad una incerta

gimcana tra check points di almeno due ore », dice Muhammad Ibrahim, un arabo residente ad Ar Ram. « Ci sono centinaia di bambini, oltre ai miei, che non sanno come faranno a raggiungere le proprie scuole a Gerusalemme ». I residenti di Ar Ram pagano le tasse a Israele, molti parlano ebraico e ricevono copertura sanitaria dal governo di Tel Aviv.

Il ministero della difesa di Israele difende il provvedimento sostenendo che

dalla zona di Ar Ram sono passati negli ultimi tre anni gli autori di 12 attacchi terroristici. Raanan Gissin, un consigliere di Sharon, ha detto che lungo la barriera saranno aperti dei varchi che saranno gestiti da compagnie di sicurezza civili, dichiarandosi consapevole del fatto che « ci saranno dei disagi. Ma non possono essere evitati perchè queste sono proprio le zone in cui i terroristi tentano di infiltrarsi ».

I residenti ad Ar Ram rifiutano queste affermazioni, ribadendo che il Muro non serve ad impedire l’infiltrazione di attentatori, al contrario, è un furto di territorio ai danni dalla comunità palestinese.

Il dottor Harnash, un ingegnere del consiglio cittadino di Ar Ram ha dichiarato: « La gente di qui coesiste con Israele, parliamo ebraico e la nostra vita è connessa all’economia israeliana ».

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Capitolo 4

Il consiglio di Ar Ram si è così appellato all’Alta Corte di Israele nella

speranza che i giudici possano spingere il governo a cambiare direzione. « Se anche questa iniziativa dovesse fallire - dice ancora Harnash -, sarà un disastro. Anche se dei militanti sono passati di qui, i residenti non hanno nulla a che fare col terrorismo e sono increduli all’idea di essere stati tagliati fuori ».

Come conseguenza, molti abitanti di questa zona stanno considerando l’idea di ritornare a vivere a Gerusalemme, una città che molti di loro hanno lasciato per le difficoltà di ottenere permessi edilizi. La situazione degli immobili nella città santa è però molto critica, c’è un'enorme differenza tra le domande e le offerte di case.

Come risultato, i prezzi sono saliti alle stelle. Nell’attuale crisi economica solo pochi possono permettersi di pagare affitti di media intorno a 600 dollari per un appartamento in città.

I negozianti, in particolare quelli di Gerusalemme Est, perderanno una

grossa fetta dei clienti abituati a raggiungere la città da Ramallah e dintorni per fare spese. Le stesse difficoltà le incontreranno coloro che vi si dovranno recare per motivi di studio, lavoro e per ricevere trattamenti sanitari.

Mohammed Saed, capo della Federazione Generale delle Trade Unions Palestinesi, in occasione della Conferenza Internazionale delle Organizzazioni Laburiste a Ginevra, ha stimato che come risultato della barriera 52000 palestinesi perderanno il lavoro.

Il Muro non viene costruito sulla linea di confine del 1967, ma penetra in

Cisgiordania, occupandone il 50%; dunque la popolazione palestinese tra la Cisgiordania e la Striscia di Gaza vivrà in un’area corrispondente al 12% della Palestina storica.

Complessivamente il 16% dei palestinesi della Cisgiordania vivranno fuori dal Muro, in zone annesse da Israele senza con questo ricevere la cittadinanza. Costoro perderanno la terra, i mezzi di sussistenza, la libertà di movimento e saranno minacciati di espulsione.

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Capitolo 4

VITE DISTRUTTE DAL MURO Israele continua a costruire il Muro di separazione. L’esercito rade al suolo

tutto quello che ne ostacola il percorso, sconvolgendo la vita di centinaia di persone. Questa è la storia di Ibrahim Atmawi.

« Ja Allah... » (Dio mio). Ha balbettato solo queste parole Ibrahim Atmawi,

un contadino palestinese di 65 anni, originario di Azzun Atma, 12 chilometri a sud di Kalkilya, il cui uliveto è stato distrutto per oltre il 90% dei suoi cento ettari da bulldozer dell’esercito israeliano. Al posto delle piante centenarie adesso sorge un tratto del Muro dell’apartheid. E alla tragedia si è aggiunta un’altra tragedia : nel preciso momento dello sradicamento i suoi occhi, già indeboliti dall’età, non hanno retto un tale orrore. Colpito da un attacco diabetico da choc, quest’uomo ha perso il 95% della vista. Ora intravede solo delle ombre in movimento e non può più lavorare.

Ecco dunque la storia di Ibrahim e del suo campo, dal quale dipendeva la

sopravvivenza stessa di altri 13 membri della sua famiglia. Vivono ancora tutti assieme, stipati nella stessa casa. E’ lì che, una mattina di settembre del 2002, per posta è arrivato un ordine di confisca della terra. Allegata, c’era una cartina che mostrava la sezione del Muro da costruire in quell’area. Secondo quel disegno, il Muro avrebbe isolato un boschetto di cipressi di trenta ettari, ai quali andavano ad aggiungersi gli oltre cento ettari dell’uliveto di Ibrahim.

Come lui, anche gli altri abitanti di Azzun Atma avevano ricevuto la lettera.

E hanno reagito. Ci sono state manifestazioni sotto i cipressi, alle quali ha partecipato anche l’anziano contadino. Mentre a piedi si avvicinava al boschetto, pregava, pensando al giorno in cui non avrebbe più potuto lavorare il suo campo.

Nel maggio del 2003 sono arrivati i bulldozer e hanno iniziato a ripulire la

terra a nord-est di Azzun Atma, compresi gli ulivi di Ibrahim, situati nella parte più meridionale della sua proprietà, vicino all’insediamento ebraico di Sha’are Tiqua.

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Capitolo 4

A quel punto, però, i coloni hanno preteso una modifica del tracciato:

doveva spostarsi verso nord, in modo da inglobare una quantità maggiore di terra e consentire la costruzione di altri edifici. La deviazione è stata concessa. Per Ibrahim ciò significava la confisca di oltre il 90% della sua terra.

E cioè la fine. Ma lo è stata anche per gli altri abitanti di Azzun Atma, oggi

un villaggio-prigione completamente isolato dal resto del West Bank. Esso aveva anche delle terre in comune con i vicini villaggi di Best Amin e Sanniriya, ai quali oggi, proprio a causa del Muro, da Azzun Atma non è più possibile accedere. Tutte e tre le comunità hanno perso terreno, assorbito dall’insediamento di Sha’are Tiqva, che dista soli 750 metri da Sanniriya e confina sia con Azzun Atma, sia con Beit Amin.

Il “Muro dell’apartheid” ora circonda il villaggio di Azzun Atma su tutti i

fronti e non c’è un’entrata o un’uscita, a parte un singolo check-point. I militari israeliani sono rigidissimi nei controlli: non si passa, se non dimostrando – carta d’identità alla mano – di risiedere ad un indirizzo preciso. E come nella peggiore delle prigioni, le visite non sono previste.

ISRAELIANI CONTRO La maggioranza degli israeliani vuole il Muro, anche se molti di loro

preferirebbero che questo seguisse la Linea Verde del 1967, piuttosto che l’attuale tracciato. Eppure esiste una minoranza – movimenti, organizzazioni, singoli individui che aderiscono alla rete “Citizens against the fence” – che rifiuta la segregazione. Dorothy Naor, statunitense d’origine e israeliana di adozione, è una di loro.

Quando Dorothy Naor mise piede per la prima volta in Israele, fu per un corso per insegnanti della durata di sei mesi. Era il 1950. Allora non avrebbe mai immaginato che, otto anni più tardi, avrebbe finito per stabilirsi a Nof Yam Herzliah, assieme al marito (un israeliano) e ai loro tre figli. Il prossimo 7 marzo compirà 73 anni. Ma dal suo attivismo all’interno di “New Profile” – una delle tante organizzazioni, movimenti, ecc. che compongono la rete “Citizens of Israel against the fence” - nessuno le darebbe l’età che ha: fin dall’inizio della

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Capitolo 4

costruzione del Muro, nel giugno 2002, Dorothy è stata in prima linea in

questa lotta contro la segregazione. Dunque, ha seguito l’intera vicenda del Mas’ha Village: un piccolo centro

abitato palestinese, situato circa sei chilometri ad est della Linea Verde nel West Bank. Ci va almeno una volta alla settimana, spesso di più; ha contatti e-mail e telefonici quotidiani; per la gente è un’amica, quasi una sorella, che, soprattutto ora che quel tratto di barriera è stato eretto, non smette di informare, di accompagnare giornalisti e fotografi in questo luogo, di tenere conferenze all’estero.

« Mas’ha è stato uno dei primi villaggi palestinesi a sperimentare il Muro », ci racconta. « Ed è tuttora l’unico a ospitare un centro permanente d’informazione – sorto al termine di una marcia, il 28 marzo 2003 – che accoglie uno strano mix di palestinesi, israeliani e attivisti stranieri impegnati, fianco a fianco, in questa campagna. Ecco perché oggi il villaggio è il simbolo stesso della nostra lotta ».

A chi le chiede per chi lei lo fa, risponde: « Per i miei figli e i miei nipoti. E quindi per il futuro ». Ma esiste una strategia per vincere questa battaglia? Dorothy risponde di sì. E spiega: « I governi e le multinazionali devono imporre sanzioni economiche a Israele. Solo allora Sharon sarà costretto a cambiare rotta ». Nel frattempo, su entrambi i fronti, si continua a combattere. A favore del Muro o contro di esso. Dal diario di Dorothy

Quella che segue, è una pagina tratta dal diario di Dorothy. Porta la data dell’11 agosto 2003. Qualche antefatto per capire: la sera del 2 (dunque, durante la “Hudna”, la tregua nella quale Israele avrebbe dovuto interrompere la costruzione nelle aree contese), a Mas’ha Village, arrivano le ruspe. Hanno l’ordine di scavare nel cortile della casa di Hani Ammer – al margine del villaggio – e di erigere un tratto di barriera attorno al perimetro della sua proprietà. Ciò significava distruggere alcune strutture, come il recinto per gli animali. Il 5 mattina, malgrado la promessa di non procedere fino a quando la questione non fosse stata discussa con le autorità, i bulldozer accendono i motori e distruggono tutto, a parte l’abitazione di Ammer; oltre 60 persone (fra palestinesi, israeliani e attivisti stranieri) vengono arrestate. Ma la protesta continua. Ecco il racconto di Dorothy.

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Capitolo 4

Sabato, 11 agosto 2003 Giovedì 9 agosto, quando Nazeeh Shalhabi è stato finalmente condotto fuori

dalla stazione di polizia “Ari’el”, ho sentito un improvviso sussulto di gioia, sono corsa ad abbracciare questo palestinese di 35 anni, padre di sette figli, che non era stato rilasciato lunedì assieme al primo gruppo di israeliani, e nemmeno martedì mattina con i 38 attivisti stranieri, né poco più tardi di quello stesso giorno, né mercoledì. Perché è stato tenuto più a lungo degli altri? Chi lo può sapere? Suppongo sia il sistema.

Avevo gioito troppo presto. Ci sarebbero voluto altri 45 minuti prima che

potessimo andarcene, anche se era già stata pagata la cauzione di 1,500.00 shekels. Un poliziotto l’ha portato via per altri dieci minuti; poi abbiamo dovuto aspettare che un’auto della polizia lo conducesse all’entrata di “Ari’el”. Ai palestinesi non è consentito girare per gli insediamenti ebraici senza un permesso militare, nemmeno nella macchina di un cittadino israeliano, nemmeno se l’insediamento è costruito su un territorio palestinese.

Nazeeh, dunque, ha dovuto salire sul cellulare della polizia (io, nella mia auto, dietro), finché non abbiamo passato il check point all’uscita di “Ari’el”. Solo allora ha potuto salire sulla mia macchina, chiamare la sua famiglia e un paio di amici dicendo che tornava a casa.

Nel tardo pomeriggio di mercoledì, ero andata a visitare la famiglia di

Nazeeh. Volevo rassicurarli ed esprimere la mia solidarietà. Poi mi ero recata da Hani Amar, la cui abitazione all’entrata del villaggio sarebbe stata separata dal resto del centro abitato dal Muro. Lui, sua moglie, i loro sei bambini sarebbero stati imprigionati dalla barriera di segregazione che li taglia fuori da tutto. In questo modo, presumo, Hani non dovrebbe costituire un pericolo per l’insediamento israeliano di Elkana, suo vicino dall’altra parte. Mi viene in mente quel detto: i buoni recinti fanno i buoni vicini. Sarà questo il caso?

Per protestare contro quest’ingiustizia, il tendone che ospita i pacifisti a Mas’ha s’era spostato nel cortile di Hani.

Hani e altri, sotto quella tenda, come pure la famiglia di Nazeeh a casa, erano convinti che Nazeeh sarebbe stato trattenuto per almeno otto giorni. Sua moglie, sua sorella e sua madre, temevano addirittura che potesse rimanere per sempre in “detenzione amministrativa”.

Per rassicurarle che ciò non sarebbe avvenuto, avevo chiamato l’avvocato,

Gaby Lasky, la quale m’aveva detto: Nazeeh sarebbe stato rilasciato il giorno dopo, forse non alle 8 del mattino come le avevano promesso, ma entro mezzogiorno (alle 14.30, in effetti, eravamo fuori). La famiglia era solo in parte sollevata alla notizia.

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Capitolo 4

Volevano vederlo con i propri occhi. Avevo promesso che tutti noi avremmo

fatto il possibile perché Nazeeh fosse stato fuori per giovedì. Grazie a Dio, siamo stati in grado di mantenere questa promessa.

Ho avuto l’onore di accompagnare Nazeeh fino al blocco stradale, dove l’aspettava il fratello. Avrei preferito poterlo portare a casa, o ancor meglio che lui e gli altri non fossero stati arrestati. Ma così vanno le cose oggi.

Dopo aver depositato Nazeeh, inizialmente mi sono sentita sollevata: un palestinese portato sano e salvo alla sua famiglia. Inoltre, Nazeeh ha detto di non essere stato picchiato, o trattato male. E anche questo era qualcosa per cui essere grati, e da non prendere per scontato trattandosi di un palestinese. Durante l’intera settimana, il rilascio di Nazeeh (assieme a quello degli altri) era stata la nostra prima preoccupazione. Tutto il resto – la continuazione della tenda della pace a Mas’ha, la costruzione del Muro, ecc. – potevano attendere fino al suo ritorno a casa.

Ma adesso che c’è un momento per ripensare agli eventi, diventa sempre più

chiaro che a Tel Aviv il tempo è terribilmente dissociato, e sarà necessario lavorare sodo perché possa normalizzarsi. C’è qualcosa di marcio oggi nello Stato d’Israele, più di quanto non ci fosse nella Danimarca di Amleto.

Un fenomeno indicativo dello stato di cose è quello delle deportazioni. È diventata la regola, in Israele, deportare attivisti internazionali. Per far fronte a questo, si è sviluppata una battaglia legale, che cerca di sostituire la deportazione (che automaticamente proibisce di ritornare in Israele per 5-10 anni) con la richiesta del detenuto di partire. In altri termini, gli avvocati ora cercano di convincere le autorità a non deportare, ma lasciare che gli stranieri se ne vadano di propria volontà.

L’interessato firma alcune carte, nelle quali promette di abbandonare il Paese entro due settimane o alla scadenza del proprio visto. Tali accordi pongono molte altre condizioni: gli attivisti non possono muoversi liberamente, né entrare nei Territori Occupati, né rinnovare i loro visti, né partecipare a manifestazioni o ad altre attività politiche.

Inoltre se a qualcuno di questi attivisti che lasciano il Paese “di loro libera

iniziativa” sarà consentito rientrare, ciò non avverrà certo con il presente governo e con i limiti che esso pone. Dalla morte di Rachel Corrie, gli stranieri sospettati di essere degli attivisti, ai quali tuttora è consentito entrare in Israele, all’aeroporto devono firmare delle carte, nelle quali (fra le altre cose) si vieta loro l’ingresso nei Territori Occupati. In questo modo, le autorità effettivamente neutralizzano la ragione d’essere della presenza anti-occupazione degli attivisti stranieri.

Tuttavia, noi abbiamo disperatamente bisogno di loro. Agli israeliani non è consentito legalmente entrare nelle zone “A” (cioè le aree sotto la presunta giurisdizione dell’Autorità Palestinese), e i contingenti israeliani sono in ogni

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Capitolo 4

caso troppo pochi per riuscire a coprire tutto il fabbisogno. Gli stranieri sono quindi fondamentali non soltanto per aiutare a denunciare gli abusi ai danni dei palestinesi, ma anche per procurare informazioni su quel che in realtà succede nei Territori.

Il governo israeliano, che ha capito perfettamente questo, fa tutto ciò che è in suo potere per tenere lontani gli attivisti dai Territori.

Infine, anche gli attivisti israeliani vengono neutralizzati. Ad esempio, quelli

che sono stati arrestati questa settimana a Mas’ha, sono stati rilasciati alla condizione di non ritornare nei Territori (tutti i Territori) per almeno 15 giorni.

DIARIO DA GERUSALEMME EST

« Parlo per tutti quelli che non hanno voce e che ogni giorno, da più di due anni, sono costretti da vivere da combattenti solo per andare al lavoro, o a scuola ». Comincia con questa premessa l’e-mail di suor Marie Dominique Croyal, una religiosa francese, direttrice dell’istituto per anziani palestinesi “Home Notre Dame des Douleurs” situato nei pressi di Betania, a Gerusalemme Est. La struttura sta sperimentando la tragedia del Muro: alto nove metri, è in fase di costruzione dall’11 gennaio 2004. Sorge sul loro terreno, fuori dal portone. E ha reso la vita di questa piccola comunità insostenibile.

Gerusalemme Est, 15 gennaio 2004 Vi scrivo per informarvi di quello che succede nel nostro quartiere e intorno

al nostro istituto: un nuovo Muro di separazione, alto nove metri, é in fase di costruzione dall'11 gennaio 2004.

Questo Muro ne sostituisce uno molto più basso, che poteva essere ancora scavalcato, quando non c'era già più un passaggio autorizzato per coloro che andavano da Betania e da Abu Dis a Gerusalemme.

Il primo Muro – detto di sicurezza – era stato eretto nell'agosto 2002 e da

allora ha sconvolto la vita della popolazione e anche la nostra. Esso separa Gerusalemme dalla Cisgiordania, costeggiando la strada del nostro istituto e passando proprio di fronte al nostro portone d'ingresso.

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Capitolo 4

Già in migliaia hanno scavalcato questa barriera: bambini, studenti, mamme

con i loro neonati, anziani. Le cadute sono state numerose e talvolta mortali. Due mesi fa abbiamo chiamato l'ambulanza per un uomo di 65 anni che é

caduto all'indietro, ha battuto la testa e ha perso coscienza. L'ambulanza é arrivata dopo più di mezz'ora e al ritorno, quando ha raggiunto l'incrocio per Betania, l'esercito l'ha perquisita, ha fatto scendere la moglie del ferito, ritardando così ancora di più i soccorsi.

Ciò che succede ai piedi di questo Muro sta diventando intollerabile. Ogni giorno, in questi mesi, centinaia di persone che lavorano a Gerusalemme senza averne il permesso hanno dovuto attraversare la nostra proprietà, passando sotto il recinto, per sfuggire ai controlli militari.

Le persone intorno a noi vivono nella paura: di essere arrestati, attaccati con gas lacrimogeni o maltrattati perché queste cose accadono spessissimo. La tensione é costante, soprattutto per quella (grande) parte di popolazione che vive in condizioni sempre più misere.

Queste persone, che subiscono umiliazioni e violenza, vivono ogni giorno come una lotta e noi ci sentiamo del tutto sole e disarmate di fronte all'indifferenza generale. Parliamo dunque per tutti quelli che non hanno voce e che ogni giorno, da più di due anni, sono costretti a vivere da combattenti solo per andare al lavoro, o a scuola. Per non dire dei malati che muoiono per la mancanza di cure.

Nel compiere la nostra missione di soccorso, incontriamo moltissime

difficoltà; ad esempio dobbiamo ricoverare anziani cisgiordani, perché le ambulanze palestinesi non hanno il diritto di circolare in Israele.

E, per consentire ai loro famigliari di accompagnarli all'ospedale, siamo

costretti a reperire mezzi che ci permettano di trasportarli al di là del Muro, evitando gli sbarramenti dell'esercito.

C’è un altro problema, poi, per le famiglie di chi muore: devono arrangiarsi

da soli per far trasportare i corpi dall'altro lato. Da due anni, la vita é complicatissima e in continuo peggioramento.

Ormai da mesi, gli anziani che sono autosufficienti non possono più fare la spesa perché tutti i negozi stanno dall'altra parte del Muro. Non sapete quante volte hanno chiamato i commercianti e, aspettandoli ai piedi del Muro, si sono fatti passare le ordinazioni attraverso qualche feritoia nel cemento. Ancora, gli anziani della Cisgiordania sono sempre più soli perché molte delle loro famiglie non possono più venirli a trovare.

Dopo la costruzione di questo Muro, abbiamo dovuto raddoppiare la

vigilanza per assicurare ai nostri anziani ospiti la sicurezza. E, sempre per questa

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Capitolo 4

ragione, siamo stati costretti anche a cambiare fornitori. Questo comporta costi supplementari, perché la vita è molto più cara, a Gerusalemme.

Non sappiamo cosa potrà succedere, se andrà avanti la costruzione di questa barriera. Nel nostro istituto, la maggioranza degli anziani sono cisgiordani e anche la maggior parte del nostro personale. Su 18 dei nostri impiegati, solo tre hanno il visto valido per Gerusalemme e, in questi due anni, anche loro sono stati costretti a scavalcare il Muro e a cambiare spesso il percorso per sfuggire ai controlli: a volte, è capitato che i militari abbiano impedito loro l’accesso, malgrado il lasciapassare.

Dunque, questo Muro di nove metri ci obbligherà ad assumere personale di Gerusalemme e, quindi, a licenziare la maggior parte di chi oggi é in servizio e a rinunciare ad accogliere gli anziani cisgiordani, cioè i più poveri. Siamo fortemente preoccupate. Migliaia di persone vivono nella nostra stessa angoscia, mentre questo muro viene costruito senza resistenza, né proteste, sul terreno stesso del nostro istituto. Non ci avevano nemmeno avvertito.

La nostra casa è sempre più isolata, anche per il pessimo stato delle strade.

Ogni giorno dobbiamo andare a recuperare il personale nelle zone più disparate, perché il nostro quartiere è diventato un’area militare. I rifornimenti sono molto complicati e passiamo il tempo a gestire gli imprevisti. Speriamo almeno di non

dover ricoverare degli anziani, finché l'accesso all'istituto è così difficile a

causa della pioggia. Questa settimana, nel quartiere sono arrivati molti giornalisti e fotografi. Ci

auguriamo che le interviste fatte dai diversi canali radio e tv risveglino l’opinione pubblica e la coscienza dei politici.

Qui si respira sempre più un’aria di desolazione e di umiliazione. Speriamo anche che voi possiate essere, a vostra volta, il nostro passaparola. Affinché il Muro della vergogna venga distrutto. Contiamo sulle vostre preghiere: il dialogo fra i responsabili dei due popoli deve assolutamente riprendere. E contiamo sulla vostra azione.

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Capitolo 4 APPUNTI DI VIAGGIO:

QUELLE LACRIME CHE NON POTRO’ PIU’ DIMENTICARE Era il sesto giorno del mio viaggio in Terra Santa. Partita da casa praticamente ignara di quello che avrei trovato una volta

laggiù, nei primi cinque giorni avevo già avuto modo di vedere e di assaporare con la sensibilità della turista le bellezze di un territorio dalla natura lussureggiante, ricco di storia e baciato dal sole. Eppure, fin dal primo istante mi aveva accompagnata una stranissima sensazione mentre attraversavo città e villaggi semi-deserti: quella della quiete prima della tempesta, come se tutti attendessero, titubanti, il risveglio di un grosso gigante addormentato.

Quel pomeriggio salimmo ad Ain Karen, dove, secondo la tradizione

cristiana, la Madonna fece visita alla cugina Elisabetta. Ain Karen è un minuscolo paesino a sud-est di Gerusalemme, abbarbicato su una collina boscosa, costituita da cinque milioni di alberi dedicati alla memoria della Shoa, e accanto lo sguardo si posa sulla città santa, vicina, anzi vicinissima: la sua periferia si stende fino ai margini di Ain Karen e vedendola lì, di fronte ai tuoi occhi, ti sembra quasi di poterla toccare.

Il posto era molto suggestivo, anche se intorno a noi non vedevamo anima viva: forse era l’orario, forse il caldo, forse il fatto che di pellegrini in giro non ce ne fossero molti…

Ancora non sapevamo quali forti emozioni avremmo provato salendo al Santuario della Visitazione.

Sotto il portico antistante la chiesa scorgemmo una figura: era un frate

francescano, molto anziano, che teneva fra le mani un rosario. Appena ci vide nei pressi del cancello, si alzò dalla sedia con un balzo inaspettato per un uomo di quell’età e ci corse incontro per abbracciarci.

Sul suo viso scorrevano abbondanti lacrime: erano lacrime di gioia, ma non solo, anche di disperazione e di nostalgia. Italiano, lombardo, ci disse di avere 80 anni e di essere in Terra Santa da più di 50. Noi eravamo i primi occidentali che vedeva da oltre tre anni.

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Capitolo 4

Ci condusse ai margini della collina e ci disse di guardare il versante del

monte che si stagliava alla nostra sinistra: una zona arida, brulla, disboscata selvaggiamente, dalla quale spuntavano scheletri di edifici in cemento.

La distanza non ci permetteva di capire subito se si stesse cominciando a costruire un villaggio o se si fosse appena finito di smantellarne uno. Ma l’espressione dipinta sul volto del religioso non lasciò adito ad alcun dubbio. Ci spiegò che un tempo quello era stato un villaggio palestinese, ma che un giorno gli israeliani avevano cominciato ad acquistare parecchi lotti di terreno, pagandoli un prezzo molto più elevato del loro reale valore. Nel giro di poco più di un mese, metà del villaggio era diventato di proprietà degli israeliani, che comunque avevano agito nel rispetto della legalità.

Finché una notte lanciarono l’ultimatum: i palestinesi rimasti avevano 24 ore di tempo per sgomberare le proprie case ed andarsene. Ci fu chi se andò, ma molti rimasero, decisi a difendere i risparmi di una vita. Il frate ci raccontò di tre giorni terribili, con scontri tra i bulldozer israeliani e gli uomini palestinesi.

“Potete vedere coi vostri occhi come è andata a finire”, ci disse. “Quella macchia bianca che si scorge laggiù in mezzo agli alberi è il nuovo cimitero di quel villaggio: sono tutti morti in quei tre giorni di scontri e sono tutti palestinesi. Mezzo villaggio è sepolto lì, gli altri sono fuggiti chissà dove, ad ingrossare le file dei profughi. E tutto per colpa di quel Muro!”.

Fu così che improvvisamente presi consapevolezza di qualcosa che c’era già, ma di cui non mi ero ancora accorta.

Il frate ci spiegò che se aveva bisogno di raggiungere una qualsiasi zona

situata ad ovest di Gerusalemme era costretto a fare un lungo giro che gli permettesse di aggirare il Muro, passando a est e a nord. Questo finché non fosse stata completata la parte di tracciato che avrebbe dovuto sorgere sui resti del villaggio palestinese: da quel momento in poi Ain Karen sarebbe stata completamente circondata dal Muro e tagliata fuori da ogni collegamento con le infrastrutture.

In quella zona il Muro sarebbe stato proprio di cemento, alto 8 metri, ma

l’anziano uomo ci invitò a riflettere: “E’ impossibile, dal momento che arrivate da Nazareth, che non lo abbiate mai costeggiato, neppure da lontano. Lì però non è un Muro vero e proprio, come qui, ma è un filo spinato attraversato dalla corrente elettrica e circondato da un fossato”.

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Capitolo 4

Che sciocca ero stata a pensare che tutto quel filo spinato servisse a

delimitare una enorme zona militare, ed ecco il perché di tutti quei posti di blocco nei pressi di Ramallah, Jericho e Betania.

Il frate continuò a piangere per tutto il tempo in cui noi rimanemmo ad Ain

Karen e mentre piangeva, parlava, e quelle sue parole scendevano nei nostri cuori pesanti come macigni.

Giurai a me stessa di non dimenticare mai più il volto di quell’uomo, affranto per un dolore tanto grande da sopportare anche per chi di solito sa trovare conforto nella fede; credo che il modo migliore per non dimenticare sia quello di non lasciare che una questione spinosa come il Muro di Israele passi sotto silenzio.

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Capitolo 5

Il conflitto israelo-palestinese

UNA CONTROVERSIA DALLE RADICI PROFONDE

La questione del Muro si innesta, in realtà, in uno scenario già esacerbato da un odio che dura da più di mezzo secolo.

Sforzarsi di capire chi abbia scagliato la prima pietra porta solo a un vicolo cieco. Ciò non significa che la storia vada dimenticata, ma per aiutare israeliani e palestinesi a convivere in pace non serve cercare di capire chi abbia cominciato, ma piuttosto trovare punti di contatto sui quali coltivare la pace.

La Shoah, lo stermino di sei milioni di ebrei è cruciale per comprendere le

complesse vicende mediorientali, perché provocò un desiderio cosmico da parte dei sopravvissuti di assicurarsi una vita certa in uno stato ebraico.

Dal 1948 milioni di profughi palestinesi sono costretti a vivere nei campi

profughi perché espulsi da Tzhal durante la prima guerra arabo-israeliana. Teniamo conto però che una parte emigrò per propria volontà, confidando nella forza degli eserciti arabi di annientare il nemico. Solamente la Giordania diede agli esuli la cittadinanza e il diritto di lavoro, mentre gli altri paesi arabi concessero ai profughi solo diritti parziali: questo perché i paesi arabi hanno voluto usare i profughi come arma di ricatto contro Israele. La soluzione migliore per risolvere il dramma dei milioni di profughi palestinesi è quella studiata dagli accordi di Ginevra, firmati il primo dicembre 2003 dalle delegazioni israeliana e palestinese.

Gerusalemme è città santa per gli ebrei, per i cristiani e per i musulmani;

qualsiasi negoziato su Gerusalemme deve tener conto di ciò. Dal 1948 al 1967 la città è stata divisa in due: la parte occidentale agli ebrei, la parte orientale, comprensiva della città vecchia, agli arabi. Durante questo periodo non fu concesso agli ebrei di recarsi a pregare al Muro del Pianto e i cimiteri ebraici

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Capitolo 5

furono profanati e con le lapidi furono costruite opere edilizie. Dopo la “Guerra dei sei giorni” (1967), Israele conquistò anche la parte est di Gerusalemme.

Ai musulmani fu consentito di recarsi a pregare sulla Spianata delle moschee. Israele costruì una serie di insediamenti intorno a Gerusalemme e allargò i confini municipali della città in modo da inglobare il maggior numero di popolazione ebraica. Questo piano urbanistico espropriò molta terra alla popolazione araba. Un trattato di pace che escludesse una qualche forma di sovranità palestinese su Gerusalemme est è destinato al fallimento. Una soluzione potrebbe essere: Israele è responsabile dei cittadini israeliani e l’Anp di quelli palestinesi. La capitale palestinese potrebbe sorgere intorno ad Abu Dis, che non dovrebbe essere staccata dal resto della Cisgiordania. Per quanto riguarda la città vecchia, la questione è più complicata, ma, partendo dalle proposte di Clinton a Camp David e Taba e dagli Accordi di Ginevra, si dovrebbe trovare una soluzione che garantisca libertà di culto e garanzie per tutte le religioni coinvolte.

Per combattere la diffidenza fra israeliani e palestinesi basterebbe che i

palestinesi dichiarassero inequivocabilmente che Israele ha diritto ad esistere in pace e sicurezza e che gli israeliani si rendessero conto delle condizioni di vita dei palestinesi.

L’umiliazione quotidiana dei posti di blocco, l’erezione di un Muro che oltre a dividere israeliani e palestinesi divide i palestinesi stessi, non aiutano a far germogliare la fiducia tra le parti. Neanche i continui attacchi terroristici contro civili inermi aiutano gli israeliani a compatire le sofferenze dei propri vicini.

LA ROAD MAP: TRE FASI PER PORTARE LA PACE IN MEDIO ORIENTE Nonostante gli attentati degli ultimi mesi, il Quartetto (Usa, Russia, Ue,

Onu) ha presentato la Road Map agli israeliani e ai palestinesi, tenendo così fede all’impegno di pubblicarla dopo l’insediamento del nuovo governo palestinese. Lo sceicco Yassin, leader spirituale di Hamas, aveva bocciato senza appello il nuovo progetto di pace, definendolo “un piano per liquidare la causa palestinese”.

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Capitolo 5

Emblematica è stata la consegna del documento: l’ambasciatore Usa in

Israele, Dan Kurtzer, l’ha consegnato ad Ariel Sharon, gli inviati in Medio Oriente di Onu, Unione Europea e Russia ad Abu Mazen. Fuori dai giochi Yasser Arafat.

Il nuovo piano di pace è composto da tre fasi ed ha come fini ultimi la costituzione di uno stato palestinese entro il 2005 e la fine del conflitto arabo-israeliano-palestinese. Ma se le parti dimostreranno di assolvere più rapidamente ai loro compiti in ogni fase, nulla impedirà che il futuro Stato palestinese, e con esso la pace, possa nascere in anticipo. Ma il cammino è tutto in salita. Le fasi del nuovo progetto di pace sono le seguenti:

Prima fase: fine del terrore e della violenza, normalizzazione

della vita dei palestinesi e riconoscimento reciproco

In questa prima fase, i palestinesi dovranno riconoscere inequivocabilmente il diritto di Israele a esistere in pace e sicurezza, e dovranno di conseguenza fermare il terrorismo. L’Autorità palestinese dovrà quindi cominciare a stroncare tutti i gruppi che si prefiggono come obiettivo il terrorismo contro Israele. Dovranno inoltre riformare la struttura delle loro istituzioni, con l’elaborazione di un progetto di Costituzione, fondato su una democrazia parlamentare forte e un Gabinetto formato da un primo ministro dotato di ampi poteri. Dovranno poi svolgersi elezioni libere, aperte e giuste. In cambio, Israele deve prendere tutte quelle disposizioni necessarie per contribuire alla normalizzazione della vita dei palestinesi. Per cominciare dovrà rinunciare a tutte quelle azioni che minano la fiducia reciproca, specialmente gli attacchi alla popolazione civile e la confisca e/o la distruzione di case e beni dei palestinesi. Si dovrà dunque ritirare dalle aree autonome dei territori occupati dal 28 settembre 2000 (data di inizio della seconda Intifada), dovrà smantellare le colonie costruite dal marzo 2001 e affermare nei fatti il suo impegno alla costituzione di uno Stato palestinese.

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Capitolo 5 Seconda fase: la transizione

Esaurita la prima fase, questa seconda fase dovrà cominciare solo dopo le elezioni palestinesi. Ha come obiettivo la costituzione di uno Stato palestinese con confini provvisori, basato su una nuova Costituzione. La verifica di queste riforme istituzionali palestinesi sarà compito del Quartetto. Se il giudizio sarà positivo, lo Stato palestinese sarà ammesso nell’Onu. Infine sarà costituita una Conferenza Internazionale per la riapertura del dialogo anche tra Israele, Siria e Libano. Saranno dunque ripresi i negoziati sulle questioni che investono l’intera regione: risorse idriche, rifugiati, sicurezza.

Terza fase: fine del conflitto israelo-palestinese

La terza ed ultima fase si svolgerà nell’arco di due anni, tra il 2004 e il 2005, ed ha come obiettivo la stabilizzazione delle istituzioni palestinesi e la fine del conflitto israelo-palestinese. Sarà promossa una seconda Conferenza Internazionale, nella quale saranno affrontate le questioni più spinose: i confini definitivi, lo status di Gerusalemme, la sorte dei profughi palestinesi e degli insediamenti israeliani.

LE RISERVE ISRAELIANE ALLA ROAD MAP

• La sicurezza e la calma devono essere le condizioni per l’avvio e il proseguimento del processo di pace. Gli attentati palestinesi devono terminare e l’Autorità Nazionale palestinese deve smantellare i gruppi terroristici e porre fine alla violenza. Queste iniziative si dovranno svolgere durante la prima fase della Road Map, che prevede la fine degli attentati palestinesi.

• Il rispetto scrupoloso di tutte le disposizioni della Road Map sarà la conditio sine qua non per il passaggio da una fase all’altra, a cominciare dalla necessità di una fine globale della violenza.

• Una nuova leadership dovrà emergere nel seno dell’Autorità palestinese attraverso le riforme delle sue strutture.

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Capitolo 5

• Il meccanismo di controllo della messa in atto del piano dovrà essere sotto

la direzione esclusiva degli Stati Uniti.

• Lo Stato provvisorio palestinese, previsto nella seconda fase, sarà definito da negoziati tra Anp e Israele. Questo Stato provvisorio sarà totalmente smilitarizzato e il controllo dei suoi confini e del suo spazio aereo sarà di esclusiva competenza israeliana.

• Questo Stato dovrà proclamare formalmente il diritto di Israele ad esistere e dovrà rinunciare al “diritto al ritorno” dei rifugiati delle guerre del 1948 e del 1967.

• L’ultima fase del processo di pace porterà sia alla fine del conflitto israelo-palestinese, che alla fine di tutte le eventuali future rivendicazioni.

• L’accordo finale sarà raggiunto da un processo negoziale tra le parti, conformemente alla visione espressa da Bush il 24 giugno 2002.

• Nei primi tempi non saranno discusse le sorti di Gerusalemme e quelle delle colonie israeliane, tranne lo smantellamento delle colonie “selvagge” create negli ultimi tre anni. Israele incoraggerà il processo di riforma delle Istituzioni palestinesi.

• Il ritiro delle truppe israeliane dalle loro posizioni, acquisite dopo lo scoppio della seconda Intifada, dipenderà dal mantenimento della pace da parte dei palestinesi. Israele incoraggerà la ripresa economica dei palestinesi compatibilmente con le sue esigenze di sicurezza.

• Gli Stati Arabi devono condannare il terrorismo, ma non sarà stabilito alcun legame di dipendenza tra il regolamento del conflitto israelo-palestinese e le negoziazioni concernenti gli altri contenziosi, come quelli con la Siria e il Libano.

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Capitolo 6

Le opinioni dei principali attori sulla scena internazionale

I CONTRARI AL MURO :

Nazioni Unite

Il 22 ottobre 2003, con 144 voti favorevoli, 4 contrari e 12 astensioni, l’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato una risoluzione di condanna del Muro che Israele sta costruendo in Cisgiordania. Si incoraggia Israele a “porre termine alla costruzione della barriera difensiva nei territori palestinesi occupati, perché contraria

alle leggi internazionali”. Tuttavia la risoluzione, non essendo vincolante, non impedisce al governo Sharon di continuare i lavori.

“La costruzione del muro fra Israele e Cisgiordania viola la legge

internazionale e potrebbe danneggiare le prospettive di pace a lungo termine”. Lo ha scritto il segretario generale dell’Onu Kofi Annan in un rapporto all’Assemblea generale, diffuso il 29 novembre 2003. “L’aver posto gran parte della struttura sui territori palestinesi occupati potrebbe pregiudicare futuri negoziati. […] Nel corso del processo della Road Map, quando ogni parte dovrebbe compiere gesti di buona volontà per la costruzione della fiducia, la barriera in via di realizzazione in Cisgiordania non può essere vista che come un atto profondamente controproducente”, scrive Annan. Il segretario generale delle Nazioni Unite precisa che Israele ha il dovere di difendersi dagli attacchi terroristici, ma ha anche il dovere di far in modo che tutte le misure adottate a tal fine non siano “in contraddizione con la legge internazionale”.

Nel settembre scorso, le Nazioni Unite hanno presentato un documento che

denuncia l’illegalità del muro. Nel rapporto si sottolinea che 210mila palestinesi

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Capitolo 6

residenti nell’area tra il muro e lo Stato di Israele potrebbero essere completamente tagliati fuori dai servizi sociali, dalle scuole e dai posti di lavoro.

Stati Uniti

Nell’incontro avuto il 29 giugno 2003 con i vertici israeliani, il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense, Condoleeza Rice, ha avuto un duro confronto con il premier israeliano Ariel Sharon riguardo la costruzione del muro lungo la Cisgiordania. Secondo la Rice, la costruzione di

questo muro rappresenta in realtà la volontà di Israele di stabilire unilateralmente un confine politico con il futuro Stato di Palestina. “L’amministrazione - ha detto la Rice a Sharon – ritiene inopportuno il muro che state costruendo perché può essere visto come un tentativo di stabilire un confine politico. Anche se comprendiamo che è una difesa contro il terrorismo, tuttavia potrebbe essere letto anche come una scelta politica”.

Ferma è stat la risposta alle critiche statunitensi del ministro delle Finanze israeliano, Netanyhau: “Il muro è assolutamente necessario per ostacolare l’ingresso in Israele degli attentatori palestinesi”.

Nel corso dell’incontro avuto alla Casa Bianca con il primo ministro

palestinese Abu Mazen il 25 luglio 203, George W. Bush ha definito il muro “un problema”. Queste le sue parole: “E’ difficile che ci sia mai fiducia tra palestinesi e israeliani con un muro che attraversa la Cisgiordania”.

Il 26 novembre 2003 gli Stati uniti hanno annunciato che dedurranno

dall’anno prossimo “$289.5 million from $9 billion package of loan guarantees for Israel”. La conferma di questo provvedimento è venuta dall’ambasciatore di Israele a Washington. L’ambasciata ha dichiarato, tramite un breve comunicato, che Israele accetta il fatto che gli Stati uniti non vedano di buon occhio alcune nostre politiche nella Giudea, nella Samaria e nella Striscia di Gaza.

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Capitolo 6

Croce Rossa

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr) ha affermato lo scorso 18 febbraio che il muro in costruzione da parte di Israele in Cisgiordania è, nella sua forma attuale, una violazione del diritto umanitario internazionale.

“L’opinione del Cicr è che il muro in Cisgiordania, fintanto che il suo percorso devia dalla “Linea verde” verso i territori occupati, è contraria alla legge umanitaria internazionale”, ha

detto il Comitato con un comunicato dalla sede di Ginevra. Giovanni Paolo II

Nell’Angelus domenicale del 16 novembre 2003, Giovanni Paolo II ha parlato del muro che Israele sta erigendo in Terra Santa. Queste le parole del Papa: “Rinnovo la mia ferma condanna per ogni azione terroristica compiuta, in questi ultimi tempi, in Terra Santa. Debbo al tempo stesso rivelare che, purtroppo, in quei luoghi il

dinamismo della pace sembra essersi fermato. La costruzione di un muro tra il popolo israeliano e quello palestinese è

vista da molti come un nuovo ostacolo sulla strada verso una pacifica convivenza. In realtà non di muri ha bisogno la Terra Santa, ma di ponti. Senza riconciliazione degli animi, non ci può essere pace.

I responsabili abbiano il coraggio di riprendere il dialogo e il negoziato, liberando così la strada verso un Medio Oriente riconciliato nella giustizia e nella pace”.

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Capitolo 6

“L’altro Likud”

All’interno del partito di Ariel Sharon non mancano esponenti contrari alla costruzione del muro perché questo potrebbe costituire in futuro il confine tra lo Stato palestinese e quello ebraico, svanendo così il sogno del grande Israele. Inoltre, molti degli insediamenti israeliani risulterebbero

esterni alla protezione muraria e perciò indifendibili. Israeliani al confine

Molti israeliani, che vivono nella zona limitrofa alla costruzione, sono fortemente preoccupati perché, a loro avviso, la muraglia di difesa porterà ad un deterioramento delle relazioni con la vicina popolazione araba. Il segretario del kibbutz “Metzer”, Doron Liber, in

un’intervista al quotidiano “Haaretz” non ha nascosto i suoi dubbi. Shimon Peres (Nobel per la pace e Presidente dei Laburisti Israeliani)

In un’intervista, pubblicata sul quotidiano “La Repubblica” il 6 luglio 2003, il Premio Nobel per la pace, Shimon Peres, ha dichiarato che “la creazione di un muro fra israeliani e palestinesi complica le cose e causa un problema permanente. Così come è stato progettato, includendo porzioni palestinesi, sembra un’annessione”.

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Capitolo 6

Naomi Chazan (parlamentare del Meretz, sinistra sionista)

Naomi Chazan, una delle promotrici dell’ac-cordo di Ginevra, intervistata l’11 novembre 2003 da “L’Unità”, ha dichiarato: ”Nessuno mette in dubbio la necessità e il dovere di lottare contro quei gruppi che hanno come obiettivo la destabilizzazione e come pratica la violenza più cieca. Ma nello specifico del conflitto israelo-palestinese, la concezione di lotta al terrorismo che anima Sharon e la destra oltranzista si è rivelata del tutto fallimentare. Perché Sharon non

ha realizzato il muro sui confini del 1967? Che necessità aveva di incunearsi per decine di chilometri nel cuore della Cisgiordania, requisendo terra palestinese, dividendo villaggi, frantumando il territorio?”.

Yael Dayan (ex parlamentare laburista, scrittrice, figlia del generale Mosche Dayan)

In un’intervista rilasciata al quotidiano “L’Unità” il 26 ottobre 2003, Yael Dayan non si è dichiarata pregiudizialmente contraria alla realizzazione del muro. Ha però poi aggiunto che “il muro congegnato dalla destra porta con sé una connotazione politica che ne stravolge il significato originario. Decidendo di inglobare buona parte degli insediamenti, Sharon compie di fatto un’annessione dei territori occupati. La sicurezza non c’entra nulla con l’attuale configurazione della barriera, che nel piano

originario sostenuto dal labour, doveva realizzarsi lungo i confini del 1967”.

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Capitolo 6

Yasser Arafat (presidente dell’Anp)

Il 23 febbraio 2004, il primo giorno di udienze alla Corte dell’Aja, il presidente palestinese Yasser Arafat ha dichiarato in un discorso radiotelevisivo che “il muro che Israele sta costruendo in Cisgiordania mira a impedire ai palestinesi di creare il proprio Stato”.

Nabil Shaat (ministro degli esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese)

In un’intervista concessa al quotidiano “L’Unità” lo scorso 14 febbraio, Mabil Shaath ha affermato che “il Muro non è un mezzo di difesa ma un’annessione, un’attacco”. Ha poi aggiunto: “Definire difensivo un Muro costruito da Israele all’interno del territorio palestinese è un’offesa perché se si costruiscono recinzioni nel giardino del vicino, non è una difesa, è un’annessione, è

un’offesa. Quel Muro uccide la pace e non fermerà il terrorismo suicida, che invece

trova alimento nell’aggressione continua al popolo palestinese; bloccarne la costruzione non è un favore fatto ai palestinesi, ma è il passaggio obbligato per scongiurare una crisi regionale che potrebbe avere gravi effetti destabilizzanti non solo per il Medio Oriente”.

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Capitolo 6

Comitato italiano di appoggio all’Accordo di Ginevra

“Il Comitato Italiano di Appoggio all’Accordo di Ginevra non può che esprimere verso il muro una posizione nettamente critica. La costruzione di un muro è sempre un fatto negativo, perché è il contrario dei ponti che devono essere costruiti tra i contendenti, anche se non possono certo essere

ignorati i problemi di sicurezza esistenti. Ma l’elemento essenziale di disaccordo con questo progetto è la scelta del

governo israeliano di includere nel suo percorso parti consistenti di aree palestinesi, al di là dei confini del ’67, con la creazione di nuovi fatti compiuti, che possono diventare annessioni de facto, che renderanno ancora più difficile arrivare alla pace.

Poiché l’Accordo di Ginevra ha tra le sue scelte qualificanti quella di prendere a base i confini del ’67, salvo possibili scambi territoriali, nella proporzione di 1:1, tra aree palestinesi della Cisgiordania e aree israeliane nella zona di Gaza, il Comitato Italiano di Appoggio non può che esprimere contrarietà a questo”.

I FAVOREVOLI AL MURO :

Ariel Sharon (primo ministro israeliano)

“La barriera è solo un mezzo in più per la

nostra lotta contro il terrore”, ha dichiarato il premier israeliano in un’intervista al “Washington Post” lo scorso novembre. “Non è una barriera politica, né servirà a stabilire le nostre frontiere future”.

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Capitolo 6

Elie Diesel (sopravvissuto ad Auschwitz e Premio Nobel per la pace)

In un’intervista al “Corriere della Sera” del 16 novembre 2003, Elie Diesel si è dichiarato favorevole alla costruzione di un muro tra israeliani e palestinesi. “Al contrario del terrorismo, la separazione non ha causato la morte di nessuno e semmai ha salvato tante vite. Questo è il suo obiettivo”.

Avraham B. Yehoshua

Lo scrittore pacifista israeliano, Avraham B. Yehoshua, autore di innumerevoli studi sulla convivenza tra israeliani e palestinesi, è un sostenitore della costruzione di un muro che serva da frontiera tra i due popoli. Secondo lo scrittore pacifista, Israele deve però abbandonare tutti gli insediamenti in Cisgiordania, perché rappresentano “un vero insulto ai palestinesi”. (“La Stampa”, 29 giugno 2003).

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Capitolo 6 David Grossman

“Il Muro riflette il bisogno degli israeliani di sentirsi sicuri e protetti da una solida barriera. Ma riflette anche il comportamento di Israele, che impone o cerca di imporre soluzioni con la forza e non con il dialogo. Un confine tra noi e i palestinesi deve nascere da un accordo e non da un’imposizione”. (“La Repubblica”, 13 agosto 2003).

Ehul Gol (ambasciatore di Israele in Italia)

L’ambasciatore di Israele in Italia, in un suo articolo pubblicato su “Il Messaggero” lo scorso 13 febbraio, scrive che il suo Paese “per compiere passi verso la pace bisogna che si senta al sicuro, occorre che le madri israeliane non abbiano più l’angoscia di salutare i propri figli sul bus della scuola, senza sapere se li rivedranno tornare la sera. Proprio per evitare questo continuo stillicidio di sangue innocente - prosegue Gol – Israele è costretto a dotarsi di una barriera difensiva. Non un Muro, ma una barriera antiterrorismo. E i

risultati ottenuti con la prima parte della barriera già realizzata ci danno ragione. In un anno gli attentati suicidi sono praticamente dimezzati”.

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CRONOLOGIA Capitolo 7

Accade oggi: i fatti salienti di un anno di Muro

22 OTTOBRE 2003: l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite condanna il Muro di Israele

Con 144 voti favorevoli, 4 contrari (Usa, Israele, Micronesia e Isole Marshall) e 12 astensioni, l’Assemblea Generale dell’Onu approva una risoluzione di condanna del muro che Israele sta erigendo lungo, e dentro, la Cisgiordania. A Israele viene chiesto di “porre termine alla costruzione del muro nei territori occupati palestinesi perché contraria alle leggi internazionali”. Tuttavia la risoluzione, non essendo vincolante, non impedirà al governo Sharon di continuare i lavori per la costruzione del muro. Ma è soprattutto grazie al veto posto dagli Stati Uniti nel Consiglio di Sicurezza a un altro testo di condanna sul muro che Israele può continuare ad erigere ciò che i palestinesi chiamano il “muro dell’apartheid”.

23 OTTOBRE 2003: Le reazioni alla condanna dell’ONU del muro di Israele

L’ambasciatore dello stato ebraico all’Onu, Dany Gilerman, ha definito “ipocrita” la decisione di ieri dell’Assemblea Generale. “I Paesi che hanno votato a favore hanno mostrato di essere molto più preoccupati dai tentativi di Israele di difendersi dal terrorismo, che non dal terrorismo praticato contro di noi dai palestinesi”. L’ambasciatore di Israele in Italia ha dichiarato che “per l’ennesima volta l’arena dell’Onu è stata oggetto del terrorismo e dei ricatti del modo arabo”. L’ex leader del partito laburista israeliano Amram Mizna, uno degli artefici degli Accordi di Ginevra, ha affermato di essere molto preoccupato dell’isolamento internazionale del suo paese, causato dalla “politica militare del governo Sharon”. Le reazioni palestinesi esprimono soddisfazione per la risoluzione approvata a larghissima maggioranza dall’Onu.

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Capitolo 7 CRONOLOGIA 26 OTTOBRE 2003: Sharon sfida l’Onu, presto un nuovo Muro. Un deputato di estrema destra chiede la pena di morte per i promotori degli “Accordi di Ginevra”.

In un’intervista televisiva Ariel Sharon ha annunciato che Israele sta progettando la costruzione di un altro muro lungo la valle del Giordano. “Il tracciato è in via di progettazione - esclama il premier – e appena sarà completato verrà presentato al governo”. Questa decisone viene dopo quella presa all’inizio di ottobre di costruire un secondo tracciato di muro, separato da quello principale, lungo 5 insediamenti ebraici in Cisgiordania: Ariel, Beit Arieh-Elkana, Nili-Naaleh, Gush Etzion-Efrat e Yatir-Sussia. Ma soprattutto viene dopo la risoluzione di condanna dell’Onu del 22 ottobre. Ma Ariel Sharon, forte del silenzio assenso degli Stati Uniti, non ha nemmeno preso in considerazione l’ipotesi di far correre il muro lungo la Linea Verde, come prevedeva il progetto originario del partito laburista. Infatti, nella stessa intervista televisiva nella quale ha annunciato il progetto di un nuovo muro, Sharon ha dichiarato che “Ariel - colonia ebraica in Cisgiordania che conta 18mila abitanti – farà sempre parte dello Stato di Israele”. I destinatari di questa affermazione sono due: in primo luogo l’Onu, facendo capire che Israele non ha alcuna intenzione di evacuare gli insediamenti in Cisgiordania, e in secondo luogo gli artefici degli Accordi di Ginevra, che avevano progettato lo smantellamento di Ariel. Ma ben più duro è stato il commento di un deputato di estrema destra, Shaul Yahalom, sugli Accordi di Ginevra: “Chiedo la pena di morte per i promotori del Patto”.

La reazione palestinese al nuovo progetto israeliano di costruire un nuovo muro lungo la valle del Giordano non si è fatta attendere. “Questo progetto -afferma Saeb Erekat - non ha nulla a che vedere con la sicurezza di Israele, ma mira a trasformare le nostre città e villaggi in una grande prigione. Il vero scopo di questo muro è di annettere altre terre palestinesi, di controllare le nostre riserve idriche e di distruggere la nostra economia”. L’organizzazione non governativa “Osservatorio palestinese” ha calcolato che Israele dall’inizio della seconda Intifada ha sradicato più di 2000 ulivi, e se si considera che l’economia della Cisgiordania si basa per il 60% sugli uliveti, si può ben calcolare il danno.

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CRONOLOGIA Capitolo 7

7 NOVEMBRE 2003: Sharon a Roma

Durante la sua visita ufficiale in Italia, il premier israeliano Ariel Sharon ha prima incontrato il Presidente della Camera dei deputati, Casini, e subito dopo il Presidente del Senato, Pera. Nei colloqui, Sharon ha ribadito che “il muro è solo uno strumento difensivo di israele contro i terroristi e non è uno strumento politico”. Il Presidente del Senato, Pera, riferendosi alla stampa, ha dichiarato: “Io prendo atto che la costruzione di questo muro ha evitato il compiersi di tanti attentati che erano stati programmati”.

Fonti diplomatiche israeliane ribadiscono che al momento l’Italia rappresenta per lo Stato ebraico il “miglior amico in Europa”.

Ranaan Gissin, portavoce di Sharon, ha annunciato i temi che saranno trattati nell’incontro con Berlusconi: “Alla luce di quello che sta succedendo, è chiaro che per noi l’antisemitismo sarà il tema centrale, e non dubitiamo che in Italia troveremo ascolto più che in altri Stati, perché Berlusconi ha preso una posizione chiara e ferma contro l’antisemitismo e il terrorismo”.

11 NOVEMBRE 2003: “Haaretz” rivela il tracciato del muro lungo Gerusalemme

Secondo il quotidiano israeliano “Haaretz” , la barriera difensiva che il governo Sharon sta erigendo lungo e dentro la Cisgiordania avvolgerà la città di Gerusalemme. Per inglobare la città santa degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani, Israele ingloberà sul versante occidentale del muro il popoloso insediamento Maaleh Adumin. Alla fine dei lavori circa 200 000 palestinesi di Gerusalemme est si troveranno separati dai connazionali in Cisgiordania.

Emma Udwin, portavoce del commissario per le relazioni esterne dell’Ue Chris Patten, ha dichiarato di “riconoscere il diritto di Israele difendersi, ma il percorso attuale del muro è preoccupante, perché non è solo in territorio israeliano”. Inoltre, secondo un rapporto dell’Unrwa, l’esercito israeliano ha distrutto nei territori palestinesi più di 2100 abitazioni.

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Capitolo 7 CRONOLOGIA

1 DICEMBRE 2003: Firma degli Accordi di Ginevra

3 DICEMBRE 2003: Ancora critiche contro il Muro

I Ministri degli Esteri del Mediterraneo, a Napoli per la conferenza di Euromed, sotto la presidenza di turno italiana, criticano la costruzione del Muro da parte di Israele, che viene definito un errore che non aiuta la ripresa del dialogo tra israeliani e palestinesi. Questa posizione è ribadita anche nella bozza delle conclusioni della presidenza italiana sul dibattito politico che ha tenuto banco ieri sera alla cena dei ministri degli Esteri. Infatti, nella bozza del documento finale predisposta dalla presidenza italiana, si sottolineano “le forti preoccupazioni per il tracciato delineato da Israele” per il muro che dovrebbe sorgere in Cisgiordania. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha infine dichiarato: “La posizione dell’Ue sul muro che sta costruendo Israele è nota. Tel Aviv non deve costruirlo nei territori palestinesi, ma è evidente che le ragioni di sicurezza di Israele sono fondamentali”.

9 DICEMBRE 2003: Il Muro di Israele sotto osservazione della Corte dell’Aja

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha chiesto alla Corte penale Internazionale di aprire una pratica sul muro che Israele sta costruendo in Cisgiordania. La decisione è frutto del voto di una risoluzione, presentata dalla delegazione palestinese, approvata dall’Assemblea Generale con 90 voti a favore, 8 contrari (Israele, Usa, Australia, Etiopia, le isole del Pacifico di Nauri, Marshall, Micronesia e Palau), 74 astensioni, tra cui quella dei Paesi dell’Unione Europea, rappresentati dalla presidenza di turno italiana. La convocazione urgente dell’Assemblea generale era stata chiesta dai Paesi arabi dopo le ultime dichiarazioni di Annan, che condannavano la costruzione della “barriera di sicurezza”, perché causa dell’isolamento di alcuni villaggi palestinesi. La risposta di Israele non si è fatta attendere: “Questo è un tentativo di delegittimare il diritto del popolo ebraico di avere uno Stato ebraico in grado di difendersi”, denuncia Ranaan Gissin, portavoce del primo ministro Ariel Sharon.

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CRONOLOGIA Capitolo 7

10 DICEMBRE 2003:

Il governo di Ariel Sharon ha approvato nuovi stanziamenti per il rapido completamento del muro di separazione con la Cisgiordania. Altri 380 milioni di shekel - equivalenti a circa 70 milioni di euro - per completare il tratto fra Kfar Salem (Afula) e Tirat Zvl (Valle del Giordano), che costeggia la Cisgiordania settentrionale ed è lungo circa 50 chilometri.

15 GENNAIO 2004:

Israele ha accelerato la costruzione della barriera di sicurezza attorno a Gerusalemme: il tracciato dovrebbe essere completato entro sei mesi. Da tre giorni gli operai stanno lavorando senza sosta per innalzare un muro di cemento alto 8 metri, che separerà la città dal villaggio palestinese di Abu Dis.

16 GENNAIO 2004:

L’Alta Corte Israeliana ha previsto un’udienza entro un mese per discutere a proposito della legittimità della barriera che Israele sta costruendo in Cisgiordania.

17 GENNAIO 2004:

Il Ministro degli Esteri israeliano, Silvan Shalom, apre alla possibilità di cambiare il tracciato del muro di separazione in costruzione in Cisgiordania. Shalom lo ha detto alla televisione dello Stato ebraico, affermando che questo potrebbe avvenire se un accordo con i palestinesi lo richiedesse.

18 GENNAIO 2004:

Il premier israeliano Ariel Sharon si accinge a modificare il tracciato del muro lungo la Cisgiordania. Secondo la stampa, Israele rinuncia in Cisgiordania ad alcune enclave, che avrebbero annesso al suo territorio migliaia di contadini palestinesi. L’obiettivo di Sharon è di ridurre le critiche internazionali verso quello che i palestinesi definiscono “un muro

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Capitolo 7 CRONOLOGIA

di apartheid”, in vista del dibattito alla Corte Internazionale di giustizia dell’Aja.

Israele comunque contesterà la competenza della Corte dell’Aja di pronunciarsi sulla legittimità del Muro. Una decisione in questo senso è emersa in una consultazione che il premier ha avuto con un gruppo di ministri. Israele intende informare il tribunale dell’Aja di questa sua posizione con una lettera in cui spiegherà i motivi che l’hanno indotto a decidere la costruzione della barriera.

21 GENNAIO 2004:

Nella seduta di oggi , la Knesset ha respinto le proposte presentate da tre parlamentari dell’opposizione per un percorso alternativo del muro che Israele sta edificando nei territori della Cisgiordania. Un rappresentante dell’estrema sinistra, Ran Cohen, aveva chiesto di spostare il muro sulla linea di confine stabilita nel 1967. Sullo stesso principio si fondavano le altre due richieste. Tutte e tre le proposte sono state bocciate.

26 GENNAIO 2004:

Il ministro degli Esteri irlandese, Brian Cowen, parlando in veste di presidente di turno dell’Ue, ha dichiarato che l’Ue sta riflettendo sulla possibilità di presentare un parere comune alla Corte di Giustizia Internazionale, circa l’illegalità del muro che gli israeliani stanno costruendo sul territorio palestinese.

31 GENNAIO 2004:

Le autorità israeliane e palestinesi hanno presentato ieri alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Onu le proprie argomentazioni scritte sulla “barriera di difesa” in Cisgiordania. Il governo di Ariel Sharon ha ribadito che i magistrati non hanno giurisdizione in materia, mentre i palestinesi hanno affermato che ogni costruzione su un territorio occupato va considerata illegale. La sentenza non sarà vincolante, ma israeliani e palestinesi hanno investito molte risorse nella vicenda, compreso l’arruolamento di consulenti legali di alto profilo, perché l’esito avrà influenza sull’opinione pubblica internazionale. Un quarto della struttura

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CRONOLOGIA Capitolo 7

(750 chilometri di trincee, recinti, filo spinato) è già stato realizzato. [Corriere della Sera]

2 FEBBRAIO 2004:

Israele ha chiesto agli Stati uniti di rinviare la pubblicazione del rapporto annuale del dipartimento di Stato sulle violazioni dei diritti umani, per timore che possa essere usato nel dibattito sul “muro” alla corte di giustizia dell’Aja, il prossimo 23 febbraio.

12 FEBBRAIO 2004:

Il governo israeliano ha deciso di boicottare l’audizione della Corte Internazionale di Giustizia, investita dall’Onu di esprimere un parere sulla legalità della barriera difensiva che Israele sta costruendo sui territori palestinesi in Cisgiordania.

22 FEBBRAIO 2004: Israele abbatte 8 chilometri di Muro

Israele ha iniziato oggi a demolire una piccola parte del discusso muro in Cisgiordania. Proprio il giorno successivo la Corte Mondiale discuterà della legittimità del muro stesso, ma il ministro degli Esteri israeliano, Silvan Shalom, ha dichiarato a Radio Israele che “non c’è una connessione tra le due cose”. I lavori di rimozione, di circa otto chilometri sono nei pressi dei villaggi di Baka al-Sharqiya e Zelta.

23 FEBBRAIO 2004: Il Muro di Israele davanti alla corte dell’Aja 1° MARZO 2004:

La Corte Suprema israeliana ha ordinato la sospensione per una settimana dei lavori in un tratto della barriera di sicurezza che il governo sta costruendo attorno a Gerusalemme, in risposta ai ricorsi presentati da cittadini israeliani e da abitanti dei villaggi palestinesi: è la zona di Bidu, dove pochi giorni prima due palestinesi erano stati uccisi in scontri con la polizia. Fino alla sentenza, i giudici hanno congelato la costruzione e

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Capitolo 7 CRONOLOGIA

chiesto alle autorità militari di verificare se sia possibile cambiare il tracciato per ridurre i disagi.

4 MAGGIO 2004:

La Corte Suprema di Gerusalemme ha sospeso la costruzione di un tratto di 60 chilometri del Muro di separazione con la Cisgiordania. Lo ha reso noto martedì 4 maggio il quotidiano israeliano “Maariv”. Il giornale precisa che problemi di carattere legale, per ora irrisolti, impediscono il completamento di un tratto di reticolato fra la colonia di Elkana e la periferia nord di Gerusalemme. I giudici hanno detto ai responsabili militari incaricati della costruzione che la risoluzione degli impedimenti legali potrebbe richiedere mesi. In questo periodo, nota “Maariv”, l’esercito potrà completare i lavori, ma tenendo a mente che poi la Corte Suprema potrebbe ordinare la loro distruzione. Il giornale aggiunge che la decisione dei giudici è stata accolta con grande malumore dai vertici militari israeliani, secondo i quali ogni ritardo nel completamento del Muro “rischia di costare vite umane”, perché attraverso i tratti ancora aperti potrebbero infilarsi cellule terroristiche palestinesi.

30 GIUGNO 2004 L’Alta Corte Israeliana: « Il tracciato del Muro è da rivedere »

9 LUGLIO 2004: « La Corte dell’Aja: il Muro di Israele è illegale! »

11 LUGLIO 2004: Sharon respinge il giudizio dell’Aja sul Muro 21 LUGLIO 2004:

L’Assemblea Generale dell’Onu chiede a Israele di abbattere il Muro

L'Assemblea Generale dell'Onu ha chiesto ad Israele di obbedire alla decisione della Corte internazionale di Giustizia e abbattere la sua barriera in Cisgiordania. Israele ha però già fatto sapere che la costruzione del Muro andrà avanti. "Israele non fermerà la costruzione o rinuncerà al suo

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CRONOLOGIA Capitolo 7

diritto inalienabile di autodifesa", ha detto Raanan Gissin, consigliere del primo ministro Ariel Sharon.

A votare "no" sono stati Stati Uniti, Israele, Australia e gli stati delle isole del Pacifico Marshall Islands, Micronesia e Palau. Si sono astenuti Canada, Camerun, El Salvador, Nauru, Papua Nuova Guinea, le isole Solomon, Tonga, Uganda, Uruguay e Vanuatu. Tutti e 25 i paesi dell'Unione europea hanno votato a favore della misura pro-palestinesi.

La risoluzione, che non è vincolante contrariamente a quelle del Consiglio di Sicurezza, chiede ad Israele di fare proprio il parere, anch'esso non vincolante, espresso il 9 luglio dalla Corte Internazionale di Gustizia dell'Aja, secondo la quale la costruzione di una barriera di separazione all'interno e intorno alla Cisgiordania è illegale.

La risoluzione, presentata dalla Giordania, chiede inoltre al segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, di aprire un registro con tutti i danni causati dalla barriera di sicurezza.

Il documento approvato in serata chiede infine a israeliani e palestinesi di mettere immediatamente in cantiere i rispettivi obblighi definiti dalla Road Map (tra cui arginare il terrorismo da parte dell'Autorità Nazionale Palestinese), in vista della nascita di uno Stato palestinese accanto ad Israele. (Reuters, Repubblica, Ansa, CdS)

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Capitolo 8

Il Muro di Israele davanti alla Corte dell’Aja

Il 23 febbraio 2004, la Corte Penale Internazionale dell’Aja apre la pratica relativa al “Muro della discordia”. A chiederlo è l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La risoluzione presentata dalla delegazione palestinese è passata con 90 voti a favore, 8 contrari (Israele, Usa, Australia, Etiopia, le Isole del Pacifico di Nauri, Marshall, Micronesia e Palau), 74 astensioni, tra cui quelle dei Paesi dell’Unione Europea, rappresentati dalla presidenza di turno italiana. La convocazione urgente dell’Assemblea Generale era stata chiesta dai Paesi Arabi dopo che il Segretario Generale dell’Onu, Kofi Annan, aveva dichiarato che la costruzione della “barriera di sicurezza”, che in alcuni punti entra in Cisgiordania isolando completamente villaggi palestinesi, stava causando seri problemi alla popolazione locale. Annan, insistendo sul fatto che Israele ha il diritto di difendersi dal terrorismo, ha ricordato che lo Stato ebraico è tenuto a farlo nel rispetto delle leggi internazionali. La Corte Internazionale di Giustizia, che ha sede all’Aja, in Olanda, non è obbligata ad esprimere un parere sulla questione, ma Nasser al-Kidwa, l’osservatore palestinese presso l’Onu, non ha dubbi sul fatto che « la Corte deciderà di pronunciarsi su questa delicata materia ».

Durissima è la reazione del governo di Gerusalemme al pronunciamento

dell’Assemblea Generale dell’Onu: « Questo è un tentativo di delegittimare il diritto del popolo ebraico di avere uno Stato in grado di difendersi », denuncia Ranaan Gissin, portavoce del primo ministro Ariel Sharon. « Quella messa in atto da Israele », spiega Dan Gillerman, ambasciatore dello Stato ebraico all’Onu, è « una misura temporanea e non violenta per proteggere il popolo israeliano dagli attacchi terroristici. Se non ci fosse Arafat - taglia corto Gillerman - non ci sarebbe il Muro ». Nonostante la condanna politica, Israele non intende boicottare il lavoro della Corte Internazionale dell’Aja, ma accetterà di partecipare al giudizio, sostenendo che la decisione di innalzare la barriera di separazione è basata sul diritto all’autodifesa.

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Capitolo 8

Questa linea di condotta è stata messa a punto dal premier Sharon durante

una riunione con il Ministro degli Esteri, Silvan Shalom, poche ore prima del pronunciamento dell’Assemblea Generale. Alla rabbia d’Israele fa da contraltare la soddisfazione dei palestinesi. « Ci felicitiamo per questa decisione, che rappresenta una vittoria per il diritto, che avviene dopo l’adozione da parte dell’Onu nella risoluzione della Road Map (il Tracciato di pace del Quartetto Usa-Onu-Ue-Russia) », recita un comunicato ufficiale dell’Autorità Nazionale Palestinese. « Si tratta - rimarca ancora la nota dell’Anp - di un messaggio della comunità internazionale che chiede a Israele di bloccare la costruzione del Muro e le aggressioni ».

A spiegare la ragioni dell’astensione decisa dai Paesi dell’Unione Europea,

è, in qualità di rappresentante della presidenza italiana, l’ambasciatore d’Italia all’Onu, Marcello Spatafora. Tramite Spatafora, l’Ue si è detta particolarmente preoccupata per il percorso che sta seguendo la barriera all’interno della Cisgiordania. « Il distacco dalla demarcazione della “Linea Verde” rischia di pregiudicare i negoziati futuri e rendere fisicamente impossibile realizzare la soluzione di due Stati », sottolinea il rappresentante italiano. « Il percorso del “Muro” », prosegue l’ambasciatore, « arrecherà ulteriori disagi umanitari ai palestinesi: migliaia di essi, che vivono a ovest della nuova linea, saranno tagliati fuori dai servizi essenziali della Cisgiordania, mentre quelli ad est perderanno l’accesso alla loro terra e alle risorse idriche. In tale contesto, - ha aggiunto Spatafora -, nella dichiarazione di voto, l’Ue è “allarmata” per la designazione dello spazio tra il muro e la Linea Verde come “zona militare chiusa”. Tuttavia l’Unione Europea ritiene che la richiesta di un parere da parte della Corte internazionale di Giustizia dell’Aja non aiuterà gli sforzi delle due parti a rilanciare un dialogo politico ed è quindi inopportuna. Per questo motivo l’Ue si è astenuta ».

Ma il “Muro della discordia” rischia di dividere anche il governo israeliano.

« Il tracciato che è stato approvato è troppo lungo, troppo costoso, non è accettabile da parte degli Stati Uniti e rischia di isolarci dalla comunità internazionale », osserva preoccupato Yosef Lapid, vice premier e leader del partito laico-centrista Shinui, terza forza politica d’Israele. (L’Unità)

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Capitolo 8

IL PARERE DELLA CORTE SUPREMA ISRAELIANA Il 30 giugno 2004 la Corte Suprema Israeliana ha stabilito che vengano

effettuate delle modifiche sul percorso della criticata barriera che Israele sta costruendo in Cisgiordania, allo scopo di ridurre le privazioni dei palestinesi che vivono nella zona.

La sentenza della Corte - cui si erano rivolte le autorità della cittadina di

Beit Surik - riguarda un tratto di 30 chilometri dalla parte del Muro, lunga 40 chilometri, contestata dal consiglio municipale della città cisgiordana. « Questo tracciato ha creato tali sofferenze alla popolazione locale che lo Stato deve trovare un’alternativa, che forse garantirà meno sicurezza, ma danneggerà anche meno la popolazione locale. Questi percorsi alternativi esistono », recita la sentenza pronunciata da Aharon Barak, Ellahu Mazza e Mishael Cheshin. La Corte aveva congelato i lavori di costruzione del Muro nel mese di marzo scorso.

L’importante decisione giunge prima di un altro fondamentale verdetto, quello del 9 luglio, che la Corte Internazionale di Giustizia pronuncia su richiesta delle nazioni Unite per esaminare la legalità della barriera. Israele sostiene che la barriera aiuta a tenere lontani gli attentatori suicidi palestinesi. I palestinesi invece la definiscono un’appropriazione indebita dei territori che gli israeliani vorrebbero per costituire il loro Stato futuro.

Israeliani in appoggio ai palestinesi

La comunità di Navasseret, insediamento israeliano, ha appoggiato con una lettera i ricorsi presentati dai palestinesi del paesino confinante di Belt Surik, ai quali, come ad oltre 32000 persone, la costruzione del Muro ha provocato la confisca dei beni. Nella lettera si legge che « il Muro, va bene, serve a proteggerci, ma non deve togliere terre e lavoro ai palestinesi. Lasciare nella disperazione una popolazione non serve, non è strategico e ci procurerà solo altro odio e altra violenza ».

Israele ridisegnerà il percorso

Israele ha annunciato che ridisegnerà parte del percorso della sua controversa barriera in Cisgiordania, dopo la decisione della Corte Suprema

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Capitolo 8

Israeliana; verranno effettuate delle modifiche per ridurre i disagi per i

palestinesi che vivono nella zona. « Il riposizionamento di queste sezioni sarà basato sui principi dettati dalla Corte Suprema, tenuto conto dell’equilibrio tra le considerazioni di sicurezza e umanitarie », ha detto il ministero della Difesa in una nota.

IN ATTESA DAVANTI A UN MURO

Il 9 luglio scorso la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, su richiesta

delle Nazioni Unite, si è pronunciata sul Muro. Il 30 giugno e il 1 luglio, l’Alta Corte di Giustizia di Israele aveva emesso

due sentenze che obbligano il tracciato del Muro di sicurezza a rispettare i diritti della popolazione civile palestinese.

E sembra quasi che i giudici di Tel Aviv abbiamo preparato la strada ai colleghi che hanno poi emesso la sentenza Onu.

« Questo tracciato ha creato tali sofferenze alla popolazione locale che lo

Stato deve trovare un'alternativa, che forse garantirà meno sicurezza ma danneggerà anche meno la popolazione locale. Questi percorsi alternativi esistono ».

Per bocca del Presidente Aharon Barak, coadiuvato dai consiglieri Eliahu Mazza e Mishael Cheshin, l'Alta Corte di Giustizia d'Israele, il 30 giugno scorso, ha ordinato di cambiare il tracciato di una parte del Muro che gli israeliani stanno costruendo da due anni a questa parte per separare lo Stato ebraico dai Territori Occupati. La sentenza, che si riferisce ad un tratto della barriera di separazione lunga 30 chilometri a nord ovest di Gerusalemme, arriva in risposta ad una petizione presentata all'organo supremo della giurisdizione israeliana dal consiglio di una decina di villaggi palestinesi. Lamentavano danni irreparabili ai terreni di loro proprietà, attraversati dal percorso del Muro. La comunità palestinese interessata dal provvedimento è di 35mila persone, la cui vita sarebbe stata sconvolta dai lavori per edificare il muro.

« Il tracciato distrugge il delicato equilibrio tra gli obblighi del comando militare di preservare la sicurezza » ha continuato il giudice Barak nella sen-

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Capitolo 8

tenza, « e il suo dovere di provvedere ai bisogni degli abitanti locali in modo severo ed acuto mentre viola i loro diritti tutelati dalla legge ».

« Questa è una decisione molto importante, coraggiosa », ha dichiarato ai

cronisti assiepati sulle scale del palazzo dell'Alta Corte Mohammed Dahla, avvocato dei palestinesi che presentavano la petizione, « sicuramente stabilisce un precedente ». L’avvocato Dahla è stato buon profeta: il giorno dopo infatti, 1 luglio 2004, la Corte ha emesso una sentenza uguale rispetto ad un'altra petizione presentata da 66 palestinesi. I giudici hanno bloccato la costruzione di un tratto di Muro lungo 1 chilometro a sud di Gerusalemme, nei pressi dell'insediamento ebraico di Har Hama. Gli arabi vivono nella località di Nuaman che sarebbe rimasta intrappolata dal sbagliato del Muro, lontano dalla Cisgiordania.

« Questa sentenza è più importante di quella della corte dell’Aja », ha dichiarato Dahla, « perché è esecutiva. Conferma quello che sosteniamo dal primo giorno di questa vicenda: la costruzione del Muro è illegale. C’è un altro modo di farlo, senza violare i diritti della popolazione civile palestinese ».

Molti osservatori hanno notato una perlomeno curiosa coincidenza di tempi.

Il governo Sharon ha reso pubblico il suo progetto di costruire una barriera di sicurezza che proteggesse i cittadini israeliani dagli attentati suicidi nel

luglio del 2002. Il tracciato definitivo sarà lungo 700 chilometri e, in molti punti, sconfina in quello che dovrebbe essere il futuro stato palestinese. Per gli arabi diventa subito il Muro della vergogna, la barriera razzista che punta a fare dell'eventuale Stato di Palestina una serie frammentata di villaggi imprigionati dal Muro.

Nasce subito un movimento che si oppone alla costruzione del Muro, composto da israeliani e palestinesi, appoggiati da associazioni e intellettuali di tutto il mondo. Dopo due anni, proprio alla vigilia della sentenza della corte dell'Aja , il cui giudizio è stato ufficialmente ignorato dal governo Sharon che non riconosce l'autorità della Corte in quanto la stessa è preposta a risolvere le controversie tra Stati, cosa che la Palestina ancora non è.

Resta il dato di fatto di una sentenza molto importante, che per la prima

volta rompe una solida certezza del governo d'Israele: la sicurezza nazionale ha la priorità su qualunque altro aspetto. Quindi l'espropriazione delle terre dei Palestinesi, i nuclei familiari separati, gli ulivi abbattuti e la separazione forzata

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Capitolo 8

di migliaia di persone dai posti di lavoro, dalle scuole, dagli ospedali e dai

campi era accettabile in nome dell'interesse nazionale. La Corte con queste due sentenze ha ricordato a politici e militari di Tel Aviv che il rispetto dei diritti umani non è una scelta, ma un obbligo.

Il governo di Sharon incassa il colpo e cerca di reagire. Gilad Erdan, deputato del partito di governo Likud, ha presentato una proposta di legge per fare della barriera di sicurezza un ‘progetto nazionale prioritario’, qualifica che toglierebbe all'Alta Corte il potere di giudicare in materia. Nel frattempo, le associazioni che si battono per i diritti dei palestinesi, esultano. Nella convinzione che queste decisioni facciano da battistrada per l’abbattimento del Muro a quella dei giudici dell'Aja.

« L'Alta Corte ha preso una decisione molto importante. Il terrorismo non si

ferma con muri e barriere, ma dando ai Palestinesi uno Stato indipendente. L'ottusa poitica del governo e dei militari riesce a esprimere solo tank e bulldozer che distruggono la vita di centinaia di migliaia di Palestinesi ». Uri Avnery, membro di Gush Shalom, una delle organizzazioni che si battono contro le violazioni che il Muro comporta commenta così le sentenze.

« Se il Muro dev'essere costruito, bisogna farlo rispettando i limiti della Linea Verde (la divisione tra Israele e Territori Occupati sancita dalle Nazioni Unite), senza deviazioni di sorta », aggiunge Avnery, "l'aspetto più importante di questa vicenda è che Israele viene richiamata a rispettare le leggi della comunità internazionale di cui fa parte ».

Chi sembra non toccato dall’entusiasmo degli attivisti è l'Autorità

Palestinese. L'unico a parlare è stato Saab Erekat, capo negoziatore con Israele. « Noi cerchiamo la fine di questa aggressione nella sua interezza e in tutto il territorio palestinese », ha dichiarato Erekat, « non c'interessano i piccoli aggiustamenti che Israele, nella sua unilaterale magnanimità, vorrà concederci ».

La Corte Internazionale di Giustizia si pronuncierà il 9 luglio prossimo. Il suo sarà solo un parere consultivo, ma se la sua sentenza fosse sfavorevole a Israele, potrebbe aumentare l'isolamento di Sharon a livello internazionale. La quasi totalità dei Paesi, compresi gli alleati storici di Washington, ha infatti già condannato la costruzione del Muro.

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Capitolo 8

L'attesa è cominciata, ma sarà sicuramente meno lunga e dolorosa di quella

che ogni giorno aspetta i Palestinesi, la cui vita è ormai scandita dall'apertura e dalla chiusura di un cancello. Come in carcere.

IL MURO VIENE DICHIARATO ILLEGALE La Corte di Giustizia Internazionale dell’Aja, massimo organo giudiziario

dell’Onu, ha emesso una sentenza di condanna della costruzione del Muro perché in violazione della legge internazionale, stabilendo anche che il governo israeliano dovrà smantellare questa struttura.

Secondo i documenti elaborati dalla Corte, chiamata a pronunciarsi con una

risoluzione approvata lo scorso dicembre dall’Assemblea Generale dell’Onu, si dovranno pagare dei risarcimenti ai palestinesi le cui proprietà sono state confiscate per permettere la costruzione del Muro. Nel documento, la Corte contesta la tesi difensiva di Israele, cioè che il Muro venga costruito per ragioni di autodifesa dagli attacchi terroristici.

« Il Muro - si legge ancora nel documento - insieme con il percorso scelto,

viola in modo grave una serie di diritti dei palestinesi che vivono nei territori occupati dagli israeliani. Violazioni che non possono essere giustificate da esigenze militari o richieste per la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico ». E si conclude parlando di « violazioni da parte di Israele di diversi obblighi di applicazione delle leggi umanitarie e dei diritti umani » .

La Corte si è anche difesa dalle accuse rivoltegli dal Governo israeliano che

ha contestato la sua giurisdizione sulla questione, difendendo la sua autorità e affermando di avere giurisdizione sul caso attraverso una lunga analisi storica e legale della situazione a Gaza e in Cisgiordania. Mentre non è stata contestata la costruzione di barriere difensive all’interno della Linea Verde, cioè il confine israeliano prima del 1967.

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Capitolo 8

LE REAZIONI DEL MONDO POLITICO Il Ministro degli Esteri israeliano :

« Non si è assolutamente tenuto conto del terrorismo palestinese, si parla solo degli effetti ma non della causa » ha detto il portavoce Yonatan Peled dell’agenzia Dpa. « Non ci aspettavamo una sentenza positiva per noi e quindi non siamo sorpresi - ha aggiunto - ma non bisogna dimenticare che si tratta di un parere consultivo e non di un verdetto ». (Haaretz)

Il Ministro della Giustizia israeliano Lapid :

Ha dichiarato : « Non seguiremo le indicazioni della Corte dell’Aja sul Muro ». Israele rispetterà piuttosto le sentenze della propria corte suprema. « Abbiamo le disposizioni sulla barriera di sicurezza dalla nostra Alta Corte : seguiremo quelle decisioni e non quelle della Corte dell’Aja, che è formata da paesi europei che certo non possono essere accusati di essere sostenitori a oltranza di Israele », ha detto Lapid. (Reuters)

Arafat :

« E’ una vittoria per il popolo palestinese e per tutti i popoli liberi del mondo », ha detto il leader palestinese, commentando da Ramallah il parere consultivo della Corte dell’Aja sulla barriera di sicurezza israeliana. (AdnKronos)

Gli Stati Uniti :

Confermano la loro linea giudicando “inappropriato” il parere della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja sulla liceità del Muro israeliano. A ribadirlo è stato il portavoce della Casa Bianca, Scott McClellan. « Noi pensiamo che non sia appropriato esaminare tale questione in questo ambito, si tratta di una questione politica », ha spiegato McClellan, facendo eco a quella che è la posizione ufficiale israeliana, ma anche a quello che è il parere dell’Unione Europea. La Corte ha tuttavia stabilito di avere piena giurisdizione in materia, dato che « ogni questione legale ha anche una aspetto politico ». (Ansa)

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Capitolo 8 La Commisione Europea :

Ha rivolto un appello a Israele affinché rimuova il Muro dai territori, « compreso il tratto dentro e attorno Gerusalemme Est ». Lo ha reso noto il portavoce Jean-Cristophe Fllori. Per l’Unione Europea « l’allontanamento dal tracciato del Muro dalla Linea Verde rappresenta un serio motivo di scontro e rende praticamente impossibile la soluzione di due stati indipendenti ». (CdS)

Il Ministro Frattini :

« Se ci avvitiamo solamente sul Muro ho l’impressione che il problema si inasprisca ». Questo il commento del Ministro degli Esteri Franco Frattini sulla pronuncia della Corte Internazionale dell’Aja sul Muro realizzato da Israele.

« Quella parte di Muro che invade il territorio palestinese - ha sottolineato il ministro - sicuramente non aiuta il dialogo. Lo abbiamo detto con chiarezza agli israeliani che quello è un tracciato da rivedere. Lo ha detto del resto anche la Suprema Corte Israeliana, non soltanto noi. Altra cosa è il principio di una sicurezza di Israele che, all’interno del proprio territorio, credo possa effettivamente organizzarsi come meglio crede. Il problema è che il Muro assume un simbolismo politico che sicuramente non aiuta né da un lato, né dall’altro ».

« Quindi noi temevamo - ha proseguito Frattini - che, dopo la sentenza della Corte di Giustizia dell’Aja, la reazione sarebbe stata esattamente quella di questi giorni. Inasprisce l’una e l’altra parte. Ecco perché non solo l’Italia ma anche l’Europa, avevano detto che non è con decisioni giuridiche che si risolvono i nodo politici ». Secondo Frattini però « Europa e Italia non possono fare niente. Occorre impegnarsi per favorire l’effettività e il successo del ritiro da Gaza » . (La Repubblica)

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Capitolo 8

SHARON RESPINGE IL GIUDIZIO DELL’AJA

Il 10 luglio 2004, all’indomani della sentenza che dichiara illegale il Muro

in Cisgiordania, il primo ministro israeliano Ariel Sharon ha respinto la decisione della Corte Internazionale di Giustizia come parziale e politicamente motivata.

Nel suo primo commento pubblico dalla risoluzione non vincolante emessa

dalla Corte, Sharon ha detto che l’attentato palestinese del 10 luglio a Tel Aviv, rivendicato dal gruppo palestinese delle Brigate Martiri di Al-Aqsa, che ha ucciso una donna, è il primo attacco realizzato « sotto gli auspici della decisione ».

« Voglio chiarire che lo Stato di Israele respinge assolutamente la decisone

della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja », ha detto Sharon. « E’ una decisione parziale e politicamente motivata ». Sharon ha aggiunto che la decisione dell’organismo dell’Onu « ignora completamente le ragioni della costruzione della struttura di sicurezza, che è il terrorismo palestinese. Continuare a costruire la barriera - ha spiegato - è la misura più ragionevole da prendere contro questo terrorismo criminale ».

Intanto il Segretario Generale dell’Onu, Kofi Annan, ha suggerito che

Israele dovrebbe accettare la decisone della Corte. « Penso che la decisone sia chiara », ha detto ai giornalisti.

« Mentre accettiamo che il Governo di Israele si impegni a proteggere i suoi cittadini, qualsiasi azione deve essere presa in conformità con la legge internazionale e deve rispettare gli interessi dei palestinesi e degli israeliani ». Ha poi aggiunto che « il rapporto sarà dato all’Assemblea Generale dell’Onu e non voglio pregiudicare quello che deciderà ». (Reuters, Ansa)

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Capitolo 8

SCRITTE SUL MURO

La Corte Internazionale di Giustizia ha emesso la sentenza sulla liceità del

Muro che Israele sta costruendo nei Territori Occupati. Ed è una sentenza di condanna. Forse la politica riuscirà a renderla inefficace, ma è stato sancito un diritto fondamentale: non esistono motivi di sicurezza che giustifichino la violazione dei diritti umani.

« Un'israeliana è stata assassinata da terroristi palestinesi criminali. L'assassinio di oggi è il primo sotto il patrocinio del parere della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja ».

Non usa giri di parole Ariel Sharon, primo ministro d'Israele, per far capire

come la pensa sulla sentenza che il massimo organo di giustizia delle Nazioni Unite per risolvere le controversie tra Stati ha reso pubblica il 9 luglio scorso, su richiesta dell’Assemblea delle Nazioni Unite.

Il premier israeliano si riferisce al sergente Maayam Nayim, di 19 anni, unica vittima dell'attentato compiuto a Tel Aviv domenica 11 luglio, quando una bomba è esplosa all'alba vicino ad una stazione degli autobus. Ma il messaggio è chiaramente diretto alle Nazioni Unite. « Voglio chiarire che lo Stato d'Israele assolutamente respinge questa decisione » ha dichiarato Sharon, « e' una deliberazione a senso unico e politicamente motivata. E' un messaggio che incoraggia il terrorismo ».

« Israele deve conformarsi al diritto internazionale » gli ribatte Kofi Annan,

segretario generale delle Nazioni Unite, « e quindi accettare la sentenza della Corte dell'Aja che ha giudicato illegale il Muro. Ritengo che la decisione della Corte sia chiara. Se accettiamo che il governo d'Israele abbia la responsabilità, anzi il dovere di difendere i suoi cittadini, qualsiasi azione Israele intraprenda dev'essere conforme alla legge internazionale e rispettare gli interessi dei Palestinesi. Israele in quanto potenza occupante – ha concluso Annan - è responsabile del benessere dei Palestinesi ».

Israele ha scelto dall’inizio della vicenda (esattamente l'8 dicembre del

2003, quando l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite hanno chiesto il parere alla Corte) di non riconoscere la competenza stessa delle Corte. Per il governo di Tel Aviv quell'organo è preposto a dirimere controversie tra Stati e, la

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Capitolo 8

Palestina, ancora non lo è. La sentenza è stata dura verso Israele, che non ha presenziato alle udienze, ma l'accusa principale che viene mossa ai giudici dell'Aja e di non aver tenuto conto della situazione generale. Yoni Peled, portavoce del ministro degli Esteri d'Israele, ha dichiarato che « i giudici hanno mancato di affrontare l’essenza del problema: se non ci fosse il terrorismo non ci sarebbe la barriera ».

I politici israeliani, però, non sono gli unici a ritenere la Corte non competente in materia. « La Corte Internazionale di Giustizia non è il foro appropriato ad affrontare il caso del Muro israeliano, perché quello è un discorso politico. Dovrebbe essere risolto nell'ambito della Road Map » ha dichiarato Scott McClellan, portavoce della Casa Bianca, ricordando che gli Stati Uniti non erano d'accordo dall’inizio a rivolgersi alla Corte dell'Aja, ma stranamente non avevano fatto nulla per impedire che questo accadesse.

« Il Muro israeliano rappresenta una confisca del territorio palestinese », ha

dichiarato invece Javier Solana, Alto rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera. La stessa Commissione Europea, prima ancora che la sentenza fosse resa nota, aveva chiesto lo smantellamento della barriera israeliana. Den Bot, presidente di turno dell'Unione, ha annunciato che la sentenza sarà al centro del prossimo vertice dei ministri degli Esteri dei Paesi membri.

Scontata la gioia dell’Autorità Palestinese. « Questa è una vittoria per il

popolo palestinese e per tutti i popoli liberi del mondo », ha commentato Yasser Arafat, presidente dell'Anp. « Salutiamo la storica decisione della Corte dell’Aja », gli ha fatto eco Abu Ala, primo ministro palestinese, « grazie a Dio, la Corte ha detto al mondo che questo muro è illegale ».

Ora la parola torna all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e al

Consiglio di Sicurezza, ma non si può non considerare che il parere della Corte è meramente consultivo, non ha potere vincolante. Il reale peso della sentenza è politico. Una forma di pressione che alla fine, come hanno dimostrato le sentenze della Corte Suprema d’Israele, il Paese non potrà ignorare in eterno.

« La Corte dell'Aja aveva in passato deluso parecchio per la sua estrema cautela », scriveva giorni fa Antonio Cassese, uno dei massimi esperti italiani in materia, « clamoroso il caso del 1996 sull'uso e la minaccia delle armi nucleari dove, per salvare capra e cavoli, aveva finito per creare ulteriore confusione in materia, sempre preoccupata di ossequiare la sovranità dei singoli Stati. I giudici

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Capitolo 8

hanno avuto anzitutto il merito di respingere l'accusa d'Israele rispetto alla loro competenza in un controversia politica in corso. Hanno sottolineato che in ultima istanza, anche i negoziati politici, debbono rispettare i valori fondamentali del diritto internazionale ».

Secondo Cassese, « la Corte si è distanziata anche dalle decisioni della Corte Suprema israeliana, che cercava di bilanciare le esigenze di sicurezza dello Stato d'Israele con le esigenze umanitarie d'Israele. La Corte ha invece affermato che le norme internazionali applicabili in materia dei diritti umani non ammettono deroghe basate su esigenze militari o di sicurezza ».

Quindi, nei fatti, della sentenza della Corte dell'Aja, resta il risultato di aver ribadito un principio sacrosanto: nessuna esigenza di sicurezza può passare sui diritti inalienabili degli esseri umani. La politica farà il suo corso ma, in questo senso, il 9 luglio non è stato un giorno come gli altri. Particolarmente di questi tempi.

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Allegato

Gli Accordi di Ginevra

LA FIRMA DEGLI ACCORDI

Primo dicembre 2003: la pace passa per Ginevra

Si riuniscono a Ginevra le delegazioni israeliane e palestinesi per firmare il “Patto” che al momento rappresenta l’unica speranza di pace in medio Oriente. In Iraq il dopoguerra si sta rivelando assai più difficile della guerra e la Road Map, il piano di pace elaborato dal Quartetto, non è mai partita. Poi il vertice di Aqaba, nel quale Bush, Sharon, e l’ex premier palestinese Abu Mazen hanno lanciato l’idea che qualcosa stesse cambiando. Purtroppo, quando si tratta di Medio Oriente, tutto è possibile, anche se sembra impossibile, e ciò che si crede impossibile, è assai più probabile che succeda. Le dimissioni di Abu Mazen hanno sancito lo stallo nel quale versavano le trattative tra israeliani e palestinesi. Abu Mazen si è dimesso perché Arafat, nel tentativo disperato di mantenere il suo posto, non lo ha mai facilitato, ma anche perché Sharon non ha fatto quelle concessioni che avrebbero permesso ad Abu Mazen di conquistare l’opinione pubblica. Il nuovo premier Abu Ala non ha ancora visto Sharon, anche se l’incontro è stato più volte annunciato.

Dopo tre anni di Intifada, c’è però qualcuno che ha continuato a credere

nella pace e a coltivarla. Si sono organizzati centinaia di incontri nei quali gruppi di esperti di ambo le parti si sono confrontati, anche assai aspramente, sui punti cruciali del conflitto israelo-palestinese. Il frutto di questi negoziati non andrà ad interferire con l’Accordo di Ginevra, che sarà firmato questo pomeriggio dagli stessi artefici.

Il Presidente della Commissione Europea, Prodi, ha invitato a Bruxelles i

firmatari dell’accordo di pace firmato a Ginevra. L’accordo è stato siglato da esponenti moderati israeliani e palestinesi. « La vostra presenza - afferma Prodi –

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Allegato

porta un senso di speranza. La Road Map, la coesistenza fra due Stati sovrani che vivano in pace, è e riamane la nostra scelta ».

2 dicembre 2003: lo “spirito di Ginevra”

“La pace è possibile, basta volerla”. Questo è il messaggio di pace che è stato lanciato a Ginevra, dove esponenti politici, intellettuali e artisti israeliani e palestinesi si sono incontrati per firmare un patto di pace parallelo alla Road Map. « Non è retorica », esclama Rabbo dal palco. « La prova è che siamo qui » gli fa eco Beilin. L’accordo di Ginevra non è un esercizio intellettuale, ma un vero e proprio accordo di pace, che contempla tutti i punti nodali del conflitto israelo-palestinese. Proprio quello che non fa la Road Map, che come tutte le proposte di pace elaborate dalla Comunità Internazionale, rinvia sempre a decisioni più delicate. Ma non per questo i promotori dell’Accordo di Ginevra vogliono sostituire il loro Patto con il piano del Quartetto. Rabbo, Beilin, Oz e tutti coloro che hanno partecipato all’iniziativa hanno voluto soprattutto dimostrare al mondo che la pace in Medio Oriente è possibile. Ora c’è solo da augurarsi che gli Stati Uniti, l’Unione Europea, l’Onu e la Russia raccolgano i frutti dell’accordo per rilanciare i negoziati.

Il governo israeliano critica Powell All’indomani della firma dell’Accordo di Ginevra il governo israeliano

critica duramente il segretario americano, Colin Powell, colpevole di aver organizzato un incontro con i firmatari dell’accordo di pace: l’israeliano Yossi Beilin e il palestinese Yasser Abed Rabbo.

« Powell fa un errore », ha dichiarato il vice premier israeliano, Ehud

Olmert. « Penso che l’Incontro sia utile al processo di pace. E’ un passo scorretto di un alto rappresentante dell’Amministrazione americana », ha aggiunto Olmert, sempre nella stessa intervista a Radio Israele. « Sono certo dell’amicizia nei confronti di Israele, ma metterei in dubbio la sua posizione su questo tema ».

La Santa Sede e gli Accordi di Ginevra L’Osservatore Romano plaude al piano di pace firmato il primo dicembre a

Ginevra da politici e artisti palestinesi e israeliani. « Di fronte alle violenze che sconvolgono il mondo e che in alcuni casi possono sembrare inarrestabili, non ci

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Allegato

si deve abituare allo scontro come metodo di risoluzione, ma si può e si deve continuare a credere nella forza del dialogo. Lo hanno ricordato in questi giorni i promotori dell’Iniziativa di Ginevra, il piano di pace informale, firmato in Svizzera da personalità israeliane e palestinesi senza un incarico nei rispettivi governi ». Con queste parole l’organo ufficiale della Santa Sede ha riportato le notizie di speranza che sono giunte dalla capitale svizzera.

IL TESTO UFFICIALE DEGLI ACCORDI DI GINEVRA Quello che segue è il testo integrale degli Accordi di Ginevra. Viene

riportato prima l’originale in inglese, pubblicato in esclusiva dal giornale israeliano “Haaretz”, in quanto solo questa è considerata la versione ufficiale del documento sulla quale sono state apposte le firme dalle delegazioni israeliana e palestinese. Tuttavia, per una maggiore comprensibilità del testo, al termine del suddetto documento segue la traduzione italiana.

Draft Permanent Status Agreement

Preamble The State of Israel (hereinafter "Israel") and the Palestine Liberation Organization (hereinafter "PLO"), the representative of the Palestinian people (hereinafter the "Parties"): Reaffirming their determination to put an end to decades of confrontation and conflict, and to live in peaceful coexistence, mutual dignity and security based on a just, lasting, and comprehensive peace and achieving historic reconciliation; Recognizing that peace requires the transition from the logic of war and confrontation to the logic of peace and cooperation, and that acts and words characteristic of the state of war are neither appropriate nor acceptable in the era of peace; Affirming their deep belief that the logic of peace requires compromise, and that the only viable solution is a two-state solution based on UNSC Resolution 242 and 338; Affirming that this agreement marks the recognition of the right of the Jewish people to statehood and the recognition of the right of the Palestinian people to statehood, without prejudice to the equal rights of the Parties' respective citizens;

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Allegato

Recognizing that after years of living in mutual fear and insecurity, both peoples need to enter an era of peace, security and stability, entailing all necessary actions by the parties to guarantee the realization of this era; Recognizing each other's right to peaceful and secure existence within secure and recognized boundaries free from threats or acts of force; Determined to establish relations based on cooperation and the commitment to live side by side as good neighbors aiming both separately and jointly to contribute to the well-being of their peoples; Reaffirming their obligation to conduct themselves in conformity with the norms of international law and the Charter of the United Nations; Confirming that this Agreement is concluded within the framework of the Middle East peace process initiated in Madrid in October 1991, the Declaration of Principles of September 13, 1993, the subsequent agreements including the Interim Agreement of September 1995, the Wye River Memorandum of October 1998 and the Sharm El-Sheikh Memorandum of September 4, 1999, and the permanent status negotiations including the Camp David Summit of July 2000, the Clinton Ideas of December 2000, and the Taba Negotiations of January 2001; Reiterating their commitment to United Nations Security Council Resolutions 242, 338 and 1397 and confirming their understanding that this Agreement is based on, will lead to, and - by its fulfillment - will constitute the full implementation of these resolutions and to the settlement of the Israeli-Palestinian conflict in all its aspects; Declaring that this Agreement constitutes the realization of the permanent status peace component envisaged in President Bush's speech of June 24, 2002 and in the Quartet Roadmap process; Declaring that this Agreement marks the historic reconciliation between the Palestinians and Israelis, and paves the way to reconciliation between the Arab World and Israel and the establishment of normal, peaceful relations between the Arab states and Israel in accordance with the relevant clauses of the Beirut Arab League Resolution of March 28, 2002; and Resolved to pursue the goal of attaining a comprehensive regional peace, thus contributing to stability, security, development and prosperity throughout the region; Have agreed on the following:

Article 1 - Purpose of the Permanent Status Agreement

1. The Permanent Status Agreement (hereinafter "this Agreement") ends the era of conflict and ushers in a new era based on peace, cooperation, and good neighborly relations between the Parties. 2. The implementation of this Agreement will settle all the claims of the Parties arising from events occurring prior to its signature. No further claims related to events prior to this Agreement may be raised by either Party.

Article 2 - Relations between the Parties 1. The state of Israel shall recognize the state of Palestine (hereinafter "Palestine") upon its establishment. The state of Palestine shall immediately recognize the state of Israel.

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Allegato

2. The state of Palestine shall be the successor to the PLO with all its rights and obligations. 3. Israel and Palestine shall immediately establish full diplomatic and consular relations with each other and will exchange resident Ambassadors, within one month of their mutual recognition. 4. The Parties recognize Palestine and Israel as the homelands of their respective peoples. The Parties are committed not to interfere in each other's internal affairs. 5. This Agreement supercedes all prior agreements between the Parties. 6. Without prejudice to the commitments undertaken by them in this Agreement, relations between Israel and Palestine shall be based upon the provisions of the Charter of the United Nations. 7. With a view to the advancement of the relations between the two States and peoples, Palestine and Israel shall cooperate in areas of common interest. These shall include, but are not limited to, dialogue between their legislatures and state institutions, cooperation between their appropriate local authorities, promotion of non-governmental civil society cooperation, and joint programs and exchange in the areas of culture, media, youth, science, education, environment, health, agriculture, tourism, and crime prevention. The Israeli-Palestinian Cooperation Committee will oversee this cooperation in accordance with Article 8. 8. The Parties shall cooperate in areas of joint economic interest, to best realize the human potential of their respective peoples. In this regard, they will work bilaterally, regionally, and with the international community to maximize the benefit of peace to the broadest cross-section of their respective populations. Relevant standing bodies shall be established by the Parties to this effect. 9. The Parties shall establish robust modalities for security cooperation, and engage in a comprehensive and uninterrupted effort to end terrorism and violence directed against each others persons, property, institutions or territory. This effort shall continue at all times, and shall be insulated from any possible crises and other aspects of the Parties' relations. 10. Israel and Palestine shall work together and separately with other parties in the region to enhance and promote regional cooperation and coordination in spheres of common interest. 11. The Parties shall establish a ministerial-level Palestinian-Israeli High Steering Committee to guide, monitor, and facilitate the process of implementation of this Agreement, both bilaterally and in accordance with the mechanisms in Article 3 hereunder.

Article 3: Implementation and Verification Group

1. Establishment and Composition (a) An Implementation and Verification Group (IVG) shall hereby be established to facilitate, assist in, guarantee, monitor, and resolve disputes relating to the implementation of this Agreement. (b) The IVG shall include the U.S., the Russian Federation, the EU, the UN, and other parties, both regional and international, to be agreed on by the Parties. (c) The IVG shall work in coordination with the Palestinian-Israeli High Steering Committee established in Article 2/11 above and subsequent to that with the Israeli-Palestinian Cooperation Committee (IPCC) established in Article 8 hereunder.

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Allegato

(d) The structure, procedures, and modalities of the IVG are set forth below and detailed in Annex X. 2. Structure (a) A senior political-level contact group (Contact Group), composed of all the IVG members, shall be the highest authority in the IVG. (b) The Contact Group shall appoint, in consultation with the Parties, a Special Representative who will be the principal executive of the IVG on the ground. The Special Representative shall manage the work of the IVG and maintain constant contact with the Parties, the Palestinian-Israeli High Steering Committee, and the Contact Group. (c) The IVG permanent headquarters and secretariat shall be based in an agreed upon location in Jerusalem. (d) The IVG shall establish its bodies referred to in this Agreement and additional bodies as it deems necessary. These bodies shall be an integral part of and under the authority of the IVG. (e) The Multinational Force (MF) established under Article 5 shall be an integral part of the IVG. The Special Representative shall, subject to the approval of the Parties, appoint the Commander of the MF who shall be responsible for the daily command of the MF. Details relating to the Special Representative and MF Force Commander are set forth in Annex X. (f) The IVG shall establish a dispute settlement mechanism, in accordance with Article 16. 3. Coordination with the Parties A Trilateral Committee composed of the Special Representative and the Palestinian-Israeli High Steering Committee shall be established and shall meet on at least a monthly basis to review the implementation of this Agreement. The Trilateral Committee will convene within 48 hours upon the request of any of the three parties represented. 4. Functions In addition to the functions specified elsewhere in this Agreement, the IVG shall: (a) Take appropriate measures based on the reports it receives from the MF, (b) Assist the Parties in implementing the Agreement and preempt and promptly mediate disputes on the ground. 5. Termination In accordance with the progress in the implementation of this Agreement, and with the fulfillment of the specific mandated functions, the IVG shall terminate its activities in the said spheres. The IVG shall continue to exist unless otherwise agreed by the Parties.

Article 4 – Territory

1. The International Borders between the States of Palestine and Israel (a) In accordance with UNSC Resolution 242 and 338, the border between the states of Palestine and Israel shall be based on the June 4th 1967 lines with reciprocal modifications on a 1:1 basis as set forth in attached Map 1. (b) The Parties recognize the border, as set out in attached Map 1, as the permanent, secure and recognized international boundary between them.

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Allegato

2. Sovereignty and Inviolability (a) The Parties recognize and respect each other's sovereignty, territorial integrity, and political independence, as well as the inviolability of each others territory, including territorial waters, and airspace. They shall respect this inviolability in accordance with this Agreement, the UN Charter, and other rules of international law. (b) The Parties recognize each other's rights in their exclusive economic zones in accordance with international law. 3. Israeli Withdrawal (a) Israel shall withdraw in accordance with Article 5. (b) Palestine shall assume responsibility for the areas from which Israel withdraws. (c) The transfer of authority from Israel to Palestine shall be in accordance with Annex X. (d) The IVG shall monitor, verify, and facilitate the implementation of this Article. 4. Demarcation (a) A Joint Technical Border Commission (Commission) composed of the two Parties shall be established to conduct the technical demarcation of the border in accordance with this Article. The procedures governing the work of this Commission are set forth in Annex X. (b) Any disagreement in the Commission shall be referred to the IVG in accordance with Annex X. (c) The physical demarcation of the international borders shall be completed by the Commission not later than nine months from the date of the entry into force of this Agreement. 5. Settlements (a) The state of Israel shall be responsible for resettling the Israelis residing in Palestinian sovereign territory outside this territory. (b) The resettlement shall be completed according to the schedule stipulated in Article 5. (c) Existing arrangements in the West Bank and Gaza Strip regarding Israeli settlers and settlements, including security, shall remain in force in each of the settlements until the date prescribed in the timetable for the completion of the evacuation of the relevant settlement. (d) Modalities for the assumption of authority over settlements by Palestine are set forth in Annex X. The IVG shall resolve any disputes that may arise during its implementation. (e) Israel shall keep intact the immovable property, infrastructure and facilities in Israeli settlements to be transferred to Palestinian sovereignty. An agreed inventory shall be drawn up by the Parties with the IVG in advance of the completion of the evacuation and in accordance with Annex X. (f) The state of Palestine shall have exclusive title to all land and any buildings, facilities, infrastructure or other property remaining in any of the settlements on the date prescribed in the timetable for the completion of the evacuation of this settlement.

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Allegato

6. Corridor (a) The states of Palestine and Israel shall establish a corridor linking the West Bank and Gaza Strip. This corridor shall: i. Be under Israeli sovereignty. ii. Be permanently open. iii. Be under Palestinian administration in accordance with Annex X of this Agreement. Palestinian law shall apply to persons using and procedures appertaining to the corridor. iv. Not disrupt Israeli transportation and other infrastructural networks, or endanger the environment, public safety or public health. Where necessary, engineering solutions will be sought to avoid such disruptions. v. Allow for the establishment of the necessary infrastructural facilities linking the West Bank and the Gaza Strip. Infrastructural facilities shall be understood to include, inter alia, pipelines, electrical and communications cables, and associated equipment as detailed in Annex X. vi. Not be used in contravention of this Agreement. (b) Defensive barriers shall be established along the corridor and Palestinians shall not enter Israel from this corridor, nor shall Israelis enter Palestine from the corridor. (c) The Parties shall seek the assistance of the international community in securing the financing for the corridor. (d) The IVG shall guarantee the implementation of this Article in accordance with Annex X. (e) Any disputes arising between the Parties from the operation of the corridor shall be resolved in accordance with Article 16. (f) The arrangements set forth in this clause may only be terminated or revised by agreement of both Parties.

Article 5 - Security

1. General Security Provisions (a) The Parties acknowledge that mutual understanding and co-operation in security-related matters will form a significant part of their bilateral relations and will further enhance regional security. Palestine and Israel shall base their security relations on cooperation, mutual trust, good neighborly relations, and the protection of their joint interests. (b) Palestine and Israel each shall: i. Recognize and respect the other's right to live in peace within secure and recognized boundaries free from the threat or acts of war, terrorism and violence; ii. refrain from the threat or use of force against the territorial integrity or political independence of the other and shall settle all disputes between them by peaceful means; iii. refrain from joining, assisting, promoting or co-operating with any coalition, organization or alliance of a military or security character, the objectives or activities of which include launching aggression or other acts of hostility against the other; iv. refrain from organizing, encouraging, or allowing the formation of irregular forces or armed bands, including mercenaries and militias within their respective territory and prevent their establishment. In this respect, any existing irregular forces or armed bands shall be disbanded and prevented from reforming at any future date;

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Allegato

v. refrain from organizing, assisting, allowing, or participating in acts of violence in or against the other or acquiescing in activities directed toward the commission of such acts. (c) To further security cooperation, the Parties shall establish a high level Joint Security Committee that shall meet on at least a monthly basis. The Joint Security Committee shall have a permanent joint office, and may establish such sub-committees as it deems necessary, including sub-committees to immediately resolve localized tensions. 2. Regional Security i. Israel and Palestine shall work together with their neighbors and the international community to build a secure and stable Middle East, free from weapons of mass destruction, both conventional and non-conventional, in the context of a comprehensive, lasting, and stable peace, characterized by reconciliation, goodwill, and the renunciation of the use of force. ii. To this end, the Parties shall work together to establish a regional security regime. 3. Defense Characteristics of the Palestinian State (a) No armed forces, other than as specified in this Agreement, will be deployed or stationed in Palestine. (b) Palestine shall be a non-militarized state, with a strong security force. Accordingly, the limitations on the weapons that may be purchased, owned, or used by the Palestinian Security Force (PSF) or manufactured in Palestine shall be specified in Annex X. Any proposed changes to Annex X shall be considered by a trilateral committee composed of the two Parties and the MF. If no agreement is reached in the trilateral committee, the IVG may make its own recommendations. i. No individuals or organizations in Palestine other than the PSF and the organs of the IVG, including the MF, may purchase, possess, carry or use weapons except as provided by law. (c) The PSF shall: i. Maintain border control; ii. Maintain law-and-order and perform police functions; iii. Perform intelligence and security functions; iv. Prevent terrorism; v. Conduct rescue and emergency missions; and vi. Supplement essential community services when necessary. (d) The MF shall monitor and verify compliance with this clause. 4. Terrorism (a) The Parties reject and condemn terrorism and violence in all its forms and shall pursue public policies accordingly. In addition, the parties shall refrain from actions and policies that are liable to nurture extremism and create conditions conducive to terrorism on either side. (b) The Parties shall take joint and, in their respective territories, unilateral comprehensive and continuous efforts against all aspects of violence and terrorism. These efforts shall include the prevention and preemption of such acts, and the prosecution of their perpetrators. (c) To that end, the Parties shall maintain ongoing consultation, cooperation, and exchange of information between their respective security forces.

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Allegato

(d) A Trilateral Security Committee composed of the two Parties and the United States shall be formed to ensure the implementation of this Article. The Trilateral Security Committee shall develop comprehensive policies and guidelines to fight terrorism and violence. 5. Incitement (a) Without prejudice to freedom of expression and other internationally recognized human rights, Israel and Palestine shall promulgate laws to prevent incitement to irredentism, racism, terrorism and violence and vigorously enforce them. (b) The IVG shall assist the Parties in establishing guidelines for the implementation of this clause, and shall monitor the Parties' adherence thereto. 6. Multinational Force (a) A Multinational Force (MF) shall be established to provide security guarantees to the Parties, act as a deterrent, and oversee the implementation of the relevant provisions of this Agreement. (b) The composition, structure and size of the MF are set forth in Annex X. (c) To perform the functions specified in this Agreement, the MF shall be deployed in the state of Palestine. The MF shall enter into the appropriate Status of Forces Agreement (SOFA) with the state of Palestine. (d) In accordance with this Agreement, and as detailed in Annex X, the MF shall: i. In light of the non-militarized nature of the Palestinian state, protect the territorial integrity of the state of Palestine. ii. Serve as a deterrent against external attacks that could threaten either of the Parties. iii. Deploy observers to areas adjacent to the lines of the Israeli withdrawal during the phases of this withdrawal, in accordance with Annex X. iv. Deploy observers to monitor the territorial and maritime borders of the state of Palestine, as specified in clause 5/13. v. Perform the functions on the Palestinian international border crossings specified in clause 5/12. vi. Perform the functions relating to the early warning stations as specified in clause 5/8. vii. Perform the functions specified in clause 5/3. viii. Perform the functions specified in clause 5/7. ix. Perform the functions specified in Article 10. x. Help in the enforcement of anti-terrorism measures. xi. Help in the training of the PSF. (e) In relation to the above, the MF shall report to and update the IVG in accordance with Annex X.

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Allegato (f) The MF shall only be withdrawn or have its mandate changed by agreement of the Parties.

7. Evacuation (a) Israel shall withdraw all its military and security personnel and equipment, including landmines, and all persons employed to support them, and all military installations from the territory of the state of Palestine, except as otherwise agreed in Annex X, in stages. (b) The staged withdrawals shall commence immediately upon entry into force of this Agreement and shall be made in accordance with the timetable and modalities set forth in Annex X. (c) The stages shall be designed subject to the following principles: i. The need to create immediate clear contiguity and facilitate the early implementation of Palestinian development plans. ii. Israel's capacity to relocate, house and absorb settlers. While costs and inconveniences are inherent in such a process, these shall not be unduly disruptive. iii. The need to construct and operationalize the border between the two states. iv. The introduction and effective functioning of the MF, in particular on the eastern border of the state of Palestine. (d) Accordingly, the withdrawal shall be implemented in the following stages: i. The first stage shall include the areas of the state of Palestine, as defined in Map X, and shall be completed within 9 months. ii. The second and third stages shall include the remainder of the territory of the state of Palestine and shall be completed within 21 months of the end of the first stage. (e) Israel shall complete its withdrawal from the territory of the state of Palestine within 30 months of the entry into force of this Agreement, and in accordance with this Agreement. (f) Israel will maintain a small military presence in the Jordan Valley under the authority of the MF and subject to the MF SOFA as detailed in Annex X for an additional 36 months. The stipulated period may be reviewed by the Parties in the event of relevant regional developments, and may be altered by the Parties' consent. (g) In accordance with Annex X, the MF shall monitor and verify compliance with this clause. 8. Early Warning Stations (a) Israel may maintain two EWS in the northern, and central West Bank at the locations set forth in Annex X. (b) The EWS shall be staffed by the minimal required number of Israeli personnel and shall occupy the minimal amount of land necessary for their operation as set forth in Annex X. (c) Access to the EWS will be guaranteed and escorted by the MF. (d) Internal security of the EWS shall be the responsibility of Israel. The perimeter security of the EWS shall be the responsibility of the MF.

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Allegato

(e) The MF and the PSF shall maintain a liaison presence in the EWS. The MF shall monitor and verify that the EWS is being used for purposes recognized by this Agreement as detailed in Annex X. (f) The arrangements set forth in this Article shall be subject to review in ten years, with any changes to be mutually agreed. Thereafter, there will be five-yearly reviews whereby the arrangements set forth in this Article may be extended by mutual consent. (g) If at any point during the period specified above a regional security regime is established, then the IVG may request that the Parties review whether to continue or revise operational uses for the EWS in light of these developments. Any such change will require the mutual consent of the Parties. 9. Airspace (a) Civil Aviation i. The Parties recognize as applicable to each other the rights, privileges and obligations provided for by the multilateral aviation agreements to which they are both party, particularly by the 1944 Convention on International Civil Aviation (The Chicago Convention) and the 1944 International Air Services Transit Agreement. ii. In addition, the Parties shall, upon entry into force of this Agreement, establish a trilateral committee composed of the two Parties and the IVG to design the most efficient management system for civil aviation, including those relevant aspects of the air traffic control system. In the absence of consensus the IVG may make its own recommendations. (b) Training i. The Israeli Air Force shall be entitled to use the Palestinian sovereign airspace for training purposes in accordance with Annex X, which shall be based on rules pertaining to IAF use of Israeli airspace. ii. The IVG shall monitor and verify compliance with this clause. Either Party may submit a complaint to the IVG whose decision shall be conclusive. iii. The arrangements set forth in this clause shall be subject to review every ten years, and may be altered or terminated by the agreement of both Parties. 10. Electromagnetic Sphere (a) Neither Party's use of the electromagnetic sphere may interfere with the other Party's use. (b) Annex X shall detail arrangements relating to the use of the electromagnetic sphere. (c) The IVG shall monitor and verify the implementation of this clause and Annex X. (d) Any Party may submit a complaint to the IVG whose decision shall be conclusive. 11. Law Enforcement The Israeli and Palestinian law enforcement agencies shall cooperate in combating illicit drug trafficking, illegal trafficking in archaeological artifacts and objects of arts, cross-border crime, including theft and fraud, organized crime, trafficking in women and minors, counterfeiting, pirate TV and radio stations, and other illegal activity. 12. International Border Crossings (a) The following arrangements shall apply to borders crossing between the state of Palestine and Jordan, the

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Allegato

state of Palestine and Egypt, as well as airport and seaport entry points to the state of Palestine. (b) All border crossings shall be monitored by joint teams composed of members of the PSF and the MF. These teams shall prevent the entry into Palestine of any weapons, materials or equipment that are in contravention of the provisions of this Agreement. (c) The MF representatives and the PSF will have, jointly and separately, the authority to block the entry into Palestine of any such items. If at any time a disagreement regarding the entrance of goods or materials arises between the PSF and the MF representatives, the PSF may bring the matter to the IVG, whose binding conclusions shall be rendered within 24 hours. (d) This arrangement shall be reviewed by the IVG after 5 years to determine its continuation, modification or termination. Thereafter, the Palestinian party may request such a review on an annual basis. (e) In passenger terminals, for thirty months, Israel may maintain an unseen presence in a designated on-site facility, to be staffed by members of the MF and Israelis, utilizing appropriate technology. The Israeli side may request that the MF-PSF conduct further inspections and take appropriate action. (f) For the following two years, these arrangements will continue in a specially designated facility in Israel, utilizing appropriate technology. This shall not cause delays beyond the procedures outlined in this clause. (g) In cargo terminals, for thirty months, Israel may maintain an unseen presence in a designated on-site facility, to be staffed by members of the MF and Israelis, utilizing appropriate technology. The Israeli side may request that the MF-PSF conduct further inspections and take appropriate action. If the Israeli side is not satisfied by the MF-PSF action, it may demand that the cargo be detained pending a decision by an MF inspector. The MF inspector's decision shall be binding and final, and shall be rendered within 12 hours of the Israeli complaint. (h) For the following three years, these arrangements will continue from a specially designated facility in Israel, utilizing appropriate technology. This shall not cause delays beyond the timelines outlined in this clause. (i) A high level trilateral committee composed of representatives of Palestine, Israel, and the IVG shall meet regularly to monitor the application of these procedures and correct any irregularities, and may be convened on request. (j) The details of the above are set forth in Annex X. 13. Border Control (a) The PSF shall maintain border control as detailed in Annex X. (b) The MF shall monitor and verify the maintenance of border control by the PSF.

Article 6 - Jerusalem

1. Religious and Cultural Significance: (a) The Parties recognize the universal historic, religious, spiritual, and cultural significance of Jerusalem and its holiness enshrined in Judaism, Christianity, and Islam. In recognition of this status, the Parties reaffirm their commitment to safeguard the character, holiness, and freedom of worship in the city and to respect the existing division of administrative functions and traditional practices between different denominations.

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Allegato

(b) The Parties shall establish an inter-faith body consisting of representatives of the three monotheistic faiths, to act as a consultative body to the Parties on matters related to the city's religious significance and to promote inter-religious understanding and dialogue. The composition, procedures, and modalities for this body are set forth in Annex X. 2. Capital of Two States The Parties shall have their mutually recognized capitals in the areas of Jerusalem under their respective sovereignty. 3. Sovereignty Sovereignty in Jerusalem shall be in accordance with attached Map 2. This shall not prejudice nor be prejudiced by the arrangements set forth below. 4. Border Regime The border regime shall be designed according to the provisions of Article 11, and taking into account the specific needs of Jerusalem (e.g., movement of tourists and intensity of border crossing use including provisions for Jerusalemites) and the provisions of this Article. 5. al-Haram al-Sharif/Temple Mount (Compound) (a) International Group i. An International Group, composed of the IVG and other parties to be agreed upon by the Parties, including members of the Organization of the Islamic Conference (OIC), shall hereby be established to monitor, verify, and assist in the implementation of this clause. ii. For this purpose, the International Group shall establish a Multinational Presence on the Compound, the composition, structure, mandate and functions of which are set forth in Annex X. iii. The Multinational Presence shall have specialized detachments dealing with security and conservation. The Multinational Presence shall make periodic conservation and security reports to the International Group. These reports shall be made public. iv. The Multinational Presence shall strive to immediately resolve any problems arising and may refer any unresolved disputes to the International Group that will function in accordance with Article 16. v. The Parties may at any time request clarifications or submit complaints to the International Group which shall be promptly investigated and acted upon. vi. The International Group shall draw up rules and regulations to maintain security on and conservation of the Compound. These shall include lists of the weapons and equipment permitted on the site. (b) Regulations Regarding the Compound i. In view of the sanctity of the Compound, and in light of the unique religious and cultural significance of the site to the Jewish people, there shall be no digging, excavation, or construction on the Compound, unless approved by the two Parties. Procedures for regular maintenance and emergency repairs on the Compound shall be established by the IG after consultation with the Parties. ii. The state of Palestine shall be responsible for maintaining the security of the Compound and for ensuring that it will not be used for any hostile acts against Israelis or Israeli areas. The only arms permitted on the

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Allegato Compound shall be those carried by the Palestinian security personnel and the security detachment of the Multinational Presence. iii. In light of the universal significance of the Compound, and subject to security considerations and to the need not to disrupt religious worship or decorum on the site as determined by the Waqf, visitors shall be allowed access to the site. This shall be without any discrimination and generally be in accordance with past practice. (c) Transfer of Authority i. At the end of the withdrawal period stipulated in Article 5/7, the state of Palestine shall assert sovereignty over the Compound. ii. The International Group and its subsidiary organs shall continue to exist and fulfill all the functions stipulated in this Article unless otherwise agreed by the two Parties. 6. The Wailing Wall The Wailing Wall shall be under Israeli sovereignty. 7. The Old City (a) Significance of the Old City i. The Parties view the Old City as one whole enjoying a unique character. The Parties agree that the preservation of this unique character together with safeguarding and promoting the welfare of the inhabitants should guide the administration of the Old City. ii. The Parties shall act in accordance with the UNESCO World Cultural Heritage List regulations, in which the Old City is a registered site. (b)IVG Role in the Old City i. Cultural Heritage 1. The IVG shall monitor and verify the preservation of cultural heritage in the Old City in accordance with the UNESCO World Cultural Heritage List rules. For this purpose, the IVG shall have free and unimpeded access to sites, documents, and information related to the performance of this function. 2. The IVG shall work in close coordination with the Old City Committee of the Jerusalem Coordination and Development Committee (JCDC), including in devising a restoration and preservation plan for the Old City. ii. Policing 1. The IVG shall establish an Old City Policing Unit (PU) to liaise with, coordinate between, and assist the Palestinian and Israeli police forces in the Old City, to defuse localized tensions and help resolve disputes, and to perform policing duties in locations specified in and according to operational procedures detailed in Annex X. 2. The PU shall periodically report to the IVG. iii. Either Party may submit complaints in relation to this clause to the IVG, which shall promptly act upon them in accordance with Article 16. (c) Free Movement within the Old City Movement within the Old City shall be free and unimpeded subject to the provisions of this article and rules and regulations pertaining to the various holy sites.

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Allegato

(d) Entry into and Exit from the Old City i. Entry and exit points into and from the Old City will be staffed by the authorities of the state under whose sovereignty the point falls, with the presence of PU members, unless otherwise specified. ii. With a view to facilitating movement into the Old City, each Party shall take such measures at the entry points in its territory as to ensure the preservation of security in the Old City. The PU shall monitor the operation of the entry points. iii. Citizens of either Party may not exit the Old City into the territory of the other Party unless they are in possession of the relevant documentation that entitles them to. Tourists may only exit the Old City into the territory of the Party which they posses valid authorization to enter. (e) Suspension, Termination, and Expansion i. Either Party may suspend the arrangements set forth in Article 6.7.iii in cases of emergency for one week. The extension of such suspension for longer than a week shall be pursuant to consultation with the other Party and the IVG at the Trilateral Committee established in Article 3/3. ii. This clause shall not apply to the arrangements set forth in Article 6/7/vi. iii. Three years after the transfer of authority over the Old City, the Parties shall review these arrangements. These arrangements may only be terminated by agreement of the Parties. iv. The Parties shall examine the possibility of expanding these arrangements beyond the Old City and may agree to such an expansion. (f) Special Arrangements i. Along the way outlined in Map X (from the Jaffa Gate to the Zion Gate) there will be permanent and guaranteed arrangements for Israelis regarding access, freedom of movement, and security, as set forth in Annex X. 1. The IVG shall be responsible for the implementation of these arrangements. ii. Without prejudice to Palestinian sovereignty, Israeli administration of the Citadel will be as outlined in Annex X. (g) Color-Coding of the Old City A visible color-coding scheme shall be used in the Old City to denote the sovereign areas of the respective Parties. (h) Policing i. An agreed number of Israeli police shall constitute the Israeli Old City police detachment and shall exercise responsibility for maintaining order and day-to-day policing functions in the area under Israeli sovereignty. ii. An agreed number of Palestinian police shall constitute the Palestinian Old City police detachment and shall exercise responsibility for maintaining order and day-to-day policing functions in the area under Palestinian sovereignty. iii. All members of the respective Israeli and Palestinian Old City police detachments shall undergo special training, including joint training exercises, to be administered by the PU.

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Allegato

iv. A special Joint Situation Room, under the direction of the PU and incorporating members of the Israeli and Palestinian Old City police detachments, shall facilitate liaison on all relevant matters of policing and security in the Old City. (i) Arms No person shall be allowed to carry or possess arms in the Old City, with the exception of the Police Forces provided for in this agreement. In addition, each Party may grant special written permission to carry or possess arms in areas under its sovereignty. (j) Intelligence and Security i. The Parties shall establish intensive intelligence cooperation regarding the Old City, including the immediate sharing of threat information. ii. A trilateral committee composed of the two Parties and representatives of the United States shall be established to facilitate this cooperation. 8. Mount of Olives Cemetery (a) The area outlined in Map X (the Jewish Cemetery on the Mount of Olives) shall be under Israeli administration; Israeli law shall apply to persons using and procedures appertaining to this area in accordance with Annex X. i. There shall be a designated road to provide free, unlimited, and unimpeded access to the Cemetery. ii. The IVG shall monitor the implementation of this clause. iii. This arrangement may only be terminated by the agreement of both Parties. 9. Special Cemetery Arrangements Arrangements shall be established in the two cemeteries designated in Map X (Mount Zion Cemetery and the German Colony Cemetery), to facilitate and ensure the continuation of the current burial and visitation practices, including the facilitation of access. 10. The Western Wall Tunnel (a) The Western Wall Tunnel designated in Map X shall be under Israeli administration, including: i. Unrestricted Israeli access and right to worship and conduct religious practices. ii. Responsibility for the preservation and maintenance of the site in accordance with this Agreement and without damaging structures above, under IVG supervision. iii. Israeli policing. iv. IVG monitoring v. The Northern Exit of the Tunnel shall only be used for exit and may only be closed in case of emergency as stipulated in Article 6/7. (b) This arrangement may only be terminated by the agreement of both Parties. 11. Municipal Coordination (a) The two Jerusalem municipalities shall form a Jerusalem Co-ordination and Development Committee ("JCDC") to oversee the cooperation and coordination between the Palestinian Jerusalem municipality and the Israeli Jerusalem municipality. The JCDC and its sub-committees shall be composed of an equal number of representatives from Palestine and Israel. Each side will appoint members of the JCDC and its subcommittees in accordance with its own modalities.

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Allegato

(b) The JCDC shall ensure that the coordination of infrastructure and services best serves the residents of Jerusalem, and shall promote the economic development of the city to the benefit of all. The JCDC will act to encourage cross-community dialogue and reconciliation. (c) The JCDC shall have the following subcommittees: i. A Planning and Zoning Committee: to ensure agreed planning and zoning regulations in areas designated in Annex X. ii. A Hydro Infrastructure Committee: to handle matters relating to drinking water delivery, drainage, and wastewater collection and treatment. iii. A Transport Committee: to coordinate relevant connectedness and compatibility of the two road systems and other issues pertaining to transport. iv. An Environmental Committee: to deal with environmental issues affecting the quality of life in the city, including solid waste management. v. An Economic and Development Committee: to formulate plans for economic development in areas of joint interest, including in the areas of transportation, seam line commercial cooperation, and tourism. vi. A Police and Emergency Services Committee: to coordinate measures for the maintenance of public order and crime prevention and the provision of emergency services; vii. An Old City Committee: to plan and closely coordinate the joint provision of the relevant municipal services, and other functions stipulated in Article 6/7. viii. Other Committees as agreed in the JCDC. 12. Israeli Residency of Palestinian Jerusalemites Palestinian Jerusalemites who currently are permanent residents of Israel shall lose this status upon the transfer of authority to Palestine of those areas in which they reside. 13. Transfer of authority The Parties will apply in certain socio-economic spheres interim measures to ensure the agreed, expeditious, and orderly transfer of powers and obligations from Israel to Palestine. This shall be done in a manner that preserves the accumulated socio-economic rights of the residents of East Jerusalem.

Article 7 - Refugees

1. Significance of the Refugee Problem (a) The Parties recognize that, in the context of two independent states, Palestine and Israel, living side by side in peace, an agreed resolution of the refugee problem is necessary for achieving a just, comprehensive and lasting peace between them. (b) Such a resolution will also be central to stability building and development in the region. 2. UNGAR 194, UNSC Resolution 242, and the Arab Peace Initiative (a) The Parties recognize that UNGAR 194, UNSC Resolution 242, and the Arab Peace Initiative (Article 2.ii.) concerning the rights of the Palestinian refugees represent the basis for resolving the refugee issue, and agree that these rights are fulfilled according to Article 7 of this Agreement.

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Allegato

3. Compensation (a) Refugees shall be entitled to compensation for their refugeehood and for loss of property. This shall not prejudice or be prejudiced by the refugee's permanent place of residence. (b) The Parties recognize the right of states that have hosted Palestinian refugees to remuneration. 4. Choice of Permanent Place of Residence (PPR) The solution to the PPR aspect of the refugee problem shall entail an act of informed choice on the part of the refugee to be exercised in accordance with the options and modalities set forth in this agreement. PPR options from which the refugees may choose shall be as follows; (a) The state of Palestine, in accordance with clause a below. (b) Areas in Israel being transferred to Palestine in the land swap, following assumption of Palestinian sovereignty, in accordance with clause a below. (c) Third Countries, in accordance with clause b below. (d) The state of Israel, in accordance with clause c below. (e) Present Host countries, in accordance with clause d below. i. PPR options i and ii shall be the right of all Palestinian refugees and shall be in accordance with the laws of the State of Palestine. ii. Option iii shall be at the sovereign discretion of third countries and shall be in accordance with numbers that each third country will submit to the International Commission. These numbers shall represent the total number of Palestinian refugees that each third country shall accept. iii. Option iv shall be at the sovereign discretion of Israel and will be in accordance with a number that Israel will submit to the International Commission. This number shall represent the total number of Palestinian refugees that Israel shall accept. As a basis, Israel will consider the average of the total numbers submitted by the different third countries to the International Commission. iv. Option v shall be in accordance with the sovereign discretion of present host countries. Where exercised this shall be in the context of prompt and extensive development and rehabilitation programs for the refugee communities. Priority in all the above shall be accorded to the Palestinian refugee population in Lebanon. 5. Free and Informed Choice The process by which Palestinian refugees shall express their PPR choice shall be on the basis of a free and informed decision. The Parties themselves are committed and will encourage third parties to facilitate the refugees' free choice in expressing their preferences, and to countering any attempts at interference or organized pressure on the process of choice. This will not prejudice the recognition of Palestine as the realization of Palestinian self-determination and statehood. 6. End of Refugee Status Palestinian refugee status shall be terminated upon the realization of an individual refugee’s permanent place of residence (PPR) as determined by the International Commission. 7. End of Claims This agreement provides for the permanent and complete resolution of the Palestinian refugee problem. No claims may be raised except for those related to the implementation of this agreement. 8. International Role The Parties call upon the international community to participate fully in the comprehensive resolution of the refugee problem in accordance with this Agreement, including, inter alia, the establishment of an

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Allegato

International Commission and an International Fund. 9. Property Compensation (a) Refugees shall be compensated for the loss of property resulting from their displacement. (b) The aggregate sum of property compensation shall be calculated as follows: i. The Parties shall request the International Commission to appoint a Panel of Experts to estimate the value of Palestinians' property at the time of displacement. ii. The Panel of Experts shall base its assessment on the UNCCP records, the records of the Custodian for Absentee Property, and any other records it deems relevant. The Parties shall make these records available to the Panel. iii. The Parties shall appoint experts to advise and assist the Panel in its work. iv. Within 6 months, the Panel shall submit its estimates to the Parties. v. The Parties shall agree on an economic multiplier, to be applied to the estimates, to reach a fair aggregate value of the property. (c) The aggregate value agreed to by the Parties shall constitute the Israeli “lump sum” contribution to the International Fund. No other financial claims arising from the Palestinian refugee problem may be raised against Israel. (d) Israel's contribution shall be made in installments in accordance with Schedule X. (e) The value of the Israeli fixed assets that shall remain intact in former settlements and transferred to the state of Palestine will be deducted from Israel's contribution to the International Fund. An estimation of this value shall be made by the International Fund, taking into account assessment of damage caused by the settlements. 10. Compensation for Refugeehood (a) A "Refugeehood Fund" shall be established in recognition of each individual's refugeehood. The Fund, to which Israel shall be a contributing party, shall be overseen by the International Commission. The structure and financing of the Fund is set forth in Annex X. (b) Funds will be disbursed to refugee communities in the former areas of UNRWA operation, and will be at their disposal for communal development and commemoration of the refugee experience. Appropriate mechanisms will be devised by the International Commission whereby the beneficiary refugee communities are empowered to determine and administer the use of this Fund. 11. The International Commission (Commission) (a) Mandate and Composition i. An International Commission shall be established and shall have full and exclusive responsibility for implementing all aspects of this Agreement pertaining to refugees. ii. In addition to themselves, the Parties call upon the United Nations, the United States, UNRWA, the Arab host countries, the EU, Switzerland, Canada, Norway, Japan, the World Bank, the Russian Federation, and others to be the members of the Commission.

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Allegato

iii. The Commission shall: 1. Oversee and manage the process whereby the status and PPR of Palestinian refugees is determined and realized. 2. Oversee and manage, in close cooperation with the host states, the rehabilitation and development programs. 3. Raise and disburse funds as appropriate. iv. The Parties shall make available to the Commission all relevant documentary records and archival materials in their possession that it deems necessary for the functioning of the Commission and its organs. The Commission may request such materials from all other relevant parties and bodies, including, inter alia, UNCCP and UNRWA. (b) Structure i. The Commission shall be governed by an Executive Board (Board) composed of representatives of its members. ii. The Board shall be the highest authority in the Commission and shall make the relevant policy decisions in accordance with this Agreement. iii. The Board shall draw up the procedures governing the work of the Commission in accordance with this Agreement. iv. The Board shall oversee the conduct of the various Committees of the Commission. The said Committees shall periodically report to the Board in accordance with procedures set forth thereby. v. The Board shall create a Secretariat and appoint a Chair thereof. The Chair and the Secretariat shall conduct the day-to-day operation of the Commission. (c) Specific Committees i. The Commission shall establish the Technical Committees specified below. ii. Unless otherwise specified in this Agreement, the Board shall determine the structure and procedures of the Committees. iii. The Parties may make submissions to the Committees as deemed necessary. iv. The Committees shall establish mechanisms for resolution of disputes arising from the interpretation or implementation of the provisions of this Agreement relating to refugees. v. The Committees shall function in accordance with this Agreement, and shall render binding decisions accordingly. vi. Refugees shall have the right to appeal decisions affecting them according to mechanisms established by this Agreement and detailed in Annex X. (d) Status-determination Committee: i. The Status-determination Committee shall be responsible for verifying refugee status. ii. UNRWA registration shall be considered as rebuttable presumption (prima facie proof) of refugee status.

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Allegato

(e) Compensation Committee: i. The Compensation Committee shall be responsible for administering the implementation of the compensation provisions. ii. The Committee shall disburse compensation for individual property pursuant to the following modalities: 1. Either a fixed per capita award for property claims below a specified value. This will require the claimant to only prove title, and shall be processed according to a fast-track procedure, or 2. A claims-based award for property claims exceeding a specified value for immovables and other assets. This will require the claimant to prove both title and the value of the losses. iii. Annex X shall elaborate the details of the above including, but not limited to, evidentiary issues and the use of UNCCP, “Custodian for Absentees' Property”, and UNRWA records, along with any other relevant records. (f) Host State Remuneration Committee: There shall be remuneration for host states. (g) Permanent Place of Residence Committee (PPR Committee): The PPR Committee shall, i. Develop with all the relevant parties detailed programs regarding the implementation of the PPR options pursuant to Article 7/4 above. ii. Assist the applicants in making an informed choice regarding PPR options. iii. Receive applications from refugees regarding PPR. The applicants must indicate a number of preferences in accordance with article 7/4 above. The applications shall be received no later than two years after the start of the International Commission's operations. Refugees who do not submit such applications within the two-year period shall lose their refugee status. iv. Determine, in accordance with sub-Article (a) above, the PPR of the applicants, taking into account individual preferences and maintenance of family unity. Applicants who do not avail themselves of the Committee's PPR determination shall lose their refugee status. v. Provide the applicants with the appropriate technical and legal assistance. vi. The PPR of Palestinian refugees shall be realized within 5 years of the start of the International Commission's operations. (h) Refugeehood Fund Committee The Refugeehood Fund Committee shall implement Article 7/10 as detailed in Annex X. (i) Rehabilitation and Development Committee In accordance with the aims of this Agreement and noting the above PPR programs, the Rehabilitation and Development Committee shall work closely with Palestine, Host Countries and other relevant third countries and parties in pursuing the goal of refugee rehabilitation and community development. This shall include devising programs and plans to provide the former refugees with opportunities for personal and communal development, housing, education, healthcare, re-training and other needs. This shall be integrated in the general development plans for the region.

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Allegato

12. The International Fund (a) An International Fund (the Fund) shall be established to receive contributions outlined in this Article and additional contributions from the international community. The Fund shall disburse monies to the Commission to enable it to carry out its functions. The Fund shall audit the Commission’s work. (b) The structure, composition and operation of the Fund are set forth in Annex X. 13. UNRWA (a) UNRWA should be phased out in each country in which it operates, based on the end of refugee status in that country. (b) UNRWA should cease to exist five years after the start of the Commission's operations. The Commission shall draw up a plan for the phasing out of UNRWA and shall facilitate the transfer of UNRWA functions to host states. 14. Reconciliation Programs (a) The Parties will encourage and promote the development of cooperation between their relevant institutions and civil societies in creating forums for exchanging historical narratives and enhancing mutual understanding regarding the past. (b) The Parties shall encourage and facilitate exchanges in order to disseminate a richer appreciation of these respective narratives, in the fields of formal and informal education, by providing conditions for direct contacts between schools, educational institutions and civil society. (c) The Parties may consider cross-community cultural programs in order to promote the goals of conciliation in relation to their respective histories. (d) These programs may include developing appropriate ways of commemorating those villages and communities that existed prior to 1949.

Article 8 - Israeli-Palestinian Cooperation Committee (IPCC)

1. The Parties shall establish an Israeli-Palestinian Cooperation Committee immediately upon the entry into force of this agreement. The IPCC shall be a ministerial-level body with ministerial-level Co-Chairs. 2. The IPCC shall develop and assist in the implementation of policies for cooperation in areas of common interest including, but not limited to, infrastructure needs, sustainable development and environmental issues, cross-border municipal cooperation, border area industrial parks, exchange programs, human resource development, sports and youth, science, agriculture and culture. 3. The IPCC shall strive to broaden the spheres and scope of cooperation between the Parties.

Article 9 - Designated Road Use Arrangements 1. The following arrangements for Israeli civilian use will apply to the designated roads in Palestine as detailed in Map X (Road 443, Jerusalem to Tiberias via Jordan Valley, and Jerusalem –Ein Gedi). 2. These arrangements shall not prejudice Palestinian jurisdiction over these roads, including PSF patrols.

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Allegato

3. The procedures for designated road use arrangements will be further detailed in Annex X. 4. Israelis may be granted permits for use of designated roads. Proof of authorization may be presented at entry points to the designated roads. The sides will review options for establishing a road use system based on smart card technology. 5. The designated roads will be patrolled by the MF at all times. The MF will establish with the states of Israel and Palestine agreed arrangements for cooperation in emergency medical evacuation of Israelis. 6. In the event of any incidents involving Israeli citizens and requiring criminal or legal proceedings, there will be full cooperation between the Israeli and Palestinian authorities according to arrangements to be agreed upon as part of the legal cooperation between the two states. The Parties may call on the IVG to assist in this respect. 7. Israelis shall not use the designated roads as a means of entering Palestine without the relevant documentation and authorization. 8. In the event of regional peace, arrangements for Palestinian civilian use of designated roads in Israel shall be agreed and come into effect.

Article 10 - Sites of Religious Significance 1. The Parties shall establish special arrangements to guarantee access to agreed sites of religious significance, as will be detailed in Annex X. These arrangements will apply, inter alia, to the Tomb of the Patriarchs in Hebron and Rachel’s Tomb in Bethlehem, and Nabi Samuel. 2. Access to and from the sites will be by way of designated shuttle facilities from the relevant border crossing to the sites. 3. The Parties shall agree on requirements and procedures for granting licenses to authorized private shuttle operators. 4. The shuttles and passengers will be subject to MF inspection. 5. The shuttles will be escorted on their route between the border crossing and the sites by the MF. 6. The shuttles shall be under the traffic regulations and jurisdiction of the Party in whose territory they are traveling. 7. Arrangements for access to the sites on special days and holidays are detailed in Annex X. 8. The Palestinian Tourist Police and the MF will be present at these sites. 9. The Parties shall establish a joint body for the religious administration of these sites. 10. In the event of any incidents involving Israeli citizens and requiring criminal or legal proceedings, there will be full cooperation between the Israeli and Palestinian authorities according to arrangements to be agreed upon. The Parties may call on the IVG to assist in this respect.

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Allegato

11. Israelis shall not use the shuttles as a means of entering Palestine without the relevant documentation and authorization. 12. The Parties shall protect and preserve the sites of religious significance listed in Annex X and shall facilitate visitation to the cemeteries listed in Annex X.

Article 11 - Border Regime 1. There shall be a border regime between the two states, with movement between them subject to the domestic legal requirements of each and to the provisions of this Agreement as detailed in Annex X. 2. Movement across the border shall only be through designated border crossings. 3. Procedures in border crossings shall be designed to facilitate strong trade and economic ties, including labor movement between the Parties. 4. Each Party shall each, in its respective territory, take the measures it deems necessary to ensure that no persons, vehicles, or goods enter the territory of the other illegally. 5. Special border arrangements in Jerusalem shall be in accordance with Article 6 above.

Article 12 - Water: still to be completed

Article 13 - Economic Relations: still to be completed

Article 14 - Legal Cooperation: still to be completed

Article 15 - Palestinian Prisoners and Detainees

1. In the context of this Permanent Status Agreement between Israel and Palestine, the end of conflict, cessation of all violence, and the robust security arrangements set forth in this Agreement, all the Palestinian and Arab prisoners detained in the framework of the Israeli-Palestinian conflict prior to the date of signature of this Agreement, DD/MM/2003, shall be released in accordance with the categories set forth below and detailed in Annex X. (a) Category A: all persons imprisoned prior to the start of the implementation of the Declaration of Principles on May 4, 1994, administrative detainees, and minors, as well as women, and prisoners in ill health shall be released immediately upon the entry into force of this Agreement. (b) Category B: all persons imprisoned after May 4, 1994 and prior to the signature of this Agreement shall be released no later than eighteen months from the entry into force of this Agreement, except those specified in Category C. (c) Category C: Exceptional cases - persons whose names are set forth in Annex X - shall be released in thirty months at the end of the full implementation of the territorial aspects of this Agreement set forth in Article 5/7/v.

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Allegato

Article 16 - Dispute Settlement Mechanism

1. Disputes related to the interpretation or application of this Agreement shall be resolved by negotiations within a bilateral framework to be convened by the High Steering Committee. 2. If a dispute is not settled promptly by the above, either Party may submit it to mediation and conciliation by the IVG mechanism in accordance with Article 3. 3. Disputes which cannot be settled by bilateral negotiation and/or the IVG mechanism shall be settled by a mechanism of conciliation to be agreed upon by the Parties. 4. Disputes which have not been resolved by the above may be submitted by either Party to an arbitration panel. Each Party shall nominate one member of the three-member arbitration panel. The Parties shall select a third arbiter from the agreed list of arbiters set forth in Annex X either by consensus or, in the case of disagreement, by rotation.

Article 17 - Final Clauses

Including a final clause providing for a UNSCR/UNGAR resolution endorsing the agreement and superceding the previous UN resolutions.

La traduzione italiana degli Accordi di Ginevra

Preambolo

Lo Stato di Israele (di seguito "Israele") e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (di seguito "Olp"), in rappresentanza del popolo palestinese (di seguito indicate come le "Parti"):

Riaffermando la loro determinazione di porre fine a decenni di confronto e conflitti, di vivere in un clima di pacifica coesistenza, mutua dignità e sicurezza basate su una giusta, duratura e generale pace realizzando una storica conciliazione;

Riconoscendo che la pace richiede di passare da una logica di guerra e di confronto a una logica di pace e di cooperazione, e che le azioni e i discorsi propri dello stato di guerra non sono né adeguati né accettabili in un’era di pace;

Affermando la loro profonda convinzione che la logica della pace richiede compromessi e che l’unica soluzione praticabile è quella di due-stati basata sulle Risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite;

Affermando che questo accordo rappresenta il riconoscimento del diritto del popolo ebraico alla propria entità statuale e il riconoscimento del diritto del popolo palestinese alla propria entità statuale, senza pregiudicare gli uguali diritti per i cittadini di entrambe le Parti;

Riconoscendo che dopo anni di vita contrassegnati dalla paura e dall’insicurezza reciproca, entrambi i popoli sentono il bisogno di aprire un’era di pace, sicurezza e stabilità, e di impegnarsi in tutte le azioni necessarie per garantire la realizzazione di questa era;

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Allegato

Riconoscendo il reciproco diritto a una esistenza pacifica e sicura in confini riconosciuti e sicuri liberi da minacce o atti di forza;

Determinati a stabilire relazioni fondate sulla cooperazione e sull’impegno a vivere fianco a fianco in un rapporto di buon vicinato, aspirando ciascuna Parte, separatamente e congiuntamente, a contribuire al benessere dei rispettivi popoli;

Riaffermando il loro impegno ad agire in conformità alle norme delle leggi internazionali e della Carta delle Nazioni Unite;

Confermando che il presente accordo è compreso nel quadro del Processo di pace in Medio Oriente avviato a Madrid nell’ottobre del 1991, della Dichiarazione di Principi del 13 settembre 1993, dei successivi accordi comprendenti l’Accordo ad interim del settembre del 1995, del Memorandum di Wye River di ottobre 1998, del Memorandum di Sharm El-Sheikh del 4 settembre del 1999, del Negoziato sullo status permanente compreso il Summit di Camp David del luglio del 2000, delle Idee di Clinton del dicembre del 2000 e dei Negoziati di Taba del gennaio 2001;

Rinnovando il loro rispetto delle Risoluzioni 242, 338 e 1397 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e confermando il loro convincimento che questo Accordo è basato su, porterà a, rappresenterà – con la sua applicazione – la piena attuazione di quelle risoluzioni e la soluzione del conflitto israelo-palestinese in tutti i suoi aspetti;

Dichiarando che l’Accordo costituisce la realizzazione dello status di una pace duratura delineato nel discorso del Presidente Bush del 24 giugno del 2002 e nel processo delineato dalla Road Map promossa dal Quartetto.

Dichiarando che questo accordo suggella una storica riconciliazione fra palestinesi e israeliani e apre la strada alla riconciliazione fra il Mondo arabo e Israele in accordo con gli specifici paragrafi della Risoluzione di Beirut della Lega araba del 28 marzo 2002; e

Risoluti a perseguire l’obiettivo di raggiungere una larga pace nella regione, così contribuendo alla stabilità, alla sicurezza, allo sviluppo e alla prosperità dell’intera regione;

Hanno concordato quanto segue:

Articolo 1 – Scopi dell’Accordo sullo status permanente

1. L’Accordo sullo Status permanente (di seguito "questo Accordo") pone fine a un’era di conflitto e introduce a una nuova era basata sulla pace, la cooperazione e relazioni di buon vicinato fra le Parti.

2. L’attuazione di questo Accordo risolverà tutte le contese sorte fra le Parti per eventi precedenti la sua firma. Non può essere sollevato dalle Parti nessun ulteriore contenzioso per eventi precedenti la firma del presente Accordo.

Articolo 2 – Relazioni fra le Parti

1. Lo Stato di Israele riconoscerà lo Stato della Palestina (di seguito “Palestina”) una volta che sarà costituito. Lo Stato della Palestina riconoscerà immediatamente lo Stato di Israele.

2. Lo Stato della Palestina succederà all’Olp con tutti i conseguenti diritti e doveri.

3. Israele e Palestina stabiliranno immediatamente piene, reciproche relazioni diplomatiche e consolari e si scambieranno ambasciatori permanenti, entro un mese dal rispettivo riconoscimento.

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Allegato

4. Le Parti riconoscono reciprocamente la Palestina e Israele come patria dei rispettivi popoli. Le Parti si impegnano a non interferire nei rispettivi affari interni.

5. Questo Accordo sostituisce tutti i precedenti Accordi fra le Parti.

6. Senza pregiudizio per gli impegni assunti con questo Accordo, le relazioni fra Israele e Palestina saranno fondate sulle norme fissate dalla Carta delle Nazioni Unite.

7. Nel corso del processo per il miglioramento delle relazioni fra i due popoli, Palestina e Israele coopereranno nelle aree di comune interesse. Queste aree comprendono - ma l’elenco di seguito non è esaustivo - dialogo fra i due organi legislativi e le strutture pubbliche, cooperazione fra le omologhe autorità locali, cooperazione per la promozione della società civile non governativa, programmi congiunti e scambi nelle aree della cultura, dei media, della gioventù, della scienza, dell’educazione, dell’ambiente, della salute, dell’agricoltura, del turismo e della prevenzione del crimine. Il Comitato di cooperazione israelo-palestinese sovrintende a questa cooperazione secondo quanto definito all’Articolo 8 di questo Accordo.

8. Le Parti coopereranno nelle aree di comune interesse economico, per meglio sviluppare le potenzialità umane dei rispettivi popoli. A questo proposito, opereranno bilateralmente, regionalmente e con la comunità internazionale per massimizzare i vantaggi della pace a favore di fasce più larghe delle rispettive popolazioni. Per raggiungere questo scopo le Parti dovranno dar vita a specifiche strutture permanenti.

9. Le Parti stabiliranno solide modalità per la cooperazione nel campo della sicurezza e avvieranno un largo e ininterrotto sforzo per porre fine al terrorismo e alla violenza diretti contro ogni persona, proprietà, istituzione o territorio. Questo sforzo proseguirà ininterrottamente e dovrà essere messo al riparo da ogni possibile crisi o da qualunque problema che sorga nelle relazioni fra le Parti.

10. Israele e Palestina lavoreranno congiuntamente e distintamente con altre parti della regione per migliorare e promuovere la cooperazione e il coordinamento fra i paesi della regione nei settori di comune interesse.

11. Le Parti stabiliranno un Alto Comitato direttivo israelo-palestinese a livello ministeriale per guidare, monitorare e agevolare il processo per la realizzazione dell’Accordo, secondo quanto definito nel successivo articolo 3.

Articolo 3 - Gruppo per l’applicazione e la verifica

1. Costituzione e composizione

(a) Sarà costituito un Gruppo per l’applicazione e la verifica (Gav) con lo scopo di agevolare, assistere, salvaguardare, monitorare e risolvere le dispute relative all’attuazione dell’Accordo.

(b) Del Gruppo per l’applicazione e la verifica faranno parte gli Usa, la Federazione russa, l’Ue, l’Onu e, di comune accordo di Israele e Palestina, altre parti sia dell’area che internazionali.

(c) Il Gruppo per l’applicazione e la verifica opererà coordinandosi con l’Alto comitato direttivo israelo-palestinese definito nel Punto 11 dell’Articolo 2 e di conseguenza con il Comitato di cooperazione israelo-palestinese (Ccip) definito nel successivo Articolo 8.

(d) Le strutture, le procedure e le modalità del Gruppo per l’applicazione e la verifica sono definite di seguito e dettagliate nell’Annesso X.

2. Strutture

(a) Un Gruppo di contatto al più alto livello politico (Gruppo di contatto) composto da tutti i membri del Gruppo per l’applicazione e la verifica, sarà la più alta autorità del Gruppo per l’applicazione e la verifica.

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Allegato (b) Il Gruppo di contatto, in consultazione fra le parti, nominerà, un Rappresentante speciale che sarà la massima autorità esecutiva sul terreno. Il Rappresentante speciale dirigerà i lavori del Gruppo per l’applicazione e la verifica e manterrà un contatto costante con le Parti, con l’Alto comitato direttivo israelo-palestinese e con il Gruppo di contatto.

(c) Il quartier generale permanente e il segretariato del Gruppo per l’applicazione e la verifica avranno la propria sede in un punto concordato di Gerusalemme.

(d) Il Gruppo per l’applicazione e la verifica darà vita a proprie strutture secondo quanto previsto da questo Accordo e ad altre strutture che saranno necessarie. Queste strutture saranno parte integrante e sotto l’autorità del Gruppo per l’applicazione e la verifica.

(e) La Forza multinazionale (Fm), definita al successivo Articolo 5, sarà parte integrante del Gruppo per l’applicazione e la verifica. Il Rappresentante speciale nominerà, con l’approvazione delle Parti, il Comandante della Forza multinazionale che sarà responsabile delle operazioni della Forza multinazionale. I dettagli sul ruolo del Rappresentante speciale e del Comandante della Forze multinazionali sono specificati nell’Annesso X.

(f) Il Gruppo per l’applicazione e la verifica definirà una procedura per i territori oggetto di dispute in accordo con quanto previsto all’Articolo 16.

3. Coordinamento con le Parti

Sarà creato un Comitato trilaterale composto dal Rappresentante speciale e dall’Alto comitato direttivo israelo-palestinese che si riunirà di norma almeno una volta al mese per verificare l’attuazione dell’Accordo. Il Comitato trilaterale si riunirà entro 48 ore su richiesta di una delle tre parti rappresentate.

4. Funzioni

Oltre alle funzioni specificate altrove in questo stesso Accordo, il Gruppo per l’applicazione e la verifica:

(a) Prenderà misure adeguate sulla base dei rapporti che riceverà dalla Forza multinazionale,

(b) Assisterà sul campo le Parti nell’attuazione dell’Accordo, preverrà e prontamente medierà nelle dispute che dovessero sorgere.

5. Termini

Con i progressi nell’attuazione di questo Accordo e, ove il Gruppo per l’applicazione e la verifica abbia assolto a una determinata funzione prevista specificamente in questo accordo, il Gruppo per l’applicazione e la verifica cesserà di operare in questa determinata funzione. Il Gruppo per l’applicazione e la verifica continuerà ad esistere a meno di diverso accordo fra le Parti.

Articolo 4 – Territori

1. I confini internazionali fra gli Stati di Palestina e Israele

(a) In accordo con le Risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, i confini fra gli stati di Palestina e Israele saranno fissati lungo la linea del 4 giugno 1967 con scambi di territori sulla base del principio 1:1 secondo quanto definito nella Mappa 1.

(b) Le Parti riconoscono i confini fra i due Stati, fissati nella annessa Mappa 1, come confini internazionali permanenti, sicuri e riconosciuti.

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Allegato 2. Sovranità e inviolabilità

(a) Le Parti reciprocamente riconoscono e rispettano la sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza politica, così come l’inviolabilità di ogni altro elemento del territorio, comprese le acque territoriali e lo spazio aereo. Le Parti rispetteranno questa inviolabilità secondo quanto previsto nel presente Accordo, la Carta delle Nazioni Unite, e ogni altro obbligo derivante dalle leggi internazionali.

(b) Le parti riconoscono reciprocamente i diritti nelle loro esclusive zone economiche in accordo con le leggi internazionali.

3. Ritiro israeliano

(a) Israele si ritirerà nei modi definiti all’Articolo 5

(b) La Palestina assumerà la sovranità nelle aree dalle quali Israele si ritirerà.

(c) Il trasferimento dell’autorità da Israele alla Palestina avverrà secondo quanto definito nell’Annesso X.

(d) Il Gruppo per l’applicazione e la verifica monitorerà, verificherà e faciliterà l’attuazione di questo Articolo.

4. Demarcazione

(a) Una Commissione tecnica congiunta per i confini (Commissione), composta dalle due Parti, sarà addetta a definire la demarcazione tecnica dei confini in accordo con questo Articolo.

Le procedure che guideranno il lavoro di questa Commissione sono definite nell’Annesso X.

(b) Ogni divergenza nella Commissione dovrà essere riferita al Gruppo per l’applicazione e la verifica secondo quanto definito nell’Annesso X.

(c) La demarcazione fisica dei confini internazionali sarà completata dalla Commissione non oltre nove mesi dalla data di entrata in vigore di questo Accordo.

5. Insediamenti

(a) Lo Stato di Israele sarà responsabile del reinsediamento degli Israeliani al di fuori di quei territori che ricadranno sotto la sovranità della Palestina.

(b) Il reinsediamento verrà completato secondo i tempi definiti all’Articolo 5.

(c) Le sistemazioni attuali, nella Cisgiordania (West Bank, ndr.) e nella Striscia di Gaza riguardanti gli insediamenti e i coloni israeliani, rimarranno in forze in ciascuno degli insediamenti fino alla data prescritta nel calendario per il completamento dell’evacuazione degli specifici insediamenti.

(d) Le modalità per il passaggio delle responsabilità sugli insediamenti ai Palestinesi sono definiti nell’Annesso X. Il Gruppo per l’applicazione e la verifica risolverà ogni disputa che può sorgere nel corso della sua attuazione.

(e) Israele manterrà intatti i beni immobili, le infrastrutture e i servizi degli insediamenti israeliani che verranno trasferiti sotto sovranità palestinese. Le Parti stenderanno congiuntamente e con il Gruppo per l’applicazione e la verifica un inventario prima che venga completata l’evacuazione secondo l’Annesso X.

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Allegato (f) Lo Stato della Palestina avrà potere esclusivo su tutti i terreni e su ogni edificio, servizio, infrastruttura o altra proprietà rimasta negli insediamenti alla data prevista nel calendario per il completamento dell’evacuazione.

6. Corridoio

(a) Gli Stati di Israele e di Palestina definiranno un corridoio che collega la Cisgiordania alla Striscia di Gaza. Il corridoio:

i. Sarà sotto sovranità israeliana ii. Sarà permanentemente aperto iii. Sarà sotto amministrazione palestinese secondo quanto previsto dall’Annesso X di questo Accordo. Le persone che useranno il corridoio saranno sotto la legislazione palestinese, lo stesso dicasi per le procedure nell’uso del corridoio. iv. Non dovrà essere usato per procurare danneggiamenti ai trasporti e alle reti infrastrutturali israeliane, all’ambiente, alla pubblica sicurezza o alla pubblica salute. Ove necessario saranno studiate soluzioni tecniche per evitare tali danni. v. Garantirà i necessari collegamenti delle infrastrutture fra la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Le infrastrutture comprenderanno, fra l’altro, oleodotti, cavi elettrici e telefonici e attrezzature connesse come specificato nell’Annesso X.

vi. Non dovrà essere usato per alcun atto che contravvenga a questo Articolo.

(b) Saranno realizzate barriere difensive lungo il corridoio e i palestinesi non entreranno in Israele, né israeliani entreranno in Palestina da questo corridoio.

(c) Le Parti cercheranno l’assistenza della comunità internazionale per garantire il finanziamento necessario alla realizzazione del corridoio.

(d) Il Gruppo per l’applicazione e la verifica garantirà la realizzazione di quanto previsto in questo Articolo in accordo all’Annesso X.

(e) Ogni controversia fra le Parti rispetto all’uso del corridoio sarà risolta secondo quanto previsto all’Articolo 16.

(f) L’insieme delle intese previste in questo titolo può decadere o essere rivista da un accordo fra le Parti.

Articolo 5 – Sicurezza

1. Disposizioni generali sulla sicurezza

(a) Le parti riconoscono che la mutua comprensione e cooperazione nelle materie connesse alla sicurezza rappresenterà una parte importante delle relazioni bilaterali e migliorerà inoltre la sicurezza nell’intera regione. Palestina e Israele fonderanno le loro relazioni sulla sicurezza, sulla cooperazione, sulla fiducia reciproca, sul buon vicinato e sulla protezione dei loro comuni interessi.

(b) Tanto la Palestina quanto Israele:

i. Riconoscerà e rispetterà il diritto dell’altro a vivere in pace dentro frontiere sicure e riconosciute, liberi dalla minaccia di atti di guerra, terrorismo e violenza;

ii. Si asterrà dalla minaccia o dell’uso della forza contro l’integrità territoriale o contro l’indipendenza politica dell’altra Parte e risolverà tutte le dispute che dovessero sorgere fra loro per via pacifica;

b

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Allegato iii. Si asterrà dall’unirsi, assistere, promuovere o cooperare con qualunque coalizione, organizzazione o alleanza di carattere militare o di sicurezza, i cui obiettivi o le cui attività prevedano l’aggressione o qualunque atto ostile contro l’altra Parte;

iv. Si asterrà dall’organizzare, incoraggiare, o permettere la formazione di forze irregolari o bande armate, comprese milizie e truppe mercenarie entro i rispettivi territori e ne preverrà il loro insediamento. A questo proposito ogni forza irregolare o banda armata esistente dovrà essere sciolta e dovrà esserne impedita in futuro la ricostituzione;

v. Si asterrà dall’organizzare, sostenere, consentire o partecipare ad atti di violenza sul proprio territorio rivolti contro l’altra Parte o dare tacito consenso ad attività dirette alla realizzazione di atti simili.

(c) Per una ulteriore cooperazione nella sicurezza, le Parti costituiranno un Comitato di sicurezza congiunto ad alto livello che si riunirà almeno una volta al mese. Il Comitato di sicurezza congiunto avrà un ufficio unico permanente e potrà dar vita a sub-comitati secondo le esigenze, compresi sub-comitati per la risoluzione immediata di tensioni locali.

2. Sicurezza regionale

i. Israele e Palestina lavoreranno insieme ai paesi dell’area e alla Comunità internazionale per costruire un Medio Oriente sicuro e stabile, libero da armi di distruzione di massa, sia convenzionali che non convenzionali, nel contesto di una pace larga, definitiva e stabile, caratterizzata dalla riconciliazione, dalla buona volontà, e dalla rinuncia all’uso della forza.

ii. A questo proposito le Parti lavoreranno insieme per costruire un clima di sicurezza nell’intera regione.

3. Caratteristiche della difesa dello Stato Palestinese

(a) Nessuna forza armata potrà essere istituita o stazionare nella Palestina, se non espressamente specificata in questo Accordo.

(b) La Palestina sarà uno stato non militarizzato, con una forte forza di polizia. Di conseguenza, le limitazioni delle armi che possono essere acquistate, possedute o usate dalla Forza di sicurezza palestinese (Fsp) o fabbricate in Palestina saranno specificate nell’Annesso X. Ogni proposta per modificare quanto contenuto nell’Annesso X sarà esaminata da un comitato trilaterale composto dalle due parti e dalla Forza multinazionale. Se non si raggiunge un accordo nel Comitato trilaterale, il Gruppo per l’applicazione e la verifica può avanzare proprie proposte.

i. In Palestina né persone né organizzazioni, oltre alla Forza di sicurezza palestinese e agli organi della Gruppo per l’applicazione e la verifica compresa la Forza multinazionale, possono acquisire, possedere, trasportare o usare armi eccetto per quanto previsto dalla legge.

(c) La Forza di sicurezza palestinese:

i. Manterrà il controllo della frontiera;

ii. Manterrà la legge e l’ordine e svolgerà funzioni di polizia;

iii. Svolgerà funzioni di intelligence e sicurezza;

iv. Preverrà il terrorismo

v. Condurrà missioni di soccorso ed emergenza; e

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Allegato vi. Fornirà, quando necessario, servizi essenziali alle comunità.

4. Terrorismo

(a) Le Parti rifiutano e condannano il terrorismo e la violenza in tutte le forme e perseguiranno congiuntamente coerenti politiche per combatterli. Inoltre, le Parti si asterranno da azioni e politiche che possano alimentare l’estremismo e creare condizioni che favoriscano il terrorismo a danno dell’altra Parte.

(b) Le Parti condurranno sforzi congiunti e unilaterali, per i rispettivi territori, continui e di vasta portata contro tutte le forme di violenza e di terrorismo. Questi sforzi comprenderanno la prevenzione e la "pre-emption" (termine usato dagli Stati uniti nella cosiddetta "dottrina Bush" che indica la possibilità di attaccare militarmente un altro paese se si ritiene che quest’ultimo possa colpirlo con armi di distruzionidi massa, ndr.) di tali atti, e l’incriminazione dei loro autori.

(c) A tal fine, le Parti manterranno consultazioni continue, le loro rispettive forze di sicurezza coopereranno e si scambieranno informazioni.

(d) Sarà formato un Comitato di sicurezza trilaterale composto dalle due Parti e dagli Stati Uniti per assicurare l’applicazione di questo Articolo. Il Comitato di sicurezza trilaterale definirà linee politiche generali e indirizzi per combattere il terrorismo e la violenza.

5. Istigazione

(a) Senza pregiudizio per la libertà di espressione e altri diritti umani internazionalmente riconosciuti, Israele e Palestina promulgheranno leggi per prevenire l’istigazione all’irredentismo, al terrorismo e alla violenza e per combattere con determinazione questi fenomeni.

(b) Il Gruppo per l’applicazione e la verifica assisterà le Parti per definire gli indirizzi per l’attuazione di questa clausola, e monitorerà il rispetto delle Parti su quanto stabilito.

6. Forza multinazionale

(a) Sarà costituita una Forza multinazionale (Fm) per fornire le garanzie di sicurezza alle Parti, svolgere opera di deterrenza, e sorvegliare l’attuazione di quanto previsto in questo Accordo.

(b) La composizione, la struttura e la consistenza della Forza multinazionale è definita nell’Annesso X.

(c) Per svolgere le funzioni specificate nell’Accordo, la Forza multinazionale sarà dispiegata nello Stato della Palestina. La Forza multinazionale definirà con lo Stato della Palestina un apposito Accordo sullo status della forza multilaterale (Asfm).

(d) Coerentemente con l’Accordo, e come dettagliato nell’Annesso X, la Forza multinazionale:

i. Data la natura non militarizzata dello Stato della Palestina, proteggerà l’integrità territoriale dello Stato della Palestina.

ii. Avrà compiti di deterrenza contro attacchi esterni che potrebbero minacciare entrambe le Parti;

iii. Dispiegherà, durante il ritiro delle truppe israeliane, osservatori nelle aree adiacenti alla linea del ritiro in accordo all’Annesso X.

iv. Dispiegherà osservatori per monitorare le frontiere terrestri e marittime dello Stato di Palestina, come specificato al Punto 13 dell’Articolo 5.

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Allegato v. Svolgerà i compiti previsti dal Punto 12 dell’Articolo 5 ai varchi della frontiera internazionale palestinese.

vi. Svolgerà i compiti specificati al Punto 8 dell’Articolo 5 alle Stazioni di primo allarme.

vii. Svolgerà i compiti specificati al Punto 3 dell’Articolo 5

viii. Svolgerà i compiti specificati al punto 7 dell’Articolo 5.

ix. Svolgerà i compiti specificati all’Articolo 10.

x. Aiuterà nella messa a punto di misure anti-terrorismo.

xi. Aiuterà nell’addestramento la Forza di sicurezza palestinese.

(e) In relazione a quanto sopra, la Forza multinazionale, riferirà e aggiornerà il Gruppo per l’applicazione e la verifica secondo quanto definito nell’Annesso X.

(f) La Forza multinazionale si ritirerà o cambierà funzioni solo a seguito di un accordo fra le Parti.

7. Evacuazione

(a) Israele ritirerà tutto il proprio personale militare e di sicurezza e ogni equipaggiamento, comprese le mine, tutte le persone impegnate a sostenerlo, e tutte le installazioni dal territorio dello Stato di Palestina, eccetto quanto fissato nell’Annesso X.

(b) I ritiri programmati cominceranno immediatamente dopo l’entrata in vigore di questo Accordo e avverranno in accordo con il calendario e le modalità definite nell’Annesso X.

(c) I ritiri programmati dovranno seguire i seguenti principi:

i. Necessità di garantire una chiara e immediata contiguità nel controllo del territorio e di facilitare la rapida attuazione dei piani di dispiegamento palestinesi.

ii. Capacità di Israele di ricollocare, alloggiare e assorbire i coloni. Se costi e disagi saranno inevitabili in questo processo, si dovranno evitare inutili sofferenze.

iii. Necessità di definire e rendere operative le frontiere fra i due paesi.

iv. Introduzione ed effettivo funzionamento della Forza multinazionale, in particolare sui confini orientali dello territorio palestinese.

(d) Conseguentemente, il ritiro sarà attuato nei seguenti stadi:

i. Il primo stadio comprenderà le aree del territorio della Palestina, come definito nella Mappa X, e sarà completato in 9 mesi.

ii. Il secondo e terzo stadio comprenderà il rimanente del territorio palestinese e sarà completato entro 21 mesi dalla fine del primo stadio.

(e) Israele completerà il suo ritiro dal territorio palestinese entro 30 mesi dall’entrata in vigore del presente Accordo, e secondo quanto previsto in quest’Accordo.

(f) Israele manterrà una piccola presenza militare nella Valle del Giordano sotto l’autorità della Forza multinazionale e soggetta alla Forza multinazionale SOFA come definito nell’Annesso X per ulteriori 36 mesi.

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Allegato

Il periodo definito può essere rivisto dalle Parti a seguito di importanti sviluppi nella regione e può essere modificato con il consenso delle Parti.

(g) In accordo con l’Annesso X, la Forza multinazionale monitorerà e verificherà la conformità con questo punto.

8. Stazioni di primo allarme

(a) Israele può mantenere due Stazioni di primo allarme nella parte Nord e nella parte centrale della Cisgiordania nelle località specificate all’Annesso X.

(b) Le Stazioni di primo allarme avranno la minima presenza necessaria di personale israeliano e potranno occupare lo spazio minimo necessario per le operazioni previste come da Annesso X.

(c) L’accesso alle Stazioni di primo allarme sarà garantita e sorvegliata dalla Forza multinazionale.

(d) La sicurezza interna alle Stazioni di primo allarme sarà sotto responsabilità israeliana. La sicurezza dell’area della Stazioni di primo allarme sarà sotto responsabilità della Forza multinazionale.

(e) La Forza multinazionale e la Forza di sicurezza palestinese manterranno una presenza di collegamento nella Stazione di primo allarme. La Forza multinazionale monitorerà e verificherà che la Stazione di primo allarme svolga i compiti stabiliti da questo Accordo e specificati nell’Annesso X.

(f) Quanto stabilito in questo Articolo sarà soggetto a revisione nell’arco di 10 anni e ogni modifica avverrà di mutuo accordo. Quindi, vi saranno verifiche quinquennali ove le intese definite in questo articolo potranno essere estese con il mutuo consenso.

(g) Se durante il periodo prima specificato si stabilirà un regime di sicurezza nella regione, allora il Gruppo per l’applicazione e la verifica potrà richiedere che le Parti prendano in esame se continuare o modificare le funzioni della Stazioni di primo allarme alla luce di questi sviluppi. Ogni cambiamento dovrà avere il consenso di ambo le Parti.

9. Spazio aereo

(a) Aviazione civile

i. Le Parti riconoscono reciprocamente come validi i diritti, i privilegi e gli obblighi previsti dai loro accordi multilaterali per l’aviazione civile dei quali sono entrambi parti, particolarmente per la Convenzione dell’Aviazione civile internazionale (Convenzione di Chic ago) e l’Accordo internazionale sul trasporto aereo del 1944.

ii. Inoltre, le Parti, a seguito dell’entrata in vigore di questo Accordo, daranno vita a un Comitato trilaterale composto dalle due Parti e dal Gruppo per l’applicazione e la verifica per designare il più efficace sistema di gestione per l’aviazione civile, compresi gli aspetti specifici del sistema di controllo del traffico aereo. In caso non si raggiunga il consenso il Gruppo per l’applicazione e la verifica può avanzare proprie proposte.

(b) Formazione

i. La Forza aerea israeliana sarà autorizzata a usare lo spazio aereo palestinese per la formazione del personale in accordo con l’Annesso X, che sarà soggetta ai regolamenti della Forza aerea israeliana per lo spazio aereo israeliano.

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Allegato ii. Il Gruppo per l’applicazione e la verifica monitorerà e verificherà l’osservanza di questa clausola. Entrambe le Parti possono sottoporre un reclamo il Gruppo per l’applicazione e la verifica la cui decisione sarà inappellabile.

iii. Quanto stabilito in questa clausola sarà soggetto a revisione ogni 10 anni, e può essere modificato o abolito dall’accordo fra le Parti.

10. Fascia elettromagnetica

(a) Una Parte non potrà interferire con l’uso della fascia elettromagnetica dell’altra.

(b) L’Annesso X dettaglierà le intese relative all’uso della fascia elettromagnetica.

(c) Il Gruppo per l’applicazione e la verifica monitorerà e verificherà l’applicazione di questa clausola e dell’Annesso X.

(d) Ciascuna delle Parti potrà sottoporre una reclamo al Gruppo per l’applicazione e la verifica le cui decisioni saranno inappellabili.

11. Applicazione delle leggi

Le strutture palestinesi e israeliane incaricate del rispetto della legalità coopereranno nel combattere il traffico illegale di stupefacenti, traffico illegale di reperti archeologici e oggetti artistici, crimini transfrontalieri, compresi furti e frodi, crimine organizzato, traffico di donne e minori, contraffazioni, stazioni radio e Tv pirata, ed altre attività illegali.

12. Attraversamento della frontiera internazionale

(a) Le seguenti intese saranno applicate all’attraversamento dei confini fra lo Stato di Palestina e il Giordano, lo Stato di Israele e l’Egitto, così come agli aeroporti e ai porti della Palestina.

(b) Tutti gli attraversamenti dei confini saranno monitorati da teams congiunti composti da membri della Forza di sicurezza palestinese e dalla Forza multinazionale. Questi teams eviteranno che entri in Palestina arma, materiale o attrezzatura in contrasto con quanto definito in questo Accordo.

(c) Rappresentanti della Forza multinazionale e della Forza di sicurezza palestinese avranno, congiuntamente e separatamente, l’autorità di bloccare l’entrata in Palestina di questi materiali. In qualunque momento sorga una contrasto riguardante l’ingresso di beni o materiali fra rappresentanti della Forza multinazionale e rappresentanti della Forza di sicurezza palestinese, quest’ultima può sottoporre il problema al Gruppo per l’applicazione e la verifica, le cui conclusioni vincolanti saranno rese note entro 24 ore.

(d) Dopo cinque anni questa intesa sarà verificata dal Gruppo per l’applicazione e la verifica per stabilirne la sua prosecuzione, modifica o cessazione. In seguito, la Parte palestinese può richiedere tale verifica ogni anno.

(e) Nei terminal per passeggeri, per trenta mesi, Israele potrà mantenere una presenza resa non visibile in un luogo ben definito, ove stazioneranno elementi della Forza multinazionale e di Israele, dotati di appropriate tecnologie. La parte Israeliana può richiedere che la Forza multinazionale-Forza di sicurezza palestinese conduca ulteriori ispezioni e intraprenda eventuali adeguate iniziative.

(f) Per i successivi due anni questa sorveglianza proseguirà da un preciso luogo in Israele con appropriate tecnologie. Non dovranno essere causati ritardi per l’applicazione delle procedure definite in questa clausola.

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Allegato (g) Nei terminal per cargo, per trenta mesi, Israele, potrà mantenere una presenza resa non visibile in un luogo ben definito ove stazioneranno elementi della Forza multinazionale e di Israele, con appropriate tecnologie. La parte israeliana può richiedere che la Forza multinazionale-Forza di sicurezza palestinese conduca ulteriori ispezioni e intraprenda le iniziative necessarie. Se la Parte israeliana non è soddisfatta dall’azione della Forza multinazionale-Forza di sicurezza palestinese, potrà chiedere che il cargo venga trattenuto su decisione di un ispettore della Forza multinazionale. Le decisioni degli ispettori della Forza multinazionale saranno vincolanti e definitive e dovranno essere pronunciate entro 12 ore dal ricevimento del reclamo israeliano.

(h) Per i successivi tre anni, questa sorveglianza proseguirà da un preciso luogo di Israele con appropriate tecnologie. Non dovranno essere causati ritardi per l’applicazione delle procedure definite in questa clausola.

(i) Un Comitato trilaterale ad alto livello composto da Palestina, Israele e Gruppo per l’applicazione e la verifica si riunirà regolarmente per monitorare l’applicazione di queste procedure e per correggere ogni irregolarità e potrà riunirsi anche su richiesta.

(j) I dettagli di quanto sopra sono definiti nell’Annesso X.

13. Controllo delle frontiere

(a) La Forza di sicurezza palestinese mantiene il controllo delle frontiere come definito nell’Annesso X.

(b) La Forza multinazionale monitorerà e verificherà il mantenimento del controllo delle frontiere da parte della Forza di sicurezza palestinese.

Articolo 6 – Gerusalemme

1 Importanza religiosa e culturale

(a) Le Parti riconoscono il valore universale storico, religioso, spirituale e culturale di Gerusalemme e il suo carattere di luogo sacro per la religione giudaica, cristiana e islamica. Nel riconoscimento di questo status, le Parti riaffermano il loro impegno per la salvaguardia del carattere sacro e per la libertà di culto nella città e per il rispetto della divisione esistente delle funzioni amministrative e delle pratiche religiose fra le differenti fedi.

(b) Le Parti daranno vita a un Gruppo inter-religioso costituito da rappresentanti delle tre religioni monoteistiche, che funzioni come gruppo consultivo per le Parti su materie connesse al valore religioso della città e per promuovere la comprensione interreligiosa e il dialogo. La composizione, le procedure e le modalità per questo Gruppo sono definite nell’Annesso X.

2 Capitale di due stati

Le Parti riconosceranno reciprocamente Gerusalemme come capitale sotto le loro rispettive sovranità.

3 Sovranità

La sovranità su Gerusalemme è definita secondo la Mappa 2. Quanto stabilito non pregiudicherà né sarà di pregiudizio per gli accordi definiti di seguito.

4. Regime dei confini

Il regime dei confini sarà definito secondo quanto previsto all’Articolo 11 tenendo conto delle specifiche esigenze di Gerusalemme (es. movimento dei turisti e intensità del passaggio dei confini comprese le misure per gli abitanti della città) e delle misure definite in questo Articolo.

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Allegato 5. Al-Haram al-Sharif/ Monte del Tempio (Area)

(a) Gruppo internazionale

i. Sarà costituito un Gruppo internazionale composto dal Gruppo per l’applicazione e la verifica e da altre parti, compresi membri della Organizzazione della conferenza islamica (Oci), da concordarsi con Israele e Palestina, per monitorare, verificare e assistere nell’applicazione di questa clausola.

ii. A questo fine, il Gruppo internazionale stabilirà una Presenza multinazionale sull’Area, la cui composizione, struttura, mandato e funzioni sono fissati nell’Annesso X.

iii. La Presenza multinazionale avrà distaccamenti impegnati per la sicurezza e la conservazione. La Presenza multinazionale stilerà rapporti periodici al Gruppo internazionale sulla conservazione e la sicurezza. Questi rapporti saranno resi pubblici.

iv. La Presenza multinazionale si impegnerà a risolvere immediatamente ogni problema che dovesse sorgere e potrà riportare al Gruppo internazionale ogni disputa che verrà affrontata secondo quanto previsto all’Articolo 16.

v. Le Parti in qualunque momento potranno chiedere chiarimenti o sottomettere reclami al Gruppo internazionale che indagherà immediatamente e prenderà le opportune misure.

vi. Il Gruppo internazionale definirà disposizioni e regolamenti per mantenere la sicurezza sulla conservazione dell’Area. Ciò comprenderà una lista di armi e attrezzature consentite nell’area.

(b) Disposizioni riguardanti l’Area

i. Dato il valore religioso dell’Area e alla luce del suo carattere unico per il popolo ebraico, non saranno fatti sterri, scavi o costruzioni nell’Area senza l’accordo delle due parti. Le procedure per la manutenzione e le riparazioni di emergenza nell’Area saranno definite dal Gruppo internazionale dopo consultazione delle parti.

ii. Lo Stato della Palestina sarà responsabile per il mantenimento della sicurezza dell’Area e garantirà che non venga usato per atti ostili verso israeliani o aree israeliane. Le sole armi consentite nell’Area dovranno essere trasportate dal personale di sicurezza palestinese e il distaccamento di sicurezza della Presenza multinazionale.

iii. Alla luce del valore universale dell’Area, nel rispetto delle considerazioni di sicurezza e della necessità di non distruggere oggetti di culto o beni del sito secondo quanto stabilito dal Waqf, i visitatori avranno acceso al sito senza alcuna discriminazione e rispettando per quanto possibile le pratiche tradizionali.

(c) Trasferimento dell’autorità

i. Alla fine del periodo del ritiro definito al Punto 7 dell’Articolo 5, lo Stato di Palestina assumerà la sovranità sull’Area.

ii. Il Gruppo internazionale e i suoi organi sussidiari continueranno a esistere e ad assolvere in pieno a tutte le funzioni definite in questo Articolo a meno di diverso accordo fra le Parti.

6. Il Muro del pianto

Il Muro del pianto rimarrà sotto sovranità israeliana.

7. La Città vecchia

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Allegato (a) Valore della Città vecchia

i. Le Parti si riferiscono alla Città vecchia come un unicum. Le Parti concordano che la preservazione di questo carattere unico, insieme alla salvaguardia e alla promozione del benessere dei suoi abitanti, dovrebbe guidare l’amministrazione della Città vecchia.

ii. Le Parti agiranno nel rispetto della Lista dei beni culturali patrimonio dell’umanità nella quale la Città vecchia viene considerata come unico sito.

(b) Il ruolo del Gruppo per l’applicazione e la verifica nella Città vecchia

i. Il patrimonio culturale

1. Il Gruppo per l’applicazione e la verifica monitorerà e verificherà la preservazione del patrimonio culturale nella Città vecchia in accordo con quanto previsto nella Lista dei beni culturali patrimonio dell’umanità dell’Unesco. A questo fine, il Gruppo per l’applicazione e la verifica avrà libero accesso, senza impedimenti, ai siti, ai documenti e alle informazioni connesse con l’espletamento delle sue funzioni.

2. Il Gruppo per l’applicazione e la verifica lavorerà in stretto coordinamento con il Comitato della Città vecchia del Comitato per il coordinamento e lo sviluppo di Gerusalemme (CcsG), anche nella definizione del piano per il restauro e la preservazione della Città vecchia.

ii. Ordine pubblico

1. Il Gruppo per l’applicazione e la verifica darà vita a un’Unità di polizia della Città vecchia (Up) per collegare, coordinare e assistere le forze di polizia israeliane e palestinesi nella Città vecchia, per sciogliere le tensioni localizzate e aiutare a risolvere le dispute e realizzare i compiti propri in particolari luoghi e in accordo alle procedure previste e dettagliate nell’Annesso X.

2. L’Unità di polizia relazionerà periodicamente al Gruppo per l’applicazione e la verifica.

iii. Entrambe le Parti potranno sottoporre reclami in relazione a questa clausola al Gruppo per l’applicazione e la verifica che si pronuncerà prontamente in accordo all’Articolo 16.

(c) Libertà di movimento nella Città vecchia

Il movimento nella Città vecchia sarà libero e senza impedimenti, soggetto agli obblighi di questo articolo e a leggi e regolamenti specifici per i diversi luoghi santi.

(d) Ingresso nella/uscita dalla Città vecchia

i. I punti di ingresso e di uscita della Città vecchia saranno gestiti, a meno di altre specificazioni, dalle autorità dello Stato sotto la cui sovranità ricade quel punto, con la presenza di membri dell’Unità di polizia.

ii. Per facilitare il movimento dentro la Città vecchia, ciascuna Parte prenderà ai varchi nel suo territorio le misure necessarie ad assicurare la preservazione della sicurezza nella Città vecchia. L’Unità di polizia monitorerà le operazioni ai varchi.

iii. I cittadini di entrambe le Parti non possono usare le uscite dell’altra Parte a meno che non ne siano espressamente autorizzati. I turisti possono lasciare la Città vecchia solo nel territorio sul quale gli è stata data l’autorizzazione per entrare.

(e) Sospensione, termine ed espansione

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Allegato i. Entrambe le Parti possono sospendere in caso di emergenza per una settimana la validità degli accordi di cui al Paragrafo iii del Punto 7 dell’Articolo 6. L’estensione di questa sospensione per più di una settimana dovrà essere successiva a una consultazione con l’altra Parte e con il Gruppo per l’applicazione e la verifica al Comitato trilaterale definito al Punto 3 dell’Articolo 3.

ii. Questa clausola non può essere applicata agli accordi definiti al Paragrafo vi del Punto 7 dell’Articolo 6.

iii. Tre anni dopo il trasferimento dell’autorità sulla Città vecchia, le Parti rivedranno queste intese che potranno decadere solo per accordo fra le Parti.

iv. Le Parti esamineranno la possibilità di estendere queste intese sulla Città vecchia e possono accordarsi su tale estensione.

(f) Intese speciali

i. Lungo la linea tracciata sulla Mappa X (da Giaffa alla Porta di Sion) si stabiliranno intese permanenti e garantite per l’accesso riguardanti gli israeliani, per la libertà di movimento e la sicurezza come definito nell’Annesso X.

1. Il Gruppo per l’applicazione e la verifica sarà responsabile per l’applicazione di queste intese.

ii. Senza pregiudizio per la sovranità palestinese, l’amministrazione israeliana della Cittadella viene definita nell’Annesso X.

(g) Codice di colori della Città vecchia

Nella Città vecchia sarà applicato un codice di colori per denotare le aree di sovranità delle rispettive parti.

(h) Funzioni di polizia

i. Un numero concordato di elementi della polizia israeliana costituirà il Distaccamento della polizia israeliana della Città vecchia ed eserciterà la responsabilità di mantenere l’ordine e le funzioni quotidiane di polizia nell’area sotto sovranità israeliana.

ii. Un numero concordato di elementi della polizia palestinese costituirà il Distaccamento della polizia palestinese della Città vecchia ed eserciterà la responsabilità di mantenere l’ordine e le funzioni quotidiane di polizia nell’area sotto sovranità palestinese.

iii. Tutti i membri dei rispettivi distaccamenti israeliano e palestinese della Città vecchia seguiranno una particolare formazione, comprese esercitazioni congiunte, che sarà gestita dall’Unità di polizia.

iv. Una speciale Sala congiunta, sotto la direzione dell’ Unità di polizia e comprendenti membri della polizia israeliana e palestinese della Città vecchia, agevolerà il coordinamento su tutte le materie riguardanti l’ordine pubblico e la sicurezza nella Città vecchia.

(i) Armi

A nessuna persona sarà consentito trasportare o possedere armi nella Città vecchia, con l’eccezione delle Forze di polizia previste in questo accordo. Inoltre, ogni Parte potrà ottenere speciali permessi per possedere o trasportare armi nell’area sotto la sua sovranità.

(j) Intelligence e sicurezza

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Allegato i. Le Parti stabiliranno una intensa cooperazione sul piano dell’intelligence per la Città vecchia, compresa l’immediata condivisione delle informazioni su eventuali minacce.

ii. A sostegno di questa cooperazione sarà formato un Comitato trilaterale composto dalle due Parti e da rappresentanti degli Stati uniti.

8. Cimitero del Monte degli ulivi

(a) L’area definita nella Mappa X (il cimitero ebraico sul Monte degli ulivi) sarà sotto amministrazione israeliana; la legge e i regolamenti israeliani saranno applicati alle persone in quest’area secondo l’Annesso X.

i. Sarà definita una strada che consenta l’accesso libero, illimitato e senza ostacoli al cimitero.

ii. Il Gruppo per l’applicazione e la verifica monitorerà l’applicazione di questa clausola.

iii. Questi accordi possono decadere solo per accordo fra le Parti.

9. Intese particolari sul Cimitero

Si stabiliranno intese speciali sui due cimiteri segnati nella Mappa X (Cimitero del Monte Sion e Cimitero della colonia tedesca), per facilitare e garantire la continuazione delle tradizionali usanze di visite e commemorazione dei defunti, compresa la facilitazione dell’accesso.

10. Il Tunnel del Muro occidentale

(a) Il Tunnel del Muro occidentale definito nella Mappa X sarà sotto l’amministrazione israeliana, comprendendo:

i. Accesso senza restrizioni per gli israeliani e diritto di culto e di pratiche religiose.

ii. Responsabilità per la preservazione e la manutenzione del sito secondo quanto previsto in questo Accordo e senza danneggiare le strutture precedenti, sotto la supervisione del Gruppo per l’applicazione e la verifica.

iii. Funzioni di polizia israeliana

iv. Monitoraggio del Gruppo per l’applicazione e la verifica

v. L’uscita nord del Tunnel sarà usata solo a questo fine e può essere chiusa solo in caso di emergenza come definito al Punto 7 dell’Articolo 6.

(b) Questa intesa può decadere solo per accordo fra le Parti.

11. Coordinamento municipale

(a) Le due municipalità di Gerusalemme potranno dar vita a un Comitato di coordinamento e di sviluppo di Gerusalemme (CcsG) per verificare la cooperazione e il coordinamento fra la municipalità palestinese e la municipalità israeliana di Gerusalemme. Il Comitato di coordinamento e di sviluppo di Gerusalemme e suoi sub-comitati saranno composti da un uguale numero di rappresentanti della Palestina e di Israele. Ciascuna Parte nominerà i membri del Comitato di coordinamento e di sviluppo di Gerusalemme e dei suoi sub-comitati secondo opportune modalità.

(b) Il Comitato di coordinamento e di sviluppo di Gerusalemme assicurerà il coordinamento delle infrastrutture e i servizi per servire al meglio gli abitanti di Gerusalemme e promuovere lo sviluppo economico della città a beneficio di tutti. Il Comitato di coordinamento e di sviluppo di Gerusalemme opererà per incoraggiare il dialogo fra le comunità e la riconciliazione.

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Allegato (c) Il Comitato di coordinamento e di sviluppo di Gerusalemme avrà i seguenti sottocomitati:

i. Un Sotto-comitato per la pianificazione e la suddivisione in zone: per garantire concordemente le regole per la pianificazione e la suddivisione in zone delle aree definite nell’Annesso X.

ii. Un Sotto-comitato per le infrastrutture idriche: per governare le materie riguardanti la fornitura dell’acqua potabile, le acque di scarico e la loro raccolta e trattamento.

iii. Un Sotto-comitato per i trasporti: per coordinare le principali connessioni e compatibilità dei due sistemi viari e altri problemi connessi ai trasporti.

iv. Un Sotto-comitato per l’ambiente: per affrontare i problemi ambientali che influenzano la qualità della vita nella città, compreso lo smaltimento dei rifiuti solidi.

v. Un Sotto-comitato per l’economia e lo sviluppo: per formulare piani per lo sviluppo economico nelle aree di comune interesse, compresa l’area dei trasporti, cooperazione commerciale nelle aree confinanti, e il turismo.

vi. Un Sotto-comitato per i servizi di polizia e di emergenza: per coordinare le misure per il mantenimento dell’ordine pubblico e la prevenzione del crimine e la fornitura dei servizi di emergenza.

vii. Un Sotto-comitato per la Città vecchia: per pianificare e coordinare strettamente e congiuntamente le necessità di importanti servizi municipali e altre funzioni fissate nel Punto 7 dell’Articolo 6.

viii. Eventuali altri comitati saranno concordati nel Comitato di coordinamento e di sviluppo di Gerusalemme.

12. Residenza israeliana di abitanti palestinesi di Gerusalemme

I palestinesi di Gerusalemme che hanno il loro Luogo di residenza permanente in Israele perderanno questo status qualora l’area nella quale risiedono passerà sotto sovranità Palestinese.

13. Trasferimento di autorità

Le Parti applicheranno in certe sfere socio-economiche misure ad interim per assicurare il concordato e ordinato trasferimento dei poteri e degli obblighi di Israele alla Palestina. Ciò sarà fatto in modo da preservare i diritti socio-economici maturati dai residenti di Gerusalemme Est.

Articolo 7 – Rifugiati

1. Importanza del problema dei rifugiati

(a) Le Parti riconoscono che, nel contesto di due stati indipendenti, Palestina e Israele, che vivono fianco a fianco in pace, è necessario raggiungere una intesa per risolvere il problema dei rifugiati per ottenere una giusta, larga e duratura pace fra i due popoli.

(b) Questa risoluzione sarà inoltre fondamentale per costruire la stabilità e lo sviluppo della regione.

2. Risoluzione n. 194 dell’Assemblea generale dell’Onu (Rago), Risoluzione n. 242 del Consiglio di sicurezza dell’Onu (RcsO) e Iniziativa di Pace araba

(a) Le Parti riconoscono che la Risoluzione n. 194 dell’Assemblea generale dell’Onu, la Risoluzione n. 242 del Consiglio di sicurezza dell’Onu n.242 e l’Iniziativa di pace araba (Articolo 2.ii) sui diritti dei rifugiati palestinesi rappresentano le basi per risolvere il problema dei rifugiati e concordano che questi diritti vengano soddisfatti con quanto contenuto nell’Articolo 7 di questo Accordo.

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Allegato 3. Compensazioni

(a) I rifugiati hanno diritto a compensazione per il loro stato di rifugiati e per la perdita delle proprietà. Questo non pregiudica o non è di pregiudizio per il luogo di residenza permanente dei rifugiati.

(b) Le Parti riconoscono il diritto a una ricompensa per quei paesi che hanno ospitato rifugiati palestinesi.

4. Scelta del luogo di residenza permanente (Lrp)

La soluzione del problema di un Luogo di residenza permanente dei rifugiati comporterà un atto di scelta informata da parte dei rifugiati da esercitarsi nell’ambito delle opzioni e le modalità definite in questa intesa. Le opzioni sul Luogo di residenza permanente sui quali i rifugiati possono esercitare la loro scelta sono come segue:

(a) Lo stato di Palestina secondo quanto definito al successivo paragrafo i.

(b) Le aree in Israele che vengono trasferite alla Palestina nello scambio di territori, con l’assunzione di sovranità palestinese, secondo quanto definito al successivo paragrafo i.

(c) Paesi Terzi , secondo quanto definito al successivo paragrafo ii.

(d) Lo Stato di Israele secondo quanto definito al successivo paragrafo iii.

(e) Gli attuali Stati ospitanti, secondo quanto definito al successivo paragrafo iv.

i. Tutti i rifugiati palestinesi hanno diritto a scegliere le opzioni (a) e (b) per il Luogo di residenza permanente in accordo con le leggi dello Stato della Palestina.

ii. L’opzione (c) sarà a discrezione di ogni paese terzo che fisserà il numero complessivo di palestinesi che potranno scegliere questa opzione, questo numero sarà proposto dal paese terzo alla Commissione internazionale. Questo numero rappresenterà il massimo di rifugiati palestinesi che il quel paese terzo accetterà.

iii. L’opzione (d) sarà a discrezione di Israele che fisserà il numero complessivo di palestinesi che potranno scegliere questa opzione, questo numero sarà proposto alla Commissione internazionale. Questo numero rappresenterà il massimo di rifugiati palestinesi che Israele accetterà. Come riferimento Israele considererà la media del numero proposto dai diversi paesi terzi alla Commissione internazionale.

iv. L’opzione (e) sarà a discrezione della sovranità degli attuali stati ospitanti. Dove esercitata questa sarà nel contesto di pronti e intensivi programmi di sviluppo e riabilitazione per le comunità dei rifugiati.

5. Scelta libera e informata

Il processo attraverso il quale i rifugiati palestinesi esprimeranno la scelta del loro Luogo di residenza permanente sarà fondato su una decisione libera e informata. Le stesse Parti sono impegnate e incoraggeranno parti terze per facilitare la libera scelta dei rifugiati per esprimere la loro preferenza e per far fronte a ogni ostacolo o interferenza o pressione organizzata sul processo di scelta. Questo non porterà pregiudizio al riconoscimento dello Stato della Palestina come raggiungimento dell’autodeterminazione dei palestinesi e la realizzazione della loro entità statuale.

6. Fine dello stato di rifugiato

La condizione di rifugiato palestinese cesserà con la definizione per ciascun rifugiato del Luogo di residenza permanente come determinato dalla Commissione internazionale.

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Allegato 7. Fine delle rivendicazioni

Questo accordo comporterà la permanente e completa risoluzione del problema dei rifugiati palestinesi. Nessuna rivendicazione potrà essere sollevata eccetto per quelle relative all’applicazione di questo accordo.

8. Ruolo della Comunità internazionale

Le Parti inviteranno la Comunità internazionale a partecipare pienamente alla generale risoluzione del problema dei rifugiati secondo questo Accordo compreso, fra l’altro, la costituzione di una Commissione internazionale e il Fondo internazionale.

9. Compensazione delle proprietà

(a) I rifugiati saranno compensati per la perdita delle proprietà derivante dal loro reinsediamento.

(b) La somma totale della compensazione della proprietà sarà calcolata come segue:

i. Le Parti richiederanno alla Commissione internazionale di nominare un Gruppo di esperti per stimare il valore delle proprietà dei palestinesi al momento di cui ne sono stati allontanati.

ii. Il gruppo di esperti fonderà il suo lavoro sui dati dell’UNCCP [United Nations Conciliation Commission for Palestina] (Commissione delle Nazioni unite per la riconciliazione in Palestina), i dati del Custodia delle proprietà degli Assenti, e ogni altro dato che risulterà rilevante. Le Parti metteranno i loro dati a disposizione del Gruppo.

iii. Le Parti nomineranno esperti per assistere e consigliare il Gruppo nel suo lavoro.

iv. In sei mesi, il Gruppo sottoporrà le sue stime alle Parti.

v. Le parti concorderanno su un moltiplicatore economico da applicarsi per le stime, per raggiungere un adeguato valore complessivo della proprietà.

(c) Il Valore complessivo concordato dalle Parti sarà fornito da parte di Israele in una somma forfetaria come contributo al Fondo internazionale. Nessuna altra rivendicazione finanziaria potrà essere avanzata da rifugiati palestinesi contro Israele.

(d) Il contributo di Israele sarà realizzato secondo quanto definito alla Lista X.

(e) Il Valore dei beni che rimarranno intatti e di proprietà dei coloni e trasferiti allo stato palestinese saranno dedotti dal contributo dovuto da Israele al Fondo internazionale. Una stima di questo valore sarà fatto dal Fondo internazionale, tenendo conto della valutazione dei danni causati dagli insediamenti stessi.

10. Compensazione per la condizione di rifugiato

(c) Sarà stabilito un Fondo per la condizione di rifugiato per risarcire le persone alle quali viene riconosciuta la condizione di rifugiato. Il Fondo, al quale Israele contribuirà per una parte, sarà sotto l’autorità della Commissione internazionale. La struttura e il finanziamento del Fondo sono definiti nell’Annesso X.

(d) I fondi verranno assegnati alle comunità dei rifugiati nelle aree già di operazione dell’UNRWA, e saranno a disposizione per lo sviluppo comunitario e per la commemorazione dell’esperienza di rifugiato. La Commissione internazionale metterà a punto adeguati meccanismi con i quali le comunità di rifugiati saranno messe in grado di determinare e amministrare l’uso di questo Fondo.

11. La Commissione internazionale (Commissione)

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Allegato (a) Mandato e composizione

i. Una Commissione internazionale stabilirà e avrà piena ed esclusiva responsabilità per l’applicazione di tutti gli aspetti di questo Accordo riguardanti i rifugiati.

ii. Oltre a loro medesime, le Parti possono chiamare a farne parte le Nazioni unite, gli Stati Uniti, l’UNRWA, i paesi arabi ospitanti, l’Unione europea, la Svizzera, il Canada, la Norvegia, il Giappone, la Banca mondiale, la Federazione russa e altri.

iii. La Commissione:

1. Dirigerà e gestirà il processo attraverso il quale viene determinato lo status dei rifugiati e verrà definito il Luogo di residenza permanente dei rifugiati palestinesi.

2. Dirigerà e gestirà, in stretto rapporto con gli stati ospitanti, i programmi di riabilitazione e sviluppo.

3. Raccoglierà e assegnerà i fondi come previsto.

iv. Le Parti metteranno a disposizione della Commissione tutta la documentazione necessaria e i materiali di archivio in loro possesso utili per il funzionamento della Commissione stessa e dei suoi organi. La Commissione può richiedere tale materiale da ogni altra parte e corpo rilevante, compresi, fra l’altro, UNCCP e UNRWA.

(b) Struttura

i. La Commissione sarà gestita da un Comitato esecutivo (Esecutivo) composto da rappresentanti delle Parti componenti della Commissione.

ii. L’Esecutivo sarà la massima autorità della Commissione e prenderà le principali decisioni politiche coerentemente con questo Accordo.

iii. L’Esecutivo definirà le procedure che regoleranno il lavoro della Commissione coerentemente con questo Accordo.

iv. L’Esecutivo dirigerà il lavoro dei vari comitati della Commissione. I detti Comitati riferiranno all’Esecutivo secondo le procedure previste.

v. L’Esecutivo costituirà un Segretariato e ne nominerà un suo Dirigente. Il Dirigente e il Segretariato cureranno le attività quotidiane della Commissione.

(c) Comitati specifici

i. La Commissione formerà i Comitati tecnici di seguito definiti.

ii. A meno di disposizioni diverse in questo Accordo, l’Esecutivo definirà le strutture e le procedure dei Comitati.

iii. Le Parti, ove necessario, potranno dar vita a sottogruppi dei Comitati.

iv. I Comitati definiranno meccanismi per la risoluzione di dispute sorte per l’interpretazione o l’applicazione degli obblighi di questo Accordo rispetto ai rifugiati.

v. I Comitati funzioneranno secondo quanto previsto da questo Accordo e assumeranno concordemente decisioni vincolanti.

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Allegato vi. I rifugiati hanno il diritto di ricorrere in appello per le decisioni che li riguardano secondo i meccanismi definiti da questo Accordo e dettagliati nell’Annesso X.

(d) Comitato per la determinazione dello status

i. Il Comitato per la determinazione dello status sarà responsabile della verifica della condizione di rifugiato.

ii. La registrazione all’UNRWA potrà essere (prima facie) rifiutata come documentazione per il riconoscimento dello stato di rifugiato.

(e) Comitato di compensazione

i. Il Comitato di compensazione sarà responsabile per la gestione dell’applicazione delle compensazioni dovute.

ii. Il Comitato verserà le compensazioni per le proprietà individuali secondo le seguenti modalità:

1. un premio per capita fissato per le proprietà rivendicate secondo un preciso valore. Questo richiederà al reclamante di provare solo il titolo e sarà trattato secondo una procedura veloce; o

2. Un premio basato sulla rivendicazione eccedente un valore specificato per immobili e altri beni. Questo richiederà al reclamante di provare sia il titolo che il valore delle perdite subite.

iii. L’Annesso X definirà i dettagli compresi, ma non limitato a, problemi relativi alle prove e l’uso dell’UNCCP, Custodia delle proprietà degli assenti e i dati dell’UNRWA, come ogni altro dato rilevante.

(f) Comitato per la ricompensa per gli stati ospitanti

Vi saranno ricompense per gli stati ospitanti

(g) Comitato per il Luogo di residenza permanente (Comitato Srp)

Il Comitato per il Luogo di residenza permanente:

i. Svilupperà con tutte le parti rilevanti programmi dettagliati per la realizzazione delle opzioni sul Luogo di residenza permanente secondo il Punto 4 dell’Articolo 7 precedente.

ii. Assisterà i richiedenti nel compiere scelte informate rispetto alle opzioni del Luogo di residenza permanente.

iii. Riceverà domande dai rifugiati rispetto il Luogo di residenza permanente. I richiedenti dovranno indicare un numero di preferenze in accordo con quanto previsto al precedente Punto 4 dell’Articolo 7. Le richieste dovranno essere presentate non oltre due anni dall’inizio delle attività della Commissione internazionale. I rifugiati che non faranno domanda entro il periodo di due anni perderanno il loro status di rifugiati.

iv. Determinerà, in accordo con il Punto (a) del Punto precedente, il Luogo di residenza permanente dei richiedenti, tenendo conto delle preferenze individuali e del mantenimento dell’unità familiare. I richiedenti che non accettano le determinazioni del Comitato per il Luogo di residenza permanente perderanno la loro condizione di rifugiati.

v. Fornirà ai richiedenti un’adeguata assistenza legale e tecnica.

vi. Il Luogo di residenza permanente dei rifugiati palestinesi sarà definito entro cinque anni dall’inizio delle operazioni della Commissione internazionale.

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Allegato

(h) Comitato del Fondo per la condizione di rifugiato

Il Comitato del fondo per la condizione di rifugiato metterà in pratica quanto previsto al Punto 10 dell’Articolo 7 come definito nell’Annesso X.

(i) Comitato per la riabilitazione e lo sviluppo

Coerentemente con i fini di questo Accordo, e tenendo in conto dei programmi per i Luoghi di residenza permanente, il Comitato per la riabilitazione e lo sviluppo lavorerà a stretto contatto con la Palestina, i Paesi ospitanti e altre specifiche parti terze nel perseguimento dell’obiettivo della riabilitazione e dello sviluppo della comunità. Questo comprenderà programmi e piani per garantire agli ex rifugiati le opportunità per lo sviluppo individuale e comunitario, abitazione, educazione, sanità, formazione e altre necessità da integrarsi nei piani generali di sviluppo.

12. Il Fondo internazionale

(a) Il Fondo internazionale (Fondo) sarà tale da ricevere i contributi indicati in questo Articolo e ulteriori contributi da parte della comunità internazionale. Il Fondo fornirà contributi alla Commissione per permettere lo svolgimento delle funzioni definite. Il Fondo svolgerà attività di audit sul lavoro della Commissione.

(b) La struttura, la composizione e l’attività del Fondo sono definite nell’Annesso X.

13. UNRWA

(a) L’UNRWA cesserà di operare in ogni paese ove oggi opera, con la fine della presenza in quel paese di persone con lo status di rifugiato.

(b) L’UNRWA potrebbe cessare di esistere cinque anni dopo l’inizio delle attività della Commissione. La Commissione definirà un piano per la cessazione delle attività dell’UNRWA e faciliterà il passaggio delle funzioni dall’UNRWA allo stato ospitante.

14. Programmi di riconciliazione

(a) Le Parti incoraggeranno e promuoveranno lo sviluppo della cooperazione fra le loro principali istituzioni e la società civile per creare fora per scambiare la riflessione e il racconto delle vicende storiche e migliorare la comprensione specifica rispetto al passato.

(b) Le Parti incoraggeranno e faciliteranno scambi per diffondere una più ricca conoscenza delle rispettive vicende storiche, nel campo dell’educazione formale e informale, favorendo contatti diretti fra scuole, istituti educativi e la società civile.

(c) Le Parti potranno prendere in considerazione programmi culturali trasversali nelle comunità per promuovere l’obiettivo della conciliazione in rapporto alle loro rispettive storie.

(d) Questi programmi possono comprendere lo sviluppo di appropriate iniziative per commemorare i villaggi e le comunità che vivevano in quel territorio prima del 1949.

Articolo 8 – Comitato di cooperazione israelo-palestinese (Ccip)

1. Le parti definiranno un Comitato di cooperazione israelo-palestinese immediatamente dopo l’entrata in vigore di questo Accordo. Il Comitato di cooperazione israelo-palestinese sarà un organo a livello ministeriale con co-presidenti a livello ministeriale.

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Allegato

2. Il Comitato di cooperazione israelo-palestinese svilupperà e assisterà l’applicazione di politiche per la cooperazione nelle aree di comune interesse compreso, ma non limitato a, cooperazione municipale sui transiti frontalieri, parchi industriali di frontiera, programmi di scambio, sviluppo delle risorse umane, sport e giovani, scienza, agricoltura e cultura.

3. Il Comitato di cooperazione israelo-palestinese opererà per allargare le sfere e i fini della cooperazione fra le parti.

Articolo 9 – Accordi per l’uso di strade definite

1. Le seguenti intese a fini di uso civile per gli israeliani saranno applicate a definite strade della Palestina come dettagliato nella Mappa X (Strada 443, da Gerusalemme a Tiberiade via Valle del Gio rdano e Gerusalemme-Ein Gedi).

2. Queste intese non pregiudicheranno la giurisdizione palestinese sopra quelle strade, compreso il pattugliamento da parte della Forza di sicurezza palestinese.

3. Le procedure per le intese sulle strade definite saranno più precisamente dettagliate nell’Annesso X.

4. Gli israeliani possono avere permessi per l’uso delle strade definite. Documenti di autorizzazione saranno esibiti all’ingresso alle strade definite. Le parti possono prendere in esame la possibilità di regolare l’uso delle strade tramite l’installazione di un sistema di carte elettroniche.

5. Le strade definite saranno pattugliate in ogni momento dalla Forza multinazionale. La Forza multinazionale fisserà con gli Stati di Israele e di Palestina accordi per la cooperazione in caso di evacuazione di Israele per ragioni sanitarie.

6. Nel caso di qualunque incidente che coinvolga cittadini israeliani e richiedenti attività di indagine civile o penale, vi sarà piena cooperazione fra le autorità israeliane e palestinesi secondo le intese da definirsi come parte della cooperazione legale fra i due stati. Le Parti potranno rivolgersi al Gruppo per l’attuazione e la verifica per essere assistiti rispetto a questi eventi.

7. Gli israeliani non potranno usare le strade definite come mezzo per entrare in Palestina senza le necessarie documentazione e autorizzazione.

8. Nel caso di una pacificazione nella regione, potranno essere concordate e diventare effettive intese per l’uso civile palestinese di strade definite in Israele.

Articolo 10 – Siti di importanza religiosa

1. Le Parti stabiliranno intese speciali per garantire l’accesso a siti di importanza religiosa come dettagliato nell’Annesso X. Queste intese varranno, fra l’altro, per le Tombe dei Patriarchi a Hebron e per la Tomba di Rachele a Betlemme e Nabi Samuel.

2. L’accesso e l’uscita dai siti saranno serviti da particolari servizi di navetta dai punti di passaggio di frontiera ai siti e viceversa.

3. Le Parti si accorderanno sulle condizioni e le procedure per ottenere licenze per autorizzare servizi privati di navetta.

4. Le navette e i passeggeri saranno soggetti alle ispezioni della Forza multinazionale.

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Allegato 5. Le navette verranno scortate dalla Forza multinazionale sulla strada fra il passaggio del confine e i siti e viceversa.

6. Le navette seguiranno le leggi e le disposizioni della Parte a cui appartiene la sovranità del territorio che stanno attraversando.

7. Intese per l’accesso ai siti in giorni particolari e nelle festività sono dettagliati nell’Annesso X.

8. La Polizia palestinese e la Forza multinazionale saranno presenti in questi siti.

9. Le Parti stabiliranno un corpo congiunto per l’amministrazione religiosa di questi siti.

10. Nel caso di un qualunque incidente che coinvolga cittadini israeliani e che richieda un procedimento civile o penale, vi sarà piena cooperazione fra autorità israeliane e palestinesi secondo gli accordi sottoscritti. A questo proposito le Parti potranno richiedere l’assistenza del Gruppo per l’attuazione e la verifica.

11. Gli israeliani non useranno le navette come mezzo per entrare in Palestina senza le necessarie autorizzazioni.

12. Le Parti proteggeranno e preserveranno i siti di importanza religiosa definiti nell’Annesso X e agevoleranno le visite ai cimiteri definiti nell’Annesso X.

Articolo 11 – Regime delle frontiere

1. Vi sarà un regime delle frontiere fra i due stati, per cui i movimenti attraverso esse saranno soggetti alle leggi di ognuna delle Parti e agli obblighi di questo Accordo come definito nell’Annesso X.

2. Il movimento attraverso la frontiera avverrà solo in definiti posti di attraversamento.

3. Saranno definite procedure per l’attraversamento delle frontiere per agevolare i grandi traffici commerciali e le relazioni economiche, compreso il movimento della manodopera fra le Parti.

4. Ciascuna delle Parti, nei rispettivi territori, prenderà le misure ritenute necessarie per garantire che nessuna persona, veicolo o bene entri illegalmente nel territorio dell’altra Parte.

5. Speciali intese sui confini in Gerusalemme saranno definiti in accordo con il precedente Articolo.

Articolo 12 – Acqua: ancora da definire

Articolo 13 – Relazioni economiche: ancora da definire

Articolo 14 – Cooperazione legale: ancora da definire

Articolo 15 – Prigionieri e detenuti palestinesi

1. Nel contesto di questo Accordo sullo status permanente fra Israele e Palestina, la fine del conflitto, la cessazione della violenza, e le forti intese sulla sicurezza definite in questo Accordo, tutti i prigionieri palestinesi e arabi detenuti nel quadro del conflitto israelo-palestinese prima della data di questo Accordo, GG/MM/2003, saranno rilasciati secondo l’appartenenza alle categorie di seguito specificate e dettagliate nell’Annesso X.

(a) Categoria A: tutte le persone imprigionate prima della applicazione della Dichiarazione dei principi del 4 maggio 1994, detenuti per reati amministrativi e minori così come donne e prigionieri in precarie condizioni di salute saranno rilasciati immediatamente all’entrata in vigore di questo Accordo.

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Allegato (b) Categoria B: tutte le persone imprigionate dopo il 4 maggio 1994 e prima della firma di questo Accordo saranno rilasciati non oltre 18 mesi dall’entrata in vigore di questo Accordo, eccetto per quelli compresi nella Categoria C.

(c) Categoria C: Casi eccezionali – persone il cui nome sia compreso nell’Annesso X – saranno rilasciati entro trenta mesi dal completamento di ogni aspetto territoriale di questo Accordo come previsto dal Paragrafo del Punto 7 dell’Articolo 5.

Articolo 16 – Meccanismo per la risoluzione delle dispute

1. Le dispute sull’interpretazione o sull’applicazione di questo Accordo saranno risolte tramite negoziati condotti dall’Alto Comitato direttivo dentro un quadro bilaterale da convenirsi.

2. Se le dispute non saranno prontamente risolte in questo modo, entrambi le Parti possono sottoporsi a una mediazione e a una conciliazione con i meccanismi previsti dal Gruppo per l’applicazione e la verifica secondo l’Articolo 3.

3. Le dispute che non possano essere risolte da negoziati bilaterali e/o tramite la procedura di riconciliazione del Gruppo per l’applicazione e la verifica saranno affrontati da una procedura di conciliazione da concordarsi fra le Parti.

4. Le dispute che non possano essere risolte mediante le procedure definite ai punti precedenti potranno essere sottoposte a un Collegio arbitrale. Ciascuna Parte nominerà uno dei tre membri che comporranno il Collegio. Le Parti sceglieranno un terzo arbitro da una lista concordata di arbitri definita nell’Annesso X o con il consenso o, in caso di dissenso, per rotazione.

Articolo 17 – Clausola finale

Comprendente una clausola finale per una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni unite/Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite che faccia proprio l’Accordo e assorba le precedenti risoluzioni dell’Onu.

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Allegato

Cartina illustrativa degli Accordi di Ginevra

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Fonti

Le fonti utilizzate

SITI INTERNET

www.un.org, il sito ufficiale delle Nazioni Unite www.mfa.gov.il, il sito del Ministero della Difesa israeliano

www.btselem.org, il sito del Centro di Informazione Israeliano per i Diritti Umani nei Territori Occupati

www.pengon.org, il sito di “Palestinian Environmental NGOs Network” www.haaretz.com www.israele.netwww.cipmo.org www.infopalestina.it www.paceinmedioriente.it www.stopthewall.orgwww.italystopthewall.orgwww.peacereporter.net QUOTIDIANI, PERIODICI E ORGANI DI STAMPA

Il Corriere della Sera La Repubblica La Stampa L’Unità Internazionale Sette AdnKronos Ansa

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Ringraziamenti

Grazie!

Ringrazio dal profondo del cuore mia sorella Patrizia, senza la quale non sarei mai riuscita a dare una veste grafica tanto speciale a questo elaborato: non solo mi è stata di grandissimo aiuto durante le lunghe ore passate davanti al computer, ma si è rivelata anche una preziosa fonte di consigli.

Ringrazio i miei genitori, che mi hanno sempre sostenuta e incoraggiata in tutti questi

anni di studio. Ringrazio anche la mia super amica Laura per tutte le sue consulenze (e non mi riferisco

solo a quelle giuridiche!)… Ringrazio la nonna Dina, che da tre anni attende con trepidazione il giorno della mia

laurea, e che per questo, prima di ogni esame si è premurata di intercedere presso Qualcuno che sta molto molto in alto!

Ringrazio infine Silvia e Roberta, le mie compagne di corso e di avventure in questi tre

anni trascorsi a Padova: con il loro esempio e la loro costanza sono riuscite a spronarmi nello studio, mentre con il loro umorismo e la loro simpatia hanno saputo rendere divertenti anche i momenti più duri e impegnativi.