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CENTRO DI RICERCHE IN ANALISI ECONOMICA E SVILUPPO ECONOMICO INTERNAZIONALE L’evoluzione istituzionale degli enti territoriali. Il caso della Provincia di Sondrio con comparazioni a cura di Maria Agostina Cabiddu, Floriana Cerniglia, Maria Chiara Cattaneo, Alessandro Damiani, Diletta Dima Coordinamento di Alberto Quadrio Curzio, Maria Agostina Cabiddu, Floriana Cerniglia

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CENTRO DI RICERCHE IN ANALISI ECONOMICAE SVILUPPO ECONOMICO INTERNAZIONALE

L’evoluzione istituzionaledegli enti territoriali.

Il caso della Provincia di Sondriocon comparazioni

a cura di Maria Agostina Cabiddu, Floriana Cerniglia,

Maria Chiara Cattaneo, Alessandro Damiani, Diletta Dima

Coordinamento di Alberto Quadrio Curzio, Maria Agostina Cabiddu, Floriana Cerniglia

€ 15,00

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Università Cattolica del Sacro Cuore

CENTRO DI RICERCHE IN ANALISI ECONOMICAE SVILUPPO ECONOMICO INTERNAZIONALE

L’evoluzione istituzionale degli enti territoriali.Il caso della Provincia di Sondrio con comparazioni*

a cura di Maria Agostina Cabiddu, Floriana Cerniglia,

Maria Chiara Cattaneo, Alessandro Damiani, Diletta Dima

Coordinamento di Alberto Quadrio Curzio, Maria Agostina Cabiddu, Floriana Cerniglia

Maggio 2014

* Questa ricerca è stata svolta dal Centro di ricerche in Analisi Economica Cranec dell’UniversitàCattolica per incarico della Società Economica Valtellinese SEV e del Credito Valtellinese.

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© 2014 CranecISBN 978-88-343-2836-1

Alberto Quadrio Curzio, Professore Emerito presso l’Università Cattolica e Presidentedel Consiglio Scientifico del Centro di Ricerca Cranec dell’Università CattolicaMaria Agostina Cabiddu, Professore di Diritto pubblico comparato presso l’UniversitàCattolica e membro del Consiglio Scientifico del Centro di Ricerca Cranecdell’Università CattolicaFloriana Cerniglia, Professore di Scienza delle finanze presso l’Università di MilanoBicocca e membro del Consiglio Scientifico del Centro di Ricerca Cranec dell’UniversitàCattolicaMaria Chiara Cattaneo, Membro del Consiglio Scientifico del Centro di Ricerca Cranecdell’Università CattolicaAlessandro Damiani, Collaboratore alla ricerca presso il Centro di Ricerca Cranecdell’Università CattolicaDiletta Dima, Collaboratore alla ricerca presso il Centro di Ricerca Cranecdell’Università Cattolica

COMITATO DIRETTIVO: Prof. Carlo Beretta (Direttore), Prof. Marco Fortis; Prof.ssa Fausta Pellizzari (Segretario); Prof. Alberto Quadrio Curzio (Presidente); Prof.Roberto Zoboli.

CONSIGLIO SCIENTIFICO: Prof. Gilberto Antonelli (Università degli Studi di Bologna);Prof. Mauro Baranzini (Università della Svizzera italiana); Prof.ssa Maria Agostina Cabiddu(Università Cattolica del Sacro Cuore); Dott. Antonio Andreoni (University of Cambridge,University of Chile – Santiago); Prof. Giulio Cainelli (Università degli Studi di Padova);Dott. Ivano Cardinale (Emmanuel College, Cambridge); Dott.ssa Maria Chiara Cattaneo(Università Cattolica del Sacro Cuore); Prof.ssa Floriana Cerniglia (Università degli Studidi Milano – Bicocca); Prof. Giuseppe Colangelo (Università degli Studi Insubria-Varese);Prof. Nicola De Liso (Università degli Studi di Lecce); Dott. Andrea Goldstein (ONU); Prof.Mario Maggioni (Università Cattolica del Sacro Cuore); Prof. Giovanni Marseguerra(Università Cattolica del Sacro Cuore); Prof. Guido Merzoni (Università Cattolica del SacroCuore); Prof.ssa Valeria Miceli (Università Cattolica del Sacro Cuore); Prof. PierCarloNicola (Università degli Studi di Milano); Dott. Mario Nosvelli (Consiglio Nazionale delleRicerche – Milano); Prof. Giovanni Pegoretti (Università degli Studi di Trento); Prof. PaoloPini (Università degli Studi di Ferrara); Prof. Thomas Rosenthal (Università Cattolica delSacro Cuore); Prof.ssa Claudia Rotondi (Università Cattolica del Sacro Cuore); Prof.Roberto Scazzieri (Università degli Studi di Bologna); Prof. Danielie Schilirò (Universitàdegli Studi di Messina); Prof. Moshe Syrquin (University of Miami, USA); Prof.ssa TeodoraErika Uberti (Università Cattolica del Sacro Cuore).

Tutti i saggi sono soggetti al referaggio di due Membri del Comitato Scientifico prima diessere pubblicati nella Collana dei Working Paper Cranec edita da Vita e Pensiero.

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Abstract Il lavoro si compone di due sezioni, fra di loro strettamente collegate e complementari. La prima approfondisce gli aspetti giuridici e fornisce il quadro di riferimento dell’evoluzione normativa relativa alle Province, discutendone le principali criticità. La seconda sezione, di carattere finanziario e fiscale, si occupa delle entrate e delle spese delle Province ripercorrendone il percorso storico. Questa ricostruzione ci permette di verificare che, sotto il profilo delle risorse, è difficile negare che nel tempo le Province abbiano progressivamente consolidato un ruolo significativo di gestione delle entrate e delle spese che coinvolgono lo svolgimento di una pluralità di servizi e funzioni. Sotto questo profilo, la Provincia si configura ad oggi con una identità dai contorni tutto sommato abbastanza netti. Su questi contorni si dovrà innestare il processo di attuazione del riordino a seguito dell’approvazione della legge Delrio. Nella ricerca un focus particolare è sul caso della Provincia di Sondrio, provincia montana con un confine estero, i cui aggregati principali relativi alle entrate e alle spese (desumibili dal conto del bilancio) sono messi a confronto sia con i dati medi nazionali sia con quelli di Belluno, quale altra provincia interamente montana. Lo sfondo di riferimento vuole essere quello della valorizzazione delle specificità del «sistema locale», anche con riferimento allo «Statuto Comunitario per la Valtellina», elaborato da Alberto Quadrio Curzio nell’ambito della SEV (Società Economica Valtellinese) nel 2008 ed aggiornato nel 2012.

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Abstract The present work is composed of two closely connected and complementary sections. The first one sets the framework and looks at the juridical side of the legislative evolution about “Provinces”, thus considering its main critical points. The more financial and fiscal second section deals with income and expenditure of Provinces by also looking at their historical evolution. This in depth analysis allows us to state that, if looking at economic and financial assets, Provinces have gradually strengthened their role in managing income and revenues requiring a variety of functions and roles. Therefore, Provinces today are entities with well identified outlines. The reorganisation following the implementation of Legge Delrio will need to move from that. The study provides a specific focus on Sondrio Province, an alpine province with a foreign boundary line, whose main aggregates in income and expenditure (from the official balance sheets) are compared with the national average as well as with Belluno – another totally alpine Province. The reference framework is that of the valorisation of the specific assets of the socioeconomic «local system», also with the “Statuto Comunitario per la Valtellina” (Valtellina Community Statute) � drafted by Alberto Quadrio Curzio within SEV (Società Economica Valtellinese) in 2008 and updated in 2012 – as a landmark.

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INDICE

INTRODUZIONE � Riforme istituzionali, funzionalità territoriali, comunità civili. Il caso della Provincia di Sondrio Alberto Quadrio Curzio 71. Le ragioni di questo studio 72. Analisi giuridico�istituzionale 83. Analisi economico�finanziaria istituzionale 94. La provincia di Sondrio 95. Specificità delle province montane e frontaliere 106. Il ruolo della Regione 107. Dalla analisi, alla progettazione, alla attuazione 118. Lo Statuto Comunitario per la Valtellina 129. Il passato, il presente, il futuro 13

SEZIONE PRIMA � La questione provinciale nell’attuale contesto normativo. Il caso della Provincia di Sondrio Maria Agostina Cabiddu e Diletta Dima 151. Premessa 152. Gli sviluppi successivi alla pronuncia della Corte

Costituzionale n. 220/2013 e l’attuale quadro normativo 20

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3. Profili problematici della riforma 313.1. La trasformazione delle Province in enti

rappresentativi di secondo grado 323.2. Il riordino delle funzioni provinciali 35

4. Le “specificità” delle Province montane 405. Alcune considerazioni conclusive e proposte 43

SEZIONE SECONDA � Le Province: che cosa fanno e come si finanziano. Il caso della Provincia di Sondrio Floriana Cerniglia, Maria Chiara Cattaneo e Alessandro Damiani 47Premessa 471. L’evoluzione dell’ordinamento finanziario delle Province 50

1.1. Le entrate 501.2. Le spese 691.3. I costi delle Province 85

2. La provincia di Sondrio: alcuni dati di sintesi 992.1. Le entrate e le spese della Provincia di Sondrio: alcuni

dati di sintesi 1022.2. Sondrio e Belluno: il conto del bilancio 1072.3. I «costi della politica» in Provincia di Sondrio 115

3. Conclusioni 118

APPENDICE 123ALLEGATI 209

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INTRODUZIONE

Riforme istituzionali, funzionalità territoriali, comunità civili. Il caso della Provincia di Sondrio Alberto Quadrio Curzio 1. Le ragioni di questo studio La questione delle Provincie è da anni alla ribalta in Italia sia per l’eccesso dei “livelli di governo” sia per i connessi costi diretti della PPA sia per quelli onerati sui cittadini e il sistema produttivo. Il problema è stato spesso segnalato anche dalla Commissione Europea con la richiesta all’Italia di provvedere per migliorare l’efficienza e ridurre la spesa pubblica. Per questo negli ultimi due anni sono stati adottati vari provvedimenti normativi per una ridefinizione dell’assetto provinciale. Alcuni di questi provvedimenti si sono fermati per varie ragioni tra cui, anche, formulazioni errate dal punto di vista giuridico�istituzionale. Il quadro dell’evoluzione istituzionale è però cambiato con la cd “Legge Delrio”, Legge n 56 del 7 aprile 2014 “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”.

Muovendo da questo disposto normativo, il presente lavoro lo analizza nel contesto giuridico istituzionale da un lato e dall’altro esamina i flussi di finanza pubblica per la Provincia di Sondrio a confronto con altre Provincie in particolare con quella di Belluno. Si tratta infatti delle due provincie interamente montane con un confine verso stati esteri che proprio per questi motivi assumono una specificità contenuta nella citata norma.

L’obiettivo dello studio è quello di comprendere il perimetro di funzioni e di correlate risorse finanziarie che sono o saranno coinvolte nel riassetto istituzionale delle Provincie con un’attenzione particolare, ma non esclusivo, alla Provincia di Sondrio. Si tratta perciò di un’analisi paradigmatica che potrebbe esprimere un metodo applicabile anche ad alte Provincie o Enti.

Lo studio è articolato, come già detto, in due parti che configurano una combinazione di metodo giuridico ed economico sul quale si fondano

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molte delle analisi del Cranec nella convinzione che solo così si può capire e governare il funzionamento delle Istituzioni.

Per questo il coordinamento dello scrivente è stato affiancato da quello di due colleghe competenti nei due rami di analisi giuridica (Maria Agostina Cabiddu) e di analisi fiscale e finanziaria (Floriana Cerniglia). La loro collaborazione alla ricerca si è inoltre avvalsa di quella, molto importante, di Maria Chiara Cattaneo, Alessandro Damiani, Diletta Dima. A tutti va il mio ringraziamento che merita due precisazioni. Quella che due autorevoli colleghe “non�Valtellinesi”, con la collaborazione di una terza studiosa di valore (Diletta Dima), hanno messo in questa ricerca un impegno che va ben al di là del compito assunto. Quella che due miei laureati Valtellinesi (Maria Chiara Cattaneo, che da anni collabora con il Cranec e Alessandro Damiani, che da tempo collabora con la SEV) hanno dimostrato un sovrappiù di razionale affetto alla loro terra facendo uso della notevole competenza e non del campanilismo. 2. Analisi giuridico�istituzionale La prima sezione dello studio, di carattere giuridico, si pone l’obiettivo di offrire un quadro delle disposizioni e previsioni normative sulle province, sottolineandone gli aspetti critici e problematici anche in prospettiva.

Il percorso normativo, che ha portato all’approvazione della legge Delrio, è analizzato anche in relazione alla successiva prefigurata riforma costituzionale che presenta ancora molti elementi da chiarire nonostante la legge citata venga spesso presentata anche come Legge “ponte” per agevolare la riforma costituzionale al fine di espungere le Provincie dalla Costituzione.

La ricerca evidenzia che la Provincia si trasforma in un ente di secondo livello e di area vasta al quale vengono mantenute le strutture necessarie per un insieme di funzioni e competenze previste dalla legge Delrio, ma il cui effettivo perimetro dovrà essere chiarito nel processo di interazione con la Regione. Uno dei problemi principali è se questa soluzione si ponga in contrasto con il principio di sussidiarietà, esplicitamente affermato dal Titolo V della Costituzione, secondo cui

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funzioni e competenze devono collocarsi al livello di governo di riferimento che permette di esercitarle nel modo più efficace ed efficiente. 3. Analisi economico�finanziaria istituzionale La seconda sezione dello studio analizza l’evoluzione della finanza provinciale (sotto il profilo normativo e quantitativo), delle entrate e spese desumibili dai conti del bilancio e delle correlate competenze e funzioni andate evolvendosi nel tempo. Nel corso degli anni, infatti, le Provincie hanno via via consolidato un ruolo importante per la gestione delle entrate e delle spese relative allo svolgimento di molteplici servizi e funzioni.

L’analisi evidenzia come la legge Delrio porti a una riorganizzazione significativa (oltreché ad una nuova denominazione degli enti ex�provinciali) il che non significa l’abolizione di Enti locali intermedi. Questa seconda sezione si compone a sua volta di due parti.

La prima, di carattere più generale, ricostruisce il percorso storico delle finanze delle Provincie, mettendo in relazione l’evoluzione normativa a quella delle funzioni svolte. Si analizza quindi l’ammontare delle spese totali in capo alle Provincie italiane in rapporto anche alla spesa pubblica complessiva e al contributo apportato in questi ultimi anni dalla finanza provinciale al risanamento, tuttora in corso, dei conti pubblici. Qualche riflessione è dedicata anche al tema dei cosiddetti costi della politica sul cui solco si è collocato anche il tema della soppressione delle Provincie.

La seconda parte della sezione è di carattere fiscale e si concentra sul caso della Provincia di Sondrio, portando l’attenzione soprattutto sulla dinamica delle principali voci di entrata e di spesa che emergono dall’analisi dei conti del bilancio della Provincia per il triennio 2010�2012. 4. La provincia di Sondrio L’attenzione su Sondrio non si limita ai profili della finanza provinciale, ma tocca anche quelli connessi alle caratteristiche sociali ed economiche che hanno anche evidenti riflessi organizzativi. Nel corso dello studio, confronti puntuali sono stati condotti inoltre fra le Provincie di Sondrio e Belluno. Si tratta infatti di aree alpine che condividono numerose caratteristiche, di natura geografica e socioeconomica o più ampiamente di sistema. Ulteriori elementi analoghi ai due territori sono ad esempio densità

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di popolazione, numerosità dei Comuni e numero dei Comuni più grandi. Lo studio offre una fotografia della situazione finanziaria rispetto al bilancio dell’Amministrazione provinciale delle due aree. Questo poiché si tratta delle Provincie interamente montane che godranno perciò del riconoscimento di specificità all’interno della riforma Delrio.

5. Specificità delle province montane e frontaliere Il tema della specificità montana è analizzato in entrambe le sezioni dello studio. Trattandosi inoltre, sia per Sondrio, sia per Belluno, di aree di confine, il particolare interesse della norma di specificità montana si lega alle forme particolari di «autonomia» che, in accordo con la Regione, potrebbero essere riconosciute e alla conseguente possibilità di sviluppare nuove competenze. Molte sono le prospettive che vi si ricollegano, fra cui quella di esercitare direttamente alcune specifiche funzioni, d’intesa con i Comuni del territorio, per favorire una gestione unitaria di servizi svolti ora a livello comunale.

Tale linea di evoluzione potrebbe agevolare processi di semplificazione e anche rafforzamento dell’ente che subentrerà alla Provincia quale che ne sarà la sua denominazione finale. Trattandosi di territori montani transfrontalieri vi sono, infatti, ulteriori funzioni previste dalla legge Delrio e cioè: “a) cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione di servizi in forma associata in base alla specificità del territorio medesimo; b) cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale ed enti territoriali di altri Stati, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane, anche stipulando accordi e convenzioni con gli enti predetti” (comma 86, legge 56/2014).

6. Il ruolo della Regione Con la legge Delrio, quindi, non si può affermare che il Governo amministrativo del territorio dell’attuale Provincia di Sondrio verrà� assorbito in una area più vasta. Come già detto, ma è bene ripeterlo in questo paragrafo con specifica titolazione riferita alla Regione, in base alla citata legge, alla Provincia di Sondrio, in quanto caratterizzata da un territorio interamente montano e confinante con Paese straniero, sono

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attribuite le ulteriori funzioni fondamentali del comma 86 sopra citate, in aggiunta alle funzioni assegnate in via generale a tutte le “ex Provincie”.

Inoltre, la norma stabilisce che lo statuto della Provincia di Sondrio possa “prevedere, d’intesa con la Regione, la costituzione di zone omogenee per specifiche funzioni, con organismi di coordinamento collegati agli organi provinciali, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica” (comma 57, legge 56/2014).

Si profilano pertanto importanti spazi di azione politico�legislativa relativamente alla attuale Provincia di Sondrio, in un quadro articolato che deve necessariamente ricomprendere anche l’ipotesi di una complessiva riorganizzazione delle Comunità� montane e degli altri soggetti para�pubblici (Bim, aziende municipalizzate, consorzi), tema che emerge anche negli approfondimenti condotti nello studio. 7. Dalla analisi, alla progettazione, alla attuazione Nella fase attuale diventa importante operare per cercare di trarre dalle previsioni di legge appena approvate (a partire da quelle relative alle province montane e alle specificità ad esse riconosciute) e nel confronto che dovrà essere fatto con la Regione Lombardia condizioni adatte alla “Provincia” di Sondrio costruendo un progetto a cui dare contenuti operativi rispetto alla Specificità Montana Frontaliera. Ciò sia verso l’esterno sia verso l’interno in un quadro di riorganizzazione e razionalizzazione degli enti presenti sul territorio.

L’obiettivo di fondo resta quello della valorizzazione dei patrimoni territoriali e delle specificità socio�economiche con progetti razionali e sostenibili. Tenuto conto della specificità della “Provincia” citata e della volontà di valorizzare le risorse socio�economiche e territoriali su temi centrali (quali agricoltura, energia e ambiente, comunicazioni e trasporti) ulteriori elementi di funzionalità, che allo stato dell’arte sono da definire, potrebbero ricondursi alla nuova configurazione denominata spesso «area vasta» che non significa in questo caso il superamento del perimetro territoriale della Provincia di Sondrio. Con l’evoluzione normativa e il riconoscimento di specificità montana contenuto nella norma, ci si muove verso un nuovo tipo di governance, da sostanziare attraverso nuove attività, ruoli e competenze. La

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possibilità di intessere rapporti con territori vicini ma di altri Paesi sottolinea uno dei temi chiave che qualifica il nuovo corso dell’azione provinciale. 8. Lo Statuto Comunitario per la Valtellina La “Provincia” di Sondrio sarà in grado di utilizzare al meglio le possibilità che potrebbero derivarle dalla legge Delrio? Questo rimane un quesito di sostanza politica, sociale ed economica al quale non è compito del presente studio rispondere.

È un tema al quale lo scrivente ha dedicato molto impegno in passato per affermare e diffondere quei principi infine raccolti nello Statuto Comunitario per la Valtellina del 2008 elaborato nell’ambito della Società Economica Valtellinese fondata nel 1993.

A queste due iniziative (Sev e Statuto Comunitario) rinviamo richiamandone qui nel seguito alcuni punti. A partire dal riconoscimento di specificità, vocazioni e tradizioni del territorio, lo Statuto identifica e si rivolge alla Comunità Valtellinese. Presentato nel 2008, può essere interpretato quale completamento di un percorso, condotto negli anni attraverso molteplici studi della Collana Credito Valtellinese (Creval) e della Società Economica Valtellinese (SEV). Quest’ultima, infatti, è nata il 6 novembre 1993 come associazione culturale con l’obiettivo di contribuire alla costruzione e rafforzamento dell’identità economico�sociale della provincia di Sondrio per favorire uno sviluppo volto alla qualità. Da oltre vent’anni la SEV si è impegnata a promuovere molteplici iniziative su tematiche di interesse per il sistema locale, sempre in una dimensione di apertura e di confronto con altre realtà. L’attenzione di SEV alla specificità locale ha permesso di rafforzare con numerose attività l’Identità locale e l’Unità� Comunitaria. Con la collaborazione di numerosi esperti di elevato profilo SEV ha sempre promosso l’approfondimento di tematiche di rilievo strategico per la provincia di Sondrio, (come ad esempio paesaggio, economia, trasporti, innovazione, identità, rapporto con le scuole). Sempre con attenzione ad uno sviluppo di qualità, raccogliendo informazioni e valutazioni da cui far discendere progetti di natura più operativa. Il percorso di attuazione dello Statuto attraverso l’implementazione del sistema di monitoraggio ha permesso di compiere una valutazione comparativa della

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Provincia rispetto ad analoghe provincie alpine italiane mettendo in rilievo punti di forza e di debolezza e quindi la necessità di interventi, di politiche specifiche, da implementare a cura dei soggetti con poteri decisionali. In tal modo ideali e concretezza vengono uniti. Lo Statuto Comunitario per la Valtellina ha tracciato così un progetto per la “Rezia Italica” (ovvero per la Valtellina come “Valle alpina lombarda ed Italo�europea” nel XXI secolo). Esso è un riferimento per la promozione di una intonazione comunitaria. In previsione dei cambiamenti normativi che adesso sono in corso, nel 2012 è stato introdotto il Titolo IV dello Statuto, “confermare l’identità” che sottolinea la volontà di “operare realisticamente” ma di rafforzare l’identità locale. L’identità, infatti, resta da promuovere anche se si profila la necessità di “riprogettare le istituzioni” alla luce delle riorganizzazioni previste. 9. Il passato, il presente, il futuro La specificità montana oggetto della riforma istituzionale trattata in questo studio, pertanto, potrebbe anche irrobustire l’identità istituzionale a perimetro territoriale invariato con la riorganizzazione (in relazione alle Comunità Montane, Comuni e loro Consorzi, Bim, etc.) senza derive di tipo campanilistico. Resta fondamentale perciò mantenere in questa fase una visione chiara, unita a competenza e controllo sul tema del monitoraggio normativo, combinato a quello socio�economico. Il contesto normativo e la riorganizzazione istituzionale devono essere funzionali al territorio e agevolare la migliore performance del sistema locale, sul piano civile, sociale ed economico, nel binomio di identità e apertura e nel quadro dei principi di solidarietà, sussidiarietà e sviluppo sostenibile. Ciò richiede di non avere generiche aspirazioni dissolvitrici per entrare in aree molto più vaste nell’ambito di eventuali riaggregazioni istituzionali. Dovrebbe essere noto, infatti, che una provincia�valle alpina, riconosciuta all’esterno da secoli con una sua connotazione storico�ambientale, così facendo rinuncerebbe a questa parte del suo patrimonio entrando in una area più vasta dove altri partecipanti sono molto più forti dal punto di vista economico e demografico. Per la attuale provincia di Sondrio sarebbe inevitabile diventare “periferia” .

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Né sarebbe utile impegnarsi in un tentativo autonomistico per arrivare ad una situazione come quella di Aosta, Trento e Bolzano. É una ipotesi del tutto irrealistica sia per ragioni istituzionali sia per ragioni sostanziali essendo anche possibile dubitare che una forma di autogoverno così marcata sarebbe alla portata dei ceti dirigenti della attuale Provincia di Sondrio. Con (e per) la riorganizzazione ci vuole allora la capacità di spiegare il perché una Valle alpina italiana sui confini svizzeri e molto distante dalla metropoli milanese sia una componente importante nel panorama alpino europeo. Senza una tale convinzione sulle ragioni dell’essere Valle Alpina Italo�Lombardo�Europea e sulla loro declinazione operativa, senza un adeguato monitoraggio e controllo della evoluzione delle situazioni politiche, sociali ed economiche, anche a fronte di quelle di altre Valli Alpine, risulta difficile vedere quali siano i vantaggi specifici nel mantenere una configurazione istituzionale della Comunità civile valtellinese.

Per raggiungere questo risultato sarebbe forse utile che nel dedicare impegno alla Valtellina (denominazione che oggi nella identificazione esterna ricomprende anche le storiche Contee di Chiavenna e di Bormio), i ceti dirigenti cercassero ispirazione e insegnamento nelle personalità politiche ed accademiche che si trovano raffigurate nella seconda edizione dello Statuto Comunitario. E cioè Diego Guicciardi, Maurizio Quadrio, Luigi Torelli, Emilio Visconti Venosta, Fabio Besta, Pio Rajna, Luigi Credaro, Enrico Besta, Ezio Vanoni. Molti altri nomi andrebbero aggiunti ma non è qui il luogo per farlo. Si tratta di personalità che, pur vivendo ed operando in Italia e all’estero, hanno dato un grande contributo per rafforzare una comunità civile e politica della Valtellina collocata anticamente nella Rezia Italica.

*** La Società Economica Valtellinese � ed in particolare Benedetto Abbiati � che ha promosso questa ricerca, e il Credito Valtellinese � ed in particolare Giovanni De Censi � che l’ha sostenuta credono, come lo scrivente, a questa identità della Comunità Valtellinese nella speranza che la loro convinzione trovi conferma crescente.

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SEZIONE PRIMA La questione provinciale nell’attuale contesto normativo. Il caso della Provincia di Sondrio*

Maria Agostina Cabiddu e Diletta Dima

1. Premessa Sono passati poco più di dieci anni dal referendum che, sul finire del 2001, ha aperto la strada ad una delle più importanti revisioni costituzionali dell’intera vicenda repubblicana, quella del Titolo V, Parte II, della Costituzione, che ha dato al sistema un forte impulso in senso federalistico, pur nel rispetto del principio supremo di unità e indivisibilità della Repubblica. Peraltro, non sono mancati criticità e segnali di crisi del sistema come delineato da tale revisione e, invero, mai entrato a pieno regime, scontando il peso storico�politico che è associato al tema delle autonomie: il più noto di tali segnali è quello che vede coinvolto l’ordinamento provinciale e, in particolare, le diverse ipotesi di riorganizzazione delle Province. Scopo della presente Sezione è offrire un quadro delle più recenti previsioni che hanno inciso sul tema delle Province, cercando di metterne in luce gli aspetti maggiormente critici e problematici e, nel contempo, di evidenziarne quelli che, in prospettiva, meriterebbero una più attenta e precisa considerazione da parte del legislatore. In questa logica, non si può fare a meno di prendere atto, tuttavia, che all’argomento fa da sfondo un vero e proprio caos normativo, venutosi a creare a partire dagli interventi del governo Monti in materia. Ed è proprio da questi ultimi che è opportuno prendere le mosse. 1. La prima previsione che, in ordine cronologico, ha inciso in maniera significativa sul tema è stata quella introdotta con l’art. 23 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 («Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici», c.d. Salva Italia), convertito con

* I paragrafi del presente saggio da 2 a 4 (compreso) sono stati integralmente redatti da Diletta Dima.

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modificazioni dall’art. 1, comma 1, l. 22 dicembre 2011, n. 214, che ‘svuotava’ le Province: da un lato, sotto il profilo delle funzioni, limitandole a quelle di «indirizzo e coordinamento» dell’attività dei Comuni1: lo Stato e le Regioni, con propria legge, secondo le rispettive competenze, avrebbero poi dovuto provvedere a trasferire ai Comuni, entro il 31 dicembre 2012, le funzioni conferite dalla normativa vigente alle Province, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, le stesse fossero state acquisite dalle Regioni, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza2; dall’altro, sul versante degli organi di governo, eliminando la Giunta e lasciando solamente Presidente e Consiglio provinciale, eletti ‘in secondo grado’ (il Consiglio composto da non più di dieci membri eletti dagli organi elettivi dei Comuni e il Presidente eletto dal Consiglio provinciale)3. Successivamente, gli artt. 17 e 184 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95 («Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario», c.d. Spending Review), convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, l. 7 agosto 2012, n. 135, attraverso una complessa procedura5, se per un verso tenevano ferma la disciplina sugli 1 Art. 23, comma 14. 2 Cfr. art. 23, comma 18, che prevedeva anche un’ipotesi di intervento sostituivo dello Stato nel caso di mancato trasferimento delle funzioni da parte delle Regioni entro il 31 dicembre 2012. Ancora, in base al successivo comma 19, lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, avrebbero dovuto provvedere altresì al trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali per l’esercizio delle funzioni trasferite, assicurando nell’ambito delle medesime risorse il necessario supporto di segreteria per l’operatività degli organi della Provincia. 3 Art. 23, commi 15, 16 e 17. 4 L’art. 18, tra l’altro, prevedeva la soppressione delle Province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria, disponendo la contestuale istituzione delle relative Città metropolitane a partire dal 1° gennaio 2014. Lo stesso articolo disciplinava inoltre gli organi e le funzioni delle Città metropolitane. 5 Complessa perché, com’è stato sottolineato, in qualche modo «surrogatoria» della procedura prevista dall’art. 133 Cost., secondo la quale la modifica delle circoscrizioni provinciali avviene con legge della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la Regione (F. FABRIZZI, Il caos normativo in materia di Province, Intervento al Seminario di federalismi del 13 dicembre 2013 «Il Ddl Delrio e il governo dell’area vasta», in Federalismi.it, n. 1/2014; della stessa

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organi introdotta dall’art. 23 d.l. n. 201/2011, per altro verso andavano nuovamente a modificare la normativa in tema di funzioni, ripristinando il nucleo essenziale di quelle tradizionalmente di competenza dell’ente di area vasta6 e prevedendo nel contempo un piano di riordino territoriale, sulla base di criteri e requisiti minimi definiti dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012: precisamente, questo procedimento avrebbe dovuto portare all’abolizione delle Province con meno di 350.000 abitanti e con un’estensione inferiore ai 2.500 chilometri quadrati nonché a quelle coincidenti con i territori nei quali si sarebbero dovute istituire le Città metropolitane. È appena il caso di rilevare che, ad ogni modo, quest’ultima fase della riforma non è stata portata a termine: infatti, da un lato, il successivo d.l. 5 novembre 2012, n. 188 («Disposizioni urgenti in materia di Province e Città metropolitane»), che provvedeva a delimitare le circoscrizioni provinciali e metropolitane e a ridurre il numero delle Province nelle Regioni ordinarie, non è stato convertito; dall’altro, l’art. 1, comma 115, l. 24 dicembre 2012, n. 228 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge di stabilità 2013») ha rinviato il riordino delle Province alla successiva legislatura, prevedendo, nel contempo, il commissariamento di quelle che sarebbero dovute andare al voto nel 20137.

Autrice v. anche l’ampia monografia La Provincia. Analisi dell’ente locale più discusso, Napoli, 2012). 6 Precisamente, l’art. 17, comma 10, individuava un nucleo di funzioni amministrative fondamentali, spettanti alle Province «quali enti con funzioni di area vasta»: «a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza; b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione, classificazione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente». 7 In particolare, è stata disposta: la sospensione, fino al 31 dicembre 2013, dell’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 18 e 19 dell’art. 23 d.l. n. 201/2011; la sostituzione, al citato art. 23, comma 16, delle parole «31 dicembre 2012» con le seguenti «31 dicembre 2013»; la sostituzione, all’art. 17, comma 4, d.l. n. 95/2012, delle parole «entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» con le seguenti «entro il 31 dicembre 2013»; la sostituzione, all’art. 17, comma 10, d.l. n. 95/2012, delle parole «all’esito della pro-

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Senza contare, tra l’altro, che l’esame del disegno di legge presentato dal Governo alla Camera il 16 maggio 2012 (a cavallo tra l’adozione del d.l. 201/2011e quella del d.l. 95/2012), che disciplinava le modalità di elezione � di secondo grado � degli organi provinciali, non si è mai concluso. 2. Il quadro appena delineato è stato inciso dalla sentenza della Corte costituzionale 3 luglio 2013, n. 220, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 20�bis, dell’art. 23 d.l. n. 201/2011 e degli artt. 17 e 18 d.l. n. 95/2012, per violazione dell’art. 77 Cost. in relazione agli artt. 117, comma 2, lett. p) e 133, primo comma, Cost., sul rilievo che lo strumento del decreto legge � configurato dall’art. 77 Cost. come «atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza» � non è «utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate»: «la trasformazione per decreto�legge dell’intera disciplina ordinamentale di un ente locale territoriale, previsto e garantito dalla Costituzione, è incompatibile, sul piano logico e giuridico, con il dettato costituzionale, trattandosi di una trasformazione radicale dell’intero sistema, su cui da tempo è aperto un ampio dibattito nelle sedi politiche e dottrinali, e che certo non nasce, nella sua interezza e complessità, da un «caso straordinario di necessità e d’urgenza»8.

cedura di riordino» con le seguenti «in attesa del riordino, in via transitoria»; la sospensione, fino al 31 dicembre 2013, dell’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 18 del d.l. n. 95 del 2012. É stato altresì previsto che «Nei casi in cui in una data compresa tra il 5 novembre 2012 e il 31 dicembre 2013 si verifichino la sca-denza naturale del mandato degli organi delle province, oppure la scadenza dell’incarico di Commissario straordinario delle province nominato ai sensi delle vigenti disposizioni di cui al testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o in altri casi di cessazione an-ticipata del mandato degli organi provinciali ai sensi della legislazione vigente, è nominato un commissario straordinario, ai sensi dell’articolo 141 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 per la provvisoria gestione dell’ente fino al 31 dicembre 2013». 8 Punto 12.1 Considerato in diritto. Peraltro, la Corte sottolinea come lo stesso legislatore avesse implicitamente confermato tale contraddizione allorquando – con l’art. 1, comma 115, l. n. 228/2012 – aveva sospeso per un anno (i.e. fino al 31 dicembre 2013) l’efficacia delle norme del d.l. n. 201/2011: pertanto, «tale ambiguità conferma la palese inadeguatezza dello strumento del decreto�legge a

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Tali considerazioni, ha precisato la Corte, «non portano alla conclusione che sull’ordinamento degli enti locali si possa intervenire solo con legge costituzionale – indispensabile solo se si intenda sopprimere uno degli enti previsti dall’art. 114 Cost., o comunque si voglia togliere allo stesso la garanzia costituzionale – ma, più limitatamente, che non sia utilizzabile un atto normativo, come il decreto�legge, per introdurre nuovi assetti ordinamentali che superino i limiti di misure meramente organizzative»9. E in ogni caso, ha aggiunto ancora la Corte, esiste una incompatibilità logica e giuridica tra il decreto legge e la necessaria iniziativa dei Comuni, prevista dall’art. 133 Cost.10, della cui indefettibilità non può dubitarsi1112.

realizzare una riforma organica e di sistema, che non solo trova le sue motivazioni in esigenze manifestatesi da non breve periodo, ma richiede processi attuativi necessariamente protratti nel tempo, tali da poter rendere indispensabili sospensioni di efficacia, rinvii e sistematizzazioni progressive, che mal si conciliano con l’immediatezza di effetti connaturata al decreto�legge, secondo il disegno costituzionale». 9 Punto 12.1 Considerato in diritto. 10 A questo proposito, la difesa erariale – riprendendo quanto originariamente affermato dalla relazione illustrativa del decreto – sosteneva che la norma costituzionale in parola non potesse trovare applicazione per il caso di un complessivo riordino dell’ente, poiché «il procedimento configurato dall’art. 133 Cost. riguarderebbe variazioni territoriali che nascono in ambito locale ed interessano singoli Comuni, all’interno di una singola Regione. Il riordino previsto dall’art. 17, invece, ha riguardo all’intero territorio nazionale e a tutte le Province, alle quali impone di rispondere ai requisiti di dimensionamento ottimale per l’espletamento delle funzioni di area vasta». 11 La Corte sottolinea che se il decreto�legge presuppone che si verifichino casi straordinari di necessità e urgenza, certamente la necessaria iniziativa dei Comuni non può identificarsi con le suddette situazioni di fatto, «se non altro perché l’iniziativa non può che essere frutto di una maturazione e di una concertazione tra enti non suscettibile di assumere la veste della straordinarietà, ma piuttosto quella dell’esercizio ordinario di una facoltà prevista dalla Costituzione, in relazione a bisogni e interessi già manifestatisi nelle popolazioni locali» (punto 12.2. Considerato in diritto). 12 La Corte, risolvendo le questioni in punto di violazione dell’art. 77, ha considerato assorbiti gli altri profili di illegittimità prospettati dalle Regioni ricorrenti, come la violazione del nucleo minimo di funzioni da riconoscersi all’ente provincia costituzionalmente garantito, la lesione del fondamento democratico del principio

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2. Gli sviluppi successivi alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 220/2013 e l’attuale quadro normativo 1. All’indomani della pubblicazione del dispositivo della decisione della Corte costituzionale (avvenuta in data 3 luglio 2013) il Consiglio dei Ministri ha prontamente approvato (il 5 luglio 2013) un disegno di legge costituzionale per l’abolizione delle Province13, da attuarsi mediante la «soppressione della dizione di “Province” nei diversi articoli della Costituzione che attualmente disciplinano questo ente territoriale: le province, pertanto, non sarebbero più un ente territoriale costituzionalmente necessario»14. In spregio al “riconoscimento” delle autonomie operato col principio fondamentale dell’art. 5 Cost.15 La proposta ha suscitato da subito non poche perplessità, legate soprattutto alla preoccupazione che, essendo la stessa dettata essenzialmente da ragioni politiche e, ancora una volta, da esigenze di contenimento della spesa pubblica16, non si tenesse in debito conto la necessità di realizzare un coerente processo di riorganizzazione del territorio e una razionalizzazione dell’amministrazione locale, al fine di soddisfare le esigenze di una maggiore semplificazione ed efficienza amministrativa. In particolare, è autonomistico prodotta dalla trasformazione delle province in enti di secondo grado o l’invasione di titoli di potestà legislativa e regolamentare regionale (specialmente con riferimento al trasferimento delle funzioni necessitato dal riordino delle Province). 13 N. 1543. 14 Così testualmente il d.d.l. costituzionale. 15 G.C. DE MARTIN, Taglio Province/Tutte le insidie di una cattiva riforma, in ilsussidiario.net, 29 luglio 2013. 16 V. G. SERGES, Soppressione delle Province e “temporanea” ridefinizione della loro posizione nel sistema degli enti locali, in corso di pubblicazione su, 2, il quale evidenzia che l’obiettivo di contenimento della spesa pubblica ha assunto un ruolo determinante e prevalente nell’ottica riformatrice, «tanto da aver rappresentato, esplicitamente, la vera originaria ragione della inusitata accelerazione di un disegno di riforma che, fino a poco tempo addietro, si era mosso nella diversa prospettiva di una stabilizzazione del sistema mediante l’auspicata individuazione delle funzioni fondamentali proprio delle Province e dei Comuni» (il riferimento è al disegno di legge (AS n. 2259) sottoposto all’esame del Senato nella XVI legislatura e recante «Individuazione delle funzioni fondamentali di province e comuni, semplificazione dell’ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali: Riordino di enti e organismi decentrati»).

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apparsa quanto meno discutibile la scelta del Governo di abolire tout court le Province17 anziché avviare un processo di riordino e razionalizzazione delle stesse: infatti, a parte i (comunque modesti18) risparmi di spesa19, è stato evidenziato20 che l’abolizione delle Province potrebbe non essere in grado di porre rimedio al problema dell’esercizio delle funzioni di area vasta e delle sovrapposizioni di competenze tra enti21. Ed in effetti, in un

17 Sul punto è stato altresì prospettato un ulteriore profilo problematico, specificamente se nella soppressione delle Province possa individuarsi un limite discendente da «principi supremi dell’ordinamento costituzionale» che rappresentino ostacolo insormontabile per l’operazione di riforma. La questione è stata sollevata da un parere emesso in data 23 luglio 2013 dalla conferenza unificata dell’Unione delle Province italiane, nel quale si metteva in luce il contrasto con il combinato disposto degli artt. 5 e 138 Cost. In particolare, si sosteneva che l’art. 5 Cost., nel riconoscere e promuovere le autonomie locali, considera Comuni e Province come «realtà presupposte di cui la Carta prende atto» e ciò «implica che anche il legislatore in sede di revisione costituzionale ex art. 138 ha un limite invalicabile nella possibilità di sopprimere le forme precostituite dell’autonomia locale. […] Tale limite alla revisione costituzionale non riguarda l’esistenza di ciascun ente locale, ma il principio che l’ordinamento delle autonomie locali della Repubblica sia costituito da Comuni e da Province», fermo restando che il legislatore possa modificare le circoscrizioni degli enti nell’ambito della riserva discendente dall’art. 133 Cost. ma assicurando che «il numero complessivo dei Comuni e delle Province sia tale da assicurare, in modo diffuso nel territorio della repubblica, l’attuazione dei principi di autonomia, pluralismo e democrazia previsti in Costituzione». In proposito v. anche S. MANGIAMELI, Brevi note sulle garanzie delle autonomie locali e sui limiti alla potestà legislativa statale, in Astrid rassegna, n. 19/2013. 18 Al riguardo, è appena il caso di ricordare che oltre trent’anni addietro si sottolineava già come «la soppressione delle province farebbe risparmiare le spese per l’apparato elettivo, ma non inciderebbe sui restanti oneri che verrebbero assunti dalla regione». Così, C. MORTATI (Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1976, 1015) a proposito del dibattito allora sorto sulla possibilità di utilizzare la provincia come centro coordinatore di comprensori istituiti dalla regione. 19 In proposito e, specificamente, sui profili economico�finanziari della riforma v. anche il documento relativo all’audizione della Corte dei conti � sezione delle autonomie, avvenuta in data 6 novembre 2013 presso la Commissione Affari costituzionali della Camera. Questo documento viene ampiamente ripreso e discusso nella seconda sezione del lavoro. 20 Tra i primi G.C. DE MARTIN, Taglio Province/Tutte le insidie di una cattiva riforma, cit. 21 Sebbene lo stesso d.d.l. precisi che «dal provvedimento in se stesso considerato non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto non vi è una moltiplicazione di enti ma una loro riduzione e razionalizzazione».

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sistema in cui manca un livello di governo intermedio tra il Comune (inteso come ente di amministrazione generale e di erogazione dei servizi) e la Regione (quale ente di indirizzo, programmazione e di governo), potrebbe addirittura giungersi alla paradossale attribuzione delle funzioni di area vasta ad enti territoriali sovracomunali analoghi a quelli che si vorrebbe sopprimere; con il rischio, quindi, di un aumento dei costi oltre che di ulteriori duplicazioni e sovrapposizioni di competenze. Peraltro, non ci si può esimere dal rilevare che recentemente il Consiglio dei Ministri ha varato un nuovo disegno di legge costituzionale22, volto al superamento del bicameralismo paritario e alla riforma della Parte II, Titolo V, della Costituzione, in cui, tra l’altro, si prevede la cancellazione, con conseguente soppressione, della Provincia da tutti gli articoli della Costituzione in cui essa compare. 2. Non solo. Lo stesso Consiglio dei Ministri ha approvato, poco dopo il deposito delle motivazioni della sentenza della Corte costituzionale, un altro disegno di legge � questa volta ordinaria � rubricato «Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni», il cui iter legislativo si è concluso con la promulgazione della legge 7 aprile 2014 n. 5623, che si compone di un solo articolo da 151 commi24. 22 Il testo della bozza è reperibile su www.federalismi.it . 23 Si ricorda che la prima approvazione alla Camera del provvedimento in parola è avvenuta il 21 dicembre 2013 (AC 1542); il relativo esame è quindi passato al Senato (AS 1212), ove si è concluso lo scorso 26 marzo con l’approvazione del maxi�emendamento presentato dal nuovo Governo e sul quale, tra l’altro, è stata posta la questione di fiducia. Tale provvedimento, ritornato quindi alla Camera e approvato nella sua integrale formulazione, è divenuto legge a tutti gli effetti a seguito della promulgazione da parte del Presedente della Repubblica, intervenuta il 7 aprile scorso. 24 Vale la pena segnalare che, medio tempore, il d.l. 14 agosto 2013, n. 93, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle Province» (!), aveva previsto, all’art. 12 («Gestioni commissariali delle province») poi sop-presso in sede di conversione dall’art. 1, comma 1, l. 15 ottobre 2013, n. 119, che fossero fatti salvi i provvedimenti di scioglimento degli organi delle amministrazio-ni provinciali e dei conseguenti atti di nomina dei commissari, nonché degli atti da questi posti in essere. La l. 27 dicembre 2013, n. 147 («Disposizioni per la formazione del bilancio an-nuale e pluriennale dello Stato. Legge di stabilità 2014»), all’art. 1 comma 325, ha poi previsto che «Le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 115, della legge 24

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È opportuno sottolineare che l’impianto di tale provvedimento ha subìto fino alla sua definitiva approvazione modifiche di non poco conto: basti pensare che inizialmente era stata presa in considerazione l’ipotesi di uno svuotamento completo delle funzioni provinciali, con contestuale riforma degli organi e delle modalità di elezione, per poi giungere ad una restituzione di funzioni, senza alcun ripensamento sul fronte degli organi e con riduzione del numero degli enti per accorpamento territoriale. Il che, se non altro, ha contribuito in una certa misura ad accentuare la caoticità del complessivo contesto normativo sul tema. Caoticità derivante, tra l’altro, da un problema di coordinamento tra il disegno di legge ordinaria appena richiamato (ormai legge n. 56/2014) e quello di legge costituzionale: basti pensare che nella sua formulazione originaria il d.d.l. AC n. 1542 prevedeva espressamente la sua operatività «in attesa» della/«fino» alla25 entrata in vigore della riforma costituzionale: riferimento, quest’ultimo, successivamente (almeno formalmente) espunto26 ed ora nuovamente esplicitato27.

dicembre 2012, n. 228, relative al commissariamento delle amministrazioni provin-ciali si applicano ai casi di scadenza naturale del mandato nonché di cessazione anticipata degli organi provinciali che intervengono in una data compresa tra il 1º gennaio e il 30 giugno 2014». Ebbene, come si vedrà, la legge n. 56/2014 contiene una deroga (comma 14) a tale disposizione e stabilisce che «il presidente della pro-vincia e la giunta provinciale, in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, restano in carica, a titolo gratuito, fino al 31 dicembre 2014 per l’ordinaria amministrazione, comunque nei limiti di quanto disposto per la gestione provviso-ria degli enti locali dall’articolo 163, comma 2, del testo unico degli enti locali […] e per gli atti urgenti e improrogabili; il presidente assume fino a tale data anche le funzioni del consiglio provinciale. Ove alla data di entrata in vigore della presente legge la provincia sia commissariata, il commissariamento è prorogato fino al 31 dicembre 2014». 25 Rispettivamente agli artt. 1 e 11. 26 Sul punto v. F. FABRIZZI, Il caos normativo in materia di Province, cit., la qua-le sottolinea che, seppur non esplicitato, il riferimento alla riforma costituzionale aleggiava in tutto il Capo III del ddl, quello dedicato appunto alle Province, e ad esso hanno fatto riferimento tutti gli interventi che si sono avuti in Aula. Nello stes-so senso M. CECCHETTI, Sui più evidenti profili di illegittimità costituzionale del d.d.l. AS n. 1212 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni), in Federalismi.it, n. 3/2014, 2. 27 Nel testo della legge 56, il riferimento alla riforma costituzionale, con specifico riferimento al tema delle Province, è contenuto nel comma 51 (identico riferimento è

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Certo è che tale disegno di legge è apparso immediatamente suscettibile di censure di costituzionalità, per aver previsto, da un lato, la ‘degradazione’ delle Province ad enti autonomi di rappresentanza di secondo grado, in tal modo comportando il venir meno del «rapporto politico tra rappresentanti e rappresentati, che dovrebbe esser proprio di tutte le istituzioni autonome previste dall’art. 114 della Costituzione»28; dall’altro, l’invasione di titoli di potestà legislative e regolamentari regionali (specialmente con riguardo al trasferimento di funzioni necessitato dal riordino delle Province). Senza contare, che, ancora una volta, previsioni di tal sorta sono destinate ad operare a Costituzione invariata29.

contenuto altresì nel comma 5, relativo alle città metropolitane). Sul punto e, più in generale, sui rapporti tra (l’ancora) ddl AC 1542�B e il disegno di legge costituzionale (cui deve aggiungersi oggi anche la proposta del bicameralismo perfetto e del Titolo V presentata dal governo Renzi), v., di recente, D. TRABUCCO, Le province nel disegno di legge AC 1542�B, in federalismi.it, n. 7/2014. 28 Così G.C. DE MARTIN, Taglio Province/Tutte le insidie di una cattiva riforma, cit., il quale richiama, a sua volta, le affermazioni del prof. Alimonte contenute in una ricerca del Cise. Tra l’altro, la disciplina introdotta con la legge in esame � dichiaratamente volta a massimizzare il ruolo dei Sindaci dei comuni appartenenti alla provincia (cfr. rela-zione illustrativa ddl AC 1542) � si pone anche in forte discontinuità con le scelte compiute dal precedente Governo, segnando, appunto, un ulteriore assottigliamento della legittimazione democratica degli organi di governo dell’ente intermedio, at-traverso l’estromissione dei consiglieri comunali dall’elettorato attivo e passivo per l’elezione del Presidente e del Consiglio provinciali (cfr. A.C. 5210, XVI leg.). 29 M. CECCHETTI, Sui più evidenti profili di illegittimità costituzionale del d.d.l. AS n. 1212, cit., 2, sottolinea che proprio «l’incertezza che attualmente grava sull’an e sul quando (oltre che sui contenuti) di quella riforma costituzionale, nonché la prognosi di una verosimile approvazione anticipata di questo intervento di legislazione ordinaria [il che è realmente avvenuto], rendono necessaria una valutazione di costituzionalità di quest’ultimo rigorosamente parametrata sul diritto costituzionale oggi vigente […]»: ebbene, posto che il progetto di legge ordinaria è effettivamente giunto a definitiva approvazione prima delle annunciate riforme costituzionali, il parametro di validità della legge appena approvata non può che essere il diritto costituzionale attualmente in vigore e «a nulla potranno valere eventuali modifiche costituzionali successive, non potendo giammai una norma nata illegittima per difetto di competenza della fonte di produzione divenire successivamente legittima in forza di una nuova attribuzione di potere normativo che ne determini una sorta di legittimità sopravvenuta».

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In definitiva, com’è stato evidenziato, nonostante il provvedimento in esame abbia nel complesso un’apparenza di organicità per struttura e numero delle disposizioni, si tratta sostanzialmente di una «“legge tampone”, che si aggiunge ai molteplici interventi erratici, occasionali e approssimativi, della XVI legislatura in materia di enti locali, per lo più frutto della “legislazione della crisi”, e non certo di un approccio sistematico volto a realizzare, in base ad una Carta delle autonomie, il disegno di semplificazione amministrativa e di valorizzazione delle autonomie locali prefigurato dalla riforma costituzionale del 2001, tuttora di fatto inattuata, anzi per molti versi contraddetta dal legislatore ordinario, specie negli interventi degli ultimi anni, per lo più approvati con inammissibili decreti di necessità e urgenza del Governo, radicalmente censurati dalla sentenza n. 220/13 della Corte costituzionale»30. 2.1. Passando alla disamina delle specifiche disposizioni del testo definitivamente approvato, le previsioni inerenti alle Province (art. 1, commi da 51 a 100) � definite «enti territoriali di area vasta» (comma 3) � possono essere raggruppate in tre nuclei, riguardanti rispettivamente gli organi, le funzioni e infine la disciplina dei commissari. Con riferimento agli organi, il comma 54 stabilisce che essi siano «esclusivamente» il Presidente31, il Consiglio32 e l’Assemblea dei Sindaci33

30 Questo il commento di G.C. DE MARTIN nel corso della sua audizione del 23 ottobre 2013 in I Commissione alla Camera dei deputati (v. Appunto per audizione del Prof. Gian Candido De Martin sul ddl 1542 I Commissione Camera dei deputati 23/10/2013, reperibile su Amministrazione in cammino), confermato e riprodotto anche in sede di audizione al Senato (cfr. Id., Appunto per audizione del Prof. Gian Candido De Martin sul ddl 1212 I Commissione � Senato della Repubblica 14/01/2014, reperibile sul sito del Senato). 31 «Il presidente della provincia rappresenta l’ente, convoca e presiede il consiglio provinciale e l’assemblea dei sindaci, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto». 32 «Il consiglio è l’organo di indirizzo e controllo, propone all’assemblea lo statuto, approva regolamenti, piani, programmi; approva o adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal presidente della provincia; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Su proposta del Presidente della Provincia il consiglio adotta gli schemi di bilancio da sottoporre al parere dell’Assemblea dei sindaci. A seguito del parere espresso dall’Assemblea dei sindaci con i voti che rappresentino almeno un terzo dei comuni compresi nella Provincia e la maggioranza della popolazione

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(i cui incarichi, in base al comma 84, si badi, sono tutti esercitati a titolo gratuito34). Solo quest’ultima, però, «costituita dai sindaci dei comuni appartenenti alla provincia»35, è organo elettivo di primo grado36: in questo caso, infatti, il voto popolare produce contemporaneamente due effetti, perché elegge un Sindaco e contestualmente un membro dell’assemblea provinciale dei Sindaci. Mentre Presidente e Consiglio sono organi elettivi di secondo grado37, in carica rispettivamente per 4 anni e per 2, perché eletti «dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia», con il sistema del voto ponderato38 (assegnando così maggior peso al voto dei sindaci dei comuni più popolosi rispetto a quelli meno popolosi)39.

complessivamente residente, il Consiglio approva in via definitiva i bilanci dell’ente». 33 «L’assemblea dei sindaci ha poteri propositivi, consultivi e di controllo secondo quanto disposto dallo statuto. L’assemblea dei sindaci adotta o respinge lo Statuto proposto dal Consiglio e le sue successive modificazioni con i voti che rappresentino almeno un terzo dei comuni compresi nella città metropolitana e la maggioranza della popolazione complessivamente residente». 34 In proposito è stato correttamente rilevato come questa configuri in realtà una scelta demagogica, per nulla giustificata dalla poca importanza dei compiti assai rilevanti affidati a questi organi, per cui ne può sostanzialmente derivare un disincentivo per l’impegno amministrativo e un’inefficienza gestionale, così come un aumento dei problemi di corruzione nelle amministrazioni locali (così DE MARTIN, op. ult. cit.). 35 Comma 56. 36 Si badi però che, nonostante la sua formale rappresentanza elettiva diretta, l’Assemblea dei sindaci ha un rilievo sostanzialmente marginale nei processi decisionali dell’ente, considerato che solo approva lo statuto e i bilanci dell’ente, ma senza poter esercitare l’iniziativa statutaria e senza poter contribuire alla predisposizione dei bilanci. Per di più, è stato fatto notare che le poche volte in cui è chiamata a esercitare funzioni non si può dire che agisca nella veste che sarebbe propria di un’assemblea eletta a suffragio universale diretto e uguale, perché in questi casi non si applica il sistema del voto ponderato: così O. CHESSA, La forma di governo provinciale nel D.d.l. n. 1542: profili di incostituzionalità e possibili rimedi, in Federalismi.it, n. 1/2014, 8. 37 In tal modo la Provincia assumerebbe le vesti di «ente di “derivazione” comunale». Così F. MERLONI, Qualche ulteriore riflessione sul “nodo delle Province”, in Astrid Rassegna, n. 19/2013, 3. 38 V. comma 63 con riferimento al Presidente e comma 76 con riferimento al Consiglio. 39 E’ appena il caso di rilevare che, a parte la parentesi fascista (in cui l’organo consiliare non esisteva), il Consiglio provinciale è quasi sempre stato elettivo (con la

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Sotto il profilo temporale degli effetti che la nuova normativa esplicherà, il comma 79 precisa che, in sede di prima applicazione, l’elezione «del Consiglio provinciale, presieduto dal presidente della provincia o dal commissario» sia indetta «entro il 30 settembre 2014 per le province i cui organi scadono per fine mandato nel 2014». Quanto alle funzioni assegnate alle Province, vale la pena sottolineare come durante l’iter di esame e discussione del disegno di legge nelle due Camere l’ambito delle stesse sia stato progressivamente ampliato: precisamente, le funzioni fondamentali delle Province, che rispetto a quelle previste dall’originario disegno governativo avevano già subìto un primo allargamento in esito al suo primo esame alla Camera40, sono state, da ultimo � nel testo licenziato dal Senato, poi integralmente e definitivamente approvato alla Camera, quindi promulgato � ulteriormente estese41. Oggi esse sono «a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza; b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale; d) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico�amministrativa agli enti locali, e) gestione dell’edilizia

legge 30 novembre 1888, n. 5865, poi confluita nel t.u. 10 febbraio 1889, n. 5921, Comuni e Province erano modellati sullo stesso schema organizzativo tripartito, basato su un Consiglio direttamente elettivo, una Giunta/Deputazione eletta dal Consiglio e un organo di vertice –Sindaco/Presidente� che diventava anch’esso elettivo e non più di nomina governativa); mentre il Presidente, dapprima eletto all’interno del Consiglio (fin dal 1889), di poi, a partire dalla legge n. 81/1993 è sempre stato eletto a suffragio universale e diretto da parte del corpo elettorale. 40 Cfr. art. 17, comma 1, del testo approvato in prima lettura dalla Camera, che sostanzialmente ha riprodotto le previsioni del d.l. n. 95/2012. 41Tuttavia, com’è stato rilevato (D. TRABUCCO, Le province nel disegno di legge AC 1542�B, cit., 12), sarebbe stata opportuna una più ampia individuazione delle funzioni fondamentali, in coerenza con i percorsi di definizione dei fabbisogni standard individuati dalla legge di delegazione n. 42/2009, che potrebbero condurre a risparmi sostenibili e duraturi nell’esercizio delle funzioni provinciali, nonché garantire una certa continuità amministrativa su alcuni servizi essenziali.

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scolastica42, f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale» (le funzioni di cui alle lettere e) ed f) sono state aggiunte in sede di esame al Senato)43. Ulteriori e specifiche «funzioni fondamentali» sono assegnate poi, come si vedrà nel prosieguo, alle «province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri»44.

42 Nella precedente formulazione, l’art. 17, comma 4, prevedeva che tale funzione (con specifico riferimento alle scuole secondarie di secondo grado) potesse essere esercitata dalla provincia «d’intesa con i comuni». 43 Vale la pena osservare che alle Città metropolitane sono attribuite un numero di funzioni notevolmente più ampio rispetto alle Province (ma ciò verosimilmente è dovuto al fatto che il legislatore si sia mosso e si muova nella prospettiva di una futura completa soppressione delle Province): basti pensare che alle città metropolitane sono attribuite, in aggiunta alle proprie funzioni fondamentali («a) adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l’ente e per l’esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni di comuni compresi nel predetto territorio, anche in relazione all’esercizio di funzioni delegate o assegnate dalle regioni, nel rispetto delle leggi delle regioni nelle materie di loro competenza; b) pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all’attività e all’esercizio delle funzioni dei comuni compresi nel territorio metropolitano; c) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. D’intesa con i comuni interessati la città metropolitana può esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive; d) mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell’ambito metropolitano; e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti con la vocazione della città metropolitana come delineata nel piano strategico del territorio di cui alla lettera a); f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano») e alle funzioni risultanti dal processo di riordino delle funzioni delle Province, anche tutte quelle delle Province stesse (comma 44), cui possono ulteriormente aggiungersi quelle derivanti d un’eventuale attribuzione da parte di Stato e Regioni in attuazione dell’art. 118 Cost. (comma 46). 44 Comma 86.

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Il comma 88 prevede poi che la Provincia possa altresì, d’intesa con i Comuni, «esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive». Il successivo comma 89 individua quindi il procedimento � invero particolarmente complesso � mediante il quale dovrebbe attuarsi il riordino delle funzioni, diverse da quelle riconducibili alle «funzioni fondamentali», seppure di area vasta, attualmente esercitate dalle Province45 (e, si badi, funzioni che, come ha affermato la stessa Corte costituzionale46, presentano comunque una certa convergenza “materiale” con quelle fondamentali): in base alla disposizione in parola, «lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, dispongono in ordine alle funzioni provinciali diverse da quelle di cui al comma 1, in attuazione dell’articolo 118 della Costituzione e, nell’ambito di ciascuna materia, nel rispetto dei seguenti principi fondamentali: individuazione per ogni funzione dell’ambito territoriale ottimale di esercizio; efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni; sussistenza di riconosciute esigenze unitarie; adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio mediante intesa o convenzione. Sono altresì valorizzate forme di esercizio associato di funzioni da parte di più enti territoriali, nonché le autonomie funzionali». Particolare attenzione merita poi la previsione contenuta nel comma 90, secondo cui nello specifico caso in cui disposizioni normative statali o regionali riguardanti servizi di rilevanza economica richiedano l’attribuzione a enti o agenzie in ambito provinciale o sub�provinciale di funzioni di organizzazione dei predetti servizi, di competenza comunale o provinciale, in detti casi, le leggi statali o regionali procedono alla

45 Il comma 91 stabilisce che «entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, Stato e Regioni individuano in modo puntuale, mediante accordo sancito in Conferenza unificata, le funzioni di cui al comma 89 oggetto del riordino e le relative competenze»; a seguire, il comma 95 prevede che «la Regione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, a dare attuazione all’accordo di cui al comma 91. Decorso il termine senza che la Regione abbia provveduto, si applica l’articolo 8 della legge n. 131 del 2003». 46 Sent. 238/2007.

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soppressione di tali enti o agenzie e all’attribuzione delle funzioni alle Province nel nuovo assetto istituzionale47. Alle Regioni che così dispongano (sopprimendo enti o agenzie) sono riconosciute misure premiali da individuarsi con decreto del Ministro dell’economia senza maggiori oneri. In definitiva, dunque, alla luce delle norme appena richiamate, la Provincia si configura come ente di area vasta (formalmente definita tale), tuttavia «a struttura e missione “debole”»48: si prevede infatti un massiccio trasferimento di funzioni agli enti ‘residuali’49, con conseguente riallocazione in capo a tali enti anche del patrimonio e delle risorse umane e strumentali allo svolgimento delle stesse50. Quindi, anche sotto il profilo patrimoniale e delle risorse umane ad essa mantenute, la Provincia è «un ente di area vasta debole, destinato a mantenere solo le strutture necessarie per le sue poche funzioni fondamentali e per il suo ruolo di coordinamento e programmazione in settori definiti e individuati, mentre le altre dovranno essere sciolte o le quote alienate. Infine, anche nei casi in cui queste società possano continuare a svolgere la loro attività anche in favore dei comuni, quali nuovi destinatari delle funzioni, esse dovranno comunque essere ristrutturate nei loro rapporti con questi enti»51.

47 La necessità di un riassetto delle norme sugli organismi partecipati degli enti territoriali era stata rimarcata dalla Corte dei conti –sezione autonomie nel corso della sua audizione alla Camera del 6 novembre 2013. Cfr. su tale aspetto anche il documento relativo all’audizione della Corte dei conti al Senato lo scorso 16 gennaio 2014 (disponibile sul sito del Senato). Anche tale aspetto viene discusso nella seconda sezione del lavoro. 48 Così, espressamente, F. PIZZETTI (a cura di), Una grande riforma di sistema – Scheda di lettura e riflessioni su Città metropolitane, Province, Unioni di comuni: le linee principali del ddl Delrio, disponibile sul sito del Senato. 49 Funzioni che Stato e Regioni dovranno puntualmente individuare, entro tre mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in discussione, «sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative» e «mediante accordo sancito nella Conferenza unificata» (comma 91). 50 Il comma 92 dispone infatti che nello stesso termine (di tre mesi) entro il quale Stato e Regioni dovranno individuare le funzioni da riallocare, dovranno altresì essere stabiliti i «criteri generali per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all’esercizio delle funzioni che devono essere trasferite […]». 51 Così ancora F. PIZZETTI, op.ult.cit.

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Infine, i commi 98 e 99 si occupano rispettivamente dei requisiti e dei criteri per la nomina dei commissari e dei sub�commissari. Si tenga presente, a tal riguardo, che il comma 14, nel normare la fase di prima applicazione della legge, in deroga a quanto previsto dall’art. 1, comma 325, l. 27 dicembre 2013, n. 147 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge di stabilità 2014»)52, stabilisce che «il presidente della provincia e la giunta provinciale, in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, restano in carica, a titolo gratuito, fino al 31 dicembre 2014 per l’ordinaria amministrazione, comunque nei limiti di quanto disposto per la gestione provvisoria degli enti locali dall’articolo 163, comma 2, del testo unico degli enti locali […] e per gli atti urgenti e improrogabili; il presidente assume fino a tale data anche le funzioni del consiglio provinciale. Ove alla data di entrata in vigore della presente legge la provincia sia commissariata, il commissariamento è prorogato fino al 31 dicembre 201453».

3. Profili problematici della riforma Il quadro delineato dalla legge n. 56 appena approvata, come detto, oltre che per l’impostazione ed il metodo seguiti, soprattutto per i contenuti, presta il fianco a critiche e riflessioni di cui lo stesso legislatore, anche in prospettiva, non potrebbe non tener conto. Ne è prova il fatto che l’11 ottobre 2013, quarantaquattro giuspubblicisti italiani hanno sottoscritto un Appello intitolato «Per una riforma razionale del sistema delle autonomie locali» (dell’11 ottobre 2013), rivolto alle Commissioni Affari Costituzionali e ai Gruppi Parlamentari di Camera e Senato, dal quale emergono, con tutta evidenza, le maggiori criticità della riforma: non si può «con legge ordinaria sopprimere le funzioni di area vasta delle Province e attribuirle a Regioni e Comuni, né trasformare gli organi di governo da direttamente a indirettamente elettivi, 52 V. nota 24. 53 Sul problema che la norma citata pone in relazione al prolungamento eccessivo dei commissariamenti (si pensi, ad esempio, al caso della Provincia di Belluno, commissariata sin dal 2011), v. D. TRABUCCO, Le province nel disegno di legge AC 1542�B, cit., 25.

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né rivedere con una legge generale gli ambiti territoriali di tutte le Province. Non si possono, infatti, svuotare di funzioni enti costituzionalmente previsti e costitutivi della Repubblica (art. 114), né eliminare la diretta responsabilità politica dei loro organi di governo nei confronti dei cittadini, trasformando surrettiziamente la Provincia in un ente associativo tra i Comuni, mentre le funzioni da svolgere non sono comunali. Quanto alla revisione generalizzata degli ambiti territoriali provinciali, c’è il problema della compatibilità con il procedimento previsto dall’art. 133 Cost.».

3.1. La trasformazione delle Province in enti rappresentativi di secondo grado In particolare, con riferimento al tema della (in)compatibilità costituzionale della trasformazione degli organi di governo da direttamente a indirettamente elettivi, il suddetto Appello ha dato vita ad un ampio dibattito dottrinale, soprattutto in ragione del fatto che, com’è stato sottolineato, il tema inerisce, tra le altre cose, ad una questione di primaria importanza per la scienza costituzionale italiana: la questione se, al momento attuale, ci sia una nozione costituzionalmente condivisa di “principio democratico” e “rappresentanza politica”54. Ed in effetti, il funzionamento della forma di governo provinciale così come delineato dalla legge in discorso � considerata l’assoluta marginalizzazione dell’unico organo eletto in primo grado55 � si fonda esclusivamente sull’iniziativa, l’indirizzo e le funzioni degli organi a elezione indiretta. E quindi, difettando tale forma di governo di qualsiasi rapporto di responsabilità politica tra rappresentanza elettiva diretta e organi

54 Sul punto v. ampiamente O. CHESSA, La forma di governo provinciale nel D.d.l. n. 1542: profili di incostituzionalità e possibili rimedi, cit., 1. 55 Si è già detto che l’Assemblea dei Sindaci, nonostante sia organo elettivo diretto, gioca solo un ruolo marginale nei processi decisionali dell’ente

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di II grado56, è quanto meno lecito domandarsi se essa realizzi un regime autenticamente democratico57.

56 Si consideri che lo stesso F. PIZZETTI (Le nuove Province e le nuove forme di articolazione della democrazia locale, in Riforma delle province e sistema delle autonomie locali, 78�80, id., La riforma Delrio tra superabili problemi di costituzionalità e concreti obbiettivi di modernizzazione e flessibilizzazione del sistema degli Enti territoriali, cit., id., Parere in merito ai dubbi di costituzionalità del DDL n. 1542, predisposto per il Ministro Delrio il 29 ottobre 2013), pur sostenendo la conformità a Costituzione delle elezioni di secondo grado provinciali, da un lato afferma che nella loro nuova configurazione le Province sono enti territoriali che esprimono non la rappresentanza dei cittadini del territorio ma delle loro comunità rappresentate dai loro amministratori; dall’altro, ammette che tale trasferimento di rappresentanza incida «profondamente sul rapporto tra cittadini e ente» e rischia di «rendere meno efficace il controllo di efficienza e di rispondenza alle esigenze della comunità, che è invece una componente essenziale del potere di controllo del cittadino elettore». 57 In tal senso v. O. CHESSA, op.ult.cit., 8, citando M. LUCIANI, Art. 75. Il referendum abrogativo, Commentario della Costituzione (fondato da G. Branca e continuato da A. Pizzorusso), Bologna�Roma, 2005, 66: «poiché la traduzione istituzionale del principio di rappresentanza è il Parlamento, non possiamo concepire forme di governo democratiche che del Parlamento facciano a meno». Contra F. BASSANINI, Sulla riforma delle istituzioni locali e sulla legittimità costituzionale della elezione in secondo grado degli organi delle nuove province, in Astrid Rassegna n. 19/2013, secondo il quale, viceversa, «che la rappresentanza democratica debba essere in ogni caso diretta, non è un principio generale delle Costituzioni democratiche», poiché «in secondo grado sono eletti il Senato francese e il Bundesrat tedesco, per esempio». Piuttosto, secondo l’Autore, la non necessarietà che gli organi di governo degli enti costitutivi della Repubblica siano direttamente eletti sarebbe una applicazione del «principio di differenziazione espressamente enunciato dall’art. 118» (In quest’ultimo senso v. anche E. GROSSO, Possono gli organi di governo delle province essere designati mediante elezioni “di secondo grado”, a Costituzione vigente?, in Astrid Rassegna n. 19/2013, 1�2 e F, PIZZETTI, La riforma Delrio tra superabili problemi di costituzionalità e concreti obbiettivi di modernizzazione e flessibilizzazione del sistema degli enti territoriali, in Astrid Rassegna n. 19/2013, 12). V. anche P. CARETTI, Sui rilievi di incostituzionalità dell’introduzione di meccanismi di elezione indiretta negli organi di governo locale, in Astrid Rassegna, n. 19/2013, 2, 3, il quale afferma che non si potrebbe «sostenere e dimostrare che il principio democratico (art. 1, «L’Italia è una repubblica democratica…») impone che ogni organo cui sono affidate funzioni latamente politiche debba necessariamente essere composto secondo un sistema ad elezione diretta; tanto più se si tratta di organi di enti di rilevanza costituzionale e considerati necessari alla struttura complessiva della Repubblica». Difatti, le «odierne democrazie (…) sono ricche di regole e procedure diverse da quelle proprie

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Del resto, le disposizioni contenute in Costituzione esigono che gli enti costitutivi della Repubblica elencati dall’art. 114 Cost., tra cui è ricompresa la Provincia –enti, si badi, cui la Costituzione attribuisce rilievo non in sé ma in relazione alla loro dimensione esponenziale e servente rispetto al popolo58 �, abbiano tutti una forma democratica di governo59. Non solo. La forma di governo provinciale prevista dall’attuale legge 56/2014 si porrebbe in contrasto anche con gli obblighi internazionali previsti dalla Carta Europea delle Autonomie Locali60 (conclusa nell’ambito di un sistema ad elezione diretta, senza che con ciò si sia inteso né ridimensionare e tanto meno violare il principio democratico». 58 D. TRABUCCO, Le Province nel disegno di legge A.S. n. 1212, 7, intervento del 14 gennaio 2014 presso la Commissione Affari costituzionali del Senato nel corso di un’audizione informale, disponibile sul sito del Senato. 59 Il riferimento è, specificamente, agli artt. 1, 5, 114, e l’VIII disp. transitoria della Costituzione, i quali, come fa notare O. CHESSA, op.ult.cit., 11 (cui si rinvia per l’attenta analisi svolta), letti singolarmente ovvero in combinato disposto, prescrivo-no la necessaria democraticità della forma di governo provinciale. In particolare, secondo l’Autore è dal combinato disposto dell’art. 1 con l’art. 114 Cost. che può ricavarsi il principio secondo cui «se la Repubblica italiana deve essere “democrati-ca” e se, ai sensi dell’art. 114, la Repubblica “è costituita dai Comuni, dalle Provin-ce, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”, allora per la proprietà transitiva ciascuno degli enti costitutivi deve essere a sua volta “democratico”, cioè organizzato al proprio interno in modo da rispecchiare il principio di sovranità popo-lare (in questo senso si v. anche C. PADULA, Quale futuro per le Province? Rifles-sioni sui vincoli costituzionali in materia di Province, in Le Regioni, n. 2, 2013, 375). A tal proposito l’Autore richiama anche un passaggio della giurisprudenza costituzionale (sentenza 106 del 2002), dove si legge che «l’art. 1 Cost. nello stabili-re, con formulazione netta e definitiva, che la sovranità “appartiene” al popolo, im-pedisce di ritenere che vi siano luoghi o sedi dell’organizzazione costituzionale nella quale essa si possa insediare esaurendovisi». 60 V. al riguardo O. CHESSA, op.ult.cit., 19. Della stessa opinione A. FERRARA, Una pericolosa rottamazione istituzionale, Intervento al Seminario di federalismi del 13 dicembre 2013 “Il Ddl Delrio e il governo dell’area vasta”, n. 1/2014, 4; S. MANGIAMELI, Brevi note sulle garanzie delle autonomie locali e sui limiti alla potestà legislativa statale, cit., 3; F. MERLONI, Qualche ulteriore riflessione sul “nodo delle Province”, cit., 4; G. SERGES, Soppressione delle Province e “temporanea” ridefinizione della loro posizione nel sistema degli enti locali, cit., 22. In senso contrario v. invece C. FUSARO, Appunto in ordine alla questione delle Province con particolare riferimento a un appello “Per una riforma del sistema delle autonomie locali”, secondo il quale dalla Carta non sarebbe possibile dedurre vincoli in ordine all’ordinamento degli enti locali nel suo complesso: viceversa, l’ordinamento degli enti locali sarebbe «nella piena disponibilità di ciascun paese

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del Consiglio d’Europa e resa esecutiva in Italia con la legge n. 439 del 1989), la quale prescrive che ci sia almeno un organo collegiale a elezione popolare diretta, cui gli organi esecutivi siano legati da un rapporto di responsabilità politica.

3.2. Il riordino delle funzioni provinciali 3.2.1. Riguardo al tema delle funzioni e, in particolare, alla questione della riallocazione delle funzioni attualmente svolte dalle Province – con la conseguente necessaria individuazione, per ciascuna di esse, «dell’ambito territoriale ottimale di esercizio � il provvedimento in esame, com’è stato rilevato, «sconta, più che in altre parti, il suo più evidente limite, ossia prefigura una disciplina che, nelle intenzioni del Governo che lo ha elaborato, dovrebbe rivestire un carattere meramente temporaneo, in attesa della riforma costituzionale di soppressione della provincia (o, comunque, della più ampia riforma avviata parallelamente mediante il ricorso al meccanismo derogatorio dell’art. 138 Cost.), ma al tempo stesso, ove la Costituzione non fosse modificata, si trasformerebbe fatalmente in una nuova (e zoppa) legge ordinamentale del sistema autonomistico con effetti stabili destinati a durare nel tempo»61. Infatti, nella verosimile consapevolezza che la riduzione delle funzioni provinciali a mere funzioni di coordinamento avrebbe contrastato con un numero elevato di parametri costituzionali, la legge n. 56 mantiene

aderente al Trattato» il quale può indicare «liberamente quali enti considerare “local government” cui si applichi il trattato medesimo e quali funzioni attribuire a ciascun tipo di ente previsto al proprio interno, enti di “local government” ed altri enti». Tuttavia, com’è stato correttamente evidenziato (G. SERGES, op. ult. cit., 23), non si capisce come possa affermarsi che uno Stato come l’Italia, che ha aderito integralmente al trattato senza escludere dal campo di azione alcun ente, «possa poi liberamente svincolarsi, tanto da indurre l’Autore in questione ad affermare che l’art. 3, c. 2, “non si applichi o si applichi solo in parte”». 61 G. SERGES, Soppressione delle Province e “temporanea” ridefinizione della loro posizione nel sistema degli enti locali, cit., 24, il quale aggiunge che «il legislatore, nel rispetto della indefettibilità del ruolo costituzionale, può rimodulare le funzioni per pervenire ad una loro razionalizzazione, ma una cosa è procedere nel senso della razionalizzazione, altra, e del tutto diversa, cosa è dettare una disciplina che ha come sua più autentica ragione giustificatrice proprio l’abolizione dell’ente che si vuol disciplinare».

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in capo alle Province una serie di funzioni prevalentemente di pianificazione e programmazione, disponendo, nel contempo, il trasferimento delle rimanenti funzioni amministrative finora da esse esercitate (funzioni, che Stato e Regioni dovranno individuare mediante accordo in sede di conferenza unificata) agli «altri enti territoriali», a partire dal basso e, quindi, dai Comuni e dalle unioni di Comuni. Ebbene, posto che una simile misura porta, di fatto, ad uno svuotamento (seppur non ‘clamoroso’ come quello originariamente previsto) dell’ente provinciale, in capo al quale rimarrebbero un numero comunque inferiore di funzioni rispetto a quelle attualmente svolte (seppur, come si è già detto, notevolmente ampliato a seguito delle ultime modifiche apportate al provvedimento in sede di esame al Senato), occorre verificare se tale ridimensionamento di funzioni sia compatibile –a costituzione invariata– con il quadro dei principi del sistema autonomistico62. Fermo restando che il legislatore è dotato di ampia discrezionalità nella determinazione delle funzioni dell’ente locale, ciò nondimeno, come affermato dalla Corte costituzionale63, un nucleo fondamentale e consolidato di funzioni può essere comunque individuato nella tradizione legislativa che ha caratterizzato un certo ente: la stessa Corte ha infatti sottolineato che il metodo per verificare il rispetto del principio di autonomia degli enti locali va individuato assumendo quale parametro di valutazione la «complessiva configurazione» da parte del legislatore del ruolo della Provincia «in termini adeguati alla sua natura di ente locale necessario di secondo livello»64. Il che è ampiamente contraddetto dalle previsioni contenute nella stessa legge n. 56, allorché le Province, da un lato, sono definite «enti di area vasta» e, tuttavia, dall’altro lato, ad esse non sono riconosciute tutte le funzioni riferibili, appunto, all’area vasta65.

62 G. SERGES, op. ult. cit., 24. 63 Sent. 238/2007. 64 Sent. 286/2007. 65 Con ciò, peraltro, «esponendo la (…) legge al rischio di contenere una contraddizione interna (come tale sindacabile sotto il profilo della ragionevolezza)», come rileva G. SERGES, Soppressione delle Province e “temporanea” ridefinizione della loro posizione nel sistema degli enti locali, cit., 25.

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Senza contare che tali funzioni rappresentano esattamente quel nucleo fondamentale e consolidato di funzioni che la Provincia ha sempre svolto nell’ambito del sistema costituzionale. In proposito, è stato sottolineato come, ancora una volta, sia venuta meno «la possibilità di dar corpo a quell’autentica innovazione e semplificazione del sistema amministrativo prefigurato dal nuovo Titolo V, in coerenza col fondamentale principio autonomistico dell’articolo 5, da cui dovrebbe scaturire lo spostamento del baricentro amministrativo di tutto il sistema sui due livelli locali comuni e province o città metropolitane, con la valorizzazione più ampia possibile di autonomie responsabili […], riqualificando nel contempo la regione come soggetto con un ruolo essenzialmente legislativo e programmatorio»66. Ed in effetti, una corretta applicazione del principio di sussidiarietà dell’art. 118 Cost. condurrebbe all’individuazione delle funzioni comunali e, quando non siano attribuibili ai Comuni, di funzioni da attribuire a superiori livelli di governo. In questa logica, le funzioni denominate “di area vasta”, che sono, per loro natura, non attribuibili ai Comuni, dovrebbero essere individuate non tanto in applicazione di un criterio dimensionale, ma, appunto, in rapporto alle loro caratteriste intrinseche, al loro contenuto: con la conseguenza che ogni significativa sottrazione alle Province –cui, nell’ordinamento vigente, tali funzioni sono naturalmente attribuite � di funzioni corrispondenti al carattere di area vasta appare illegittima, se non altro per la difficile attribuzione delle funzioni di area vasta ad altri livelli di governo67. Peraltro, ciò è indirettamente confermato dal fatto che, in base al comma 89 dell’art. 1 l. n. 56, le funzioni finora spettanti alla Provincia non solo non vengono soppresse ma non vengono, si badi, neanche direttamente ed automaticamente attribuite a Comuni o Regioni, bensì restano oggetto di una futura distribuzione ad opera della legge statale e di quella regionale.

66 DE MARTIN, Appunto per audizione del Prof. Gian Candido De Martin sul ddl 1542 I Commissione Camera dei deputati 23/10/2013, cit., 2. 67 F. MERLONI, Qualche ulteriore riflessione sul “nodo delle Province”, cit., 1.

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Tuttavia, com’è stato sottolineato68, la norma, se, da un lato, sembra riconoscere l’impossibilità di una mera ed automatica riallocazione delle funzioni sui (rimanenti) enti costitutivi della Repubblica, dall’altro, contraddittoriamente, prevede che solo una parte di tali funzioni (vale a dire quelle delle aree metropolitane) siano attribuite al relativo ente esponenziale degli interessi (appunto, la Città metropolitana). Non si capisce allora come possa ammettersi l’indefettibilità di quelle funzioni e la loro (seppur parziale) irriducibilità ad un completo assorbimento nei residui Comuni e Regioni senza contemporaneamente ammettere «il riconoscimento di un ente che – al pari degli altri – consenta, non solo l’adeguato svolgimento di quelle funzioni che sono qualitativamente omogenee alle altre (affidate agli enti locali garantiti), ma risulti anche – al pari degli altri � a sua volta qualitativamente omogeneo ai Comuni ed alle Regioni. Qualità che non può che tradursi nella sostanza di un ente che sia espressione degli interessi della collettività di riferimento e che, come gli altri, sia diretta espressione – in piena conformità alle esigenze che discendono dall’art. 5 Cost. � del principio democratico e della sovranità popolare»69. Del resto, è proprio il principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost. ad esigere che le funzioni, in relazione alla propria natura, siano collocate al livello territoriale dove possano essere esercitate nel modo migliore, cioè più efficiente, efficace e adeguato alle finalità perseguite. Ebbene, tanto premesso, e considerato che, per giunta, l’art. 118 Cost. è espressamente richiamato nel comma 89 a proposito della riallocazione delle funzioni provinciali, non è escluso (almeno in astratto) che tali funzioni ‘ritornino’ alla Provincia: potrebbe infatti verificarsi che nel 68 G. SERGES, Soppressione delle Province e “temporanea” ridefinizione della loro posizione nel sistema degli enti locali, cit., 11. 69 G. SERGES, op. utl.cit. 11, il quale sottolinea che «il vero limite che incontra questa operazione di revisione discende sì dall’art. 5 Cost., ma in un senso diverso rispetto alla tesi che intenderebbe rintracciarlo nel “riconoscimento” del preesistente assetto degli enti locali e, pertanto, nella cristallizzazione di uno schema presupposto dal costituente. Ciò che, invece, può forse considerarsi sottratto al potere di revisione in virtù del principio supremo del pluralismo autonomistico è una differenziazione tra funzioni omogenee e qualitativamente coincidenti in quanto tutte efferenti ad esigenze proprie delle comunità territoriali e, dunque, tutte necessariamente attribuibili ad enti che godano della medesima garanzia costituzionale di esistenza».

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processo di riordino e, in particolare, nell’individuazione dell’ambito territoriale ottimale di esercizio per ciascuna funzione, si constati che effettivamente tale livello ottimale di esercizio sia proprio quello, intermedio, delle Province (come è stato finora), le quali, si badi, non solo sono ancora previste in Costituzione, ma per di più in base ad essa sono enti costitutivi della Repubblica, al pari di Stato, Regioni, Comuni e Città metropolitane, come tali necessariamente ‘coinvolte’ o ‘coinvolgibili’ nel processo di allocazione di funzioni alla luce del principio di sussidiarietà70. Peraltro, vale la pena rilevare che, in ogni caso – come di recente evidenziato in un report di ricerca del Censis71�, avrebbe poco senso trasferire in alto alle Regioni e in basso ai Comuni o alle Unioni di Comuni funzioni oggi di competenza provinciale: secondo i dati dell’Istat, infatti, il territorio della Provincia è quello in cui si concentrano le maggiori relazioni sociali ed economiche. Dunque, a prescindere dalla intrinseca riconducibilità alle Province di tali funzioni, ciò che secondo il Censis appare chiaro è che una valorizzazione delle diverse filiere (da quella “scuola�formazione�politiche per l’impiego” a quella “pianificazione�paesaggio�tutela ambiente” etc.) potrebbe verosimilmente realizzarsi solo con la riunificazione ed il potenziamento delle funzioni in capo ad un soggetto in grado di dare uno sguardo d’insieme sul territorio. 3.2.2. Infine, anche la previsione riguardante la soppressione degli enti o delle agenzie provinciali o sub�provinciali (spesso, oltre tutto, di fatto inoperanti, costosi e per nulla trasparenti) con funzioni di organizzazione dei servizi a rete di rilevanza economica e il riconoscimento di misure premiali alle Regioni che dispongano in tal senso pone un duplice ordine di problemi.

70 Peraltro, se il rischio è che si torni al punto di partenza, che si torni cioè in una situazione che a gran voce si è detto di voler modificare, allora è davvero il caso (quanto meno) di interrogarsi, prima ancora che sulla compatibilità di questa riforma con i principi fondamentali del nostro ordinamento, sulla sua reale, concreta ed effettiva portata. 71 Rapporto del Censis Rileggere i territori per dare identità e governo all’area vasta. Dalla mappatura del territorio nazionale una ridefinizione delle funzioni di governo intermedio, ottobre 2013.

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Innanzitutto, fermo restando che il legislatore – anche sulla scorta della più recente giurisprudenza costituzionale72 � possa intervenire a titolo di coordinamento della finanza pubblica (ai sensi dell’art. 117, comma 3, Cost.) senza l’indicazione dettagliata degli strumenti e delle modalità per il perseguimento di tale obiettivo e prevedendo modalità di coordinamento con Regioni e Comuni73, non può non rilevarsi che la scelta di sopprimere tout court tali enti e agenzie coinvolga inevitabilmente attribuzioni costituzionali delle Regioni, in quanto ai suddetti enti e agenzie verrebbe impedito di svolgere anche le funzioni eventualmente conferite ai medesimi dal legislatore regionale nell’esercizio delle proprie competenze legislative74. Ciò premesso, tale previsione sembra in ogni caso destinata ad ottenere scarsi risultati, anche in ragione del fatto che mancano termini finali e si prevedono sì misure premiali, ma senza oneri per la finanza pubblica75.

4. Le “specificità” delle Province montane Particolare importanza nel contesto del presente lavoro assumono le previsioni dedicate alle “specificità” espressamente riconosciute «alle province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri»76. In virtù di queste “specificità”: le Regioni attribuiscono a tali Province «forme particolari di autonomia nelle materie di cui all’art.117, commi terzo e quarto della Costituzione»77; gli statuti di tali Province «possono prevedere, d’intesa con la regione, la costituzione di zone omogenee per specifiche funzioni, con organismi di coordinamento collegati agli organi provinciali, senza nuovi o maggiori oneri per la

72 Sent. 236/2013. 73 Cfr. comma 90, lett. b). 74 D. TRABUCCO, Le Province nel disegno di legge A.S. n. 1212, cit., 15. 75 G.C. DE MARTIN, Appunto per audizione del Prof. Gian Candido De Martin sul ddl 1212, cit., 6. 76 Art. 1, comma 3, l. n. 56/2014. 77 Art. 1, comma 52, l. n. 56/2014.

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finanza pubblica»78; ancora, tali Province «esercitano altresì le seguenti ulteriori funzioni fondamentali»79: «cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione in forma associata di servizi in base alle specificità del territorio medesimo»; «cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale e enti territoriali di altri Paesi, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane, anche stipulando accordi e convenzioni con gli enti predetti»8081. Peraltro, è appena il caso di ricordare che le zone montane ricevono una specifica ed espressa tutela direttamente dalla Costituzione82: infatti, l’art. 44, comma 2 (di cui stranamente nella riforma non v’è traccia) prevede esplicitamente che «la legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane». Tale norma per lungo periodo ha risentito di una concezione debole e passiva del territorio montano, in un’ottica meramente assistenzialistica; viceversa, dapprima con la l. 1102/1971 che ha istituito le comunità montane con il compito di elaborare un piano pluriennale di sviluppo integrato, ma soprattutto con la l. 97/1994 che ha definito le zone montane «di preminente interesse nazionale», è stata invertita la rotta, facendo sì che i territori montani non venissero considerati più solo in termini assistenzialistici, ma come vera e propria risorsa ambientale83. Ad ogni modo, è opportuno precisare che dalla lettera dell’art. 44 della Cost. non emerge alcun obbligo per il legislatore statale di mantenimento di una provincia nelle zone montane.

78 Art. 1, comma 57, l. n. 56/2014. 79 Ulteriori rispetto a quelle assegnate in via generale a tutte le Province dall’art. 1, comma 85, l. n. 56/2014. 80 Art. 1, comma 86, l. n. 56/2014. 81 Com’è noto, al riconoscimento della specificità di tali territori si è giunti in forza di una iniziativa emendativa dei deputati De Menech (primo firmatario), Borghi Nicoletti, Dellai, Schullian, Plangger e Alfreider, poi ripresa con proprio emenda-mento dal relatore del provvedimento alla Camera in sede di primo esame, Gian-claudio Bressa, su cui l’allora Ministro Delrio aveva dato parere favorevole. 82 Sul punto, v. M.A. CABIDDU, sub art. 44 Costituzione, Il diritto della terra, in S. BATTINI, L. CASINI, G. VESPERINI, C. VITALE (a cura di), Codice di edilizia e urbanistica, Torino, 2013. 83 La Comunità montana è ora disciplinata dall’art. 27 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (t.u. enti locali).

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Peraltro, la norma costituzionale deve essere letta in combinato disposto con la Convenzione delle Alpi84, volta alla promozione dello sviluppo sostenibile e alla tutela degli interessi della popolazione residente, tenendo conto delle complesse questioni ambientali, sociali, economiche e culturali: com’è stato sottolineato, proprio per il conseguimento di queste finalità, la presenza di un ente locale territoriale intermedio � fino ad ora rappresentato dalla Provincia � in grado di porsi, in ragione delle sue dimensioni, in una posizione tale da assumere uno sguardo sinottico sull’intero territorio montano» è quanto mai opportuna85. In altri termini, un ente di tal sorta può senza dubbio costituire lo strumento ideale, anche in virtù di quanto previsto dal Protocollo allegato alla Convenzione sulla pianificazione territoriale e dello sviluppo sostenibile, per «favorire le pari opportunità della popolazione locale nello sviluppo sociale, culturale ed economico, nel rispetto delle competenze territoriali»86, visto anche il carattere contermine di alcune province interamente montane con regioni ad ordinamento differenziato (come certamente Sondrio). Ciò richiede, per il Protocollo, non solo un impegno da parte dello Stato e l’assunzione di specifiche strategie regionali, ma anche un rafforzamento (e non uno svuotamento) di tutti gli enti territoriali sul piano della loro capacità di agire conformemente al principio di sussidiarietà87. Tra questi enti, ancora una volta, non sono menzionate espressamente le province, ma si presuppone una «capacità dimensionale ottimale» degli enti stessi, che, però, non può essere soddisfatta di per sé né dai Comuni né da forme associative infracomunali, affinché questi si facciano carico in via

84 Si tratta di un Trattato internazionale sottoscritto dai Paesi Alpini (Austria, Germania, Francia, Italia, Liechtenstein, Monaco, Svizzera e Unione europea), firmato a Salisburgo il 7 novembre 1991, modificato il 6 aprile 1993 e reso esecutivo in Italia con legge n. 403/1999. 85 D. TRABUCCO, Le Province nel disegno di legge A.S. n. 1212, cit., 18. 86 Art. 1, lett. g, del Protocollo di attuazione della Convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito della pianificazione territoriale e dello sviluppo sostenibile, firmato a Chambery il 20 dicembre 1994 e reso esecutivo con legge ordinaria dello Stato 5 aprile 2012, n. 50. 87 Art. 2, lett. a, del Protocollo appena richiamato.

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diretta ed interpreti principali dei problemi dell’intera popolazione residente»88. Ciò posto, fermo l’espresso riconoscimento della specificità montana anche nella legge appena approvata e nonostante tale riconoscimento, tuttavia è opportuno sottolineare che anche per le Province montane come Sondrio vale la questione della trasformazione in ente di secondo grado: infatti, le previsioni di ordine generale contenute nella legge n. 56 trovano applicazione anche nei confronti di tali Province89.

5. Alcune considerazioni conclusive e proposte In tale contesto � ormai certo sotto il profilo dell’assetto delineato dalla legge n. 56/2014 ma in prospettiva (soprattutto quella della annunciata riforma costituzionale) ancora poco delineato � lungi dal trarre conclusioni definitive, per quanto di interesse per il peculiare caso di Sondrio, può tuttavia senz’altro affermarsi che lo sforzo e l’impegno dovranno in questa fase concentrarsi nel cercare di trarre dalle previsioni di legge appena approvate (a partire sicuramente da quelle relative alle Province montane e alle specificità ad esse riconosciute) quante più opportunità possibili per la Provincia stessa: opportunità, a parte quella di assicurare la soggettività del territorio anche nei rapporti esterni, soprattutto sul versante della – imprescindibile � riorganizzazione e razionalizzazione amministrativa e delle competenze, che è il vero nodo da sciogliere (basti pensare al numero esorbitante di enti e consorzi, con tutti i problemi di duplicazione e sovrapposizione di competenze e costi)90.

88 Così, D. TRABUCCO, op. ult. cit., 18, il quale sottolinea come tali priorità, essendo recepite all’interno di un Trattato internazionale, vincolino il legislatore nazionale in base al comma 1 dell’art. 117 Cost. e costituiscano parametro interposto in un eventuale giudizio di costituzionalità delle fonti primarie interne. 89 L’emendamento avanzato dall’On. Dellai sulla possibilità (opportunità/necessità) di mantenere, per i territori interamente montani, una legittimazione democratica ed elettiva dell’istituzione provinciale, non ha, infatti, trovato accoglimento né in Governo né alla Camera. 90 Sul punto, v. le considerazioni già svolte in M.A. CABIDDU, D. CALDIROLA, M. MICHELETTI, La Valtellina nel diritto. Amministrazione, sussidiarietà e gover-no locale del territorio, in A. QUADRIO CURZIO (a cura di), Valtellina. Profili di

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In questa fase, la Provincia di Sondrio è cioè chiamata ad analizzare quello che anche a livello generale è uno dei maggiori problemi posti dalla riforma, vale a dire quello della dimensione (tendenzialmente) ottimale dell’area vasta per l’amministrazione delle funzioni; e ciò, ovviamente, sempre nell’ottica della maggior valorizzazione e tutela delle specificità del territorio e delle esigenze economiche e sociali della propria comunità. Sotto questo profilo le ipotesi prospettabili e prospettate sono racchiudibili in due «estreme»: quella della autonomia alla Trentino e Alto Adige; quella del dissolvimento in un’area più vasta così da costruire una macroarea dentro la Regione Lombardia. Al centro vi è una ipotesi ben più razionale e realistica: quella della riorganizzazione a perimetro istituzionale�territoriale invariato. Con la riorganizzazione, al fine di superare la frammentazione interna oggi esistente, garantendo al tempo stesso l’efficienza, la continuità dei servizi e l’efficacia delle stesse politiche locali, potrebbe ad esempio immaginarsi un accorpamento delle Comunità montane91, con contestuale riorganizzazione del BIM e il mantenimento dei singoli Comuni come prevalente presidio identitario dei vari territori; il tutto finalizzato ad un uso più razionale e sinergico anche delle risorse disponibili per gli investimenti. Con il dissolvimento, riprendendo peraltro ipotesi di lavoro considerate anche in passato, ci si potrebbe impegnare nella creazione di sviluppo, Una provincia tra identità e innovazione 2000�2010, F. Angeli, Milano, 2004, 649 ss. 91Com’è noto, la disciplina delle Comunità montane lombarde è stata modificata con la legge regionale n. 19/2008, che, in conseguenza delle esigenze di contenimento dei costi dettate dalla legge finanziaria 2008 (n. 244/2007), ne ha ridotto il numero a 23. In seguito all’azzeramento delle risorse statali per garantire il funzionamento delle Comunità montane, la regione Lombardia ha aggiornato la l.r. n. 19/2008 con la l.r. n. 11/2011 (di assestamento di bilancio), istituendo un capitolo specifico di spesa corrente, dotato di 9,3 milioni di euro all’anno per il triennio 2011�2013. Il fondo è stato ripartito tra le Comunità attraverso lo strumento di programmazione negoziata del PISL Montagna (Programma Integrato di Sviluppo Locale, semplificato rispetto al PISL tradizionale ex l.r. n. 2/2003), uno strumento triennale che pone la C.M. al centro dell’attività di programmazione territoriale, in raccordo con la programmazione regionale e provinciale. Sulle Comunità montane della Pro-vincia di Sondrio dal punto di vista dei conti del bilancio cfr. la seconda sezione del lavoro.

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una macro�area comprendente i territori della fascia alpina (lombarda) con una certa comunanza di interessi sia sociali e culturali che economici oltre che naturalmente di caratteristiche fisiche e morfologiche, che valorizzi le risorse territoriali ed implementi i servizi ad esse correlati: strategia, questa, da svilupparsi soprattutto attorno ai pilastri dell’agricoltura, dell’energia e dell’ambiente, delle comunicazioni e dei trasporti92. In tal caso andrebbe valutata � come si rileva nell’introduzione – la relativa debolezza economi-ca comparata della Provincia di Sondrio accorpata ad altre provincie (o parti di esse). Con l’autonomia si punterebbe allo status di Aosta, Bolzano, Tren-to con una ipotesi irrealistica che non approfondiamo Peraltro, è appena il caso di rilevare che il dibattito sulla complessiva riorganizzazione del sistema delle autonomie locali è particolarmente vivo anche sul fronte regionale, dove, tra l’altro, mentre il disegno di legge statale era ancora in discussione alle Camere, è stato approvato in seno al Consiglio un «atto di indirizzo» da presentare nelle sedi istituzionali93. In tale atto, con specifico riferimento al tema che ci

92 In una prospettiva che prenda sul serio la materia del “governo del territorio”, su cui si consenta il rinvio a M.A. CABIDDU (a cura di), Diritto del governo del territorio, Torino, 2014, 2° ed. 93 Tale documento, approvato lo scorso 25 febbraio (in linea con il documento sulle riforme istituzionali già approvato dall’Assemblea plenaria della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative regionali), evidenzia in particolare la necessità di una profonda azione di riforma costituzionale che intervenga sull’architettura globale dello Stato e della sua articolazione istituzionale: e ciò, per un verso, mediante un’opera di redistribuzione delle competenze e delle funzioni tra Stato e Regioni, «che riduca il più possibile le competenze concorrenti, attribuendo alla potestà legislativa esclusiva dello Stato solo le materie sulle quali vi è un oggettivo e prevalente interesse nazionale e ampliando, per converso, la sfera di attribuzioni delle Regioni, anche quindi su alcune materie oggi di competenza esclusiva statale (si pensi alla tutela dell’ambiente), il tutto anche nell’ottica di una piena attuazione dell’autonomia finanziaria; per altro verso, con un riordino territoriale delle Regioni esistenti attraverso la rivisitazione degli attuali confini amministrativi, al fine di costituire enti regionali più adeguati ed omogenei dal punto di vista del territorio e della popolazione; infine, rilanciando il processo di federalismo differenziato e quindi ampliando lo spettro delle materie, mutuate da materie concorrenti, che le Regioni virtuose, ai sensi dell’art. 116, co. 3, Cost., possono gestire rivendicando allo Stato condizioni particolari di autonomia politica e amministrativa».

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occupa, particolare rilevanza è attribuita alla questione della titolarità del potere legislativo in materia di ordinamento degli enti locali: la gestione del rapporto con il sistema delle autonomie locali, si afferma, è funzione che dovrebbe stare in capo alle Regioni, ferma restando la titolarità del Parlamento a definire le norme fondamentali. In questa prospettiva, evidentemente, l’approccio regionale si discosta da quello seguito e definitivamente fatto proprio dalla legge n. 56, che affida alle Regioni, contrariamente da quanto dalle stesse auspicato, un ruolo del tutto marginale in ordine alla definizione delle funzioni e del territorio dei nuovi enti. Viceversa, secondo quanto espresso nell’atto consiliare, anche e soprattutto l’ordinamento ed il funzionamento dei comuni e degli enti di area vasta meriterebbe di essere riconsiderato in una prospettiva più “regionocentrica”94.

Ebbene, anche alla luce dei recenti indirizzi regionali, volti alla più ampia valorizzazione delle autonomie locali, emerge con tutta evidenza l’opportunità (se non la necessità) che la Provincia di Sondrio, lungi dal perseguire intenti autonomisti, deve sfruttare al meglio le ‘occasioni’, seppur ancora ‘timide’, offerte dal legislatore nazionale sul fronte della razionalizzazione amministrativa, proprio nell’ottica della miglior tutela, dello sviluppo e della promozione delle peculiarità del proprio territorio. É la scelta di riorganizzazione.

94 Con particolare riferimento al ruolo delle Province si affermava la necessità di mantenerne la funzionalità di enti di area vasta, confermando al tempo stesso l’elezione diretta dei loro organi. Argomento quest’ultimo cui si correlava quello per cui sarebbe stato necessario evitare la proliferazione delle città metropolitane, onde evitare rischi di sovrapposizione con le funzioni e le competenze regionali.

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SEZIONE SECONDA Le Province: che cosa fanno e come si finanziano. Il caso della Provincia di Sondrio

Floriana Cerniglia, Maria Chiara Cattaneo e Alessandro Damiani

Premessa Prima di descrivere il quadro finanziario della Provincia di Sondrio è utile ripercorrere brevemente l’evoluzione dell’ordinamento finanziario delle Province. Con un’efficace sintesi, un recente contributo di S. Piperno sulla finanza decentrata in Italia � che nel prosieguo in parte riprendiamo � ricostruisce quattro fasi relativamente all’evoluzione della finanza provinciale1. Queste fasi sono così denominate: 1970�1989 «la finanza dimenticata»; 1990�2001 «la rivitalizzazione e la stagione delle riforme»; 2002�2009 «la lunga transizione»; 2010�? «il passato e il futuro prossimo».

Affrontiamo quindi il tema delle Province ripercorrendo le quattro fasi prima elencate per mettere in luce gli aspetti relativi all’ordinamento finanziario che man mano le Province hanno acquisito. Anche perché, il DDl Delrio, «Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni», approvato definitivamente il 3 aprile scorso e pubblicato in G.U. n. 81 del 7 aprile 2014 (d’ora in avanti L. n. 56/2014 o legge Delrio) non porta ad uno svuotamento delle funzioni delle Province � come invece era stato inizialmente previsto dall’intervento c.d. Salva Italia del Governo Monti � ma sostanzialmente ad un loro riordino e ad un nuovo meccanismo di relazioni fra questi enti (definiti dalla Legge «enti territoriali di area vasta») e i Comuni e le Regioni2. Questo nuovo meccanismo di relazioni (sia sul fronte delle funzioni, e cioè le spese, sia sul fronte delle entrate) deve ancora essere tutto costruito. Da questo punto di vista, la legge n. 56/2014, infatti, lascia la strada ancora aperta. Ma per trovare l’equilibrio migliore del futuro meccanismo di relazioni, crediamo

1 S. PIPERNO, La finanza decentrata in Italia, Bologna, Il Mulino, 2013. 2 Come ampiamente discusso nella prima sezione di questo lavoro.

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sia utile partire da una ricostruzione sotto il profilo normativo e quantitativo dell’evoluzione della finanza provinciale. Questo è l’obiettivo principale dei paragrafi che seguono dove l’uso di grafici e tabelle ci consente di fotografare meglio la dinamica di queste fasi la cui descrizione è con riferimento sia alle entrate sia alle spese. Anticipando qui qualche conclusione, questa ricostruzione ci permette di verificare che, sotto il profilo delle risorse, è difficile non ammettere che nel tempo le Province (e quindi anche la Provincia di Sondrio) non abbiano progressivamente consolidato un ruolo significativo di gestione delle entrate e delle spese che coinvolgono lo svolgimento di una pluralità di servizi e funzioni. Sotto questo profilo, la Provincia si configura ad oggi con una identità dai contorni tutto sommato abbastanza netti. Su questi contorni dunque si dovrà innestare il processo di attuazione del riordino a seguito dell’approvazione della legge Delrio che � come ampiamente detto nella parte di questo studio dedicata ai profili giuridici � non abolisce, ma ridisegna il ruolo delle Province. Inoltre, a utile corredo documentario del lavoro abbiamo inserito in appendice alcune Tabelle (1A � 4A). La prima contiene l’elenco di tutte le Province delle Regioni a Statuto Ordinario e a Statuto Speciale3. Nelle successive si indica, per ciascuna Provincia, la data di istituzione, la popolazione sulla base dell’ultimo censimento, l’estensione geografica, il numero dei comuni suddiviso anche per classi di popolazione, il Pil totale e il Pil procapite per il 2010, il tasso di disoccupazione. Lasciando al lettore i confronti puntuali tra le singole Province, soffermiamoci su qualche

3 Le Province italiane, includendo le Province autonome di Trento e Bolzano e di Aosta (dove però l’Ente Provincia corrisponde alla Regione) sono 110. Vanno se-gnalate alcune novità recenti nelle Regioni a Statuto Speciale: la Regione Sicilia, con la legge regionale n.7/2013 ha disposto il commissariamento delle Province in scadenza e la proroga di quelle già commissariate (attualmente la scadenza è il 30 giugno 2014) ed inoltre la legge regionale di istituzione dei liberi consorzi che sosti-tuiranno le province (legge regionale n.8/2014); la Sardegna, invece, con la legge regionale n.15/2013 ha commissariato quattro province (Carbonia�Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia�Tempio) e infine una nuova legge regionale ha dispo-sto la modifica dello statuto e soppresso le altre tre province (Nuoro, Cagliari e Sas-sari). Anche il Friuli Venezia Giulia ha approvato una legge regionale (n. 2/2014) che trasforma le Province in enti di secondo livello e proroga gli organi attualmente in carica fino all’elezione dei nuovi organi di secondo grado.

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elemento: alla nascita della Repubblica, l’Italia contava già un totale di 91 Province effettive4. Da questo punto di vista, in Italia nel 1948, a differenza della Regione, la Provincia era un dato che «si potrebbe definire socialmente acquisito»5. Le Tabelle in appendice sono altresì utili perché � oltre a riprodurre i ben noti divari Nord�Sud nel Pil procapite e nel tasso di disoccupazione � fotografano le differenziazioni demografico�territoriali. Come è noto, sono state soprattutto queste ultime ad aver spinto verso una revisione di questo ente nella logica di dar vita a un risparmio di spesa attraverso un migliore sfruttamento delle economie di scala.6 Soffermiamoci qui sui minimi e sui massimi di alcuni di questi indicatori: la Provincia di Roma ha quasi 4 milioni di abitanti mentre quella dell’Ogliastra ha poco meno di 60 mila abitanti. Per quanto riguarda la superficie, Trieste ha il valore minimo e la provincia autonoma di Bolzano il valore massimo. La Provincia con più Comuni è quella di Torino: trecentoquindici, dei quali duecentosei con una popolazione inferiore a tremila abitanti. Trieste ha invece soltanto sei comuni. La provincia più ricca per Pil procapite è quella di Milano, la provincia più povera (quella di Crotone) ha un Pil procapite pari al 30% di quella più ricca. Il tasso di disoccupazione più alto è nell’Ogliastra (17%) mentre la disoccupazione è quasi inesistente nella provincia di Bolzano (3,3%!). Quello che ora andiamo a presentare si articola in due parti: la prima ricostruisce sotto il profilo normativo e quantitativo l’evoluzione della finanza provinciale; la seconda si concentra sul caso di Sondrio descrivendone oltre ai profili della finanza provinciale anche quelli connessi alle caratteristiche sociali ed economiche. Questi profili sono anche messi a confronto con la provincia di Belluno. Sondrio e Belluno sono, infatti, due territori che condividono molteplici caratteristiche, geografiche e socioeconomiche oltre ad essere i due territori interamente montani per i quali è previsto un riconoscimento di specificità montana all’interno della

4 Sulla storia istituzione dell’ente Provincia, cfr. F. FABRIZZI, La Provincia. Anali-si dell’ente locale più discusso, Napoli, 2012. 5 Cosi scrive FABRIZZI, La Provincia, 1. 6 Ad esempio, e come ricostruito nella prima sezione di questo lavoro, la delibera-zione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012 prevedeva l’abolizione delle Province con meno di 350.000 abitanti e con un’estensione inferiore a 2.500 chilo-metri quadrati.

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riforma qui oggetto di analisi. Considerarne quindi in sintesi i profili economici per soffermarsi su quelli finanziari diventa opportuno per raccogliere ulteriori elementi di analisi ai fini delle proposte di evoluzione istituzionale che il presente studio mira a delineare.

1. L’evoluzione dell’ordinamento finanziario delle Province 1.1. Le entrate Anticipando quello che sarà presentato meglio nelle righe che seguono, va subito detto che la storia delle finanze delle Province è stata, come per i Comuni, una storia di finanza derivata fino agli inizi degli anni novanta, con l’aggravante che l’introduzione delle Regioni mise in una posizione più subordinata l’ente Provincia dato che le stesse si trovarono a svolgere funzioni per molti versi simili a quelle delle Province. Inoltre proprio nelle prime legislature delle Regioni, si introducevano le prime forme di aggregazioni tra Comuni (es. le Comunità montane e i Consorzi) allo scopo di indebolire ulteriormente le Province. Il clima quindi non era favorevole tant’è che si registravano proposte e battaglie per la loro abolizione (che però, come sappiamo, non hanno mai avuto successo) ad esempio quella presentata alla Camera dei Deputati il 4 luglio 1977 a firma Biasini, La Malfa, Mammì ed altri7. Soltanto agli inizi degli anni novanta, la Provincia cominciò ad acquistare vigore soprattutto con la legge di riforma delle autonomie (1.42/1990), con la conseguente legge di elezione diretta

7 Proposta di legge costituzionale n. 1597 recante Soppressione dell’ente autonomo territorio provincia: modifica degli articoli 114, 118, 119, 128, 132, 133, e della VIII disposizione di attuazione della Costituzione; abrogazione dell’articolo 129 della Costituzione. F. FABRIZZI nella monografia La Provincia cit. a p. 71 scrive che nella relazione che corredava la proposta di legge costituzionale “vi si leggeva che la proposta traeva origine da «una catena di constatazioni negative sul ruolo istituzionale ed amministrativo dell’ente provincia» che venivano così riassunte: scarsissime competenze, per di più ricadenti tra quelle previste dall’art. 117 Cost. per le Regioni; inadeguatezza territoriali, dal momento che molti servizi si estendo-no al di fuori della circoscrizione provinciale; struttura rigida e burocratica e funzio-ne autarchica che non consentono all’ente di essere intermedio tra Regione e Comu-ne né al fine della cura di interessi politico�amministrativi locali né come organo di programmazione economico�territoriale; inoltre costi di funzionamento sproporzio-nati, sia rispetto ai compiti istituzionali assegnati, sia nella comparazione con il co-sto�rendimento delle altre strutture autonomistiche”.

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del Presidente della Provincia nel 1993 ed anche con le Leggi Bassanini alla fine degli anni novanta. Ma soprattutto, a rafforzare il ruolo di questo ente, interviene nel 2001 la riforma del Titolo V della Costituzione che, nel novellato art. 114, «equipara» il livello di governo provinciale agli altri livelli di governo, e cioè Stato, Regioni, Comuni, Città Metropolitane. Nel periodo più recente, come è noto, sono invece ritornate alla ribalta varie proposte di una loro soppressione (soprattutto a partire dalla campagna elettorale del 2008) che � come ricostruito nella prima parte di questo lavoro � hanno portato ad un vero e proprio caos normativo trovando approdo nel cosiddetto disegno di legge Delrio «Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni» il cui iter, come detto, si è concluso con la promulgazione della legge 7 aprile 2014, n. 56. Questo a grandi linee quello che è successo. Decliniamo ora meglio alcuni di questi passaggi.

La prima fase della storia della finanza provinciale (1970�1989) prende avvio con la riforma tributaria che rappresenta uno spartiacque nella storia della finanza locale italiana. La riforma è contrassegnata da una filosofia di accentramento statale della leva fiscale soprattutto allo scopo di ridurre i differenziali di erogazione dei servizi tra le aree del Paese che erano ovviamente conseguenti alle diverse basi imponibili dei territori8, dati i diversi livelli di sviluppo economico, e peraltro tuttora presenti, come osservabile dalle tabelle in Appendice. Si lascia quindi pochissima autonomia (che invece era presente prima della riforma) agli enti locali. La tabella 1 riporta la tipologia e la dinamica dei principali tributi provinciali vigenti prima della riforma9.

8 Cfr. P. GIARDA, Le dinamiche dei rapporti finanziari tra Stato ed Autonomie Locali in Italia. Una prospettiva storica, Prolusione Inaugurazione Anno Accademi-co Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 6 novembre 2013. 9 Un approfondimento della finanza locale, e quindi anche quella delle Province, prima della riforma è in G. MARONGIU, Storia dei tributi degli enti locali, Padova, Cedam, 2001.

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Tabella 1 - Entrate tributarie accertate delle Amministrazioni provin-ciali - Anni 1952-1973 (in milioni di euro correnti). Fonte: Istat, Rileva-zione dei conti consuntivi dei Comuni e delle Province

ANNI Totale

Di cui

Sovrimposte provinciali sui terreni e fabbricati

Addizionale all’imposta su

industria, commercio, arti

e professioni

Addizionale provinciale all’imposta erariale sui

redditi agrari

Altre

1952 29,6 13,3 7,7 2,0 6,6 1953 32,1 15,5 7,4 2,0 7,2 1954 29,7 18,6 8,4 2,2 0,5 1955 32,6 20,6 9,4 2,2 0,4 1956 35,2 22,1 10,1 2,5 0,5 1957 38,9 24,0 11,6 2,8 0,6 1958 41,4 25,4 12,8 2,8 0,5 1959 44,2 26,7 13,6 2,8 1,0 1960 47,0 27,6 15,4 2,8 1,3 1961 46,6 29,2 16,1 - 1,3 1962 49,8 30,7 17,9 - 1,1 1963 63,4 42,8 19,2 - 1,3 1964 64,7 39,6 23,0 - 2,0 1965 68,1 41,8 23,5 - 2,8 1966 69,7 43,9 23,8 - 1,9 1967 71,6 45,3 25,4 - 1,0 1968 75,9 45,6 28,9 - 1,4 1969 78,7 45,3 31,3 - 2,1 1970 75,5 44,0 30,0 - 1,5 1971 80,8 46,0 33,2 - 1,6 1972 91,5 49,5 40,2 - 1,8 1973 95,0 51,3 41,9 - 1,8

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Con il d.lgs. n. 638/1972 si procede a regolare il finanziamento transitorio delle Province: dal 1973 al 1977 le Province avrebbero ricevuto dallo Stato trasferimenti sostitutivi pari ai tributi incassati nel 1972 e nel 1973 e aumentati, fino al periodo di riferimento, tra il 7,5 e il 10 per cento. Va da sé che in questo breve lasso di tempo si riduce il peso delle entrate tributarie presenti prima della riforma (cfr. Tabella 1) e aumentano invece i trasferimenti. Questa dinamica crescente dei trasferimenti si coglie soprattutto dal Grafico 1 che mostra quindi che alla fine degli anni settanta i tributi provinciali furono quasi azzerati; l’unico tributo che rimane in vigore per tutto il periodo è quello sull’occupazione di spazi e aree pubbliche. Anche le entrate extra�tributarie hanno un peso poco significativo dato che le Province svolgono una limitata attività nell’erogazione di servizi regolati da tariffe. Infine, mentre l’ampliamento di competenze che si registra con il d.p.r. n. 616/197710 non porta a cambiamenti dal punto di vista finanziario, si assiste invece alla perdita di competenza nell’ assistenza psichiatrica11. In questa fase i trasferimenti non furono comunque sufficienti a coprire i fabbisogni di spesa, sicché la vicenda che più caratterizza questo periodo è il fenomeno dei disavanzi delle Province e una crescita enorme dell’indebitamento. Alla fine del 1976, 88 Province su 94 erano in disavanzo e, come per i Comuni, si interviene con i decreti Stammati nel 197712. Segnaliamo invece che alla fine di questo periodo, e cioè nel 1988, si stabilisce per le Province un’addizionale provinciale sull’accisa per l’energia elettrica (Dl n.551/1988) che è stata soppressa nel 2012 (vedi anche righe nel prosieguo).

10 Dopo la nascita delle Regioni nel 1970, si registrano i provvedimenti di trasferi-mento di funzioni dallo Stato alle regioni e agli enti locali. I primi decreti delegati che realizzano tale decentramento sono del 1972; nel 1977 interviene il d.p.r n. 616/1977 di attuazione delle legge delega di trasferimento delle funzioni dello Stato (L. 22 luglio 1975 n. 382). 11 Cfr. S. PIPERNO, La finanza decentrata, cit. 12 Cfr. G. MARONGIU, Storia dei tributi, cit. e PIPERNO, La finanza decentrata, cit.

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Grafico 1 - Distribuzione delle entrate correnti delle Province - Anni 1967-1989 (in valori percentuali). Fonte: Istat, Rilevazione dei conti consuntivi dei Comuni e delle Province

La seconda fase (1990�2001) si caratterizza per alcuni provvedimenti importanti: la l. n. 142/1990 che apre la strada all’autonomia impositiva e alla responsabilità finanziaria degli enti locali e porta al Testo Unico degli enti locali del 2000 (d.lgs. n. 267/2000). Con successivi provvedimenti si introduce il regime dei trasferimenti tramite il meccanismo dei Fondi (distinti per le spese correnti e per le spese in conto capitale e con criteri di riparto che nella pratica saranno poi legati in prevalenza alla spesa storica). In questo periodo interviene: i) la legge n. 549/1997 che attribuisce alle Province un tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (questo tributo è tutt’ora in vigore); ii) il d.lgs. n 446/1997 che (oltre a introdurre l’Irap per le regioni) introduce l’imposta provinciale di trascrizione (IPT) sulla compravendita di autoveicoli prevedendo la possibilità per le Province di modificare fino al 30% l’imposta di base (poi prevista nel D.M. n. 435 del 1998). Anche questo tributo è tuttora presente. Il d.lgs. n 446/1997 attribuisce anche alle Province l’imposta (o per meglio dire il gettito) sulle assicurazioni contro la responsabilità civile dei veicoli a motore (RCA) esclusi i ciclomotori. In verità, pur venendo contabilizzata

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come un’entrata tributaria si tratta di una compartecipazione dato che le Province non potevano modificare l’aliquota sul premio, fissata a livello centrale. Il regime di questa entrata tributaria, rilevante sotto il profilo del gettito, si è poi modificato, come vedremo nel prosieguo. Infine a fronte delle funzioni amministrative svolte in materia di tutela ambientale, alle Province si attribuisce anche un’addizionale provinciale al tributo ambientale (Dlg 22/1997). In questa fase si cerca di dare una configurazione più razionale a tutto il sistema della finanza locale e quindi anche a quella delle Province le cui entrate tributarie rispetto agli anni precedenti aumentano, anche per effetto della contabilizzazione della RCA tra le entrate tributarie e non tra i trasferimenti. Questa dinamica è ben sintetizzata nel Grafico 2.

Grafico 2 - Distribuzione delle entrate correnti delle Province - Anni 1990-2000 (in valori percentuali). Fonte: Istat, Rilevazione dei conti consuntivi dei Comuni e delle Province

In questa fase, l’altra importante novità nella vita delle Province è il trasferimento di nuove funzioni come previsto dalle leggi Bassanini (L.n.59/1997 e n.127/1997) e poi dai decreti delegati che ne seguirono. Il quadro che ne consegue, sotto il profilo effettivo delle funzioni svolte, non è

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facilmente riconducibile ad un unico scenario valevole cioè per la generalità delle Province italiane. Il decentramento alle Province si realizza con le varie leggi regionali di attuazione e quindi le competenze attribuite alle Province variano da Regione a Regione. Inoltre, nei decreti legislativi di attuazione delle Bassanini si sanciva il principio dell’esigenza di una corrispondenza tra funzioni trasferite ai diversi livelli di governo e i mezzi per il loro svolgimento. Detto altrimenti, al trasferimento di funzioni dallo Stato alle autonomie locali doveva far seguito anche un trasferimento di risorse dallo Stato alle Regioni (e a cascata sulle Province e sui Comuni). Evidenziamo che tutto questo processo è stato molto complicato nella sua gestione concreta. Ricordiamo ad esempio che uno degli aspetti più delicati è stato quello relativo al personale e cioè il passaggio, a seguito delle funzioni trasferite, dello stesso tra i vari comparti delle amministrazioni pubbliche. Questo passaggio è stato difficile sia per la difficoltà di trasferire il personale da una sede a un’altra, sia per la modifica dei riferimenti contrattuali tra i vari comparti. Abbiamo voluto qui segnalare questo aspetto, perché è evidente che allorché le funzioni delle Province � a seguito della riforma � saranno spostate o verso l’alto (cioè alle Regioni) o verso il basso (cioè ai Comuni) il problema del personale, e quindi la relativa ricontabilizzazione dei costi (a seguito delle eventuali variazioni contrattuali) dello stesso si porrà inevitabilmente13.

13 A questo proposito la legge Delrio al comma 96 prevede: «Nei trasferimenti delle funzioni oggetto del riordino si applicano le seguenti disposizioni: a) il personale trasferito mantiene la posizione giuridica ed economica con riferimento alla voci del trattamento economico fondamentale e accessorio, in godimento all’atto del trasfe-rimento, nonché l’anzianità di servizio maturata; le corrispondenti risorse sono trasferite all’ente destinatario; in particolare, quelle destinate a finanziarie le voci fisse e variabili del trattamento accessorio, nonché la progressione economica oriz-zontale, secondo quanto previsto dalle disposizioni contrattuali vigenti, vanno a costituire specifici fondi, destinati esclusivamente al personale trasferito, nell’ambito dei più generali fondi delle risorse decentrate del personale delle cate-gorie e dirigenziale. I compensi di produttività, la retribuzione di risultato e le in-dennità accessorie del personale trasferito rimangono determinati negli importi goduti antecedentemente al trasferimento e non possono essere incrementati fino all’applicazione del contratto collettivo decentrato integrativo sottoscritto conse-guentemente al primo contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato dopo la data di entrata in vigore della presente legge».

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Osserviamo anche che il processo di decentramento che si è incanalato nel nostro ordinamento con le Leggi Bassanini non ha ad oggi, sotto il profilo economico, registrato studi approfonditi e valutazioni di perfomance. Appare del tutto lecito chiedersi, ad esempio, se il ridimensionamento delle economie di scala a seguito del decentramento delle funzioni, ha migliorato o peggiorato il servizio? Ancora, la differenziazione delle politiche tra le Regioni che effetti ha prodotto sul sistema (ad esempio sulle imprese che operano su vari territori)? Questi studi di valutazione sarebbero stati utili per fornire elementi di riflessione al dibattito � e accademico e politico � nell’attuale contesto di riconsiderazione della riallocazione e riordino delle funzioni provinciali. Nella terza fase (2002�2009) si completa la terza fase del decentramento collegato alle cosiddette leggi Bassanini. Questa è anche la fase in cui partono gli esperimenti delle Unioni intercomunali e il completamento delle cosiddette autorità d’ambito (ad esempio per la gestione del ciclo dell’acqua, dei rifiuti, dei trasporti). Questa terza fase (2002�2009) è però significativamente contrassegnata dalla riforma del Titolo V che, come è ampiamente noto, avviene nel 2001 e si conclude nel 2009 con l’approvazione della legge delega sul federalismo fiscale entrata in vigore il 21 maggio 2009 (d’ora innanzi l. n. 42/2009). Il nuovo Titolo V valorizza le Province14 che sono configurate come enti intermedi equiordinati rispetto a Stato, Regioni e Comuni e sono altresì «titolari di prerogative di autonomia e rappresentativi di collettività e di interessi»15. Per quanto riguarda gli aspetti finanziari, l’art. 119 prevede che i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni abbiano autonomia finanziaria di entrata e di spesa, abbiano risorse autonome, stabiliscano ed applichino tributi ed entrate propri, dispongano di compartecipazioni erariali riferibili al loro territorio. Inoltre (art. 119 comma 3) con legge dello Stato si prevede un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Con l’insieme di queste risorse, Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni finanziano integralmente

14 Nel vecchio Titolo V, la Costituzione assegnava alle Regioni un ruolo fondamen-tale e lasciava invece più sullo sfondo Comuni e Province. 15 Cfr. A. URICCHIO, La fiscalità delle province tra disposizioni in materia di fede-ralismo e proposte di soppressione, in «Rassegna Tributaria», 6/2011, 1520.

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le funzioni loro attribuite16. Quello che rileva è che il nuovo articolo 119 elimina il riferimento alle forme e limiti stabiliti dalla legge dello Stato per l’esercizio dell’autonomia finanziaria, il che significa che la garanzia della suddetta autonomia per gli enti deriva direttamente dalla Costituzione17. La conseguente attività di governo e tutti gli interventi di questa fase avrebbero dovuto procedere quindi (e sin da subito) nella direzione di una costruzione del sistema delle relazioni finanziarie tra Stato, Regioni, Province e Comuni sulla base dei principi dei novellati artt. 117 (poteri di spesa) e soprattutto 119 (poteri di entrata). Ma nella pratica il sistema delle relazioni finanziarie viene ancora regolato di anno in anno sulla base di provvedimenti decisi dal centro che avevano come fine ultimo il controllo della spesa pubblica e della pressione fiscale locale. Il riferimento è ovviamene ai vincoli imposti dai patti di stabilità interni che si susseguono annualmente (e cioè con regole che cambiano di anno in anno) e ai vari blocchi o congelamenti di addizionali (soprattutto a livello comunale). Nel caso della finanza provinciale, i margini di autonomia finanziaria erano già stretti (di fatto solo previsti per l’imposta provinciale di trascrizione) quindi, come si osserva nel Grafico 3, le entrate tributarie � che, ricordiamolo, includono però l’RCA � si attestano nel periodo intorno al 50% senza registrare aumenti. Il calo dopo il 2001 è dovuto alla decisione governativa di riduzione degli incentivi per gli acquisti dell’automobile ed anche alla decisione di sospendere dell’IPT nel caso di acquisto di auto catalizzate. E, d’altronde, essendo i due principali tributi provinciali (IPT e RCA) per lo più legati ad una base imponibile collegata al mercato automobilistico, il gettito degli stessi risente molto di scelte assunte dal governo centrale peraltro spesso connesse alle interdipendenze del ciclo economico a questo tipo di mercato. Inoltre, dal grafico si osserva che in questa fase i trasferimenti calano, o comunque registrano un andamento altalenante a seguito di scelte assunte di anno in anno.

16 L’art. 119 comma 5 prevede anche in quali caso lo Stato può destinare risorse aggiuntive, ad esempio per effettuare interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. 17 Cfr. T. GROPPI e M. OLIVETTI (a cura di) La repubblica delle autonomie. Re-gioni ed enti locali nel nuovo Titolo V, Giappichelli, Torino, 2001.

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Grafico 3 - Distribuzione delle entrate correnti delle Province - Anni 2000-2011 (in valori percentuali). Fonte: Istat, Rilevazione dei conti consuntivi dei Comuni e delle Province

Come già anticipato, la terza fase si caratterizza soprattutto perché interviene (dopo otto anni dall’approvazione del Titolo V) una legge di grande portata: la legge delega sul federalismo fiscale del maggio 2009 (L. n. 42/2009) che serve a dare sostanza alle disposizioni contenute nell’ articolo 119. Questa legge è approvata con un sostanziale consenso bipartisan che (probabilmente) arriva perché molte questioni spinose (come quella perequativa) vengono lasciate a decreti e atti normativi successivi che ad oggi non sono ancora arrivati. Complice, ovviamente, di questa partita ancora tutta aperta del federalismo fiscale nel nostro Paese, anche la crisi economica che ha bloccato del tutto il processo di attuazione del federalismo fiscale in Italia18. L’esempio più evidente di «questo parziale

18 Una disanima efficace sul tema è stata recentemente offerta dalla Corte dei Conti nel documento Attuazione e prospettive del federalismo fiscale presentato nel corso dell’Audizione presso la Commissione Parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale (Roma, 6 marzo 2014). Vale la pena soffermarsi su qualche passaggio di questo documento. Anzitutto la Corte rileva che la crisi economica ha avuto un forte

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stravolgimento» dei dettami previsti dalla legge 42/2009 e dai successivi decreti è tutta la vicenda dei continui cambiamenti alla fiscalità comunale a cui abbiamo recentemente assistito19. Invero, la fiscalità comunale era stata ben regolata dal decreto sulla fiscalità municipale (D.Lgs. n. 23/2011). Offriamo ora gli elementi di novità per le Province che appunto emanano dalla l.n.42/2009 e dai decreti20. Per quanto riguarda le Province,

impatto sul mondo delle Autonomie: «la dimensione complessiva delle misure di riduzione di spesa assunte a partire dal 2009 ha raggiunto nel 2012 i 31 miliardi, di cui 16 miliardi quale effetto di misure di inasprimento del Patto di stabilità interno e di oltre 15 miliardi di tagli nei trasferimenti» (p. 6). Un altro aspetto importante evidenziato dalla Corte è il tema del federalismo e la pressione fiscale. Ricordiamo che in base ai dettami della legge delega 42/2009, il percorso di attuazione del fede-ralismo avrebbe dovuto rafforzare e rendere molto stretto il coordinamento fra i diversi livelli di governo nel tentativo di ben conciliare autonomia impositiva degli enti territoriali e pressione fiscale complessiva. E, invece «i risultati conseguiti sono stati diversi: non solo non si trovano tracce di compensazione tra fisco centrale e fisco locale, ma, anzi, di pari passo con l’attuazione del federalismo fiscale, si è registrata una significativa accelerazione sia delle entrate di competenza degli enti territoriali si di quelle dell’amministrazione centrale... in particolare, nell’arco di un ventennio la forza trainante sulla pressione fiscale complessiva, cresciuta dal 38 per cento al 44 per cento, appare imputabile per oltre i 4/5 alla dinamica delle entrate locali...Le evidenze quantitative, insomma, sembrano testimoniare una mancanza di coordinamento fra prelievo centrale e prelievo locale, sconfinata nell’aumento della pressione fiscale complessiva a causa di una sorta di effetto combinato: lo Stato centrale che taglia i trasferimenti ma lascia invariato il prelievo di sua competenza; gli enti territoriali che, per sopperire ai tagli dei trasferimenti, aumentano le aliquote dei propri tributi, a volte anche più dell’occorrente» (pp. 16�17). 19 E cioè il c.d. Salva Italia (d.l. n.201/2011), la legge n.228 del 2012 (legge di stabi-lità 2013) e da ultima la legge n. 147/2013 ( legge di stabilità 2014) recante il com-plessivo riordino della tassazione immobiliare per i comuni. 20 La legge 42/2009 delegava il governo ad emanare entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore (cioè entro il 21 maggio 2011) uno o più decreti legislativi (art. 2, comma 1) per dare attuazione all’art. 119 della Costituzione, oltre a due anni di tempo per l’adozione di decreti legislativi correttivi ed integrativi. Ad oggi risul-tano approvati dieci decreti legislativi. Cfr. anche Camera dei Deputati, IL FEDE-RALISMO FISCALE, La legge delega n. 42 del 2009 e i decreti legislativi di attua-zione, Documentazione e ricerche, n. 80, novembre 2013 che contiene oltre al testo della legge delega e di tutti i decreti sin qui emanati (aggiornati con interventi nel frattempo sono intervenuti in alcuni articoli degli stessi) anche un aggiornamento ad altre disposizioni di leggi più recenti che pur non novellando direttamente le dispo-sizioni sul federalismo fiscale, recano norme sulla materia, ad es. gli art. 15 e 16 del decreto Spending review del luglio 2012.

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si tratta soprattutto del D.Lgs. n. 68/2011 («Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario»). Del suddetto decreto rileva in particolare il Capo II che recita «Autonomia di entrata delle province» e che comprende gli articoli che vanno dal 16 al 23. Prima di offrire una sintesi dei suddetti articoli, va detto che la legge delega 42/2009 (operando sulla scia di quanto già disposto dall’art. 119) sancisce anche per le Province (art. 2, comma 2, punto e) tre tipologie di entrate che sono: tributi, compartecipazioni e risorse che provengono da un fondo perequativo. Tali entrate devono consentire di finanziare integralmente le funzioni degli enti (distinte tra fondamentali e non) e valutate non più sulla base della spesa storica bensì sul calcolo dei fabbisogni standard. L’abbandono della spesa storica e il calcolo dei fabbisogni standard per le funzioni è la novità più importante messa in campo dalla legge delega 42/2009. Inoltre tra le altre novità della legge delega in questione rientra anche un numero rilevante di principi e criteri che devono incentrare il nuovo sistema della fiscalità delle autonomie locali. Tra questi: la territorialità del gettito. Volgendo l’attenzione al tema specifico dei tributi delle Province, la legge delega li rintracciava essenzialmente tra quelli connessi al trasporto su gomma. La razionalità di fondo di questa impostazione doveva essere il principio del beneficio dato che i principali servizi all’automobilista sono erogati dalle Province attraverso l’esercizio della competenza sulla viabilità21. Pertanto, il secondo articolo (e cioè l’art. 17) del Capo II del D.Lgs. n. 68/2011 è rubricato, appunto, «Tributi propri connessi al trasporto su gomma»22. É bene osservare a questo punto che anche il tema oggetto di questo lavoro (e cioè la soppressione/riorganizzazione delle province) è già presente in questo decreto. Infatti il primo articolo che apre il Capo II (cioè l’art. 16) così

21 Si tratta del principio del beneficio fiscale. Detto altrimenti, la tendenziale corre-lazione tra prelievo fiscale e beneficio connesso alle funzioni esercitate sul territorio è un altro dei principi posti a fondamento della legge delega. 22 C’era quindi il presupposto per operare un complessivo riordino dei tributi gra-vanti sugli autoveicoli attraverso la previsione di un unico prelievo fiscale. Sul pun-to, v. A. URICCHIO, Fiscalita provinciale, cit. che ad esempio ipotizza un’imposta sui chilometri percorsi rilevabili attraverso GPS satellitari, che attribuisce al tributo una connotazione ambientale valorizzandone gli effetti inquinanti.

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recita: «In attesa della loro soppressione o razionalizzazione, le disposizioni di cui al presente capo assicurano l’autonomia di entrata delle province ubicate nelle regioni a statuto ordinario e la conseguente soppressione di trasferimenti statali e regionali». É probabile quindi che la prospettiva di questa soppressione o razionalizzazione abbia finito per guidare il legislatore non nella direzione di una riforma dei tributi provinciali, ma nella logica di un mantenimento dello status quo con qualche lieve modifica. Ed infatti, è stato osservato che il sistema delle entrate delle Province è stato modificato (e dalla legge delega e dai relativi decreti) in misura meno incisiva di quello comunale23. Pertanto, nel D.Lgs. 68 all’articolo 17, c. 2, si conferma l’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile (RCA) derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (che, come detto, era stata prevista per la prima volta con l’art. 60 del D.Lgs. n.446/1997) con la novità di prevedere, anche per quelle comprese nelle Regioni a Statuto speciale, la manovrabilità dell’aliquota fra un minimo e un massimo di 3,5 punti percentuali dell’aliquota base pari al 12,50% (D. Lgs. 68/2011). Va detto che tale manovrabilità è piuttosto significativa e molte Province hanno incrementato fino al massimo l’aliquota per far fronte ai tagli delle manovre del governo Monti. Sempre all’art. 17, c. 6, si conferma l’imposta provinciale di trascrizione, attribuendo altresì una sorta di delega al governo per un eventuale riordino24.

23 Questa osservazione è presente in un una nota della Camera dei deputati La fisca-lità comunale e provinciale consultabile in: http://www.camera.it/leg17/465?area=20&tema=740&Il+sistema+delle+entrate+delle+regioni+e+degli+enti+locali#paragrafo3004 24 Si introducono anche alcune modifiche, ad esempio si dispone l’equiparazione della misura sugli atti soggetti ad IVA rispetto agli atti non soggetti all’IVA mede-sima. É stato anche fatto notare (A. URICCHIO, Fiscalita provinciale, cit. p. 1529) che sia nel caso della RCA sia nel caso della IPT potrebbe non sempre rispettarsi appieno il principio della territorialità e del beneficio fiscale. Infatti, le imposte sono versate rispettivamente nelle Province in cui hanno sede i pubblici registri nei quali sono iscritti i veicoli e (nel caso dell’IPT) dove ha residenza o sede legale il soggetto passivo d’imposta. Tale Provincia di competenza e/o di residenza non necessaria-mente coincide con il luogo in cui avviene fisicamente la circolazione dell’autoveicolo tanto più per il fatto che (data la possibilità di manovra delle aliquo-te) le società di autonoleggio o esercenti di parchi macchine potrebbero essere incen-tivati a registrare i propri veicolo nelle province dove si applicano le imposte minori.

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In successione, l’articolo 18, che completa il quadro delle entrate per le Province, prevede : i) la soppressione dei trasferimenti statali alle province da coprire con una compartecipazione all’Irpef a partire dall’anno 2012; ii) soppressione a decorrere dall’anno 2012 dell’addizionale provinciale sull’accisa sull’energia elettrica25 (come detto, prevista dal D.l. n.551/1988). L’articolo 19 interviene sul fronte dei trasferimenti regionali � aventi carattere di generalità e di permanenza � prevedendone la soppressione a decorrere dal 2013 e la sostituzione, a copertura del mancato gettito, con una compartecipazione delle Province alla tassa automobilistica spettante alla Regione di appartenenza da determinarsi previo accordo concluso in sede di Consiglio delle Autonomie locali. Al momento tale compartecipazione non risulta ancora stabilita in tutte le Regioni. È invece l’articolo 20 a prevedere una novità sul fronte dei tributi delle Province (come peraltro anticipato dalla legge delega 42/2009 all’art 12, comma 1, lettera e). Trattasi di un’imposta di scopo da disciplinare con un regolamento che, secondo quanto previsto, sarebbe dovuto intervenire entro il 31 ottobre 2011 d’intesa con la Conferenza Stato�città ed autonomie locali individuando i particolari scopi istituzionali in relazione ai quali la predetta imposta può essere istituita. Anche questo regolamento ad oggi non è intervenuto. Infine, il fondo perequativo. Nel D.Lgs. 68, la questione è normata nel Capo III «Perequazione ai sensi dell’art.13 della legge n.42 del 2009 e sistema finanziario delle città metropolitane nelle regioni a statuto ordinario» e per le Province rileva in particolare l’articolo 23 con la previsione (comma 1) di un fondo perequativo articolato in due componenti, la prima che riguarda il finanziamento delle funzioni fondamentali delle province, la seconda le funzioni non fondamentali sulla base del criterio della capacità fiscale26. Tuttavia, in attesa dell’istituzione, a regime, del

25 Come detto questo tributo era stato previsto dal Dl n.551/1988. 26 Sempre al comma 1 si dice: «Le predette quote sono divise in corrispondenza della determinazione dei fabbisogni standard relativi alle funzioni fondamentali e riviste in funzione della loro dinamica. Per quanto attiene alle funzioni non fonda-mentali, la perequazione delle capacità fiscali non deve alterare la graduatoria dei territori in termini di capacità fiscale per abitante». Il comma 2 recita invece: «Ai sensi dell’articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009, sono istituiti nel bilancio

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suddetto fondo il D. Lgs. 68 prevede anche � articolo 21 � un fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, a decorrere dal 2012, di durata biennale (o comunque fino all’entrata in vigore del fondo perequativo) alimentato dal gettito della compartecipazione provinciale all’Irpef (di cui art. 18, c. 1, vedi sopra). La motivazione alla base dell’istituzione di questo fondo è dichiarata nel primo comma dell’articolo 21 e cioè «realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attribuzione alle province dell’autonomia di entrata». Per ciascuna Provincia, le risorse provenienti da questo fondo devono quindi compensare il mancato gettito derivante dalla soppressione dei trasferimenti statali e dell’addizionale provinciale sull’accisa sull’energia elettrica (vedi sopra). Con il D.P.C.M del 10 luglio 2012, l’aliquota di compartecipazione all’Irpef (il cui gettito serve ad alimentare il fondo) è stata fissata in misura pari a 0,6% dell’Irpef. Mentre un precedente D.P.C.M (12 aprile 2012) aveva determinato l’importo dei trasferimenti statali soppressi: 1.039,9 milioni di euro. Di conseguenza per l’anno 2012 (ma anche per l’anno 2013) il fondo sperimentale di riequilibrio è stato determinato in 1.039,9 milioni di euro ripartito tra le Province sulla base dei seguenti criteri27: a) il 50% del fondo in proporzione al valore della spettanza figurativa dei trasferimenti fiscalizzati di ciascuna Provincia al 1 gennaio 2012; b) il 38% del fondo in proporzione al gettito della soppressa addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, negli importi quantificati per ciascuna Provincia nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale in data 22 febbraio 2012; c) il 5% del fondo in relazione alla popolazione residente; d) il 7% del fondo in relazione all’estensione del territorio provinciale.

delle regioni a statuto ordinario due fondi, uno a favore dei comuni, l’altro a favore delle province e delle città metropolitane, alimentati dal fondo perequativo dello Stato di cui al presente articolo». 27 Sul punto, riprendiamo pag. 7 della nota La fiscalità comunale e provinciale con-sultabile in: http://www.camera.it/leg17/465?area=20&tema=740&Il+sistema+delle+entrate+delle+regioni+e+degli+enti+locali#paragrafo3004. L’ammontare delle risorse del fondo per gli anni 2012 e 2013 è stato determinato con il D.M. Interno 4 maggio 2012 e D.M. Interno 10 dicembre 2013.

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Emerge, quindi, che, ad oggi, l’attuale assetto della finanza provinciale non è ancora definito: è incompiuto il sistema perequativo; è ancora indefinita in molte regioni la questione della fiscalizzazione dei trasferimenti regionali alle Province e quindi la questione delle entrate che alle stesse dovrebbero sostituirsi. In questo sfondo quindi, si dovrà innestare la fase di implementazione della Legge Delrio. A questo punto � e sulla base di quanto fin qui ricostruito � per cercare di fare maggior ordine e sintesi sulla fiscalità provinciale, presentiamo: nel riquadro 1 le modifiche alla disciplina tributaria introdotta dal D.Lgs. 68 e quindi, nel riquadro 2, la situazione ad oggi dei tributi in mano alle Province. Riquadro 1 - Le modifiche alla fiscalità provinciale introdotte dal D.Lgs. 68/2011

Art. 17, c.1 , c.2 e c.3

Dal 2012: Imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (RCA) con possibilità di modifica da parte delle Province (± 3,5 punti percentuali all’aliquota d’imposta pari al 12,5)

Art. 17, c.6 e c.7 Dal 2012: Imposta provinciale di trascrizione con modifiche

Art. 18, c.1 e c.5) Dal 2012: Soppressione dei trasferimenti statali e dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica e compartecipazione provinciale all’Irpef

Art. 19 Dal 2013: Soppressione dei trasferimenti regionali e compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica regionale

Art. 20 Imposta di scopo (art. 20) Art. 21 Dal 2012: Fondo sperimentale di riequilibrio

Art. 22 Classificazione delle spese provinciali per l’individuazione dei fabbisogni standard

Art. 23 Fondo perequativo a regime

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Riquadro 2 - Entrate provinciali e normativa di riferimento

Tipo di Entrata

Nome Normativa di riferimento

Trib

utar

ie

Imposta provinciale di trascrizione

Art. 56 del D.Lgs. 446/1997

Addizionale Energia elettrica

Fino al 31/12/2011: Art. 6 comma 1 del DL. 28/11/1988 n. 511 convertito nella L. 27/01/1989 n. 20 e successive modificazioni. Dal 01/01/2012: Ai sensi del comma 5 dell’art. 18 del D.Lgs. 06 maggio 2011, n. 68 a decorrere dall’anno 2012 l’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica di cui all’art. 52 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 è soppressa e il relativo gettito spetta allo Stato

Tributo in discarica Art. 3, commi 24-41 della L. 28-12-1995 n. 549

Tributo ambientale

Art. 19 del D. L. 504/92 - Art. 49, c. 17 del D.Lgs. 22/97, Art. 14 commi 28 e 29 del D.L. n. 201/2011, conv. L. n. 214/2011 e s.m.i

Imposta RC auto Art. 60 D.Lgs. 446/1997

Extra

trib

utar

ie

Canone per l’Occupazione di Spazi ed Aree Pubbliche

Art. 63 D.Lgs. 446/1997

Contributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi

Art. 16, commi 6-9 L.R. 24 ottobre 2002, n. 24 “Norme per la gestione dei rifiuti”.

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Quanto detto nelle righe precedenti ci ha già portato a discutere la quarta fase (2010�? ) che � per quanto consentito dalla disponibilità delle informazioni � è quella che arricchiremo meglio con l’analisi dei dati. Di quest’ultima fase sorprende non poco che pur essendo quella in cui il federalismo fiscale avrebbe dovuto cominciare a ricevere attuazione � a partire dalla legge delega 42/2009 � la natura degli interventi sia stata tuttavia provvisoria: come detto l’art. 16 che apre il capo II del D.Lgs. 68 ha come presupposto una possibile soppressione della Provincia! Infine, ribadiamo che la vera novità introdotta dalla legge delega è rappresentata dal calcolo del fabbisogno standard per il finanziamento delle spese o funzioni. Ma, come prima visto, nella fase attuale, il criterio di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio non ha ancora tenuto conto dell’incidenza dei fabbisogni standard la cui determinazione, peraltro, è stata solo di recente (e solo in parte) completata. Concludiamo questo paragrafo riportando nella Tabella 2 la dinamica delle entrate di 105 Province italiane28 nel triennio 2010 � 2012 desumibile dall’audizione della Corte dei Conti presso la Camera dei Deputati il 6 novembre 2013 (Audizione sul D.D.L. Città metropolitane, Province, Unioni e Fusioni di Comuni, A.C 1542. Commissione affari costituzionali).

28 Non sono incluse le province di Trento, Bolzano, Aosta, Mantova, Vibo Valentia. La fonte dati utilizzata dalla Corte dei Conti è il SIRTEL (Sistema Informativo Ren-dicontazione Enti Locali).

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Tabella 2 - Andamento delle entrate delle Province italiane nel triennio 2010-2012 (in migliaia di euro). Fonte: Corte dei Conti Audizione sul d.d.l. Città metropolitane, Province, Unioni e fusioni di Comuni; A.C. 1542 del 6 novembre 2013

Var

. % 2

010-

2012

Acc

ert.

di

Com

pete

nza

6,97

%

-31,

78%

10,5

3%

-6,3

8%

Ris

coss

ioni

to

tali

2,43

%

-27,

07%

3,69

%

-8,4

0%

2012

Acc

ert.

di

Com

pete

nza

5.18

1.57

3

3.28

5.76

9

844.

058

9.31

1.40

0

Ris

coss

ioni

to

tali

4.76

1.30

6

3.21

0.50

9

692.

650

8.66

4.46

5

2011

Acc

ert.

di

Com

pete

nza

5.22

1.74

8

3.73

4.77

0

733.

416

9.68

9.93

4

Ris

coss

ioni

to

tali

5.14

7.47

3

3.89

2.48

1

635.

512

9.67

5.46

6

2010

Acc

ert.

di

Com

pete

nza

4.82

0.52

4

4.33

0.12

4

755.

195

9.90

5.84

3

Ris

coss

ioni

to

tali

4.64

5.41

8

4.07

9.48

5

667.

100

9.39

2.00

3

ITA

LIA

(in

mig

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o)

Tito

lo I

Entra

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I En

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Tot

ale

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Le entrate riportano i dati complessivi del Titolo I, II, e III delle entrate di questi enti e si riferiscono quindi alle tre principali categorie delle stesse (e cioè entrate tributarie, entrate da trasferimenti, entrate extra tributarie). Per ogni anno considerato si riportano sia i dati sulle riscossioni sia quelli sugli accertamenti di competenza. Complessivamente, assumendo il dato sulle riscossioni, nel 2012 le entrate delle Province sono di 8 miliardi e 664 milioni a fronte di un dato di accertamento sulla competenza di 9 miliardi e 311 milioni. É evidente il drastico calo dei trasferimenti subito dalle Province nell’arco di questo triennio (�27% sul dato di cassa!) solo parzialmente recuperato da un incremento dalle altre tipologie di entrata, anche perché essendo le entrate tributarie delle Province molto legate al ciclo economico, le stesse hanno registrato un aumento molto modesto. Ovviamente, questo calo delle entrate da trasferimenti ha comportato � onde evitare un forte squilibrio sui conti � anche una contrazione significativa sulle spese. Sulle entrate da trasferimenti altre informazioni sono desumibili da un recente documento dell’Upi29 che ricostruisce per il periodo 2010�2013 quelli derivanti dalle Regioni alle province per le funzioni delegate. Il calo è complessivamente del 16% (si passa da circa 3 miliardi e 700 milioni di euro a poco più di 3 miliardi), più consistente nella quota in conto capitale (�34,5%) e di �10,6% nella parte corrente.

1.2. Le spese Dopo aver visto le entrate, la domanda è ovviamente: a quanto ammontano le spese delle Province italiane? Prima di illustrare i dati, ripercorriamo brevemente la normativa sulle funzioni delle Province. Un primo allargamento delle competenze delle Province si è avuto con i D.P.R. 616 e 617 del 1977, in materia di localizzazione dei presidi assistenziali, in materia di viabilità e trasporti e in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti. Ma è soprattutto con la legge 142 del 1990 che la Provincia diviene ente necessario, rappresentativo della collettività locale riconducibile al territorio su cui sorgono il Comune capoluogo e i Comuni limitrofi. La legge «ritaglia alcuni nuovi ambiti

29 UPI, Riformare le istituzioni locali: le cifre reali di un percorso; marzo 2014: http://www.upinet.it/docs/contenuti/2014/03/DOSSIER%20AGGIORNATO%20DATI%20SPESA%20PUBBLICA%20MARZO%202014.pdf .

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funzionali riguardanti l’assetto del territorio, l’ambiente, la programmazione dello sviluppo economico locale, i servizi socio assistenziali30». Gli altri passaggi successivi che danno completa fisionomia a quest’ente � che diventa quindi dotato di ampia autonomia nell’espletamento delle funzioni � sono la L. 81/1993 di revisione della forma di governo provinciale e soprattutto il Testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000). In particolare gli art. 19 e 20 individuano rispettivamente le funzioni e i compiti di programmazione delle Province, ad esempio prevedendo il cd. Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP). Anche le «leggi Bassanini» (L.59/97 e D.Lgs. 112/98) avevano valorizzato ulteriormente il ruolo delle Province. Nelle righe che seguono, riportiamo il testo dei due articoli del Testo Unico:

ART. 19 FUNZIONI 1. Spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale nei seguenti settori: a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente e prevenzione delle calamità; b) tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche; c) valorizzazione dei beni culturali; d) viabilità e trasporti; e) protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali; f) caccia e pesca nelle acque interne; g) organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore; h) servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale; i) compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l’edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;

30 Cfr. ISAE, Finanza pubblica e Istituzioni. Roma, maggio 2008, p. 59.

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l) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico�amministrativa agli enti locali. 2. La provincia, in collaborazione con i comuni e sulla base di programmi da essa proposti, promuove e coordina attività, nonché realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e sportivo. 3. La gestione di tali attività ed opere avviene attraverso le forme previste dal presente testo unico per la gestione dei servizi pubblici locali. ART. 20 COMPITI DI PROGRAMMAZIONE 1. La provincia: a) raccoglie e coordina le proposte avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica, territoriale ed ambientale della Regione; b) concorre alla determinazione del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali secondo norme dettate dalla legge regionale; c) formula e adotta, con riferimento alle previsioni e agli obiettivi del programma regionale di sviluppo, propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale e promuove il coordinamento dell’attività programmatoria dei comuni. 2. La provincia, inoltre, ferme restando le competenze dei comuni ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, predispone ed adotta il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio e, in particolare, indica: a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti; b) la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione; c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico�forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque; d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali. 3. I programmi pluriennali e il piano territoriale di coordinamento sono trasmessi alla Regione ai fini di accertarne la conformità agli indirizzi regionali della programmazione socio�economica e territoriale.

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4. La legge regionale detta le procedure di approvazione, nonché norme che assicurino il concorso dei comuni alla formazione dei programmi pluriennali e dei piani territoriali di coordinamento. 5. Ai fini del coordinamento e dell’approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale predisposti dai comuni, la provincia esercita le funzioni ad essa attribuite dalla Regione ed ha, in ogni caso, il compito di accertare la compatibilità di detti strumenti con le previsioni del piano territoriale di coordinamento. 6. Gli enti e le amministrazioni pubbliche, nell’esercizio delle rispettive competenze, si conformano ai piani territoriali di coordinamento delle province e tengono conto dei loro programmi pluriennali. Questo elenco delle competenze non è completo. Altre variabili di cui tener conto sono anche le funzioni amministrative delegate dalle singole Regioni alle amministrazioni Provinciali a seguito delle Leggi Bassanini prima richiamate. Ad oggi, queste variano da Regione a Regione, sulla base appunto delle discrezionalità delle Regioni e ciò deve suggerire cautela nel mero confronto quantitativo tra le entrate e le spese di Province che fanno parte di Regioni diverse31. Delle entrate, infatti, fanno parte anche i trasferimenti regionali per lo svolgimento delle funzioni amministrative32. Ovviamente questi trasferimenti servono a coprire le spese sulle competenze amministrate decentrate. É quindi possibile che i trasferimenti regionali abbiano avuto nel tempo dinamiche diverse tra Province appartenenti a diverse Regioni. In sintesi, e come peraltro ben rilevato dalla 31 Quindi, l’attuazione della legge Delrio necessita in via prioritaria di una ricogni-zione delle funzioni e dei compiti svolti da ciascuna Provincia in virtù del suddetto decentramento amministrativo. A questa ricognizione, come diremo nel prosieguo, sta lavorando un Tavolo tecnico presso il Ministro per gli Affari Regionali e le Au-tonomie. 32 Cfr. ISAE Finanza pubblica e Istituzioni, cit. in particolare capitolo 8 Le Province italiane: tra valorizzazione delle specificità territoriali e sostenibilità finanziaria dove, sulla base dell’analisi dei certificati di conto consuntivo delle Province per il 2005, si ricostruisce l’ammontare di questi trasferimenti regionali che risultano esse-re piuttosto differenziati. Emerge che (cfr. Tab. 2, pag. 68�69 e Tab.2 del rapporto ISAE) la Basilicata, il Friuli Venezia Giulia, la Toscana, l’Umbria e l’Emilia Roma-gna sono le Regioni che presentano i maggiori trasferimenti e presumibilmente han-no delegato il maggior numero di funzioni. Il Molise, la Sardegna, il Lazio e la Sici-lia sono le Regioni che hanno utilizzato meno questa opportunità. Evidenza di questa differenziazione è presente anche nel confronto tra Sondrio e Belluno.

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Corte dei Conti, il campo delle attribuzioni alle Province è stato «esteso negli ultimi anni per effetto del conferimento, da parte delle Regioni, di importanti deleghe nei settori dei trasporti, delle attività cofinanziate dalla UE, dal turismo e dalla formazione professionale»33. Sempre sulle funzioni, volgiamo ora lo sguardo alla Legge Delrio recante «Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni o fusioni di Comuni». Come già spiegato nella prima sezione di questo studio dedicata ai profili giuridici, la legge � composta da un unico articolo suddiviso in 151 commi � si prefigge tre obiettivi: l’istituzione concreta delle Città metropolitane, una nuova disciplina per le unioni e fusioni di Comuni per favorire i processi di associazionismo tra i piccoli Comuni (o in alternativa la loro fusione) ed infine una nuova disciplina per il riordino delle Province quali enti territoriali di area vasta. La nostra indagine è qui prevalentemente focalizzata sugli aspetti relativi alle Province ed in particolare anche alla rideterminazione delle funzioni provinciali. Inoltre � e come ben rilevato negli svolgimenti giuridici alla questione34 � la rideterminazione delle funzioni è uno degli aspetti più problematici della riforma anche perché in attesa della riforma costituzionale di soppressione della Provincia, il disegno di legge: «si trasformerebbe fatalmente in una nuova (e zoppa) legge ordinamentale del sistema autonomistico»35. Sotto il profilo delle competenze e delle funzioni, rispetto a quanto previsto sulla base del Testo unico prima richiamato, in una prima fase la legge Delrio prevedeva un «restringimento» delle stesse. Detto altrimenti, e come si osserva nella Tabella 3 che segue, nella prima elaborazione della riforma si riducevano sostanzialmente a quattro36.

33 V. Corte dei Conti, Audizione sul D.D.L. Città metropolitane, Province, Unioni e Fusioni di Comuni, A.C 1542. Commissione affari costituzionali, Camera dei depu-tati, 6 novembre 2013, p. 4. 34 E ampiamenti richiamati nella prima sezione della ricerca. 35 V. G. SERGES, Soppressione delle Province e “temporanea” ridefinizione della loro posizione nel sistema degli enti locali, in corso di pubblicazione, p. 24. 36 Come si illustra nella prima sezione del lavoro, in particolare paragrafo 2.

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Tabella 3 - Confronto fra il Testo Unico degli Enti Locali e il A.S. 1212 – A.C. 1543. Fonte: Dossier del Servizio Studi del Senato (gennaio 2014, n. 93) sull’A.S. n. 1212 Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province sulle Unioni e fusioni di Comuni

Testo Unico Enti Locali (Art.19)

Disegno di Legge (A.S. 1212 – A.C. 1543)

a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente e prevenzione delle calamità;

a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza;

b) tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche;

c) valorizzazione dei beni culturali;

d) viabilità e trasporti;

b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione Regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

e) protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali;

f) caccia e pesca nelle acque interne;

g) organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore

h) servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;

i) compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l’edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale regionale;

c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;

l) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.

d) raccolta ed elaborazione dati ed assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

Inoltre la Provincia, in collaborazione con i Comuni e sulla base di programmi da essa proposti, promuove e coordina attività, nonché realizza opere, di rilevante interesse provinciale nel settore sia economico, produttivo, commerciale e turistico, sia sociale, culturale e sportivo.

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Ma rispetto alla riallocazione delle funzioni di cui sopra, il quadro muta ancora una volta a seguito degli emendamenti approvati durante la fase di discussione presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato. Sicché il testo, come modificato dal Senato della Repubblica e trasmesso alla Camera dei deputati in data 26 marzo 2014 e approvato definitivamente alla Camera dei deputati il 3 aprile 2014, reintroduce la funzione sulla gestione dell’edilizia scolastica e una funzione del tutto nuova: controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazione e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale37. Detto altrimenti, le Province, rinominati enti di area vasta, consolideranno da qui in poi la titolarità delle suddette sei funzioni che diventano � in base alla legge ora approvata � le funzioni fondamentali di questi enti. Invece, con riferimento alla riallocazione delle funzioni che vengono sottratte alle Province, si apre una procedura negoziale tra Stato e Regioni.38 In aggiunta, le Province, d’intesa con i Comuni, potranno anche 37 Come detto nella prima sezione del lavoro, la Legge Delrio, al comma 85 ora prevede che le Province quali enti con funzioni di area vasta esercitano le seguenti funzioni fondamentali «a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza; b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale; d) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico�amministrativa agli enti locali, e) gestione dell’edilizia scolastica f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale». Inol-tre il comma 87 recita: «Le funzioni fondamentali di cui al comma 85 sono esercita-te nei limiti e secondo le modalità stabilite dalla legislazione statale e regionale di settore, secondo la rispettiva competenza per materia ai sensi dell’articolo 117, commi secondo, terzo e quarto, della Costituzione». 38 Il nuovo Ministro degli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, il 7 maggio 2014 nel corso di una audizione presso la Commissione I della Camera dei Deputati, Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni, ha dichiarato di voler procedere con il contributo di tutti i soggetti istituzionali coinvolti per affrontare insieme e gestire nel miglior modo possibile tutti i passaggi previsti dalla legge, affinché non si generino cortocircuiti nel trasferimento delle funzioni ai nuovi Enti. Vale la pena richiamare qualche passaggio dell’audizione. Anzitutto, si ribadisce che è necessario che l’attuazione della legge n. 56/2014 si realizzi in tempi brevi, nel rispetto della tempistica fissata dalla legge stessa. A questo scopo, apprendiamo, il

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esercitare funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive.39 Come argomentato nella prima sezione, particolare attenzione merita anche quanto contenuto nel comma 90 preve-dendo un potenziale ambito di azione nei servizi di rilevanza economica. E cioè, le Province d’intesa con i comuni del territorio potranno assumere un ruolo essenziale per la gestione unitaria di importanti servizi che oggi sono svolti a livello comunale o da enti o agenzie operanti in ambito provinciale o sub�provinciale. Questa previsione potrebbe agire quindi sia nella direzione della semplificazione del groviglio di enti e agenzie strumentali sia del potenziamento delle funzioni provinciali. Infine, rimane altresì il fatto che la Legge Delrio, al comma 89, espressamente richiama l’art. 118 del Titolo V (e quindi il principio di sussidiarietà) in virtù del quale � qualora si dovesse constatare che il livello ottimale di erogazione del

Ministro ha provveduto a convocare due distinti Tavoli tecnici. In particolare: «1. Il primo Tavolo tecnico – composto dai rappresentanti di tutte le Amministrazioni centrali dello Stato – sta lavorando ai fini della ricognizione delle funzioni e dei compiti che, a partire dalla concreta attuazione del decentramento, sono stati nel tempo trasferiti alle Province e che dovranno essere trasferite ad altri Enti. Tale ricognizione è ovviamente propedeutica al concreto trasferimento di dette funzioni e compiti agli Enti subentranti. Su questo fronte, è forte la collaborazione con i Ministeri competenti, e in particolare il Ministero dell’Interno, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministro della semplificazione e pubblica amministrazione. In parallelo, lo stesso lavoro viene svolto, in sede di Conferenza per i trasferimenti operati dalle singole Regioni alle Province ricomprese nel territorio. 2. Il secondo Tavolo tecnico si pone come momento di condivisione e confronto delle varie iniziative che verranno intraprese a livello governativo: in tale sede provvederà pertanto – in collaborazione con il Ministro dell’Interno, il Ministro dell’Economia e delle Finanze e il Ministro della semplificazione e pubblica Amministrazione, nonché con gli altri Ministeri interessati in relazione ai singoli profili di competenza – ad illustrare alle associazione di appartenenza delle Autonomie (ANCI, UPI Conferenza delle Regioni e Province autonome) le azioni da porre in essere per dare attuazione alla legge n. 56/2014» L’intero documento è scaricabile all’indirizzo: http://www.affariregionali.it/media/170522/audizione_lanzetta__-_7_maggio_def.pdf 39 Si tratta del comma 88 che così recita: «La provincia può altresì, d’intesa con i comuni, esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e di procedure selettive»

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servizio non è né quello regionale, né quello comunale � si ritornerebbe a riassegnare la funzione o servizio al costituendo ente di area vasta40. Per quanto concerne la Provincia di Sondrio, in quanto provincia con territorio interamente montano e confinante con Paese straniero, si applicano anche le seguenti ulteriori funzioni fondamentali: «a) cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione di servizi in forma associata in base alla specificità del territorio medesimo; b) cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale ed enti territoriali di altri Stati, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane, anche stipulando accordi e convenzioni con gli enti predetti» (comma 86). A questo punto, sarebbe ovvio pensare che, anche sotto il profilo finanziario e delle risorse, questa rideterminazione delle funzioni dovrebbe apportare alcuni cambiamenti. La legge, però, dà indicazioni molto generiche. Si dice (comma 92) che si procederà con Dpcm che � su proposta del Ministro dell’Interno e del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dell’ economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza unificata � dovrà stabilire i criteri generali per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all’esercizio delle funzioni che devono essere trasferite dalle Province agli enti subentranti,

40 Riportiamo il testo del comma 89 : «Fermo restando quanto disposto dal comma 88, lo Stato e le regioni, secondo le rispettive competenze, attribuiscono le funzioni provinciali diverse di cui quelle al comma 85, in attuazione dell’articolo 118 della Costituzione, nonché al fine di conseguire le seguenti finalità: individuazione dell’ambito ottimale di esercizio per ciascuna funzione; efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni e delle unioni di comuni; sussisten-za di riconosciute esigenze unitarie; adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio tra gli enti territoriali coinvolti nel processo di riordino, mediante intese o convenzioni. Sono altresì valorizzate forme di esercizio associato di funzioni da parte di più enti locali, nonché le autonomie funzionali. Le funzioni che nell’ambito del processo di riordino sono trasferite dalle province ad altri enti territoriali conti-nuano ad essere da esse esercitate fino alla data dell’effettivo avvio di esercizio da parte dell’ente subentrante; tale data è determinata nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 92 per le funzioni di competenza statale ov-vero è stabilita dalle regioni ai sensi del comma 95 per le funzioni di competenza regionale». Su questo comma, vedi anche le riflessioni presenti nella prima sezione del lavoro.

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garantendo i rapporti di lavoro a tempo indeterminato in corso, nonché quelli a tempo determinato in corso fino alla scadenza per essi prevista. Inoltre: «In particolare, sono considerate le risorse finanziarie, già spettanti alle province ai sensi dell’articolo 119 della Costituzione, che devono essere trasferite agli enti subentranti per l’esercizio delle funzioni loro attribuite, dedotte quelle necessarie alle funzioni fondamentali e fatto salvo quanto previsto dal comma 88» (comma 92). In sintesi, il quadro che ricostruiamo in questo lavoro con riferimento alle entrate e alle spese (vedi sotto) delle Province potrebbe almeno in parte mutare � o restringersi � sotto il profilo quantitativo. Ma va anche detto che questo «restringimento» non significa necessariamente una riduzione della spesa pubblica complessiva. Anzitutto, sulla base di quanto fin qui visto, le funzioni e i dipendenti delle ex�province non scompaiono e di conseguenza neanche i relativi costi! E le spese per funzioni e per personale sono, come ora vedremo, una quota importante delle spese (o costi) delle province. L’eventuale riduzione di spesa dovrebbe riguardare quindi la parte relativa ai cosiddetti «costi della politica» (cfr. paragrafo che segue). Certo, si può anche affermare che un riordino delle funzioni potreb-be apportare un risparmio qualora ciò comporti più efficienza nell’erogazione delle spese ad esse connesse, ma al momento non è possibile fare stime o previsioni. I calcoli dei fabbisogni standard � e le ulteriori rielaborazioni sulla base della mole di dati raccolti dai questionari sottoposti alle Province � potrebbero certamente fare luce in questa direzione dei maggiori risparmi connessi all’erogazione di servizi da parametrizzarsi ad una area dimensionale più efficiente. Questa area dimensionale più efficiente andrebbe appunto calcolata. L’eventuale «restringimento» sul lato delle spese dovrebbe avere anche delle ovvie ricadute sul lato di minori entrate. Ma la legge Delrio non entra nello specifico su quali tipologie di entrate verranno mantenute e quali eliminate. Detto altrimenti, una minore competenza su ambiente e territorio da parte delle ex�Province (ad esempio sullo smaltimento dei rifiuti, vedi Tabella 3) implicherà che tributi «ambientali» (ad esempio il Tributo su esercizio funzioni tutela protezione ed igiene dell’ambiente) non saranno più in capo ai costituendi enti di area vasta? Laddove però le istituende Città metropolitane dovessero mantenere in toto le competenze delle attuali

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Province (o addirittura ampliarle, come si illustra nella prima sezione) il sistema delle entrate per le Città metropolitane dovrebbe avere una diversa modulazione. Questo significa però che si potrebbero introdurre nel sistema due nuove forme di «finanza ex�provinciale»: una per le Città metropolitane e una per gli enti di area vasta. Ovviamente le cose si complicano ulteriormente nella misura in cui il fondo perequativo regionale (come previsto dalla legge 42/2009) a questo punto dovrebbe avere due sotto�canali di perequazione: uno per gli enti territoriali di area vasta e uno per le Città metropolitane. Come per le entrate, presentiamo ora le spese sotto un profilo quantitativo e da un punto di vista diacronico. In sintesi come si osserva dalla Tabella 4, a metà degli anni settanta le Province spendevano circa un miliardo di euro per poi superare i dieci miliardi a inizi anni duemila. Nel Grafico 4 questa spesa è suddivisa per le categorie economiche.

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Grafico 4 - Andamento della spesa delle Province italiane. Fonte: Istat, Rilevazione dei conti consuntivi delle Province (fino al 2004); Elaborazioni su dati del Ministero dell’interno (dal 2005)

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Tabella 4 - Andamento della spesa delle Province italiane. Fonte: Istat, Rilevazione dei conti consuntivi delle Province (fino al 2004); Elaborazioni su dati del Ministero dell’interno (dal 2005)

ANNI Investim.

diretti TrasferimentiConcessione di crediti e

anticipazioni

Interessi e altre spese corr.

PersonaleAcquisto di beni e servizi

Totale

1952 11 18,1 0,7 3,5 12 11,7 57

1953 18,1 19,8 0,9 3,9 13 13 68,7

1954 14,3 18,8 1,8 3,9 12,4 19,5 70,8

1955 15,6 20,7 2,1 6,3 13,9 21,3 79,9

1956 13,9 23,1 2,6 5,4 16,5 22,7 84,1

1957 17,5 24,5 3,3 6,5 18,9 25,1 95,6

1958 19,8 26,4 3,4 6,5 19,9 27,1 103,1

1959 23,3 29,4 3,4 7,6 22 28,5 114,2

1960 35,6 32,9 3,3 9,8 24,7 33,5 139,9

1961 64,6 37,6 2,1 14 27,4 38,1 183,8

1962 60,5 42,7 2,2 14,9 33,2 42,3 195,8

1963 90,7 51,8 2,9 20,1 45,1 57,6 268,3

1964 70,4 61 4,3 25 47,5 60,4 268,5

1965 77,6 63,9 2,6 25,5 52,1 66 287,7

1966 74,6 65,8 2 30,6 57,3 70,2 300,6

1967 95,5 70,8 7,2 35,6 82,1 63 354,3

1968 74,4 81,1 8,3 40,8 87,8 65,1 357,4

1969 80,6 88,3 9,8 45,4 96,6 70,8 391,5

1970 60,9 97,1 9,3 52,7 107,4 77 404,4

1971 75,4 116,2 16 61,5 135,3 87,8 492,2

1972 102,3 147,2 17 82,1 163,7 104,8 617,2

1973 135,8 157,5 15,5 102,3 164,7 119,3 695,2

1974 132,2 176,6 4,1 138,9 185,4 145,1 782,4

1975 119,8 203 19,6 167,8 222,6 161,7 894,5

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ANNI Investim.

diretti TrasferimentiConcessione di crediti e

anticipazioni

Interessi e altre spese corr.

PersonaleAcquisto di beni e servizi

Totale

1976 149,8 230,9 17,6 216,9 264,9 188,0 1.068,0

1977 124,5 250,0 16,0 209,2 301,6 213,3 1.114,5

1978 263,4 272,2 16,0 129,6 340,9 239,1 1.261,2

1979 361,0 334,1 28,4 146,2 454,0 310,9 1.634,6

1980 404,9 266,5 484,4 430,2 610,5 637,8 2.834,3

1981 464,8 265,5 1.028,8 228,8 638,9 580,5 3.207,2

1982 384,8 174,0 1.192,0 303,2 621,3 597,5 3.272,8

1983 602,7 203,5 1.486,4 337,8 691,5 652,8 3.974,7

1984 564,5 256,7 1.852,0 379,1 788,6 738,0 4.578,9

1985 559,3 285,6 2.064,3 435,4 844,4 834,1 5.023,1

1986 851,6 314,5 1.743,0 466,4 869,2 955,4 5.200,2

1987 1.148,1 394,1 399,7 490,6 1.022,1 946,1 4.400,7

1988 1.330,4 440,5 377,0 549,5 1.095,4 1.012,8 4.805,6

1989 1.474,5 511,8 129,6 551,1 1.171,3 1.130,0 4.968,3

1990 1.441,4 472,6 71,3 865,1 1.286,5 1.091,8 5.228,6

1991 1.155,3 427,1 114,1 661,1 1.385,1 1.310,8 5.053,5

1992 1.123,3 512,8 84,7 702,4 1.398,0 1.294,2 5.115,5

1993 928,1 531,4 60,4 787,6 1.371,2 1.541,6 5.220,3

1994 1.035,0 584,6 27,9 781,4 1.442,5 1.344,9 5.216,2

1995 1.033,9 620,3 16,0 1.089,2 1.395,0 1.240,5 5.394,9

1996 1.591,7 717,9 12,4 1.109,9 1.469,8 1.533,9 6.435,6

1997 1.735,3 873,3 18,1 739,0 1.665,6 1.520,4 6.551,8

1998 1.990,9 1.101,1 196,3 682,8 1.636,1 1.624,3 7.231,4

1999 1.890,7 1.305,6 98,1 1.325,7 1.689,8 1.727,0 8.037,1

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ANNI Investim. diretti

TrasferimentiConcessione di crediti e

anticipazioni

Interessi e altre spese corr.

PersonaleAcquisto di beni e servizi

Totale

2000 2.246,0 1.878,0 98,0 1.340,0 1.358,0 1.996,0 8.916,0

2001 2.379,0 2.093,0 50,0 1.202,0 1.555,0 2.617,0 9.896,0

2002 3.240,0 2.567,0 182,0 1.640,0 1.816,0 3.107,0 12.552,0

2003 4.414,0 2.879,0 193,0 1.986,0 1.960,0 3.056,0 14.488,0

2004 4.430,0 2.670,0 402,0 1.459,0 2.059,0 3.330,0 14.350,0

2005 3.389,0 2.795,0 517,0 1.510,0 2.157,0 3.623,0 13.991,0

2006 3.117,0 2.950,0 709,0 1.037,0 2.236,0 3.442,0 13.491,0

2007 2.725,0 2.663,0 862,0 965,0 2.309,0 3.871,0 13.395,0

2008 3.292,0 2.483,0 483,0 1.052,0 2.350,0 4.061,0 13.721,0

2009 2.352,0 2.282,0 422,0 953,0 2.366,0 4.134,0 12.509,0

2010 2.605,0 2.211,0 292,0 925,0 2.326,0 4.319,0 12.678,0

2011 1.671,0 1.859,0 228,0 873,0 2.263,0 4.069,0 10.963,0

I dati più aggiornati sulle spese (solo di parte corrente) sono disponibili dalla rielaborazione della Corte dei Conti e si riferiscono ai pagamenti e agli impegni in conto competenza nel triennio 2010�2012.

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Tabella 5 - Andamento delle spese delle province italiane nel triennio 2010-2012 (in migliaia di euro). Fonte: Corte dei Conti Audizione sul d.d.l. Città metropolitane, Province, Unioni e fusioni di Comuni; A.C. 1542 del 6 novembre 2013

Var

. % 2

010-

2012

Impe

gni i

n co

nto

com

pete

nza

-8,8

0%

-8,7

3%

-32,

21%

-35,

75%

-7,8

2%

-8,2

6%

-10,

27%

-15,

88%

-23,

44%

-11,

73%

Paga

men

ti to

tali

-8,4

1%

-7,0

9%

-16,

91%

-22,

54%

-9,0

3%

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Si osserva che la contrazione delle entrate ha provocato effetti anche sulla contrazione delle spese che si riducono, nel triennio considerato, dell’11% per quanto riguarda gli impegni e del 6,67% per quanto riguarda i pagamenti. Va anche osservato che sul totale della spesa corrente (circa 8 miliardi di impegni) il 60% è impegnata per le funzioni 1, 2, 5 (funzione generale di amministrazione, di gestione e di controllo; istruzione pubblica, trasporti) che hanno avuto un calo rispettivamente dell’8,41%, 7,09%, e 9,03%. I decrementi più consistenti sono stati nella funzione 3 (cultura e beni culturali) e 4 (settore turistico, sportivo e ricreativo).

Infine, per completare meglio il quadro sulle spese, riprendiamo qualche dato recentemente elaborato dall’Upi sulla base dei dati di cassa che emergono dalla banca dati SIOPE41. Per il 2013 la spesa totale delle Province ammonta a 10.199 milioni di euro, di cui la corrente è di 7.553 milioni di euro (quindi ancora in calo rispetto al dato 2012 della Tabella 5) e quella in conto capitale ammonta a 2.723 milioni di euro. Il documento dell’Upi calcola che quest’ultima (e quindi la capacità di investire di questi enti) nel periodo 2010�2013 si è ridotta di oltre il 7%.

1.3. I costi delle Province Avendo prima considerato quanto spendono le Province per le competenze loro assegnate è utile anche illustrare, anche per una lettura più ragionata dell’impatto finanziario di questa riforma nell’ambito della spesa complessiva di tutte le amministrazioni pubbliche: a) se queste spese delle Province sono tanto o poco con riferimento agli altri enti territoriali e alla spesa pubblica complessiva; b) il contributo della finanza provinciale al processo di risanamento della finanza pubblica complessiva di questi ultimi anni. Per rispondere a queste domande, riprendiamo il recente rapporto della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (Copaff)42 che per gli anni 2009�2012 disaggrega tutta la spesa primaria delle Amministrazioni pubbliche per i seguenti sotto�settori: Stato, Enti di

41 Cfr. UPI, Riformare le istituzioni locali, cit. 42 Cfr. Copaff, Condivisione tra i livelli di governo dei dati sull’entità e la riparti-zione delle misure di consolidamento della finanza pubblica, 16 gennaio 2014, http://www.mef.gov.it/ministero/commissioni/copaff .

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Previdenza, Regioni, Province, Comuni. Nel 2012, presa nel suo complesso, questa spesa è pari a 715.082 milioni di euro così ripartita: 24% Amministrazione Centrale (cioè in prevalenza Stato) 43,7% Enti di Previdenza, 20% Regioni, 8,2% Comuni, 1,4% Province. In valore assoluto, per le Province, si tratta quindi di 10.333 milioni di euro di spesa43. La Copaff contabilizza gli effetti delle manovre economiche dal 2009 al 2012 (dal DL 112/2008 per finire al DL 133/2013) sulla spesa primaria di ciascun livello di governo. I dati per tutti i sotto�settori sono nella Tabella 6. Emerge che per le Province gli effetti cumulati dei provvedimenti in termini di riduzione di spesa sono stati pari a 2.876 milioni (parte alta, sezione destra della tabella 6), corrispondente a una riduzione percentuale della loro spesa primaria del 27,8% (parte bassa, sezione destra) essendo però la spesa primaria delle Province l’1,4% della spesa primaria complessiva (parte bassa sezione sinistra). Da questi dati e dal confronto con i rispettivi degli altri sotto�settori (cfr. Tabella 6) emerge chiaramente la sproporzione delle riduzioni di spese tra le Province e gli altri sotto�settori ai fini della stabilizzazione dei conti pubblici. In altri termini, pur rappresentando l’1,4% della spesa complessiva, le Province hanno contribuito al risanamento della finanza pubblica riducendo la spesa primaria del 27,8%.

43 Sul fronte del debito (dati Banca d’Italia) sugli oltre 2 mila miliardi di debito pub-blico italiano, il debito delle Province è lo 0,4% del totale (cioè circa 8 miliardi e mezzo), quello delle Regioni è di 36 miliardi e mezzo, quello dei Comuni 47 miliar-di e 292 milioni di euro.

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87

Tabella 6 - Effetti delle manovre economiche dal 2009 al 2012. Fonte: Copaff

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Questa panoramica sulle spese per sotto-settore e sul contributo di ciascuno di questi settori al risanamento della finanza pubblica ci dovrebbe quindi portare ad avere maggiore consapevolezza sul tema di cui: i) si è dibattuto a lungo negli ultimi anni e ii) sul cui solco si è poi innestato il tema della soppressione o riorganizzazione dell’ente Provincia. Si tratta dei cosiddetti «costi della politica» che nella fattispecie concernono «i costi della Provincia». Come già espresso più volte nel corso di questo studio, l’attuale contesto di riforma ha proceduto certamente sulla scorta della emergenza finanziaria e nella convinzione, quindi, che la riduzione, soppressione o rimodulazione di quest’ente, avrebbe potuto consentire una significativa riduzione della spesa pubblica. Non a caso, il treno della riforma delle Province ha avuto il suo punto di partenza nel decreto c.d. «Salva Italia» per poi proseguire nel decreto c.d. «Spending review». Ma, come visto, la spesa delle Province è intanto la più piccola di tutto il comparto nazionale e locale. Dopotutto, quindi, la spesa primaria delle Province potenzialmente aggredibile per fare risparmi è poco più di dieci miliardi di euro. E che l’eventuale soppressione o mutazione delle Province parta soprattutto dall’esigenza del contenimento della spesa pubblica lo si è rilevato anche nei mesi scorsi. Infatti, nel programma di lavoro del Commissario Straordinario per la revisione della spesa presentato a novembre 201344 le Province sono state considerate sia nell’ambito del tema «Amministrazioni Locali» in cui si elencano le ipotesi di riorganizzazione/riduzione competenze/soppressione, sia nel tema relativo ai «Costi della Politica». Il primo rapporto del Commissario è stato presentato il 26 marzo scorso in cui i risparmi per il triennio 2014-2016 sono declinati in interventi su quattro fronti così suddivisi: efficientamento diretto, riorganizzazioni, costi politica, spese settoriali (difesa, sanità, pensioni). Le Province sono calate nei costi della politica e si contabilizzano 100 milioni di risparmio diretto conseguente alla eliminazione di organi politici ed elezioni; si indica altresì per il 2015 e 2016 una stima prudenziale di (rispettivamente) 300 milioni e 500 milioni di risparmi che potrebbero derivare da sinergie con Comuni, Regioni e città metropolitane. Queste sinergie nel rapporto non sono meglio specificate, ma soltanto indicate. Segnaliamo però che, da questo punto di vista, la Legge Delrio apre molto 44 Cfr. Programma di Lavoro presentato il 12 novembre 2013.

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bene � nelle more della sua attuazione � la strada per questa direzione virtuosa. Inoltre, il lavoro del Commissario Cottarelli, nella sezione dedicata ai risparmi a seguito di riorganizzazioni, indica tra queste anche la razionalizzazione delle comunità montane che, si dice, ricevono da Regioni e Province autonome circa 400 milioni. Una riorganizzazione di questi enti nel biennio 2015�2016 porterebbe, stando ai dati del Commissario, ad un risparmio di 200 milioni che viene stimato sulla scorta di quanto già fatto in Liguria � che ha soppresso le comunità montane senza cancellare i servizi sul territorio � e della Lombardia, che ha ridotto il numero delle comunità montane e sta procedendo ad attribuire i contributi sulla base di costi standard45. Il rapporto si sofferma anche sulle società partecipate locali, limitandosi a indicare che risparmi potrebbero arrivare laddove si procedesse ad esempio a ridurre il numero dei consiglieri di amministrazione, ridurre il numero delle società partecipate ed anche in merito ad una maggiore efficienza raggiungibile con «applicazione di parametri di confronto (benchmarking) per attivare azioni di ristrutturazione aziendale attraverso il confronto con indicatori di efficienza e standardizzazione dei costi di servizio». É auspicabile che anche questa indicazione sia fatta propria da Regioni, Comuni, Enti territoriali di area 45 Per quanto riguarda la Lombardia, i riferimenti (cfr. anche prima parte sui profili giuridici) sono due: 1) la l.r. 19/2008, che ha operato un riordino delle Comunità Montane, portandole a 23, in conseguenza delle esigenze di contenimento dei costi dettate dalla Legge Finanziaria 2008 (L. 244/2007); 2) La l.r. 11/2011 di assesta-mento del bilancio, con la quale, a seguito dell’azzeramento delle risorse statali per garantire il funzionamento delle Comunità montane, è stata aggiornata la l.r. 19/2008 attraverso l’istituzione di un capitolo specifico di spesa corrente, dotato di 9,3 milioni di euro all’anno per il triennio 2011�2013. Il fondo è stato ripartito tra le Comunità attraverso lo strumento di programmazione negoziata del PISL Montagna (Programma Integrato di Sviluppo Locale, semplificato rispetto al PISL tradizionale ex LR 2/2003).Quanto alla Liguria, le Comunità montane sono state soppresse il 30 aprile 2011 a seguito di quanto disposto dalle leggi regionali n.23/2010 e n.7/2011. Nello stesso giorno, sono anche state revocate le deleghe attribuite ai Consorzi di comuni. A partire dal 1° maggio 2011, la Regione Liguria esercita direttamente tutte le funzioni amministrative in materia di agricoltura, foreste, economia montana e antincendio boschivo; per quanto riguarda il Programma regionale di sviluppo rurale (PSR), tutte le funzioni precedentemente svolte dalle Comunità montane e dai Con-sorzi di comuni sono di competenza del Settore Ispettorato Agrario Regionale, arti-colato in quattro sedi provinciali e quindici sportelli per il territorio, che in molti casi sono ospitati nelle preesistenti sedi delle Comunità montane.

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vasta, Città metropolitane, nella fase di implementazione della Legge Delrio. Prima del rapporto del Commissario Cottarelli, un’analisi più dettagliata sui «costi della politica» era stata presentata dalla Corte dei Conti in sede di audizione il 6 novembre 201346. Per contabilizzare questi costi, la Corte dei Conti parte dalla funzione 1 delle province (funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo) che (cfr. Tabella 5) sono pari, al lordo della spesa per il personale nel 2012, a circa 2,1 miliardi. Questa funzione è, però, un insieme molto eterogeneo di spese per poter individuare con precisione le aree di risparmio conseguenti alla modifica dell’assetto ordinamentale delle Province, ferma restando, peraltro, la rigidità della spesa per il personale e di altre spese in questa funzione contenuta (ad esempio alcune spese generali per gli organi di direzione, manutenzione, approvvigionamenti). Pertanto, la Corte svolge un’analisi facendo riferimento alla classificazione economica del SIOPE (Sistema Informativo delle Operazioni degli Enti pubblici) che non individua funzioni e interventi ma codici gestionali di flussi di cassa (quindi non riguarda gli impegni). La ricognizione della Corte sulle spese delle Province riferibili agli organi di direzione politica e alle consultazioni elettorali per il triennio 2010�2012 è riportata nella Tabella 7. Nella Tabella 8 sono indicate le variazioni.

46 Cfr. Corte dei Conti, Audizione sul D.D.L. Città metropolitane, Province, Unioni e Fusioni di Comuni, A.C 1542. Commissione affari costituzionali, Camera dei de-putati, 6 novembre 2013, p. 8�9. Le Province considerate, come in precedenza, sono 105.

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Tabella 7 - Spese delle Province (pagamenti) riferibili agli organi di direzione politica e alle consultazioni elettorali (2010-2012). Fonte: Corte dei Conti Audizione sul d.d.l. Città metropolitane, Province, Unioni e fusioni di Comuni; A.C. 1542 del 6 novembre 2013 (dati SIOPE)

Codice SIOPE Descrizione 2010 2011 2012

1325 Spese per gli organi istituzionali dell’ente - Indennità

96.544 95.416 88.983

1326 Spese per gli organi istituzionali dell’ente – Rimborsi

17.091 16.604 16.190

Totale spese per organi istituzionali 113.635 112.020 105.173

1107 Straordinario al personale per consultazioni elettorali

42 71 46

1209 Acquisto di beni di consumo per consultazioni elettorali

32 6 5

1320 Acquisto di servizi per consultazioni elettorali 3.331 1.045 2286

1522 Trasferimenti correnti a Comuni per consultazioni elettorali

22.690 7.615 11.126

Totale spese elettorali 26.095 8.737 13.463 1207 Acquisto di beni per spese di rappresentanza 2.946 1.936 1.133 1324 Acquisto di servizi per spese di rappresentanza 5.340 4.172 2.188

Totale spese di rappresentanza 8.286 6.108 3.321 1511 Trasferimenti correnti a Province 18.392 18.329 20.790 1308 Organizzazione manifestazioni e convegni 44.418 37.061 20.706

Totale spese eliminabili o riducibili 210.826 182.254 163.453 Totale spesa corrente Titolo I 8.564.385 8.454.119 7.986.644 Incid. spese elim. o riduc. su tot. tit. I 2,46% 2,16% 2,05% Rimborso prestiti lungo termine (quota cap.) 626.065 647.818 857.549 Totale spesa corrente Tit.I+rimborso prestiti 9.190.450 9.101.937 8.844.193 Incid. Riduzioni su tot. tit. I+rimb.prest. 2,29% 2,00% 1,85%

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Tabella 8 - Variazioni delle spese delle Province (pagamenti) riferibili agli organi di direzione politica e alle consultazioni elettorali (2010-2012). Fonte: Corte dei Conti Audizione sul d.d.l. Città metropolitane, Province, Unioni e fusioni di Comuni; A.C. 1542 del 6 novembre 2013 (dati SIOPE)

Codice SIOPE

Descrizione Var.

2012/11 Var.%

2012/11 Var.

2012/10 Var.%

2012/10

1325 Spese per gli organi istituzionali dell’ente - Indennità

-6.433 -6,74% -7.561 -7,83%

1326 Spese per gli organi istituzionali dell’ente - Rimborsi

-414 -2,49% -901 -5,27%

Totale spese per organi istituzionali -6.847 -6,11% -8.462 -7,45%

1107 Straordinario al personale per consultazioni elettorali

-25 -35,21% 4 9,52%

1209 Acquisto di beni di consumo per consultazioni elettorali

-1 -16,67% -27 -84,38%

1320 Acquisto di servizi per consultazioni elettorali

1.241 118,76% -1.045 -31,37%

1522 Trasferimenti correnti a Comuni per consultazioni elettorali

3.511 46,11% -11.564 -50,97%

Totale spese elettorali 4.726 54,09% -12.632 -48,41%

1207 Acquisto di beni per spese di rappresentanza

-803 -41,48% -1.813 -61,54%

1324 Acquisto di servizi per spese di rappresentanza

-1.984 -47,56% -3.152 -59,03%

Totale spese di rappresentanza -2.787 -45,63% -4.965 -59,92%

1511 Trasferimenti correnti a Province 2.461 13,43% 2.398 13,04%

1308 Organizzazione manifestazioni e convegni

-16.355 -44,13% -23.712 -53,38%

Totale spese eliminabili o riducibili

-18.801 -10,32% -47.373 -22,47%

Totale spesa corrente Titolo I -467.475 -5,53% -577.741 -6,75%

Rimborso prestiti lungo termine (quota cap.)

209.731 32,37% 231.484 36,97%

Totale spesa corrente Tit.I+rimborso prestiti

-257.744 -2,83% -346.257 -3,77%

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Dai dati della Tabella 7, il comparto Province ha pagato per il funzionamento degli organi istituzionali 89 milioni di euro (indennità, gettoni, oneri riflessi etc.) e 16 milioni per rimborsi per attività di servizio al di fuori della sede istituzionale, per complessivi 105 milioni di euro. Queste spese, a seguito della legge Delrio, potrebbero ragionevolmente venir meno. Oltre a queste, anche le spese per le elezioni che, a carico delle Province, nel 2012 sono state di circa 13 milioni e mezzo di euro. Ovviamente, nota la Corte, altre riduzioni o risparmi potrebbero essere effettuati per le spese di rappresentanza (circa 3,3 milioni) e per le spese per organizzazione di manifestazioni e convegni (circa 20,7 milioni). Nell’insieme queste spese (circa 163 milioni di euro) sono il 2,05% della spesa corrente complessiva (8 miliardi) sostenuta dal comparto Province nel 2012. La tabella 8 segnala anche che nel triennio queste voci di spesa avevano già subito delle riduzioni. La Corte dei Conti, in questo stesso documento, pone enfasi anche all’esigenza di riassetto degli organismi partecipati degli enti territoriali oltreché auspicare la gratuità delle cariche. Nella Tabella 9 riportiamo i dati raccolti dalla Corte dei Conti sugli organismi partecipati, sono circa 5.000. Informazioni ulteriori e più recenti, anche sulla base del tavolo tecnico della spending, contano in tutto 7.399 società partecipate e di queste: 1.965 fanno riferimento alle Province, 318 alle Amministrazioni Centrali, 561 alle Regioni, 4.944 ai Comuni e 814 alle Università. Inoltre, il 33% delle 6.151 società partecipate dalle amministrazioni locali è in perdita e un altro 20% arriva al pareggio47.

47 Cfr. G. SANTILLI “Comuni, micropartecipazioni a valanga” Il Sole 24 ore, 20 febbraio 2014.

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Tabella 9 - Organismi partecipati diretti comunicati dagli Enti e presenti in banca dati, distinti per stato e forma giuridica (esercizio 2011). Fonte: Corte dei Conti Audizione sul d.d.l. Città metropolitane, Province, Unioni e fusioni di Comuni; A.C. 1542 del 6 novembre 2013

Forma giuridica Inattivi In Attività

In Liquidazione Cessati Totale

In % sul

totale

Società per azioni 3 1.301 127 18 1.449 26%

S.r.l. 3 1.374 151 32 1.560 28%

Società consortile 1 473 63 6 543 10%

Società cooperativa 0 0 4 0 4 0%

Istituzione 0 156 1 11 168 3%

Fondazione 0 477 9 2 488 9%

Consorzio 0 846 57 18 921 17%

Azienda speciale 2 172 9 1 184 3%

Azienda 0 8 1 0 9 0%

Azienda servizi alla persona-ASP 0 61 0 0 61 1%

Agenzia 0 28 3 1 32 1%

Altre forme 1 98 3 0 102 2%

TOTALE 10 4.994 428 89 5.521 100%

In % sul totale 0,2% 90,5% 7,8% 1,6%

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Concludiamo questo paragrafo segnalando altri due studi che hanno stimato dei risparmi sulla base di alcune ipotesi di modifica agli assetti ordinamentali delle Province. Il primo è un lavoro del 2008 dell’ISAE48 che anzitutto raccoglie e rielabora i dati di bilancio delle Province italiane per gli anni 2005�2008 e opera una sottoripartizione degli stessi sulla base della estensione demografica e territoriale allo scopo di individuare delle tendenze sui minimi e sui massimi e cioè sulle (dis)economie di scala. Emergono alcuni dati interessanti, riportati nella Tabella 10. Le Province con popolazione inferiore a 400.000 abitanti e con superficie superiore a 3.000 kmq presentano valori sempre decisamente maggiori rispetto alle altre. Inoltre, rileva l’ISAE, gli elevati valori delle aree del Nord e del Centro sono per lo più connesse alla piccola dimensione delle Province in queste aree del Paese. Quindi, la differenziazione delle risorse è connessa principalmente alla dimensione demografica e territoriale delle Province piuttosto che ad una diversa capacità fiscale degli enti sulla base dell’area geografica di appartenenza. Pertanto, a parità di consistenza della popolazione, sono associate differenze consistenti nella spesa (terza colonna della Tabella 10), per cui territori più ampi, ma con minore popolazione, implicano maggiori spese49.

48 ISAE, Finanza pubblica e Istituzioni, cit. 49 Come vedremo,la provincia di Sondrio ricade in questa categoria, vale a dire una popolazione minore di 400mila abitanti ma con un’estensione superiore ai 3.000 Kmq.

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Tabella 10 - Entrate e spese correnti procapite delle Province per classi di popolazione e di superficie (valori medi in euro, anni 2003-2005). Fonte: ISAE pag. 77

Media 2003-2005 Euro pro capite

Italia (1)

Pop. <400.000 abitanti

Sup.<3.000 Kmq

Pop. <400.000 abitanti

Sup.>2.999 Kmq

Pop. >399.999 abitanti

Sup.<3.000 Kmq

Pop. >399.999 abitanti

Sup.>2.999 Kmq

SPESE CORRENTI 147 164 185 114 128

ENTRATE CORRENTI al netto di trasferimenti regionali per funzioni delegate

139 149 174 113 127

Trasferimenti regionali per funzioni delegate 30 35 41 24 22

ENTRATE CORRENTI COMPLESSIVE 170 185 215 137 149

Media 2003-2005 Euro pro capite

NORD OVEST

NORD EST CENTRO SUD SUD

INSULARE

SPESE CORRENTI 153 158 171 130 116

ENTRATE CORRENTI al netto di trasferimenti regionali per funzioni delegate

148 137 159 113 138

Trasferimenti regionali per funzioni delegate 26 43 41 30 6

ENTRATE CORRENTI COMPLESSIVE 174 180 201 143 144

(1) Le Province considerate sono 100. Dalle 103 Province esistenti nel 2005 sono state escluse Aosta, perché l’Ente Provincia corrisponde alla Regione e Bolzano e Trento, perché si tratta di Province Autonome, generalmente aggregate alle Regioni

Fonte: elaborazione su dati del Ministero dell’Interno

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Lo studio dell’ISAE, attraverso un’analisi quantitativa multivariata cerca inoltre di stimare una relazione tra la spesa media delle Province e la popolazione provinciale allo scopo di addivenire ad una ipotesi di dimensione ottimale della Provincia che rende minima la spesa procapite. Dalla stima della curva ad U della spesa procapite, emerge che la dimensione ottimale che minimizza la spesa (circa 100 euro) si ha intorno ai 450mila abitanti50. Per le Province con 90mila abitanti la spesa corrente procapite è 300 euro e per le Province con oltre 3 milioni di abitanti la spesa è superiore ai 600 euro procapite. L’ISAE conclude che, seppur trattandosi di un’indagine preliminare, risparmi sarebbero possibili se si riconducesse la dimensione demografica attuale delle Province a quella ottimale stimata. Alla luce della legge Delrio, ci pare appropriato riprendere anche cosa suggerisce il suddetto rapporto con riferimento alle Province di grandi dimensioni (cioè le 10 Province con una popolazione superiore al milione di abitanti). Si dice: «la creazione di aree metropolitane che accorpino l’istituzione comunale e quella provinciale sembra la soluzione più naturale. Questa consentirebbe di ottenere risparmi solo allorché all’interno delle aree metropolitane così costituite venissero delegate funzioni a istituzioni territoriali più snelle dal punto di vista istituzionale, quali ad esempio i Municipi già presenti in alcuni grandi Comuni, dimensionate in modo ottimale rispetto alla popolazione. In questo assetto i Municipi sfrutterebbero le economie di scala e i costi del coordinamento e della programmazione sarebbero limitati all’accorpamento del comune e delle provincia» (ISAE, 2008, p. 82). Il secondo studio è un lavoro elaborato nel marzo del 2013 dall’allora Ministro per i Rapporti con il Parlamento e delegato per il programma di Governo, Pietro Giarda51. Questo studio si inserisce nel primo passaggio della procedura di Spending Review partita

50 Uno studio del Certet (a cura di L. SENN e R. ZUCCHETTI) Una proposta per il riassetto delle province (2011) trova il punto di maggior cambiamento nella curva a U intorno ai 350.000 abitanti. Si noti però che questo studio non utilizza un’analisi statistica multivariata per spiegare la spesa delle province, bensì mette in relazione semplicemente la spesa procapite delle province italiane con la rispettiva dimensione demografica. 51 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministro per i rapporti con il Parlamento delegato per il programma di Governo, Analisi di alcuni settori di spesa pubblica, marzo 2013.

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durante il governo Monti e si articola in undici capitoli ciascuno dei quali mirati allo studio di risparmi ipotizzabili a seguito di riforme in alcuni ambiti di spesa. Di questi undici capitoli, due sono dedicati ai risparmi ipotizzabili a seguito della riforma delle Province prevista durante il governo Monti (e cioè la l. n. 135/2012 sulla cui base dei criteri demografico�territoriali � come descritti nella prima sezione di questo studio � il numero delle Province a statuto ordinario sarebbe passato da 86 a 51, ivi comprese le città metropolitane)52. In breve, il capitolo di Giarda e Mura evidenzia una relazione statistica tra spesa corrente procapite al netto degli interessi e popolazione: la prima aumenta meno che proporzionalmente all’aumentare della popolazione. Emerge invece una quasi assenza di correlazione tra spese correnti procapite e superficie territoriale. Si procede poi a stimare � attraverso un’analisi statistica multivariata della spesa provinciale � la spesa standard per le 86 province appartenenti alle Regioni a statuto ordinario allo scopo di stimare potenziali risparmi di spesa qualora si passasse dalle attuali 86 province alle 51 con riferimento alla l. n. 135/2012. Risulta che il risparmio potenziale ottenibile è pari a circa 370,5 milioni di euro: circa il 5% della spesa corrente al netto della spesa per interessi complessivamente gestiti dalle 86 province nel 201053. Il capitolo nove dello studio intende individuare le determinanti di spesa standard con riferimento ad alcune singole funzioni svolte dalle Province anziché alla spesa corrente presa nel suo complesso. Fare anche un riferimento a questo tipo di analisi ci pare interessante dato che la legge Delrio mira perlopiù ad una riallocazione e/o riordino delle funzioni tra Province, Comuni e Regioni e non procede invece ad una riduzione del numero delle Province. L’analisi è al netto delle funzioni delegate54 e le

52 Si tratta del capitolo 8 (di G. MURA e P. GIARDA) e del capitolo 9 (di A. SI-GILLINO e M. R. PIERLEONI). 53 Lo studio prende quindi a riferimento il 2010 e la spesa corrente al netto della spesa per interessi risulta essere di 7.649 milioni di euro. 54 A questo proposito, lo studio (pag. 204, nota 42) precisa che: per quanto riguarda le funzioni delegate non si dispone di informazioni dettagliate tali da poter indivi-duare le attività ad esse relative e quindi le spese sostenute dalle province. L’unico dato disponibile riguarda l’importo delle dei trasferimenti che le Regioni fanno alle Province per l’esercizio di tali funzioni. Emerge molta variabilità interregionale con riferimento a questi trasferimenti, la Basilicata e la Liguria registrano i valori più alti

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singole funzioni di competenza prese in considerazione sono: a) amministrazione e controllo; b) istruzione pubblica; c) cultura e beni culturali; d) turismo, sport e attività ricreative; e) trasporti; f) territorio; g) settore sociale; h) sviluppo economico e i) tutela ambientale. Anche questo studio utilizza un’analisi statistica multivariata55 che evidenzia la presenza di economie di scala (ossia al crescere della popolazione servita dalle province diminuiscono i costi procapite) per le seguenti funzioni: amministrazione e controllo; b) gestione del territorio; sviluppo economico e d) altre spese ad esclusione di trasporti e istruzione pubblica. Per queste ultime due categorie di spesa (cioè trasporti e istruzione pubblica) non emergono cioè economie di scala. Da questo punto di vista quindi la legge Delrio sembra procedere nella giusta direzione dato che queste ultime rimangono in capo agli enti territoriali di area vasta mentre è sulle altre che si dovrà procedere ad un riordino che dovrebbe quindi tenere in considerazione potenziali risparmi sulle economie di scala adeguate al servizio in questione.

2. La provincia di Sondrio: alcuni dati di sintesi In questa seconda parte ci occupiamo dei profili finanziari della provincia di Sondrio focalizzando l’attenzione soprattutto sulla dinamica delle principali voci di entrata e di spese desumibili dai conti del bilancio della Provincia per il triennio 2010�2012 (paragrafo 2.1). Questi stessi dati sono messi a confronto con le medesime voci dei conti del bilancio della Provincia di Belluno (paragrafo 2.2) sulla base delle considerazioni svolte a premessa di questa seconda parte di lavoro. Ma obiettivo di questo studio non è soltanto una mera analisi dei dati di bilancio con una prospettiva comparata con la Provincia di Belluno ma anche svolgere alcune considerazioni sulla base di alcuni confronti � che i dati dell’Istat ci 55 Le variabili esplicative considerate sono: i trasferimenti procapite per funzioni delegate; altri trasferimenti regionali pro capite di parte corrente; il valore aggiunto pro capite; il rapporto tra la superficie e la popolazione; l’inverso della popolazione; una dummy territoriale che distingue le Province del centro nord da quelle del sud; l’inverso della popolazione appartenente alle Province del sud; numero di comuni facenti capo a ciascuna provincia; auto disponibili per abitante; popolazione di età inferiore a 19 anni; indice di concentrazione della popolazione nel capoluogo di Provincia.

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consentono di fare � con le altre Province italiane. Questi confronti sono utili nella prospettiva di implementazione della legge Delrio che, come visto, potrebbe vedere la Provincia di Sondrio in una situazione diversa in virtù della specificità riconosciuta. Partiamo dunque da questi ultimi indicatori che sono tratti dai dati ISTAT56. I grafici in appendice (da 1A a 26A) sintetizzano e rielaborano i suddetti dati riportando il valore minimo e massimo tra le Province, il corrispettivo dato di Sondrio e Belluno con le relative posizioni in classifica. I dati si riferiscono all’anno 2011. Le Province considerate sono tutte, anche quelle appartenenti alle Regioni a statuto speciale. Inoltre, i grafici in appendice riportano per ogni indicatore le sottocategorie di entrate e di spese sulla cui base l’indicatore viene costruito. Poniamo quindi ora l’attenzione su questi indicatori anche perché su alcuni di essi avremo ulteriori riscontri ed elementi di riflessione quando andremo ad analizzare i conti del bilancio della Provincia di Sondrio57.

Anzitutto, Sondrio occupa la parte bassa della classifica in quanto a grado di autonomia impositiva che sinteticamente serve ad esprimere il rapporto delle entrate proprie con quelle correnti (Grafico 1A). Il range di questo indicatore è molto ampio e vede ovviamente al primo posto una «provincia speciale». Belluno è ben sotto Sondrio, ma va notato che Sondrio non è al contempo molto dipendente dallo Stato per quanto attiene ai contributi e assegnazioni dello Stato (grafico 2A) mentre viceversa � e contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettati sulla base del precedente indicatore � lo è di più Belluno che dipende in misura maggiore da assegnazioni statali. Sondrio è al sedicesimo posto per quanto riguarda il grado di finanziamento interno (grafico 3A) e, per quanto riguarda il grado di autonomia finanziaria (grafico 4A), si trova all’ottantesimo posto della classifica, ben al di sotto di Belluno, che è nella parte alta in virtù del fatto che ha entrate da rendite patrimoniali, utili di enti o aziende regionali più alte, come peraltro si evinceva già dall’indicatore del grafico 3A.58 Anche

56 Istat, http://dati.statistiche-pa.it . 57 Come ora vedremo nel calcolo di questi indicatori ciò che conta è sia il valore del denominatore sia quello del numeratore. Sicché quando andremo a considerare i dati di Bilancio di Sondrio e Belluno, avremo attenzione sui valori assoluti delle sottoca-tegorie di entrata e di spesa che compongono questi indicatori. 58 Come vedremo nel prosieguo, a Belluno infatti tra i proventi dei beni dell’ente ci sono i canoni idrici.

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sul fronte della rigidità della spesa, Sondrio è in una posizione peggiore rispetto a quella di Belluno (grafico 5A) e questo perché le spese del personale sono più alte in rapporto sia alle spese correnti (grafico 6A) sia alle entrate correnti (grafico 8A). Il grafico 7A indica invece che Sondrio a differenza di Belluno non ha fatto ricorso a prestiti e mutui per far fronte alle spese. Non solo, Sondrio utilizza una quota delle spese più alte per rimborsare prestiti e mutui pregressi (grafico 9A). Sul fronte della gestione dei residui (e quindi sulla capacità di gestione della spesa) (grafici 11A e 12A) Sondrio e Belluno sono in una posizione speculare: tra i primi posti Sondrio e tra gli ultimi Belluno. In sostanza Sondrio non si configura come un ente locale debitore verso i terzi. Belluno gode di una migliore performance sul fronte della capacità fiscale (cioè le entrate) per coprire sia le spese correnti sia per rimborsare i prestiti (grafico 12A). Sondrio non ricorre al mercato obbligazionario o ai mutui per finanziare investimenti in conto capitale (grafico 13A) e si caratterizza per un’ottima capacità di riscossione delle entrate, tra le prime quindici Province italiane (grafico14A). I pagamenti in conto competenza sul totale degli impegni (grafico 15A) sono una quota più alta a Belluno che a Sondrio. Sondrio ha un indice molto basso sul fronte dell’accumulazione dei residui (grafico 16A) che si riflette sul fatto che anche l’indice di smaltimento dei residui passivi nel grafico 17A ha un valore molto basso. L’avanzo di amministrazione sulle entrate correnti è molto più alto a Sondrio che a Belluno (grafico 18A). Sia Sondrio sia Belluno non hanno debiti fuori bilancio (grafico 19A) e il rapporto tra i debiti di finanziamento finali e ini-ziali è più basso a Sondrio (grafico 20A). Belluno si colloca ai primi posti per quanto riguarda la quota di trasferimenti correnti sul totale delle spese correnti (più della metà delle spese correnti!) mentre queste a Sondrio sono il 24% (grafico 21A). Sulla parte di conto capitale, i trasferimenti a Belluno sono il 72% delle spese in conto capitale, a Sondrio il 29% (grafico 22A). Sia per Sondrio sia per Belluno gli accertamenti e gli impegni sono una quota significativa sulle spese del personale (grafico 23A). Inoltre a Belluno è zero la quota di alienazione di beni patrimoniali sulle spese correnti, mentre a Sondrio il dato è di 0,09 (grafico 24A). Sondrio è in una posizione più alta per quanto riguarda lo smaltimento/accumulazione dei residui passivi (grafico 25A). Anche sul fronte delle spese esterne per unità di

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risorse finanziarie (grafico 26A) Sondrio ha una quota più alta rispetto a Belluno59.

2.1. Le entrate e le spese della Provincia di Sondrio: alcuni dati di sintesi In questo paragrafo presentiamo: a) una ricognizione delle principali voci di entrata e di spesa della Provincia di Sondrio nel periodo 2010�2012; ii) un confronto il più possibile omogeneo e coerente con le corrispondenti voci di tutte le Province italiane che sono state presentate nella prima parte (Tabelle 2 e 5)60. Prima di illustrare questi dati e fare i confronti è però utile richiamare brevemente i grafici in Appendice (27A�37A) che, sintetizzando i dati delle tabelle 2A � 4A, hanno il pregio di presentare in un’istantanea sia la posizione relativa di Sondrio rispetto al valore minimo e massimo che emerge dalla classifica delle Province italiane sia la posizione rispetto alla Provincia di Belluno sul cui conto del bilancio faremo delle riflessioni e confronti nel paragrafo che segue61. Una fotografia sulla posizione di Sondrio in merito a questi indicatori socio�economici ci pare necessaria ai fini sia di una migliore comprensione dei flussi finanziari che emergono dal conto di bilancio sia per le riflessioni sulle possibilità che si potranno aprire per la Provincia di Sondrio nell’ambito della legge Delrio. Dai grafici (27A e 28A) si osserva che Sondrio e Belluno occupano gli ultimi posti nella classifica delle Province italiane per quanto riguarda la popolazione e occupano invece i primi posti per quanto riguarda la superficie sicché hanno una densità abitativa molto bassa (grafico 29A). La Provincia di Sondrio ha quindi un territorio molto esteso, ma con una popolazione limitata e peraltro tutta concentrata in montagna come si evince dalla Tabella 5A che fa riferimento alle Province delle aree alpine italiane. 59 Probabilmente, come andremo a verificare, questo dato di Sondrio riflette il dato delle entrate che a Sondrio sono più basse. 60 Non consideriamo i dati di cassa sicché i confronti che proponiamo sono con rife-rimento agli accertamenti di competenza della Tabella 2 e i corrispettivi dati della Provincia di Sondrio. Per quanto concerne le spese (Tabella 5) i confronti sono sugli impegni di competenza. 61 Questo confronto tra le due Province è ulteriormente ripreso e arricchito con i dati socio�economici nel Riquadro 3.

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Questa peculiarità dovrà essere tenuta ben presente nel riassetto delle funzioni. Inoltre Sondrio e Belluno pur discostandosi di circa 20mila euro procapite dalla Provincia più ricca � Milano � sono comunque tra le prime 20 province più ricche, con un Pil procapite che è anche il doppio della provincia più povera (grafico 31A). Con riferimento al Pil totale della provincia (pari a circa cinque miliardi, grafico 30A) va osservato che rappresenta l’1,73% del Pil totale lombardo e questo dato è perfettamente in linea con il dato della popolazione (che rappresenta 1,86% della popolazione lombarda)62. Tuttavia, il dato certamente negativo della provincia di Sondrio è il tasso di disoccupazione (7,4%) che colloca Sondrio al centoduesimo posto (grafico 32A) nella classifica!63. Inoltre, in provincia di Sondrio ci sono 78 comuni di cui però ben oltre i due terzi hanno una popolazione inferiore ai tremila abitanti (grafici 33A e 34A). É evidente che anche questo dato chiama in causa fortemente il tema della fusione e delle unioni dei comuni nella provincia di Sondrio64. Belluno ha una quota grosso modo analoga. A Sondrio ci sono poi tredici comuni con una popolazione compresa tra i tremila e i cinquemila, quattro comuni tra i cinquemila e i diecimila. Quest’ultimo dato colloca la provincia nella posizione ottantaquattro nella classifica e scende alla centodue per numero di comuni con una popolazione superiore a 10 mila abitanti, in quanto questi sono soltanto due (grafici 35A�37A)65. Passiamo ora a considerare le principali voci di entrata e di spesa che emergono dai conti di bilancio della Provincia di Sondrio. Ovviamente per tenere conto dell’ «effetto dimensione» della Provincia occorre fare riferimento anche ai valori procapite sia di Sondrio sia del dato nazionale

62 Le percentuali sono elaborate con riferimento alle Tabelle 2A e 4A. 63 Il tasso di disoccupazione è stato del 4,43% nel 2009 e poi: 6,43% nel 2010, 7,38% nel 2011 e 8,9% nel 2012. Il dato per il 2013 segna un leggero miglioramento essendo pari a 8%. 64 Ricordiamo a questo proposito i due referendum in dieci comuni tenutisi lo scorso 1 dicembre 2013. In particolare, l’ipotesi della fusione tra i comuni di Chiavenna, Prata Camportaccio, Gordona, Mese e Menarola ha raccolto il consenso di soli due Comuni su cinque ( Chiavenna e Menarola). Anche in Valtellina, l’ipotesi di fusione fra Grosotto Tovo, Mazzo, Vervio e Lovero ha raccolto il consenso di soli due Co-muni (Grosotto e Vervio). In entrambi i casi il risultato è stato quindi quello di un no alla fusione. 65 Sondrio (21.536 abitanti) e Morbegno (11.982 abitanti).

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che abbiamo quindi calcolato. Anzitutto, (tabella 6A) Sondrio ha nel 2012 più di 35 milioni di entrate tributarie, trasferimenti edentrate extra tributarie (Titolo I, II, III). Tuttavia anche la Provincia di Sondrio registra un trend negativo sul triennio: �3,28%, ma il dato è inferiore a quello nazionale che emerge dalla Tabella 2 (�6,38%). Va altresì evidenziato che le entrate extratributarie sono aumentate del 34,21% (il dato nazionale è +10,53% Tabella 2). Inoltre le entrate tributarie aumentano del 48,5% a fronte di un calo dei trasferimenti del 68,42%. Per interpretare meglio questi dati, occorre evidenziare che le entrate da trasferimenti passano da circa 14 milioni a circa 5 milioni nel biennio 2011�2012 a fronte di un incremento delle entrate tributarie nello stesso periodo di circa 8 milioni. Maggiori informazioni su questi valori arrivano dalla Tabella 7A che riporta le sottocategorie per ogni Titolo. Si osserva che nel biennio in questione � in ottemperanza a quanto previsto dal D. Lgs 68/2011 art 19 � in Lombardia si è proceduto alla compartecipazione alla tassa automobilistica regionale: 9.339 mln di euro per la Provincia di Sondrio che è quindi ora contabilizzata tra i tributi del Titolo I. Parimenti vengono soppresse la compartecipazione Irpef e l’addizionale energia elettrica. Ovviamente calano i trasferimenti correnti della Regione: da 13 milioni a poco più di 4 milioni (Tabella 7A, Titolo II). Non tutte le Regioni italiane hanno proceduto all’attribuzione alle Province della compartecipazione alla tassa automobilistica regionale e questo si evince anche dalla Tabella 2 relativa a tutte le Province italiane che infatti non segnala salti significativi sul fronte delle entrate tributarie nel biennio 2011�2012. In termini procapite, i confronti tra il dato nazionale e il dato della Provincia di Sondrio sono nella Tabella 8A. É possibile fare i confronti omogenei solo per il 201066: 88,1 euro procapite per la provincia di Sondrio, 81,9 euro il dato medio nazionale. Sulle entrate extratributarie, Sondrio ha sempre un valore procapite più alto, addirittura più del doppio. Sondrio quindi sia sul fronte delle entrate tributarie sia sul fronte delle entrate extra�tributarie ha una capacità fiscale ben al di sopra del dato medio nazionale. Complessivamente – e tenuto conto quindi anche degli effetti dei trasferimenti � nel 2012 le entrate procapite relative ai primi tre

66 Come detto, dal 2011 in poi solo alcune Regioni potrebbero aver proceduto alla compartecipazione provinciale della tassa automobilistica.

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Titoli in Provincia di Sondrio sono 195,9 euro (il dato nazionale è 160,7). I valori sono superiori anche nel 2010 e nel 2011. Con riferimento alle spese67 (tabella 9A) la Provincia di Sondrio nel 2012 presenta poco più di 31 milioni di impegni di spesa di parte corrente con un calo sul triennio considerato del 4,2% a fronte di un calo nazionale dell’11,73% (Tabella 5). Facciamo notare che, rispetto al dato nazionale, il calo più marcato è nelle risorse destinate al settore turistico, sportivo e ricreativo (�43,8% a Sondrio, �35,75% a livello nazionale)68. Inoltre, se a livello nazionale le risorse impiegate nel settore cultura e beni culturali diminuiscono (�32,21%), a Sondrio registriamo un incremento (+35,7%) che è addirittura ben più alto in altri due settori importanti per i cittadini: tutela ambientale (+58,1%) e settore sociale (+36,5). Quest’incremento è stato possibile perché al contempo c’e’ stata un’operazione di “spending review” nelle funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo: �17,6%. Su quest’ultima funzione il dato nazionale riporta un calo invece di �8,80%. Il confronto procapite della spesa è nella tabella 10A. Anche sulle spese, il dato di Sondrio è più elevato (172,3 euro procapite nel 2012). Evidenziamo che, rispetto al dato medio nazionale, la spesa procapite per le funzioni 1 e 2 è più bassa a Sondrio, mentre invece nei settori cruciali per il territorio valtellinese (ad esempio trasporti, tutela ambientale, gestione del territorio e settore turistico) il valore procapite per la Provincia di Sondrio è più elevato rispetto al dato medio nazionale. Sintetizzando, dai dati sin qui presentati emerge che Sondrio coerentemente con gli indicatori socio�economici (come ad esempio il Pil procapite, grafico 31A) si caratterizza per avere entrate procapite più elevate rispetto al valore medio nazionale. Inoltre, ciò avviene anche sul fronte delle spese procapite. Questo potrebbe essere spiegato sia dalla maggiore capacità fiscale ma anche dal fatto che Sondrio ha una popolazione ridotta su un territorio abbastanza esteso e con Comuni di piccole dimensioni. Detto altrimenti, se prendiamo a riferimento la Tabel-

67 Il confronto è soltanto con riferimento al Titolo I delle spese (vale a dire solo quelle di parte corrente). 68 Ovviamente questo non significa necessariamente che le risorse allocate su tale settore nel territorio valtellinese siano complessivamente diminuite perché potrebbe-ro essere aumentate le risorse impiegate da altri enti coinvolti in questo settore.

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la 10 della prima parte, Sondrio si colloca nella terza colonna e cioè tra quelle provincie che registrano «fisiologicamente» dati più elevati di spesa perché, a parità di popolazione, sono associati territori più ampi. Tuttavia nella Provincia di Sondrio, non si registrano disfunzionalità nell’allocazione delle risorse fra le varie funzioni: i valori più elevati si concentrano proprio in quei settori chiave per lo sviluppo, funzionamento e promozione del sistema locale (e tenuto anche conto quindi dell’effetto «dimensione» della Provincia di Sondrio e delle sue caratteristiche orografiche).

Per concludere, segnaliamo altri elementi di «virtuosità» nella ge-stione dei conti del bilancio da parte della Provincia69. Anzitutto considerati gli anni 2004�2012 la Provincia di Sondrio ha sempre rispettato gli obiettivi del Patto di Stabilità interno, ad eccezione del 2006. A questo scopo, e con-centrando l’analisi all’ultimo biennio, in Provincia di Sondrio la spesa per il personale sostenuta nel 2012 è inferiore a quella sostenuta nel 2011 e l’incidenza della spesa per il personale su quella corrente passa dal 29,4% al 27,94% (vedi riquadro 1A). Inoltre, la Provincia di Sondrio nel triennio 2010�2012 non ha contratto mutui ed ha rispettato il limite all’indebitamento previsto dalla normativa vigente. Gli interessi passivi sulle entrate correnti per ciascuno degli anni 2011 e 2012 sono stati 2,80% e 2,22%. Sono stati rimborsati alcuni prestiti e si è anche proceduto ad estin-zioni anticipate, sicché il debito residuo della Provincia passa da 27.625.017,00 euro a 16.357.157,80 euro70. Questi rimborsi e estinzioni sono stati effettuati con avanzi di amministrazione che pure si registrano per il 2012 come si evince dai dati di sintesi del riquadro 2A. A fronte del disa-vanzo di competenza pari a quasi 4 milioni di euro, la gestione residui e l’avanzo di esercizi precedenti permette quindi di chiudere il 2012 con un avanzo di 3.233.355,83 euro71.

69 Le informazioni che seguono in queste righe (e i relativi dati che riportiamo nei riquadri 1A e 1B in Appendice) sono tratti dalla Relazione dei Revisori al Consunti-vo 2012. Parere dell’organo di revisione al rendiconto della gestione per l’esercizio 2012 e documenti allegati, Provincia di Sondrio, 3 aprile 2013. 70 Cfr. Relazione dei Revisori al Consuntivo 2012, 17�18. 71 Con riferimento ai dati del riquadro 2A, il totale degli accertamenti di competenza (pari a 68.900.700,81 euro) è la somma dei Titoli I, II, III , IV, V delle Entrate i cui importi sono anche nella Tabella 16A. Il totale degli impegni di competenza è la somma dei Titoli I, II, III e IV delle Spese i cui importi sono nella Tabella 23A.

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2.2. Sondrio e Belluno: il conto del bilancio Passiamo ora al confronto delle entrate e delle spese di Sondrio e Belluno negli anni 2010�2012. La base dati è il Conto del Bilancio. Come per il confronto con il dato nazionale, anche qui per le spese i riferimenti sono agli impegni di competenza e, per quanto riguarda le entrate, agli accertamenti di competenza. Anzitutto, ai fini di una migliore comprensione dei dati di bilancio di queste due Province, che ovviamente riflettono le caratteristiche di questi territori, proponiamo nel riquadro 3 � al lettore che fosse interessato � un approfondimento della relativa situazione socio�economica grazie ad elementi di comparazione72 con territori alpini simili. Come già detto, ogni considerazione sull’evoluzione istituzionale deve infatti tenere conto del territorio che ha di fronte per poter valorizzare al meglio le potenzialità del territorio stesso. É opportuno di conseguenza considerare le specificità del sistema locale in esame e della conseguente capacità di intraprendere iniziative e investimenti strutturali per valutare l’impatto di determinate scelte sul piano della finanza pubblica.

72 Questa comparazione viene condotto sulla linea delle analisi di benchmarking territoriale nel quadro dello Statuto Comunitario per la Valtellina. I territori oggetto di analisi e confronto sono le Province di Aosta, Belluno, Bolzano, Cuneo, Sondrio, Trento e Verbano�Cusio�Ossola. Per ulteriori approfondimenti sul confronto territo-riale si rimanda alla “Relazione sull’andamento economico 2012”, redatta nell’ambito delle attività relative al “Protocollo d’intesa per la progressiva imple-mentazione del sistema di monitoraggio prefigurato nello Statuto Comunitario per la Valtellina”. Il confronto viene condotto sulle aree: società, istituzioni, economia, infrastrutture, ambiente e territorio. Nello specifico la comparazione sarà qui condot-ta rispetto alla provincia di Belluno.

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Riquadro 3 – Profili socioeconomici � Un quadro sintetico di raffronto fra Sondrio e Belluno La provincia di Sondrio è una provincia interamente montana, fra le più estese e con una popolazione contenuta. Confrontando il dato di Sondrio con quello degli altri territori alpini si osservano situazioni simili, in particolare fra Sondrio e Belluno: entrambi i territori hanno una estensione comparabile (3.300 Kmq Sondrio e 3.600 Kmq Belluno). A questa sia pur maggiore estensione del territorio bellunese (300Kmq) corrisponde anche una popolazione superiore di circa 30mila unità (circa 180.000 abitanti a Sondrio e 209.000 abitanti a Belluno). La quota degli stranieri sulla popolazione residente è di solo il 4,3%, mentre a Belluno del 6%. Il sistema economico valtellinese è un sistema diversificato, con una elevata presenza di attività legate al terziario, che complessivamente rappresentano circa il 55% delle imprese attive in provincia73. Solo le attività legate al commercio superano il 20% del totale, mentre alberghi e ristoranti sono circa l’11,5% del totale. Accanto al terziario, una quota significativa resta alle attività agricole (17,7%), alle costruzioni (17,1%) e alle attività manifatturiere (9,1%). Negli ultimi anni Sondrio ha registrato un continuo decremento nelle imprese attive (il 2,1% in meno nell’ultimo anno) cosa verificatasi anche a Belluno (�1,5%). Considerando il sistema bellunese, si ha una ripartizione di imprese dove il 56% è attivo nel terziario, il 12% circa nel manifatturiero, il 18% nelle costruzioni, il 13% in attività agricole. Rispetto al sistema valtellinese, si osserva a Belluno una quota maggiore di imprese attive nel settore manifatturiero legato anche alla presenza del distretto dell’occhiale, caratterizzato da molte piccole imprese, poche grandi imprese e gruppi internazionali cresciuti al punto da diventare leader del settore a livello mondiale. La forte presenza sui mercati internazionali delle imprese del bellunese si evidenzia confrontando la propensione all’export, data dal rapporto fra export e valore aggiunto: a Belluno è la maggiore di tutti i territori alpini e di gran lunga superiore sia alla media italiana, sia alla media dei territori stessi. Nel 2012 è pari al 50,59%, a fronte di un dato che per Sondrio, pur se aumentato rispetto al 2011, è pari a 11,8%. Il sistema economico di Sondrio, come molti sistemi alpini, presenta una realtà imprenditoriale solida, dove i fallimenti, seppur aumentati, anche negli anni della crisi lo sono meno di quanto avvenuto altrove. La provincia di Sondrio si caratterizza però anche per essere il territorio dove si ha una limitata dinamicità del

73 Per tutti gli approfondimenti vedi “Relazione sull’andamento economico della provincia di Sondrio” (2011, 2012, 2013) CCIAA Sondrio– Protocollo d’intesa per la progressiva implementazione dello Statuto Comunitario per la Valtellina; vedi anche “Alps benchmarking � insieme per crescere” e Benchmarking report 2013; cfr. www.statvalt.eu/pubblicazioni

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sistema, se considerata attraverso il rapporto fra iscrizioni e cessazioni. Gli ultimi dati disponibili (2013) dicono che Sondrio ha un rapporto pari a 0,76 (in peggioramento rispetto al 2012 quando era 0,8) seguita a stretto giro da Belluno (0,83). Spostiamo ora l’attenzione sul Pil complessivo e procapite in quanto indicatori della capacità fiscale del territorio. Anzitutto questi dati restituiscono un’immagine di Sondrio che, con un dato di 31.202 Euro nel 2010 e 27.935 Euro nel 2011, si colloca subito dopo Bolzano (la provincia montana più ricca) e prima di tutti gli altri territori alpini, sia pur con una contrazione registrata ovunque, anche per l’impatto della crisi avvertita in tutti i territori. Per quanto riguarda Belluno i dati sono rispettivamente 29.453 Euro nel 2010 e 27.766 Euro nel 2011. Dando uno sguardo alla composizione del Pil si conferma come Sondrio mostri una elevata terziarizzazione: il contributo al Pil del settore terziario è pari al 68% a Sondrio e al 60% a Belluno. Qui si osserva una quota importante del Pil proveniente dall’industria (31%), proprio per le caratteristiche e apertura internazionale del distretto dell’occhiale. Anche a seguito della difficile situazione congiunturale, la disoccupazione è aumentata negli ultimi anni: in provincia di Sondrio nel 2012 il tasso di disoccupazione ha toccato l’8,9%, tasso superiore a quello registrato in tutte le altre province alpine � a Belluno il dato è stato del 6,1% � e più alto del dato medio lombardo (7,5%). In provincia di Sondrio il tasso di disoccupazione ha registrato incrementi notevoli nel 2011 e 2012, sia a livello complessivo, sia giovanile. Nel 2012 Sondrio e Belluno sono i territori alpini che registrano la più elevata disoccupazione giovanile con il 17,3% a Belluno e il 16,6% Sondrio. Nel 2013 Sondrio registra invece un lieve calo nel tasso di disoccupazione (8%). Fra le peculiarità di Sondrio vi è la ricchezza della produzione di energia da fonte idrica, che vede Sondrio al primo posto fra i territori alpini. Essa rappresenta infatti circa il 13% del totale nazionale. L’acqua rappresenta una fonte di ricchezza importante che verrà considerata anche con riferimento all’analisi della finanza pubblica provinciale. In un confronto bilaterale Sondrio � Belluno si può osservare come il posizionamento di Sondrio sia molto superiore rispetto a quello di Belluno per la produzione procapite di energia da fonte idrica: 32,36KW e 10,54KW procapite con un aumento registrato a Sondrio e una diminuzione a Belluno. Altro elemento peculiare della provincia valtellinese è il credito con l’asset rappresentato da due Banche locali radicate sul territorio ma di dimensione nazionale; a Sondrio le sofferenze utilizzate nette procapite si sono sempre mantenute ai livelli più bassi fra tutti i territori alpini nel periodo della crisi e il rapporto sofferenze/impieghi ha registrato limitati incrementi (segnando 2,7 nel 2012 e 3,94 nel 2013). Il dato corrispondente di Belluno relativo ai prestiti non onorati nel 2012 è invece del 6,2% sul totale degli impieghi nel 2012 (6,94% nel 2013). La vocazione turistica accomuna i due territori alpini considerati, pur dovendosi confrontare con una

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permanenza media tendenzialmente in calo negli ultimi anni: per Belluno 5,1 giorni, per Sondrio 3,4 giorni. I collegamenti e le infrastrutture rappresentano un problema tipico delle realtà alpine che risultano essere decentrate rispetto alle aree metropolitane e spesso più difficilmente accessibili. I collegamenti vedono la Valtellina all’ultimo posto per dotazione infrastrutturale stradale, e in peggioramento: qui Belluno ha un dato quasi doppio rispetto a quello di Sondrio (63,58 per Belluno e 29,85 Sondrio). Da un punto di vista complessivo, la qualità della vita, che ha registrato, nelle classifiche del Sole 24 ore, per Sondrio risultati molto positivi, fino alla seconda posizione a livello nazionale, ha visto un peggioramento negli ultimi anni: Sondrio aveva perso sei posizioni nel 2010 e poi ha perso altre 11 posizioni nel 2011, posizionandosi nel 2012 al ventesimo posto a livello complessivo; Belluno si posiziona al terzo posto nazionale. Nel 2013 Belluno è al quarto e Sondrio risale all’undicesimo. Sotto il profilo squisitamente ambientale (indicatore Ecosistema di Legambiente), Belluno era al primo posto nel 2011 e al secondo nel 2012 (punteggio 69,3%); Sondrio si colloca all’ottavo posto (punteggio 58%). Grazie ad analisi comparative, di cui qui abbiamo dato una sintesi, è possibile evidenziare specificità, rispettivi punti di forza e di debolezza: i profili socioeconomici giocano un ruolo importante in una qualsivoglia modifica che possa profilarsi nell’evoluzione istituzionale di un territorio, connotandone anche potenzialità e limiti. La prima comparazione tra Sondrio e Belluno è sulle risorse totali che arrivano dai tre Titoli del conto del bilancio. Più in dettaglio il Titolo I comprende le entrate tributarie, il Titolo II le entrate da trasferimenti e il Titolo III le entrate extratributarie. Per Sondrio le tabelle di riferimento sono le tabelle 6A e 7A, per Belluno le Tabelle 11A e 12A. Un primo dato da rilevare è che per quanto riguarda le entrate complessive � che risultano dai tre Titoli � il valore medio dei tre anni per la Provincia di Sondrio è 36.312.270,97 euro a fronte di un dato corrispondente per Belluno che è pari a 67.288.018,43 euro. Quindi Sondrio ha una popolazione pari all’86% di quella di Belluno74 ma ha un livello di entrate totali medio sul triennio rispetto al valore di riferimento per Belluno ben inferiore: pari al 54%. Questi dati significano che, tenuto conto della popolazione residente nei due territori, Sondrio registra una sottodotazione

74 Riportiamo questa proporzione sulla popolazione tra le due province per dare al lettore i termini di confronto tra i valori assoluti delle varie poste di spese ed entrate dei due enti.

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in termini di risorse che infatti si riflette nei valori più bassi per entrate totali procapite (Tabella 13A). Se facciamo una considerazione sui tre anni le proporzioni sono state così distribuite: nel 2010 le entrate di Sondrio sono il 48% di quelle di Belluno, nel 2011 sono il 55%, nel 2012 il 60,1%. Le proporzioni sono quindi migliorate, ma questo non deriva da un miglioramento di Sondrio bensì dal fatto che nel triennio le entrate di Belluno sono diminuite del 22,7% mentre a Sondrio la riduzione è stata del 3,3% (tabelle 6A e 11A). Uno sguardo più accurato alle sottocategorie di entrate delle Tabelle 7A e 12A permette di osservare che Sondrio ha risorse più elevate nell’imposta provinciale di trascrizione. Inoltre � e come detto � la Provincia di Sondrio ha già avuto la contabilizzazione come imposta della compartecipazione alla tassa automobilistica e di conseguenza nel 2012 non ha entrate da compartecipazione Irpef e dall’addizionale all’energia elettrica. Altresì si riducono i trasferimenti regionali che passano da 13 milioni a poco più di 4 milioni.75 In questa voce sono anche compresi i trasferimenti di parte corrente che arrivano dalla Regione per «fondi de-manio idrico». Belluno, invece, nel 2012 non ha registrato la compartecipazione alla tassa automobilistica regionale e ha compensato l’abolizione della compartecipazione Irpef soltanto attraverso maggiori risorse dal fondo sperimentale di riequilibrio che nel 2012 sono quasi 13 milioni di euro. Da segnalare anche che la Provincia di Belluno registra sempre dei valori molto più alti rispetto a Sondrio per quanto riguarda i trasferimenti regionali: particolarmente elevato il gap tra le due province nel 2010. Anche per le funzioni delegate Belluno riceve maggiori risorse76. Il

75 Tra i contributi e trasferimenti correnti che arrivano da altri enti del settore pub-blico sono ad esempio Bim, Comunità Montane ed anche Fondazione Cariplo in alcuni anni. 76 A questo proposito, nella Relazione del Collegio dei Revisori, del 29 aprile 2013 della Provincia di Belluno per il triennio 2010�2012, a commento degli accertamenti sulle entrate e degli impegni sulle spese a pag. 9 si scrive: «Dai dati sopra riportati, risultano evidenti almeno due situazioni: 1) la notevole flessione nel triennio dei trasferimenti statali, e di altri enti pubblici; tale flessione penalizza e penalizzerà la Provincia di Belluno che, con la “specificità montana” ha necessita, invece, di ade-guati trasferimenti correnti ed in conto capitale da parte dello Stato e della Regione del Veneto per far fronte ai propri “specifici” servizi; 2) la conseguente riduzione, nel triennio, delle spese correnti e delle spese in conto capitale in un periodo di con-

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confronto tra le Tabelle 7A e 12A evidenzia un altro gap significativo tra i due enti per quanto riguarda le entrate extratributarie (Titolo III). Si osserva una notevole differenza (di quasi venti volte) nella voce «proventi dei beni dell’ente»: quelli della Provincia di Sondrio sono pari a 725.000 Euro circa, quelli di Belluno sono pari a oltre 14 milioni di Euro. La ragione è che in questa voce a Belluno sono contabilizzati i canoni idrici77. Tra i «proventi dei beni dell’ente» per la Provincia di Sondrio derivano per la maggior parte dai canoni di affitto della caserma di Sondrio, e dai canoni di affitto dei lo-cali della Prefettura e della Questura. Passiamo ora al confronto sulle entrate relative al Titolo IV (cioè le entrate in conto capitale). Qui la situazione tra Sondrio e Belluno muta considerevolmente, basti solo osservare che nel 2012 Sondrio registra un dato di 28.136.836,4 euro mentre Belluno ha un valore corrispondente di 3.759.102,1 euro. I dati sono nelle Tabelle 14A e 15A. La spiegazione è che tra i trasferimenti di capitale dalla Regione ci sono anche i trasferimenti fondo demanio idrico78. Trattandosi, di entrate in conto capitale, è anche opportuno fare un confronto con il valore medio del triennio che è riportato nelle Tabelle 14A e 15A. Infine, completiamo il quadro sulle entrate riportando nelle Tabelle 16A e 17A il riepilogo generale delle entrate, facendo osservare che: a) Sondrio non ha fatto ricorso ad entrate relative al Titolo V79; b) se consideriamo il totale delle entrate (e non quindi i soli primi tre Titoli) la differenza in termini di entrate tra i due enti si riduce: le entrate di Sondrio sono l’84,2% delle entrate di Belluno. Detto altrimenti la proporzione tra i

tinue maggiori necessità di servizi pubblici provinciali» I dati sugli impegni di com-petenza per Belluno sono nella Tabella 24A. 77 Cosi leggiamo a pag. 12 della Relazione del Collegio dei Revisori, del 29 aprile 2013, cit. : «L’importante entrata per i “proventi dei beni dell’ente” è dovuta, in grande parte, ai “canoni idrici” che sono stati destinati al finanziamento di spese, come prescritto, dall’art. n. 3 della legge regionale 3 febbraio 2006, n. 2 e successive integrazioni. 78 Che nel 2012 sono pari a sette milioni e mezzo. Inoltre sempre in materia di de-manio idrico altre entrate sono classificate nella categoria 2 (contributi e trasferi-menti correnti dalla Regione) del Titolo II. Per il 2012 ammontano complessivamen-te a circa due milioni. 79 Come peraltro già evidenziato nel paragrafo 2.1.

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due enti in termini di risorse è molto simile a quella relativa alla quota della popolazione80. Consideriamo ora le spese. Il confronto è tra i dati delle Tabelle 9A e 18A che si riferiscono agli impegni del Titolo I (e quindi spese correnti); emerge che Sondrio � come già detto � registra un calo del 4,2% mentre Belluno del 26,6%. Sicché se nel 2010 Sondrio aveva la metà delle spese di Belluno, a seguito della riduzione di Belluno il gap si riduce e nel 2012 (il 68%) a Belluno le uniche funzioni di spesa che hanno un incremento sono la funzione 8 (Settore sociale) e soprattutto la funzione di tutela ambientale (+96,2%). Alcune funzioni (amministrazione, cultura, settore turistico) hanno avuto riduzioni di risorse di ben oltre il 50%. Oltre a queste variazioni sul triennio abbiamo calcolato, per entrambe le Province, i dati di spesa procapite. Come già intuibile dai dati prima presentati, la spesa procapite complessiva a Sondrio è sempre più bassa nei tre anni qui consi-derati. Tuttavia, alcune differenze vanno messe in rilievo: Sondrio ha dei valori molto più bassi nella funzione 1. Poiché soprattutto in questa categoria di spesa si potrebbero annidare «l’inefficienza della pubblica amministrazione» o «i costi della politica», senza dubbio Sondrio si colloca in una posizione decisamente migliore di Belluno che, peraltro (e come visto prima), ha cercato nel triennio di ridurre le risorse proprio in questa funzione. Sondrio spende proporzionalmente di più in istruzione pubblica, nel settore turistico e nel settore della tutela ambientale e sociale, nonostante, come detto, in queste ultime categorie di spesa Belluno abbia aumentato le risorse sul triennio. Consideriamo ora le spese del Titolo II e cioè le spese in conto capitale (e quindi d’investimento) che sono riportate nelle Tabelle 20A e 21A. Sondrio, su tutto il triennio, ha dei valori molto più elevati di Belluno, pur registrando un calo del 12%, superiore quindi a quella di parte corrente. Nel 2010 Sondrio spendeva 34 milioni di euro, 16 milioni nel 2011 e 30 milioni nel 2012. Il vistoso calo nel 2011 è nella spesa per la gestione del territorio e soprattutto nella funzione sviluppo economico. Belluno ha valori molto più bassi rispetto a Sondrio su tutto il triennio nella spesa capitale, registrando anche una riduzione nel triennio (quasi il 18%). A Sondrio si

80 Come detto la popolazione di Sondrio è l’86% della popolazione di Belluno.

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registra un calo molto significativo nella funzione 1 e nella funzione 2. L’unico incremento di spesa in conto capitale (piuttosto significativo) si realizza nella funzione di tutela ambientale al quale nel 2012 vengono destinati 13 milioni di risorse. A Belluno invece l’incremento è sulla funzione trasporti che nel 2012 ha più di due milioni di investimenti. Anche per questa tipologia di spese abbiamo calcolato i valori procapite (Tabella 22A). Considerando la media di tutte le funzioni (prima riga della Tabella 22A), ad eccezione del 2011 Sondrio ha valori più elevati. Anche con riferimento a questa tipologia di spese, vanno evidenziate alcune differenze nella gestione degli investimenti nei due territori: Sondrio ha un valore procapite più basso nella funzione 1 e nella 5 (trasporti). I valori procapite più elevati (con dei gap importanti tra i due valori delle due province) di Sondrio sono nella tutela ambientale e nella gestione del territorio. Infine le Tabelle 23A e 24A riportano il riepilogo generale delle spese (quindi anche i Titoli III e IV) del conto di Bilancio. Complessivamente, a Sondrio nel 2012 le uscite sono state 72.865.659 euro, quindi un valore più alto di Belluno (pari a 72.652.634 euro). La situazione era diversa nel 2010 quando Belluno aveva maggiori risorse. Sul triennio a Belluno c’e’ stata poi una riduzione complessiva (del 22%) mentre a Sondrio del 6,1%. Inoltre � e questo è un dato certamente positivo da registrare � Sondrio destina maggiori risorse sulla spesa in conto capitale ed anche per il rimborso dei prestiti (più di 6 milioni nel 2012). A Belluno, infatti, la spesa è più sbilanciata sulla parte corrente. Infine, la Tabella 25A propone i dati procapite su ogni tipologia di spesa, che evidenziano in maniera più netta gli elementi di virtuosità della spesa di Sondrio in confronto a Belluno (pur riscontrando le due Province caratteristiche simili, anche su alcune tipologie di entrata) e cioè: una spesa procapite maggiore in conto capitale e molto più alta per il rimborso dei prestiti. In altri termini, Sondrio riesce ad ali-mentare la spesa in conto capitale, riducendo altre tipologie di spesa (come la funzione 1) senza ricorrere a mutui e addirittura rimborsando anche parte dei prestiti.

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2.3. I «costi della politica» in Provincia di Sondrio In questo paragrafo non faremo confronti con la Provincia di Belluno poiché vogliamo qui focalizzare l’attenzione sui cosiddetti «costi della politica» della Provincia di Sondrio. Sono anche (e forse soprattutto) questi i fronti che la Provincia di Sondrio deve tenere aperti nella prospettiva del riassetto prevista dalla legge Delrio. Diciamo subito che Sondrio – come d’altronde avevamo già rilevato dalle tabelle prima considerate – ha intrapreso in questi ultimi anni un cammino «virtuoso» volto a ridurre i costi della politica. I dati che andiamo a mostrare sono nella Tabella 26A che derivano da nostre elaborazioni dai pagamenti per codici gestionali della Provincia di Sondrio per il periodo 2009�2012. Quindi, sulla scorta di quanto fatto dalla Corte dei Conti81, utilizzando i codici Siope, abbiamo proceduto a quantificare i potenziali risparmi sui costi della politica facendo in aggiunta un paio di ipotesi “più restrittive” rispetto a quelle della Corte dei Conti. Infatti tra le spese eliminabili abbiamo inserito anche quelle per “trattamento di missione rimborsi spese viaggio” e “pubblicazioni giornali e riviste”82. Inoltre, a Sondrio, essendosi le ultime elezioni provinciali svoltesi nel 2009, non ci sono spese elettorali a partire dal 2010. Come mostrano i dati della Tabella 26A, la Provincia di Sondrio ha già intrapreso un trend virtuoso. Ad esempio, il totale delle spese per organi istituzionali passa da 471mila euro a 390mila euro nell’ultimo biennio qui considerato. Un calo si registra anche nelle spese di rappresentanza, mentre nello stesso biennio le spese per organizzazione, manifestazioni e convegni ed anche pubblicazioni, giornali e riviste sono aumentate più del doppio. Complessivamente le spese eliminabili o riducibili sono pari a 493mila euro per il 2012. Sempre dai dati Siope,

81 I cui dati sono nella Tabella 7 della prima parte di questa sezione. I dati della Cor-te dei Conti partono dal 2010. 82 Si noti che la Corte dei Conti inserisce tra le spese eliminabili anche “trasferimenti a Province”. Nell’ipotesi che tutte le Province siano eliminate, ovviamente, i trasfe-rimenti tra questi enti cessano di esistere. Nello studio, non abbiamo proceduto ad eliminare questa voce perché di fatto le province che diventano “enti territoriali di area vasta” continueranno a svolgere delle funzioni. Non è possibile quindi a priori escludere questa tipologia di trasferimenti. Ad esempio, nel caso di Sondrio il dato Siope (codice 1511) per il 2012 è di 2.754 euro. Si tratta per lo più di trasferimenti a Province confinanti per funzioni legate alla viabilità e al trasporto.

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riportiamo il totale della spesa corrente (quasi 30 milioni di euro) sicché le spese eliminabili sono l’1,70% della spesa corrente. Nella Tabella 27A proponiamo un confronto con il dato procapite nazionale dai dati della Corte dei Conti. Vediamo che rispetto al dato nazionale (e nonostante ipotesi di ulteriori tagli che noi abbiamo fatto e l’assenza di spese elettorali) a Sondrio queste spese sono appunto l’1,7% della spesa corrente, mentre i dati Corte dei Conti riportano un valore più elevato (superiore al 2%). Nei confronti procapite emerge però un valore più elevato. Infine, nelle righe che seguono, ci soffermiamo su altre due questioni che seppur non strettamente legate ai costi della politica lo sono indirettamente in quanto connesse sia al tema del perimetro dell’operatore pubblico nell’economia sia a quello del sovrapporsi di enti, talvolta con analoghe competenze, in un medesimo territorio. Anche queste due questioni sono al centro del dibattito politico e di ipotesi di riforme in quanto misure volte alla razionalizzazione sono possibili allo scopo ovviamente di eliminare sprechi, inefficienza, duplicazioni. Il riferimento è quindi qui alle società partecipate e alle comunità montane. In questa sede non proponiamo riflessioni specifiche in merito, ma ci limitiamo a riportare alcuni dati quantitativi e di sintesi che crediamo possano essere utili per la riflessione e per il dibattito.

Nella provincia di Sondrio ci sono quattordici società partecipate dalla Provincia, tutte in attività e di cui: sei sono società per azioni, una S.R.L, tre società cooperative, quattro consorzi. I dati sono nella Tabella 28A la cui classificazione ed elaborazione da noi proposta segue quella presentata dalla Corte dei Conti83. Negli allegati in appendice invece (e per il lettore che fosse interessato) altre informazioni sulle stesse, come ad esempio: tipologia di attività, quota di partecipazione della Provincia, onere gravante sul bilancio, l’utile (o perdita) di esercizio84.

Passiamo ora alle Comunità montane. Sono cinque: C.M. Morbegno, C.M. Sondrio, C.M. Tirano, C.M. Alta Valtellina, C.M. Valchiavenna. Partiamo da alcuni dati di sintesi (Tabella 29A). Vediamo che nelle Comunità di Morbegno e Sondrio è insediata rispettivamente il

83 Vedi Tabella 9 prima parte di questa Sezione. 84 Per completezza di documentazione, negli allegati in appendice abbiamo riportato anche la medesima classificazione per le società partecipate dalla Provincia di Bel-luno con le relative informazioni sulle stesse.

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25% e il 31% della popolazione provinciale. Le tre Comunità montane rimanenti sono piuttosto piccole in termini di popolazione ed una (C.M. Alta Valtellina) ha un territorio molto esteso. Quindi le cinque Comunità sono eterogenee oltre che per numero di abitanti anche per superficie e quindi densità. La cartina sotto la Tabella 29A indica i rispettivi confini. Le tabelle successive (30A e 31A) riportano nostre elaborazioni sul conto del bilancio per ciascuna Comunità montana per l’esercizio 2012. Come per le Province, anche per le Comunità montane i riferimenti sono agli accertamenti di competenza (entrate) e agli impegni di competenza (spese). Le Tabelle indicano i totali di ciascun Titolo del Bilancio ed hanno il mero scopo illustrativo di indicare un ordine di grandezza sull’ammontare delle entrate e delle spese in capo a ciascuna Comunità montana e quindi al complesso delle risorse85. Dalla Tabella 30A osserviamo, ad esempio, che le entrate totali per ciascuna Comunità montana non dipendono dall’ordine di grandezza della popolazione ivi presente. La Comunità montana della Valchiavenna (la più piccola in termini di popolazione) nel 2012 ha le entrate più elevate (quasi 11milioni di euro). Un dato grosso modo analogo a quello della Comunità montana di Sondrio. Consideriamo le spese correnti (Titolo I) e in conto capitale (Titolo II). Anche sulle spese correnti, l’erogazione da parte di ciascuna Comunità montana non dipende dal fattore popolazione: la Comunità montana di Sondrio spende poco più della metà della C.M. della Valchiavenna. Inoltre, se consideriamo le singole tipologie di funzione, vediamo che Morbegno, Sondrio e Tirano allocano la quota maggiore di tutta la spesa corrente nella funzione generale di amministrazione. Le quote sono rispettivamente 30%, 43% e 35%. Molte risorse (oltre 1 mln di euro) sono dedicate alla funzione settore sociale, ad eccezione della Comunità montana di Sondrio. In sintesi, se consideriamo il totale di tutta la spesa corrente (16.177.966,5 euro), la spesa per funzioni generali di amministrazione rappresenta il 33% del totale. Alle due funzioni importanti per il territorio (turismo e tutela ambientale) viene destinato il

85 In altri termini non ci soffermeremo sulle sottocategorie di entrate e spese per ogni Titolo anche per motivi legati alla differente classificazione delle sottovoci di bilan-cio della Comunità montana di Tirano. Un’analisi di questo tipo esula dalle finalità di questo lavoro. Inoltre un approfondimento più puntuale dovrebbe tenere conto di dati su un triennio e non già di un solo anno come qui facciamo.

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20% della spesa. La fotografia muta quando guardiamo la spesa in conto capitale. Anzitutto e complessivamente è un valore superiore a quello della spesa corrente (quasi 20 milioni di risorse). La Comunità montana di Sondrio ha la spesa più elevata (7 milioni di euro) pressoché concentrata sulla funzione per la tutela ambientale. Complessivamente, quindi, sul territorio provinciale arrivano da tutte le Comunità montante più di 36 milioni di euro. É importante fare riferimento a questo dato, perché la spesa della Provincia (cioè Titolo 1 + Titolo 2) sempre per il 2012 è poco più di 61 milioni (cfr. tabella 23A). Questo è, quindi, grosso modo l’entità della spesa corrente e in conto capitale, erogata da Provincia e Comunità Montane e che ricade sul territorio86. Per finire, i dati procapite di entrate e spese per ciascuna Comunità Montana e i relativi confronti sono nelle tabelle 32A, 33A, 34A, 35A.

3. Conclusioni La materia «Province» è divenuta negli ultimi anni argomento di grande interesse, in quanto rientrante anche nella polemica sui cosiddetti «costi della politica». E il tema è stato nei fatti affrontato dal nostro legislatore. La legge Delrio, almeno su questo fronte, produce infatti dei risparmi dal momento che non ci saranno più le elezioni provinciali né tantomeno si dovrà provvedere alle indennità degli amministratori.

Ovviamente, non è questo l’unico risultato auspicabile. La legge in questione dovrebbe invece aprire nei prossimi mesi � attraverso il processo di attuazione � la strada ad una più appropriata riorganizzazione del nostro sistema di governo territoriale che dovrebbe condurre anche ad una più

86 Qui è necessaria un’avvertenza. Il risultato della spesa sul territorio non può esse-re una mera somma delle due spese erogate da questi enti, in quanto tra la Provincia e le Comunità montane intercorrono trasferimenti. Quindi, la voce del conto del bilancio relativa ad un trasferimento diventa due volte una spesa (nel bilancio dell’ente erogante e nel bilancio dell’ente che riceve). Ad esempio dai dati Siope della Provincia di Sondrio apprendiamo che nel 2012 i trasferimenti correnti alle comunità montane sono stati di 277 mila euro. Ed ovviamente trasferimenti dalla Provincia arrivano ai Comuni. Sicché è difficile costruire (cioè consolidare) con precisione tutta la spesa delle amministrazioni pubbliche (Stato, Regioni, Province, Comuni, Comunità montane) che ricade in un determinato e circoscritto territorio e per ogni categoria/funzione di spesa.

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efficiente gestione della spesa. É questo dunque l’altro obiettivo ambizioso della riforma Delrio in cui quindi altri risparmi, in termini di risorse, potrebbero essere possibili, anche se è difficile al momento quantificarli. Tuttavia, si noti che la proliferazione delle cosiddette microprovince degli ultimi anni e le diverse grandezze territoriali e demografiche delle «ex�Province italiane» non vengono toccate dalla legge Delrio. Le stesse istituende città metropolitane ripropongono i confini (e quindi anche la popolazione) delle «ex�Province italiane» che vanno a sostituire. Sicché da questo punto di vista rimangono ancora tutte le perplessità che erano sorte in questi anni in merito all’adeguatezza di alcune Province a svolgere le funzioni secondo i principi di efficienza ed economicità87.

È auspicabile che nella fase di attuazione della legge queste criticità vengano superate. Infatti, le nuove Province oltre ad esercitare direttamente alcune funzioni fondamentali «in sussidiarietà e d’intesa con i Comuni del territorio, possono assumere un ruolo essenziale per la gestione unitaria di importanti funzioni che oggi sono svolte a livello comunale, o gestire servizi che sono impropriamente esercitati da enti o agenzie operanti in ambito provinciale o sub provinciale, che la legislazione statale e regionale dovrebbe ricondurre esplicitamente in capo alle nuove Province»88. Detto altrimenti, per questi costituendi enti territoriali di area vasta, si dovrebbe ora aprire la strada alla possibilità di una disciplina che superi definitivamente l’uniformità del riconoscimento dello stesso ruolo istituzionale. Si potrebbe infatti prospettare, in fase di attuazione a livello regionale, una differenziazione di questi nuovi enti territoriali di area vasta in relazione sia alla loro dimensione sia in relazione al numero di comuni (e la relativa dimensione) nel cui territorio gravitano. Se questo è il percorso possibile � auspicabile qualora producesse efficienza e risparmi � rimane però aperta la questione delle risorse di questi enti territoriali, delle precise modalità di finanziamento e quindi anche del meccanismo di relazioni finanziarie, (compresi gli aspetti perequativi) tra questi Enti territoriali di area vasta e le Regioni e i Comuni e/o Unioni di comuni. Da questo punto di

87 E che alcuni studi richiamati in questo lavoro hanno evidenziato. 88 G. PALOMBELLI, Autonomie locali: che fare? Dopo l’approvazione della legge “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”, disponibile sul sito www.astrid�online.it.

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vista, la legge Delrio è silente anche nel dettare i principi generali di coordinamento finanziario tra questi enti territoriali di area vasta e i vari livelli di governo coinvolti89.

Certamente, anche per quanto riguarda la Provincia di Sondrio, l’approvazione definitiva del decreto legge Delrio apre uno scenario completamente nuovo. In particolar modo, considerando la questione della specificità montana e del riconoscimento legislativo contenuto nella legge si apre lo spazio per un nuovo tipo di governance, da sostanziare attraverso nuove attività, ruoli e funzioni. Si tratta di competenze nuove e specifiche per questo territorio, da definire a seguito di accordi con la Regione, ad esempio in tema di rapporti con aree transfrontaliere confinanti. Ricordiamo questo solo per sottolineare la necessità di agire insieme, in rete, secondo logiche di apertura. L’altra faccia della medaglia della specificità montana potrebbe invece essere quella del localismo e dell’isolazionismo, che riteniamo pericolosa. In tutto questo lo Statuto Comunitario per la Valtellina90 continua a giocare un ruolo fondamentale, nel promuovere l’identità locale per pianificare il futuro su basi di qualità.

In questa fase, che si apre per la Provincia di Sondrio, il riferimento allo Statuto è ancora più essenziale per costruire e rafforzare un’identità che deve essere forte all’interno per potersi sostanziare in modo più coeso nei collegamenti verso l’esterno, altrettanto fondamentali. La centralità dello Statuto si evidenzia nel rendere protagonista la «Comunità» valtellinese, chiamata a consolidare un’identità lombarda�europea al fine di non cadere nel localismo. Serve un’identità che deve essere promossa e rafforzata per tutti i cittadini, procedendo con azioni su piani e livelli diversi. Nel cambiamento generato dalla legge Delrio, la specificità montana potrebbe diventare un’opportunità per muoversi in un disegno più ampio di revisione degli enti locali secondo i principi della sussidiarietà e dell’efficienza, senza dimenticare, ma anzi sostenendo e valorizzando i principi condivisi dell’identità locale.

89 E questo vale anche per le città metropolitane. 90 A. QUADRIO CURZIO, Lo Statuto Comunitario per la Valtellina; Attuare la sussidiarietà; ed 2008 e ed.2012; collana SEV.

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Per concludere, ci pare importante che in questa fase si costruisca nel territorio una rappresentanza unitaria tra la Provincia, i Comuni, le istituzioni locali, le associazioni di categoria e tutti gli enti a vario titolo coinvolti che consenta di accompagnare adeguatamente l’attuazione delle legge.

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APPENDICE

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125

Tabella 1A - Le 110 Province italiane

Regione Provincia

Piem

onte

Torino Vercelli Biella Verbano-Cusio-Ossola Novara Cuneo Asti Alessandria

Valle

D’

Aost

a

Valle D’Aosta

Ligu

ria Imperia

Savona Genova La Spezia

Lom

bard

ia

Varese Como Lecco Sondrio Milano Bergamo Brescia Pavia Lodi Cremona Mantova Monza e Brianza

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126

Regione Provincia

Tren

tino

Alto

-Ad

ige Provincia Autonoma Bolzano

Provincia Autonoma Trento Ve

neto

Verona Vicenza Belluno Treviso Venezia Padova Rovigo

Friu

li-Ve

nezi

a G

iulia

Pordenone

Udine

Gorizia

Trieste

Emili

a-Ro

mag

na

Piacenza Parma Reggio nell’Emilia Modena Bologna Ferrara Ravenna Forlì-Cesena Rimini

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127

Regione Provincia

Tosc

ana

Massa-Carrara Lucca Pistoia Firenze Prato Livorno Pisa Arezzo Siena Grosseto

Um

bria

Perugia

Terni

Mar

che

Pesaro E Urbino Ancona Macerata Ascoli Piceno Fermo

Lazi

o

Viterbo Rieti Roma Latina Frosinone

Abru

zzo

L’Aquila Teramo Pescara Chieti

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Regione Provincia

Mol

ise Isernia

Campobasso

Cam

pani

a Caserta Benevento Napoli Avellino Salerno

Pugl

ia

Foggia Bari Taranto Brindisi Lecce Barletta-Andria-Trani

Basi

licat

a

Potenza

Matera

Cala

bria

Cosenza Crotone Catanzaro Vibo Valentia Reggio Di Calabria

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Regione Provincia

Sici

lia

Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa

Sard

egna

Sassari Nuoro Cagliari Oristano Olbia-Tempio Ogliastra Medio Campidano Carbonia-Iglesias

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Tabella 2A - Province, Anno di Istituzione, Popolazione (2011), % popolazione sul totale nazionale, Superficie (Km2), Densità per Km2 e Numero di Comuni.

Provincia Data di

istituzio-ne

Popola-zione (anno 2011)

% su pop. Italia

Superfi-cie (Km2)

Densi-tà per Km2

Nume-ro

Comu-ni

Piem

onte

Torino 1861 2.247.780 3,78% 6.827 329,25 315

Vercelli 1927 176.941 0,30% 2.082 85,00 86

Biella 1992 182.192 0,31% 913 199,49 82

Verbano-Cusio-Ossola 1992 160.264 0,27% 2.261 70,88 77

Novara 1861 365.559 0,62% 1.340 272,75 88

Cuneo 1861 586.378 0,99% 6.895 85,04 250

Asti 1935 217.573 0,37% 1.510 144,07 118

Alessandria 1861 427.229 0,72% 3.559 120,05 190

Totale 4.363.916 7,34% 25.387 171,90 1.206

Valle

D

’Aos

ta

Valle D’Aosta 1948 126.806 0,21% 3.261 38,89 74

Totale 126.806 0,21% 3.261 38,89 74

Ligu

ria

Imperia 1861 214.502 0,36% 1.155 185,75 67

Savona 1927 281.028 0,47% 1.546 181,74 69

Genova 1861 855.834 1,44% 1.834 466,70 67

La Spezia 1861 219.330 0,37% 881 248,86 32

Totale 1.570.694 2,64% 5.416 290,00 235

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131

Lo

mba

rdia

Varese 1927 871.886 1,47% 1.198 727,72 141

Como 1861 586.735 0,99% 1.279 458,73 160

Lecco 1992 336.310 0,57% 815 412,86 90

Sondrio 1861 180.814 0,30% 3.196 56,58 78

Milano 1861 3.038.420 5,11% 1.576 1.928,36 134

Bergamo 1861 1.086.277 1,83% 2.746 395,59 244

Brescia 1861 1.238.044 2,08% 4.786 258,70 206

Pavia 1861 535.822 0,90% 2.969 180,49 190

Lodi 1992 223.755 0,38% 783 285,77 61

Cremona 1861 357.623 0,60% 1.770 201,99 115

Mantova 1868 408.336 0,69% 2.341 174,40 70

Monza e Brianza 2004 840.129 1,41% 405 2.072,28 55

Totale 9.704.151 16,33% 23.864 406,65 1.544

Tren

tino

Alto

-Adi

ge Provincia Aut. Bolzano 1927 504.643 0,85% 7.398 68,21 116

Provincia Aut. Trento 1923 524.832 0,88% 6.207 84,55 217

Totale 1.029.475 1,73% 13.606 75,67 333

Vene

to

Verona 1866 900.542 1,52% 3.096 290,84 98

Vicenza 1866 859.205 1,45% 2.723 315,59 121

Belluno 1866 210.001 0,35% 3.672 57,19 69

Treviso 1866 876.790 1,48% 2.480 353,57 95

Venezia 1866 846.962 1,43% 2.473 342,50 44

Padova 1866 921.361 1,55% 2.144 429,71 104

Rovigo 1866 242.349 0,41% 1.819 133,21 50

Totale 4.857.210 8,17% 18.407 263,87 581

Provincia Data di istituzione

Popolazione (anno 2011)

% su pop. Italia

Superficie (Km2)

Densità per Km2

Numero Comuni

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132

Fr

iuli-

Vene

zia

Giu

lia Pordenone 1968 310.811 0,52% 2.275 136,60 51

Udine 1866 535.430 0,90% 4.907 109,11 136

Gorizia 1927 140.143 0,24% 467 300,00 25

Trieste 1923 232.601 0,39% 213 1.094,56 6

Totale 1.218.985 2,05% 7.862 155,04 218

Emili

a-Ro

mag

na

Piacenza 1861 284.616 0,48% 2.586 110,07 48

Parma 1861 427.434 0,72% 3.447 123,98 47

Reggio nell’Emilia 1861 517.316 0,87% 2.291 225,78 45

Modena 1861 685.777 1,15% 2.688 255,12 47

Bologna 1861 976.243 1,64% 3.702 263,68 60

Ferrara 1861 353.481 0,59% 2.635 134,14 26

Ravenna 1861 384.761 0,65% 1.859 206,92 18

Forlì-Cesena 1861 390.738 0,66% 2.378 164,29 30

Rimini 1992 321.769 0,54% 865 372,04 27

Totale 4.342.135 7,31% 22.453 193,39 348

Tosc

ana

Massa-Carrara 1861 199.650 0,34% 1.155 172,91 17

Lucca 1861 388.327 0,65% 1.773 219,00 35

Pistoia 1927 287.866 0,48% 964 298,58 22

Firenze 1861 973.145 1,64% 3.514 276,96 44

Prato 1992 245.916 0,41% 366 672,42 7

Livorno 1861 335.247 0,56% 1.214 276,22 20

Pisa 1861 411.190 0,69% 2.445 168,20 39

Arezzo 1861 343.676 0,58% 3.233 106,30 39

Siena 1861 266.621 0,45% 3.821 69,78 36

Grosseto 1861 220.564 0,37% 4.503 48,98 28

Totale 3.672.202 6,18% 22.987 159,75 287

Provincia Data di istituzione

Popolazione (anno 2011)

% su pop. Italia

Superficie (Km2)

Densità per Km2

Numero Comuni

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133

Um

bria

Perugia 1861 655.844 1,10% 6.337 103,49 59

Terni 1927 228.424 0,38% 2.127 107,38 33

Totale 884.268 1,49% 8.464 104,47 92

Mar

che

Pesaro E Urbino 1861 362.583 0,61% 2.568 141,21 60

Ancona 1861 473.865 0,80% 1.963 241,37 49

Macerata 1861 319.607 0,54% 2.779 114,99 57

Ascoli Piceno 1861 210.407 0,35% 1.228 171,30 33

Fermo 2004 174.857 0,29% 863 202,67 40

Totale 1.541.319 2,59% 9.401 163,95 239

Lazi

o

Viterbo 1927 312.864 0,53% 3.615 86,54 60

Rieti 1927 155.164 0,26% 2.751 56,41 73

Roma 1870 3.997.465 6,73% 5.363 745,34 121

Latina 1934 544.732 0,92% 2.256 241,44 33

Frosinone 1927 492.661 0,83% 3.247 151,72 91

Totale 5.502.886 9,26% 17.232 319,34 378

Abru

zzo

L’Aquila 1861 298.343 0,50% 5.048 59,11 108

Teramo 1861 306.349 0,52% 1.954 156,75 47

Pescara 1927 314.661 0,53% 1.230 255,75 46

Chieti 1861 387.956 0,65% 2.600 149,24 104

Totale 1.307.309 2,20% 10.832 120,69 305

Mol

ise

Isernia 1970 87.241 0,15% 1.535 56,83 52

Campobasso 1861 226.419 0,38% 2.925 77,40 84

Totale 313.660 0,53% 4.461 70,32 136

Provincia Data di istituzione

Popolazione (anno 2011)

% su pop. Italia

Superficie (Km2)

Densità per Km2

Numero Comuni

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134

Cam

pani

a

Caserta 1921 904.921 1,52% 2.651 341,31 104

Benevento 1861 284.900 0,48% 2.080 136,94 78

Napoli 1861 3.054.956 5,14% 1.179 2.591,29 92

Avellino 1861 429.157 0,72% 2.806 152,94 119

Salerno 1861 1.092.876 1,84% 4.954 220,60 158

Totale 5.766.810 9,70% 13.671 421,83 551

Pugl

ia

Foggia 1861 626.072 1,05% 7.008 89,34 61

Bari 1861 1.247.303 2,10% 3.863 322,89 41

Taranto 1951 584.649 0,98% 2.467 236,95 29

Brindisi 1927 400.801 0,67% 1.861 215,36 20

Lecce 1861 802.018 1,35% 2.799 286,53 97

Barletta-Andria-Trani 2004 391.723 0,66% 1.543 253,88 10

Totale 4.052.566 6,82% 19.541 207,39 258

Basi

licat

a Potenza 1861 377.935 0,64% 6.594 57,31 100

Matera 1927 200.101 0,34% 3.479 57,52 31

Totale 578.036 0,97% 10.073 57,38 131

Cala

bria

Cosenza 1861 714.030 1,20% 6.710 106,42 155

Crotone 1992 170.803 0,29% 1.736 98,41 27

Catanzaro 1861 359.841 0,61% 2.415 148,97 80

Vibo Valentia 1992 163.409 0,27% 1.151 142,02 50

Reggio Di Calabria 1861 550.967 0,93% 3.210 171,62 97

Totale 1.959.050 3,30% 15.222 128,70 409

Provincia Data di istituzione

Popolazione (anno 2011)

% su pop. Italia

Superficie (Km2)

Densità per Km2

Numero Comuni

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135

Si

cilia

Trapani 1861 429.917 0,72% 2.470 174,08 24

Palermo 1861 1.243.585 2,09% 5.009 248,26 82

Messina 1861 649.824 1,09% 3.266 198,96 108

Agrigento 1861 446.837 0,75% 3.053 146,38 43

Caltanissetta 1861 273.099 0,46% 2.138 127,71 22

Enna 1927 173.451 0,29% 2.575 67,37 20

Catania 1861 1.078.766 1,82% 3.574 301,86 58

Ragusa 1927 307.492 0,52% 1.624 189,36 12

Siracusa 1861 399.933 0,67% 2.124 188,28 21

Totale 5.002.904 8,42% 25.832 193,67 390

Sard

egna

Sassari 1861 328.043 0,55% 4.286 76,54 66

Nuoro 1927 159.197 0,27% 3.932 40,49 52

Cagliari 1861 550.580 0,93% 4.570 120,47 71

Oristano 1974 163.916 0,28% 3.034 54,02 88

Olbia-Tempio 2001 150.501 0,25% 3.406 44,18 26

Ogliastra 2001 57.329 0,10% 1.855 30,91 23

Medio Campidano 2001 101.256 0,17% 1.517 66,73 28

Carbonia-Iglesias 2001 128.540 0,22% 1.500 85,71 23

Totale 1.639.362 2,76% 24.100 68,02 377

Media 540.307 0,91% 2.746 258 74

Valore Minimo 57.329 0,10% 213 31 6

Valore Massimo 3.997.465 6,73% 7.398 2.591 315

Provincia Data di istituzione

Popolazione (anno 2011)

% su pop. Italia

Superficie (Km2)

Densità per Km2

Numero Comuni

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136

Tabella 3A - Numero di Comuni per Classe di Popolazione.

Provincia N° comuni

<3000 3001-5000

5001-10000 >10001 Totale

Piem

onte

Torino 206 47 29 33 315 Vercelli 73 5 6 2 86 Biella 70 7 3 2 82 Verbano-Cusio-Ossola 66 6 2 3 77

Novara 67 8 5 8 88 Cuneo 204 22 14 10 250 Asti 108 4 3 3 118 Alessandria 172 8 3 7 190 Totale 966 107 65 68 1.206

Valle

D’

Aost

a Valle D’Aosta 65 8 0 1 74

Totale 65 8 0 1 74

Ligu

ria

Imperia 57 2 3 5 67 Savona 48 4 9 8 69 Genova 41 10 9 7 67 La Spezia 18 3 7 4 32 Totale 164 19 28 24 235

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137

Lo

mba

rdia

Varese 64 28 29 20 141 Como 104 26 25 5 160 Lecco 57 18 9 6 90 Sondrio 59 13 4 2 78 Milano 11 26 38 59 134 Bergamo 119 50 60 15 244 Brescia 92 44 37 33 206 Pavia 150 16 19 5 190 Lodi 43 10 4 4 61 Cremona 87 16 9 3 115 Mantova 32 10 18 10 70 Monza e Brian-za 3 8 18 26 55

Totale 821 265 270 188 1.544

Tren

tino

Al

to-A

dige

Provincia Aut. Bolzano 73 24 12 7 116

Provincia Aut. Trento 188 15 9 5 217

Totale 261 39 21 12 333

Vene

to

Verona 32 20 25 21 98 Vicenza 46 24 29 22 121 Belluno 51 10 6 2 69 Treviso 13 20 35 27 95 Venezia 2 6 10 26 44 Padova 25 25 31 23 104 Rovigo 31 9 3 7 50 Totale 200 114 139 128 581

Provincia N° comuni

<3000 3001-5000

5001-10000 >10001 Totale

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138

Fr

iuli-

Vene

zia

Giu

lia

Pordenone 26 5 10 10 51

Udine 88 17 23 8 136

Gorizia 15 2 5 3 25

Trieste 2 0 2 2 6

Totale 131 24 40 23 218

Emili

a-Ro

mag

na

Piacenza 25 9 10 4 48 Parma 19 8 13 7 47 Reggio Emilia 5 9 18 13 45 Modena 10 9 10 18 47 Bologna 7 11 21 21 60 Ferrara 3 9 6 8 26 Ravenna 3 1 6 8 18 Forlì-Cesena 9 6 7 8 30 Rimini 10 5 5 7 27 Totale 91 67 96 94 348

Tosc

ana

Massa-Carrara 8 3 2 4 17 Lucca 16 4 6 9 35 Pistoia 4 2 8 8 22 Firenze 3 6 10 25 44 Prato 0 1 3 3 7 Livorno 6 5 2 7 20 Pisa 13 6 7 13 39 Arezzo 12 8 10 9 39 Siena 15 4 12 5 36 Grosseto 10 9 5 4 28 Totale 87 48 65 87 287

Provincia N° comuni

<3000 3001-5000

5001-10000 >10001 Totale

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139

Um

bria

Perugia 21 12 11 15 59 Terni 24 4 1 4 33 Totale 45 16 12 19 92

Mar

che

Pesaro E Urbi-no 37 7 12 4 60

Ancona 17 15 7 10 49 Macerata 33 7 6 11 57 Ascoli Piceno 18 6 5 4 33 Fermo 29 4 2 5 40 Totale 134 39 32 34 239

Lazi

o

Viterbo 31 12 12 5 60 Rieti 65 4 2 2 73 Roma 51 9 20 41 121 Latina 7 7 5 14 33 Frosinone 52 16 12 11 91 Totale 206 48 51 73 378

Abru

zzo

L’Aquila 89 8 7 4 108 Teramo 24 4 10 9 47 Pescara 28 7 5 6 46 Chieti 79 11 6 8 104 Totale 220 30 28 27 305

Mol

ise Isernia 48 1 1 2 52

Campobasso 69 7 6 2 84 Totale 117 8 7 4 136

Provincia N° comuni

<3000 3001-5000

5001-10000 >10001 Totale

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140

Cam

pani

a

Caserta 38 10 27 29 104 Benevento 51 17 7 3 78 Napoli 3 7 20 62 92 Avellino 76 25 11 7 119 Salerno 94 14 23 27 158 Totale 262 73 88 128 551

Pugl

ia

Foggia 30 8 10 13 61 Bari 2 0 4 35 41 Taranto 2 3 8 16 29 Brindisi 0 0 6 14 20 Lecce 22 18 33 24 97 Barletta-Andria-Trani 0 0 2 8 10

Totale 56 29 63 110 258

Basi

licat

a Potenza 63 18 12 7 100

Matera 16 2 8 5 31

Totale 79 20 20 12 131

Cala

bria

Cosenza 98 26 17 14 155 Crotone 13 5 5 4 27 Catanzaro 52 19 7 2 80 Vibo Valentia 35 8 6 1 50 Reggio Di Cala-bria 57 14 14 12 97

Totale 255 72 49 33 409

Provincia N° comuni

<3000 3001-5000

5001-10000 >10001 Totale

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141

Sici

lia

Trapani 3 4 5 12 24 Palermo 29 18 16 19 82 Messina 65 21 14 8 108 Agrigento 10 11 10 12 43 Caltanissetta 7 5 3 7 22 Enna 3 4 8 5 20 Catania 3 12 15 28 58 Ragusa 0 2 3 7 12 Siracusa 4 1 4 12 21 Totale 124 78 78 110 390

Sard

egna

Sassari 47 10 4 5 66 Nuoro 42 4 3 3 52 Cagliari 42 9 11 9 71 Oristano 78 6 2 2 88 Olbia-Tempio 14 7 1 4 26 Ogliastra 16 5 1 1 23 Medio Campi-dano 18 1 7 2 28

Carbonia-Iglesias 12 3 5 3 23

Totale 269 45 34 29 377 Media 41,4 10,4 10,8 10,9 73,6

Valore Minimo 0 0 0 1 6 Valore Massimo 206 50 60 62 315

Provincia N° comuni

<3000 3001-5000

5001-10000 >10001 Totale

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142

Tabella 4A - Pil 2010, Pil Procapite 2010 e Tasso di Disoccupazione 2011

Provincia Pil 2010 Pil-Procapite 2010

Tasso di Disoccupazione

2011

Piem

onte

Torino 63.113 28.078 9,2 Vercelli 5.245 29.645 6,3 Biella 5.146 28.245 8,3 Verbano-Cusio-Ossola 3.796 23.684 5,4

Novara 10.127 27.703 7,8 Cuneo 17.904 30.533 3,8 Asti 5.646 25.948 5,7 Alessandria 12.493 29.243 6,7 Totale 123.469 28.293 7,6

Valle

D’

Aost

a Valle D’Aosta 4.440 35.017 5,3

Totale 4.440 35.017 5,3

Ligu

ria

Imperia 5.676 26.460 7,6 Savona 8.065 28.699 4,6 Genova 24.629 28.777 6,9 La Spezia 5.539 25.254 4,7 Totale 43.908 27.955 6,3

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143

Lom

bard

ia

Varese 26.473 30.363 7,7 Como 16.863 28.740 5,4 Lecco 9.978 29.671 5,6 Sondrio 5.642 31.203 7,4 Milano 147.575 48.570 6,0 Bergamo 34.638 31.887 4,1 Brescia 38.883 31.407 5,8 Pavia 15.332 28.613 5,1 Lodi 5.883 26.292 6,1 Cremona 10.813 30.235 5,4 Mantova 13.496 33.051 6,0 Monza e Brian-za n.d. n.d. 5,2

Totale 325.575 33.550 5,8

Tren

tino

Al

to-A

dige

Provincia Aut.Bolzano 18.286 36.235 3,3

Provincia Aut. Trento 15.991 30.469 4,5

Totale 34.277 33.295 3,9

Vene

to

Verona 27.602 30.650 4,5 Vicenza 26.304 30.614 4,6 Belluno 6.483 30.870 4,6 Treviso 25.134 28.666 5,2 Venezia 25.611 30.238 5,4 Padova 27.968 30.355 5,3 Rovigo 6.835 28.203 5,5 Totale 145.935 30.045 5,0

Provincia Pil 2010 Pil-Procapite 2010

Tasso di Disoccupazione

2011

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144

Fr

iuli-

Vene

zia

Giu

-lia

Pordenone 8.846 28.461 5,7 Udine 15.457 28.869 4,9 Gorizia 3.737 26.665 6,4 Trieste 7.383 31.740 4,5 Totale 35.423 29.060 5,2

Emili

a-Ro

mag

na

Piacenza 8.611 30.255 4,9 Parma 14.059 32.892 3,7 Reggio nell’Emilia 15.827 30.595 4,9

Modena 22.827 33.287 5,1 Bologna 33.725 34.546 4,7 Ferrara 10.019 28.343 5,9 Ravenna 11.741 30.516 5,0 Forlì-Cesena 12.656 32.389 7,0 Rimini 9.500 29.525 8,1 Totale 138.965 32.004 5,3

Tosc

ana

Massa-Carrara 4.764 23.861 11,7 Lucca 11.282 29.052 5,8 Pistoia 7.472 25.957 6,3 Firenze 30.484 31.325 6,1 Prato 6.905 28.077 6,7 Livorno 9.230 27.531 6,4 Pisa 11.443 27.828 5,8 Arezzo 9.486 27.602 6,2 Siena 7.688 28.835 6,6 Grosseto 5.957 27.010 6,5 Totale 104.710 28.514 6,5

Provincia Pil 2010 Pil-Procapite 2010

Tasso di Disoccupazione

2011

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145

Um

bria

Perugia 16.272 24.810 7,2 Terni 5.498 24.068 4,5 Totale 21.769 24.618 6,5

Mar

che

Pesaro E Urbino 9.910 27.332 5,5

Ancona 14.064 29.680 6,9 Macerata 8.195 25.640 5,4 Ascoli Piceno 8.901 42.301 10,2 Fermo n.d. n.d. 7,3 Totale 41.070 26.646 6,7

Lazi

o

Viterbo 7.109 22.722 11,2 Rieti 3.638 23.449 8,9 Roma 132.282 33.092 8,5 Latina 13.238 24.303 9,8 Frosinone 11.745 23.840 9,2 Totale 168.013 30.532 8,9

Abru

zzo

L’Aquila 6.490 21.753 8,3 Teramo 6.843 22.336 8,2 Pescara 7.142 22.696 8,8 Chieti 8.476 21.849 8,7 Totale 28.950 22.145 8,5

Mol

ise Isernia 1.745 20.003 8,0

Campobasso 4.851 21.424 10,7 Totale 6.596 21.029 9,9

Provincia Pil 2010 Pil-Procapite 2010

Tasso di Disoccupazione

2011

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146

Cam

pani

a

Caserta 14.578 16.110 13,6 Benevento 4.964 17.423 10,6 Napoli 50.109 16.402 17,8 Avellino 7.834 18.255 13,8 Salerno 20.190 18.474 13,2 Totale 97.675 16.937 15,5

Pugl

ia

Foggia 10.749 17.168 14,4 Bari 29.052 23.292 12,1 Taranto 10.244 17.521 11,1 Brindisi 6.563 16.374 13,0 Lecce 13.877 17.303 15,6 Barletta-Andria-Trani n.d. n.d. 12,3

Totale 70.484 17.392 13,1

Basi

licat

a Potenza 7.129 18.863 10,9 Matera 3.534 17.659 13,9 Totale 10.663 18.446 12,0

Cala

bria

Cosenza 12.445 17.429 12,3 Crotone 2.464 14.424 16,9 Catanzaro 7.002 19.458 11,2 Vibo Valentia 2.487 15.222 13,2 Reggio Di Cala-bria 9.087 16.492 13,1

Totale 33.484 17.092 12,7

Provincia Pil 2010 Pil-Procapite 2010

Tasso di Disoccupazione

2011

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147

Sici

lia

Trapani 6.755 15.713 12,8 Palermo 21.928 17.633 16,0 Messina 11.731 18.053 12,5 Agrigento 6.784 15.182 17,7 Caltanissetta 4.542 16.630 17,1 Enna 2.737 15.781 14,0 Catania 18.187 16.859 12,5 Ragusa 5.506 17.907 12,5 Siracusa 7.254 18.138 15,5 Totale 85.425 17.075 14,4

Sard

egna

Sassari 6.398 19.502 13,9 Nuoro 3.165 19.879 8,6 Cagliari 12.546 22.788 13,2 Oristano 3.024 18.446 15,1 Olbia-Tempio 3.645 24.216 14,7 Ogliastra 1.021 17.810 17,6 Medio Campi-dano 1.514 14.953 13,1

Carbonia-Iglesias 1.905 14.823 14,6

Totale 33.217 20.262 13,5 Media 14.524 25.255 8,7

Valore Minimo 1.021 14.424 3,3 Valore Massimo 147.575 48.570 17,8

Provincia Pil 2010 Pil-Procapite 2010

Tasso di Disoccupazione

2011

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I grafici che seguono (1A – 26A) sono nostre elaborazioni su dati Istat (2011) e banca dati “PubblicaAmministrazione.Stat”. Per ogni indicatore di Bilancio è riportato in ciascun grafico il Valore Minimo, il Valore Massimo, il risultato per Sondrio, il risultato per Belluno e relativa posizione nella classifica nazionale91. Grafico 1A - Grado di autonomia impositiva.

Indicatore Definizione

Grado di autonomia impositiva

ETR / (ETR + ETS + EET) ETR = Entrate da tributi propri o devoluti dallo Stato e somme sostitutive (accertamenti) ETS = Entrate da contributi e assegnazioni dello Stato di parte corrente (accertamenti) EET = Entrate da rendite patrimoniali, utili di enti o aziende regionali (accertamenti)

91 Il simbolo “>” sta ad indicare che più province condividono il risultato minimo. Il numero che segue il simbolo “>” indica da che posizione in classifica si trova questo risultato.

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Grafico 2A - Grado di dipendenza erariale.

Indicatore Definizione

Grado di dipendenza erariale

ETS / (ETR + ETS + EET)ETR = Entrate da tributi propri o devoluti dallo Stato e somme sostitutive (accer-tamenti) ETS = Entrate da contributi e assegnazio-ni dello Stato di parte corrente (accer-tamenti) EET = Entrate da rendite patrimoniali, utili di enti o aziende regionali (accerta-menti)

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Grafico 3A - Grado di finanziamento interno.

Indicatore Definizione

Grado di finanziamento interno

(EET + RC + AP) / ETEET = Entrate da rendite patrimoniali, utili di enti o aziende regionali (accerta-menti) RC = Rimborso di crediti e anticipazioni (accertamenti) AP = Alienazioni di beni e affrancazione di canoni (accertamenti) ET = Entrate totali (accertamenti)

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Grafico 4A - Grado di autonomia finanziaria.

Indicatore Definizione

Grado di autonomia finanziaria

(ETR + EET) / ETETR = Entrate da tributi propri o devoluti dallo Stato e somme sostitutive (accer-tamenti) EET = Entrate da rendite patrimoniali, utili di enti o aziende regionali (accerta-menti) ET = Entrate totali (accertamenti)

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Grafico 5A - Rigidità della spesa.

Indicatore Definizione

Rigidità della spesa

(SP + SPQ + RP) / (ETR + ETS + EET)SP = Spese correnti per il personale (impe-gni) SPQ = Spese correnti per il personale in quiescenza (impegni) RP = Spese per rimborso di mutui e prestiti (impegni) ETR = Entrate da tributi propri o devoluti dallo Stato e somme sostitutive (accerta-menti) ETS = Entrate da contributi e assegnazioni dello Stato di parte corrente (accertamenti) EET = Entrate da rendite patrimoniali, utili di enti o aziende regionali (accertamenti)

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Grafico 6A - Incidenza delle spese per personale sulle spese correnti.

Indicatore Definizione

Incidenza spese personale su spese correnti

(SP + SPQ) / SC SP = Spese correnti per il personale (im-pegni) SPQ = Spese correnti per il personale in quiescenza (impegni) SC = Spese correnti (impegni)

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Grafico 7A - Grado di dipendenza da finanziamento esterno.

Indicatore Definizione

Grado di dipendenza da finan-ziamento esterno

EP / ETEP = Entrate da accensione di mutui, prestiti e altre operazioni creditizie (accertamenti) ET = Entrate totali (accertamenti)

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Grafico 8A - Incidenza delle spese per personale sulle entrate correnti.

Indicatore Definizione

Incidenza spese personale su entrate correnti

SP / (ETR + ETS + EET)SP = Spese correnti per il personale (im-pegni) ETR = Entrate tributarie (accertamenti) ETS = Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti (accertamenti) EET = Entrate extratributarie (accerta-menti)

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Grafico 9A - Incidenza delle spese per rimborso prestiti sulle entrate correnti.

Indicatore Definizione

Incidenza spese per rimborso prestiti su entrate correnti

RP / (ETR + ETS + EET)RP = Spese per rimborso di prestiti (im-pegni) ETR = Entrate tributarie (accertamenti) ETS = Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti (accertamenti) EET = Entrate extratributarie (accerta-menti)

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Grafico 10A - Indice di consistenza iniziale dei residui passivi.

Indicatore Definizione

Indice di consistenza iniziale dei residui passivi

RPI / STRPI = Residui passivi iniziali ST = Spese totali (impegni)

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Grafico 11A - Indice di consistenza finale dei residui passivi.

Indicatore Definizione

Indice di consistenza finale dei residui passivi

RPF / STRPF = Residui passivi finali ST = Spese totali (impegni)

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Grafico 12A - Grado di copertura delle spese correnti e dei rimborsi prestiti con entrate correnti.

Indicatore Definizione

Grado di copertura delle spe-se correnti e dei rimborsi pre-stiti con entrate correnti

(ETR + ETS + EET) / (SC + RMP + RPO + RDP) ETR = Entrate tributarie (accertamenti) ETS = Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti (accertamenti) EET = Entrate extratributarie (accerta-menti) SC = Spese correnti (impegni) RMP = Rimborso di quota capitale di mu-tui e prestiti (impegni) RPO = Rimborso di prestiti obbligazionari (impegni) RDP = Rimborso di quota capitale di de-biti pluriennali (impegni)

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Grafico 13A - Incidenza delle spese in conto capitale finanziate tramite mutui e prestiti obbligazionari.

Indicatore Definizione

Incidenza delle spese in conto capitale finanziate tramite mutui e prestiti obbligazionari

(EMP + EBOC) / SCCEMP = Assunzioni di mutui e prestiti (ac-certamenti) EBOC = Emissioni di prestiti obbligazio-nari (accertamenti) SCC = Spese in c/capitale (impegni)

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Grafico 14A - Capacità di riscossione.

Indicatore Definizione

Capacità di riscossione

ETcc / ETETcc = Entrate totali (riscossioni in c/competenza) ET = Entrate totali (accertamenti)

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Grafico 15A - Capacità di spesa.

Indicatore Definizione

Capacità di spesa

STcc / STSTcc = Spese totali (pagamenti in c/competenza) ST = Spese totali (impegni)

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Grafico 16A - Indice di accumulazione dei residui passivi.

Indicatore Definizione

Indice di accumulazione dei residui passivi

RPC / RPIRPC = Residui passivi provenienti dalla gestione di competenza RPI = Residui passivi iniziali

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Grafico 17A - Indice di smaltimento dei residui passivi.

Indicatore Definizione

Indice di smaltimento dei residui passivi

RPP / RPIRPP = Residui passivi pagati RPI = Residui passivi iniziali

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Grafico 18A - Avanzo (o disavanzo) di amministrazione in relazione alle entrate correnti.

Indicatore Definizione

Avanzo (disavanzo) di amministrazione in relazione alle entrate correnti

RA / (ETR + ETS + EET)RA = Risultato di amministrazione ETR = Entrate tributarie (accertamenti) ETS = Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti (accertamenti) EET = Entrate extratributarie (accerta-menti)

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Grafico 19A - Debiti fuori bilancio su entrate correnti.

Indicatore Definizione

Debiti fuori bilancio su entrate correnti

DFB / (ETR + ETS + EET)DFB = Debiti fuori bilancio (importi rico-nosciuti e finanziati nell’esercizio) ETR = Entrate tributarie (accertamenti) ETS = Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti (accertamenti) EET = Entrate extratributarie (accerta-menti)

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Grafico 20A - Rapporto tra i debiti di finanziamento finali e iniziali.

Indicatore Definizione

Rapporto tra i debiti di finanziamento finali e iniziali

DFF / DFIDFF = Debiti di finanziamento (consisten-za finale) DFI = Debiti di finanziamento (consisten-za iniziale)

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Grafico 21A - Trasferimenti correnti su spese correnti.

Indicatore Definizione

Trasferimenti correnti / spese correnti

TR / SCTR = Trasferimenti correnti (impegni) SC = Spese correnti (impegni)

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Grafico 22A - Trasferimenti in conto capitale su spese in conto capitale.

Indicatore Definizione

Trasferimenti in conto capitale su spese in conto capitale

TRCC / SCCTRCC = Trasferimenti di capitale in c/capitale (impegni) SCC = Spese in c/capitale (impegni)

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Grafico 23A - Flussi finanziari per unità di spese per il personale.

Indicatore Definizione

Flussi finanziari per unità di spesa per il personale

(ET + ST) / SP ET = Entrate totali (accertamenti) ST = Spese totali (impegni) SP = Spese correnti per il personale (im-pegni)

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Grafico 24A - Alienazione beni patrimoniali su spese correnti (valori percentuali).

Indicatore Definizione

Alienazione beni patrimoniali / spese correnti

AP / SC * 100 AP = Alienazione beni patrimoniali (ac-certamenti) SC = Spese correnti (impegni)

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Grafico 25A - Smaltimento su accumulazione dei residui passivi.

Indicatore Definizione

Smaltimento / accumulazione dei residui passivi

RPP / RPCRPP = Residui passivi pagati RPC = Residui passivi provenienti dalla gestione di competenza

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Grafico 26A - Spese esterne per unità di risorse finanziarie.

Indicatore Definizione

Spese esterne per unità di risorse finanziarie

(SC + SCC - SCagc - SCCagc) / ETSC = Spese correnti (impegni) SCC = Spese in c/capitale (impegni) SCagc = Spese correnti per amministra-zione gestione controllo (impegni) SCCagc = Spese in c/capitale per ammini-strazione gestione controllo (impegni) ET = Entrate totali (accertamenti)

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I grafici che seguono (27A � 37A) sono nostre elaborazioni su dati Istat (2011) e Istituto Guglielmo Tagliacarne. Per ogni indicatore è riportato, in ciascun grafico, il Valore Minimo, il Valore Massimo, il risultato per Sondrio, il risultato per Belluno e relativa posizione nella classifica nazionale. Grafico 27A - Popolazione residente alla data del Censimento 2011 (9 ottobre 2011).

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Grafico 28A - Superficie provinciale (Km2).

Grafico 29A - Densità abitativa per provincia (Ab/Km2).

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Grafico 30A - Prodotto Interno Lordo nell’anno 2010.

Grafico 31A - Prodotto Interno Lordo Procapite nell’anno 2010.

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Grafico 32A - Tasso di disoccupazione nell’anno 2011.

Grafico 33A - Numero totale di Comuni.

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Grafico 34A - Numero di Comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti.

Grafico 35A - Numero di Comuni con popolazione compresa tra i 3.001 e i 5.000 abitanti.

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Grafico 36A - Numero di Comuni con popolazione compresa tra i 5.001 e i 10.000 abitanti.

Grafico 37A - Numero di Comuni con popolazione superiore ai 10.001 abitanti.

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Tabella 5A - Popolazione per zona altimetrica di montagna. Anno 2011. Fonte: Istituto Guglielmo Tagliacarne

Provincia/Area Montagna Collina Pianura Belluno 210.001 0 0 Bolzano 504.643 0 0 Cuneo 98.737 224.243 263.398 Sondrio 180.814 0 0 Trento 524.832 0 0 Valle d’Aosta 126.806 0 0 Verbania 159.718 156 0 Area Vasta 1.646.379 383.961 263.398 Nord Italia 4.089.098 6.585.454 16.538.820 Italia 7.468.031 23.281.383 28.684.330

Tabella 6A - Accertamenti di Competenza del Titolo I-II e III in Provincia di Sondrio. Anni 2010-2012. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Sondrio (2010-2012)

Sondrio Accertamenti di Competenza

2010 2011 2012 Var. % 2010-2012

Titolo I – Entrate tributarie 16.137.457,1 16.197.905,3 23.971.622,5 48,55%

Titolo II – Entrate da trasferimenti 15.652.712,7 14.494.162,6 4.943.253,6 -68,42%

Titolo III – Entrate extratributarie 4.886.632,9 6.094.938,4 6.558.127,8 34,21%

Totale 36.676.802,6 36.787.006,3 35.473.003,9 -3,28%

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Tabella 7A - Andamento delle Entrate Titolo I-II e III in Provincia di Sondrio. Anni 2010-2012. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Sondrio (2010-2012)

Andamento entrate nel periodo 2010-2012

accertamenti di competenza; Euro

2010 2011 2012 Var. 2010/2012

Titolo I (imposte e tasse) 16.137.457,1 16.197.905,3 23.971.622,5 48,5%

Imposta provinciale di tras. 4.045.346,8 4.603.799,8 5.395.053,8 33,4%

Imposta assicurazione RCA 6.035.887,8 6.443.124,6 6.691.745,6 10,9%

Compartecipazione Irpef 3.003.950,7 2.030.969,8 0,0 -100,0%

Addizionale energia elettrica 2.234.599,4 2.507.424,0 0,0 -100,0% Compartecipazione alla tassa automobilistica regionale

9.339.045,3 -

Tributo tutela protezione e ig. Am. 773.388,0 564.866,4 803.045,4 3,8% Tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbl.

44.284,4 47.720,8 44.804,5 1,2%

Altre entrate proprio (fondo sperimentale di riequilibrio)

1.697.928,0 -

Titolo II (trasferimenti) 15.652.712,7 14.494.162,6 4.943.253,6 -68,4% Contributi e trasferimenti correnti dallo Stato

1.812.102,7 346.061,2 484.907,8 -73,2%

Contributi e trasferimenti correnti dalla Regione

12.166.981,5 13.002.677,6 4.130.802,7 -66,0%

Contributi e trasferimenti dalla Regione per fun .delegate

787.348,9 723.325,8 49.324,1 -93,7%

Contributi e trasferimenti correnti da altri enti del settore pub.

886.279,6 422.098,0 278.219,1 -68,6%

Titolo III (entrate extratributarie) 4.886.632,9 6.094.938,4 6.558.127,8 34,2%

Proventi dei servizi pubblici 305.572,3 447.333,2 539.404,4 76,5%

Proventi dei beni dell’ente 966.613,5 651.920,8 725.825,2 -24,9%

Interessi su anticipazione crediti 75.488,4 77.788,6 86.592,4 14,7%

Proventi diversi 3.538.958,7 4.917.895,9 5.206.305,9 47,1% Totale (I+II+III) 36.676.802,6 36.787.006,3 35.473.003,9 -3,3%

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Tabella 8A - Confronto Italia – Sondrio per le Entrate Procapite del Titolo I-II e III. Anni 2010-2012. Fonte: nostra elaborazione su Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Sondrio (2010-2012) e Corte dei Conti, Audizione sul D.D.L. Città metropolitane, Province, Unioni e fusioni di comuni A.C. 1542 6 novembre 2013

Tabella 9A - Impegni in Conto Competenza in Provincia di Sondrio. Anni 2010-2012. Titolo I. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Sondrio (2010-2012)

Sondrio – Titolo I

Impegni in conto competenza

2010 2011 2012 Variazione

% 2010-2012

Funzione 1 – Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo

5.978.331,7 5.323.340,7 4.924.386,3 -17,6%

Funzione 2 – Istruzione pubblica 4.810.437,6 3.520.317,5 4.266.404,3 -11,3%

Funzione 3 - Cultura e beni culturali 754.533,9 948.366,1 1.023.892,7 35,7% Funzione 4 – Settore turistico, sportivo e ricreativo 3.053.005,2 2.665.908,3 1.716.597,0 -43,8%

Funzione 5 - Trasporti 7.589.134,1 6.888.174,2 7.189.654,2 -5,3%

Funzione 6 - Gestione del territorio 4.327.881,2 4.222.280,1 3.928.741,7 -9,2%

Funzione 7 – Tutela ambientale 2.610.155,4 4.087.682,7 4.126.055,5 58,1%

Funzione 8 - Settore sociale 927.390,3 842.654,7 1.266.285,0 36,5%

Funzione 9 – Sviluppo economico 2.527.207,2 2.887.974,7 2.769.068,0 9,6%

Totale 32.578.076,4 31.386.698,9 31.211.084,6 -4,2%

2010 2011 2012

Italia Sondrio Italia Sondrio Italia Sondrio

Totale 168,2 200,2 167,9 203,5 160,7 195,9 Titolo I - Entrate tributarie 81,9 88,1 90,5 89,6 89,4 132,4

Titolo II - Entrate da trasferimenti 73,5 85,5 64,7 80,2 56,7 27,3

Titolo III - Entrate extratributarie 12,8 26,7 12,7 33,7 14,6 36,2

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183

Tabella 10A - Confronto Italia – Sondrio per le Spese Procapite del Titolo I. Anni 2010-2012. Fonte: nostra elaborazione su Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Sondrio (2010-2012) e Corte dei Conti, Audizione sul D.D.L. Città metropolitane, Province, Unioni e fusioni di comuni A.C. 1542 6 novembre 2013

2010 2011 2012

Italia Sondrio Italia Sondrio Italia Sondrio

Totale 154,0 177,9 148,0 173,6 138,1 172,3 Funzione 1 – Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo

40,3 32,6 39,9 29,4 37,3 27,2

Funzione 2 – Istruzione pubblica 29,2 26,3 28,2 19,5 27,1 23,6

Funzione 3 - Cultura e beni culturali 3,5 4,1 3,1 5,2 2,4 5,7

Funzione 4 – Settore turistico, sportivo e ricreativo

3,3 16,7 2,8 14,7 2,2 9,5

Funzione 5 - Trasporti 24,8 41,4 23,6 38,1 23,2 39,7

Funzione 6 - Gestione del territorio 17,3 23,6 16,9 23,4 16,1 21,7

Funzione 7 – Tutela ambientale 13,1 14,3 13,1 22,6 11,9 22,8

Funzione 8 - Settore sociale 4,4 5,1 4,3 4,7 3,8 7,0

Funzione 9 – Sviluppo economico 18,2 13,8 16,1 16,0 14,1 15,3

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184

Tabella 11A - Accertamenti di Competenza del Titolo I-II e III in Provincia di Belluno. Anni 2010-2012. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Belluno (2010-2012)

Belluno Accertamenti di Competenza

2010 2011 2012 Var. % 2010-2012

Titolo I – Entrate tributarie

19.428.946,1 21.372.531,9 27.271.185,8 40,4%

Titolo II -Entrate da trasferimenti

42.314.557,1 28.353.003,3 14.876.819,6 -64,8%

Titolo III -Entrate extratributarie

14.641.029,1 16.730.963,2 16.875.019,2 15,3%

Totale Entrate 76.384.532,3 66.456.498,4 59.023.024,6 -22,7%

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185

Tabella 12A - Andamento delle Entrate Titolo I-II e III in Provincia di Belluno. Anni 2010-2012. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Belluno (2010-2012)

Andamento entrate nel periodo 2010-2012

accertamenti di competenza; Euro

2010 2011 2012Var.

2010/2012Titolo I (imposte e tasse) 19.428.946,1 21.372.531,9 27.271.185,8 40,4%

Imposta provinciale di tras. 3.791.511,1 3.980.699,0 4.718.627,6 24,5%

Imposta assicurazione RCA 5.864.323,1 7.545.150,8 7.787.913,4 32,8%

Compartecipazione Irpef 5.317.233,1 5.269.304,8 0,0 -100,0%

Addizionale energia elettrica 3.192.819,9 3.549.121,5 450.901,1 -85,9% Compartecipazione alla tassa automobilistica regionale

Tributo tutela protezione e ig. Am. 1.261.375,1 1.026.923,2 1.401.906,5 11,1% Tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbl.

0,0 0,0 0,0 -

Altre entrate proprio (fondo sperimentale di riequilibrio)

1.683,79 1.332,57 12.911.837,1 766731,8%

Titolo II (trasferimenti) 42.314.557,1 28.353.003,3 14.876.819,6 -64,8% Contributi e trasferimenti correnti dallo Stato

19.147.657,5 10.574.427,4 381.507,3 -98,0%

Contributi e trasferimenti correnti dalla Regione

20.315.051,1 15.915.940,8 12.705.691,0 -37,5%

Contributi e trasferimenti dalla Regione per fun. delegate

1.169.350,5 1.343.098,2 548.471,1 -53,1%

Contributi e trasferimenti da parte di organ. comunitari e internazionali

842.435,0 251.357,0 1.063.508,0 26,2%

Contributi e trasferimenti correnti da altri enti del settore pub.

840.063,1 268.179,8 177.642,2 -78,9%

Titolo III (entrate extratributarie) 14.641.029,1 16.730.963,2 16.875.019,2 15,3%

Proventi dei servizi pubblici 1.185.382,0 997.759,0 1.294.064,4 9,2%

Proventi dei beni dell’ente 12.269.096,0 14.672.360,4 14.053.416,0 14,5%

Interessi su anticipazione crediti 145.098,7 203.471,5 253.884,5 75,0%

Proventi diversi 1.041.452,4 857.372,3 1.273.654,2 22,3% Totale (I+II+III) 76.384.532,3 66.456.498,4 59.023.024,6 -22,7%

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Tabella 13A - Confronto Belluno – Sondrio per le Entrate Procapite del Titolo I-II e III. Anni 2010-2012. Fonte: nostra elaborazione su Conti del Bilancio delle Amministrazioni Provinciali di Sondrio e Belluno (2010-2012)

2010 2011 2012

Belluno Sondrio Belluno Sondrio Belluno Sondrio

Totale 357,8 200,2 316,9 203,5 281,9 195,9 Titolo I - Entrate tributarie 91,0 88,1 101,9 89,6 130,3 132,4

Titolo II - Entrate da trasferimenti 198,2 85,5 135,2 80,2 71,1 27,3

Titolo III - Entrate extratributarie 68,6 26,7 79,8 33,7 80,6 36,2

Tabella 14A - Andamento delle Entrate Titolo IV in Provincia di Sondrio. Anni 2010-2012. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Sondrio (2010-2012)

Andamento entrate nel periodo 2010-2012 accertamenti di competenza; Euro

2010 2011 2012 Var. % 2010-2012

Titolo IV 30.949.817,0 16.756.082,4 28.136.836,4 -9,1% Alienazione di beni patrimoniali

16.620,0 27.258,1 107.200,0 545,0%

Trasferimenti di capitale dallo Stato

206.500,0 40.000,0 0,0 -100,0%

Trasferimenti di capitale dalla Regione

24.659.016,9 15.283.925,2 21.726.133,4 -11,9%

Trasferimenti di capitale da altri enti del settore pubblico

500.000,0 500.000,0 1.394.176,0 178,8%

Trasferimenti di capitale da altri soggetti

173.541,4 124.208,0 4.909.326,9 2728,9%

Riscossione di crediti 5.394.138,6 780.691,0 0,0 -100,0% Media Titolo IV sul triennio 2010-2012

25.280.911,9

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187

Tabella 15A - Andamento delle Entrate Titolo IV in Provincia di Belluno. Anni 2010-2012. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Bel-luno (2010-2012)

Andamento entrate nel periodo 2010-2012

accertamenti di competenza; Euro

2010 2011 2012 Var. % 2010-2012

Titolo IV 3.391.037,0 2.408.339,4 3.759.102,1 10,9% Alienazione di beni patrimoniali

319.875,0 1.200,0 55.424,1 -82,7%

Trasferimenti di capitale dallo Stato

0,0 0,0 0,0 -

Trasferimenti di capitale dalla Regione

2.161.162,0 907.139,4 3.553.678,0 64,4%

Trasferimenti di capitale da altri enti del settore pubblico

10.000,0 1.500.000,0 0,0 -100,0%

Trasferimenti di capitale da altri soggetti

900.000,0 0,0 150.000,0 -83,3%

Riscossione di crediti 0,0 0,0 0,0 - Media Titolo IV sul triennio 2010-2012

3.186.159,5

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Tabella 16A - Riepilogo generale delle Entrate per la Provincia di Sondrio. Anni 2010-2012. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Sondrio (2010-2012)

Sondrio Accertamenti di Competenza

2010 2011 2012 Var. % 2010-2012

Titolo I - Entrate tributarie 16.137.457,1 16.197.905,3 23.971.622,5 48,5% Titolo II -Entrate da trasferimenti 15.652.712,7 14.494.162,6 4.943.253,6 -68,4%

Titolo III -Entrate extratributarie 4.886.632,9 6.094.938,4 6.558.127,8 34,2%

Titolo IV - Entrate deri-vanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossione di crediti

30.949.817,0 16.756.082,4 28.136.836,4 -9,1%

Titolo V - Entrate derivan-ti da accensioni di prestiti - - - -

Titolo VI - Entrate da servizi per conto di terzi 5.219.086,6 5.653.950,4 5.290.860,5 1,4%

Totale 72.845.706,3 59.197.039,1 68.900.700,8 -5,4%

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Tabella 17A - Riepilogo generale delle Entrate per la Provincia di Belluno. Anni 2010-2012. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Belluno (2010-2012)

Belluno Accertamenti di Competenza

2010 2011 2012 Var. % 2010-2012

Titolo I - Entrate tributarie 19.428.946,05 21.372.531,93 27.271.185,76 40,4%

Titolo II -Entrate da trasferimenti 42.314.557,10 28.353.003,26 14.876.819,61 -64,8%

Titolo III -Entrate extratributarie 14.641.029,13 16.730.963,20 16.875.019,23 15,3%

Titolo IV - Entrate deri-vanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossione di crediti

3.391.037,00 2.408.339,39 3.759.102,10 10,9%

Titolo V - Entrate derivan-ti da accensioni di prestiti 6.429.184,00 1.162.356,00 303.423,73 -

Titolo VI - Entrate da servizi per conto di terzi 7.071.041,27 6.393.381,68 6.376.287,48 -9,8%

Totale 93.275.794,55 76.420.575,46 69.461.837,91 -25,5%

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Tabella 18A - Impegni in Conto Competenza in Provincia di Belluno. Anni 2010-2012. Titolo I. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Belluno (2010-2012)

Belluno – Titolo I Impegni in conto competenza

2010 2011 2012 Var. % 2010-2012

Funzione 1 – Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo

18.191.165,1 10.392.749,0 8.286.835,7 -54,4%

Funzione 2 – Istruzione pubblica 2.260.120,3 1.956.218,6 1.712.538,7 -24,2%

Funzione 3 - Cultura e beni culturali 1.428.337,1 936.188,8 545.791,1 -61,8%

Funzione 4 – Settore turistico, sportivo e ricreativo 3.269.093,0 2.423.365,3 1.374.437,8 -58,0%

Funzione 5 - Trasporti 13.176.305,3 11.354.020,7 12.241.035,9 -7,1% Funzione 6 - Gestione del territorio 17.123.633,3 14.956.236,5 15.225.418,9 -11,1%

Funzione 7 – Tutela ambientale 1.947.546,4 1.480.312,8 3.821.215,8 96,2%

Funzione 8 - Settore sociale 496.780,5 524.924,3 748.438,5 50,7% Funzione 9 – Sviluppo economico 4.451.751,4 1.468.870,9 1.828.024,6 -58,9%

Totale 62.344.732,5 45.492.886,8 45.783.736,9 -26,6%

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Tabella 19A - Confronto Belluno – Sondrio per le Spese Procapite del Titolo I. Anni 2010-2012. Fonte: nostra elaborazione su Conti del Bilancio delle Amministrazioni Provinciali di Sondrio e Belluno (2010-2012)

2010 2011 2012

Belluno Sondrio Belluno Sondrio Belluno Sondrio

Totale 292,0 177,9 216,9 173,6 218,7 172,3 Funzione 1 – Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo

85,2 32,6 49,6 29,4 39,6 27,2

Funzione 2 – Istruzione pubblica 10,6 26,3 9,3 19,5 8,2 23,6

Funzione 3 - Cultura e beni culturali 6,7 4,1 4,5 5,2 2,6 5,7

Funzione 4 – Settore turistico, sportivo e ricreativo 15,3 16,7 11,6 14,7 6,6 9,5

Funzione 5 - Trasporti 61,7 41,4 54,1 38,1 58,5 39,7

Funzione 6 - Gestione del territorio 80,2 23,6 71,3 23,4 72,7 21,7

Funzione 7 – Tutela ambientale 9,1 14,3 7,1 22,6 18,3 22,8

Funzione 8 - Settore sociale 2,3 5,1 2,5 4,7 3,6 7,0

Funzione 9 – Sviluppo economico 20,9 13,8 7,0 16,0 8,7 15,3

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Tabella 20A - Impegni in Conto Competenza in Provincia di Sondrio. Anni 2010-2012. Titolo II. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Sondrio (2010-2012)

Sondrio - Titolo II Impegni in conto competenza

2010 2011 2012 Var. % 2010/2012

Funzione 1 - Funzioni generali di amministrazione, di gestione di controllo

1.146.500,0 788.500,0 240.300,0 -79,0%

Funzione 2 - Istruzione pubblica 1.758.510,7 975.000,0 499.999,6 -71,6%

Funzione 3 - Cultura e beni culturali 5.722.639,0 780.691,0 619.574,3 -89,2%

Funzione 4 - Settore turistico, sportivo e ricreativo 644.320,0 374.586,0 539.598,0 -16,3%

Funzione 5 - Trasporti 0,0 135.000,0 291.667,6 -

Funzione 6 - Gestione del territorio 10.610.698,3 6.878.858,7 8.042.034,0 -24,2%

Funzione 7 - Tutela ambientale 4.488.991,8 5.437.990,6 13.371.679,1 197,9%

Funzione 8 -Settore sociale 0,0 0,0 0,0 -

Funzione 9 – Sviluppo economico 9.880.960,6 1.536.924,1 6.417.354,9 -35,1%

Totale 34.252.620,3 16.907.550,3 30.022.207,4 -12,4%

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Tabella 21A - Impegni in Conto Competenza in Provincia di Belluno. Anni 2010-2012. Titolo II. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Belluno (2010-2012)

Belluno - Titolo II Impegni in conto competenza

2010 2011 2012 Var. % 2010/2012

Funzione 1 - Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo

10.959.455,6 15.782.649,9 210.200,1 -98,1%

Funzione 2 - Istruzione pubblica 2.360.362,1 195.582,0 651.190,0 -72,4%

Funzione 3 - Cultura e beni culturali 17.661,0 2.800,0 8.651,0 -51,0% Funzione 4 - Settore turistico, sportivo e ricreativo 55.500,0 0,0 93.150,0 67,8%

Funzione 5 - Trasporti 19.343,6 525.000,0 2.250.000,0 11531,8%

Funzione 6 - Gestione del territorio 7.368.401,1 2.435.072,5 5.210.629,6 -29,3%

Funzione 7 - Tutela ambientale 917.851,3 2.502.594,4 9.460.897,0 930,8%

Funzione 8 -Settore sociale 63.751,0 1.500,0 0,0 -100,0%

Funzione 9 - Sviluppo economico 31.999,7 36.000,0 7.000,0 -78,1%

Totale 21.794.325,3 21.481.198,7 17.891.717,7 -17,9%

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Tabella 22A - Confronto Belluno – Sondrio per le Spese Procapite del Titolo II. Anni 2010-2012. Fonte: nostra elaborazione su Conti del Bilancio delle Amministrazioni Provinciali di Sondrio e Belluno (2010-2012)

Titolo II 2010 2011 2012

Belluno Sondrio Belluno Sondrio Belluno Sondrio

Totale 102,1 187,0 102,4 93,5 85,5 165,8 Funzione 1 - Funzioni gene-rali di amministrazione, di gestione e di controllo

51,3 6,3 75,3 4,4 1,0 1,3

Funzione 2 - Istruzione pubblica 11,1 9,6 0,9 5,4 3,1 2,8

Funzione 3 - Cultura e beni culturali 0,1 31,2 0,0 4,3 0,0 3,4

Funzione 4 – Settore turistico, sportivo e ricreativo

0,3 3,5 0,0 2,1 0,4 3,0

Funzione 5 - Trasporti 0,1 0,0 2,5 0,7 10,7 1,6 Funzione 6 - Gestione del territorio 34,5 57,9 11,6 38,0 24,9 44,4

Funzione 7 - Tutela ambientale 4,3 24,5 11,9 30,1 45,2 73,8

Funzione 8 -Settore sociale 0,3 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 Funzione 9 - Sviluppo economico 0,1 53,9 0,2 8,5 0,0 35,4

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Tabella 23A - Riepilogo generale delle Uscite per la Provincia di Sondrio. Anni 2010-2012. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Sondrio (2010-2012)

Impegni in conto competenza

2010 2011 2012 Var. % 2010/2012

Titolo I - Spese Correnti 32.578.076,42 31.386.698,87 31.211.084,58 -4,2% Titolo II - Spese in Conto Capitale 34.252.620,31 16.907.550,32 30.022.207,43 -12,4%

Titolo III - Spese per il rimborso di prestiti 5.553.263,43 5.013.463,35 6.341.507,30 14,2%

Titolo IV - Spese per servizi per conto terzi 5.219.086,62 5.653.950,41 5.290.860,51 1,4%

Totale 77.603.046,78 58.961.662,95 72.865.659,82 -6,1%

Tabella 24A - Riepilogo generale delle Uscite per la Provincia di Belluno. Anni 2010-2012. Fonte: Conto del Bilancio dell’Amministrazione Provinciale di Bel-luno (2010-2012)

Impegni in conto competenza

2010 2011 2012 Var. % 2010/2012

Titolo I - Spese Correnti 62.344.732,49 45.492.886,82 45.783.736,94 -26,6% Titolo II - Spese in Conto Capitale 21.794.325,32 21.481.198,70 17.891.717,65 -17,9%

Titolo III - Spese per il rimborso di prestiti 2.199.927,71 2.396.123,93 2.600.892,69 18,2%

Titolo IV - Spese per servizi per conto terzi 7.071.041,27 6.393.381,68 6.376.287,48 -9,8%

Totale 93.410.026,79 75.763.591,13 72.652.634,76 -22,2%

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Tabella 25A - Confronto Belluno – Sondrio per le Spese Procapite Totali. Anni 2010-2012. Fonte: nostra elaborazione su Conti del Bilancio delle Amministrazioni Provinciali di Sondrio e Belluno (2010-2012)

2010 2011 2012

Belluno Sondrio Belluno Sondrio Belluno Sondrio

Totale 437,57 423,67 361,26 326,09 347,02 402,35 Titolo I - Spese Correnti 292,05 177,86 216,92 173,59 218,68 172,34

Titolo II - Spese in Conto Capitale 102,09 187,00 102,43 93,51 85,46 165,78

Titolo III - Spese per il rimborso di prestiti 10,31 30,32 11,43 27,73 12,42 35,02

Titolo IV - Spese per servizi per conto terzi 33,12 28,49 30,49 31,27 30,46 29,21

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197

Riquadro 1A - Personale, Costo medio, Costo Procapite e Incidenza sulle spese correnti del Personale della Provincia di Sondrio. Fonte: “Parere dell’Organo di Revisione dei Conti al Rendiconto della Gestione per l’Esercizio 2012 e documenti allegati”

Personale al 31/12 2011 2012Segretario Generale 1 1Dirigenti 5 5Lavoratori a Tempo Indeterminato 190 188Lavoratori flessibili 3 3Totale Dipendenti (C) 199 197Costo Medio Personale == A/C (*) 41.944,04 39.996,50Costo Personale pro-capite (A/popolazione) 50,5 48,22Incidenza sulle Spese Correnti (A/spese corren-ti) 29,4 27,94

(*) N.B.: 21 dipendenti sono stati trasferiti al CFP in data 31 dicembre 2010 e il relativo costo è una componente del costo complessivo, pertanto il costo del per-sonale è stato diviso per n. 218 dipendenti.

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198

Riquadro 2A - Gestione di Competenza, Gestione dei Residui e Riepilogo di Gestione della Provincia di Sondrio. Fonte: “Parere dell’Organo di Revisione dei Conti al Rendiconto della Gestione per l’Esercizio 2012 e documenti allegati” Gestione di Competenza

Totale accertamenti di Competenza + 68.900.700,81

Totale impegni di competenza - 72.865.659,82

SALDO GESTIONE COMPETENZA - 3.964.959,01 Gestione dei Residui

Maggiori residui attivi riaccertati + 177.929,24

Minori residui attivi riaccertati - 1.058.114,21

Minori residui passivi riaccertati + 2.351.252,53

SALDO GESTIONE RESIDUI + 1.471.067,28 Riepilogo

SALDO GESTIONE COMPETENZA - 3.964.959,01

SALDO GESTIONE RESIDUI + 1.471.067,28

AVANZO ESERCIZI PRECEDENTI APPLICATO + 5.717.247,56

AVANZO ESERCIZI PRECEDENTI NON APPLICATO +

AVANZO DI AMMINISTRAZIONE AL 31 DICEMBRE + 3.223.355,83

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199

Tabella 26A - I «costi della Politica» della Provincia di Sondrio in migliaia di Euro. Anni 2009-2012. Fonte: nostra elaborazione su dati Siope (2009-2012) Codice Siope – Descrizione 2009 2010 2011 2012

1325 - Spese per gli organi istituzionali dell’ente (indennità)

335.942,8 373.958,3 395.584,7 329.808,4

1326 - Spese per gli organi istituzionali dell’ente (rimborsi)

54.874,0 79.458,2 76.251,1 60.294,8

Totale spese per or-gani istituzionali (a) 390.816,8 453.416,5 471.835,8 390.103,2

1132+1209 – Spese elettorali (b) 290.771,0

1207 - Acquisto di beni per spese di rappresentanza

19.845,3 16.640,5 5.361,1 6.324,0

1324 - Acquisto di servizi per beni di rappresentanza

55.200,0 12.987,8 23.400,0 10.000,0

1330 - Trattamento di missione e rimborsi spese viaggio

29.733,0 26.589,7 19.053,7 14.943,0

Totale spese di rappresentanza © 104.778,2 56.217,9 47.814,8 31.267,0

1308 - Organizzazio-ne manifestazioni e convegni (d)

42.395,0 71.209,0 22.854,7 50.517,2

1205 - Pubblicazioni, giornali e riviste (e) 11.619,3 19.340,4 10.759,9 21.148,4

Totale spese elimina-bili o riducibili (a+b+c+d+e)

840.380,3 600.183,8 553.265,1 493.035,8

Totale spesa corrente 30.579.719,8 30.800.082,0 29.181.308,2 29.057.235,4Incidenza spesa elimi-nabili su spesa corrente 2,75% 1,95% 1,90% 1,70%

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200

Tabella 27A - Confronto Italia – Sondrio sui “costi della Politica” Procapite. Anni 2010-2012. Fonte: nostra elaborazione su dati Siope Sondrio (2010-2012) e Corte dei Conti, Audizione sul D.D.L. Città metropolitane, Province, Unioni e fusioni di comuni A.C. 1542 6 novembre 2013

2010 2011 2012

Italia Sondrio Italia Sondrio Italia SondrioTotale spese per organi istituzionali 1,93 2,48 1,94 2,61 1,82 2,15

Totale spese elettorali 0,44 0,00 0,15 0,00 0,23 0,00 Totale spese di rappresentanza 0,14 0,31 0,11 0,26 0,06 0,17

Incidenza spesa eliminabilisu spesa corrente

2,46% 1,95% 2,16% 1,90% 2,05% 1,70%

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201

Tabella 28A - Le Società partecipate dalla Provincia di Sondrio a fine 2012. Fonte: nostra elaborazione su dati della dell’Amministrazione Provinciale di Sondrio (http://www.provinciasondrio.gov.it/amministrazione-trasparente/enti-controllati)

Inattivi In Attività

In Liquidazione Cessati Totale In % sul

totale Società per azioni 0 6 0 0 6 43%

S.r.l. 0 1 0 0 1 7%

Società consortile 0 0 0 0 0 0%

Società cooperativa 0 3 0 0 3 21%

Istituzione 0 0 0 0 0 0%

Fondazione 0 0 0 0 0 0%

Consorzio 0 4 0 0 4 29%

Azienda speciale 0 0 0 0 0 0%

Azienda 0 0 0 0 0 0% Azienda servizi alla persona-ASP

0 0 0 0 0 0%

Agenzia 0 0 0 0 0 0% Altre for-me 0 0 0 0 0 0%

TOTALE 0 14 0 0 14 100%

In % sul totale 0,0% 100,0% 0,0% 0,0% 100%

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202

Tabella 29A - Dati di sintesi sulle Comunità Montane della provincia di Sondrio. Popolazione, Superficie, Numero di Comuni per classe di ampiezza demografica*, Densità e cartografia con confini amministrativi. Fonte: nostra elaborazione su dati Istat 2011

C.M. Morbegno

C.M. Sondrio

C.M. Tirano

C.M. A. Valtellina

C.M. Valchiavenna Totale

Popolazione 46.364 56.489 28.820 24.530 24.611 180.814

Superficie (Km2) 495,80 777,30 451,81 895,51 575,34 3195,76

N° C

omun

i

Totale 25 22 12 6 13 78

<3.000 ab. 19 18 9 1 12 59

3.001-5.000 ab. 4 3 2 4 0 13

5.001-10.000 ab. 1 0 1 1 1 4

>10.001 ab. 1 1 0 0 0 2

Densità 93,51 72,67 63,79 27,39 42,78 56,58 *Nella C.M. di Sondrio è stato incluso anche il Comune di Sondrio, la cui popolazione è considerata nel calcolo dei valori procapite nelle tabelle che seguono. Questo perché quello che rileva è il beneficio procapite che si determina per ciascun cittadino (che risiede su quel territorio) dai flussi finanziari della Comunita montana (i.e. spesa ed entrate - trasferimenti).

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203

Tabella 30A - Le Entrate delle Comunità Montane della provincia di Sondrio. Fonte: nostra elaborazione sui Conti dei Bilanci delle Comunità Montane della provincia di Sondrio per l’anno 2012

T

otal

e

8.67

5.44

9,96

10.4

90.6

41,7

0

9.02

0.45

7,94

7.35

4.57

9,35

10.8

11.0

59,0

8

46.3

52.1

88,0

3

Tito

lo V

En

trate

da

serv

izi p

er

cont

o te

rzi

576.

265,

71

292.

616,

71

805.

330,

00

325.

620,

52

538.

006,

68

2.53

7.83

9,62

Tito

lo IV

En

trate

der

i-va

nti d

a ac

-ce

nsio

ni d

i pr

estit

i

- - - - - -

Tito

lo II

I En

trate

der

i-va

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a al

ie-

nazi

oni,

trasf

e-rim

enti

capi

ta-

le e

risc

ossi

o-ne

cre

diti

2.66

7.80

0,55

6.61

8.05

8,40

3.66

6.94

1,83

3.20

5.08

1,29

5.59

7.97

6,38

21.7

55.8

58,4

5

Tito

lo II

En

trate

ext

ra-

tribu

tarie

1.13

5.27

1,67

91.2

81,3

3

121.

000,

00

179.

944,

25

1.01

3.51

9,11

2.54

1.01

6,36

Tito

lo I

En

trate

da

cont

ribut

i e

trasf

erim

enti

corr

enti

dello

St

ato,

del

la

Reg

ione

e a

ltri

enti

4.29

6.11

2,03

3.48

8.68

5,26

4.42

7.18

6,11

3.64

3.93

3,29

3.66

1.55

6,91

19.5

17.4

73,6

0

C.M

. M

orbe

gno

C.M

. So

ndri

o

C.M

. T

iran

o

C.M

. Alta

V

alte

llina

C.M

. V

alch

iave

nna

Tot

ale

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204

Tabella 31A - Le Uscite delle Comunità Montane della provincia di Sondrio. Fonte: nostra elaborazione sui Conti dei Bilanci delle Comunità Montane della provincia di Sondrio per l’anno 2012

Titolo I C.M. Morbegno

C.M. Sondrio

C.M. Tirano

C.M. Alta Valtellina

C.M. Valchiavenna Totale

Funzioni genera-li di amministra-zione

1.363.312,6 1.086.597,5 1.300.684,8 940.351,9 947.237,6 5.638.184,3

Funzioni di istruzione pub-blica e relative alla cultura

400.177,9 125.806,0 121.293,5 348.452,2 743.365,5 1.739.095,1

Funzioni nel settore sportivo, ricreativo e del turismo

236.672,6 263.258,4 563.000,0 386.767,9 420.053,8 1.869.752,7

Funzioni per la gestione del territorio e la tutela ambientale

308.758,1 527.699,5 87.693,3 80.793,1 486.152,3 1.491.096,3

Funzioni nel settore sociale 1.795.149,5 314.743,8 1.338.508,0 1.200.792,3 1.390.644,6 6.039.838,2

Funzioni nel campo dello sviluppo economico

418.065,5 177.892,5 236.465,0 70.700,0 355.000,0 1.258.123,0

Totale 4.522.136,2 2.495.997,7 3.647.644,6 3.027.857,3 4.342.453,7 16.777.966,5

Titolo II C.M. Morbegno

C.M. Sondrio

C.M. Tirano

C.M. Alta Valtellina

C.M. Valchiavenna Totale

Funzioni genera-li di amministra-zione

24.511,0 61.531,7 40.011,4 153.556,6 83.837,3 363.447,9

Funzioni di istruzione pub-blica e relative alla cultura

2.000,0 - 20.000,0 54.725,0 1.990.000,0 2.066.725,0

Funzioni nel settore sportivo, ricreativo e del turismo

1.910.827,0 390.732,3 726.000,0 996.414,1 2.131.201,8 6.155.175,1

Funzioni per la gestione del territorio e la tutela ambientale

823.562,5 6.246.280,5 1.128.679,3 1.934.231,8 816.959,7 10.949.713,8

Funzioni nel settore sociale 51.000,0 37.077,7 13.987,0 75.000,0 110.000,0 287.064,7

Funzioni nel campo dello sviluppo economico

185.091,1 839.449,8 2.479.305,7 774.994,1 805.193,2 5.084.033,9

Totale 2.996.991,7 7.575.072,0 4.407.983,3 3.988.921,6 5.937.191,9 19.822.126,6

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205

Tabella 32A - Confronto fra le Comunità Montane della provincia di Sondrio per le Entrate e le Spese (Titolo I e Titolo II) Procapite. Anno 2012. Fonte: nostra elaborazione sui Conti dei Bilanci delle Comunità Montane della provincia di Sondrio per l’anno 2012

C.M. Morbegno

C.M. Sondrio

C.M. Tirano

C.M. A. Valtellina

C.M. Valchiavenna Totale

Entrate 187,1 185,7 313,0 299,8 439,3 256,4

Uscite – Titolo I 97,5 44,2 126,6 123,4 176,4 92,8

Uscite – Titolo II 64,6 134,1 152,9 162,6 241,2 109,6

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206

Tabella 33A - Confronto fra le Comunità Montane della provincia di Sondrio per le Entrate (dal Titolo I al Titolo V) Procapite. Anno 2012. Fonte: nostra elaborazione sui Conti dei Bilanci delle Comunità Montane della provincia di Sondrio per l’anno 2012 C.M.

Morbegno C.M.

Sondrio C.M.

Tirano C.M. A.

Valtellina C.M.

Valchiavenna Totale

Titolo I – Entrate da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della Regione e altri enti

92,66 61,76 153,62 148,55 148,78 107,94

Titolo II – Entrate extratributarie

24,49 1,62 4,20 7,34 41,18 14,05

Titolo III - Entrate derivanti da alienazioni, trasferimenti capitale e riscossione crediti

57,54 117,16 127,24 130,66 227,46 120,32

Titolo IV - Entrate derivanti da accensioni di prestiti

0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

Titolo V – Entrate da servizi per conto terzi

12,43 5,18 27,94 13,27 21,86 14,04

Totale 187,12 185,71 312,99 299,82 439,28 256,35

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207

Tabella 34A - Confronto fra le Comunità Montane della provincia di Sondrio per le Spese (Titolo I) Procapite. Anno 2012. Fonte: nostra elaborazione sui Conti dei Bilanci delle Comunità Montane della provincia di Sondrio per l’anno 2012

Titolo I C.M. Morbegno

C.M. Sondrio

C.M. Tirano

C.M. A. Valtellina

C.M. Valchiavenna Totale

Funzioni generali di amministrazione

29,40 19,24 45,13 38,33 38,49 31,18

Funzioni di istruzione pubblica e relative alla cultura

8,63 2,23 4,21 14,21 30,20 9,62

Funzioni nel settore sportivo, ricreativo e del turismo

5,10 4,66 19,54 15,77 17,07 10,34

Funzioni per la gestione del territorio e la tutela ambientale

6,66 9,34 3,04 3,29 19,75 8,25

Funzioni nel settore sociale 38,72 5,57 46,44 48,95 56,51 33,40

Funzioni nel campo dello sviluppo economico

9,02 3,15 8,20 2,88 14,42 6,96

Totale 97,54 44,19 126,57 123,43 176,44 92,79

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208

Tabella 35A - Confronto fra le Comunità Montane della provincia di Sondrio per le Spese (Titolo II) Procapite. Anno 2012. Fonte: nostra elaborazione sui Conti dei Bilanci delle Comunità Montane della provincia di Sondrio per l’anno 2012

Titolo II C.M. Morbegno

C.M. Sondrio

C.M. Tirano

C.M. A. Valtellina

C.M. Valchiavenna Totale

Funzioni generali di amministrazione

0,53 1,09 1,39 6,26 3,41 2,01

Funzioni di istruzione pubblica e relative alla cultura

0,04 0,00 0,69 2,23 80,86 11,43

Funzioni nel settore sportivo, ricreativo e del turismo

41,21 6,92 25,19 40,62 86,60 34,04

Funzioni per la gestione del territorio e la tutela ambientale

17,76 110,58 39,16 78,85 33,19 60,56

Funzioni nel settore sociale

1,10 0,66 0,49 3,06 4,47 1,59

Funzioni nel campo dello sviluppo economico

3,99 14,86 86,03 31,59 32,72 28,12

Totale 64,64 134,10 152,95 162,61 241,24 109,63

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209

ALLEGATI

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210

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211

Le Società partecipate dalla Provincia di Sondrio (al 31/5/2013). Fonte: elaborazione su: http://www.provinciasondrio.gov.it/amministrazione-trasparente/enti-controllati

Bila

nci -

Util

i (pe

rdite

) d’e

serc

izio

2012

88.4

77

317.

543

53.7

93

2.36

9

-1.0

85.0

81

576

274.

864

3.92

0

-393

.014

2.31

7

-562

.246

n.d.

n.d.

n.d.

2011

135.

569

212.

059

76.8

20

2.15

8

41.0

39

12.7

63

162.

534

-192

.736

-78.

515

-1.0

08

-696

.718

n.d.

n.d.

n.d.

2010

227.

320

109.

866

-61.

017

-19.

397

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212

Le Società partecipate dalla Provincia di Belluno (a fine 2012). Fonte: nostra elaborazione su http://www.provincia.belluno.it/nqcontent.cfm?a_id=7614

Forma giuridica Inattivi In

Attività In

Liquidazione Cessati Totale In % Sul

TotaleSocietà per azioni 3 1 4 44%

S.r.l. 3 3 33% Società consortile 0 0%

Società cooperativa 1 1 11%

Istituzione 0 0%

Fondazione 0 0%

Consorzio 0 0% Azienda speciale 0 0%

Azienda 0 0% Azienda servizi alla persona-ASP

0 0%

Agenzia 0 0%

Altre forme 1 1 11%

TOTALE 0 8 1 0 9 100%In % sul totale 0,0% 88,9% 11,1% 0,0% 100,0%

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213

Le Società partecipate dalla Provincia di Belluno (a fine 2012). Fonte: elaborazione su: http://www.provincia.belluno.it/nqcontent.cfm?a_id=7614

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214

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215

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216

Finito di stampare nel mese di settembre 2014

da Litografia Solari Peschiera Borromeo (Mi)

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CENTRO DI RICERCHE IN ANALISI ECONOMICAE SVILUPPO ECONOMICO INTERNAZIONALE

L’evoluzione istituzionaledegli enti territoriali.

Il caso della Provincia di Sondriocon comparazioni

a cura di Maria Agostina Cabiddu, Floriana Cerniglia,

Maria Chiara Cattaneo, Alessandro Damiani, Diletta Dima

Coordinamento di Alberto Quadrio Curzio, Maria Agostina Cabiddu, Floriana Cerniglia

€ 15,00

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