Unitre, Università delle Tre Età NuoNuoNuovi Orizzonti ... · Giorgio Caproni nasce il 7 gennaio...

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Trimestrale dell’Unitre - Sede Arenzano Cogoleto - Reg. Tribunale di Genova n. 29/94 del 30/11/94 Redazione: Unitre - 16011 Arenzano, via Terralba, 79 - Tel. e Fax 010 9112640 e.mail: [email protected] - Internet: www.unitre.org Unitre, Università delle Tre Età NOI Nuo Nuo Nuo Nuo Nuo vi Orizzonti Insieme vi Orizzonti Insieme vi Orizzonti Insieme vi Orizzonti Insieme vi Orizzonti Insieme NOI Nuo Nuo Nuo Nuo Nuo vi Orizzonti Insieme vi Orizzonti Insieme vi Orizzonti Insieme vi Orizzonti Insieme vi Orizzonti Insieme Anno XVII N. 2 - Marzo 2010 Il mio maestro si chiama Giorgio Caproni Foto archivio Robello

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Trimestrale dell’Unitre - Sede Arenzano Cogoleto - Reg. Tribunale di Genova n. 29/94 del 30/11/94Redazione: Unitre - 16011 Arenzano, via Terralba, 79 - Tel. e Fax 010 9112640

e.mail: [email protected] - Internet: www.unitre.org

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Anno XVII N. 2 - Marzo 2010

Il mio maestro si chiama

Giorgio Caproni

Foto archivio Robello

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme2 Anno XVII N. 2

Maria Rosa BaghinoMaria Berlingeri CesariMarilina BortolozziSelma BraschiEnza CalcagnoBeppe CameiranaRoberta CampoIda FattoriGianna GuazzoniIdelma MauriEdda Sinesi

Direttore Responsabile: Fabia BinciRedazione

Pina Antignani, Guglielmo Famà, Rina Rancati, Pericle Robello, Auser

Hanno collaborato

Amici di Arenzano

Auser (Marisa Carrea)

Gruppo Biblioteca

Gruppo Teatrale

Töre di Saraceni (P. Robello)

WWF (G. Marabotti)

Maria Luisa Bressani

Tanti auguri a tutti

Distribuzione

Angela Caviglia

Maria Rosa Costanzi

Emilia Garaventa

Giancarla Maiardi

Giuseppina Marchiori

RosaAnna Princi

Gabriele Vallarino

Ida Fattori

Che la Pasqua sia per tutti NOImotivo di rinnovata Speranza

e impegno di Pace

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme 3Anno XVII N. 2

Tanti auguri a tutti .................................... 2Saluti dal Presidente ................................. 3Nel ricordo di Giorgio Caproni ..................... 4Un maestro molto amato ........................... 5Due ricordi a proposito di Giorgio Caproni .... 6Il “Casone” di Terralba .............................. 7Io sono “fatto” di Genova ........................... 8Arenzano e Giorgio Caproni ........................ 8Barocco in Liguria ..................................... 9Il fascino del treno e del trenino ................. 10Il canto del gallo ....................................... 11Un pensiero per lei .................................... 11Il Gruppo degli Alpini di Arenzano ............... 12Gesti di solidarietà .................................... 13Ad Arenzano il teatro del venerdì ................ 14Chi ci salverà? .......................................... 14L’angolo dei libri ........................................ 15WWF: La delusione di Copenaghen ............ 16Versicoli quasi ecologici ............................. 17

Auser: Una pittrice amica dell’Auser ............ 18Töre di Saraceni: Arenzano e il mare .......... 19Consorzio Arenzano per Voi ....................... 21Nessun uomo è un’isola ............................. 21Amici di Arenzano: Vestigia militari ad Arenzano 22Mauthausen ............................................. 24Un poco di storia del Batik .......................... 25La moda di Roberta ................................... 26L’angolo di Marilina ................................... 27Sogno veneziano ...................................... 27Perché? ................................................... 28Scrivere un articolo ................................... 28L’antica arte del costruire ........................... 29La festa della fragola ................................. 30Ricordando .............................................. 30Tutti a teatro ............................................ 30La Passiflora ............................................ 31La pastiera napoletana .............................. 31Memorandum ........................................... 32

Saluti dal Presidente

Maria Cesari Berlingeri

Carissimi Amici il tempo è vola-to, mi sembra solo ieri che vi por-gevo il benvenuto per il nuovo annoaccademico e già siamo a febbra-io e quando uscirà questa edizionedel nostro “NOI” saremo prossimia Pasqua.

Spero vivamente che questi mesisiano trascorsi per tutti voi nel mi-gliore dei modi e che abbiate tro-vato motivo di interesse e di ap-prendimento nei corsi che avetescelto e frequentato.

Non tutto certo sarà andato “drit-to” ma l’importante è essere staticon degli amici, condividendo glistessi interessi ed imparando chela vita è sempre fonte di sapere edi esperienza.

Come dicevo, tra poco sarà Pa-squa, festa di resurrezione e di ri-nascita di tutta la natura, finalmen-te la primavera sarà arrivata con ilsuo tepore e con tutti i suoi fiorisbocciati per rallegrare i nostri cuori.

Da un’amica ho ricevuto giorniaddietro un’e-mail e, dato che perPasqua c’è l’usanza di regalare

l’uovo con la sorpresa, desideroregalare a tutti voi, specialmentea chi non è munito di PC, l’astucciodi pronto soccorso per la soprav-vivenza ricevuto.

Tutti abbiamo bisogno di unastuccio di Pronto Soccorso, il cuicontenuto è il seguente:

- 1 paio di occhiali- 1 elastico- 1 cerotto- 1 matita- 1 filo- 1 gomma per cancellare- 1 bacio al cioccolato- 1 bustina di theVi chiedete a cosa serve tutto

questo?Gli occhiali per vedere e apprez-

zare le qualità della gente che cicirconda!

L’elastico per ricordarci di esse-re flessibili quando la gente o lecose non sono come vorremmo!

Il cerotto per guarire i nostri sen-timenti feriti e quelli degli altri!

La matita per scrivere tutto ilbene che ci capita quotidianamente!

La gomma perricordarci che o-gnuno di noi com-mette errori e che abbiamo l’occa-sione di cancellarli!

Il filo per legare a noi le personeche sono realmente importanti nellanostra vita!

Il bacio al cioccolato per ricor-darci che ognuno di noi ha bisognodi un bacio, una carezza, una pa-rola gentile ogni giorno!

La bustina di the perché alla finedella giornata possiamo riposare,rilassarci e soprattutto RIFLETTE-RE. Forse per tanti siamo solo“qualcuno” ma sicuramente siamo“IL MONDO INTERO” per qualcunaltro.

Immaginate di ricevere questodono dentro un uovo fasciato concarta colorata e legato con un belnastro. In fondo non è importantecome sembrano le cose ma comevogliamo farle sembrare.

I miei auguri sono però reali esinceri. Buona Pasqua a tutti voi!

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme4 Anno XVII N. 2

Nel ricordo di Giorgio CaproniLe manifestazioni organizzate dal Premio di Poesia

Città di Arenzano nel ventennale della morte del poe-ta Giorgio Caproni, con il patrocinio della Provincia diGenova e del Comune di Arenzano e la collaborazio-ne di molte associazioni locali, sono state un verosuccesso, che ha avuto risonanza anche sulla stam-pa e non solo regionale.

Il pubblico ha partecipato con viva attenzione ai varimomenti (vedi programma a latere) e ascoltato coninteresse le relazioni dell’Assessore Giorgio Devoto,amico ed editore del poeta di cui ha tracciato un ri-cordo commosso, e del critico letterario StefanoVerdino che ha parlato della poesia di Caproni, com-

mentando con grande sensibilità i suoi versi, lettimagistralmente da Lazzaro Calcagno e RaffaeleCasagrande.

Gli intermezzi musicali al violino di Roberto Mazzolae di Elena Aiello hanno conquistato il pubblico pre-sente che li ha applauditi con calore.

Sia nella sala del Nuovo Cinema Italia, sianell’Auditorium del Muvita, grazie ai titolari del Mu-seo Passatempo di Rossiglione, è stata ricostruitaun’aula scolastica degli anni ’30, con tanto di catte-dra, banchi, lavagna, quaderni, calamaio, bottiglioned’inchiostro, cartine geografiche d’epoca, che hannosuscitato l’interesse di tutti.

Venerdì 22 gennaio - ore 10.30Nuovo Cinema Italia

Il mio maestro si chiama Giorgio CaproniIncontro dedicato agli alunni delle classi quartee quinte della scuola elementareInterventi di Fabia Binci ed Angelo GuarnieriLetture di Franco FiozziAl violino: Roberto Mazzola

Sabato 23 gennaio - ore 16.00Auditorium del MuvitaConvegno sulla figura del poeta e maestroGiorgio CaproniInaugurazione di via Giorgio CaproniIntitolazione al Poeta dell’AuditoriumMauro Gavazzi, Assessore Cultura Arenzano:Il saluto dell’AmministrazioneGiorgio Devoto, Assessore Cultura ProvinciaGenova:Giorgio Caproni e il suo editore genoveseStefano Verdino, Critico Letterario:La Liguria nella poesia di Giorgio CaproniLetture di Lazzaro CalcagnoAl violino: Elena Aiello

E… canestrelli per tutti

Dal 21 al 30 gennaio 2010Sala Polivalente Biblioteca Civica “G. Mazzini”Mostra Bibliografica Giorgio Caproni

ProgrammaAl violino Elena Aiello

Il pubblico dei ragazzi

Il pubblico adulto

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme 5Anno XVII N. 2

Pubblico in sala

Giorgio Caproni nasce il 7 gennaio 1912 a Livorno escompare il 22 gennaio 1990, nell’alba e nel gelo diprima mattina, nell’ora acerba di tante sue poesie.

Nel 35-36 comincia la sua attività di insegnante aRovegno, dove sostituisce un vecchio maestro moltoamato per cui all’inizio è guardato con diffidenza, mapoi conquista tutti, specialmente gli alunni (una tren-tina) della terza classe a lui affidata, che cerca dieducare alla musica, suonando il violino e proponen-do brani di romanze e cori verdiani.

“Il maestro con il violino doveva intrigare non pocoi bambini, che vedevano ogni tanto il longilineo mae-stro vibrare velocemente corde e archetto”. (StefanoVerdino).

Gli piaceva insegnare (“È un po’ come dirigere un’or-chestra”), ma fu un maestro attento soprattutto adimparare (“Andrò a scuola anche quando sarò al ci-mitero, senza avere ancora finito le elementari”).

Nel 1936-37 insegnò nelle classi V e VI della scuolaelementare del Circolo Didattico di Arenzano, aTerralba.

Caproni era molto amato dai suoi scolari perchéusava metodi curiosi di insegnamento (in realtà di unadidattica rivoluzionaria per i tempi), come si leggenella Guida al Parco Culturale Giorgio Caproni (edi-zioni San Marco dei Giustiniani - Genova 2000), nellaquale sono riportati passi di un articolo di VincenzoCerami, uscito sul quotidiano Repubblica nel 2000, adieci anni dalla sua scomparsa: “I bambini entravanoin classe e si trovavano già seduto in cattedra unCaproni teso e preoccupato che subito chiedeva aiu-to. Diceva: «Ragazzi, sono rovinato! Oggi dobbiamo

studiare le campagne di Napoleone e non mi sonopreparato abbastanza. Se lo sa il direttore scolasticomi licenzia. Come si fa? ».

I bambini, impietositi dal furbo maestro, lo tranquil-lizzavano e gli rispondevano: «Non preoccuparti, mae-stro, ti aiutiamo noi a studiare Napoleone. Ti leggia-mo il capitolo a voce alta, così se entra il direttorevede che tu sei preparato e non ti licenzia».

Si legge ancora nella Guida: “Era quasi un fratellomaggiore per i suoi alunni. Chi terminava per primoun problema o una composizione d’italiano, venivamandato dal maestro a comperare un quotidiano e icanestrelli. Con essi premiava il primo e l’ultimo degliscolari, quasi a sottolineare che ai suoi occhi avevanolo stesso merito. [ ... ]

Aiutava tutti, soprattutto chi era in difficoltà, e fre-nava con fastidio gli esibizionismi. Non voleva il salu-to fascista, né che scattassero sull’attenti, ma nondimenticava mai di far dire le preghiere.

Si intratteneva spesso con i ragazzi anche dopol’orario scolastico, e non era contento finché tutti nonavessero capito. Era sempre di un’allegria contagio-sa, [ ... ] faceva studiare le poesie a memoria, ma aisuoi alunni non disse mai di essere lui stesso un poe-ta”.

Leggeva il giornale in classe, informando di quelloche accadeva nel mondo. Spesso andava anche a pe-scare con i suoi alunni, per essere loro vicino e se-guirli meglio.

Stava a scuola mattino e pomeriggio, spiegava icompiti a lungo, faceva studiare poesie a memoria,aiutava tutti soprattutto chi era in difficoltà. Scherza-va, sempre allegro, era il maestro del sogno....

Sabato 23 gennaio, al Muvita, eranopresenti anche gli studiosi MarcellaBacigalupi e Piero Fossati, che stannoper dare alle stampe il libro “GiorgioCaproni, feci il maestro per caso’”(ed.il Melangolo).

Un maestro molto amato

Fabia Binci

Ricostruzione di un’aula scolasticadegli anni 30 al Muvita.

In cattedra l’Assessore ProvincialeGiorgio Devoto.

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme6 Anno XVII N. 2

Due ricordi a proposito di Giorgio Caproni(scritti da uno che non lo conosceva bene)

Non posso non rendermi con-to che annotare, da parte mia,alcuni ricordi su Giorgio Caproni,è qualcosa di molto patetico, senon peggio.

Ogni volta che scompare unartista, un noto personaggio,specie se appartiene all’univer-so letterario, esce fuori uno sco-nosciuto che più o meno affer-ma “io lo conoscevo bene”. Unaazione di patetico sciacallaggio,cioè di sfruttamento della morteal fine di una presunta, perso-nale minima sopravvivenza.

Non lo conoscevo bene Ca-proni, non lo chiamerò Giorgioper darmi importanza. Raccon-to due o tre cose di lui, regi-strando alcune scene che non riesco a dimenticare.

Siamo negli anni settanta. Caproni vince la primaedizione del Premio Biella, e siamo dunque a Biella,a pranzo, all’aperto, nella lussuosa villa di coloro chehanno patrocinato il Premio stesso. Fra gli invitati,numerosi nella dimora il cui giardino è impreziositoda statue marmoree, si nota appena Caproni, ma-grissimo, in completo grigio scuro e camicia bianca.Non parla molto: chi tiene banco è il critico Vigorelli.

Sta raccontando di quando lui e Quasimodo pas-seggiavano nel centro della città (Palermo?) eQuasimodo aveva in mano un grosso mazzo di chia-vi; chiavi che aprivano gli appartamenti di varie don-ne in qualche modo “appartenenti” al Poeta. Lui siriservava facoltà di controllo, grazie alle chiavi ap-punto.

Il pranzo era finito e si era ai liquori. Caproni ave-va mangiato. Un giovane della famiglia ospitante ver-sava grappa nel bicchiere di Caproni. Un veleno perla sua ulcera che tuttavia lui beveva, senza cambiareespressione nella sua faccia pallida e piena di rughe.Al terzo bicchiere il critico Vigorelli smette l’esibizio-ne a proposito delle donne di Quasimodo, afferra ilbicchiere di Caproni e lo rovescia nel prato.

Viene poi il momento della premiazione con letturadi testi.

Caproni e Vigorelli leggono“Litania” salmodiando, a duevoci, prima uno e poi l’altro.Caproni capisce che si sta esa-gerando e interrompe.

Passiamo all’altro ricordo.Siamo più o meno sempre inquell’epoca. Caproni andava incampagna a Loco, un paesebrutto, insignificante, ai piedidella salita che porta alla deli-ziosa località di Fontanigorda.Non esiste genovese dabbene(che in più magari ha scrittoqualche verso) che non sia an-dato una volta in estate a tro-vare Caproni. Una specie di do-veroso pellegrinaggio, per poipotersi vantare: “… andavo

sempre a trovare Giorgio…”Se si arrivava in anticipo, diciamo nel primo pome-

riggio, una persona (magari la stessa figlia Silvana?)avvisava cortesemente che era necessario aspettareun poco. Si aspettava fuori. Poi Caproni si svegliava eusciva adagio incontro agli ospiti. Fragile e gentile,come quasi tutti gli ulcerosi.

Si traversava con lui la statale che porta versoBobbio. Attorno alla strada qualche negozio ancorachiuso e poche case, insignificanti. All’interno peròuna di queste era interessante. Caproni ci portavacoloro che venivano a trovarlo.

Si trattava di una casa con il tetto di paglia, unachaumière - diceva lui stesso, con esatta pronunciafrancese - e sorridendo appena, malinconico, affer-mava che era considerata brutta e vecchia, che laavrebbero demolita per costruire al suo posto unacasa moderna…

Non andava oltre, non diceva che menti insensibiliavrebbero abbattuto quell’ultima meraviglia nel nomedi una tetra modernità. Non sottolineava nemmeno ilfatto che molto probabilmente voleva un poco egli stes-so identificarsi con la casa col tetto di paglia.

Vestiva elegante, anche se era in campagna.

G. G.

Particolare della foto di copertinaFoto archivio Robello

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme 7Anno XVII N. 2

Sabato 23 gennaio 2010, sono ritornata al Casone(U Cason) di Terralba, ora Muvita, in occasione delventesimo anniversario della morte di Giorgio Caproni,il poeta maestro che insegnò in questo edificio nel1936 – 1937. Vi sono ritornata con mia figlia Guia e lemie nipoti Angela ed Elisa.

Ho abitato nel Casone dal ’47, anno della mia nasci-ta, al ’49. Mio padre e mia madre ci hanno abitato per10 anni dal ’39 al ’49 […].

Il Casone, dall’apparenza così solida, dalle formearrotondate, paciose, mi ha sempre riempito lo sguar-do di dolcissima nostalgia e lo considero un pezzo dicuore della mia famiglia. Il cemento che oggi si ca-muffa sotto la maschera gioiosa dei colori non esiste-va. Il pino svettava al di sopra della casa di Binda, ilmago nell’aggiustare biciclette. Meno romantici i rac-conti di mia madre. La vita nel Casone era dura per-ché duri erano i tempi, la guerra, il dopoguerra […].

Il vento freddo si intrufolava dappertutto. Sembra-va di veleggiare nell’Oceano Pacifico, durante una tem-pesta. Nell’interno della cucina il vento sollevava lacoperta della cucina, arrotolata davanti alla porta amo’ di salsicciotto, per proteggere la camera da lettoche era una ghiacciaia.

Era un freddo che mordeva come un lupo rabbioso,intorpidiva le membra e impediva di ragionare. La le-gna e il carbone venivano usati con il contagocce. Ilpapà entrava per primo nel letto a scaldarlo a miamadre che, già per natura, era freddolosa. Nel lettinodi mia sorella veniva inserito il “mun”, il “mattone”,che non doveva essere troppo caldo perché potevaustionare…

Eppure, mammami disse che, quan-do abbandonaronoil Casone per l’abi-tazione di via Palla-vicini, lei pianse di-speratamente. La-sciava lì un pezzodella sua vita e leamiche che l’aveva-no supportata conl’incoscienza e laspensieratezza del-

la gioventù, con l’autoironia e la naturale rassegna-zione del “Mal comune, mezzo gaudio”. […]

Entro nell’Auditorium, l’ex solaio del Casone, oradedicato a Giorgio Caproni. Non è la prima volta chevarco la sua soglia, ma, come sempre, ho la nettasensazione di sbarcare su un altro pianeta.

Aleggiano i fantasmi del passato, gli odori e i suoniche avevo memorizzato nei circuiti del mio cervello.“Lalla” Terre, ossessionata dalla pulizia, “barba” Giu-seppe, il marito che abitavano la casa adiacente ilsolaio, il profumo del mosto a ottobre, giù nelle can-tine, il grugnito disperato dei maiali, appesi alla fune,con la gola squarciata nel campo dove era lo “staggio”dei suini, al di là della strada, le voci chiassose dellelavandaie ai trogoli, l’odore dei gessetti che proveni-va dalle aule…

Mia sorella ed io, quando eravamo in visita alla “lalla”Terre, c’intrufolavamo nel solaio dove c’era l’inimma-ginabile: dalle reste di aglio ai panni stesi, alle olivesui teli ad asciugare, alla bicicletta che arrugginivagiorno per giorno appesa a un gancio del muro, allalegna ordinatamente accatastata, al vallo, una speciedi stuoino di vimini che serviva per scrollare dalle oli-ve qualsiasi impurità.

Guardavamo dalle fessure di legno del pavimento,mettendoci prone, i banchi, la lavagna, mentre respi-ravamo fiotti d’aria che s’innalzava portando alle no-stre narici pulviscoli di gesso.

Al mattino per le scale si poteva incontrare la Pelè,mamma di Sandrina e di Cicci, che portava il caffèalle maestre, tra cui quella di mia sorella, Ina SicchiAbbondanza, chiamata da tutti “A Tressa”, “La Trec-

cia”, per via di un’e-norme treccia che lecingeva il capo co-me un’aureola. […]

Finalmente unagiornata come sideve. Il significatodel “si deve” lo co-nosco solo io.

Angela CavigliaIl “Casone” di Terralba

Il “Casone” di TerralbaIo mi ricordo che....

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme8 Anno XVII N. 2

1993-94: “Il poeta Giorgio Caproni”, al-l’interno del corso di Letteratura Ita-liana di Fabia Binci

1995: sabato 8 aprile, all’interno delle ma-nifestazioni per il XXV aprile, rela-zione di Francesco Macciò: “L’altaVal Trebbia nella poesia di Caproni”

2000: sabato 27 maggio: “Il mio mae-stro si chiama Giorgio Caproni”, conpresentazione della guida turisticaal Parco Culturale Giorgio Caproniedita da San Marco dei Giustiniani23 settembre: Gita Unitre in ValTrebbia, con la guida di Giorgio De-voto: Montebruno, cimitero di Loco,casa del poeta...

2010: anno dedicato al poeta

Arenzanoe Giorgio Caproni

Genova è la città di cui, come fa l’innamorato conl’amata, il poeta Giorgio Caproni non si stanca di ce-lebrare ad una ad una le innumerevoli bellezze(Litanìa) perché “per unuomo la città che contanon è quella della ‘fede’di nascita.

È la città dov’ha trascor-so l’infanzia, dov’è cre-sciuto, dov’è andato ascuola […] dove si è in-namorato e magari spo-sato: in breve è la cittàdove s’è formato. È la cit-tà che lo ha formato…”.

Il poeta affermava (cfrG. CAPRONI, Genova di tut-ta la vita, Edizioni San Marco dei Giustiniani, 1997):

“Il punto di stazione da cui guardo Genova non èquello scelto ad arte dal turista. È il punto di stazioneche si trova dentro di me. Perché Genova l’ho tuttadentro. Anzi, Genova sono io. Sono io che sono “fat-to” di Genova. Per questo anche se nato a Livorno(altro porto, altra città mercantile), mi sento genove-se”.

“Genova è una città che mi ha stregato. Nemmenoora che vivo a Roma riesco a levarmela di dentro…Me la sogno di notte, la sospiro di giorno. Per dirlaalla francese: Je suis malade de Génes”.

“Con le sue salite, le sue rampe, le sue scalinate, isuoi ascensori pubblici, le sue funicolari e le sue stra-de disposte una sull’altra, Genova è una città tuttaverticale. Verticale e, quindi, almeno per me, lirica…”.

Un fascino che di notte diventa impareggiabile spet-tacolo.

“Dalle bianche lune delle navi… o dalle gialle fiam-me della zona industriale, è tutto un rincorrersi e unsalire di lunghe file di luci: linee oblique, linee oriz-zontali, linee verticali, tutte da dar l’impressione d’unavetrina di gioielliere in pieno scintillamento. O, se vo-gliamo un’immagine meno logora, di un firmamentorovesciatosi sulla terra e sul mare...”.

Genova è la città ricordata e raccontata da lontano,simbolo della giovinezza perduta, dove con gli occhidella memoria (“La memoria apre paradisi stermina-

Io sono “fatto” di Genova

ti” diceva Calvino, per citare un autore che apprezza-va Caproni), si potrebbe perfino dire che “è gentilemorire”.

E, quando il poeta sisarà deciso d’andarein paradiso, ci andràcon l’ascensore diCastelletto, che quoti-dianamente ci sollevaa uno spettacolo ditale bellezza da nonavere riscontri in ter-ra: da lassù la cittàappare intrisa di lucemarina, solida nellafermezza delle pietreche la sorreggono, vi-

tale e operosa nei ritmi febbrili che l’innervano.

Genova sfondo costante della poesia di Caproni

L’ascensore di Castelletto

F. B.

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme 9Anno XVII N. 2

I quadri e le sculture che fanno belle le chiese

«Riviera Barocca - pittura e Scultura Lignea nelleChiese Liguri» (Microart’s, Recco), libro nato in senoall’Unitre di Arenzano Cogoleto, non è solo elegantestrenna; fa crescere nella considerazione di chi lo ri-ceve chi lo ha regalato, è anche regalo da fare a sestesso per chi ama la Liguria.

Concepito per Genova 2004 Capitale Europea dellaCultura, edito qualche anno dopo […] è disponibilema in esaurimento e tanto più numerose sono le ri-chieste, tanto prima si arriva alla ristampa: è un au-gurio personale per un’opera da me ricevuta in rega-lo questo Natale, che mi sembra «necessaria» per leseguenti ragioni:

Permette localizzazione, accessibilità e identifica-zione per ciò che di artistico seppur meno noto sitrova nelle nostre chiese liguri. I comuni scandagliatisono 46; 200 le pitture e sculture esaminate, da cuiescluse quelle d’autore non certo.

Ne sono nate 116 schede con suggestive foto, tal-volta mai pubblicate prima. Diciassette gli autori del-

le schede, indicati dallediverse Unitre (Univer-sità delle Tre Età) tra ipropri docenti; in parti-colare l’Unitre di Aren-zano Cogoleto, presi-dente Maria Cesari Ber-lingeri, ha condotto eattuato il progetto connove Soci.

Nell’introduzione Ni-cola Rossi ricorda che leschede ci danno “auto-re, titolo, valore artisti-co, considerazioni sto-riche, elementi signifi-cativi di bibliografia».

I comuni spazianoda Ventimiglia aLerici e non mancalo scandaglio, at-tento, dei vari cuneicostituiti dalle valla-te con i centri diBusalla, Savignone,ecc. Il tratto che piùconquista? La dottri-na, è sicura ma nonse ne sente il peso.

La prima schedariguarda l’Assunzio-ne della Vergine diGiovanni Carlone (Cattedrale dell’Assunta diVentimiglia). In essa una piccola digressione ci parladelle occasioni di culto riservate a Maria nella ChiesaCattolica inclusa la nascita, un onore riservato a po-chi, tra cui il Battista.

Il secondo quadro, ancora a Ventimiglia, è nellaChiesa di Sant’Agostino: Tobiolo e l’Angelo di Giovan-ni Andrea De Ferrari, il momento in cui il ragazzo staaprendo il pesce.

Poi in un crescendo, casuale perché dovuto alla col-locazione ma d’intensità emotiva, ammiriamo ritrattidi “grandi vecchi” dal Sant’Antonio Abate (GiuseppeVermiglio), custodito in Dolceacqua, al sacerdote nellaComunione della Maddalena (Orazio De Ferrari), nelsanremese Battistero di S. Giovanni. Quindi, primascultura lignea, l’intenso Cristo del Maragliano dellacattedrale di San Siro, sempre a San Remo.

Splendida, in copertina, la Danza di Salomé delCarlone (Chiavari, Chiesa di S. Giovanni Battista), ac-cesa di rossi che polarizzano lo sguardo.

In prefazione l’assessore Fabio Morchio segnala illibro come strumento di studio e testimonianza delpatrimonio artistico ispirato dalla religione, accolto inchiese santuari oratori conventi, capillarmenteinnervati al territorio.

Il Barocco in Liguria

Da “il Giornale” del 27/12/2009, Pag.44 LIGURIA CULTURAPer gentile concessione del caporedattore, dott. Massimiliano Lussani

Maria Luisa Bressani

G. B. Carlone, Danza di Salomè, particolare Chiavari - Chiesa di S. Giovanni Battista

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme10 Anno XVII N. 2

Il fascino del treno e del trenino

Beppe Cameirana

Tempo fa ho riesumato dalla cantina, dopo circaquarant’anni, un piccolo trenino elettrico, contenutoin una scatola ormai polverosa e ingiallita dal tempo.È stato sorprendente constatare che, dopo aver mon-tato il binario circolare e sostituite le due grosse piledi alimentazione, il trenino formato da un locomotored’epoca e tre vagoni si è messo in moto velocemente.

Potete immaginare la gioia e l’emozione del mionipotino di quattro anni, quando, arrivato dai nonni,ha trovato su di un tavolo il trenino in movimento.

Il “divertimento” del trenino elettrico nato un secolofa come giocattolo per bimbi, come sappiamo, è di-ventato nel tempo un giocattolo per adulti. Ci sonopersone che avendo a disposizione un vano della casa,presi dalla passione per questo gioco, hanno creato“plastici” con tracciati ferroviari sorprendenti, con sta-zioni, gallerie, incroci, scambi, segnali etc. come deiveri scali ferroviari. Per non parlare poi di vagoni, vet-ture di tutti i tipi che si sono succeduti nel tempo siaitaliani che stranieri, veri capolavori, perfettamente

uguali a quelli reali, naturalmente in varie scale ri-dotte.

A parte il trenino di cui si è detto, è stato proprio iltreno, questo moderno mezzo di locomozione, crea-to verso la fine dell’Ottocento, a diventare parte inte-grante della vita delle popolazioni, con un suo fascinoparticolare. Parlando di fascino il pensiero non puòche andare al treno più famoso del mondo, (vantoeuropeo) l’Orient Express.

Questo treno è stato per molti anni uno dei simbolimassimi del lusso in Europa, frequentato, nei primidecenni, da Nobili, Reali, Magnati, etc. non per ne-cessità ma per svago, rimanendo un sogno per tuttigli altri meno ricchi o meno titolati. Il famoso treno,entrato in servizio nel 1883 con percorso da Parigi aIstanbul, passando per Venezia, è rimasto in funzio-ne fino al 1977, con le uniche interruzioni a “cavallo”delle due guerre mondiali.

Dopo cinque anni di intervallo, il treno ha ripreso afunzionare dal 1982, con le carrozze d’epoca (deglianni ’20 - ’30), restaurate mantenendo fedelmente lostile e l’arredamento di allora.

Io ho avuto la fortuna di vederlo durante una miavisita a Venezia, circa vent’ anni fa, posteggiato su unbinario nella stazione di Santa Lucia. Il tragitto è sta-to cambiato e ridotto, con partenza da Venezia e de-stinazione Parigi passando per Vienna, Praga eFrancoforte; durante il viaggio vengono effettuate duetappe, a Vienna e a Praga, per consentire la visitadelle due città. Il nome del treno adesso è: VeniceSimplon Orient Express.

Fare un viaggio su questo treno così magico, vuoldire viaggiare a ritroso nel tempo, viaggiare nellastoria. Il fascino di questo treno ha ispirato scrittorie cineasti; famoso il libro giallo di Agata Christie,Assassinio sull’Orient Express, diventato poi nel 1974ad opera di Sidney Lumet un famosissimo film conlo stesso titolo, premiato con l’Oscar.

Un’immagine della Mostra BibliograficaGiorgio Caproni che si è tenuta dal 21 al30 gennaio 2010 presso la Sala PolivalenteBiblioteca Civica “G. Mazzini”

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme 11Anno XVII N. 2

Il canto del galloDa molti anni ormai mi manca il canto del gallo.

Alcuni lettori o forse molti, potranno pensare: “Vabene, ma a noi in fin dei conti cosa ci può interessa-re?”.

Avrebbero certamente ragione, perché, chi è natoo cresciuto in città, non può certamente compren-derne il significato. Per chi come me, natoe cresciuto fino e ben oltre la maggioreetà in campagna, il gallo da secoli o mil-lenni è il simbolo di una civiltà rurale econtadina, in via di estinzione.

Mi riferisco soprattutto a quelle realtàrurali di collina, così fortemente presentiin Liguria, nel basso Piemonte e in tuttol’Appennino italiano, realtà, che nulla hanno da spar-tire con le attività agricole di oggi fatte di allevamen-ti intensivi, vivaismo, serre etc. dove il legame con laterra è finalizzato unicamente a logiche produttive ditipo industriale.

Lo scrittore Enzo Bianchi, langarolo di origine e dicrescita, una terra contadina per eccellenza, nel suolibro “Il pane di ieri” racconta con chiarezza e nostal-gia, quel mondo ricco di valori, usi e costumi.

Narrando del gallo, cita una bellissima massimalatina “gallo canente spes redit” , con il canto del gal-lo ritorna la speranza. “La speranza di un nuovo gior-no, la speranza che la notte sia vinta dalla luce, lasperanza che i fantasmi notturni fuggano per cedereil posto alla realtà della vita, sempre più bella di ciòche sogniamo, una speranza di cui tutti abbiamo cosìbisogno” .

Ho voluto riportare in corsivo integralmente le frasidi Enzo Bianchi perché così ricche di significato han-no saputo risvegliare in me gli stessi ricordi e senti-menti.

Noi viviamo in un paese che è diventato città, manel primo decennio successivo alla fine della secondaguerra mondiale i contadini erano ancora moltissimi.Vinti dall’espansione urbanistica, alcuni sono rimastirelegati in piccole “oasi” dove, anche se un gallo èrimasto, nessuno può sentire il suo canto mattutino,sovrastato dai rumori dell’autostrada, dai motorini,dalle macchine, da altri pensieri e dall’indifferenza.

Oggi siamo sempre “alle prese” con le bollette diluce, gas, telefono, cellulare, bollo, assicurazione erevisione della macchina, con il correre a prendere il

treno, accompagnare i figli a scuola, con la precarietàdel lavoro. Anche i nonni sono stressati per reggereil ritmo vorticoso dei nipoti impegnati dopo la scuolacon piscina, palestra, sport vari, video game etc.

Molti sono costretti a mantenere, per non essereda meno, uno “status simbol” come quello della set-

timana bianca, del viaggio nei luoghi tro-picali etc.

Tutto questo ci ha fatto perdere quellasimbiosi con la natura che era alimentodello spirito e medicina di felicità, non acaso i vecchi contadini, pur oberati dallafatica fisica, fischiettavano e cantavanotutto il giorno.

A me una piccola fortuna è rimasta, un piccolo so-stituto del gallo, un merlo, che sulla vetta di un pinoche cresce sotto le mie finestre, ogni mattina, mi sve-glia e mi riporta lontano. Il merlo però canta soltantoda febbraio fino alla fine della primavera, con l’ulti-ma nidificazione, poi ritorna solo e silenzioso. Alloracome per Enzo Bianchi, negli altri mesi, è ancora ilricordo del gallo a farmi sentire vivo.

Beppe Cameirana

Donna(Mahatma Gandhi)

Ritengo che la donna siala personificazione di quella

che io chiamo “non violenza”,che significa amore infinito

capace di assumere il dolore.Permettiamo alla donna

di estendere questo amorea tutta l’umanità.

A lei è dato di insegnare la pacead un mondo lacerato.

Un pensieroper lei

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme12 Anno XVII N. 2

Il Gruppo degli Alpini di ArenzanoHa festeggiato il primo anniversario della sua ricostituzione

Beppe Cameirana

Fra le tante realtà associative di carattere cultura-le, sociale, ricreativo, sportivo etc. presenti inArenzano, non poteva certo mancare la rappresen-tanza degli Alpini.

Sabato 24 ottobre 2009, il Gruppo arenzanese delle“Penne nere” ha festeggiato il primo anniversario dellasua ricostituzione, avvenuta il 18 set-tembre 2008 e festeggiata il 5 otto-bre dello stesso anno.

Il nuovo Gruppo è stato intitolatoa Padre Eugenio Giuseppe Vallarino,(nato da genitori arenzanesi), cheapparteneva al battaglione “Pieve diTeco” che con l’ARMIR partecipò al-l’infausta campagna di Russia nel-l’ultimo conflitto mondiale.

La cerimonia del primo anniversario si è svolta conla Messa in parrocchia alle 17,30, e alla sera con ilconcerto del Coro Soreghina dell’ANA di Genova, nel-l’oratorio di Santa Chiara. Concerto, che come quasisempre avviene, è terminato col canto “Signore dellecime” che in modo commovente onora e ricorda tuttii caduti in montagna.

Il Gruppo, che ha già una sessantina di tesserati, hasede nel palazzo S. Antonio di proprietà comunale, inpiazza XXIV Aprile (sopra la biblioteca) con ingressoda Via Matteotti.

Proprio in occasione del primo anniversario, perinteressamento di Pericle Robello, presidente della“Töre di Saraceni”, il Gruppo ha avuto come sede unnuovo locale, più idoneo, sempre allo stesso pianodel palazzo S. Antonio. È doveroso ricordare che ilGruppo degli Alpini era già stato costituito nel lontano

1958, intitolato al Maggiore Marcello Marchiano, e siera poi sciolto nel 1968.

Un fatto curioso: il nuovo Gruppo è dotato di duegagliardetti, il nuovo, donato in occasione dellaricostituzione dal Lions Club di Arenzano, ed il vec-chio del 1958 che si pensava fosse andato perduto ed

è stato recentemente ritrovato nelcassetto di un mobile di casa dal fi-glio di un vecchio socio scomparso.

L’UNITRE di Arenzano e Cogoleto,anche se con un po’ di ritardo, havoluto dedicare una pagina del pro-prio giornale per rendere omaggioal nuovo Gruppo degli Alpini.

Credo possiamo dire che gli Alpi-ni, fra tutte le altre specializzazioni delle varie “armi”italiane, sono gli unici ad avere un vero spirito di cor-po e appartenenza, un Alpino “nasce” e rimane finoalla morte, un Alpino.

Gli Alpini hanno “scritto” memorabili pagine di sto-ria italiana, per coraggio, sacrificio e fedeltà, pagan-do un grande tributo di sangue. Basti ricordare nelprimo conflitto mondiale, ad esempio, i nomi Adamello,Grappa, Carso etc. oppure i 200.000 dell’ARMIR, piùdella metà dei quali morti e dispersi nelle steppe ge-late della Russia o nei lager staliniani, nel secondoconflitto mondiale.

Io ho vissuto da ragazzino il dramma di alcune fa-miglie contadine, mie vicine di casa, nel mio paesinonatale, Santuario di Savona, che nulla hanno mai sa-puto della sorte dei loro figli scomparsi in Russia.

Tornando al Gruppo arenzanese, lo stesso, oltre allapartecipazione al raduno annuale nazionale, alle adu-nate regionali e locali, si è posto come obiettivo per iprossimi anni, la ristrutturazione del rifugio “PrauLiseu” che si trova sulle alture di Arenzano, presso lastrada che porta al passo della Gava.

A nome dell’UNITRE e mio personale, porgo un cor-diale saluto e ringraziamento, per avermi ricevutopresso la loro sede, e un fervido augurio di buon pro-seguimento, al Capo Gruppo Parodi Marco, al Segre-tario Barone Elio, al Tesoriere Mocellin Mauro e a tut-ti i soci affiliati.

Il Rifugio ”Prau Liseu”

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme 13Anno XVII N. 2

In un pomeriggio di fine autunno, nell’aria il saporedelle Feste Natalizie, si è tenuto al Grand Hotel diArenzano uno spettacolo il cui ricavato andrà ad uncentro (Comitato Collaborazione Medica) per progettidi cooperazione sanitaria in uno dei paesi più poveridel mondo: il Sud Sudan.

L’Assessore alla Cultura Mauro Gavazzi ha preso laparola salutando i presenti, rilevando che Arenzanovuol essere vicina alla gente che soffre.

Una garbata amica Unitre, Fabia Binci, ha presenta-to con emozione uno spettacolo, che è trascorso ar-moniosamente tra canti, musica, cabaret. Tutti i pro-fessionisti, come anche i giovani dilettanti, hanno ade-rito all’iniziativa senza alcun compenso, donando laloro solidarietà allo scopo umanitario.

Gli occhi di tutti gli astanti erano rivolti agli schermiche proiettavano fotografie di bimbi, di mamme. Bim-bi bellissimi, sorridenti, gioiosi nonostante il nienteche li circonda; oppure di altri con il ventre gonfio,piagati, sofferenti.

Sotto le foto, una dicitura scorreva illustrando comela mortalità infantile sia di una percentuale altissima,incomparabile a quella delle nostre latitudini e non èquesto l’unico drammatico problema.

Dopo aver ascoltato canzoni, dalla bellissima vocedel tenore Claudio Bacoccoli, accompagnato dalla chi-tarra del maestro Marco Pisoni, ha preso la parolaCristiana Lo Nigro, dottoressa volontaria dell’associa-zione.

Sentendola parlare, si capiva quanto amore, quan-te energie lei metta in quello che fa, in quello che leichiama: “Il mio credo”. La sua voce alla fine, prima dipassare la parola ad uno dei medici fondatori, eraincrinata dal pianto.

L’emozione di tutti era palpabile nell’aria.

Il professor Giuseppe Meo è stato ascoltato da tutticon profonda commozione ed interesse. È una figurasemplice, ricca d’umanità. Ci ha parlato di felicità, nelsud del Sudan. Che felicità? È fatta di niente: unapovera capanna, tanti fratelli, sorelle, la gioia di uncanto, la gioia di condividere il niente o il tutto con glialtri.

Sì! “La felicità è dividere il proprio piacere con unaltro”. (Proverbio Arabo)

Felicità è anche per noi condividere come possiamoi valori di solidarietà.

“Non camminare davanti a me, potrei non seguirti;non camminare dietro di me, potrei non sapere doveandare; cammina accanto a me, e sii per me un ami-co” (A Camus )

A questo punto un gruppo di cabarettisti, PaoloFranceschini, Luca Bondino, Mario Tarallo e Enzo Paci,con le loro battute e i loro giochi, ha portato di nuovoun clima di leggerezza.

Due giovani ragazzi, Martina Mazzeo e Marco Cucca,ci hanno regalato altre emozioni facendoci ascoltarele loro canzoni.

Per finire, il signor Angelo Satta, con la sua armoni-ca, ci ha stupito con tre pezzi musicali di vera bravu-ra.

Dopo aver salutato gli amici presenti alla manife-stazione, tutti con gli occhi lucidi, ma nello stesso tem-po contenti di aver contribuito anche noi col nostrogesto ad una iniziativa di solidarietà, siamo tornatialle nostre case.

I tempi dello spettacolo avevano un po’ sforato: mapenso che a nessuno abbia dato fastidio. Eravamoleggeri, molto più leggeri.

Gesti di solidarietà

Giuseppina Marchiori

Il Maestro Marco Pisoni

Il Tenore Claudio Bacoccoli

Il pubblico in sala

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme14 Anno XVII N. 2

Note di costume

Ogni venerdì mattina ad Arenzano ha luogo la ras-segna teatrale, una commedia che possiamo definirebrillante, i visi sono per la maggior parte sorridenti ela scena è movimentata.

L’ingresso per i soli spettatori è gratuito. Gli attorisono tantissimi, soprattutto donne, gli uomini sonopochi, alcune attrici recitano col marito, che, però,normalmente fa la parte del mimo, al massimo sug-gerisce alla moglie alcune battute.

È un teatro alla rovescia, gli attori recitano e sonotutti in platea, sul palco ci sono i registi e i produttori.

Gli attori non vengo-no remunerati, an-zi, sono loro che pa-gano per recitare,mentre registi eproduttori incassa-no e quasi semprerilasciano un bigliet-tino bianco per ricevuta.

Eppure gli attori se pur costretti a pagare si diver-tono e alla fine della recita tornano a casa contenti.

È un teatro multi-sala, con molti palchi, scenografiee quinte multicolori, i palchi sono coperti, le plateeno; in caso di pioggia normale, si bagnano solo gliattori, se la pioggia è molto forte e battente la recitaviene sospesa.

Gli attori recitano senza copione, improvvisano, sonobravissimi, la trama è creata ogni volta, solo qualcu-no si scrive alcune battute (solitamente poche) su diun foglietto. Non si limitano a recitare in una solaplatea davanti ad un palco, si muovono e recitano inaltre sale, si “mescolano” ad altri attori che a lorovolta si spostano. Solo alcuni (pochi) li vedi col visoserio, probabilmente hanno dimenticato la loro parteo i soldi e non recitano.

Gli spettatori di solito sono pochi, soprattutto uomi-ni, quasi sempre gli stessi, che restano impalati pres-so l’ingresso del teatro, non seguono la recita, si di-vertono a guardare gli attori, anzi le attrici, prediligo-no quelle giovani in minigonna.

In certi periodi, oppure occasionalmente, all’ingres-so del teatro c’è un politico di turno, il quale conse-gna ad attori e spettatori un foglio scritto in fotoco-pia, attraverso il quale dà consigli o chiede appoggioper iniziative non di proprio interesse, ma comune.

È un genere di teatro molto antico che continua adessere seguito con grande interesse, non cambia mai,

probabilmente la formula èperfetta. Io, confesso chespesso faccio da spettato-re, se non per altro, mi èservito per poter scriverel’articolo.

Ad Arenzano il teatro del venerdìLo spettacolo non manca

Favole belledi un tempoquando un tocco di fatatrasformavaanimali, cose, persone,a ristabilire una giustizia.Oggi,un mondo senza sogni,che affoganella sua cieca avidità.Chi ci salverà?Uno squarcio di luceche balzadagli occhi di un gatto,dai raggi di fioriche incoronano un villaggio,dall’aprirsi di un mare verdazzurrooltre un arco curioso.La creta modellatasi animacome ai primordi del mondo:su Agnesesi è posatoil dito di Dio.

Emilia Garaventa

Chi ci salverà?

Beppe Cameirana

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme 15Anno XVII N. 2

L’angolo dei libria cura del Gruppo BibliotecaBelinda Sterling, La rilegatrice dei libri proibiti, ed. Neri Pozza

È il 1859 a Londra edavanti alla legatoriaDamage si è appenafermata una carrozzacon le ruote di un rossofiammante, i fanali do-rati e uno stemma sul-la portiera.

Dalla carrozza scen-de Sir Knightloey che,con la sua cerchia diamici, coltiva il sogno diliberare la società dal-

le “pastoie del ritegno” e della morale.Da quando la legge ha stabilito che è illegale pub-

blicare e diffondere opere letterarie di genere immo-rale ma non possederle, Sir Knightloey e i suoi amicicollezionano quei libri proibiti che i puritani dell’epo-ca vorrebbero bruciare tra le fiamme dell’inferno: il

Decamerone, il Satyricon di Petronio, l’Ars Amatoriadi Ovidio.

A rilegare quei libri con preziose pelli e fodere scar-latte è Dora Damage, la moglie di Peter Damage.

L’artrite reumatica sta deformando le mani del ma-rito e, contro tutte le leggi della corporazione deirilegatori che vietano il lavoro delle donne, la moglieha preso il suo posto.

Dora comincia così a rilegare tutte le opere proibitee galanti del gruppo di amici con l’aiuto di un giovaneapprendista e di Din, uno schiavo nero americanocondotto nel laboratorio dalla filantropica e ambiguaLady Silvia, moglie di Sir Knightloey.

Romanzo storico che ci restituisce perfettamente iconflitti di sesso, razza e classe dell’età vittoriana.

Questo libro ci offre, con la figura di Dora, un’eroi-na moderna che non esita a infrangere le regole e itabù della Londra del XIX secolo, in cui gli ideali piùnobili si accompagnano alle miserie più sordide.

Matilde Asensi, La camera d’ambra, ed. Rizzoli

Sono sei, e sono i migliori esperti d’arte in circola-zione.

Si fanno chiamare “Il gruppo degli scacchi” e di pro-fessione falsificano e rubano opere di immenso valo-re per rivenderle al migliore offerente.

Ci sono la Torre, l’Alfiere, la Donna e il Cavallo eognuno ha un ruolo diverso proprio come le pedinedel gioco; e poi c’è il Pedone, alias Ana Maria, ladrainfallibile e proprietaria di un negozio di antiquariatoad Avila.

Tutti rispondono a un grande e misterioso capo, ilRe, imperscrutabile fondatore del Gruppo.

Questa volta, gli Scacchi hanno messo a segno unfavoloso colpo in un castello sul lago di Costanza.Ben presto si accorgono, però, che sotto il quadrorubato si nasconde un’altra tela: raffigura il poetaGeremia e reca inciso un messaggio in codice…

Comincia così una avventura che porterà i sei sulletracce di uno dei più famosi tesori che la storia ricor-

di: la preziosissima Camera d’Ambra, gioielloarchitettonico costruito con la luminosa resina delBaltico vista per l’ultima volta nel 1944 nel castello diKonigsberg. L’ottava meraviglia del mondo, come qual-cuno l’ha definita.

Gli Scacchi si lancia-no alla sua ricerca perscoprire, però, che nonsono i soli a cercarla.

In una travolgentegirandola di inganni efalse rivelazioni, saràAna Maria ad arrivarepiù vicina alla verità,trovando la chiave diquell’enigma splendi-do e, quasi per caso,anche quella del pro-prio cuore.

Leggere nuoce gravemente all’ignoranza Anonimo

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme Anno XVII N. 216

Sezione Regionale LiguriaVico Casana 9/3 int. 916123 Genova010-267312

Sezione di Arenzano Cod. L.I.11Via Sauli Pallavicino, 3316011 Arenzano (Ge)Tel. 335/8180625 e-mail: [email protected]

Fondo Mondiale per la Natura

La delusione di Copenaghen

prepotentemente, le urla della comunità scientifica.Nessun accordo vincolante, laconferenza sul CLIMA è stata tea-tro dell’egoismo e dell’irrespon-sabilità. A Copenaghen ha vintola SFIDUCIA VERSO L’ALTRO.

Nessuno vuole correre il rischiodi frenare le proprie emissioni diCO2 (responsabili dell’effetto ser-ra e dei cambiamenti climatici);nessuno si fida dell’altro.

Ogni paese pensa che, una vol-ta che ha intrapreso la politicaambientale per ridurre le proprieemissioni, gli altri Stati se ne ap-

profittino, non rispettando realmente gli impegni eavvantaggiando così la loro economia.

Il 18 dicembre, dalle 192 delegazioni e dai 45 capidi stato, ci si aspettava un tentativo di soluzione perquesto allarmante surriscaldamento terrestre.

Non possiamo accontentarci di sentir dire che l’im-portante è non superare di 2° la temperatura! Nellacittà più verde d’Europa, aspettavamo l’AZIONE. Ba-sta con le parole! Da Rio de Janeiro a Kyoto, è dal1992 che siamo in balia di labili accordi ed in giococ’è il futuro del Pianeta! La scienza grida: “è l’ultimaspiaggia, dobbiamo ridurre di 28 miliardi le tonnella-te di CO2".

Senza fare del catastrofismo sterile, non possiamoignorare che piccole variazioni, anche solo di 2° pos-sono avere conseguenze irreversibili nei delicati ecomplessi sistemi del Pianeta (giusto per citarne al-

La nostra economia ci impedisce di fare scelte co-raggiose che guardino lontano. Vitti-me del profitto immediato, non vo-gliamo invertire la rotta e questo nonci fa affrontare il problema serissi-mo dei cambiamenti climatici, comese all’uomo, d’altronde, non doves-se interessare!

Eppure, cambiare rotta vuol direesclusivamente fare il bene per l’uo-mo! La Terra coi suoi all’incirca 5 mi-liardi di anni, viveva prima dell’eraumana e continuerà a vivere anchequando avremo consumato tutte lesue risorse e reso il clima per noiinvivibile.

Proteggere la Terra è un obbligo per la nostra so-pravvivenza non una scelta di agenda politica da rin-viare al dopo crisi!

L’ecologia non frena l’economia ma piuttosto creale condizioni perché le risorse possano durare neltempo; è inutile che stiamo a guardare se il PIL cre-sce, le risorse non sono rinnovabili se non avviamouno sviluppo sostenibile!

Soprannominato l’anno del Clima, il 2009 sarebbepotuto diventare l’anno simbolo, occasione di una verasvolta per la nostra economia e per il Pianeta. Se loaspettavano milioni di persone; invece, il grande ver-tice di Copenaghen si è rivelato una delusione!

La Terra scotta ed i cambiamenti climatici sono sottogli occhi di tutti, eppure i protagonisti di Copenaghen-15 hanno preferito far finta di niente, soffocando,

Cari amici, questa volta con l’amico Gabriele Vallarino affrontiamo un problema davvero importanteper il pianeta Terra e per la sopravvivenza di tutti noi: il riscaldamento climatico, di cui si èoccupato il summit dell’ONU che si è svolto a Copenaghen dal 7 al 18 dicembre 2009.Buona lettura e buona riflessione a tutti.

Giancarlo Marabotti

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cune: cambiamenti delle correnti atmosferiche eoceaniche, innalzamento dei mari, ricadute negati-ve su Pesca e Agricoltura!).

Un esempio per chiarire: durante l’ultima gla-ciazione, la Lombardia e le montagne liguri eranocoperte di qualche centinaio di metri di ghiaccio e latemperatura globale della Terra era scesa di soli 4°!

E laddove c’è scetticismo per incertezza di fonti, sa-rebbe meglio usare comunque la PRUDENZA!

I Paesi più decisivi per la lotta alle emissioni sono gliUsa e la Cina, senza il loro impegno, ogni sforzo sa-rebbe vano, infatti, da soli, questi due Stati sono re-sponsabili del 50% del rilascio di CO2.

Gli Stati Uniti sono il paese con gli abitanti più inqui-nanti, ogni americano produce 19 tonnellate di gasserra, mentre la Cina detiene il record di Paese piùinquinante al mondo, con le sue 5 tonnellate di CO2

per cinese, produce quasi 7 miliardi di CO2 all’anno.In realtà, la Cina ha dato segni di speranza propo-

nendo un taglio del 50% entro il 2050 a patto che i

Non uccidete il mare,la libellula, il vento.Non soffocate il lamento(il canto!) del lamantino.Il galagone, il pino:anche di questo è fattol’uomo. E chi per profitto vilefulmina un pesce, un fiume,non fatelo cavalieredel lavoro. L’amorefinisce dove finisce l’erbae l’acqua muore. Dove,sparendo la forestae l’aria verde, chi restasospira nel sempre più vastopaese guasto: “Comepotrebbe tornare a esser bella,scomparso l’uomo, la terra”.

Gabriele Vallarino

Versicoli quasi ecologici

Giorgio Caproni

paesi industrializzati effettuino riduzioni tra il 25% e il40% nei prossimi dieci anni.

L’Unione Europea ha avanzato una proposta timidama pur sempre un inizio: ridurre del 20% entro il 2020.

La posizione di Pechino e dei paesi in via di sviluppoè comprensibile: essi non vogliono sopportare il pesomaggiore del taglio alle emissioni proprio perché perloro significa rimanere in povertà.

Non dovremmo, forse, dare il buon esempio? Ab-biamo inquinato nel passato e abbiamo raggiunto losviluppo economico e adesso non possiamo negarloagli altri per risolvere i problemi da noi stessi creati.

Compiamo, per primi, i passi decisivi; mostriamo dasubito la via dell’efficienza energetica, delle energiealternative e della lotta agli sprechi; diamo il buonesempio e poi chiediamo agli altri di seguirci! In que-sto modo saremmo, se non altro, più credibili.

Propostadell’Unione Europea:

ridurre del 20%entro il 2020

le emissioni di CO2

nell’atmosfera

N.O.I. nuovi orizzonti insieme 17Anno XVII N. 2

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme18 Anno XVII N. 2N.O.I. nuovi orizzonti insieme18

via San Giobatta 1316011 Arenzano

tel/fax 010.9111114

Anno XVII N. 2

Rosa Brocato mentre dipinge il carro di carnevalecon Antonella Vigo, una collaboratrice dell’ AUSER

Una pittrice amica dell’AuserOgni anno, in occasione del Carnevale, come

in tante località italiane, ad Arenzano si allesti-scono i cortei mascherati a cura del Comitatodel Carnevale, che esibisce la prima domenicadi febbraio, lungo le vie principali della nostracittadina, le opere dei volontari che per mesi sisono riuniti nei capannoni comunali a lavorare.

Anche l’Associazione Auser da diversi anni siè inserita in questo evento e vi coinvolge diver-se persone che danno una mano nell’allesti-mento. Ma il tocco finale che esalta il carro èsicuramente la pittura che viene immancabil-mente affidata ad una nota pittrice RosaBrocato.

Rosa non è solo una socia dell’Auser ma èanche una grande amica del volontariato per-ché impiega molto del suo tempo nel dipingere il car-ro che, ogni anno, presenta un tema diverso.

Rosa Brocato vive a Cogoleto, è diplomata Maestrad’Arte ed è stata inserita nel catalogo Nazionale d’Ar-te Gelmi 1997/98 e, nel 2006, nel Dizionario ArtistiLiguri Beringhelli. Ha fatto molte mostre collettive epersonali sia in Italia che all’estero. La sua più recen-te partecipazione è stata sicuramente quella alla mo-

stra collettiva di Tata in Ungheria, cittadina gemellatacon Arenzano.

I critici d’arte danno di Rosa giudizi di pregio, comeGermano Beringhelli il quale sostiene che nella suapittura, caratterizzata da una sorta di cromatismo to-nale evanescente, la pittrice mette in luce le propriecapacità espressive volte all’accoglimento sensibile del-la realtà, sia essa paesaggistica che oggettuale; men-

tre il Prof. Bartolomeo Delfino sostiene che, os-servando i dipinti di Rosa, ci si immerge in unaparticolare atmosfera creata dalle intonazionifredde dei colori. La prevalenza data ai toni diblu e di violetto, trattati in infinite variazioni,rendono in maniera originale e squisitamentefemminile i soggetti che presentano elementidi primo piano più definiti, lasciando via via sfu-mare nell’indeterminatezza le lontananze.

I soci dell’Auser sono molto orgogliosi di sfi-lare con un carro “firmato” e non possono cheessere grati a tutte quelle persone che comeRosa, contribuiscono a regalare un giorno difesta alla popolazione di Arenzano e diCogoleto.

Socie dell’AUSER mentre preparano i fiori di carta

Marisa Carrea

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme 19Anno XVII N. 2

Piazza XXIV Aprile - 16011 Arenzano - tel. 338.7713935

Attività dell’associazione: Tutela delle tradizioni arenzanesi. Pubblicazione di ungiornale sociale ad argomento storico e culturale. Organizzazione di mostre, cenesociali. Corsi di genovese presso le scuole.

Arenzano fu sempre reputata sede dei migliori can-tieri della Liguria, come sappiamo dal Vinzoni. AncheChabral asserisce che in Arenzano la pesca e la co-struzione di bastimenti di tutte le specie formano unarisorsa per gli abitanti: “La pêche et la constructiondes bâtiments de tout espèce y formaint uneressource pour les habitants”.

Ed il Bartolomeis afferma anche lui che “il borgo diArenzano sarebbe per la sua posizione assai favore-vole al commercio ed alla costruzione dei bastimen-ti”.

Trae questa sua posizione favorevole dal suo tran-quillo e spazioso seno di mare e dalla sua vicinanzaalla valle dell’Olba dalla quale ricavava e ricava le-gname da costruzione in abbondanza.

Questa ragione ci induce a credere che anche laRepubblica Genovese facesse costruire nei cantieridi Arenzano un buon numerodelle sue galee e ci permette dicapire come gli Arenzanesi de-tenessero il primato nella navi-gazione tra tutti i popoli liguri.

Il legame di Arenzano con il mare è antico e profondo. In un atlante del XVIII secolo la nostra cittadina èdescritta come patria di marinai, corsari e costruttori di navi. Sembra che Emilio Salgari, nel delineare lafigura del suo Corsaro Nero, si sia addirittura ispirato al popolare Capitan Romeo, che combatté a fianco deiFrancesi nella guerra di successione spagnola.

Costruzioni navali

a cura di Pericle Robello

Arenzano Golfo

Arenzano e il mare

Navigazione e commercio

Per provare il primato diArenzano in fatto di navigazionee di commercio basti riportarela bella testimonianza di Gero-lamo De Marini, il quale nella sua“Descrizione della RepubblicaGenovese” dice che erano più di50 (ultra quinquaginta) le gros-se navi di Arenzano che solca-rono il Mediterraneo e l’Oceano.

La sua sola testimonianza basterebbe a denotare l’in-cremento ed il grande sviluppo a cui erano pervenutiin Arenzano la navigazione ed il commercio.

Il Guerra nelle sue memorie ha conservato docu-menti che confermano questo florido stato della ma-rina di Arenzano.

Il primo documento è una convenzione del 1700 fir-mata da ben ventuno capitani marittimi di Arenzano,per la quale vennero obbligati a dare la mezza partedi ogni viaggio per la costruzione della nuova Chiesa.

Nel 1706 per la guerra tra i Francesi e Carlo IIIassediato in Barcellona, le navi di Arenzano furonocostrette a restare inattive nei porti; ed il Guerra sene lamenta: “In questo tempo i nostri vascelli, percausa di queste armate, non potevano viaggiare, eper conseguenza non si poteva lavorare alla fabbrica(della Chiesa)”.

E continuando nel 1710 la guerra tra Carlo III e Fi-lippo V, il Guerra dice ancora: “In mare era difficile

navigare perché ogni nazio-ne faceva il corso tanto deipiccoli quanto dei grossi va-scelli, che si poteva dire cheil mare era pieno di ladri; maquella che più ne avvertiva ildanno era la Nazione Geno-vese, che appena una qual-che nave lasciava il porto erapreda dei corsari”.

Le navi di Arenzano eranotenute in tanta stima che i repiù potenti d’Europa faceva-no a gara per averle al loroservizio.

N.O.I. nuovi orizzonti insieme 19Anno XVII N. 2

Centro Storico Töre Di Saraceni

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme20 Anno XVII N. 2N.O.I. nuovi orizzonti insieme20 Anno XVII N. 2

Consorzio Arenzano Per Voi - ONLUS

Il Consorzio ha realizzatoin questi anni, e continua tut-tora a realizzare, progetti disolidarietà:- interventi domiciliari a fa-

miglie con anziani nonautosufficienti,

- interventi di aiuto econo-mico per anziani e/o giovani con disagi fisici e so-ciali,

- sostegno a ragazzi appartenenti a famiglie disa-giate, per permettere loro la partecipazione alcentro estivo, al sostegno scolastico pomeridiano,ecc.

- attivazione, sostenuta economicamente per inte-ro, - nel 2009 - della reperibilità di un servizioTAXI serale per tutti, dalle ore 20 alle ore 24,

- contributi economici a gite sociali, in presenza dianziani e/o giovani disabili per rendere possibilela partecipazione di personale di accompagnamen-to specializzato,

- inserimento di disabili nel tessuto sociale diArenzano, attraverso le attività delle Associazio-ni.

Il Consorzio è aperto a tutte le proposte e le inizia-tive che gli verranno rivolte e che, dopo le verifiche dilegge, saranno esaminate dal Direttivo. Quindi, se ri-tenute coerenti con le finalità del Consorzio, potran-no essere sostenute , finanziate e realizzate nell’am-bito della disponibilità del Fondo Sociale.

Vorrei focalizzare la vostra attenzione su ciò che inrealtà portiamo avanti: l’aiuto ed il sostegno econo-mico a tutte quelle “nuove povertà” che riempiono lasocietà di oggi, il più delle volte - e per troppo tempo-ignorate, nascoste per vergogna o disinteresse (vedidisabili, malati mentali…) confinati tra le mura dome-stiche o in strutture “chiuse”.

Oggi i nuovi poveri, cioè coloro che per la crisi eco-nomica sono scesi sotto i livelli di povertà, sono con-siderati gli scarti della società, questa società tuttamirata al profitto che crea le grandi solitudini.

Il lavorio dell’associazionismo sociale crea una so-cietà più matura, attenta e consapevole. E ovviamen-te lavorare insieme aiuta a raggiungere maggiori ri-sultati.

Innanzitutto voglio ringrazia-re il Direttivo dell’Unitre che haofferto al Consorzio Arenzanoper Voi uno spazio sul giornalinoNuovi Orizzonti.

Mi presento. Sono RosaAnnaPrinci - Portavoce del “Consorzio Arenzano per voi”,Associazione Onlus che - già da oltre tre anni - èpresente in Arenzano.

Il Consorzio è l’insieme di tante Associazioni divolontariato (trenta soci) che operano sul territorio diArenzano in campo sociale, sanitario, culturale, spor-tivo.

Il Consorzio si propone di creare una rete di colla-borazione tra le Associazioni del territorio ed i citta-dini, per migliorare la qualità della vita e delle rela-zioni interpersonali, intervenendo laddove le istituzioninon riescono ad arrivare e promuovendo la sensibili-tà verso le persone in situazione di disagio.

Come ?Il Consorzio si riunisce periodicamente per lo scam-

bio delle comunicazioni tra Associazioni, per indivi-duare i bisogni reali della popolazione e per proget-tare interventi che rispondano alle esigenze emerse,naturalmente in collaborazione con i Servizi Socialidel Comune e con il Consiglio Comunale dei Ragazzi.

Il Consorzio realizza una manifestazione annuale -l’ultimo fine settimana di giugno - per rendere visibilel’operato delle Associazioni e per realizzare una rac-colta fondi che verrà destinata a progetti sociali perArenzano.

Un momento della Festa del Volontariato

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme 21Anno XVII N. 2

Nella solidarietà ciò checonta è la testimonianza : èinteressante notare che nelpiano socio sanitario dellaRegione Liguria vi è il con-cetto di rete, il modello direte che è particolarmente

efficace. Ed il Consorzio è la realizzazione di una verarete sul territorio!!!

Viene espresso il concetto di integrazione, coope-razione intorno alle esigenze della persona umana.

E per poter rispondere in modo adeguato, ma re-sponsabile, a tutte le esigenze che emergono occorreessere oculati e capaci di gestire gradualmente i pas-saggi che possono portare alla realizzazione dei pro-getti.

Occorre lavorare in collaborazione, sia fra tutte leAssociazioni, sia con tutte le Istituzioni.

Eliminare l’immobilismo che sempre prelude al de-clino, ma - con pazienza, mediazione fiduciosa, cre-scita personale - orientare l’organizzazione al cam-biamento.

RosaAnna Princi

Nel Consorzio deve - ed è - annullarsi l’individuali-smo delle singole Associazioni: tutti insieme, pur nelrispetto delle proprie caratteristiche individuali, perun unico scopo e cioè la realizzazione vera di solida-rietà, aiuto, risposta alle esigenze ed alle richieste.

È possibile sostenere con offerte e donazioni il Con-sorzio Arenzano per voi, tramite il conto correntepostale n. 92945765. Ovvero destinare il 5 x mille,senza alcun carico del cittadino, firmando il modelloCUD o il 730 ed inserendo il codice fiscale del Con-sorzio Arenzano per voi che è 95110480100.

È possibile richiedere ulteriori informazioni alcellulare del Consorzio 327 5825346

Ringrazio per l’attenzione, ed invio a tutti tanti au-guri di Buona Pasqua.

Portavoce: RosaAnna Princi - tel 010 9125237- 339 6073586Segretario : Francesco RobaTesoriere : Rosanna VescoviComitato Direttivo : RosaAnna Princi - Fran-cesco Roba - Rosanna Vescovi - Franco Cavi-glia - Ida Fattori - Giancarlo Marabotti.

Festa del Volontariato: stand Unitre

Nessun uomo è un’isola, intero per se stesso;Ogni uomo è un pezzo del continente,parte della Terra intera; e se una sola zolla vien portata viadall’onda del mare, qualcosa all’Europa viene a mancare,come se un promontorio fosse stato al suo posto,o la casa di un uomo, di un amico o la tua stessa casa.

Ogni morte di uomo mi diminuisce perchéio son parte vivente del genere umano.

E così non mandaremai a chiedere per chi suona la campana:essa suona per te.

John Donne

Nessun uomo è un’isola

N.O.I. nuovi orizzonti insieme 21Anno XVII N. 2

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme22 Anno XVII N. 2N.O.I. nuovi orizzonti insieme22 Anno XVII N. 2

ASSOCIAZIONE“AMICI DI ARENZANO”

Via Sauli Pallavicino, 3316011 ARENZANO GE

L’Associazione AMICI DI ARENZANO, costituita nel 1994, ha lo scopo di concorrere allatutela ed alla valorizzazione dei beni culturali, delle risorse ambientali, naturali e paesaggistichedi Arenzano; non è legata a partiti politici e non ha scopo di lucro.

e-mail: [email protected]

Foto Merlo

Vestigia militari ad Arenzano

Nel precedente numero di questo periodico abbia-

mo parlato del muro antisbarco costruito durante la

seconda guerra mondiale, sotto il motto “Per non di-

menticare” e abbiamo accennato al fatto che nel terri-

torio del nostro Comune esistono anco-

ra altre opere minori (batterie, cam-

minamenti…) che andrebbero censite e

valorizzate quali mute testimonianze di

un passato che, per la sua drammatici-

tà, abbiamo il dovere di ricordare e tra-

smettere ai posteri.

Da parte nostra abbiamo pensato di iniziare un cen-

simento, con l’aiuto di persone di memoria storica,

Bunker, situato in posizione

panoramica sulla rocca Neigra, che

ospitava un telemetro da costa

utilizzato per dare la misura della

distanza dei “nemici” al treno

armato che si trovava nella galleria

di Vesima.

Sulla rocca Negra

riportando su una cartina i punti dove ancora esisto-

no delle vestigia suddivisi per tipologia.

La nostra intenzione è di proseguire in questo la-

voro approfondendo la ricerca più nel dettaglio caso

per caso, considerando anche i “rifu-

gi”, utilizzati per ripararsi dai canno-

neggiamenti navali e dai bombarda-

menti aerei, realizzati dai concittadini.

Invitiamo per questo già fin d’ora chi

avesse notizie e lo ritenga opportuno a

fornirci collaborazione.

Tanti auguri di Buona Pasqua!

Pernon

dimenticare

Gli Amici di Arenzano

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme 23Anno XVII N. 2

Cartina Siti MilitariAlla ricerca ha attivamente e concretamente collaborato l’amico G. B. Damonte,

appassionato ricercatore di archeologia

N.O.I. nuovi orizzonti insiemeAnno XVII N. 2 23

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme24 Anno XVII N. 2

“O pâ sciortïo da Mattausen”.Avevo dodici anni e non sapevo cosa

volesse dire quella frase, udita percaso.

Solo anni dopo, leggendo Anna Franke Primo Levi, capii appieno la tragediadi quel nome e degli altri, omologhi neldelirio fratricida.

E più leggevo, più mi incuriosivo, piùvolevo leggere, sapere, capire… rabbri-vidire…

E, ora, ho anche visto con i miei oc-chi.

Ho visto le baracche, i tavolacci, le fotodi visi emaciati, di esseri scheletrici cui era stata tol-ta, prima ancora della vita, la dignità di uomo; hovisto le “docce”, i forni crematori, il tavolo di disse-zione, le ciminiere attraverso le quali sono passate,fumo disperso nell’aria, migliaia di persone.

Guardandomi intorno ho avvertito l’incredulità, losconcerto, lo strazio, forse anche il tentativo inutile einerme di ribellione.

Ho intuito bimbi dagli occhisgranati, non dalla meraviglia,ma da un muto stupore, per-plesso, diffidente, disperato,che cercavano la mamma dal-la quale erano stati strappativia, e ho visto le madri che co-minciavano a morire nel momento in cui i rinnovatiErode sradicavano il figlio dalle loro braccia; comin-ciavano a morire perché il cuore scappava loro dalpetto per correre dietro al bimbo, preda innocente diun inconcepibile delirio.

Ho assistito alla ferocia con la quale uomini biondidagli occhi azzurri trasparenti come il ghiaccio,inguainati in perfette uniformi decorate con la crocemaledetta, succubi dell’obbedienza cieca e aberranteai voleri del despota pazzo in preda ad allucinazionidi onnipotenza, smembravano le famiglie e si acca-nivano sui fratelli dai tratti somatici diversi dai loro,sui nomadi, sui deboli, sugli omosessuali e sugli in-validi, considerati “razze inferiori”.

C’era, fra i visitatori di Mauthausen, anche un grup-po di persone che parlavano spagnolo.

Fra di loro un vecchio dal passo incerto.Aveva occhi stanchi che traguardavano oltre le ba-

racche e oltre le torrette di pietra, ultimi testimoni,al pari di lui, di tanto orrore.

Rivisitava quei luoghi, sorretto amorevolmente dabraccia giovani che volevano sapere.

Chissà quali storie affollano ancora la sua mente eil suo cuore!

Il mio turbamento incredu-lo è cresciuto maggiormentee mi ha gettato in un profon-do disagio quando la guidaaustriaca ha raccontato cheoggidì, in Austria, gli ebreisono esentati dal pagare le

tasse allo Stato.Ecco servita un’ulteriore prova che l’uomo, purtrop-

po, ha elevato il denaro a denominatore comune pertutto, per ogni cosa bella e per ogni bruttura!

Ma, signori miei, stavolta non è possibile!Non è morale assegnare un potere d’acquisto al

Delitto del secolo.Ed è sconvolgente che i figli di Caino pensino di

lavare le proprie coscienze dal retaggio di quel nuo-vo “peccato originale” lasciato loro dai padri,monetizzando l’orrore dell’Olocausto in favore deglieredi di tutti gli Abele vittime del più turpe fratricidiodei tempi moderni.

Come se fosse possibile espiare un tale crimine !!!

Mauthausen

Campo di concentramento di Mauthausen: ingresso

“Meditate che questo è stato” - Primo Levi

27 gennaio: Giornata della memoria

«Se comprendere è impossibile,conoscere è necessario»

(Primo Levi)

Maria Rosa Costanzi

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme 25Anno XVII N. 2

Un poco di storia del BatikTra i nostri corsi Unitre esiste

anche il corso di Batik, del quale iofaccio parte. Vorrei raccontare unpoco di storia di questa tecnica cosìcuriosa e attraente.

Il reperto più antico nell’ambitodel Sud/Est asiatico è costituito dadue paraventi dell’VIII secolo, con-servati nel tesoro imperiale a Nara(Giappone), ma frammenti di Batik(di probabile origine indiana) sonostati rinvenuti in tombe egizie risa-lenti al I sec. dopo Cristo.

Il Batik era strettamente prero-gativa del mondo femminile che ne curava tutto il pro-cedimento: dalla filatura del cotone e della seta, allascrittura (o pittura) con la cera, fino alla fase finaledella tintura.

La donna “faceva Batik” per proteggere la propriafamiglia e come forma di devozione al suo dio. Il suosforzo era inteso ad avvicinare il dio e propiziarne ilsuo spirito. Articoli di abbigliamento, come scialli ecopricapi (scegliendo disegni e simboli magici), ser-vivano per cerimonie religiose ed occasioni particola-ri, quali la circoncisione, l’imposizione del nome alquinto giorno dalla nascita, il matrimonio, le malattiee la procreazione.

La vita di Corte, a quei tempi, era molto sofisticata,musiche e danza classica di antica origine indianaerano seguite e studiate. Questa tecnica rituale ap-partiene tutt’oggi alla donna, come suo è per naturail mistero della vita, il poter generare e rigenerarenel perpetuo segreto del seme, del germoglio e delfrutto.

Oggi la tecnica del Batik è soprat-tutto diffusa e fiorente a Giava e nel-l’isola di Madura, dove fa parte atti-va dell’artigianato popolare. Ma di-versi artisti orientali, consapevolidelle possibilità espressive di que-sta tecnica, hanno saputo creareopere ormai slegate dagli aspetti ar-tigianali e decorativi del Batik tradi-zionale, avviando un discorso arti-stico autonomamente valido, pur neiriferimenti culturali della tradizione

orientale.Nel mondo occidentale si cominciò a conoscere il

Batik nel 1817, quando apparve a Londra il libro del-l’allora governatore di Giava, R. Stampford, in cui latecnica era descritta in ogni particolare.

Più tardi, nel 1883, una vasta collezione di lavorigiavanesi in Batik fu esposta alla mostra coloniale diAmsterdam, suscitando un grande interesse.

Dal dopoguerra ad oggi la tecnica è stata recepitacon favore da molti artisti contemporanei, apparte-nenti ad aree culturali anche molto lontane dal mon-do orientale.

La sperimentazione di questa tecnica nell’arte mo-derna di tradizione occidentale è nota negli Stati Uni-ti, nel Nord Europa sotto la spinta di un generale inte-resse per l’arte orientale, ma è stata presto assimila-ta e slegata dagli schemi originali, per essere usatain piena autonomia.

N.B. La tecnica Batik è già stata descritta dall’inse-gnante del corso stesso (Alfia Insolera) in altri nume-ri di questo giornalino.

Giancarla Maiardi

Il Batiknell’arte contemporanea

I lavori presentati nelle foto

sono stati realizzati da studenti

del corso Unitre di Batik

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme26 Anno XVII N. 2

La moda di RobertaRomanticismo e leggerezza per vincere la crisi

L’anno nuovo sarà migliore di quello che l’ha prece-duto? Bisogna crederci! Certo che, per chiedercelo,siamo già un po’ avanti, ma così forse qualcuno potràavere delle risposte se, per caso, ha già avuto qual-che accenno di positività.

Tardi anche per farvi gli auguri? Forse, ma io, comeogni anno, li faccio lo stesso, con affetto e simpatia.

Incominciamo quest’ anno con spendere due paro-le per questo nostro mondo che va verso una cata-strofe ecologica. “È ora di rallentare la marcia”. Sonoparole di un celebre filosofo ed economista francese,Serge Latouche che annuncia che c’è un solo modoper proteggere il pianeta: CONSUMARE DI MENO!

Basta con il falso mito che ci spinge a produrre,acquistare e consumare sempre di più distruggendol’ambiente! Invertire questo circolo vizioso è il segre-to per la felicità!

Allora diciamo così che oggi penseremo ad una modache rispetti l’ambiente, quindi tessuti riciclati, peresempio, T.shirt di cotone organico e cardigan di lanagrezza ( il cappottino nel disegno in lana, non tinta,nel colore naturale).

Il verde (così verde come la natura) nelle tonalitàfoglia, prato, trifoglio, bosco, sarà il colore di questaprimavera e gli abiti si accompagneranno bene con lepashmine di cashmere, utili anche nei mesi un po’ piùcaldi. Possono sostituire i cardigan con grande ele-ganza, basta scegliere i filati più leggeri.

Veniamo dunque a qualche indizio della moda diquesta stagione: volumi e silhouettes estreme sonole parole chiave, ma teniamo conto che sto parlandodegli addetti ai lavori! Le spalle a piramide e gli orliarricciati come nuvole, vita stretta e linea a uovo!Importante non scegliere vie di mezzo.

Trionfano i materiali tecno-ecologici, come organzee sete fluttuanti. Il bianco è per chi osa di più! E stiva-li, stivali, stivaletti e tacchi!

Borse: secchielli e zaini: naturalmente con aggiun-ta di tessuti preziosi o di strass e pietre.

Torniamo con i piedi per terra e diciamo subito chebisogna cercare in noi tutta la possibile femminilitàche è una miscela irresistibile di grazia ed eleganzache insieme possono dare uno stile inconfondibile.

Aggiungete un nastrino sul vostro berrettone, met-tete una spilla brillante sul vostro cappotto un po’

demodè, una sciarpa con frange e pon pon sulle vo-stre spalle, una collana fantasia sul vostro vecchioabito o un bel fiocco in raso piazzato dove voi pensatemeglio.

Nel disegno: cappottino di lana grezza (per le sereun po’ fresche), sottile sottogiacca in maglina di setamarrone scuro e gonna di un tessuto lavoratissimo ditipo matelassé.

Non badate al disegno così” longilineo”, è unaforzatura della stilista, ma pensate che questi tre capipossono essere quasi un guardaroba se sapreteintercambiarli con “cosine” che avete già.

E pensate a fare la vostra piccola parte per un mon-do più sano e pulito. Ciao a tutti.

Roberta Campo

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme 27Anno XVII N. 2

L’angolo di Marilinaa cura di Marilina Bortolozzi

D.

R.

Abito e lavoro a Genova ma intendo aprire uno studio a Milano dove lavorare due giorni alla settimana.

Per questo motivo ho ivi acquistato un monolocale di circa 40 mq.

Vorrei ristrutturarlo e attrezzarlo in modo da poterlo utilizzare anche come riferimento abitativo. Come

potrei sistemarlo al meglio?

La disposizione del monolocale si presta allo sfruttamento dello spazio in funzioni diverse utilizzando

porte e pannelli scorrevoli all’interno delle pareti.

Questi divisori rendono

autonomi i locali. Lo spa-

zio dedicato al salotto,

dove il divano all’occor-

renza diventa un comodo

letto, è stato distribuito in

modo da ospitare uno stu-

dio indipendente.

Anche qui, una porta

scorrevole a due ante se-

para, senza isolarli, i due

ambienti illuminati da

grandi finestre.

Il sentore pungente che i canali di Venezia regala-no in quelle giornate umide e uggiose – “maccajose”diremmo noi a Genova – mi arriva a zaffate, distur-bando il mio dormiveglia alquanto poltrone.

Voglio ignorare questo afrore di acqua stagnante,di pesce, di melma che come un grimaldello cerca diaprirmi le palpebre!

Voglio dormire ancora un po’… poi andrò a SanMarco, alla Chiesa dei Frari, girerò per le calli…, maora voglio riaddormentarmi.

E ci sto anche riuscendo, quando, all’improvviso,un suono insistente lacera il velo del mio subconscio.

È un clacson!… Impossibile!A Venezia?… Impossibile!Di colpo sono sveglia.Ma sono a casa miaaa!!Nel mio letto!E non è UN clacson che suona: sono TANTI.

Tutti quelli dei Tir e delle auto incolonnati sull’auto-strada!

E l’odore che sento?Quell’odore che mi ha fatto credere, intorpidita co-

m’ero dal sonno, di essere in mezzo ai canali di Ve-nezia?

Tranquilli!So cos’è!È il depuratore che stamattina funziona a pieno rit-

mo.Eh, sì! A Voltri ci voleva proprio un impianto che

ripulisse le acque che i vari collettori fognari riversa-no nel mare…

Peccato, però, che, secondo i sacri principi dellachimica “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si tra-sforma”, col risultato che, alla fine del processo, ciòche era allo stato liquido è passato a quello gassoso,spargendosi nell’aria e “deliziando” gli olfatti cittadini.

Ma una soluzione c’è: chiudiamo gli occhi e illudia-moci di essere a Venezia, in una giornata “maccajosa”.

Sogno… venezianodi Maria Rosa Costanzi

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N.O.I. nuovi orizzonti insieme28 Anno XVII N. 2

Perché?“Io non ho talenti straordinari. Sono solo appassionatamente curioso”.

Gianna Guazzoni

Gli animali parlano fra loro?Anche fra loro esiste un linguaggio. Non esprimo-

no idee ma si fanno intendere. Come potrebberoaltrimenti insetti che vivono in società provvederecon intelligenza al loro benessere e far fronte aipericoli della loro vita in comune?

Come gli uomini imparano a parlare?Il bambino emette dei suoni, le parole non sono

che un succedersi di suoni ripetuti e arricchiti sem-pre di più da una generazione all’altra.

Perché tante lingue?Molte parole non sono che imi-

tazioni di suoni. Poi ci sono le pa-role inventate per ogni cosa nuovache l’uomo, progredendo, riuscivaa fare; per ogni cosa un nome.

I diversi gruppi di uomini che nonconoscevano l’esistenza gli uni degli altri trovavanoaltri suoni, altre parole.

La direttrice di N.O.I. mi ha chiesto di scrivere unbreve articolo per completare un eventuale spaziovuoto del giornale. Certamente per me non è facileperché bisogna trovare un argomento valido chepossa interessare i nostri lettori.

Per un giornalista professionista chescrive ogni giorno su quotidiani o rivistesarebbe molto più semplice, specialmen-te per un cronista, perché il giornalismoè da sempre affascinato dalle brutte no-tizie, e queste, come sappiamo non man-cano, basta leggere o sentire la TV ognigiorno. Meglio ancora per i giornalistisportivi, perché lo sport agonistico è una delle “atti-vità” più seguite dalle persone di ogni età.

Naturalmente il calcio, da sempre, la fa da padro-ne, e i giornalisti oltre a commentare i risultati pu-ramente sportivi, si divertono a “ricamare” tramesulla vita privata dei campioni più noti, con gli innu-merevoli flirt con veline o star della televisione, oper notizie più o meno vere sulla campagna acqui-

Scrivere un articolosti, o sostituzioni di allenatori. Questi argomenti sonosoprattutto appannaggio delle riviste specializzate“scandalistiche” che si occupano di gossip in cui gliassi sportivi sono sempre in prima pagina ed hanno

surclassato gli attori cinematografici che neidecenni scorsi erano invece i protagonisti.

Per il giornalista che si occupa delle pagi-ne culturali e scientifiche, il compito è moltopiù impegnativo e comporta uno studio eduna esperienza maturata negli anni di pro-fessione.

Per chi scrive di vicende politiche, oltre allacronaca, a volte per certe dispute fra avver-

sari di partito o schieramento, che rasentano il ridico-lo, le notizie sono più da cultori del gossip.

A questo punto però, mi accorgo, di essermi persoin chiacchiere inutili, non so cosa mi dirà la direttricedel nostro giornale, la quale mi aveva dato fiducia, epraticamente ho scritto un breve articolo, senza aver-lo scritto.

Beppe Cameirana

Aforismi di Renzo Piano

Pablo Neruda ha detto che il poeta quello che ha da dire, lo dice in poesia, perchénon ha un altro modo di spiegarlo. Io, che faccio l’architetto, la morale non la predico:

la disegno e la costruisco.

Una città non è disegnata, semplicemente si fa da sola.Basta ascoltarla, perché la città è il riflesso di tante storie.

Albert Einstein

Page 29: Unitre, Università delle Tre Età NuoNuoNuovi Orizzonti ... · Giorgio Caproni nasce il 7 gennaio 1912 a Livorno e scompare il 22 gennaio 1990, nell’alba e nel gelo di prima mattina,

N.O.I. nuovi orizzonti insieme 29Anno XVII N. 2

Tutti i corsi dell’Unitre sono condotti sapientementee risvegliano in noi “allievi” antiche passioni o nuovecuriosità. Nel mio caso il corso di Egittologia a suotempo e, più recentemente, il corso di Urbanistica,perché la città e l’architettura mi hanno sempre inte-ressato.

L’architettura è antica arte del costruire. Dalla ge-nerazione di Caino (sì, proprio lui, il famigerato Cai-no) nascono la scienza, la tecnica, l’architettura. Cainocon Enoch è il primo costruttore di una città, il primograttacielo fu la Torre di Babele. L’uomo aspirava araggiungere il cielo, gli altari sacri erano costruiti sullealture.

La prima manifestazione della capacità creativadell’uomo è la casa dove nascondersi e rifugiarsi. Lecittà sono ancor oggi le case dell’umanità e, proprioper questo senso di accoglienza e di protezione, quasitutte le città hanno nomi femminili. Ogni edificio na-sce per essere abitato dall’uomo, si stabiliscono cosìrapporti di misura e di proporzione anche tra l’uomoe l’ambiente che lo accoglie. Si dicono rapporti amisura d’uomo. Talvolta si vogliono raggiungere par-ticolari effetti estetici uscendo di scala con l’impo-nenza di certe altissime cattedrali gotiche.

New York è stata mirabilmente definita la Città inPiedi e si può intuire perché. Al contrario, alcune ca-sette di montagna: ogni edificio dev’essere creatoper un determinato paesaggio.

L’architettura è scienza e arte insieme. A differen-za di altri artisti, l’architetto deve servirsi di una schie-ra di collaboratori. La storia dell’architettura rivelapiù di ogni altra la storia dell’umanità. La pietra d’an-golo era la prima pietra del tempio che si costruivaprima della città; fondare una città aveva sempre

L’antica arte del costruire

Aketatonqualcosa di sacro, sipensi ad Aketaton, lacittà voluta dal giova-ne faraone ereticoEchnaton. Ed è inEgitto che l’architet-tura raggiunge per laprima volta un altogrado di maturità ar-tistica. Un’altra cittàvoluta e concepita perfetta fu San Pietroburgo. Trale città più recenti, Brasilia (1960) quasi irrealizzabi-le, progettata in una località desertica su di unaltopiano.

Con l’insorgere del Cristianesimo abbiamo archi-tetture di accento mistico, la basilica latina vasta,chiara, sgombra per assistere alla celebrazione deldivino mistero. Con il gotico le chiese divennero unagabbia di pietre leggere atte a elevarsi a grandi al-tezze. Brunelleschi fu il progenitore dell’architetturamoderna e sperimentò nuovi accorgimenti archi-tettonici. Ma sarà con il XX Secolo che si rivoluzio-neranno la tecnica e l’estetica, con il cemento armatoe l’applicazione di nuovi materiali. Le correnti dell’ar-chitettura moderna sono il Funzionalismo o Movimen-to Organicistico, si tende a un’astratta purezza fun-zionale.

Oggi la casa si vede non come fatto isolato, bensìcome complesso urbanistico, si parla di deco-struzionismo, a volte l’asse di simmetria non è piùné verticale né orizzontale ma obliquo (Eisenman).Ma si trovano anche soluzioni abitative per case piùaccessibili, ci si mette in comune per costruire spazicomuni. Ad Amsterdam case da containers per stu-denti, cassoni sovrapposti l’uno sull’altro coperti conalluminio e isolati termicamente.

Dopo il successo del Giallo nordico, è tornato il tem-po dell’architettura scandinava, premiata è statal’Opera House di Oslo. Lo stile torna a essere rigoro-so, essenziale, attento all’ambiente ma incline aimutamenti, in nessuna delle arti si richiedono cer-tezze ma solo una grande libertà.

Per finire pensiamo a una città di fiaba, la fantasti-ca Città Smeralda del Mago di Oz, troppo verde, trop-po perfetta per non essere insopportabile!

Los Angeles

Gianna Guazzoni

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Selma Braschi

folcloristiche percorrevano le vie di Arenzano su-scitando allegria.

Questa usanza fu nota anche all’estero: nel 1959fu ricordata in Giappone tanto che in quell’anno ilComune di Arenzano inviò un cesto da venti Kg. difragoline alle nozze del principe ereditario Akihito.

Ugualmente fu conosciuta anche in Russia, doveSerghei Serghievic Smirnov scrisse un articolo sulla

“Literaturnaya Gazeta” del 10 dicembre 1960 chediceva “Nella piccola ARENZAN0, in ITALIA, si svolgeogni anno la festa della fragola e la ragazza più bel-la viene eletta la “reginetta” che offre le fragole”.

Nel maggio del 1954 si svolse anche il Festival del-la canzone della fragola con l’orchestra Ariston, di-retta dal maestro Boero e uscì vincitrice la canzone“Fragole” di C. Ciocca e A. Vigevani.

Un ricordo della vecchia Arenzano

La Festa della fragola

Una volta, spe-cialmente in loca-lità Terrarossa eBicocca, si coltiva-vano molte frago-le, le cosiddettefragoline di bosco,e in primavera sisvolgeva la Festa

della fragola, detta anche Festa dell’amicizia.Il patrono della festa che veniva chiamato Re Fra-

gola, arrivava nella piazza del Comune su una car-rozza dorata e il Sindaco gli dava il consenso didirigere la festa.

Su una fila di bancarelle, lungo la passeggiata amare, erano disposti piccoli cestini di fragoline chevenivano offerti a tutti gli ospiti mentre varie bande

Il nostro gruppo teatrale è in fermento ein pieno lavoro!Martedì 4 maggio p.v. alle ore 21 al teatroVittorio Gassman di Borgio Verezzi, inoccasione dell’ottavo festival teatraleUnitre, il nostro gruppo teatrale andrà inscena con la commedia di Noël Coward“Al calar del sipario”, con la regia di PatriziaDetti, codocente con Raffaele Casagrandedel corso.La tensione e l’impegno sono grandi ma inostri “Attori” ce la stanno mettendo tut-ta e contano molto sulla presenza di tuttinoi per essere sostenuti con il nostro ca-lore e i nostri applausi.Cerchiamo di essere numerosi in questa

occasione.Trascorreremo cosìanche una bella e di-vertente serata.

Tutti a Teatro!

Il profumo di un fiore

e una vecchia canzone

risvegliano i ricordi:

mi rivedo accanto

una persona cara

che io amavo tanto

ed ora l’ho perduta

nel mare della vita,

rivedo me bambina

felice e spensierata,

risento crescer forte

i battiti del cuore

al delicato bacio

del dolce primo

amore.

Selma Braschi

Ricordando

Gruppo Teatrale

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La Passiflora

(Notizie tratte dal web)

Nei giorni lontani, quando ilmondo era tutto nuovo, la pri-

mavera fece balzare dalle tenebre verso la luce tuttele piante della Terra, e tutte fiorirono come per in-canto.

Solo una pianta non udì il richiamo della primave-ra, e quando finalmente riuscì a rompere la dura zol-la la primavera era già lontana...

- Fa’ che anch’io fiorisca, o Signore! - pregò lapiantina.

- Tu pure fiorirai - rispose il Signore.- Quando? - chiese con ansia la piccola pianta sen-

za nome.- Un giorno... - e l’occhio di Dio si velò di tristezza.Era ormai passato molto tempo, la primavera an-

che quell’anno era venuta e al suo tocco le piante delGolgota avevano aperto i loro fiori. Tutte le piante,

fuorché la piantina senzanome. Il vento portò l’eco diurla sguaiate, di gemiti, dipianti: un uomo avanzava frala folla urlante, curvo sotto lacroce, aveva il volto sfiguratodal dolore e dal sangue...

- Vorrei piangere anch’iocome piangono gli uomini -pensò la piantina con un fre-mito...

Gesù in quel momento lepassava accanto, e una lacrima mista a sangue cad-de sulla piantina pietosa. Subito sbocciò un fiore biz-zarro, che portava nella corolla gli strumenti dellapassione: una corona, un martello, dei chiodi... erala passiflora, il fiore della passione.

Il fiore della passione

Un’antica leggenda racconta che, sulla spiaggia, lemogli dei pescatori lasciarono nella notte delle cestecon ricotta, frutta candita, grano e uova e fiori d’aranciocome offerte per il “Mare”, affinché questo lasciassetornare i loro mariti sani e salvi a terra e con una retecolma di pesci.

Al mattino ritornate in spiaggia per accogliere i loroconsorti notarono che durante la notte i flutti aveva-no mischiato gli ingredienti e, insieme agli uomini diritorno, nelle loro ceste c’era una torta: la Pastiera.

Un’altra leggenda narra invece che la pastiera ac-compagnasse le antiche feste pagane per il ritornodella primavera; difatti gli ingredienti conservano unaforte valenza simbolica.

Ecco allora la ricotta, addolcitadallo zucchero: trasfigurazionedelle offerte votive di latte e miele tipiche delle primecerimonie cristiane.

Il grano: augurio di ricchezza e fecondità. Le uova:simbolo di vita nascente.

L’acqua di fiori d’arancio: presagio di primavera. La versione odierna, probabilmente, fu messa a

punto in un antico monastero napoletano rimasto igno-to: anche questa, tuttavia, è una supposizione.

Comunque sia andata, ancor oggi sulla tavola pa-squale dei napoletani questo dolce non può manca-re.

Un’antica leggenda

La Pastiera Napoletana

Paginaa cura

di Edda Sinesi

E per la tavola di Pasqua...Non dimenticate di mettere al centro della tavola una composizione di fiori

freschi che daranno un tocco di primavera.Per segnaposto preparate mazzolini di fiori di campo avvolti nella carta

colorata e legati con un nastrino.Incollate sulla carta un cartoncino con il nome della persona che dovrà

occupare quel posto.

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Stampato dalla Grafica L. P. Genova - marzo 2010

Memorandum

Dal 9 marzo 2010 - si aprono le iscrizioni per il viaggio “FERRARA DEGLI ESTENSI” di duegiorni, che si realizzerà nei giorni 8 e 9 maggio 2010 (dettagli su Noi Informa e sul SitoUnitre).

12 marzo 2010 - visita guidata al Santuario di Nostra Signora dell’Acquasanta. Segue lavisita al Museo della carta dove è possibile riscoprire il ciclo produttivo della carta.

13 marzo 2010, ore 9,30 - Villa Mina aula A: secondo incontro con gli ASSISTENTI.

13 marzo 2010, ore 11 - Villa Mina aula A: secondo incontro con i DOCENTI e i REFERENTI.

Spettacoli al Teatro Carlo Felice:Lucia di Lammermoor – 19 marzo 2010 turno B - 20 marzo turno F - 21 marzo turno C

Tristan und Isolde – 11 aprile 2010 turno C - 13 aprile turno B.

Dal 30 marzo 2010 - si aprono le iscrizioni per il viaggio “LA GERMANIA LUNGO IL DANUBIOE L’ELBA” di otto giorni, che si realizzerà dal 1 al 8 giugno 2010 (dettagli su Noi Informa esul Sito Unitre).

Nei mesi di marzo e aprile saranno programmate delle escursioni nel Levante e Ponenteligure. (I dettagli verranno esposti nelle Bacheche e sul Sito Internet).

Nel mese di aprile sarà proposto un itinerario per i luoghi di Arenzano riconducibili alla poesiadi Giorgio Caproni, con lettura delle sue poesie a cura del Sipario Strappato (e di altri lettori)

. Sempre nel mese di aprile ricorderemo la poetessa Alda Merini, a dieci anni dall’incontro conlei ad Arenzano. Attenzione alle bacheche!

23 aprile 2010 – visita guidata al Museo GAM di Nervi per la Mostra “DA FATTORI APREVIATI” una raccolta privata, ritrovata.

Dal 1° all’11 aprile sospensione dei corsi per Vacanze Pasquali.