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1 TOMO IV ELETTROMAGNETISMO convenzione: i simboli in grassetto vanno frecciati Modulo 3 I FENOMENI ELETTROMAGNETICI Unità 2 L’induzione elettromagnetica 2.0 La scoperta del fenomeno dell‟induzione elettromagnetica costituisce un episodio central e nella storia dell‟elettromagnetismo. Perché non rappresentò soltanto un passo importantissimo nel progresso delle conoscenze scientifiche, ma fornì anche le basi teoriche per la realizzazione degli alternatori: quelle macchine che nelle centrali producono l‟elettricità che noi utilizziamo comunemente e che è essenziale per la nostra società. Per rendersi conto dell‟importanza della ricerca pura, rivolta al progresso delle conoscenze, in relazione ai progressi tecnologici a cui essa conduce, con le conseguenze che ne derivano poi per la società umana, conviene riflettere sul seguente episodio, assai istruttivo, che riguarda proprio la scoperta dell‟induzione elettromagnetica. William Gladstone, all’epoca ministro delle Finanze della Gran Bretagna, fu in vitato a una dimostrazione dell’apparato di Michael Faraday per generare l’elettricità, la più recente meraviglia scientifica. Faraday sistemò l’apparato e svolse l’esperimento, mentre Gladstone osservava freddamente. Al termine della dimostrazione Gladstone rimase in silenzio per un momento e poi disse a Faraday: "E’ molto interessante signor Faraday, ma qual è il valore pratico di ciò?" "Un giorno, signore, il governo potrà farne oggetto di una tassa" replicò Faraday. 2.1 Gli esperimenti di Faraday: la scoperta delle correnti indotte Esperimento 1. Spostando un magnete rispetto a una bobina, si produce una corrente elettrica Procuratevi un magnete e un tester, che utilizzerete come amperometro, usando la scala più sensibile. Collegate fra loro i puntali del tester con un cavetto elettrico che avvolgerete su un tubo di cartone, formando una bobina. Introducendo il magnete all‟interno delle spire l‟amperometro segnalerà il passaggio di una debole corrente; estraendolo l‟effetto sarà il medesimo ma il segno della corrente si invertirà. L‟effetto sarà tanto più vistoso quanto più rapidamente sposterete il magnete. Verificherete poi che non vi è differenza fra spostare il magnete rispetto alle spire o le spire rispetto al magnete. Figura 1. Introducendo il magnete fra le spire, si osserva il passaggio di una debole corrente. (da fare: un magnete a sbarra è inserito in una bobina i cui estremi sono collegati a uno strumento.) Negli anni immediatamente successivi all‟esperimento di Oersted del 1820 ( Unità 1, §3, pag. xxx) molti fisici si posero la domanda: “Se una corrente elettrica può generare un campo magnetico, un campo magnetico non dovrebbe generare una corrente?”. Alla base di questa idea c‟è un principio di simmetria che spesso nella scienza si rivela fruttuoso. Ma tutti i tentativi fatti per generare correnti sottoponendo dei circuiti chiusi a campi magnetici più o meno intensi e variamente orientati condussero a un nulla di fatto. A una risposta positiva arrivò Faraday soltanto vari anni dopo, nel 1831, trovando però che la generazione di una corrente in un circuito avveniva non in presenza di un campo magnetico costante, ma di variazioni del campo, come avete osservato voi stessi eseguendo l‟Esperimento 1. E che le correnti così prodotte non erano costanti nel tempo, cioè correnti continue, ma correnti variabili nel tempo. Nel suo primo esperimento, descritto accuratamente nel suo quaderno di laboratorio alla data del 29 agosto 1831, Faraday utilizzò un anello di ferro dolce su due lati del quale aveva avvolto delle bobine di filo di rame ben isolato ( Figura 2). Collegando una bobina a una batteria e chiudendo l‟altra mediante un conduttore disposto al di sopra di un ago magnetico utilizzato come rivelatore di corrente, egli osservò che quando si chiudeva il primo circuito, in modo che fosse attraversato dalla corrente della batteria, si aveva “ immediatamente un sensibile effetto sull’ago, che

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TOMO IV ELETTROMAGNETISMO convenzione: i simboli in grassetto vanno frecciati

Modulo 3 I FENOMENI ELETTROMAGNETICI

Unità 2 L’induzione elettromagnetica

2.0 La scoperta del fenomeno dell‟induzione elettromagnetica costituisce un episodio centrale nella

storia dell‟elettromagnetismo. Perché non rappresentò soltanto un passo importantissimo nel

progresso delle conoscenze scientifiche, ma fornì anche le basi teoriche per la realizzazione degli

alternatori: quelle macchine che nelle centrali producono l‟elettricità che noi utilizziamo

comunemente e che è essenziale per la nostra società.

Per rendersi conto dell‟importanza della ricerca pura, rivolta al progresso delle conoscenze,

in relazione ai progressi tecnologici a cui essa conduce, con le conseguenze che ne derivano poi per

la società umana, conviene riflettere sul seguente episodio, assai istruttivo, che riguarda proprio la

scoperta dell‟induzione elettromagnetica.

William Gladstone, all’epoca ministro delle Finanze della Gran Bretagna, fu invitato a una dimostrazione dell’apparato di Michael Faraday per generare l’elettricità, la più recente meraviglia scientifica. Faraday sistemò l’apparato e svolse l’esperimento, mentre Gladstone osservava freddamente. Al termine della dimostrazione Gladstone rimase in silenzio per un momento e poi disse a Faraday: "E’ molto interessante signor Faraday, ma qual è il valore pratico di ciò?" "Un giorno, signore, il governo potrà farne oggetto di una tassa" replicò Faraday.

2.1 Gli esperimenti di Faraday: la scoperta delle correnti indotte

Esperimento 1. Spostando un magnete rispetto a una bobina, si produce una corrente elettrica

Procuratevi un magnete e un tester, che utilizzerete come amperometro, usando la scala più

sensibile. Collegate fra loro i puntali del tester con un cavetto elettrico che avvolgerete su un tubo di

cartone, formando una bobina. Introducendo il magnete all‟interno delle spire l‟amperometro

segnalerà il passaggio di una debole corrente; estraendolo l‟effetto sarà il medesimo ma il segno

della corrente si invertirà. L‟effetto sarà tanto più vistoso quanto più rapidamente sposterete il

magnete.

Verificherete poi che non vi è differenza fra spostare il magnete rispetto alle spire o le spire rispetto

al magnete.

Figura 1. Introducendo il magnete fra le spire, si osserva il passaggio di una debole corrente.

(da fare: un magnete a sbarra è inserito in una bobina i cui estremi sono collegati a uno strumento.)

Negli anni immediatamente successivi all‟esperimento di Oersted del 1820 ( Unità 1, §3,

pag. xxx) molti fisici si posero la domanda: “Se una corrente elettrica può generare un campo

magnetico, un campo magnetico non dovrebbe generare una corrente?”. Alla base di questa idea c‟è

un principio di simmetria che spesso nella scienza si rivela fruttuoso.

Ma tutti i tentativi fatti per generare correnti sottoponendo dei circuiti chiusi a campi

magnetici più o meno intensi e variamente orientati condussero a un nulla di fatto. A una risposta

positiva arrivò Faraday soltanto vari anni dopo, nel 1831, trovando però che la generazione di una

corrente in un circuito avveniva non in presenza di un campo magnetico costante, ma di variazioni

del campo, come avete osservato voi stessi eseguendo l‟Esperimento 1. E che le correnti così

prodotte non erano costanti nel tempo, cioè correnti continue, ma correnti variabili nel tempo.

Nel suo primo esperimento, descritto accuratamente nel suo quaderno di laboratorio alla

data del 29 agosto 1831, Faraday utilizzò un anello di ferro dolce su due lati del quale aveva

avvolto delle bobine di filo di rame ben isolato ( Figura 2). Collegando una bobina a una batteria

e chiudendo l‟altra mediante un conduttore disposto al di sopra di un ago magnetico utilizzato come

rivelatore di corrente, egli osservò che quando si chiudeva il primo circuito, in modo che fosse

attraversato dalla corrente della batteria, si aveva “immediatamente un sensibile effetto sull’ago, che

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oscillava e poi tornava alla sua posizione originale”. Aprendo poi il circuito, si aveva “nuovamente

un disturbo dell’ago.” Faraday precisò poi che la deflessione transitoria dell‟ago avveniva in versi

opposti quando si chiudeva oppure si apriva il circuito che collegava la batteria alla bobina, come

mostrato nella figura 3.

Nel secondo esperimento, Faraday utilizzò una bobina di filo di rame avvolta su un cilindro

di carta, anch‟essa collegata a un conduttore disposto al di sopra dell‟ago magnetico rivelatore.

Introducendo un magnete all‟interno della bobina, egli ottenne una breve deflessione dell‟ago in un

verso; estraendolo, una breve deflessione nell‟altro verso.

In entrambi gli esperimenti si manifesta il fenomeno chiamato induzione elettromagnetica,

che consiste nella generazione di una corrente, chiamata corrente indotta, che scorre in un circuito

dove non è inserita alcuna pila o altro generatore elettrico.

In entrambi gli esperimenti, come in tutti gli altri analoghi che si possono immaginare, il

circuito nel quale scorre la corrente indotta è immerso in un campo magnetico che varia nel tempo.

E la corrente indotta scorre soltanto quando tali variazioni hanno luogo.

Figura 2. L‟anello di ferro dotato di avvolgimenti, grazie al quale Faraday scoprì

l‟induzione elettromagnetica, è conservato presso la Royal Institution a Londra.

L‟anello ha diametro esterno di 6 pollici e spessore di 7/8 di pollice.

Figura 3. Il primo esperimento di Faraday utilizza due bobine avvolte sui due lati di un

nucleo di ferro dolce, che è un magnete temporaneo. Quando il circuito che collega la

batteria alla bobina A è aperto o chiuso permanentemente, il rivelatore collegato alla

bobina B non indica il passaggio di corrente (a). Chiudendo il circuito della bobina A, il rivelatore indica il passaggio di

una breve corrente nella bobina B, sebbene non vi sia alcun generatore (b). Aprendo il circuito, il rivelatore indica il

passaggio di una corrente in senso opposto a prima (c). Il passaggio della corrente nella bobina A genera un campo

magnetico le cui linee, grazie alla sua elevata permeabilità magnetica del ferro, passano in gran parte attraverso la

bobina B. La corrente nella bobina B viene dunque indotta dalle variazioni nel tempo del campo magnetico accoppiato

alla bobina: la corrente scorre in un senso quando il campo aumenta, nel senso opposto quando diminuisce.

(adattare da Delaruelle, vol. 3, pag. 247, a) con l‟interruttore aperto e l‟ago in posizione di riposo; b) con l‟interruttore

che si chiude e l‟ago che si sposta a destra; c) con l‟interruttore che si apre e l‟ago che si sposta a sinistra)

Figura 4. Il secondo esperimento di Faraday utilizza un magnete e una bobina collegata a un rivelatore di corrente.

Quando si inserisce il magnete nella bobina il rivelatore indica il passaggio di una breve corrente (a). Quando si estrae

il magnete, il rivelatore indica il passaggio di una corrente in senso opposto a prima (b). Anche qui si ha il passaggio di

una corrente in assenza di generatori elettrici, che viene indotta dalle variazioni del campo magnetico accoppiato alla

bobina, dovute allo spostamento del magnete.

(adattare da Amaldi, La Fisica, vol. 3, pag. 286, a) con il magnete che si muove per entrare nella bobina e l‟indicatore,

nello stesso stile della figura 3, che si sposta a destra, b) con il magnete che si muove uscendo dalla bobina e

l‟indicatore che si sposta a sinistra.)

2.2 La forza elettromotrice indotta in un conduttore in moto in un campo magnetico

Nel 1996 da una navetta spaziale in volo attorno alla Terra fu calato un satellite sospendendolo con

un cavo conduttore lungo 19,7 km ( figura 5). Fra gli estremi del cavo di sospensione, in volo

attraverso il campo magnetico terrestre, venne misurata una forte differenza di potenziale (3500

volt), evidentemente indotta nel cavo dal suo moto nel campo magnetico.

Per comprendere l‟origine di questa tensione, immaginiamo di spostare a velocità costante v

un conduttore rettilineo in un campo magnetico uniforme B; sicché gli elettroni di conduzione del

metallo, trovandosi in moto in un campo magnetico, saranno soggetti alla forza di Lorentz ( Unità

1, pag. xxx). Per semplificare il problema, scegliamo la geometria in modo che questa forza sia

diretta lungo il conduttore: cioè il conduttore si muova in direzione perpendicolare a se stesso e alle

linee del campo, come in figura 6 a). Se il verso di B è quello entrante nel foglio, la forza di Lorentz

FL esercitata sugli elettroni, con intensità

(1) FL = e v B

3

tenderà a spostarli verso l‟estremità P del conduttore, che quindi si caricherà negativamente, mentre

l‟altro estremità P‟ si caricherà positivamente (figura 6 b).

Questo squilibrio di cariche produce un campo elettrico lungo il conduttore, il cui effetto

sugli elettroni contrasta l‟azione della forza di Lorentz. Più precisamente, si raggiunge una

situazione di equilibrio, per cui il campo elettrico è tale che la forza elettrica FE agente sugli

elettroni sia uguale e opposta alla forza di Lorentz, cioè abbia

intensità:

(2) FE = eE = e v B

Da questa uguaglianza si ricava l‟intensità del campo elettrico

lungo il conduttore, E = vB, e quindi la differenza di potenziale

fra i suoi estremi:

(3) V = vBL

dove L rappresenta la lunghezza del conduttore. Questa tensione la chiamiamo forza elettromotrice

indotta nel conduttore dal suo moto nel campo magnetico. E la corrente indotta? Non ne scorre

alcuna per il semplice motivo che il conduttore non costituisce un circuito chiuso.

Figura 5. Durante il volo del “satellite al guinzaglio” (Tethered

Satellite System) avvenuto nel febbraio del 1996, fra la navetta spaziale

e il satellite sospeso con un cavo si stabilì una differenza di potenziale

di 3500 volt. Il cavo di sospensione, lungo 19,7 km, viaggiava

attraverso il campo geomagnetico alla velocità di 8 km/s.

(Adattare da Hecht, vol. II, pag. 729, immagini in rete per “tethered

satellite”)

Figura 6. (a) Quando il conduttore si sposta perpendicolarmente al

campo magnetico, la forza di Lorentz FL agisce sugli elettroni del

metallo creando un eccesso di carica negativa a un estremo, un eccesso

di carica positiva all‟altro; (b) Questo squilibrio di cariche crea un

campo elettrico lungo il conduttore e una differenza di potenziale fra i

suoi estremi.

(adattare da Amaldi, La Fisica, vol. 3, pag. 241, fig. 11.8, sostituendo

le scritte Florentz con FL, a) sostituendo i pallini neri con segni ,

capovolgendo la freccia rossa verticale e la posizione del cerchietto

nero indicato con il segno - ; b) capovolgendo tutto)

2.3 La forza elettromotrice indotta in un conduttore in un circuito chiuso

Torniamo al conduttore mobile nel campo magnetico uniforme B considerato nel paragrafo

precedente. Possiamo chiudere il circuito con un conduttore fisso a forma di U, in contatto elettrico

con esso, come mostrato in figura 8. Qui, come nella figura 6, il campo magnetico è perpendicolare

al foglio, con verso entrante in esso, e la velocità v del conduttore è perpendicolare al campo. Ora la

forza elettromotrice indotta V può far circolare una corrente indotta, la cui intensità è data dal

rapporto fra tale tensione e la resistenza totale del circuito.

La tensione indotta, invece che con la (3), può essere espressa con una formula di applicabilità più generale. Per ricavarla, cominciamo col ricordare che il flusso magnetico di un

campo uniforme B attraverso una superficie piana S ad esso perpendicolare è:

S B = S B

Si chiama flusso magnetico concatenato con un circuito il flusso attraverso una superficie piana che

ha per contorno il circuito. Nel nostro caso, l‟area racchiusa dal circuito formato dal conduttore

Una utile convenzione. Un campo

magnetico perpendicolare al foglio,

come qualsiasi altro vettore, si

rappresenta di solito con i simboli qui

sotto, che indicano rispettivamente la

coda (entrante nel foglio) e la punta

(uscente dal foglio) della freccia che

lo schematizza.

4

rettilineo in moto e da quello fisso a U varia nel tempo. Più precisamente, la variazione S dell‟area

in un intervallo di tempo t è:

S = L v t

essendo L v l'area spazzata nell'unità di tempo dal conduttore rettilineo in moto con velocità v. Alla

variazione di area S corrisponde la variazione del flusso magnetico concatenato con il circuito:

C = B S = B L v t

da cui

(4) C/t = B L v

Confrontando la (4) con la (3), segue:

(5) V = C/t

Il risultato espresso da questa formula è di portata generale. Vale infatti la seguente legge di

Faraday-Neumann. la forza elettromotrice indotta in un circuito è è data dal rapporto fra la

variazione del flusso magnetico concatenato con il circuito e l’intervallo di tempo in cui tale

variazione ha luogo. In altre parole, la f.e.m. indotta, è uguale alla “velocità” di variazione del

flusso magnetico concatenato col circuito.

La (5) non fornisce il segno della f.e.m. indotta, cioè non ci dice in quale verso scorre la

corrente. Esso è stabilito dalla legge di Lenz: la tensione indotta in un circuito genera una corrente

indotta il cui effetto si oppone alla variazione di flusso che l’ha prodotta.

Per comprendere il significato di questa legge, notiamo innanzitutto che una corrente

indotta, come qualsiasi corrente, genera un campo magnetico, e che questo si sovrappone al campo

inducente. Ebbene, secondo la legge di Lenz, il flusso magnetico prodotto dalla corrente indotta

tende a compensare la variazione del flusso concatenato col circuito che aveva dato origine al

fenomeno. Così, se il flusso era aumentato (come nel caso considerato sopra), essa tenderà a

diminuirlo; se era diminuito, ad aumentarlo.

Possiamo combinare la legge di Faraday-Neumann con la legge di Lenz, riscrivendo la (5)

nella forma:

(6) V = -C/t

dove il segno meno indica appunto che la tensione indotta genera una corrente che produce una

variazione del flusso magnetico concatenato col circuito opposta a quella che si era verificata

nell‟ambiente.

Il valore istantaneo della tensione indotta si ottiene poi calcolando il limite del rapporto

anzidetto quando la durata dell‟intervallo t tende a zero, cioè la derivata temporale del flusso

concatenato:

(7) Cd t

V tdt

Esempio 1. Calcoliamo il flusso magnetico concatenato con una bobina.

Vogliamo calcolare il flusso magnetico concatenato con una bobina, costituita da N = 10 spire di

raggio r = 3 cm, che si trova in un campo magnetico uniforme di intensità B = 0,05 T, sapendo che

la normale alla bobina forma un angolo = 30° rispetto alla direzione del campo.

Fu Faraday a scoprire il fenomeno

dell‟induzione elettromagnetica, ma

fu il fisico tedesco Franz Ernst

Neumann (1798-1895) a esprimere

in forma matematica la legge che

governa tale fenomeno.

5

Qui il campo magnetico non è ortogonale alle spire della bobina, sicchè il flusso magnetico

attraverso una di esse sarà: = cosi SB , dove = 30° è l‟angolo che la normale alla spira forma

con B. Il flusso magnetico totale attraverso la bobina sarà allora:

2 2 3

ii = = cos cos 10 3,14 (0,03) 0,05 0,866 1,22 10N SB N r B Wb

Esempio 2. Calcoliamo la variazione del flusso magnetico concatenato con una spira che ruota

in un campo magnetico.

Una spira di raggio r = 10 cm ruota attorno a un asse perpendicolare a un campo

magnetico uniforme B di intensità 0,01 T. Vogliamo calcolare la variazione del

flusso magnetico concatenato quando la spira ruota di 180°.

Supponimo che la spira parta dalla posizione di fig. 7 0), in cui la sua normale n

(freccia blu) è parallela a B (freccia rossa), sicchè l‟angolo fra i due vettori è nullo.

Il flusso magnetico che essa concatena è r2 B cos = 3,140,1

20,011 =

3,14∙10-4

Wb. Quando ha effettuato un quarto di giro, la spira è nella posizione /2,

nella quale = 90°, sicchè il flusso concatenato è nullo. Nella posizione finale (fig.

7 ), la spira è di nuovo perpendicolare a B, ma questa volta = 180°, sicchè f =

3,140,120,01(-1) = -3,14∙10

-4 Wb. Notate che qui è necessario dare un segno

(positivo o negativo) al flusso concatenato a seconda che l‟angolo sia acuto (cos

> 0) o ottuso (cos < 0). La variazione del flusso magnetico quando la spira ruota di

180° è dunque: = f - 0 = 3,14∙10-4

–(-3,14∙10-4

) = 6,28∙10-4

Wb. Figura 7. La spira, vista in sezione, ruota in presenza di un campo magnetico uniforme B (frecce

rosse) attorno a un asse perpendicolare alla direzione del campo. Il flusso concatenato con la spira

dipende dall‟angolo fra B e la normale n alla spira.

Esempio 3. Ricaviamo la tensione indotta in una spira che ruota in un campo magnetico.

Vogliamo ricavare una espressione per la f.e.m. istantanea indotta nella spira dell‟Esempio

precedente, quando essa ruota con velocità angolare costante .

In tal caso, all‟istante di tempo generico t l‟angolo fra la normale alla spira e il campo magnetico

B è: = t. E quindi il flusso magnetico concatenato con la spira è: C(t) r2 B cost.

Applicando la formula (7) ricaviamo pertanto: 2 2cossin

d tV t r r t

dt

.

Quesito. Quale sarebbe la f.e.m. indotta nella spira, se questa ruotasse intorno a un asse parallelo a

B?

Esempio 4. Calcoliamo la tensione e la corrente indotta in una spira da un campo magnetico

uniforme variabile nel tempo.

Vogliamo calcolare la tensione e la corrente indotta in una spira rettangolare di lato L = 10 cm e

resistenza R = 0,5 ohm in presenza di un campo magnetico diretto perpendicolarmente al piano in

cui giace la spira, a) quando l‟intensità del campo magnetico varia di B = 0,001 T nell‟intervallo

di tempo t = 0,1 ms; b) quando l‟intensità del campo segue la legge temporale rappresentata nel

grafico, con valore massimo

positivo B+ = 0,01 T e valore

massimo negativo B- = 0,005 T,

in tal caso tracciando il grafico

corrispondente dell‟intensità

della corrente indotta

(attenzione: qui attribuiamo un

segno a B per indicarne il verso).

B [T]

0,01

0,005

0

0 1 2 3 4 5 6 t [ms]

-0,005

6

Per calcolare la tensione indotta utilizziamo l‟espressione (8) della legge di Faraday-Neumann; per calcolare la corrente indotta utilizziamo la prima legge di Ohm ( pag. xxx). Dato

che il campo magnetico è perpendicolare alla spira, con area S = 0,12 = 0,01 m

2, il flusso

concatenato con essa è dato semplicemente dal prodotto C = BS = 0,01 B Wb.

a) Essendo B = 0,001 T, e corrispondentemente CB =10-5

Wb, e t = 0,1 ms, si ha

V = -C/t = -10-5

/10-4

= -0,1 volt. Si ha di conseguenza i = V/R = -0,1/0,5 = -0,2 A. Il segno meno significa che la corrente scorre nella spira in senso tale da produrre un campo opposto a

quello inducente. Notiamo poi che la tensione indotta V e la corrente indotta i si manifestano

soltanto durante l‟intervallo di tempo t.

b) Per calcolare la tensione indotta dalle variazioni del campo magnetico rappresentate nel grafico

suddividiamo l‟intervallo di tempo considerato in tanti intervallini di durata t = 1 ms, durante ciascuno dei quali il campo è costante oppure varia linearmente nel tempo. Applichiamo poi la

legge (6) per ciascun intervallino.

Si nota che gli unici intervallini durante i quali il campo varia sono t2, per il quale si ha

B2 = 0,01 T, e t4, per il quale si ha B4 = -0,005 –0,01 = -0,015 T. In tutti gli altri il campo è costante sicchè la tensione indotta e la corrente indotta sono entrambe nulle. Durante l‟intervallino

t2 sia ha C2B2 = 0,010,01 = 10-4

Wb, e quindi V2 = -C2/t2 = -10-4

/10-3

= -0,1

volt , i2 = V2/R = -0,1/0,5 = -0,2 A. Durante l‟intervallino t4 sia ha C4B4 = -

0,010,015 = -1,5∙10-4

Wb, e quindi V4 = -C4/t4 = 1,5∙10-4

/10-3

= 0,15 volt , i4 = V4/R =

0,15/0,5 = 0,3 A. La figura riporta il grafico dell‟andamento temporale della tensione indotta

ottenuto utilizzando i dati precedenti, ammettendo che la tensione sia costante durante ciascun

intervallino. Il grafico della corrente è ovviamente il medesimo, a parte il cambiamento della scala

verticale e della corrispondente

unità di misura.

Discutete ora voi stessi il

significato del segno (+ o -)

delle tensione e della corrente

indotta.

Approfondimento 1. La legge

di Lenz e la conservazione dell’energia.

Il fisico Heinrich Friedrich Emil Lenz (1804-1865), originario dei Paesi Baltici, stabilì la legge che

porta il suo nome nel 1835, sulla base dei risultati da lui stesso ottenuti eseguendo esperimenti sul

fenomeno dell‟induzione elettromagnetica. Ma questa legge si può dimostrare utilizzando il

principio di conservazione dell‟energia.

Facciamone una dimostrazione per assurdo (in latino, reductio ad absurdum). Allo scopo

consideriamo un magnete a sbarra il cui polo nord viene avvicinato a una spira chiusa, come

mostrato nella figura A. La corrispondente variazione del flusso attraverso la spira, induce in essa

una corrente che, secondo la legge di Lenz, deve circolare nel senso indicato in figura dalle frecce

rosse in modo da generare un campo che si opponga a quello inducente. Supponiamo ora, per

assurdo, che la corrente circoli nel senso opposto. In tal caso il campo magnetico generato dalla

spira sarà diretto in verso opposto al magnete, cioè il polo sud della spira sarà rivolto verso il polo

sud del magnete creando così una forza attrattiva che risucchia il

magnete, accelerandolo nel suo moto verso la spira; ciò accrescerà

ulteriormente l‟intensità della corrente indotta, la quale a sua volta ….

E tutto ciò gratis, violando dunque il principio di conservazione

dell‟energia! Concludiamo che la corrente deve circolare nella spira nel

senso dettato dalla legge di Lenz.

Figura A. Avvicinando il magnete alla spira, in essa viene indotta una corrente che circola nel senso delle frecce rosse,

generando un campo che si oppone a quello del magnete (legge di Lenz) ed esercitando una forza repulsiva fra la spira e

V [volt]

0,2

0,1

0

0 1 2 3 4 5 6 t [ms]

-0,1

7

il magnete. Se la corrente indotta circolasse nel senso opposto, il campo da essa generato andrebbe a incrementare

quello del magnete col risultato di esercitare una forza attrattiva fra la spira e il magnete accelerandone quindi il moto.

Ma a spese di quale energia? (Adattare dallo schizzo, con una mano che da destra spinge il magnete verso la spira.)

Figura 8. Quando il conduttore rettilineo si muove sul conduttore a forma di

U, in presenza di un campo magnetico (uscente dal foglio), la tensione indotta

provoca il passaggio di una corrente elettrica nel circuito.

(Adattare da Amaldi, La Fisica, vol. 3, pag. 241, fig. 11.8, modificata nello

stesso stile della fig.6, sostituendo la sbarretta con un filo cilindrico di piccola

sezione e indicandone con L la lunghezza fra i punti di contatto con il

conduttore nero sottostante, invertendo tutte le frecce associate alle scritte i,

scambiando fra loro i segni + e – sulla sbarretta, disegnando in basso una

freccia orizzontale con le scritte come a fianco)

2.4 L’origine dell’energia delle correnti indotte

Qual è l‟origine dell‟energia che genera le correnti indotte? La risposta possiamo ottenerla

considerando il caso di un conduttore in moto attraverso un campo magnetico B, trattato nei

paragrafi precedenti. Se il conduttore non è inserito in circuito chiuso, il problema non si pone, dato

che nel filo in moto si sviluppa una tensione indotta, ma non scorre corrente.

Quando invece il conduttore fa parte di un circuito chiuso, come in figura 8, e allora vi

scorre una corrente indotta i, per individuare l‟origine dell‟energia della corrente conviene

considerare la forza magnetica agente sul conduttore ( Unità 6, pag. xxx). Questa forza, per un

conduttore rettilineo di lunghezza l, ha intensità

(8) F = Bil

e ha la stessa direzione della velocità v del conduttore, ma verso

opposto ad essa. Si tratta infatti di una forza frenante, che si oppone

alla forza esterna che va esercitata sul conduttore per spostarlo. Per

ricavare l‟energia fornita al sistema dalla forza esterna, calcoliamo il lavoro (positivo) che essa

compie in un intervallo di tempo t, durante il quale il conduttore mobile si sposta di x = vt:

(9) L = Fx = B i l v t

Per il principio di conservazione dell‟energia, trascurando gli eventuali attriti, la corrispondente

potenza meccanica PM = L/t = B i l v deve essere uguale alla potenza elettrica PE = Vi assorbita dal circuito. Si ha pertanto:

(10) PE = Vi = B i l v

da cui V = Blv, che coincide con la (3), che esprime la legge di Faraday-Neumann.

In generale, tutte le volte che scorrono correnti indotte, l‟energia necessaria è fornita da una

sorgente esterna: una forza esterna che vince la forza magnetica compiendo lavoro, come nel caso

ora considerato, oppure un circuito esterno che genera il campo magnetico variabile inducente ( §

9).

2.5 Le correnti di Foucault.

Che succede se un blocco di metallo si trova in un campo magnetico variabile? Il fenomeno

dell‟induzione elettromagnetica evidentemente non distingue fra conduttori filiformi, come quelli

considerati nel paragrafo precedente, e conduttori massicci. Sicché all‟interno di questi ultimi si

sviluppano tensioni indotte e scorrono correnti indotte, che possono essere particolarmente intense

data la bassa resistenza che esse incontrano. Queste correnti prendono il nome di correnti di

Foucault o anche di correnti parassite, perché spesso producono effetti indesiderati.

Le correnti di Foucault, costituite dagli elettroni liberi del metallo, scorrono in percorsi

x

La forza magnetica agisce in

generale su tutti i conduttori

percorsi da corrente. Ma si hanno

interazioni energetiche soltanto

quando questa forza compie

lavoro, cioè quando si sposta il

conduttore su cui essa si esercita.

8

chiusi all‟interno del conduttore, tutte nello stesso verso. Se il campo magnetico inducente è intenso

e varia abbastanza rapidamente, esse possono produrre, per effetto Joule, un forte riscaldamento

del metallo, a cui si accompagna naturalmente una dissipazione di energia. Per questo nelle

macchine elettriche di potenza, il cui funzionamento richiede intensi campi magnetici variabili, non

si usa mai ferro massiccio, impiegando invece strati sottili di metallo, isolati uno dall‟altro. Il calore

sviluppato dalle correnti di Foucault trova però anche applicazioni utili, per esempio nei forni a

induzione, largamente usati nell‟industria.

Le correnti di Foucault possono anche produrre effetti meccanici, come nell‟esperimento

illustrato nella figura 9. Qui l‟energia che le correnti indotte dissipano nel metallo in moto nel

campo magnetico viene sottratta all‟energia meccanica posseduta dal pendolo costituito dalla

lastrina metallica oscillante. Il frenamento che subisce un corpo metallico che si muove in un

campo magnetico trova impiego pratico nei freni elettrodinamici impiegati in vari tipi di veicoli, in

particolare negli automezzi pesanti; un vantaggio di questa tecnica è che la forza di frenamento è

proporzionale alla velocità, a differenza dei freni usuali basati sull‟attrito meccanico. Ma i freni di

questo tipo, secondo voi, possono bloccare un veicolo in una posizione fissa, come fanno i freni

normali?

Figura 9. Esperimento. Sospendete a un sostegno una lastrina di rame o di

alluminio di qualche mm di spessore, in modo che possa oscillare parallelamente

a se stessa. Noterete che quando la lastrina oscilla fra i poli di un potente magnete

(dove non subisce attrazione o repulsione apprezzabile dato che si tratta di

materiali non ferromagnetici) il moto di oscillazione viene smorzato assai più

rapidamente che in assenza di campo magnetico.

(da fare: una lastrina che pendola fra i poli di un potente magnete). Figura 10. Il principio del freno elettrodinamico trova numerosi impieghi pratici,

per esempio negli apparecchi per l‟esercizio fisico.

2.6 La mutua induzione fra due circuiti

Il fenomeno dell‟induzione elettromagnetica si manifesta spesso come nel primo esperimento di

Faraday ( §1), cioè quando le variazioni della corrente i1 che scorre in un circuito 1 generano una

tensione indotta V2 in un altro circuito 2, accoppiato magneticamente al primo. Ciò che conta, come

sappiamo, sono le variazioni del flusso magnetico C2 (generato dalla corrente inducente i1)

concatenato al secondo circuito. Per cui secondo la legge (6) si ha: V2 = -C2/t.

Il flusso magnetico concatenato C2 è direttamente proporzionale all‟intensità del campo

magnetico generato dalla corrente inducente, che a sua volta è direttamente proporzionale

all‟intensità i1di questa corrente. Sicché possiamo scrivere in generale:

(11) C2 = M i1

dove il coefficiente di proporzionalità M prende il nome di coefficiente di mutua induzione o mutua

induttanza fra i due circuiti 1 e 2. E quindi la tensione indotta nel secondo circuito si esprime nella

forma:

(12) V2 = - M i1/t

Il significato fisico della mutua induttanza è chiaro: essa rappresenta l‟accoppiamento magnetico fra

i due circuiti. Tale grandezza nel sistema SI si misura in unità di henry (H); dalla (12) concludiamo

che

1 henry = 1 volt 1 secondo / 1 ampere

cioè la mutua induttanza fra due circuiti è di 1 henry quando una variazione dell’intensità di

corrente di 1 ampere in 1 secondo in un circuito induce nell’altro una tensione di 1 volt.

Quesito. Qual è il significato fisico

del segno meno che figura nella (12)?

9

Ma perché nella definizione precedente abbiamo trascurato di distinguere il primo circuito

(quello inducente) dal secondo (quello dove si genera la tensione indotta)? Il motivo sta nel fatto

che l‟induzione elettromagnetica fra due circuiti gode della proprietà chiamata reciprocità (

figura 11), per cui il flusso concatenato con il circuito 2 dovuto alla corrente nel circuito 1 è

esattamente uguale al flusso concatenato con il circuito 1 dovuto alla stessa corrente che scorra nel

circuito 2.

Figura 11. La proprietà di reciprocità nell‟accoppiamento magnetico fra due circuiti non è certamente ovvia a prima

vista. Ma riflettendo bene…. Se si tratta di due spire identiche disposte come in a), non ci sono dubbi. Cosa cambia se

ne spostiamo una rispetto all‟altra (b)? E se un circuito è costituito da una spira e l‟altro da N spire (c)? Provate a

ragionare: è vero che la corrente nella bobina genera nella spira un campo N volte più intenso di quello che la stessa

corrente nella spira genera nella bobina, ma il flusso concatenato nei due casi è lo stesso perché …………..

(a) due spire uguali disposte una sopra all‟altra; b) due spire uguali disposte a piacere; c) una spira e una bobina di più

spire disposte a piacere)

2.7 L’induttanza

Esperimento 2. Chiudendo un circuito di elevata induttanza la corrente aumenta

gradualmente. Procuratevi una pila, una bobina avvolta su un nucleo metallico (per esempio un avvolgimento di

un trasformatore) e un tester digitale. Disponete il tester come amperometro in serie alla bobina

(Figura 12 a). Collegando il circuito alla pila, troverete che la corrente non si porta immediatamente

al valore stabilito dalla legge di Ohm, ma lo raggiunge dopo una fase di crescita graduale.

Perché l‟intensità della corrente che attraversa la bobina non assume subito il valore determinato

dalla prima legge di Ohm (i = V/R), ma lo raggiunge solo gradualmente, con un certo ritardo (figura

12 b)? E‟ come se nel circuito vi fosse, oltre alla pila, un generatore di tensione di segno opposto,

con valore via via decrescente fino ad annullarsi.

In effetti questa tensione c‟è davvero: è la tensione autoindotta nel circuito dalle variazioni

del flusso, concatenato con esso, del campo magnetico prodotto dalla corrente che lo attraversa. In

altre parole, diciamo che il fenomeno osservato è semplicemente una manifestazione dell‟induzione

elettromagnetica, solo che in questo caso la variazione del flusso non è prodotta da un campo

esterno ma dal campo associato alla corrente che scorre nel circuito stesso. Notiamo che questo

fenomeno è del tutto generale: esso si manifesta in qualsiasi circuito nel quale, per qualsiasi motivo,

si abbia una variazione della corrente.

Procedendo come nel caso nella mutua induzione, chiamiamo C il flusso magnetico

concatenato con un circuito, generato dalla corrente i che vi scorre. Vale quindi la relazione di

proporzionalità:

(13) C = L i

dove il coefficiente di proporzionalità L prende

il nome di coefficiente di autoinduzione o

induttanza del circuito. Tale grandezza descrive l‟entità del fenomeno dell‟autoinduzione nel

circuito e naturalmente si misura anch‟essa in henry.

Sebbene il fenomeno si manifesti in qualsiasi circuito, valori elevati di induttanza sono

caratteristici, come vedremo subito, di bobine a molte spire, meglio ancora se avvolte su nuclei

ferromagnetici. In tal caso l‟induttanza del dispositivo, che si rappresenta con il simbolo grafico

, ha in un circuito un ruolo importante, analogo a quello della resistenza di un resistore o

della capacità di un condensatore. Un dispositivo dotato di induttanza prende il nome di induttore.

Il calcolo dell‟induttanza è particolarmente semplice nel caso di un solenoide. Sappiamo

infatti ( Unità 1, pag. xxx) che all‟interno della bobina il campo magnetico, approssimativamente

uniforme, è diretto secondo il suo asse ed ha intensità:

Perché diciamo che qualsiasi circuito possiede

induttanza, e quindi in esso si manifesta il fenomeno

dell‟autoinduzione? Semplicemente perché qualsiasi

circuito, quando è percorso da una corrente, genera

attorno a sé un campo magnetico e quindi anche un

flusso magnetico concatenato con se stesso.

10

(14) B ≈ 0 N i/l

dove l è la lunghezza del solenoide e N il numero delle spire percorse dalla corrente i. E quindi il flusso concatenato con una spira è BS, dove S è la sezione delle spire. Ma dato che di spire ve ne

sono N il flusso concatenato sarà N volte maggiore, C = NBS. Ricavando l‟induttanza come L =

C /i dalla formula (13), si ottiene infine:

(15) L ≈ 0 N2S/l

Ma l‟induttanza di un solenoide può essere accresciuta grandemente, a parità di geometria,

avvolgendolo su un nucleo di materiale ferromagnetico di permeabilità relativa r. In tal caso infatti

il campo magnetico, a parità di corrente, risulta r volte maggiore, e con esso l‟induttanza.

Esempio 5. Calcoliamo l’induttanza di una bobina con nucleo ferromagnetico.

Una bobina lunga 5 cm, costituita da N = 300 spire con sezione S = 0,5 cm2, è usata come antenna

di un ricevitore radio ( figura A). In presenza di un campo elettromagnetico variabile, la

componente magnetica del campo induce una corrispondente tensione ai capi della bobina, che

viene poi elaborata dai circuiti del ricevitore. Vogliamo calcolare l‟induttanza della bobina quando

essa è avvolta su un nucleo di materiale ferromagnetico con permeabilità relativa r = 200.

Calcoliamo l‟induttanza della bobina utilizzando la formula (15), modificata introducendovi

il fattore r per tener conto del materiale su cui essa è avvolta: 2 2 4

7 2

0

300 0,5 104 3,14 10 100 1,13 10

0,05r

N SL H

l

. E notiamo che la stessa bobina,

senza nucleo magnetico, avrebbe un‟induttanza r volte minore, cioè 1,13∙10-2

/400 = 1,13∙10-4

H.

Entrambi i valori, tuttavia sono approssimati per eccesso, perché la formula che abbiamo utilizzata

è stata ricavata per un solenoide di lunghezza infinita e sappiamo che in un solenoide di lunghezza

finita l‟intensità del campo decresce leggermente dal centro verso gli estremi.

Figura A. La fotografia rappresenta l‟antenna di una radio portatile, costituita da una bobina avvolta su un nucleo

ferromagnetico fatto di ferrite. Questo materiale, costituito da polveri pressate di ossidi di nichel e di altri elementi, si

comporta come un isolante anziché come un conduttore. Qual è, secondo voi, il motivo di questa scelta?

(fotografia come in Hecht, vol. II, pag. 739)

In generale, quando conosciamo l‟induttanza L di un induttore inserito in un circuito, la

tensione autoindotta, che si manifesta ai capi dell‟elemento, è:

(16) V = -L i/t.

dove i è la variazione che la corrente che scorre nel circuito

subisce nel tempo t. Questa formula indica che l‟effetto di

autoinduzione si manifesta, come già detto, soltanto in

presenza di variazioni della corrente nel circuito, ed è tanto più vistoso quanto più tali variazioni

sono forti e rapide. Il segno meno indica poi che la tensione indotta tende a opporsi a tali variazioni,

col risultato che la corrente nel circuito varia più lentamente che in assenza di induttanza.

Nell‟Esperimento 2, per esempio, il collegamento alla pila, in assenza di induttanza, avrebbe

prodotto una brusca salita della corrente da 0 a V/R.

Esperimento 3. Aprendo un circuito si può generare una tensione di valore elevato.

Procuratevi una pila da 9 volt, una bobina avvolta su un nucleo metallico (per esempio un

avvolgimento di un trasformatore) e una lampadinetta al neon ( pag. xxx). Collegate questi

elementi come indicato nella figura 13. Chiudendo l‟interruttore, la corrente scorrerà attraverso la

L‟induttanza, in un circuito elettrico,

produce un effetto “inerziale”, che si

oppone alle variazioni della corrente, del

tutto analogo a quello esercitato dalla

massa di un corpo soggetto a una forza di

intensità variabile nel tempo.

11

bobina, dato che la scarica nel gas della lampadinetta richiede ai suoi estremi una tensione di un

centinaio di volt, assai maggiore di quella della pila (e quindi finchè la scarica non s‟innesca il

dispositivo si comporta come un circuito aperto). Aprendo l‟interruttore, osserverete che la

lampadina emette un breve lampo di luce.

Ripetete l‟esperimento sostituendo la lampadina con un voltmetro disposto in parallelo alla bobina.

Aprendo il circuito, osserverete che il voltmetro indicherà, seppur brevemente, una tensione molto

maggiore di quella della pila.

L‟espressione (14) mostra che la tensione autoindotta può assumere valori anche assai elevati, che

dipendono dall‟induttanza del circuito e dalla rapidità con cui la corrente varia nel tempo. Questi

fenomeni si verificano, per esempio, quando si apre un interruttore in un circuito in cui scorre

corrente, come avete osservato voi stessi nell‟Esperimento precedente: la brusca variazione della

corrente, dovuta all‟apertura del circuito, ha generato infatti una tensione indotta di entità tale da

provocare l‟accensione della lampadina al neon. E del resto accade spesso che fra i contatti di un

interruttore che interrompe il passaggio di una corrente scocchi una scintilla, che manifesta il

passaggio di una corrente, molto intensa ma di breve durata, che viene chiamata extracorrente di

apertura.

Approfondimento 2. Ricaviamo la legge che descrive l’andamento temporale della corrente in

un circuito induttivo. Vogliamo trovare la legge matematica che rappresenta l‟andamento in funzione del tempo della

corrente che scorre nella bobina del circuito di figura 12 a partire dal momento in cui si chiude

l‟interruttore. Rappresentiamo la bobina, come nella figura 14, con la sua resistenza R e la sua

induttanza L, disposte in serie.

Esaminando il grafico nella parte b) della figura 12, possiamo subito stabilire che il valore

iniziale dell‟intensità è zero, il valore finale V/R. L‟andamento complessivo è assai simile a quello

già osservato per la tensione di un condensatore, quando viene caricato attraverso una resistenza (

pag. xxx). Se così fosse davvero, allora potremmo scrivere per analogia la legge:

(A) i(t) = (V/R)(1 - e-t/

)

in cui figura la funzione esponenziale (ricordiamo che la costante vale e = 2,71828... ). Osserviamo

subito che questa legge, qualunque sia il valore della costante incognita , la cosidetta costante di

tempo del circuito, rispetta certamente le condizioni dette prima, e cioè: i(0) = 0, dato che e-0

= 1;

i(∞) = V/R, dato che il limite di e-x

per x che tende all‟infinito è zero.

Prima di accettare questa ipotesi, però, vogliamo verificarla sulla base di considerazioni

teoriche. Per far questo applichiamo la regola secondo cui deve essere uguale, a ogni istante, la

somma delle tensioni ai capi degli elementi di circuito collegati in serie (II Principio di Kirchhoff,

Approfondimento 3 a pag. xxx). Nel nostro caso si ha:

(B) V + VR(t) + VL(t) = 0

dove VR(t) = -Ri(t) è la caduta di tensione sulla resistenza R e VL(t) la caduta di tensione

sull‟induttanza L, cioè la tensione autoindotta nel circuito. Il valore istantaneo di VL(t) si ricava

dalla (16) facendo tendere a zero la durata dell‟intervallo di tempo t; si ha: VL(t) = - L di/dt. Sostituendo nella formula (B) le espressioni di VR(t) e VL(t), otteniamo:

(C) V – R i(t) – L di/dt = 0

Questa è una equazione differenziale, così chiamata perchè in essa figurano sia le grandezze

variabili, nel nostro caso la corrente i(t), sia le loro derivate, nel nostro caso la derivata prima di/dt.

12

Non avete ancora appreso come risolvere questo tipo di equazioni. Possiamo però verificare se la legge (A), che abbiamo ipotizzato prima, sia effettivamente una soluzione dell‟equazione

differenziale del circuito, e, nel caso affermativo, ricavare una espressione per la costante .

Sostituiamo allora nella (C) l‟espressione (A) della corrente e quella della sua derivata prima

rispetto al tempo, ottenuta dalla (A) ricordando la regola di derivazione kt

ktdek e

dt :

(D) /tdi V e

dt R

Così procedendo, otteniamo l‟equazione

(E) V - V(1 - e-t/

) - (VL/R) e-t/

Questa è verificata quando la costante di tempo assume il valore = L/R e allora il primo membro

si annulla. Concludiamo che la legge (A) con = L/R è una soluzione (che si può dimostrare unica) dell‟equazione del circuito.

Ricaviamo infine l‟andamento nel tempo della tensione autoindotta V = – L di/dt.

Sostituendovi l‟espressione (D) della derivata della corrente si ottiene:

(F) VL(t) = di/dt = -V e-t/

Cioè la tensione autoindotta è inizialmente uguale e opposta alla tensione della pila, e infatti al

tempo t = 0 la corrente è nulla, e poi decade verso zero con legge esponenziale, ciò che

corrispondente al progressivo, sempre più lento, aumento della corrente verso il valore finale V/R.

Figura 12. (a) Una pila di tensione V è collegata

alla bobina di resistenza R attraverso un

interruttore. (b) Quando si chiude l‟interruttore, la

corrente cresce gradualmente fino a raggiungere il

valore costante V/R. Questa crescita graduale,

anziché brusca, è dovuta alla tensione autoindotta

nel circuito dalle variazioni del flusso magnetico.

Figura 13. Aprendo l‟interruttore, la lampadina al

neon si accende per un attimo. Il fenomeno è dovuto all‟elevata tensione indotta

che si produce nella bobina.

Figura 14. Rappresentiamo la bobina del circuito di figura

12 con una resistenza R e una induttanza L disposte in serie.

2.8 Le applicazioni dell’induzione elettromagnetica

Gli impieghi del fenomeno dell‟induzione elettromagnetica sono numerosi e importanti, nella

scienza come nella tecnica. I primi impieghi riguardarono soprattutto la generazione di tensioni di

valore elevato, ottenute interrompendo bruscamente il passaggio della corrente in un circuito con

elevato valore di induttanza. Questa tecnica, per esempio, venne impiegata negli esperimenti che

condussero alla scoperta dell‟elettrone e dei raggi X, nei primi esperimenti di Hertz sulle onde

elettromagnetiche e in quelli successivi di Marconi; ma trova molti impieghi anche oggi, per

esempio nel sistema di accensione dei motori a scoppio delle automobili ( La Fisica della

tecnologia 1.).

L‟induzione elettromagnetica fra due avvolgimenti avvolti su un nucleo metallico è alla base

del funzionamento dei trasformatori elettrici ( Unità 3, pag. xxx), dispositivi di larghissimo

impiego. Sulle correnti indotte in una bobina da un campo magnetico variabile, o in una bobina

ruotante in un campo costante, si basa invece il funzionamento di vari tipi di generatori elettrici (

13

Unità 3, pag. xxx), fra cui gli alternatori che nelle centrali elettriche producono le correnti alternate

che usiamo abitualmente. Ma gli impieghi del fenomeno dell‟induzione elettromagnetica sono

veramente innumerevoli: nelle schede che seguono ne considereremo alcuni.

La Fisica della tecnologia 1. Il sistema di accensione dei motori a scoppio.

La figura A rappresenta lo schema del sistema di accensione di un motore a scoppio, detto anche

spinterogeno (che significa “generatore di scintille”). Esso genera un‟alta tensione e la applica in

sequenza alle candele in modo da produrre l‟accensione della miscela nei cilindri del motore. Il

cuore dell‟apparecchio sono due bobine accoppiate magneticamente. La prima è alimentata dalla

batteria dell‟auto tramite un interruttore, detto ruttore, che è azionato dal motore e apre e chiude

periodicamente il circuito. La seconda bobina, dotata di un maggior numero di spire rispetto alla

prima, genera impulsi di alta tensione in corrispondenza delle brusche variazioni della corrente nel

primo circuito. Questi impulsi arrivano alle candele, in sequenza, tramite il distributore, costituito

da uno speciale interruttore a più posizioni, azionato dalla rotazione del motore. La tensione degli

impulsi (attorno a 10 kV) è tale da provocare una scintilla elettrica fra gli elettrodi delle candele, e

quindi l‟accensione della miscela aria-benzina contenuta nei cilindri.

Figura A. L‟alta tensione necessaria per l‟accensione delle candele viene prodotta da una bobina accoppiata

magneticamente a un‟altra, nella quale s‟interrompe periodicamente il passaggio della corrente prelevata dalla batteria.

Il distributore provvede poi ad applicare in sequenza l‟alta tensione alle candele del motore.

(adattare da Il mondo della fisica vol.B, pag. 434, eliminando il condensatore; disegnando la bobina con due

avvolgimenti separati: uno di poche spire collegato al circuito a sinistra e uno con più spire collegato al circuito a

destra; provando a rendere comprensibili il funzionamento del ruttore e del distributore, aggiungendo le seguenti scritte:

batteria, ruttore, bobina, distributore, candele)

La Fisica della tecnologia 2. La registrazione e la riproduzione magnetica dei suoni.

I registratori a nastro magnetico servono a registrare i suoni su un supporto di materiale

ferromagnetico e poi a riprodurli. Il cuore di questi apparecchi è la testina magnetica, sotto la quale

scorre il nastro magnetico, che è fatto di plastica sulla quale è depositato un sottile strato di ossidi

ferromagnetici (generalmente di ferro e di cromo). La testina è costituita da un anello di materiale

ferromagnetico con una sottile fessura, attorno al quale è avvolta una bobina.

La registrazione si compie inviando nella bobina una corrente elettrica la cui intensità è

proporzionale, istante per istante, all‟intensità del suono. In prossimità della fessura, che ha

dimensioni piccolissime, le linee del campo magnetico raggiungono il nastro sottostante, in moto a

velocità costante, magnetizzandone corrispondentemente la parte sensibile. A ogni istante, così, una

determinata regione del nastro viene magnetizzata con l‟intensità corrispondente alla corrente nella

bobina e quindi al suono che si vuole registrare.

La riproduzione si compie facendo scorrere il nastro sotto la testina (la stessa usata per la

registrazione o un‟altra apposita per la lettura): al campo magnetico variabile generato dal moto del

nastro corrisponde un flusso variabile concatenato con la bobina, che vi induce una tensione di

ampiezza corrispondente alla magnetizzazione. Questa tensione viene poi amplificata e trasformata

nuovamente in suoni da un altoparlante.

Oltre che suoni, sui nastri magnetici si possono registrare immagini in movimento, cioè

film, come avviene negli apparati VHS (Video Home System). In questo caso la quantità di

informazioni è assai maggiore; al segnale video, che rappresenta le immagini, va accompagnato

inoltre, istante per istante, il segnale audio che rappresenta i suoni.

Figura A. Il nucleo magnetico su cui è avvolta la bobina di una testina magnetica presenta una sottile fessura. In

corrispondenza di questa, nella fase di registrazione, il campo magnetico prodotto dalla corrente i attraversa il materiale

sensibile del nastro che vi scorre al di sotto. Nella fase di lettura, il campo prodotto dalla

magnetizzazione del nastro si accoppia con la bobina, inducendovi una tensione variabile.

(adattare da Amaldi, La Fisica, vol. 3, pag. 250, modificata come segue: la sezione del nucleo piatta

sulla parte superiore dove c‟è la bobina; colorando diversamente le freccette blu in alto; un po‟ meno

14

freccette nere nella parte a sinistra, aggiungendovi la scritta magnetizzazione permanente; sostituire la scritta nucleo

dell‟elettromagnete con nucleo magnetico fessurato; aggiustare come nello schizzo il dettaglio delle linee curve blu in

corrispondenza della fessura, sopra e sotto)

La Fisica intorno a noi 1. Come si memorizzano le informazioni in un calcolatore elettronico?

I calcolatori delle ultime generazioni sono in grado di memorizzare quantità di dati enormemente

maggiori di quelle dei loro “antenati” di 20 o 30 anni fa. Per comprendere come sia stato possibile

realizzare tali progressi, occorre premettere che nei calcolatori le informazioni di qualsiasi tipo

(parole, suoni, immagini, …) vengono rappresentate in forma digitale (cioè attraverso numeri),

utilizzando un codice binario. L‟informazione elementare è il bit, che può assumere soltanto due

valori: 0 e 1. Una sequenza di 8 bit (il byte) può rappresentare una lettera, un numero, un segno

d‟interpunzione, come negli esempi della tabella.

Nei calcolatori, come memorie permanenti, si

utilizzano memorie magnetiche, basate sulle proprietà dei

materiali ferromagnetici. Esse consistono di elementi,

ciascuno dei quali può venire magnetizzato in un verso o in

quello opposto: a uno dei due stati si fa coirrispondere 0,

all‟altro 1. Come è facile intuire, un calcolatore deve disporre

di memorie di miliardi di elementi per poter immagazzinare,

poniamo, un romanzo oppure una sinfonia.

Un tempo, le memorie magnetiche consistevano di tanti anellini di ferrite, attraversati da fili

conduttori: inviando un impulso di corrente a uno di questi fili, l‟anellino corrispondente si

magnetizzava, in un verso o nell‟altro a seconda del verso della corrente. Ma è chiaro che questo

metodo, che richiede un anellino per ciascun bit, non permette di memorizzare grandi quantità di

informazioni.

Prestazioni assai migliori si ottengono

usando dischi magnetici. Un disco magnetico

(più precisamente un hard disk) usato oggi è fatto

di alluminio o di vetro, ricoperto da un sottile

strato di materiale ferromagnetico, suddiviso in

tante minuscole aree ciascuna delle quali può

essere magnetizzata in due sensi opposti.

Generalmente il disco è costituito da più piatti

sovrapposti, come mostra la figura A: ciascuno di essi è dotato di una o più testine che svolgono

compiti sia di “scrittura” (magnetizzando un dato elemento del disco in un senso o nell‟altro, in

modo da registre un bit) che di “lettura” (riconoscendo il verso di magnetizzazione di un dato

elemento per stabilire il valore del bit che vi era registrato).

Si capisce che occorre una grandissima precisione nel posizionamento delle testine, per

poter raggiungere esattamente l‟area del disco desiderata. La testine sfiorano soltanto la superficie

sensibile senza toccarla, sollevate da un cuscino d‟aria mentre il disco ruota continuamente a

velocità elevatissima (fra 50 e 120 giri al secondo).

Le caratteristiche più importanti dei dischi magnetici sono la

capacità di memoria, espressa generalmente in unità di byte (1 byte = 8

bit), e il tempo necessario per accedere alle informazioni. Un tipico

disco usato oggi ha capacità dell‟ordine di 100 Gbyte (ricordiamo che G

= 109) e tempo di accesso di circa 10 ms.

Figura A. Ecco cosa si vede guardando all‟interno di un disco magnetico: una serie di

piatti sovrapposti, ciascuno dotato di una o più testine magnetiche. Queste ne

spazzano la superficie, spostandosi radialmente mentre il disco ruota velocemente.

Figura B. La superficie di un disco magnetico è suddivisa in tante tracce (corone

Tabella. Rappresentazione di numeri,

lettere, segni d‟interpunzione nel codice

binario usato nei calcolatori, detto codice

ASCII (pronuncia “aski”)

A 01000001

a 01100001

1 00110001

; 01100001 @ 01000000

15

circolari) concentriche, ciascuna delle quali è a sua volta suddivisa in settori. Ognuno di questi è costituito di solito da

una sequenza di 4096 minuscole aree elementari, ciascuna delle quali, magnetizzata in un senso o nell‟altro, rappresenta

1 bit.

2.9 L’energia del campo magnetico

Eseguendo l‟Esperimento 3 abbiamo osservato che la lampadina si accende brevemente appena

dopo l‟apertura del circuito. Ma da dove proviene l‟energia a ciò necessaria? Non certo dalla pila,

che l‟interruttore ha appena disconnesso dal circuito. Si tratta dell‟energia immagazzinata nel

campo magnetico generato dalla corrente che scorreva nel circuito. Perché a un campo magnetico,

come del resto a un campo elettrico, è associata energia. Che, nel caso del campo magnetico

generato da una data corrente, è tanto maggiore quanto maggiore è l‟induttanza complessiva del

circuito. Questa energia si libera quando s‟interrompe il passaggio di una corrente, manifestandosi

attraverso l‟extracorrente di apertura (che ha acceso la lampadina nel caso dell‟esperimento citato

sopra). Quando invece si chiude un circuito, stabilendo il passaggio di una corrente, la generazione

del campo magnetico richiede una corrispondente quantità di energia, che viene fornita dal

generatore di tensione, ritardando così la salita della corrente.

Per studiare il fenomeno consideriamo il bilancio energetico di un circuito di induttanza L e

resistenza R che viene collegato a una pila di tensione V ( fig. 14). L‟equazione del circuito è

stata ricavata nell‟Approfondimento 2 (formula (C)); qui la scriviamo considerando un generico

intervallo di tempo t, durante il quale la variazione della

corrente è i:

(17) V = R i + L i/t

Moltiplicando ambo i membri per it, otteniamo la

seguente espressione per il bilancio energetico del circuito:

(18) V i t = R i2 t + L ii

Il significato fisico di due dei tre termini è immediato: V i t

rappresenta il lavoro elettrico complessivo compiuto dal

generatore nell‟intervallino t; R i2

t rappresenta l‟energia dissipata nella resistenza nello stesso

intervallo di tempo. E il termine L ii? Questo rappresenta proprio l‟energia che occorre, man

mano che la corrente aumenta, per stabilire il corrispondente campo magnetico. Notate che questo

termine si annulla quando la fase di crescita della corrente si è conclusa, e quindi i = 0. L‟energia totale immagazzinata nel campo magnetico durante il processo che porta la

corrente da zero a un determinato valore si ottiene evidentemente sommando assieme tutti i

contributi L ii relativi ai diversi intervallini di tempo. L‟energia immagazzinata in un singolo

intervallino infinitesimo dt è:

dE = L i di

da cui, integrando con le regole che conoscete, segue

(19) E = ½ Li2

Esempio 6. Calcoliamo l’energia immagazzinata in una bobina con nucleo ferromagnetico.

Consideriamo una bobina lunga 20 cm, costituita da N = 1000 spire con sezione S = 4 cm2, avvolta

su un nucleo di materiale ferromagnetico con permeabilità relativa r = 200, percorsa da una

corrente di intensità i = 10 A.

Cosa avviene quando una bobina percorsa

da corrente viene cortocircuitata? Essendo

ora V = 0, dalla (17) abbiamo: – L i/t =

Ri, dove il termine – L i/t è positivo

perché i è negativo dato che la corrente

tende a diminuire: cioè la corrente

continua a scorrere nel circuito,

annullandosi solo gradualmente. Dalla (20)

abbiamo poi: Lii + Ri2 t = 0, che

mostra come l‟energia immagazzinata nel

campo magnetico venga gradualmente

dissipata dalla corrente per effetto Joule.

16

Calcoliamo l‟induttanza della bobina utilizzando la formula (15), modificata introducendovi il

fattore r per tener conto del materiale su cui essa è avvolta: 2 2 4

7

0

1000 4 104 3,14 10 200 0,0502

0,2r

N SL H

l

.

Per calcolare l‟energia utilizziamo la formula (19): 2 210,0502 10 5,02

2E Li J

Vogliamo ora porre in relazione l‟energia del campo magnetico con l‟intensità del campo. A questo

scopo consideriamo un solenoide di lunghezza l con N spire di area S, assumendo nullo il campo al

suo esterno, uniforme con intensità B = 0Ni/l al suo interno. Ricaviamo i dalla precedente

ottenendo i = lB/0N, che sostituiamo nella espressione (19) dell‟energia del campo, dove

esprimiamo l‟induttanza L come 0 N2S/l utilizzando la formula (15). Otteniamo così:

22 2

2 0

0 0

1 1 1

2 2 2

N S l B l S BE Li

l N

Dividendo tale espressione per il volume interno al solenoide (lS) otteniamo infine la densità di

energia del campo magnetico, cioè la sua energia per unità di volume:

(20) 2

0

1

2VOL

BE

Si può dimostrare che questa formula vale per qualsiasi campo magnetico, anche non uniforme.

E‟ dunque possibile immagazzinare nel vuoto energia magnetica, come del resto avevamo

trovato ( pag. xxx) per l‟energia elettrostatica con l‟espressione 2

0

2VOL

EE

assai simile alla

(20). Vedremo poi nell‟Unità 4 che l‟energia dei campi, in certi casi, può viaggiare attraverso lo

spazio: è ciò che avviene nel caso della luce o delle onde radio.

Figura 18. L‟energia immgazzinata nel campo magnetico di un circuito di

induttanza L percorso da una corrente i si può calcolare sommando il lavoro

elettrico compiuto dal generatore in intervalli di tempo successivi per portare la

corrente da zero a i. Dato che il lavoro durante ciascun intervallo è Lii,

rappresentato nel grafico dall‟area del rettangolo di base i e altezza Li, il lavoro

totale è l‟area del triangolo di base i e altezza Li, cioè ½ Li2.

17

Test di verifica

1) In un circuito chiuso NON scorre una corrente indotta quando

Ο un magnete viene avvicinato ad esso o allontanato da esso

Ο esso si trova in presenza di un intenso campo magnetico costante

Ο viene inserita o disinserita una pila in un altro circuito nei pressi del primo

2) Vero o falso? V F

non è possibile generare correnti indotte in un campo magnetico costante O O

l‟induzione elettromagnetica consiste nella magnetizzazione temporanea di un corpo

ferromagnetico avvicinato a un magnete permanente O O

inserendo un magnete in una bobina chiusa, in essa scorre una corrente indotta O O

per ottenere una corrente indotta si può spostare un magnete rispetto a un circuito chiuso o

spostare un circuito rispetto a un magnete O O

una corrente elettrica non può scorrere in un circuito nel quale non vi è un generatore O O

3) A seconda che allontaniamo o avviciniamo un magnete a un circuito chiuso, la corrente

indotta differisce per

Ο il verso Ο l‟intensità Ο la velocità con cui varia

4) Sottolineate gli errori che individuate nella frase seguente.

Faraday ottenne una corrente continua indotta disponendo un circuito chiuso in un campo

magnetico di opportuna intensità. Il campo era prodotto da un magnete permanente fisso oppure

da un altro circuito, percorso da una corrente continua.

5) L‟intensità della corrente indotta in un circuito dipende

O dalla tensione del generatore che vi è inserito

O dalla rapidità delle variazioni del flusso magnetico concatenato con il circuito

O dall‟intensità del campo magnetico da essa generato

6) Raddoppiando la velocità con cui spostiamo un magnete inserendolo in una bobina chiusa,

l‟intensità della corrente indotta

O si dimezza O si raddoppia O si quadruplica

7) Se raddoppiamo il raggio di una spira immersa in un campo magnetico e raddoppiamo la

variazione dell‟intensità del campo, l‟intensità della corrente indotta nella spira aumenta di

un fattore

O 2 O 4 O 8

8) Una bobina di 10 spire con raggio di 2 cm si trova in un campo magnetico uniforme diretto

secondo l‟asse della bobina con intensità B = 0,1 T. Il valore del flusso magnetico

concatenato con la bobina è

O 4∙10-4

Wb O 4∙10-3

Wb O 4∙10-2

Wb

9) Un filo conduttore rettilineo aperto si sposta in un campo magnetico uniforme costante,

perpendicolare al conduttore. Nel filo

O scorre una corrente indotta O si sviluppa una tensione indotta O non si ha induzione

10) Un filo conduttore rettilineo aperto si sposta in un campo magnetico uniforme costante,

perpendicolare al conduttore

O Gli elettroni liberi nel conduttore sono soggetti alla forza di Lorentz

O L‟intensità della corrente indotta nel conduttore è proporzionale alla sua velocità

O La corrente indotta nel filo genera un campo che si oppone a quello esterno

18

11) Una spira conduttrice disposta orizzontalmente si muove a velocità costante nel piano

orizzontale in presenza di un campo magnetico uniforme costante diretto verticalmente. Il

flusso magnetico concatenato con la spira è

O nullo O costante O variabile nel tempo

12) Una spira condutttrice disposta orizzontalmente si muove a velocità costante nel piano

orizzontale in presenza di un campo magnetico uniforme diretto orizzontalmente. La

corrente indotta nella spira è

O nulla O costante O variabile nel tempo

13) Una spira conduttrice ruota attorno a un suo diametro in un campo magnetico uniforme. La

corrente indotta nella spira è sempre nulla quando il suo asse di rotazione

O è perpendicolare O è parallelo O è diretto a 45° rispetto

alla direzione del campo.

14) Inserendo il magnete nella bobina, in essa scorre una corrente

O nel senso della freccia rossa O nulla O nel senso opposto

alla freccia rossa

15) L‟anello metallico in figura si trova in un campo magnetico

uniforme, con verso entrante nel foglio, che subisce un aumento.

La corrente indotta nell‟anello è

O nulla O diretta in senso orario O diretta in senso antiorario (disegnare dei cerchietti attorno ai , un po‟ piu‟ piccoli)

16) Supponendo che fra le espansioni polari del

magnete in figura il campo sia uniforme, nel

conduttore rettilineo NON si sviluppa una

tensione indotta quando esso viene spostato

verso il punto

O A O B O C

17) Vero o falso? V F

La tensione indotta in un circuito genera una corrente indotta il cui effetto si oppone alla causa

che l‟ha prodotta O O

Il campo magnetico generato da una corrente indotta provoca una variazione del flusso

concatenato che va a incrementare la variazione di flusso che ha indotto la corrente O O

Perché possa scorrere una corrente indotta occorre compiere del lavoro O O

In presenza di variazioni del campo magnetico un solido conduttore si riscalda O O

Le correnti parassite trovano vari impieghi utili O O

18) Un pendolo metallico viene fatto oscillare in presenza di un campo magnetico. Non è

corretto dire che

O le oscillazioni del pendolo vengono smorzate dalle correnti parassite

O il pendolo si carica elettricamente

O il pendolo si riscalda 19) La legge di Faraday-Neumann, che mette in relazione la tensione V indotta in un circuito

con la variazione Cdel flusso concatenato con il circuito e l‟intervallo di tempo t in cui

tale variazione ha avuto luogo, si esprime con la formula:

O V = -Ct O V = -C/t O V = -t/C

19

20) La forza necessaria per inserire un magnete in una bobina aperta ha

O la stessa intensità O intensità minore O intensità maggiore

di quella necessaria per inserirlo in una bobina chiusa

21) La mutua induttanza fra due circuiti rappresenta

O l‟effetto della corrente che scorre in un circuito sul flusso magnetico concatenato con l‟altro

circuito

O l‟induttanza di un circuito quando un altro circuito è percorso da una corrente

O l‟energia fornita da un circuito a un altro circuito accoppiato magneticamente al primo

22) L‟induttanza e la mutua induttanza si misurano in unità di

O tesla O henry O weber

23) Sottolineate gli errori che individuate nella frase seguente.

La mutua induttanza fra due circuiti è di 1 tesla quando una variazione della tensione di 1 volt in

1 secondo in un circuito induce nell‟altro una corrente di 1 ampere.

24) Vero o falso? V F

Tutti i circuiti possiedono induttanza O O

L‟induttanza di un circuito si manifesta nel rallentare le variazioni della tensione O O

Le bobine avvolte in aria hanno induttanza maggiore di quelle avvolte su un nucleo di materiale

ferromagnetico O O

La tensione autoindotta in un circuito è inversamente proporzionale alla sua induttanza O O

Deformando una bobina percorsa da corrente, in essa si crea una tensione autoindotta O O

25) L‟induttanza di un solenoide è

O inversamente proporzionale alla O direttamente proporzionale alla O indipendente dalla

sezione delle sue spire

26) L‟induttanza di una bobina è data dal rapporto fra il flusso concatenato con essa e

l‟intensità della corrente che vi scorre. In tal caso il flusso concatenato è quello

O generato dalla corrente che scorre in un altro circuito

O generato dalla corrente che scorre nella bobina

O totale, generato da qualsiasi corrente che produca un campo magnetico

27) L‟induttanza di un solenoide è

O direttamente proporzionale al O inversamente proporzionale al

O direttamente proporzionale al quadrato del

numero delle sue spire

28) L‟intensità del campo magnetico all‟interno di un solenoide percorso da corrente è

direttamente proporzionale

O alla sua lunghezza O al raggio delle spire O al rapporto fra il numero di spire e la lunghezza

29) Collegando a una pila di tensione V un circuito di resistenza R e induttanza L, il valore

iniziale della corrente è

O nullo O V/R O V/L

30) Si apre l‟interruttore che collega una pila di tensione V a una bobina di resistenza R e

induttanza L. Nell‟istante immediatamente successivo, nella bobine scorre una corrente

O più intensa O meno intensa

20

di quella che vi scorreva prima, che è diretta

O nello stesso senso di O in senso opposto a

quella che vi scorreva prima,

31) Vero o falso? V F

L‟induttanza di una bobina è direttamente proporzionale alla corrente che vi scorre O O

La tensione autoindotta si oppone sempre alle variazioni della corrente in un circuito O O

La tensione autoindotta in un circuito è sempre inferiore a quella del generatore che vi è inserito

O O

32) L‟energia immagazzinata in un induttore è

O direttamente proporzionale alla O inversamente proporzionale alla O indipendente dalla

sua induttanza

33) Il flusso del campo magnetico si misura in

O tesla O weber O ampère

34) Si collega un generatore di tensione a una lampadina disposta in serie a una bobina,

regolando la tensione in modo che, dopo il transitorio iniziale, la lampadina risulti ben

accesa. Si introduce quindi un nucleo magnetico all‟interno della bobina e, trascorso del

tempo, si osserva che la lampadina

O brilla più intensamente O brilla come prima O brilla meno intensamente

35) Introducendo un nucleo magnetico all‟interno di una bobina percorsa da corrente, l‟energia

immagazzinata nella bobina

O diminuisce O resta costante O aumenta

36) La densità di energia di un campo magnetico è direttamente proporzionale

O alla O al quadrato della O al cubo della

sua intensità.

37) La densità di energia di un campo magnetico unitario (B = 1 T) è

O molto maggiore di O uguale a O molto minore di

quella di un campo elettrico unitario (E = 1 V/m)

21

Problemi e quesiti

1. Illustrate in poche righe tre diverse modalità che producono variazioni del flusso magnetico

concatenato con un circuito. Risoluzione. Tre possibili modalità sono le eseguenti: a) un circuito in presenza di un campo magnetico che varia

nel tempo; b) una spira che ruota in un campo magnetico costante; c) un circuito la cui forma varia nel tempo in un

campo magnetico costante. Un‟altra possibilità riguarda il moto di un circuito in un campo magnetico non

uniforme.

2. Calcolate il flusso di un campo magnetico uniforme diretto verticalmente di intensità B =

0,01 T concatenato con una spira quadrata orizzontale di lato l = 100 mm. Risoluzione. Dato che il campo è perpendicolare alla spira, il flusso si calcola utilizzando la formula (2), ponendo S

= l2 = 0,01 m

2: C = BS = 0,010,01 = 10

-4 Wb.

3. * Due conduttori rettilinei OA e OB, che si trovano in un piano orizzontale, sono saldati in

O, perpendicolarmente l‟uno all‟altro. Su di essi è

appoggiato un terzo conduttore rettilineo disposto a 45°

rispetto alle loro direzioni, che si muove parallelamente a

se stesso con velocità v = 0,707 m/s. Al tempo t = 0 tale

conduttore si trova nel punto O. Il circuito si trova in un

campo magnetico di intensità B = 0,1 T, diretto

perpendicolarmente al piano, con verso uscente da esso.

Calcolate il flusso concatenato con il circuito in funzione

del tempo. Calcolate la tensione indotta media negli

intervalli di tempo fra 0 e 10 ms, 10 e 20 ms, 20 e 30 ms.

Stabilite il senso della corrente indotta. Risoluzione. Dato che il campo magnetico è perpendicolare al piano del circuito, il flusso concatenato con il

circuito è dato dalla formula (2): C(t) = BS(t), dove S(t) è l‟area della superficie variabile racchiusa dal circuito.

Questa superficie è quella del triangolo la cui altezza a dipende dal tempo con la legge a(t) = vt e la cui base b

dipende dal tempo con la legge b(t) = 2vt, per cui si ha S(t) = a(t)b(t)/2 = v2t2 = 0,707

2t

2 = 0,5 t

2 m

2. Il flusso

concatenato vale pertanto: C(0) = BS(0) = 0 ; C(10 ms) = BS(10 ms) = 0,10,50,012 = 5∙10

-6 Wb; C(20 ms)

= BS(20 ms) = 0,10,50,022 = 2∙10

-5 Wb; C(30 ms) = BS(30 ms) = 0,10,50,03

2 = 4,5∙10

-5 Wb. Le variazioni

del flusso negli intervalli successivi di durata 10 ms sono pertanto le seguenti: 1 = C(10 ms) - C(0) = 5∙10-6

Wb; 2 = C(20 ms) - C(10 ms) = 1,5∙10-5

Wb;3 = C(30 ms) - C(20 ms) = 2,5∙10-5

Wb. I corrispondenti

valori medi delle tensioni indotte durante gli intervalli anzidetti, ottenuti applicando la formula (8), sono: V1 =

1/t = 5∙10-6

/0,01 = 5∙10-4

V; V2 = 2/t = 1,5∙10-5

/0,01 = 1,5∙10-3

V; V3 = 3/t = 2,5∙10-5

/0,01 = 2,5∙10-3

V.

Il valore istantaneo della tensione indotta in funzione del tempo si ottiene utilizzando la formula (9), dove

C(t) = BS(t) = 0,5Bt2 = 0,05 t

2 Wb. Trascurando il segno e ricordando che la derivata di t

2 vale 2t si ha: V(t) =

0,1t2. La tensione indotta cresce dunque con legge parabolica.

Il senso della corrente indotta si determina in base alla legge di Lenz. Tenendo presente che una corrente che

scorre nel circuito in senso antiorario genera un campo con verso uscente dal foglio, si conclude che la corrente

indotta scorre in senso orario, producendo così un campo magnetico che si oppone a quello che la genera.

4. Un campo magnetico uniforme diretto verticalmente verso l‟alto ha intensità B = 0,05 T.

Nell‟intervallo di tempo t = 0,2 s esso si inverte e assume l‟intensità B‟ = 0,1 T. Calcolate la tensione indotta in una bobina con asse verticale costituita da N = 100 spire di sezione S =

0,05 m2

Risoluzione. La variazione dell‟intensità del campo, che mantiene la sua direzione ma inverte il verso, è B = B +

B‟ = 0,05 + 0,1 = 0,15 T. Dato che il campo è perpendicolare alla bobina, il flusso concatenato con essa si calcola

utilizzando la formula (2), introducendovi il fattore N per tener conto del numero delle spire. La variazione del

flusso è: C = N S B = 1000,050,15 = 0,75 Wb. Per calcolare la tensione indotta nella bobina utilizziamo la

formula (7), dato che il segno non è qui essenziale: V = C/t = 0,75/0,1 = 7,5 volt.

5. Individuate fra i grafici qui sotto quale rappresenta meglio l‟andamento nel tempo della

tensione indotta nella bobina del Problema 4, precisando inoltre quale ipotesi occorra per

giustificarne la forma.

B

∙ B v

O A

22

Risoluzione. La tensione viene indotta soltanto quando il flusso concatenato subisce una variazione, e quindi è diversa

da zero durante un intervallo t = 0,2 s e non altrove. Ciò conduce a escludere i grafici A e C. Consideriamo pertanto il

grafico B come risposta al quesito.

6. Calcolate il flusso, attraverso una superficie cubica di lato l = 10 cm, di un campo magnetico

uniforme con intensità B = 1,5 mT diretto perpendicolarmente a due facce del cubo. (Fate

attenzione ad attribuire un segno + o – al flusso magnetico attraverso ciascuna faccia.) Risoluzione. Per calcolare il flusso attraverso la superficie cubica utilizziamo la (6), sommando i contributi relativi alle

sei facce del cubo, ciascuna di superficie S = l2 = 0,01 m

2. La geometria del problema indica che il campo magnetico è

perpendicolare a due facce opposte del cubo e parallelo alle altre quattro. Il flusso attraverso queste ultime è

evidentemente nullo. Il flusso relativo alle prime è rispettivamente: 1 = SB = 0,011,5∙10-3

= 1,5∙10-5

Wb per la faccia

dalla quale il campo “esce” (e quindi il prodotto scalare B n

fra il campo e la normale alla superficie è positivo), e 2

= -SB = -0,011,5∙10-3

= -1,5∙10-5

Wb per la faccia nella quale il campo “entra” (e quindi il prodotto scalare B n

fra il

campo e la normale alla superficie è negativo). Sicché il flusso complessivo = 1 + 2 è nullo. Come del resto

stabilisce in generale, per qualsiasi superficie chiusa, il teorema di Gauss per il campo magnetico.

7. Una spira circolare di raggio r = 10 cm si trova in un campo magnetico di intensità B = 10

mT diretto perpendicolarmente alla sua superficie. La spira subisce in 1 ms una rotazione

che la dispone parallelamente al campo. Calcolate il valore assoluto della variazione del

flusso concatenato con la spira durante tale intervallo e la tensione indotta media nella spira. Risoluzione. Nella posizione iniziale, il flusso concatenato con la spira è dato dalla formula (2): = SB = 3,14r

2B =

3,140,010,01 = 3,14∙10-4

Wb. In quella finale il flusso è nullo dato che il campo è parallelo alla superficie della spira.

Pertanto il valore assoluto della variazione del flusso è = 3,14∙10-4

Wb. La tensione indotta media, utilizzando la

(7), è: V = /t = 3,14∙10-4

/0,001 = 0,314 V. Notiamo tuttavia che la variazione del flusso concatenato non è lineare

nel tempo e quindi la tensione varierà da istante a istante.

8. Una spira quadrata di lato l = 10 cm, nella quale è

inserito un resistore di resistenza R = 10 Ω, riceve una

martellata che in 2 ms ne riduce la superficie al 60% di

quella iniziale. Calcolate l‟intensità della corrente

indotta dall‟evento nella spira, che si trova in un

campo magnetico di intensità B = 0,1 T inclinato di

30° rispetto alla normale alla sua superficie. Risoluzione. Il flusso inizialmente concatenato con la spira di area S1 = l

2 = 0,1

2 = 0,01 m

2, utilizzando la (1), è:

S1 B cos30° = 0,010,10,866 = 8,66∙10-4

Wb. Il flusso concatenato finale, con S2 = 0,6 S1 = 0,006 m2, è:

S2 B cos30° = 0,0060,10,866 = 5,20∙10-4

Wb. La variazione del flusso in valore assoluto è: =

8,66∙10-4

- 5,20∙10-4

= 3,46∙10-4

Wb. Pertanto la tensione indotta, utilizzando la (7), è: V = /t = 3,46∙10-4

/0,002 =

0,173 V, e la corrente indotta ha intensità: i = V/R = 0,173/10 A = 17,3 mA.

9. Una bobina di 20 spire di area 0,005 m2 si trova in un campo magnetico uniforme parallelo

al suo asse, la cui intensità varia nel tempo come segue: B cresce linearmente da 0 a 0,5 T

nell‟intervallo di tempo fra t = 0 e t = 10 ms; resta costante fino a t = 20 ms; poi decresce

linearmente fino ad annullarsi per t = 50 ms. Tracciate il grafico che rappresenta

l‟andamento nel tempo del flusso concatenato con la bobina. Calcolate quindi la tensione

indotta nella bobina e tracciate un grafico del suo andamento nel tempo.

A B C

V(t) V(t) V(t)

0,4 s tempo 0,4 s tempo 0,4 s tempo

23

Risoluzione. La relazione fra il flusso

concatenato con la bobina e l„intensità B del

campo magnetico è data dalla formula (2a): C

= NSB = 200,005B = 0,1B Wb. Il flusso

varia pertanto linearmente da zero a 0,10,5 =

0,05 Wb nell‟intervallo fra t = 0 e t = 10 ms, poi

resta costante e infine nell‟intervallo fra t = 20

ms e t = 50 ms decresce linearmente fino ad

annullarsi. Il suo andamento è rappresentato nel

grafico in alto. La tensione indotta nella bobina,

che è diversa da zero soltanto negli intervalli di

tempo in cui il flusso concatenato varia, è data

dalla formula (8). Nell‟intervallo t1 = 10 ms fra

t = 0 e t = 10 ms, la corrispondente variazione

del flusso è: 1 = 0,05 Wb; nell‟intervallo t2

= 30 ms fra t = 20 ms e t = 50 ms, la

corrispondente variazione del flusso è: 2 = -

0,05 Wb. Le tensioni indotte nei due intervalli

sono pertanto: V1 = - 1/t1 = -0,05/0,01 = -5

V; V2 = - 2/t2 = 0,05/0,03 = 1,67 V.

L‟andamento della tensione è rappresentato nel

grafico in basso.

10. Una spira quadrata di lato a

giace in un piano orizzontale, dove si

sposta a velocità costante nella direzione

e nel verso dell‟asse x, raggiungendo e

attraversando la regione di larghezza 2a

dove è presente un campo magnetico

uniforme B diretto verticalmente con

verso uscente dal piano. Tracciate un

grafico del flusso concatenato con la

spira e della tensione indotta nella spira

in funzione dell‟ascissa del centro della spira, nell‟intervallo fra –2a e +2a). Risoluzione. Il flusso concatenato con la spira è nullo

fino a che il suo centro raggiunge l‟ascissa x = -1,5a. Da

quel punto in poi il flusso cresce linearmente fino a

raggiungere il massimo (max = 4a2B ), per x = -0,5a,

quando tutta la spira è inserita nel campo magnetico. Il

flusso concatenato resta costante fino a che il centro

della spira raggiunge l‟ascissa x = 0,5a. Da quel punto il

flusso concatenato diminuisce linearmente , fino ad

annullarsi per x = 1,5 a. Nella spira viene indotta una

tensione soltanto quando il flusso varia, cioè per x

compreso fra –0,5a e 0,5a, e fra 1,5a e 2,5a, nei due casi

con segni opposti ma con lo stesso valore assoluto.

11. Un aereo con apertura alare A = 60 m vola a 900 km/h perpendicolarmente alla direzione

del campo magnetico terrestre, che in quella regione ha intensità B = 0,04 mT. Calcolate la

differenza di potenziale fra le estremità delle ali. Risoluzione. Considerando le ali dell‟aereo come un conduttore rettilineo, calcoliamo la differenza di potenziale fra i

suoi estremi indotta dal suo moto nel campo utilizzando la formula (3). Esprimendo la velocità in unità SI, cioè v =

9001000/3600 = 250 m/s, si ha: V = vBA = 2504∙10-560 = 0,6 V.

12. Determinate il valore minimo dell‟intensità del campo geomagnetico nella regione dove si è

svolto il volo del satellite sospeso alla navetta spaziale ( figura 8), sapendo che quando il

max

C(t)

-2a -a 0 a x

V(t)

-2a -a 0 a x

. B

-2a -a 0 a asse x

a 2a

24

cavo conduttore di sospensione, di lunghezza L = 19,7 km, era trascinato con velocità v = 8

km/s, la tensione indotta fra i suoi estremi era V = 3500 volt. Risoluzione. La forza elettromotrice indotta fra gli estremi di un conduttore rettilineo in moto uniforme attraverso

un campo magnetico è data dalla formula (5) quando la sua velocità v è perpendicolare a) alla retta dove giace il

conduttore, b) al campo. La condizione a) è certamente verificata data che il cavo che sospende il satellite è

(almeno in prima approssimazione) diretto verticalmente mentre il sistema navetta/cavo/satellite viaggia su

un‟orbita ad altezza costante rispetto alla Terra. Non sapendo invece se la condizione b) è verificata, possiamo

stimare soltanto l‟intensità B‟ della componente del campo geomagnetico perpendicolare alla velocità e al cavo di

sospensione. Questa si ricava dalla (5): B‟ = V/vL = 3500/(800019700) = 2,22∙10-5

T. Si tratta evidentemente di

un limite inferiore dell‟intensità del campo geomagnetico.

13. Spiegate in meno di 10 righe cosa s‟intenda per correnti parassite e citate due impieghi utili. Risoluzione. Le correnti parassite, o correnti di Foucault, sono le correnti indotte da un campo magnetico variabile

all‟interno di un conduttore massiccio. Esse possono molto intense data la bassa resistenza che incontrano. Le correnti

parassite trovano impiego utile nei forni a induzione, largamente usati nell‟industria e nei freni elettrodinamici, dove

l‟energia cinetica di un veicolo viene dissipata in calore.

14. Discutete brevemente le differenze fra i freni usuali degli autoveicoli e i freni

elettrodinamici. Risoluzione. I freni usuali degli autoveicoli esercitano la loro azione utilizzando l‟attrito meccanico per dissipare

l‟energia cinetica del mezzo in moto. Al termine della frenata, essi bloccano il veicolo. I freni elettrodinamici esercitano

la loro azione utilizzando invece la generazione di correnti parassite in un solido metallico in moto in un campo

magnetico e la conseguente dissipazione di energia per effetto Joule. La loro efficacia tuttavia dipende dalla velocità del

moto del veicolo, sicché non sono in grado di bloccarlo.

15. In un circuito di induttanza L = 0,05 H, la corrente varia linearmente da 0,8 A a 1,1 A

nell‟intervallo di tempo t = 10 ms. Calcolate il valore della tensione autoindotta. Risoluzione. Utilizzando la formula (18) si ha: V = -L i/t = -0,050,3/0,01 = -1,5 volt.

16. Una bobina di resistenza R = 1 Ω e induttanza L = 1 H viene collegata a un generatore di

tensione con forza elettromotrice Veff = 10 V e resistenza interna Rint = 0,8 Ω. Calcolate

l‟intensità della corrente nel circuito: a) immediatamente dopo la sua chiusura; b) dopo 5 s. Risoluzione. a) Nell‟istante immediatamente successivo alla chiusura del circuito la corrente che vi scorre è nulla,

perché la tensione autoindotta è uguale e opposta a quella del generatore. b) La costante di tempo del circuito è = L/R

= 1/(1+0,8) = 0,556 s. Pertanto dopo 5 s la corrente ha raggiunto quasi esattamente la massima intensità, che è data, per

la prima legge di Ohm, dal rapporto fra la forza elettromotrice del generatore e la resistenza totale del circuito: i =

Veff/(Rint + R) = 10/(1+0,8) = 5,56 A.

17. Una bobina di resistenza R = 10 Ω e induttanza L = 0,1 H viene collegata a un generatore di

tensione con forza elettromotrice Veff = 6 V e resistenza interna Rint = 2Ω. Calcolate

l‟energia immagazzinata nella bobina. Risoluzione. L‟intensità della corrente che scorre nel circuito, dopo la fase transitoria, è data (prima legge di Ohm)

dal rapporto fra la forza elettromotrice del generatore e la resistenza totale del circuito: i = Veff/(Rint + R) = 6/(2+10)

= 0,5 A. L‟energia immagazzinata nella bobina è data dalla formula (21): E = ½ Li2 = ½ 0,10,5

2 = 0,00625 J.

18. Quando in un circuito (1) scorre una corrente di intensità i = 250 mA, il flusso del campo

prodotto da questa corrente concatenato con un altro circuito (2) è C = 0,002 Wb.

Calcolate il coefficiente di mutua induzione fra il circuito 1 e il circuito 2. Risoluzione. Il coefficiente di mutua induzione, o mutua induttanza, fra due circuiti è il rapporto fra il flusso

magnetico concatenato con un circuito e l‟intensità della corrente che lo produce attraversando l‟altro circuito (

formula (13)). Il valore del coefficiente è: M = C2/i1= 0,002/0,25 =0,008 H.

19. Vogliamo minimizzare l‟accoppiamento magnetico fra due bobine cilindriche. Fornite

qualche suggerimento al riguardo. Risoluzione. Il suggerimento più efficace, peraltro ovvio e dunque banale, è quello di disporle il più lontano

possibile l‟una dall‟altra. Se però devono trovarsi vicine per motivi di spazio, converrà disporne gli assi

25

perpendicolarmente l‟uno all‟altro. Un'altra possibilità consiste nel separarle con un foglio di materiale

ferromagnetico, in modo che le linee del campo prodotte da ciascuna di esse passino attraverso il foglio,

sfruttandone l‟elevata permeabilità magnetica, senza raggiungere apprezzabilmente l‟altra bobina.

20. Calcolate l‟induttanza di un circuito nel quale il flusso magnetico concatenato vale C 0,1

mWb quando è attraversato da una corrente di intensità i = 100 mA. Risoluzione. Ricordando la definizione di induttanza, dalla formula (15) ricaviamo L = C /i = 1∙10

-4/0,1 = 10

-5 H.

21. * Due bobine di induttanza L1 = 0,1 H e L2 = 0,2 H sono disposte in serie. Calcolate

l‟induttanza complessiva dei due elementi assumendo che l‟induttanza mutua sia nulla.

Discutete poi il caso in cui fosse M Risoluzione. Precisiamo innanzitutto che l‟induttanza totale dei due elementi è data dal rapporto fra il flusso

magnetico totale concatenato con il circuito, prodotto dalla corrente che lo percorre, e l‟intensità di questa corrente.

Se fra le due bobine non vi è accoppiamento magnetico, allora l‟induttanza totale è la somma delle due induttanze.

In tal caso, infatti, il flusso magnetico concatenato con la prima bobina dipende soltanto dalla corrente che percorre

tale bobina e lo stesso avviene per l‟altra (essendo cioè 1 = L1i,2 = L2i). E allora l‟induttanza totale del circuito

è la somma delle due induttanze, ciascuna delle quali rappresenta appunto il flusso concatenato con una data bobina

dovuto alla corrente che la percorre: L = L1 + L2 = 0,1 + 0,2 = 0,3 H.

Le cose cambiano quando le due bobine sono accoppiate magneticamente, cioè fra esse vi è una mutua

induttanza M non nulla. In tal caso, infatti, al flusso concatenato con la prima bobina contribuisce anche la corrente

che attraversa la seconda, e lo stesso avviene per l‟altra bobina. Dato che le due bobine sono attraversate dalla

stessa corrente i, il flusso concatenato con la prima è: 1 = (L1 + M)i, quello concatenato con la seconda: 2 = (L2

+ M)i, e quindi, essendo il flusso totale = 1 + 2, l‟induttanza totale è L = L1 + L2 + 2M. Il segno di M dipende

tuttavia da come sono disposte le bobine, cioè se il campo generato dall‟una incrementa il campo dell‟altra (M>0)

oppure si oppone ad esso (M<0). Notiamo infine che si può dimostrare che il valore assoluto di M è sempre minore

o uguale a √(L1L2).

22. Si piega in due un filo conduttore dotato di rivestimento

isolante e lo si avvolge su un cilindro di sezione S = 2 cm2

formando N = 10 spire. Calcolate l‟induttanza della bobina

così ottenuta. Risoluzione. La bobina presenta induttanza trascurabile. Infatti i conduttori, percorsi dalla stessa corrente diretta in

sensi opposti, scorrono affiancati sicché il campo magnetico generato da uno di essi è circa uguale e opposto a

quello generato dall‟altro. Da ciò consegue che il campo complessivo da essi generato è trascurabile, e trascurabile

è anche il corrispondente flusso concatenato con il circuito e quindi la sua induttanza.

23. Nella tecnica, si utilizzano vari accorgimenti per proteggere i contatti degli interruttori nei

quali scorrono correnti intense quando si tratta di circuiti fortemente induttivi. Spiegate

brevemente perché. Risoluzione. In un circuito fortemente induttivo percorso da una corrente intensa è immagazzinata una

considerevole quantità di energia, come espresso dalla formula (19). Una manifestazione di questa energia, che si

libera all‟apertura del circuito, è la tensione autoindotta che può provocare scariche fra i contatti dell‟interruttore,

danneggiandoli.

24. Valutate approssimativamente, esprimendola in unità di m2, le dimensioni dell‟area

elementare della superficie di un disco magnetico dotato di 3 piatti con diametro di 3,5

pollici e capacità di 100 Gbyte. Risoluzione. Il numero di bit che il disco può memorizzare, e quindi il numero di aree elementari magnetizzabili

separatamente sulla superficie dei piatti del disco, è N = 1001098 = 810

11. La superficie totale del disco,

ricordando che 1 pollice = 2,54 cm, è S = 3(3,14/4)3,520,0254

2 = 0,0186 m

2. E quindi la superficie di un‟area

elementare è approssimativamente: S/N = 0,0186/81011

= 2,33∙10-14

m2 = 0,0233 m

2.

25. In un apparecchio NMR (risonanza magnetica nucleare) per diagnostica medica è necessario

disporre di un campo magnetico uniforme molto intenso. A questo fine si utilizza una

bobina di N = 2000 spire, con raggio r = 20 cm e lunghezza l = 60 cm. Calcolate: a)

l‟intensità della corrente per ottenere un campo magnetico di intensità B = 0,7 T; b)

26

l‟induttanza della bobina; c) la densità di energia del campo magnetico all‟interno della

bobina; d) l‟energia immagazzinata nella bobina. Risoluzione. a) Supponendo che la bobina si comporti come un solenoide infinitamente lungo, utilizziamo la formula

(14) per ricavare l‟intensità della corrente per ottenere B = 0,7 T: i = l B/(0 N) = 0,60,7/(43,14∙10-72000) = 167 A,

che è un valore assai elevato. b) L‟induttanza della bobina, di sezione S = 3,14r2 = 3,140,2

2 = 0,126 m

2, è data dalla

formula (15) L = 0 N2S/l = 43,14∙10

-72000

20,126/0,6 = 1,06 H. c) La densità di energia all‟interno della bobina è

data dalla formula (20): 2 2

5 3

7

0

1 0,71,95 10 /

2 2 4 3,14 10VOL

BE J m

. d) L‟energia immagazzinata nella

bobina si ricava dalla formula (19): E = ½ Li2 =1,06167

2/2 = 1,48∙10

4 J.

Notate che i risultati di tutti i calcoli precedenti sono stati espressi con tre cifre significative, come abbiamo sempre

fatto altrove, sebbene alcune delle formule utilizzate, come l‟espressione del campo nella bobina e l‟induttanza della

bobina, rappresentino in questo caso soltanto delle approssimazioni, dato che la bobina non è certamente di lunghezza

infinita, e neppure molto più lunga del suo diametro.

Per realizzare la bobina considerata nel Problema precedente possiamo seguire due strade:

utilizzare un conduttore di rame oppure un filo superconduttore che, come sapete (pag. xxx)

presenta resistenza nulla quando viene portato a una temperatura sufficientemente bassa.

Nel primo caso occorre un conduttore di grande sezione, data l‟elevata intensità della

corrente, che tuttavia presenterà una resistenza elettrica non trascurabile, sviluppando calore

per effetto Joule. Nel secondo caso occorre un apparato che mantenga a bassa temperatura il

filo superconduttore e occorre inoltre valutare la possibilità che esso subisca una rapida

transizione dallo stato superconduttore a quello normale. a) Calcolate la sezione del

conduttore e la resistenza totale della bobina, supponendo di realizzarla utilizzando un

conduttore di rame. b) Calcolate la tensione del generatore necessario ad alimentare la bobina e la potenza termica sviluppata nella bobina per effetto Joule. c) Supponendo di

realizzare la bobina con una filo superconduttore, valutate la potenza termica sviluppata nel

normale funzionamento e l‟energia che si sviluppa nel caso in cui, per qualche motivo, la

bobina si interrompa. Risoluzione. a) La lunghezza LCu del conduttore di rame è data dal prodotto del numero delle spire per la loro

circonferenza: LCu = 3,14rN = 3,140,22000 = 1,26∙103 m. Il diametro massimo d del filo si ricava dalla lunghezza

della bobina divisa per il numero di spire: d = 0,6/2000 = 310-4

m = 0,3 mm; quindi la sezione del filo è S = d2/4 =

3,140,32/4 mm

2 = 7,0710

-2 mm

2. Segue che la resistenza della bobina ( seconda legge di Ohm, pag. xxx) è: R =

spec LCu/S = 1,7∙10-21,26∙10

3/7,0710

-2 = 303 Ω. b) Per alimentare la bobina occorre un generatore di tensione di forza

elettromotrice Vfem = Ri = 303167 = 5,06104 V, un valore chiaramente eccessivo nella pratica. La potenza termica

sviluppata per effetto Joule nella bobina durante il funzionamento è: P = i2R = 167

2303 =8,45∙10

6 W = 2,0210

3 kcal/s;

si nota che tale valore è estremamente elevato e non accettabile in pratica. c) Realizzando la bobina con un filo

superconduttore, la cui resistenza è nulla quando è mantenuto al di sotto di una temperatura caratteristica del materiale,

non si ha dissipazione di potenza per effetto Joule nel normale funzionamento. Se però per qualche motivo, per esempio

un guasto del refrigeratore, il superconduttore transisce nello stato normale, la dissipazione di potenza può provocare

l‟interruzione del conduttore, liberando allora bruscamente tutta l‟energia immagazzinata nella bobina: E = ½ Li2 =

1,48∙104 J, calcolata risolvendo il Problema precedente.

27. Calcolate la corrente che deve attraversare un induttore di induttanza L = 0,2 H per

immagazzinare l‟energia equivalente a quella che riscalderebbe di 1°C 5 grammi di acqua. Risoluzione. Ricordando che la Caloria è definita come la quantità di calore che riscalda di 1°C 1 litro d‟acqua ( pag.

xxx) e che 1 Cal = 4187 J, si conclude che per riscaldare di 1°C 5 grammi di acqua occorre l‟energia E = 1/200 Cal =

4187/200 J = 20,9 J. Ricaviamo la corrente necessaria a immagazzinare questa energia nell‟induttore dalla formula

(21): 2 2 20,9

9,140,5

Ei A

L

.

28. Un conduttore rettilineo di grande lunghezza è percorso da una corrente di intensità i = 0,5

A. Calcolate la densità di energia del campo magnetico alle seguenti distanze dal

conduttore: d1 = 10 cm, d2 = 1 m, d3 = 10 m.

27

Risoluzione. La densità di energia del campo magnetico è data dalla formula (12); l‟intensità del campo magnetico

generato da un conduttore rettilineo a distanza d dal conduttore è data dalla formula (6) dell‟Unità 1. Sostituendo

l‟espressione dell‟intensità del campo in quella della densità di energia si ha: 2 22 7 2 9

30 0

2 2 2 2 2

0 0

1 1 4 3,14 10 0,5 3,98 10/

2 2 2 8 8 3,14VOL

i iBE J m

d d d d

. Si ha pertanto: a d = 0,1 m, EVOL

= 3,98∙10-9

/0,12 = 3,98∙10

-7 J/m

3; a d = 1 m, EVOL = 3,98∙10

-9/1

2 = 3,98∙10

-9J/m

3; a d = 10 m, EVOL = 3,98∙10

-

9/0,1

2 = 3,98∙10

-7 J/m

3.

29. In una regione di spazio vi è un campo elettrico con intensità E = 1 V/m. Calcolate

l‟intensità B di un campo magnetico con densità di energia uguale a quella del campo

elettrico. Risoluzione. Uguagliamo la densità di energia di un campo magnetico, data dalla formula (22), con la densità di

energia di un campo elettrico ( pag. xxx):

2

0

2VOL

EE

. Otteniamo così

22

0

0

1

2 2

EB

da cui ricaviamo:

7 12 9

0 0 4 3,14 10 8,85 10 3,33 10B E E T .

`

Figura 17. Quando l‟interruttore collega la bobina alla pila, la corrente non

cresce bruscamente ma gradualmente.

B