Unità Il teatro -...

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La storia Gli autori e le opere Il teatro della seconda metà del Novecento 1930 1940 1936-1939 Guerra civile spagnola 1939 Inizia la seconda guerra mondiale 1939 Bertolt Brecht mette in scena Madre coraggio e i suoi figli 1945 Finisce la seconda guerra mondiale 1946 Nasce la repubblica italiana 1946 Jean-Paul Sartre rappresenta Morti senza tomba; Bertolt Brecht mette in scena Vita di Galileo; Eduardo De Filippo porta sulla scena Filumena Marturano 1947 Tennessee Williams scrive Un tram che si chiama desiderio 1949 Arthur Miller compone Morte di un commesso viaggiatore PREREQUISITI Conoscere e saper usare i principali strumenti di analisi del testo teatrale Conoscere il contesto storico-culturale di riferimento OBIETTIVI Conoscenze I diversi indirizzi del teatro europeo e statunitense del periodo I maggiori autori di teatro del secondo Novecento Unità

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Il teatro della seconda metà del Novecento

1930 1940

1936-1939Guerra civile spagnola1939Inizia la seconda guerra mondiale

1939Bertolt Brecht mette in scena Madre coraggio e i suoi figli

1945Finisce la seconda guerra mondiale1946Nasce la repubblica italiana

1946Jean-Paul Sartre rappresenta Morti senza tomba; Bertolt Brecht mette in scena Vita di Galileo; Eduardo De Filippo porta sulla scena Filumena Marturano 1947 Tennessee Williams scrive Un tram che si chiama desiderio1949 Arthur Miller compone Morte di un commesso viaggiatore

PREREQUISITI

Conoscere e saper usare i principali strumenti di analisi del testo teatrale

Conoscere il contesto storico-culturale di riferimento

OBIETTIVI

Conoscenze I diversi indirizzi del teatro europeo e statunitense del periodo I maggiori autori di teatro del secondo Novecento

Unità

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Competenze Comprendere e analizzare brani tratti da opere teatrali del secondo Novecento Riconoscere le scelte stilistiche e tematiche proprie di ogni autore

1950 1960

1950-1953Guerra di Corea1956Invasione sovietica dell’Ungheria1959 Rivoluzione cubana

1950Eugène Ionesco esordisce con La cantatrice calva 1952 Samuel Beckett rappresenta Aspettando Godot1955 Tennessee Williams mette in scena La gatta sul tetto che scotta1956 John Osborne rappresenta Ricorda con rabbia1957 Samuel Beckett rappresenta Finale di partita;Harold Pinter esordisce con La stanza

1969 Dario Fo compone L’operaioconosce 300 parole…

1961Inizia la guerra del Vietnam1968Contestazione studentesca

1970

1970 Dario Fo rappresenta Morte accidentale di un anarchico1974 Eduardo De Filippo mette in scena Gli esami non finiscono mai

1973Finisce la guerra del Vietnam1978Rapimento e uccisione di Aldo Moro

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sezione 3 Dagli anni Cinquantaai giorni nostri

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I caratteri del teatro contemporaneo

Il teatro europeoLa rivoluzione teatrale del secondo Novecento

Nel secondo Novecento molti fattori concorsero al rinnovamento del teatro europeo: l’insoddisfazione nei confronti del teatro tradizionale, il desiderio di sperimentare nuove formule e tecniche espressive e la volontà di rispondere a nuove istanze fino ad allora quasi sempre estranee al teatro, come quelle etiche, sociali, politiche e spirituali.

Tra gli anni Venti e Trenta il teatro europeo era stato profondamente influenzato dall’ope-ra di Luigi Pirandello (1867-1936; vedi U.11) e dall’esperienza del teatro espressionista, che tendevano a:

• isolare le singole scene, abolendo ogni continuità temporale; • caricare i personaggi di un valore simbolico; • allestire una scenografia libera da aspetti naturalistici; • mettere in scena una realtà grottesca e deformata. È in questo contesto che alcune esperienze contribuirono al rinnovamento del panorama

drammaturgico: • il teatro epico, che evitava ogni immedesimazione emotiva da parte dello spettatore e

ne sollecitava piuttosto lo spirito critico, inducendolo a riflettere su temi di ordine po-litico, morale, sociale; si trattava quindi di un pubblico dotato di una discreta prepara-zione culturale, in grado di porsi in un atteggiamento critico nei confronti dell’autore, del testo e degli attori;

• il teatro dell’assurdo (così definito nel 1961 dal critico Martin Esslin), che si ri-proponeva di rappresentare l’assurdità dell’esistenza nel mondo contemporaneo e l’incomunicabilità tra gli uomini attraverso balbettii, non-sense, dialoghi e monologhi disarticolati e inconcludenti;

• il teatro esistenzialista che, rappresentato soprattutto da Sartre (1905-1980), era incentrato principalmente sul tema della libertà dell’uomo e su problematiche civili e politiche;

• il teatro dei “giovani arrabbiati” (angry young men) che portarono sulla scena opere di denuncia della società classista.

Bertolt Brecht e il teatro “epico”

Dalle sollecitazioni e dall’impegno politico di orientamento marxista nacque il teatro “epico” di Bertolt Brecht (1898-1956), che mirava a denunciare lo sfruttamento e l’alie-nazione dell’uomo nella società capitalistica, assumendo, quindi, anche una valenza di-dascalica. Il drammaturgo tedesco ebbe un ruolo fondamentale nella rivoluzione teatrale della sua epoca perché teorizzò un rapporto nuovo tra attore e spettatore rifiutando l’“illusione teatrale” su cui si basava il teatro ottocentesco. Brecht iniziò la sua carriera a Berlino, dove ottenne un grande successo nel 1928 con la rappresentazione dell’Opera da tre soldi, rifacimento del celebre dramma popolare inglese del Settecento di John Gay (la cosiddetta Beggar’s Opera), arricchita da canzoni e ballate scritte da Kurt Weill. Tra le migliori opere del teatro “epico” ricordiamo Madre coraggio e i suoi figli (1939), storia di una madre che perde i tre figli durante la guerra dei Trent’anni, ma, essendo una di-spensiera che vende cibo intorno ai campi di battaglia, non riesce a maledire la guerra, che per lei è fonte di guadagno. In Vita di Galileo (1938-1939, rivisto successivamente nel 1946), l’autore affronta il tema del conflitto tra scienza e potere: la figura di Galileo, che abiura le proprie idee e convinzioni per evitare la tortura e, forse, la morte, diventa simbolo non solo dell’asservimento della scienza al potere, ma anche del coraggio che ogni uomo dovrebbe avere nel manifestare le proprie opinioni. Per queste due opere si parla di “teatro epico” in un’accezione diversa da quella convenzionale; se infatti l’agget-tivo “epico” rimanda a figure eroiche positive, la drammaturgia di Brecht si avvale di fi-

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gure contraddittoriamente “eroi che” e prive di psicologia profonda, che cedono a condizioni esterne e storiche, proprio come Galileo. Partendo dall’assunto che il teatro deve «procurare nozioni e non emozioni», Brecht chiede allo spettatore una partecipa-zione critica allo spettacolo, un’attenzione continua al messaggio. Per raggiungere questo scopo, la recitazione brechtiana deve rispondere a regole opposte rispetto a quel-le suggerite dal regista russo Stanislavskij (vedi Il teatro tra Naturalismo e Simbolismo, Aula digitale): non immedesimazione dell’attore nel personaggio ma, al contrario, stra-niamento da esso, quasi come se l’attore fosse solo un mezzo per “leggere” il testo e non un interprete attivamente partecipe. Contro l’idea tradizionale di un teatro che dia l’illu-sione della realtà, immergendo lo spettatore in un’atmosfera credibile, in Brecht la rap-presentazione teatrale deve palesemente essere una finzione, per stimolare il pubblico alla riflessione. Gli eventi fittizi messi in scena rimandano a situazioni storiche e socia-li che lo spettatore deve riconoscere e interpretare: la guerra come motore di guadagno economico, l’abbrutimento dei singoli davanti alle grandi tragedie, la lotta per la soprav-vivenza, il cinismo dei potenti.

Il teatro esistenzialista e il “teatro dell’assur do”

Partendo dalla lezione di Brecht, il teatro si rivolge direttamente allo spettatore, esprimendo l’inquietudine generale e lo smarrimento dell’uomo contemporaneo. Sia pure in forme diverse, Jean-Paul Sartre (1905-1980) e il gruppo degli autori del “teatro dell’assurdo” ebbero come fine comune quello di descrivere la condizione esistenziale “assurda” dell’uomo, schiacciato da una sostanziale mancanza di libertà ma, mentre Sartre approfondiva questi temi in maniera razionale e logica, Eugène Ionesco (1912-1994) e Samuel Beckett (1906-1989) raffigurarono un’umanità sperduta, priva di senso e di scopo, incapace di comunicare ed estraniata a se stessa.

Su Ionesco e Beckett influì la rivoluzione teatrale di Pirandello, che aveva mostrato l’inconoscibilità dell’animo umano e rivelato l’ipocrisia della maschera che ognuno è co-stretto a portare. Beckett andò oltre, mostrando l’impotenza dell’umanità del suo tempo dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, un’umanità smarrita nell’attesa di un qualcosa che non conosce e che non accadrà.

La Francia fu il centro propulsivo di questa tendenza drammaturgica, anche se gli autori più significativi, Ionesco e Beckett, erano naturalizzati francesi, ma originari di altri paesi.

Sotto la denominazione di teatro dell’assurdo sono comprese opere di vari autori, tra loro anche molto diversi, che espressero con il loro teatro la condizione di “assurdità” in cui si trova l’uomo quando perde i riferimenti fondamentali su cui si basa la sua vita.

I personaggi del teatro dell’assurdo si presentano, in linea generale, svuotati di signifi-cato, contraddistinti da una sostanziale incapacità di comunicare tra loro e, di conse-guenza, di comunicare un chiaro messaggio al pubblico, di riconoscersi l’un l’altro come individui, spesso persi in un tragico conformismo di linguaggio e di comportamento vuoto di significato.

Jean-Paul Sartre Filosofo, scrittore, drammaturgo e, soprattutto, principale rappresentante dell’Esi-stenzialismo francese, corrente filosofica che pone la condizione umana al centro delle sue riflessioni, Sartre acquisì grande fama grazie alle sue opere teatrali. Tema portante della filosofia e del suo teatro è la libertà, che nel suo pensiero coincide con l’idea di “coscienza”. Realizzare la libertà significa, secondo Sartre, realizzare “l’essere”, ma tra l’individuo e la libertà assoluta si frappongono troppi ostacoli che l’intellettuale deve cer-care di abbattere.

Il suo primo testo teatrale, Le mosche (1943), è una dura condanna del Terzo Reich e dei suoi crimini, mentre in A porte chiuse (1945) la dimensione del privato prende il sopravvento: è un testo suggestivo, in cui tre personaggi – due donne e un uomo – sono “morti” e sono quindi visti in una situazione “al di là della vita”; costretti a convivere in una stanza da cui non possono uscire, a turno raccontano la loro vita e le loro colpe, men-tre gli altri due giudicano severamente le loro azioni e i loro comportamenti: la stanza

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rappresenta simbolicamente l’inferno e lo spietato giudizio proprio e altrui porta uno dei personaggi a sentenziare: «L’inferno sono gli altri».

Più centrati sui temi politici sono Morti senza tomba (1946) e Le mani sporche (1948): la tematica del primo dramma è la costrizione fisica (anch’essa un’atroce mancanza di libertà) attuata nella forma della tortura praticata per estorcere informazioni ai partigia-ni francesi; il secondo dramma, invece, tratta del rapporto tra fini e mezzi nell’azione politica e, proprio per il suo contenuto, fu duramente criticato.

I sequestrati di Altona (1959) ritorna sul tema del conflitto tra politica e morale: il pro-tagonista è un ex ufficiale nazista che, dopo essersi nascosto in casa del padre, si suicida perché devastato dai sensi di colpa e dalla constatazione della volontà collettiva di ri-muovere e cancellare la Shoah. Il teatro di Sartre si avvale delle forme drammaturgiche tradizionali e questo costituì il fattore di grande popolarità per l’autore, che, in altre espressioni del suo pensiero, poteva essere invece meno accessibile al grande pubblico.

Eugène Ionesco Capostipite del teatro dell’assurdo fu Eugène Ionesco (1912-1994), di origine rumena, che debuttò come drammaturgo nel 1950 con La cantatrice calva, un’opera da lui stesso definita “anticommedia”, poiché, di fatto, nel corso della rappresentazione non accade pressoché nulla: l’azione non procede realmente, i personaggi si perdono in dialoghi non-sense, in riflessioni assurde, in azioni incongruenti. L’effetto è indiscutibilmente comico, ma lo scopo ultimo dell’autore è quello di raffigurare un’umanità snaturata, dagli atteggiamenti quasi meccanici, che si perde nello sforzo di comunicare qualcosa, ma che di fatto non esprime nulla, avendo sostanzialmente perso la propria identità.

Samuel Beckett La lezione di Ionesco fu raccolta da Samuel Beckett (1906-1989), irlandese di nascita, che nel 1952 suscitò non poche perplessità con Aspettando Godot, considerato oggi uno dei testi fondamentali del teatro moderno. La chiave della commedia si può riassumere in una delle battute dei protagonisti: «Non succede nulla, non viene nessuno, nessuno se ne va, è terribile». Finale di partita (1957) è un altro capolavoro di Beckett, sicuramente più angosciante poiché ambientato in uno scenario presumibilmente post-atomico o comunque conseguente a una catastrofe che ha annullato la vita sulla terra. I personaggi superstiti rivelano la loro impotenza essendo rimasti tutti paralizzati o destinati alla paralisi e alla cecità.

Già dalla “trama-non trama” dei drammi di Beckett si può capire perché il suo teatro è chiamato “teatro dell’assurdo”: la tradizione teatrale, che implicava la presenza di un copione comprensibile, di una vicen-da con uno sviluppo e una conclusione, era smantel-lata dall’apparente non-sense di queste rappresenta-zioni.

Il teatro di Beckett mira a dimostrare l’esaurimento delle possibilità del linguaggio, tanto che nelle sue ultime opere, alle conversazioni sconnesse subentra il silenzio. Il linguaggio si identifica con il non-lin-guaggio, che dunque non diventa veicolo ma barrie-ra alla comunicazione.

I “giovani arrabbiati”

In Inghilterra la messa in scena dell’opera di John Osborne (1929-1994) Ricorda con rabbia segnò nel 1956 una svolta nel teatro del dopoguerra. La rottu-ra rispetto al passato non risiedeva nello stile, ma nei contenuti. L’attacco alle differenze di classe e all’indifferenza della società era compiuto attraverso una satira feroce dei miti e dei luoghi comuni del

Teatro epico (Brecht) • Straniamento e riflessione critica

dello spettatore • Rappresentazione palesemente fittizia

Teatro esistenzialista (Sartre) • Realizzazione della libertà individuale • Temi civili e politici

Teatro dell’assurdo (Ionesco, Beckett) • Assurdità dell’esistenza • Incomunicabilità e dialoghi non-sense

“Giovani arrabbiati” (Osborne, Wesker, Pinter) • Denuncia della società classista • Critica della società borghese

ILTEATROEUROPEODELSECONDODOPOGUERRA

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perbenismo inglese. Il protagonista di Ricorda con rabbia, Jimmy Porter, divenne infatti il simbolo del movimento teatrale detto dei “giovani arrabbiati” (angry young men). Sulla stessa linea si mosse Arnold Wesker (1932), che con La cucina (1958) esplorò le condizioni alienanti della classe operaia, mettendo in scena la cucina di un grande ristorante. Ma l’autore più rappresentativo del teatro inglese della seconda metà del No-vecento è senza dubbio Harold Pinter (1930-2008) che esordì nel 1957 con La stanza, raggiungendo un successo internazionale con opere come Il compleanno (1958), Il guar-diano (1960), Altri tempi (1970), Tradimenti (1978). Pinter, che ha scritto anche per il ci-nema e la televisione, ha lasciato opere caratterizzate da situazioni quotidiane apparen-temente normali, ma pervase da un alone di mistero e di minaccia. Il dialogo è naturale, costruito, però, in modo tale da dare importanza al non detto dietro cui si celano le mo-tivazioni psicologiche dei personaggi e la critica alla società contemporanea.

Il teatro statunitenseIl teatro dei conflitti e delle angosce individuali

Se in Europa le espressioni artistiche non potevano non essere influenzate dallo sce-nario di guerra da cui il continente era appena uscito, gli Stati Uniti, che non avevano vissuto la guerra sul proprio territorio, espressero un teatro meno angosciante e intel-lettualistico di quello europeo. Il teatro americano del secondo Novecento indagò mag-giormente i conflitti e le ansie del privato, i fallimenti individuali della gente comune. Nel secondo dopoguerra i maggiori autori teatrali americani furono Arthur Miller e Ten-nessee Williams.

Arthur Miller La vita di Arthur Miller (1915-2005), nato da un’umile famiglia ebraica, sembra realiz-zare il famoso “sogno americano” di approdare, dopo duro impegno e fatica, alla notorietà.

La sua seconda e più famosa opera, Morte di un commesso viaggiatore (1949), lo consacrò immediatamente a livello mondiale, riscuotendo un incredibile successo. Negli anni 1956-1957, Miller fu sottoposto a un’inchiesta da parte della Commissione per le attività antiamericane, voluta dal senatore McCarthy; in quel periodo i personaggi dello spetta-colo e della cultura erano spesso controllati e indagati per individuare se condividessero o appoggiassero politiche comuniste. In quell’occasione Miller si rifiutò di collaborare e di denunciare i nomi dei suoi amici politicamente orientati a sinistra. Oltre alla notorietà derivata dal successo professionale, Miller divenne molto popolare anche grazie al suo matrimonio con Marilyn Monroe: l’unione tra l’uomo di cultura, intellettuale di sinistra, e la più grande diva dell’epoca, considerata un sex-symbol, suscitò la curiosità e lo stupo-re di tutto il mondo. Il teatro di Miller mette in scena soprattutto tragedie familiari e scelte morali dei personaggi, ma le sue migliori prove sono quelle in cui l’autore esplo-ra i fallimenti dell’uomo medio americano, succu-be dei falsi miti del suc-cesso e della ricchezza. In Morte di un commesso viaggiatore, il protagonista Willy Loman, un agente di commercio con il mito del “successo” e carico di otti-mismo, vede crollare il suo mondo, costruito su valori illusori. Tutto comincia quando il figlio maggiore scopre un’avventura ses-

Teatro sociale • Temi legati alla dimensione

individuale• Conflitti interiori e fallimenti

Miller • Tragedie familiari • Scelte morali dei personaggi• Critica dei miti americani

Williams • Scavo psicologico • Passione amorosa

e omosessualità

ILTEATROSTATUNITENSE

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suale del padre e ne rimane talmente traumatizzato da non riuscire più a vivere come prima: viene bocciato agli esami, quindi si mette a rubare e si dimostra, infine, irrecupe-rabile a una vita onesta. Loman, impotente e disperato davanti alla rovina del figlio, vive una profonda crisi acuita dalla perdita del lavoro; a quel punto, per consentire ai suoi familiari una vita decorosa, si uccide, affinché possano riscuotere il premio dell’assicura-zione. Tra le altre opere di Miller ricordiamo Uno sguardo dal ponte (1955), dramma fa-miliare ambientato nella comunità italoamericana di Brooklyn, intriso di passioni, ven-dette e gelosie. Miller ha collaborato anche con il cinema: tra le sue sceneggiature, ricor-diamo Gli spostati (1961) di John Huston, con Clark Gable e Marilyn Monroe.

Tennessee Williams

Conflitti psicologici, drammi interiori, basati spesso sulle passioni d’amore e su vi-cende legate all’omosessualità, caratterizzano invece il teatro di Tennessee Williams (1911-1983). I suoi personaggi, incapaci di uscire dalle situazioni di conflitto interiore o familiare, sono delineati con grande abilità e capacità di scavo psicologico; la sua scrit-tura risente infatti dell’influsso della psicanalisi e dà vita a situazioni spesso morbose, in cui amori, odi, gelosie e passioni segrete conducono irreparabilmente alla rovina o alla follia. Il legame tra Tennessee Williams e il cinema fu strettissimo, dal momento che quasi tutte le sue commedie – da Un tram che si chiama desiderio (1947) a La gatta sul tetto che scotta (1955) – sono poi divenute memorabili pellicole, interpretate dai più gran-di attori dell’epoca, da Marlon Brando a Elisabeth Taylor, da Paul Newman a Vivien Leigh.

Il teatro italianoIl teatro napoletano e universale di Eduardo

In Italia i nomi più significativi della drammaturgia del secondo Novecento sono quel-li di Eduardo De Filippo (1900-1984) e Dario Fo (1926), due autori che, in maniera di-versa, hanno segnato la storia del teatro italiano. Attore fin dalla più tenera età, Eduardo diede vita a una compagnia che riuniva, oltre ad altri attori, i suoi due fratelli, Peppino e Titina. Il più grande successo di quest’ultima fu l’interpretazione di Filumena Martura-no (1946), che coincise con l’apice della sua carriera artistica. Tra gli altri capolavori di Eduardo ricordiamo Questi fantasmi (1946), Il sindaco del rione Sanità (1961) e Gli esami non finiscono mai (1974).

Nel suo teatro, Eduardo si rifà al repertorio classico della commedia napoletana, libe-randolo, però, dai suoi aspetti più buffoneschi e arricchendolo di tematiche nuove, in parte attinte da Pirandello, con il quale aveva collaborato per diversi anni. I suoi lavori portano sulla scena i temi della follia, delle finzioni e delle ipocrisie imposte dalla società, delle nevrosi che affliggo-no la vita di tutti i giorni, dei difficili equilibri fa-miliari, della fatica del vi-vere. Pur ambientate nel contesto colorito e vivace della città partenopea, di cui riproducono le povere vicende quotidiane attra-verso l’uso del dialetto, le commedie superano la dimensione regionalistica per assumere il valore di una riflessione universa-le, intrisa di pietà e poe-

ILTEATROITALIANO

• Tematiche sociali• Recupero del dialetto• Figura dell’autore-regista-attore

Eduardo De Filippo • Teatro dialettale (napoletano)• Vicende quotidiane proiettate

in una dimensione universale

Dario Fo • Creazione di un nuovo

linguaggio basato sui dialetti (grammelot)

• Temi sociali e politici trattati con intenti satirici

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sia, sulla condizione dell’uomo e sulle problematiche della società contemporanea. La produzione di Eduardo rappresenta uno dei primi grandi esempi di teatro non lette-

rario, nel senso che la tradizionale separazione tra le figure del drammaturgo, dell’attore e del regista viene superata dalla presenza di un’unica figura che compendia talento interpretativo, esperienza del palcoscenico come attore e regista. Questa figura di sin-tesi è piuttosto rara nel panorama teatrale, se si escludono illustri eccezioni come quella di Molière.

Dario Fo, tra politica e ricerca

Altro esempio di autore, attore e regista è Dario Fo, brillante e sagace “guitto” che ha indirizzato la sua carriera artistica sostanzialmente verso due direzioni: il teatro politi-co e il teatro di ricerca, spesso legato a una riscoperta del linguaggio dialettale e all’uso del grammelot, lingua inesistente formata da una commistione tra suoni onomatopeici e dialetti del Nord storpiati.

Parallelamente al teatro di ricerca, che costituisce l’aspetto più originale di Dario Fo, esiste un filone della sua produzione più prettamente politico: meno spettacolare, ha però il pregio del coraggio, dell’ironia, della satira e della comprensibilità del testo scrit-to. Rispondono a un preciso intento politico le commedie L’operaio conosce 300 parole il padrone 1000 per questo lui è il padrone (1969) e Morte accidentale di un anarchico (1970), uno dei testi più conosciuti, in cui sono denunciate le incongruenze e le probabili ine-sattezze contenute nell’inchiesta sulla morte di Giuseppe Pinelli, il ferroviere anarchico accusato ingiustamente di essere uno dei responsabili della strage di piazza Fontana a Milano, avvenuta il 12 dicembre 1969; nel copione, Fo inserisce tutti gli elementi bizzar-ri e incongruenti che fecero pensare a una “insabbiatura” dell’indagine per coprire i veri colpevoli della morte dell’anarchico.

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Principali tendenze ed esponenti del teatro del secondo Novecento

GEOGRAFIA DELLA LETTERATURA

Tenendo conto di quanto spiegato nelle pagine precedenti, osserva la carta e rispondi alle seguenti domande.

1. Quali drammaturghi del secondo Novecento ripresero tematiche del teatro pirandelliano?

2. Quali autori furono particolarmente interessati a tematiche di carattere politico?3. Perché il teatro “napoletano” di De Filippo non può essere definito un’esperienza regionalistica?

Francia

Inghilterra

Germania

Irlanda

Italia

Stati Uniti

AREA ANGLOSASSONE

• Teatro dell’assurdo: S. Beckett (Aspettando Godot, 1952; Finale di partita, 1957)

• Movimento dei “giovani arrabbiati”: J. Osborne (Ricorda con rabbia, 1956), A. Wesker (La cucina, 1958), H. Pinter (La stanza, 1957; Il compleanno, 1958; Il guardiano, 1960; Altri tempi, 1970; Tradimenti, 1978)

• Teatro statunitense: A. Miller (Morte di un commesso viag-giatore, 1949; Uno sguardo dal ponte, 1955; Gli spostati, 1961), T. Williams (Un tram che si chiama desiderio, 1947; La gatta sul tetto che scotta, 1955)

• Teatro epico e didascalico: B. Brecht (L’opera da tre soldi, 1928; Madre Coraggio e i suoi figli, 1939; Vita di Galileo, 1938-39 e 1946)

• Teatro esistenzialista: J.-P. Sartre (Le mosche, 1943; A porte chiuse, 1945; Morti senza tomba, 1946; Le mani sporche, 1948; I sequestrati di Altona, 1959)

• Teatro dell’assurdo: E. Ionesco (La cantatrice calva, 1950); S. Beckett (Aspettando Godot, 1952; Finale di partita, 1957)

• Teatro dialettale: E. De Filippo (Filumena Marturano, 1946; Questi fantasmi, 1946; Il sindaco del rione Sanità, 1961; Gli esami non finiscono mai, 1974)

• Teatro politico e di ricerca: D. Fo (L’operaio conosce 300 parole il padrone 1000 per questo lui è il padrone, 1969; Morte accidentale di un anarchico, 1970)