Unica. Polarioid Stenopeiche

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UNICA Polaroid stenopeiche di Paolo Minioni 13

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Unica. Polaroid Stenopeiche di Paolo Minioni. Catalogo ABF n. 13.

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UNICAPolaroid stenopeichedi Paolo Minioni

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UNICAPolaroid stenopeiche

di Paolo Minioni

a cura di Daniela Giordi

Torino, 15 febbraio • 23 marzo 2013

ABF | Scatola Chiaravia Amedeo Peyron, 17/E - Torino

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ABF Atelier per i Beni Fotograf ici presenta in ABF | Scatola Chiara Piccola Galleria per la

Fotograf ia Storica e Contemporanea la mostra fotograf ica di Paolo Minioni dal titolo “UNICA. Polaroid stenopeiche”. Il lavoro che andiamo ad esporre nasce da un lungo percorso di ricerca condotto nell’arco di un ventennio, Paolo Minioni in maniera rego-lare e rituale ha indagato tramite il fotograf ico gli ambienti prossimi al suo vissuto, costruen-do una storia per immagini della sua esistenza, attraverso la documentazione di oggetti del suo quotidiano. Di questa ricca produzione, fra stampe bianco e nero e colore, presentiamo una serie di po-laroid stenopeiche, ovvero impressionate uti-lizzando come camera di ripresa una scatola ottica realizzata dal fotografo, provvista di un minuscolo foro in vece della lente. La ripresa stenopeica ha reso questi ritratti in still-life ri-cordi, sicuramente af fascinanti.Queste riprese stenopeiche vertono prevalen-temente su oggetti atti a contenere, vasi, cio-tole, tazze.

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Per l ’occasione Scatola Chiara ha scelto di con-dividere queste immagini fotograf iche, uni-cum polaroid, imprigionate sotto piccole cor-nici con funzione di teca espositiva.Siamo ben lieti di celebrare, con chi vorrà par-tecipare, il rito dell ’inaugurazione.

Daniela GiordiABF | Scatola Chiara

1 - Paolo Minionipart. “Via Mazzini 44, ore 18.00 - 4/1/1998”

Verbania - 1998

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Un vaso è un “recipiente di forma e mate-riale vari, con o senza anse, per lo più destinato a contenere liquidi”.

Così recita il vocabolario, per definire un oggetto tra i più comuni e utilizzati. Il vaso infatti è anche il primo reperto di manufatti umani in preistoria, il segno che l’uomo c’era, viveva, aveva di che contenere.Il vaso è l’oggetto per antonomasia, il quotidiano. Paolo Minioni ha incorniciato proprio questo suo esse-re oggetto comune. Ci sono vasi decorati e dalle for-me più diverse nelle nostre case e nei musei di tutto il mondo, ma il fotografo ha scelto quelli più semplici, quelli che normalmente sfuggono all’osservazione, quelli che sono solo vasi, e non bei vasi.Il vaso sotto luce o dentro l’ombra. Una curva o un ci-lindro, un gruppo o una solitudine.Oggetti usati, resi dignitosi dall’uso, come ritratti di uo-mini in pausa dal lavoro.Alcuni pieni, con piccole radici vive, ma soprattutto vuoti. Momentaneamente vuoti, pronti a contenere. Il vaso è anche simbolicamente “ciò che contiene”, da Pandora in poi è uno spazio che tiene il senso degli uomini. Il vaso, la ciotola, la tazza, sono il nostro tene-re, la nostra scorta. Riempiamo vasi, li svuotiamo, come bambini che gio-cano, per tutta la vita.

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A volte li teniamo lì, vuoti. Ad aspettare semi, acqua. Paolo Minioni ha prolungato quell’attesa, tra il prima e il dopo. L’oggetto non è separato da noi, dal nostro uso e dalle nostre relazioni, sembrano personificare i nostri gesti, ci aspettano, ci contengono.

Paola Turroni

72 - Paolo Minioni“Via Mazzini 44, ore 23.00 - 7/4/1998” Verbania - 1998

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Per unicum nel campo della numismatica, della filate-lia o dell’archeologia, si intende un oggetto del quale ne esiste un unico e solo esemplare. Unicum è usato anche per indicare un originale o un volume divenuto tale per la distruzione o la perdita di tutte le altre copie di una serie, oppure può esserlo una copia senza mul-tipli fin dalla sua origine.

La fotografia ha espresso nel corso della sua evoluzio-ne diverse tipologie di unica, ovvero di immagini non legate alla riproducibilità tecnica e seriale del mezzo, un esempio per tutti é il dagherrotipo ma potremmo citare l’ambrotipia, l’autocromia o nel nostro caso, la Polaroid, piccola stampa ad autosviluppo e la omoni-ma fotocamera utilizzata per la ripresa, commercializ-zate entrambe dalla ditta da cui prendono il nome, ini-zialmente per il bianco e nero e successivamente per il colore, in gran voga per tutti gli anni ‘70 e ‘80 del se-colo scorso.Minioni fotografa abitualmente ambienti e oggetti con i quali convive e attraverso questo personale ritua-le ha generato una stratificazione di scatti; una linea di questa produzione è dedicata al tema delle cose che assolvono la funzione di contenitore, in particolare alle differenti forme e desinenze del “vaso” inteso anche come orcio, scodella, ciotola, tazza. Le immagini che negli anni ha realizzato sono in bianco e nero, a colori,

I ritratti delle cose

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su pellicola, su carta, molte sono analogiche, altre digi-tali e, come nella serie esposta in ABF | Scatola Chiara, riprese anche tramite supporto Polaroid.L’attenzione dell’autore è rivolta agli oggetti che nel-la sua esperienza quotidiana adopera e vive, la predi-lezione per la tazza è anche in riferimento alla fascina-zione che egli subisce dall’estetica del rituale del te, sia nella pratica orientale che in quella anglosassone.Se le tazze, beni d’uso comune, sono utili ad alimen-tare oltre che a contenere, ciò non di meno fra i sog-getti ritratti appaiono anche quelle del gabinetto, più volte ricorrenti nell’archivio di Minioni, il quale senza mai tralasciare nella produzione di icone una rigoro-sa estetica e poetica, abbandona le riflessioni escato-logiche per sconfinare in quelle più prosaiche dell’am-bito scatologico.D’abitudine Paolo Minioni ha una naturale tendenza ad accumulare le cose ed una personale predisposi-zione ad usare il linguaggio fotografico come prassi, ritualmente annotando la stratigrafia scaturita dal suo istinto a collezionare. L’atto fotografico compiuto ha la valenza di registrazione e descrizione, l’opera è an-che la costituzione di un Catalogo: l’autore da oltre vent’anni cataloga fotograficamente.La raccolta degli unica esposti in mostra è realizzata con modalità stenopeica, definita anche “fotografia senza lenti”. La stenoscopia utilizza il principio della ca-mera oscura servendosi, al posto dell’obbiettivo, di un semplice e minuscolo foro localizzato al centro di un lato della camera ottica. Formalmente le stenoscopie

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sono caratterizzate dall’assenza di nitidezza, la ricerca di una più accurata limpidezza della visione è in rela-zione al diametro del pertugio, più esso è minuscolo e più l’immagine è nitida ma se il foro applicato alla camera fosse eccessivamente piccolo, andremmo in-contro a dei problemi di diffrazione, ne consegue che anche la scelta del diametro del piccolo foro è in stret-to rapporto con il linguaggio e l’estetica dell’autore.La scelta del diametro del foro apportato alla scato-la ottica, costruita da Minioni per esporre alla luce le sue polaroid, definisce la quantità di nitidezza del pro-dotto finito, influendo sulla percezione visiva di queste unica, finendo per invadere il campo del significato at-tribuibile al nostro catalogo il quale adempie coeren-temente alla sua destinazione d’uso: la trasmissione della memoria dell’oggetto rappresentato. Possiamo anche asserire che questo archivio è com-posto da immagini nelle quali la trascrizione fotogra-fica è ingannevole, in esse il reale e la copia non sono perfettamente adiacenti, il soggetto fotografato scon-fina nel ricordo dell’oggetto posseduto, ad esempio nella memoria del vaso, è una raccolta di immagini di cose appartenute all’autore percepibili come in dissol-venza, destinate all’oblio ma salvate dallo scatto di Mi-nioni.Elemento statutario della fotografia è la fragilità del-la materia dell’immagine nelle sue componenti chi-miche e fisiche. Di rimando entrano in gioco le con-siderazioni intorno alla delicatezza della ceramica, per sua natura difficilmente sempiterna. Vado con la men-

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te agli archivi degli istituti archeologici, alla documen-tazione dei reperti, ai disegni eseguiti durante gli sca-vi e in fase di rilievo; nella prassi le immagini di queste collezioni, per assolvere alla loro funzione originaria d’archivio d’uso corrente debbono essere incise e ric-che di dettagli mentre questi soggetti stenopeici sono dei ritratti evanescenti, che sbiadiscono, si sperdono e nei quali anche la luce viene meno. Queste fotografie sono dei ricordi intimi ma affetti da miopia, sembra-no dei gesti di rimozione, degli still-life traditi in corso d’opera ma non sono tautologici e non vien meno il desiderio di scoprire e indagare, perchè a ben guarda-re c’è ancora molto a vedere.Un elemento che non può sfuggire nella poetica non solo formale è il valore ricoperto nella storia dell’arte dal tema iconografico scelto non a caso da Minioni, anche se nell’opera del nostro fotografo i suoi vasi e le sue tazze sono quasi sempre solitari e mai contestua-lizzati. Un altro aspetto di grande impatto è rappresen-tato dalla tavolozza colore dei fondi e dalla luce che avvolge i soggetti le quali, sebbene entrambe (luce e colore) siano influenzate dal mezzo espressivo scelto, suscitano dei rimandi alla tradizione della rappresen-tazione di vasellame in grandi contesti pittorici e in na-ture morte del XVII e XVIII secolo. A motivo anche di alcune mele dipinte in primo piano cito “Il calice d’ar-gento” di Jean-Baptiste-Siméon Chardin, piccola ope-ra pittorica del 1727 ca. conservata al Louvre di Parigi, che per analogia affianco ad una delle opere in mo-stra: lo still-life della sequenza in sei immagini fotogra-

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fiche della decomposizione di un mela, la quale marci-sce nuovamente sotto i nostri occhi. Allo stesso modo, seguendo il filo degli accostamenti analogici cito una delle “101 storie Zen” in cui si narra di una tazza appar-tenuta al maestro1, accidentalmente rotta cadendo di mano al suo giovane allievo: al rientro del maestro l’al-lievo, per levarsi d’impaccio, chiede intimorito se tut-to è destinato a morire e la risposta del primo è “ogni cosa deve morire e deve vivere per il tempo che le è destinato”; quindi ciò può accadere anche per la taz-za oggetto della storia. Il ricordo di questo racconto mi ha fatto immaginare delle fotoceramiche con i ritratti delle tazze in mostra. Penso che questo catalogo, destinato alla conserva-zione della memoria dei contenitori del quotidiano di Minioni, diventi un museo ai fini della salvaguardia del ricordo e della memoria degli stessi. Per ironia della sorte, ma nulla è mai un caso, la trasmissione del mes-saggio è stata affidata ad un unicum fotografico, un unico documento, fragile, destinato alla dispersione della sua primigenia missione se non ben conservato, descritto e catalogato, che potrebbe incorrere nel pe-ricolo di divenire lingua morta: la vecchia fotografia di un vaso, non proprio nitida, di paternità ignota, scatta-ta chissà dove e quando, quindi per la mostra “UNICA” le polaroid esposte, con un voluto richiamo alle colle-zioni entomologiche, sono state inserite in piccole te-che, così per l’occasione la Scatola Chiara viene adibi-ta a piccolo museo di questo affascinante catalogo di unica fotografici, catturati da Paolo Minioni.

1Tratto dalla storia n.85 - Tempo di morire - 101 storie Zen, a cura di N.

Senzaki, P. Reps, Piccola Biblioteca Adelphi, 1973.

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133 - Paolo Minioni“Via per Feriolo 26, ore 16.00 - 4/5/2002” Verbania - 2002

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144 - Paolo Minioni

“Via Mazzini 44, ore 22.30 - 11/4/1998” Verbania - 1998

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155 - Paolo Minioni“Via Mazzini 44, ore 21.00 - 9/4/1998” Verbania - 1998

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163 - Paolo Minioni

“Via Mazzini 44, ore 19.00 - 12/9/1998” Verbania - 1998

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174 - Paolo Minioni“Via Mazzini 44, ore 20.30 - 12/11/1999” Verbania - 1999

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Paolo Minioni Nato a Verbania nel 1965 dove risiede tuttora. All’attività di fotografo professionista, ha sempre affiancato una costante ricerca personale sui temi della natura e degli spazi del quotidiano. Dal 1989 espone in mostre personali e collettive in Italia e in Europa. E’ del 1992 la sua prima personale alla galleria VSV di Torino, a cura di E.Di Mauro. - Nel 1996, con la serie “VASI”, inizia il percorso di ricerca sui temi della natura, esponendo alla Galleria Modena 55 di Torino, a cura della Fondazione Italiana per la Fotografia. La stessa mostra viene riproposta nel 2005 negli spazi della Banca dello Stato del Canton Ticino, Locarno - Sviz-zera. - Nel 1997, con “Angoli privati”, espone alla “Galerie du Chateau Espace Graphique” di Nizza (Francia) a cura di Nadine Babani. - Nel 1998 viene invitato dalla Fondazione Italiana per la Fotografia ad una missione fotografica, relativa alle tratte ferroviarie minori in Piemonte, dal titolo “Fermate Intermedie”, a cura di Denis Curti. - Nel 2006, conti-nuando la ricerca sul tema della natura, espone “Still Life” alla Galleria degli Artisti di Brissago - Svizzera, poi nel 2007 al “Brunitoio” di Ghiffa a cura di E. Di Mauro. - Nel 2006 partecipa a “BAM2” seconda biennale d’arte moderna e contemporanea. - Nel 2008 è nuovamente invitato a “Bam Art Design Piemonte”, dove espone in una collettiva negli spa-zi di Casa Ceretti,- Museo del Paesaggio di Verbania. - E’ nello stesso anno la sua partecipazione ad una collettiva ad Asti, presso il “Parco artistico La Court” del produttore vinicolo Michele Chiarlo. - Nel 2009 espone in una installazione alla “Fusion Art Gallery“ di Torino, a cura di E. Di Mauro e W. Vallini. - Presso ABF | Scatola Chiara - Torino, espo-ne nel 2011, “Gleis 17 / Berlin Grunewald”, Fotografie di Paolo Minioni & opera audiovisiva con regia di Natale Zoppis, sempre nello stesso anno per la collettiva curata da Edoardo Di Mauro, “Un’altra storia”, è al CRAB di Brera, Ex Chiesa di San Carpoforo - Milano. Nel 2012 porta “Gleis 17 / Berlin Grunewald” al BAM Piemonte Project 5 - Contempo-rary Photobox, all’Imbiancheria del Vajro di Chieri. Le sue immagini, oltre ad essere pubblicate su vari cataloghi e riviste, sono presenti in diverse collezioni private.

1 - Paolo MinioniPart. “Via per Feriolo 26, ore 16.00 - 4/5/2002” Verbania - 2002

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Vasi Paola Turrioni

I ritratti delle cose Daniela Giordi

CurriculumPaolo Minioni

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CONTENUTI

ABF - Scatola Chiara Daniela Giordi

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