Unaleggeperleoperealpine - CAI sezione di Gorizia

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TRIMESTRALE DELLA SEZIONE DI GORIZIA DEL CLUB ALPINO ITALIANO, FONDATA NEL 1883 ANNO XLVI - N. 4 - OTTOBRE-DICEMBRE 2012 “Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - 70% - DCB/Gorizia” In caso di mancato recapito restituire a CAI Gorizia, Via Rossini 13, 34170 Gorizia Attualità Una legge per le opere alpine di PAOLO LOMBARDO Cima di Riofreddo da nord-est (Gruppo del Jôf Fuart). È stata approvata dal Consiglio Regionale il 24 ottobre 2012 a larga maggioranza la legge re- gionale n. 22 dal titolo “Valorizzazione delle strutture alpine regionali”. Decorre dal 1 gennaio 2013, redatta in 18 articoli, e sarà operativa con un regolamento attualmente in ela- borazione presso gli Uffici regionali. È stata proposta e sarà gestita dall’Assessorato al Turismo cui peraltro fa già riferimento la L.R. 34/92 che at- tualmente finanzia le attività del CAI del Friuli Venezia Giulia. Per strutture alpi- ne regionali si intendono i sentieri, le ferrate, i bivacchi ed i rifugi della mon- tagna del FVG. La legge istituisce i ca- tasti di queste realtà, interviene nella loro manutenzione, disciplina la segna- letica e soprattutto regola ed istituzio- nalizza in maniera organica ed esausti- va i rapporti con il CAI del FVG. Altri punti si evidenziano: I sentieri sono essenzialmente pe- donali e si definiscono come: - alpinistici - escursionistici - attrezzati - ferrate Gli interventi del CAI sono quelli, peraltro previsti dalla legge dello Stato n. 91/63 per bivacchi e rifugi, ed a que- sto scopo è prevista una convenzione con il CAI FVG per: - tenere un elenco delle strutture re- gionali; - farne la manutenzione; - CAI e Corpi Forestali sono depu- tati a trasmettere le informazioni sullo stato dei sentieri e della segnaletica. C’è una priorità di interventi così definita: - messa in sicurezza della struttura; - sviluppo della struttura in sintonia con altre simili iniziative del territorio. Per esempio, se si vuol costruire un bi- vacco laddove il CAI non ritiene giusti- ficabile la struttura, la richiesta non è ammissibile; - qualificazione e potenziamento di reti sul territorio anche a valore interna- zionale, vedi “Via Alpina – Sentiero Italia – alte vie transfrontaliere ecc. …” - fonti alternative nelle strutture per la tutela dell’ambiente in quota; - potenziamento degli aspetti di pronto intervento nei rifugi, per es. de- fibrillatori ecc. … È opportuno tener conto della se- gnaletica del CAI e delle indicazioni dei percorsi storici e turistici già esistenti, per esempio della sentieristica di confi- ne Interreg Italia-Austria in Carnia. Si definiscono i criteri sanzionatori e si identificano i primi finanziamenti per il 2013, anno in cui entra in vigore la legge. Sono aboliti gli articoli che in parte compaiono nella Legge 34/92 e nella Legge 2/00 relativamente ai rifugi e alla sentieristica. A commento, questa legge recupe- ra totalmente il dettato della Legge dello Stato, che attribuisce al CAI tutta una serie di competenze, ma soprattut- to stabilisce il principio che ogni inter- vento sulle strutture alpine sarà filtrato da un comitato tecnico per stabilire ne- cessità, priorità e tempi di fattibilità. È un bel salto di qualità per evitare inter- venti indiscriminati, a pioggia e magari ripetitivi. È previsto chi fa che cosa, il li- vello di responsabilità e per il CAI si evita di andare a “pietire” ora lì ora in Comunità Montana, ora in Provincia, ora in Regione, o di ricercare rapporti con altre realtà del territorio peraltro sempre sotto-finanziate. Il cammino di questa legge è stato lungo, irto di osta- coli, di difesa di privilegi, di contesta- zioni, di autoreferenzialità da parte di quanti da anni operano legittimamente sul territorio. Abbiamo scritto e riscritto norme, ripensato e rielaborato quanto in alcuni settori altre regioni hanno fatto, e nel corso degli anni, almeno sette, tutti i soggetti che anche tempo- raneamente sul territorio, operando per la tutela e per la frequentazione della nostra montagna, hanno potuto e sapu- to dire la loro. Poi il cammino burocra- tico legislativo è stato largamente par- tecipato e se si pensa agli impegni in campo legislativo regionale è doveroso ringraziare sia l’Assessore Seganti, sia il Presidente Tondo per aver fortemen- te voluto che la legge arrivasse in porto. Ora tocca a noi stendere una conven- zione che, senza appesantire le nostre responsabilità, ci permetta di utilizzare le nostre risorse migliori per un turismo montano che contribuisca a fornire uno

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TRIMESTRALE DELLA SEZIONE DI GORIZIADEL CLUB ALPINO ITALIANO, FONDATA NEL 1883

ANNO XLVI - N. 4 - OTTOBRE-DICEMBRE 2012

“Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - 70% - DCB/Gorizia”

In caso di mancato recapito restituire a CAI Gorizia, Via Rossini 13, 34170 Gorizia

Attualità

Una legge per le opere alpinedi PAOLO LOMBARDO

Cima di Riofreddo da nord-est (Gruppo del Jôf Fuart).

È stata approvata dal ConsiglioRegionale il 24 ottobre 2012 alarga maggioranza la legge re-gionale n. 22 dal titolo

“Valorizzazione delle strutture alpineregionali”. Decorre dal 1 gennaio 2013,redatta in 18 articoli, e sarà operativacon un regolamento attualmente in ela-borazione presso gli Uffici regionali. Èstata proposta e sarà gestitadall’Assessorato al Turismo cui peraltrofa già riferimento la L.R. 34/92 che at-tualmente finanzia le attività del CAI delFriuli Venezia Giulia. Per strutture alpi-ne regionali si intendono i sentieri, leferrate, i bivacchi ed i rifugi della mon-tagna del FVG. La legge istituisce i ca-tasti di queste realtà, interviene nellaloro manutenzione, disciplina la segna-letica e soprattutto regola ed istituzio-nalizza in maniera organica ed esausti-va i rapporti con il CAI del FVG. Altripunti si evidenziano:

I sentieri sono essenzialmente pe-donali e si definiscono come:

- alpinistici- escursionistici- attrezzati- ferrate

Gli interventi del CAI sono quelli,peraltro previsti dalla legge dello Staton. 91/63 per bivacchi e rifugi, ed a que-sto scopo è prevista una convenzionecon il CAI FVG per:

- tenere un elenco delle strutture re-gionali;

- farne la manutenzione;- CAI e Corpi Forestali sono depu-

tati a trasmettere le informazioni sullostato dei sentieri e della segnaletica.

C’è una priorità di interventi cosìdefinita:

- messa in sicurezza della struttura;- sviluppo della struttura in sintonia

con altre simili iniziative del territorio.Per esempio, se si vuol costruire un bi-vacco laddove il CAI non ritiene giusti-ficabile la struttura, la richiesta non èammissibile;

- qualificazione e potenziamento direti sul territorio anche a valore interna-zionale, vedi “Via Alpina – SentieroItalia – alte vie transfrontaliere ecc. …”

- fonti alternative nelle strutture perla tutela dell’ambiente in quota;

- potenziamento degli aspetti dipronto intervento nei rifugi, per es. de-fibrillatori ecc. …

È opportuno tener conto della se-gnaletica del CAI e delle indicazioni deipercorsi storici e turistici già esistenti,per esempio della sentieristica di confi-ne Interreg Italia-Austria in Carnia.

Si definiscono i criteri sanzionatorie si identificano i primi finanziamentiper il 2013, anno in cui entra in vigore lalegge.

Sono aboliti gli articoli che in partecompaiono nella Legge 34/92 e nellaLegge 2/00 relativamente ai rifugi e allasentieristica.

A commento, questa legge recupe-ra totalmente il dettato della Leggedello Stato, che attribuisce al CAI tutta

una serie di competenze, ma soprattut-to stabilisce il principio che ogni inter-vento sulle strutture alpine sarà filtratoda un comitato tecnico per stabilire ne-cessità, priorità e tempi di fattibilità. Èun bel salto di qualità per evitare inter-venti indiscriminati, a pioggia e magariripetitivi. È previsto chi fa che cosa, il li-vello di responsabilità e per il CAI sievita di andare a “pietire” ora lì ora inComunità Montana, ora in Provincia,ora in Regione, o di ricercare rapporticon altre realtà del territorio peraltrosempre sotto-finanziate. Il cammino diquesta legge è stato lungo, irto di osta-coli, di difesa di privilegi, di contesta-zioni, di autoreferenzialità da parte diquanti da anni operano legittimamentesul territorio. Abbiamo scritto e riscritto

norme, ripensato e rielaborato quantoin alcuni settori altre regioni hannofatto, e nel corso degli anni, almenosette, tutti i soggetti che anche tempo-raneamente sul territorio, operando perla tutela e per la frequentazione dellanostra montagna, hanno potuto e sapu-to dire la loro. Poi il cammino burocra-tico legislativo è stato largamente par-tecipato e se si pensa agli impegni incampo legislativo regionale è doverosoringraziare sia l’Assessore Seganti, siail Presidente Tondo per aver fortemen-te voluto che la legge arrivasse in porto.Ora tocca a noi stendere una conven-zione che, senza appesantire le nostreresponsabilità, ci permetta di utilizzarele nostre risorse migliori per un turismomontano che contribuisca a fornire uno

2 Alpinismo goriziano - 4/2012

P resso il Museo Alpino diMojstrana si è svolto il conve-gno, che verteva sull’impattodella maggiore frequentazione

della montagna promossa dagli enti tu-ristici delle tre regioni, in particolare levie alpine, ultima l’Alpe Adria Trail, chepercorrono la rete sentieristica e utiliz-zano i rifugi e le altre strutture alpinerealizzate dalle organizzazioni alpinisti-che e da queste mantenute in efficien-za. Tale impegno dei club alpini si basasulla partecipazione di volontari e af-fronta oneri che dovrebbero essere so-stenuti anche dagli enti turistici promo-tori.

Il convegno ha approvato una mo-zione che impegna tali enti a disporremisure di sostegno di tutti gli oneri, ap-pesantiti appunto dalla iperfrequenta-

C ari amici teniamoci forte! Il mitico“centenario” è alle viste e ne ve-dremo delle belle: mentre il trian-golo “2014+” (San Michele, Ca-

stellazzo, Redipuglia) resta ancora sullacarta, ecco spuntare un quarto lato nellaRivisitazione del Brestovec. Questo sivede, eccome!, e con l’aiuto del nostroMitja Juren ne parleremo diffusamentecommentando il suo recente libro docu-mentario La memoria del Brestovec. Inaggiunta, mi è stato chiesto di ap-profondire “per esteso” forse perché unadelle caratteristiche del libro è di uscirein coincidenza del “Restauro e allesti-mento della Cannoniera Italiana”, forse

zione alpina derivante dalle iniziativeturistiche.

Ospitati presso l’Hotel Øpik di GozdMartuljek e accolti per la cena presso lalocanda “Pri Martinu” di K.Gora, i par-tecipanti sono saliti nella domenica colbel tempo allo Sleme dal Passo Vrøiœ,prendendo commiato all’ErjavœevaKoœa.

Il prossimo 49° convegno saràospitato a Mallnitz il 5 e 6 ottobre 2013.

Per il FVG erano presenti nel saba-to Geotti e Tavagnutti, Godina, Mitri,Cargnelli, Lombardo, Zambon, Brusa-din, Beorchia, Bettin, Tami, Coder-mazzi, Di Gallo, per Villaco Pallasmann,Kummerer e altri.

Lo svolgimento è stato regolaregrazie all’ottima organizzazione curatada Miro Erzen, direttore del Museo.(Paolo Geotti)

perché questo intervento sulla quota 209ha inaspettatamente deviato il sentiero74 o, cosa più preoccupante, perché ab-biamo pochi altri argomenti altrettantointeressanti. Siccome mi considero unospecialista nella divagazione escursio-nistica e letteraria, l’ho presa come unasfida e quindi contate le pagine.

Per una sorta di reazione di rigettodella sterminata produzione di testi del15/18, non era mia intenzione ammettereil libro alla mia striminzita biblioteca (esempre più spesso ricorro a quelle pub-bliche), anche nella presunzione di saperormai tutto sul luogo “Brestovec”. Dopola lettura del libro che mi è stato conse-gnato, proprio contro l’impegno di ren-derne conto su queste pagine, devo ri-conoscere che non se ne sa mai abba-stanza e che il mio presupposto era sba-gliato e fuorviante!

La prima considerazione riguardal’insieme, libro e restauro, e la speranzache l’impegno economico sotteso fosseparte degli stanziamenti “provinciali”, ifamosi 4 M€decennali del “2014+”. Nos-signori, leggere la presentazione! Bre-stovec e la sua storia sono “Ambito diSviluppo Territoriale”, e penso anchemeritoriamente, ma (di questo passo) virimando alla prima riga: tra pubblico eprivato ne vedremo delle belle! Finan-ziamento regionale ASTER, quindi soldinostri. Quindi sia la visita ai luoghi di-ventati “Museo“ del Brestovec”, sia il li-bro di cui scriverò sono a “disposizione”.Gratis insomma il libro, fin che ce n’è,presso il Municipio di Savogna d’Isonzoe, seguendo le sue pagine, libero (perora) l’accesso al sito museale del Bre-stovec.

Quanto all’approfondimento, comin-cio dal dire tra i denti che il restylingdelle Cannoniere tocca anche l’interesseescursionistico e in particolare “sposta”il sedime del sentiero CAI 74 al di sopradel complesso incavernato e lo fa pas-sare sulla cima 209. Con ciò, almeno

formalmente, si sfrattano il nostro Club edue o tre altre categorie d’utenti dei sen-tieri carsici dal consueto attraversa-mento in caverna. Nessuna di queste“rappresentanze”, che io sappia, erastata sentita. Visto che si passa comun-que, e per di più per la cima, son quasidisposto a dire: meglio così (ma ci vuolegran misericordia). Comunque sia, il libroesce in concomitanza con l’apertura alpubblico dell’esposizione “Brestovec”del 21 ottobre scorso e non a caso ri-porta alla fine la relazione del progetti-sta, arch. Guido Valentini, che illustra ilripristino e gli arredi messi in opera. Ov-vio che la struttura in sé, concepitacent’anni addietro per resistere alle arti-glierie imperiali, non domandava moltolavoro verso il passaggio dei cicloturisti,ma ugualmente una buona fetta di spesava al capitolo “messa in sicurezza”. Sa-pete com’è, di questi tempi basta cheuno incespichi e progettista e collauda-tore perdono il sonno, magari davanti apretese di chi non sa riconoscere la pro-pria … diciamo inadeguatezza. Me ne ri-corderò, se nella penombra andrò asbattere contro un arciduca in facsimile.Prima non c’era!

Chi ha letto i precedenti libri dell’au-tore, s’avvedrà ben presto che “Bresto-vec” integra e (credo) completa la suapersonale esplorazione in un territoriovissuto dalla nascita, unendo in formaletteraria al Nad Logem i due tascabilidel Carso Dimenticato e infine l’altipianodi San Martino (“Debela Griæa”, giugno2010), temi sviluppati in necessaria col-laborazione con l’inossidabile NicolaPersegati per la storia grande e piccolae di Paolo Pizzamus per gli approfondi-menti cartografici e ossidionali. Ma ilcemento di ogni sua pagina è stato sem-pre la perfetta conoscenza territoriale el’appassionata ricerca … umana, al di làdei fatti di guerra, che Mitja Juren hasempre voluto offrire. Ma andiamo conordine e pigliamo il libro.

IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE AALL BBRREESSTTOOVVEECC“Ciuffolotto”(anteguerra), Brestovi

nella versione “irredenta” di Brest (Olmo,Olmeto): quota 209 (206?). Dipende dachi e da quando, ma eccoci oggi in cimaseduti a contemplare “grandi olmi lon-tani”… “Sul limitare”, dice Giovanni Pa-scoli in Romagna e pure qui rispondono“rauche cicale”. Come renderlo nel testosloveno a fronte è un problema mica dapoco, e non sarà l’unico rischio che inquesta estesa memoria l’amico Mitja siprende. Brest e la sua … carsicità, nonsolo fisica, sono la dominante del di-scorso, la pretesa è, caso mai, tradurreun luogo dell’anima in due lingue “afronte”, poesia interiore compresa, e ilproprio vissuto in essa! Dicono che l’O-Sleme, 14 ottobre 2012 – I partecipanti alla tradizionale escursione al termine del 48° Convegno Alpi Giulie (foto Brusadin).

Attualità

La memoria del BrestovecSpomin Brestovcadi GIORGIO CAPORAL

“status” ecologico dignitoso a chi dimontagna vive. Il CAI ci mette i rifugi, ibivacchi, la manutenzione di sentieri eferrate, garantendo con la sua attività lapartecipazione di tanti che soci CAI nonsono, soprattutto giovani e studenti.Abbiamo tempo per capire se abbiamofatto un buon lavoro e abbiamo aiutatoi funzionari regionali (sempre moltoprofessionali) ad interpretare corretta-mente il nostro impegno e gli obblighiverso chi a vari titoli frequenta la mon-tagna. È nel nostro stile lavorare in si-lenzio da volontari per la gente; quantida questa legge trarranno benefici cibasta che lo ricordino aiutandoci, senecessario, a migliorarla. L’attuale dra-stica riduzione dei finanziamenti previ-sti dalla legge finanziaria 2013 fa ipotiz-zare tempi molto difficili, per le attivitàdel CAI regionale, con il rischio che ifondi siano praticamente azzerati. Daqui consegue la grande importanza diquesta legge che prevede sin d’ora i re-lativi interventi, con i criteri di finanzia-mento, per tutte le strutture alpine re-gionali, sollevando così le Sezioni daobblighi e responsabilità difficilmentesostenibili.

48° Convegno Alpi Giulie

Alpinismo goriziano - 4/2012 3

Nelle caverne cannoniere del Brestovec oggi.

pera, in assoluto, nasconde l’Artefice e,aggiungo, anche l’artigiano: quindi que-sti ben può abusare della poesia e na-scondersi in essa e, celato nel fusto delsuo olmo, mandarci in giro per radicirami e foglie. Raccoglie e, con molto de-coro, classifica per noi fogli ingialliti esparse foglie metaforiche. Parole por-tate da un metaforico vento di secoli,resti di una storia raccontata a più voci,ma comunque germogliata o arsa sulsuolo natio, “terreno” conosciuto e per-corso. Una storia pensata nella lingua dimamma, girando per le doline di qua e dilà, confrontandosi infine con gli archivipiù inimmaginabili in tutte le lingue, daquelle della Defonta a quelle dell’Intesa(triplice, quadruplice?), discorrendo dimetaforiche e concrete caverne inter-pretative, fino ai contemporanei. “UmileCarso” insomma, e niente di arcadico inesso. Fai bene a ricordarcelo!

II RRAACCCCOONNTTII SSUULLLLAA CCOOLLLLIINNAA// CCOOSS’’EE’’ RRIIMMAASSTTOO

Due i capitoli che formano il “cor-pus” del libro, costruiti con la consuetatecnica-collage delle testimonianze diguerra qui legate assieme dalle vicissitu-dini del V° Rgt. Genio prima e dopo loscavo delle caverne cannoniere, lavoroche del resto lo impegnò per un periodostraordinariamente breve. Stratificazionedi eventi e di date, divagazioni carsiche(quanto mi piacciono!): qui ci si può affi-dare solo a un redattore onesto, conser-vando acuto il nostro senso critico. Hosempre pensato che certi riferimenti re-stino preclusi al lettore … turista, chenon è in grado di seguirli, ma che si trattacomunque di reperti, documenti e foto(177) che hanno in sé alto valore docu-mentario ed evocativo (e quello storicospesso prossimo allo zero). Assieme algiusto commento sistemano, e speriamo

per sempre, la devastante retorica dellaSanta Guerra. Estrapolato dal raccontotroviamo a pagina 222 un allucinante do-cumento fotografato in originale, neces-sariamente tradotto in sloveno, che rie-sce a sigillare il concetto.

Per quanto riguarda le “grandi firme”(D’Annunzio, Kipling, Barzini), tutto som-mato sono ormai convinto che oggidì ilvalore dei loro scritti e corrispondenzed’ufficio è solo letterario. E anche così,quanto distacco tra le mezze verità diRudyard e quelle di Luigi! (se vedo ilBarzino, gli sparo). Davanti a questamesse di notizie e virgolettati, di frontealla necessità di un doppio commentodovuta al testo a fronte, conoscendo lafrenesia delle ultime revisioni di reda-zione, non stupisce qualche svista di ri-mando nelle note: pazienza. Non so seMitja è contento, ma per la seconda edi-zione (a pagamento) si potrebbe fareuna … notarella.

Del tipo … lo stato dell’arte è questo:la nostra cultura (sud-europea) è filia-zione di quella Greca (poi Romana, ag-giungerebbe saggiamente il Kandler).Roberto Calasso ci ricorda che, cancel-lati i Greci e il mito dell’eroe, saremmoprobabilmente eredi della cultura egiziae, di conseguenza, adoratori di cimiteridi gatti. Se bastasse a cancellare leguerre! Degli egizi, ahimé, resta oggisolo la tendenza … faraonica.

II CCAANNNNOONNII DDEELL BBRREESSTTOOVVEECCIn forma quasi di scheda tecnica,

sento qui il forte riferimento alla bellamonografia sulle cannoniere edita nel2003 dal Gruppo Speleologico “KraøkiKrti”, custode eponimo di questo set-tore dell’altipiano. Ringrazio ancora chi

IILL CCAASSTTEELLLLIIEERREE,, LLAA SSEENNTTIINNEELLLLAA ……Dalla protostoria ad oggi, raccolta

di impressioni internazionali e senza or-mai tempo: l’aulico Kandler (già mito ac-cademico, oggi trasferito tra’ tombaroli),le dotte lezioni di Muzio de Tommasini,in gita col Marchesetti e il console Bur-ton (esploratore del Nilo, nonché bri-tanno cui dobbiamo tra l’altro una ver-sione europea di “Mille e Una Notte”). Ilcorrispondente di guerra Kipling, an-gloindiano (ne riparlerò): tutti alle presecol Carso. Ecco la dignità di un luogo piùvolte profanato, più volte rivalutato e do-nato alla conoscenza: doveroso il ri-cordo del “nostro” compianto anche senon accademico Schmid, a mio avvisoMaestro divulgatore dell’analisi territo-riale moderna, e giudico da un solo suolibro!

Brestovec come luogo analizzatonelle sue stratificazioni non solo geolo-giche, castelliere infine come tanti, pre-sidio del territorio alle viste del nemico, emagari fosse rimasto tale. Poi la Guerra,più o meno fredda: quantum mutatus abillo? Lo dicono vecchie carte, ma è certoche in questo Parco Storico Archeolo-gico (http://qr.carso-ison zo.net/) è pro-prio l’Archeo a rimetterci. Prima i tomba-roli più o meno qualificati, poi i lavori os-sidionali asburgici e sabaudi, oggi l’a-dattamento museale, e della protostoriaabbiamo solo i cocci. Lasciando il “lati-norum”: chissenefrega, oggi si usa farecomunque la frittata e chi rompe paga ei cocci son tutto ciò che resta. Rifiuti“speciali”, eneolitici se volete, ruderi diogni specie che intasano il pianeta. Que-sta sistemazione “evocativa” dei tunnelpotrà non piacere, ma almeno è di bassoimpatto e facilmente riassorbibile.

mi donò questo lavoro, sponsorizzatonel 2003 dalla BCC di Savogna e Do-berdò: in questo capitolo si ripresentanotra l’altro dati tecnici sugli armamentiche in quella stesura mi sembrarono unpo’ “esagerati”. Ma chi può dirlo ormai:gli ultimi 149/A che ho visto in giro sonotuttora puntati verso la Francia: meglionon provare.

IILL MMOONNTTEE CCHHEE NNOONN CC’’EE’’ PPIIUU’’Capitolo di sicura presa emotiva per

chi per labili segni segue queste storie diguerra e sa che come questi spesso siconfondono. Dall’archivio delle epigrafiredatto nel tempo dal Gruppo RicercheStudi del Club Alpino (da poco disponi-bile per settori nel sito SAG, sotto il pa-ragrafo Gruppi ) si ottengono spesso piùinterrogativi che spiegazioni: risolvereuno di questi drammi topologici è l’or-goglio di ogni collaboratore. Nello spe-cifico, acquisite “per caso” immagini ine-quivocabilmente “Brestovec”, una diquelle famose foglie portate dal vento,sarebbe stato bello poter dire “Eccoqua, si trova là sotto!” Sfogliare il tempo;una fortunata ricerca che ha toccatol’Ungheria per rimbalzare a Devetaki edè arrivata a chiudere l’anello. Questo ca-pitolo mostra come, foglia dopo foglia,talvolta si recupera l’albero: ragazzi,qualcuno ce l’ha fatta! Me lo son lettodue volte.

LLAA TTRRAAPPPPOOLLAA DDII DDEEVVEETTAAKKII // UUNNAA TTRRIISSTTEE SSTTOORRIIAA DDII GGUUEERRRRAA

Sarà pure storia contemporanea, re-sterà comunque una brutta storia. I “Si-gnori” fanno le guerre, il tarlo della primalascia le sue uova, germina nella se-conda, e per aria vanno sempre glistracci; brutte bruttissime storie di unsecondo conflitto che non voleva morire,e che per almeno due volte ha mac-chiato ancora l’Umile Carso di Devetaki.Eventi di una rilevanza minima (ma diteloai superstiti dell’una o l’altra parte, e cer-cate intanto di capire cos’è Patria Hei-mat Domovina) : un libro così centratosui luoghi non poteva tralasciare gli ul-timi testimoni.

Approfondimento dell’ultim’ora: noncosì la pensano gli immancabili sciovi-nisti, che avendo finalmente capito cosamostravano per terra le due o tre mode-ste “stelle rosse”, hanno voluto strap-parle dal loro sasso, rendendole per meimmortali. I libri, cari amici, sono armi pe-ricolose e non si sa mai in quali manivanno. Speriamo bene per il resto.

IITTIINNEERRAARRIIOO VVEERRSSOO LLAA CCAANNNNOONNIIEERRAA

La descrizione dell’anello turisticoCotici inferiore/ Cannoniera mi aiuta a ri-cordare che il libro è pensato in funzionedivulgativa: per il mio primo Brestovec,ricordo benissimo, non ebbi bisogno dichieder la strada. L’avevo “visto” , as-sieme al paesetto retrostante, arrampi-candomi su un pino dal Nad Logem. Stu-diavo orienteering da autodidatta e vi-vevo nella convinzione che il Carso ison-tino è talmente piccolo che basta co-munque camminare abbastanza. In ef-fetti fu così, e qualche giro morto si faquasi sempre. Infine venne lo stupore,oggi affidato alla sistemazione museale.In altre occasioni, anche durante qual-che “brain storm” istituzionale sulla ri-valutazione dei percorsi di guerra, hoespresso l’opinione che esistono giàtroppi sentieri inutilmente intersecantisi,e che sarebbe il caso, nella riesuma-zione dei siti (e nella loro scelta!), di rac-cordarsi alla rete esistente razionaliz-zandola, se del caso. Facevo maglio astar zitto: vale l’ammonizione forense

vogliamo ancora qualche turista in giro.L’esecuzione di lavori di superficie inquesti ambiti apre sempre la strada allagerminazione di infestanti e allogeni ve-getali anche pericolosi, e s’è ben vistocon le piste “antincendio”. Quanti dei670000 € investiti in questo museo sonostati destinati alla manutenzione degliarredi e, oltre all’acquisto dei lucchetti, alcontrollo degli infestanti e difesa dagli …altri alieni? Silenzio assoluto su tutto ilFronte!

“tutto quel che dirai ti si ritorcerà con-tro”, vedi sentiero 74.

UUNN LLAAVVOORROO IINNUUTTIILLEEDomanda retorica dell’autore, che in

un primo momento credevo rivolta allespese sostenute verso questo com-plesso museale “ASTER”. Ecco perché,leggendo, mi son fatto una bella risata!Nel contesto, si riferisce all’assurda “uti-lità” della prima guerra mondiale, dovenon fu inutile nessuna opera di di-fesa/offesa, né fisica né retorica. Quantopoi quella utilità sia costata e costi tut-tora, nel contesto dell’imbecillità umana,fa pensare che non sia del tutto inutile laspesa che ci ricorda … come eravamo.Forse, esagerata.

Questo mi dà spago verso le ricor-renti “rievocazioni ‘15/18”, più o menostatiche, talvolta un po’ troppo dinami-che, che terminano talvolta col “rancio”non solo dei “figuranti” (e rigorosame-nete si dovrebbe servire il riso nelle ga-vette). Il maestro di color che sanno in-segna che la Tragedia, se ripetuta, scadeinevitabilmente nella Commedia (e cisiamo). Il guaio è che una Commedia ri-masticata diventa spesso una farsa.

Il libro volge alla fine col denso capi-tolo sulla “Linea di Doberdò” a cura diPaolo Pizzamus, molto tecnico, ma comesempre molto interessante e utile anchea chi volesse un po’orientarsi in quelle fa-mose “stratificazioni” non geologichedella storia di tre anni di guerra. Per laprima volta nella serie ‘15/18 (alleluja)compaiono cenni sul carsismo locale esulla geomorfologia, per Lucia Mian, eper Alfio Scarpa anche un capitoletto suFlora e Fauna locali: non me ne vorrannose non ne risalto i titoli come per il restodei contenuti, ma è evidente che si trattasolo di cenni inseriti in avanzo di pagine.

Fuori tema? Non volevo dire questo,anzi reclamo tutto il contrario. Se il Carsoche conosciamo sta cambiando cosìmale (come a me pare) è proprio perl’assoluta ignoranza con cui NON si am-ministrano aspetti ambientali che di es-sere gestiti hanno estremo bisogno, se ci

L’intervento di ripristino di un tratto di trin-cea sul Brestovec.

4 Alpinismo goriziano - 4/2012

S iamo all’inizio degli anni ’20 e, dopoil tormento della Prima Guerra Mon-diale, c’è voglia di ritorno alla nor-malità. La montagna non è più ter-

reno di sanguinose battaglie ma ritornaad essere luogo di pace e di silenzi. L’at-tività alpinistica riprende il suo cammino.A Gorizia quattro giovani alpinisti for-mano “una cordata” sicuramente tra lepiù forti di tutto il territorio isontino e nonsolo.

Nel giro di pochissimi anni contribui-scono attivamente a scrivere parte dellastoria alpinistica delle Alpi Giulie tra ri-petizioni di vie di arrampicata, prime sa-lite alpinistiche, prime scalate invernali,prime ascensioni su vie di roccia. Nonmancano molte puntate verso l’area do-lomitica a tastare vie intuite e già per-corse dai grandi dell’alpinismo di allora.Ma la loro attività non si ferma solamenteall’essenza dell’alpinismo. Durante la sta-gione invernale si muovono con gli sciper non rimanere lontani dalle loro amatevette. Compiono traversate dei gruppimontuosi delle Alpi Giulie, molteplici gitetra le vette delle Dolomiti per abbrac-ciare un concetto ancora pionieristico discialpinismo. I loro nomi sono: UgoMassi, Gino Tornari, Luigi Gottardi e ItaloMassi.

Mio nonno Italo Massi mi ha tra-smesso la sua passione inesauribile perla montagna lasciandomi tra le mani unpatrimonio senza prezzo. La prima salitainvernale al Tricorno lungo il versanteoccidentale della montagna resta sicu-ramente una tra le sue scalate di maggiorcaratura. Guardandolo dal fondo dellaVal Trenta il Re delle Alpi Giulie si innalzaper oltre 2000 metri di dislivello attra-verso un versante selvaggio e soggetto apericolo di valanghe nella stagione in-vernale. Nonostante la lunghezza dellasalita, le difficili condizioni invernali, ledifficoltà negli spostamenti Italo Massi eGino Tornari partono un giorno di iniziomarzo del 1927 alla volta dell’allora ver-sante italiano del Tricorno ancora liberoda tracce di salite invernali. Superano illato occidentale della montagna in setteore di scalata per toccare la vetta se-polta ancora da metri di neve. E poi la di-scesa, il maltempo, il freddo portano allamia mente il pensiero di quei momentiche prendevano forma nei racconti dimio nonno, davanti ad un fuoco scop-piettante a rischiarare come piccoli flashle immagini di quelle giornate vissute inalta quota. (Roberto Galdiolo)

“Da lungo tempo accarezzavo l’ideadi salire il Tricorno durante la stagione in-vernale per conoscerlo e salirlo ricopertoancora delle sue nevi. Salire d’invernodal suo versante occidentale credo siaeffettuabile seppure difficoltoso a causadella complessità della parete che con unsalto di oltre 2000 metri si impenna dalfondo della Val Zadnjica fino alle roccedella vetta. In tutte le Alpi Giulie dislivellisimili sono presenti solamente sul ver-sante occidentale dello Jof di Montasio.

“Non mi consta che sia sinora statosalito né per la Via Kugy né per la Via Ko-mar in quanto tutte le salite invernalicompiute fino a questo momento lungo iversanti meridionali ed occidentali delgruppo montuoso sono state effettuateesclusivamente per la Valle dei Sette La-ghi e girando per il versante opposto delMonte degli Avvoltoi (Monte Kanjavec).

“Decido di provare assieme ad uncompagno di scalata ma ci tocca riman-dare la partenza di diverse settimanevuoi per un motivo o per l’altro. Intanto inquota s’è accumulata molta neve e lenostre speranze, nonostante il ritardo,sono ancora vive. Finalmente a fine in-verno arriva il momento giusto per la no-stra salita con tanta neve accumulata in

neve è molto abbondante e fatichiamo aprendere quota nella conca sotto la SellaDolic. Saliamo pressappoco per l’itine-rario estivo fino all’altopiano del Tricornodove puntiamo direttamente verso la Ca-panna Morbegno per accorciare lastrada. Ora la neve è dura e regge il no-stro peso senza problemi.

“Il panorama attorno a noi è stu-pendo; tutto è ricoperto da una spessacoltre nevosa mentre in fondo, lanciatoleggero verso il cielo terso, il triangoloterminale del Monte Tricorno mostra lesue pareti grigie incorniciate di un’ovat-tatura spessa sui profili di roccia meno ri-pidi. In cresta enormi cornicioni si spin-gono verso il vuoto sfidando le leggi digravità.

“Arriviamo alla Capanna Morbegno.Solo il tetto esce dalla neve. Facciamouna breve sosta osservando l’ultimaparte della montagna ancora da salirema che si rivelerà la più ardua. Ripar-tiamo fiduciosi.

“Attacchiamo la roccia vetrata sa-lendo speditamente fino sotto un cana-lone che sale fino alla Forcella del Tri-corno. Una parete ripidissima di nevedura ci chiude la via. Attacchiamo ta-gliando scalini in direzione dell’oppostaparete del canalone. La pendenza di-

Alla Capanna Morbegno (foto: archivio Italo Massi).

Alpinismo

Una prima invernale di un secolo fadi ITALO MASSI

quota ma in condizioni stabili. L’annataeccezionale di neve ed il persistere delfreddo erano condizioni a nostro van-taggio.

“Partiamo, ma pare che la fortuna cisia avversa. Percorsa la Val Trenta edarrivati al piccolo borgo di Na Logu, iltempo non promette nulla di buono.Grossi nuvoloni arrivano dal Mare Adria-tico fino ad insaccarsi tra le pareti so-prastanti formando una cappa pesante efosca che lentamente scende fino a lam-bire le cime degli alberi. Prendiamo lastrada per Zadnizza fin quasi alla basedella montagna. Camminiamo sollecitisu per i tornanti della mulattiera mentre iltempo peggiora ulteriormente e un’o-scurità impenetrabile scende sopra il fon-dovalle. Viene la sera e con essa scendesulla valle un’oscurità impenetrabile. Bi-sogna decidere sul da farsi. Alla fine ladecisione è unanime: il tempo sembranon lasciare nessuna speranza di mi-glioramento, passeremo la notte pressola casera di Zorz e domani mattina ritor-neremo sicuramente indietro. La caseraè già occupata dai proprietari. Sono ve-nuti fin quassù a fine inverno per iniziarea predisporre le stalle per l’attività estiva.Passiamo una serata discretamente al-legra, non pensando ormai più alla nostrascalata. Ma ci illudiamo di essere in un ri-fugio di alta montagna. Si mangia tuttiallo stesso tavolo, mescolando la loropolenta, latte e formaggio alle nostre pie-tanze inscatolate; stridente contrasto frarustica semplicità e raffinata modernità.Loro ci offrono il loro ottimo latte, noi ilnostro meno ottimo vino. Diamo quasifondo ai nostri sacchi, ché ormai le prov-viste poco ci servono. Alle dieci andiamoa dormire.

“Al mattino successivo il mio com-pagno mi desta bruscamente dal sonno:guardo verso la gran luce, sono quasi lesei del mattino ed il primo chiarore dellagiornata invade le pareti piene di neve. Alcontrario di ogni aspettativa la mattinapare perfetta. Uno scenario fantastico dimontagne lucenti al sole sotto una cu-pola di un azzurro profondo e terso. Mivesto in fretta. Bisogna partire al più pre-

sto per riguadagnare il ritardo della par-tenza.

“Dopo un’ora di cammino, attac-chiamo la Via Komar. I muscoli iniziano ascaldarsi e lo sforzo per salire si fa co-stante. Sopra il primo salto di roccia la

Triglav (Tricorno) in veste invernale (foto: Roberto Galdiolo).

Alpinismo goriziano - 4/2012 5

Verso la vetta (foto: archivio Italo Massi).

In cima (foto: archivio Italo Massi).

attraverso il torpore dei vapori, è un buonsegno in quanto dovremmo essere vicinialla parete Nord del Kanjavec e quindisulla giusta via di ritorno. Ormai andiamosicuri verso quell’ombra. Ma quale disil-lusione ci aspetta quando, fatta una de-cina di metri, ci troviamo davanti ad unmucchietto di sassi alto forse mezzo me-tro che riflette sulla nebbia il suo profiloingrandendolo enormemente, cosi valeanche per le nostre ombre. Continuiamoa vagare in cerca della buona strada finoal punto ove riconosciamo il terreno cir-costante. Abbiamo sbagliato di poco,forse di qualche decina di metri rispettoalla via di salita. Scendiamo una paretina

S i è svolta tra il 18 e il 19 agostoscorsi la gita sociale al Bishorn(Alpi Pennine, 4153m). Grazie allacollaborazione della Scuola Ison-

tina di Alpinismo tutti i partecipanti,venti, hanno raggiunto la vetta già alleprime ore del mattino di una giornatameteorologicamente perfetta. La lungae massacrante discesa non ha tolto lasoddisfazione della meta raggiunta.

L'unica nota negativa di due gior-nate magnifiche l'accoglienza offertadal gestore della Cabane de Tracuit, ilrifugio svizzero dove si è pernottato.Discutibile e non adeguata agli stan-dard richiesti ad un rifugio d'alta mon-tagna e alla nostra idea di alpinismo esolidarietà tra frequentatori dell'Alpe.Peccato!

Nella foto di Alessandra Pozzo: insella tra il Bishorn e la Point Burnaby a4100m, sullo sfondo la cresta finaleche culmina in vetta.

cresta e con qualche passaggio delicatotra cornicioni di neve e tratti di vetratoraggiungiamo la vetta dopo 7 ore di sca-lata.

“Breve sosta in cima al Re delle AlpiGiulie; ci saranno più di quattro metri dineve tanto da coprire di molto l’altezzadel piccolo bivacco di vetta.

“La visione della cresta Est cheborda la montagna sopra il ghiacciaiodella Kredarica è impressionante; enormicornicioni di neve si spingono verso ilvuoto sopra il versante settentrionaledella montagna e ricamano la linea diroccia fino alla sommità del Piccolo Tri-corno.

“La vista è eccezionale; spazia dalMare Adriatico e la penisola istriana aighiacci degli Alti Tauri e le forme delleDolomiti in un susseguirsi di creste inne-vate in qualsiasi direzione.

“Purtroppo il tempo sembra peggio-rare nuovamente; decidiamo di scenderein fretta ma non senza cautela in quantoil sole ha scaldato un po’ la neve ren-dendo i pendii più insidiosi.

“Intanto le nuvole iniziano a risalirevelocemente il versante della montagnae ci raggiungono mentre siamo di ritornoalla Capanna Morbegno. Ci fermiamo

direttamente nel sottostante vallone ne-voso e dopo una bella scivolata imboc-chiamo la via Komar per ritornare allabase. Inizia a nevicare mentre siamoquasi ai piedi della parete.

“E dopo un’ora di cammino sotto laneve arriviamo a Na Logu completa-mente bagnati e mezzi congelati dalfreddo.

“Probabilmente siamo stati i primi asalire lungo il versante occidentale delTricorno durante la stagione invernale: 14ore complessive di scalata per risolverequesto piccolo problema attraverso i2000 metri verticali che dal fondo dellaVal Zadnizza si spingono fino ai quasi3000 metri della vetta”.

Una bella gita, ma...

venta talmente forte da obbligarci a ta-gliare gradini nel ghiaccio per le mani eper i piedi. Le scaglie di neve tagliatedalla piccozza spariscono in un attimo fi-schiando sotto di noi. Dopo quasi un’oradi duro lavoro usciamo alla forcellettadopo aver aggirato un grosso cornicionedi neve.

“Attacchiamo la parete soprastanteche si innalza per altri duecento metrifino alla linea di cresta sommitale, tro-viamo non poche difficoltà nella pro-gressione a causa del vetrato che coprequasi totalmente la roccia. Bisogna la-vorare molto con la piccozza per trovaregli appigli.

“Finalmente arriviamo sul filo della

con la speranza che i vapori si alzino maquesti al contrario si infittiscono semprepiù fino a ridurre la visibilità di soli pochimetri. È inutile fermarsi ora perché la si-tuazione potrebbe peggiorare ancora ediventare critica. Quindi iniziamo subito ascendere di nuovo seguendo puramentele tracce di salita immersi in un biancoreirritante che ci preoccupa.

“Ma ad un certo punto le tracce spa-riscono e la sensazione è quella di esseresperduti in un mondo latteo, senza un mi-nimo punto di riferimento e per giuntasenza bussola. Proseguiamo senza dire-zione attraversando tutto l’altipiano delTricorno fino a quando la nebbia si diradaleggermente e una grande ombra filtra

6 Alpinismo goriziano - 4/2012

G iudicata come l'incipit del finisvitae, la vecchiaia è stata dasempre temuta dall'uomo, ilquale ha cercato vari modi per

esorcizzarla, dal patto faustiano al Ge-rovital della rumena Aslan. Al momentoc'è solo una scappatoia per evitarla, matutti ne fanno volentieri a meno.

In epoca romana la durata mediadella vita non superava i quarant'anni,per cui i rari anziani erano oggetto di par-ticolare curiosità ed attenzione. Il lorodeclinare era attribuito ad una specificamalattia ed infatti nel mondo latino era invoga il detto senectus ipsa morbus. Ci-cerone dice che la vecchiezza è, assiemealla povertà, il peggiore dei mali, forseperché allora i deboli e gli inutili veni-vano emarginati da una società impie-tosa e dedita in permanenza alla guerra.Ai vecchi era comunque riconosciuta lacapacità di progredire sul piano intellet-tuale (Etiam seni esse discendum), unaconvinzione che anticipava di due mil-lenni l'attuale invito a mantenere in eser-cizio la mente per migliorare il fisico.

Nello status di vecchio non c'è moltaallegrezza, tra i rimpianti del tempo chefu e le scarse prospettive per l'avvenire.Tuttavia chi è stato per tutta la vita unuomo di montagna ha una risorsa in piùper estraniarsi dalla realtà della vec-chiaia, riandando col pensiero ai giornilieti trascorsi lassù.

Vogliamo cogliere qui i due estremidella spirale involutiva cui va incontrol'organismo dell'alpinista di medio livello,il quale - al contrario dello scalatore -continua a frequentare i monti finché leforze glielo consentono.

In un radioso mattino ci apprestiamoad affrontare una delle più erte e lungheascese delle nostre montagne: nientepaura, la macchina è nuova e perfetta-mente a punto. Si parte, i pistoni stan-tuffano frenetici ed in breve abbiamoraggiunto tutti quelli partiti prima. Sequalcuno cerca di accodarsi, una bruscaaccelerata lo fa subito desistere. Eccocial culmine in un tempo da record, il mo-tore che gira al minimo non ha risentitominimamente dello sforzo: esaltazione esenso d'onnipotenza. Ci attende ora unadiscesa ripida e pietrosa che superiamoa gran balzi, incuranti delle forti solleci-tazioni impresse alle sospensioni, di uncomportamento scriteriato potremmo ungiorno pentirci.

Sono passati cinquant'anni, durantei quali abbiamo compiuto migliaia diescursioni di ogni difficoltà e, a costo disputare l'anima, nessuno ci è mai pas-sato avanti. La macchina purtroppo èsempre la stessa, né è stato possibilesostituire certi pezzi logorati, mentre an-che la carrozzeria è piuttosto malconcia.Il rapporto di compressione del propul-sore si è alquanto ridotto ed ogni tantobisogna fermarsi per farlo rifiatare, la-sciando il passo a famigliole con il caneal seguito; inoltre le tabelle del CAI indi-cano tempi di percorrenza inferiori di al-meno il 40% rispetto ai nostri. Cosa maici è successo?

Nulla di allarmante, il fatto è che,quasi senza avvedercene, abbiamo var-cato la soglia dei settant'anni, usual-

mente indicata come l'inizio della vec-chiaia, vale a dire la fase finale della vita,nel corso della quale si manifesta il pro-gressivo decadimento delle funzioni or-ganiche dei tessuti. Ognuno vi arriva incondizioni diverse a seconda del patri-monio cromosomico ereditato dagli an-tenati e dell'efficienza del sistema en-docrino. Si tratta di un processo affattonaturale nel quale intervengono fattoribiologici, psicologici ed anche sociali,in relazione al contesto ambientale edumano in cui si è vissuti. Il costante au-mento della speranza di vita ha fatto na-scere in tempi recenti una nuova brancadella medicina, la gerontologia, la qualeha indicato nell'alimentazione e nell'atti-vità fisica i presupposti per una senilitàritardata e valetudinaria.

Nel soffermarci a delineare la figuradell'alpinista invecchiato "normalmente"non terremo conto degli sfortunati messianzi tempo fuori gioco da patologie e

traumatismi invalidanti, né dei pochis-simi soggetti (Cassin, Linussio, Carlesso)in grado di compiere da ottuagenari im-prese stupefacenti. Anche noi, malgradol'età avanzata e qualche acciacco, si vaancora in montagna sulla spinta dell'i-nesausta passione, ma è il caso di fareda soli un check-in virtuale per renderciconto delle modifiche funzionali interve-nute in un organismo sottoposto ad ognisorta di strapazzi e per vedere quali pos-sano essere gli accorgimenti per farlo fa-ticare un po’ meno.

Il cuore - che è sempre un muscolo- probabilmente è diventato ipertrofico(cuore d'atleta), una dilatazione che tut-tavia non ne pregiudica l'efficienza o lasalute.

Esaminando i nostri mezzi di loco-mozione notiamo un'evidente riduzionevolumetrica del vasto mediale, il fortemuscolo posto all'interno della coscia,che, quando si era al top delle forze,

aveva assunto l'aspetto di un secondoginocchio: era lui che ci permetteva disalire in linea diretta le massime pen-denze fuori sentiero.

Appaiono parimenti meno tonici epronunciati i vicini vasto laterale e rettofemorale, che fungono da freni nelle di-scese, la fase critica in cui avviene - acausa della stanchezza e del calo del-l'attenzione - la maggior parte degli in-cidenti alpinistici. A proposito del gi-nocchio, è questa una delle parti piùcomplesse e delicate ed anche il punc-tum dolens di molti camminatori inten-sivi. Avvolta dalla membrana sinoviale, èl'articolazione tra la testa del femore equella della tibia sulla quale grava tuttoil peso corporeo. A tenere unite le dueossa sono gli incroci di quattro robustefasce - i legamenti - e ad evitare il con-tatto tra le estremità distali ci sono duezeppe - i menischi - e soprattutto unacorona di formazioni fibroso-cartilagi-nee, che sono dei veri e propri ammor-tizzatori. Per via di uno scompenso me-tabolico d'origine ignota, può accadereche la sostanza di cui sono fatti questicuscinetti non si rigeneri più ed il con-seguente sfregamento tra le teste arti-colari genera un vivo dolore quando siprocede in discesa, al punto che lestesse scale di casa diventano un osta-colo insormontabile. Coloro che sonocolpiti da questa grave menomazionepossono trovare nella bici un modo permuoversi, beninteso con le limitazioniimposte dal mezzo. La condropenìaviene evidenziata dalla risonanza ma-gnetica e l'unico rimedio è dato dall'in-serimento di una protesi, la cui durata almomento non è certa.

L'alpinista di vecchia data può avereanche problemi di altro genere, come,ad esempio, un deficit nel senso dell'e-quilibrio, dovuto a volte all'assunzione dicerti farmaci salvavita; in tale evenienzaè il caso d'evitare tutti i percorsi contratti esposti o troppo accidentati. Untempo erano i piedi a "leggere" le aspe-rità del terreno, mentre ora bisogna ba-dare ad ogni passo; infine non si com-prende come mai l'altro giorno si è cam-minato con piacevole leggerezza, men-tre oggi lo stesso percorso ci trova pe-santi e svogliati.

Vediamo ora in qual modo è possi-bile ridurre sensibilmente l'affaticamento.I portatori delle spedizioni himalayaneusano fermarsi ogni quindici minuti perfare una ventina di profonde inspirazionie ogni ora depongono il carico per uncompleto rilassamento. È un metodo

In montagna da vecchi

Noterelle di fisiologia e disaggezza spiccioladi DARIO MARINI - GISM

Finalmente... in sella!

Disteis.

Alpinismo goriziano - 4/2012 7

Cima Ovest di Lavaredo (Nord).

Lavaredo, cima ovest-spigolonord-est, 1 settembre 1963di MARCELLO BULFONI

adottabile quando si va da soli, il cheperò è sempre sconsigliabile. Un rimediocontro il fiato corto è la respirazione dia-frammatica forzata che si pratica alle altequote, con la quale si ha a disposizioneuna maggior quantità d'ossigeno.

Sono essenzialmente due le manieredi vivere il crepuscolo della vita d'alpini-sta. C'è chi si cruccia in una tormentosanostalgia, cercando di cancellare i ri-cordi con lo stare lontano dai monti; il

tecipe del suo impegno a dover onorareun invito a cena a Lignano. L'ospite èuna facoltosa signora, contitolare di unabirreria altoatesina. Alla mia curiosità suimotivi di tale invito mi risponde che unadelle tre figlie della signora aveva messogli occhi su di lui. A Toni comunque noninteressava avere una relazione seriamen che meno l'eventualità di un matri-monio. Piuttosto era attirato da una si-stemazione nell'ambito dell'azienda, ma-gari nel ruolo di mastro birraio. Lo speckche avevamo gustato durante l'arrampi-cata era un omaggio della gentile si-gnora. Decido così, su due piedi, di ac-compagnare l'amico alla cena a Lignano.

Nonostante che fossimo in notevoleritardo, davanti al cancello della son-tuosa abitazione il maggiordomo ci at-tendeva paziente per farci strada fino alparcheggio interno. Il nostro abbiglia-mento, non avendo avuto modo per ra-gioni di tempo di farci una doccia e di si-stemarci un po’, non era certamente ilpiù adatto al tipo di ricevimento, ma que-sto non ci creava alcun problema o di-sagio, nemmeno quando ci accomo-dammo tutti a tavola.

Terminata la cena con i piacevoliconversari, in gran parte incentrati sumontagna e imprese alpinistiche, ci con-gediamo e prendiamo la via del ritorno acasa. Io con la forte convinzione cheToni mai avrebbe sposato nessuna delletre giovani da maritare. E così è stato.

Lima, Perù, 9 giugno 1976. Sono se-duto su una panchina in Piazza delleArmi, una delle maggiori della capitale.Ho appena terminato le operazioni disdoganamento del materiale alpinisticoche mi ero portato al seguito, ed ora os-servo con attenzione e curiosità la follache mi passa davanti, vestita con i colorisgargianti tipici di quei paesi del SudAmerica. Sebbene rapito da quella fre-netica e multicolore animazione, nototra la gente una persona che molto as-somiglia a Toni, il carissimo amico ecompagno di corda che non vedo daquasi due anni. I nostri sguardi si incro-ciano ma non c'è saluto, se non al terzopassaggio, quando l'ho chiamato pernome e finalmente mi è venuto incontro.

A lungo siamo rimasti seduti sullapanchina a parlare di quello che ave-vamo fatto durante tutto il tempo che cieravamo persi di vista. Poi, siccome iltempo non ci basta, Toni mi invita a pas-sare la serata da lui. Ho avvertito così ilcliente che accompagnavo, e assieme cisiamo incamminati all'alloggio di Toni, elì sono rimasto fino al mattino seguente.Anche perché, essendo in quel periodoin Perù in vigore il coprifuoco a causadelle quasi endemiche turbolenze politi-che e militari di quel paese, non si po-teva circolare dalle 21 alle 5 del mat-tino, né tanto meno formare gruppi dipersone maggiore di tre.

Chi mai avrebbe immaginato di in-contrare in quella terra lontana il mio ca-rissimo compagno di cordata.

Il mondo è veramente piccolo.

st'ultimo tratto del cammino terreno. Ma allora perché andar via se è

quassù che siamo stati veramente fe-lici? Invece dobbiamo tornare, una ne-cessità che alimenta l'ineffabile malin-conia che ci pervade.

Imbruna, ombre violacee s'insinuanonella valle. Investite dalla luce radente, lemontagne rivelano insospettate rugo-sità: consoliamoci, stanno invecchiandoanch'esse.

Saisera o sulla stradina delle malghe delMontasio, a bearci di queste sublimi vi-sioni. La montagna infatti non è sola-mente pareti e dirupi, ma anche ilprofondo respiro delle foreste, l'urgere avalle di acque risonanti e i caleidoscopicicromatismi della flora alpina, un prodigioche si rinnova ogni anno. Qui ritroviamogli spiriti amici con i quali un tempo cisiamo accompagnati, non possiamo ve-derli, ma essi ci sono accanto in que-

saggio invece accetta il distacco con fi-losofica rassegnazione, contentandosidi contemplare dal basso le vette ami-che, memore e grato delle gioie che glihanno dato. A ben vedere è questa lapaterna esortazione trasmessa dal buonOnkel Julius, al quale un malanno presoin guerra sulle Giulie precluse a ses-sant'anni la via dei monti.

Orsù, andiamo con il nostro fido ba-stone d'avellano ai Laghi di Fusine, in Val

D’accordo con Toni decido che lanostra prossima uscita avràcome meta il gruppo delle Cimedi Lavaredo. Così un sabato

pomeriggio, verso le 16, puntuale comesuo solito, Toni passa a prendermi acasa con la sua automobile e partiamocon destinazione rifugio "Lavaredo", cheraggiungiamo dopo tre ore.

Dal piazzale del rifugio lo spettacolodella natura ci offre immensi e suggestivipanorami che paiono quasi irreali, avvoltidai colori del tramonto di una giornatache volge al termine. Il mio sguardo peròè attratto dal gruppo della Cima Piccola,con il suo imponente e affilato spigologiallo che sale diritto verso il cielo. E poiscorre sui Cadini di Misurina e sullaCroda dei Toni.

La gentile signora Mazzetta, gestricedel rifugio, come sempre ci accoglie abraccia aperte e con un grande sorriso eci mette subito a disposizione due postiletto.

Dopo una sostanziosa cena in unasala da pranzo stracolma di avventori,alle 22, ora in cui inizia il sacro riposo, ciritiriamo nella nostra cameretta.

All'alba di una giornata splendida,fredda e pungente, dopo una spartanacolazione, ci incamminiamo verso lo Spi-golo Nord Est della Cima Ovest, meglioconosciuto come "spigolo Demuth",passando sotto la strapiombante pareteNord.

Raggiunto il canalone d'attacco esuperata una cengia ci troviamo allabase di una fessura. Da qui inizia la sa-lita vera e propria che intraprendiamosolamente dopo aver espletato il con-sueto rito della preparazione.

Con il primo tiro di corda supero unafessura e raggiungo un intaglio fra la pa-rete ed uno spuntone che mi permette difare sicura e recuperare Toni. Salgo an-cora una lunghezza di corda fino ad unacengia e faccio nuovamente sicura e re-cupero. Superata un'altra cengia per unadecina di metri, inizio a salire la pareteche mi sovrasta, caratterizzata da stra-piombi gialli. Il notevole impegno mi co-stringe a fare sosta e a riposare per al-cuni momenti, sospeso nel vuoto. Ri-prendo proseguendo verso la mia destradove noto una sottile cornice, e lì indivi-duo l'unico passaggio possibile, che ter-mina dopo pochi metri. Passatolo, lacornice termina e altro non mi rimaneche superare, per sfuggenti appigli, la di-stanza che mi separa dal chiodo cheuso per rinviare. La lunghezza dellacorda sta per terminare e dopo una de-cina di metri, su una comoda cengia,faccio nuovamente sosta e recupero.

Proseguo poi verso sinistra e at-tacco una fessura che mi porta sullo spi-

golo che inizio così a salire. Ancora unavolta però devo cercare una sosta per-ché Toni mi avverte da sotto che lacorda sta per finire.

Mi raggiunge entusiasta, così comelo sono anch'io, perché l'ascesa pro-cede senza problemi.

Ora devo spostarmi di qualche me-tro verso sinistra e superare una fessurache mi porta su uno spigolo che, nono-stante la forte esposizione, lascio allemie spalle senza problemi perché la roc-cia è buona.

Sopra la mia testa, dopo il supera-mento di una cengia, strapiomba un ri-salto di roccia di colore giallo, al di sopradel quale intravedo due chiodi. Sono alpassaggio chiave della via. Prima di af-frontarlo faccio sosta e recupero il miocompagno. Quindi studio con attenzionel'ostacolo che incombe sulle nostre te-ste. Riparto velocemente e dopo unbreve innalzamento trovo il primo chiodoal quale mi assicuro, non prima di averneverificata la tenuta. Proseguo, arrivo alsecondo chiodo e rinvio la corda, sem-pre dopo aver effettuato le verifiche di si-curezza.

Lo strapiombo termina su un'esilecengia che mi obbliga a spostarmi versodestra e muovermi su un tratto moltoesposto e con appigli molto instabili chepasso con la massimaattenzione.

Nel tratto succes-sivo la roccia è solida earrivo con facilità ad unacengia sulla quale fac-cio sosta ed effettuo ilrecupero.

Obbligato dalla lo-gica della via, mi muovoverso sinistra, e dopo ilsuperamento di una pa-rete mi trovo dinanzi aduna cengia che fa da ter-razza ad una specie dicaverna. Quando Tonimi raggiunge, si decidedi fare una sosta ristora-trice. Dallo zaino tiriamofuori pane e speck cheaccompagniamo conuna buona tazza di the.

La stanchezza accu-mulata durante la salita,accompagnata dalla le-vataccia mattutina, ciporta un sano torporecui segue un sonnoprofondo. Intensi brivididi freddo ci sveglianodopo circa un'ora, e cicostringono a muovercivelocemente e a prose-guire nell'ascesa. Salite

dapprima una rientranza gialla verso si-nistra e successivamente una parete gri-giastra sulla destra, dopo 40 metri arrivosu di un grande ballatoio che mi con-sente una sosta comoda e un facile re-cupero. Le difficoltà, a questo punto,sono terminate. Proseguiamo così inconserva lungo lo spigolo che di lì abreve ci conduce in vetta.

Una stretta di mano e uno sguardoallo spettacolare panorama che ci cir-conda e poi giù veloci per la via normaledi discesa, seguendo le evidenti e mar-cate tracce. In un'ora siamo alla base, edopo essere scesi per il canalone chesepara la Cima Ovest dalla Cima Granderiprendiamo il percorso di ritorno fino alrifugio.

La cordiale gestrice ci attendeva,ansiosa di conoscere com'era andata lasalita, che noi le raccontiamo fin nei par-ticolari davanti ad una tazza fumante dithe. Il tempo scorre velocemente e dopoi saluti saliamo in auto e veloci ci diri-giamo verso casa.

Dall'agitazione nella guida di Toni,cosa molto inusuale in lui, colgo un certonervosismo. Lui solitamente è personamolto calma e non riesco a comprenderela ragione di questo comportamento senon dopo l'arrivo nei pressi di casa mia.È solamente a quel punto che mi fa par-

8 Alpinismo goriziano - 4/2012

Spigolature alpine

Oltre confinedi BRUNO CONTIN - GISM

HHOOHHEERR TTRRIIEEBB -- CCUUEESSTTAALLTTAANon erano poi così complicate le

informazioni che volevo chiedere en-trando in rifugio ma, nonostante cheavessi perfezionato mentalmente le frasipiù adatte, la gestrice capì al volo chenon ero del posto.

Mi rispose naturalmente in tedescoma contemporaneamente anch'io rilevaiin lei un anomalo accento toscano e citrovammo a ridere l'uno dell'altra sco-prendoci connazionali.

L'amore l'aveva portata tra i monticarinziani, a tutto beneficio, tra l'altro,della varietà del menù che la cucina delrifugio poteva offrire.

La ferrata sulla cima prescelta sisvolse piacevolmente tra infiorescenzedai delicati profumi, tripudi di luce e plac-conate rugginose. Mentre la discesa -come raccomandatoci con intensità - ri-chiese tutta la nostra attenzione nel de-streggiarci tra ripide roccette e fangoseed infide erbe.

KKLLEEIINNEERR ZZUUNNIIGG Lo Zunig più alto costituiva la princi-

pale attrazione del luogo, ma il temporaleserale che si abbatté sul grazioso rifu-gietto ridimensionò le nostre trepidantiaspettative al limite dell'avvilimento.

Il mattino, tuttavia, infuse deciso ot-timismo ma la nostra meta, come il di-rimpettaio Grossvenediger, era forte-mente imbiancata.

Proposi la vetta minore solo lambitada pochi centimetri di soffice spolveratache il vento aveva modellato attorno adogni sporgenza. I fiori intirizziti ed i ciuffidi erba esibivano preziosi arabeschi iber-nati. Onde sinuose come piccole corniciabbracciavano i mirtilli ghiacciati mentreil sole, forando le brume che lentamentesvaporavano, inventava luci mai viste.

Non fu una rinuncia, anzi, forse con-trastati dal maggiore innevamento dellacima più alta, mai avremmo potuto go-dere di queste realtà incasellate tra lequote minori.

Al ritorno, intuimmo che i colori delpiccolo lago sottostante ci avrebbero ri-servato altre indimenticabili emozioni.

GGLLOORREERR HHÜÜTTTTEECapitammo in rifugio in dieci e, senza

prenotazione, ci aggrappammo allabuona stella per il pernottamento. Congrande disponibilità ci sistemarono piùche confortevolmente; solo uno si sa-rebbe dovuto adattare in una brandina.

La buona notte accompagnò il tor-pore che presto si tradusse per quasitutti in sonno rilassato. La temperatura, aquella quota, era naturalmente frizzantema le coperte non mancavano.

- Dormito bene? - La risposta posi-tiva fu più o meno unanime. Solamentequello della brandina che aveva conti-nuato a rigirarsi nervosamente protestòcon veemenza.

- Non so perché questi austriaciusino coperte così corte. Ho avutofreddo tutta la notte e pur rannicchian-domi non sono riuscito a ricoprirmi con-temporaneamente i piedi e le spalle! -Sibilò contrariato mentre gli scuri chequalcuno spalancò inondavano la came-rata di luce.

- Ma cosa pretendi, non vedi che tisei steso le coperte di traverso! -

AALLMMEERR HHOORRNNSfruttando le meno trafficate gior-

nate infrasettimanali, trovammo spessodelle cime nella totale solitudine. Se incerti casi l'attenzione a non incorrere incontrattempi o incidenti dovette acuirsi,la semplicità dell'itinerario, sorretta dallafavorevole situazione meteorologica, fa-vorì la più piacevole distensione.

Il resto, per me, furono struggenti ri-cordi delle ore passate tra quei siti. Nella

coerente certezza che, in futuro, la va-stità dell'offerta avrebbe dirottato altrovei miei stimoli e le mie fantasie.

RROOSSTTOOCCKKEERR EECCKKQuasi sempre, nell'appassionata ri-

cerca di una nuova montagna da salire inAustria, mi sono affidato alle cartine. Fis-sata la condizione di una quota remune-rativa e la presenza di un rifugio, un nomefascinoso ha dominato le mie scelte.

Quella volta, pur nella vicinanza diben altri colossi che formano il gruppodel Grossvenediger, la facile cimetta so-pra il rifugio, già nella sua identità mi erasembrata apportatrice di ampie soddi-sfazioni.

Che non vennero disattese, anchese, dal tempo inizialmente favorevole,

avremmo gradito una maggiore collabo-razione.

RRAADDLLEECCKKL'aver raggiunto comodamente i

2300 metri con un impianto di risalita,attenuò la motivazione per la cima nuova,che comunque distava ancora un paio diore di cammino.

E l'approccio, lungo sentieri che tra-sudavano omologazione ed intruppa-mento, si fece distratto e supponente.

Convinto che il prescelto Reisseck sistagliasse dinanzi a noi, non ritenni nem-meno di dover consultare la cartina econtinuai, catturato dagli scorci fotogra-fici messici a disposizione dai colori dellago che costeggiavamo.

Da una superficiale occhiata all'en-

Dal Kleiner Zunig: Matrei e le Granat Spitzen (foto: Bruno Contin).

panorama fu altrettanto coinvolgente.Peccato che, come impietosamente

testimoniato dal libro di vetta, esso ap-partenesse ad una cima diversa da quellaprogrammata!

Scendendo, a parziale giustificazionedell'errore, mi avvidi che la tabella sul bi-vio decisivo era stata ruotata in una dire-zione sbagliata. Ed un ritorno, dedicatoalla cima mancata, diventò un impegnoassolutamente da non disattendere.

Fatti, piccole avventure ed inscalfibiliemozioni hanno segnato quel tempo de-stinato alle nostre passioni. Un tempoprezioso e contemporaneamente per-duto. Irripetibile.

La vera ricchezza a nostra disposi-zione, nella inessenzialità di quantosiamo soliti circondarci.

nesima tabella, quale "ESPERTO DEITAURI", mi misi alla testa degli ignari e fi-duciosi compagni, grati della mia dispo-nibilità anche in questa nuova puntata trai monti dell'Austria.

Il percorso, ancorché vario ed inte-ressante, si concluse nella rituale strettadi mano, mentre la soddisfazione per il

Alpinismo goriziano - 4/2012 9

Speleologia in Slovenia

Record verso il futurodi EURO TEDESCO

Un pezzo di storiadi MARKO MOSETTI

Alle difficoltà all'interno vanno ag-giunte quelle esterne, logistiche. Letonnellate di materiale che servono agliesploratori per allestire i campi vengo-no portate in quota dapprima lungo larotabile, stretta, tortuosa e in alcunitratti pericolosa, che sale a TolminskeRavne. Da questo paesino il trasportoprosegue su sentiero per Planina Kal eda qui al campo base speleologicoposto in cima al Migovec.

Per l'approvvigionamento idrico glispeleologi confidano sulle precipitazio-ni atmosferiche e se, come nell'estatescorsa, queste mancano, allora è ne-cessario trovare la neve negli abissi vi-cini per estrarla e scioglierla.

Nonostante tutto, all'inizio dellaprossima stagione d'esplorazioni slo-veni e britannici saranno ancora tutti lì,scalpitanti e vogliosi di aggiungerenuovi tratti di gallerie, pozzi, antri, al giàvasto complesso.

Ci sono ipotesi esplorative in dire-zione nord, verso l'altipiano dellaKomna. -Lì- dicono gli speleologi slove-ni-si è in presenza di un autentico for-micaio, che potrebbe anche raddoppia-re lo sviluppo del sistema.-

Ci sarebbe così lavoro per moltianni a venire e per diverse generazionifuture di speleologi.

M età di agosto 2012, è l'ultimogiorno della annuale campa-gna d'esplorazione nei com-plessi ipogei che si sviluppano

sotto al monte Migovec, nei pressi diTolmin, nella vicina Slovenia. Due ven-tenni del gruppo speleologico di Tolmin,Œadrg Karin Rutar e Cergoly Ambrus,sono impegnati nell'ultima punta esplo-rativa quando, in un camino, rinvengonoun biglietto lasciato nel 1998 dallo spe-leologo inglese Jim Evans. Quel banalepezzo di carta è il suggello, la tesseramancante di un puzzle che gli speleologisloveni, prima da soli poi in collabora-zione con i colleghi britannici, hanno cer-cato per almeno un paio di decenni. Conquel ritrovamento il sistema del Migovecè diventato il più esteso della Sloveniaraggiungendo i 24.900 metri e supe-rando quello, ben più noto, delle grottedi Postumia.

La fondazione del gruppo speleolo-gico di Tolmin, nell'ambito del localePlaninsko Druøtvo, risale al 1971. Leprime ricerche ed esplorazioni di nuovecavità furono rivolte al Matajur, alRombon e al Krn. Solamente tre annidopo il Migovec viene messo nel miri-no. I risultati, nel nuovo sito, sono im-mediati e l'entusiasmo del giovanegruppo non ha modo di raffreddarsi.L'incontro con gli speleologi londinesidell’Imperial College Caving Club è ca-suale e risale al 1994. Questo avveni-mento segna un momento fondamenta-le per l'esplorazione delle grotte delMigovec. I britannici portano nuovetecniche, conoscenze, energie. Daquel momento l'esplorazione diviene si-stematica. Dal 1996 vengono organiz-zati i campi estivi d'esplorazione edogni campagna aggiunge una media didue kilometri di grotte al sistema.

Negli anni sono stati esplorati e rile-vati tre sistemi distinti di grotte:Migovec e Vrtnarija di 12 kilometri disviluppo ciascuno e Primadona di 5 ki-lometri. Fin dal 1998 si ipotizzava unpossibile collegamento tra Migovec eVrtnarija, che avrebbe messo in discus-sione il record di sviluppo di una grottain Slovenia, detenuto dalle grotte diPostumia con 20.570 metri. Tutte le ri-cerche, sviluppatesi anche sulla base diuna simulazione tridimensionale dellegrotte, non avevano avuto successo.Anche perché si erano indirizzate nelladirezione opposta al tratto in cui nelloscorso agosto i due speleologi diTolmin lo hanno finalmente trovato.

L'esplorazione speleologica delcomplesso del Migovec non si è certa-mente esaurita con il raggiungimento diquesto risultato. Il prossimo obiettivo èla scoperta del collegamento conPrimadona, il che porterebbe lo svilup-po complessivo a circa 30 kilometri.

Quanto alla massima profonditàraggiunta mancano solamente 30 metriper toccare il limite magico dei -1000.

Le condizioni ambientali nel com-plesso del Migovec sono piuttosto par-ticolari e difficili. Normalmente in grottasul terreno carsico di alta montagna letemperature variano fra i sei e i settegradi. In questo caso invece diminui-scono con la profondità, arrivando nelpunto più basso a due gradi che, som-mati all'acqua presente in grotta, diven-tano un notevole ostacolo per gli spe-leologi

Planina Kal (1490 m) negli ultimi anni del ‘900 in un disegno di Carlo Tavagnutti.

Non erano quattro gli amici ma sei,non si ritrovavano al bar ma in una trat-toria e tanto più non volevano cambia-re il mondo. Almeno non in quella occa-sione. Volevano solamente vederlo nelsuo aspetto più oscuro, quello sotterra-neo. Non è nemmeno una canzone mal'inizio di una storia che ha brillante-mente tagliato il prestigioso traguardodei 50 anni. È quella del Gruppo Speleo"Luigi Vittorio Bertarelli" della sezionedel CAI di Gorizia.

Per festeggiare adeguatamentel'anniversario gli speleologi hanno datoalle stampe il volume 50 anni 1961 -2011.

Frutto di un lavoro di ricerca e discavo, come per una nuova cavità, maquesta volta non tra pietre e terra manella memoria, tra ricordi, foto, docu-menti, e vecchi soci di anni da moltopassati. Il risultato è un pezzo di storiae di memoria, patrimonio non esclusivodel Gruppo o della sezione ma dellacittà intera. Storia e memoria preziose,che non vanno disperse. Il fatto chesiano stati fissati sulla carta è già unmerito oltre che una garanzia.

Sintetici, asciutti ma niente affattosuperficiali gli scritti, prima di racconta-re la storia e le vicende del Gruppo,presentano il personaggio, LuigiVittorio Bertarelli, al nome del quale èintitolato, figura fondamentale dellaspeleologia italiana.

Si passa poi alla cronaca della na-scita e dello sviluppo della speleologiacittadina grazie a quei pionieri che nel1961, in una trattoria, gettarono le basidel Gruppo Speleo. La storia, condita discoperte, esplorazioni, campi e spedi-zioni, incontri e corsi d'istruzione allenuove generazioni di grottisti, arrivafino ai giorni nostri. E così le foto a cor-redo dei testi che iniziano in bianco enero, le tute mimetiche militari, gli el-metti più improbabili e le discese inscaletta e con le corde di canapa, per

arrivare ai primi, oramai sbiaditi daltempo, colori, con i capelli che si allun-gano sotto i caschi. Per arrivare semprepiù in profondità, in cavità sempre piùimpegnative e spettacolari, con imma-gini sempre più raffinate.

Il terzo capitolo racconta e illustrale campagne d'esplorazione sull'alti-piano del Canin, che iniziate dai gorizia-ni alla fine degli anni '60, hanno fruttatobuoni successi e soddisfazioni. Anchein questo caso le foto partono da queilontani primi periodi per arrivare all'at-tualità di appena ieri. Ad arricchire iltutto i rilievi delle cavità più significativescoperte ed esplorate dal Gruppo.Documenti recuperati al CatastoRegionale delle grotte.

Un capitolo importante nella storiadel "Bertarelli" è quello relativo allaspeleologia urbana. Il progetto, partitonel 1993, ha permesso di percorrere,esplorare, rilevare, fotografare laGorizia ipogea, almeno quella fino adoggi conosciuta. Questa attività ha pro-dotto, nel 2001, un'altra importante

pubblicazione curata dal GruppoSpeleo, il volume Gorizia sotterranea.

Le ultime note e immagini sono de-dicate alla scuola di speleologia e allasua attività anche di affiancamento al-l'alpinismo giovanile sezionale.

Belle e interessanti le fotografie,molte e varie, a corredo dei testi e deidocumenti. Ad arricchire con volti, luo-ghi, situazioni la storia scritta. Si notaperò l'assenza delle didascalie. Volti,luoghi, situazioni, che sicuramentesono noti e significativi all'interno delGruppo, perdono molto del loro signifi-cato per chi ne è fuori. Se la mancanzadi indicazioni può favorire il divertentegioco a riconoscere e riconoscersi, pre-senta anche l'aspetto negativo dell'e-sclusione degli estranei all'ambiente.

Peccato veniale, si dirà. Diventaperò più grave quando il volume, dabello, simpatico e interessante album difamiglia può venir preso in mano da unpossibile, futuro, indagatore della storiasezionale. E, come recitavano i padri la-tini: Verba...

AAVV 5500 AANNNNII 11996611 -- 22001111ed. Gruppo Speleo"Luigi VittorioBertarelli", pag. 112,s.i.p.

10 Alpinismo goriziano - 4/2012

tario quale referente alpino, a promuo-vere i primi corsi d'istruzione alpinisti-ca-militare. L'apporto tecnico e di infor-mazioni che gli alpinisti poterono forni-re si rivelò utile non tanto dal punto divista tattico-militare quanto nell'evitareo quantomeno limitare le perdite di viteumane causate, soprattutto nei mesi in-vernali, dall'ambiente ostile nel quale letruppe dovevano necessariamente vi-vere e operare. Va notato come lecause di morte tra le truppe che com-battevano in montagna furono da adde-bitarsi più alle cause ambientali che allearmi e ai combattimenti.

Rimane il fatto che la solidarietà, ilrispetto, l'amicizia tra alpinisti pur seschierati su fronti contrapposti nonvennero mai meno e ci furono molti epi-sodi a testimoniarlo.

La guerra sul fronte montano delleAlpi Giulie lasciò oltre alle morti, i lutti,le distruzioni, i danni, anche qualcosadi positivo. Una fitta rete di nuovi sen-tieri che in moltissimi casi usiamo consoddisfazione ancora oggi. Ma anchemolte vie alpinistiche e strutture eopere alpine ancor oggi valide e in uso.Dallo stesso conto positivo non va sot-tratto l'apporto all'evoluzione dei mate-riali alpinistici che subì una brusca ac-celerazione proprio nel periodo bellico.

Piccole cose se rapportate alle sof-ferenze di chi fu costretto a vivere i lun-ghi anni della guerra ad una quota, inun ambiente e in condizioni non adattealla sopravvivenza umana.

Le immagini di Vie di pace sono unomaggio a tutti questi grandi, cono-sciuti e sconosciuti eroi ai quali forsetroppo poco pensiamo quando percor-riamo per il nostro divertimento i sen-tieri e le vie delle Giulie.

Agli autori va il merito di aver volu-to ricercare e conservare memoria diuomini ed episodi che è giusto non di-menticare perché i sentieri delle monta-gne, tutti, in ogni angolo del mondo, so-prattutto oggi, rimangano e diventinovie di pace.

È anche per questo che nel menùdel DVD sono disponibili le versioni,oltre che in lingua italiana anche in te-desco, sloveno e friulano. A rimarcare,laddove ve ne fosse la necessità, l'unitàe l'unicità delle nostre montagne e dellepopolazioni che le vivono.

Guidare, ma con prudenzadi MARKO MOSETTI

Prescindendo ovviamente dagli ap-passionati locali, le Alpi Giulie, fino a unadecina di anni fa, non erano consideratemontagne particolarmente attraenti daipraticanti lo scialpinismo. Questo per va-rie ragioni che andavano dall'isolamentoe dalla lontananza dai normali circuitidelle zone più rinomate e conosciute,dalla loro scarsa visibilità e conoscenzagià al di fuori dai confini regionali, dal-l'immagine dura, selvaggia, aspra. L'a-spetto orografico rappresentava certa-mente un ostacolo alla frequentazione;molte linee di discesa non venivano "vi-ste" dal comune scialpinista o venivanogiudicate, tecnicamente e psicologica-mente, al di fuori dalla propria portata. Lebarriere sono state man mano abbas-sate dapprima grazie alle prestazioni deipionieri dello sci estremo sulle nostremontagne (Mauro Rumez, Luciano DeCrignis, per citarne solamente due), poialla diffusione dello sci ripido, all'eleva-zione del livello tecnico degli scialpinisti,free rider. Un'altra robusta mano all'e-voluzione dello scialpinismo anche sumontagne così ostiche e difficili come lenostre Giulie l'ha data il rapido ed espo-nenziale miglioramento dei materiali. Sci,scarponi, attacchi sono stati profonda-mente modificati negli ultimi decenni equesto ha permesso un innalzamentodelle prestazioni degli scialpinisti e il loroavvicinamento a percorsi inimmaginabilisolamente pochi anni fa.

È una piacevole sorpresa quindi ve-dere nelle vetrine delle librerie un vo-lume dedicato allo scialpinismo sulle no-stre montagne pubblicato non da un edi-tore locale. Esce per i tipi di Versantesud questo Scialpinismo nelle Alpi Giu-lie. Gli autori sono tre appassionati ca-rinziani, Paul Ganitzer, Christian Wutte,Robert Zink, frequentatori e profondi co-noscitori di questa parte delle Alpi nonsolamente nella sua versione innevata.

La scelta, con la proposta di itinerari,è corposa: sono 100 divisi tra i gruppi delMontasio, Jôf Fuart, Canin e Mangart.

La visione è decisamente moderna.Gli autori dicono che vengono descritti"tutti i percorsi sciistici ragionevolmentefattibili", sollevando magari qualche per-plessità in quegli scialpinisti "vecchiascuola" nel vedersi proporre salite e di-scese che hanno fatto la storia dello sciripido (ma un tempo si diceva estremo)nelle Giulie, e che erano riservate ad unaristretta cerchia di fuoriclasse, come lavia Findenegg e il canalone sud al Mon-tasio, la forcella Berdo dal versante nord(sulla guida del Buscaini la salita estiva,aperta da Emilio Comici è valutata di V°),la gola N.E. dello Jôf Fuart.

L'orientamento della proposta è de-cisamente rivolto al ripido. D'altra parteè questo che il terreno offre in grandeabbondanza, esauriti gli itinerari clas-sici. Un vero paradiso per gli appassio-nati. E in questa direzione va l'evolu-zione dello scialpinismo. Con l’avver-tenza che rimangono comunque escur-sioni riservate a pochi e molto ben pre-parati alpinisti e sciatori.

L'impostazione grafica della guida èquella classica e collaudata della col-

lana, con tutte le indicazioni ed i para-metri tecnici utili per la salita e la di-scesa illustrati tramite una scala con-venzionale internazionale, i simboli di fa-cile interpretazione, le cartine schemati-che, le descrizioni degli itinerari, altrenoterelle d'utilità pratica.

Ricchissimo l'apparato fotografico.Per ogni gita in una foto sono tracciatele vie di salita e di discesa e le eventualivarianti proposte. A queste immagini divalenza pratica se ne aggiungono altre lacui funzione, grazie all'alta spettacola-rità, è di creare suggestione e invitarealla scoperta e frequentazione, a venirea vedere di persona.

L'aspetto negativo è il notevole ap-pesantimento del volume che ne scon-siglia l'uso sul campo.

Manca altresì, e spiace notarlo pro-prio in questo caso dove si parla di luo-ghi che conosciamo bene, una parte in-troduttiva con cenni e indicazioni utiliad illustrare il territorio, come è d’uso inaltri testi dello stesso editore.

Forse chi non conosce ancora la no-stra regione, le Alpi Giulie, le loro carat-teristiche anche storiche, sociali, am-bientali, ne avrebbe potuto trarre utilegiovamento e ulteriore incentivo a venirea scoprire e frequentare questo estremolembo dell'arco alpino. Un peccato ve-niale: in fondo, quel che conta è la validitàe appetibilità della proposta degli itinerari.

A questo punto non rimane che spe-rare ora in una stagione ricca di neve.

L’eccellenza della normalitàdi FLAVIO FAORO

Collana vienormali: si chiama cosìquesta serie di volumi edita da ideaMontagna- editoria e alpinismo, giovanee agguerrito editore di Padova. Tra que-sti bei libri merita una segnalazione 3000delle Dolomiti di Roberto Cini, AlbertoBernardi, Roby Magnaguagno, vera en-ciclopedia di queste montagne. Chedire? 465 pagine, centinaia di foto a co-lori con schizzi di salita, cartine generalie di dettaglio, disegni dei gruppi mon-tuosi, e questo solo per la parte icono-grafica! I testi sono davvero completi:dopo la bella prefazione di Franz Nicolini(che ha salito tutte le 86 vette di 3000delle Dolomiti più altre 27 anticime o

Ritornare sulla retta viadi MARKO MOSETTI

Nel corso del primo conflitto mon-diale alla guerra in montagna fu attri-buita un'importanza strategica che maiprima aveva avuto. Si combatté, per laprima volta nella storia, sulle cime esulle creste, in alta montagna, suighiacciai, attaccati ad un concetto stra-tegico che si rivelò errato e che non sa-rebbe più stato ripreso nei conflitti suc-cessivi. Quello della guerra in monta-gna fu un evento unico, che si svolsequasi esclusivamente sull'arco alpinoorientale, dal Tonale al Carso.

Le Alpi Giulie ne furono uno deiprincipali teatri. Gli attori, sull'uno e sul-l'altro fronte, oltre ovviamente alle trup-pe combattenti, furono gli alpinisti che,inquadrati in diversa maniera, fornironoconsigli, aiuti, supporti tecnici e praticialla macchina della guerra.

Da questo spunto trae origine Vie dipace - L'alpinismo e la Grande Guerra,un interessante DVD frutto di un'idea diDavide Tonazzi, sceneggiato da SergioBeltrame e Samantha Faccio e direttoda quest'ultima. In 38 minuti di intervi-ste a storici, giornalisti, alpinisti (tra glialtri Maurizio Bait, Roberto Todero, KarlPallasmann, la Guida Alpina EnnioRizzotti), ricostruzioni filmate, prezioseimmagini d'archivio della guerra 1915-18 sulle Alpi Giulie, vengono ripercorsele vicende dell'alpinismo e degli alpini-sti negli anni che precedettero e segui-rono il primo conflitto mondiale.

Il racconto inizia con il ritrarre l'alpi-nismo di fine '800 sulle nostre monta-gne, fatto di personaggi che vivevano eparlavano indifferentemente nelle trelingue della regione, italiano, tedesco,sloveno, ancora almeno sulle cimesenza l'ansia dei nazionalismi nascenti.Figura centrale di questo momento sto-rico dell'alpinismo e dell'indifferenza al-l'appartenenza nazionale è Kugy (chis-sà perché chiamato nel video Giulio enon con il più esatto e opportunoJulius). Viene altresì fatto notare comenei circoli irredentistici l'alpinismofosse considerato e usato come attivitàdi fondamentale importanza per la rac-colta di informazioni precise sul campodella battaglia che sicuramente a brevesarebbe stata combattuta.

Allo scoppio del conflitto entrambigli eserciti si avvalsero dei servigi edelle conoscenze dell'ambiente monta-no degli alpinisti, sebbene le gerarchiemilitari nutrissero perplessità e offrisse-ro resistenze.

Nell'esercito austro-ungarico fuproprio Julius Kugy, arruolatosi volon-

In libreria

Da leggere e da guardare

Alpinismo goriziano - 4/2012 11

VVIIEE DDII PPAACCEE -- LL''aallppiinniissmmoo ee llaa GGrraannddeeGGuueerrrraa - Regia di Samantha Faccio -Produzione Videomante - Officina immagi-ni - 2012 - DVD durata 38' s.i.p.

Paul Ganitzer, Christian Wutte, Robert Zink- SSCCIIAALLPPIINNIISSMMOO NNEELLLLEE AALLPPII GGIIUULLIIEE OOCC--CCIIDDEENNTTAALLII - 110000 iittiinneerraarrii.. MMoonnttaassiioo,, JJôôffFFuuaarrtt,, CCaanniinn,, MMaannggaarrtt - ed. Versante sud -pag. 415 - € 32,00

33000000 DDEELLLLEE DDOOLLOOMMIITTII,, di Roberto Cini,Alberto Bernardi, Roby Magnaguagno,Collana vie normali di Idea montagna edi-tore, 465 pagine, 26.50 €

Francesco Comba - IILL TTEEMMPPOO DDII MMAARRYY --LL''AALLPPIINNIISSTTAA DDAALL GGIIUUBBBBEETTTTOO RROOSSSSOO -ed Comune di Belluno - Biblioteca CivicaPag. 79 - s.i.p.

del Berti: onestamente quest’ultima hapiù fascino, ma prima di andare in mon-tagna, o semplicemente per sognare lenostre prossime imprese, sarà questobel librone che consulteremo, con il fieroAntelao che ci chiama dalla copertina.

Orgoglio rosadi MARKO MOSETTI

Il corposo archivio di Vittorio Varale,giornalista de La Stampa famoso per lecronache sportive, sopra tutte quelledelle epiche sfide sulle strade del Girod'Italia e del Tour de France tra Coppi eBartali, ma anche per i suoi articoli sul-l'alpinismo nel periodo tra le due guerremondiali e nel successivo, venne desti-nato alla sua morte alla sezione del CAIdi Belluno. Dal 1979 il fondo è passatoalla Biblioteca Civica della stessa città.Ma solamente alla fine del 1994 si iniziòil lavoro di controllo e riordino della granmole di materiali. Dalla metà del 1995, edoveva essere per soli sei mesi, il com-pito fu affidato a Francesco Comba, unpensionato con la passione per i libri, laricerca, la montagna e gli sport ad essalegati.

È grazie al lavoro di Comba che benpresto si fu in grado di iniziare a metterea disposizione di studenti e studiosi ilmateriale contenuto nel grande archi-vio. Fu così possibile approfondire gliarticoli e le opere dell'inviato così daaver materia di studio sulla storia del ci-clismo e dell'alpinismo italiani e francesidei primi 70 anni del 1900.

Da quelle carte e documenti èemersa ovviamente anche la vita privatadi Vittorio Varale e, con maggiore chia-rezza di particolari di quanto fino ad al-lora fosse possibile, la figura della mo-glie: Mary.

Mary Varale è personaggio assaiparticolare nel panorama dell'alpinismoitaliano degli anni '20 e '30.

Fu attiva per poco più di un decen-nio ma raggiunse in fretta risultati ecce-zionali, in un'epoca in cui il novero delledonne alpiniste era assai limitato e lestesse venivano viste come un'eccentri-cità in un mondo quasi totalmente ma-schile.

La tempra della signora era apparsaben chiara fin dalla sua prima ascesadolomitica, nel 1924, quando sorprese ilsuo accompagnatore Tita Piaz che di leiscrisse - "La signora Varale ha datoprova di un'abilità addirittura fenome-nale".

Ebbe modo poi di legarsi alla cordadei migliori alpinisti italiani di quegli anni:Dimai, Pederiva, Videsott, Rudatis, An-drich. Le ascensioni che portò a terminefurono in moltissimi casi delle prime sa-lite femminili.

Il culmine dell'attività della Varaleforse fu raggiunto nell'incontro con Emi-lio Comici. È legata alla sua cordaquando aprono, in prima ascensione, lafantastica via dello Spigolo Giallo sullaCima Piccola di Lavaredo.

Ebbe modo di arrampicare anche

spalle in cinquanta giorni di “vita di altamontagna”) e una breve introduzionedegli autori, il volume si apre con unapresentazione delle Dolomiti. Pensiamoche molti utilizzatori del volume la salte-ranno, convinti di saper già tutto di que-sto angolo delle Alpi, ma farebbero male:è una sintesi geografica, geologica estorica preziosa anche per chi frequentada tempo queste montagne. E, a propo-sito di storia, il capitolo dedicato ali pio-nieri delle Dolomiti, con la cronologiadelle prime salite a tutte le cime descrittenel volume è una miniera di date e nomiper tutti coloro che, salendo una monta-gna, trovano un piacere aggiuntivo nelconoscerne le vicende - curiose, tragi-che, avventurose – della sua conquista.Questa preziosa cronologia, pensate,parte dal 1851, con la salita dell’Antelaoattribuita a Matteo Ossi (e non dunque aPaul Grohmann) e con il 1855-60 conquella della Civetta (assegnata a SimoneDe Silvestro “Piovanel” e non a FrancisFox Tuckett, nel 1867, con le guide Mel-chior e Jacob Anderegg, per finire con il1952, quando S. Finzi e U. Vidali salironoi 3053 metri della Cima de Falkner, nelgruppo del Sorapis.

Ma torniamo alla descrizione di ognisingola salita alle 86 vette che superanola quota di 3000 metri, divise in 16 gruppimontuosi. Che dire? È davvero com-pleta, con una scheda iniziale (che oltreai dati ovvi contiene anche l’utilissimo in-dicatore della frequentazione – da moltorara a molto alta – e quello, inconsueto,della data della ricognizione) e testichiari sull’avvicinamento, sulla salita esulla discesa, nonché un commento in-troduttivo generale e – quando servono- note chiarificatrici. Si aggiunga che perogni gruppo montuoso c’è una carta to-pografica con posizione delle cime epercorsi, nonché una ricca scheda sui ri-fugi con foto (anche qui!), recapiti, ricet-tività, accessi, ascensioni classiche ecc.

Il testo si conclude con il gustosocapitolo “I grandi esclusi”, otto cime cheper l’inezia di un metro o due non rag-giungono i 3000, ma per bellezza, storiae grandiosità meritano senz’altro l’inclu-sione nel volume. Tipo la Cima Grande diLavaredo, o la Punta Cinque Dita, tantoper dare un’idea.

E non è finita. C’è ancora la tabellacon l’elenco delle vette in ordine diquota, il dislivello e i tempi di salita, non-ché un diario delle salite, con foto diogni vetta e spazio per data, compagnie tempo impiegato. Che dire? Mancasolo un video, o la colonna sonora delvento tra i pinnacoli… Ma va subito dettoche il volume è collegato al sitowww.3000dolomiti.it, dove registrarsiper ufficializzare la propria collezione,scambiare notizie, foto e video, averealtre informazioni sulle salite.

Davvero, un testo molto moderno,redatto con competenza e precisione,facendo tesoro delle tante guide succe-dutesi nei decenni (quasi secoli, ormai…)sulle Dolomiti. Questa idea di modernitàderiva anche dalla veste grafica partico-larmente curata, tipica, bisogna dire, diquesto editore, una società compostada Francesco Cappellari e Rossella Be-netollo. Cappellari, tra l’altro, scrive ecoordina i testi con cognizione di causa,visto che è Istruttore Nazionale di Alpi-nismo e di Scialpinismo, componentedella Scuola Centrale di Alpinismo e Ac-cademico del CAI. Per dire, consultate ilsito www.ideamontagna.it , e vedreteche catalogo questo editore ha messoinsieme in pochi anni.

Alla fine, il prezzo di 26,50 € del vo-lume è davvero corretto, anche grazie alsupporto di numerosi sponsor tecnici,che a dire il vero non appesantisconol’opera. Insomma, un bel libro, da af-fiancare sugli scaffali alla vecchia guida

con un giovane Riccardo Cassin e i suoicompagni di Lecco, tutti alle prime armicon la roccia. Fu anche grazie a MaryVarale che quel nucleo di entusiasti ecoraggiosi acquisì esperienza, cono-scenza e coscienza delle proprie capa-cità. Per affinarle fu attraverso di lei cheComici venne invitato nel 1933 a tenereun corso di lezioni in Grigna. La grandescuola alpinistica di Lecco inizia da lì, daquei giovani Cassin, Ratti, Vitali, Dal-l'Oro, dalle lezioni di Emilio Comici, dallapassione e dall’entusiasmo di Mary Va-rale.

Passione, entusiasmo, capacità chenon sono state probabilmente valutatecome meritavano. I risultati alpinisticiraggiunti da Mary Varale non sono stati,fino a poco tempo fa, collocati nella lorogiusta posizione nella storia dell'alpini-smo italiano, essendo attribuiti più allafelice penna del marito Vittorio, che se-guiva le sue evoluzioni dalla base dellepareti, che alla sua abilità arrampicato-ria.

La vita, la storia, l'attività alpinisticadi Mary Varale sono state fatte riemer-gere in nuova luce dai lunghi anni di la-voro d'archivista da Francesco Comba.Ne escono non solamente gli "annigrandi" dell'alpinismo ma pure gli aspettimeno noti della vita di Mary, dalle originimarsigliesi, in una famiglia d'emigrati,fino agli ultimi lunghi anni della malattiache la costrinse all'immobilità.

La Biblioteca Civica di Belluno hadato alle stampe una scelta di questomateriale, sufficiente a delineare un bel

Si sono ritrovati il 18 novembre scorso a Casa Cadorna gli amici di Carlo Gaspariniper ricordarlo ad un anno dalla scomparsa. Molte le persone che nel corso dellagiornata sono passate a testimoniare il vuoto che Carlo ha lasciato. Tra un tiro dicorda sulla falesia, una fetta di salame, un assaggio di dolci e un bicchiere di vinoc’è stato il tempo per il sorriso e la commozione ma anche per raccogliere spunti,idee, progetti per prossime attività. Un sentito grazie a tutti gli intervenuti ed a chiha portato le vivande. Una menzione particolare al signor Claudio Tomadin per averofferto gli ottimi vini.

GRUPPO SENIORES

Il programma del primo semestre16 gennaio Monte Brestovec - accompagnatori Ferracin e Caporal30 gennaio trekking Gorizia-Salcano - accompagnatori Candussi e Seculin13 febbraio sentiero forestale di Dutovlje - accompagnatori Caporal e Candussi 27 febbraio Monte Joanaz - accompagnatori Fuccaro e Antoniazzi13 marzo Monte Faeit, Artegna - accompagnatori Fuccaro e Nalgi27 marzo Ta Lipa Pot da Stolvizza - accompagnatori O. Franco e Crasselli10 aprile traversata Val Raccolana - Val Resia - accompagnatori Antoniazzi

e Lenhardt24 aprile Monte Poldanovec - accompagnatori Cervi e Lenhardt8 maggio Crete dal Cronz - accompagnatori O. Franco e Nalgi22 maggio Monte Vremøœica - accompagnatori Fuccaro e Seculin

ritratto di questa donna straordinaria,antesignana di molte alpiniste che, ma-gari inconsapevolmente, hanno in lei unmodello. Curato da Francesco Comba Iltempo di Mary - L'alpinista dal giubbettorosso, dopo un paio di agili note sullaprotagonista e sul suo tempo, raccoglieuna gran mole di documenti, ricordi, fo-tografie, articoli, lettere, libri di vetta,cartoline. Il quadro di un mondo pas-sato e forse troppo presto dimenticato,la figura di una donna, di un'alpinistache andrebbe studiata più a fondo, pro-babilmente ricollocata in una posizionenuova e migliore nella grande fotografiadell'alpinismo italiano.

Contando che questa meritevolepubblicazione sia solamente il primo,importante, passo.

12 Alpinismo goriziano - 4/2012

Lettera ai Soci

Christmas Wishesdi MAURIZIO QUAGLIA

In memoria di Licio Scarel

Ricordando un amicodi FLAVIO ZANETTI

Cari lettori e cari soci.

Siamo a Natale e in questo periodoi bambini hanno scritto la letterina ri-tuale, i grandi invece diventano piùbuoni, disponibili e sicuramente si pro-pongono di esserlo anche in futuro.

Quel futuro che ormai tutti sanno,non sarà cosi roseo, ma che sarà un pe-riodo più o meno lungo di sacrifici, eco-nomicamente parlando.

Approfitto di queste righe per diven-tare bambino e scrivere anch’io la listadei regali che spero di trovare sotto l’al-bero a Natale, promettendo di esserebuono, di non fare i capricci ecc.

Con questo tono tra il serio ed il fa-ceto vorrei comunque fare un bilancio diun anno che per la sezione risulta esserein chiaro scuro. Scuro o grigio sicura-mente lo stato d’animo di un Consigliodirettivo impegnato nel risolvere pro-blemi di gestione sia economica chepratica. Chiaro: fortunatamente c’è sem-pre qualcosa di positivo che dà la forzaper continuare a lavorare affinché la se-zione continui ad essere un punto di ri-ferimento per tutti gli appassionati dellamontagna e per la città; mi riferisco allaseconda edizione di Gomonti. Anche seè andata delusa l’aspettativa della par-tecipazione da parte della cittadinanza,il punto forte di questa manifestazione èsempre il fatto che tutte le attività sezio-nali si ritrovino tutte assieme. Da un latoAlpinismo Giovanile, Scuola Isontina diAlpinismo, Escursionismo, Escursioni-smo Seniores, dall’altro il Gruppo Spe-leologico Bertarelli, la Mountain-Bike, loScialpinismo, il Coro Monte Sabotino, IlFondo e le Opere Alpine.

Quindi tutti i nostri collaboratori, nonhanno pensato in maniera settoriale ma

hanno parlato, discusso e messo in attouna collaborazione con gli altri gruppiper il futuro.

Come lo scorso anno in questa oc-casione c’è stata la cerimonia di pre-miazione dei soci venticinquennali e cin-quantennali. Tutti si sono presentati e livorrei citare. A loro va un grazie di cuoreper la fedeltà ed il sostegno che in que-sti anni hanno dato e, spero che conti-nueranno a dare. Raffaele Blanch, Lo-renzo Ceriani, Alessandra Coceani, AnnaCoceani, Davide Collini, Gustavo Mai-nardi, Andrea Marchi, Maria Nardin,Ornella Nardin, Marko Jarc, Marina Pi-sani, Giovanna Portelli e Marina Visintinquesti i soci venticinquennali e questiinvece quelli cinquantennali: Comel Giu-seppe, Danelon Paolo, Pecile Antonio.

Come va un ringraziamento di cuorea tutti i soci che materialmente hanno“costruito” la giornata.

Venendo poi alla mia letterina di Na-tale posso solo chiedere serenità pertutti i soci ed i loro familiari. E poi, pen-sandoci bene, chiedo anche di donare lacapacità, a chi non crede più nei valoriquali il gruppo, il passare del tempo as-sieme, magari in gita sociale, di crederci.Insomma, di continuare a saper sognarecon gli occhi aperti, di essere curiosi,vedendo tutto ciò che è bello e impa-rando a chiudere un occhio (o forse due)sulle cose brutte che non ci piacciono,che ci sia un po’ di movimento in più, piùfrequentazione e più entusiasmo sulleiniziative della sezione.

Infine, concludendo l’ultima letteradell’anno, vorrei fare, a nome mio e ditutto il Consiglio direttivo, ai soci ed alleloro famiglie i più sinceri auguri di buonNatale e di felice anno nuovo.

AAllppiinniissmmoo ggoorriizziiaannooEEddiittoorree:: Club Alpino Italiano, Sezione diGorizia, Via Rossini 13, 34170 Gorizia.Fax: 0481.82505Cod. fisc.: 80000410318 - P. IVA 00339680316E-mail: [email protected]

DDiirreettttoorree RReessppoonnssaabbiillee:: Fulvio Mosetti.

SSeerrvviizzii ffoottooggrraaffiiccii:: Carlo Tavagnutti - GISM.

SSttaammppaa:: Grafica Goriziana - Gorizia 2012.

Autorizzazione del Tribunale di Gorizia n. 102 del 24-2-1975.

LLAA RRIIPPRROODDUUZZIIOONNEE DDII QQUUAALLSSIIAASSII AARRTTIICCOOLLOO ÈÈ CCOONN--SSEENNTTIITTAA,, SSEENNZZAA NNEECCEESSSSIITTÀÀ DDII AAUUTTOORRIIZZZZAAZZIIOONNEE,,CCIITTAANNDDOO LL’’AAUUTTOORREE EE LLAA RRIIVVIISSTTAA..

VVIIEETTAATTAA LLAA RRIIPPRROODDUUZZIIOONNEE DDEELLLLEE IIMMMMAAGGIINNII SSEENNZZAALL’’AAUUTTOORRIIZZZZAAZZIIOONNEE DDEELLLL’’AAUUTTOORREE..

E ra un lunedì pomeriggio di metàsettembre di tanti anni fa. Le previ-sioni non erano il massimo, ma legiornate disponibili erano poche e

bisognava approfittare. Tu avevi appenafinito il corso di roccia e non vedevi l’oradi portarmi in vetta alla Cima Alta di Rio-bianco, arrampicando sullo spigolo Nordovviamente, anche se la mia preparazioneera un po’ scarsa. Qualche sabato pome-riggio mi portavi alla palestra di roccia diDoberdò, dove ripetevi per me le lezioniche avevi seguito nei giorni precedenti.Purtroppo il calcio semiprofessionistico,come si diceva allora, non mi consentivamolti svaghi.

Però la passione per la montagna eraed è tutt’oggi infinita! Forse tutto è co-minciato da quando all’età di 6 mesi lamamma mi portava ogni estate ad ArtaTerme a respirare l’aria buona...

La sera, dopo essere arrivati al Bi-vacco Gorizia, si scatena l’inferno ed ilmattino dopo, pur con un sole stupendo,la neve ricopriva tutto quanto con un buonmezzo metro di coltre immacolata!

Che si fa? Si torna indietro? Ma dai,andiamo su lo stesso, però per la via nor-male. Un freddo boia, ma le sensazionisono positive, in fin dei conti per noi ècome fare una invernale!

Tornando indietro ci fermiamo davantiallo spigolo, per ammirarlo ancora unavolta… e per darci un arrivederci!

Infatti, passa quasi un mese e siamoad ottobre inoltrato. Devo trovare unascusa convincente per il mister, micaposso saltare tutti questi allenamenti. Oraperò studiamo per bene le previsioni deltempo e tutto sembra concordare per unserie di giorni di bel tempo.

Allora è deciso! Sempre la stessa stra-tegia: partenza al lunedì pomeriggio, dopoil lavoro, ed arrivo di sera al bivacco, contutta la giornata del martedì per la scalata!

Tutto come un mese fa, ma il bosco infiamme con i colori autunnali è uno spet-tacolo. Gli scatti della mia Olympus OM-10 sono frenetici (ma dove cavolo metteròle migliaia di diapo, fatte in tutti questianni!).

La notte al bivacco passa bene anchese usciamo fino alle due di notte per con-trollare. Il cielo stellato è una sicurezza equindi si va a dormire tranquilli, con lasensazione che il giorno dopo sarà me-morabile.

Alle 8 di mattina si parte!Per me la via è un po’ complicata al-

l’inizio, anche se sono l’eterno secondo:quel passaggio di IV+ è una rogna ancheper via delle mani che sono ghiacciate. Ilsole tarda ad arrivare e soffro il freddo!

Mica semplice fare il secondo di cordataa sbattere le punte degli scarponi sullaroccia per scaldarsi senza perdere la con-centrazione sulla corda mentre ti assi-curo.

Finalmente arriva il sole ed anche lavia si fa semplice, anche se l’esposizioneè notevole.

Riesco anche a farti un paio di foto,tanto per non smentirmi…

Manca ormai poco, saranno ancora 3-4 tiri. Arrivo alla sosta gasato al mas-simo! È proprio una salita stupenda.

All’improvviso, con una naturalezzadisarmante, mi dici ”Dai, vai avanti tu, cheora tocca a te!” Ma dico, sei impazzito, ioda primo e quando mai? “Su, coraggionon fare storie, che la via è facile! Ci sonoappigli grandi come case. E poi ti ho in-segnato per bene come fare i rinvii e le as-sicurazioni”

Sono un po’ sorpreso, ma mi fido delmio grande amico e, pur se con un certotimore, inizio la mia prima avventura daprimo di cordata!

Sono al settimo cielo e l’adrenalina èa mille! La salita è in effetti facile, ma es-sere lì in alto, con tutto quella esposizionee soprattutto con quel panorama stu-pendo da ammirare, è impagabile! Arri-viamo insieme in cima e ci abbracciamocome fratelli! È la nostra prima cima in-sieme e tante altre ne seguiranno.

Non potrò mai dimenticare lo splen-dido regalo che mi facesti quel giorno:quei 4 tiri da primo, sono un ricordo in-delebile!

È passato un mese da quando te nesei andato, e le lacrime scendono ancora.

Ciao Licio, non ti dimenticherò mai!

P.S. Ho trovato il mio vecchio proiet-tore di diapo…

BBuuoonn NNaattaallee ee ffeelliiccee AAnnnnoo NNuuoovvooVVeesseell BBoožžiicc iinn ssrreeccnnoo NNoovvoo lleettoo

BBoonn NNaaddââll ee BBoonn AAnn

FFrrööhhlliicchhee WWeeiihhnnaacchhtteennuunndd eeiinn GGllüücckklliicchheess nneeuueess JJaahhrr