Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione...

354
Un’Introduzione alla Teoria della Misura v1.2 - 20110914 Premessa Ho scritto queste note durante la preparazione delle lezioni aggiuntive di Teoria della Misura per gli studenti della Laurea Magistrale alla SISSA di Trieste, perch´ e mi sono accorto che a furia di raccogliere risultati da fonti diverse finivo spesso per non dimostrare qualche risultato intermedio necessario nel seguito. Alla fine, naturalmente, non c’` e stato tempo per affrontare tutti gli argomenti a lezione (pur rinunciando in partenza a ridimostrare in classe tutte le propriet` a di misure esterne e funzioni integrali che ripetono passo passo gli argomenti usati usualmente in Analisi 2 per la misura di Lebesgue), per` o ho trovato utile avere tutti i risultati che richiamavo raccolti in un’unico testo. E quindi ecco le note a disposizione per chiunque sia interessato. Purtroppo alcuni argomenti importanti non compaiono, nonostante la loro im- portanza, perch´ e non c’` e stato proprio tempo di affrontarli nel mio breve corso (ad esempio le misure prodotto ed il teorema di Fubini, o la teoria delle funzioni assolutamente continue). Spero di avere occasione di aggiungere almeno questi argomenti in futuro, in modo da coprire gli aspetti basilari della teoria. In ogni caso, anche con qualche aggiunta, queste note possono al massimo am- bire a mostrare la sommit`a di quell’iceberg che ` e la teoria della misura: non viene sviluppata la teoria degli spazi L p (perch´ e trattati in un altro corso); non vengono esposte le propriet` a aggiuntive delle misure di probabilit` a (soprattutto se definite su spazi polacchi); non vi trovano spazio n´ e le misure di Hausdorff n´ e la teoria geometrica della misura; c’` e solo un vago accenno alle misure a valori vettoriali (limitato al caso di misure a valori in R d e quindi senza definire l’in- tegrale di Bochner); non vengono approfonditi gli altri tipi di integrazione che si possono introdurre su R (come ad esempio l’integrale di Lebesgue–Stieltjes); non trovano spazio i teoremi di disintegrazione delle misure su classi di equiva- lenza; non viene neppure menzionata la teoria del trasporto ottimo (che pure si formula essenzialmente in termini di misure); ecc. Lo spazio per ulteriori approfondimenti da parte degli studenti interessati ` e dunque ampio, ma spero che qualcuno possa trovare in queste note un punto di partenza per future esplorazioni. Concludo questa breve introduzione ringraziando le innumerevoli fonti da cui ho tratto argomenti ed idee per queste note: innanzi tutto gli incredibilmente 1

Transcript of Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione...

Page 1: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Un’Introduzione alla Teoria

della Misura

v1.2 - 20110914

Premessa

Ho scritto queste note durante la preparazione delle lezioni aggiuntive di Teoriadella Misura per gli studenti della Laurea Magistrale alla SISSA di Trieste,perche mi sono accorto che a furia di raccogliere risultati da fonti diverse finivospesso per non dimostrare qualche risultato intermedio necessario nel seguito.Alla fine, naturalmente, non c’e stato tempo per affrontare tutti gli argomenti alezione (pur rinunciando in partenza a ridimostrare in classe tutte le proprieta dimisure esterne e funzioni integrali che ripetono passo passo gli argomenti usatiusualmente in Analisi 2 per la misura di Lebesgue), pero ho trovato utile averetutti i risultati che richiamavo raccolti in un’unico testo. E quindi ecco le notea disposizione per chiunque sia interessato.Purtroppo alcuni argomenti importanti non compaiono, nonostante la loro im-portanza, perche non c’e stato proprio tempo di affrontarli nel mio breve corso(ad esempio le misure prodotto ed il teorema di Fubini, o la teoria delle funzioniassolutamente continue). Spero di avere occasione di aggiungere almeno questiargomenti in futuro, in modo da coprire gli aspetti basilari della teoria.In ogni caso, anche con qualche aggiunta, queste note possono al massimo am-bire a mostrare la sommita di quell’iceberg che e la teoria della misura: nonviene sviluppata la teoria degli spazi Lp (perche trattati in un altro corso); nonvengono esposte le proprieta aggiuntive delle misure di probabilita (soprattuttose definite su spazi polacchi); non vi trovano spazio ne le misure di Hausdorff nela teoria geometrica della misura; c’e solo un vago accenno alle misure a valorivettoriali (limitato al caso di misure a valori in Rd e quindi senza definire l’in-tegrale di Bochner); non vengono approfonditi gli altri tipi di integrazione chesi possono introdurre su R (come ad esempio l’integrale di Lebesgue–Stieltjes);non trovano spazio i teoremi di disintegrazione delle misure su classi di equiva-lenza; non viene neppure menzionata la teoria del trasporto ottimo (che pure siformula essenzialmente in termini di misure); ecc.Lo spazio per ulteriori approfondimenti da parte degli studenti interessati edunque ampio, ma spero che qualcuno possa trovare in queste note un punto dipartenza per future esplorazioni.

Concludo questa breve introduzione ringraziando le innumerevoli fonti da cuiho tratto argomenti ed idee per queste note: innanzi tutto gli incredibilmente

1

Page 2: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

completi libri di Fremlin [5, 6], da cui ho “copiato” la struttura delle Sezionie buona parte dei risultati (anche se non sempre le dimostrazioni, visto chespesso il corso non necessitava la completa generalita con cui gli argomenti sonoivi trattati); poi gli ormai classici libri di Cohn [2], Rudin [8] e Folland [4] daciascuno dei quali ho tratto specifiche parti e risultati; e infine i libri di Ambrosio,Fusco e Pallara [1], Evans e Gariepy [3] e Stroock [10] da cui ho tratto alcuneidee e tecniche che mi hanno permesso di semplificare specifiche dimostrazioni.Inoltre, in tutte le Sezioni aleggiano le dimostrazioni che ho imparato durantei corsi tenuti all’Universita Cattolica di Brescia dal prof. Marco Degiovanni(alle cui dispense mi sono rifatto per alcuni argomenti qui presentati, come adesempio la dimostrazione del Teorema di Lusin nel caso reale) e la Sezione suiTeoremi di Rappresentazione di Riesz sarebbe stata decisamente meno comple-ta senza alcuni brillanti suggerimenti del prof. Gianni Dal Maso (tra cui, adesempio, l’argomento usato nella dimostrazione del Teorema 13.20).

Probabilmente ho anche aggiunto alcuni errori rispetto al materiale originale(spero pochi). In questo caso naturalmente la colpa e tutta mia, quindi vi pregodi segnalarmi qualunque omissione od errore possiate trovare.

Infine, vi prego di notare che questo materiale e coperto da licenza copyleft.Quindi potete usarne delle parti, se volete, ma dovete menzionarne l’origine eseguire le altre (poche) condizioni dettate dalla licenza (maggiori dettagli quisotto).

F. S. P.05/12/2010

Addenda, v1.1–1.2 L’attesa di aerei e treni in perenne ritardo nel Natale 2010e ulteriori viaggi verso convegni nel 2011, m’hanno fornito il tempo per aggiun-gere le Sezioni 14–25. Penso che ora la panoramica sui concetti fondamenta-li della teoria della misura sia completa. Sentiti ringraziamenti alle dispensedel Prof. Paolo Acquistapace, senza le quali forse avrei dovuto rinunciare alladimostrazione dei Teoremi 24.3–24.5.

F. S. P.25/12/2010–14/09/2011

c©2010–2011 Fabio Simone PriuliDistribuzione Creative Commons

Tu sei libero di riprodurre, stampare, inoltrare via mail, fotocopiare, distribuirequesta opera alle seguenti condizioni:

• Attribuzione: devi attribuire la paternita dell’opera nei modi indicatidall’autore o da chi ti ha dato l’opera in licenza,

• Non commerciale: non puoi usare quest’opera per fini commerciali,

• Condividi allo stesso modo: Se alteri o trasformi quest’opera, o se la usiper crearne un’altra, puoi distribuire l’opera risultante solo con una licenzaidentica o equivalente a questa.

(Licenza Creative Commons - Attribution Non-Commercial Share Alike 3.0Testo completo: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/)

2

Page 3: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Indice

Notazioni e preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 Algebre di insiemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 Misure e spazi di misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 Misure esterne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224 Misura di Lebesgue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 335 Insieme di Vitali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 476 Insieme di Cantor e funzione di Cantor–Vitali . . . . . . . . . . . 507 Funzioni misurabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 528 Integrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 629 Spazi Lp . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8710 Funzionali additivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9011 Teorema di Radon–Nikodym . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10012 Misure di Radon . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11413 Teoremi di rappresentazione di Riesz . . . . . . . . . . . . . . . . 11614 Convergenza in misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13515 Misure prodotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13816 Teorema di Fubini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14917 Punti di Lebesgue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16618 Misura di Hausdorff . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17919 Cambio di variabili in un integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . 19720 Funzioni a variazione limitata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22621 Teorema fondamentale del calcolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23722 Funzioni assolutamente continue . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24023 Funzioni a variazione limitata, II . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25424 Teoremi di rappresentazione di Riesz, II . . . . . . . . . . . . . . 27825 Integrale di Riemann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 287Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 305Soluzioni agli esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 306

3

Page 4: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

4

Page 5: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Notazioni e preliminari

Per cominciare, in questa sezione raccogliamo alcune nozioni di base e notazioniche verranno usate continuamente nel seguito.

Dato un insieme X , denotiamo con P(X) l’insieme costituito dai sottoinsiemidi X , i.e.

P(X) = 2X = Y ; Y ⊆ X .

Dati A,B ∈ P(X), definiamo unione, intersezione, differenza and differenzasimmetrica di A e B come segue

A ∪B = x ∈ X ; x ∈ A o x ∈ B ,

A ∩B = x ∈ X ; x ∈ A e x ∈ B ,A \B = x ∈ X ; x ∈ A e x /∈ B ,

AB = (A \B) ∪ (B \A) = (A ∪B) \ (A ∩B) .

Data un famiglia di insiemi in P(X)

Yα ; α ∈ A ,

per un qualche insieme di indici A 6= ∅, diremo che la famiglia e disgiunta seper ogni coppia di indici α, β in A si ha

α 6= β =⇒ Yα ∩ Yβ = ∅ .

Nel caso particolare di A = N, parleremo di successione disgiunta.

Data una successione di insiemi (Yn) in P(X), diremo che la successione ecrescente se per ogni n ∈ N si ha Yn ⊆ Yn+1, e che e decrescente se Yn+1 ⊆ Yn.

Dati uno spazio vettoriale X su F (F = R o F = C) e un insieme A ⊆ X ,definiamo

• per ogni x ∈ XA+ x

.= a+ x ; a ∈ A ⊆ X ;

• per ogni B ⊆ X

A+B.= a+ b ; a ∈ A, b ∈ B =

b∈B

A+ b ⊆ X ;

• per ogni λ ∈ FλA

.= λa ; a ∈ A ⊆ X ;

• per ogni funzione lineare R : X → X

RA.= Ra ; a ∈ A ⊆ X .

Quando parleremo di uno spazio topologico X intenderemo sempre un insiemeX su cui e assegnata una topologia τ che rende (X, τ)

5

Page 6: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

• Hausdorff (ossia per ogni x 6= y esistono U intorno di x e V intorno di ytali che U ∩ V = ∅;

• second countable (ossia τ ha una base numerabile);

• localmente compatto (ossia ogni x ∈ X ha un intorno compatto).

Ad esempio si puo pensare ad uno spazio metrico separabile e localmente com-patto.

Data una successione (xn) in uno spazio metrico o topologicoX , useremo spessola notazione

limnxn ,

per indicarelimn→∞

xn .

Si noti che non c’e davvero pericolo di confusione in questo caso, visto che +∞e l’unico punto di accumulazione di N e quindi il limite per n → ∞ e l’unicolimite interessante per una successione.

Dato uno spazio topologico X , indichiamo con:

(i) Supp(f) il supporto di una funzione f : X → Rd, ossia la chiusura in Xdell’insieme

x ∈ X ; f(x) 6= 0 ;

(ii) Co(X ;Rd) lo spazio di Banach delle funzioni continue che si annullano ainfinito, ossia tali che per ogni ε > 0 l’insieme

x ∈ X ; |f(x)| > ε ,

e compatto.

(iii) Cc(X ;Rd) lo spazio normato delle funzioni continue a supporto compattoin X ;

(iv) C∞c (X ;Rd) lo spazio normato delle funzioni di classe C∞ a supporto

compatto in X , nel caso in cui X sia uno spazio di Banach1.

La norma considerata sugli spazi appena introdotti e naturalmente la norma

||f ||∞ .= sup

x∈X|f(x)| .

Ricordiamo anche che Co(X ;Rd) e la chiusura di Cc(X ;Rd) rispetto alla norma|| · ||∞: infatti presa f ∈ Co(X ;Rd) e posto Kn = x ∈ X ; |f(x)| > n−1,esiste gn ∈ Cc(X ;R) tale che 0 ≤ gn ≤ 1 e gn ≡ 1 su Kn,

2 e quindi fn = gnf euna successione in Cc(X ;Rd) che converge uniformemente a f .

Infine, indicheremo con R l’insieme R ∪ +∞,−∞ e ogni volta che dovremoconsiderare operazioni su R, utilizzeremo le seguenti proprieta:

1L’ipotesi aggiuntiva su X serve naturalmente per definire il differenziale di f .2La funzione gn richiesta esiste per il Lemma di Urysohn (cfr. [2, 4, 8], ad esempio).

6

Page 7: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

• per ogni a ∈ R

a+∞ = +∞+ a = +∞ , a−∞ = −∞+ a = −∞ .

• per ogni a ∈ ]0,+∞]

a · (+∞) = (+∞) · a = +∞ , a · (−∞) = (−∞) · a = −∞ .

• per ogni a ∈ [−∞, 0[

a · (+∞) = (+∞) · a = −∞ , a · (−∞) = (−∞) · a = +∞ .

Assumiamo anche che0 · (±∞) = (±∞) · 0 = 0 . (1)

Si noti che l’unica novita rispetto alle usuali operazioni in R e data da (1).Restano non definite le operazioni

(+∞) + (−∞) , (−∞) + (+∞) .

7

Page 8: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

1 Algebre di insiemi

Definizione 1.1. Siano X insieme e F ⊆ P(X). Diciamo che F e un’algebrain P(X) (o un’algebra di sottoinsiemi di X) se valgono i seguenti fatti:

(a) ∅ ∈ F ;

(b) A ∈ F implica X \A ∈ F ;

(c) A,B ∈ F implica A ∪B ∈ F .

Se dal contesto e chiaro a quale insieme X ci si riferisce, diremo semplicementeche F e un’algebra.

Definizione 1.2. Siano X insieme e F ⊆ P(X). Diciamo che F e una σ–algebra in P(X) (o una σ–algebra di sottoinsiemi di X) se valgono i seguentifatti:

(a) ∅ ∈ F ;

(b) A ∈ F implica X \A ∈ F ;

(c) se (Ai)i∈N e una successione in F , allora si ha

i∈N

Ai ∈ F .

Se dal contesto e chiaro a quale insieme X ci si riferisce, diremo semplicementeche F e una σ–algebra.

Proposizione 1.3. Siano X insieme e F ⊆ P(X).

(i) se F e un’algebra, allora per ogni E,F ∈ F si ha

E ∩ F ∈ F , E \ F ∈ F ,

e per ogni N ∈ N e E1, . . . , EN ∈ F si ha

E1 ∪ . . . ∪ EN ∈ F , E1 ∩ . . . ∩ EN ∈ F .

(ii) se F e una σ–algebra, allora per ogni E,F ∈ F si ha

E ∪ F ∈ F .

In particolare, F e un’algebra e valgono le proprieta del punto (i). Inoltre,se (Ai)i∈N e una successione in F allora

i∈N

Ai ∈ F .

8

Page 9: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. (i) Le prime proprieta seguono immediatamente dalla defini-zione di algebra e da

E ∩ F = X \((X \ E) ∪ (X \ F )

), E \ F = E ∩ (X \ F ) .

Per induzione, poi, si provano anche le proprieta su unioni ed intersezioni finite.

(ii) La prima proprieta segue dalla definizione, scegliendo la successione Go = Ee Gi = F per i ≥ 1. Infine, da

i∈N

Ai = X \(⋃

i∈N

(X \Ai)

).

si conclude che F e chiusa anche per intersezioni numerabili. ⋄

Esempio 1.4. Sia X un insieme.

• ∅, X e sempre una σ–algebra di sottoinsiemi di X ;

• dato A ⊆ X , ∅, A,X \A,X e una σ–algebra di sottoinsiemi di X ;

• P(X) e una σ–algebra di sottoinsiemi di X .

Proposizione 1.5. Siano X un insieme e Fα ; α ∈ A una famiglia nonvuota di σ–algebre in P(X). Allora anche

α∈A

Fα = Y ∈ P(X) ; Y ∈ Fα ∀α ∈ A ,

e una σ–algebra in P(X).

Dimostrazione. Se prendiamo un insieme E o una successione (Eh) in⋂Fα,

allora E ed (Eh) appartengono ad Fα per ogni indice α ∈ A. Poiche ciascunFα e una σ–algebra, ne segue che anche X \E e

⋃h∈NEh appartengono ad Fα

per ogni indice α ∈ A, e questo permette di concludere. ⋄La Proposizione appena dimostrata ci offre uno strumento per ottenere una

σ–algebra a partire da una famiglia qualsiasi di sottoinsiemi.

Definizione 1.6. Siano X un insieme e G ⊆ P(X) una famiglia di sottoinsiemidi X. Detto

S = F ⊆ P(X) ; G ⊆ F ,F e una σ–algebra ,

chiamiamo σ–algebra generata da G la σ–algebra

ΣG.=⋂

Σ∈S

Σ

Osservazione 1.7. La σ–algebra ΣG e ben definita perche P(X) ∈ S e, quindi,S 6= ∅.

9

Page 10: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esempio 1.8. Siano X un insieme e A ⊆ X . Allora:

• la σ–algebra generata da X e quella generata da ∅ coincidono e sono∅, X;

• la σ–algebra generata da A e ∅, A,X \A,X;

• se G e una σ–algebra, allora ΣG = G.

Definizione 1.9. Sia X uno spazio topologico. Chiamiamo σ–algebra di Borella σ–algebra generata dagli aperti di X e la indichiamo con B(X).

Esercizio 1. Ricordando che l’intervallo ]a, b[ e aperto in R per ogni a, b ∈ R,mostrare che ogni intervallo di R (limitato o illimitato, aperto o chiuso o apertosolo da un lato) e un insieme boreliano di R, i.e. appartiene a B(R).

Esercizio 2. Siano X,Y insiemi e f : X → Y una funzione. Provare che

• se F ⊆ P(X) e una σ–algebra in P(X), allora

F ⊆ Y ; f−1(F ) ∈ F

,

e una σ–algebra in P(Y );

• se G ⊆ P(Y ) e una σ–algebra in P(Y ), allora

f−1(E) ; E ∈ G

,

e una σ–algebra in P(X).

Esercizio 3. Siano X insieme, F ⊆ P(X) una σ–algebra di sottoinsiemi di Xe A ⊆ X. Mostrare che

FA.=E ∩ A ; E ∈ F

,

e una σ–algebra in P(A), detta traccia di F su A.

Esercizio 4. Siano X insieme, F ⊆ P(X) una σ–algebra di sottoinsiemi di Xe A ⊆ X. Mostrare che

(E ∩ A) ∪ (F \A) ; E,F ∈ F

,

e una σ–algebra in P(X) e che coincide con la σ–algebra generata da F ∪ A.

10

Page 11: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

2 Misure e spazi di misura

Definizione 2.1. Siano X un insieme e Σ ⊆ P(X) una σ–algebra di sottoin-siemi di X. Chiamiamo misura (positiva) su X ogni funzione µ : Σ → [0,+∞]tale che

(a) µ(∅) = 0,

(b) se (Ai)i∈N e una successione disgiunta in Σ, allora

µ

(⋃

i∈N

Ai

)=

∞∑

i=0

µ(Ai) . (2)

Osservazione 2.2. Nel seguito ci riferiremo alla proprieta 2.1(b) come allaσ–additivita di µ.

Definizione 2.3. Chiamiamo spazio di misura ogni terna (X,Σ, µ) in cui X eun insieme, Σ e una σ–algebra in P(X) e µ e una misura su X. Gli elementidella σ–algebra Σ sono detti insiemi µ–misurabili.

Esempio 2.4. Sia X un insieme. Consideriamo µ : ∅, X → [0,+∞] definitada µ(∅) = 0 e µ(X) = +∞. Allora (X, ∅, X, µ) e uno spazio di misura.

Esempio 2.5. Siano X un insieme e sia h : X → [0,+∞] una qualunquefunzione. Per ogni insieme E ∈ P(X), definiamo

µh(E).=

0 se E = ∅∑

x∈E

h(x) se E e finito

sup

x∈I

h(x) ; I e finito, I ⊆ E

altrimenti

Allora (X,P(X), µh) e uno spazio di misura.

Esempio 2.6. Prendendo X insieme qualunque e h(x) ≡ 1 nell’Esempio 2.5,otteniamo come µh la counting measure su X , ossia la misura che conta i puntidei sottoinsiemi di X .

Esempio 2.7. Prendendo X insieme qualunque, fissando xo ∈ X e consideran-do

h(x).=

1 se x = xo0 altrimenti

nell’Esempio 2.5, otteniamo la delta di Dirac centrata in xo, ossia una misurasu X che indichiamo con δxo

e che soddisfa

δxo(E) =

1 se xo ∈ E0 altrimenti

11

Page 12: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esempio 2.8. Prendendo X = N e h(n) = 2−n−1 nell’Esempio 2.5 si ottieneuna misura µh su N tale che µh(N) = 1.

Esercizio 5. Mostrare che le funzioni introdotte negli Esempi 2.4, 2.5, 2.6, 2.7e 2.8 sono misure.

Proposizione 2.9. Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura. Allora valgono le se-guenti proprieta:

(i) se E,F ∈ Σ e E ∩ F = ∅, allora µ(E ∪ F ) = µ(E) + µ(F );

(ii) se E,F ∈ Σ e E ⊆ F , allora µ(E) ≤ µ(F );

(iii) se E,F ∈ Σ, allora µ(E ∪ F ) ≤ µ(E) + µ(F );

(iv) se (Ei)i∈N e una successione in Σ, allora

µ

(⋃

i∈N

Ei

)≤

∞∑

i=0

µ(Ei) ;

(v) se (Ei)i∈N e una successione crescente in Σ, allora

µ

(⋃

i∈N

Ei

)= lim

iµ(Ei) = sup

i∈N

µ(Ei) ;

(vi) se (Ei)i∈N e una successione decrescente in Σ ed esiste k ∈ N tale cheµ(Ek) < +∞, allora

µ

(⋂

i∈N

Ei

)= lim

iµ(Ei) = inf

i∈Nµ(Ei)

Dimostrazione. (i) Basta prendere la successione Go = E, G1 = F e Gi = ∅per i ≥ 2 e applicare la σ–additivita.(ii) Segue da

µ(F ) = µ(E) + µ(F \ E) ≥ µ(E) ,

per la positivita di µ.(iii) Segue applicando (ii) in

µ(E ∪ F ) = µ(E) + µ(F \E) ≤ µ(E) + µ(F ) .

(iv) Otteniamo da (Ei) un’altra successione (Fi) ponendo

Fo = Eo , Fi = Ei \⋃

j<i

Ej ∀i ≥ 1 .

Questa successione (Fi) e disgiunta e tale che⋃

i Fi =⋃

iEi e Ei ⊆ Fi per ognii ∈ N. Applicando la σ–additivita e (ii) ne segue

µ

(⋃

i

Ei

)= µ

(⋃

i

Fi

)=

∞∑

i=0

µ(Fi) ≤∞∑

i=0

µ(Ei) .

12

Page 13: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(v) Otteniamo da (Ei) un’altra successione (Fi) ponendo

Fo = Eo , Fi = Ei \ Ej−1 ∀i ≥ 1 .

Questa successione (Fi) e disgiunta e tale che⋃

i Fi =⋃

iEi e µ(Ei) =∑i

j=0 µ(Fj)per ogni i ∈ N. Applicando la σ–additivita ne segue

µ

(⋃

i

Ei

)= µ

(⋃

i

Fi

)=

∞∑

i=0

µ(Fi) = limi

i∑

j=0

µ(Fj) = limiµ(Ei) .

(vi) Osserviamo innanzi tutto che, essendo (Ei) decrescente, per (ii), si haµ(Ek+i) <∞ per ogni i ∈ N. Ora, otteniamo da (Ei) un’altra successione (Fi)ponendo

Fi = Ek \ Ek+i ∀i ∈ N .

Questa successione (Fi) e crescente e tale che, per ogni i ∈ N, si abbia Fi ⊆ Ek

eµ(Fi) + µ(Ek+i) = µ(Ek) .

InoltreEk \

i∈N

Fi =⋂

i∈N

Ei .

Quindi, applicando (v), si ha

µ

(⋃

i

Fi

)= lim

iµ(Fi) = µ(Ek)− lim

iµ(Ek+i) = µ(Ek)− lim

iµ(Ei) ,

e da questa segue

µ(Ek) = µ

(⋃

i

Fi

)+ µ

(Ek \

i

Fi

)

= µ

(⋃

i

Fi

)+ µ

(⋂

i

Ei

)= µ(Ek)− lim

iµ(Ei) + µ

(⋂

i

Ei

).

Cancellando infine la quantita finita µ(Ek), si ottiene l’uguaglianza richiesta. ⋄

Osservazione 2.10. Nella proprieta (vi) della Proposizione 2.9, l’ipotesi µ(Ek) <+∞ per qualche k ∈ N non puo essere rimossa. Infatti, si considerino X = N,Σ = P(N) e µ la counting measure su N. Allora la successione di insiemi

Ei = n ∈ N ; n ≥ i ,

e una successione crescente in Σ tale che

µ

(⋂

i∈N

Ei

)= µ(∅) = 0 6= +∞ = lim

iµ(Ei) ,

e questo perche µ(Ei) = +∞ per ogni i ∈ N.

13

Page 14: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Definizione 2.11. Sia X un insieme e Σ,Σ′ due σ–algebre in P(X) tali cheΣ′ ⊆ Σ.

(a) Sia µ : Σ → [0,+∞] una misura su X e sia µ′ = µ|Σ′ la restrizione di µ aΣ′. Allora µ′ e una misura su X che verra chiamata restrizione di µ allasottoalgebra Σ′ e (X,Σ′, µ′) e uno spazio di misura.

(b) Siano µ : Σ → [0,+∞] e ν : Σ′ → [0,+∞] due misure su X. Diremo che µe un’estensione di ν a Σ se µ(E) = ν(E) per ogni E ∈ Σ′.

Definizione 2.12. Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura. Diremo che

(a) µ e una misura di probabilita, se µ(X) = 1;

(b) µ e una misura totalmente finita, se µ(X) < +∞;

(c) µ e una misura σ–finita, se esiste una successione (Ei) in Σ tale cheµ(Ei) < +∞ per ogni i ∈ N e tale che X ⊆ ⋃i∈NEi .

Osservazione 2.13. Naturalmente, le nozioni introdotte nella Definizione 2.12sono legate come segue:

(a) =⇒ (b) =⇒ (c)

Osservazione 2.14. Si noti che la successione nella definizione di misura σ–finita, puo essere assunta anche crescente o disgiunta, visto che si puo semprerimpiazzare la successione data con

E′i =

j≤i

Ej , E′′i = Ei \

j<i

Ej

.

Esempio 2.15. La misura banale introdotta nell’Esempio 2.4 non e σ–finita.La counting measure introdotta nell’Esempio 2.6 e totalmente finita se X hacardinalita finita, e σ–finita se X e numerabile, non e σ–finita se X e piu chenumerabile. Infine, la delta di Dirac introdotta nell’Esempio 2.7 e la misuraintrodotta nell’Esempio 2.8 sono misure di probabilita.

Definizione 2.16. Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura con X spazio topologico.Diremo che µ e una misura boreliana se B(X) ⊆ Σ, ossia se ogni insiemeboreliano di X e µ–misurabile.

Definizione 2.17. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura e A ∈ Σ. Definiamouna nuova misura su X ponendo per ogni E ∈ Σ, (µ | A)(E)

.= µ(E ∩ A). Si

noti che il dominio di µ | A e lo stesso di µ.

14

Page 15: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 6. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, Y un insieme ed f : X → Yuna funzione. Mostrare che, indicando

F =F ⊆ Y ; f−1(F ) ∈ Σ

,

e con ν : F → [0,+∞] la funzione definita da ν(F ) = µ(f−1(F )

), (Y,F , ν) e

uno spazio di misura. In tal caso, ν e detta misura immagine e talvolta indicatacon µf−1.

Esercizio 7. Siano (Y,Σ, ν) uno spazio di misura, X un insieme ed f : X → Yuna funzione suriettiva. Mostrare che, indicando

F =f−1(E) ; E ∈ Σ

,

e con µ : F → [0, ν(Y )] la funzione definita da µ(f−1(E)) = ν(E), (X,F , µ) euno spazio di misura.

Esercizio 8. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura ed E,F ∈ Σ. Mostrare che

µ(E ∪ F ) + µ(E ∩ F ) = µ(E) + µ(F ) ,

µ(EF ) + µ(E) = µ(F ) + 2µ(E \ F ) .Dedurne che, se µ(E) < +∞, allora si ha anche

µ(E ∪ F ) = µ(E) + µ(F )− µ(E ∩ F ) ,µ(EF ) = µ(F ) + 2µ(E \ F )− µ(E) .

Esercizio 9. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura ed (Eh) successione in Σ.Mostrare che

µ

k∈N

h≥k

Eh

≤ lim inf

hµ(Eh) .

Teorema 2.18. Siano X un insieme, Σ una σ–algebra in P(X) e µ, ν duemisure su X definite su Σ. Consideriamo una famiglia G ⊆ Σ che sia chiusaper intersezioni finite e supponiamo che:

(a) µ(G) = ν(G) per ogni G ∈ G;(b) esiste una successione (Gi) in G tale che X =

⋃i∈NGi e µ(Gi) = ν(Gi) <

+∞ per ogni i ∈ N.

Allora µ = ν su tutta la σ–algebra generata da G.

Osservazione 2.19. La conclusione del Teorema 2.18 e falsa se non si richiedel’ipotesi (b). Si considerino, infatti, X = N, Σ = P(N), µ la counting measureintrodotta nell’Esempio 2.6 e ν : Σ → [0,+∞] definita da ν(∅) = 0 e ν(E) = ∞per ogni E ∈ P(N) \ ∅. La famiglia

G = Y ⊆ N ; N \ Y e finito ,e chiusa per intersezioni finite e per ogni G ∈ G si ha µ(G) = ν(G) = +∞, ma µnon coincide con ν sulla σ–algebra ΣG generata da G perche dato G ∈ G ancheN \G appartiene a ΣG ma ν(N \G) = +∞ > ♯(N \G) = µ(N \G).

15

Page 16: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. (a) Consideriamo dapprima il caso µ, ν misure totalmentefinite. Definiamo

F = E ∈ Σ ; µ(E) = ν(E) ,e M la piu piccola famiglia in P(X) tale che

1. G ⊆ M;

2. se (Eh) e una successione crescente in M, allora⋃

h∈NEh ∈ M;

3. se E,F,E ∪ F ∈ M, allora E ∩ F ∈ M;

4. se E ∈ M, allora X \ E ∈ M.

La strategia di dimostrazione procede ora in tre passi: prima mostriamo cheM ⊆ F , poi che M e una σ–algebra, ed infine che da questo segue la tesi.

Step 1. Mostriamo che M ⊆ F , ossia che F soddisfa le quattro proprieta elen-cate sopra. Sappiamo per ipotesi che G ⊆ F . Inoltre, se (Eh) e una successionecrescente in F , si ha che

µ

(⋃

h∈N

Eh

)= lim

hµ(Eh) = lim

hν(Eh) = ν

(⋃

h∈N

Eh

),

e quindi⋃

h∈NEh ∈ F . Assumendo ora E,F,E ∪ F ∈ F si ha

µ(E ∪ F ) + µ(E ∩ F ) = µ(E) + µ(F ) = ν(E) + ν(F ) = ν(E ∪ F ) + ν(E ∩ F ) ,

e, cancellando µ(E ∪ F ) = ν(E ∪ F ) < ∞, si ha µ(E ∩ F ) = ν(E ∩ F ), ossiaE ∩ F ∈ F . Infine, osserviamo che X =

⋃i∈NGi ∈ F , per le proprieta 1. e 2.,

e quindi µ(X) = ν(X). Dunque

µ(X \ E) + µ(E) = µ(X) = ν(X) = ν(X \ E) + ν(E) ,

da cui, cancellando µ(E) = ν(E) <∞, segue X \ E ∈ F .

Step 2. Mostriamo che M e una σ–algebra. Per mostrare questo, ci bastamostrare che M e chiuso rispetto alle unioni finite, in modo da poter trasfor-mare una successione qualunque in una successione crescente e poi applicare laproprieta 2. Tuttavia, poiche per ogni E,F

E ∪ F = X \((X \ E) ∩ (X \ F )

),

e anche sufficiente mostrare la chiusura di M rispetto all’intersezione per poiconcludere. Poniamo quindi, per ogni E ∈ M

ΞE = H ∈ M ; H ∩ E ∈ M ,

e mostriamo che vale M = ΞE per ogni E ∈ M.• Innanzi tutto, mostriamo che ΞE soddisfa le proprieta 2, 3 e 4. Data unasuccessione crescente (Hi) in ΞE , si ha Hi ∈ M e Hi ∩ E ∈ M, da cui segue

i∈N

Hi ∈ M ,

(⋃

i∈N

Hi

)∩E =

i∈N

(Hi ∩ E) ∈ M .

16

Page 17: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Siano ora H,H ′ ∈ ΞE (ossia H ∩ E,H ′ ∩ E ∈ M) e H ∪ H ′ ∈ ΞE (ossia(H ∪H ′) ∩ E = (H ∩ E) ∪ (H ′ ∩ E) ∈ M). Ma allora, poiche M soddisfa 3, siha (H ∩E)∩ (H ′ ∩E) = (H ∩H ′)∩E ∈ M, ossia anche ΞE soddisfa 3. Infine,dato H ∈ ΞE , si ha che H ∩E ∈ M e pure il suo complementare vi appartiene.Allora E,X \ (H ∩ E) e la loro unione che e tutto X appartengono a M. Nesegue, per 3, che anche l’intersezione appartiene a M, ossia

E ∩(X \ (H ∩ E)

)= (X \H) ∩ E ∈ M

ossia X \H ∈ ΞE .• Resta da vedere che G ⊆ ΞE per ogni E ∈ M. Mostriamolo dapprima perE ∈ G: fissato E ∈ G, dato che G e chiuso per intersezioni finite, G∩E ∈ G perogni G ∈ G, ossia G ⊆ ΞE per E ∈ G. A questo punto, fissato E ∈ G, ΞE ⊆ Msoddisfa tutte e quattro le proprieta di M e dunque, per minimalita, ΞE = M.• Potendo riscrivere questa uguaglianza come

∀G ∈ G ∀H ∈ M G ∩H ∈ M ,

ne segue che preso G ∈ G, G ∈ ΞH per ogni H ∈ M. Ossia G ⊆ ΞH perH ∈ M e dunque ΞH ⊆ M soddisfa tutte e quattro le proprieta di M. Perminimalita segue che ΞH = M per ogni H ∈ M, ossia che M e chiuso rispettoall’intersezione e quindi una σ–algebra.

Step 3. A questo punto la conclusione e immediata visto che, indicando con ΣG

la σ–algebra generata da G, la minimalita di ΣG implica che

G ⊆ ΣG ⊆ M ⊆ F .

(b) Consideriamo ora il caso generale in cui µ, ν possono essere infinite. Indi-cando con (Gi) la successione in G che rende le misure σ–finite (per l’ipotesi(b)), ricordiamo che possiamo scegliere (Gi) come successione crescente. Allo-ra, le misure µi = µ | Gi e νi = ν | Gi sono totalmente finite e coincidonosull’insieme Gi = H ∩Gi ; H ∈ G che e chiuso rispetto alle intersezioni finite.Osservando che, per ogni F nella σ–algebra generata da G, F ∩ Gi appartienealla σ–algebra generata da Gi, si ha

µ(F ) = µ

(⋃

i∈N

F ∩Gi

)= lim

iµ(F ∩Gi)

= limiν(F ∩Gi) = ν

(⋃

i∈N

F ∩Gi

)= ν(F ) ,

ossia la tesi. ⋄

Definizione 2.20. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura e A ⊆ X.

(a) A si dice µ–negligible se esiste E ∈ Σ tale che A ⊆ E e µ(E) = 0.

(b) A si dice µ–conegligible se X \A e µ–negligible, ossia se esiste E ∈ Σ taleche E ⊆ A e µ(X \ E) = 0.

17

Page 18: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Proposizione 2.21. Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura. Allora valgono leseguenti proprieta:

(i) ∅ e µ–negligible;

(ii) se A e µ–negligible e B ⊆ A, allora B e µ–negligible;

(iii) se (Ai)i∈N e una successione in P(X) di insiemi µ–negligible allora⋃

i∈NAi

e µ–negligible.

Dimostrazione. (i) e (ii) sono ovvie. Per provare (iii), osserviamo che perogni i ∈ N esiste Ei tale che Ai ⊆ Ei e µ(Ei) = 0. Allora

i∈N

Ai ⊆⋃

i∈N

Ei , µ

(⋃

i∈N

Ei

)≤

∞∑

i=0

µ(Ei) = 0 ,

e dunque anche⋃

i∈NAi e µ–negligible. ⋄

Definizione 2.22. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura e P (x) una proprietaapplicabile agli elementi x ∈ X. Diremo che P (x) e vera per µ–q.o. x ∈ X(“vera per µ–quasi ogni x ∈ X”) o P (x) e vera µ–q.o. (“vera µ–quasi ovunque”)se l’insieme

x ∈ X ; P (x) ,e µ–conegligible o, equivalentemente, se l’insieme

x ∈ X ; P (x) e falsa ,

e µ–negligible.

Esempio 2.23. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura e f : X → R una funzione.Dire che

f ≥ 0 µ–q.o.

significa che l’insiemex ∈ X ; f(x) < 0 ,

e µ–negligible

Osservazione 2.24. Nella Definizione 2.20, non si richiede che un insieme µ–negligible o µ–conegligible sia µ–misurabile (ossia che appartenga a Σ). Questopuo talvolta aiutare a verificare che una proprieta e µ–q.o. vera, visto chenon serve controllare se e misurabile l’insieme in cui e falsa. Tuttavia in altresituazioni e uno svantaggio, per cui e interessante sapere per quali misure gliinsiemi negligible sono misurabili.

Definizione 2.25. Uno spazio di misura (X,Σ, µ) si dice completo se ogniinsieme µ–negligible appartiene a Σ, i.e. se

A ⊆ E, E ∈ Σ, µ(E) = 0 =⇒ A ∈ Σ .

18

Page 19: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esempio 2.26. Le misure definite su tutto P(X) sono complete. In particolare,sono complete la counting measure (introdotta nell’Esempio 2.6), la delta diDirac (introdotta nell’Esempio 2.7) e la misura introdotta nell’Esempio 2.8.Anche la misura introdotta nell’Esempio 2.4 e completa, visto che il solo insiemenegligible e l’insieme vuoto. Per un esempio di misura non completa, si pensi adX = 1, 2, 3, Σ = ∅, 1, 2, 3, X e come misura µ la restrizione a Σ delladelta di Dirac centrata in 1, ossia

µ(E) =

1 se E = 1, X0 se E = ∅, 2, 3

Allora gli insiemi 2 e 3 sono µ–negligible ma non µ–misurabili. Vedremo inseguito qualche esempio piu interessante.

Teorema 2.27. Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura. Indicando

Σ.= E ⊆ X ; ∃E1, E2 ∈ Σ tali che E1 ⊆ E ⊆ E2 e µ(E2 \ E1) = 0 ,

e con µ : Σ → [0,+∞] la funzione definita da

µ(E) = inf µ(G) ; E ⊆ G, G ∈ Σ ,

si ha che (X, Σ, µ) e uno spazio di misura completo e che µ estende µ a Σ.Inoltre:

(i) (X,Σ, µ) = (X, Σ, µ) se e solo se (X,Σ, µ) e completo;

(ii) µ e l’unica misura definita su Σ che coincide con µ su Σ;

(iii) A ⊆ X appartiene a Σ se e solo se A = EN con E ∈ Σ e N µ–negligible.

Per una dimostrazione del Teorema 2.27, si veda l’Esercizio 10.

Definizione 2.28. Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura. Lo spazio di misura

(X, Σ, µ) costruito nel Teorema 2.27 viene chiamato completamento dello spaziooriginale.

Esercizio 10. Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura.

1. Mostrare che

Σ.= E ⊆ X ; ∃E1, E2 ∈ Σ tali che E1 ⊆ E ⊆ E2 e µ(E2 \ E1) = 0 ,

e una σ–algebra in P(X) e che Σ ⊆ Σ.

2. Definita la funzione µ : Σ → [0,+∞] come

µ(E) = inf µ(G) ; E ⊆ G, G ∈ Σ ,

mostrare che µ(E) = µ(E) se E ∈ Σ e che ∀E ∈ Σ se E1, E2 sono come

nella definizione di Σ allora µ(E1) = µ(E) = µ(E2).

19

Page 20: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

3. Mostare che (X, Σ, µ) e uno spazio di misura, che e completo e che µ

estende µ a Σ.

4. Mostrare che (X,Σ, µ) = (X, Σ, µ) se e solo se (X,Σ, µ) e completo.

5. Mostrare che se ν e un’altra misura definita su Σ che coincide con µ suΣ, allora ν = µ, ossia µ e l’unica estensione di µ a Σ.

6. Mostrare che A ⊆ X appartiene a Σ se e solo se A = EN con E ∈ Σ eN µ–negligible.

Esercizio 11. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura e f, g : X → R due funzioni.Mostrare che le relazioni

f ≤ g µ–q.o. , f ≥ g µ–q.o. ,

sono relazioni riflessive e transitive, che la relazione

f = g µ–q.o. ,

e una relazione di equivalenza e che f = g µ–q.o. se e solo se f ≥ g µ–q.o. ef ≤ g µ–q.o. ,.

Esercizio 12. Siano X un insieme, Σ1,Σ2 σ–algebre in P(X), µ1 : Σ1 →[0,+∞], µ2 : Σ2 → [0,+∞] misure su X e c ≥ 0. Mostrare che

(i) µ1 + µ2 : Σ1 ∩ Σ2 → [0,+∞] definita da (µ1 + µ2)(E) = µ1(E) + µ2(E) euna misura su X;

(ii) cµ1 : Σ1 → [0,+∞] definita da (cµ1)(E) = cµ1(E) e una misura su X.

Esercizio 13. Sia X un insieme. Mostrare che

(i) la famiglia di insiemi

Σ.= E ⊆ X ; E e numerabile o X \ E e numerabile ,

e una σ–algebra in P(X) (detta σ–algebra countable–cocountable);

(ii) la funzione µ : Σ → 0, 1 definita da

µ(E) =

0 se E e numerabile1 se X \ E e numerabile

e una misura su X che rende completo lo spazio (X,Σ, µ).

Esercizio 14. Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura. Per ogni E ∈ Σ poniamo

µ(E) = sup µ(F ) ; F ⊆ E, F ∈ Σ, µ(F ) < +∞ .

(i) Mostrare che µ e una misura su X e che µ ≥ µ.

(ii) Mostrare che se µ e σ–finita, allora µ = µ.

20

Page 21: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(iii) Trovare un esempio di misura µ non σ–finita, tale che µ 6= µ.

Esercizio 15. Siano X un insieme, Σ una σ–algebra in P(X) e (µn) unasuccessione di misure su X definite su Σ. Definiamo per ogni E ∈ Σ

µ(E) = supn∈N

µn(E) .

Mostrare che µ e una misura su X.

Esercizio 16. Siano X un insieme, Σ una σ–algebra in P(X) e (µn) unasuccessione di misure su X definite su Σ tale che per ogni n ∈ N si abbiaµn ≤ µn+1. Definiamo per ogni E ∈ Σ

µ(E) = limnµn(E) .

Mostrare che µ e una misura su X.

21

Page 22: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

3 Misure esterne

Definizione 3.1. Sia X un insieme. Chiamiamo misura esterna su X ognifunzione ϕ : P(X) → [0,+∞] tale che:

(a) ϕ(∅) = 0;

(b) se A ⊆ B ⊆ X, allora ϕ(A) ≤ ϕ(B);

(c) se (Ai) successione in P(X), allora

ϕ

(⋃

i∈N

Ai

)≤

∞∑

i=0

ϕ(Ai) . (3)

Osservazione 3.2. Nel seguito ci riferiremo alla proprieta 3.1(b) come allamonotonia di µ e alla proprieta 3.1(c) come alla σ–subadditivita di µ.

Osservazione 3.3. Combinando 3.1(a) e 3.1(c), si ha che per ogni famigliafinita Ai ⊆ X ; 0 ≤ i ≤ k, k ∈ N, si ha

ϕ

(k⋃

i=0

Ai

)≤

k∑

i=0

ϕ(Ai) ,

ossia µ e anche finitamente subadditiva.

Definizione 3.4. Sia X un insieme e ϕ : P(X) → [0,+∞] una misura esternasu X. Un insieme E ⊆ X si dice ϕ–misurabile se

∀A ⊆ X ϕ(A) = ϕ(A ∩ E) + ϕ(A \ E) . (4)

Osservazione 3.5. In realta, per provare che un insieme E ⊆ X e ϕ–misurabilebasta verificare che

∀A ⊆ X ϕ(A) ≥ ϕ(A ∩ E) + ϕ(A \ E) , (5)

visto che l’altra disuguaglianza segue da 3.1(c) e quindi e sempre verificata.Inoltre e sufficiente verificare (5) solo per gli insiemi A per i quali ϕ(A) < +∞,visto che la disuguaglianza e subito verificata per gli altri insiemi.

Osservazione 3.6. Dalla Definizione 3.4 segue subito che ogni insieme E ⊆ Xtale che ϕ(E) = 0 e ϕ–misurabile. Infatti, per monotonia, per ogni A ⊆ X siha 0 ≤ ϕ(A ∩ E) ≤ ϕ(E) = 0, e quindi

ϕ(A) ≥ ϕ(A \ E) = ϕ(A ∩ E) + ϕ(A \ E) .

Passiamo ad investigare il rapporto tra misure e misure esterne, mostrandodue Teoremi che mostrano come si possa ottenere una misura su X partendo dauna misura esterna (Teorema 3.7) e come si possa ottenere una misura esternasu X partendo da una misura (Teorema 3.9).

22

Page 23: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Teorema 3.7 (Metodo di Caratheodory). Siano X un insieme e ϕ unamisura esterna su X. Allora

Σϕ.= E ⊆ X ; E e ϕ–misurabile ,

e una σ–algebra in P(X) e(X,Σϕ, ϕ|Σϕ

)e uno spazio di misura completo. In

particolare, ϕ|Σϕe una misura su X.

Dimostrazione. (a) ∅ e ϕ-negligible e quindi ϕ–misurabile. Per ogni E ϕ–misurabile e per ogni A ⊆ X si ha

ϕ(A ∩ E) + ϕ(A \ E) = ϕ(A \ (X \ E)) + ϕ(A ∩ (X \ E)) ,

quindi anche X \ E e ϕ–misurabile. Sia ora (Ah) una successione di insiemiϕ–misurabili.

(b) Per concludere che Σϕ e una σ–algebra, resta da mostrare che e chiusarispetto ad unioni numerabili. Cominciamo dalla chiusura rispetto ad unionifinite. Se E,F sono ϕ–misurabili e A ⊆ X , si ha

ϕ(A) = ϕ(A ∩ E) + ϕ(A \ E)

= ϕ(A ∩ E) + ϕ((A \E) ∩ F ) + ϕ((A \ E) \ F ) .

Siccome(A ∩ E) ∪ ((A \ E) ∩ F ) = A ∩ (E ∪ F ) ,

e((A \ E) \ F ) = A \ (E ∪ F ) ,

si haϕ(A) = ϕ(A ∩ (E ∪ F )) + ϕ(A \ (E ∪ F )) ,

ossia E ∪ F e ϕ–misurabile e Σϕ e chiuso rispetto all’unione. Per induzione,segue che Σϕ e anche chiuso rispetto alle unioni finite.

(c) Sia ora (Ei) una successione disgiunta di insiemi ϕ–misurabili e poniamo

Ei =⋃i

j=0 Ej . Allora, per ogni A ⊆ X , si ha

ϕ(A ∩ Ei) = ϕ((A ∩ Ei) ∩ Ei) + ϕ((A ∩ Ei) \ Ei) = ϕ(A ∩Ei) + ϕ(A ∩ Ei−1)

Questo, ragionando per induzione su i ≥ 1, ci permette di provare che per ognii ≥ 1

ϕ(A ∩ Ei) =

i∑

j=0

ϕ(A ∩Ej) .

Essendo ciascun Ei ϕ–misurabile, per ogni i ≥ 1 ed ogni A ⊆ X si ha

ϕ(A) = ϕ(A ∩ Ei) + ϕ(A \ Ei) ≥i∑

j=0

ϕ(A ∩ Ej) + ϕ

A \

j∈N

Ej

23

Page 24: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Passando al limite per i→ +∞ e sfruttando la σ–subadditivita, si ottiene

ϕ(A) ≥∞∑

j=0

ϕ(A ∩ Ej) + ϕ

A \

j∈N

Ej

≥ ϕ

j∈N

(A ∩Ej)

+ ϕ

A \

j∈N

Ej

= ϕ

A ∩

j∈N

Ej

+ ϕ

A \

j∈N

Ej

ossia⋃

j∈N Ej e ϕ–misurabile, per successioni disgiunte.

(d) Infine, sia (Ei) una successione qualunque di insiemi ϕ–misurabili. Allorala successione (Fi) ottenuta ponendo

Fo = Eo , Fi = Ei \⋃

j<i

Ej ∀i ≥ 1 .

e disgiunta e tale che⋃

i Fi =⋃

i Ei. Allora⋃

iEi ∈ Σϕ, e Σϕ e una σ–algebra.

(e) Per mostrare che ϕ|Σϕe una misura, bisogna mostrare la σ–additivita. Sia

dunque (Ei) una successione disgiunta di insiemi ϕ–misurabili. Ragionandocome in (c), per ogni A ⊆ X si ha

ϕ(A) ≥∞∑

j=0

ϕ(A ∩ Ej) + ϕ

A \

j∈N

Ej

In particolare, scegliendo A =⋃

j∈N Ej , si ottiene

ϕ

j∈N

Ej

∞∑

j=0

ϕ

j∈N

Ej

∩ Ej

=

∞∑

j=0

ϕ(Ej) ≥ ϕ

j∈N

Ej

,

dove abbiamo usato la σ–subadditivita per la disuguaglianza finale.(f) Rimane da dimostrare che ϕ|Σϕ

rende lo spazio completo. Sia A ⊆ E con

E ∈ Σϕ e ϕ(E) = 0, allora per monotonia

0 ≤ ϕ(A) ≤ ϕ(E) = 0 .

Ma abbiamo gia visto che ϕ(A) = 0 implica A ∈ Σϕ, e dunque lo spazio di misurae completo. Osserviamo anche che A e ϕ|Σϕ

–negligible se e solo se ϕ(A) = 0. ⋄Dal Teorema 3.7 possiamo subito ottenere le seguenti proprieta degli insiemi

ϕ–misurabili.

Corollario 3.8. Siano X un insieme e ϕ una misura esterna su X. Allora

24

Page 25: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(i) ∅, X sono ϕ–misurabili;

(ii) se A ⊆ X e ϕ–misurabile, allora X \A e ϕ–misurabile;

(iii) se A1, A2 sono ϕ–misurabili, allora A2 \A1 e ϕ–misurabile;

(iv) data una successione (Ai) di insiemi ϕ–misurabili, sia⋃

i∈NAi che⋂

i∈NAi

sono ϕ–misurabili;

(v) data una successione disgiunta (Ai) di insiemi ϕ–misurabili, si ha

ϕ

(⋃

i∈N

Ai

)=

∞∑

i=0

ϕ(Ai) ;

(vi) data una successione crescente (Ai) di insiemi ϕ–misurabili, si ha

ϕ

(⋃

i∈N

Ai

)= lim

iϕ(Ai) = sup

i∈N

ϕ(Ai) ;

(vii) data una successione decrescente (Ai) di insiemi ϕ–misurabili tale cheesiste k ∈ N con ϕ(Ak) < +∞, si ha

ϕ

(⋂

i∈N

Ai

)= lim

iϕ(Ai) = inf

i∈Nϕ(Ai) .

Dimostrazione. (i), (ii) e la parte di (iv) relativa all’unione sono esattamentela dimostrazione che gli insiemi ϕ–misurabili formano una σ–algebra. (iii) ela restante parte di (iv), seguono dalle proprieta di σ–algebra (cfr. Proposi-zione 1.3). (v) e esattamente la σ–additivita di ϕ come misura definita sullaσ–algebra degli insiemi ϕ–misurabili. Infine, (vi) e (vii) seguono dalle proprietadi misura (cfr. Proposizione 2.9). ⋄

Teorema 3.9. Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura. Definiamo una funzioneµ∗ : P(X) → [0,+∞] ponendo per ogni A ⊆ X

µ∗(A).= inf µ(E) ; A ⊆ E, E ∈ Σ .

Allora µ∗ e una misura esterna su X e inoltre valgono le seguenti proprieta:

(i) per ogni A ⊆ X esiste E ∈ Σ tale che A ⊆ E e µ∗(A) = µ(E), ossia l’infnella definizione di µ∗ e un minimo;

(ii) se E ∈ Σ, allora µ∗(E) = µ(E) ossia µ∗|Σ

= µ;

(iii) per ogni A ⊆ X e E ∈ Σ si ha

µ∗(A) = µ∗(A ∩ E) + µ∗(A \ E)

ossia gli elementi di Σ sono tutti µ∗–misurabili;

(iv) A ⊆ X e µ–negligible se e solo se µ∗(A) = 0.

25

Page 26: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. (a) Mostriamo che µ∗ e una misura esterna. Ovviamenteµ∗(∅) = µ(∅) = 0. Se A ⊆ B ⊆ X , allora

E ∈ Σ ; B ⊆ E ⊆ E ∈ Σ ; A ⊆ E

e quindi µ∗(A) ≤ µ∗(B). Resta da mostrare la σ–subadditivita. Sia (Ah)una successione in P(X). La disuguaglianza cercata e ovviamente vera se∑∞

h=0 µ∗(Ah) = +∞. Supponiamo quindi

∑∞h=0 µ

∗(Ah) < +∞ e, per ogniε > 0 e h ∈ N, sia Eh ∈ Σ tale che Ah ⊆ Eh e

µ(Eh) < µ∗(Ah) +ε

2h+1.

Allora,⋃

h∈NAh ⊆ ⋃h∈NEh ∈ Σ e dunque

µ∗

(⋃

h∈N

Ah

)≤ µ

(⋃

h∈N

Eh

)≤

∞∑

h=0

µ(Eh)

<∞∑

h=0

(µ∗(Ah) +

ε

2h+1

)=

∞∑

h=0

µ∗(Ah) + ε .

Per l’arbitrarieta di ε > 0 ne segue

µ∗

(⋃

h∈N

Ah

)≤

∞∑

h=0

µ∗(Ah) ,

e dunque µ∗ e una misura esterna.

(b) Sia A ⊆ X . Per ogni N ∈ N e h ∈ N sia EN ∈ Σ, tale che A ⊆ EN e

µ(EN ) < µ∗(A) + 2−N .

Ponendo E =⋂

N∈NEN ∈ Σ, si ha che

A ⊆ E , µ(E) ≤ µ(EN ) , ∀N ∈ N .

Quindi

µ∗(A) ≤ µ(E) ≤ infN∈N

µ(EN ) < infN∈N

(µ∗(A) + 2−N

)= µ∗(A) ,

e questo prova (i).

(c) Fissato G ∈ Σ, per la subadditivita di µ∗, per ogni A ⊆ X si ha

µ∗(A) ≤ µ∗(A ∩G) + µ∗(A \G) .

Altrimenti sia E ∈ Σ tale che A ⊆ E e µ(E) = µ∗(A) (tale insieme esiste per(i)). Si ha A ∩G ⊆ E ∩G e A \G ⊆ E \G, e quindi

µ∗(A ∩G) + µ∗(A \G) ≤ µ(E ∩G) + µ(E \G) = µ(E) = µ∗(A) ,

ossia G e µ∗–misurabile e (iii) e provata.

(d) La proprieta (ii) segue immediatamente dalla definizione di µ∗. Resta damostrare la proprieta (iv). Sia dunque A un insieme µ–negligible e sia E ∈ Σtale che A ⊆ E e µ(E) = 0. Allora, si ha

0 ≤ µ∗(A) ≤ µ(E) = 0 ,

26

Page 27: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

ossia µ∗(A) = 0. Viceversa, se µ∗(A) = 0 basta applicare (i) per ottenere uninsieme E ∈ Σ tale che A ⊆ E e µ(E) = µ∗(A) = 0, e dunque A e µ–negligible. ⋄

Alla luce dei Teoremi 3.7 e 3.9, viene naturale chiedersi cosa succede se siapplicano a turno le due costruzioni partendo da una misura o da una misuraesterna: si ottengono sempre nuove misure o dopo un po’ si ritrovano le misuredi partenza?

Osservazione 3.10. Siano µ una misura suX , µ∗ la misura esterna ottenuta daµ con il Teorema 3.9 e ν la misura ottenuta da µ∗ con il metodo di Caratheodory.Qual e il legame tra µ e ν? Sappiamo che ν e una misura completa, quindi ingenerale non coincidera con µ se questa non e completa. Inoltre si puo provareche, detta µ la misura completamento di µ, ν e un’estensione di µ (ossia le duecoincidono sul dominio di µ, cfr. [6] 213Xa). In generale, pero, serve qualcheipotesi in piu sulla misura di partenza per assicurare che µ = ν: ad esempio sela misura µ e σ–finita, allora ν e esattamente il completamento di µ.3

Osservazione 3.11. Siano ϕ una misura esterna su X , µ la misura ottenutada ϕ con il metodo di Caratheodory e µ∗ la misura esterna ottenuta da µ con ilTeorema 3.9. Qual e il legame tra ϕ e µ∗? L’Esempio 3.12 mostra che in generalele due misure esterne saranno diverse, anche se in alcuni casi significativi essecoincidono (cfr. Proposizione 4.8). E tuttavia sempre possibile dire che gliinsiemi ϕ–misurabili e quelli µ∗–misurabili sono gli stessi: infatti applicando ilmetodo di Caratheodory a µ∗ si ottiene una misura µ′ che coincide con µ (cfr. [6]213Xa) e che, quindi, ha in particolare lo stesso dominio di µ.

Esempio 3.12. SianoX un insieme con almeno tre elementi e ϕ : P(X) → [0, 1]una misura esterna su X definita da

ϕ(A) =

0 se A = ∅1 se A = X1/2 altrimenti

Allora E ⊆ X e ϕ–misurabile se e solo se E ∈ ∅, X. 4 Applicando il metododi Caratheodory a ϕ si ottiene la misura µ : ∅, X → [0, 1] definita da

µ(E) =

0 se E = ∅1 se E = X

e questa si estende con il Teorema 3.9 alla misura esterna

µ∗(E) =

0 se E = ∅1 altrimenti

Introduciamo ora alcune ulteriori definizioni che ci torneranno utili nel se-guito.

3In realta basta qualcosa di meno, ossia che µ sia strettamente localizzabile (cfr. [6] 211Ee 213Xa).

4Se X avesse solo due elementi, che chiamiamo x1, x2, si avrebbero anche x1, x2 ϕ–misurabili, e quindi tutti gli elementi di P(X) sarebbero ϕ–misurabili.

27

Page 28: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Proposizione 3.13. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura e Y ⊆ X. Indi-chiamo con µ∗ la misura esterna che si ottiene applicando a µ il Teorema 3.9,con

ΣY = E ∩ Y ; E ∈ Σla traccia di Σ su Y (che risulta essere una σ–algebra in P(Y ), cfr. Esercizio 3)e µY = µ∗

|ΣY

. Allora (Y,ΣY , µY ) e uno spazio di misura e µY e detta subspace

measure su Y .

Dimostrazione. Sapendo gia che ΣY e una σ–algebra, dobbiamo solo mostrareche µY e una misura. Essendo µY (∅) = µ∗(∅) = 0, basta mostrare la σ–additivita. Sia dunque (Ei ∩ Y ) una successione disgiunta in ΣY , con (Ei)successione (non necessariamente disgiunta) in Σ.

Se fosse Y µ∗–misurabile, la tesi sarebbe immediata, perche (Ei ∩ Y ) sareb-be una successione disgiunta di insiemi µ∗–misurabili e potremmo applicare ilCorollario 3.8(v) per concludere.

Il caso generale non e altrettanto semplice e richiede di ripetere parte delladimostrazione del Teorema 3.7. Osserviamo innanzi tutto che per ogni A ⊆ Ye per ogni F ∈ Σ si ha

µ∗(A) = µ∗(A ∩ Y ) = µ∗((A ∩ Y ) ∩ F ) + µ∗((A ∩ Y ) \ F )= µ∗(A ∩ (F ∩ Y )) + µ∗(A \ (F ∩ Y )) . (6)

Notate che questa uguaglianza non ci dice nulla sulla reale µ∗–misurabilita degliinsiemi F ∩ Y , visto che vale solo per A ⊆ Y . Tuttavia, posto per ogni k ∈ N

Hk =

k⋃

j=0

(Ej ∩ Y ) =

k⋃

j=0

Ej

∩ Y ⊆ Y ,

applicando (6) con F = Ek, si deduce che per ogni A ⊆ Y

µ∗(A ∩Hk) = µ∗((A ∩Hk) ∩ (Ek ∩ Y )) + µ∗((A ∩Hk) \ (Ek ∩ Y ))

= µ∗(A ∩ (Ek ∩ Y )) + µ∗(A ∩Hk−1) .

Questo,5 ragionando per induzione su k ≥ 1, ci permette di provare che per ognik ≥ 1

µ∗(A ∩Hk) =

k∑

j=0

µ∗(A ∩ (Ej ∩ Y )) .

Essendo⋃k

j=0Ej ∈ Σ, possiamo applicare (6) usando F =⋃k

j=0 Ej per trovare

µ∗(A) = µ∗(A ∩Hk) + µ∗(A \Hk)

≥k∑

j=0

µ∗(A ∩ (Ej ∩ Y )) + µ∗

A \

j∈N

(Ej ∩ Y )

,

5Si noti che nell’ultimo passaggio e stato essenziale che la successione fosse disgiunta!

28

Page 29: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

per A ⊆ Y e quindi, passando al limite per k → ∞,

µ∗(A) ≥∞∑

j=0

µ∗(A ∩ (Ej ∩ Y )) + µ∗

A \

j∈N

(Ej ∩ Y )

.

Scegliendo ora A =⋃

j∈N(Ej ∩ Y ) e sfruttando la σ–subadditivita, si ottiene

µ∗

j∈N

(Ej ∩ Y )

∞∑

h=0

µ∗

j∈N

(Ej ∩ Y )

∩ (Eh ∩ Y )

=

∞∑

h=0

µ∗(Eh ∩ Y ) ≥ µ∗

j∈N

(Ej ∩ Y )

,

e quindi la σ–additivita richiesta. ⋄

Esercizio 17. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, Y ⊆ X e µY la subspacemeasure su Y . Mostrare che valgono i seguenti fatti:

(i) per ogni H ⊆ Y , H e µY –negligible se e solo se H e µ–negligible, e quindise µ e completa, anche µY lo e;

(ii) se indichiamo con µ∗ la misura esterna indotta da µ su P(X) e con µ∗Y la

misura esterna indotta da µY su P(Y ), si ha µ∗Y = µ∗

|P(Y );

(iii) per ogni Z ⊆ Y si ha (µY )Z = µZ , dove (µY )Z e la subspace measureindotta da µY su Z, visto come sottoinsieme di Z, mentre µZ e la subspacemeasure indotta da µ su Z, visto come sottoinsieme di X.

Osservazione 3.14. Facciamo un po’ d’ordine tra i tipi di restrizioni che abbia-mo introdotto in queste prime sezioni. Dato (X,Σ, µ) spazio di misura, abbiamointrodotto:

• la restrizione di µ ad una sottoalgebra Σ′ di Σ (Definizione 2.11), cheindichiamo con µ|Σ′ ;

• la restrizione di µ ad un insieme E ∈ Σ (Definizione 2.17), che indichiamocon µ | E;

• la subspace measure indotta da µ su un sottoinsieme Y ⊆ X (Proposizio-ne 3.13), che indichiamo con µY .

Tuttavia ciascuna di queste misure e ben diversa dalle altre, come si puo facil-mente notare guardando il loro dominio. La misura µ | E e definita sull’interaσ–algebra di partenza Σ; la restrizione alla sottoalgebra µ|Σ′ e definita su unaσ–algebra piu piccola che pero e ancora una σ–algebra in P(X); infine µY edefinita su ΣY che e una σ–algebra in P(Y ). Anche nel caso in cui Y ∈ Σ, lasubspace measure rimane qualcosa di diverso dalla restrizione ad una sottoal-gebra: infatti in questo caso ΣY ⊆ Σ, ma non si tratta di una sottoalgebravisto che ad esempio X /∈ ΣY . Osserviamo anche che, nel caso in cui Y ∈ Σ,ΣY = E ∈ Σ ; E ⊆ Y .

29

Page 30: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Definizione 3.15. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura e A ⊆ X. Diciamo cheA e µ–thick (o che µ e concentrata su A) se per ogni E ∈ Σ tale che E ⊆ X \Asi ha µ(E) = 0 o, equivalentemente, se per ogni E ∈ Σ si ha µ(E) = µ∗(E ∩A),dove µ∗ e la misura esterna che si ottiene applicando a µ il Teorema 3.9.

Osservazione 3.16. Nella Definizione 3.15 non si richiede che A sia un insiememisurabile (ossia che A ∈ Σ).

Esercizio 18. Mostrare che le due definizioni date di insieme µ–thick sonodavvero equivalenti.

Esercizio 19. Mostrare se µ e una misura totalmente finita e µ∗ e la misuraesterna che si ottiene applicando a µ il Teorema 3.9, allora A e µ–thick se esolo se µ∗(A) = µ(X).

Definizione 3.17. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, µ∗ la misura esternache si ottiene applicando a µ il Teorema 3.9 e A ⊆ X. Diciamo che E ∈ Σ eun inviluppo misurabile o ricoprimento misurabile di A se

A ⊆ E , µ(F ∩ E) = µ∗(F ∩A) per ogni F ∈ Σ .

Si noti che, per il Teorema 3.9(i), sappiamo che esiste sempre un insiememisurabile contenente A e tale che µ(E) = µ∗(A). Tuttavia la proprieta richie-sta nella Definizione 3.17 e ben piu restrittiva perche si richiede che l’insiemeE possa essere preso sufficientemente “vicino” ad A in modo da rendere “inin-fluente” per µ l’insieme E \A: solo in tal modo, infatti, si avra che ogni insiemeF ∈ Σ intersechi E \ A in un insieme µ–negligible e che quindi sia soddisfattal’ipotesi µ(F ∩ E) = µ∗(F ∩ A).E anche bene chiarire subito che non tutti gli spazi di misura ammettono in-viluppi misurabili di tutti i loro insiemi. Tuttavia i controesempi non sonosemplici da costruire (si veda [6](216Yc) per esempi di spazi in cui gli inviluppimisurabili non esistono) e non li incontreremo nel seguito di queste note. Citornera invece utile la prossima Proposizione che caratterizza gli inviluppi mi-surabili di un insieme e offre una condizione sufficiente affinche un insieme abbiaun inviluppo misurabile.

Proposizione 3.18. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, µ∗ la misura esternache si ottiene applicando a µ il Teorema 3.9 e A ⊆ X. Allora valgono i seguentifatti

(i) preso E ∈ Σ tale che A ⊆ E, E e un inviluppo misurabile di A se e solo seµ(F ) = 0 per ogni F ∈ Σ tale che F ⊆ E \A;

(ii) preso E ∈ Σ tale che A ⊆ E e µ(E) < +∞, E e un inviluppo misurabiledi A se e solo se µ(E) = µ∗(A);

(iii) se E e un inviluppo misurabile di A e H ∈ Σ, allora E ∩H e un inviluppomisurabile di A ∩H;

30

Page 31: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(iv) se (An) e una successione in X e En e un inviluppo misurabile di An perogni n ∈ N, allora

⋃n∈NEn e un inviluppo misurabile di

⋃n∈NAn;

(v) se A ⊆ X puo essere ricoperto da una successione di insiemi di misurafinita, allora A ha un inviluppo misurabile.

Dimostrazione. (i) Se E e un inviluppo misurabile di A, allora per ogni F ∈ Σcon F ⊆ E \A si ha

µ(F ) = µ(F ∩ E) = µ∗(F ∩ A) = 0 .

Viceversa, se E non e un inviluppo misurabile di A, allora esiste H ∈ Σ tale cheµ∗(A∩H) = µ(E ∩H). Sia poi G ∈ Σ tale che A∩H ⊆ G e µ(G) = µ∗(A∩H),e poniamo F = E ∩ (H \G) ∈ Σ.Allora F ⊆ E e F ∩ A ⊆ (H ∩ A) \ G = ∅, quindi F ⊆ E \ A. Tuttavia,µ(G) < µ(E ∩ H) implica µ(F ) > 0, e quindi abbiamo trovato un insiememisurabile di misura non nulla in E \A.(ii) Se E e un inviluppo misurabile di A, allora per ogni F ∈ Σ si ha µ(F ∩E) =µ∗(F ∩A). Scegliendo F = X , si ha µ(E) = µ∗(A). Viceversa, supponiamo cheµ(E) = µ∗(A) e prendiamo un qualunque insieme F ∈ Σ con F ⊆ E \A. AlloraA ⊆ E \ F e, per monotonia,

µ(E) = µ(F ) + µ(E \ F ) ≥ µ(F ) + µ∗(A) = µ(F ) + µ(E) .

Cancellando µ(E) < ∞, si ottiene µ(F ) ≤ 0 e quindi µ(F ) = 0. Ma allora,applicando (i), E e un inviluppo misurabile di A.

(iii) Sia F ∈ Σ tale che F ⊆ (E∩H)\ (A∩H). Allora, in particolare, F ⊆ E \Ae dunque µ(F ) = 0, per (i) essendo E un inviluppo misurabile per A. Ma perarbitrarieta di F , di nuovo (i) implica che E ∩H e un inviluppo misurabile diA ∩H .

(iv) Siano A =⋃

n∈NAn e E =⋃

n∈NEn. Per ogni F ∈ Σ tale che F ⊆ E \ A,avremo che F ∩ En ⊆ En \An, e quindi µ(F ∩ En) = 0 per (i), essendo En uninviluppo misurabile di An. Ne segue che

µ(F ) ≤∞∑

n=0

µ(F ∩ En) = 0 ,

e quindi µ(F ) = 0. Ma per arbitrarieta di F , di nuovo (i) implica che E e uninviluppo misurabile di A.

(v) Sia (Hn) la successione in Σ che ricopre A e tale che µ(Hn) < +∞ per ognin. Allora esistono insiemi En ∈ Σ tali che µ(En) = µ∗(A∩Hn) < +∞, e quindiper (ii) si ha che En e un inviluppo misurabile di A ∩Hn, per ogni n ∈ N. Maallora E =

⋃n∈NEn e un inviluppo misurabile di A =

⋃n∈NA∩Hn, per (iv). ⋄

Esercizio 20. Siano X un insieme, ϕ, ψ misure esterne su X e c ≥ 0. Mostrareche

(i) ϕ + ψ : P(X) → [0,+∞] definita da (ϕ + ψ)(E) = ϕ(E) + ψ(E) e unamisura esterna su X;

(ii) cϕ : P(X) → [0,+∞] definita da (cϕ)(E) = cϕ(E) e una misura esternasu X.

31

Page 32: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 21. Siano X un insieme e (ϕn) una successione di misure esternesu X. Definiamo per ogni A ∈ P(X)

ϕ(A) = supn∈N

ϕn(A) .

Mostrare che ϕ e una misura esterna su X.

Esercizio 22. Siano X un insieme e (ϕn) una successione di misure esterne suX tale che per ogni n ∈ N si abbia ϕn ≤ ϕn+1. Definiamo per ogni A ∈ P(X)

ϕ(A) = limnϕn(A) .

Mostrare che ϕ e una misura esterna su X.

Esercizio 23. Siano X un insieme, ϕ una misura esterna su X e Y ⊆ X.Mostrare che

(i) ϕY = ϕ|P(Y )e una misura esterna su Y ;

(ii) se E e ϕ–misurabile, allora E ∩ Y e ϕY –misurabile.

Esercizio 24. Siano X un insieme, ϕ una misura esterna su X, Y un insiemeed f : X → Y una funzione. Mostrare che la funzione ψ : P(Y ) → [0,+∞]definita da ψ(A) = ϕ

(f−1(A)

)e una misura esterna su Y .

Esercizio 25. Siano Y un insieme, ϕ una misura esterna su Y , X un insiemeed f : X → Y una funzione. Mostrare che la funzione ψ : P(X) → [0,+∞]definita da ψ(A) = ϕ (f(A)) e una misura esterna su X.

Esercizio 26. Siano X un insieme e ϕ una misura esterna su X . Supponiamoche E ⊆ X sia ϕ–misurabile (il che equivale ad assumere che sia µ–misurabile,se µ e la misura su X ottenuta da ϕ con il metodo di Caratheodory). Mostrareche per ogni A ⊆ X (anche non ϕ–misurabile!) si ha

ϕ(E ∪ A) + ϕ(E ∩ A) = ϕ(A) + ϕ(E) .

Esercizio 27. Siano a, b ∈ R con a 6= b. Mostrare che ϕ = maxδa, δb e unamisura esterna e che a, b non sono ϕ–misurabili.

32

Page 33: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

4 Misura di Lebesgue

Definizione 4.1. Chiamiamo multi–intervallo (half-open) ogni insieme di Rd

della forma

[a,b[.=

d∏

i=1

[ai, bi[ ; a = (a1, . . . , ad) ∈ Rd, b = (b1, . . . , bd) ∈ Rd

,

Poniamo anche

Jd.=E ⊆ Rd ; E e un multi–intervallo

,

e definiamo il d–volume di un multi–intervallo [a,b[ come la mappa ℓd : Jd →[0,+∞] definita da

ℓd([a,b[ ) =

∏di=1(bi − ai) se bi ≥ ai ∀i

0 altrimenti

Teorema 4.2. Sia θd : P(Rd) → [0,+∞] la mappa definita da

θd(A).= inf

∞∑

j=0

ℓd(Ij) ; (Ij) successione in Jd, A ⊆⋃

j∈N

Ij

.

Allora θd e una misura esterna su Rd e per ogni I ∈ Jd si ha θd(I) = ℓd(I).

Dimostrazione. (a) Osserviamo innanzi tutto che ogni insieme A ∈ P(Rd)viene ricoperto dalla successione di multi–intervalli [−n,n[, con n = (n, . . . , n) ∈Rd, quindi θd e un inf su un insieme sempre non vuoto e contenente l’elemento+∞, e quindi assume come richiesto valori in [0,+∞]

(b) E immediato provare che θd(∅) = 0. Infatti, ∅ ∈ Jd (ad esempio corri-spondente ad un multi–intervallo con ai > bi), e ℓ(∅) = 0. Quindi, scegliendoIj ≡ ∅, otteniamo che 0 appartiene all’insieme di cui θd(∅) e l’inf e si deve avereθd(∅) = 0.

(c) La monotonia segue immediatamente dal fatto che, se A ⊆ B, allora ogniricoprimento di B e anche un ricoprimento di A, e quindi θd(A) ≤ θd(B).

(d) Sia infine (An) una successione di insiemi in P(Rd). Fissato ε > 0, per ognin ∈ N sia (In,j) una successione di multi–intervalli tale che An ⊆ ⋃j∈N In,j e

∞∑

j=0

ℓ(In,j) ≤ θd(An) + 2−nε .

Presa ora m 7→ (km, nm) una bijezione tra N e N × N, si avra che (Ikm,nm) =

(In,j) e una successione di multi–intervalli per cui vale

∞∑

m=0

ℓ(Ikm,nm) =

∞∑

n=0

∞∑

j=0

ℓ(In,j) ≤∞∑

n=0

(θd(An) + 2−nε) =

∞∑

n=0

θd(An) + 2ε .

33

Page 34: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Osservando che, posto A =⋃

n∈NAn, si ha

A ⊆⋃

n∈N

j∈N

In,j =⋃

m∈N

Ikm,nm,

avremo dunque

θd(A) ≤∞∑

m=0

ℓ(Ikm,nm) ≤

∞∑

n=0

θd(An) + 2ε ,

da cui, per arbitrarieta di ε, segue

θd(A) ≤∞∑

n=0

θd(An) .

E quindi θd e una misura esterna.

(e) Sia I ∈ Jd. Scegliendo come successione Io = I e Ij = ∅ per j ≥ 1, si ottieneche

θd(I) ≤∞∑

j=0

ℓd(Ij) = ℓd(I) .

Per ottenere la disuguaglianza opposta, assumiamo di avere provato che se I ⊆⋃n∈N In allora ℓd(I) ≤

∑∞n=0 ℓd(In). Allora ne segue che per ogni successione

di multi–intervalli (In) che ricopre I si avrebbe

ℓd(I) ≤∞∑

n=0

ℓd(In) ,

e passando all’inf sulle successioni di multi–intervalli, si ottiene ℓd(I) ≤ θd(I),ossia l’uguaglianza richiesta.

(f) Resta quindi da dimostrare che per ogni successione di multi–intervalli (In),I ⊆ ⋃

n∈N In implica ℓd(I) ≤ ∑∞n=0 ℓd(In). Lo dimostriamo per induzione su

d ≥ 1.Consideriamo il caso d = 1. Se I = ∅, la tesi e ovvia. Sia dunque I = [a, b[ cona < b. Indichiamo Hx =]−∞, x[ per ogni x ∈ R, e poniamo

A = x ∈ [a, b] ; x− a ≤∞∑

n=0

ℓ1(In ∩Hx) ,

osservando che se In = [ξn, ηn[ allora In∩Hx = [ξn,minηn, x[ e quindi ℓ1(In∩Hx) e ben definita.E ovvio che a ∈ A, quindi si ha ∅ 6= A ⊆ [a, b] e dunque, posto c = supA si hac ∈ [a, b]. Inoltre,

c− a = supx∈A

x− a ≤ supx∈A

∞∑

n=0

ℓ1(In ∩Hx) ≤∞∑

n=0

ℓ1(In ∩Hc) ,

ossia c ∈ A.Vogliamo ora mostrare che c = b, in modo da poter concludere che ℓ1(I) =b−a∑∞

n=0 ℓ1(In). Se per assurdo fosse c < b, allora c ∈ [a, b[ e quindi esisterebbe

34

Page 35: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

k ∈ N tale che c ∈ Ik = [ξk, ηk[, e quindi ℓ1(Ik ∩Hx) = ℓ1(Ik ∩Hc) +x− c. Allostesso tempo, scelto x = minηk, b > c, si ha che ℓ1(In ∩Hx) ≥ ℓ1(In ∩Hc) perogni n.Unendo i due fatti,

∞∑

n=0

ℓ1(In ∩Hx) ≥∞∑

n=0

ℓ1(In ∩Hc) + x− c ≥ c− a+ x− c = x− a ,

e quindi avremmo x ∈ A. Ma x > c e quindi avremmo una contraddizione conil fatto che c = supA.Quindi deve essere c = b e

b− a ≤∞∑

n=0

ℓ1(In ∩Hb) ≤∞∑

n=0

ℓ1(In) .

(g) Supponiamo la tesi vera per d ≥ 1 e proviamola per d + 1. La strategiae esattamente la stessa del caso d = 1. Se I = ∅, di nuovo il risultato eovvio. Altrimenti, sia I = [a,b[ e poniamo ζ =

∏di=1(bi − ai), cosı da avere

ℓd+1(I) = ζ(bd+1 − ad+1). Inoltre, per ogni x ∈ R, poniamo

Hx = (ξ1, . . . , ξd+1) ∈ Rd+1 ; ξd+1 < x .

Fissato ε > 0, consideriamo l’insieme

A = x ∈ [ad+1, bd+1] ; ζ(x − ad+1) ≤ (1 + ε)

∞∑

n=0

ℓd+1(In ∩Hx) ,

osservando che anche in questo caso tutti gli In ∩Hx sono multi–intervalli dellaforma [s, t′[, dove In = [s, t[ e t′i = ti se i ≤ d e t′d+1 = mintd+1, x, e quindi ilvolume ℓd+1 di tali insiemi e ben definito.Inoltre ad+1 ∈ A, quindi si ha ∅ 6= A ⊆ [ad+1, bd+1] e dunque, posto c = supAsi ha c ∈ [ad+1, bd+1]. Inoltre,

ζ(c− ad+1) = supx∈A

ζ (x− ad+1) ≤ (1 + ε) supx∈A

∞∑

n=0

ℓd+1(In ∩Hx)

≤ (1 + ε)∞∑

n=0

ℓd+1(In ∩Hc) ,

ossia c ∈ A.Vogliamo ora mostrare che c = bd+1. Se per assurdo fosse c < bd+1, allorac ∈ [ad+1, bd+1[. Ponendo

J = (ξ1, . . . , ξd) ∈ Rd ; (ξ1, . . . , ξd, c) ∈ I ,

avremo J = [a, b[ con a = (a1, . . . , ad) e b = (b1, . . . , bd) e ponendo per ognin ∈ N

Jn = (ξ1, . . . , ξd) ∈ Rd ; (ξ1, . . . , ξd, c) ∈ In ,avremo che J ⊆ ⋃n∈N Jn. Siccome sia J che Jn sono elementi di Jd, dall’ipotesiinduttiva si ha

ζ = ℓd(J) ≤∞∑

n=0

ℓd(Jn) .

35

Page 36: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Essendo ζ > 0, sia m ∈ N tale che

ζ ≤ (1 + ε)

m∑

n=0

ℓd(Jn) .

Allora si avra che per ogni n ≤ m, o Jn = ∅ oppure In = [s, t[ con sd+1 ≤ c <td+1. Scegliendo

γ = mint(n)d+1 ; n ≤ m, In = [s(n), t(n)[ , Jn 6= ∅ ,

x = minbd+1, γ

> c .

otterremoℓd+1(In ∩Hx) ≥ ℓd+1(In ∩Hc) + (x− c)ℓd(Jn) ,

per ogni n ≤ m tale che Jn 6= ∅. Inoltre, da x > c segue che per n > m si hacomunque ℓd+1(In ∩Hc) ≤ ℓd+1(In ∩Hx).Di conseguenza, si ha

ζ(x − ad+1) = ζ(c− ad+1) + ζ(x − c)

≤ (1 + ε)

∞∑

n=0

ℓd+1(In ∩Hc) + (1 + ε)(x− c)

m∑

n=0

ℓd(Jn)

≤ (1 + ε)

∞∑

n=m+1

ℓd+1(In ∩Hc) + (1 + ε)

m∑

n=0

ℓd+1(In ∩Hx)

≤ (1 + ε)∞∑

n=0

ℓd+1(In ∩Hx) ,

che implica x ∈ A. Ma x > c e quindi avremmo una contraddizione con il fattoche c = supA.Quindi deve essere c = bd+1, che implica

ℓd+1(I) = ζ(bd+1 − ad+1) ≤ (1 + ε)

∞∑

n=0

ℓd+1(In ∩Hbd+1) ≤ (1 + ε)

∞∑

n=0

ℓd+1(In)

e, per arbitrarieta di ε,

ℓd+1(I) ≤∞∑

n=0

ℓd+1(In) ,

e la dimostrazione e conclusa. ⋄

Definizione 4.3. La misura esterna θd nel Teorema 4.2 e detta misura esternadi Lebesgue. Indicheremo con Md la σ–algebra degli insiemi θd–misurabili econ Ld la misura definita su Md che si ottiene applicando a θd il metodo diCaratheodory. La misura Ld e detta misura di Lebesgue. Infine, chiameremoinsiemi Lebesgue–misurabili (o misurabili secondo Lebesgue) gli elementi diMd (ossia gli insiemi Ld–misurabili o, equivalentemente, θd–misurabili).

Proposizione 4.4. Valgono i seguenti fatti:

36

Page 37: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

• per ogni i ≤ d e ξ ∈ R il semispazio

y ∈ Rd ; yi < ξ

e Ld–misurabile;

• ogni multi–intervallo I ∈ Jd e Ld–misurabile;

• ogni aperto di Rd e Ld–misurabile;

• ogni boreliano di Rd e Ld–misurabile, e quindi Ld e una misura boreliana.

Dimostrazione. (a) Fissati i ≤ d e ξ ∈ R, indichiamo con H il semispazio

y ∈ Rd ; yi < ξ

.

Per ogni A ⊆ Rd dobbiamo dimostrare che θd(A) = θd(A ∩ H) + θd(A \ H).Cominciamo a mostrare il caso A = [a,b[ multi–intervallo. Se A ⊆ H oppureA∩H = ∅ il risultato e banale. Consideriamo quindi il caso in cui A∩H 6= ∅ 6=A \H . Ponendo

x = (b1, . . . , bi−1, ξ, bi+1, . . . , bd) , y = (a1, . . . , ai−1, ξ, ai+1, . . . , ad) ,

e immediato vedere che A∩H = [a,x[ e A\H = [y,b[. Essendo entrambi multi–intervalli half–open, ne possiamo calcolare esplicitamente la misura e dunque

θd(A ∩H) + θd(A \H) = (ξ − ai)∏

j 6=i

(bj − aj) + (bi − ξ)∏

j 6=i

(bj − aj)

=

d∏

i=1

(bi − ai) = θd(A) .

(b) Consideriamo ora il caso di A insieme qualsiasi e fissiamo ε > 0. Sia (In) unasuccessione di multi–intervalli tale che A ⊆ ⋃n∈N In e

∑∞n=0 θd(In) ≤ θd(A)+ε.

Come in (a), In ∩H e In \H sono ora multi–intervalli e sono tali che

A ∩H ⊆⋃

n∈N

In ∩H , A \H ⊆⋃

n∈N

In \H ,

θd(In ∩H) + θd(In \H) = θd(In) ,

quindi ne segue

θd(A ∩H) + θd(A \H) ≤∞∑

n=0

θd(In ∩H) +

∞∑

n=0

θd(In \H)

=∞∑

n=0

θd(In) ≤ θd(A) + ε .

Per arbitrarieta di ε, si conclude

θd(A ∩H) + θd(A \H) ≤ θd(A) ,

e questa e l’unica disuguaglianza da verificare (cfr. Osservazione 3.5). QuindiH e misurabile.

37

Page 38: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(c) La misurabilita dei multi–intervalli half–open segue ora immediatamente,visto che ogni I = [a,b[ soddisfa

I =d⋂

i=1

(y ∈ Rd ; yi < bi

\y ∈ Rd ; yi < ai

),

e quindi risulta un’intersezione finita di insiemi misurabili.

(d) Sia ora G ⊆ Rd aperto. Poniamo

K =(p,q) ∈ Qd ×Qd ; [p,q[⊆ G

.

Allora K e numerabile e l’insieme G′ =⋃

(p,q)∈K [p,q[ e un insieme misurabilecontenuto in G.D’altra parte, per ogni x ∈ G, sia ε > 0 tale che B(x, ε) ⊆ G. Essendo Qd

denso in Rd, esisteranno p, q ∈ Qd tali che x ∈ [p, q[ e |p− q| < ε/√d, quindi

[p, q[⊆ G. Ma allora (p, q) ∈ K e x ∈ G′. Essendo x arbitrario, si ha dunqueG = G′ e G e misurabile.

(e) A questo punto, gli insiemi misurabili per la misura θd formano una σ–algebra che contiene gli aperti di Rd. Quindi anche tutti i boreliani B(Rd) devonoessere contenuti nella σ–algebra degli insiemi misurabili e questo completa ladimostrazione. ⋄

Esercizio 28. Mostrare che per ogni a,b ∈ Rd si ha

Ld([a,b[ ) = Ld([a,b]) = Ld( ]a,b]) = Ld( ]a,b[ ) = ℓd([a,b[ ) .

In particolare, per ogni x ∈ Rd si ha Ld(x) = 0 e quindi Ld(Y ) = 0 per ogniinsieme numerabile Y ⊆ Rd.

Esercizio 29. Mostrare che, per ogni A,E ⊆ Rd e per ogni x ∈ Rd e λ ∈ R\0,

[A ∩ (E + x)]− x = (A− x) ∩ E , [A \ (E + x)] − x = (A− x) \ E ,

1

λ[A ∩ (λE)] =

(1

λA

)∩ E , 1

λ[A \ (λE)] =

(1

λA

)\ E .

Proposizione 4.5. Siano A ⊆ Rd, E un insieme Ld–misurabile. Allora:

(i) θd(A + x) = θd(A) per ogni x ∈ Rd e θd(λA) = |λ|dθd(A) per ogni λ ∈R \ 0;

(ii) E+x e Ld–misurabile per ogni x ∈ Rd e λE e Ld–misurabile per λ ∈ R\0e si ha

Ld(E + x) = Ld(E) , Ld(λE) = |λ|dLd(E) .

In particolare, θd e Ld sono invarianti per traslazioni.

38

Page 39: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. (i) Osserviamo che, dato un multi–intervallo [a,b[ e x ∈ Rd,si ha

[a,b[+x = [a+ x,b+ x[ , ℓd([a+ x,b+ x[ ) = ℓd([a,b[ ) .

Inoltre, presa una successione di multi–intervalli (Ij), si ha

A ⊆⋃

j∈N

Ij ⇐⇒ A+ x ⊆⋃

j∈N

(Ij + x) .

Quindi, per calcolare θd(A+x) si prende l’inf sulle stesse somme che sono usateper calcolare θd(A) e viceversa, da cui si conclude che θd(A+ x) = θd(A).

In modo simile, dato un multi–intervallo [a,b[ e λ ∈ R \ 0,

λ[a,b[= [λa, λb[ , ℓd(λ[a,b[ ) = |λ|dℓd([a,b[ ) .

Inoltre, presa una successione di multi–intervalli (Ij), si ha

A ⊆⋃

j∈N

Ij ⇐⇒ λA ⊆⋃

j∈N

(λIj) .

Quindi, per calcolare θd(λA) si prende l’inf sulle stesse somme che sono usateper calcolare θd(A) e viceversa, da cui si conclude che θd(λA) = |λ|dθd(A).(ii) Sia ora E un insieme Ld–misurabile, x ∈ Rd, λ ∈ R \ 0. Preso unqualunque A ⊆ Rd e sfruttando l’Esercizio 29 e (i) si ha

θd(A ∩ (E + x)) + θd(A \ (E + x)) = θd (((A− x) ∩E) + x)

+ θd (((A− x) \ E) + x)

= θd ((A− x) ∩ E) + θd ((A− x) \ E)

= θd(A− x) = θd(A) ,

che assicura la Ld–misurabilita di E + x. Quindi Ld(E + x) = θd(E + x) =θd(E) = Ld(E).

In modo simile, preso un qualunque A ⊆ Rd si ha

θd(A ∩ λE) + θd(A \ λE) = θd

((1

λA

)∩E

))+ θd

((1

λA

)\ E))

= |λ|dθd((

1

λA

)∩E

)+ |λ|dθd

((1

λA

)\ E)

= |λ|dθd(1

λA

)=

|λ|d|λ|d θd(A) = θd(A) ,

che assicura la Ld–misurabilita di λE. Quindi Ld(λE) = θd(λE) = |λ|dθd(E) =|λ|dLd(E). ⋄

Proposizione 4.6. Valgono i seguenti fatti:

(i) per ogni A ⊆ Rd si ha

θd(A) = infLd(G) ; A ⊆ G, G aperto

= minLd(H) ; A ⊆ H, H boreliano

;

39

Page 40: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(ii) per ogni E ⊆ Rd che sia Ld–misurabile esistono H1, H2 insiemi borelianitali che H1 ⊆ E ⊆ H2 e

Ld(H2 \H1) = Ld(H2 \ E) = Ld(E \H1) = 0 ;

(iii) per ogni E ⊆ Rd che sia Ld–misurabile si ha

Ld(E) = supLd(K) ; K ⊆ E, K chiuso e limitato

.

Dimostrazione. (a) Cominciamo con l’osservare che se I e un multi–intervalloe ε > 0 e fissato, possiamo sempre trovare un aperto G contente I e tale cheLd(G) ≤ (1 + ε)dLd(I). Infatti, se I = ∅, allora I e aperto e possiamo usareG = I. Altrimenti, supponendo che I = [a,b[, l’insieme G = ]a− ε(b− a),b[ eun aperto che contiene I e tale che

Ld(G) = ℓd(G) =

d∏

i=1

(1 + ε)(bi − ai) = (1 + ε)dℓd(I) = (1 + ε)dLd(I) .

(b) Sia ora A ⊆ Rd. Fissiamo ε > 0, e sia (In) una successione in Jd tale che

A ⊆⋃

n∈N

In ,

∞∑

n=0

Ld(In) ≤ θd(A) + ε .

Sfruttando (a), per ogni n ∈ N, sia Gn un aperto di Rd tale che In ⊆ Gn eLd(Gn) ≤ (1+ ε)dLd(In). Allora l’insieme G =

⋃n∈NGn e un aperto di Rd tale

che A ⊆ G e

Ld(G) ≤∞∑

n=0

Ld(Gn) ≤ (1 + ε)d∞∑

n=0

Ld(In) ≤ (1 + ε)d(θd(A) + ε) .

Per arbitrarieta di ε possiamo concludere che

infLd(G) ; A ⊆ G, G aperto

≤ Ld(G) ≤ θd(A) .

(c) Ora, usando (b), per ogni n ∈ N, possiamo trovare un aperto Gn tale cheA ⊆ Gn e

Ld(Gn) ≤ θd(A) + 2−n .

Poniamo Ho =⋂

n∈NGn. Allora Ho e un insieme boreliano contenente A e taleche

Ld(Ho) ≤ infn∈N

Ld(Gn) ≤ θd(A) .

(d) D’altra parte, per ogni aperto G (risp. boreliano H) di Rd, A ⊆ G (risp.A ⊆ H) assicura che θd(A) ≤ θd(G) = Ld(G) (risp. θd(A) ≤ θd(H) = Ld(H)).Quindi, si avra

θd(A) = infLd(G) ; A ⊆ G, G aperto

,

θd(A) ≤ infLd(H) ; A ⊆ H, H boreliano

≤ Ld(Ho) ≤ θd(A) ,

e questo completa la dimostrazione di (i).

40

Page 41: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(e) Per ogni n, poniamo En = E ∩B(0, n) e osserviamo che

Ld(En) ≤ Ld(B(0, n)) <∞ .

Sfruttando (i), per ogni n ∈ N prendiamo Gn aperto tale che En ⊆ Gn eLd(Gn) ≤ Ld(En) + 2−n. Allora G′

n =⋃

m≥nGm e un aperto tale che E ⊆⋃m≥nEm ⊆ G′

n. Ne segue

Ld(G′n \ E) ≤

∞∑

m=n

Ld(Gm \ E) ≤∞∑

m=n

Ld(Gm \ Em)

≤∞∑

m=n

(Ld(Gm)− Ld(Em)

)≤

∞∑

m=n

2−m = 2−n+1 .

Ponendo H2 =⋂

n∈NG′n, otteniamo un boreliano tale che E ⊆ H2 e, essendo

(G′n) una successione decrescente di aperti,

Ld(H2 \ E) = infn∈N

Ld(G′n \ E) ≤ inf

n∈N2−n+1 = 0 .

(f) Ripetendo l’argomento di (e) con l’insieme Rd \E, otteniamo un borelianoH ′

2 tale che Ld(H ′2 \ (Rd \ E)) = 0. Ponendo H1 = Rd \H ′

2, avremo ora

Ld(E \H1) = Ld(H ′2 \ (Rd \ E)) = 0 ,

eLd(H2 \H1) = Ld(H2 \ E) + Ld(E \H1) = 0 .

Questo completa la dimostrazione di (ii).

(g) Ripetendo l’argomento della prima parte di (e) con l’insieme B(0, n) \ E,otteniamo, per ogni n ∈ N, un aperto Gn tale che B(0, n) \ E ⊆ Gn e

Ld(Gn \ (B(0, n) \ E)) ≤ 2−n+1 .

Ma allora si ha anche Ld(Gn ∩En) ≤ Ld(Gn \ (B(0, n)\E)) ≤ 2−n+1. Poniamoquindi

Fn = B(0, n) \ Gn = B(0, n) ∩ (Rd \ Gn) .

Allora (Fn) e una successione di insiemi chiusi e limitati tali che Fn ⊆ En ⊆ E.Inoltre,

Ld(En) = Ld(Fn) + Ld(En \ Fn) = Ld(Fn) + Ld(En ∩ Gn) ≤ Ld(Fn) + 2−n+1 .

Quindi, otteniamo

Ld(E) = limn

Ld(En) ≤ supn∈N

Ld(Fn)

≤ supLd(K) ; K ⊆ E, K chiuso e limitato

≤ Ld(E) ,

da cui segue (iii). ⋄

41

Page 42: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Osservazione 4.7. Si noti che dalla proprieta (ii) della Proposizione 4.6, segueche il completamento B(Rd) della σ–algebra dei boreliani (nel senso del Teore-ma 2.27) coincide con la σ–algebra Md dei Lebesgue misurabili. Infatti, da (ii)segue che Md ⊆ B(Rd). Inoltre, preso un qualunque insieme Ξ in B(Rd) e dettiH1, H2 gli insiemi in B(Rd) tali che H1 ⊆ Ξ ⊆ H2 e

Ld(H2 \H1) = 0 ,

si ha Ξ = H1 ∪ (Ξ \ H1). A questo punto H1 ∈ Md e, per la completezza di(Rd,Md,Ld), da Ξ \ H1 ⊆ H2 \ H1 segue Ξ \ H1 ∈ Md. Dunque Ξ ∈ Md eabbiamo concluso.

Proposizione 4.8. Siano Ld e θd rispettivamente la misura di Lebesgue e lamisura esterna di Lebesgue su Rd. Indichiamo con L∗ la misura esterna che siottiene applicando il Teorema 3.9 a Ld. Allora L∗ = θd.

Dimostrazione. Sia A ⊆ Rd e sia E un insieme Ld–misurabile tale che A ⊆ E.Allora, per monotonia di θd si ha

θd(A) ≤ θd(E) = Ld(E) ,

e, passando all’inf sugli insiemi Ld–misurabili che contengono A, si concludeθd(A) ≤ L∗(A).Per mostrare la disuguaglianza opposta, fissiamo ε > 0 e prendiamo una suc-cessione di multi–intervalli (Ij) in Jd tale che A ⊆ ⋃j∈N Ij e

∞∑

j=0

ℓd(Ij) < θd(A) + ε .

Essendo ciascun multi–intervallo Ld–misurabile, si ha ℓd(Ij) = Ld(Ij) e dunque

L∗(A) ≤ Ld

j∈N

Ij

∞∑

j=0

Ld(Ij) =

∞∑

j=0

ℓd(Ij) < θd(A) + ε .

Per arbitrarieta di ε si conclude che L∗(A) ≤ θd(A), da cui l’uguaglianza. ⋄

Esercizio 30. Siano A ⊆ [−1, 1] insieme L1–misurabile e fA : [−1, 1] → [0, 2]la funzione definita da

fA(x) = L1(A ∩ [−1, x]) .

Mostrare che fA e Lipschitziana, crescente e che, se esiste ε > 0 tale che(−ε, ε) ⊆ A, allora f e derivabile in 0 con f ′

A(0) = 1.

Esercizio 31. Mostrare che se µ e una qualunque misura boreliana su Rd taleche

(a) µ([0,1[ ) > 0;

(b) µ e invariante per traslazioni;

42

Page 43: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

allora µ(B) = cLd(B) per ogni B ∈ B(Rd), con c = µ([0,1[ ). Inoltre se µ ecompleta, allora µ = cLd su tutto Md.

Esercizio 32. Sia R ∈ SO(d), ossia sia R ∈ Matd×d(R) una matrice tale cheR−1 = RT . Per ogni E ⊆ Rd Ld–misurabile, sfruttando l’Esercizio precedentee assumendo che RE sia Ld–misurabile, mostrare che si ha Ld(RE) = Ld(E).In particolare, Ld e invariante per rotazioni.

Osservazione 4.9. Confrontando l’Esercizio 32 con la Proposizione 4.5, do-vrebbe colpire nel primo l’assenza di un risultato per θd e l’assunzione a prioriche RE sia Ld–misurabile invece della dimostrazione di questo fatto. Il motivodi queste differenze risiede nella difficolta leggermente maggiore di trattare imulti–intervalli ruotati usando solo i multi–intervalli con lati paralleli alle di-rezioni della base canonica di Rd (come nella definizione di Jd). Comunque, epossibile dimostrare il seguente risultato.

Teorema 4.10. Sia L : Rd → Rd una trasformazione lineare. Allora, per ogniA ⊆ Rd, si ha

θd(LA) = | detT | θd(A) ,dove abbiamo indicato con T la matrice che rappresenta L nella base canonica diRd. Inoltre, per ogni E Lebesgue misurabile, LE e anch’esso Lebesgue misurabilee

Ld(LE) = | detT | Ld(E) .

Dimostrazione. (a) Mostriamo che per ogni I ⊆ Rd multi–intervallo, LI emisurabile. Infatti, ogni multi–intervallo I = [a,b[ si puo scrivere come unionenumerabile di multi–intervalli chiusi In = [a,b − 2−n1]. Essendo ciascun Incompatto, anche LIn e compatto, dunque chiuso e quindi Ld misurabile. Inconclusione,

LI =⋃

n∈N

LIn ,

e misurabile, in quanto unione numerabile di insiemi misurabili.

(b) Poniamo ora J∗ = Ld(L[0,1[ ) e assumiamo che L non sia invertibile. Allora,J∗ = 0. Infatti, essendo L[0,1[ limitato, si avra J∗ < +∞6. Inoltre, essendo Lsingolare, avremo che LRd e un sottospazio vettoriale proprio di Rd. Prendiamodunque un vettore

v ∈ Rd \ LRd

e consideriamo gli insiemi

L[0,1[ +1

nv , n ∈ N .

Ciascuno di essi e disgiunto dagli altri, ed hanno tutti misura J∗, per la Propo-sizione 4.5. Inoltre, essendo la loro unione un insieme limitato, si avra

∞∑

n=1

J∗ = Ld

(⋃

n∈N

L[0,1[ +1

nv

)< +∞ ,

6Perche L[0,1[ sara contenuto in qualche multi–intevallo I ⊆ Rd e avremo J∗ ≤ ℓd(I) <+∞.

43

Page 44: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

che implica J∗ = 0.

(c) Mostriamo ora che il Teorema vale per L non invertibile. Essendo Lsingolare, abbiamo det T = 0. Allo stesso tempo, essendo

LRd = L

z∈Zd

[0,1[ +z

=

z∈Zd

(L[0,1[ +Lz

),

si ha LRd misurabile e dallo Step 2 segue che

0 ≤ Ld(LRd

)≤∑

z∈Zd

Ld

(L[0,1[ +Lz

)=∑

z∈Zd

J∗ = 0 .

Dunque, per ogni insieme misurabile E ⊆ Rd si ha

0 ≤ Ld (LE) ≤ Ld(LRd

)= 0 ,

da cui segueLd (LE) = 0 = | detT | Ld(E) .

Essendo θd(LRd) = Ld(LRd) = 0, si ha anche che per ogni A ⊆ Rd,

0 ≤ θd (LA) ≤ θd(LRd

)= 0 ,

da cui segueθd (LA) = 0 = | detT | θd(A) .

(d) Resta dunque da mostrare il Teorema quando L e invertibile. Come risultatopreliminare, osserviamo che per ogni a ∈ Rd e per ogni k ∈ N, si ha

Ld(L[a, a+ 2−k1[ ) = 2−kdJ∗ .

Infatti, siccome [0,1[ si puo scrivere come unione disgiunta di 2kd multi–intervallidisgiunti della forma [a, a+ 2−k1[, si ha che L[0,1[ e l’unione disgiunta dei 2kd

insiemi L[a, a+ 2−k1[. Dunque, da

Ld(L[a, a+ 2−k1[ ) = Ld(L[0,0+ 2−k1[ +La) = Ld(L[0,0+ 2−k1[ ) ,

segue che

J∗ = Ld(L[0,1[ ) = 2kdLd(L[0,0+ 2−k1[ ) = 2kdLd(L[a, a+ 2−k1[ ) .

(e) Continuiamo quindi nella dimostrazione del Teorema nel caso in cui L siainvertibile. Allora, sia L che L−1 sono applicazioni continue, e dunque si avrache LG e un aperto di Rd se e solo se G e un aperto di Rd. In particolare,LG e misurabile per ogni G aperto in Rd. Mostriamo anche che (d) implicaLd(LG) = J∗Ld(G) per ogni G aperto.Infatti, per ogni k ∈ N, definiamo

Qk = z ∈ Zd ; [2−kz, 2−kz + 2−k1[⊆ G ,

Gk =⋃

z∈Qk

[2−kz, 2−kz + 2−k1[ .

44

Page 45: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Ciascun insiemeGk e unione disgiunta di Card(Qk) multi–intervalli [2−kz, 2−kz+2−k1[, e quindi Ld(Gk) = 2−kdCard(Qk). Allo stesso tempo, per l’invertibilitadi L, LGk e unione disgiunta di Card(Qk) insiemi della forma L[2−kz, 2−kz +2−k1[ e dunque da (d) segue che

Ld(LGk) =∑

z∈Qk

Ld(L[2−kz, 2−kz + 2−k1[

)= 2−kdJ∗Card(Qk) = J∗Ld(Gk) .

Osservando ora che Gk e una successione crescente di insiemi misurabili la cuiunione e G, si ottiene

Ld(LG) = limk

Ld(LGk) = limkJ∗Ld(Gk) = J∗Ld(G) .

(f) Possiamo ora mostrare che, sempre nel caso in cui L sia invertibile, per ogniA ⊆ Rd, si ha θd(LA) = J∗θd(A). Infatti, dalla Proposizione 4.6(i) segue cheper ogni ε > 0 esistono aperti G,H in Rd tali che A ⊆ G, LA ⊆ H e

Ld(G) ≤ θd(A) + ε , Ld(H) ≤ θd(LA) + ε .

Poniamo ora G′ = G ∩ L−1H . G′ e un aperto, perche L−1H lo e, dunque si haLd(LG′) = J∗Ld(G′) per (e). Ma allora, essendo A ⊆ G′ e LA ⊆ LG′ ⊆ H ,avremo anche

θd(LA) ≤ Ld(LG′) = J∗Ld(G′) ≤ J∗Ld(G) ≤ J∗θd(A) + J∗ε

≤ J∗Ld(G′) + J∗ε = Ld(LG′) + J∗ε ≤ Ld(H) + J∗ε

≤ θd(LA) + ε(1 + J∗) .

Per arbitrarieta di ε > 0, ne segue quindi θd(LA) = J∗θd(A).

(g) Dimostriamo ora che, sempre nel caso in cui L sia invertibile, per ogniE ⊆ Rd misurabile si ha anche LE misurabile e che Ld(LE) = J∗Ld(E). Infatti,preso un qualunque A ⊆ Rd e indicando A′ = L−1(A), si ha

θd(A ∩ LE) + θd(A \ LE) = θd(L(A′ ∩ E)) + θd(L(A

′ \ E))

= J∗

(θd(A

′ ∩ E) + θd(A′ \E)

)

= J∗θd(A′) = θd(LA

′) = θd(A) .

Essendo A arbitrario, ne segue che LE e misurabile. Ma allora

Ld(LE) = θd(LE) = J∗θd(E) = J∗Ld(E) .

(h) Per concludere la dimostrazione, resta da vedere che J∗ = | detT | con T lamatrice che rappresenta L nella base canonica di Rd. Cominciamo osservandoche T puo essere decomposta come un prodotto PDQ, con D matrice diagonalecon elementi non–negativi e P,Q matrici ortogonali. Indicando con LP , LD eLQ le applicazioni lineari corrispondenti a tali matrici, avremo

L[0,1[ = LPLDLQ[0,1[ .

Osservando ora che L invertibile implica anche che LP , LD e LQ sono invertibili,e ponendo

J∗P = Ld (LP [0,1[ ) , J∗

D = Ld (LD[0,1[ ) , J∗Q = Ld (LQ[0,1[ ) ,

45

Page 46: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

da (f) segueJ∗ = J∗

PJ∗DJ

∗Q .

Mostriamo che J∗P = J∗

Q = 1. Infatti, considerando B = B(0, 1), palla unitaria

di Rd, abbiamo un insieme che e: aperto (e dunque misurabile); limitato (edunque di misura finita); contenente il multi–intervallo [0, d−1/21[ (e dunque dimisura non nulla). Inoltre B e invariante per rotazioni e dunque B = LPB =LQB. Ne segue

0 < Ld(B) < +∞ , Ld(B) = Ld(LPB) = J∗PLd(B) =⇒ J∗

P = 1 .

Similmente, J∗Q = 1.

(h) Resta da mostare J∗ = J∗D = | detT |. Supponiamo che D = diag(δ1, . . . , δd)

con δi ≥ 0. In realta, essendo L assunta invertibile, anche D e invertibile eavremo δi > 0. Ponendo d = (δ1, . . . , δd) ∈ Rd e immediato verificare che

LD[0,1[ = [0,d[ ,

e che dunque

J∗D = Ld(LD[0,1[ ) =

d∏

i=1

δi = detD .

A questo punto, ricordando che P,Q erano matrici ortogonali, si ha detP = ±1e detQ = ±1, e quindi

det T = ± detD , =⇒ J∗ = ± detT .

Essendo sicuramente J∗ ≥ 0, visto che si tratta di una misura, avremo dunqueJ∗ = | detT | e la dimostrazione e completa. ⋄

Esercizio 33. Siano A,B ⊆ [0, 1] insiemi L1–misurabili e tali che

L1(A) >1

2, L1(B) >

1

2.

Mostrare che esistono x ∈ A e y ∈ B tali che x+ y = 1.

46

Page 47: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

5 Insieme di Vitali

Vogliamo ora mostrare che Md 6= P(Rd).

Teorema 5.1. Esiste un insieme

V ∈ P(Rd) \Md .

Dimostrazione. (a) Consideriamo il multi–intervallo

[0,1[=ξ ∈ Rd ; 0 ≤ ξi < 1, i ∈ 1, . . . , d

,

e definiamo la relazione di equivalenza a ∼ b se a − b ∈ Qd, ossia se ∀i con1 ≤ i ≤ d si ha ai − bi ∈ Q. Dividiamo [0,1[ in classi di equivalenza e scegliamoun elemento in ciascuna classe, ossia usiamo l’assioma della scelta per definireuna funzione f : [0,1[/∼→ [0,1[ che per ogni classe di equivalenza [x] sceglieun elemento f([x]) = ξ ∈ [x]. Poniamo infine

V = f([0,1[/∼) ,

ossia un insieme che contiene esattamente un elemento di ciascuna classe diequivalenza. Naturalmente e immediato che θd(V) ≤ θd([0,1[ ) = 1.

(b) Dimostriamo ora che V +Qd .=⋃

q∈Qd V + q = Rd. Infatti, per ogni x ∈ Rd

esiste e ∈ Zd tale che x − e ∈ [0,1[. Sia ora v ∈ V tale che x − e ∼ v. Allorax− e− v ∈ Qd e

x = v + [(x− e− v) + e] ∈ V +Qd .

Quindi si ha

q∈Qd

θd(V + q) ≥ θd

q∈Qd

V + q

= θd(R

d) = +∞ ,

e dunque esiste q ∈ Qd tale che θd(V + q) > 0, da cui θd(V) > 0.

(b) Sia ora N ∈ N tale che N > 2d/θd(V) > 0 e siano q1, . . . , qN ∈ Qd ∩ [0,1[elementi distinti. Mostriamo che i 6= j implica V + qi ∩ V + qj = ∅. Infatti, seper assurdo esistessero a, b ∈ V e i 6= j tali che a+ qi = b+ qj potremmo averesolo due casi:

• a = b, e allora anche qi = qj , ma questo e una contraddizione;

• a 6= b, e allora a 6∼ b ma anche a − b = qj − qi ∈ Qd, che e di nuovo unacontraddizione.

(c) Mostriamo infine che V non e Lebesgue misurabile. Sappiamo che V +qi ; i ∈ 1, . . . , N e una famiglia di insiemi disgiunta i cui elementi sono tutticontenuti in [0,2[, quindi si ha

N∑

i=1

θd(V + qi) = Nθd(V) > 2d = θd([0,2[ ) ≥ θd

(N⋃

i=1

V + qi

).

Se ciascun V+qi fosse Lebesgue misurabile, allora la misura dell’unione disgiuntadovrebbe essere uguale alla somma delle misure degli insiemi. Ma abbiamo

47

Page 48: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

appena visto che la somma delle misure e strettamente maggiore della sommadelle unioni, quindi deve esistere k ∈ 1, . . . , N tale che V + qk non sia Ld–misurabile. Ma questo implica, ricordando la Proposizione 4.5, che deve essereV non Ld–misurabile. ⋄

Definizione 5.2. L’insieme costruito nel Teorema 5.1 viene chiamato insiemedi Vitali.

Osservazione 5.3. Si noti che nella costruzione dell’insieme di Vitali, il ruolodell’assioma della scelta e fondamentale. Se si considera la teoria degli insiemisenza tale assioma, e possibile costruire un modello della teoria in cui tutti isottoinsiemi di R sono L1–misurabili (cfr. [9]).

Si potrebbe sperare che l’insieme di Vitali costituisca una sorta di eccezionealla regola, ma purtroppo non e cosı, come mostra il seguente Corollario.

Corollario 5.4. Valgono i seguenti fatti:

(i) per ogni insieme A ⊆ Rd tale che θd(A) > 0 esiste W ⊆ A tale che W none Ld–misurabile;

(ii) per ogni t > 0 esiste un insieme W non Ld–misurabile tale che θd(W ) = t.

Dimostrazione. (i) Se A non e Ld–misurabile, basta prendere W = A. Sup-poniamo quindi che A sia Ld–misurabile. Se A = [0,1[, si tratta del Teore-ma 5.1. Per mostrarlo nel caso generale, procediamo per passi: prima mostria-mo una proprieta di V che segue dal Teorema 5.1, poi costruiamo l’insieme Wper A ⊆ [0,1[ e infine lo costruiamo per A generico.

(a) Mostriamo che se F ∈ Md e F ⊆ V , allora Ld(F ) = 0. Infatti, sappiamoche per ogni N ∈ N e per ogni scelta di q1, . . . , qN ∈ Qd∩ [0,1[ elementi distinti,gli insiemi F + qi sono disgiunti, essendo disgiunti gli insiemi V + qi. Inoltre,per ogni i si ha F + qi ⊆ V + qi ⊆ [0,2[ e quindi

2d = θd([0,2[ ) ≥ θd

(N⋃

i=1

(F + qi)

)=

N∑

i=1

θd(F + qi) = Nθd(F ) .

Ne segue che Ld(F ) = θd(F ) ≤ 2d/N e quindi, passando al limite N → ∞, cheLd(F ) = 0.

(b) Sia ora A ⊆ [0,1[ con Ld(A) > 0 e definiamo, per ogni q ∈ Qd, Fq =A ∩ (V + q). Avendo provato che gli insiemi V + q ricoprono Rd, avremo ancheche gli insiemi Fq ricoprono A. Se ora tutti gli insiemi Fq fossero Ld–misurabili,si avrebbe che per ogni q ∈ Qd

Ld(Fq) = Ld(Fq − q) = Ld((A− q) ∩ V) = 0 ,

visto che (A− q)∩V risulterebbe Ld–misurabile e contenuto in V . Ma a questopunto si avrebbe

0 ≤ Ld(A) = Ld

q∈Qd

Fq

q∈Qd

Ld(Fq) = 0 ,

48

Page 49: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

in contraddizione con l’ipotesi Ld(A) > 0. Quindi esiste q ∈ Qd tale che Fq none Ld–misurabile, e quindi possiamo porre W = A ∩ (V + q).

(c) Sia ora A ⊆ Rd qualunque con Ld(A) > 0. Ponendo Ak = A∩ [k− 1, k[ perogni k ∈ Zd, si ha A =

⋃k∈Zd Ak e dunque

0 < Ld(A) =∑

k∈Zd

Ld(Ak) .

Esiste quindi k ∈ Zd tale che Ld(Ak) > 0 e si ha che Ak − k ⊆ [0,1[ e cheLd(Ak−k) = Ld(Ak) > 0. Sia quindiW ′ ⊆ Ak−k un insieme non Ld–misurabilecostruito come in (b). Allora W = W ′ + k e anch’esso non Ld–misurabile e siha

W ⊆ (Ak − k) + k = A ,

e abbiamo completato (i).

(ii) Sia B un qualunque insieme non Ld–misurabile, costruito come nel Teore-ma 5.1 o come nella parte (i). In particolare, si ha θd(B) > 0, visto che gliinsiemi con misura nulla sono tutti Ld–misurabili. Per ogni t > 0 poniamo

W = d

√t

θd(B)B .

Ricordando la Proposizione 4.5, si ha dunque che W non e Ld–misurabile e che

θd(W ) =

(d

√t

θd(B)

)d

θd(B) = t ,

e quindi ha tutte le proprieta richieste. ⋄In effetti, si possono costruire insiemi con proprieta ancora piu inattese, come

mostra il prossimo risultato in R.

Teorema 5.5. Esiste un insieme D ⊆ R tale che D ∩ F e non L1–misurabileper ogni F ∈ M1 con L1(F ) > 0. In altre parole, L1 e concentrata sia su D chesu R \D e, quindi, per ogni F ⊆ R L1–misurabile si ha

L1(F ) = θ1(F ∩D) = θ1(F \D) .

Per una costruzione dell’insieme D richiesto nel Teorema 5.5 si veda [5](134D).

49

Page 50: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

6 Insieme di Cantor e funzione di Cantor–Vitali

Esercizio 34. Si consideri la successione di insiemi definita da

Co = [0, 1]

C1 =

[0,

1

3

]∪[2

3, 1

]

C2 =

[0,

1

9

]∪[2

9,1

3

]∪[2

3,7

9

]∪[8

9, 1

]

ecc... Dato Cn definito come l’unione di 2n intervalli chiusi disgiunti Ij dilunghezza 3−n, si divida ciascun intervallo Ij in tre parti uguali Ij,1, Ij,2, Ij,3e si costruisca Cn+1 come l’unione delle chiusure degli intervalli Ij,1, Ij,3, chesono 2n+1 intervalli chiusi disgiunti di lunghezza 3−n−1. Definito l’ insieme diCantor come l’insieme

C =⋂

n∈N

Cn ,

mostrare che C e L1–misurabile e che L1(C) = 0.

Osservazione 6.1. Tra le altre proprieta di C che non mostriamo esplicita-mente, citiamo

• ♯C = ♯([0, 1]);

• per ogni n ∈ N, tutti gli x ∈ Cn si possono scrivere come∑∞

j=0 xj3−j con

xn ∈ 0, 2;

• tutti gli x ∈ C si possono scrivere come∑∞

j=0 xj3−j con xj ∈ 0, 2 per

ogni j ∈ N;

• se x ∈ C, allora anche 1− x ∈ C.

Esercizio 35. Siano C l’insieme di Cantor introdotto nell’Esercizio 34 e I ⊆ Run intervallo. Mostrare che se I ⊆ C, allora I contiene al piu un punto.

Esercizio 36. Indicando con Cn gli insiemi definiti nell’Esercizio 34, si consi-deri per ogni n ∈ N la funzione fn : [0, 1] → [0, 1] definita da

fn(x) =

(3

2

)n

L1(Cn ∩ [0, x]) .

Mostrare che

(i) per ogni n ∈ N, si ha fn(0) = 0 e fn(1) = 1;

(ii) per ogni n ∈ N, fn e costante sui 2n − 1 intervalli che costituiscono [0, 1] \Cn;

(iii) per ogni n ∈ N, fn cresce linearmente con pendenza (3/2)n sugli intervalliche costituiscono Cn;

50

Page 51: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(iv) la successione (fn) converge uniformemente ad una funzione f : [0, 1] →[0, 1], che chiameremo funzione di Cantor–Vitali;

(v) la funzione limite f trovata al punto precedente e continua, non decrescente,suriettiva e tale che per L1–q.o. x ∈ [0, 1] esiste f ′(x) = 0.

Esercizio 37. Sia (qn) una successione che contiene tutti gli elementi di Q.Per ogni n ∈ N, definiamo

In =]qn − 2−n, qn + 2−n

[,

Gn =⋃

k≥n

Ik , Fn = R \Gn .

Mostrare che Fn e una successione di chiusi tali che la misura del complementaree piccola a piacere, ma nessun intervallo (non vuoto) e contenuto in Fn.

Esercizio 38. Mostrare che

C − C = x− y ; x, y ∈ C = [−1, 1] ,

C + C = x+ y ; x, y ∈ C = [0, 2] .

51

Page 52: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

7 Funzioni misurabili

Definizione 7.1. Siano X,Y insiemi, Σ una σ–algebra in P(X), T una σ–algebra in P(Y ) e f : X → Y una funzione. Allora diremo che f e una funzione(Σ, T )–misurabile se per ogni E ∈ T si ha f−1(E) ∈ Σ.

Definizione 7.2. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, Y uno spazio topologicoe f : X → Y una funzione. Allora diremo che f e una funzione Σ–misurabile(o solo funzione misurabile se e chiaro a quale σ–algebra ci si riferisce) se e(Σ,B(Y ))–misurabile, ossia se per ogni B sottoinsieme boreliano di Y si ha

f−1(B) = x ∈ X ; f(x) ∈ B ∈ Σ .

Osservazione 7.3. Nel caso in cui µ sia stata ottenuta con il metodo di Ca-ratheodory da una misura esterna µ∗, e dunque Σ sia costituita dagli insiemiµ∗–misurabili, diremo a volte che la funzione e µ∗–misurabile o µ–misurabile,anche se tecnicamente la misurabilita dipende solo dalla σ–algebra e non dallamisura definita su di essa. In questo caso, la Definizione 7.2 puo anche essereriformulata come segue: f : X → Y e µ∗–misurabile se per ogni E sottoinsiemeboreliano di Y si ha f−1(E) µ∗–misurabile.

Proposizione 7.4. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, Y uno spazio topo-logico e f : X → Y una funzione. Allora sono fatti equivalenti:

(i) f e Σ–misurabile;

(ii) per ogni A sottoinsieme aperto di Y si ha f−1(A) ∈ Σ;

(iii) per ogni C sottoinsieme chiuso di Y si ha f−1(C) ∈ Σ.

Dimostrazione. (ii) =⇒ (i) La famiglia

F =H ⊆ Y ; f−1(H) ∈ Σ

,

e una σ–algebra in P(Y ) (cfr. Esercizio 2). Poiche per ipotesi F contiene tuttigli aperti di Y , allora B(Y ) ⊆ F e quindi f e Σ–misurabile.

(iii) =⇒ (ii) Segue da f−1(A) = X \ f−1(Y \A) e Y \A chiuso.

(i) =⇒ (iii) Ovvio visto che i chiusi sono boreliani. ⋄

Proposizione 7.5. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura e f : X → R unafunzione. Allora sono fatti equivalenti:

(i) f e Σ–misurabile;

(ii) f−1([−∞, α[ ) ∈ Σ per ogni α ∈ R;

(iii) f−1([−∞, α]) ∈ Σ per ogni α ∈ R;

(iv) f−1( ]α,+∞]) ∈ Σ per ogni α ∈ R;

(v) f−1([α,+∞]) ∈ Σ per ogni α ∈ R;

52

Page 53: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(vi) f−1([−∞, q[ ) ∈ Σ per ogni q ∈ Q.

Dimostrazione. (i) =⇒ (ii) Questa implicazione e ovvia visto che gli intervalli[−∞, α[ sono insiemi boreliani.

(ii) =⇒ (vi) Ovvio.

(vi) =⇒ (iii) Scegliamo α ∈ R. Se α = +∞, allora f−1([−∞, α]) = X ∈ Σ.Se invece α < +∞, sia (qn) una successione decrescente in Q che tende ad α.Allora

[−∞, α] =⋂

h∈N

[−∞, qn[ ,

e dunque

f−1([−∞, α]) =⋂

h∈N

f−1([−∞, qn[ ) ,

da cui segue (iii).

(iii) =⇒ (iv) Basta osservare che

f−1( ]α,+∞]) = X \ f−1([−∞, α]) .

(iv) =⇒ (v) Scegliamo α ∈ R. Se α = −∞, allora f−1([α,+∞]) = X ∈ Σ. Seinvece α > −∞, si ha

[α,+∞] =⋂

h∈N

]α− 1

h,+∞

],

e quindi

f−1([α,+∞]) =⋂

h∈N

f−1

(]α− 1

h,+∞

]),

da cui segue (v).

(v) =⇒ (i) Essendo, per ogni s, t ∈ R

[s, t] = [s,+∞] \(⋃

h∈N

[t+

1

h,+∞

]),

si ha anche

f−1([s, t]) = f−1([s,+∞]) \⋃

h∈N

f−1

([t+

1

h,+∞

]),

e quindi f−1([s, t]) ∈ Σ per ogni intervallo [s, t]. Poiche tali intervalli generanol’intera σ–algebra B(R), si conclude che per ogni boreliano H si avra f−1(H) ∈Σ. ⋄

Esempio 7.6. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, Y uno spazio topologico ef : X → Y una funzione costante. Allora f e Σ–misurabile.

Definizione 7.7. Siano X,Y spazi topologici e f : X → Y una funzione. Alloradiremo che f e una funzione boreliana se e B(X)–misurabile. Inoltre, nel casoin cui X = Rd, diremo che f e una funzione Lebesgue misurabile (o misurabilesecondo Lebesgue) se e Ld–misurabile.

53

Page 54: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esempio 7.8. Siano X spazio topologico e f : X → R una funzione semiconti-nua inferiormente o superiormente. Allora f e boreliana.

Esempio 7.9. Siano X,Y spazi topologici e f : X → Y una funzione continua.Allora f e boreliana.

Esempio 7.10. Siano Y uno spazio topologico e f : Rd → Y una funzioneboreliana. Allora f e Lebesgue misurabile.

Nel seguito vedremo che esistono funzioni Lebesgue misurabili che non sonoboreliane.

Esempio 7.11. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, Y uno spazio topologicoe f : X → Y una funzione Σ–misurabile. Allora, indicata con µ∗ la misuraesterna costruita a partire da µ, f e µ∗–misurabile.

Esempio 7.12. Sia f : R → R monotona crescente o decrescente. Allora f eboreliana.

Esercizio 39. Mostrare che le funzioni degli Esempi 7.6, 7.8, 7.9, 7.10, 7.11 e7.12 sono effettivamente misurabili e/o boreliane come affermato.

Teorema 7.13. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, Y1, Y2 spazi topologici ef : X → Y1, h : Y1 → Y2 funzioni. Se f e Σ–misurabile e h e boreliana, allorah f : X → Y2 e Σ–misurabile.

Dimostrazione. Preso B ∈ B(Y2) si ha h−1(B) ∈ B(Y1), perche h e boreliana.Ma allora, essendo f Σ–misurabile, h f−1(B) = f−1(h−1(B)) ∈ Σ e quindih f e Σ–misurabile. ⋄

Definizione 7.14. Siano X un insieme ed E ⊆ X. Definiamo la funzionecaratteristica di E come la funzione χE : X → R definita da

χE(x) =

1 se x ∈ E0 altrimenti

Proposizione 7.15. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura ed E ⊆ X. AlloraχE e Σ–misurabile se e solo se E ∈ Σ.

Dimostrazione. Supponiamo che χE sia Σ–misurabile. AlloraE = χ−1E ( ]1/2,+∞])

e in Σ. Viceversa, supponiamo che E ∈ Σ, allora

χ−1E ( ]α,+∞]) =

X se α < 0E se 0 ≤ α < 1∅ altrimenti

e dunque χE risulta Σ–misurabile. ⋄

54

Page 55: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esempio 7.16. Consideriamo la funzione di Cantor–Vitali f : [0, 1] → [0, 1]introdotta nell’Esercizio 36. Ricordiamo che f e continua, crescente (non stret-tamente), suriettiva e soddisfa f(0) = 0 e f(1) = 1. Poniamo ora

g :

[0, 1] → [0, 1]

x 7→ x+ f(x)

2

Allora g e continua, strettamente crescente e tale che g(0) = 0 e g(1) = 1.Quindi, g e biiettiva e la sua inversa g−1 : [0, 1] → [0, 1] e anch’essa continua,e dunque boreliana. Indichiamo ora con C l’insieme di Cantor e assumiamo diavere mostrato che g(C) e chiuso e tale che L1(g(C)) = 1/2 (cfr. Esercizio 40).Per il Teorema 5.5 esiste D ⊆ R tale che

θ1(D ∩ g(C)) = θ1(g(C) \D) = L1(g(C)) =1

2.

A questo punto l’insieme A = D ∩ g(C) non e misurabile perche

θ1(A) + θ1(g(C) \A) > θ1(g(C)) ,

ma g−1(A) e L1–misurabile perche g−1(A) ⊆ C e L1 e una misura completa.L’insieme B = g−1(A) appena costruito e importante perche:

• B e L1–misurabile ma non e boreliano (se fosse B boreliano, essendo g−1

boreliana e biiettiva e valendo

A = x ∈ R ; g−1(x) ∈ B = (g−1)−1(B) ,

avremmo che ancheA deve essere boreliano e questo e una contraddizione);

• χB e L1–misurabile, ma non boreliana;

• h = χB e L1–misurabile, ma χA = h g−1 non e L1–misurabile e que-sto mostra che le ipotesi su f, g nel Teorema 7.13 non possono esserescambiate.

In particolare, l’esistenza di B mostra anche che L1|B(R)

non e completa, visto

che B e non boreliano ma contenuto in C che e boreliano e L1–negligible.

Esercizio 40. Definita g come in 7.16, mostrare che g(C) e chiuso e tale cheL1(g(C)) = 1/2.

Esercizio 41. Sia f : X → R Σ–misurabile. Mostrare che per ogni α ∈ R, siha

f−1(α) ∈ Σ .

Mostrare anche, tramite un controesempio, che non vale il viceversa: ossia chef−1(α) ∈ Σ per ogni α ∈ R non basta per assicurare che f sia Σ–misurabile.

55

Page 56: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Proposizione 7.17. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura e (fh) : X → R unasuccessione di funzioni Σ–misurabili. Allora le funzioni definite per ogni x ∈ Xda (

suph∈N

fh

)(x)

.= sup

h∈N

fh(x) ,

(infh∈N

fh

)(x)

.= inf

h∈Nfh(x) ,

(lim sup

h∈N

fh

)(x)

.= lim sup

h∈N

fh(x) ,

(lim infh∈N

fh

)(x)

.= lim inf

h∈Nfh(x) ,

sono Σ–misurabili. Inoltre, se per ogni x ∈ X esiste f(x).= limh fh(x), allora

f e Σ–misurabile.

Dimostrazione. La Σ–misurabilita segue dalla Proposizione 7.5 osservandoche (

suph∈N

fh

)−1

([−∞, α]) =⋂

h∈N

f−1h ([−∞, α]) ,

(infh∈N

fh

)−1

([−∞, α]) =⋃

h∈N

f−1h ([−∞, α]) .

Da queste segue poi che

lim infh

fh = supk

(infh≥k

fh

), lim sup

hfh = inf

k

(suph≥k

fh

),

sono anch’esse funzioni Σ–misurabili. Infine, se esiste limh fh, si ha che

limhfh = lim inf

hfh = lim sup

hfh ,

e quindi e una funzione Σ–misurabile. ⋄

Corollario 7.18. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura e f, g : X → R duefunzioni Σ–misurabili. Allora le funzioni maxf(x), g(x), minf(x), g(x),

s(x) =

f(x) + g(x) se la somma e definita

0 altrimenti

λf(x) per λ ∈ R, f(x) · g(x), f(x)/g(x), f+(x) = maxf(x), 0, f−(x) =max−f(x), 0 e |f(x)| sono Σ–misurabili.

Dimostrazione. (a) Prendendo le successioni fo = f e fh ≡ g per h ≥ 1, laΣ–misurabilita del massimo e del minimo tra f e g segue da quella del sup edell’inf.

(b) Consideriamo prima il caso in cui f, g sono a valori in R, e dunque s = f+g.Allora, dato x tale che f(x) + g(x) > α, allora esiste q ∈ Q tale che

f(x) > q > α− g(x) .

Quindi si ha

(f + g)−1( ]α,+∞]) =⋃

q∈Q

(f−1( ]q,+∞]) ∩ g−1( ]α− q,+∞])

),

56

Page 57: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e quindi s = (f + g) e Σ–misurabile.

(c) Nel caso di f, g a valori in R, poniamo per ogni h ∈ N

fh = minmaxf,−h, h , gh = minmaxg,−h, h .

Tali funzioni coincidono con f e g quando |f | ≤ h e |g| ≤ h, sono a valori in Re si ha fh + gh = 0 in tutti i punti in cui f + g non e definita. Per (a) e (b), lefunzioni fh, gh sono Σ–misurabili e dunque lo e anche fh + gh. Inoltre,

s(x) = limh(fh + gh) ,

e quindi anche s e Σ–misurabile. La Σ–misurabilita di f+, f− e |f | = f+ + f−

segue ora dalle proprieta precenti.

(d) Preso λ ∈ R \ 0, si ha

(λf)−1( ]α,+∞]) = f−1( ]α/λ,+∞]) ,

se λ > 0 o(λf)−1( ]α,+∞]) = f−1([−∞, α/λ[ ) ,

se λ < 0. Quindi λf e Σ-misurabile. Il risultato vale anche nel caso di λ = 0,visto che λf risulta la funzione costantemente nulla.

(e) Dobbiamo ora mostrare che fg e Σ–misurabile. Consideriamo prima il casoin cui f, g sono a valori in R. Osserviamo che per ogni α ∈ R,

(f2)−1( ]α,+∞]) = f−1( ]√α,+∞]) ∪ f−1([−∞,−√

α[ ) ,

se α ≥ 0 ed e vuoto se α < 0. In entrambi i casi appartiene a Σ e dunque f2 eΣ–misurabile. Quindi risulta anche

fg =1

2(f + g)2 +

(− 1

2f2

)+

(− 1

2g2),

Σ–misurabile.

(f) Nel caso di f, g a valori in R, definiamo fh, gh come in (c). Allora, fh · gh eΣ–misurabile e lo e anche

f · g = limhfh · gh ,

e la dimostrazione per fg e conclusa.

(g) Resta da mostrare che f/g e Σ–misurabile. Grazie a (e)–(f) e sufficientemostrare che 1/g e Σ–misurabile. Osserviamo che siccome

Go = x ∈ X ; g(x) = 0 = g−1(0) ∈ Σ ,

e, per ogni α ∈ R, si ha

(1/g)−1( ]α,+∞]) = (1/g)−1( ]α,+∞[ ) ∪Go ,

e sufficiente mostrare(1/g)−1( ]α,+∞[ ) ∈ Σ ,

57

Page 58: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

per ogni α ∈ R. Se α > 0 si ha

(1/g)−1( ]α,+∞[ ) =

x ∈ X \Go ; 0 ≤ g(x) <

1

α

=

x ∈ X ; 0 < g(x) <

1

α

= g−1([−∞, 1/α[ ) \ g−1([−∞, 0]) .

E se α ≤ 0 si ha

(1/g)−1( ]α,+∞[ ) = x ∈ X \Go ; g(x) ≥ 0 ∪x ∈ X \Go ; g(x) <

1

α

= x ∈ X ; g(x) > 0 ∪x ∈ X ; g(x) <

1

α

= g−1( ]0,+∞]) ∪ g−1([−∞, 1/α[ ) .

In ciascun caso, (1/g)−1( ]α,+∞[ ) ∈ Σ segue dalla Σ–misurabilita di g. ⋄

Esercizio 42. Sia f : R → R una funzione derivabile. Allora f ′ e boreliana.

Lemma 7.19. Siano X insieme e Σ una σ–algebra in P(X). Fissato d ∈ Nsiano f1, . . . , fd funzioni Σ–misurabili definite su X a valori in R. Allora lafunzione f : X → Rd definita da f(x) = (f1(x), . . . , fd(x)) e Σ–misurabile.

La dimostrazione di questo Lemma si trova, ad esempio, in [5] (121K).

Teorema 7.20. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, Y spazio normato didimensione finita su un campo F (che puo essere R o C) e f : X → Y unafunzione ed f (j) le sue componenti rispetto ad una base di Y . Allora sono fattiequivalenti:

(i) f e Σ–misurabile;

(ii) ogni f (j) : X → F e Σ–misurabile.

In particolare, f : X → C e Σ–misurabile se e solo se Re(f) e Im(f) sonoΣ–misurabili.

Dimostrazione. Se f e Σ–misurabile, allora anche le componenti f (j) sono Σ–misurabili in quanto composizione della proiezione π(j) : Y → F, che e continuae quindi boreliana, con f .

Viceversa, sia d = dim(Y ), e1, . . . , ed una base di Y e assumiamo che perogni j ∈ 1, . . . , d le componenti f (j) : X → F siano Σ–misurabili. Allora

f =∑d

j=0 f(j)ej e la composizione delle seguenti funzioni

τ1 :

X → Rd

x 7→ (f (1)(x), . . . , f (d)(x))τ2 :

Rd → Y

(ξ1, . . . , ξd) 7→ ∑dj=0 ξjej

con τ1 Σ–misurabile per il Lemma 7.19 e τ2 continua. Ma allora f = τ2 τ1 eΣ–misurabile per il Teorema 7.13. ⋄

58

Page 59: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Definizione 7.21. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, D ⊆ X e f : D → Runa funzione. Diremo che f e una funzione misurabile se f e ΣD–misurabile.

Teorema 7.22. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, Y uno spazio topologico,D ⊆ X e f : D → Y una funzione. Allora f e ΣD–misurabile se e solo se esisteh : X → R Σ–misurabile tale che h|D = f .

Non dimostriamo qui questo Teorema, ma la costruzione della funzione h sipuo trovare in [5] (121I)

Corollario 7.23. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, Y uno spazio topologico,D ⊆ X e f : D → Y una funzione. Se D ∈ Σ allora sono fatti equivalenti

(i) f e ΣD–misurabile;

(ii) la funzione

f(x) =

f(x) se x ∈ D0 altrimenti

e Σ–misurabile.

Dimostrazione. Supponiamo che f sia ΣD–misurabile e sia h la funzioneΣ–misurabile che si ottiene dal Teorema 7.22. Allora

f = h · χD ,

con χD Σ–misurabile, quindi anche f e Σ–misurabile.

Se invece f e Σ–misurabile, allora basta applicare il Teorema 7.22 con h = fper concludere che f e ΣD–misurabile. ⋄

Esercizio 43. Siano X un insieme ed E,F ⊆ X. Mostrare che:

(i) χX\E = 1− χE;

(ii) χE∩F = χEχF ;

(iii) χE∪F = χE + χF − χEχF = χE + χF − χE∩F ;

(iv) se E ∩ F = ∅, allora χE∪F = χE + χF ;

Teorema 7.24. Siano D ⊆ R e f : D → R una funzione. Allora l’insieme

E = x ∈ D ; f e continua in x ,

e relativamente boreliano in D (ossia e l’intersezione di D con un boreliano diR) e l’insieme

F = x ∈ D ; f e derivabile in x ,e un boreliano di D. Infine f ′ : F → R e una funzione boreliana.

59

Page 60: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. (a) Per ogni k ∈ N, poniamo

Gk =]a, b[ ; a, b ∈ R, |f(x)− f(y)| ≤ 2−k per ogni x, y ∈ D∩ ]a, b[

,

eGk =

]a,b[∈Gk

]a, b[ .

Allora Gk e aperto, in quanto unione di intervalli aperti, e Eo =⋂

k∈NGk eun boreliano di R. Ma allora, essendo E = D ∩ Eo, si avra E relativamenteboreliano in D.

(b) Ricordiamo innanzi tutto che affinche f sia derivabile in x, x deve apparte-nere ad IntD. Per ogni p, q, q′ ∈ Q e per ogni k ∈ N poniamo H(k, p, q, q′) = ∅se ]q, q′[ 6⊆ D e

H(k, p, q, q′) =

x ∈ E∩ ]q, q′[ ;

∣∣∣∣f(y)− f(x)

y − x− p

∣∣∣∣ ≤ 2−k

per ogni y ∈ ]q, q′[\x,

se ]q, q′[⊆ D. Se riusciamo a dimostrare che

H(k, p, q, q′) = E∩ ]q, q′[∩H(k, p, q, q′) , F =⋂

k∈N

p,q,q′∈Q

H(k, p, q, q′) ,

allora siamo a posto, perche la prima uguaglianza ci assicura che H(k, p, q, q′) eboreliano (visto che E lo e, per (a)) e quindi la seconda ci assicura che F stessoe boreliano.

(c) Mostriamo che H(k, p, q, q′) = E∩ ]q, q′[∩H(k, p, q, q′). Cominciamo pren-dendo x ∈ E∩ ]q, q′[∩H(k, p, q, q′) e sia (xn) successione in H(k, p, q, q′) tale chexn → x. Preso un qualunque y ∈ ]q, q′[, esiste N ∈ N tale che per n ≥ N siabbia xn ∈]y, x] (risp. xn ∈ [x, y[) se y < x (risp. se y > x). In particolare,y 6= xn per n ≥ N e, per la continuita di f , si ha

|f(y)− f(x)− p(y − x)| = limn

|f(y)− f(xn)− p(y − xn)| ≤ 2−k ,

quindi x ∈ H(k, p, q, q′). E questo prova la prima uguaglianza.

(d) Mostriamo che F =⋂

k∈N

⋃p,q,q′∈QH(k, p, q, q′). Cominciamo prendendo

x ∈ F , ossia assumiamo che f sia derivabile in x e indichiamo con λ la suaderivata. Fissiamo k ∈ N. Allora esiste δ ∈ ]0, 1] tale che

]x− δ, x+ δ[⊆ D ,

∣∣∣∣f(x+ h)− f(x)

h− λ

∣∣∣∣ ≤ 2−k−1 ,

per ogni h tale che 0 < |h| < δ. Inoltre, esiste p ∈ Q tale che |p− λ| < 2−k−1.Se ora scegliamo q ∈ Q∩ ]x− δ, x[ e q′ ∈ Q∩ ]x, x+ δ[, si ottiene x ∈ E∩ ]q, q′[ eper ogni y ∈ ]q, q′[ \x∣∣∣∣f(y)− f(x)

y − x− p

∣∣∣∣ ≤∣∣∣∣f(y)− f(x)

y − x− λ

∣∣∣∣+ |λ− p| < 2−k−1 + 2−k−1 = 2−k ,

60

Page 61: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

ossia x ∈ H(k, p, q, q′) ⊆ ⋃p,q,q′∈QH(k, p, q, q′). Per l’arbitrarieta di k e di x,

segue dunque che F ⊆ ⋂k∈N

⋃p,q,q′∈QH(k, p, q, q′).

Prendiamo ora x ∈ ⋂k∈N

⋃p,q,q′∈QH(k, p, q, q′). Per ogni k ∈ N siano pk, qk, q

′k ∈

Q tali che x ∈ H(k, pk, qk, q′k). Come prima cosa, vogliamo provare che (pk) e

una successione di Cauchy. Infatti, essendo x ∈ ]qk, q′k[ che e aperto, troveremo

sempre h 6= 0 abbastanza piccolo da avere x+ h ∈ ]qk, q′k[⊆ D e

∣∣∣∣f(x+ h)− f(x)

h− pk

∣∣∣∣ ≤ 2−k .

Quindi |pk − pm| ≤ 2−k + 2−m che puo essere reso piccolo a piacere.Indicando quindi λ = limk pk, avremo che

∣∣∣∣f(x+ h)− f(x)

h− λ

∣∣∣∣ ≤ 2−k + |λ− pk|

per ogni h 6= 0 tale che x + h ∈ ]qk, q′k[. Quindi f ′(x) esiste (e vale λ), ossia

x ∈ F . Questo completa la dimostrazione che F e un boreliano.

(e) Sia ora (pi, qi, q′i) un’enumerazione di Q3 e poniamo per ogni k, i ∈ N

H ′ki = H(k, pi, qi, q

′i) \

j<i

H(k, pj, qj , q′j) .

Allora ciascun H ′ki e un boreliano e (H ′

ki)i e una successione disgiunta di insiemitali che per ogni k si ha

F ⊆⋃

i∈N

H(k, pi, qi, q′i) =

i∈N

H ′ki .

Osserviamo che se x ∈ F ∩ H(k, p, q, q′) allora, passando al limite per y → xin the definition of H(k, p, q, q′), si ha |f ′(x) − p| ≤ 2−k. Dunque, ponendofk(x) = pi per x ∈ F ∩ H ′

ki otteniamo una funzione boreliana fk tale che|f(x) − fk(x)| ≤ 2−k per ogni x ∈ F . Ma questo significa che f = limk fk equindi f e anch’essa boreliana. ⋄

61

Page 62: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

8 Integrazione

Nel corso di questa sezione si considerera sempre fissato uno spazio di misura(X,Σ, µ).

Definizione 8.1. Sia f : X → R una funzione. Diremo che f e una funzioneΣ–semplice (o funzione µ–semplice o funzione semplice) se f e Σ–misurabile ef(X) ha cardinalita finita.

Proposizione 8.2. Valgono i seguenti fatti:

(i) se f, g : X → R sono Σ–semplici e λ ∈ R, allora f + g, fg e λf sonofunzioni Σ–semplici;

(ii) se f : X → R e costante, allora f e Σ–semplice.

(iii) se E e Σ–misurabile, allora χE e Σ–semplice.

(iv) se f : X → R e Σ–semplice, allora esistono ao, . . . , an reali in f(X) eEo, . . . , En insiemi in Σ tali che

f(x) =

n∑

j=0

ajχEj(x) , ∀x ∈ X . (7)

Dimostrazione. Le proprieta (i), (ii) e (iii) sono evidenti. Per mostrare (iv),indichiamo

f(X) = ao, . . . , an ,con ai 6= aj quando i 6= j, e poniamo

Ei = f−1(ai) .

Allora, poiche f e Σ–misurabile, ciascun insieme

Ei = X \(f−1([−∞, ai[ ) ∪ f−1( ]ai,+∞])

)

appartiene a Σ. Inoltre, per ogni x ∈ X

f(x) =

n∑

j=0

ajχEj(x) ,

e la dimostrazione e completa. ⋄

Osservazione 8.3. La scelta dei numeri ao, . . . , an e degli insiemi Eo, . . . , En

fatta nella dimostrazione della Proposizione 8.2 e detta rappresentazione stan-dard della funzione semplice f . In generale, questa non e l’unica rappresentazio-ne che se ne puo dare, visto che ad esempio ciascun Ej insieme potrebbe esseresuddiviso in parti Ej,1, . . . , Ej,m tutte corrispondenti al valore tj , ma e l’unica7

a consistere di insiemi disgiunti e costanti distinte. Nel seguito, ogni volta cheuseremo una rappresentazione (7) per una funzione semplice f , si intendera chee la sua rappresentazione standard.

7Ovviamente a meno di permutazioni degli indici.

62

Page 63: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Teorema 8.4. Sia f : X → [0,+∞] una funzione Σ–misurabile. Allora esistono(th) successione in R e (Eh) successione in Σ tali che

∞∑

h=0

th = supx∈X

f(x) ,

e, per ogni x ∈ X, si abbia

f(x) =

∞∑

h=0

thχEh(x) .

In particolare, fk =∑k

h=0 thχEhe una successione di funzioni Σ–semplici che

converge puntualmente a f .

Dimostrazione. Se sup f = +∞, prendiamo th = 1h+1 , altrimenti th = sup f

2h+1 .In entrambi i casi si ha

∞∑

h=0

th = sup f ,

e, per ogni k ∈ N

tk ≤∞∑

h=k+1

th .

Poniamo ora, ricorsivamente,

Eo = x ∈ X ; f(x) ≥ to ,

e, per h ≥ 1,

Eh =

x ∈ X ; f(x)−

h−1∑

j=0

tjχEj(x) ≥ th

.

Per induzione, e semplice mostrare che per ogni h

f ≥h∑

j=0

tjχEj,

e quindi, passando al limite per h→ ∞, che

f ≥∞∑

j=0

tjχEj. (8)

Dobbiamo ora mostrare la disuguaglianza opposta. Notiamo che, se x /∈ Ek perqualche k ∈ N, non si puo poi avere x ∈ Eh per ogni h ≥ k + 1. Infatti se perassurdo x ∈ Eh per ogni h ≥ k + 1, si avrebbe

f(x) <k−1∑

j=0

tjχEj(x) + tk ≤

k−1∑

j=0

tjχEj(x) +

∞∑

j=k+1

tj

≤k−1∑

j=0

tjχEj(x) +

∞∑

j=k+1

tjχEj(x) =

∞∑

j=0

tjχEj(x) ,

63

Page 64: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

in contraddizione con (8). Quindi, fissato x ∈ X , si possono avere solo due casi:o x ∈ ⋂h∈NEh, o esiste una successione di indici (kj) con kj → ∞ e x /∈ Ekj

.Nel primo caso, si ha

f(x) ≤ sup f =

∞∑

h=0

th =

∞∑

h=0

thχEh(x) ,

e nel secondo, per ogni j ∈ N

f(x) <

kj−1∑

h=0

thχEh(x) + tkj

.

Poiche per costruzione si ha tkj→ 0 quando j → ∞, passando al limite per

j → ∞ si ottiene

f(x) ≤∞∑

h=0

thχEh(x) .

In entrambi i casi

f(x) =∞∑

h=0

thχEh(x) ,

e quindi la dimostrazione e completa. ⋄

Definizione 8.5. Sia f =∑k

h=0 thχEhuna funzione Σ–semplice. Allora defi-

niamo integrale di f rispetto a µ la quantita

∫f dµ

.=

k∑

h=0

thµ(Eh) .

Proposizione 8.6. Siano f, g : X → [0,+∞[ funzioni Σ–semplici e λ ≥ 0.Allora ∫

f + g dµ =

∫f dµ+

∫g dµ ,

∫λf dµ = λ

∫f dµ .

Inoltre, se f ≤ g si ha ∫f dµ ≤

∫g dµ ,

e vale ∫f dµ = sup

∫ϕdµ ; 0 ≤ ϕ ≤ f, ϕ e Σ–semplice

.

Dimostrazione. (a) Detti σh, τh, ωh gli elementi distinti che compongonof(X), g(X) e (f + g)(X) rispettivamente e posti

Eh = f−1(σh) , Fh = g−1(τh) , Gh = (f + g)−1(ωh) ,

si ha f =∑k

h=0 σhχEhe g =

∑mh=0 τhχFh

e f + g =∑p

h=0 ωhχGh. Allora per

ogni h, i, j o si ha Eh ∩ Fi ∩Gj = ∅, oppure ωj = σh + τi. In ogni caso, quindi,si ha

ωjχEh∩Fi∩Gj= (σh + τi)χEh∩Fi∩Gj

,

64

Page 65: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

che implica

ωjµ(Eh ∩ Fi ∩Gj) = (σh + τi)µ(Eh ∩ Fi ∩Gj) .

Inoltre, gli insiemi Eh, Fi, Gj formano ciascuno un ricoprimento disgiunto diX , quindi anche gli insiemi Eh ∩ Fi ∩ Gj ; i, j, k formano un ricoprimentodisgiunto di X .

∫f + g dµ =

p∑

h=0

ωhµ(Gh) =

p∑

h=0

ωh

k∑

i=0

m∑

j=0

µ(Gh ∩ Ei ∩ Fj)

=

p∑

h=0

k∑

i=0

m∑

j=0

σiµ(Gh ∩ Ei ∩ Fj) +

k∑

i=0

m∑

j=0

τjµ(Gh ∩ Ei ∩ Fj)

=

k∑

i=0

σi

p∑

h=0

m∑

j=0

µ(Gh ∩ Ei ∩ Fj)

+

m∑

j=0

τj

(p∑

h=0

k∑

i=0

µ(Gh ∩ Ei ∩ Fj)

)

=k∑

i=0

σiµ(Ei) +m∑

j=0

τjµ(Fj) =

∫f dµ+

∫g dµ .

(b) Detti σ1, . . . , σk gli elementi distinti che compongono f(X) e posti

Eh = f−1(σh) ,si ha che λf(X) = λσ1, . . . , λσk e

λf−1(λσh) = Eh .

Quindi

∫λf dµ =

k∑

h=0

(λσh)µ(Eh) = λ

k∑

h=0

σhµ(Eh) = λ

∫f dµ .

(c) Se f ≤ g, allora g − f e positiva e Σ–semplice quindi, ricordando (a), siconclude che ∫

f dµ ≤∫f dµ+

∫g − f dµ =

∫g dµ .

(d) Infine, poniamo

c = sup

∫ϕdµ ; 0 ≤ ϕ ≤ f, ϕ e Σ–semplice

.

Essendo 0 ≤ f ≤ f , si ha∫f dµ ≤ c. Allo stesso tempo, per (c) si avra∫ϕdµ ≤

∫f dµ ,

ogni volta che ϕ e Σ–semplice e 0 ≤ ϕ ≤ f , e quindi passando al sup si ottienec ≤

∫f dµ. Ossia vale l’uguaglianza cercata. ⋄

65

Page 66: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Definizione 8.7. Sia f : X → [0,+∞] una funzione Σ–misurabile. Definiamointegrale di f rispetto a µ la quantita

∫f dµ

.= sup

∫ϕdµ ; 0 ≤ ϕ ≤ f, ϕ e Σ–semplice

.

Proposizione 8.8. Siano f, g : X → [0,+∞] funzioni Σ–misurabili. Allora, sef ≤ g si ha ∫

f dµ ≤∫g dµ .

Dimostrazione. Se f ≤ g, allora l’insieme∫

ϕdµ ; 0 ≤ ϕ ≤ f, ϕ e Σ–semplice

.

e contenuto nell’insieme∫

ϕdµ ; 0 ≤ ϕ ≤ g, ϕ e Σ–semplice

.

e dunque, passando al sup su entrambi gli insiemi si ottiene la tesi. ⋄

Definizione 8.9. Siano f : X → [0,+∞] una funzione Σ–misurabile e E ∈ Σ.Allora definiamo integrale su E di f rispetto a µ la quantita

E

f dµ.=

∫fχE dµ .

Esercizio 44. Siano f : X → [0,+∞] una funzione Σ–misurabile e E ∈ Σ taleche µ(E) = 0. Mostrare che ∫

E

f dµ = 0 .

Esercizio 45. Siano f, g : X → [0,+∞] funzioni Σ–misurabili. Allora, se f ≤ gµ–q.o. in X si ha ∫

f dµ ≤∫g dµ .

Teorema 8.10 (B. Levi o della convergenza monotona). Sia (fh) : X →[0,+∞] una successione di funzioni Σ–misurabili tale che per ogni h ∈ N siabbia fh ≤ fh+1. Allora la funzione f(x) = limh fh(x) e Σ–misurabile e

∫f dµ = lim

h

∫fh dµ .

Dimostrazione. (a) Innanzi tutto f e Σ–misurabile per la Proposizione 7.17,in quanto limite puntuale di una successione di funzioni Σ–misurabili. Inoltre,essendo la successione crescente, si ha

∫fh dµ ≤

∫f dµ ,

66

Page 67: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

da cui passando al limite per h→ ∞

limh

∫fh dµ ≤

∫f dµ .

(b) Per provare la disuguaglianza opposta, sia ϕ una funzione Σ–semplice con0 ≤ ϕ ≤ f . Fissato λ ∈ ]0, 1[, poniamo

Fh = x ∈ X ; fh(x) ≥ λϕ(x) .

Allora (Fh) e una successione crescente di insiemi µ–misurabili che ricoprono

X .8 Se ϕ =∑k

i=0 tiχEie la rappresentazione standard di ϕ, allora si ha

∫fh dµ ≥

∫fhχFh

dµ ≥∫λϕχFh

dµ =

∫λ

(k∑

i=0

tiχEi

)χFh

dµ =

= λk∑

i=0

ti

∫χEi∩Fh

dµ = λk∑

i=0

tiµ(Ei ∩ Fh) .

Passando al limite per h→ ∞

limh

∫fh dµ ≥ λ

k∑

i=0

tiµ(Ei) = λ

∫ϕdµ .

Ora, passando al limite per λ→ 1−, si ha

limh

∫fh dµ ≥

∫ϕdµ ,

e poi, passando al sup rispetto alle ϕ, si conclude

limh

∫fh dµ ≥

∫f dµ ,

e la dimostrazione e completa. ⋄

Teorema 8.11 (Lemma di Fatou). Sia (fh) : X → [0,+∞] una successionedi funzioni Σ–misurabili. Allora

∫ (lim inf

hfh

)dµ ≤ lim inf

h

∫fh dµ .

Dimostrazione. Postogk = inf

h≥kfh ,

si ha che ogni gk e Σ–misurabile per Proposizione 7.17 e che gk ≤ fk. A questopunto (gk) e una successione crescente di funzioni Σ–misurabili che convergepuntualmente a lim infh fh. Applicando il Teorema 8.10, si deduce che

∫ (lim inf

hfh

)dµ = lim

h

∫gh dµ = lim inf

h

∫gh dµ ≤ lim inf

h

∫fh dµ ,

da cui la tesi. ⋄8Si noti che il λ e indispensabile per essere sicuri che gli Fh ricoprono X! In generale

potrebbero esserci punti in cui ϕ = f ≥ fh per ogni h e solo al limite |ϕ− fh| va a zero.

67

Page 68: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esempio 8.12. Indicando Jn = (0, 1n ], consideriamo la successione di funzioni

Σ–misurabili definita da fn(x) = n2χJn(x). Poiche fn → 0 puntualmente per

n→ ∞ e∫ 1

0 fn dL1 = n per ogni n ∈ N, si ha

∫ 1

0

limnfn dL1 = 0 < +∞ = lim

n

∫ 1

0

fn dL1 ,

e quindi in generale non ci aspetteremo di ottenere l’uguaglianza nel Lemma diFatou.

Grazie a questi due Teoremi di convergenza, possiamo dimostrare le rima-nenti proprieta che uno si aspetta dagli integrali delle funzioni positive.

Proposizione 8.13. Siano f, g : X → [0,+∞] funzioni Σ–misurabili e λ ∈[0,+∞]. Allora ∫

f + g dµ =

∫f dµ+

∫g dµ ,

∫λf dµ = λ

∫f dµ .

Dimostrazione. Siano (fh) e (gh) successioni crescenti di funzioni Σ–sempliciche convergono puntualmente a f e g, rispettivamente (per Teorema 8.4). Allora(fh+gh) e (λfh), con λ < +∞, sono successioni crescenti di funzioni Σ–sempliciche convergono puntualmente a f + g e λf , rispettivamente. Ricordando laProposizione 8.6 e applicando il Teorema 8.10 a ciascuna successione, si deduceche

∫(f + g) dµ = lim

∫(fh + gh) dµ

= limh

∫fh dµ+ lim

h

∫gh dµ =

∫f dµ+

∫g dµ ,

∫λf dµ = lim

∫λfh dµ = λ lim

h

∫fh dµ = λ

∫f dµ ,

da cui la tesi. ⋄

Esercizio 46. Sia (fh) : X → [0,+∞] una successione di funzioni Σ–misurabili.Definiamo f : X → [0,+∞] come la funzione tale che

f(x) =

∞∑

h=0

fh(x) , ∀x ∈ X .

Allora, f e Σ–misurabile e

∫f dµ =

∞∑

h=0

∫fh dµ .

Passiamo ora a definire l’integrale per funzioni a valori reali qualunque (anchenon positive).

68

Page 69: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Definizione 8.14. Sia f : X → R. Diremo che f e una funzione µ–integrabilese f e Σ–misurabile e almeno uno tra

∫f+ dµ e

∫f− dµ

e finito. Se f e una funzione µ–integrabile, definiamo integrale di f rispetto aµ la quantita ∫

f dµ.=

∫f+ dµ−

∫f− dµ .

Diremo infine che f e una funzione µ–sommabile se f e finita su tutto X, f euna funzione µ–integrabile e

∫f dµ < +∞.

Esempio 8.15. Siano xo ∈ X e µ = δxo. Consideriamo una funzione f : X → R

Σ–misurabile. Allora mostriamo che∫f dδxo

= f(xo) .

Infatti, nel caso di f = χE per un insieme E ∈ Σ, la tesi segue da

χE(xo) = δxo(E) =

∫χE dδxo

.

Sia ora f =∑k

j=0 tjχEjuna funzione semplice: si ha

k∑

j=0

tjχEj

dδxo

=

k∑

j=0

tj

(∫χEj

dδxo

)=

k∑

j=0

tjχEj(xo) = f(xo) .

Presa invece una funzione Σ–misurabile positiva f , sia (fk) una successionecrescente di funzioni Σ–semplici che converga puntualmente a f . Allora si ha

∫f dδxo

= limk

∫fk dδxo

= limkfk(xo) = f(xo) .

Sia infine f una funzione Σ–misurabile a valori in R. Allora

∫f dδxo

=

∫f+ dδxo

−∫f− dδxo

= f+(xo)− f−(xo) = f(xo) .

Esempio 8.16. Supponiamo che X = N e µ la counting measure introdottanell’Esempio 2.6. Consideriamo una funzione f : N → [0,+∞] Σ–misurabile.Allora mostriamo che ∫

f dµ =

∞∑

n=0

f(n) .

Innanzi tutto, e immediato verificare che per ogni insieme finito J ⊆ N si ha

µ(J) =∑

x∈J

δx(J) .

69

Page 70: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Fissiamo ora un insieme Ik ⊆ N con µ(Ik) = k, ossia sia Ik un insieme con kelementi, e mostriamo che per ogni funzione Σ–misurabile f si ha

∫fχIk dµ =

x∈Ik

∫f dδx . (9)

Infatti, per ogni funzione caratteristica χE con E ∈ Σ si ha∫χEχIk dµ = µ(E ∩ Ik) =

x∈E∩Ik

δx(E ∩ Ik) =∑

x∈Ik

δx(E) =∑

x∈Ik

∫χE dδx .

Sia ora f =∑m

j=0 tjχEjuna funzione semplice: si ha

m∑

j=0

tjχEj

χIk dµ =

m∑

j=0

tj

(∫χEj

χIk dµ

)

=∑

x∈Ik

m∑

j=0

tj

∫χE dδx

=∑

x∈Ik

m∑

j=0

tjχEj

dδx =

x∈Ik

∫f dδx .

Presa infine una funzione Σ–misurabile positiva f , sia (fh) una successionecrescente di funzioni Σ–semplici che converga puntualmente a f . Allora anchefhχIk converge puntualmente a fχIk e si ha

∫fχIk dµ = lim

h

∫fhχIk dµ =

x∈Ik

limh

∫fh dδx =

x∈Ik

∫f dδx .

Siamo finalmente pronti a concludere: data una funzione f : N → [0,+∞] Σ–misurabile, prendiamo Ik = 0, 1, . . . , k − 1, per ogni k ∈ N. Allora fχIk euna successione crescente di funzioni Σ–misurabili che converge puntualmentea fχN = f . Applicando il Teorema della convergenza monotona e (9), si ha

∫f dµ = lim

k

∫fχIk dµ = lim

k

(∑

x∈Ik

∫f dδx

)

= limk

(∑

x∈Ik

f(x)

)= lim

k

(k−1∑

n=0

f(n)

)=

∞∑

n=0

f(n) .

Esempio 8.17. Supponiamo che X = N e µ la counting measure introdottanell’Esempio 2.6. Consideriamo una funzione f : N → R Σ–misurabile. Alloraf e µ–sommabile se e solo se entrambe le serie

∞∑

n=0

f+(n) ,

∞∑

n=0

f−(n) ,

sono convergenti. Inoltre, se f e µ–sommabile si ha

∫f dµ =

∞∑

n=0

f(n) .

70

Page 71: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Infatti, per l’Esempio 8.16, sappiamo che

∫f+ dµ =

∞∑

n=0

f+(n) ,

∫f− dµ =

∞∑

n=0

f−(n) .

e, per le proprieta delle serie,

∫f dµ =

∫f+ dµ−

∫f− dµ =

∞∑

n=0

(f+(n)− f−(n)

)=

∞∑

n=0

f(n) .

Proposizione 8.18. Valgono i seguenti fatti:

(i) f : X → R e µ–sommabile se e solo se f e Σ–misurabile e∫|f | dµ < +∞;

(ii) se f : X → R e µ–integrabile e g : X → R e µ–sommabile, allora f + g eµ–integrabile e ∫

f + g dµ =

∫f dµ+

∫g dµ ;

(iii) se f : X → R e µ–sommabile e g : X → R e µ–sommabile, allora f + g eµ–sommabile e ∫

f + g dµ =

∫f dµ+

∫g dµ ;

(iv) se f : X → R e µ–integrabile e λ ∈ R, allora λf e µ–integrabile e

∫λf dµ = λ

∫f dµ ;

(v) se f : X → R e µ–sommabile e λ ∈ R, allora λf e µ–sommabile e

∫λf dµ = λ

∫f dµ ;

(vi) se f, g : X → R sono µ–integrabili e f ≤ g, allora

∫f dµ ≤

∫g dµ ;

(vii) se f, g : X → R sono µ–integrabili, allora maxf, g e minf, g sonoµ–integrabili;

(viii) se f, g : X → R sono µ–sommabili, allora maxf, g e minf, g sonoµ–sommabili;

(ix) se f : X → R e Σ–misurabile, g : X → R e µ–sommabile e |f | ≤ g, alloraf e µ–sommabile;

(x) se f : X → R e µ–integrabile, allora

∣∣∣∣∫f dµ

∣∣∣∣ ≤∫

|f | dµ .

71

Page 72: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 47. Mostrare le proprieta della Proposizione 8.18.

Teorema 8.19 (Lebesgue o della convergenza dominata). Sia (fh) : X →R una successione di funzioni Σ–misurabili e supponiamo che:

(a) esista in R il limite f(x) = limh fh(x) per ogni x ∈ X;

(b) esista g : X → R µ–sommabile tale che per ogni h ∈ N si abbia |fh| ≤ g.

Allora f e µ–sommabile e si ha

limh

∫fh dµ =

∫f dµ , lim

h

∫|fh − f | dµ = 0 .

Dimostrazione. La funzione f e Σ–misurabile perche limite di una successionedi funzioni Σ–misurabili. Inoltre, passando al limite per h → ∞ in (b), si ha|f | ≤ g e dunque ∫

|f | dµ ≤∫g dµ < +∞ .

Per la Proposizione 8.18(i), si ha quindi che f e µ–sommabile.

Consideriamo ora la successione di funzioni Σ–misurabili

sh = 2g − |fh − f | .

Allora sh e una successione di funzioni positive che convergono puntualmente a2g. Applicando il Lemma di Fatou, ne segue che

∫2g dµ ≤ lim inf

h

∫sh dµ =

∫2g dµ− lim sup

h

∫|fh − f | dµ .

A sua volta questo implica

0 ≤ lim infh

∫|fh − f | dµ ≤ lim sup

h

∫|fh − f | dµ ≤ 0 ,

e quindi

limh

∫|fh − f | dµ = 0 .

Infine, essendo ∣∣∣∣∫fh dµ−

∫f dµ

∣∣∣∣ ≤∫

|fh − f | dµ ,

si ha anche

limh

∫fh dµ =

∫f dµ ,

e la dimostrazione e completa. ⋄

Esempio 8.20. Indicando Jn = (0, 1n ], consideriamo la successione di funzioni

Σ–misurabili definita da fn(x) = nχJn(x). Poiche fn → 0 puntualmente per

n→ ∞ e∫ 1

0 fn dL1 = 1 per ogni n ∈ N, si ha

∫ 1

0

limnfn dL1 = 0 6= 1 = lim

n

∫ 1

0

fn dL1 .

72

Page 73: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Il motivo per cui ad (fn) non si applica il Teorema 8.19 e che la successionenon e maggiorata da alcuna funzione g µ–sommabile. Infatti, osserviamo che seprendiamo g Σ–misurabile tale che |fn| ≤ g per ogni n ∈ N, allora si avra ancheg ≥ h = supn∈N |fn| da cui, per ogni m ∈ N, segue

∫ 1

0

g dL1 ≥∫ 1

0

h dL1 ≥∫ 1

1/m

h dL1 =

m−1∑

n=1

( 1n+1 ,

1n]

n dL1 =

m−1∑

n=1

1

n+ 1,

da cui, passando al limite per m → ∞, si ha∫ 1

0g dL1 = +∞, ossia g non

µ–sommabile.

Esempio 8.21. Indicando J ′n = ( 1

n+1 ,1n ], consideriamo la successione di fun-

zioni Σ–misurabili definita da fn(x) =1x χJ′

n(x). Poiche fn → 0 puntualmente

per n→ ∞ e

∫ 1

0

fn dL1 =

( 1n+1 ,

1n]

1

xdL1 = log

(n+ 1

n

)→ 0 per n→ ∞ ,

la conclusione del Teorema 8.19 vale, anche se la successione non e maggiorata daalcuna funzione g µ–sommabile. Infatti, ripetendo il ragionamento dell’Esempioprecedente e osservando che stavolta h = supn |fn| = 1

x , si ha per ogni m ∈ N

∫ 1

0

g dL1 ≥∫ 1

0

h dL1 ≥∫ 1

1/m

h dL1 =m−1∑

n=1

( 1n+1 ,

1n]

1

xdL1 =

m−1∑

n=1

log

(n+ 1

n

),

da cui, passando al limite per m → ∞, si ha∫ 1

0 g dL1 = +∞, ossia g nonµ–sommabile.

Esercizio 48. Sia (fh) : X → R una successione di funzioni Σ–misurabili taliche

∞∑

h=0

∫|fh| dµ <∞ .

Mostrare che∑∞

h=0 fh e µ–sommabile e che

∫ ∞∑

h=0

fh dµ =

∞∑

h=0

∫fh dµ .

Teorema 8.22. Sia (fh) : X → R una successione di funzioni Σ–misurabili esupponiamo che:

(a) esista in R il limite f(x) = limh fh(x) per ogni x ∈ X;

(b) esista (gh) : X → R una successione di funzioni µ–sommabili tale che perogni h ∈ N si abbia |fh| ≤ gh;

(c) esista in R il limite g(x) = limh gh(x) per ogni x ∈ X e g sia µ–sommabile;

73

Page 74: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(d) si abbia

limh

∫gh dµ =

∫g dµ .

Allora f e µ–sommabile e si ha

limh

∫fh dµ =

∫f dµ , lim

h

∫|fh − f | dµ = 0 .

Dimostrazione. La funzione f e Σ–misurabile perche limite di una successionedi funzioni Σ–misurabili. Inoltre, passando al limite per h → ∞ in (b), si ha|f | ≤ g e dunque ∫

|f | dµ ≤∫g dµ < +∞ .

Per la Proposizione 8.18(i), si ha quindi che f e µ–sommabile.

Consideriamo ora la successione di funzioni Σ–misurabili

sh = gh + g − |fh − f | .

Allora sh e una successione di funzioni positive che convergono puntualmente a2g. Applicando il Lemma di Fatou, ne segue che

∫2g dµ ≤ lim inf

h

∫sh dµ =

∫g dµ+ lim

h

∫gh dµ− lim sup

h

∫|fh − f | dµ

=

∫2g dµ− lim sup

h

∫|fh − f | dµ .

Quindi si puo procedere come nel Teorema 8.19, osservando che

0 ≤ lim infh

∫|fh − f | dµ ≤ lim sup

h

∫|fh − f | dµ ≤ 0 ,

e quindi

limh

∫|fh − f | dµ = 0 ,

e che da ∣∣∣∣∫fh dµ−

∫f dµ

∣∣∣∣ ≤∫

|fh − f | dµ ,

segue

limh

∫fh dµ =

∫f dµ .

Questo completa la dimostrazione. ⋄

Definizione 8.23. Siano f : X → R una funzione Σ–misurabile e E ∈ Σ. Allo-ra diciamo che f e µ–integrabile su E (risp. µ–sommabile su E) se fχE : X →R e µ–integrabile (risp. µ–sommabile). Se poi f : X → R e una funzioneµ–integrabile su E, definiamo integrale su E di f rispetto a µ la quantita

E

f dµ.=

∫fχE dµ .

74

Page 75: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Osservazione 8.24. Sia f : X → R una funzione µ–integrabile. Allora e evi-dente che f e µ–integrabile su E per ogni E ∈ Σ, visto che (fχE)

± = f±χE eche f±χE ≤ f±.

Esercizio 49. Siano f, g : X → R funzioni µ–integrabili e E ∈ Σ. Mostrare che

µ(E) = 0 =⇒∫

E

f dµ = 0 ,

e che

f ≤ g µ–q.o. in X =⇒∫f dµ ≤

∫g dµ .

Proposizione 8.25. Sia µ una misura completa e siano f, g : X → R funzionitali che f = g µ–q.o. in X. Allora

(i) f e Σ–misurabile se e solo se g e Σ–misurabile;

(ii) f e µ–integrabile se e solo se g e µ–integrabile ed in tal caso∫f dµ =

∫g dµ .

Dimostrazione. (i) Poniamo

N = x ∈ X ; f(x) 6= g(x) ,

Fα = f−1([−∞, α[ ) , Gα = g−1([−∞, α[ ) .

Essendo f = g µ–q.o. in X , si deve avere N ⊆ E con E ∈ Σ e µ(E) = 0. Maallora per la completezza di µ, si avra N ∈ Σ e µ(N) = 0. Supponiamo ora chef sia Σ–misurabile. Allora per ogni α ∈ R si ha

Gα \ Fα ⊆ N ,

Fα \Gα ⊆ N ,

Sfruttando di nuovo la completezza di µ, ne segue che entrambi gli insiemi sonoelementi in Σ. Ma allora si ha anche

Gα = [Gα \ Fα] ∪ [Fα \ (Gα \ Fα)] ∈ Σ ,

e quindi g e Σ–misurabile. Scambiando il ruolo di f, g si ottiene anche l’impli-cazione opposta.

(ii) Se le funzioni sono positive, la µ–integrabilita e equivalente alla Σ–misurabilita.Quindi l’equivalenza segue da (i). Inoltre,

∫f dµ =

∫fχN dµ+

∫fχX\N dµ =

∫fχX\N dµ

=

∫gχX\N dµ =

∫gχN dµ+

∫gχX\N dµ =

∫g dµ .

Nel caso generale, si ha f+ = g+ e f− = g− µ–q.o. in X e quindi la tesi siottiene applicando il risultato del caso positivo a queste funzioni. ⋄

75

Page 76: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Osservazione 8.26. Si consideri µ non completa e, ad esempio, una funzioneΣ–misurabile f : X → R tale che f ≥ 0. Dato un insieme N ⊆ X che siaµ–negligible ma non misurabile, possiamo sempre prendere

g(x) =

f(x) se x /∈ N−1 altrimenti

ottenendo una funzione g = f µ–q.o. che pero non e Σ–misurabile, dato che

g−1([−∞, 0[ ) = N /∈ Σ .

Questo mostra che non si puo evitare di richiedere µ completa.

Esempio 8.27. Nell’Esempio 2.26, avevamo visto che detti X = 1, 2, 3, Σ =∅, 1, 2, 3, X e µ la misura che e la restrizione a Σ della delta di Diraccentrata in 1, ossia

µ(E) =

1 se E = 1, X0 se E = ∅, 2, 3

allora µ e una misura non completa. Consideriamo ora le funzioni

f(x) = χ1(x) =

1 se x = 10 se x = 2, 3

g(x) =

1 se x = 12 se x = 2−1 se x = 3

Allora f e Σ–misurabile e x ∈ X ; f(x) 6= g(x) = 2, 3, ossia f = g µ–q.o.in X . Tuttavia, g non e Σ–misurabile visto che g−1([−∞,−1/2[ ) = 3 /∈ Σ.

Osservazione 8.28. Se la misura µ e completa si possono anche riformulare ilTeorema della convergenza monotona, della convergenza dominata ed il Lemmadi Fatou per successioni di funzioni (fn) che convergono puntualmente a f nonper ogni x ∈ X ma solo per µ–q.o. x ∈ X . Inoltre nel Teorema della convergenzamonotona si puo richiedere che la disuguaglianza fn(x) ≤ fn+1(x) valga perogni n ma solo µ–q.o. in X e nel Teorema della convergenza dominata si puorichiedere che la disuguaglianza |fn(x)| ≤ g(x) valga per ogni n ma solo µ–q.o.in X .

Esempio 8.29. Nell’Esempio 2.26, avevamo visto che detti X = 1, 2, 3,Σ = ∅, 1, 2, 3, X e µ la misura che e la restrizione a Σ della delta diDirac centrata in 1, allora µ e una misura non completa. Consideriamo ora lasuccessione (costante, e quindi monotona) di funzioni

fn(x) = χ2,3(x) =

0 se x = 11 se x = 2, 3

Detta f(x) = x− 1 per x ∈ X , si ha che

x ∈ X ; lim

nfn(x) 6= f(x)

= 3

e quindi, essendo µ(2, 3) = 0, che limn fn(x) = f(x) per µ–q.o. x ∈ X .Tuttavia, f non e Σ–misurabile visto che g−1([−∞, 3/2[ ) = 1, 2 /∈ Σ.

76

Page 77: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Proposizione 8.30. Sia f : X → [0,+∞] una funzione Σ–misurabile. Alloravalgono i seguenti fatti:

(i) se∫f dµ < +∞, per ogni t > 0 si ha

µ (x ∈ X ; f(x) > t) ≤ 1

t

∫f dµ ;

(ii) se∫f dµ < +∞, f(x) < +∞ per µ–q.o. x ∈ X;

(iii) se∫f dµ = 0, f(x) = 0 per µ–q.o. x ∈ X.

Dimostrazione. (i) Poniamo, per ogni t > 0,

St = x ∈ X ; f(x) > t .

Allora ∫f dµ ≥

∫fχSt

dµ ≥∫tχSt

dµ = tµ(St) ,

da cui la tesi.

(ii) Dobbiamo mostrare che l’insieme

x ∈ X ; f(x) = +∞ =⋂

n∈N

x ∈ X ; f(x) > n ,

e µ–negligible. Se denotiamo con An = x ∈ X ; f(x) > n, si ha (An) succes-sione decrescente e, applicando (i), µ(A1) ≤

∫f dµ < +∞. Quindi la misura

dell’intersezione e il limite di µ(An) per n → ∞. Applicando ancora (i), nesegue

µ (x ∈ X ; f(x) = +∞) = limnµ(An) ≤ lim

n

1

n

∫f dµ = 0 .

(iii) Applicando (i) si ottiene che, per ogni t > 0

µ (x ∈ X ; f(x) > t) ≤ 1

t

∫f dµ = 0 .

Quindi si ha pure

0 ≤ µ (x ∈ X ; f(x) > 0) = µ

(⋃

n∈N

x ∈ X ; f(x) > 1/n)

≤ 0 ,

da cui la tesi. ⋄

Esercizio 50. Sia f : X → [0,+∞[ una funzione µ–integrabile. Mostrare chela funzione λ : Σ → [0,+∞] definita da

λ(A).=

A

f dµ ,

e una misura su X. Inoltre, se f e µ–sommabile, allora λ e totalmente finita.

77

Page 78: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 51. Sia f : X →]0,+∞[ una funzione µ–integrabile e positiva eλ : Σ → [0,+∞] la misura definita da

λ(A).=

A

f dµ .

Mostrare che se µ e una misura completa, anche λ lo e.

Teorema 8.31. Sia f : X → R una funzione µ–sommabile. Allora per ogniε > 0 esiste δ > 0 tale che µ(A) < δ implica

∣∣∣∣∫

A

f dµ

∣∣∣∣ < ε .

Dimostrazione. (a) Se f e limitata, si ha

∣∣∣∣∫

A

f dµ

∣∣∣∣ ≤∫

A

|f | dµ ≤ supX

|f |∫χA dµ = sup

X|f | · µ(A) ,

da cui la tesi.

(b) Nel caso generale, per ogni n ∈ N poniamo

En = x ∈ X ; n ≤ |f(x)| < n+ 1 ,

Fn =n⋃

j=0

Ej , Gn = X \ Fn .

Osserviamo che la successione (En) e disgiunta e ricopre X . Allora, ricordandol’Esercizio 50, si ha

∞∑

j=0

Ej

|f | dµ =

∫⋃

j Ej

|f | dµ =

∫|f | dµ < +∞ .

Ne segue che la coda della serie e infinitesima. Per ogni ε > 0 sia dunque N ∈ Ntale che

∞∑

j=N+1

Ej

|f | dµ =

GN

|f | dµ < ε

2.

Prendiamo ora δ ∈ R tale che

0 < δ <ε

2(N + 1).

Allora se A ⊆ X e tale che µ(A) < δ ne segue che

∣∣∣∣∫

A

f dµ

∣∣∣∣ ≤∫

A

|f | dµ =

A∩FN

|f | dµ+

A∩GN

|f | dµ

≤ (N + 1)µ(A) +

GN

|f | dµ < ε

2+ε

2= ε ,

da cui la tesi. ⋄

78

Page 79: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Osservazione 8.32. Si osservi che dalla dimostrazione del Teorema 8.31 segueanche la seguente proprieta: per ogni ε > 0, esiste δ > 0 (lo stesso del Teorema)tale che

µ(A) < δ =⇒∫

A

|f | dµ < ε .

Esercizio 52. Sia f : X → [0,+∞[ una funzione µ–sommabile. Mostrare che

limt→∞

x∈X ; f(x)>t

f dµ = 0 .

Proposizione 8.33. Siano f, g : X → R funzioni µ–sommabili. Allora i se-guenti fatti sono equivalenti:

(i)∫|f − g| dµ = 0;

(ii) per ogni E ∈ Σ,∫E f dµ =

∫E g dµ;

(iii) f(x) = g(x) per µ–q.o. x ∈ X.

In particolare, se∫E f dµ = 0 per ogni E ∈ Σ si ha f(x) = 0 per µ–q.o. x ∈ X.

Dimostrazione. (i) =⇒ (ii) Questa implicazione segue da

∣∣∣∣∫

E

f dµ−∫

E

g dµ

∣∣∣∣ ≤∫χE |f − g| dµ ≤

∫|f − g| dµ = 0 .

(ii) =⇒ (iii) Supponiamo sia falso f = g per µ–q.o. x ∈ X . Allora almeno unodegli insiemi

A+ = x ∈ X ; f(x)− g(x) > 0 , A− = x ∈ X ; f(x)− g(x) < 0 ,

deve avere misura positiva. Supponiamo sia µ(A+) > 0. Allora

A+

f dµ−∫

A+

g dµ =

A+

(f − g) dµ =

A+

(f+ − g+) dµ > 0 ,

dove abbiamo usato la Proposizione 8.30 sulla funzione positiva χA+(f+ − g+)per ottenere l’ultima disuguaglianza. Ma questo contraddice l’ipotesi (ii), quindinon puo essere µ(A+) > 0. Poiche supponendo µ(A−) > 0 si ottiene un’identicacontraddizione, deve essere f = g per µ–q.o. x ∈ X .

(iii) =⇒ (i) Questa implicazione e immediata, visto che se prendiamo N ∈ Σcon µ(N) = 0 e

x ∈ X ; f(x) 6= g(x) ⊆ N ,

abbiamo che l’integrale di |f−g| fuori da N e nullo perche f = g e quello dentroN e nullo perche µ(N) = 0. ⋄

Teorema 8.34 (Lusin). Sia f : Rd → R una funzione Ld–misurabile. Alloraper ogni ε > 0 esiste una funzione continua g : Rd → R tale che

Ld (x ∈ Rn ; f(x) 6= g(x)) < ε .

79

Page 80: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. (a) Cominciamo con il caso in cui f sia una funzione carat-teristica. Preso E ⊆ Rd Ld–misurabile, mostriamo che per ogni ε esiste unafunzione continua g : Rn → [0, 1] tale che g−1(1) ⊆ E e

Ld (x ∈ Rn ; χE(x) 6= g(x)) < ε .

Per la Proposizione 4.6, esistono A aperto in Rd e C chiuso in Rd tali cheC ⊆ E ⊆ A e

Ld(A \ E) <ε

2, Ld(E \ C) < ε

2.

Poiche se E 6= Rd possiamo assumere anche A 6= Rd, definiamo la funzione gcome segue:

• se C = ∅, allora g ≡ 0;

• se E = Rn, allora g ≡ 1;

• altrimenti

g(x) =d(x,Rd \A)

d(x,C) + d(x,Rd \A) .

In ogni caso risulta

x ∈ Rn ; χE(x) 6= g(x) ⊆ (A \ C) = (A \ E) ∪ (E \ C) ,

e quindi g ha le proprieta richieste.

(b) Sia ora f : Rn → [0, π/2[ una funzione Ld–misurabile e siano (tk) unasuccessione in R e (Eh) una successione di insiemi Ld–misurabili tali che

f =

∞∑

j=0

tjχEj,

∞∑

j=0

tj = supRd

f ≤ π

2,

come in Teorema 8.4. Per ogni ε > 0 mostriamo che esiste una funzione g conle proprieta richieste. Per ogni j ∈ N, sia gj : R

d → [0, 1] la funzione costruitacome in (a) tale che

Ld(x ∈ Rn ; χEj

(x) 6= gj(x))

2j+1.

Definiamo allora g : Rd → [0, π/2] ponendo

g(x) =∞∑

j=0

tjgj(x) .

Si hax ∈ Rn ; f(x) 6= g(x) ⊆

j∈N

x ∈ Rn ; χEj

(x) 6= gj(x),

e quindi la misura dell’insieme in cui f 6= g e minore di ε. Inoltre, siccome|tjgj(x)| ≤ tj , la serie che definisce g risulta assolutamente convergente in C(Rd)e quindi anche g e continua.

80

Page 81: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Notiamo anche che, con questa definizione di g, si ha g(x) < π/2 per ognix ∈ Rd. Infatti, se esistesse ξ ∈ Rd tale che g(ξ) = π/2, allora avremmo

π

2= g(ξ) =

∞∑

j=0

tjgj(x) ≤∞∑

j=0

tj ≤π

2,

ossia∞∑

j=0

tjgj(x) =∞∑

j=0

tj =π

2.

Ma allora, per ogni j ∈ N deve essere tj = 0 oppure gj(ξ) = 1 e, nel secondocaso, questo implica ξ ∈ Ej . In entrambi i casi si ha

tjgj(ξ) = tjχEj(ξ) ∀j ∈ N ,

e quindi

f(ξ) =∞∑

j=0

tjχEj(ξ) = g(ξ) =

π

2,

che sarebbe una contraddizione. Quindi g ha le proprieta richieste e g(Rd) ⊆[0, π/2[.

(c) Sia ora f una qualunque funzione a valori reali Ld–misurabile. Essendoarctan una funzione continua, le funzioni arctanf+ e arctan f− sono funzioniLd–misurabili a valori in [0, π/2[. Siano dunque g1, g2 : R

d → [0, π/2[ funzionicostruite come in (b) tali che

Ld(x ∈ Rn ; arctan(f+(x)) 6= g1(x)

)<

ε

2,

Ld(x ∈ Rn ; arctan(f−(x)) 6= g2(x)

)<

ε

2.

Allora la funzioneg(x) = tan(g1(x)) − tan(g2(x)) ,

ha le proprieta richieste. ⋄

Osservazione 8.35. Bisogna prestare attenzione a come si interpreta il Teo-rema 8.34. Il fatto che ogni funzione Σ–misurabile f coincida con una funzionecontinua al di fuori di un insieme di misura piccola, non assicura che f sia inalcun modo regolare. Ad esempio, in R si considerino le funzioni caratteristichedi Q o dell’insieme di Cantor9 C: sia χQ che χC coincidono L1–q.o. con lafunzione smooth f ≡ 0, ma non sono in alcun modo regolari!

Definizione 8.36. Sia f : X → C. Diremo che f e una funzione µ–sommabilese Re(f), Im(f) sono µ–sommabili. Se f e una funzione µ–sommabile, definia-mo integrale di f rispetto a µ la quantita complessa

∫f dµ

.=

∫Re(f) dµ+ i

∫Im(f) dµ .

Inoltre, se E ∈ Σ, ∫

E

f dµ.=

∫fχE dµ ,

come accadeva nel caso di funzioni reali.

9L’insieme di Cantor e stato definito e studiato nell’Esercizio 34.

81

Page 82: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Definizione 8.37. Sia f : X → Rd. Diremo che f e una funzione µ–sommabilese tutte le componenti f (j) rispetto alla base canonica e1, . . . , ed di Rd sono µ–sommabili. Se f e una funzione µ–sommabile, definiamo integrale di f rispettoa µ l’elemento di Rd

∫f dµ

.=

d∑

j=1

(∫f (j) dµ

)ej .

Inoltre, se E ∈ Σ, ∫

E

f dµ.=

∫fχE dµ ,

come accadeva nel caso di funzioni reali.

Proposizione 8.38. Valgono i seguenti fatti:

(i) f : X → F funzione con F = C o F = Rd e µ–sommabile se e solo se f eΣ–misurabile e ∫

|f | dµ < +∞ ;

(ii) se f, g : X → F sono funzioni µ–sommabili con F = C o F = Rd alloraf + g e µ–sommabile e

∫(f + g) dµ =

∫f dµ+

∫g dµ ;

(iii) se f : X → F e una funzione µ–sommabile con F = C (risp. F = Rd) eλ ∈ C (risp. λ ∈ R) allora λf e µ–sommabile e

∫λf dµ = λ

∫f dµ ;

(iv) se f : X → F e una funzione µ–sommabile con F = C o F = Rd allora|f | : X → R e µ–sommabile e

∣∣∣∣∫f dµ

∣∣∣∣ ≤∫

|f | dµ ;

(v) se f : X → F e una funzione µ–sommabile con F = C o F = Rd e E ∈ Σ etale che µ(E) = 0, allora ∫

f dµ = 0 .

Dimostrazione. A parte la proprieta (iv), mostriamo le altre proprieta solonel caso F = Rd, essendo il caso F = C analogo. Denotiamo con e1, . . . , ed labase canonica di Rd.

(i) Mostriamo la caratterizzazione della µ–sommabilita. Per la Proposizio-ne 8.18, f e µ–sommabile se e solo se ogni componente f (j) e Σ–misurabilee vale ∫

|f (j)| dµ < +∞ ,

82

Page 83: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

per ogni j. Ma, siccome |f | ≤∑dj=1 |f (j)| ≤ d|f | e dunque

∫|f | dµ ≤

d∑

j=1

∫|f (j)| dµ ≤ d

∫|f | dµ ,

gli∫|f (j)| dµ sono finiti se e solo se

∫|f | dµ e finito, da cui l’equivalenza richiesta.

(ii) La µ–sommabilita di f + g segue immediatamente dalla Proposizione 8.18.Inoltre, per definizione, si ha

∫(f + g) dµ =

d∑

j=1

(∫(f + g)(j) dµ

)ej

=d∑

j=1

(∫f (j) dµ

)ej +

d∑

j=1

(∫g(j) dµ

)ej

=

∫f dµ+

∫g dµ .

(iii) La µ–sommabilita di λf segue immediatamente dalla Proposizione 8.18.Inoltre, per definizione, si ha

∫λf dµ =

d∑

j=1

(∫(λf)(j) dµ

)ej = λ

d∑

j=1

(∫f (j) dµ

)ej = λ

∫f dµ .

(iv) La µ–sommabilita di |f | segue immediatamente dalla Proposizione 8.18.Consideriamo il caso F = C e poniamo ζ =

∫f dµ ∈ C. Allora esiste w ∈ C tale

che |w| = 1 e wζ = |ζ| ∈ R, e si ha

∣∣∣∣∫f dµ

∣∣∣∣ = w

∫f dµ =

∫wf dµ =

∫Re(wf) dµ ≤

∫|w| |f | dµ =

∫|f | dµ ,

da cui la tesi.10

Sia ora F = Rd. Innanzi tutto, osserviamo che per ogni ξ = (ξ1, . . . , ξd) ∈ Rd siha

ξ ·∫f dµ =

d∑

j=1

ξj

(∫f (j) dµ

)=

∫ d∑

j=1

ξjf(j) dµ =

∫ξ · f dµ .

Allora, ponendo ζ =∫f dµ ∈ Rd, da |ζ| =

∣∣∫ f dµ∣∣, ζ ·

(∫f dµ

)=∣∣∫ f dµ

∣∣2 edalla disugaglianza di Cauchy–Schwartz in Rd segue

∣∣∣∣∫f dµ

∣∣∣∣2

= ζ ·∫f dµ =

∫ζ · f dµ ≤

∫|ζ| |f | dµ

= |ζ|∫

|f | dµ =

∣∣∣∣∫f dµ

∣∣∣∣∫

|f | dµ ,

da cui la tesi.

(v) E una conseguenza immediata dell’Esercizio 49. ⋄

10Si noti che la terza uguaglianza e vera perche le prime due assicurano∫

wf dµ ∈ R.

83

Page 84: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 53. Siano f, g : X → F funzioni µ–sommabili con F = C o F = Rd.Allora i seguenti fatti sono equivalenti:

(i) per ogni E ∈ Σ,∫E f dµ =

∫E g dµ;

(ii) f(x) = g(x) per µ–q.o. x ∈ X.

In particolare, se∫Ef dµ = 0 per ogni E ∈ Σ si ha f(x) = 0 per µ–q.o. x ∈ X.

Definizione 8.39. Sia f : D → F con D ⊆ X e F = R, F = C o F = Rd.Indicando con ΣD la traccia di Σ su D, ossia

ΣD = D ∩ E ; E ∈ Σ ,e con µD la subspace measure, come nella Proposizione 3.13, se f e µD–integrabile,definiamo ∫

D

f dµ.=

∫f dµD .

Proposizione 8.40. Siano f : X → F, con F = R, F = C o F = Rd, unafunzione µ–integrabile e D ⊆ X. Allora f|D e µD–integrabile e, se F = R ef ≥ 0, si ha anche ∫

D

f dµ ≤∫f dµ .

Dimostrazione. (a) Consideriamo dapprima il caso F = R. Se f e unafunzione Σ–semplice, e f =

∑mj=0 ajχEj

e una sua rappresentazione standard,allora

f|D =

m∑

j=0

ajχEj

|D

=

m∑

j=0

aj(χEj∩D

)|D,

e tale funzione e ΣD–semplice, visto che ciascun insieme Ej ∩D ∈ ΣD. Inoltre,da µD(Ej ∩D) = µ∗(Ej ∩D) ≤ µ(Ej) segue

∫D f dµ ≤

∫f dµ.

Supponiamo ora che f ≥ 0 sia Σ–misurabile e prendiamo (fn) successione cre-scente di funzioni Σ–semplici tale che fn(x) → f(x) per ogni x ∈ X . Allora((fn)|D

)e una successione crescente di funzioni ΣD–semplici tale che (fn)|D (x) =

fn(x) → f(x) = f|D(x) per ogni x ∈ D. Quindi, f|D e ΣD–misurabile inquanto limite di funzioni ΣD–misurabili. Inoltre, applicando il Teorema dellaconvergenza monotona, si ottiene

D

f|D dµ = limn

D

(fn)|D dµ ≤ limn

∫fn dµ =

∫f dµ .

Supponiamo infine che f sia una qualsiasi funzione µ–integrabile. Allora f =f+−f− con f+, f− funzioni Σ–misurabili e positive e, applicando a tali funzionila parte precedente, si ottiene che f|D = f+

|D−f−

|De una funzione µD–integrabile,

come richiesto.

(b) Nel caso di F = C o F = Rd, e sufficiente applicare il passo (a) a Re(f) eIm(f), o alle componenti f (i), per concludere la dimostrazione. ⋄

Nel caso in cui il dominio D sia misurabile, ossia se D ∈ Σ, valgono in realtaulteriori proprieta per l’integrale rispetto alla subspace measure che ne rendonopiu semplice il calcolo.

84

Page 85: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Proposizione 8.41. Sia f : D → F con D ∈ Σ e F = R, F = C o F = Rd.Indicando con f : X → F la funzione definita da f = f in D e f = 0 si ha chef e µD–integrabile se e solo se f e µ–integrabile e

D

f dµ =

∫f dµ .

Inoltre se g : X → F e Y ∈ Σ si ha che g|Y : Y → F e µY –integrabile se e solose gχY e µ–integrabile e

Y

(g|Y ) dµ =

∫gχY dµ .

Dimostrazione. (a) Consideriamo dapprima il caso F = R. Se f ≥ 0, l’ipotesidi µD-integrabilita per f (risp. di µ-integrabilita per f) equivale alla ΣD–misurabilita di f (risp. alla Σ–misurabilita di f). Quindi, il risultato segueimmediatamente dal Corollario 7.23.Se invece f e una qualunque funzione µD-integrabile, allora f = f+ − f− con

f+, f− µD–integrabili e positive. Quindi si avra anche f = f+− f− con f+, f−

funzioni µ–integrabili e positive, ossia f µ–integrabile.E presa f µ–integrabile, si avra f = f+ − f− con f+, f− funzioni µ–integrabilie positive. Quindi si avra anche f = f+ − f− con f+, f− µD–integrabili epositive, ossia f µD–integrabile.

Infine, per quanto riguarda la seconda parte, e sufficiente notare che gχY = (g|Y )e che quindi la tesi segue dalla prima parte.

(b) Nel caso di F = C o F = Rd, e sufficiente applicare il passo (a) a Re(f) eIm(f), o alle componenti f (i), per concludere la dimostrazione. ⋄

Osservazione 8.42. La prima parte della Proposizione 8.41 ci dice che ineffetti, se la funzione e definita su un insieme D di Σ, possiamo calcolarnel’integrale su D anche senza scomodare la subspace measure.La seconda parte, invece, mostra che non vi e ambiguita tra la Definizione 8.39e la Definizione 8.23.Si osservi comunque che la Definizione 8.39 vale anche per generici insiemi D /∈Σ, ed in quel caso la subspace measure µD fornisce l’unico concetto possibile diintegrabilita per le funzioni definite su D.

Definizione 8.43. Sia f : X → Y una funzione Σ–misurabile con Y spaziotopologico. Definiamo una misura boreliana su Y , che chiamiamo misura push–forward (di µ tramite f) e indichiamo con µ♯f , la misura definita da (µ♯f)(B)

.=

µ(f−1(B)) per ogni B ∈ B(Y ). In particolare, per ogni g : Y → R boreliana siha ∫

Y

g d(µ♯f) =

X

g f dµ .

Esercizio 54. Siano f : R → R una funzione L1–misurabile e c ∈ R. Mostrareche ∫

f(x+ c) dL1(x) =

∫f(x) dL1(x) .

85

Page 86: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 55. (i) Sia f : [0, 1] → R una funzione L1–sommabile. Mostrare che

limn

∫xnf(x) dL1(x) = 0 ,

(ii) Siano µ la counting measure (introdotta nell’Esempio 2.6) e f : [0, 1] → Runa funzione µ–sommabile. Mostrare che

limn

∫xnf(x) dµ(x) = f(1) .

86

Page 87: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

9 Spazi Lp

Definizione 9.1. Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura completo. Definiamo

M(X).= f : X → R ; f e Σ–misurabile .

Ricordando che su M(X) e definita una relazione di equivalenza f ∼µ g se e solose f = g µ–q.o. in X, definiamo M(X ;µ)

.= M(X)/ ∼µ lo spazio quoziente

di M(X) rispetto a ∼µ, ossia l’insieme delle classi di equivalenza in M(X)rispetto a ∼µ.

Osservazione 9.2. Perche si assume µ completa nella Definizione 9.1? Sitratta di un’ipotesi che facciamo per semplificare la trattazione delle classi diequivalenza di ∼µ. Infatti, ricordando l’Osservazione 8.26, se µ non e completae f e Σ–misurabile, non e detto che tutte le funzioni g tali che f ∼µ g sianoanch’esse Σ–misurabili!Una teoria generale degli spazi Lp che includa anche misure µ non completerichiederebbe di definire l’integrazione per funzioni f : Dom(f) → R definitegenericamente su un dominio Dom(f) anche non misurabile. Tuttavia, a quelpunto, funzioni come suph∈N fh risulterebbero definite solo su

⋂h∈N Dom(fh) e

se abbiamo proprieta che valgono µ–q.o. in Dom(fh), in ciascun caso si dovrebbecontrollare che le proprieta continuino a valere µ–q.o. in

⋂h∈NDom(fh). Onde

evitare questo tipo di complicazioni, per lo piu tecniche, si e preferito limitarequeste note al caso di Dom(f) ∈ Σ e assumere µ completa nella Definizione 9.1.Una trattazione generale puo essere trovata su [5, 6] (Capitoli 12, 24).

Osservazione 9.3. Ricordando la Proposizione 8.25, si ha che se f ∼µ g, allora

∫f dµ =

∫g dµ .

Osservazione 9.4. Benche M(X ;µ) sia costituito da classi di equivalenza difunzioni Σ–misurabili, parleremo talvolta di “funzioni” in M(X ;µ) intendendocomunque le classi di equivalenza cui le funzioni menzionate appartengono.

Esercizio 56. Sia h : R → R boreliana. Mostrare che h induce due funzioni

h : M(X) → M(X) , h : M(X ;µ) →M(X ;µ) ,

definite rispettivamente da h(f) = hf e h([f ]) = [hf ], dove [f ] indica la classedi equivalenza cui appartiene la funzione f (ossia mostrare che effettivamente

si ha h(f) ∈ M(x) e h(f) ∈ M(X ;µ)). In particolare, dedurne che per ognip ∈ [1,+∞[ e per ogni f ∈M(X ;µ) si ha |f |p ∈M(X ;µ).

87

Page 88: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Definizione 9.5. Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura completo. Poniamo

L1(X ;µ).=

f ∈M(X ;µ) ;

∫|f | dµ < +∞

= f ∈M(X ;µ) ; f e µ–sommabile ,

Lp(X ;µ).=

f ∈M(X ;µ) ;

∫|f |p dµ < +∞

, ∀p ∈ ]1,+∞[ ,

L∞(X ;µ).= f ∈M(X ;µ) ; f e limitata µ–q.o.=f ∈M(X ;µ) ; ∃ c > 0 t.c. µ (x ∈ X ; |f(x)| > c) = 0

.

Elenchiamo brevemente le principali proprieta degli spazi Lp, senza dimo-strazione. Per una precisa dimostrazione di ciascun punto si rimanda, adesempio, ai libri [4, 6, 8] (in teoria dovreste anche vederli nel corso di AnalisiFunzionale).

Teorema 9.6. Valgono i seguenti fatti:

(i) per ogni p ∈ [1,+∞], Lp(X ;µ) e uno spazio vettoriale su R;

(ii) per ogni p ∈ [1,+∞[, la funzione

|| · ||p :

Lp(X ;µ) → [0,+∞[

f 7→ ||f ||p .=

(∫|f |p dµ

) 1p

e una norma su Lp(X ;µ);

(iii) la funzione

|| · ||∞ :

L∞(X ;µ) → [0,+∞[

f 7→ ||f ||∞ .= inf

g∼µfsupx∈X

|g(x)|

e una norma su L∞(X ;µ) e

||f ||∞ = infα ∈ R ; µ (x ∈ X ; |f(x)| > α) = 0

;

(iv) la funzione

〈·, ·〉2 :

L2(X ;µ)× L2(X ;µ) → R

(f, g) 7→ 〈f, g〉2 .=

∫fg dµ

e un prodotto scalare su L2(X ;µ) che induce la norma || · ||2;

(v) per ogni p ∈ [1,+∞] Lp(X ;µ) e uno spazio di Banach con la norma || · ||p;

88

Page 89: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(vi) L2(X ;µ) e uno spazio di Hilbert con il prodotto scalare 〈·, ·〉2;

(vii) per ogni p ∈ ]1,+∞[ , dato un funzionale lineare e continuo T : Lp(X ;µ) →R esiste un unico elemento u ∈ Lq(X ;µ), con q = p

p−1 , tale che

Tf =

∫fu dµ ,

per ogni f ∈ Lp(X ;µ), i.e. il duale (Lp(X ;µ))′ puo essere identificato conLq(X ;µ);

(viii) se µ e σ–finita, allora il risultato in (vii) vale anche per p = 1, i.e. ilduale (L1(X ;µ))′ puo essere identificato con L∞(X ;µ);

(ix) per ogni p ∈ [1,+∞], f ∈ Lp(X ;µ) e g ∈ Lq(X ;µ) con q = pp−1 , allora

fg ∈ L1(X ;µ) e si ha||fg||1 ≤ ||f ||p ||g||q ;

(x) se 1 ≤ p < r < q ≤ +∞, allora Lp(X ;µ)∩Lq(X ;µ) ⊆ Lr(X ;µ) e, ponendo

θ =

1r − 1

q1p − 1

q

∈ [0, 1] ,

si ha||f ||r ≤ ||f ||θp ||g||1−θ

q .

Esercizio 57. Sia 1 ≤ po < +∞ e sia f ∈ Lpo(X ;µ). Mostrare che

limp

||f ||p = ||f ||∞ .

Definizione 9.7. Sia 1 ≤ p ≤ +∞. Indicata con µ♯ la counting measure(definita nell’Esempio 2.6), definiamo

ℓp(R).= Lp(N;µ♯) .

In particolare, si puo osservare che ℓp e lo spazio delle successioni reali (xn) perle quali ||xn||p e finita. Ricordando l’Esempio 8.16, si ha esplicitamente (per1 ≤ p < +∞)

||xn||p =

∞∑

j=0

|xn|p

1p

.

89

Page 90: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

10 Funzionali additivi

Definizione 10.1. Siano X un insieme e Σ un’algebra in P(X).

(a) Un funzionale ν : Σ → R si dice additivo se per ogni E,F ∈ Σ tale cheE ∩ F = ∅ si ha

ν(E ∪ F ) = ν(E) + ν(F ) .

(b) Un funzionale ν : Σ → R si dice σ–additivo se per ogni (Eh) successionedisgiunta in Σ tale che

⋃h∈NEh ∈ Σ si ha che esiste in R il limite

limk

k∑

h=0

ν(Eh) =

∞∑

h=0

ν(Eh) ,

e tale limite e uguale a ν(⋃

h∈NEh

).

Chiamiamo misura con segno su X (o carica su X) ogni funzionale ν : Σ → Rche sia σ–additivo.

Osservazione 10.2. Assumendo, come in Definizione 10.1, che Σ sia solo un’al-gebra in P(X) e non una σ–algebra non e scontato che

⋃h∈NEh ∈ Σ. Inoltre,

vedremo che si ha sempre ν <∞ a differenza di quanto accadeva con le misurepositive.

Esempio 10.3. Siano Σ una σ–algebra in P(X) e µ una misura (positiva)totalmente finita. Allora µ e una misura con segno.

Esempio 10.4. Siano Σ una σ–algebra in P(X), µ una misura (positiva) ef : X → R una funzione µ–sommabile. Allora ν : Σ → R definito da

ν(E) =

E

f dµ ,

e una misura con segno. Infatti, dall’Esercizio 50 segue che

ν1(E) =

E

f+ dµ , ν2(E) =

E

f− dµ ,

sono entrambe misure positive. L’ipotesi di f µ–sommabile assicura che ν1(X) <+∞ e che ν2(X) < +∞. Quindi ne segue che

ν(E) =

E

f dµ = ν1(E)− ν2(E) ,

e un funzionale σ–additivo su X , ossia una misura con segno.

Proposizione 10.5. Siano X insieme, Σ un’algebra in P(X) e ν : Σ → R unfunzionale additivo. Allora:

(i) ν(∅) = 0;

90

Page 91: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(ii) per ogni E1, . . . , En in Σ si ha∑n

h=0 ν(Eh) = ν (⋃n

h=0Eh), ossia ν efinitamente additiva;

(iii) per ogni E,F ∈ Σ con E ⊆ F si ha ν(E \ F ) = ν(E)− ν(F );

(iv) per ogni E,F ∈ Σ si ha

ν(E) = ν(E ∩ F ) + ν(E \ F ) , ν(E)− ν(F ) = ν(E \ F )− ν(F \ E) .

Dimostrazione. (i) Segue da ν(∅) = ν(∅ ∪ ∅) = ν(∅) + ν(∅). (ii) Si prova perinduzione su n ≥ 1. (iii) Segue immediatamente dall’additivita. Per quantoriguarda (iv), la prima uguaglianza segue applicando l’additivita a E = (E ∩F ) ∪ (E \ F ). La seconda infine segue da

ν(E) − ν(F ) = ν(E ∩ F ) + ν(E \ F )− ν(F ∩ E)− ν(F \ E)

= ν(E \ F )− ν(F \ E) ,

e la dimostrazione e completa. ⋄

Proposizione 10.6. Siano X insieme, Σ un’algebra in P(X) e ν : Σ → R unfunzionale σ–additivo. Allora:

(i) ν e additivo, e dunque valgono le proprieta precedenti;

(ii) per ogni successione crescente (Eh) in Σ tale che⋃

h∈NEh ∈ Σ si ha

ν

(∞⋃

h=0

Eh

)= lim

hν(Eh) ;

(iii) per ogni successione decrescente (Eh) in Σ tale che⋂

h∈NEh ∈ Σ si ha

ν

(∞⋂

h=0

Eh

)= lim

hν(Eh) ;

(iv) se H ∈ Σ, allora νH : Σ → R definito da νH(E) = ν(E∩H) e un funzionaleσ–additivo.

Dimostrazione. (i) Applicando la σ–additivita alla successione En ≡ ∅, si ha∑∞j=0 ν(∅) ∈ R perche ∅ =

⋃n∈NEn ∈ Σ. Quindi puo solo essere ν(∅) = 0.

Per ogni E,F ∈ Σ con E ∩ F , consideriamo la successione disgiunta Eo = E,E1 = F e En ≡ ∅ per n ≥ 2. Applicando la σ–additivita a tale successione esfruttando ν(∅) = 0, otteniamo

ν(E ∪ F ) = ν(E) + ν(F ) ,

e quindi ν e additivo.

(ii) e (iii) si provano nello stesso modo in cui si provavano le analoghe proprietadelle misure positive:

ν

(⋃

n∈N

En

)= ν(Eo) +

∞∑

j=0

ν (Ej+1 \ Ej) = limjν(Ej) ,

91

Page 92: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

ν

(⋂

n∈N

En

)= ν(Eo)− lim

jν (Eo \Ej) = lim

jν(Ej) .

(iv) Presa una successione disgiunta (En) in Σ la cui unione sta in Σ, anche lasuccessione (En ∩H) e disgiunta e la sua unione e

(⋃

n∈N

En

)∩H ∈ Σ .

Quindi

νH

(⋃

n∈N

En

)= ν

(⋃

n∈N

En ∩H)

=∞∑

j=0

ν(En ∩H) =∞∑

j=0

νH(En) ,

e la dimostrazione e completa. ⋄

Esercizio 58. Siano X insieme, Σ,Σ′ due algebre in P(X), ν : Σ → R eν′ : Σ′ → R due misure con segno e λ ∈ R. Mostrare che ν + ν′ : Σ ∩ Σ′ → Re λν : Σ → R definiti da (ν + ν′)(E) = ν(E) + ν′(E) e (λν)(E) = λν(E),rispettivamente, sono misure con segno.

Osservazione 10.7. In generale, una misura con segno non e monotona: adesempio, dati E,F ∈ Σ con E ⊆ F si avra

ν(F ) = ν(E) + ν(F \ E) ,

ma si potrebbe tranquillamente avere ν(F \ E) < 0.

Teorema 10.8 (decomposizione di Hahn). Siano X insieme, Σ una σ–algebra in P(X) e ν : Σ → R una misura con segno. Allora

(i) ν e limitata;

(ii) esiste H ∈ Σ tale che ν(F ) ≥ 0 per ogni F ⊆ H e ν(F ) ≤ 0 per ogniF ⊆ X \H.

Inoltre, se K ∈ Σ e un altro insieme che soddisfa (ii), allora ν(HK) = 0.Chiameremo decomposizione di Hahn di X rispetto a ν ogni decomposizione deltipo X = H ∪ (X \H) con H insieme che soddisfa (ii).

Dimostrazione. (a) Supponiamo per assurdo che (i) sia falsa, ossia chedefinito per ogni E ∈ Σ

M(E).= sup |ν(F )| ; F ∈ Σ, E ⊆ F ,

si abbia M(X) = +∞. Osserviamo che, per ogni E1, E2, F ∈ Σ tali che F ⊆E1 ∪ E2 si ha

|ν(F )| = |ν(F ∩ E1) + ν(F \ E1)|≤ |ν(F ∩ E1)|+ |ν(F \ E1)| ≤M(E1) +M(E2) ,

92

Page 93: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e quindi, passando al sup sugli F ⊆ E1 ∪ E2, M(E1 ∪ E2) ≤M(E1) +M(E2).

(b) Costruiamo ora una successione decrescente di insiemi En tali cheM(En) =+∞ e |ν(En\En+1)| ≥ 1. Prendiamo Eo = X , che sappiamo avereM(X) = +∞per ipotesi. Quindi esistera F1 ∈ Σ tale che F1 ⊆ Eo e |ν(F1)| ≥ 1 + |ν(Eo)|,perche ν(Eo) < +∞ =M(Eo). Essendo

+∞ =M(Eo) ≤M(F1) +M(Eo \ F1) ,

si deve avere che uno tra M(F1) e M(Eo \ F1) e infinito, e scegliamo come E1

l’insieme che ha M = +∞. Notiamo che, se E1 = F1, si ha

|ν(Eo \ E1)| = |ν(Eo \ F1)| ≥ |ν(F1)| − |ν(Eo)| ≥ 1 ,

e che, se E1 = Eo \ F1, si ha

|ν(Eo \ E1)| = |ν(F1)| ≥ 1 + |ν(Eo)| ≥ 1 ,

e quindi in entrambi i casi E1 ha le proprieta richieste. Analogamente, dato En

con M(En) = +∞, si procede per ricorrenza a definire En+1 come segue: esisteFn+1 ⊆ En tale che |ν(Fn+1)| ≥ 1 + |ν(En)| ed essendo

+∞ =M(En) ≤M(Fn+1) +M(En \ Fn+1) ,

si deve avere che uno tra M(Fn+1) e M(En \Fn+1) e infinito, e scegliamo comeEn+1 l’insieme che ha M = +∞. Come accadeva per E1, anche En+1 ha leproprieta richieste.

(c) Troviamo ora una contraddizione definendo la successione Gn = En \En+1.(Gn) e una successione disgiunta in Σ, e dunque si deve avere

∞∑

j=0

ν(Gj) ∈ R ,

e questo implica che il termine generico della serie deve essere infinitesimo, ossia

limj

|ν(Gj)| = 0 ,

che pero e in contraddizione con la nostra costruzione di (En) che implica|ν(Gj)| ≥ 1 per ogni j ∈ N. Avendo trovato una contraddizione, si deve avereM(X) <∞ e dunque ν limitata e (i) e provata.

(d) Mostriamo ora (ii). Detto γ = supν(E) ; E ∈ Σ, sappiamo per (i) cheγ < +∞. Sia dunque (En) una successione in Σ tale che ν(En) ≥ γ − 2−n.Poniamo anche:

Fm,n =⋂

m≤i≤n

Ei , ∀m ≤ n ,

Gm =⋂

n≥m

Fm,n =⋂

n≥m

En ,

H =⋃

m∈N

Gm .

93

Page 94: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(e) Cominciamo con il mostrare, per induzione su n ≥ m, che

ν(Fm,n) ≥ γ − 2 · 2−m + 2−n .

Consideriamo in caso n = m: allora Fm,m = Em e

ν(Em) ≥ γ − 2−m = γ − 2 · 2−m + 2−m .

Supponiamo ora la tesi vera per un certo n > m e mostriamo che vale ancheper n+ 1. Essendo Fm,n+1 = Fm,n ∩ En+1 e ν(Fm,n ∪ En+1) ≤ γ, si ha

γ + ν(Fm,n+1) ≥ ν(Fm,n ∪En+1) + ν(Fm,n+1)

= ν(En+1) + ν(Fm,n \ En+1) + ν(Fm,n+1)

= ν(En+1) + ν(Fm,n)

≥ γ − 2−n−1 + γ − 2 · 2−m + 2−n

= 2γ − 2 · 2−m + 2−n−1 .

da cui la disuguaglianza cercata, sottraendo γ da entrambi i membri.

(f) Consideriamo ora la successione (Gm). Allora Gm e crescente e si ha

ν(Gm) = limkν(Fm,k) ≥ γ − 2 · 2−m .

Quindi

ν(H) = ν

(⋃

m∈N

Gm

)= lim

mν(Gm) ≥ γ ,

che implica l’uguaglianza, visto che H ∈ Σ e dunque vale sempre ν(H) ≤ γ.

(g) Mostriamo che H ha le proprieta richeste. Se F ∈ Σ e F ⊆ H , allora

ν(H)− ν(F ) = ν(H \ F ) ≤ γ = ν(H) ,

che assicura ν(F ) ≥ 0. Se invece F ∈ Σ e F ⊆ X \H , allora

ν(H) + ν(F ) = ν(H ∪ F ) ≤ γ = ν(H) ,

che assicura ν(F ) ≤ 0. Quindi (ii) e dimostrata.

(h) Sia ora K ∈ Σ un altro insieme tale che vale (ii). Allora, H \K e tale che

• H \K ⊆ H , e quindi ν(H \K) ≥ 0;

• H \K ⊆ X \K, e quindi ν(H \K) ≤ 0.

Quindi ν(H \ K) = 0. Similmente si prova che ν(K \ H) = 0 e dunque cheν(HK) = 0. E questo completa la dimostrazione. ⋄

Corollario 10.9 (decomposizione di Jordan). Siano X insieme, Σ una σ–algebra in P(X), ν : Σ → R una misura con segno e X = H ∪ (X \ H) unadecomposizione di Hahn di X rispetto a ν. Allora le misure ν+, ν− : Σ → Rdefinite da

ν+(E) = ν(E ∩H) , ν−(E) = −ν(E \H) ,

94

Page 95: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

sono misure positive totalmente finite tali che ν+(X \H) = 0, ν−(H) = 0

ν = ν+ − ν− . (10)

Inoltre, tale decomposizione in (10) e l’unica decomposizione di ν nella differen-za due misure positive µ1, µ2 totalmente finite e concentrate su insiemi disgiuntie la chiamiamo decomposizione di Jordan di ν.

Dimostrazione. (a) Per la Proposizione 10.6 e l’Esercizio 58, sappiamo cheν+ e ν− sono funzionali σ–additivi, visto che ν+ = νH e ν− = −νX\H . Eimmediato osservare che ν = ν+ − ν−, ma per la scelta di H si ha pure cheν+, ν− sono positive. Quindi sono misure positive su X .

(b) Mostriamo che ν = ν+ − ν− e unica tra le decomposizioni associate ad unadecomposizione di Hahn di X rispetto a ν. Infatti, presa X = K ∪ (X \ K)un’ulteriore decomposizione di Hahn di X rispetto a ν e posta

ν = µ+ − µ− ,

la decomposizione di Jordan di ν corrispondente a K, sappiamo che per ogniA ∈ Σ gli insiemi A ∩ (H \K) e A ∩ (K \H) hanno misura nulla. Infatti

• A ∩ (H \K) ⊆ H implica ν(A ∩ (H \K)) ≥ 0;

• A ∩ (H \K) ⊆ X \K implica ν(A ∩ (H \K)) ≤ 0.

E similmente per A ∩ (K \H). Quindi per ogni A ∈ Σ si ha

ν(A ∩K) = ν(A ∩H) + ν(A ∩K \H)− ν(A ∩H \K) = ν(A ∩H) ,

ν(A \K) = ν(A \H) + ν(A ∩H \K)− ν(A ∩K \H) = ν(A \H) ,

da cui seguono

µ+(A) = µ+(A ∩K) = ν(A ∩K) = ν(A ∩H) = ν+(A ∩H) = ν+(A) ,

µ−(A) = µ−(A \K) = ν(A \K) = ν(A \H) = ν−(A \H) = ν−(A) ,

e la dimostrazione e completa tra le decomposizioni che corrispondono ad unadecomposizione di Hahn.

(c) Per mostrare l’unicita in generale, supponiamo che ν = µ1 − µ2 sia un’altradecomposizione di ν in misure totalmente finite concentrate su insiemi disgiuntie siano A,B ∈ Σ disgiunti tali che µ1(X \ A) = 0 e µ2(X \ B) = 0. Allora inparticolare µ2(A) = 0 e X = A ∪ (X \ A) e una decomposizione di Hahn di Xrispetto a ν, visto che ν(F ) = µ1(F ) ≥ 0 per ogni F ⊆ A e ν(F ) = −µ2(F ) ≤ 0per ogni F ⊆ X \ A. Quindi qualunque decomposizione di ν con le proprietarichieste corrisponde ad una decomposizione di Hahn di X , e l’unicita segue da(b). ⋄

Definizione 10.10. Siano X insieme, Σ una σ–algebra in P(X) e ν : Σ → Runa misura con segno. Chiamiamo variazione di ν la misura positiva totalmentefinita definita da

|ν| .= ν+ + ν− .

95

Page 96: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esempio 10.11. Siano Σ una σ–algebra in P(X) e µ una misura (positiva)totalmente finita. Allora, come visto nell’Esempio 10.3, µ e anche una misuracon segno. In questo caso, lo spazio ha come decomposizione di Hahn X = X∪∅e si ha µ+ = |µ| = µ e µ− ≡ 0.

Esempio 10.12. Siano Σ una σ–algebra in P(X), µ una misura (positiva),f : X → R una funzione µ–sommabile e ν la misura con segno definita nell’E-sempio 10.4. Allora

ν+ =

∫f+ dµ , ν− =

∫f− dµ ,

|ν| =∫

|f | dµ .

Infatti, dettoH = x ∈ X ; f(x) > 0 ,

e preso E ∈ Σ, se E ⊆ H si ha

ν(E) =

E

f dµ =

E

f+ dµ ≥ 0 ,

e se E ⊆ X \ H si ha

ν(E) =

E

f dµ = −∫

E

f− dµ ≤ 0 .

Quindi X = H ∪ (X \ H) e una decomposizione di Hahn di X rispetto a ν eν =

∫f+ dµ −

∫f− dµ e la decomposizione di Jordan associata. Per l’unicita

della decomposizione si hanno dunque le prime due uguaglianze. La terza segueimmediatamente dalle prime due e dalla definizione di |ν|.

Esercizio 59. Mostrare che per ogni misura con segno ν : Σ → R e per ogniE ∈ Σ si ha

ν+(E) = sup ν(F ) ; F ∈ Σ, F ⊆ E ,ν−(E) = sup −ν(F ) ; F ∈ Σ, F ⊆ E ,

|ν|(E) = sup

∞∑

j=0

|ν(E ∩Hj)| ; (Hj) partizione di E in Σ

,

|ν(E)| ≤ |ν|(E) .

Inoltre, mostrare che se ν, ν′ : Σ → R sono due misure con segno e λ ∈ R, allora

|ν + ν′| ≤ |ν|+ |ν′| |λν| = |λ||ν| .

In particolare, la mappa µ 7→ |µ|(X) dallo spazio vettoriale delle misure consegno a valori in R e una norma.

96

Page 97: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 60. Siano X un insieme e Σ un’algebra in P(X). Un funzionaleν : Σ → C si dice σ–additivo (o misura complessa) se per ogni (Eh) successionedisgiunta in Σ tale che

⋃h∈NEh ∈ Σ si ha che esiste in C il limite

limk

k∑

h=0

ν(Eh) =

∞∑

h=0

ν(Eh) ,

e tale limite e uguale a ν(⋃

h∈NEh

). Mostrare che

Re(ν) :

Σ → R

E 7→ Re(ν)(E).= Re(ν(E))

Im(ν) :

Σ → R

E 7→ Im(ν)(E).= Im(ν(E))

sono misure con segno tali che ν = Re(ν) + iIm(ν). Assumendo che Σ sia unaσ–algebra e definendo

|ν|(E) = sup

∞∑

j=0

|ν(E ∩Hj)| ; (Hj) partizione di E in Σ

,

mostrare che |ν| e una misura totalmente finita e che

|ν(E)| ≤ |ν|(E) , ∀E ∈ Σ .

Infine, mostrare che se ν, ν′ : Σ → C sono due misure complesse e λ ∈ C, alloraν + ν′ e λν sono anch’esse misure complesse e si ha

|ν + ν′| ≤ |ν|+ |ν′| |λν| = |λ||ν| .

In particolare, la mappa µ 7→ |µ|(X) dallo spazio vettoriale delle misure com-plesse a valori in R e una norma.

Esercizio 61. Siano X un insieme e Σ un’algebra in P(X). Un funzionaleν : Σ → Rd si dice σ–additivo (o misura vettoriale) se per ogni (Eh) successionedisgiunta in Σ tale che

⋃h∈NEh ∈ Σ si abbia che la serie

∞∑

h=0

ν(Eh) ,

e assolutamente convergente (rispetto alla norma euclidea di Rd) e si abbia

ν

(⋃

h∈N

Eh

)=

∞∑

h=0

ν(Eh) .

Mostrare che le componenti ν(i) : Σ → R sono misure con segno. Assumendoche Σ sia una σ–algebra e definendo

|ν|(E) = sup

∞∑

j=0

|ν(E ∩Hj)| ; (Hj) partizione di E in Σ

,

97

Page 98: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

mostrare che |ν| e una misura totalmente finita e che

|ν(E)| ≤ |ν|(E) , ∀E ∈ Σ .

Infine, mostrare che se ν, ν′ : Σ → Rd sono due misure vettoriali e λ ∈ R, alloraν + ν′ e λν sono anch’esse misure vettoriali e si ha

|ν + ν′| ≤ |ν|+ |ν′| |λν| = |λ||ν| .

In particolare, la mappa µ 7→ |µ|(X) dallo spazio vettoriale delle misure vetto-riali a valori in R e una norma.

Osservazione 10.13. La definizione di misura vettoriale si puo estendere im-mediatamente a qualunque spazio di Banach X , richiedendo che la convergenzadella serie considerata per la σ–additivita sia totale ossia che converga la serie

∞∑

h=0

||ν(Eh)||X

in R. La variazione totale di un funzionale σ–additivo a valori in X e definitaallo stesso modo di quella di un funzionale a valori in Rd e le stesse proprietacontinuano a valere, a patto di rimpiazzare la norma euclidea con quella di X .Infine, se X e uno spazio normato di dimensione finita, le componenti rispettoad una base di X risultano ancora misure con segno. Tuttavia, la teoria generaledelle misure vettoriali a valori in X e ben piu complessa di quella che intendiamostudiare in questo corso, quindi ci limitiamo al caso X = Rd.

Il prossimo Esercizio mostra come in generale un funzionale additivo su unalgebra possa essere illimitato, a differenza dei funzionali σ–additivi.

Esercizio 62. Siano X = N e

Σ = A ⊆ N ; A e finito o N \A e finito .

Mostrare che Σ e un’algebra in P(N), che chiameremo algebra finita–cofinita.Definito poi ν : Σ → Z ponendo

ν(E) =

Card(E) se E e finito−Card(X \ E) se X \ E e finito

per ogni E ∈ Σ, mostrare che ν e un funzionale additivo ma che e illimitato.

Si noti che e anche possibile, sebbene piu difficile, produrre un esempio difunzionale additivo e illimitato su una σ–algebra (si veda ad esempio [7]). Inaltre parole e proprio la σ–additivita del funzionale la proprieta fondamentaleper provare la limitatezza di ν nella prima parte del Teorema 10.8.

Concludiamo questa sezione definendo la nozione di integrale rispetto ad unamisura con segno, ad una misura complessa e ad una misura vettoriale.

Definizione 10.14. Siano X un insieme, Σ un’algebra in P(X), ν una misurasu X (con segno, complessa o vettoriale) e f : X → R una funzione. Dicia-mo che f e ν–integrabile se e |ν|–integrabile e che f e ν–sommabile se e |ν|–sommabile. Inoltre, se f e ν–sommabile definiamo integrale di f rispetto a ν laquantita (quando definita):

98

Page 99: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(i) se ν : Σ → R e una misura con segno

∫f dν

.=

∫f dν+ −

∫f dν− ,

dove ν = ν+ − ν− e la decomposizione di Jordan di ν;11

(ii) se ν : Σ → C e una misura complessa

∫f dν

.=

∫f dRe(ν) + i

∫f dIm(ν) ,

dove ν = Re(ν) + iIm(ν);

(iii) se ν : Σ → Rd e una misura vettoriale

∫f dν

.=

(∫f dν(1), . . . ,

∫f dν(d)

),

dove ν = (ν(1), . . . , ν(d)).

Esercizio 63. Siano X un insieme, Σ un’algebra in P(X), ν una misura su X(con segno, complessa o vettoriale). Mostrare che per ogni E ∈ Σ

|ν|(E) = sup

N∑

j=0

|ν(E ∩Hj)| ; N ∈ N, (Hj) partizione finita di E in Σ

.

11L’ipotesi che f sia ν–sommabile assicura che la differenza in∫

f dν sia sempre ben definita.

99

Page 100: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

11 Teorema di Radon–Nikodym

Siano fissati X insieme e Σ σ–algebra in P(X). Nelle definizioni che seguono lemisure potranno essere di uno qualunque dei seguenti tipi

• ν : Σ → [0,+∞] misura positiva su X ;

• ν : Σ → R misura con segno su X ;

• ν : Σ → C misura complessa su X ;

• ν : Σ → Rd misura vettoriale su X .

Definizione 11.1. Siano µ, λ due misure anche di diverso tipo. Diciamo cheλ e assolutamente continua rispetto a µ, e lo indicheremo con λ≪ µ, se

∀E ∈ Σ µ(E) = 0 =⇒ λ(E) = 0 .

Diciamo che λ e µ sono mutuamente singolari, e lo indicheremo con λ ⊥ µ, seesistono A,B ∈ Σ disgiunti tale che λ(X \ A) = µ(X \ B) = 0, ossia se µ e λsono concentrate su insiemi disgiunti.

Esempio 11.2. Siano µ una misura positiva su X e f : X → R una funzioneµ–sommabile. Abbiamo visto, nell’Esempio 10.4, che la funzione ν : Σ → Rdefinita da ν(E) =

∫Ef dµ =

∫fχE dµ e una misura con segno. Osserviamo

ora che ν ≪ µ: infatti, se µ(E) = 0 si ha ν(E) = 0 per l’Esercizio 44.

Esempio 11.3. Siano µ = L1 e ν = δ0. Allora, scegliendo A = R \ 0 eB = 0, si ha µ ⊥ ν.

Proposizione 11.4. Siano λ, λ1, λ2 misure (positive, con segno, complesse ovettoriali) e µ misura positiva. Allora valgono i seguenti fatti:

(i) se A ∈ Σ e λ e concentrata su A, allora anche |λ| e concentrata su A;

(ii) se λ1 ⊥ λ2, allora |λ1| ⊥ |λ2|;

(iii) se λ1 ⊥ µ, λ2 ⊥ µ e α ∈ R (o C nel caso di misure complesse), allora(λ1 + αλ2) ⊥ µ;

(iv) se λ1 ≪ µ, λ2 ≪ µ e α ∈ R (o C nel caso di misure complesse), allora(λ1 + αλ2) ≪ µ;

(v) se λ≪ µ, allora |λ| ≪ µ;

(vi) se λ1 ⊥ µ e λ2 ≪ µ, allora λ1 ⊥ λ2;

(vii) se λ ⊥ µ e λ≪ µ, allora λ = 0.

Esercizio 64. Mostrare le proprieta elencate nella Proposizione 11.4.

100

Page 101: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Mostriamo ora un Teorema che dovrebbe aiutare a comprendere percheusiamo l’espressione “λ assolutamente continua rispetto a µ” per λ≪ µ.

Teorema 11.5. Siano µ misura positiva su X e λ misura (con segno, complessao vettoriale) su X. Allora sono fatti equivalenti:

(i) λ≪ µ;

(ii) per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che se E ∈ Σ e µ(E) < δ, allora |λ(E)| < ε.

Dimostrazione. (ii) =⇒ (i) Se µ(E) = 0, allora µ(E) < δ per ogni δ. Percio|λ(E)| < ε per ogni ε > 0 e puo solo essere |λ(E)| = 0 da cui λ(E) = 0. Quindiλ≪ µ.

(i) =⇒ (ii) Supponiamo per assurdo che (ii) sia falsa, ossia supponiamo cheesista ε > 0 ed una successione (En) in Σ con µ(En) < 2−n e |λ(En)| > ε perogni n ∈ N. Allora |λ|(En) ≥ ε per ogni n ∈ N.Poniamo ora

An =

∞⋃

j=n

Ej , A =⋂

n∈N

An .

Allora (An) e una successione decrescente di elementi di Σ tali che

µ(An) ≤∞∑

j=n

µ(Ej) <

∞∑

j=n

2−j = 2−n−1 .

Quindi µ(A) = limn µ(An) = 0. Allo stesso tempo, da En ⊆ An segue |λ|(An) ≥|λ|(En), e quindi essendo |λ| una misura totalmente finita

|λ|(A) ≥ limn

|λ|(En) ≥ ε > 0 .

Ossia |λ| non e assolutamente continua rispetto a µ, in contraddizione conl’ipotesi λ≪ µ e Proposizione 11.4. ⋄

Osservazione 11.6. L’implicazione (i) =⇒ (ii) del Teorema 11.5 non vale ingenerale nel caso di λ misura positiva non totalmente finita.

Teorema 11.7 (di Radon–Nikodym). Siano µ misura positiva σ–finita suX e λ misura con segno su X. Allora λ ≪ µ se e solo se esiste f : X → Rµ–sommabile tale che

λ(E) =

E

f dµ , ∀E ∈ Σ . (11)

Inoltre, se f e un’altra funzione µ–sommabile tale che vale (11), allora f = fµ–q.o. in X.

Dimostrazione. (a) Supponiamo che esista f µ–sommabile tale che valga (11).Abbiamo visto nell’Esempio 11.2 che allora λ ≪ µ e quindi un’implicazione eimmediata.

(b) Vogliamo ora mostrare che supponendo λ≪ µ si puo costruire una funzioneµ–sommabile f tale che valga (11). Cominciamo con il mostrare che data una

101

Page 102: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

qualunque misura con segno λ tale che λ ≪ µ, λ ≥ 0 e λ 6≡ 0, esiste f : X →[0,∞[ funzione Σ–semplice tale che

∫f dµ > 0 e

∫E f dµ ≤ λ(E) per ogni E ∈ Σ.

Infatti, sia H ′ ∈ Σ l’insieme per cui λ(H ′) > 0. Siccome per ipotesi µ e σ–finitasia (Xh) una successione disgiunta che ricopre X con µ(Xh) < +∞. Siccome(H ′ ∩Xh) e una successione disgiunta che ricopre H ′ e quindi

0 < λ(H ′) =

∞∑

h=0

λ(H ′ ∩Xh) ,

esiste k tale che λ(H ′ ∩ Xk) > 0. Definendo H = H ′ ∩ Xk si ha µ(H) < +∞e λ(H) > 0, da cui anche µ(H) > 0, per via dell’ipotesi di λ ≪ µ. A questopunto poniamo ε = λ(H)/2 > 0 e µH = µ | H la misura definita da µH(F ) =µ(F ∩ H) per ogni F ∈ Σ. Allora possiamo definire una misura con segno νdefinendo

ν = λ− ε

µ(H)µH .

Infatti ν risulta σ–additiva e finita per le proprieta di λ e µH . Osserviamo cheλ ≥ ν, che ν(H) = λ(H) − ε = ε > 0 e che, in generale, ci saranno insiemi Etali che ν(E) ≤ 0.Sia ora X = K ∪ (X \K) una decomposizione di Hahn di X rispetto a ν. AlloraH \K ⊆ X \K, da cui segue ν(H \K) ≤ 0 e quindi

λ(H ∩K) ≥ ν(H ∩K) ≥ ν(H ∩K) + ν(H \K) = ν(H) > 0 ,

e µ(H ∩ K) > 0. Poniamo allora f = εµ(H) χH∩K . Naturalmente f e una

funzione semplice e∫f dµ =

ε

µ(H)µ(H ∩K) > 0 .

Per concludere, prendiamo un qualunque insieme F ∈ Σ e osserviamo che ν(F ∩K) ≥ 0 implica

λ(F ∩K) ≥ ε

µ(H)µH(F ∩K) =

ε

µ(H)

∫χF∩K∩H dµ =

F

f dµ ,

da cui, per monotonia di λ,

λ(F ) ≥ λ(F ∩K) ≥∫

F

f dµ ,

e quindi la funzione f ha le proprieta richieste.

(c) Sempre supponendo λ ≥ 0, poniamo

Φ.=

ϕ : X → [0,+∞[ ; ϕ e Σ–semplice e

E

ϕdµ ≤ λ(E) ∀E ∈ Σ

.

La funzione costantemente nulla appartiene a Φ che dunque e non vuoto. Inoltre,se f, g ∈ Φ anche maxf, g ∈ Φ. Infatti, posto Ξ = x ∈ X ; (f − g)(x) ≥ 0 ∈Σ, si ha maxf, g = fχΞ + gχX\Ξ. Quindi maxf, g e una funzione semplicee per ogni E ∈ Σ∫

E

maxf, g dµ =

E∩Ξ

f dµ+

E\Ξ

g dµ ≤ λ(E ∩ Ξ) + λ(E \ Ξ) = λ(E) .

102

Page 103: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(d) Poniamo ora

γ = sup

∫f dµ ; f ∈ Φ

≤ λ(X) <∞.

Mostriamo che esiste f funzione Σ–misurabile tale che∫f dµ = γ e che per ogni

E ∈ Σ si ha∫Ef dµ ≤ λ(E).

Infatti, presa (fn) una successione in Φ tale che

limn

∫fn dµ = γ ,

possiamo porregn = maxfo, f1, . . . , fn ,

e definire cosı una successione crescente di funzioni in Φ che tende ancora a γ,visto che per ogni n ∈ N

∫fn dµ ≤

∫gn dµ ≤ γ ,

e quindi passando al limite

γ = limn

∫fn dµ ≤ lim

n

∫gn dµ ≤ γ .

Alla nuova successione (gn) possiamo ora applicare il Teorema della conver-genza monotona e, osservando che gn converge puntualmente alla funzionef = supn∈N fn = supn∈N gn, ottenere che f e Σ–misurabile, che vale

∫f dµ = lim

n

∫gn dµ = γ < +∞ ,

ossia f µ–sommabile, e che vale per ogni E ∈ Σ∫

E

f dµ = limn

E

gn dµ ≤ λ(E) .

(e) Vogliamo mostrare che in realta vale l’uguaglianza∫

E

f dµ = λ(E) ,

per ogni E ∈ Σ. Supponiamo per assurdo che esista H ∈ Σ con∫Hf dµ < λ(H)

e definiamo una nuova misura con segno12 ponendo per ogni E ∈ Σ

ν(E) = λ(E)−∫

E

f dµ ≥ 0 .

Per la nostra ipotesi su H , ν(H) > 0 e quindi ν 6≡ 0. Per il punto (b) delladimostrazione, esiste ϕ Σ–semplice tale che

∫ϕdµ > 0 e

∫Eϕdµ ≤ ν(E) per

ogni E ∈ Σ. Sia n ∈ N tale che∫fn dµ+

∫ϕdµ > γ .

12Siamo sicuri che ν e una misura con segno per via dell’Esercizio 58 e dell’Esempio 11.2.

103

Page 104: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Allora (fn + ϕ) e una funzione Σ–semplice positiva tale che per ogni E ∈ Σ∫

E

(fn + ϕ) dµ =

E

fn dµ+

E

ϕdµ ≤∫

E

f dµ+

E

ϕdµ

= λ(E) − ν(E) +

E

ϕdµ ≤ λ(E) ,

ossia (fn + ϕ) ∈ Φ. Ma allora

γ <

∫fn dµ+

∫ϕdµ =

∫(fn + ϕ) dµ ≤ γ ,

che e una contraddizione, e quindi non puo esistere alcun insieme H ∈ Σ con∫Hf dµ < λ(H).

(f) Siano ora λ misura con segno, λ = λ+−λ− la sua decomposizione di Jordane H ∪ (X \H) una decomposizione di Hahn di X rispetto a λ. Allora per ogniE ∈ Σ con µ(E) = 0 si ha pure µ(E ∩H) = µ(E \H) = 0 e dunque, da λ≪ µ,segue che

0 ≤ λ+(E) = λ(E ∩H) = 0 , 0 ≤ λ−(E) = −λ(E \H) = 0 .

Essendo quindi λ+ ≪ µ e λ− ≪ µ, possiamo applicare la prima parte delladimostrazione a λ+ e λ− ottenendo due funzioni µ–sommabili f+, f− tali cheper ogni E ∈ Σ

E

f+ dµ = λ+(E) ,

E

f− dµ = λ−(E) .

Scegliendo ora f = f+ − f− otteniamo una funzione µ–sommabile tale che perogni E ∈ Σ ∫

E

f dµ = λ+(E)− λ−(E) = λ(E) .

(g) Resta ora da vedere l’unicita. Se f ′ e un’altra funzione µ–sommabile taleche vale (11), si avrebbe in particolare per ogni E ∈ Σ

E

f dµ−∫

E

f ′ dµ = λ(E) − λ(E) = 0 ,

da cui f = f ′ µ–q.o. in X , ricordando la Proposizione 8.33, e la dimostrazionee completa. ⋄

Osservazione 11.8. Si noti che, per costruzione, se la misura con segno λ epositiva, anche la funzione µ–sommabile f tale che vale (11) e positiva.

Esercizio 65. Siano Σ una σ–algebra in P(X), µ una misura positiva, f : X →R una funzione µ–sommabile e ν la misura con segno definita nell’Esempio 10.4.Mostrare anche che per ogni funzione ν–sommabile ψ : X → R si ha

∫ψ dν =

∫ψf dµ . (12)

In virtu di questo risultato, scriveremo talvolta che dν = f dµ per intendere chevale (12).13

13Si noti, comunque, che dν e dµ sono solo simboli usati per riferirsi all’integrale e nonhanno alcun significato intrinseco.

104

Page 105: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Corollario 11.9 (decomposizione di Lebesgue). Siano µ misura positivaσ–finita su X e λ misura con segno su X. Allora esistono λac, λs misure consegno su X tali che

λac ≪ µ , λs ⊥ µ , λ = λac + λs . (13)

Inoltre, la decomposizione (13) e unica.

Dimostrazione. (a) Proviamo subito l’unicita della decomposizione: suppo-niamo ci sia un’altra decomposizione λ = λ1 + λ2 tale che λ1 ≪ µ e λ2 ⊥ µ inaggiunta a (13). Allora, ricordando la Proposizione 11.4, si ha λ1−λac = λs−λ2,λ1 − λac ≪ µ e λs − λ2 ⊥ µ, e quindi deve essere

λ1 − λac = λs − λ2 = 0 ,

come richiesto.

(b) Per mostrare che la decomposizione (13) esiste, consideriamo dapprima ilcaso di µ misura totalmente finita, e quindi misura con segno, e definiamo lamisura ν = |µ| + |λ|. Allora λ ≪ ν e µ ≪ ν, quindi esistono due funzioniν–sommabili fλ e fµ tali che per ogni E ∈ Σ

λ(E) =

E

fλ dν , µ(E) =

E

fµ dν .

Definiamo a questo punto:

• Y = x ∈ X ; fµ 6= 0 ∈ Σ;

• λs = λ | (X \ Y );

• per ogni x ∈ Y ,

f(x) =fλ(x)

fµ(x);

• λac la misura con segno definita da λac(A) =∫A∩Y

f dµ.

Osserviamo che µ(X \ Y ) =∫X\Y

fµ dν = 0, e quindi ricordando l’Esercizio 65

∫f dµ =

Y

f dµ =

Y

f fµ dν =

Y

fλ dν < +∞ ,

ossia f e µ–sommabile e λac e ben definita.Si noti anche che se λ ≥ 0 allora risulta λs ≥ 0 e, ricordando l’Osservazione 11.8,anche λac ≥ 0.

(c) Ora mostriamo che λac ≪ µ, che λs ⊥ µ e che λ = λac + λs.Sia E ∈ Σ tale che µ(E) = 0. Per monotonia di µ, si ha anche µ(E ∩ Y ) = 0 equindi λac(E) = 0, essendo l’integrale su un insieme di misura nulla. Ne segueλac ≪ µ.Abbiamo gia osservato in (b) che µ(X\Y ) = 0. Inoltre λs(Y ) = λ(Y ∩(X\Y )) =0, quindi µ e concentrata su Y e λs e concentrata su X \ Y , ossia λs ⊥ µ.

105

Page 106: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Infine, per ogni E ∈ Σ

λ(E) = λ(E ∩ Y ) + λ(E \ Y ) =

E∩Y

fλ dν + (λ | (X \ Y ))(E)

=

E∩Y

fλfµ

fµ dν + λs(E) =

E∩Y

f dµ+ λs(E) = λac(E) + λs(E) .

(d) Consideriamo ora il caso generale di µ misura σ–finita e supponiamo dap-prima λ ≥ 0. Sia (Xh) successione disgiunta in Σ che ricopre X e tale cheµ(Xh) < ∞ per ogni h ∈ N. Poniamo allora µh = µ | Xh e λh = λ | Xh:ciascuna funzione µh e una misura totalmente finita e ciascuna funzione λh euna misura con segno tale che λh ≥ 0. Dunque esiste una decomposizione (13)di λh rispetto a µh che denotiamo con

λh = λac,h + λs,h , λac,h ≪ µh , λs,h ⊥ µh ,

tale che λac,h ≥ 0 e λs,h ≥ 0. Osserviamo che, per ogni h ∈ N, µh e λh sonoconcentrate su Xh e quindi, in particolare, λac,h(X \Xh) = 0 e λs,h(X \Xh) =λh(X \Xh)− λac,h(X \Xh) = 0. Poniamo ora

λac =∞∑

h=0

λac,h , λs =∞∑

h=0

λs,h ,

e mostriamo che queste misure ci danno la decomposizione richiesta. Infatti,per ogni E ∈ Σ si ha

λ(E) =

∞∑

h=0

λh(E) =

∞∑

h=0

λac,h(E) +

∞∑

h=0

λs,h(E) = λac(E) + λs(E) ,

e quindi λ = λac + λs. Questo in particolare implica che sia λac e λs sonofinite. Inoltre se (En) e una successione disgiunta in Σ con unione E si ha, perle proprieta delle serie a termini in [0,+∞[,

λac(E) =

∞∑

h=0

λac,h(E) =

∞∑

h=0

∞∑

n=0

λac,h(En) =

∞∑

n=0

∞∑

h=0

λac,h(En) =

∞∑

n=0

λac(En) ,

λs(E) =

∞∑

h=0

λs,h(E) =

∞∑

h=0

∞∑

n=0

λs,h(En) =

∞∑

n=0

∞∑

h=0

λs,h(En) =

∞∑

n=0

λs(En) ,

ossia λac, λs sono σ–additivi. Quindi λac, λs sono misure con segno tali cheλ = λac + λs.Preso E ∈ Σ con µ(E) = 0 si ha µh(E) = µ(E ∩ Xh) = 0 per ogni h ∈ N edunque λac,h(E) = 0. Quindi

λac(E) =∞∑

h=0

λac,h(E) = 0 ,

e λac ≪ µ.Infine siano Ah, Bh ∈ Σ disgiunti tali che λs,h e concentrata su Ah e µh econcentrata su Bh. Essendo λs,h(X \Xh) = µh(X \Xh) = 0, non e restrittivo

106

Page 107: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

supporre Ah ⊆ Xh e Bh ⊆ Xh. Ma allora gli insiemi A =⋃

h∈NAh e B =⋃h∈NBh sono insiemi disgiunti in Σ tali che per ogni F ∈ Σ con F ⊆ X \A si

ha

λs(F ) =

∞∑

h=0

λs,h(F ) = 0 ,

visto che F ⊆ X \Ah, e per ogni F ∈ Σ con F ⊆ X \B si ha

µ(F ) =

∞∑

h=0

µ(F ∩Xh) =

∞∑

h=0

µh(F ) = 0 ,

visto che F ⊆ X \Bh. Quindi λs e concentrata su A e µ e concentrata su B, ilche implica λs ⊥ µ.

(e) Consideriamo infine il caso generale di µ misura σ–finita con λ non neces-sariamente positiva. Detta λ = λ+−λ− la decomposizione di Jordan, possiamoapplicare (d) a λ+, λ− ottenendo due decomposizioni

λ± = λ±ac + λ±s , λ±ac ≪ µ , λ±s ⊥ µ ,

da cui otteniamo due nuove misure con segno

λac = λ+ac − λ−ac , λs = λ+s − λ−s ,

che danno, ricordando la Proposizione 11.4, la decomposizione cercata. ⋄

Osservazione 11.10. Si noti anche in questo caso che, per costruzione, se lamisura con segno λ e positiva, anche le misure λac e λs nella decomposizione (13)sono positive.

Dal Teorema 11.7, seguono analoghi risultati per le misure positive, le misurecomplesse e le misure vettoriali.

Corollario 11.11. Siano µ misura positiva σ–finita su X e λ misura complessasu X. Allora esistono λac, λs misure complesse su X tali che

λac ≪ µ , λs ⊥ µ , λ = λac + λs , (14)

e la decomposizione (14) e unica. Inoltre, esiste f : X → C µ–sommabile taleche

λac(E) =

E

f dµ , ∀E ∈ Σ , (15)

e se f e un’altra funzione µ–sommabile tale che vale (15), allora f = f µ–q.o.in X.

Dimostrazione. (a) Data λ misura complessa su X , le misure Re(λ) e Im(λ)sono misure con segno su X . Allora, per il Teorema 11.7 e per il Corollario 11.9,Re(λ) e Im(λ) si decompongono in modo unico come somma di una misuraassolutamente continua rispetto a µ e di una misura mutuamente singolare conµ:

Re(λ) = λac,R + λs,R Im(λ) = λac,I + λs,I ,

107

Page 108: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

ed esistono funzioni fR, fI µ–sommabili (unicamente determinate per µ–q.o.x ∈ X) tali che si abbia per ogni E ∈ Σ

λac,R(E) =

E

fR dµ λac,I(E) =

E

fI dµ .

(b) Ponendo

λac = λac,R + i · λac,I , λs = λs,R + i · λs,I ,

otteniamo una decomposizione con le proprieta richieste. Infatti: λac e λs sonomisure complesse; da λac,R ≪ µ e λac,I ≪ µ, segue immediatamente λac ≪ µ;se AR, AI , BR, BI ∈ Σ sono tali che AR ∩BR = AI ∩BI = ∅ e

µ(X \BR) = µ(X \BI) = λs,R(X \AR) = λs,I(X \AI) = 0 ,

allora µ e concentrata su BR∩BI e λs e concentrata su AI ∪AR e quindi λs ⊥ µ.

(c) Inoltre e evidente che la funzione f : X → C definita da f = fR + i · fI eµ–sommabile e soddisfa come richiesto

λac(E) =

E

f dµ ,

per ogni E ∈ Σ.

(d) Infine per provare l’unicita della decomposizione (14) e della rappresenta-zione (15) basta ripetere gli argomenti usati per l’unicita nel caso delle misurecon segno, sfruttando anche l’Esercizio 53. ⋄

Osservazione 11.12. Si noti che dall’unicita nel Teorema 11.7, segue che se λe una misura complessa, λac e la sua parte assolutamente continua rispetto a µe f e la funzione per cui vale (15), si avra anche per ogni E ∈ Σ

Re(λac)(E) =

E

Re(f) dµ , Im(λac)(E) =

E

Im(f) dµ .

Corollario 11.13. Siano µ misura positiva σ–finita su X e λ misura vettorialesu X. Allora esistono λac, λs misure vettoriali su X tali che

λac ≪ µ , λs ⊥ µ , λ = λac + λs , (16)

e la decomposizione (16) e unica. Inoltre, esiste f : X → Rd µ–sommabile taleche

λac(E) =

E

f dµ , ∀E ∈ Σ , (17)

e se f e un’altra funzione µ–sommabile tale che vale (17), allora f = f µ–q.o.in X.

Dimostrazione. (a) Data λ misura vettoriale su X , le misure λ(j) tali che

λ =∑d

j=0 λ(j)ej , con e1, . . . , ej base canonica di Rd, sono misure con segno

su X . Allora, per il Teorema 11.7 e per il Corollario 11.9, ciascuna λ(j) si

108

Page 109: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

decompone in modo unico come somma di una misura assolutamente continuarispetto a µ e di una misura mutuamente singolare con µ:

λ(j) = λac,j + λs,j ,

ed esistono funzioni fj µ–sommabili (unicamente determinate per µ–q.o. x ∈ X)tali che si abbia per ogni E ∈ Σ

λac,j(E) =

E

fj dµ .

(b) Ponendo

λac =

d∑

j=1

λac,jej , λs =

d∑

j=1

λs,jej ,

otteniamo una decomposizione con le proprieta richieste. Infatti: λac e λs sonomisure vettoriali; da λac,j ≪ µ segue immediatamente λac ≪ µ; se Aj , Bj ∈ Σsono tali che Aj ∩Bj = ∅ e

µ(X \Bj) = λs,j(X \Aj) = 0 ,

per ogni j = 1, . . . , d, allora µ e concentrata su⋂d

j=1 Bj e λs e concentrata su⋃d

j=1 Aj e quindi λs ⊥ µ.

(c) Inoltre e evidente che la funzione f : X → Rd definita da f =∑d

j=0 fjej eµ–sommabile e soddisfa come richiesto

λac(E) =

E

f dµ ,

per ogni E ∈ Σ.

(d) Infine per provare l’unicita della decomposizione (16) e della rappresenta-zione (17) basta ripetere gli argomenti usati per l’unicita nel caso delle misurecon segno, sfruttando anche l’Esercizio 53. ⋄

Osservazione 11.14. Si noti che dall’unicita µ–q.o. della funzione f nel Teore-ma 11.7, segue che se λ e una misura vettoriale, λac e la sua parte assolutamentecontinua rispetto a µ e f e la funzione per cui vale (17), si avra anche per ogniE ∈ Σ e per ogni 1 ≤ j ≤ d

λ(j)ac (E) =

E

f (j) dµ .

Osservazione 11.15. Nel caso di misure vettoriali a valori in uno spazio diBanach X di dimensione infinita, non solo la dimostrazione da noi usata per ilCorollario 11.13 non funziona, ma in generale non vale proprio il Teorema diRadon–Nikodym e sono necessari Teoremi molto avanzati per caratterizzare glispazi di Banach in cui Radon–Nikodym vale. Per questo motivo in queste noteci siamo limitati al caso di misure vettoriali a valori in Rd.

109

Page 110: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 66. Siano Σ una σ–algebra in P(X), µ una misura positiva, F = Co F = Rd, f : X → F una funzione µ–sommabile e ν la funzione definita perogni E ∈ Σ come

ν(E) =

E

f dµ .

Mostrare che ν e una misura (complessa o vettoriale a seconda della scelta diF). Mostrare anche che per ogni funzione ν–sommabile ψ : X → R si ha

∫ψ dν =

∫ψf dµ , (18)

ossia che dν = f dµ.

Corollario 11.16. Siano λ, µ misure positive σ–finite su X. Allora esistonoλac, λs misure positive su X tali che

λac ≪ µ , λs ⊥ µ , λ = λac + λs , (19)

e la decomposizione (19) e unica. Inoltre, esiste f : X → [0,+∞] Σ–misurabiletale che

λac(E) =

E

f dµ , ∀E ∈ Σ , (20)

e se f e un’altra funzione positiva e Σ–misurabile tale che vale (20), allora f = fµ–q.o. in X.

Dimostrazione. (a) Sia (Xh) una successione disgiunta in Σ che ricopre Xe tale che λ(Xh) < ∞ per ogni h ∈ N. Allora ciascuna misura λh = λ | Xh

e totalmente finita e dunque una misura con segno. Di conseguenza, per ilTeorema 11.7 e per il Corollario 11.9, ciascuna λh si decompone in modo unicocome somma di una misura assolutamente continua rispetto a µ e di una misuramutuamente singolare con µ:

λh = λac,h + λs,h ,

ed esistono funzioni fh µ–sommabili (unicamente determinate per µ–q.o. x ∈ X)tali che si abbia per ogni E ∈ Σ

λac,h(E) =

E

fh dµ .

Si noti che, per ogni h ∈ N, essendo λh ≥ 0 si ha λac,h ≥ 0, λs,h ≥ 0 e fh ≥ 0.

(b) Ponendo

λac =

∞∑

h=0

λac,h , λs =

∞∑

h=0

λs,h ,

otteniamo una decomposizione con le proprieta richieste. Infatti λac e λs sonomisure positive.14

14Senza verificare direttamente la σ–additivita, si puo osservare che λac e λs sono il supdelle successioni di misure positive

∑kh=0

λac,h e∑k

h=0λs,h e quindi misure per l’Esercizio 15.

110

Page 111: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Inoltre, preso E ∈ Σ con µ(E) = 0 si ha λac,h(E) = 0 per ogni h ∈ N e quindi

λac(E) =

∞∑

h=0

λac,h(E) = 0 ,

ossia λac ≪ µ.Infine presi Ah, Bh ∈ Σ disgiunti tali che λs,h e concentrata su Ah e µ e con-centrata su Bh, si avra µ concentrata su B =

⋂h∈NBh e λs concentrata su

A =⋃

h∈NAh. Essendo A ∩B = ∅, ne segue λs ⊥ µ.

(c) Definendo poi f =∑∞

h=0 fh si ottiene una funzione positiva che, ricordandol’Esercizio 46, e Σ–misurabile e soddisfa, per ogni E ∈ Σ,

E

f dµ =

∞∑

h=0

(∫

E

fh dµ

)=

∞∑

h=0

λac,h(E) = λac(E) .

(d) Infine per provare l’unicita della decomposizione (19) basta ripetere gliargomenti usati per l’unicita nel caso delle misure con segno. Per l’unicita dellarappresentazione (20), osserviamo che prendendo una qualunque successionedisgiunta (Xh) in Σ che ricopre X e tale che λ(Xh) <∞ per ogni h ∈ N, si ha

Xh

f dµ−∫

Xh

f dµ = λac(Xh)− λac(Xh) = 0 .

Quindi, ricordando l’Esercizio 50, si ha

∫(f − f) dµ =

∞∑

h=0

Xh

(f − f) dµ = 0 ,

e quindi f = f µ–q.o. in X , per la Proposizione 8.30. ⋄

Esempio 11.17. L’ipotesi di σ–finitezza delle misure e essenziale. Consideria-mo X = 1, Σ = ∅, X e le misure

µ(E) =

0 se E = ∅+∞ se E = X

λ(E) =

0 se E = ∅1 se E = X

Ovviamente λ e finita, e dunque σ–finita, mentre µ non e σ–finita. Osserviamoche si ha λ≪ µ, ma non esiste alcuna f : X → [0,+∞] tale che λ(E) =

∫f dµ.

Infatti, una tale funzione f dovrebbe soddisfare

λ(1) = 1 =

1

f dµ =

0 se f = 0+∞ se f > 0

D’altro canto, si ha anche µ ≪ λ e l’unica funzione f per cui si abbia µ(E) =∫f dλ e f(1) = +∞ che non e λ–sommabile.

Osservazione 11.18. Nelle notazioni dell’Esercizio 65, si possono riscrivere lerelazioni (11), (15), (17) e (20) nella forma

dλac = f dµ ,

111

Page 112: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

da intendersi che per ogni ψ : X → R funzione λac–sommabile si ha

∫ψ dλac =

∫ψf dµ ,

e in particolare scegliendo ψ = χA con A ∈ Σ

λac(A) =

A

f dµ .

Per questo motivo si scrive talvolta, con abuso di notazione,

f =dλacdµ

e dλac =dλacdµ

dµ ,

e si dice che f e la derivata di λac rispetto a µ.

Esercizio 67. Siano Σ una σ–algebra in P(X), µ una misura positiva σ–finitasu X e ν una misura (con segno, complessa o vettoriale) tale che ν ≪ µ. Allora|ν| ≪ µ e se dν = f dµ con f µ–sommabile, si ha d|ν| = |f | dµ.

Teorema 11.19. Siano ν misura con segno (risp. complessa o vettoriale) suX. Allora esiste h : X → F con F = R (risp. F = C o F = Rd) Σ–misurabiletale che |h(x)| = 1 per ogni x ∈ X e

dν = h d|ν| . (21)

Dimostrazione. Essendo ν ≪ |ν|, applicando il Teorema di Radon–Nikodym(o un suo corollario nel caso di misure complesse o vettoriali) esiste h : X → F|ν|–sommabile tale che (21) e soddisfatta. Applicando l’Esercizio 67 con µ = |ν|,avremo

d|ν| = |h| d|ν| ,da cui segue |h| = 1 |ν|–q.o. in X . Infatti, per ogni E ∈ Σ

E

(1− |h|) d|ν| =∫χE d|ν| −

∫χE |h| d|ν| = 0 ,

e quindi 1− |h| = 0 |ν|–q.o. in X .A questo punto, detto

N =x ∈ X ; |h(x)| 6= 1

∈ Σ ,

si ha |ν|(N) = 0 ed e sufficiente prendere la funzione h = hχX\N + 1χN che

coincide ν–q.o. con h ma soddisfa |h| = 1 in tutto X . ⋄

Osservazione 11.20. Per analogia con la rappresentazione polare dei numericomplessi (z = λ|z| con |λ| = 1), l’espressione in (21) viene detta decomposizionepolare di ν.

112

Page 113: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 68. Siano Σ una σ–algebra in P(X), µ misura positiva σ–finita suX, λ1, λ2 misure (positive, con segno, complesse o vettoriali) tali che λ1 ≪ µ eλ2 ≪ µ e α ∈ R (o C nel caso di misure complesse). Allora (λ1 + αλ2) ≪ µ esi ha µ–q.o.

d(λ1 + αλ2)

dµ=

dλ1dµ

+ αdλ2dµ

.

Esercizio 69. Siano Σ una σ–algebra in P(X), µ, ν misure positive σ–finite suX e λ una misura (positiva, con segno, complessa o vettoriale) tale che ν ≪ µe λ≪ ν. Allora λ≪ µ e si ha µ–q.o.

dµ=

dµ.

113

Page 114: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

12 Misure di Radon

In tutta questa Sezione, sia fissato uno spazio di misura (X,Σ, µ) con X spaziotopologico e µ misura boreliana (i.e. B(X) ⊆ Σ).

Definizione 12.1. Sia E ⊆ X. Diremo che E e

(i) esternamente regolare per µ se si ha

µ(E) = inf µ(V ) ; E ⊆ V, V aperto ;

(ii) internamente regolare per µ se si ha

µ(E) = sup µ(K) ; K ⊆ E, K compatto .

Definizione 12.2. Diremo che la misura µ e una misura di Radon (positiva)se

(a) µ e boreliana;

(b) µ e finita sui compatti;

(c) ogni insieme µ–misurabile di X e esternamente regolare per µ;

(d) ogni aperto di X e internamente regolare per µ;

Proposizione 12.3. Sia µ una misura di Radon su X e sia E ∈ Σ tale cheµ(E) < +∞. Allora E e internamente regolare per µ.

Dimostrazione. Siccome E ∈ Σ, allora E e esternamente regolare per µ.Fissato ε > 0 sia dunque V aperto tale che E ⊆ V e µ(V ) < µ(E) + ε/2.Poiche V e internamente regolare per µ, esiste K compatto tale che K ⊆ V eµ(K) > µ(V )− ε/2.Consideriamo ora l’insieme V \E: e un elemento di Σ tale che µ(V \E) < ε/2;15

ma allora esiste U aperto tale (V \E) ⊆ U e µ(U) < ε/2. Definendo K ′ = K \U ,si ha che K ′ e compatto, che K ′ ⊆ E e che

µ(K ′) = µ(K \ U) = µ(K)− µ(K ∩ U) > µ(V )− ε

2− ε

2≥ µ(E)− ε ,

essendo µ(K ∩ U) ≤ µ(U) < ε/2. Per l’arbitrarieta di ε, si conclude quindi che

µ(E) = sup µ(K) ; K ⊆ E, K compatto ,

ossia E e internamente regolare per µ. ⋄

Esempio 12.4. Ricordando la Proposizione 4.6, se mostriamo che Ld e finitasui compatti, allora Ld e una misura di Radon su Rd. Sia dunqueK un compattodi Rd e M > 0 tale che K ⊆ B(0,M). Allora si ha

Ld(K) ≤ Ld(B(0,M)) ≤ (2M)d < +∞ ,

come richiesto.15Perche µ(E) + µ(V \ E) = µ(V ) < µ(E) + ε/2 e µ(E) < +∞.

114

Page 115: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Definizione 12.5. Sia ν una misura su X (con segno, complessa o vettoriale).Diremo che ν e una misura di Radon (con segno, complessa o vettoriale) se |ν|e una misura di Radon positiva.

Osservazione 12.6. Ricordiamo che se ν e una misura (con segno, complessao vettoriale) su X , allora |ν| e una misura positiva totalmente finita su X . Maallora, dalla Proposizione 12.3, segue che per ogni ν misura di Radon su X (consegno, complessa o vettoriale) tutti gli elementi di Σ sono internamente regolariper |ν|.

Esercizio 70. Mostrare che:

• se ν e una misura con segno sono fatti equivalenti:

(i) ν e una misura di Radon;

(ii) ν+, ν− sono misure di Radon.

• se ν e una misura complessa sono fatti equivalenti:

(i) ν e una misura di Radon;

(ii) Re(ν), Im(ν) sono misure di Radon.

• se ν e una misura vettoriale sono fatti equivalenti:

(i) ν e una misura di Radon;

(ii) le componenti ν(j) sono misure di Radon.

115

Page 116: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

13 Teoremi di rappresentazione di Riesz

Ricordiamo un paio di risultati di topologia generale che useremo nel seguito.La dimostrazione dei primi due si puo trovare su quasi tutti i libri di topologia,oppure in [2, 4, 8]. La dimostrazione del terzo risultato, nella forma da noienunciata, si puo trovare in [2].

Lemma 13.1 (di Urysohn). Sia X un insieme e τ una topologia su X taleche (X, τ) e Hausdorff e localmente compatto. Allora per ogni V aperto di X eper ogni K compatto di X tale che K ⊆ V , esiste una funzione f ∈ Cc(X ;R)tale che 0 ≤ f ≤ 1, Supp(f) ⊆ V e f ≡ 1 su K.

Teorema 13.2. Sia X un insieme e τ una topologia su X tale che (X, τ) eHausdorff e localmente compatto. Allora per ogni K compatto di X e per ogniricoprimento aperto finito K ⊆ ⋃m

j=1 Uj esiste una partizione dell’unita su Ksubordinata agli Uj, ossia esistono funzioni φj ∈ Cc(X ;R) tali che 0 ≤ φj ≤ 1,Supp(φj) ⊆ Uj e per ogni x ∈ K

m∑

j=1

φj(x) = 1 .

Corollario 13.3. Sia X un insieme e τ una topologia su X tale che (X, τ) eHausdorff e localmente compatto. Allora per ogni K1, . . . ,Km compatti disgiuntidi X e per ogni α1, . . . , αm ∈ R (risp. in C) esiste una funzione f ∈ Cc(X ;R)(risp. f ∈ Cc(X ;C)) tale che

(i) f(x) = αj per ogni x ∈ Kj;

(ii) ||f ||∞ = max |α1|, . . . , |αm|.

Sia ora (X,Σ, µ) uno spazio di misura in cui X e anche uno spazio topologicoe µ e una misura di Radon positiva e sia F = R o F = C o F = Rd. Osserviamoche ogni funzione f ∈ Cc(X ;F) e µ–sommabile: infatti f e continua, e dunqueΣ–misurabile, e si annulla fuori da un insieme compatto K, per cui

∫|f | dµ =

K

|f | dµ ≤ supXf · µ(K) <∞ .

Quindi le applicazioni

TR :

Cc(X ;R) → R

f 7→∫f dµ

TC :

Cc(X ;C) → C

f 7→∫f dµ

Td :

Cc(X ;Rd) → R

f 7→ ∑dj=1

∫f (j) dµ

sono lineari, ossia elementi del duale algebrico di Cc(X ;F). In questa sezioneandremo a studiare piu nel dettagli quali funzionali, non necessariamente definitisu Cc(X ;F), possono essere rappresentati in questo modo.

116

Page 117: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Definizione 13.4. Un funzionale T : Cc(X ;R) → R si dice positivo, se

T (f) ≥ 0 ∀f ≥ 0 .

Osservazione 13.5. Se T : Cc(X ;R) → R e un funzionale positivo, alloraT rispetta l’ordine su Cc(X ;R), ossia se f, g ∈ Cc(X ;R) con f ≥ g, alloraT (f) ≥ T (g). Infatti f − g ≥ 0 e quindi

T (f)− T (g) = T (f − g) ≥ 0 .

Definizione 13.6. Dato U ⊆ X aperto e data f ∈ Cc(X ;R) useremo lanotazione

f ≺ U ,

per indicare che 0 ≤ f ≤ χU e che Supp(f) ⊆ U .

Lemma 13.7. Per ogni U ⊆ X aperto si ha

µ(U) = sup

∫f dµ ; f ∈ Cc(X ;R), 0 ≤ f ≤ χU

= sup

∫f dµ ; f ∈ Cc(X ;R), f ≺ U

.

Dimostrazione. Poniamo

Γ = sup

∫f dµ ; f ∈ Cc(X ;R), 0 ≤ f ≤ χU

,

∆ = sup

∫f dµ ; f ∈ Cc(X ;R), f ≺ U

.

Le disuguaglianze µ(U) ≥ Γ ≥ ∆ sono evidenti, quindi e sufficiente mostrareµ(U) ≤ ∆. Essendo µ una misura di Radon e U aperto, allora U e internamenteregolare per µ. Per ogni ε > 0 sia allora K ⊆ U compatto tale che

µ(K) > µ(U)− ε .

Per il Lemma di Urysohn 13.1 esiste una funzione g ∈ Cc(X ;R) con χK ≤ g eg ≺ U .

∆ ≥∫g dµ ≥ µ(K) > µ(U)− ε .

Per l’arbitrarieta di ε, si conclude quindi che µ(U) ≤ ∆ e vale l’uguaglianza. ⋄

Teorema 13.8. Sia T : Cc(X ;R) → R un funzionale positivo. Allora esiste unaσ–algebra M che contiene B(X) e un’unica misura di Radon positiva e completaµ definita su M tale che

T (f) =

∫f dµ , (22)

per ogni f ∈ Cc(X ;R).

117

Page 118: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. (a) Dividiamo la dimostrazione in numerosi passi:

1. sfruttando T definiamo una funzione µ∗ : P(X) → [0,+∞] e mostriamoche e una misura esterna;

2. mostriamo che i boreliani di X sono tutti µ∗–misurabili;

3. definiamo una misura boreliana completa µ applicando il metodo di Ca-ratheodory a µ∗ e mostriamo che e una misura di Radon;

4. mostriamo che vale (22);

5. mostriamo che c’e un’unica misura di Radon per cui vale (22).

(b) Come primo passo, definiamo per ogni aperto U ⊆ X la funzione

µ∗(U) = sup T (f) ; f ∈ Cc(X ;R), f ≺ U ,

e poi la estendiamo su ogni altro insieme A di P(X) ponendo

µ∗(A) = inf µ∗(U) ; A ⊆ U, U aperto .

Mostriamo che µ∗ e una misura esterna. E evidente che µ∗(∅) = 0 e che µ∗(A) ≤µ∗(B) ogni volta che A ⊆ B.Resta dunque da mostrare la σ–subadditivita. Prendiamo dapprima una succes-sione di aperti (Un) in P(X) e sia f ∈ Cc(X ;R) tale che f ≺ ⋃n∈N Un. AlloraSupp(f) e un compatto contenuto in

⋃n∈N Un, e quindi ci sara un sottoricopri-

mento aperto finito che lo contiene: Supp(f) ⊆ ⋃Nn=0 Un. Sia ora φo, . . . , φN

una partizione dell’unita su Supp(f) subordinata alla famiglia Uo, . . . , UN , come

in Teorema 13.2. Definendo fj = fφj si ottiene che f =∑N

n=0 fn con fn ≺ Un

per ogni n, e per la linearita di T , ne segue

T (f) =

N∑

n=0

T (fn) ≤N∑

n=0

µ∗(Un) ≤∞∑

n=0

µ∗(Un) .

Passando al sup sulle funzioni f ≺ ⋃n∈N Un si ottiene

µ∗

(⋃

n∈N

Un

)≤

∞∑

n=0

µ∗(Un) .

Sia ora invece (An) una successione qualunque in P(X). La disuguaglian-za cercata e ovviamente vera se

∑∞n=0 µ

∗(An) = +∞. Supponiamo quindi∑∞h=0 µ

∗(An) < +∞ e, per ogni ε > 0 e n ∈ N, sia Un aperto tale che An ⊆ Un

eµ∗(Un) < µ∗(An) +

ε

2n+1.

Allora,⋃

n∈NAn ⊆ ⋃n∈N Un aperto e dunque

µ∗

(⋃

n∈N

An

)≤ µ∗

(⋃

n∈N

Un

)≤

∞∑

n=0

µ∗(Un)

<

∞∑

n=0

(µ∗(An) +

ε

2n+1

)=

∞∑

n=0

µ∗(An) + ε .

118

Page 119: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Per l’arbitrarieta di ε > 0 ne segue

µ∗

(⋃

n∈N

An

)≤

∞∑

n=0

µ∗(An) ,

e dunque µ∗ e una misura esterna e abbiamo completato il Passo 1.

(c) Mostriamo ora che i boreliani sono tutti µ∗–misurabili. Naturalmente esufficiente mostrare che lo sono gli aperti. Sia dunque U aperto e, ricordandol’Osservazione 3.5, per ogni A ⊆ X con µ∗(A) <∞ mostriamo che

µ∗(A) ≥ µ∗(A ∩ U) + µ∗(A \ U) .

Per ogni ε > 0 sia V aperto tale che A ⊆ V e

µ∗(V ) ≤ µ∗(A) + ε .

Se ora mostriamo che

µ∗(V ) ≥ µ∗(V ∩ U) + µ∗(V \ U)− 2ε , (23)

si avrebbeµ∗(A) + ε ≥ µ∗(A ∩ U) + µ∗(A \ U)− 2ε ,

e potremmo concludere per arbitrarieta di ε. Mostriamo quindi (23).Essendo V ∩ U un aperto, prendiamo f1 ∈ Cc(X ;R) con f1 ≺ (V ∩ U) e

T (f1) ≥ µ∗(V ∩ U)− ε .

Indicato K = Supp(f1), si ha che V \K e un aperto che contiene V \ U . Presaf2 ∈ Cc(X ;R) con f2 ≺ (V \K) e

T (f2) ≥ µ∗(V \K)− ε ,

si ha ancheT (f2) ≥ µ∗(V \ U)− ε .

Essendo (f1 + f2) ≺ V , si puo concludere che

µ∗(V ) ≥ T (f1 + f2) = T (f1) + T (f2) ≥ µ∗(V ∩ U) + µ∗(V \ U)− 2ε ,

come richiesto, e quindi i boreliani sono tutti µ∗–misurabili e abbiamo comple-tato il Passo 2.

(d) Prima di passare al Passo 3, mostriamo che se f ∈ Cc(X ;R) e A ⊆ Xallora:

• se f ≥ χA, allora µ∗(A) ≤ T (f);

• se 0 ≤ f ≤ χA e A compatto, allora µ∗(A) ≥ T (f).

Infatti, sia f ≥ χA e ε > 0. L’insieme

Uε = x ∈ X ; f(x) > 1− ε ,

119

Page 120: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e un aperto, visto che f e continua, e A ⊆ Uε. Inoltre, se g ∈ Cc(X ;R) soddisfag ≤ χUε

allora g soddisfa anche g ≤ 11−ε f . Quindi T (g) ≤ 1

1−ε T (f) e, passandoal sup sulle funzioni g ≺ Uε,

µ∗(A) ≤ µ∗(Uε) ≤1

1− εT (f) .

Per arbitrarieta di ε si conclude la prima proprieta.Sia ora A compatto e 0 ≤ f ≤ χA. Preso un qualunque aperto U che contieneA, si ha quindi che f ≺ U e quindi T (f) ≤ µ∗(U). Ma allora passando all’infsugli aperti che contengono A si ha T (f) ≤ µ∗(A) ed anche la seconda proprietae dimostrata.

(e) Poniamo ora

M = A ⊆ X ; A e µ∗–misurabile ,

e consideriamo la misura µ che si ottiene applicando il metodo di Caratheodorya µ∗. Allora µ : M → [0,+∞] e una misura completa ed e boreliana per (c).Inoltre, per definizione, ogni insieme µ∗–misurabile e esternamente regolare perµ. Quindi per mostrare che µ e in effetti una misura di Radon resta da vedereche e finita sui compatti e che ogni aperto e internamente regolare per µ.Se K ⊆ X e compatto, allora per il Lemma di Urysohn 13.1 esiste f ∈ Cc(X ;R)tale che χK ≤ f . Ma allora per (d) si ha

µ(K) = µ∗(K) ≤ T (f) < +∞ ,

e quindi µ e finita sui compatti.Infine, se U ⊆ X e un aperto, allora per ogni funzione f ∈ Cc(X ;R) con f ≺ U ,si ha Supp(f) ⊆ U compatto e 0 ≤ f ≤ χSupp(f). Quindi, per (d) si ha

µ(U) = µ∗(U) = sup T (f) ; f ∈ Cc(X ;R), f ≺ U≤ sup µ∗(Supp(f)) ; f ∈ Cc(X ;R), f ≺ U≤ sup µ∗(K) ; K ⊆ U, K compatto ≤ µ∗(U) ,

da cui la regolarita interna degli aperti. Quindi µ e una misura di Radon eabbiamo completato il Passo 3.

(f) Mostriamo ora che vale (22). In realta basta mostrare che vale

T (f) ≤∫f dµ ,

visto che poi per linearita si ha

−T (f) = T (−f) ≤∫(−f) dµ = −

∫f dµ ,

e deve valere l’uguaglianza. Sia quindi f ∈ Cc(X ;R) e siano K = Supp(f) e[a, b] = [minX f,maxX f ] rispettivamente il supporto e l’immagine di f . Fissatoε > 0 siano yo, . . . , yN numeri reali tali che yo < a < y1 < . . . < yN = b eyi − yi−1 < ε. Poniamo per ogni j = 1, . . . , N

Ej = x ∈ X ; yj−1 < f(x) ≤ yj ∩K .

120

Page 121: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Essendo f continua, e dunque boreliana, ciascun Ej e boreliano in X e la fa-miglia disgiunta degli Ej ricopre K. Sfruttando nuovamente la continuita dif e ricordando la definizione di µ∗, siano Vj degli aperti tali che Ej ⊆ Vj ,f(x) < yj + ε per x ∈ Vj e si abbia

µ∗(Vj) < µ∗(Ej) +ε

N.

Come in (b), siano ora φ1, . . . , φN una partizione dell’unita su K subordina-

ta alla famiglia V1, . . . , VN , come in Teorema 13.2. Allora f =∑N

j=1 fφj e,

osservando che χK ≤∑Nj=1 φj , da (d) segue

µ(K) = µ∗(K) ≤ T

N∑

j=1

φj

=

N∑

j=1

T (φj) .

Siccome fj ≤ (yj+ε)φj in Vj , yj−ε < yj−1 < f(x) in Ej e∑N

j=1 µ(Ej) = µ(K),si ha

T (f) =N∑

j=1

T (fφj) ≤N∑

j=1

(yj + ε)T (φj)

=

N∑

j=1

(|a|+ yj + ε)T (φj)−N∑

j=1

|a|T (φj)

≤N∑

j=1

(|a|+ yj + ε)µ(Vj)−N∑

j=1

|a|µ(K)

≤N∑

j=1

(|a|+ yj + ε)(µ(Ej) +

ε

N

)−

N∑

j=1

|a|µ(K)

=

N∑

j=1

(yj − ε)µ(Ej) + 2εµ(K) +ε

N

N∑

j=1

(|a|+ yj + ε)

=

N∑

j=1

∫(yj − ε)χEj

dµ+ o(ε)

≤N∑

j=1

Ej

f dµ+ o(ε) =

K

f dµ+ o(ε) =

∫f dµ+ o(ε) ,

da cui la disuguaglianza richiesta per ε→ 0+.

(g) Per concludere, mostriamo l’unicita. Se µ1 e µ2 sono due misure di Radondefinite sulla σ–algebra M tali che vale (22), allora

∫f dµ1 =

∫f dµ2

e quindi il Lemma 13.7 assicura che per ogni aperto U ⊆ X si ha µ1(U) = µ2(U).Ma allora, essendo ogni insieme esternamente regolare per µ1 e µ2, si ha perogni B ∈ M

µ1(B) = inf µ1(V ) ; B ⊆ V, V aperto= inf µ2(V ) ; B ⊆ V, V aperto = µ2(B) .

121

Page 122: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Ossia le due misure coincidono su M. Questo completa la dimostrazione dell’u-nicita e del Teorema. ⋄

Osservazione 13.9. Si noti che in realta nella dimostrazione non abbiamomai utilizzato l’assunzione che X sia second countable. In effetti, il Teoremacontinua a valere conX semplicemente spazio di Hausdorff localmente compatto.

Grazie a questo fondamentale Teorema, possiamo ora caratterizzare i funzio-nali lineari e continui su Co(X ;F), che ricordiamo essere la chiusura di Cc(X ;F)rispetto alla norma || · ||∞.

Lemma 13.10. Sia µ una misura con segno su X. Allora il funzionale Φµ suCo(X ;R) a valori in R definito da Φµ(f) =

∫f dµ e un funzionale lineare e

limitato. Inoltre si ha||Φµ|| ≤ |µ|(X) .

Dimostrazione. Sappiamo gia che Φµ e un funzionale lineare per le proprietadegli integrali, quindi dobbiamo solo mostrare la limitatezza. Come prima cosa,mostriamo che per ogni f ∈ Co(X ;R) si ha

∣∣∣∣∫f dµ

∣∣∣∣ ≤∫

|f | d|µ| .

Infatti si ha∣∣∣∣∫f dµ

∣∣∣∣ =∣∣∣∣∫f dµ+ −

∫f dµ−

∣∣∣∣ ≤∫

|f | dµ+ +

∫|f | dµ− =

∫|f | d|µ| .

A questo punto, siccome |µ| e totalmente finita e per ogni f ∈ Co(X ;R) si ha

|Φµ(f)| ≤∫

|f | d|µ| ≤ ||f ||∞|µ|(X) ,

Φµ e un funzionale limitato. Inoltre, passando al sup sulle funzioni f con||f ||∞ ≤ 1, si ottiene||Φµ|| ≤ |µ|(X) come richiesto. ⋄

Lemma 13.11. Sia T : Co(X ;R) → R un funzionale lineare e limitato. Alloraesistono T+, T− : Co(X ;R) → R funzionali lineari limitati e positivi tali cheT = T+ − T−.

Dimostrazione. (a) Presa una qualunque f ∈ Co(X ;R) tale che f ≥ 0,definiamo

T+(f).= sup T (g) ; g ∈ Co(X ;R), 0 ≤ g ≤ f .

Poiche per ogni g ∈ Co(X ;R) tale che 0 ≤ g ≤ f si ha

|T (g)| ≤ ||T || ||g||∞ ≤ ||T || ||f ||∞ ,

passando al sup sulle funzioni g, si ottiene |T+(f)| ≤ ||T || ||f ||∞ per ogni f ≥ 0.

(b) Mostriamo ora che per ogni f, f ′ ∈ Co(X ;R) tali che f ≥ 0 e f ′ ≥ 0 e perogni t ≥ 0 si ha:

• T+(f) ≥ 0;

122

Page 123: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

• T+(tf) = t T+(f);

• T+(f + f ′) = T+(f) + T+(f ′).

Le prime due proprieta sono immediate, per la definizione di T+. Mostriamoquindi la terza. Prese g1, g2 ∈ Co(X ;R) tali che 0 ≤ gi ≤ fi si ha 0 ≤ g1 + g2 ≤f1 + f2. Quindi

T (g1) + T (g2) = T (g1 + g2) ≤ T+(f1 + f2) ,

da cui passando al sup su g1 e g2, si ha T+(f1) + T+(f2) ≤ T+(f1 + f2). Per

mostrare la disuguaglianza opposta sia g ∈ Co(X ;R) tale che 0 ≤ g ≤ f1 + f2.Ponendo g1 = ming, f1 e g2 = g−g1, otteniamo due funzioni g1, g2 ∈ Co(X ;R)tali che 0 ≤ gi ≤ fi. Quindi

T (g) = T (g1) + T (g2) ≤ T+(f1) + T+(f2) ,

da cui passando al sup su g, si ha T+(f1 + f2) ≤ T+(f1) + T+(f2).

(c) A questo punto estendiamo T+ a tutte le funzioni in Co(X ;R) ponendo

T+(f) = T+(f+)− T+(f−) .

E evidente che T+ e lineare, per (b), e che e un funzionale positivo. Inoltre,per ogni f ∈ Co(X ;R), da (a) segue

|T+(f)| ≤ |T+(f+)|+ |T+(f−)| ≤ 2||T || ||f ||∞ ,

ossia T+ e anche limitato.(d) Ponendo ora T− = T − T+, si vede immediatamente che T− e lineare elimitato. Per mostrare che e anche positivo si noti che, per definizione di T+,si ha T+(f) ≥ T (f) per ogni f ≥ 0 e quindi T−(f) ≥ 0. La dimostrazione edunque completa. ⋄

Teorema 13.12. Sia T : Co(X ;R) → R un funzionale lineare e limitato. Alloraesiste un’unica misura di Radon con segno µ tale che

T (f) =

∫f dµ ,

per ogni f ∈ Co(X ;R). Inoltre

||T || = |µ|(X) ,

ossia la mappa T 7→ µ e un’isometria bijettiva tra il duale topologico (Co(X ;R))∗

e lo spazio delle misure di Radon con segno, normato con ||µ|| = |µ|(X).

Dimostrazione. (a) Consideriamo dapprima il caso di T lineare limitato epositivo. Allora la restrizione di T a Cc(X ;R) e anch’esso un funzionale linearee positivo. Applicando il Teorema 13.8 a T|Cc

, si ha che esiste un’unica misuradi Radon positiva µ tale che

T (f) =

∫f dµ ,

123

Page 124: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

per ogni f ∈ Cc(X ;R). Inoltre, il Lemma 13.7 ci assicura che

µ(X) = sup T (f) ; f ∈ Cc(X ;R), 0 ≤ f ≤ 1 ≤ ||T || .

Quindi in particolare µ e totalmente finita, ossia una misura con segno.Dobbiamo ora mostrare che la rappresentazione di T come integrale vale nonsolo per le funzioni a supporto compatto, ma per tutte. EssendoCc(X ;R) densoin Co(X ;R) ed essendo continui i funzionali T e f 7→

∫f dµ, quest’ultimo per

il Lemma 13.10, si ha che la relazione

T (f) =

∫f dµ ,

vale per ogni f ∈ Co(X ;R).

(b) Sia ora T un funzionale lineare limitato qualsiasi. Allora, per il Lem-ma 13.11, esistono T+, T− funzionali lineari limitati e positivi tali che T+−T−.Siano µ+, µ− le misure di Radon positive e totalmente finite corrispondenti aT+, T− rispettivamente, per (a). Allora la misura µ = µ+ − µ− e una misuradi Radon con segno tale che

T (f) = T+(f)− T−(f) =

∫f dµ+ −

∫f dµ− =

∫f dµ ,

e quindi T si rappresenta come integrale.

(c) Resta da mostrare che la mappa T 7→ µ e un’isometria. Nelle notazioni delLemma 13.10, e sfruttandone il risultato, sappiamo che

||T || = ||Φµ|| ≤ |µ|(X) ,

quindi dobbiamo solo dimostrare l’altra disuguaglianza. Fissato ε > 0, ricor-dando l’Esercizio 63, prendiamo A1, . . . , AN partizione finita di X in Σ taleche

N∑

j=0

|µ(Aj)| > |µ|(X)− ε .

Per l’Osservazione 12.6, tutti gli Aj sono internamente regolari per |ν|, quin-di esistono dei compatti K1, . . . ,KN tali che per ogni j si abbia Kj ⊆ Aj e|µ|(Kj) > |µ|(Aj)− ε

2N , da cui segue |µ|(Aj \Kj) <ε

2N . Quindi, per ogni j,

|µ(Aj)| ≤ |µ(Kj)|+ |µ(Aj)− µ(Kj)| = |µ(Kj)|+ |µ(Aj \Kj)|≤ |µ(Kj)|+ |µ|(Aj \Kj) < |µ(Kj)|+

ε

2N.

Applicando questa disuguaglianza a quella per gli Aj , otteniamo

|µ|(X)− ε <

N∑

j=0

|µ(Aj)| <N∑

j=0

|µ(Kj)|+ε

2,

da cui, finalmente,

|µ|(X)− ε

2<

N∑

j=0

|µ(Kj)| ≤N∑

j=0

|µ|(Kj) ,

124

Page 125: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e, posto K =⋃N

j=1Kj ,

|µ|(X \K) = |µ|(X)− |µ|(K) = |µ|(X)−N∑

j=0

|µ|(Kj) <ε

2.

Essendo i Kj disgiunti, esiste per il Corollario 13.3 una funzione f in Cc(X ;R)tale che ||f ||∞ ≤ 1 e per ogni x ∈ Kj e per ogni j si abbia

f(x) =

µ(Kj)

|µ(Kj)|se µ(Kj) 6= 0

0 altrimenti

Allora valgono i seguenti fatti:

K

f dµ =

N∑

j=0

|µ(Kj)| > |µ|(X)− ε

2,

∣∣∣∣∣

X\K

f dµ

∣∣∣∣∣ ≤∫

X\K

|f | d|µ| ≤ |µ|(X \K) <ε

2,

dove le disuguaglianze della seconda relazione si ottengono ragionando come nelLemma 13.10 e sfruttando ||f ||∞ ≤ 1. Infine, ricordando ancora che ||f ||∞ ≤ 1,

||T || ≥ |T (f)| =∣∣∣∣∫f dµ

∣∣∣∣ ≥∫

K

f dµ−∣∣∣∣∣

X\K

f dµ

∣∣∣∣∣ > |µ|(X)− ε ,

e quindi per l’arbitrarieta di ε si ha ||T || ≥ |µ|(X). La dimostrazione e quindicompleta. ⋄

Lemma 13.13. Sia µ una misura complessa su X. Allora il funzionale Φµ suCo(X ;C) a valori in C definito da Φµ(f) =

∫f dµ e un funzionale lineare e

limitato. Inoltre si ha||Φµ|| ≤ |µ|(X) .

Dimostrazione. Sappiamo gia che Φµ e un funzionale lineare per le proprietadegli integrali, quindi dobbiamo solo mostrare la limitatezza. Come prima cosa,mostriamo che per ogni f ∈ Co(X ;C) si ha

∣∣∣∣∫f dµ

∣∣∣∣ ≤∫

|f | d|µ| .

Infatti, ricordando il Teorema 11.19, esiste h : X → C tale che |h(x)| = 1 edµ = h d|µ|. Quindi ne segue

∣∣∣∣∫f dµ

∣∣∣∣ =∣∣∣∣∫

Re(f)h d|µ|+∫

Im(f)h d|µ|∣∣∣∣ =

∣∣∣∣∫f h d|µ|

∣∣∣∣ ≤∫

|f | d|µ| ,

dove abbiamo usato la Proposizione 8.38 per l’ultima disuguaglianza.

125

Page 126: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

A questo punto, siccome |µ| e totalmente finita e per ogni f ∈ Co(X ;C) si ha

|Φµ(f)| ≤∫

|f | d|µ| ≤ ||f ||∞|µ|(X) ,

Φµ e un funzionale limitato. Inoltre, passando al sup sulle funzioni f con||f ||∞ ≤ 1, si ottiene ||Φµ|| ≤ |µ|(X) come richiesto. ⋄

Corollario 13.14. Sia T : Co(X ;C) → C un funzionale lineare e limitato.Allora esiste un’unica misura di Radon complessa µ tale che

T (f) =

∫f dµ ,

per ogni f ∈ Co(X ;C). Inoltre

||T || = |µ|(X) ,

ossia la mappa T 7→ µ e un’isometria bijettiva tra il duale topologico (Co(X ;C))∗

e lo spazio delle misure di Radon complesse, normato con ||µ|| = |µ|(X).

Dimostrazione. Poiche ogni f ∈ Co(X ;R) appartiene anche a Co(X ;C),possiamo introdurre due funzionali TR, TI : Co(X ;R) → R definiti da TR(f) =Re((T (f))) e TI(f) = Im((T (f))) per ogni f ∈ Co(X ;R). Siano µR, µI lemisure di Radon con segno che si ottengono applicando il Teorema 13.12 aTR, TI rispettivamente, e consideriamo la misura di Radon complessa

µ = µR + iµI .

Allora per ogni f ∈ Co(X ;C)

∫f dµ =

∫(Re(f) + iIm(f)) d(µR + iµI)

=

(∫Re(f) dµR −

∫Im(f) dµI

)+ i

(∫Re(f) dµI +

∫Im(f) dµR

)

=(TR(Re(f))− TI(Im(f))

)+ i(TI(Re(f)) + TR(Im(f))

)

= T (Re(f)) + iT (Im(f)) = T (Re(f) + iIm(f)) = T (f) ,

ossia T si rappresenta come integrale rispetto a µ.Resta da mostrare che la mappa T 7→ µ e un’isometria. Nelle notazioni delLemma 13.13, e sfruttandone il risultato, sappiamo che

||T || = ||Φµ|| ≤ |µ|(X) .

Inoltre, la dimostrazione di ||T || ≥ |µ|(X) fatta per il Teorema 13.12 continuaa valere anche per misure complesse se la funzione f in Cc(X ;R) utilizzata perle disuguaglianze soddisfa ora per ogni x ∈ Kj e per ogni j

f(x) =

µ(Kj)

|µ(Kj)|se µ(Kj) 6= 0

0 altrimenti

126

Page 127: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

in modo da avere ancora ∫

Kj

f dµ = |µ(Kj)| .

Quindi la mappa T 7→ µ e un’isometria e la dimostrazione e conclusa. ⋄

Lemma 13.15. Sia µ una misura vettoriale di Radon su X. Allora per ogniaperto di X si ha

|µ(A)| = sup

d∑

j=0

∫f (j) dµ(j) ; f ∈ Cc(A;R

d), ||f ||∞ ≤ 1

.

La dimostrazione di questo Lemma puo essere trovata in [1].

Corollario 13.16. Sia T : Co(X ;Rd) → R un funzionale lineare e limitato.Allora esiste un’unica misura di Radon vettoriale µ tale che

T (f) =

d∑

j=1

∫f (j) dµ(j) ,

per ogni f ∈ Co(X ;Rd). Inoltre

||T || = |µ|(X) ,

ossia la mappa T 7→ µ e un’isometria bijettiva tra il duale topologico(Co(X ;Rd)

)∗e lo spazio delle misure di Radon vettoriali, normato con ||µ|| = |µ|(X).

Dimostrazione. Sia e1, . . . , ed la base canonica di Rd. Data una funzionef ∈ Co(X ;R), la funzione fi = fei e un elemento di Co(X ;Rd). Quindi, presoun funzionale lineare e limitato T : Co(X ;Rd) → R, introduciamo per ognii = 1, . . . , d il funzionale T (i) : Co(X ;R) → R definito da T (i)(f) = T (fi).E evidente che ciascun T (i) e lineare e limitato. Siano dunque µ1, . . . , µd lemisure di Radon con segno che si ottengono applicando a ciascun funzionaleT (i) il Teorema 13.12. Allora avremo

T (f) = T

d∑

j=1

f (j)ej

=

d∑

j=1

T (j)(f (j)) =

d∑

j=1

∫f (j) dµj ,

e quindi la misura di Radon vettoriale µ = (µ1, . . . , µd) ha la proprieta richiesta.Infine, dal Lemma 13.15 si deduce che ||T || = |µ|(X) e la dimostrazione econclusa. ⋄

Come caso particolare dei Teoremi precedenti, possiamo ora mostrare ilseguente Teorema.

Teorema 13.17. Sia T : Cc(X ;R) → R un funzionale lineare che soddisfa laseguente proprieta: esiste C ∈ R tale che per ogni f ∈ Cc(X ;R) si abbia

|T (f)| ≤ C||f ||∞ .

Allora esiste un’unica misura di Radon µ su X tale per ogni f ∈ Cc(X ;R)

T (f) =

∫f dµ .

127

Page 128: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. Per ipotesi, T e un funzionale continuo su Cc(X ;R) mu-

nito della norma || · ||∞. Quindi per densita ammette un’unica estensione T

a Co(X ;R) tale che T e continuo e coincide con T su Cc(X ;R). Applican-

do il Teorema 13.8 a T , esiste un’unica µ misura di Radon tale che per ognif ∈ Co(X ;R) valga

T (f) =

∫f dµ .

Ma allora in particolare µ ha la proprieta richiesta per T e la dimostrazione econclusa. ⋄

Osservazione 13.18. Teoremi analoghi al Teorema 13.17 valgono anche perfunzionali T : Cc(X ;C) → C e T : Cc(X ;Rd) → R, con gli ovvı adattamentinelle dimostrazioni.

Osservazione 13.19. Si noti che comunque il Teorema 13.8 non e ridondantealla luce dei risultati successivi. Infatti ci sono funzionali positivi T su Cc(X ;R)che non soddisfano

|T (f)| ≤ C||f ||∞ ,

ed a cui quindi il Teorema 13.17 non si applica. Un esempio di funzionale diquesto tipo e dato, nel caso di X = R, dal funzionale integrale

T (f) =

∫f dL1 .

T e lineare e positivo ma non e limitato su Cc(R;R) munito della norma || · ||∞.

E interessante notare come a partire dai Teoremi precedenti si possano ot-tenere alcuni risultati anche sugli elementi del duale di C∞

c (Rn;R), ossia sulledistribuzioni. Si noti che ogni misura di Radon su Rn e σ–finita, visto che Rn

e l’unione dei compatti B(0, N) al variare di N ∈ N.

Teorema 13.20. Sia L : C∞c (Rn;R) → R un funzionale positivo. Allora esiste

un’unica misura di Radon positiva µ su Rn tale che

L(f) =

∫f dµ , (24)

per ogni f ∈ C∞c (Rn;R).

Dimostrazione. (a) Mostriamo dapprima che L si estende ad un funzio-

nale lineare positivo L : Cc(Rn;R) → R. Per ogni f ∈ Cc(R

n;R), poniamoK = Supp(f) e prendiamo una successione ϕk ∈ C∞

c (Rn;R) tale che ϕk → funiformemente e per ogni k ∈ N i supporti delle funzioni ϕk sono tutti conte-nuti in un aperto U che contiene K. A questo punto, prendendo una funzioneψ ∈ C∞

c (Rn;R) tale che 0 ≤ ψ ≤ 1 e χU ≤ ψ, si ha per ogni m,n ∈ N

−||ϕm − ϕn||∞ ψ ≤ ϕm − ϕn ≤ ||ϕm − ϕn||∞ ψ .

Quindi, per la positivita di L, ne segue

−||ϕm − ϕn||∞ L(ψ) ≤ L(ϕm − ϕn) ≤ ||ϕm − ϕn||∞ L(ψ) ,

128

Page 129: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e dunque ∣∣∣L(ϕm)− L(ϕn)∣∣∣ ≤ L(ψ) ||ϕm − ϕn||∞ .

Ne segue che L(ϕn) e una successione di Cauchy in R e quindi ha limite.Poniamo quindi

L(f).= lim

kL(ϕk) .

(b) Si noti che la definizione di L non dipende dalla scelta della successioneapprossimante. Se infatti abbiamo due successioni inC∞

c (Rn;R) tali che ϕk → fe ϕ′

k → f , allora esiste un aperto V contenente K che contiene tutti i supportidelle funzioni di entrambe le successioni e come prima si ha, prendendo unafunzione ψ ∈ C∞

c (Rn;R) tale che 0 ≤ ψ ≤ 1 e χV ≤ ψ,

∣∣∣L(ϕm)− L(ϕ′m)∣∣∣ ≤ L(ψ) ||ϕm − ϕ′

m||∞ ,

da cui segue che entrambe le successioni convergono alla stessa L(f).

(c) La linearita di L segue dalla linearita del limite e da quella di L. La positivitasegue dal fatto che se f ≥ 0 si puo scegliere positiva anche la successione (ϕk)approssimante, e quindi

L(ϕ) = limkL(ϕk) ≥ 0 .

E infine evidente che se f ∈ C∞c (Rn;R), allora L(f) = L(f) e quindi L e

un’estensione di L come richiesto.

(d) Mostriamo anche che L e l’unica estensione di L a Cc(Rn;R). Infatti, se

ancheM : Cc(Rn;R) → R coincide con L suC∞

c (Rn;R), allora per ogni funzionef ∈ Cc(R

n;R) prendiamo una successione (ϕk) in C∞c (Rn;R) ed una funzione

ψ ∈ C∞c (Rn;R) come in (a) e si ha

∣∣∣M(f)−M(ϕm)∣∣∣ ≤M(ψ) ||f − ϕm||∞ ,

e quindi deve aversi M(f) = limkM(ϕk) e quindi per ogni f ∈ Cc(Rn;R)

L(f) = limkL(ϕk) = lim

kM(ϕk) =M(f) .

(e) Applichiamo ora il Teorema 13.8 a L ottenendo un’unica misura di Radonpositiva µ tale che per ogni f ∈ C∞

c (Rn;R) valga

L(f) =

∫f dµ .

Ma allora µ ha la proprieta richiesta per L. Inoltre, µ e unica per (d) e l’unicitanel Teorema 13.8 e quindi la dimostrazione e conclusa. ⋄

Definizione 13.21. Sia L : C∞c (Rn;R) → R un funzionale lineare. Allora

diremo che L e una distribuzione di ordine zero se per ogni compatto K ⊆ Rn

esiste una costante C = CK tale che per ogni f ∈ C∞c (Rn;R)con Supp(f) ⊆ K

si abbia|L(f)| ≤ CK ||f ||∞ .

129

Page 130: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Proposizione 13.22. Sia L : C∞c (Rn;R) → R una distribuzione di ordine zero.

Allora esiste un solo funzionale lineare positivo |L| da C∞c (Rn;R) a valori in R

tale che per ogni f ∈ C∞c (Rn;R) con f ≥ 0 si abbia

|L|(f) .= sup |L(g)| ; g ∈ C∞c (Rn;R), |g| ≤ f .

Dimostrazione. (a) Poniamo per ogni f ∈ C∞c (Rn;R) con f ≥ 0

|L|(f) = sup |L(g)| ; g ∈ C∞c (Rn;R), |g| ≤ f .

Allora |F | e chiaramente positivo. Inoltre fissata f ∈ C∞c (Rn;R) con f ≥ 0,

posto K = Supp(f) e presa g ∈ C∞c (Rn;R) con |g| ≤ f si ha

|L(g)| ≤ cK ||g||∞ ≤ cK ||f ||∞ ,

visto che L e una distribuzione di ordine zero. Ma allora, passando al sup sullefunzioni g si ha |L|(f) ≤ cK ||f ||∞ < +∞, quindi |L| e a valori in R quandoapplicato a funzioni f ≥ 0.

(b) Mostriamo che |L| e anche lineare quando applicato a funzioni f ≥ 0. Dalladefinizione di |L| segue immediatamente che per ogni f ∈ C∞

c (Rn;R) con f ≥ 0e per ogni t ≥ 0 si ha

|L|(sf) = s |L|(f) .Mostriamo l’additivita. Siano f1, f2 ∈ C∞

c (Rn;R) con fi ≥ 0. Allora per ogniε > 0 siano g1, g2 ∈ C∞

c (Rn;R) tali che |gi| ≤ fi e

|L(gi)| ≥ |L|(fi)− ε .

Presi z1, z2 ∈ R tali che |zi| = 1 e |L(gi)| = zi L(gi), si ha |z1g1 + z2g2| ≤|g1|+ |g2| ≤ f1 + f2. Quindi

|L|(f1 + f2) ≥ |L(z1g1 + z2g2)| = |L(g1)|+ |L(g2)| ≥ |L|(f1) + |L|(f2)− 2ε .

Per arbitrarieta di ε ne segue |L|(f1) + |L|(f2) ≤ |L|(f1 + f2).

(c) Mostriamo ora la disuguaglianza opposta. Prese come prima f1, f2 ∈C∞

c (Rn;R) con fi ≥ 0, sia g ∈ C∞c (Rn;R) tale che |g| ≤ f1 + f2. Detto

K = Supp(g), siano ψ ∈ C∞c (Rn;R) con 0 ≤ ψ ≤ 1 e χK ≤ ψ e ε > 0. Allora

definiamo due funzioni

gi =fi g

f1 + f2 + ε.

Evidentemente gi ∈ C∞c (Rn;R) e |gi| ≤ fi e si vede che

f = g1 + g2 + εg

f1 + f2 + ε,

|g|f1 + f2 + ε

≤ ψ .

Ma allora

|L(g)| ≤ |L(g1)|+ |L(g2)|+ ε

∣∣∣∣L(

g

f1 + f2 + ε

)∣∣∣∣≤ |L|(f1) + |L|(f2) + ε|L|(ψ) .

130

Page 131: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Per l’arbitrarieta di ε, si deduce che |L(g)| ≤ |L|(f1)+ |L|(f2) e quindi, passandoal sup sulle funzioni g,

|L|(f1 + f2) ≤ |L|(f1) + |L|(f2) .

Questo finalmente completa la dimostrazione che |L| e lineare sulle funzionipositive.

(d) Mostriamo ora che |L| e un funzionale lineare su tutto C∞c (Rn;R). Presa

f ∈ C∞c (Rn;R) e, indicato conK = Supp(f), sia ψ ∈ C∞

c (Rn;R) con 0 ≤ ψ ≤ 1e χK ≤ ψ. Allora la funzione ||f ||∞ψ − f ≥ 0 appartiene a C∞

c (Rn;R) epossiamo porre

|L|(f) = |L|(||f ||∞ψ)− |L|(||f ||∞ψ − f) .

Osservando che, se w ∈ C∞c (Rn;R) e un’altra funzione con w ≥ 0 e w − f ≥ 0,

allora si haw + (||f ||∞ψ − f) = ||f ||∞ψ + (w − f) ,

da cui|L|(w) + |L|(||f ||∞ψ − f) = |L|(||f ||∞ψ) + |L|(w − f) ,

e quindi la definizione non dipende dalla funzione scelta per decomporre f comedifferenza di due funzioni positive, ossia |L| e ben posta su tutto C∞

c (Rn;R).Inoltre, si vede facilmente che |L| e lineare e positiva su tutto C∞

c (Rn;R), vistoche lo era sulle funzioni positive.. ⋄

Definizione 13.23. Sia L : C∞c (Rn;R) → R una distribuzione di ordine zero.

Chiamiamo variazione totale di L il funzionale lineare positivo |L| definito dallaProposizione 13.22.

Teorema 13.24. Sia L : C∞c (Rn;R) → R una distribuzione di ordine zero.

Allora esistono un’unica funzione σ : Rn → R Σ–misurabile ed un’unica misuradi Radon positiva µ su Rn tali che

(i) |σ| = 1 µ–q.o. in Rn;

(ii) per ogni f ∈ C∞c (Rn;R) si ha

L(f) =

∫f · σ dµ .

Dimostrazione. (a) Associamo ad L la sua variazione totale |L|, che e un fun-zionale lineare e positivo suC∞

c (Rn;R) a valori in R. Allora per il Teorema 13.20esiste una misura di Radon positiva µ tale che

|L|(f) =∫f dµ .

(b) Osserviamo ora che per ogni f ∈ C∞c (Rn;R), detto K = Supp(f) e presa

una funzione ψ ∈ C∞c (Rn;R) tale che 0 ≤ ψ ≤ 1 e χK ≤ ψ, e possibile definire

fh = ψ

√|f |2 + 1

h.

131

Page 132: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Poiche si ha fh ∈ C∞c (Rn;R) e |f | ≤ fh, ne segue che

∣∣∣L(f)∣∣∣ ≤ |L|(fh) =

∫fh dµ .

Siccome inoltre fh(x) → |f(x)| per ogni x ∈ Rn, applicando il Teorema dellaconvergenza dominata si ha

∣∣∣L(f)∣∣∣ ≤

∫|f | dµ ,

ossia che L e continua su C∞c (Rn;R) rispetto alla norma di L1(Rn;µ). Per il

Teorema di Hahn–Banach L si puo allora estendere L ad un funzionale L linearee continuo su tutto L1(Rn;µ) tale che ||L|| ≤ 1.

(c) Essendo µ una misura σ–finita possiamo sfruttare l’identificazione di L∞(Rn;µ)con il duale L1(Rn;µ) per trovare la funzione σ richiesta. Infatti si puo costruireσ : Rn → R in L∞(Rn;µ) tale che per ogni f ∈ L1(Rn;R) (e quindi in particolareper ogni f ∈ C∞

c (Rn;R)) si abbia

L(f) =

∫fσ dµ ,

e |σ(x)| ≤ ||σ||∞ = ||L|| ≤ 1 per µ–q.o. x ∈ Rn.

(d) Mostriamo che |σ(x)| = 1 per µ–q.o. x ∈ Rn. Prendiamo una successione(gh) di funzioni positive in C∞

c (Rn;R) che converge crescendo a χRn ≡ 1. Allorasi ha∫gh dµ = |L|(gh) = sup

∣∣∣∣∫fν dµ

∣∣∣∣ ; f ∈ C∞c (Rn;R), |f | ≤ gh

≤∫g|ν| dµ ,

e quindi ∫gh(1− |ν|) dµ ≤ 0 .

Applicando il Teorema della convergenza monotona, si ottiene∫(1− |ν|) dµ ≤ 0 ,

e quindi |σ(x)| = 1 per µ–q.o. x ∈ Rn.

(e) Resta da dimostrare l’unicita. Supponiamo che λ e ρ abbiano le stesseproprieta di µ e σ. Se mostriamo che per ogni g ∈ C∞

c (Rn;R) con g ≥ 0 si ha

|L|(g) =∫g dλ ,

allora abbiamo concluso. Infatti, a quel punto ogni altra funzione g ∈ C∞c (Rn;R)

la possiamo decomporre, similmente a quanto fatto nella dimostrazione delTeorema 13.22, come differenza tra due funzioni positive in C∞

c (Rn;R)

∫g dλ =

∫(||g||∞ψ) dλ−

∫(||g||∞ψ − g) dλ

= |L|(||g||∞ψ)− |L|(||g||∞ψ − g) = |L|(g) ,

132

Page 133: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

dove ψ ∈ C∞c (Rn;R) con 0 ≤ ψ ≤ 1 e χSupp(g) ≤ ψ. Da questo segue λ = µ

visto che la misura che rappresenta |L| e unica per il Teorema 13.20. Inoltre, siavrebbe per ogni f ∈ C∞

c (Rn;R)

∫f σ dµ = L(f) =

∫f ρ dµ .

Essendo C∞c (Rn;R) denso in L1(Rn;µ), ne segue che l’uguaglianza deve valere

su tutto L1(Rn;µ) e quindi σ = ρ in L∞(Rn;µ).

(f) Mostriamo quindi che per ogni g ∈ C∞c (Rn;R) con g ≥ 0 si ha

|L|(g) =∫g dλ .

Presa g ∈ C∞c (Rn;R) con g ≥ 0 e presa una qualunque f ∈ C∞

c (Rn;R) tale che|f | ≤ g, si ha

|L(f)| =∣∣∣∣∫f ψ dλ

∣∣∣∣ ≤∫

|f | dλ ≤∫g dλ ,

e quindi

|L|(g) ≤∫g dλ .

(g)Vogliamo ora mostrare la disuguaglianza opposta. Per la densita diC∞c (Rn;R)

in L1(Rn;µ), sia (fh) una successione in C∞c (Rn;R) che converge a gρ in

L1(Rn;µ). Fissato ε > 0 definiamo

ϕh =g fh√

|fh|2 + ε.

Si verifica facilmente che (ϕh) e una successione in C∞c (Rn;R) che converge

in L1(Rn;µ) alla funzione g2ρ√g2+ε

e tale che |ϕh| ≤ g per ogni h ∈ N. Allora,

ricordando che |ρ| = 1, si ha che la successione (ϕhρ) converge ag2√g2+ε

e dunque

∫g2√g2 + ε

dλ = limh

∫ϕhρ dλ = lim

hL(ϕh) ≤ |L|(g) .

Passando al limite per ε → 0+ e applicando il Teorema della convergenzamonotona si ottiene ∫

g dλ ≤ |L|(g) ,

per cui vale l’uguaglianza richiesta e, per (e), si puo concludere la dimostrazio-ne. ⋄

Osservazione 13.25. Nella Definizione 13.21, nella Proposizione 13.22 e nelTeorema 13.24 si possono rimpiazzare i funzionali T : Cc(R

n;R) → R con quelliT : Cc(R

n;C) → C e tutto continua a valere (le dimostrazioni stesse possonorimanere praticamente invariate, con minimi adattamenti: ad esempio nel teo-rema di rappresentazione si ottiene una funzione σ : Rn → C e nella definizionedella variazione totale di una distribuzione di ordine zero si continua a prescri-vere solo l’azione sulle funzioni a valori reali positive anche se poi il funzionale

133

Page 134: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

lo si estende su tutte le funzioni a valori complessi). In effetti vale anche unrisultato analogo al Teorema 13.24 per funzionali T : Cc(R

n;Rd) → R, ma nonlo dimostriamo in queste note. Si faccia riferimento a [3] per una dimostrazionecompleta.

134

Page 135: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

14 Convergenza in misura

Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura completo fissato.

Definizione 14.1. Siano (fn), f : X → R funzioni Σ–misurabili. Allora diremoche fn → f in misura se per ogni ε > 0 si ha

limnµ

(x ∈ X ; |fn(x) − f(x)| ≥ ε

)= 0 .

Osservazione 14.2. Si noti che essendo (fn), f : X → R funzioni Σ–misurabili,anche |fn − f | lo e e quindi

x ∈ X ; |fn(x) − f(x)| ≥ ε = (|fn − f |)−1([ε,+∞]) ∈ Σ ,

quindi µ e definita su tale insieme e la definizione di convergenza in misura hasenso.

Osservazione 14.3. Si noti che se (fn), (gn), f : X → R sono funzioni Σ–misurabili, fn → f in misura e fn = gn µ–q.o. in X per ogni n ∈ N, allora siha anche gn → f in misura. Infatti, per ogni ε > 0 l’insieme

x ∈ X ; |gn(x)− f(x)| ≥ ε

e contenuto nell’unione

x ∈ X ; |fn(x) − f(x)| ≥ ε ∪ x ∈ X ; fn(x) 6= g(x) .

Ne segue

µ

(x ∈ X ; |gn(x)− f(x)| ≥ ε

)≤ µ

(x ∈ X ; |fn(x) − f(x)| ≥ ε

)

+ µ

(x ∈ X ; fn(x) 6= g(x)

)

= µ

(x ∈ X ; |fn(x) − f(x)| ≥ ε

),

e quindi gn → f in misura.

Proposizione 14.4. Siano (fn), f : X → R funzioni Σ–misurabili. Alloravalgono i seguenti fatti:

(i) se∫|fn − f | dµ→ 0, allora fn → f in misura;

(ii) se fn → f µ–q.o. in X e µ(X) < +∞, allora fn → f in misura;

(iii) se fn → f in misura, allora esiste una sottosuccessione (fnk) che converge

puntualmente µ–q.o. in X.

135

Page 136: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. (i) Fissato ε > 0 e posto

Hn = x ∈ X ; |fn(x) − f(x)| ≥ ε ,

si ha ∫|fn − f | dµ ≥

Hn

|fn − f | dµ ≥ εµ(Hn) ,

quindi

limnµ(Hn) ≤

1

εlimn

∫|fn − f | dµ = 0 .

(ii) Fissato ε > 0, poniamo per ogni k ∈ N

Fk =⋂

h≥k

x ∈ X ; |fh(x)− f(x)| < ε .

Allora (Fk) e una successione crescente in Σ. Inoltre, per ogni x ∈ X tale chefn(x) → f(x) esiste N ∈ N tale che |fj(x)− f(x)| < ε per ogni j ≥ N , ossia x ∈FN . Quindi µ–q.o. x ∈ X appartiene all’unione

⋃k∈N Fk, o equivalentemente

µ

(X \

(⋃

k∈N

Fk

))= 0 .

Siccome µ(X) e finito, si avra

0 = µ

(X \

(⋃

k∈N

Fk

))= µ

(⋂

k∈N

(X \ Fk)

)= lim

kµ(X \ Fk) .

Essendo, nelle notazioni di (i), Hk ⊆ X \ Fk, ne segue µ(Hk) → 0 ossia fk → fin misura.

(iii) Supponendo che fn → f in misura, definiamo una successione crescente dinaturali come segue: sia

h1 = min

h ∈ N ; µ

(|fh − f | ≥ 1|

)<

1

2

,

e costruiti h1 < . . . < hk−1, per k ≥ 2, sia

hk = min

h ∈ N ; h > hk−1, µ

(|fh − f | ≥ 1/k|

)<

1

2k

.

Poniamo ora

Ei =⋃

j≥i

x ∈ X ; |fhj

(x)− f(x)| ≥ 1

j

.

La successione (Ei) e decrescente ed e per costruzione tale che

µ(E1) ≤∞∑

j=1

µ

(|fhj

(x)− f(x)| ≥ 1

j

)<

∞∑

j=1

2−j <∞ ,

quindi

µ

(⋂

i∈N

Ei

)= lim

iµ(Ei) = 0 .

136

Page 137: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Inoltre, per ogni x ∈(X \⋂i∈NEi

)si ha che x /∈ EN per qualche N ∈ N e

quindi per ogni m ≥ N vale

|fhm(x)− f(x)| < 1

m≤ 1

N.

Questo implica che per ogni ε > 0 si ha |fhm(x) − f(x)| < ε definitivamente,

ossia fhm(x) → f(x) per m→ ∞. Questo dimostra che fhm

→ f puntualmenteµ–q.o. in X . ⋄

Esempio 14.5. Consideriamo il caso X = [0, 1], µ = L1|[0,1]

e fn = nχ[0,1/n].

Allora la successione converge puntualmente a 0, e dunque converge a zero anchein misura. Pero ∫

f dµ = 1 6→ 0 .

Quindi l’implicazione al punto (i) della Proposizione 14.4 non puo essere ingenerale invertita.

Esempio 14.6. Consideriamo il caso X = R, µ = L1 e fn = χ[−n,n]. Allora lasuccessione converge puntualmente a χR ≡ 1 mentre per ogni ε ∈ ]0, 1[ si ha

L1

(x ∈ X ; |fn(x) − 1| > ε

)= L1(R \ [−n, n]) = +∞ .

Quindi l’ipotesi µ(X) < +∞ non puo essere in generale rimossa nel punto (ii)della Proposizione 14.4.

Esempio 14.7. Consideriamo il caso X = [0, 1] e µ = L1|[0,1]

. Definiamo:

• al passo 0, l’insieme Io = [0, 1];

• al passo 1, i due insiemi I1 = [0, 1/2] e I2 = [1/2, 1];

• al passo k > 0, i 2k insiemi Ij =[

j2k ,

j+12k

], ciascuno di misura 2−k;

e scegliamo come successione fn = χIn . Per ogni ε ∈ ]0, 1[ e per ogni n si ha

L1

(x ∈ X ; |fn(x)| > ε

)= L1(In) = 2−n ,

e quindi fn → 0 in misura. Tuttavia, per ogni x ∈ [0, 1] ci sono sempre infinitin ∈ N tali che x ∈ In e quindi tali che fn(x) = 1. Questo significa che fn nonconverge a zero puntualmente16, e quindi nel punto (iii) della Proposizione 14.4non ci si puo aspettare in generale di avere la convergenza puntuale dell’interasuccessione.

16In effetti, non esiste proprio il limite puntuale.

137

Page 138: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

15 Misure prodotto

In questa sezione, siano (X,Σ, µ) e (Y, T, ν) due spazi di misura.

Teorema 15.1. Definendo la funzione λ∗ : P(X × Y ) → [0,+∞] ponendo perogni A ⊆ X × Y

λ∗ = inf

∞∑

k=0

µ(Ek)ν(Fk) ; ∀k ∈ N Ek ∈ Σ, Fk ∈ T, A ⊆⋃

k∈N

(Ek × Fk)

,

si ottiene una misura esterna su X × Y .

Dimostrazione. (a) Scegliendo Ek = Fk = ∅ per ogni k, si ottiene λ∗(∅) = 0.Inoltre, se A ⊆ B ⊆ X × Y , allora per ogni Ek, Fk tale che B ⊆ Ek × Fk si haanche A ⊆ Ek × Fk. Quindi, passando all’inf, si ha λ∗(A) ≤ λ∗(B).

(b) Mostriamo ora la σ–subadditivita. Sia (An) una successione di insiemi inX × Y e sia A =

⋃n∈NAn. Fissato ε > 0 e per ogni n ∈ N, per la definizione di

λ∗ esistono insiemi En,m ∈ Σ e Fn,m ∈ T tali che An ⊆ ⋃m∈N(En,m × Fn,m) e

∞∑

m=0

µ(En,m)ν(Fn,m) ≤ λ∗(An) +ε

2n.

Siccome N × N e numerabile, esiste una bijezione ϕ : N → N × N che associak → (nk,mk) e quindi

A ⊆⋃

m,n∈N

(En,m × Fn,m) =⋃

k∈N

(Enk,mk× Fnk,mk

) ,

e quindi

λ∗(A) ≤∞∑

k=0

µ(Enk,mk)ν(Fnk ,mk

) =

∞∑

n=0

∞∑

m=0

µ(Enk,mk)ν(Fnk,mk

)

≤∞∑

n=0

(λ∗(An) +

ε

2n

)=

∞∑

n=0

λ∗(An) + 2ε .

Essendo ε arbitrario, ne segue λ∗(A) ≤∑∞n=0 λ

∗(An) e quindi λ∗ e una misuraesterna. ⋄

Definizione 15.2. Chiamiamo misura prodotto su X × Y la misura λ che siottiene con il Metodo di Caratheodory dalla misura esterna λ∗ introdotta nelTeorema 15.1, definita sulla σ–algebra Λ degli insiemi λ∗–misurabili.

Proposizione 15.3. Indicando con Σ×T la σ–algebra generata dalla famigliadi insiemi

E × F ; E ∈ Σ, F ∈ T ,allora si ha S × T ⊆ Λ e, per ogni E ∈ Σ e F ∈ T ,

λ(E × F ) = µ(E)ν(F ) .

138

Page 139: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. (a) Cominciamo a mostrare che per ogni E ∈ Σ, l’insiemeE × Y ⊆ X × Y appartiene a Λ. Infatti, per ogni A ⊆ X × Y e ε > 0esistono due successioni (En) in Σ e (Fn) in T tali che A ⊆ ⋃

n∈NEn × Fn e∑∞n=0 µ(En)ν(Fn) < λ∗(A) + ε. Essendo

A ∩ (E × Y ) ⊆⋃

n∈N

(En ∩ E)× Fn , A \ (E × Y ) ⊆⋃

n∈N

(En \ E)× Fn ,

si avra

λ∗(A ∩ (E × Y )) + λ∗(A \ (E × Y )) ≤∞∑

n=0

µ(En ∩ E)ν(Fn)

+∞∑

n=0

µ(En \ E)ν(Fn)

=

∞∑

n=0

µ(En)ν(Fn) ≤ λ∗(A) + ε .

Per l’arbitrarieta di ε ne segue che λ∗(A∩ (E × Y )) + λ∗(A \ (E × Y )) ≤ λ∗(A)per ogni A ⊆ X × Y , ossia E × Y λ∗–misurabile.

(b) In maniera analoga si mostra che per ogni F ∈ T , l’insieme X×F ⊆ X×Yappartiene a Λ. Quindi per ogni E ∈ Σ e F ∈ T anche

E × F = (E × Y ) ∩ (X × F )

appartiene a Λ. Essendo Λ una σ–algebra, si avra che l’intera σ–algebra generatadai prodotti E × F e contenuta in Λ, ossia Σ× T ⊆ Λ come richiesto.

(c) Presi E ∈ Σ e F ∈ T , considerando le successioni Eo = E, Fo = F eEn = Fn = ∅ per ogni n ≥ 1, si ottiene subito che

λ(E × F ) = λ∗(E × F ) ≤ µ(E)ν(F ) .

Resta da mostrare la disugaglianza opposta. Prendiamo due successioni (En) inΣ e (Fn) in T tali che E×F ⊆ ⋃n∈NEn×Fn e poniamo C =

∑∞n=0 µ(En)ν(Fn).

Se C = +∞ o µ(E) = 0 o ν(F ) = 0, allora e immediato che µ(E)ν(F ) ≤ C.Altrimenti, assumiamo C < +∞, µ(E) 6= 0 e ν(F ) 6= 0 e poniamo

I = n ∈ N ; µ(En) = 0 , J = n ∈ N ; ν(Fn) = 0 , K = N\(I∪J) ,

E′ = E \⋃

n∈I

En , F ′ = F \⋃

n∈J

Fn .

E immediato verificare che si ha µ(E) = µ(E′), ν(F ) = ν(F ′), E′ × F ′ ⊆⋃n∈K En × Fn, e che per ogni n ∈ K µ(En) < ∞ e ν(Fn) < ∞, visto che

µ(En)ν(Fn) ≤ C < ∞ e nessuno dei due termini e nullo. Ma allora possiamodefinire una funzione Σ–semplice fn : X → R ponendo

fn(x) = ν(Fn)χEn(x) ,

se n ∈ K o fn(x) = 0 se n ∈ I ∪ J . Questa funzione fn soddisfa∫fn dµ = ν(Fn)µ(En) ,

139

Page 140: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

se n ∈ K e∫fn dµ = 0 se n ∈ I ∪ J . Quindi si ha

∞∑

n=0

∫fn dµ =

∞∑

n=0

ν(Fn)µ(En) ≤ C .

Applicando il Teorema della convergenza monotona alla successione di funzionisk =

∑kn=0 fn si ottiene che s =

∑∞n=0 fn e una funzione Σ–misurabile tale che

∫s dµ =

∞∑

n=0

∫fn dµ ≤ C < +∞ .

Preso x ∈ E′ e posto Kx = n ∈ K ; x ∈ En, da E′ × F ′ ⊆ ⋃n∈K En × Fn

segue che x × F ′ ⊆ ⋃n∈KxEn × Fn. Questo a sua volta implica

F ′ ⊆⋃

n∈Kx

Fn ,

e quindi si ha

s(x) =

∞∑

n=0

fn(x) =∑

n∈Kx

fn(x) =∑

n∈Kx

ν(Fn) ≥ ν(F ′) = ν(F ) ,

ossia s(x) ≥ ν(F ) per ogni x ∈ E′, da cui s ≥ ν(F )χE′ . Integrando si ottiene

µ(E)ν(F ) = µ(E′)ν(F ) =

∫ν(F )χE′ dµ ≤

∫s dµ ≤ C .

In questo modo abbiamo provato che in ogni caso si ha

µ(E)ν(F ) ≤ C =

∞∑

n=0

µ(En)ν(Fn) .

Passando all’inf sulle successioni (En) e (Fn), si puo concludere che

µ(E)ν(F ) ≤ λ∗(E × F ) = λ(E × F ) ,

e quindi che vale l’uguaglianza. ⋄Il prossimo Lemma ci fornisce un utile criterio per identificare gli insiemi

λ∗–misurabili.

Lemma 15.4. Siano λ la misura prodotto della Definizione 15.2 e Λ il suodominio. Se H ⊆ X × Y e tale che H ∩ (E × F ) ∈ Λ per ogni E ∈ Σ conµ(E) < +∞ e ogni F ∈ T con ν(F ) < +∞, allora H ∈ Λ.

Dimostrazione. Ricordando l’Osservazione 3.5, dobbiamo mostrare che perogni A ⊆ X × Y con λ∗(A) <∞ si ha

λ∗(A) ≥ λ∗(A ∩H) + λ∗(A \H) .

Fissiamo dunque A ⊆ X × Y con λ∗(A) < ∞ e ε > 0 e siano (En) unasuccessione in Σ e (Fn) una successione in T tali che A ⊆ ⋃

n∈NEn × Fn e

140

Page 141: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

∑∞n=0 µ(En)ν(Fn) < λ∗(A)+ε. In particolare, nessuno dei prodotti µ(En)ν(Fn)

e infinito, il che significa che o entrambi i fattori sono finiti, o uno dei due ezero.Se fosse µ(En) = 0 o ν(Fn) = 0, si avrebbe

µ(En)ν(Fn) = 0 = λ∗(En × Fn) = λ∗((En × Fn) ∩H) + λ∗((En × Fn) \H) ,

visto che En × Fn e λ∗–misurabile. Se invece fossero µ(En) < +∞ e ν(Fn) <+∞, si avrebbe per ipotesi (En × Fn) ∩H ∈ Λ e dunque

µ(En)ν(Fn) = λ(En × Fn) = λ((En × Fn) ∩H) + λ((En × Fn) \H)

= λ∗((En × Fn) ∩H) + λ∗((En × Fn) \H) .

A questo punto, sfruttando la σ–subadditivita di λ∗, si ottiene

λ∗(A ∩H) + λ∗(A \H) ≤∞∑

n=0

λ∗((En × Fn) ∩H) +

∞∑

n=0

λ∗((En × Fn) \H)

=

∞∑

n=0

µ(En)ν(Fn) < λ∗(A) + ε ,

da cui la tesi, per arbitrarieta di ε. ⋄

Teorema 15.5. Sia λ : Λ → [0,+∞] la misura prodotto su X × Y . Allora lafunzione λ′ : Λ → [0,+∞] definita ponendo per ogni W ∈ Λ

λ′(W ) = sup λ(W ∩ (E × F )) ; E ∈ Σ, F ∈ T, µ(E) < +∞, ν(F ) < +∞ ,

e una misura su X × Y .

Dimostrazione. E evidente che λ′(∅) = λ(∅) = 0. Prendiamo quindi unasuccessione disgiunta (Wn) in Λ e poniamo W =

⋃n∈NWn. Essendo λ una

misura, per ogni E ∈ Σ e F ∈ T di misura finita, si ha

λ(W∩(E×F )) = λ

(⋃

n∈N

(Wn ∩ (E × F ))

)=

∞∑

n=0

λ(Wn∩(E×F )) ≤∞∑

n=0

λ′(Wn) .

Passando al sup sugli insiemi E,F , ne segue

λ′(W ) ≤∞∑

n=0

λ′(Wn) .

D’altra parte, preso a <∑∞

n=0 λ′(Wn) esistono M ∈ N e ao, . . . , aM ∈ R tali

che a ≤∑Mn=0 an e an ≤ λ′(Wn) per ogni 0 ≤ n ≤M .17 Esistono dunque degli

insiemi Eo, . . . , EM in Σ e Fo, . . . , FM in T , tutti di misura finita, tali che

λ(Wn ∩ (En × Fn)) ≥ an ,

17Infatti, esiste M tale che a ≤∑M

n=0λ′(Wn). Detto δ =

∑Mn=0

λ′(Wn) − a, gli elementi

an = λ′(Wn)− δ2M

hanno la proprieta richiesta.

141

Page 142: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

per ogni n ∈ 0, . . . ,M. Ponendo E =⋃M

n=0En e F =⋃M

n=0 Fn, si ha µ(E) <+∞, ν(F ) < +∞ e

λ′(W ) ≥ λ(W ∩ (E × F )) = λ

(⋃

n∈N

(Wn ∩ (E × F ))

)

=

∞∑

n=0

λ(Wn ∩ (E × F )) ≥M∑

n=0

λ(Wn ∩ (En × Fn)) ≥M∑

n=0

an ≥ a .

Essendo a arbitrario, ne segue che

∞∑

n=0

λ′(Wn) ≤ λ′(W ) ,

ossia che vale l’uguaglianza. Questo prova che λ′ e σ-additiva, e quindi che euna misura su X × Y . ⋄

Proposizione 15.6. Sia λ′ la misura introdotta nel Teorema 15.5. Alloravalgono i seguenti fatti:

(i) per ogni E ∈ Σ e F ∈ T di misura finita, si ha λ′(E × F ) = µ(E)ν(F );

(ii) per ogni E ∈ Σ e F ∈ T di misura finita e per ogni W ∈ Λ, si haλ′(W ∩ (E × F )) = λ(W ∩ (E × F ));

(iii) per ogni W ∈ Λ esiste V ∈ Σ× T tale che V ⊆W e λ′(V ) = λ′(W );

(iv) lo spazio di misura (X × Y,Λ, λ′) e completo.

Dimostrazione. (a) Le proprieta (i) e (ii) sono immediate, valendo λ′(W ) ≤λ(W ) per ogniW ∈ Λ ed essendo, per ogniE ∈ Σ e F ∈ T di misura finita fissati,E×F uno degli elementi su cui viene fatto il sup, da cui segue λ(W ∩(E×F )) ≤λ′(W ).

(b) Vogliamo ora mostrare (iii). Prendiamo un qualunque a < λ′(W ). Alloraesistono E ∈ Σ e F ∈ T di misura finita tali che λ(W ∩ (E ×F )) > a. A questopunto

λ∗((E×F )\W ) = λ((E×F )\W ) = λ(E×F )−λ((E×F )∩W ) < λ(E×F )−a .Ricordando la definizione di λ∗, siano (En) una successione in Σ e (Fn) unasuccessione in T tali che (E × F ) \W ⊆ ⋃n∈NEn × Fn e

∑∞n=0 µ(En)ν(Fn) <

λ(E × F )− a. Ponendo

V = (E × F ) \(⋃

n∈N

En × Fn

)∈ Σ× T ,

avremo V ⊆W , (E × F ) \ V ⊆ ⋃n∈NEn × Fn e

λ′(V ) = λ(V ) = λ(E × F )− λ((E × F ) \ V )

≥ λ(E × F )− λ

(⋃

n∈N

En × Fn

)

≥ λ(E × F )−∞∑

n=0

µ(En)ν(Fn) > a .

142

Page 143: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Quindi per ogni a < λ′(W ) abbiamo trovato V ∈ Σ × T tale che V ⊆ W eλ′(V ) ≥ a.Prendiamo ora (aj) una successione strettamente crescente che converge a λ′(W ),e sia (Vj) una successione in Σ × T tale che Vj ⊆ W e λ′(Vj) ≥ aj per ognij ∈ N. Ponendo V =

⋃j∈N Vj , si ha V ∈ Σ× T , V ⊆W e

a = limjaj = sup

j∈N

aj ≤ supj∈N

λ′(Vj) ≤ λ′(V ) ≤ λ′(W ) ,

da cui λ′(V ) = λ′(W ), per arbitrarieta di a.

(c) Mostriamo infine (iv). Sia H ⊆ X × Y λ′–negligible e sia W ∈ Λ taleche λ′(W ) = 0 e H ⊆ W . Presi E ∈ Σ con µ(E) < +∞ e F ∈ T conν(F ) < +∞, si ha λ(W ∩ (E × F )) = 0 e quindi, per la completezza dellamisura λ, H ∩ (E × F ) ∈ Λ. Ricordando il Lemma 15.4, se ne deduce H ∈ Λ equindi λ′ e una misura completa. ⋄

Teorema 15.7. Supponiamo che µ, ν siano σ–finite. Allora la misura λ′ intro-dotta nel Teorema 15.5 coincide con la misura prodotto λ su Λ. Inoltre, valgonoi seguenti fatti

(i) λ e σ–finita;

(ii) (X × Y,Λ, λ) e il completamento di (X × Y,Σ× T, λ|Σ×T).

Dimostrazione. (a) Siano (Xn) e (Yn) successioni di insiemi rispettivamentein Σ e T tali che

µ(Xn) < +∞, ν(Yn) < +∞ ,

per ogni n ∈ N, e che

X =⋃

n∈N

Xn , Y =⋃

n∈N

Yn .

Ricordando l’Osservazione 2.14, possiamo supporre le successioni crescenti.

(b) Ricordando la Proposizione 15.6(i), per ogni n ∈ N si ha λ′(Xn × Yn) =µ(Xn)ν(Yn) < +∞. Essendo X × Y =

⋃n∈N(Xn ∪ Yn), ne segue che λ′ e

σ–finita.

(c) Preso W ∈ Λ e ricordando la Proposizione 15.6(ii), si ha

λ(W ) = limnλ(W ∩ (Xn × Yn)) = lim

nλ′(W ∩ (Xn × Yn)) = λ′(W ) ,

quindi le due misure coincidono.

(d) indichiamo con λo la restrizione di λ = λ′ alla σ–algebra Σ × T , con λo ilsuo completamento e con Λo il dominio della misura λo (ossia il completamentodella σ–algebra Σ×T nel senso di Definizione 2.28). PresoW ∈ Λo, esisterannoper definizione W ′,W ′′ ∈ Σ × T tali che W ′ ⊆ W ⊆ W ′′ e λo(W

′′ \W ′) = 0.Allora, essendo W ′′ \W ′ ∈ Σ× T ⊆ Λ si avra

λ(W ′′ \W ′) = λo(W′′ \W ′) = 0 ,

e quindi, per completezza di λ, W ∈ Λ e

λ(W ) = λ(W ′) = λo(W′) = λo(W ) .

143

Page 144: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Si conclude quindi che Λo ⊆ Λ e che λ estende λo.

(e) Resta da mostrare che si ha anche Λ ⊆ Λo e che λo estende λ. Per farequesto, prendiamoW ∈ Λ. Ricordando la Proposizione 15.6(iii), per ogni n ∈ Nesiste Vn ∈ Σ×T tale che Vn ⊆Wn

.=W∩(Xn×Yn) e λ′(Vn) = λ′(Wn). Essendo

λ′(Xn × Yn) = µ(Xn)ν(Yn) < +∞, ne segue che λ′(Wn \ Vn) = 0. PonendoV =

⋃n∈N Vn, si ha V ∈ Σ× T , V ⊆W e

W \ V =

(⋃

n∈N

Wn

)\ V ⊆

n∈N

(Wn \ Vn) ,

da cui segue 0 ≤ λ′(W \ V ) ≤ ∑∞n=0 λ

′(Wn \ Vn) = 0. Ossia abbiamo trovatoun insieme V ∈ Σ× T tale che V ⊆W e λ′(W \ V ) = 0.Similmente, partendo da (X × Y ) \ W ∈ Λ, si trova V ′ ∈ Σ × T tale cheV ′ ⊆ (X × Y ) \W e λ′(((X × Y ) \W ) \ V ) = 0. Ponendo V ′′ = (X × Y ) \ V ′,avremo finalmentente V ′′ ∈ Σ × T , W ⊆ V ′′ e λ′(V ′′ \ W ) = 0. Quindi,V, V ′′ ∈ Σ× T sono tali che V ⊆W ⊆ V ′′ e

λo(V′′ \ V ) = λ′(V ′′ \ V ) = λ′(V ′′ \W ) + λ′(W \ V ) = 0 ,

il che implica W ∈ Λo e

λo(W ) = λo(V ) = λ′(V ) = λ′(V ) + λ′(W \ V ) = λ′(W ) .

Ossia Λ ⊆ Λo e λo estende λ, e la dimostrazione e completa. ⋄

Esempio 15.8. Siano µ la misura counting su X e ν la misura counting su Y .Allora λ e la misura counting su X × Y .Cominciamo con il provare che λ e la misura counting su X × Y . Infatti, seA ha cardinalita finita N , allora indichiamo con ao, . . . , aN i suoi elementi econ Ij = π1(aj) ∈ P(X) e Jj = π2(aj) ∈ P(Y ) gli insiemi costituiti dalle

proiezioni degli aj su X e Y rispettivamente. Si avra A =⋃N

j=0 Ij × Jj , conl’unione disgiunta, e dunque

λ(A) =

N∑

j=0

λ(Ij × Jj) =

N∑

j=0

µ(Ij)ν(Jj) = N .

Quindi per insiemi di cardinalita finita, λ e la misura counting. D’altro canto,se λ(A) < +∞ devono esistere successioni (En) in Σ e (Fn) in T tali che A ⊆⋃

n∈NEn × Fn e∑∞

n=0 µ(En)ν(Fn) < +∞. Ma µ(En)ν(Fn) = Card(En × Fn)e dunque

Card(A) ≤ Card(⋃

n∈N

En × Fn) ≤∞∑

n=0

Card(En × Fn) < +∞ .

In altre parole, se λ(A) e finito, anche la cardinalita di A e finita. Equivalente-mente, se A ha cardinalita infinita, allora si ha λ(A) = +∞ e dunque λ coincidecon la counting measure anche sugli insiemi di cardinalita infinita.

Uno dei casi piu importanti di misure prodotto e dato dal prodotto di misuredi Lebesgue. Ce ne occupiamo nei prossimi due risultati.

144

Page 145: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Lemma 15.9. Siano d1, d2 interi. Allora la funzione

φ :

Rd1 × Rd2 → Rd1+d2

(ξ, η) 7→ (ξ1, . . . , ξd1 , η1, . . . , ηd2)

e una bijezione. Inoltre, se indichiamo con Bd1, Bd2 e Bd1+d2 le σ–algebre deiboreliani su Rd1 , Rd2 e Rd1+d2 rispettivamente, allora

Bd1 × Bd2 =φ−1(H) ; H ∈ Bd1+d2

.

La dimostrazione di questo Lemma si puo trovare su [6] (251M).

Teorema 15.10. Siano d1, d2 interi e φ la bijezione introdotta nel Lemma 15.9.Allora φ identifica

(i) la misura prodotto λ su Rd1×Rd2, ottenuta da (Rd1 ,Md1 ,Ld1) e (Rd2 ,Md2 ,Ld2),con la misura di Lebesgue Ld1+d2 su Rd1+d2 ;

(ii) la misura esterna λ∗ su Rd1 ×Rd2 da cui abbiamo ottenuto λ con la misuraesterna di Lebesgue θd1+d2 .

Ossia per ogni A ⊆ Rd1+d2 si ha

θd1+d2(A) = λ∗(φ−1(A)

),

e per ogni E ∈ Md1+d2 si ha

Ld1+d2(E) = λ(φ−1(E)

).

Dimostrazione. (a) Per semplicita, nel corso di questa dimostrazione indi-cheremo: con L1, L2 e L∗ le misure di Lebesgue Ld1 , Ld2 e Ld1+d2 ; con θ1,θ2 e θ∗ le corrispondenti misure esterne di Lebesgue; con λ∗ la misura esternaprodotto ottenuta su Rd1 × Rd2 da Ld1 e Ld2 .Il piano della dimostrazione consiste nel mostrare che θ∗(A) ≥ λ∗

(φ−1(A)

)(in

(b) e (c)) e che θ∗(A) ≤ λ∗(φ−1(A)

)(in (d) e (e)), completando (ii), e infine

usare questa parte del risultato per ottenere anche (i) (in (f) e (g)).

(b) Cominciamo con l’osservare che

L∗(φ(I × J)) = L1(I)L2(J) ,

per ogni I multi–intervallo in Rd1 e J multi–intervallo in Rd2 . Infatti, φ(I × J)risulta anch’esso un multi–intervallo (in Rd1+d2) e la sua misura coincide con ild–volume del multi–intervallo, per cui si ha

L∗(φ(I × J)) = ℓd1+d2(φ(I × J)) = ℓd1(I)ℓd2(J) = L1(I)L2(J) .

(c) Preso ora A ⊆ Rd1+d2 e ε > 0, sia (Kn) una successione di multi–intervalli inRd1+d2 tali che A ⊆ ⋃n∈NKn e

∑∞n=0 L∗(Kn) < θ∗(A)+ε. Per ogni n ∈ N siano

In e Jn multi–intervalli in Rd1 e Rd2 rispettivamente tali che Kn = φ(In × Jn).Allora si ha φ−1(A) ⊆ ⋃n∈N In × Jn e quindi

λ∗(φ−1(A)) ≤∞∑

n=0

L1(In)L2(Jn) =

∞∑

n=0

L∗(φ(In × Jn))

=

∞∑

n=0

L∗(Kn) < θ∗(A) + ε ,

145

Page 146: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

da cuiλ∗(φ−1(A)) ≤ θ∗(A) ,

per arbitrarieta di ε.

(d) Presi E ⊆ Md1 e F ⊆ Md2 mostriamo che θ∗(φ(E × F )) ≤ L1(E)L2(F ).Consideriamo dapprima il caso L1(E) < +∞ e L2(F ) < +∞. Allora, preso ε >0 esistono (In) e (Jn) successioni di multi–intervalli in Rd1 e Rd2 rispettivamentetali che E ⊆ ⋃n∈N In, F ⊆ ⋃n∈N Jn e

∞∑

n=0

L1(In) < θ1(E) + ε = L1(E) + ε ,

∞∑

n=0

L2(Jn) < θ2(F ) + ε = L2(F ) + ε .

Inoltre, si ha

E × F ⊆⋃

m,n∈N

Im × Jn , φ(E × F ) ⊆⋃

m,n∈N

φ(Im × Jn) ,

da cui segue

θ∗(φ(E × F )) ≤∞∑

m,n=0

L∗(φ(Im × Jn)) =∞∑

m,n=0

L1(Im)L2(Jn)

=

∞∑

m=0

L1(Im) ·∞∑

n=0

L2(Jn) < (L1(E) + ε)(L2(F ) + ε) .

Per l’arbitrarieta di ε, otteniamo la proprieta nel caso E,F insiemi Lebesguemisurabili di misura finita.Siano ora E ⊆ Md1 e F ⊆ Md2 qualunque. Se L1(E) = 0, indichiamo con (Fn)una successione di insiemi in Md2 con misura finita che ricoprono F .18 Allora

θ∗(φ(E × F )) ≤∞∑

n=0

θ∗(φ(E × Fn)) ≤∞∑

n=0

L1(E)L2(Fn) = 0 = L1(E)L2(F ) .

Similmente, la proprieta puo essere dimostrata nel caso L2(F ) = 0. Restaquindi da dimostrare la proprieta nel caso in cui entrambi gli insiemi hannomisura strettamente positiva ed uno dei due ha misura infinita. Ma in questocaso L1(E)L2(F ) = +∞ e quindi la disuguaglianza e evidente.

(e) Siano ora A ⊆ Rd1+d2 e ε > 0. Prendiamo (En) successione in Md1 e (Fn)successione in Md2 tali che φ−1(A) ⊆ ⋃n∈NEn × Fn e

∑∞n=0 L1(En)L2(Fn) <

λ∗(φ−1(A)) + ε. Allora A ⊆ ⋃n∈N φ(En × Fn) e

θ∗(A) ≤∞∑

n=0

θ∗(φ(En × Fn)) ≤∞∑

n=0

L1(En)L2(Fn) < λ∗(φ−1(A)) + ε .

Essendo ε arbitrario, ne segue θ∗(A) ≤ λ∗(φ−1(A)).

(f) Unendo il risultato di (c) con il risultato di (e), otteniamo che λ∗(φ−1(A)) =θ∗(A), ossia (ii). Se adesso prendiamo E ∈ Md1+d2 e mostriamo che φ−1(E) ∈Λ, si avra

L∗(E) = θ∗(E) = λ∗(φ−1(E)) = λ(φ−1(E)) ,

18La successione (Fn) esiste perche Ld2 e σ–finita.

146

Page 147: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e quindi anche la dimostrazione di (i) sara completa.

(g) Mostriamo dunque che preso E ∈ Md1+d2 si ha φ−1(E) ∈ Λ. Per l’Osserva-zione 4.7 sappiamo che Md1+d2 e il completamento della σ–algebra Bd1+d2 deiBoreliani di Rd1+d2 . Quindi esistono E′, E′′ ∈ Bd1+d2 tali che E′ ⊆ E ⊆ E′′

e L∗(E′′ \ E′) = 0. Ma allora φ−1(E′) ⊆ φ−1(E) ⊆ φ−1(E′′) e, ricordando il

Lemma 15.9, φ−1(E′), φ−1(E′′) ∈ Bd1 × Bd2 .Supponiamo a questo punto che λ∗(φ−1(E′′)) < +∞. Allora λ∗(φ−1(E′)) <+∞ e si ha

λ(φ−1(E′′) \ φ−1(E′)) = λ∗(φ−1(E′′))− λ∗(φ−1(E′))

= θ∗(E′′)− θ∗(E

′) = L∗(E′′ \ E′) = 0 .

Quindi φ−1(E) appartiene al completamento di Bd1 ×Bd2 che e contenuto in Λ,ossia la tesi nel caso in cui λ∗(φ−1(E′′)) < +∞.Nel caso generale, consideriamo una successione crescente (Kn) di multi–intervalliin Rd1+d2 con volume finito tali che Rd1+d2 =

⋃n∈NKn.

19 Allora, come in (c),ci sono successioni crescenti di multi–intervalli (In) e (Jn) di misura finita, inRd1 e Rd2 rispettivamente, tali che Kn = φ(In × Jn). Quindi, per ogni n ∈ N,si ha

λ((φ−1(E′′) \ φ−1(E′)) ∩ (In × Jn)

)= λ∗

(φ−1(E′′) ∩ (In × Jn)

)

− λ∗(φ−1(E′) ∩ (In × Jn)

)

= λ∗(φ−1(E′′ ∩Kn)

)

− λ∗(φ−1(E′ ∩Kn)

)

= θ∗(E′′ ∩Kn)− θ∗(E

′ ∩Kn)

= L∗

((E′′ \ E′) ∩Kn

)= 0 .

Passando al sup su n ∈ N, da⋃

n∈N(In × Jn) = Rd1 × Rd2 segue

λ(φ−1(E′′) \ φ−1(E′)) = supn∈N

λ((φ−1(E′′) \ φ−1(E′)) ∩ (In × Jn)

)= 0 ,

e quindi, anche in questo caso, φ−1(E) appartiene al completamento di Bd1×Bd2

che e contenuto in Λ. ⋄In altre parole il Teorema 15.10 ci assicura che facendo la misura prodotto

a partire da Ld1 e Ld2 si finisce per avere la misura Ld1+d2 (a meno dell’ovviaidentificazione φ)

Osservazione 15.11. Le nozioni qui introdotte si generalizzano in manierafacile a prodotti finiti di spazi di misura. Non e invece possibile, in generale,definire in maniera soddisfacente la misura prodotto su X =

∏n∈NXn per una

successione di spazi di misura (Xn,Σn, µn). Il problema e che, in generale,uno vorrebbe che la misura dei “rettangoli”, ossia degli insiemi

∏n∈NEn con

En ∈ Σn, risultasse il prodotto delle loro misure∏

n∈N µn(En). Tuttavia, ingenere non c’e ragione per cui tale prodotto di misure debba convergere o che,

19Tali multi–intervalli esistono perche L∗ e σ–finita.

147

Page 148: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

quando lo fa, permetta di generare una misura sullo spazio prodotto. L’unicocaso in cui ha senso portare avanti l’analisi per prodotti infiniti risulta esserequello in cui ciascuna µn e una misura di probabilita. Tuttavia non esploreremoquesto campo di ricerca in queste note.

Osservazione 15.12. In generale, se µ, ν non sono σ–finite, allora il Teore-ma 15.7 non e vero e sia λ che λ′ sono due buoni candidati per quale debbaessere la misura prodotto. Non c’e in effetti consenso su quale vada meglioquando il Teorema 15.7 fallisce. La misura λ′ ha alcune proprieta aggiunti-ve rispetto a λ e, in particolare e localmente determinata (una proprieta chenon abbiamo introdotto in queste note ma che potete trovare in [6], (213E) e(251I) essendo l’estensione localmente determinata di λ. Tuttavia, λ e spessosufficiente per l’uso di cui si fa delle misure su spazi prodotto.

148

Page 149: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

16 Teorema di Fubini

In questa sezione, siano (X,Σ, µ) e (Y, T, ν) due spazi di misura completi conµ, ν σ–finite e sia λ : Λ → [0,+∞] la misura prodotto su X × Y . Si ricordi che,in virtu del Teorema 15.7, in questo caso λ = λ′.

Cominciamo con un Lemma che e il cosiddetto “Teorema delle classi monoto-ne”. Visto che in queste note ci servira solo per dimostrare la Proposizione 16.4,ne presentiamo solo l’enunciato, rimandando per la dimostrazione a [2, 4, 5, 8].

Lemma 16.1. Sia X un insieme e A ⊆ P(X) tale che

(a) X ∈ A;

(b) se A,B ∈ A e B ⊆ A, allora A \B ∈ A;

(c) se (An) e una successione crescente in A, allora⋃

n∈NAn ∈ A.

Se I ⊆ A e una sottofamiglia chiusa rispetto alle intersezioni finite, allora Acontiene l’intera σ–algebra generata da I.

Definizione 16.2. Dato un insieme A ⊆ X × Y , definiamo le sezioni di A suX e su Y come segue:

∀x ∈ X Ax = y ∈ Y ; (x, y) ∈ A ,

∀y ∈ Y Ay = x ∈ X ; (x, y) ∈ A .

Osservazione 16.3. E immediato verificare che per ogni E ⊆ X × Y si ha

X \ Ex = ((X × Y ) \ E)x , Y \ Ey = ((X × Y ) \ E)y ,

per ogni x ∈ X e y ∈ Y . Inoltre, data una successione (En) in X × Y , si ha

n∈N

(En)x =

(⋃

n∈N

En

)

x

,⋃

n∈N

(En)y =

(⋃

n∈N

En

)y

,

n∈N

(En)x =

(⋂

n∈N

En

)

x

,⋂

n∈N

(En)y =

(⋂

n∈N

En

)y

.

Proposizione 16.4. Sia E ∈ Σ× T . Allora valgono i seguenti fatti

(i) per ogni x ∈ X, Ex ∈ T ;

(ii) per ogni y ∈ Y , Ey ∈ Σ;

(iii) la funzione x 7→ ν(Ex) e Σ–misurabile;

(iv) la funzione y 7→ µ(Ey) e T–misurabile;

(v) si ha

λ(E) =

∫ν(Ex) dµ(x) =

∫µ(Ey) dν(y) .

149

Page 150: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. (a) Ponendo

U = E ⊆ X × Y ; Ex ∈ Σ, ∀ x ∈ X ,

V = E ⊆ X × Y ; Ey ∈ Σ, ∀ y ∈ Y ,e facile verificare che U ,V sono σ–algebre. D’altra parte, preso Q = A×B conA ∈ Σ e B ∈ T si ha

Qx.=

B se x ∈ A∅ altrimenti

Qy .=

A se y ∈ B∅ altrimenti

ossia Q ∈ U ∩ V . Ne segue Σ× T ⊆ U ∩ V , ossia abbiamo dimostrato (i) e (ii).

(b) Sia ora C la famiglia di insiemi di Σ × T tali che valgono (iii), (iv) e (v).Vogliamo mostrare che C soddisfa le ipotesi del Lemma 16.1. Se A ∈ Σ e B ∈ T ,ricordando l’espressione trovata in (a) per le sezioni di A×B su X e Y , si ha

ν((A ×B)x) = ν(B)χA(x) , µ((A×B)y) = µ(A)χB(y) .

Quindi x 7→ ν((A × B)x) e Σ–misurabile e y 7→ µ((A × B)y) e T –misurabile.Inoltre

∫ν((A×B)x) dµ(x) = ν(B)

∫χA dµ = ν(B)µ(A) = λ(A×B)

= µ(A)

∫χB dν =

∫µ((A×B)y) dν(y) ,

ossia A×B ∈ C. In particolare, X × Y ∈ C.Se ora E,F ∈ C e F ⊆ E, allora da ν((E \F )x) = ν(Ex)−ν(Fx) e µ((E \F )y) =µ(Ey)−µ(F y) si ottiene che x 7→ ν((E \F )x) e Σ–misurabile e y 7→ µ((E \F )y)e T –misurabile, in quanto differenze di funzioni Σ–misurabili e T –misurabili,rispettivamente. Inoltre,

∫ν((E \ F )x) dµ(x) =

∫ν(Ex) dµ(x) −

∫ν(Fx) dµ(x)

= λ(E)− λ(F ) = λ(E \ F )

=

∫µ(Ey) dν(y)−

∫µ(F y) dν(y)

=

∫µ((E \ F )y) dν(y) ,

ossia E \ F ∈ C.Infine, se (En) e una successione crescente in C, anche ν((En)x) e µ((En)

y sonosuccessioni crescenti e si ha

ν

((⋃

n∈N

En

)

x

)= lim

nν((En)x) , µ

((⋃

n∈N

En

)y)= lim

nµ((En)

y) ,

dunque x 7→ ν((⋃

n∈NEn

)x

)e Σ–misurabile e y 7→ µ

((⋃n∈NEn

)y)e T –

misurabile, in quanto limiti di funzioni Σ–misurabili e T –misurabili, rispetti-

150

Page 151: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

vamente. Inoltre, per il teorema della convergenza monotona si ha

∫ν

((⋃

n∈N

En

)

x

)dµ(x) = lim

n

∫ν((En)x) dµ(x)

= limnλ(En) = λ

(⋃

n∈N

En

)

= limn

∫µ((En)

y) dν(y) =

∫µ

((⋃

n∈N

En

)y)dν(y) ,

ossia⋃

n∈NEn ∈ C.(c) A questo punto,

I = A×B ; A ∈ Σ, B ∈ T ⊆ C ,

e una sottofamiglia chiusa per intersezioni finite. Quindi per il Lemma 16.1C contiene la σ–algebra generata da I, ossia Σ × T . E questo conclude ladimostrazione. ⋄

Osservazione 16.5. Alla luce della Proposizione precedente (in particolare di(i), (ii) e (v)), un approccio alternativo per introdurre le misure prodotto equello di definire λ′′ : Σ× T → [0,+∞] ponendo per ogni E ∈ Σ× T

λ′′(E) =

∫ν(Ex) dµ(x) =

∫µ(Ey) dν(y) ,

ossia definendola tramite la misura delle sezioni di ciascun insieme. In questomodo si ottiene in effetti una misura sulla σ–algebra prodotto, ma tale misuranon e completa: infatti in R × R con le misure L1, l’insieme xo × [0, 1] hamisura nulla ma contiene l’insieme xo×V , con V l’insieme di Vitali, che non e(Σ×T )–misurabile. In particolare, la misura di Lebesgue Ld1+d2 non e la misura“prodotto” (nel senso di λ′′) che si ottiene da Ld1 e Ld2 , non essendo completa.20

E proprio per evitare questo tipo di problemi che si e preferito introdurre lamisura prodotto come in Definizione 15.2, anche se non e altrettanto intuitiva.

Teorema 16.6 (di Fubini). Se f : X × Y → R e λ–integrabile allora valgonoi seguenti fatti:

(i) per µ–q.o. x ∈ X, la funzione f(x, ·) e ν–integrabile;

(ii) per ν–q.o. y ∈ Y , la funzione f(·, y) e µ–integrabile;

(iii) la funzione x 7→∫f(x, y) dν(y), che e ben definita per (i), e µ–integrabile;

(iv) la funzione y 7→∫f(x, y) dµ(x), che e ben definita per (ii), e ν–integrabile;

20Si puo tuttavia verificare che (X×Y,Λ, λ) e il completamento di (X×Y,Σ×T, λ′′), quindisi potrebbe recuperare la nostra misura partendo da λ′′ e prendendone il completamento.

151

Page 152: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(v) si ha∫f(x, y) dλ(x, y) =

∫ (∫f(x, y) dν(y)

)dµ(x) =

∫ (∫f(x, y) dµ(x)

)dν(y) ,

dove gli integrali che compaiono nella seconda e terza espressione sono bendefiniti per (iii)–(iv).

Dimostrazione. (a) Poniamo

Ξ =

f : X × Y → [0,+∞] ; f e Λ–misurabile,

y 7→ f(x, y) e T –misurabile per µ–q.o. x ∈ X ,

x 7→∫f(x, y) dν(y) e Σ–misurabile,

∫f(x, y) dλ(x, y) =

∫ (∫f(x, y) dν(y)

)dµ(x)

.

L’obiettivo e di mostrare che ogni funzione f Λ–misurabile appartiene a Ξ (da(b) a (m)) e poi considerare differenze di funzioni in Ξ per passare al caso dif a valori reali λ–integrabile (in (n)). Questo prova meta del Teorema, con larestante parte trattata in (o).

(b) Cominciamo a mostrare che se f, g ∈ Ξ e c > 0 allora anche f + g ∈ Ξ ecf ∈ Ξ. Infatti, per µ–q.o. x ∈ X

∫ (f(x, y) + g(x, y)

)dν(y) =

∫f(x, y) dν(y) +

∫g(x, y) dν(y) ,

∫ (cf(x, y)

)dν(y) = c

∫f(x, y) dν(y) ,

con gli integrali ben definiti perche stiamo supponendo che f, g ∈ Ξ. Quindi∫ (∫ (

f(x, y) + g(x, y))dν(y)

)dµ(x) =

∫ (∫f(x, y) dν(y)

)dµ(x)

+

∫ (∫g(x, y) dν(y)

)dµ(x)

=

∫f(x, y) dλ(x, y)

+

∫g(x, y) dλ(x, y)

=

∫ (f(x, y) + g(x, y)

)dλ(x, y) ,

∫ (∫ (cf(x, y)

)dν(y)

)dµ(x) = c

∫ (∫f(x, y) dν(y)

)dµ(x)

= c

∫f(x, y) dλ(x, y) =

∫ (cf(x, y)

)dλ(x, y) .

152

Page 153: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(c) Mostriamo ora che se (fn) e una successione crescente in Ξ, allora supn∈N fne anch’essa una funzione di Ξ. Ponendo f = supn∈N fn, si ha per il teoremadella convergenza monotona che

∫f dλ = sup

n∈N

∫fn dλ .

Ponendo ora per µ–q.o. x ∈ X

gn(x) =

∫fn(x, y) dν(y) ,

e gn(x) = 0 sull’insieme di misura nulla in cui l’integrale non esiste, otteniamoche (gn) e una successione µ–q.o. crescente di funzioni Σ–misurabili, visto chele fn sono crescenti e in Ξ. Detto g = supn∈N gn, si ha per il teorema dellaconvergenza monotona21 e poiche fn ∈ Ξ che

∫g dµ = sup

n∈N

∫gn dµ = sup

n∈N

∫fn dλ =

∫f dλ .

Per terminare la dimostrazione che f ∈ Ξ, ci rimane da mostrare che g(x) =∫f(x, y) dν(y) per µ–q.o. x ∈ X per poi avere

∫ (∫f(x, y) dν(y)

)dµ(x) =

∫g dµ =

∫f dλ .

Consideriamo quindi, fissato x ∈ X in cui fn(x, ·) e T –misurabile, la successionedi funzioni hn(y) = fn(x, y). Si tratta di una successione positiva e crescente,essendo (fn) crescente. Quindi, applicando ancora una volta il teorema dellaconvergenza monotona, per µ–q.o. x ∈ X fissato22 si ha

∫f(x, y) dν(y) =

∫ (supn∈N

hn(y)

)dν(y) = sup

n∈N

∫hn(y) dν(y)

= supn∈N

∫fn(x, y) dν(y) = sup

n∈N

gn(x) = g(x) ,

da cui segue f ∈ Ξ.

(d) Introduciamo ora l’insieme

W = A ⊆ X × Y ; χA ∈ Ξ .

Osserviamo che se A,A′ ∈ W e A ∩ A′ = ∅, allora A ∪ A′ ∈ W e che se (An)

e una successione crescente in W , allora anche A =⋃

n∈NAn ∈ W . Infatti, laprima proprieta segue da (b) osservando che χA∪A′ = χA + χA′ e la secondasegue da (c) osservando che (χAn

) e una successione crescente di funzioni il cuisup e χA.Osserviamo anche cheW ⊆ X×Y appartiene a Λ se e solo se χW e Λ–misurabilee se e solo se

∫χW dλ e definito in [0,+∞] ed in tal caso si ha λ(W ) =

∫χW dλ.

21Piu precisamente qui e nel seguito usiamo la variante del Teorema 8.10 per successionicrescenti quasi ovunque, che possiamo applicare perche stiamo assumendo µ completa (cfr.Osservazione 8.28).

22L’insieme in cui questo non vale e l’unione dell’insieme in cui hn non e definita edell’insieme in cui gn non e uguale all’integrale.

153

Page 154: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Infine, si ha∫χW (x, y) dν(y) = ν(Wx) per ogni W ⊆ X × Y e ogni x ∈ X tali

che Wx ∈ T .

(e) Mostriamo un’ulteriore proprieta di W . Se A,A′ ∈ W con A ⊆ A′ eλ(A′) < +∞, allora A′\A ∈ W . Infatti, visto che stiamo assumendo A,A′ ∈ W ,si ha che le funzioni

g(x) =

∫χA(x, y) dν(y) , g′(x) =

∫χA′(x, y) dν(y) ,

sono definite per µ–q.o. x ∈ X e che∫g dµ = λ(A) ,

∫g′ dµ = λ(A′) .

Per l’ipotesi λ(A′) < +∞, si ha che anche λ(A) < +∞ e dunque g, g′ < +∞per µ–q.o. x ∈ X . Ponendo

D = x ∈ X ; g(x) < +∞, g′(x) < +∞ ,

si ha che per x ∈ D

y 7→ χA′\A(x, y) = χA′(x, y)− χA(x, y) ,

e la differenza di due funzioni ν–sommabili e quindi e ν–sommabile e∫χA′\A(x, y) dν(y) =

∫(χA′(x, y)− χA(x, y)) dν(y)

=

∫χA′(x, y) dν(y)−

∫χA(x, y) dν(y) = g′(x) − g(x) .

Ne segue∫ (∫

χA′\A(x, y) dν(y)

)dµ(x) =

∫(g′ − g) dµ = λ(A′)− λ(A) = λ(A′ \A) ,

e quindi A′ \A ∈ W .

(f) Affrontiamo ora la parte piu delicata della dimostrazione che consiste nelprovare che Λ ⊆ W . Per arrivare al risultato richiesto, dividiamo la dimostrazio-ne in tre parti: mostriamo dapprima che Λ ⊆ W quando si considerano misureµ, ν totalmente finite (da (g) a (i)); poi mostriamo che, per µ, ν generiche, tuttigli insiemi della forma W ∩ (E × F ) con E ∈ Σ e F ∈ T di misura finita ap-partengono a W (in (j)); infine, mostriamo che questo implica W ∈ W per ogniW ∈ Λ (in (k)).

(g) Cominciamo assumendo che µ, ν siano misure totalmente finite e mostrandoche Σ× T ⊆ W . Preso quindi A ∈ Σ× T dobbiamo mostrare χA ∈ Ξ. EssendoA ∈ Λ, χA e Λ–misurabile. Resta dunque da mostrare che y 7→ χA(x, y) =χWx

(y) e T –misurabile per µ–q.o. x ∈ X , che x 7→∫χA(x, y) dν(y) = ν(Wx) e

Σ–misurabile e che

λ(A) =

∫ (∫χA(x, y) dν(y)

)dµ(x) =

∫ν(Wx) dµ(x) .

Ma queste proprieta sono esattamente quelle che abbiamo provato per ogniA ∈ Σ×T nella Proposizione 16.4(i)–(iii)–(v). Ossia, sappiamo gia che χA ∈ Ξ,da cui segue A ∈ W e dunque Σ× T ⊆ W .

154

Page 155: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(h) Ancora assumendo che µ, ν siano misure totalmente finite, mostriamo che seW ⊆ X×Y e λ–negligible, alloraW ∈ W . Infatti, per completezza di λ, si avraW ∈ Λ e pure (X × Y ) \W ∈ Λ. Applicando quindi la Proposizione 15.6(iii)esiste V ∈ Σ×T tale che V ⊆ (X × Y ) \W e λ(V ) = λ((X × Y ) \W ). Essendoλ(X × Y ) = µ(X)ν(Y ) <∞ ne segue che detto V ′ = (X × Y ) \ V si ha

λ(V ′) = λ(X × Y )− λ(V ) = λ(X × Y )− (λ(X × Y )− λ(W )) = 0 ,

ossia V ′ e λ–negligible. Essendo V ′ ∈ Σ× T ⊆ W si ha

0 = λ(V ′) =

∫ (∫χV ′(x, y) dν(y)

)dµ(x) .

Applicando la Proposizione 8.30 e sfruttando ancora il fatto che V ′ ∈ W , si hadunque che

D =

x ∈ X ;

∫χV ′(x, y) dν(y) esiste ed e nullo

,

e µ–conegligible. Se x ∈ D, allora χV ′(x, y) = 0 per ν–q.o. y ∈ Y (di nuovo perla Proposizione 8.30), ossia V ′

x e ν–negligible. Ma allora ancheWx e ν–negligibleper x ∈ D, visto che Wx ⊆ V ′

x, e si ha∫χW (x, y) dν(y) = 0.

Essendo D un insieme µ–conegligible, allora l’integrale∫χW (x, y) dν(y) esiste

ed e nullo per µ–q.o. x ∈ X . Quindi∫ (∫

χW (x, y) dν(y)

)dµ(x) = 0 = λ(W ) ,

ossia W ∈ W .

(i) Infine, siano µ, ν siano misure totalmente finite e W ∈ Λ qualsiasi. Allora,per la Proposizione 15.6(iii) esiste V ∈ Σ × T con V ⊆ W e λ(V ) = λ(W ),ossia λ(W \ V ) = 0. Ma allora V ∈ W per (h) e W \ V ∈ W per (h). QuindiW = V ∪ (W \ V ) appartiene a W , in quanto unione disgiunta di due elementidi W (cfr. (d)), e dunque Λ ⊆ W .

(j) Siano ora µ, ν misure σ–finite e complete qualunque, non necessariamentetotalmente finite. Mostriamo che presi E ∈ Σ e F ∈ T di misura finita, perogni W ∈ Λ l’insieme W ∩ (E × G) appartiene a W . Infatti, se consideriamole subspace measure µE , νF e λE×F , allora λE×F e la misura prodotto di µE eνF e W ∩ (E × F ) e λE×F –misurabile per ogni W ∈ Λ. Inoltre, per le ipotesisu E,F , si ha che µE , νF sono totalmente finite. Applichiamo quindi (i) a talimisure e otteniamo

λ(W ∩ (E × F )) = λE×F (W ∩ (E × F ))

=

E

(∫

F

χW∩(E×F )(x, y) dνF (y)

)dµE(x)

=

E

(∫

Y

χW∩(E×F )(x, y) dν(y)

)dµE(x)

=

X

(∫

Y

χW∩(E×F )(x, y) dν(y)

)dµ(x)

=

∫ (∫χW∩(E×F )(x, y) dν(y)

)dµ(x) ,

155

Page 156: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

dove abbiamo sfruttato il Corollario 7.23,23 il fatto che per y ∈ Y \ F si haχW∩(E×F )(x, y) = 0 ed il fatto che per x ∈ X \ E si ha

Y

χW∩(E×F )(x, y) dν(y) = 0 .

Quindi W ∩ (E × F ) ∈ W .

(k) Prendiamo ora W ∈ Λ. Essendo µ, ν misure σ–finite, siano (Xn) unasuccessione crescente di insiemi di misura finita in Σ tali che X =

⋃n∈NXn

e (Yn) una successione crescente di insiemi di misura finita in T tali che Y =⋃n∈N Yn. Allora (Xn × Yn) e una successione crescente di insiemi di misura

finita in Σ × T la cui unione e tutto X × Y . Ponendo, per ogni n ∈ N, Wn =W ∩(Xn×Yn) otteniamo una successione crescente di insiemi la cui unione eW .Essendo ciascun Wn ∈ W per (j), ne segue che W e l’unione di una successionecrescente in W e quindi, ricordando le proprieta mostrate in (d), W ∈ W , ossiaΛ ⊆ W .

(l) A questo punto possiamo tornare alla famiglia Ξ introdotta in (a). Mostria-mo che se f ∈ Ξ e g : X×Y → [0,+∞] e un’altra funzione tale che f = g λ–q.o.in X × Y , allora vale anche g ∈ Ξ. Infatti, essendo λ una misura completa, g eΛ–misurabile. Poniamo anche

W = (x, y) ∈ X × Y ; f(x, y) 6= g(x, y) .

Allora W ∈ Λ e λ(W ) = 0 per la completezza di Λ e l’ipotesi f = g λ–q.o. inX × Y . Per (k), W ∈ W e dunque esiste l’integrale

∫ (∫χW (x, y) dν(y)

)dµ(x) =

∫χW dλ = λ(W ) = 0 .

Ma allora per µ–q.o. x ∈ X si ha

ν(Wx) =

∫χW (x, y) dν(y) = 0 ,

ossia Wx e ν–negligible per µ–q.o. x ∈ X . Ponendo

D = x ∈ X ; Wx e ν–negligible ,

abbiamo D µ–conegligible e per ogni x ∈ D si ha

∫f(x, y) dν(y) =

Y \Wx

f(x, y) dν(y) =

Y \Wx

g(x, y) dν(y) =

∫g(x, y) dν(y) ,

visto che Wx = y ∈ Y ; f(x, y) 6= g(x, y). Ne segue che le funzioni x 7→∫f(x, y) dν(y) e x 7→

∫g(x, y) dν(y) sono uguali µ–q.o.24 e quindi

∫ (∫g(x, y) dν(y)

)dµ(x) =

∫ (∫f(x, y) dν(y)

)dµ(x) =

∫f dλ =

∫g dλ .

23Esplicitamente, il Corollario ci assicura che estendendo a zero la funzione fuori da E(risp. F ) otteniamo una funzione Σ–misurabile (risp. T–misurabile), mentre le proprieta cheseguono ci assicurano che le estensioni sono le funzioni che usiamo noi.

24Esplicitamente, le funzioni sono uguali per ogni x ∈ D.

156

Page 157: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Abbiamo quindi provato che g ∈ Ξ come richiesto.

(m) Mostriamo ora che ogni funzione f : X × Y → [0,+∞] Λ–misurabile ap-partiene a Ξ. Infatti, poniamo per ogni n, k ∈ N

Wn,k =

(x, y) ∈ X × Y ; f(x, y) ≥ k

2n

.

Essendo f Λ–misurabile, abbiamo Wn,k ∈ Λ per ogni n, k. Quindi, per (k),Wn,k ∈ W per ogni n, k e questo implica che χWn,k

∈ Ξ per ogni n, k.Definendo, per ogni n ∈ N, la funzione

fn =

4n∑

k=1

χWn,k

2n,

avremo fn ∈ Ξ per (b) e

fn(x, y) =

k

2nse 0 ≤ k < 4n e

k

2n≤ f(x, y) <

k + 1

2n

2n se f(x, y) ≥ 2n =4n

2n

Quindi (fn) e una successione crescente in Ξ, da cui segue che supn∈N fn ∈ Ξ,per le proprieta mostrate in (d). Valendo λ–q.o. in X × Y

f = supn∈N

fn = limnfn ,

ne segue che in realta e f ∈ Ξ, per (l).

(n) Infine, consideriamo una funzione f : X × Y → R λ–integrabile. Allora,entrambi gli integrali

∫f+ dλ ,

∫f− dλ ,

esistono e almeno uno dei due e finito. Per (m) sappiamo che f+ ∈ Ξ e chef− ∈ Ξ. Allora, per µ–q.o. x ∈ X sono definite le funzioni

g(x) =

∫f+(x, y) dν(y) , h(x) =

∫f−(x, y) dν(y)

e si ha ∫g dµ =

∫f+ dλ ,

∫h dµ =

∫f− dλ .

A questo punto, se∫f− dλ < +∞, allora si ha h(x) < +∞ per µ–q.o. x ∈ X e

ponendo

D = x ∈ X ; g(x), h(x) sono definite e h(x) < +∞ ,

si ha D µ–conegligible e per x ∈ D la funzione

∫f(x, y) dν(y) =

∫f+(x, y) dν(y)−

∫f−(x, y) dν(y) = g(x)− h(x) ,

157

Page 158: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e definita e ha valori in ]−∞,+∞]. Quindi∫ (∫

f(x, y) dν(y)

)dµ(x) =

D

(∫f(x, y) dν(y)

)dµ(x)

=

D

(g − h) dµ =

∫g dµ−

∫h dµ

=

∫f+ dλ−

∫f− dλ =

∫f dλ .

In maniera del tutto analoga, si prova anche nel caso di∫f+ dλ < +∞ che

∫ (∫f(x, y) dν(y)

)dµ(x) =

∫f dλ ,

e che gli integrali a sinistra sono tutti ben definiti.

(o) Per concludere bisogna provare che si ha anche∫ (∫

f(x, y) dµ(x)

)dµ(y) =

∫f dλ ,

e che gli integrali a sinistra sono tutti ben definiti. Grazie alla completa simme-tria delle ipotesi sugli spazi (X,Σ, µ) e (Y, T, ν), questo si puo fare considerando

Ξ =

f : X × Y → [0,+∞] ; f e Λ–misurabile,

x 7→ f(x, y) e Σ–misurabile per ν–q.o. y ∈ Y ,

y 7→∫f(x, y) dµ(x) e T –misurabile,

∫f(x, y) dλ(x, y) =

∫ (∫f(x, y) dµ(x)

)dν(y)

,

e ripetendo per Ξ ciascun passaggio fatto per Ξ in (a)–(n). Quindi la dimo-strazione e completa. ⋄

Esempio 16.7. L’ipotesi che la funzione sia λ–integrabile nel Teorema di Fubinie necessaria. Consideriamo il caso X = Y =]0, 1[ con µ = ν = L1 e la funzionef : X × Y → R definita da

f(x, y) =x2 − y2

(x2 + y2)2

E semplice verificare che f e boreliana. Inoltre,∫ 1

0

(∫ 1

0

f(x, y) dL1(y)

)dL1(x) =

∫ 1

0

(∫ 1

0

∂y

y

x2 + y2dL1(y)

)dL1(x)

=

∫ 1

0

1

1 + x2dL1(x) =

π

4,

∫ 1

0

(∫ 1

0

f(x, y) dL1(x)

)dL1(y) = −

∫ 1

0

(∫ 1

0

∂x

y

x2 + y2dL1(y)

)dL1(x)

= −∫ 1

0

1

1 + y2dL1(y) = − π

4,

158

Page 159: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Quindi gli integrali iterati esistono, ma non sono uguali. Il motivo e che lafunzione f non e λ–integrabile. Infatti,

]0,1[×]0,1[

f+ dλ =

∫ 1

0

(∫ x

0

f(x, y) dL1(y)

)dL1(x)

≥∫ 1

0

(∫ x

0

x2 − y2

4x4dL1(y)

)dL1(x) =

∫ 1

0

1

12xdL1(x) = +∞ ,

e∫

]0,1[×]0,1[

f− dλ =

∫ 1

0

(∫ y

0

f(x, y) dL1(x)

)dL1(y)

≥∫ 1

0

(∫ y

0

y2 − x2

4y4dL1(x)

)dL1(y) =

∫ 1

0

1

12ydL1(y) = +∞ ,

e per questo il Teorema di Fubini non si applica.

Alla luce dell’Esempio 16.7, sarebbe utile avere un criterio che assicuri laλ–sommabilita di una funzione f . Il Teorema di Tonelli fornisce una condizionesufficiente da verificare sugli integrali iterati.

Teorema 16.8 (di Tonelli). Se f : X×Y → R e Λ–misurabile e tale che esiste

∫ (∫|f(x, y)| dµ(x)

)dν(y) < +∞ ,

oppure esiste ∫ (∫|f(x, y)| dν(y)

)dµ(x) < +∞ ,

allora f e λ–sommabile.

Dimostrazione. (a) Supponiamo che µ, ν siano totalmente finite e che

∫ (∫|f(x, y)| dµ(x)

)dν(y) < +∞ .

Allora le funzioni fn = min|f |, n costituiscono una successione limitata difunzioni Λ–misurabili che converge puntualmente a |f |. In particolare le funzionifn sono λ–sommabili.Applicando a ciascuna fn il Teorema di Fubini, si ha∫fn dλ =

∫ (∫fn(x, y) dµ(x)

)dν(y) ≤

∫ (∫|f(x, y)| dµ(x)

)dν(y) .

Per il Lemma di Fatou, ne segue∫

|f | dλ ≤ lim infn

∫fn dλ ≤

∫ (∫|f(x, y)| dµ(x)

)dν(y) < +∞ .

Allora f e λ–sommabile.

(b) Supponiamo ora che µ, ν siano solo σ–finite e che ancora

∫ (∫|f(x, y)| dµ(x)

)dν(y) < +∞ .

159

Page 160: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Prendiamo (Xn) e (Yn) successioni crescenti di insiemi di misura finita in Σ e T ,rispettivamente, che ricoprono X e Y . Allora le funzioni fn = |f |χXn×Yn

for-mano una successione crescente di funzioni positive che converge puntualmentea |f |.Se consideriamo le subspace measure µXn

, νYne λXn×Yn

, che sono totalmentefinite, ciascuna fn soddisfa

Yn

(∫

Xn

fn(x, y) dµXn(x)

)dνYn

(y) =

∫ (∫fn(x, y) dµ(x)

)dν(y)

≤∫ (∫

|f(x, y)| dµ(x))dν(y) < +∞ ,

Quindi, applicando (a), si ottiene che fn e λXn×Yn–sommabile, e dunque λ–

sommabile visto che fn = 0 fuori da Xn × Yn, e che∫fn dλ =

Xn×Yn

fn dλXn×Yn=

Yn

(∫

Xn

fn(x, y) dµXn(x)

)dνYn

(y)

=

∫ (∫fn(x, y) dµ(x)

)dν(y) .

A questo punto, per il teorema della convergenza monotona vale∫

|f | dλ = limn

∫fn dλ

= limn

∫ (∫fn(x, y) dµ(x)

)dν(y)

≤∫ (∫

|f(x, y)| dµ(x))dν(y) < +∞ .

Ossia f e λ–sommabile.

(c) Infine, la dimostrazione nel caso in cui valga∫ (∫

|f(x, y)| dν(y))dµ(x) < +∞ ,

e del tutto analoga. ⋄

Corollario 16.9. Se f : X × Y → R e Λ–misurabile e tale che esiste uno deitre integrali ∫ (∫

|f(x, y)| dµ(x))dν(y) < +∞ ,

∫ (∫|f(x, y)| dν(y)

)dµ(x) < +∞ ,

oppure ∫|f(x, y)| dλ(x, y) < +∞ ,

allora esistono anche gli altri due ed i tre integrali coincidono. Inoltre, f eλ–sommabile, esistono anche gli integrali iterati di f e si ha

∫f(x, y) dλ(x, y) =

∫ (∫f(x, y) dν(y)

)dµ(x) =

∫ (∫f(x, y) dµ(x)

)dν(y) ,

160

Page 161: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. (a) Supponiamo che

∫|f(x, y)| dλ(x, y) < +∞ .

Allora |f | e λ–sommabile e, applicando il Teorema di Fubini, si ottiene che

∫|f(x, y)| dλ(x, y) =

∫ (∫|f(x, y)| dν(y)

)dµ(x) =

∫ (∫|f(x, y)| dµ(x)

)dν(y) .

Inoltre, da f Λ–misurabile e∫|f | dλ < ∞, segue f λ–sommabile e quindi,

applicando il Teorema di Fubini, si ottiene anche che

∫f(x, y) dλ(x, y) =

∫ (∫f(x, y) dν(y)

)dµ(x) =

∫ (∫f(x, y) dµ(x)

)dν(y) ,

con gli integrali ben definiti, come richiesto.

(b) Supponiamo invece che sia

∫ (∫|f(x, y)| dµ(x)

)dν(y) < +∞ ,

oppure ∫ (∫|f(x, y)| dν(y)

)dµ(x) < +∞ .

Allora per il Teorema di Tonelli, f e λ–sommabile e vale∫|f | dλ <∞. Quindi

possiamo usare (a) per concludere. ⋄

Esempio 16.10. Mostriamo ora che il Teorema di Tonelli non vale se si richie-dono solo condizioni sull’integrale di f invece che sull’integrale di |f |. Ovvia-mente considereremo una funzione che assume anche valori negativi (altrimentif = |f | e Tonelli si applicherebbe). Consideriamo il caso X = Y =] − 1, 1[ conµ = ν = L1 e la funzione f : X × Y → R definita da

f(x, y) =xy

(x2 + y2)2

se (x, y) 6= (0, 0) e f(0, 0) = 0.25 E semplice verificare che f e boreliana. Inoltre,entrambe le funzioni x→ f(x, y) e y → f(x, y) sono dispari e quindi

∫ 1

−1

(∫ 1

−1

f(x, y) dL1(y)

)dL1(x) = 0 =

∫ 1

−1

(∫ 1

−1

f(x, y) dL1(x)

)dL1(y) .

Quindi esistono entrambi gli integrali iterati e sono uguali. Tuttavia f non eneppure λ–integrabile. Infatti, consideriamo le funzioni f+, f− e confrontiamo

25In realta si puo assegnare il valore nell’origine a piacere.

161

Page 162: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

il loro integrale sul quadrato Q = [−1, 1]×[−1, 1] con quello su B(0, 1), calcolatoin coordinate polari.

Q

f+ dλ ≥∫ 1

0

dr

∫ 2π

0

(sin θ cos θ)+

rdθ =

∫ 1

0

dr

∫ 2π

0

(sin 2θ)+

2rdθ .

Ma (sin 2θ)+ e uguale a sin 2θ in [0, π/2] e in [π, 3π/2] e nulla altrove, quindi

Q

f+ dλ ≥∫ 1

0

dr

(∫ π/2

0

sin 2θ

2rdθ +

∫ 3π/2

π

sin 2θ

2rdθ

)=

∫ 1

0

dr

r= +∞ .

Con calcoli analoghi si ottiene che anche∫Qf− dλ = +∞ e dunque f non e

λ–integrabile.

Mostriamo ora alcune conseguenze del Teorema di Fubini. Il primo risultatoe una riscrittura del Teorema di Fubini per le funzioni caratteristiche di insiemiin Λ (e fornisce quindi una generalizzazione della Proposizione 16.4).

Corollario 16.11. Se W ∈ Λ, valgono i seguenti fatti:

(i) Wx ∈ Σ per µ–q.o. x ∈ X e W y ∈ T per ν–q.o. y ∈ Y ;

(ii) x 7→ ν(Wx) e µ–integrabile e y 7→ µ(W y) e ν–integrabile;

(iii) si ha

λ(W ) =

∫ν(Wx) dµ(x) =

∫µ(W y) dν(y) ;

(iv) se W e λ–negligible, allora Wx e ν–negligible per µ–q.o. x ∈ X e W y eµ–negligible per ν–q.o. y ∈ Y ;

(v) se Wx e ν–negligible per µ–q.o. x ∈ X o W y e µ–negligible per ν–q.o.y ∈ Y , allora W e λ–negligible.

Dimostrazione. L’ipotesi W ∈ Λ assicura che χW e λ–sommabile. Possiamoquindi applicare il Teorema di Fubini a χW ottenendo (i), (ii) e (iii).26 A questopunto, poi, le proprieta rimanenti seguono da (iii) e dalla Proposizione 8.30. ⋄

Proposizione 16.12. Sia λ la misura prodotto di µ e L1 su X × R. Per ognifunzione f : X → [0,+∞] Σ–misurabile si ha

∫f dµ = λ ((x, a) ∈ X × R ; 0 ≤ a ≤ f(x))

= λ ((x, a) ∈ X × R ; 0 ≤ a < f(x)) .

Dimostrazione. (a) Poniamo

Ωf = (x, a) ∈ X × R ; 0 ≤ a ≤ f(x) ,26Cfr. parte (h) della dimostrazione del Teorema di Fubini.

162

Page 163: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e osserviamo che, per ogni x ∈ X , (Ωf )x = [0, f(x)] e quindi L1((Ωf )x) = f(x).Ora se Ωf ∈ Λ, per il Corollario 16.11 si ha

∫f(x) dµ(x) =

∫L1((Ωf )x) dµ(x) = λ(Ωf ) .

Resta quindi da vedere che Ωf ∈ Λ. Ma f e una funzione Σ–misurabile e quindigli insiemi

f−1

([q − 1

n,+∞

])=

x ∈ X ; f(x) ≥ q − 1

n

,

sono in Σ per ogni q ∈ Q, q > 0 e per ogni n ∈ N. E dunque

Ωf =⋂

n≥1

q∈Q, q>0

x ∈ X ; f(x) ≥ q − 1

n

× [0, q] ,

e un elemento di Σ× T ⊆ Λ.

(b) Analogamente si procede per l’insieme

Ωf = (x, a) ∈ X × R ; 0 ≤ a ≤ f(x) ,

visto cheΩf =

q∈Q, q>0

x ∈ X ; f(x) > q × [0, q] ,

e quindi la dimostrazione e completa. ⋄

Proposizione 16.13. Per ogni funzione f : X → [0,+∞] Σ–misurabile si ha

∫f dµ =

[0,∞]

µ (x ∈ X ; f(x) ≥ t) dL1(t)

=

[0,∞]

µ (x ∈ X ; f(x) > t) dL1(t) .

Dimostrazione. (a) Procedendo in modo simile a quanto fatto nella dimo-strazione del Teorema di Fubini, poniamo per ogni n, k ∈ N

Wn,k =

x ∈ X ; f(x) >

k

2n

,

e, per ogni n ∈ N, la funzione

fn =

4n∑

k=1

χWn,k

2n.

Allora ciascunWn,k appartiene a Σ e la successione (fn) e crescente, e costituitadi funzioni Σ–semplici e converge puntualmente a f . Quindi ne segue per ilTeorema della convergenza monotona che

∫f dµ = lim

n

∫fn dµ .

163

Page 164: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Inoltre, per ogni t ≥ 0,

µ (x ∈ X ; f(x) > t) = limnµ (x ∈ X ; fn(x) > t) .

Osserviamo che kn(t) = µ (x ∈ X ; fn(x) > t) una successione crescente difunzioni e che ciascuna funzione t 7→ kn(t) e L1–misurabile (perche kn(t) =µ(W t) con W = (x, a) ∈ X × R ; 0 ≤ a < f(x) e la L1–misurabilita seguedalla Proposizione 16.12, che assicura W ∈ Λ, e dal Corollario 16.11). Quindi,ne deduciamo che∫ ∞

0

µ (x ∈ X ; f(x) > t) dL1(t) = limn

∫ ∞

0

µ (x ∈ X ; fn(x) > t) dL1(t) .

Inoltre, si ha

µ (x ∈ X ; fn(x) > t) =

µ(Wn,k+1) se 0 ≤ k < 4n ek

2n≤ t <

k + 1

2n

0 se t ≥ 2n =4n

2n

e quindi

∫ ∞

0

µ (x ∈ X ; fn(x) > t) dL1(t) =

4n∑

k=1

µ(Wn,k)

2n=

∫fn dµ .

Passando al limite, infine si ottiene∫ ∞

0

µ (x ∈ X ; f(x) > t) dL1(t) =

∫f dµ .

(b) Se mostriamo che per L1–q.o. t ≥ 0 si ha

µ (x ∈ X ; f(x) > t) = µ (x ∈ X ; f(x) ≥ t) ,

poi abbiamo concluso. Ma l’insieme

D(t) = x ∈ X ; f(x) = t ,

coincide con la sezione Zt se poniamo

Z = (x, a) ∈ X × R ; 0 ≤ a ≤ f(x) \ (x, a) ∈ X × R ; 0 ≤ a < f(x) .

A questo punto, per la Proposizione 16.12 si ha λ(Z) = 0, e per il Corolla-rio 16.11 si ha anche µ(Zt) = 0 per L1–q.o. t ≥ 0. In altre parole D(t) e uninsieme µ–negligible per L1–q.o. t ≥ 0, e quindi vale l’uguaglianza cercata perL1–q.o. t ≥ 0. ⋄

Concludiamo la Sezione introducendo la nozione di prodotto tensoriale tradue applicazioni. Si tratta di un argomento che non useremo molto in questenote, ma che fornisce l’utile Teorema finale e quindi merita di essere menzionato.

Definizione 16.14. Siano f : X → R e g : Y → R funzioni. Allora definiamoil prodotto tensoriale di f e g come la funzione f ⊗ g : X × Y → R definita perogni (x, y) ∈ X × Y ponendo (f ⊗ g)(x, y) = f(x)g(y).

164

Page 165: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Proposizione 16.15. Valgono i seguenti fatti:

(i) se f : X → R e una funzione Σ–misurabile e g : Y → R e una funzioneT–misurabile, allora f ⊗ g e (Σ× T )–misurabile e dunque Λ–misurabile;

(ii) se f : X → R e una funzione µ–sommabile e g : Y → R e una funzioneν–sommabile, allora f ⊗ g e λ–sommabile e vale

∫(f ⊗ g) dλ =

∫f dµ

∫g dν .

Teorema 16.16. Siano p ∈ [1,∞[ e Lp(X ;µ)⊗Lp(Y ; ν) il sottospazio vettorialedi Lp(X × Y ;λ) generato dalle funzioni

f ⊗ g ; f ∈ Lp(X ;µ), g ∈ Lp(Y ; ν) .

Allora Lp(X ;µ)⊗ Lp(Y ; ν) e denso in Lp(X × Y ;λ).

165

Page 166: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

17 Punti di Lebesgue

Lemma 17.1 (di ricoprimento di Vitali). Sia F una qualsiasi famiglia dipalle chiuse non degeneri27 di Rd

F =B(xα, rα) ; α ∈ A, xα ∈ Rd, rα > 0

,

con supα∈A rα < +∞. Allora esiste una famiglia numerabile G di palle disgiuntein F , corrispondenti ad un sottoinsieme numerabile di indici Ao ⊆ A, tali che

α∈A

B(xα, rα) =⋃

β∈Ao

B(xβ , 5rβ) ,

ossia l’unione di una qualsiasi famiglia di palle puo essere ricoperta da unasuccessione di queste, a patto di moltiplicare il raggio per 5.

Dimostrazione. (a) Siano D = 2 supα∈A rα e per ogni j ∈ N

Fj =

B ∈ F ;

D

2j+1< diam(B) ≤ D

2j

.

Naturalmente le collezioni di insiemi Fj formano una partizione di F . Costruia-mo ora delle collezioni di insiemi Gj ⊆ Fj come segue:• sia G1 una collezione massimale disgiunta in F1, ossia una collezione di ele-menti disgiunti in F1 tale che per ogni B ∈ F1\G1 esiste B

′ ∈ G1 con B∩B′ 6= ∅;• dati G1, . . . ,Gk, sia Gk+1 una collezione massimale disgiunta in

B ∈ Fk+1 ; B ∩B′ = ∅ ∀B′ ∈

k⋃

i=0

Gi

.

Definendo ora G =⋃∞

i=0 Gi si ha che G e una collezione di insiemi disgiun-ti estratta da F . Poniamo anche Ao l’insieme degli indici β ∈ A tali cheB(xβ , rβ) ∈ G.(b) Mostriamo ora che per ogni B ∈ F esiste β ∈ Ao tale che B∩B(xβ , rβ) 6= ∅e B ⊆ B(xβ , 5rβ). In particolare, questo poi implica che G e in effetti unacollezione con la proprieta richiesta dal Teorema.Preso B ∈ F , sia j ∈ N tale che B ∈ Fj. Se B ∈ Gj abbiamo concluso.Altrimenti, per la massimalita di Gj , esiste β ∈ Ao tale che B ∩B(xβ , rβ) 6= ∅ e

B(xβ , rβ) ∈⋃j

i=0 Gi. Preso ξ ∈ B ∩B(xβ , rβ), si ha quindi che per ogni η ∈ B

|η − xβ | ≤ |η − ξ|+ |ξ − xβ | ≤ diam(B) + rβ .

Essendo

diam(B) ≤ D

2j= 2

D

2j+1≤ 2 diam(B(xβ , rβ)) = 4rβ ,

si conclude che|η − xβ | ≤ 5rβ ,

e quindi che B ⊆ B(xβ , 5rβ).

(c) Resta infine da mostrare il fatto che G e al piu numerabile. Ma questo segueimmediatamente dal fatto che in uno spazio metrico separabile ogni famiglia

27Ossia tali che r > 0.

166

Page 167: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

di aperti disgiunti e al piu numerabile e quindi in particolare lo deve essere lafamiglia di aperti

G′ = Int(B) ; B ∈ G ,che e disgiunta perche lo e G ed ha la stessa cardinalita di G. ⋄

Osservazione 17.2. Sottolineamo che, per costruzione, G ha la seguente pro-prieta (vista nel passo (b) della dimostrazione): seBo ∈ F allora esisteB(x, r) ∈G tale che B(x, r) ∩Bo 6= ∅ e Bo ⊆ B(x, 5r).

Osservazione 17.3. L’ipotesi sup rα < +∞ e essenziale. Si consideri infatti lafamiglia

F =B(0, r) ; r > 0

.

Allora le famiglie disgiunte G ⊆ F possono solo essere costituite da una singolapalla B(0, r) ed esiste sempre B = B(0, r′) con r′ > 5r tale che B ∈ F \ G.

Teorema 17.4. Siano A ⊆ Rd e F un qualsiasi ricoprimento di A costituitoda palle chiuse non degeneri di Rd

F =B(xα, rα) ; α ∈ A, xα ∈ Rd, rα > 0

.

Assumiamo inoltre che per ogni x ∈ A

inf rα ; x ∈ B(xα, rα) = 0 .

Allora esiste una famiglia numerabile G di palle disgiunte in F , corrispondentiad un sottoinsieme numerabile di indici Ao ⊆ A, tali che

Ld

A \

β∈Ao

B(xβ , rβ)

= 0 .

Dimostrazione. (a) Supponiamo dapprima che A sia limitato, ossia che esistaM ∈ R tale che A ⊆ B(0,M). A meno di rimpiazzare ciascuna B ∈ F conB ∩B(0,M), possiamo supporre che

sup rα ; α ∈ A < +∞ .

Applichiamo quindi a F il Lemma 17.1 e sia G la famiglia numerabile disgiuntaestratta da F tale che

α∈A

B(xα, rα) =⋃

β∈Ao

B(xβ , 5rβ) ,

dove Ao ⊆ A e l’insieme numerabile di indici corrispondente a G. Supponiamoda qui in poi che Ao = N e che G = B(xj , rj) ; j ∈ N, e mostriamo che G hale proprieta richieste dal Corollario.

(b) Mostriamo innanzi tutto che per ogni n ∈ N si ha

A ⊆

j<n

B(xj , rj)

j≥n

B(xj , 5rj)

.

167

Page 168: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Infatti, se A ⊆ ⋃j<n B(xj , rj) la tesi e vera. Altrimenti, sia x ∈ A = A \(⋃

j<n B(xj , rj)). Essendo A aperto in A ed essendo x contenuto per ipotesi

in elementi arbitrariamente piccoli di F , esistera B ∈ F tale che x ∈ B e

B ∩(⋃

j<n B(xj , rj))= ∅. Ma allora per costruzione (cfr. Osservazione 17.2)

esiste j ∈ N tale che B ⊆ B(xj , 5rj) e B ∩ B(xj , rj) 6= ∅, da cui in particolaresegue j ≥ n e dunque

B ⊆⋃

j≥n

B(xj , 5rj) .

(c) Da (b) segue ora che per ogni n ∈ N

θd

A \

j<n

B(xj , rj)

≤ Ld

∞⋃

j=n

B(xj , 5rj)

≤∞∑

j=n

Ld (B(xj , 5rj)) = 5d∞∑

j=n

Ld(B(xj , rj)) .

Essendo ciascuna palla disgiunta dalle altre e contenuta in B(0,M), si ha

∞∑

j=0

Ld(B(xj , rj)) ≤ Ld(B(0,M)) <∞ ,

da cui segue che

limn

θd

A \

j<n

B(xj , rj)

= 0 .

Possiamo quindi concludere

Ld

A \

j∈N

B(xj , rj)

= θd

A \

j∈N

B(xj , rj)

= 0 ,

visto che A\(⋃

j<n B(xj , rj))e una successione decrescente di insiemi di misura

finita (perche contenuti in B(0,M)) la cui intersezione e A \(⋃

j∈NB(xj , rj)).

E questo completa la dimostrazione nel caso A limitato.

(d) Nel caso generale, poniamo Un = B(0, n+ 1) \B(0, n),

An = x ∈ A ; n < ||x|| < n+ 1 = A ∩ Un ,

eFn = B ∈ F ; B ⊆ Un .

Essendo An aperto in A ed essendoci palle di raggio piccolo a piacere in F ,per ogni n ∈ N Fn e ora un ricoprimento di An costituito da palle chiuse nondegeneri tale che per ogni x ∈ An

inf rα ; x ∈ B(xα, rα) ∈ Fn = 0 .

168

Page 169: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Inoltre ciascun An e limitato, e quindi possiamo applicare la prima parte delladimostrazione ad An per ottenere l’esistenza di una collezione disgiunta Gn

estratta da Fn tale che

Ld

(An \

B∈Gn

B

)= 0 .

Poniamo G =⋃

n∈N Gn. Essendo ciascun Un disgiunto dagli altri, le collezioniFn sono disgiunte e dunque anche le collezioni Gn lo sono. Quindi G e unacollezione numerabile disgiunta di elementi di F .

(e) Mostriamo, per concludere, che la parte di A non ricoperta dalle palle diG ha misura nulla. Infatti, essendo A =

(A \⋃n∈N Un

)∪(A ∩⋃n∈N Un

)=(

A \⋃n∈N Un

)∪(⋃

n∈NAn

), avremo

A \⋃

B∈G

B ⊆(Rd \

n∈N

Un

)∪⋃

n∈N

(An \

B∈Gn

B

).

Se mostriamo che Ld(Rd \⋃n∈N Un

)= 0 possiamo poi concludere, visto che

per ogni n ∈ N vale Ld(An \⋃B∈Gn

B)= 0.

Osserviamo quindi che, fissato δ ∈ ]0, 1[, si ha per ogni n ∈ N

x ∈ Rd ; ||x|| = n

⊆ B(0, n) \B(0, δn) .

Da questo segue che

Ld(x ∈ Rd ; ||x|| = n

)≤ Ld(B(0, n))−Ld(B(0, δn)) = Ld(B(0, n))(1− δd) ,

e quindi, passando al limite per δ → 1−, Ld(x ∈ Rd ; ||x|| = n

)= 0. Dun-

que, si ha

Ld

(Rd \

n∈N

Un

)= Ld

(⋃

n∈N

x ∈ Rd ; ||x|| = n

)

=

∞∑

n=0

Ld(x ∈ Rd ; ||x|| = n

)= 0 ,

e questo conclude la dimostrazione. ⋄

Corollario 17.5. Siano A ⊆ Rd e ε1, ε2 > 0. Allora esiste un ricoprimentonumerabile (Bn) di A costituito da palle chiuse non degeneri di Rd con raggioal piu ε1 tale che

∞∑

n=0

Ld(Bn) ≤ θd(A) + ε2 .

Inoltre, possiamo supporre che la somma delle misure dei Bn i cui centri nonappartengono ad A sia al piu ε2.

Dimostrazione. (a) Innanzi tutto, osserviamo che per ogni x ∈ Rd e δ > 0, ilmulti–intervallo I = [x, x+ δ1[ e contenuto nella palla B(x, δ

√d) che ha misura

γdδd = γdLd(I), con γd =

√ddLd(B(0, 1)). Ma allora ogni aperto G ⊆ Rd

169

Page 170: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

puo essere ricoperto da una successione di palle la cui misura totale sia al piuγdLd(G). Infatti, se G = ∅ possiamo prendere una singola palla di raggio 0(ossia un singleton). Altrimenti, per ogni k ∈ N possiamo porre

Qk = z ∈ Zd ; [2−kz, 2−kz + 2−k1[⊆ G ,

Gk =⋃

z∈Qk

[2−kz, 2−kz + 2−k1[ .

Allora (Gk) e una successione crescente di insiemi la cui unione e G e sia Go checiascun insieme Gk+1 \ Gk puo essere scritto come unione disgiunta di multi–intervalli. Quindi anche G puo essere scritto come unione disgiunta di unasuccessione (In) di multi–intervalli. Per ogni n ∈ N, detta Bn la palla di misuraγdLd(In) che ricopre In, avremo dunque che G ⊆ ⋃n∈NBn e che

∞∑

n=0

Ld(Bn) ≤ γd

∞∑

n=0

Ld(In) = γdLd(G) .

(b) Segue ora facilmente che se Ld(A) = 0, allora per ogni ε > 0 esiste unasuccessione (Bn) di palle chiuse che ricopre A e la cui misura totale e minoredi ε. Infatti, per la Proposizione 4.6(i), esiste un aperto G tale che A ⊆ G eLd(G) < ε/γd ed in corrispondenza di tale aperto esiste, per (a), una successionedi palle la cui misura e al piu γdLd(G) = ε.

(c) Consideriamo ora A ⊆ Rd insieme qualunque e siano ε1, ε2 > 0 fissati.Allora, esiste un aperto G tale che A ⊆ G e Ld(G) < θd(A) + ε2/2. Sia Ila famiglia di tutte le palle chiuse non degeneri contenute in G il cui raggiosia al piu ε1 ed i cui centri appartengano ad A. Allora, essendo G aperto,ogni elemento di A sara contenuto in elementi arbitrariamente piccoli di I equindi possiamo applicare il Teorema 17.4 a I. Sia dunque Io una sottofamigliadisgiunta e numerabile tale che

Ld

(A \

B∈Io

B

)= 0 .

Applicando (b), sia (B′n) una successione di palle chiuse che ricopre A\⋃B∈Io

Be tale che

∞∑

n=0

Ld(B′n) ≤ min

ε22, εd1Ld(B(0, 1))

.

Allora, in particolare, ciascun B′n soddisfa Ld(B′

n) ≤ εd1Ld(B(0, 1)), ossia lepalle B′

n hanno tutte raggio al piu ε1. Quindi, considerando la famiglia

B′n ; n ∈ N ∪ B ; B ∈ Io

otteniamo una famiglia numerabile di palle (Bn) con raggio minore o uguale adε1 tali che A ⊆ ⋃n∈NBn e

∞∑

n=0

Ld(Bn) =

∞∑

n=0

Ld(B′n) +

B∈Io

Ld(B) ≤ ε22

+ Ld(G) ≤ θd(A) + ε2 .

170

Page 171: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Inoltre, per costruzione, le palle i cui centri non appartengono ad A possonosolo essere elementi di (B′

n) e quindi la loro misura e minore a

∞∑

n=0

Ld(B′n) ≤

ε22< ε2 ,

e la dimostrazione e conclusa. ⋄Il prossimo Teorema ci dice che il valore di una funzione Ld–integrabile e

determinato in Ld–q.o. punto dalla “media” dei valori assunti in un intorno delpunto.

Teorema 17.6. Siano D ⊆ Rd un insieme e f : Rd → R una funzione integra-bile su D. Allora per Ld–q.o. x ∈ D si ha

f(x) = limr→0+

1

Ld(B(x, r))

D∩B(x,r)

f dLd ,

dove l’integrale e da intendersi nel senso di integrale rispetto alla subspacemeasure Ld

D (cfr. Definizione 8.39) se D non e un sottoinsieme Ld–misurabile.

Dimostrazione. (a) Cominciamo con il caso D = Rd. Presi n ∈ N e q, q′ ∈ Qcon q < q′, definiamo

An,q,q′ =

x ∈ Rd ; ||x|| ≤ n, f(x) ≤ q, lim sup

r→0+

∫B(x,r) f dLd

Ld(B(x, r))> q′

⊆ B(0, n) .

Se mostriamo che θd(An,q,q′) = 0 per ogni scelta di n, q, q′, poi il Teorema edimostrato, perche allora l’insieme

A =⋃

n∈N

q,q′∈Q q<q′

An,q,q′

risulta Ld–negligible. Da questo segue che per x ∈ Rd \A si ha

f(x) ≥ lim supr→0+

1

Ld(B(x, r))

B(x,r)

f dLd ,

e, applicando lo stesso ragionamento a −f , si ha anche

f(x) ≤ lim infr→0+

1

Ld(B(x, r))

B(x,r)

f dLd ,

ossia

f(x) = limr→0+

1

Ld(B(x, r))

B(x,r)

f dLd ,

per ogni x ∈ Rd \A o, equivalentemente, per Ld–q.o. x ∈ Rd.

(b) Mostriamo quindi che per ogni scelta di n ∈ N e q, q′ ∈ Q con q < q′ si haθd(An,q,q′) = 0. Supponiamo per assurdo che sia θd(An,q,q′) > 0. Sia ε > 0 taleche ε(1 + |q|) < (q′ − q)θd(An,q,q′) e, ricordando il Teorema 8.31, sia η ∈ ]0, ε]tale che

∣∣∫F f dLd

∣∣ ≤ ε quando Ld(F ) ≤ η.

171

Page 172: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Prendiamo ora U aperto tale che An,q,q′ ⊆ U e Ld(U) ≤ θd(An,q,q′ ) + η eindichiamo con I la famiglia di tutte le palle chiuse e non vuote B contenute inU tali che

1

Ld(B)

B

f dLd ≥ q′ .

Allora ogni punto x ∈ An,q,q′ appartiene ad un elemento piccolo a piacere di I.Questo ci permette di applicare il Teorema 17.4 per estrarre da I una collezionenumerabile e disgiunta Io tale che, ponendo H =

⋃B∈Io

B, si abbia

Ld (An,q,q′ \H) = 0 .

A questo punto, da∫If dLd ≥ q′Ld(I) per ogni I ∈ Io, segue che

H

f dLd =∑

I∈Io

I

f dLd ≥ q′∑

I∈Io

Ld(I)

= q′Ld(H) ≥ q′θd(An,q,q′ ∩H) = q′θd(An,q,q′ ) .

Ora, presoE = x ∈ U ; f(x) ≤ q ,

si ha che E e Ld–misurabile, An,q,q′ ⊆ E ⊆ U e An,q,q′ ∩ H ⊆ E ∩ H ⊆ U .Quindi otteniamo

θd(An,q,q′ ) ≤ Ld(E) ≤ Ld(U) ≤ θd(An,q,q′ ) + η , (25)

e

θd(An,q,q′ ) = θd(An,q,q′ ∩H) ≤ Ld(E ∩H) ≤ Ld(U) ≤ θd(An,q,q′ ) + η . (26)

Da (25) e da H ⊆ U , segue

Ld(H \ E) ≤ Ld(U)− Ld(E) ≤ η ,

che implica a sua volta∣∣∣∫H\E f dLd

∣∣∣ ≤ ε. Quindi

H

f dLd ≤ ε+ qLd(H ∩ E)

≤ ε+ q θd(An,q,q′ ) + |q|(Ld(H ∩E)− θd(An,q,q′ )

)

≤ q θd(An,q,q′ ) + ε(1 + |q|) ,

dove abbiamo sfruttato (26) e η ≤ ε nell’ultima disuguaglianza. Ricordando lascelta di ε, ne segue che∫

H

f dLd < q θd(An,q,q′ ) + (q′ − q) θd(An,q,q′ ) = q′ θd(An,q,q′ ) ≤∫

H

f dLd ,

che e una contraddizione. Quindi abbiamo mostrato che deve essere θd(An,q,q′) =0 e la dimostrazione e completa nel caso D = Rd.

(c) Trattiamo ora il caso generale in cui D sia un sottoinsieme proprio di Rd.SiccomeD puo essere ricoperto da una successione di insiemi di misura finita, os-sia le palle Bn = B(0, n), per la Proposizione 3.18 esiste E inviluppo misurabile

172

Page 173: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

di D, ossia un insieme E Ld–misurabile tale che D ⊆ E e Ld(F ∩E) = θd(F ∩D)per ogni F Ld–misurabile. A questo punto, se mostriamo che per ogni FLd–misurabile si ha ∫

F

fχE dLd =

F∩D

f dLd ,

allora possiamo concludere. Infatti, applicando la prima parte della dimostra-zione a fχE , che e una funzione integrabile e soddisfa (fχE)|D = f|D , otteniamo

per Ld–q.o. ogni x ∈ D

f(x) = f(x)χE(x) = limr→0+

1

Ld(B(x, r))

B(x,r)

fχE dLd

= limr→0+

1

Ld(B(x, r))

D∩B(x,r)

f dLd ,

ossia la tesi.

(e) Resta quindi da dimostrare solo che per ogni F Ld–misurabile si ha

F

fχE dLd =

F∩D

f dLd ,

dove E ha le proprieta descritte in (c). Osserviamo innanzi tutto che, essendoF Ld–misurabile, la tesi e equivalente a mostrare che

∫fχF∩E dLd =

D

fχF∩D dLd .

Cominciamo quindi dal caso f = χA per qualche insieme A Ld–misurabile. Inquesto caso

∫χAχF∩E dLd =

∫χA∩F∩E dLd = Ld(A ∩ F ∩E) = θd(A ∩ F ∩D)

= LdD(A ∩ F ∩D) =

D

χA∩F∩D dLd =

D

χAχF∩D dLd ,

quindi la tesi e vera in questo caso.Sia ora f =

∑mj=1 ajχAj

una funzione semplice. Allora, ricordando il casoprecedente,

∫fχF∩E dLd =

m∑

j=1

aj

∫χAj

χF∩E dLd

=

m∑

j=1

aj

D

χAjχF∩D dLd =

D

fχF∩D dLd ,

e la tesi e vera anche in questo caso.Consideriamo ora una qualunque f : X → [0,+∞] misurabile, e sia (fn) unasuccessione crescente di funzioni semplici tali che fn(x) → f(x) in Rd. Allora,in particolare, le funzioni (fnχF∩E) sono una successione crescente di funzioniMd–semplici che converge a fχF∩E , e le funzioni (fnχF∩D) sono una successionecrescente di funzioni (Md)D–semplici che converge a fχF∩D. Applicando il

173

Page 174: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Teorema della convergenza monotona alle due successioni (e, rispettivamente,alle misure Ld e Ld

D), si ottiene

∫fχF∩E dLd = lim

n

∫fnχF∩E dLd ,

D

fχF∩D dLd = limn

D

fnχF∩D dLd .

Combinando queste uguaglianze con il caso precedente, otteniamo

∫fχF∩E dLd = lim

n

∫fnχF∩E dLd = lim

n

D

fnχF∩D dLd =

D

fχF∩D dLd .

Consideriamo, infine, il caso di f : X → R integrabile e applichiamo il casoprecedente alle funzioni f+ e f−, ottenendo

∫fχF∩E dLd =

∫f+χF∩E dLd −

∫f−χF∩E dLd

=

D

f+χF∩D dLd −∫

D

f−χF∩D dLd =

D

fχF∩D dLd ,

e quindi la dimostrazione e completa. ⋄

Corollario 17.7. Valgono i seguenti fatti:

(i) se D ⊆ Rd, allora

limr→0+

θd(D ∩B(x, r))

Ld(B(x, r))= 1 ,

per Ld–q.o. x ∈ D;

(ii) se E ⊆ Rd e un insieme Ld–misurabile, allora

limr→0+

Ld(E ∩B(x, r))

Ld(B(x, r))= χE(x) ,

per Ld–q.o. x ∈ Rd. In particolare,

limr→0+

Ld(B(x, r) ∩ E)

Ld(B(x, r))= 0 ,

per Ld–q.o. x ∈ Rd \ E e

limr→0+

Ld(B(x, r) \ E)

Ld(B(x, r))= 0 ,

per Ld–q.o. x ∈ E.

Dimostrazione. (i) Per ogni n ∈ N, applicando il Teorema 17.6 alla funzionef = χB(0,n) si ha

limr→0+

θd(D ∩B(x, r))

Ld(B(x, r))= f(x) = 1 ,

per Ld–q.o. x ∈ D ∩ B(0, n). Per arbitrarieta di n, ne segue che la tesi e veraper Ld–q.o. x ∈ D.

174

Page 175: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(ii) Applicando (i) con D = E, ricaviamo che per Ld–q.o. x ∈ Rd si ha

lim infr→0+

θd(E ∩B(x, r))

Ld(B(x, r))≥ χE(x) ,

e applicandolo a D = Rd \ E = E′, ricaviamo che per Ld–q.o. x ∈ Rd si ha

lim supr→0+

θd(E ∩B(x, r))

Ld(B(x, r))= 1− lim inf

r→0+

θd(E′ ∩B(x, r))

Ld(B(x, r))≤ 1− χE′(x) = χE(x) .

Unendo le due proprieta si ottiene la tesi. ⋄

Definizione 17.8. Siano (Rd,Σ, µ) uno spazio di misura con µ misura di Radone f : Rd → R una funzione. Diremo che f e localmente µ–sommabile se si ha

K

|f | dµ < +∞ ,

per ogni insieme K in Σ limitato. Indichiamo con L1loc(R

d;µ) lo spazio vettorialedelle funzioni localmente µ–sommabili.

Definizione 17.9. Siano f : Rd → R una funzione L1–sommabile e sia x ∈ Rd.Diremo che x e un punto di Lebesgue per f se esiste ℓ ∈ Rd tale che

limr→0+

1

Ld(B(x, r))

B(x,r)

|f(ξ)− ℓ| dLd(ξ) = 0 .

Osservazione 17.10. Se ad esempio f : Rd → R e una funzione continua, alloraogni punto x ∈ Rd e un punto di Lebesgue per f con ℓ = f(x). Infatti, per ogniε > 0 esiste δ > 0 tale che |x − y| < δ implica |f(x) − f(y)| < ε. Ne segue cheper ogni 0 < r < δ si ha

1

Ld(B(x, r))

B(x,r)

|f(ξ)− f(x)| dLd(ξ) <1

Ld(B(x, r))

B(x,r)

ε dLd(ξ) = ε ,

ossia che il limite per r → 0+ si annulla, come richiesto.

Teorema 17.11. Sia f : Rd → R una funzione di L1loc(R

d;Ld). Allora perLd–q.o. x ∈ Rd si ha

limr→0+

1

Ld(B(x, r))

B(x,r)

|f(ξ)− f(x)| dLd(ξ) = 0 .

In particolare, Ld–q.o. x ∈ Rd e un punto di Lebesgue per f .

Dimostrazione. (a) Siano n ∈ N e G = B(0, n). Per ogni q ∈ Q ponia-mo gq(x) = |f(x) − q| su G. Allora gq e integrabile su G e, applicando ilTeorema 17.6, si ha

gq(x) = limr→0+

1

Ld(B(x, r))

G∩B(x,r)

gq dLd ,

175

Page 176: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

per Ld–q.o. x ∈ G. Detti Eq l’insieme Ld–negligible in cui non e verificataquesta uguaglianza e E =

⋃q∈QEq, avremo che E e Ld–negligible e che, per

ogni x ∈ G \ E,

limr→0+

1

Ld(B(x, r))

G∩B(x,r)

|f(ξ)− f(x)| dLd(ξ) = 0 .

Infatti, preso x ∈ G\E e fissato ε > 0, esiste q ∈ Q tale che gq(x) = |f(x)−q| ≤ε. Quindi

|f(ξ)− f(x)| ≤ |f(ξ)− q|+ ε = gq(ξ) + ε

per ogni ξ ∈ G, e ne segue

lim supr→0+

1

Ld(B(x, r))

G∩B(x,r)

|f(ξ)− f(x)| dLd(ξ)

≤ lim supr→0+

1

Ld(B(x, r))

G∩B(x,r)

(gq(ξ) + ε) dLd(ξ)

≤ gq(x) + ε ≤ 2ε .

Per arbitrarieta di ε, deve essere dunque

limr→0+

1

Ld(B(x, r))

G∩B(x,r)

|f(ξ)− f(x)| dLd(ξ) = 0 ,

come richiesto.

(b) Essendo G aperto, per ogni x ∈ G esiste δx > 0 tale che B(x, δx) ⊆ G, edunque

limr→0+

1

Ld(B(x, r))

B(x,r)

|f(ξ)− f(x)| dLd(ξ)

= limr→0+

1

Ld(B(x, r))

G∩B(x,r)

|f(ξ)− f(x)| dLd(ξ) = 0 ,

per Ld–q.o. x ∈ G. Per arbitrarieta di n, si avra

limr→0+

1

Ld(B(x, r))

B(x,r)

|f(ξ)− f(x)| dLd(ξ) = 0 ,

per Ld–q.o. x ∈ Rd, ossia la tesi. ⋄

Definizione 17.12. Siano x ∈ Rd e (Er)r>0 una famiglia di sottoinsiemi bo-reliani di Rd. Diremo che la famiglia degli insiemi Er si restringe bene ad x seesiste α ∈ ]0, 1[ tale che per ogni r > 0 si abbia Er ⊆ B(x, r) e

Ld(Er) ≥ αLd(B(x, r)) .

Osservazione 17.13. Nella Definizione 17.12 non si richiede che x appartengaa Er. Ad esempio, scelta una palla U = B(ξ, δ) ⊆ B(0, 1) con ξ 6= 0 e δ > 0piccolo abbastanza, la famiglia di insiemi Er = x + rU si restringe bene ad x,ma se 0 /∈ U si avra x /∈ Er.

176

Page 177: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Corollario 17.14. Siano f : Rd → R una funzione di L1loc(R

d;µ) e (Er)r>0

una famiglia di insiemi boreliani che si restringe bene ad x. Allora per ogni xpunto di Lebesgue per f , ossia per Ld–q.o. x ∈ Rd, si ha

limr→0+

1

Ld(Er)

Er

|f(ξ)− f(x)| dLd(ξ) = 0 ,

e

f(x) = limr→0+

1

Ld(Er)

Er

f(ξ) dLd(ξ) .

Dimostrazione. Per la definizione di famiglia di insiemi che si restringe benea x, si ha che

limr→0+

1

Ld(Er)

Er

|f(ξ)− f(x)| dLd(ξ)

≤ limr→0+

1

Ld(Er)

B(x,r)

|f(ξ)− f(x)| dLd(ξ)

≤ 1

αlim

r→0+

1

Ld(B(x, r))

B(x,r)

|f(ξ)− f(x)| dLd(ξ) = 0 ,

applicando il Teorema 17.11. Da questo poi segue anche la seconda parte e ladimostrazione e completa. ⋄

Chiudiamo la Sezione con un risultato importante che lega la derivata diRadon–Nikodym di una misura con segno µ rispetto a Ld con la quantitaµ(B(x, r))/Ld(B(x, r)). Per la dimostrazione rimandiamo a [8].

Teorema 17.15. Sia µ una misura boreliana con segno su Rd. Allora valgonoi seguenti fatti:

(i) se µ ≪ Ld e dµ = f dLd, allora per Ld–q.o. x ∈ Rd si ha

f(x) = limr→0+

µ(Er)

Ld(Er),

per ogni famiglia di insiemi boreliani (Er)r>0 che si restringe bene ad x;

(ii) se µ ⊥ Ld, allora per Ld–q.o. x ∈ Rd si ha

limr→0+

µ(Er)

Ld(Er)= 0 ,

per ogni famiglia di insiemi boreliani (Er)r>0 che si restringe bene ad x.

Osservazione 17.16. Scegliendo Er = B(x, r), si ottiene come formula per laderivata di Radon–Nikodym della misura µ rispetto a Ld l’espressione

f(x) = limr→0+

µ(B(x, r))

Ld(B(x, r)).

Talvolta si usa anche la notazione

Dµ(x).= lim

r→0+

µ(B(x, r))

Ld(B(x, r)),

177

Page 178: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

ed in tal caso se µ≪ Ld si scrive anche che per ogni E si ha

µ(E) =

E

Dµ(x) dLd .

Inoltre, risulta µ ⊥ Ld se e solo se Dµ(x) = 0 per Ld–q.o. x ∈ Rd.

Osservazione 17.17. Osserviamo anche che la situazione e ben differente seµ e una misura positiva invece che con segno. Infatti, a differenza di quantosuccedeva nel Teorema 17.15(ii), se µ e una misura boreliana positiva e µ ⊥ Ld

allora per µ–q.o. x ∈ Rd si ha

Dµ(x) = limr→0+

µ(Er)

Ld(Er)= +∞ ,

per ogni famiglia di insiemi boreliani (Er)r>0 che si restringe bene ad x. Ancheper questo risultato rimandiamo a [8].

178

Page 179: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

18 Misura di Hausdorff

In questo capitolo introdurremo una nuova misura che puo essere definita inun qualunque spazio metrico e che, nel caso in cui si consideri come spaziometrico lo spazio Euclideo Rd, ben si presta a misurare lunghezze ed aree. Percominciare, comunque, premettiamo un utile criterio per provare che gli apertisono misurabili.

Teorema 18.1. Siano (X, d) uno spazio metrico e ϕ : P(X) → [0,+∞] unamisura esterna su X. Assumiamo che per ogni E,F ⊆ X tali che

infd(x, y) ; x ∈ E, y ∈ F > 0 ,

si abbia ϕ(E ∪F ) = ϕ(E) +ϕ(F ). Allora ogni insieme di B(X) e ϕ–misurabilee, quindi, la misura µ ottenuta da ϕ applicando il metodo di Caratheodory e unamisura boreliana.

Dimostrazione. (a) Sia G un aperto di X . Vogliamo mostrare che per ogniA ⊆ X tale che ϕ(A) < +∞ si ha

ϕ(A) ≥ ϕ(A ∩G) + ϕ(A \G) .

PoniamoAn = x ∈ A ; d(x, y) ≥ 2−n per ogni y ∈ A \G ,

Bo = Ao , Bn = An \An−1 , n ≥ 1 .

E immediato verificare che An ⊆ An+1 per ogni n ∈ N e che

n∈N

An =⋃

n∈N

Bn = A ∩G .

Osserviamo anche che, presi m,n ∈ N tali che n ≥ m+ 2, se x ∈ Bm e y ∈ Bn,allora da y /∈ An−1 segue che esiste z ∈ A \G tale che d(y, z) < 2−n+1 ≤ 2−m−1

e da x ∈ Am segue che d(x, z) ≥ 2−m. Dunque si ha

d(x, y) ≥ d(x, z)− d(z, y) ≥ 2−m−1 .

(b) Ma allora per ogni k ≥ 0 si ha

k∑

m=0

ϕ(B2m) = ϕ

m≤k

B2m

≤ ϕ(A ∩G) < +∞ ,

k∑

m=0

ϕ(B2m+1) = ϕ

m≤k

B2m+1

≤ ϕ(A ∩G) < +∞ .

Infatti, ragionando per induzione, il caso k = 0 e ovvio. Sia dunque k > 0 eassumiamo vera la tesi per k. Allora

k+1∑

m=0

ϕ(B2m) =

k∑

m=0

ϕ(B2m) + ϕ(B2k+2) = ϕ

m≤k

B2m

+ ϕ(B2k+2) ,

179

Page 180: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e

k+1∑

m=0

ϕ(B2m+1) =k∑

m=0

ϕ(B2m+1) + ϕ(B2k+3) = ϕ

m≤k

B2m+1

+ ϕ(B2k+3) .

Presi ora x ∈ B2k+2 e y ∈ ⋃m≤k B2m, si ha y ∈ B2m per qualche m tale che2m ≤ 2k, e quindi per (a)

inf

d(x, y) ; x ∈ B2k+2, y ∈

m≤k

B2m

> 2−2k−3 > 0 .

Similmente, presi x′ ∈ B2k+3 e y′ ∈ ⋃m≤k B2m+1, si ha y′ ∈ B2m+1 per qualche

m tale che 2m+ 1 ≤ 2k + 1, e quindi per (a)

inf

d(x

′, y′) ; x′ ∈ B2k+3, y′ ∈

m≤k

B2m+1

> 2−2k−4 > 0 .

Applicando ora l’ipotesi su ϕ, si ha

k+1∑

m=0

ϕ(B2m) = ϕ

m≤k

B2m

+ ϕ(B2k+2)

= ϕ

m≤k+1

B2m

≤ ϕ(A ∩G) < +∞ ,

e

k+1∑

m=0

ϕ(B2m+1) = ϕ

m≤k

B2m+1

+ ϕ(B2k+3)

= ϕ

m≤k+1

B2m+1

≤ ϕ(A ∩G) < +∞ .

(c) Da (b) segue ora che, per ogni k ≥ 0,

2k∑

n=0

ϕ(Bn) ≤ 2ϕ(A ∩G) < +∞ .

Quindi, facendo tendere k → ∞, si conclude

+∞∑

n=0

ϕ(Bn) ≤ 2ϕ(A ∩G) < +∞ .

Ne segue che per ogni ε > 0, esiste m ∈ N tale che

+∞∑

n=m

ϕ(Bn) < ε ,

180

Page 181: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e quindi

ϕ(A∩G)+ϕ(A\G) ≤ ϕ(Am)+

+∞∑

n=m

ϕ(Bn)+ϕ(A\G) ≤ ε+ϕ(Am)+ϕ(A\G) .

Osserviamo ora che, se x ∈ Am e y ∈ A \ G, allora per definizione di Am,d(x, y) ≥ 2−m > 0. Ma allora possiamo applicare l’ipotesi su ϕ a questi insiemiottenendo

ϕ(A∩G)+ϕ(A\G) < ε+ϕ(Am)+ϕ(A\G) = ε+ϕ (Am ∪ (A \G)) ≤ ε+ϕ(A) .

Per arbitrarieta di ε, vale dunque

ϕ(A ∩G) + ϕ(A \G) ≤ ϕ(A) ,

come richiesto e dunque gli aperti di X sono ϕ–misurabili.

(d) A questo punto, sapendo che gli insiemi ϕ–misurabili formano una σ–algebra, per il Teorema 3.7, e che gli aperti sono ϕ–misurabili, avremo chel’intera σ–algebra generata dagli aperti e contenuta nella σ–algebra degli insie-mi ϕ–misurabili. Ossia ogni elemento di B(X) e ϕ–misurabile, e la dimostrazionee completa. ⋄

Introduciamo finalmente la misura di Hausdorff. Ricordiamo che se (X, d) euno spazio metrico e A ⊆ X , definiamo diametro di A

diamA =

supd(x, y) ; x, y ∈ A se A 6= ∅0 se A = ∅

Definizione 18.2. Siano (X, d) uno spazio metrico e r > 0. Per ogni δ > 0definiamo ωrδ : P(X) → [0,+∞] ponendo per ogni insieme A ⊆ X

ωrδ(A).= inf

∞∑

n=0

(diamAn)r ; (An) successione in X,

A ⊆⋃

n∈N

An, diamAn < δ

.

Definiamo poi la misura esterna di Hausdorff r–dimensionale ωr : P(X) →[0,+∞] ponendo per ogni insieme A ⊆ X

ωr(A) = supδ>0

ωrδ(A)

Mostriamo subito che in effetti ωr definisce una misura esterna.

Teorema 18.3. La funzione ωr in Definizione 18.2 e una misura esterna suX.

Dimostrazione. (a) Innanzi tutto, per ogni δ > 0, ωrδ(∅) = 0 e quindi ancheωr(∅) = 0.

181

Page 182: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(b) Se A ⊆ B ⊆ X e δ > 0, allora ogni successione di insiemi di diametrominore di δ che ricopra B ricopre anche A. Dunque, per ogni δ > 0

ωrδ(A) ≤ ωrδ(B) .

Passando al sup su δ, otteniamo

ωr(A) ≤ ωr(B) .

(c) Infine, sia (An) una successione in X e indichiamo A =⋃

n∈NAn. Perogni α < ωr(A), esiste un δ > 0 tale che α ≤ ωrδ(A). Mostriamo che ωrδ(A) ≤∑∞

n=0 ωrδ(An).Infatti, preso ε > 0, per ogni n ∈ N esiste una successione (An,m) in X tale che

diamAn,m ≤ δ , An ⊆⋃

m∈N

An,m ,

e∞∑

m=0

(diamAn,m)r ≤ ωrδ(An) + 2−nε .

Allora An,m ; n,m ∈ N e un ricoprimento numerabile di A fatto con insiemidi diametro minore di δ. Quindi

ωrδ(A) ≤∞∑

n=0

∞∑

m=0

(diamAn,m)r ≤∞∑

n=0

(ωrδ(An) + 2−nε

)=

∞∑

n=0

ωrδ(An) + 2ε ,

da cui segue ωrδ(A) ≤∑∞

n=0 ωrδ(An) per arbitrarieta di ε.Avremo dunque

α ≤ ωrδ(A) ≤∞∑

n=0

ωr(An) .

Per arbitrarieta di α, questo implica che ωr(A) ≤∑∞

n=0 ωr(An), ossia che ωr eanche subadditiva. Con questo, ωr e una misura esterna su X e la dimostrazionee completa. ⋄

Definizione 18.4. Siano (X, d) uno spazio metrico e r > 0. Definiamo misuradi Hausdorff r–dimensionale Hr la misura definita sugli insiemi ωr–misurabilidi X che si ottiene applicando a ωr il metodo di Caratheodory. Definiamoanche misura di Hausdorff 0–dimensionale Ho la counting measure definitanell’Esempio 2.6.

Proposizione 18.5. La misura di Hausdorff Hr introdotta nella Definizio-ne 18.4, ha molte buone proprieta (ad esempio, per ogni r Hr e una misuracompleta, essendo ottenuta con il metodo di Cartheodory) ed ha anche alcuneproprieta in comune con la misura di Lebesgue. Tuttavia presenta anche alcunepeculiarita non proprio intuitive: ad esempio si puo mostrare che in Rs esistonoinsiemi Hr–misurabili, con 1 ≤ r < s, di misura infinita, che non contengononessun insieme Hr–misurabile di misura positiva e finita. Ossia ciascun sot-toinsieme Hr–misurabile di un tale insieme puo solo avere misura infinita onulla.

182

Page 183: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Proposizione 18.6. Siano (X, d) uno spazio metrico e r ≥ 0. Allora ogniinsieme boreliano di X e ωr–misurabile, e quindi Hr–misurabile.

Dimostrazione. (a) Nel caso r = 0 la conclusione e ovvia. Sia dunque r > 0.Vogliamo mostrare che

ωr(A ∪B) = ωr(A) + ωr(B) ,

per ogni A,B ⊆ X tali che infd(x, y) ; x ∈ A, y ∈ B > 0. Essendo ωr unamisura esterna, sappiamo gia che

ωr(A ∪B) ≤ ωr(A) + ωr(B) .

Resta quindi da provare la disuguaglianza opposta. Se ωr(A ∪ B) = +∞,la disuguaglianza e immediata. Supponiamo quindi che ωr(A ∪ B) < +∞ eprendiamo η > 0 tale che

infd(x, y) ; x ∈ A, y ∈ B ≥ 2η > 0 .

Essendo ωr(A∪B) < +∞, avremo che anche ωr(A) e ωr(B) sono finite. Fissatoε > 0, siano quindi δA, δB > 0 tali che

ωr(A) + ωr(B) ≤ ωrδA(A) + ωrδB(B) + ε .

Poniamo δ = minδA, δB, η > 0 e scegliamo una successione (An) di insiemi inX con diametro minore di δ che ricoprono A ∪B e tali che

∞∑

n=0

(diamAn)r ≤ ωrδ(A ∪B) + ε .

Ponendo

K = n ∈ N ; An ∩ A 6= ∅ , L = n ∈ N ; An ∩B 6= ∅ ,

da d(x, y) ≥ 2η > diamAn per ogni x ∈ A e y ∈ B segue che K ∩ L = ∅.Essendo A ⊆ ⋃n∈K An e B ⊆ ⋃n∈LAn, si avra

ωr(A) + ωr(B) ≤ ωrδA(A) + ωrδB (B) + ε

≤∞∑

n∈K

(diamAn)r +

∞∑

n∈L

(diamAn)r + ε

=

∞∑

n=0

(diamAn)r + ε ≤ ωrδ(A ∪B) + 2ε

≤ ωr(A ∪B) + 2ε .

Per arbitrarieta di ε > 0, ne segue che ωr(A) + ωr(B) ≤ ωr(A ∪ B) e quindil’uguaglianza cercata.

(b) Grazie ad (a), possiamo dunque applicare il Teorema 18.1 alla misura ester-na ωr, ottenendo che tutti i boreliani di X sono insiemi ωr–misurabili, e ladimostrazione e conclusa. ⋄

Raccogliamo nella prossima Proposizione le principali proprieta delle misuredi Hausdorff.

183

Page 184: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Proposizione 18.7. Siano (X, d) uno spazio metrico e r > 0. Allora valgonoi seguenti fatti:

(i) per ogni A ⊆ X, esiste E ∈ B(X) tale che A ⊆ E e Hr(E) = ωr(A);

(ii) indicando con H∗ la misura esterna che si ottiene applicando il Teorema 3.9a Hr, si ha H∗ = ωr;

(iii) se E ⊆ X e ωr–misurabile e puo essere scritto come unione numerabiledi insiemi di misura finita, allora esistono E′, E′′ ∈ B(X) tali che E′ ⊆E ⊆ E′′ e Hr(E′′ \ E′) = 0.

Dimostrazione. (a) Se ωr(A) = +∞, e sufficiente prendere E = X . Altri-menti, per ogni n ∈ N, sia (An,m) una successione di insiemi di diametro almassimo 2−n tali che

A ⊆⋃

m∈N

An,m ,

∞∑

m=0

(diamAn,m)r ≤ ωr2−n(A) + 2−n .

Poniamo, per ogni m,n ∈ N, Fn,m = An,m e E =⋂

n∈N

⋃m∈N Fn,m. Allora E e

un boreliano di X e si ha

A ⊆⋂

n∈N

m∈N

An,m ⊆⋂

n∈N

m∈N

Fn,m = E .

Inoltre, per le proprieta del diametro, per ognim ∈ N diamFn,m = diamAn,m ≤2−n e

∞∑

m=0

(diamFn,m)r =

∞∑

m=0

(diamAn,m)r ≤ ωr2−n(A) + 2−n ,

che implicanoωr2−n(E) ≤ ωr2−n(A) + 2−n .

Passando al limite per n→ ∞, si ha

ωr(E) = limnωr2−n(E) ≤ lim

nωr2−n(A) + 2−n = ωr(A) .

Siccome l’inclusione opposta e immediata da A ⊆ E, si conclude che Hr(E) =ωr(E) = ωr(A). Questo conclude la dimostrazione di (i).

(b) Provare (ii) e molto semplice. Da un lato si ha

H∗(A) = infHr(E) ; E misurabile, A ⊆ E= infωr(E) ; E misurabile, A ⊆ E ≥ ωr(A) .

D’altra parte, per (i) esiste E boreliano in X tale che A ⊆ E e ωr(A) = Hr(E).Quindi

H∗(A) ≤ Hr(E) = ωr(A) ,

e deve valere l’uguaglianza.

(c) Supponiamo ora che E sia misurabile e che Hr(E) < +∞. Per (i), esistonoinsiemi boreliani E′′ tale che E ⊆ E′′ e ωr(E) = Hr(E′′) e H tale che (E′′\E) ⊆H e

Hr(H) = ωr(E′′ \E) = Hr(E′′ \E) = Hr(E′′)−Hr(E) = Hr(E′′)−ωr(E) = 0 .

184

Page 185: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Ponendo ora E′ = E′′ \H otteniamo un boreliano tale che E′ ⊆ E e

Hr(E′′ \ E′) ≤ Hr(H) = 0 .

(d) Infine, nel caso generale di E misurabile tale che E =⋃

m∈NEm conHr(Em) < +∞ per ogni m, siano E′

m, E′′m i boreliani ottenuti in corrispondenza

di ciascun Em per (c). Allora, i boreliani

E′ =⋃

m∈N

E′m , E′′ =

m∈N

E′′m ,

hanno le proprieta richieste e anche (iii) e dimostrato. ⋄Vogliamo ora arrivare a mostrare il collegamento tra la misura Hd definita

sullo spazio metrico X = Rd (munito della distanza euclidea) con la misura Ld

su Rd.

Lemma 18.8. Siano d ≥ 1 un intero e A ⊆ Rd un insieme limitato. IndichiamoD = diamA. Allora si ha

θd(A) ≤ Ld

(B

(0,D

2

))=

(D

2

)d

Ld (B(0, 1)) .

Dimostrazione. (a) Innanzi tutto, osserviamo che il caso d = 1 e imme-diato: l’insieme A e sicuramente contenuto in un intervallo di lunghezza D eL1 (B(0, 1)) = L1 ([−1, 1]) = 2, quindi

θ1(A) ≤ D =D

2· 2 .

(b) Supponiamo quindi d ≥ 2. Per ogni 1 ≤ i ≤ d, definiamo riflessione rispettoalla i–esima coordinata la funzione lineare Si : R

d → Rd definita da

Six = (x1, . . . , xi−1,−xi, xi+1, . . . , xd) ,

per ogni x = (x1, . . . , xd) ∈ Rd. Dati un insieme C ⊆ Rd e un insieme di indiciJ ⊆ 1, . . . , d, diremo che C e simmetrico rispetto alle coordinate in J se si ha

SiC = C ,

per ogni i ∈ J . Se dimostriamo che, dati un insieme di indici J ⊆ 1, . . . , d,un insieme C ⊆ Rd simmetrico rispetto alle coordinate in J e un indice j ∈1, . . . , d \ J , esiste sempre un insieme D ⊆ Rd simmetrico rispetto alle coor-dinate in J ∪ j tale che

diamD ≤ diamC , θd(C) ≤ θd(D) ,

allora possiamo concludere la dimostrazione con facilita. Infatti, e sufficienteporre Ao = A e sfruttare questa proprieta per costruire induttivamente degliinsiemi A1, . . . , Ad tali che ciascun Aj sia simmetrico rispetto alle coordinate in1, . . . , j,

D = diamA ≥ diamA1 ≥ . . . ≥ diamAd ,

185

Page 186: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

eθd(A) ≤ θd(A1) ≤ . . . ≤ θd(Ad) .

Alla fine, l’insiemeAd sara simmetrico rispetto a tutte le coordinate in 1, . . . , d,ossia

Ad = S1 · · ·SdAd = −Ad .

Questo in particolare significa che per ogni x ∈ Ad

||x|| = 1

2||x− (−x)|| ≤ 1

2diamAd ≤ D

2,

e dunque Ad ⊆ B(0, D2

). Se ne conclude che

θd(A) ≤ θd(Ad) ≤ Ld

(B

(0,D

2

))

come richiesto.

(c) Resta quindi da dimostrare che dati un insieme di indici J ⊆ 1, . . . , d,un insieme C ⊆ Rd simmetrico rispetto alle coordinate in J e un indice j ∈1, . . . , d \ J , esiste sempre un insieme D ⊆ Rd simmetrico rispetto alle coor-dinate in J ∪ j tale che

diamD ≤ diamC , θd(C) ≤ θd(D) .

Osservando che il diametro di un insieme e la misura di Lebesgue sono invarian-ti per permutazioni delle coordinate (si ricordi il Teorema 4.10), e sufficienteconsiderare il caso j = d.Cominciamo con il porre F = C. Allora, essendo gli Si degli omeomorfismi, siavra per ogni i ∈ J

SiF = SiC = SiC = C = F .

Quindi anche F e simmetrico rispetto alle coordinate in J . Inoltre, diamF =diamC e θd(C) ≤ θd(F ).Infine, fissato y = (y1, . . . , yd−1) ∈ Rd−1, definiamo

Fy = ξ ∈ R ; (y1, . . . , yd−1, ξ) ∈ F , f(y) = L1(Fy) ,

D =(η1, . . . , ηd−1, ηd) ∈ Rd ; |ηd| <

1

2f(η1, . . . , ηd−1)

.

Osserviamo che l’insieme Fy non e altro che la “sezione” (nel senso della Defi-nizione 16.2) di F su Rd−1 e che la notazione usata qui e consistente con quelladella Sezione 16. Vogliamo ora mostrare che l’insieme D appena definito ha leproprieta richieste.

(d) Sia H ⊆ Rd un qualunque insieme Ld–misurabile tale che D ⊆ H . Per ogniy ∈ Rd−1 fissato, indicando con Hy e Dy le sezioni su Rd−1 di H e D rispet-tivamente, si ha Dy ⊆ Hy. Quindi, identificando Ld con la misura prodottoottenuta da Ld−1 e L1 e ricordando il Corollario 16.11(iii), si ottiene

Ld(H) =

∫L1(Hy) dLd−1(y) ≥

∫L1(Dy) dLd−1(y)

=

∫f(y) dLd−1(y) =

∫L1(Fy) dLd−1(y) = Ld(F ) ≥ θd(C) .

186

Page 187: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Passando ora all’inf tra gli insiemi Ld–misurabili H , si ottiene

θd(D) ≥ θd(C) .

(e) Prendiamo x, y ∈ D e indichiamo x = (x1, . . . , xd−1) e y = (y1, . . . , yd−1).In particolare, questo significa che

0 ≤ |xd| <1

2f(x) , 0 ≤ |yd| <

1

2f(y) .

e si deve avere Fx 6= ∅ e Fy 6= ∅. Se ora proviamo che esistono ξ ∈ Fx eη ∈ Fy tali che |ξ− η| ≥ |xd− yd|, allora possiamo concludere. Infatti, avremmoz = (x, ξ) ∈ F , w = (y, η) ∈ F e

||x− y||2 = ||x− y||2 + |xd − yd|2 ≤ ||x− y||2 + |ξ − η|2

= ||z − w||2 ≤ diamF 2 .

Quindi, ||x− y|| ≤ diamF , da cui

diamD ≤ diamF .

Per trovare i valori ξ, η richiesti, osserviamo ora che F e chiuso e limitato in Rd.Quindi anche gli insiemi Fx e Fy sono chiusi e limitati in R, oltre che non vuoti,e dunque hanno un massimo ed un minimo in R. Ponendo

αx = minFx , βx = maxFx , αy = minFy , βy = maxFy ,

si ha

|xd − yd| ≤ |xd|+ |yd| ≤1

2f(x) +

1

2f(y)

=1

2

(L1(Fx) + L1(Fy)

)≤ 1

2(βx − αx + βy − αy)

≤ maxβy − αx, βx − αy .

Basta quindi scegliere tra (ξ, η) = (αx, βy) e (ξ, η) = (βx, αy) la coppia cherealizza il massimo per avere i valori cercati e completare questa parte delladimostrazione.

(f) Infine mostriamo che D e simmetrico rispetto alle coordinate in J ∪ d.Ovviamente SdD = D. Prendiamo dunque un indice i ∈ J . Interpretandol’applicazione lineare Si come definita su Rd−1 (poiche 1 ≤ i ≤ d− 1), si ha perogni y ∈ Rd−1 fissato,

FSiy = Fy ,

per le proprieta di simmetria di F . Quindi f(Siy) = f(y) e, per ogni ξ ∈ R ey ∈ Rd−1

(y, ξ) ∈ D ⇐⇒ |ξ| < f(y)

2⇐⇒ |ξ| < f(Siy)

2⇐⇒ (Siy, ξ) ∈ D ,

per cui si conclude che anche SiD = D. Dunque, D e simmetrico rispetto allecoordinate in J ∪ d e la dimostrazione e conclusa. ⋄

187

Page 188: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Osservazione 18.9. La procedura descritta nei passi (c)–(f) della dimostra-zione del Lemma 18.8 e detta simmetrizzazione di Steiner ed e un importantestrumento della teoria geometrica della misura, la cui utilita va ben oltre laspecifica dimostrazione in cui l’abbiamo introdotta. Ad esempio, una sua im-mediata conseguenza e che dato un qualunque insieme limitato A ⊆ Rd, d ≥ 1,esiste sempre un insieme B simmetrico (ossia tale che B = −B) tale che

θd(B) ≥ θd(A) , diamB ≤ diamA .

Teorema 18.10. Sia d ≥ 1 un intero. Allora per ogni insieme A ⊆ Rd si ha

θd(A) = 2−dβdωd(A) ,

dove abbiamo indicato con βd = Ld (B(0, 1)). In particolare, le misure Ld e Hd

hanno gli stessi insiemi misurabili e per ogni E misurabile si ha

Ld(E) = 2−dβdHd(E) .

Dimostrazione. (a) Cominciamo a considerare le palle B = B(0, α). Allora

Ld(B) = αdβd = 2−dβd(diamB)r .

(b) A questo punto mostriamo che la relazione richiesta vale tra le misure esterneθd e ωd. Infatti, preso A ⊆ Rd, fissiamo δ, ε > 0. Applicando il Corollario 17.5,sia (Bn) una successione di palle chiuse disgiunte di diametro al piu δ tali cheA ⊆ ⋃n∈NBn e

∞∑

n=0

Ld(Bn) ≤ θd(A) + ε .

Allora, sfruttando (a), ne segue

2−dβdωdδ(A) ≤ 2−dβd

∞∑

n=0

(diamBn)d =

∞∑

n=0

Ld(Bn) ≤ θd(A) + ε .

Passando al limite per δ → 0, si ottiene

2−dβdωd(A) ≤ θd(A) + ε ,

e per arbitrarieta di ε si conclude 2−dβdωd(A) ≤ θd(A).

(c) Fissiamo stavolta solo ε > 0 e sia (An) una successione di insiemi di diametroal piu 1 tale che A ⊆ ⋃n∈NAn e

∞∑

n=0

(diamAn)d ≤ ωd1(A) + ε .

Allora, ricordando il Lemma 18.8, si ha

θd(A) ≤∞∑

n=0

Ld(An) ≤ 2−dβd

∞∑

n=0

(diamAn)d

≤ 2−dβd(ωd1(A) + ε) ≤ 2−dβd(ωd(A) + ε) .

188

Page 189: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Per arbitrarieta di ε si conclude θd(A) ≤ 2−dβdωd(A) e quindi vale l’uguaglianza.

(d) Siccome Ld e Hd si ricavano da θd e ωd con il metodo di Caratheodory,segue l’uguaglianza anche tra le misure e la dimostrazione e completa. ⋄

In queste note non ci soffermeremo a trovare il valore esplicito della costanteβd del Teorema 18.10. Rimandiamo il lettore interessato a [6] (252Q) per icalcoli necessari.

Proposizione 18.11. Siano C l’insieme di Cantor e r = ln 2ln 3 . Allora

Hr(C) = 1 .

Dimostrazione. (a) Ricordiamo che C =⋂

n∈NCn dove ciascun insieme Cn ecostituito da 2n intervalli chiusi di lunghezza 3−n e che Cn+1 e ottenuto da Cn

dividendo in tre parti ciascun intervallo di Cn e rimuovendone la parte centrale.Essendo un insieme chiuso, C e Hd–misurabile per ogni d ≥ 0. Osserviamoanche che 3r = 2.

(b) Fissato δ > 0, sia n ∈ N tale che 3−n ≤ δ. Allora C ⊆ Cn implica che Cpuo essere ricoperto da 2n intervalli di diametro 3−n ≤ δ, quindi

ωrδ(C) ≤ 2n(3−n)r = 1 .

Si puo quindi concludere che

Hr(C) = limδ→0+

ωrδ(C) ≤ 1 .

(c) Dimostrare la disuguaglianza opposta e piu complesso. Fissiamo ε > 0 e sia(An) un ricoprimento di C costituito da insiemi di diametro al piu 1 tale che

∞∑

n=0

(diamAn)r < ωr1(C) + ε ≤ Hr(C) + ε .

Preso ε′ > 0 tale che∑∞

n=0(diamAn)r + ε′ ≤ Hr(C) + ε, per ogni n ∈ N sia

ηn > 0 tale che (diamAn + ηn)r ≤ (diamAn)

r + ε′2−n−1. Allora

∞∑

n=0

(diamAn + ηn)r ≤

∞∑

n=0

(diamAn)r + ε′ ≤ Hr(C) + ε .

Scegliamo ora, per ogni n ∈ N, un intervallo In tale che An ⊆ In, diam In ≤diamAn + ηn e che gli estremi di In non appartengano a C. Tale intervallo Inpuo sempre essere trovato visto che C non contiene alcun intervallo costituitoda piu di un punto (si ricordi l’Esercizio 35).Essendo C ⊆ ⋃n∈N In e C compatto, deve esistere k ∈ N tale che

C ⊆⋃

n≤k

In .

A questo punto possiamo trovare m ∈ N tale che nessun estremo degli intervalliIn, per n ≤ k, appartenga a Cm. Quindi ciascun intervallo che costituisce Cm

deve essere completamente contenuto in qualche In con n ≤ k.

189

Page 190: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Se ora proviamo che, detto jm(In) in numero di intervallo di Cm contenuti inIn, si ha

2−mjm(In) ≤ (diam In)r ,

poi possiamo concludere facilmente. Infatti, se valesse tale stima, allora avrem-mo

1 ≤k∑

n=0

2−mjm(In) ≤k∑

n=0

(diam In)r ≤

∞∑

n=0

(diamAn + ηn)r ≤ Hr(C) + ε ,

dove la prima disuguaglianza e dovuta al fatto che, come gia osservato, ciascunodei 2m intervalli che compongono Cm sta in qualche In e dunque

k∑

n=0

jm(In) ≥ 2m .

Per arbitrarieta di ε > 0 si ha dunque Hr(C) ≥ 1 e deve valere l’uguaglianza.Resta quindi da provare la stima su jm(In) per completare la dimostrazione.

(d) Prima di provare la stima rimanente, mostriamo un risultato accessorio cheuseremo poi in (e). Dati tre numeri reali α, β, γ ≥ 0 con maxα, γ ≤ β, allora

αr + γr ≤ (α+ β + γ)r .

Infatti, essendo 0 < r ≤ 1, la funzione

ξ 7→ (ξ + η)r − ξr = r

∫ η

0

(ξ + t)r−1 dt ,

e non crescente per ogni η ≥ 0. Quindi

(α+ β + γ)r − αr − γr ≥ (β + β + γ)r − βr − γr

≥ (β + β + β)r − βr − βr = βr(3r − 2) = 0 .

(e) Rimane quindi da dimostrare che, fissato m ∈ N e un intervallo I ⊆ R,indicando con jm(I) il numero di intervalli di Cm contenuti in I, si ha

2−mjm(I) ≤ (diam I)r .

Se I ∩Cm = ∅, allora jm(I) = 0 ed il risultato e banale. Altrimenti, procediamoper induzione sul numero

ℓ = mini ∈ N ; I ∩ J 6= ∅ solo per uno degli intervalli J di Cm−i .

Se ℓ = 0, significa che I interseca solo uno degli intervalli di Cm. Quindijm(I) ≤ 1 e: se jm(I) = 0, il risultato e ovvio; se jm(I) = 1 allora diam I ≥ 3−m,e dunque (diam I)r ≥ 2−m. In entrambi i casi, la dimostrazione per ℓ = 0 ecompleta.Sia dunque ℓ ≥ 1 e sia J l’unico intervallo di Cm−ℓ tale che I∩J 6= ∅. Indicandocon J ′, J ′′ i due intervalli di Cm−ℓ+1 contenuti in J si deve avere che

I ∩ J ′ 6= ∅ , I ∩ J ′′ 6= ∅ ,

190

Page 191: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

altrimenti I intersecherebbe uno solo degli intervalli di Cm−(ℓ−1), contro laminimalita di ℓ. A questo punto

jm(I) = jm(I ∩ J) = jm(I ∩ J ′) + jm(I ∩ J ′′) ,

e possiamo applicare l’ipotesi induttiva sia a I ∩ J ′ che a I ∩ J ′′. Ne segue che

(diam (I ∩ J ′))r+ (diam (I ∩ J ′′))

r ≥2−mjm(I ∩ J ′) + 2−mjm(I ∩ J ′′) = 2−mjm(I) .

Ma ricordando (d) e che J ′, J ′′ hanno entrambi diametro minore di 3−(m−l+1),questo significa che

2−mjm(I) ≤ (diam (I ∩ J ′))r+ (diam (I ∩ J ′′))

r

≤(diam (I ∩ J ′) + 3−m+l−1 + diam(I ∩ J ′′)

)r

= (diam (I ∩ J))r ≤ (diam I)r ,

e questo completa la dimostrazione per induzione. ⋄

Proposizione 18.12. Siano (X, d) uno spazio metrico e r ≥ 0. Allora esisteun unico ∆ = ∆(X) ∈ [0,+∞] tale che

Hr(X) =

+∞ se r ∈ [0,∆[0 se r ∈ ]∆,+∞[

Dimostrazione. (i) Cominciamo con il dimostrare che seHr(X) < +∞, alloraHs(X) = 0 per ogni s > r. Infatti, fissati δ, ε > 0, sia (Xn) una successione diinsiemi di diametro al piu δ tale che X ⊆ ⋃n∈NXn e

∞∑

n=0

(diamXn)r ≤ ωrδ(X) + ε .

Allora

ωsδ(X) ≤∞∑

n=0

(diamXn)s =

∞∑

n=0

(diamXn)r(diamXn)

s−r

≤ δs−r∞∑

n=0

(diamXn)r ≤ δs−r (ωrδ(X) + ε) ,

da cui segue Hs(X) = 0 passando al limite per δ → 0+.

(ii) Mostriamo ora che se Hr(X) > 0, allora Hs(X) = +∞ per ogni s < r.Infatti, se per assurdo esistesse s < r tale che Hs(X) < +∞, allora da (i)seguirebbe che Hr(X) = 0 ed avremmo una contraddizione.

(iii) Poniamo ora

∆.= infr ≥ 0 ; Hr(X) = 0 ∈ [0,+∞] .

Osserviamo innanzi tutto che, se ∆ = 0, allora l’insieme

P∞ = r ≥ 0 ; Hr(X) = +∞

191

Page 192: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e vuoto. Viceversa, se assumiamo che P∞ sia vuoto, allora in particolareHo(X) < +∞ e, per (i), Hα(X) = 0 per ogni α > 0. Quindi ∆ = 0. Sup-ponendo quindi che l’insieme P∞ sia non vuoto, o che ∆ > 0, mostriamo orache

∆ = supP∞ .

Infatti, presi s, t ≥ 0 tali che Hs(X) = +∞ e Ht(X) = 0, da (i) e (ii) segue ches < t. Quindi, passando al sup su s ≥ 0 e all’inf su t ≥ 0, si ottiene che

supP∞ ≤ ∆ .

D’altra parte, fissato ε > 0, consideriamo il numero positivo ρ = ∆− ε. Se fosseHρ+ε/2(X) = 0 avremmo una contraddizione con la definizione di ∆. Quindi,deve essere

Hρ+ε/2(X) > 0 .

Questo implica, ricordando (ii), che

Hρ(X) = +∞ .

Quindi∆− ε ≤ supP∞ ,

e, per arbitrarieta di ε, ∆ ≤ supP∞.

(iv) Vogliamo ora mostrare che Hs(X) = 0 per s ∈ ]∆,+∞[. Se ∆ = +∞non c’e nulla da dimostrare. Altrimenti, fissato s > ∆, per definizione di infesiste r′ ≥ 0 con Hr′(X) = 0 e r′ < s. Se per assurdo fosse Hs(X) > 0,avremmo che Hr′(X) = +∞ per (ii), e questa sarebbe una contraddizione.Quindi Hs(X) = 0.

(v) Mostriamo infine che Hs(X) = +∞ per s ∈ [0,∆[. Se ∆ = 0 non c’enulla da dimostrare. Altrimenti, fissato s < ∆, per definizione di sup esister′ ≤ 0 con Hr′(X) = +∞ e r′ > s. Se per assurdo fosse Hs(X) < +∞,avremmo che Hr′(X) = 0 per (i), e questa sarebbe una contraddizione. QuindiHs(X) = +∞. ⋄

Osservazione 18.13. Osserviamo che, dalla dimostrazione della Proposizio-ne 18.12, segue che

∆(X) = infr ≥ 0 ; Hr(X) = 0e anche che

∆(X) = supr ≥ 0 ; Hr(X) = +∞ogni volta che ∆(X) > 0 o, equivalentemente, ogni volta che esiste almeno un rcon Hr(X) = +∞.Notiamo anche che ∆(X) < +∞ nel caso in cui X ⊆ Rd per qualche d ∈ N.Infatti, se X ⊆ Rd e limitato, da Lemma 18.8 segue che

ωd(X) ≤ 2−dβd(diamX)d < +∞ ,

e quindi ∆(X) ≤ d. In particolare, ωs(X) = 0 per ogni s > d e X ⊆ Rd limitato.Ma essendo Rd =

⋃n∈NB(0, n), per ogni X ⊆ Rd e ogni s > d si avra

ωs(X) ≤∞∑

n=0

ωs(X ∩B(0, n)) = 0 ,

e quindi ∆(X) ≤ d < +∞ anche quando X non e limitato.

192

Page 193: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Definizione 18.14. Sia (X, d) uno spazio metrico. Definiamo dimensione diHausdorff dello spazio X il valore ∆(X) trovato nella Proposizione 18.12, e laindichiamo con

dimHX .

Rimandiamo il lettore interessato a ulteriori applicazioni della dimensionedi Hausdorff a testi di teoria geometrica della misura (ad esempio [3]). Inqueste note, ci limitiamo a mostrare alcuni esempi da cui si puo notare come,se dimHX = σ, la corrispondente misura di Hausdorff Hσ(X) dell’insieme puoassumere qualunque valore in [0,+∞].

Esempio 18.15. L’esempio piu semplice che si puo considerare e quello diX = ∅. In questo caso, Hd(X) = 0 per ogni d ≥ 0 e quindi anche dimHX = 0con Ho(X) = 0.

Esempio 18.16. Consideriamo il caso X = Rd. Abbiamo gia visto nell’Osser-vazione 18.13 che dimH Rd ≤ d. Inoltre, per ogni R > 0

Ld(Rd) ≥ Ld (B(0, R)) = RdLd (B(0, 1)) ,

quindi passando al limite per R → ∞ si ottiene Ld(Rd) = +∞. Questo assicurache

dimH Rd = d ,

e fornisce un esempio di insieme con dimensione di Hausdorff d in cui Hd(Rd) =+∞.

Esempio 18.17. Consideriamo un insieme al piu numerabile

A = xn ∈ Rd ; n ∈ N ⊆ Rd .

Vogliamo mostrare che dimHA = 0. Fissati dunque r > 0 e δ > 0, poniamo

εn = r

√ε

2n+1,

per qualche ε > 0 tale che ε ≤ δr. Considerando gli insiemi An = B(xn, εn/2)otteniamo un ricoprimento di A costituito da insiemi di diametro εn ≤ r

√ε ≤ δ

tali che∞∑

n=0

(diamAn)r = ε

∞∑

n=0

1

2n+1= ε ≤ δr .

Quindi ωrδ(A) ≤ δr, che a sua volta implica

ωr(A) = supδ>0

ωrδ(A) = limδ→0+

ωrδ(A) ≤ 0 .

QuindidimHA = 0 ,

ma

Ho(A) =

0 se A = ∅Card(A) se A ha cardinalita finita+∞ se A ha cardinalita infinita

193

Page 194: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esempio 18.18. Dalla Proposizione 18.11 segue immediatamente che, indican-do con C l’insieme di Cantor,

dimH C =ln 2

ln 3, HdimH C(C) = 1 .

La prossima Proposizione mostra che l’avere utilizzato il diametro nella defi-nizione di Hr, ha l’innegabile vantaggio di rendere semplice l’analisi dell’azionedi funzioni Lipschitziane sugli insiemi dello spazio.

Proposizione 18.19. Siano (X, d), (Y, ρ) spazi metrici e φ : D → Y con D ⊆X una funzione Lipschitziana con costante γ. Allora per ogni A ⊆ D e ognir ≥ 0 si ha

ωr(φ(A)) ≤ γrωr(A) ,

dove a destra (risp. a sinistra) ωr e la misura di Hausdorff r–dimensionaledefinita in (Y, ρ) (risp. in (X, d)).

Dimostrazione. (a) Il caso r = 0 e semplice: γr = 1, Card(φ(A)) ≤ Card(A)e ωo(A) = Ho(A) = Card(A) se A e un insieme finito, +∞ altrimenti. Quindila tesi e immediata.

(b) Sia dunque r > 0. Per ogni δ > 0, poniamo η = δ/(1 + γ) e consideriamola ωrη : P(Rm) → [0,+∞] definita come in Definizione 18.2. Allora ωr(A) ≥ωrη(A).Quindi esiste una successione di insiemi (An) di diametro al piu η che ricopronoA e tali che

∞∑

n=0

(diamAn)r ≤ ωr(A) + δ .

Ora si ha anche φ(A) ⊆ ⋃n∈N φ(D ∩ An) e

diamφ(An ∩D) ≤ γ diamAn ≤ γη ≤ δ .

Quindi la successione (φ(D ∩ An)) e una delle successioni di insiemi che vannoconsiderate nella definizione di ωrδ(φ(A)). Ne segue che

ωrδ(φ(A)) ≤∞∑

n=0

(diamφ(An ∩D))r ≤ γr∞∑

n=0

(diamAn)r ≤ γr(ωr(A) + δ) .

Passando al limite per δ → 0+,

ωr(φ(A)) = limδ→0

ωrδ(A) ≤ γrωr(A) ,

e la dimostrazione e completa. ⋄Concludiamo questa Sezione sulla misura di Hausdorff mostrando un Teore-

ma analogo al Teorema 4.10 per la misura di Lebesgue.

Teorema 18.20. Siano r, s interi tali che 1 ≤ r ≤ s, e sia L : Rr → Rs unaapplicazione lineare. Allora per ogni insieme misurabile E di Rr si ha

νr(LE) =√detT τT Lr(E) ,

194

Page 195: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

dove abbiamo indicato con T la matrice s × r che rappresenta L nelle basicanoniche di Rs e Rr rispettivamente, con T τ la sua trasposta e con νr la misuradi Hausdorff “normalizzata”, ossia νr = 2−rβrHr con βr = Lr (B(0, 1)).28

Inoltre se L e iniettiva, ossia se detT τT 6= 0, allora per ogni insieme νr–misurabile F tale che F ⊆ LRr si ha

νr(F ) =√det T τT Lr(L−1F ) .

Dimostrazione. L’idea della dimostrazione non e particolarmente complessa:siccome LRr ha dimensione al piu r, vogliamo “mapparlo” all’interno del sot-tospazio V = y ∈ Rs ; yj = 0, j > r, costituito dai vettori di Rs che hannosolo le prime r componenti non nulle, e da lı in Rr (che e isomorfo a V ) perottenere una funzione lineare da Rr in Rr a cui applicare il Teorema 4.10. Tutta-via dobbiamo controllare come la misura viene influenzata in questi passaggi, equesto richiede una certa dose di attenzione. Per semplificare alcune notazioni,nel seguito indicheremo con T sia l’applicazione lineare L che la matrice ad essaassociata. Tale notazione non dovrebbe indurre alcuna confusione, comunque,visto che per ogni ξ ∈ Rr si ha Lξ = Tξ.

(a) Sia R ∈ Matr×s(R) che ha nelle prime r colonne le colonne della matriceidentica r × r, e tutti 0 nelle successive colonne. Allora Rτ ∈ Mats×r(R) puoessere interpretata come una bijezione tra Rr e V e si ha RτRy = y per ogniy ∈ V .29

Siano inoltre W un sottospazio r–dimensionale di Rs tale che TRr ⊆ W eP ∈ Mats×s(R) una matrice ortogonale tale che PW = V .30

Ponendo S = RPT , si ha

SτS = T τP τRτRPT = T τP τPT = T τT ,

essendo PTξ ∈ V per ogni ξ ∈ Rr. Quindi

detT τT = detSτS = (detS)2 ≥ 0 ,

e J = | detS|. Tra le altre cose, la disuguaglianza trovata ci assicura che ineffetti J e ben definita (visto che a priori non era ovvio che detT τT ≥ 0).Inoltre, J = 0 se e solo se S e non iniettiva, ossia se e solo se T e non iniettiva.Infine, osserviamo che vale

T = P τRτRPT = P τRτS .

(b) A questo punto, l’applicazione φ = P τRτ e un’isometria lineare e bijettivatra Rr e W , con inversa RP|W . Inoltre, preserva la misura Hr. Infatti, appli-cando la Proposizione 18.19 a φ e φ−1, si ottiene che per ogni A ⊆ Rr e per ogniA′ ⊆W

ω(s)r (φ(A)) ≤ ω(r)

r (A) , ω(r)r (φ−1(A′)) ≤ ω(s)

r (A′) ,

28Avendo scelto νr invece di Hr in questo enunciato, possiamo anche sfruttare ilTeorema 18.10 per riscrivere l’uguaglianza nella forma νr(LE) =

√det T τT νr(E).

29Infatti, la matrice RτR ∈ Mats×s(R) e una matrice a “blocchi” della forma(

Idr×r 00 0

)

dove Idr×r e la matrice identita in Matr×r(R) e gli 0 sono opportuni blocchi nulli.30Ad esempio si puo prendere un sistema di generatori ortonormali di W in Rs, completarlo

a base ortonormale per tutto Rs e considerare la matrice del cambiamento di base tra questabase e quella canonica di Rs.

195

Page 196: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

dove ω(r)r (risp. ω

(s)r ) e la misura esterna di Hausdorff r–dimensionale definita

su P(Rr) (risp. su P(Rs)). In particolare, per ogni A ⊆ Rr,

ω(s)r (φ(A)) = ω(r)

r (A) .

A questo punto, essendo la misura Hr su Rr (risp. Rs) ottenuta con il metodo

di Caratheodory da ω(r)r (risp. ω

(s)r ), e immediato vedere che tale uguaglianza

implica che, per ogni A ⊆ Rr,

Hr(φ(A)) = Hr(A) ,

interpretando ciascuna misura nel corretto spazio metrico.Osserviamo anche che, essendo W chiuso, W e Hr–misurabile e quindi la sub-

space measure HrW e semplicemente (ω

(s)r )|ΣW

e la traccia ΣW e semplicementecostituita dagli insiemi Hr–misurabili contenuti in W . Ne segue che, per ogniA ⊆ Rr,

HrW (φ(A)) = Hr(φ(A)) = Hr(A) .

Naturalmente, lo stesso succede per le versioni “normalizzate” delle misure νr eνr,W .

(c) Ora se E ⊆ Rr e Lebesgue misurabile, allora sappiamo che

Lr(SE) = JLr(E) ,

per il Teorema 4.10. Quindi si ha

νr(TE) = νr,W (P τRτSE) = νr,W (φ(SE)) = Lr(SE) = JLr(E) .

Se infine T e iniettiva, anche S = φ−1 T lo e e si deve avere J 6= 0, W = TRr

eνr(F ) = Lr(φ−1(F )) = JLr(S−1φ−1(F )) = JLr(T−1F ) ,

per ogni F Hr–misurabile in Rs tale che F ⊆W = TRr ⋄

Corollario 18.21. Siano r, s interi tali che 1 ≤ r ≤ s, e sia L : Rr → Rs unaapplicazione lineare. Allora per ogni A ⊆ Rr,

ν∗r (LA) =√detT τT θr(A) .

dove abbiamo indicato con T la matrice s × r che rappresenta L nelle basicanoniche di Rs e Rr rispettivamente, con T τ la sua trasposta e con ν∗r lamisura esterna ottenuta dalla misura di Hausdorff “normalizzata” νr.

Dimostrazione. (a) Se E e Lebesgue misurabile con A ⊆ E, allora TA ⊆ TEe

ν∗r (TA) ≤ νr(TE) = JLr(E) .

Passando all’inf sugli insiemi E, ne segue

ν∗r (TA) ≤ Jθr(A) .

(b) Se J = 0, la dimostrazione e conclusa. Altrimenti, T e iniettiva e per ogniF Hr–misurabile in Rs tale che TA ⊆ F si ha

Jθr(A) ≤ JLr(T−1(F ∩ TRr)) = νr(F ∩ TRr) ≤ νr(F ) .

Passando all’inf sugli insiemi F , ne segue

Jθr(A) ≤ ν∗r (TA) ,

e la dimostrazione e completa. ⋄

196

Page 197: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

19 Cambio di variabili in un integrale

L’obiettivo di questa Sezione e indagare se sia possibile ottenere, per l’integralerispetto a misure generiche, una formula simile all’usuale formula di sostituzioneper l’integrale di Riemann

∫f(y)dy =

∫f(φ(x))φ′(x)dx .

Teorema 19.1. Siano (X,Σ, µ) e (Y, T, ν) spazi di misura completi, φ : X → Ye J : X → [0,+∞] funzioni e G = x ∈ X ; J(x) > 0. Supponiamo che siabbia

T = F ⊆ Y ; G ∩ φ−1(F ) ∈ Σ , (27)

e che per ogni F ∈ T esista∫Jχφ−1(F ) dµ e valga

∫Jχφ−1(F ) dµ = ν(F ) . (28)

Allora valgono i seguenti fatti

(i) g : Y → R e T–misurabile se e solo se J(g φ) : X → R e Σ–misurabile;

(ii) g : Y → R e ν–integrabile se e solo se J(g φ) : X → R e µ–integrabile, ein tal caso si ha ∫

J(g φ) dµ =

∫g dν .

Dimostrazione. (a) Scegliendo F = Y , l’ipotesi che esista l’integrale∫J dµ

significa in particolare che J e Σ–misurabile31. Quindi, in particolare, G e X \Gappartengono a Σ.

(b) Supponiamo che g =∑n

j=o ajχFjsia una funzione T –semplice. Allora

Jg φ = J

n∑

j=o

ajχφ−1(Fj) = J

n∑

j=o

ajχG∩φ−1(Fj) ,

e Σ–misurabile perche prodotto di una funzione Σ–misurabile per una funzioneΣ–semplice (infatti Fj ∈ T implica G∩φ−1(Fj) ∈ Σ per (27)). Inoltre, per (28)

∫Jg φdµ =

n∑

j=o

aj

∫Jχφ−1(Fj) dµ =

n∑

j=o

ajν(Fj) =

∫g dν .

(c) Supponiamo che ora g ≥ 0 sia T –misurabile e sia gn una successione cre-scente di funzioni T –semplici che converga puntualmente a g. Allora Jgn φ euna successione crescente di funzioni Σ–misurabili che converge puntualmente

31In generale, in realta, l’esistenza dell’integrale assicura solo che esistono una funzionef : X → [0,+∞] Σ–misurabile ed un insieme µ–negligible Z tale che J|X\Z

= f|X\Z. Tuttavia,

essendo (X,Σ, µ) uno spazio completo, possiamo applicare la Proposizione 8.25 per concludereche anche J e Σ–misurabile.

197

Page 198: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

a Jg φ e, applicando il Teorema della convergenza monotona, si ha che Jg φe T –misurabile e

∫Jg φdµ = lim

n

∫Jgn φdµ = lim

n

∫gn dν =

∫g dν .

(d) Per g qualunque, applichiamo (c) a g+ e g−: essendo (Jg φ)+ = Jg+ φe (Jg φ)− = Jg− φ, avremo semplicemente

∫Jg φdµ =

∫Jg+ φdµ−

∫Jg− φdµ =

∫g+ dν −

∫g− dν =

∫g dν .

Questo completa la dimostrazione che se g e T –misurabile (risp. ν–integrabile)allora Jg φ e Σ–misurabile (risp. µ–integrabile) e si ha

∫Jg φdµ =

∫g dν .

(e) Prima di affrontare il viceversa, dimostriamo un risultato preliminare: g eT –misurabile se e solo se χG g φ e Σ–misurabile. Per ogni a ∈ R poniamo

Fa = g−1([a,+∞[ ) , Ea = G ∩ φ−1(Fa) = x ∈ G ; g(φ(x)) ≥ a .

Se g e T –misurabile, si ha che Fa ∈ T per ogni a ∈ R. Per (27), dunqueEa ∈ Σ per ogni a ∈ R. Ma allora

(χGg φ)−1([a,+∞[ ) =

Ea se a > 0

Ea ∪ (X \G) se a ≤ 0

appartiene a Σ in ogni caso, e dunque χGg φ e Σ–misurabile.Se invece supponiamo χGg φ e Σ–misurabile, allora (χGg φ)−1([a,+∞[ ) ∈

Σ per ogni a ∈ R, e quindi deve essere Ea ∈ Σ per ogni a ∈ R. Ma essendoEa = G ∩ φ−1(Fa), questo implica per (27) che Fa ∈ T per ogni a ∈ R, ossia gT –misurabile.

(f) Prendiamo quindi g : Y → R tale che Jg φ sia Σ–misurabile. Essendo JΣ–misurabile, anche le funzioni

K =χG

J, χG g φ = K J g φ ,

sono Σ–misurabili. Ma allora, per (e), possiamo concludere che g e T –misurabilee, applicando (d), che valgono le uguaglianze tra integrali. ⋄

Il precedente Teorema 19.1 si presta a molti commenti.

Osservazione 19.2. Osserviamo che le ipotesi del Teorema 19.1 non sono deltutto ottimali. Infatti, la condizione che esista

∫Jχφ−1(F ) dµ per ogni F ∈ T ,

implica che per ogni F ∈ T la funzione JχG∩φ−1(F ) sia Σ–misurabile e chequindi G ∩ φ−1(F ) ∈ Σ. In altre parole, l’inclusione

T ⊆ F ⊆ Y ; G ∩ φ−1(F ) ∈ Σ ,

e assicurata dall’esistenza di tutti gli integrali.

198

Page 199: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Si noti, tuttavia, che la restante inclusione

T ⊇ F ⊆ Y ; G ∩ φ−1(F ) ∈ Σ ,

non segue dalle altre ipotesi, e che tale ipotesi viene utilizzata esplicitamente in(e) per dimostrare l’implicazione che ci serve poi in (f).Alternativamente, si puo osservare che l’esistenza di tutti gli integrali

∫Jχφ−1(F ) dµ

potrebbe essere sostituita da (27) in combinazione con l’ipotesi G ∈ Σ (ocon l’ipotesi J Σ–misurabile). In tal caso, infatti, si avrebbe che le funzioniJχφ−1(F ) = JχG∩φ−1(F ) sarebbero tutte Σ–misurabili e non–negative, e quin-di µ–integrabili. Tuttavia, l’uguaglianza in (28) non segue dalle altre ipotesi equindi sarebbe ancora necessaria.In conclusione, nessuna di queste semplici varianti fornisce un guadagno tale,nelle successive applicazioni, da giustificare la riduzione delle ipotesi.

Osservazione 19.3. Si noti che l’ipotesi (27) sulla σ–algebra T e proprio ne-cessaria per ottenere la tesi del Teorema 19.1, e specificamente per avere cheJ(g φ) µ–integrabile implichi che g sia ν–integrabile. Infatti, supponiamo cheil teorema valga senza ipotesi su T , e mostriamo che si possono avere funzionig per cui J(g φ) e µ–integrabile anche se g non e ν–integrabile.Consideriamo, ad esempio, Y = [0, 1] e ν = L1. Siano anche X = D∩ [0, 1], conD l’insieme dato in Teorema 5.5, ossia D sia tale che

θ1(X) = θ1([0, 1] \X) = 1 = L1([0, 1]) ,

e µ = νX la subspace measure suX , ossia la restrizione di ν∗ = θ1 alla σ–algebraΣ degli insiemi E ∩X ; E e ν–misurabile. Infine, sia φ : X → Y la funzioneφ(x) = x. Allora e facile vedere che per ogni insieme L1–misurabile F ⊆ Y siha φ−1(F ) = F ∩X , e dunque ne segue che φ e (Σ,M1)–misurabile e che

ν(F ) = ν∗(F ∩X) = µ(φ−1(F )

)=

∫χXχφ−1(F ) dµ .

Ossia, usando la funzione J = χX , le altre ipotesi del Teorema 19.1 sonosoddisfatte .Tuttavia, considerando la funzione g = χX , abbiamo

J(g φ)(x) = χX(x)χX(φ(x)) = χX(x) ,

ossia abbiamo che J(g φ) e una funzione µ–misurabile anche se g non e ν–integrabile, e quindi

∫φ−1(F ) J dµ e definito anche se

∫g dν non lo e.

Ovviamente il problema e che con queste scelte G = φ−1(X) = X e dunqueX = G ∩ φ−1(X) ∈ Σ, ma X /∈ T .

Uno dei problemi connessi all’applicazione pratica del Teorema 19.1, e tro-vare effettivamente una funzione J che soddisfi le ipotesi. Chiudiamo questaprima parte della Sezione con una condizione sufficiente per avere tale J .

199

Page 200: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Teorema 19.4. Siano (X,Σ, µ) e (Y, T, ν) spazi di misura σ–finiti, con (X,Σ, µ)completo, e φ : X → Y una funzione (Σ, T )–misurabile tale che µ(φ−1(F )) > 0per ogni F ∈ T tale che ν(F ) > 0. Allora esiste una funzione Σ–misurabileJ : X → [0,+∞] tale che

φ−1(F )

J dµ = ν(F ) ,

per ogni F ∈ T .

Dimostrazione. (a) Indichiamo con (Yh) una partizione di Y costituita dainsiemi di misura ν finita. Inoltre sappiamo che la famiglia

Σ′ =φ−1(E) ; E ∈ T

,

e una σ–algebra di sottoinsiemi diX contenuta in Σ (cfr. Esercizio 2). Definiamoquindi una misura µ′ : Σ′ → [0,+∞] ponendo µ′(φ−1(E)) = ν(E). Infatti32, lafunzione µ′:• e ben definita, visto che se E,E′ ∈ Σ sono tali che φ−1(F ) = φ−1(F ′),allora φ−1(F∆F ′) = ∅ e quindi ν(F∆F ′) = µ(φ−1(F∆F ′)) = 0. Ne segueν(F ) = ν(F ′).• soddisfa µ′(∅) = µ′(φ−1(∅)) = ν(∅) = 0;• e σ–additiva, visto che presa (En) e una successione disgiunta in Σ′ e detta(Fn) la successione di insiemi in T tali che En = φ−1(Fn), ponendo F ′

n =Fn \ ⋃m<n Fm otteniamo una successione disgiunta tale che En = φ−1(F ′

n)(perche se ci fosse ξ ∈ En tale che φ(ξ) ∈ Fn ∩ Fm, allora ξ ∈ En ∩ Em, control’ipotesi di successione disgiunta) e quindi

µ′

(⋃

n∈N

En

)= µ′

(φ−1

(⋃

n∈N

F ′n

))= ν

(⋃

n∈N

F ′n

)=

∞∑

n=0

ν(F ′n) =

∞∑

n=0

µ′(En) .

Inoltre, µ′ e σ–finita. Infatti, posti Eh = φ−1(Yh), abbiamo che gli (Eh)ricoprono X e soddisfano µ′(Eh) = ν(Yh) < +∞.Osserviamo, infine, che se E ∈ Σ′ e tale che µ′(E) > 0, allora µ(E) > 0, vistoche E = φ−1(F ) con ν(F ) = µ′(E) > 0. Ma allora, se E ∈ Σ′ e tale cheµ(E) = 0, si deve anche avere µ′(E) = 0, ossia µ′ ≪ µ|Σ′ .

(b) Assumiamo ora che esista h : X → ]0,+∞[ funzione Σ–misurabile tale che∫h dµ < +∞ (lo dimostriamo dopo in (e)). Allora, ricordando l’Esercizio 50,

possiamo usare h per definire una misura µ : Σ → [0,+∞[ ponendo µ(E) =∫E h dµ. Definiamo anche una seconda misura µ′′ : Σ′ → [0,+∞] come µ′′ =µ|Σ′ . In particolare, per ogni E ∈ Σ′

µ′′(E) =

E

h dµ

Tale misura µ′′ e totalmente finita, e quindi in particolare σ–finita.Inoltre, µ′ ≪ µ′′. Infatti, se E ∈ Σ′ e un insieme tale che µ′′(E) =

∫E h dµ = 0,

ricordando che h > 0 si deve avere µ(E) = 0. Ma allora anche µ′(E) = 0.

32Si noti che, non essendo φ suriettiva, non possiamo applicare direttamente l’Esercizio 7per mostrare che µ′ e una misura.

200

Page 201: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(c) Applicando ora il Teorema di Radon–Nikodym per misure σ–finite (ossiail Corollario 11.16) a µ′ e µ′′, si ha che esiste una funzione g : X → [0,+∞]Σ′–misurabile tale che

µ′(E) =

E

g dµ′′ ,

per ogni E ∈ Σ′.

(d) Mostriamo ora che e possibile applicare il Teorema 19.1 agli spazi di misura(X,Σ, µ) e (X,Σ, µ), con φ(x) = x e J = h. Infatti, (X,Σ, µ) e completo peripotesi e (X,Σ, µ) e completo per l’Esercizio 51. La condizione (27) e immediata,visto che G = x ∈ X ; h(x) > 0 = X , ed anche la condizione (28) segue subitodalla definizione di µ.

Quindi, grazie al Teorema 19.1, per ogni f : X → R Σ–misurabile e per ogniE ∈ Σ, si ha fχE Σ–misurabile e dunque

E

f dµ =

∫fχE dµ =

∫hfχE dµ =

E

hf dµ .

In particolare, per ogni f : X → R Σ–misurabile e per ogni E ∈ Σ′, si ha

E

f dµ′′ =

E

f dµ =

E

hf dµ ,

e ne segue, scegliendo f = g (visto che g e Σ′–misurabile e quindi anche Σ–misurabile), ∫

E

gh dµ =

E

g dµ′′ = µ′(E) ,

per ogni E ∈ Σ′. Ricordando la definizione di µ′ e di Σ′, questo significa

∫ghχφ−1(F ) dµ = µ′(φ−1(F )) = ν(F ) ,

per ogni F ∈ T . Quindi, ponendo J = gh otteniamo una funzione Σ–misurabilecon le proprieta richieste e abbiamo quindi concluso la dimostrazione.

(e) Resta da mostrare che l’ipotesi (X,Σ, µ) σ–finito implica l’esistenza di unafunzione Σ–misurabile strettamente positiva e con integrale finito. Sia (Xh) lapartizione di X costituita da insiemi di misura µ finita. Allora la successione(αh) definita da

αh =

2−(h+1)

µ(Xh)se µ(Xh) > 0

1 altrimenti

e una successione di numeri reali strettamente positivi tale che

∞∑

h=0

αhµ(Xh) ≤∞∑

h=0

2−(h+1) = 1 .

Quindi la funzione

h =

∞∑

h=0

min1, αhχXh,

201

Page 202: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e Σ–misurabile, e strettamente positiva e soddisfa∫h dµ ≤

∞∑

h=0

αhµ(Xh) ≤ 1 < +∞ ,

come richiesto. ⋄Nella parte rimanente della Sezione vorremmo ora ottenere delle formule per

il cambiamento di variabili nel caso degli spazi Euclidei muniti delle misure diLebesgue Ld e di Hausdorff Hr. Prima di poter dimostrare questi risultati (con-tenuti nei Teoremi 19.18 e 19.23), abbiamo bisogno di alcuni ulteriori risultatisu funzioni Lipschitziane e differenziabili.Innanzi tutto, una Proposizione per la misura di Lebesgue analoga alla Propo-sizione 18.19 per la misura di Hausdorff.

Proposizione 19.5. Sia φ : D → Rd con D ⊆ Rd una funzione Lipschitzianacon costante γ. Allora per ogni A ⊆ D si ha

θd(φ(A)) ≤ γdθd(A) .

In particolare, se A e un insieme Ld–negligible, φ(D ∩ A) e Ld–negligible.

Dimostrazione. Sia ε > 0 fissato. Per il Corollario 17.5, esiste una successionedi palle chiuse non degeneri (Bn) = (B(xn, rn)) tali che

A ⊆⋃

n∈N

Bn ,

∞∑

n=0

Ld(Bn) ≤ θd(A) + ε ,

n∈N\K

Ld(Bn) ≤ ε ,

dove K e l’insieme degli indici n ∈ N per cui il centro della palla Bn appartienead A. Posto L = n ∈ N \ K ; Bn ∩ D 6= ∅, per ogni n ∈ L scegliamoyn ∈ Bn ∩D. Allora, definendo

B′n =

B(φ(xn), γrn) se n ∈ K

B(φ(yn), 2γrn) se n ∈ L

∅ se n ∈ N \ (K ∪ L)otteniamo una successione di palle tale che φ(Bn∩D) ⊆ B′

n per ogni n, e quinditale che

φ(A ∩D) ⊆⋃

n∈N

B′n .

Ne segue, ricordando la Proposizione 4.5,

θd(φ(A ∩D)) ≤∞∑

n=0

Ld(B′n)

= γd∑

n∈K

Ld(Bn) + 2dγd∑

n∈L

Ld(Bn)

≤ γd(θd(A) + ε) + 2dγdε ,

e, per arbitrarieta di ε > 0, θd(φ(A ∩D)) ≤ γdθd(A). ⋄

202

Page 203: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Corollario 19.6. Siano φ : D → Rd con D ⊆ Rd una funzione Lipschitziana.Allora per ogni E ⊆ D Ld–misurabile, anche φ(E) e Ld–misurabile.

Dimostrazione. Ricordando la Proposizione 4.6(iii), sia (Fn) una successionedi insiemi chiusi e limitati contenuti in E tali che Ld

(E \⋃n∈N Fn

)= 0. Essen-

do φ continua, gli insiemi φ(Fn) sono compatti, dunque chiusi e Ld–misurabili.Inoltre, per la Proposizione 19.5, φ

(E \⋃n∈N Fn

)e Ld–negligible. Quindi

φ(E) =⋃

n∈N

φ(Fn) ∪ φ(E \

n∈N

Fn

),

e anch’esso Ld–misurabile. ⋄Passiamo ora a considerare le applicazioni differenziabili. In particolare, ol-

tre all’usuale definizione di funzione differenziabile, introduciamo un concettoleggermente inusuale di “differenziabilita rispetto ad un dominio”. L’idea, mu-tuata da [6], e di definire un concetto ragionevole di differenziabilita che estendal’usuale nozione anche a funzioni definite su un dominio non aperto. Tale no-zione, che non useremo al di fuori di questa Sezione, permette di enunciarealcuni dei Teoremi sul cambiamento di variabile in un contesto leggermente piugenerale di quello usuale (cfr. Osservazione 19.20).

Definizione 19.7. Siano X,Y spazi normati, D ⊆ X e φ : D → Y unafunzione. Diremo che

(i) φ e differenziabile in x ∈ IntD se esiste un’applicazione lineare e limitataL : X → Y tale che

limy→x

||φ(y) − φ(x) − L(y − x)||Y||y − x||X

= 0 . (29)

(ii) φ e differenziabile rispetto a D in x ∈ D se esiste un’applicazione linearee limitata L : X → Y tale che per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che

||φ(y)− φ(x) − L(y − x)||Y ≤ ε||y − x||X , (30)

per ogni y ∈ B(x, δ) ∩D.

Proposizione 19.8. Siano X,Y spazi normati, D ⊆ X e φ : D → Y unafunzione. Allora valgono i seguenti fatti

(i) se φ e differenziabile in x ∈ IntD, allora l’applicazione L in (29) e unica,viene chiamata differenziale di φ in x e indicata con dφ(x);

(ii) se φ e differenziabile rispetto a D in x ∈ IntD e L e l’applicazione linearee limitata in (30), allora φ e differenziabile in x e L = dφ(x);

(iii) se φ e differenziabile rispetto a D in x ∈ D, allora φ e continua in x.

(iv) se Y = Rd e φ1, . . . , φd : D → R sono le componenti di φ rispetto alla basecanonica di Rd, allora φ e differenziabile rispetto a D in x ∈ D se e solose ciascuna φi e differenziabile rispetto a D in x ∈ D.

203

Page 204: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. (i) Supponiamo che L1, L2 siano due applicazioni lineari taliche (29) e soddisfatta. Per ipotesi, fissato ε > 0 esiste δ > 0 tale che B(x, δ) ⊆IntD e tale che ||h||X ≤ δ implichi

||φ(x + h)− φ(x) − Lih||Y ≤ ε||h||X ,

per i = 1, 2. Allora

||(L1−L2)h||Y ≤ ||φ(x+h)−φ(x)−L1h||Y +||φ(x+h)−φ(x)−L2h||Y ≤ 2ε||h||X ,

da cui segue||L1 − L2|| ≤ 2ε .

Per arbitrarieta di ε, si deve avere dunque ||L1 − L2|| = 0, ossia L1 = L2.

(ii) Essendo x ∈ IntD, esiste δ1 > 0 tale che B(x, δ1) ⊆ IntD. Inoltre, per ogniε > 0 esiste δ2 > 0 tale che (30) valga per ogni y ∈ B(x, δ2)∩D. Scegliendo oraδ = minδ1, δ2, si ha che

||φ(y) − φ(x)− L(y − x)||Y||y − x||X

≤ ε ,

per ogni y ∈ B(x, δ)∩D con y 6= x, e quindi L soddisfa anche (29). Ne segue latesi.

(iii) Applicando la definizione con ε = 1 si ha che esiste δ > 0 tale che

||φ(y)− φ(x) − L(y − x)||Y ≤ ||y − x||X ,

per ogni y ∈ B(x, δ) ∩D. Quindi

||φ(y)− φ(x)||Y ≤ ||L(y − x)||Y + ||y − x||X ≤ (1 + ||T ||) ||y − x||X ,

per ogni y ∈ B(x, δ) ∩D, ossia φ continua in x.

(iv) Supponiamo dapprima che φ sia differenziabile rispetto a D in x ∈ D e sianoLi (i = 1, . . . , d) le componenti di L rispetto alla base canonica e1, . . . , ed diRd. Per ogni ε > 0 sia δ > 0 tale che (30) e verificata. Allora, per ognii = 1, . . . , d si ha

|φi(y)− φi(x) − Li(y − x)| ≤ ||φ(y)− φ(x) − L(y − x)||Y ≤ ε||y − x||X ,

e quindi ciascuna φi e differenziabile rispetto a D in x.

Supponiamo ora che ciascuna φi sia differenziabile rispetto a D in x ∈ D. Alloral’applicazione L : X → Rd definita da

Lx =

d∑

i=1

Lixei ,

e ben definita, lineare e limitata. Per ogni ε > 0 sia δi > 0 tale che (30) everificata per φi. Allora, ponendo δ = minδi ; i = 1, . . . , d, si ha per ogniy ∈ B(x, δ) ∩D

||φ(y) − φ(x) − L(y − x)||2Y =

d∑

i=1

|φi(y)− φi(x) − Li(y − x)|2 ≤ ε2||y − x||2X ,

da cui segue che φ e differenziabile rispetto a D in x. ⋄

204

Page 205: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Osservazione 19.9. In particolare, la Proposizione 19.8(ii), assicura che se φe differenziabile rispetto a D in x ∈ IntD anche l’applicazione lineare e limitataL in (30) e unica.Questo non e in generale vero se x /∈ IntD: se ad esempio x e un punto isolatodi D, ossia se x non e aderente a D \ x, allora qualunque L : X → Y linearee limitata soddisfa (30). Infatti, indipendentemente da ε > 0, esiste δ > 0sufficientemente piccolo da avere B(x, δ) ∩D = x e quindi la condizione (30)deve solo essere verificata nel caso y = x, in cui e sempre vera. Quindi ingenerale, se φ e differenziabile rispetto a D in x, diremo che L e un differenzialedi φ in x.Tuttavia, se x e un punto di accumulazione per D, allora L e in effetti unica.Infatti, se esistessero due differenziali L1 e L2 in x, allora fissato ε > 0 e dettiδ1, δ2 > 0 i corrispondenti valori per cui vale (30), potremmo prendere δ =minδ1, δ2 e (ξn) successione in D \ x tale che ξn → x. Detto N ∈ N ilnumero tale che ξn ∈ B(x, δ) per ogni n ≥ N , avremmo quindi

||L2(ξn − x)− L1(ξn − x)||Y ≤ ||φ(ξn)− φ(x)− L2(ξn − x)||Y+ ||φ(ξn)− φ(x) − L1(ξn − x)||Y

≤ 2ε||ξn − x||X ,

che implica

||L2(ξn − x)− L1(ξn − x)||Y||ξn − x||X

≤ 2ε ∀ n ≥ N ,

ossia

limy→0

||(L2 − L1)y||Y||y||X

= limn

||L2(ξn − x)− L1(ξn − x)||Y||ξn − x||X

= 0 .

Ne segue che, per ogni z ∈ X \ 0,

||(L2 − L1)z||Y||z||X

= limα→0

||(L2 − L1)(αz)||Y||αz||X

= 0 ,

e quindi L2 = L1.

Nel seguito, ci concentreremo principalmente sul caso X = Rd e Y = Rm.E quindi utile ricordare che in tal caso si puo tranquillamente rimpiazzare lefunzioni lineari e limitate L in (29) e (30) con delle matrici di Matm×d(R),visto che in questo caso si ha una naturale bijezione tra i due spazi associandoa ciascuna funzione lineare limitata la matrice che la rappresenta nelle basicanoniche di Rd e Rm. In vista di un futuro utilizzo nei Teoremi di cambiamentodi variabili, richiamiamo le seguenti proprieta.

Proposizione 19.10. Per ogni T matrice reale d×m definiamo

||T || = sup||Tx|| ; x ∈ Rd, ||x|| ≤ 1 .

Allora || · || e una norma e si ha che ||T || e piccola se e solo se tutti i coefficientidella matrice T sono piccoli.

205

Page 206: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. Supponiamo che i coefficienti della matrice T siano τij con1 ≤ i ≤ m e 1 ≤ j ≤ d, e prendiamo x ∈ Rd tale che ||x|| ≤ 1. Allora

||Tx||2 =

m∑

i=1

d∑

j=1

τijxj

2

≤m∑

i=1

d∑

j=1

|τij |

2

≤ md2 maxi,j

|τij |2 ,

e dunque ||T || ≤ d√m |τij |, ossia se i coefficienti sono piccoli, allora anche ||T ||

lo e.Supponiamo invece che sia ||T || ad essere piccola. Prendendo ej , il j–esimovettore della base canonica di Rd, allora

|τij | ≤ ||Tej|| ≤ ||T || ,ossia anche i coefficienti sono piccoli. ⋄

Prima di muoverci verso i Teoremi sul cambiamento di variabile, mostriamoun Lemma che ci servira nel seguito.

Lemma 19.11. Siano D ⊆ Rd e x ∈ Rd tali che

limδ→0

θd (D ∩B(0, δ))

Ld (B(0, δ))= 1 .

Allora si ha

limz→0

d(x+ z,D)

||z|| = 0 ,

dove abbiamo indicato come al solito con d(ξ,D) = inf|ξ − η| ; η ∈ D ladistanza dall’insieme D.

Dimostrazione. Sia ε > 0 fissato. Prendiamo δo > 0 tale che per ogni0 < δ ≤ δo si abbia

θd(D ∩B(x, δ)) >

(1−

1 + ε

)r )Ld(B(x, δ)) .

Prendiamo ora z tale che 0 < ||z|| ≤ δo/(1 + ε) e supponiamo per assurdo ched(x+ z,D) > ε||z||. Allora si ha

B(x+ z, ε||z||) ⊆ B(x, (1 + ε)||z||) \D ,

e quindi

θd(D ∩B(x, (1 + ε)||z||)) ≤ Ld(B(x, (1 + ε)||z||))− Ld(B(x + z, ε||z||))

=

(1−

1 + ε

)r )Ld(B(x, (1 + ε)||z||)) .

Ma questa e una contraddizione, visto che (1+ ε)||z|| ≤ δo. Per l’arbitrarieta diε > 0, la tesi segue. ⋄

Teorema 19.12. Siano D ⊆ Rd e φ : D → Rm una funzione differenziabilerispetto al suo dominio in ciascun punto di D. Per ciascun x ∈ D sia T (x) undifferenziale di φ in x. Se A ⊆ Matm×d(R) e un insieme non vuoto tale cheT (x) ∈ A per ogni x ∈ D e se ζ : A → ]0,+∞[ e una funzione strettamente po-sitiva, allora possiamo trovare successioni (Dn) in P(Rd) e (Tn) in Matm×d(R)tali che valgano i seguenti fatti

206

Page 207: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(i) gli insiemi (Dn) formano una partizione di D e per ogni n ∈ N si haDn = D ∩En con En insieme Ld–misurabile;

(ii) le matrici (Tn) sono contenute in A;

(iii) ||φ(y)−φ(x)−Tn(y−x)|| ≤ ζ(Tn)||y−x|| per ogni n ∈ N e ogni x, y ∈ Dn;

(iv) ||T (x)− Tn|| ≤ ζ(Tn) per ogni x ∈ Dn.

Dimostrazione. (a) Come primo passo, mostriamo che esiste un sottoinsiemenumerabile (Sn) in A tale che gli insiemi B(Sn, ζ(Sn)) ricoprono A, ossia taleche

A ⊆⋃

n∈N

T ∈ Matm×d(R) ; ||T − Sn|| ≤ ζ(Sn) .

Questa proprieta discende dal fatto che Matm×d(R) munito della metrica indottada || · || e separabile, comunque la dimostriamo per completezza.

Indicando con Q l’insieme delle matrici in Matm×d(R) con coefficienti razio-nali, Q e in rapporto biunivoco con Qmd e quindi sia Q che Q×N sono insieminumerabili. Sia dunque (Rn, kn) la successione di tutti gli elementi di Q × N.Costruiamo la successione (Sn) usando la seguente regola: per ogni n ∈ N• se esiste S ∈ A tale che

T ; ||T −Rn|| ≤ 2−kn

⊆ T ; ||T − S|| ≤ ζ(S) ,

scegliamo Sn = S;• altrimenti sia Sn un qualsiasi elemento di A.

Verifichiamo che tale successione ha la proprieta richiesta. Presa una qua-lunque matrice S ∈ A, essendo ζ(S) > 0 esiste k ∈ N tale che 2−k < ζ(S). Perla densita di Q in R, esistera una matrice R ∈ Q tale che

||R − S|| < minζ(S)− 2−k, 2−k .Sia ora n ∈ N tale che (R, k) = (Rn, kn) ∈ Q × N. Allora, per ogni T tale che||T −Rn|| ≤ 2−kn , si ha

||T − S|| ≤ ||T −Rn||+ ||Rn − S|| < ζ(S) ,

e quindi T ; ||T −Rn|| ≤ 2−kn

⊆ T ; ||T − S|| ≤ ζ(S) .

Quindi, Sn era stato scelto in accordo con la prima parte della regola33 e si avra,essendo ||Rn − S|| < 2−k,

S ∈T ; ||T −Rn|| ≤ 2−kn

⊆ T ; ||T − Sn|| ≤ ζ(Sn) .

Quindi A e contenuto nell’unione dei B(Sn, ζ(Sn)), come richiesto.

(b) A questo punto, enumeriamo gli elementi di Qr ×Qr ×N come (qn, q′n, kn)

e, per ogni ∈ N poniamo

Hn =x ∈ [qn, q

′n] ∩D ; ||φ(y) − φ(x) − Skn

(y − x)|| ≤ ζ(Skn)||y − x||

per ogni y ∈ [qn, q′n] ∩D

= [qn, q′n] ∩D ∩

y∈[qn,q′n]∩D

x ∈ D ; ||φ(y) − φ(x) − Skn

(y − x)||

≤ ζ(Skn)||y − x||

.

33Si noti che non si avra necessariamente Sn = S, visto che per ogni indice in cui si usa laprima parte della regola ci potrebbero essere varie matrici S con la proprieta richiesta.

207

Page 208: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Osserviamo che, fissato y ∈ [qn, q′n]∩D, se (xm) e una successione in D tale che

per ogni m ∈ N

||φ(y)− φ(xm)− Skn(y − xm)|| ≤ ζ(Skn

)||y − xm|| ,

ed esiste x ∈ D tale che xm → x quando m→ +∞, allora per continuita di φ siha anche

||φ(y)− φ(x)− Skn(y − x)|| ≤ ζ(Skn

)||y − x|| .In particolare, questo implica che Hn = Hn∩D e quindi che Hn e relativamentemisurabile in D. Osserviamo anche che, presi x, y ∈ Hn, y ∈ [qn, q

′n] ∩ D e

quindi si ha||φ(y)− φ(x) − Skn

(y − x)|| ≤ ζ(Skn)||y − x|| .

(c) PonendoH ′

n =x ∈ Hn ; ||T (x)− Skn

|| ≤ ζ(Skn),

mostriamo che D =⋃

n∈NH′n.

Infatti, sia x ∈ D. Per ipotesi, T (x) ∈ A e quindi per (a) esiste k ∈ N taleche ||T (x)− Sk|| < ζ(Sk). Essendo φ differenziabile rispetto a D in x, sia δ > 0tale che per ogni y ∈ B(x, δ) ∩D si abbia

||φ(y)− φ(x) − T (x)(y − x)|| ≤(ζ(Sk)− ||T (x)− Sk||

)||y − x|| .

Allora, per ogni y ∈ B(x, δ) ∩D, si ha anche

||φ(y)− φ(x) − Sk(y − x)|| ≤(ζ(Sk)− ||T (x)− Sk||

)||y − x||

+ ||T (x)− Sk|| ||y − x||= ζ(Sk)||y − x|| .

A questo punto, presi q, q′ ∈ Qr tali che x ∈ [q, q′] ⊆ B(x, δ) e detto n ∈ N taleche (q, q′, k) = (qn, q

′n, kn), si ha x ∈ H ′

n. E dunque D ⊆ ⋃n∈NH′n.

(d) Vorremmo ora concludere che Hn \H ′n e Ld–negligible, in modo da avere

D ∩H ′n relativamente misurabile in D. Procediamo indirettamente: posto

Cn =

x ∈ Hn ; lim

δ→0+

θd(Hn ∩B(x, δ))

Ld(B(x, δ))= 1

,

proviamo che Cn ⊆ H ′n.

Infatti, preso x ∈ Cn ⊆ D e fissato ε > 0, esiste δo > 0 tale che per ogniy ∈ B(x, δo) ∩D si ha

||φ(y)− φ(x) − T (x)(y − x)|| ≤ ε||y − x|| .

Avendo osservato che, preso y ∈ Hn, si ha anche

||φ(y)− φ(x) − Skn(y − x)|| ≤ ζ(Skn

)||y − x|| ,

ne segue che, per ogni y ∈ B(x, δo) ∩Hn, si ha

||(T (x)− Skn)(y − x)|| ≤ (ε+ ζ(Skn

))||y − x|| .

Il nostro scopo e dimostrare che ||T (x) − Skn|| ≤ ζ(Skn

), ossia che x ∈ H ′n,

ma la stima che abbiamo ottenuto vale solo nelle vicinanze di x fissato, e quindi

208

Page 209: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

non ci permette di passare direttamente alla stima sulla norma ||T (x) − Skn||.

E necessario un po’ piu di lavoro. Indichiamo nel seguito T ′ = T (x)− Skn.

Per il Lemma 19.11, sappiamo che esiste δ1 > 0 e tale che per ogni z con0 < ||z|| ≤ δ1 si abbia d(x + z,Hn) ≤ ε||z||. Ovviamente non e restrittivosupporre che δ1 verifichi anche (1 + 2ε)δ1 ≤ δo. Quindi, se ||z|| ≤ δ1, alloraesiste y ∈ Hn tale che

||x+ z − y|| ≤ 2ε||z|| ,scegliendo y = x nel caso in cui z = 0. Ma allora ||x− y|| ≤ (1 + 2ε)||z|| ≤ δo, equindi per ogni z tale che ||z|| ≤ δ1 si ha

||T ′z|| ≤ ||T ′(y − x)||+ ||T ′(x + z − y)||≤ (ε+ ζ(Skn

))||y − x||+ ||T ′|| ||x+ z − y||≤ (ε+ ζ(Skn

))||z||+ (ε+ ζ(Skn) + ||T ′||)||x + z − y||

≤(ε+ ζ(Skn

) + 2ε2 + 2εζ(Skn) + 2ε||T ′||

)||z|| .

Preso z ∈ Rd \ 0 qualsiasi, si avra dunque z′ = zδ1/||z|| tale che ||z′|| ≤ δ1, e

||T ′z|| = ||z||δ1

||T ′z′|| ≤ ||z||δ1

(ε+ ζ(Skn

) + 2ε2 + 2εζ(Skn) + 2ε||T ′||

)||z′||

≤(ε+ ζ(Skn

) + 2ε2 + 2εζ(Skn) + 2ε||T ′||

)||z|| ,

e la disuguaglianza e banalmente verificata anche per z = 0. Passando al supsu z ∈ B(0, 1) si ha

||T ′|| ≤ ε+ ζ(Skn) + 2ε2 + 2εζ(Skn

) + 2ε||T ′|| ,da cui per arbitrarieta di ε

||T (x)− Skn|| = ||T ′|| ≤ ζ(Skn

) .

E questo dimostra che x ∈ H ′n, e dunque che Cn ⊆ H ′

n.

(e) Ma per il Corollario 17.7, sappiamo che Hn \ Cn e Ld–negligible. Quindianche Hn \ H ′

n e Ld–negligible e Hn \ (Hn \ H ′n) risulta Ld–misurabile. In

conclusioneH ′

n = D ∩(Hn \ (Hn \H ′

n)),

e relativamente misurabile in D. Ma allora ponendo

Dn = H ′n \

i<n

H ′i , Tn = Skn

,

otteniamo successioni che sicuramente soddisfano (i) e (ii). Inoltre, se x ∈ Dn,x ∈ H ′

n implica (iv); e se x, y ∈ Dn ⊆ H ′n ⊆ Hn anche (iii) segue dall’osser-

vazione finale in (b). Quindi tali successioni (Dn) e (Tn) soddisfano tutte leproprieta richieste e la dimostrazione e completa. ⋄

Corollario 19.13. Siano D ⊆ Rd e φ : D → Rm una funzione differenziabilerispetto al suo dominio in ciascun punto di D. Allora esiste una successionedisgiunta (Dn) di insiemi di Rd, relativamente misurabili in D, tali che

D =⋃

n∈N

Dn ,

e φ|Dnsia Lipschitziana per ogni n ∈ N.

209

Page 210: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. Applichiamo il Teorema 19.12 con A = Mats×r(R) e ζ(T ) ≡1. Otteniamo una successione di insiemi relativamente misurabili (Dn) cheformano una partizione di D e una successione di matrici (Tn) con le proprieta

||φ(y)− φ(x) − Tn(y − x)|| ≤ ||y − x|| , ||T (x)− Tn|| ≤ 1 ,

per ogni n ∈ N e ogni x, y ∈ Dn. Allora, per ogni n ∈ N e x, y ∈ Dn, si ha

||φ(y) − φ(x)|| ≤ ||φ(y)− φ(x) − Tn(y − x)|| + ||Tn(y − x)||≤ (1 + ||Tn||) ||y − x|| ,

ossia ciascuna funzione φ|Dne Lipschitziana. ⋄

Corollario 19.14. Siano D ⊆ Rd e φ : D → Rd una funzione differenziabile ri-spetto al suo dominio in ciascun punto di D. Supponiamo che D sia un insiememisurabile. Allora valgono i seguenti fatti

(i) se A ⊆ D e Ld–negligible, anche φ(A) e Ld–negligible;

(ii) se E ⊆ D e Ld–misurabile, anche φ(E) e Ld–misurabile.

Dimostrazione. Applicando il Corollario 19.13 a φ, sia (Dn) una successione disottoinsiemi relativamente misurabili in D tali che i Dn formino una partizionedi D e che ciascuna funzione φ|Dn

sia Lipschitziana. Per l’ipotesi che D siamisurabile, segue che anche i Dn sono insiemi misurabili e si ha

φ(A ∩D) =⋃

n∈N

φ|Dn(A ∩Dn) .

Quindi, se A e Ld–negligible, anche φ(A ∩D) lo e per la Proposizione 19.5. Ese E e Ld–misurabile, anche φ(E) lo e per il Corollario 19.6. ⋄

Corollario 19.15. Siano D ⊆ Rd e φ : D → Rm una funzione differenziabilerispetto al suo dominio in ciascun punto di D. Assegnato ad ogni x ∈ D undifferenziale T (x) ∈ Matm×d(R) di φ in x, si ha che la mappa x 7→ T (x) e Ld–misurabile, nel senso che x 7→ τij(x) e una funzione Ld

D–misurabile per ciascunelemento τij(x) della matrice T (x).

Dimostrazione. Fissato k ∈ N, applichiamo il Teorema 19.12 con A =Mats×r(R) e ζ(T ) ≡ 2−k. Otteniamo una successione di insiemi relativamentemisurabili (Dn,k) che formano una partizione di D e una successione di matrici(Tn,k) con le proprieta

||φ(y) − φ(x) − Tn,k(y − x)|| ≤ ||y − x|| , ||T (x)− Tn,k|| ≤ 2−k ,

per ogni n ∈ N e ogni x, y ∈ Dn,k. Per ogni n ∈ N, indichiamo con τnkij l’elemento(i, j) della matrice Tn,k. Allora, risultano ben definite le funzioni fijk : D → Rdefinite ponendo

fijk(x) = τnkij per x ∈ Dn,k .

Essendo gli insiemi Dn,k una partizione di D in insiemi relativamente misurabiliin D (ossia in insiemi appartenenti a ΣD, traccia di Md su D), ciascuna funzione

210

Page 211: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

fijk =∑

n∈N τnkij χDn,k

e LdD–misurabile. Infatti, ciascuna fijk e limite delle

funzioni∑m

n=0 τnkij χDn,k

che sono LdD–misurabili in quanto differenza di due

funzioni ΣD–semplici

n≤m ; τnkij >0

τnkij χDn,k,

n≤m ; τnkij <0

(−τnkij )χDn,k.

Inoltre, per ogni x ∈ Dn,k si ha

|τij(x) − fijk(x)| = |τij(x) − τnkij | ≤ ||T (x)− Tn,k|| ≤ 2−k ,

e quindi |τij(x)−fijk(x)| ≤ 2−k per ogni x ∈ D. Ne segue che anche la funzione

τij = limkfijk

e LdD–misurabile e la dimostrazione e completa. ⋄Passiamo finalmente ai Teoremi di cambiamento di variabili per la misura

Ld. Cominciamo con il risultato per i cambiamenti lineari.

Proposizione 19.16. Sia T ∈ Matd×d(R) una funzione lineare di Rd in Rd.Allora, posto J = | detT |, valgono i seguenti fatti

(i) per ogni E ⊆ Rd Ld–misurabile, TE e Ld–misurabile e

Ld(TE) = JLd(E) ;

(ii) se T e invertibile, ossia se J 6= 0, allora per ogni F ⊆ Rd Ld–misurabile,

Ld(F ) = JLd(T−1(F )) ;

(iii) se T e invertibile, g : Rd → R e Ld–integrabile se e solo se g T e Ld–integrabile e per ogni F ⊆ Rd Ld–misurabile si ha

F

g dLd = J

T−1(F )

g T dLd .

Dimostrazione. Per (i) e sufficiente ricordare il Teorema 4.10.Consideriamo quindi T invertibile. Essendo T−1 anch’essa lineare da Rd in Rd, ilTeorema 4.10 ci assicura che per ogni F ⊆ Rd misurabile si ha T−1F misurabilee

Ld(F ) = Ld(TT−1F ) = JLd(T−1F ) =

∫JχT−1F dLd .

Questo completa la dimostrazione di (ii) e, allo stesso tempo, ci dice che possia-mo applicare il Teorema 19.1 con φ = T , J(x) ≡ J e µ = ν = Ld e Σ = T = Md,visto che G = x ∈ Rd ; J(x) > 0 = Rd e dunque (27) si riduce a provare

Md = F ⊆ Rd ; T−1F ∈ Md ,

e questo segue dall’applicazione di (i) alle funzioni lineari T e T−1.

211

Page 212: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Quindi, g : Rd → R e Ld–integrabile se e solo se g T e Ld–integrabile. Inoltre,per ogni F ⊆ Rd Ld–misurabile, se g e Ld–integrabile, anche la funzione gχF eLd–integrabile e si ha

F

g dLd =

∫gχF dLd = J

∫(gχF ) T dLd

= J

∫(g T )χT−1(F ) dLd = J

T−1(F )

g T dLd .

Similmente, se g T e Ld–integrabile e F ⊆ Rd Ld–misurabile, allora ancheT−1F e Ld–misurabile e la funzione (g T )χT−1(F ) e Ld–integrabile. Quindi

J

T−1(F )

g T dLd = J

∫(g T )χT−1(F ) dLd

= J

∫(gχF ) T dLd =

∫gχF dLd =

F

g dLd ,

e questo conclude la dimostrazione di (iii). ⋄Il prossimo Lemma e il passo fondamentale che ci permette di passare ai

cambiamenti di variabili nonlineari.

Lemma 19.17. Siano T ∈ Matd×d(R) e J = | detT |. Allora per ogni ε > 0esiste ζ = ζ(T, ε) > 0 tale che valgano i seguenti fatti

(i) per ogni S ∈ Matd×d(R)

||S − T || < ζ =⇒ | detS − J | < ε ;

(ii) se D ⊆ Rd e limitato e se φ : D → Rd e tale che ||φ(y)−φ(x)−T (y−x)|| ≤ζ||y − x|| per ogni x, y ∈ D, allora

|θd (φ(D)) − Jθd(D)| < εθd(D) .

Dimostrazione. (a) La parte (i) e semplice:• il determinante di una matrice e una funzione continua dei coefficienti, quindiper ogni ε > 0 esiste un δ > 0 tale che se tutti i coefficienti della matrice Sdistano al piu δ da quelli della matrice T , allora la differenza tra i determinantie piu piccola di ε;• d’altra parte la Proposizione 19.10 ci assicura che rimpicciolendo la normadi S − T possiamo rendere i coefficienti della matrice piccoli a piacere, quindiin particolare possiamo scegliere ζ1 tale che ||S − T || ≤ ζ1 implichi che tutti icoefficienti di S − T siano piu piccoli di δ.

(b) Passiamo quindi a (ii). Sia B = B(0, 1) la chiusura della palla unitaria inRd. Sappiamo per il Teorema 4.10 che Ld(TB) = JLd(B). Siccome Ld(TB) el’inf della misura degli aperti che lo contengono (per la Proposizione 4.6), esisteG ⊆ Rd aperto tale che TB ⊆ G e

Ld(G) ≤ (J + ε)Ld(B) .

Ma ora TB e compatto percheB lo e, e dunque esiste ζ2 > 0 tale che TB+ζ2B ⊆G. Quindi avremo

θd(TB + ζ2B) ≤ (J + ε)Ld(B) .

212

Page 213: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(c) Supponiamo ora che D ⊆ Rd sia un insieme limitato e che φ : D → Rd siauna funzione tale che

||φ(y) − φ(x) − T (y − x)|| ≤ ζ2||y − x|| ,

per ogni x, y ∈ D. Allora fissati x ∈ D e δ > 0 avremo

φ(D ∩B(x, δ)) ⊆ φ(x) + δTB + δζ1B .

Infatti, se y ∈ D ∩B(x, δ), allora T (y − x) ∈ δTB e

φ(y) = φ(x) + T (y − x) + φ(y)− φ(x) − T (y − x)

∈ φ(x) + δTB + ζ1||y − x||B ⊆ φ(x) + δTB + δζ1B .

Ne segue per (b)

θd(φ(D ∩B(x, δ))

)≤ θd

(δTB + δζ1B

)= δrθd

(TB + ζ1B

)

≤ δr(J + ε)Ld(B) = (J + ε)Ld(B(x, δ)) .

(d) Sia ora η > 0 fissato. Per il Corollario 17.5, sappiamo che esiste unasuccessione (Bn) di palle in Rd tale che

D ⊆⋃

n∈N

Bn ,

∞∑

n=0

Ld(Bn) ≤ θd(D) + η ,∑

n∈N\K

Ld(Bn) ≤ η ,

dove abbiamo indicato con K l’insieme degli indici n ∈ N tali che il centro diBn appartiene a D. Allora per ogni n ∈ K, da (c) segue che θd

(φ(D ∩Bn)

)≤

(J + ε)Ld(Bn).Inoltre φ e una funzione di Lipschitz con costante ||T ||+ ζ2, quindi dalla Pro-posizione 19.5 segue che θd

(φ(D ∩Bn)

)≤ (||T ||+ ζ2)

dLd(Bn). Quindi

θd(φ(D)) ≤∞∑

n=0

θd(φ(D ∩Bn)

)

≤∑

n∈K

(J + ε)Ld(Bn) +∑

n∈N\K

(||T ||+ ζ2)dLd(Bn)

≤ (J + ε)(θd(D) + η) + η(||T ||+ ζ2)d .

Per arbitrarieta di η, ne segue che

θd(φ(D)) ≤ (J + ε)θd(D) .

(e) Se J = 0, possiamo ora completare la dimostrazione scegliendo semplice-mente ζ = minζ1, ζ2, visto che

|θd (φ(D)) − Jθd(D)| = θd (φ(D)) ≤ εθd(D) .

(f) Nel caso J 6= 0 dobbiamo invece ripetere parte del lavoro con T−1. Proce-dendo come in (b) con ε′ = ε/J(J+ε) e ricordando che detT−1 = J−1, esisteraζ > 0 tale che

θd(T−1B + ζB) ≤ (J−1 + ε′)Ld(B) .

213

Page 214: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Procedendo ora come in (c)–(d), per ogni C ⊆ Rd limitato e ogni ψ : C → Rd

tale che ||ψ(η)− ψ(ξ)− T−1(η − ξ)|| ≤ ζ||η − ξ|| per ogni ξ, η ∈ C si avra

θd(ψ(C)) ≤ (J−1 + ε′)θd(C) .

(g) Poniamo ora

ζ3 =minζ, ||T−1||

2||T−1||2 > 0

e consideriamo D ⊆ Rd un insieme limitato e φ : D → Rd una funzione tale che||φ(y)− φ(x) − T (y − x)|| ≤ ζ3||y − x|| per ogni x, y ∈ D. Si ha

||T−1φ(y)− T−1φ(x) − (y − x)|| ≤ ||T−1|| ||φ(y) − φ(x) − T (y − x)||

≤ ζ3||T−1|| ||y − x|| ≤ 1

2||y − x|| ,

per ogni x, y ∈ D, da cui segue che φ deve essere iniettiva. Vogliamo oraapplicare (f), quindi poniamo C = φ(X) e ψ = φ−1 : C → D. Essendo

||φ(x) − φ(y)|| ≤ (||T ||+ ζ3) ||x− y|| ,

da D limitato segue che anche C e limitato. Inoltre,

||ψ(η)− ψ(ξ)|| − ||T−1|| ||η − ξ|| ≤ ||T−1η − T−1ξ − (ψ(η)− ψ(ξ))||≤ ζ3||T−1|| ||ψ(η)− ψ(ξ)||

≤ 1

2||ψ(η)− ψ(ξ)|| ,

da cui segue||ψ(η) − ψ(ξ)|| ≤ 2||T−1|| ||η − ξ|| ,

per ogni ξ, η ∈ C. Quindi

||T−1η − T−1ξ − (ψ(η)− ψ(ξ))|| ≤ ζ3||T−1|| ||ψ(η) − ψ(ξ)||≤ 2ζ3||T−1||2 ||η − ξ|| ≤ ζ||η − ξ|| ,

e possiamo davvero applicare (f). Otteniamo in questo modo che

θd(D) = θd(ψ(C)) ≤ (J−1 + ε′)θd(C) = (J−1 + ε′)θd(φ(D)) ,

e quindi moltiplicando per J ,

Jθd(D) ≤ (1 + Jε′)θd(φ(D)) .

(h) Poniamo finalmente ζ = minζ1, ζ2, ζ3. Per ogni D ⊆ Rd limitato e perogni φ : D → Rd funzione tale che

||φ(y)− φ(x) − T (y − x)|| ≤ ζ||y − x|| ,

a φ si applicano sia (d) che (g) e dunque si avra

θd (φ(D)) ≤ (J + ε)θd(D) ,

214

Page 215: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e

θd (φ(D)) ≥ Jθd(D)−Jε′θd(φ(D)) ≥ Jθd(D)−Jε′(J+ε)θd(D) = (J−ε)θd(D) ,

che implicano|θd (φ(D)) − Jθd(D)| ≤ εθd(D) .

e la dimostrazione e completa. ⋄

Teorema 19.18. Siano D ⊆ Rd e φ : D → Rd una funzione differenziabilerispetto al suo dominio in ciascun punto di D. Per ogni x ∈ D sia T (x) undifferenziale di φ in x e sia J(x) = | detT (x)|. Allora valgono i seguenti fatti

(i) J : D → [0,+∞[ e LdD–misurabile;

(ii) θd(φ(D)) ≤∫D J dLd;

(iii) se D e misurabile, anche φ(D) e misurabile;

(iv) se D e misurabile e φ e iniettiva, allora Ld(φ(D)) =∫DJ dLd;

(v) se D e misurabile e φ e iniettiva, allora per ogni g : Rd → R

φ(D)

g dLd =

D

J(g φ) dLd ,

ogniqualvolta uno dei due integrali e definito.

Dimostrazione. (a) Osserviamo subito che J : x 7→ | detT (x)| e la composizio-ne della funzione A 7→ detA, che e continua rispetto ai coefficienti della matriceA, con le funzioni x 7→ τij(x), che sono Ld

D–misurabili per il Corollario 19.15.Quindi, J e misurabile per il Teorema 7.13. Inoltre, per il Corollario 19.14, seD e misurabile anche φ(D) e misurabile. Quindi, (i) e (iii) sono dimostrate.

(b) Assumiamo ora che D sia limitato e fissiamo ε > 0. Per ogni matriceT ∈ Matr×r(R), definiamo una funzione ζ ponendo

ζ(T ) = ζ(T, ε) ,

dove ζ(T, ε) > 0 e il valore trovato nel Lemma 19.17. Applicando ora il Teo-rema 19.12 a tale funzione ζ e A = Matr×r(R), troviamo successioni (Dn) e(Tn) tali che i Dn formano un ricoprimento disgiunto di D formato da insiemirelativamente misurabili in D e le matrici Tn soddisfano

||φ(y) − φ(x) − Tn(y − x)|| ≤ ζ(Tn, ε)||y − x|| , ||T (x)− Tn|| ≤ ζ(Tn, ε) ,

per ogni x, y ∈ Dn. Ma ricordando la scelta di ζ, dal Lemma 19.17 segue ancheche, ponendo Jn = | detTn|, per ogni x ∈ Dn

|J(x)− Jn| ≤ ε , |θd (φ(Dn))− Jnθd(Dn)| ≤ εθd(Dn) .

Osserviamo ora che i (Dn) sono una successione disgiunta di insiemi in ΣD,il dominio della subspace measure Ld

D. Quindi∑∞

n=0 θd(Dn) = θd(D) e, se

215

Page 216: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

f e LdD–integrabile,

∫Df dLd =

∑∞n=0

∫DfχDn

dLd, dove gli integrali sono daintendere nel senso della Definizione 8.39. Ne segue che

D

J dLd =

∞∑

n=0

D

JχDndLd ≤

∞∑

n=0

Jnθd(Dn) + εθd(D)

≤∞∑

n=0

D

JχDndLd + 2εθd(D) =

D

J dLd + 2εθd(D) .

Inoltre,

θd(φ(D)) ≤∞∑

n=0

θd(φ(Dn)) ≤∞∑

n=0

Jnθd(Dn) + εθd(D) ,

e quindi unendo le due

θd(φ(D)) ≤∫

D

J dLd + 2εθd(D) .

Se poi D e misurabile e φ iniettiva, allora sia gli insiemi Dn che gli insiemiφ(Dn) sono misurabili e i φ(Dn) sono disgiunti. Ne segue che

D

J dLd ≤∞∑

n=0

JnLd(Dn) + εLd(D)

≤∞∑

n=0

(Ld(φ(Dn)) + εLd(Dn)

)+ εLd(D)

= Ld(φ(D)) + 2εLd(D) .

Per arbitrarieta di ε, possiamo quindi concludere che

θd(φ(D)) ≤∫

D

J dLd ,

e che, se D e misurabile e φ iniettiva, allora∫

D

J dLd ≤ Ld(φ(D)) .

Quindi, anche (ii) e (iv) sono vere nel caso di un dominio D limitato.

(c) Nel caso di un dominio qualunque D, ponendo Bk = B(0, k) avremo che

θd(φ(D)) = limkθd(φ(D ∩Bk)) ≤ lim

k

D∩Bk

J dLd =

D

J dLd ,

e che, se D e misurabile e φ iniettiva, allora vale l’uguaglianza. Quindi, anche(ii) e (iv) sono dimostrate.

(d) Vogliamo ora applicare il Teorema 19.1 agli spazi X = D e Y = φ(D)muniti delle subspace measure Ld

D e Ldφ(D). Dobbiamo dunque verificare che le

ipotesi siano soddisfatte. Notiamo innanzi tutto che J misurabile implica cheG = x ∈ D ; J(x) > 0 e un insieme misurabile e ricordiamo che, essendo De φ(D) insiemi misurabili, i domini delle subspace measure sono la traccia dellaσ–algebra Md sui rispettivi sottoinsiemi, ossia

ΣD = E ∈ Md ; E ⊆ D , Σφ(D) = E ∈ Md ; E ⊆ φ(D) .

216

Page 217: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Per applicare il Teorema dobbiamo mostrare che

Σφ(D) = F ⊆ φ(D) ; G ∩ φ−1(F ) ∈ ΣD .= Σ′ .

e che per ogni F ∈ Σφ(D) si ha

∫Jχφ−1(F ) dLd = Ld(F ).

Cominciamo prendendo F ∈ Σφ(D). Essendo F un insieme misurabile, esistono

F1, F2 boreliani tali che F1 ⊆ F ⊆ F2 e Ld(F2 \ F1) = 0. Posto Ei = φ−1(Fi) ⊆D, E1, E2 sono misurabili perche φ e continua e applicando (iv) a φ|Ei

si ottieneper i = 1, 2

Ei

J dLd = Ld(φ(Ei)) = Ld(Fj ∩ φ(D)) = Ld(F ) .

Dunque, deve essere∫E2\E1

J dLd = 0, e quindi J = 0 Ld–q.o. in E2 \E1, ossia

Ld((E2 \ E1) ∩G) = 0 .

Ne segue che (φ−1(F ) ∩ G)∆(E1 ∩ G) e Ld–negligible e quindi, essendo Ld

completa, che φ−1(F ) ∩G e misurabile visto che si puo scrivere come

φ−1(F ) ∩G = (E1 ∩G)∆((φ−1(F ) ∩G)∆(E1 ∩G)

).

Questo prova che Σφ(D) ⊆ Σ′. Inoltre

JχE1 ≤ Jχφ−1(F ) = J(χφ−1(F )\E1

+ χE1

)≤ JχE2\E1

+ JχE1 =q.o. JχE1 ,

o equivalentemente Jχφ−1(F ) =q.o. JχE1 e una funzione misurabile, e quindi

φ−1(F )

J dLd =

∫Jχφ−1(F ) dLd =

E1

J dLd = Ld(F ).

Resta da provare che Σ′ ⊆ Σφ(D). Sia dunque F ⊆ φ(D) tale che G ∩ φ−1(F )

sia misurabile. Allora, per (iv) si ha Ld(φ(D \G)) =∫D\G

J dLd = 0 e quindi

F \φ(G) ⊆ φ(D\G) e Ld–negligible; mentre per (iii) F ∩φ(G) = φ(G∩φ−1(F ))e misurabile. Si conclude che F = (F \ φ(G)) ∪ (F ∩ φ(G)) e misurabile, ossiaF ∈ Σφ(D).A questo punto, applicando il Teorema 19.1, si conclude che anche (v) e verificatae la dimostrazione e conclusa. ⋄

Esempio 19.19. Definiamo φ : R2 → R2 ponendo per ogni (ρ, θ) ∈ R2

φ(ρ, θ) = (ρ cos θ, ρ sin θ) .

Allora

Dφ(ρ, θ) =

(cos θ −ρ sin θsin θ ρ cos θ

)J(ρ, θ) = |ρ| .

Ovviamente φ non e iniettiva, ma se restringiamo la nostra attenzione al dominio(non aperto)

D = (0, 0) ∪ (ρ, θ) ∈ R2 ; ρ > 0, −π < θ ≤ π ,

217

Page 218: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

allora φ|D e una bijezione tra D e R2 e per ogni funzione g : R2 → R L2–integrabile si ha

∫g(x, y) dL2(x, y) =

D

g(φ(ρ, θ))ρ dL2(ρ, θ) .

Consideriamo, in particolare, la funzione

g(x, y) = e−x2+y2

2 = e−||(x,y)||2

2 .

Allora,

∫e−

x2+y2

2 dL2(x, y) =

D

e−ρ2

2 ρ dL2(ρ, θ) =

∫ ∞

0

∫ π

−π

e−ρ2

2 ρ dθ dρ

= 2π

∫ ∞

0

e−ρ2

2 ρ dρ = 2π lima→∞

∫ a

0

e−ρ2

2 ρ dρ

= 2π lima→∞

(−e− a2

2 + 1) = 2π .

Inoltre, ricordando la Proposizione 16.15, si ha anche

∫e−

x2+y2

2 dL2(x, y) =

∫e−

x2

2 dL1(x)

∫e−

y2

2 dL1(y) =

(∫e−

t2

2 dL1(t)

)2

da cui ricaviamo ∫e−

t2

2 dL1(t) =√2π .

Concludiamo osservando che, per induzione su n, si puo dimostrare che∫e−

||x||2

2 dLn(x) = (2π)n/2 .

Osservazione 19.20. L’usuale formulazione del Teorema per il cambiamentodi variabili richiede che φ sia un diffeomorfismo definito su un aperto. Tuttavia,come l’Esempio 19.19 mostra, spesso e conveniente usare cambi di variabili chenon sono definiti su aperti e quindi puo risultare utile formulare il Teorema inmodo un po’ piu generale, come abbiamo fatto qui.Nel caso delle coordinate polari, un approccio alternativo sarebbe potuto esseresuddividere

D = (0, 0) ∪(]0,+∞[× ]− π, π]

)

in E ∪N , con

E = ]0,+∞[× ]− π, π[ , N = (0, 0) ∪(]0,+∞[×π

),

e applicare a φ|E il teorema enunciato per i diffeomorfismi, sfruttando poi il

fatto che Ld(N) = 0 implica Ld(φ(N)) = 0 e dunque

φ(D)

g dLd =

φ(E)

g dLd .

Nonostante un simile approccio alternativo possa in effetti essere adottato innumerose situazioni, trovo comunque piu chiaro avere enunciato il Teorema nel

218

Page 219: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

caso di domini D non aperti, al prezzo di dover introdurre in questa Sezione ilconcetto di differenziabilita rispetto al dominio, visto che l’idea fondamentaledella dimostrazione non e avere un dominio D aperto, ma e piuttosto la possi-bilita di dividere D in pezzi abbastanza piccoli Dm in cui approssimare φ confunzioni affini.

Osservazione 19.21. Nel Teorema 19.18, l’ipotesi che φ sia iniettiva non puoessere rimossa. Tuttavia, nel caso particolare di d = 1, un risultato analogosi puo dimostrare anche nel caso di cambi di coordinate φ : R → R che nonsiano iniettivi, imponendo differenti condizioni sulla funzione φ. Purtroppo taliipotesi richiedono alcuni ulteriori concetti di analisi reale che non abbiamo an-cora introdotto e quindi rimandiamo il risultato generale al Teorema 22.11 nellaSezione 22, quando avremo a disposizione la classe delle funzioni assolutamentecontinue.

Passiamo infine ai Teoremi di cambiamento di variabili per la misura Hr,o meglio per la sua versione normalizzata34 νr = 2−rβrHr. Indicheremo nelseguito con ν∗r = 2−rβrωr la misura esterna associata a νr. Avendo gia provatonel Teorema 18.20 e nel Corollario 18.21 come si comporta la misura di Hau-sdorff in presenza di trasformazioni lineari, passiamo ad enunciare il Lemmache ci permette di passare ai cambiamenti di variabili nonlineari, similmente alLemma 19.17 per la misura di Lebesgue Ld.

Lemma 19.22. Siano r, s interi tali che 1 ≤ r ≤ s, T ∈ Mats×r(R) e J =√detT τT . Supponiamo che J 6= 0. Allora per ogni ε > 0 esiste ζ = ζ(T, ε) > 0

tale che valgano i seguenti fatti

(i) per ogni S ∈ Mats×r(R)

||S − T || < ζ =⇒ |√detSτS − J | < ε ;

(ii) se D ⊆ Rr e limitato e se φ : D → Rs e tale che ||φ(y)−φ(x)−T (y−x)|| ≤ζ||y − x|| per ogni x, y ∈ D, allora

|ν∗r (φ(D)) − Jθr(D)| < εθr(D) .

Dimostrazione. (a) La parte (i) e semplice:• il determinante di SτS e una funzione continua dei coefficienti, quindi perogni ε > 0 esiste un δ > 0 tale che se tutti i coefficienti della matrice S distanoal piu δ da quelli della matrice T , allora la differenza tra i determinanti e piupiccola di ε;• d’altra parte la Proposizione 19.10 ci assicura che rimpicciolendo la normadi S − T possiamo rendere i coefficienti della matrice piccoli a piacere, quindiin particolare possiamo scegliere ζ1 tale che ||S − T || ≤ ζ1 implichi che tutti icoefficienti di S − T siano piu piccoli di δ.

(b) Passiamo quindi a (ii). Essendo J 6= 0, T e iniettiva e dunque esiste unamatrice T ∗ ∈ Matr×s(R) tale che T ∗T = Idr×r. Sia ora ζ > 0 tale che

ζ ≤ ζ1 , ζ||T ∗|| < 1 , J(1+ζ||T ∗||)r ≤ J+ε , 1− ε

J≤ (1−ζ||T ∗||)r .

34Consideriamo νr invece di Hr in modo da avere νr = Lr in Rr .

219

Page 220: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Siano ora D ⊆ Rr limitato e φ : D → Rs tale che

||φ(y) − φ(x) − T (y − x)|| ≤ ζ||y − x||

per ogni x, y ∈ D. Allora, ponendo ψ = φ T ∗, si ha φ = ψ T e per ogniξ, η ∈ TD si ha

||ψ(ξ)−ψ(η)|| ≤ (1+ζ||T ∗||)||ξ−η|| , ||ξ−η|| ≤ (1−ζ||T ∗||)−1||ψ(ξ)−ψ(η)|| .

Infatti, presi x, y ∈ D tali che ξ = Tx e η = Ty, si ha x = T ∗ξ e y = T ∗η. Nesegue

||ψ(ξ)− ψ(η)|| = ||φ(x) − φ(y)|| ≤ ||T (y − x)||+ ζ||y − x||= ||ξ − η||+ ζ||T ∗η − T ∗ξ|| ≤ (1 + ζ||T ∗||)||ξ − η|| ,

e

||ξ − η|| = ||Tx− Ty|| ≤ ||φ(y) − φ(x)|| + ζ||y − x||= ||ψ(ξ)− ψ(η)|| + ζ||T ∗η − T ∗ξ||≤ ||ψ(ξ)− ψ(η)|| + ζ||T ∗|| ||η − ξ|| .

Ossia ψ e ψ−1 sono funzioni Lipschitziane.

(c) Sfruttando ora la Proposizione 18.19 e ricordando il Teorema 18.20, avremo

ν∗r (φ(D)) = ν∗r (ψ(TD)) ≤ (1 + ||T ∗||)rν∗r (TD)

= (1 + ||T ∗||)rJθr(D) ≤ (J + ε)θr(D) .

Inoltre, se J ≥ ε, avremo

(J − ε)θr(D) =(1− ε

J

)ν∗r (TD)

≤(1− ε

J

)(1− ζ||T ∗||)−rν∗r (ψ(TD)) ≤ ν∗r (φ(D)) .

Essendo ovvio che J < ε implica (J − ε)θr(D) ≤ 0 ≤ ν∗r (φ(D)), possiamoconcludere che in ogni caso

(J − ε)θr(D) ≤ ν∗r (φ(D)) ≤ (J + ε)θr(D) ,

e la dimostrazione e conclusa. ⋄Notiamo che il Lemma 19.22 si applica solo nell’ipotesi che

√detT τT 6= 0, a

differenza del Lemma 19.17. Se da un lato questo ci ha permesso di semplificarela dimostrazione del Lemma stesso, dall’altro ci creera qualche grattacapo nelladimostrazione del prossimo Teorema, visto che dovremo prestare una particolareattenzione ai punti in cui

√detT (x)τT (x) si annulla.

Teorema 19.23. Siano r, s interi tali che 1 ≤ r ≤ s, D ⊆ Rr e φ : D → Rs

una funzione differenziabile rispetto al suo dominio in ciascun punto di D. Perogni x ∈ D sia T (x) un differenziale di φ in x e sia J(x) =

√detT (x)τT (x).

Allora, posto D′ = x ∈ D ; J(x) > 0, valgono i seguenti fatti

(i) J : D → [0,+∞[ e LrD–misurabile;

220

Page 221: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(ii) ν∗r (φ(D)) ≤∫DJ dLr;

(iii) ν∗r (φ(D \D′)) = 0;

(iv) se D e Lr–misurabile, allora φ(D) e Hr–misurabile;

(v) se D e misurabile e φ e iniettiva, allora νr(φ(D)) =∫D J dLr;

(vi) se D e misurabile e φ e iniettiva, allora E e ωr–misurabile se e solo seφ−1(E) ∩D′ e Lr–misurabile ed in tal caso

νr(E) =

φ−1(E)

J dLr =

D

Jχφ−1(E) dLr ,

e, infine, per ogni g : Rs → R∫

φ(D)

g dνr =

D

J(g φ) dLr ,

ogniqualvolta uno dei due integrali e definito.

Dimostrazione. Vogliamo ripercorrere, per quanto possibile, la dimostrazionedel Teorema 19.18.

(a) Osserviamo subito che J : x 7→√detT (x)τT (x) e la composizione della

funzione A 7→√detAτA, che e continua rispetto ai coefficienti della matrice

A, con le funzioni x 7→ τij(x), che sono LrD–misurabili per il Corollario 19.15.

Quindi, J e misurabile per il Teorema 7.13.Inoltre, per la Proposizione 4.6, D misurabile implica che esiste una suc-

cessione di compatti Fn contenuti in D tali che D \ ⋃n∈N Fn e Lr–negligible.Essendo, per ogni n ∈ N, φ(Fn) compatto e quindi chiuso, si ha che ciascunφ(Fn) e Hr–misurabile.PonendoG = D\⋃n∈N Fn, mostriamo ora che φ(G) eHr–negligible. Infatti, peril Corollario 19.13 esiste una partizione numerabile (Em) di D tale che ciascunafunzione φ|Em

e Lipschitziana, ma allora ricordando la Proposizione 18.19 si ha

ν∗r (φ(G)) = ν∗r

(⋃

m∈N

φ(G ∩ Em)

)≤

∞∑

m=0

ν∗r(φ|Em

(G))≤

∞∑

m=0

γrmLr(G) = 0 ,

con γm la costante di Lipschitz di ciascuna funzione φ|Em.

Quindi

φ(D) =⋃

n∈N

φ(Fn) ∪ φ(D \

n∈N

Fn

),

e Hr–misurabile, e (i) e (iii) sono dimostrate.

(b) Assumiamo ora che D sia limitato, che J(x) > 0 per ogni x ∈ D e fis-siamo ε > 0. Indicato con M∗

s×r l’insieme delle matrici S ∈ Mats×r(R) percui detSτS 6= 0 (e quindi per cui S e iniettivo), per T ∈ M∗

s×r definiamo unafunzione ζ ponendo

ζ(T ) = ζ(T, ε) ,

dove ζ(T, ε) > 0 e il valore trovato nel Lemma 19.22. Applicando ora il Teore-ma 19.12 a tale funzione ζ e A = M∗

s×r, troviamo successioni (Dn) e (Tn) tali che

221

Page 222: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

i Dn formano un ricoprimento disgiunto di D formato da insiemi relativamentemisurabili in D e le matrici Tn soddisfano

||φ(y) − φ(x) − Tn(y − x)|| ≤ ζ(Tn, ε)||y − x|| , ||T (x)− Tn|| ≤ ζ(Tn, ε) ,

per ogni x, y ∈ Dn. Ma ricordando la scelta di ζ, dal Lemma 19.22 segue ancheche, ponendo Jn =

√detT τ

nTn, per ogni x ∈ Dn

|J(x) − Jn| ≤ ε , |ν∗r (φ(Dn))− Jnθr(Dn)| ≤ εθr(Dn) .

Osserviamo ora che i (Dn) sono una successione disgiunta di insiemi in ΣD,il dominio della subspace measure Lr

D. Quindi∑∞

n=0 θr(Dn) = θr(D) e, sef e Lr

D–integrabile,∫Df dLr =

∑∞n=0

∫DfχDn

dLr, dove gli integrali sono daintendere nel senso della Definizione 8.39. Ne segue che

ν∗r (φ(D)) ≤∞∑

n=0

ν∗r (φ(Dn)) ≤∞∑

n=0

(Jn + ε)θr(Dn)

≤∞∑

n=0

D

JχDndLr + 2εθr(Dn) =

D

J dLr + 2εθr(D)

Se poi D e misurabile e φ iniettiva, allora gli insiemi Dn sono Lr e gli insiemiφ(Dn) sono Hr–misurabili oltre che disgiunti. Ne segue che

D

J dLr =∞∑

n=0

D

JχDndLr ≤

∞∑

n=0

JnLr(Dn) + εLr(D)

≤∞∑

n=0

(νr(φ(Dn)) + εLr(Dn)

)+ εLr(D)

= νr(φ(D)) + 2εLr(D) .

Per arbitrarieta di ε, possiamo quindi concludere che

ν∗r (φ(D)) ≤∫

D

J dLr ,

e che, se D e misurabile e φ iniettiva, allora∫

D

J dLr ≤ νr(φ(D)) .

Quindi, anche (ii) e (v) sono vere nel caso di un dominio D limitato e J > 0 inD.

(c) Nel caso di un dominio qualunque D, ma ancora assumendo che J > 0 inD, poniamo Bk = B(0, k). Avremo dunque

ν∗r (φ(D)) = limkν∗r (φ(D ∩Bk)) ≤ lim

k

D∩Bk

J dLr =

D

J dLr ,

e che, se D e misurabile e φ iniettiva, allora vale l’uguaglianza. Questo completala dimostrazione di (ii) e (v) se J > 0 su D.

(d) Mostriamo ora che ν∗r (φ(D \ D′)) = 0. L’idea e di approssimare J conopportuni Jη > 0 corrispondenti ad applicazioni iniettive, e sfruttare queste

222

Page 223: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

applicazioni per mostrare che l’insieme eHr–negligible. Procediamo come segue:fissiamo η ∈]0, 1] e consideriamo la funzione

ψη :

D → Rs+r

x 7→ (φ(x), ηx)

identificando Rs+r con Rs × Rr. Ricordando la Proposizione 19.8 ψ e differen-ziabile rispetto al suo dominio in ogni x ∈ D e la matrice

Tη(x) =

T (x)

η Idr×r

∈ Mat(r+s)×r(R) ,

ossia la matrice Tη(x) avente le righe di T (x) come prime s righe e le righe dellamatrice η Idr×r come righe successive, e un differenziale di ψη in x. A questopunto pero Tη : R

r → Rs+r e sicuramente iniettiva, e quindi si ha

0 < Jη(x) =√detTη(x)τTη(x) =

√det(T (x)τT (x) + η2 Idr×r

).

In particolare, per ogni x ∈ D \D′ si ha che, per continuita del determinante,

limη→0

Jη(x) = J(x) = 0 .

Indicando ora, per x ∈ D, T (x) = (τij(x))i≤s,j≤r , poniamo per ogni m ≥ 1

Cm = x ∈ D ; ||x|| ≤ m, |τij | ≤ m per ogni i ≤ s, j ≤ r .

Per ogni x ∈ Cm, essendo η ≤ 1, tutti i coefficienti di Tη(x) sono limitati da m,e quindi possiamo concludere che i coefficienti di Tη(x)

τTη(x) sono limitati da(r + s)m2, da cui segue che

Jη(x) ≤√r!(s + r)r mrχCm

(x) .

Possiamo quindi usare il Teorema della convergenza dominata per ottenere

limη→0

Cm\D′

Jη dLr = 0 .

Applicando ora (b) alla funzione ψη|Cm\D′ : Cm \D′ → Rs+r, grazie alla limita-tezza di Cm ed al fatto che Jη > 0, otteniamo che

ν∗r (ψη(Cm \D′)) ≤∫

Cm\D′

Jη dLr ,

dove ν∗r va qui interpretata come la misura esterna di Hausdorff (normalizzata)r–dimensionale in Rs+r. Ma considerando l’immersione canonica P : Rs+r → Rs

definita da P (ξ1, . . . , ξs+r) = (ξ1, . . . , ξs), che e una funzione Lipschitziana concostante 1 ed e tale che φ = Pψη, avremo

ν∗r (φ(Cm \D′)) = ν∗r (P ψη(Cm \D′)) ≤ ν∗r (ψη(Cm \D′)) ≤∫

Cm\D′

Jη dLr .

223

Page 224: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Passando al limite per η → 0+, otteniamo quindi ν∗r (φ(Cm \D′)) = 0. EssendoD =

⋃∞m=1 Cm, possiamo concludere che

ν∗r (φ(D \D′)) ≤ ν∗r

(∞⋃

m=1

φ(Cm \D′)

)≤

∞∑

m=1

ν∗r (φ(Cm \D′)) = 0 ,

e (iii) e provata.

(e) Ma allora applicando (c) all’insieme D′ otteniamo

ν∗r (φ(D)) ≤ ν∗r (φ(D′)) ≤

D′

J dLr =

D

J dLr ,

e valgono le uguaglianze se D e misurabile e φ e iniettiva, ossia (ii) e (v) sonodimostrate.

(f) Passiamo dunque a (vi). Assumiamo D Lr–misurabile e φ iniettiva. Osser-viamo innanzi tutto che gli insiemi

Hk = x ∈ D ; ||x|| ≤ k, J(x) ≤ k = D ∩B(0, k) ∩ J−1 ( ]−∞, k]) ,

sono Lr–misurabili e, applicando (iii) alla funzione φ|Hk, si ha φ(Hk) Hr–

misurabile e

νr(φ(Hk)) =

Hk

J dLr ≤ kLr(Hk) < +∞ ,

quindi e possibile ricoprire φ(D) (ed i suoi sottoinsiemi misurabili) con unasuccessione di insiemi di misura finita.

Prendiamo ora F ⊆ φ(D) tale che F sia Hr–misurabile. Per la Proposizio-ne 18.7 esistono F1, F2 boreliani tali che F1 ⊆ F ⊆ F2 e νr(F2 \ F1) = 0. PostoEi = φ−1(Fi) ⊆ D, E1, E2 sono Lr–misurabili perche φ e continua e applicando(v) ∫

E2\E1

J dLr = νr(φ(E2 \ E1)) = νr(φ(D) ∩ (F2 \ F1)) = 0 .

Dunque Lr(D′ ∩ (E2 \ E1)) = 0, ossia J = 0 Lr–q.o. in E2 \ E1.A sua volta, essendo

D′ ∩ E1 ⊆ D′ ∩ φ−1(F ) ⊆ D′ ∩E2 ,

questo implica che D′ ∩ φ−1(F ) e Lr–misurabile e che∫

φ−1(F )

J dLr =

D′∩φ−1(F )

J dLr =

D′∩E1

J dLr

=

D∩E1

J dLr = νr(φ(D ∩ E1)) = νr(F1) = νr(F ) .

Inoltre Jχφ−1(F ) = Jχφ−1(F )∩D′ e una funzione misurabile, e quindi

φ−1(F )

J dLr =

∫Jχφ−1(F ) dLr = νr(F ) .

Supponiamo ora che F ⊆ φ(D) sia tale cheD′∩φ−1(F ) risulti Lr–misurabile.Allora l’insieme φ(D′ ∩ φ−1(F )) e Hr–misurabile per (iv), e quindi

F =(φ(D′ ∩ φ−1(F ))

)∪(φ((D \D′) ∩ φ−1(F ))

)

224

Page 225: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e anch’esso Hr–misurabile, perche φ(D \ D′) e Hr–negligible. E questo provala prima parte di (vi), ma prova anche che possiamo applicare il Teorema 19.1agli spazi (D,ΣD,Lr

D) e (φ(D),Σφ(D), νr,φ(D)), dove abbiamo indicato con ΣD

la traccia del dominio di Lr su D, con Σφ(D) la traccia del dominio di νr suD, e con Lr

D e νr,φ(D) le subspace measure indotte su D e φ(D) da Lr e νrrispettivamente.

Quindi la parte restante di (vi) e conseguenza del Teorema 19.1. ⋄

225

Page 226: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

20 Funzioni a variazione limitata

Cominciamo con il dimostrare alcune proprieta delle funzioni monotone, che ciserviranno nel seguito.

Teorema 20.1. Siano I ⊆ R un intervallo e f : I → R una funzione monotona.Allora f e differenziabile in L1–q.o. x ∈ I.

Dimostrazione. (a) Cominciamo con il caso di f crescente, I aperto limitatoe f limitata su I, ossia supponiamo esista M ∈ R tale che |f(x)| ≤M per ognix ∈ I. Introduciamo anche, per ogni intervallo chiuso J = [a, b] ⊆ I, la notazionef∗(J) = ]f(a), f(b)[ per indicare l’intervallo aperto avente gli stessi estremi dif(J), e osserviamo che naturalmente L1(f(J)) = L1(f∗(J)) = f(b) − f(a).Infine, fissato x ∈ I poniamo

D∗f(x) = lim suph→0

f(x+ h)− f(x)

h, D∗f(x) = lim inf

h→0

f(x+ h)− f(x)

h.

Allora f sara differenziabile in x se e solo se D∗f(x) = D∗f(x) ∈ R. Essendosempre D∗f(x) ≥ D∗f(x) ≥ 0, avremo che f e differenziabile in x se e solo seD∗f(x) ≤ D∗f(x) e D

∗f(x) < +∞. Dobbiamo quindi mostrare che gli insiemi

E1 = x ∈ I ; D∗f(x) = +∞ , E2 = x ∈ I ; D∗f(x) > D∗f(x) ,

sono entrambi L1–negligible.

(b) Mostriamo che E1 e L1–negligible. Per ogni m ∈ N poniamo

Am = x ∈ I ; D∗f(x) > m .

Allora E1 =⋂

m∈NAm. Sia I la famiglia degli intervalli chiusi non vuoti [a, b] ⊆I tali che f(b)− f(a) ≥ m(b − a). Allora L1(f∗(J)) ≥ mL1(J) per ogni J ∈ Ie, se x ∈ Am, per ogni δ > 0 esiste h tale che 0 < |h| < δ e f(x+h)−f(x)

h > m percui si ha

x ∈[minx, x+ h,maxx, x+ h

]∈ I ,

e dunque ogni elemento di Am e contenuto in intervalli arbitrariamente piccolidi I. Per il Teorema 17.4, c’e una sottofamiglia numerabile e disgiunta Io in Itale che L1

(Am \⋃J∈Io

J)= 0.

Essendo f crescente, gli elementi della famiglia

f∗(J) ; J ∈ Io ,

sono intervalli disgiunti tali che⋃

J∈Iof∗(J) ⊆ [−M,M ]. Quindi

J∈Io

L1(f∗(J)) ≤ 2M ,

che implica∑

J∈IoL1(J) ≤ 2M

m e dunque

θ1(E1) ≤ θ1(Am) = L1

(Am \

J∈Io

J

)+ L1

(⋃

J∈Io

J

)≤ 2M

m.

226

Page 227: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Per l’arbitrarieta di m, ne segue quindi che L1(E1) = 0, come richiesto.

(c) Mostriamo che E2 e L1–negligible. Per ogni q, q′ ∈ Q con 0 ≤ q ≤ q′

poniamoBq,q′ = x ∈ I ; D∗f(x) < q, D∗f(x) > q′ .

Allora E2 =⋃

q,q′∈Q, 0≤q<q′ Bq,q′ . Detta γ = θ1(Bq,q′ ), per ogni ε > 0 sia

U un aperto tale che Bq,q′ ⊆ U e L1(U) ≤ γ + ε. Sia J la famiglia degliintervalli chiusi non vuoti [a, b] ⊆ I ∩ U tali che f(b)− f(a) ≤ q(b − a). AlloraL1(f∗(J)) ≤ qL1(J) per ogni J ∈ J e, se x ∈ Bq,q′ , per ogni δ > 0 esiste h tale

che 0 < |h| < δ e f(x+h)−f(x)h < q per cui si ha

x ∈[minx, x+ h,maxx, x+ h

]∈ J ,

e dunque ogni elemento di Bq,q′ e contenuto in intervalli arbitrariamente piccolidi J . Per il Teorema 17.4, c’e una sottofamiglia numerabile e disgiunta Jo inJ tale che L1

(Bq,q′ \

⋃J∈Jo

J)= 0.

Poniamo ora

C = Bq,q′ ∩(⋃

J∈Jo

J \ L),

dove L e l’insieme costituito dagli estremi di ciascun intervallo J ∈ Jo. Os-servando che L e l’unione numerabile di insiemi contenenti due punti, si haL1(L) = 0 e dunque

θ1(C) = θ1

(Bq,q′ ∩

(⋃

J∈Jo

J \ L))

= θ1

(Bq,q′ ∩

(⋃

J∈Jo

J \ L))

+ L1 (Bq,q′ ∩ L) + L1

(Bq,q′ \

J∈Jo

J

)

= θ1(Bq,q′ ) = γ .

Sia ora I la famiglia degli intervalli chiusi non vuoti [a, b] contenuti in uno deglielementi di Jo e tali che f(b) − f(a) ≥ q′(b − a). Allora L1(f∗(J)) ≥ q′L1(J)per ogni J ∈ I e, ragionando come nel caso precedente e sfruttando il fatto checiascun x ∈ C appartiene alla parte interna di un qualche intervallo di Jo,

35 siconclude che ogni elemento di C e contenuto in intervalli arbitrariamente piccolidi I. Per il Teorema 17.4, c’e quindi una sottofamiglia numerabile e disgiuntaIo in I tale che L1

(C \⋃J∈Io

J)= 0. Ma allora

q′γ = q′θ1(C) = q′L1

(C \

J∈Io

J

)+ q′L1

(⋃

J∈Io

J

)

=∑

J∈Io

q′L1(J) ≤∑

J∈Io

L1(f∗(J)) = L1

(⋃

J∈Io

f∗(J)

).

35Questa e esattamente la ragione per cui abbiamo tolto L nella definizione di C.

227

Page 228: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Allo stesso tempo

L1

(⋃

J∈Jo

f∗(J)

)=∑

J∈Jo

L1(f∗(J)) ≤ q∑

J∈Io

L1(J) = qL1

(⋃

J∈Jo

J

)

≤ qL1

(⋃

J∈J

J

)≤ qL1(U) ≤ q(γ + ε) .

Essendo ciascun intervallo di Io contenuto in un intervallo di Jo, ne segue che⋃J∈Io

f∗(J) ⊆ ⋃J∈Jof∗(J) e quindi si ottiene

γ ≤ εq

q′ − q,

che implica, per l’arbitrarieta di ε, γ = 0.Ma allora Bq,q′ ha misura nulla per ogni coppia q, q′ fissata. Questo implica cheE2 e L1–negligible e conclude la dimostrazione nel caso di f crescente, I apertolimitato e f limitata su I.

(d) Supponiamo ora solo f crescente. Allora l’insieme

K =(q, q′) ∈ (I ∩Q)2 ; q < q′

e numerabile ed e tale che I \⋃(q,q′)∈K ]q, q′[ contiene al massimo due punti (gli

estremi di I, se appartengono ad I) e quindi e L1–negligible. A questo punto,per ogni (q, q′) ∈ K, possiamo applicare la prima parte della dimostrazione aS∩ ]q, q′[, dove

S = x ∈ I ; f non e differenziabile in x ,

per concludere che e L1–negligible. Ma allora

S =

S ∩

(q,q′)∈K

]q, q′[

S \

(q,q′)∈K

]q, q′[

e l’unione di due insiemi L1–negligible e quindi e anch’esso L1–negligible. Questocompleta la dimostrazione per f crescente.

(e) Se infine f e decrescente, applichiamo la prima parte della dimostrazione a−f che e differenziabile esattamente negli stessi punti di f e abbiamo conclusola dimostrazione. ⋄

Osservazione 20.2. Osserviamo che, se f e crescente e f ′ e definita in x, alloraf ′(x) ≥ 0; e, similmente, se f e decrescente e f ′ e definita in x, allora f ′(x) ≤ 0.Infatti, se f e crescente (risp. decrescente) e f ′ e definita in x, allora

f ′(x) = limh→0

f(x+ h)− f(x)

h,

ed il rapporto incrementale e positivo (risp. negativo) sia nel caso h > 0che nel caso h < 0. Alternativamente, si puo guardare alla dimostrazione delTeorema 20.1 e osservare che D∗f(x) ≥ 0 (risp. ≤ 0) per ogni x.

228

Page 229: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Osservazione 20.3. Ricordiamo che, se f e monotona allora e anche boreliana(cfr. Esempio 7.12). Grazie al Teorema 20.1, ora sappiamo anche che f ′ e defi-nita. In vista delle future applicazioni di questi fatti, vogliamo ora mostrare chef ′ e una funzione M1–misurabile, esattamente come accadeva nell’Esercizio 42per funzioni derivabili ovunque nel loro dominio.Osserviamo innanzi tutto che, presa una successione di numeri razionali (qn)tale che qn → 0 per n→ ∞, ciascuna funzione

fn(x) =f(x+ qn)− f(x)

qn,

e boreliana, perche f lo e. Quindi e pure boreliana la funzione

D∗f(x) = lim suph→0

f(x+ h)− f(x)

h= lim sup

n→∞fn(x) .

A questo punto, indicato con N l’insieme degli x ∈ I in cui f ′ non esiste siha che N e misurabile (perche di misura nulla) e che f ′ = D∗f in I \ N .Quindi f ′ e (M1)I\N –misurabile (ossia misurabile nella traccia di M1 su I \N ) o, equivalentemente36, l’estensione di f ′ su tutto I con valore 0 su N eM1–misurabile.Nel seguito, ogni volta che diremo che la derivata f ′ di una funzione monotonaf e misurabile, intenderemo sempre che e la sua estensione ad essere misurabile,senza ulteriori spiegazioni.

Lemma 20.4. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione crescente. Allora∫ b

af ′ dL1 esiste e vale al massimo f(b)− f(a).

Dimostrazione. (a) Se a = b il risultato e evidente. Altrimenti sia a < b. Peril Teorema 20.1, sappiamo che f ′ esiste L1–q.o. in [a, b].

(b) Per ogni n ∈ N, definiamo una funzione M1–semplice gn come segue. Per0 ≤ k < 2n, poniamo

an,k = a+ 2−nk(b− a) , bn,k = a+ 2−n(k + 1)(b− a) , In,k = [an,k, bn,k[ .

A questo punto, per ogni x ∈ [a, b] esiste k < 2n tale che x ∈ In,k e definiamo

gn(x) =2n

b− a

(f(bn,k)− f(an,k)

).

In altre parole, gn e la funzione lineare a tratti che coincide con f nei punti an,ke bn,k. Allora

∫ b

a

gn dL1 =

2n−1∑

k=0

(f(bn,k)− f(an,k)

)= f(b)− f(a) .

Se mostriamo che gn → f ′ L1–q.o. avremmo concluso la dimostrazione. Infatti,potremmo applicare il Lemma di Fatou37 e ottenere

∫ b

a

f ′ dL1 =

∫ b

a

lim infn

gn dL1 ≤ lim infn

∫ b

a

gn dL1 = f(b)− f(a) ,

36Cfr. il Corollario 7.23.37Ovviamente nella sua versione in cui si richiede l’ipotesi di convergenza puntuale q.o., che

si dimostra in maniera analoga a quanto fatto in Teorema 8.11, sfruttando la completezzadella misura L1.

229

Page 230: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

come richiesto.

(c) Mostriamo dunque che si ha gn(x) → f ′(x) per ogni x ∈ ]a, b[\C, doveC e l’insieme in cui f ′ non esiste. Fissiamo dunque x ∈ ]a, b[\C. Essendo fdifferenziabile in x, per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che per ogni |h| ≤ δ si abbiax+ h ∈ [a, b] e ∣∣∣∣f(x+ h)− f(x)− hf ′(x)

∣∣∣∣ ≤ ε|h| .

Prendiamo ora N ∈ N tale che 2−n(b − a) ≤ δ per n ≥ N e sia k < 2n tale chex ∈ In,k. Allora

x− δ ≤ an,k ≤ x < bn,k ≤ x+ δ ,

e, ricordando che per ogni k si ha 2n(bn,k − an,k)/(b − a) = 1, ne segue che

|gn(x)− f ′(x)| =∣∣∣∣

2n

b− a

(f(bn,k)− f(an,k)− (bn,k − an,k)f

′(x)

)∣∣∣∣

≤ 2n

b− a

∣∣∣∣(f(bn,k)− f(x)− (bn,k − x)f ′(x)

)∣∣∣∣

+2n

b− a

∣∣∣∣(f(x)− f(an,k)− (x− an,k)f

′(x)

)∣∣∣∣

≤ 2n

b− a

(ε|bn,k − x|+ ε|x− an,k|

)= ε .

Quindi per ogni ε > 0 abbiamo trovato N ∈ N tale che |gn(x) − f ′(x)| ≤ ε pern ≥ N , ossia gn(x) → f ′(x). E questo conclude la dimostrazione. ⋄

Osservazione 20.5. Ricordiamo anche che se f : [a, b] → R e monotona, alloral’insieme delle discontinuita di f e al piu numerabile. Infatti, poniamo

Dn =

x ∈ [a, b] ;

∣∣∣∣limk f(x− 1/k)− limkf(x+ 1/k)

∣∣∣∣ >f(b)− f(a)

n

,

Allora l’insieme D delle discontinuita di f e contenuto nell’insieme⋃

n∈NDn

e ciascun Dn contiene al piu n elementi. Quindi, la cardinalita di D e al piunumerabile.

Esempio 20.6. Se prendiamo come funzione f la funzione di Cantor–Vitaliintrodotta nell’Esercizio 36, f e crescente con derivata nulla in [0, 1] \C, con Cl’insieme di Cantor. Essendo L1(C) = 0, questo significa che

∫ 1

0

f ′ dL1 =

[0,1]\C

f ′ dL1 = 0 < 1 = f(1)− f(0) .

Quindi in generale non possiamo aspettarci che valga l’uguaglianza nel Lem-ma 20.4.

Definizione 20.7. Siano I ⊆ R un intervallo, f : I → R una funzione e D ⊆ R.Chiamiamo variazione totale di f su D la quantita

VarD(f).= sup

n∑

i=1

|f(xi)− f(xi−1)| ; n ≥ 1, xi ∈ D ∩ I, xo ≤ . . . ≤ xn

.

230

Page 231: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Nel caso in cui D ∩ I = ∅, poniamo VarD(f) = 0. Nel caso D = I, indichiamosemplicemente Var(f) invece di VarI(f).Nel caso in cui VarD(f) sia finita, allora diremo che f e una funzione a va-riazione limitata su D. Se D = I, diremo anche per semplicita che f e unafunzione a variazione limitata.

Osservazione 20.8. Naturalmente si ha

VarD(f) = VarD∩I(f) = Var(f|D) .

Proposizione 20.9. Siano I, J ⊆ R intervalli, f : I → R e g : J → R duefunzioni, D′ ⊆ D ⊆ R, c ∈ R. Allora valgono i seguenti fatti

(i) VarD(f + g) ≤ VarD(f) + VarD(g);

(ii) VarD(cf) = |c|VarD(f);

(iii) VarD′(f) ≤ VarD(f);

(iv) VarD(f) ≥ VarD∩[−∞,x](f) + VarD∩[x,+∞](f) con l’uguaglianza se x ∈ I;

(v) se D ∩ I 6= ∅, allora per ogni x, y ∈ D ∩ I si ha |f(x)− f(y)| ≤ VarD(f) e,in particolare, se f e a variazione limitata su D, allora f e limitata su Dcon

supD∩I

|f | ≤ |f(x)| +VarD(f) ,

per ogni x ∈ D ∩ I;

(vi) se f e monotona e D ∩ I 6= ∅, allora

VarD(f) = supD∩I

f − infD∩I

f = f(sup(D ∩ I))− f(inf(D ∩ I)) ,

e, in particolare, se f e anche limitata allora e a variazione limitata.

Dimostrazione. (i) Se D ∩ (I ∩ J) = D ∩Dom(f + g) = ∅, allora la disugua-glianza e immediata visto che sia la variazione di f che quella di g sono positive.Altrimenti, presi ao ≤ . . . ≤ an ∈ D ∩Dom(f + g) si ha

n∑

i=1

|(f + g)(ai)− (f + g)(ai−1)| ≤n∑

i=1

|f(ai)− f(ai−1)|+n∑

i=1

|g(ai)− g(ai−1)|

≤ VarD(f) + VarD(g) ,

da cui, passando al sup tra le suddivisioni, si ottiene

VarD(f + g) ≤ VarD(f) + VarD(g) .

(ii) E immediata dalla definizione.

(iii) E evidente.

(iv) Se D ∩ [−∞, x] ∩ I = ∅ o D ∩ [x,+∞] ∩ I = ∅, la disuguaglianza segueimmediatamente da (iii). Altrimenti siano ao ≤ . . . ≤ an ∈ D ∩ [−∞, x] ∩ I e

231

Page 232: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

bo ≤ . . . ≤ bm ∈ D∩ [x,+∞]∩ I. Ponendo ci = ai per i = 0, . . . , n e ci = bi−n−1

per i = n+ 1, . . .m+ n+ 1, otteniamo una suddivisione di D ∩ I e quindi

n∑

i=1

|f(ai)− f(ai−1)|+m∑

i=1

|f(bi)− f(bi−1)|

=

m+n+1∑

i=1

|f(ci)− f(ci−1)| ≤ VarD(f) ,

da cui, passando al sup tra le suddivisioni, si ottiene

VarD∩[−∞,x](f) + VarD∩[x,+∞](f) ≤ VarD(f) .

Supponiamo ora che x ∈ D∩I e fissiamo ao ≤ . . . ≤ an ∈ D∩I. Se ao ≤ x ≤ an,allora ci sara 1 ≤ k ≤ n tale che x ∈ [ak−1, ak] e

n∑

i=1

|f(ai)− f(ai−1)| ≤k−1∑

i=1

|f(ai)− f(ai−1)|+ |f(x)− f(ak−1)|

+ |f(ak)− f(x)|+n∑

i=k+1

|f(ai)− f(ai−1)|

≤ VarD∩[−∞,x](f) + VarD∩[x,+∞](f) .

Se invece x < ao si ha∑n

i=1 |f(ai)− f(ai−1)| ≤ VarD∩[x,+∞](f), e se x > an siha∑n

i=1 |f(ai)− f(ai−1)| ≤ VarD∩[−∞,x](f). In ogni caso, passando al sup trale suddivisioni, si ottiene

VarD(f) ≤ VarD∩[−∞,x](f) + Var∩[x,+∞](f) .

(v) La prima disuguaglianza segue dal fatto che x ≤ y e una suddivisione finitain D ∩ I. E dalla prima disuguaglianza segue subito che, per ogni y ∈ D ∩ I, siha

|f(y)| ≤ |f(x)|+ |f(y)− f(x)| ≤ |f(x)|+VarD(f) ,

da cui la tesi passando al sup sugli y ∈ D ∩ I.(vi) Supponiamo f crescente. Allora presi ao ≤ . . . ≤ an ∈ D ∩ I si ha f(ai) ≤f(ai+1) e f(inf(D ∩ I)) ≤ f(ao) ≤ f(an) ≤ f(sup(D ∩ I)). Quindi

n∑

i=1

|f(ai)− f(ai−1)| =n∑

i=1

f(ai)− f(ai−1) = f(an)− f(ao) ,

da cui segue

VarD(f) = sup

n∑

i=1

|f(ai)− f(ai−1)|

= supf(an)− f(ao)

= f(sup(D ∩ I))− f(inf(D ∩ I)) .

E quindi la dimostrazione e conclusa. ⋄

Osservazione 20.10. In particolare dalle proprieta (i) e (ii), segue che se f, gsono a variazione limitata, allora lo sono anche f + g e cf .

232

Page 233: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Teorema 20.11. Siano I ⊆ R un intervallo, f : I → R una funzione e D ⊆ R.Allora i seguenti fatti sono equivalenti

(i) f ha variazione limitata su D;

(ii) esistono f1, f2 : R → R funzioni crescenti limitate tali che f = f1 − f2 inD ∩ I e

VarD(f) = VarD(f1) + VarD(f2) ;

(iii) esistono f1, f2 : R → R funzioni crescenti limitate tali che f = f1 − f2 inD ∩ I.

Dimostrazione. (i) =⇒ (ii) (a) Se D∩I = ∅, possiamo prendere f1 = f2 = 0.Sia dunque D ∩ I 6= ∅ e poniamo per ogni x ∈ D ∩ I

g(x) = VarD∩[−∞,x](f) .

Definiamo g1 = g + f e g2 = g − f e mostriamo che entrambe queste funzionisono crescenti su D ∩ I. Infatti, presi a, b ∈ D ∩ I con a ≤ b, si ha

g(b) = g(a) + VarD∩[a,b](f) ≥ g(a) + |f(b)− f(a)| ,

e quindi

g1(b)−g1(a) = g(b)−g(a)+f(b)−f(a) , g2(b)−g2(a) = g(b)−g(a)−f(b)+f(a) ,

sono entrambi positivi.

(b) Mostriamo ora che esistono h1, h2 : R → R crescenti che coincidono suD ∩ I con g1, g2 rispettivamente e tali che Var(hj) = Var(gj). Infatti, ponendocj = infD∩I gj , si ha cj ∈ R perche f e a variazione limitata su D e quindi siaf che g sono limitate. A questo punto, definendo

hj(x) = sup

cj ∪ gj(y) ; y ∈ D ∩ I, y ≤ x

,

si hanno le proprieta richieste.38

(c) Inoltre, per ogni x ∈ D ∩ I, avremo

h1(x)+h2(x) = g1(x)+g2(x) = 2g(x) , h1(x)−h2(x) = g1(x)−g2(x) = 2f(x) .

Essendo g1, g2 crescenti, ne segue che

supD∩I

g1 + supD∩I

g2 = supD∩I

(g1 + g2) = 2 supD∩I

g ,

infD∩I

g1 + infD∩I

g2 = infD∩I

(g1 + g2) = 2 infD∩I

g ≥ 0 .

Quindi, ricordando Proposizione 20.9(vi),

Var(h1) + Var(h2) = Var(g1) + Var(g2) = 2Var(g) ≤ 2VarD(f) .

38In particolare, se D ∩ I e limitato, hj = cj per x < inf(D ∩ I) e hj = supD∩I gj perx > sup(D ∩ I)

233

Page 234: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(d) Infine, ponendo fj = hj/2 otteniamo due funzioni crescenti tali che per ognix ∈ D ∩ I si ha

f1(x) − f2(x) =h1(x) − h2(x)

2=

g1(x)− g2(x)

2= f(x) ,

e vale

Var(f1) + Var(f2) =1

2

(Var(h1) + Var(h2)

)≤ VarD(f) .

Essendo d’altra parte

VarD(f) ≤ VarD(f1) + VarD(f2) ≤ Var(f1) + Var(f2) ,

vale l’uguaglianza e questa implicazione e dimostrata.

(ii) =⇒ (iii) Ovvia.

(iii) =⇒ (i) Essendo fi crescenti e limitate si ha

Var(fi) = supR

fi − infRfi < +∞ .

Ma allora

VarD(f) = VarD∩I(f) ≤ VarD∩I(f1)+VarD∩I(f2) ≤ Var(f1)+Var(f2) < +∞ ,

da cui segue che f ha variazione limitata su D. ⋄

Proposizione 20.12. Siano I ⊆ R un intervallo, f : I → R una funzione avariazione limitata su I. Allora f ammette limite destro e sinistro in ciascunpunto di I.

Dimostrazione. Siano f1, f2 : R → R funzioni crescenti e limitate tali chef = f1 − f2 su I. Allora per ogni x ∈ I

limξ→x−

ξ∈I

f(ξ) = limξ→x−

ξ∈I

f1(ξ)− limξ→x−

ξ∈I

f2(ξ) = supt<x

f1(t)− supt<x

f2(t) ,

limξ→x+

ξ∈I

f(ξ) = limξ→x+

ξ∈I

f1(ξ)− limξ→x+

ξ∈I

f2(ξ) = inft>x

f1(t)− inft>x

f2(t) ,

e la dimostrazione e conclusa. ⋄

Osservazione 20.13. Data una funzione a variazione limitata f , le funzionidefinite su [a, b] a valori in R ponendo per ogni x ∈ ]a, b]

g(x) = limξ→x−

ξ∈I

f(x) , g(a) = f(a) ,

e per ogni x ∈ [a, b[

h(x) = limξ→x+

ξ∈I

f(x) , h(b) = f(b) ,

sono ben definite per la Proposizione 20.12 e sono anche esse a variazione li-mitata. Infatti, se f1, f2 : R → R sono funzioni crescenti e limitate tali che

234

Page 235: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

f = f1 − f2 su I, allora anche le funzioni g1, g2, h1, h2, definite a partire da finello stesso modo, sono ancora funzioni crescenti e limitate e si ha

g = g1 − g2 , h = h1 − h2 .

Quindi, per il Teorema 20.11, g e h sono a variazione limitata.

Proposizione 20.14. Siano I ⊆ R un intervallo, f : I → R una funzione avariazione limitata su I. Allora f e continua in tutti i punti di I \N , con N dicardinalita al piu numerabile.

Dimostrazione. Per ogni n ∈ N poniamo

An = x ∈ I ; ∀δ > 0 ∃ y ∈ I ∩ [x− δ, x+ δ] t.c. |f(x)− f(y)| ≥ 1/n .

Se mostriamo che Card(An) ≤ nVar(f), siamo a posto perche poi A =⋃

n∈NAn

e numerabile, essendo unione numerabile di insiemi con cardinalita finita, ed el’insieme dei punti in cui f e discontinua.

Dobbiamo quindi dimostrare che Card(An) ≤ nVar(f). Supponiamo per assur-do che esistano xo < . . . < xk tali che xj ∈ An per ogni j e k + 1 > nVar(f).Posto

δ =1

2min xj − xj−1 ; 1 ≤ j ≤ k > 0 .

Per ciascun j, sia yj ∈ I ∩ [xj − δ, xj + δ] tale che |f(xj)− f(yj)| ≥ 1/n. Dettiξo, . . . , ξ2k gli elementi di xj ; j = 0, . . . , k ∪ yj ; j = 0, . . . , k riordinati inmodo da avere ξ0 ≤ . . . ≤ ξ2k+1, si noti che per la scelta di δ si ha ξ2h, ξ2h+1 =xh, yh per ogni h. Allora si ha

Var(f) ≥k∑

i=0

|f(ξ2i)− f(ξ2i+1)| =k∑

i=0

|f(xi)− f(yi)| ≥k + 1

n> Var(f) ,

ossia una contraddizione. ⋄

Osservazione 20.15. Osserviamo che, in particolare, la Proposizione 20.14 cifornisce una dimostrazione alternativa del fatto che ogni funzione f : [a, b] → Rmonotona ha un insieme delle discontinuita al piu numerabile (cfr. Osservazio-ne 20.5). Infatti, una tale f e limitata e dunque, per la Proposizione 20.9(vi), ea variazione limitata.

Teorema 20.16. Siano I ⊆ R un intervallo, f : I → R una funzione a varia-zione limitata su I. Allora f e differenziabile in L1–q.o. punto di I, f ′ e unafunzione L1–sommabile su I e si ha

I

|f ′| dL1 ≤ Var(f) .

Dimostrazione. (a) Siano f1, f2 funzioni crescenti tali che f = f1 − f2 su I.Per il Teorema 20.1 sappiamo che ciascuna fi e differenziabile L1–q.o. quindianche f lo e (a meno, eventualmente, degli estremi di I che comunque hanno

235

Page 236: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

ancora misura nulla). Quindi f ′ e definita L1–q.o. in I. Inoltre, ricordandol’Osservazione 20.3, f ′ e Lebesgue misurabile.

(b) Poniamo ora F (x) = VarI∩[−∞,x](f) per ogni x ∈ R. Innanzi tutto, F ecrescente e positiva. Inoltre, ricordando la Proposizione 20.9(v), se x, y ∈ I ex ≤ y si ha

F (y)− F (x) = Var[x,y](f) ≥ |f(y)− f(x)| .Quindi ne segue F ′(x) ≥ |f ′(x)| in ogni punto x nella parte interna di I incui entrambe le derivate esistono, cioe in L1–q.o. x ∈ I. Inoltre, ricordan-do l’Osservazione 20.3, anche F ′ e Lebesgue misurabile, quindi

∫I|f ′| dL1 ≤∫

I F′ dL1.

(c) Presi a ≤ b in I e ricordando il Lemma 20.4, si ha

∫ b

a

F ′ dL1 ≤ F (b)− F (a) ≤ F (b) ≤ Var(f) .

Siccome I puo essere espresso come unione di una successione crescente diintervalli [an, bn], dal Teorema della convergenza monotona segue

I

F ′ dL1 =

∫F ′χI dL1 =

∫limn

(F ′χ[an,bn]

)dL1

= limn

∫F ′χ[an,bn] dL1 = sup

n

∫ bn

an

F ′ dL1 ≤ Var(f) .

Quindi F ′ e L1–sommabile e questo implica, ricordando (b), che anche f ′ eL1–sommabile su I e vale

I

|f ′| dL1 ≤∫

I

F ′ dL1 ≤ Var(f) ,

ossia la tesi. ⋄Infine enunciamo un Teorema la cui dimostrazione puo essere trovata in [6]

(224G e 224J).

Teorema 20.17. Siano I, J ⊆ R intervalli, f : I → R e g : J → R due funzioni,D ⊆ R. Allora, se f, g hanno variazione limitata su D, anche fg ha variazionelimitata su D.Inoltre, se g e L1–sommabile su un intervallo [a, b] ⊆ I e f e a variazionelimitata su ]a, b[, allora fg e L1–sommabile su [a, b] e si ha

∣∣∣∣∣

∫ b

a

fg dL1

∣∣∣∣∣ ≤(

limx→b−

|f(x)| +Var]a,b[(f)

)sup

c∈[a,b]

∣∣∣∣∫ c

a

g

∣∣∣∣ .

Esempio 20.18. La funzione definita da f(0) = 0 e per x 6= 0

f(x) = x2 sin1

x2,

e differenziabile ovunque in R ed e uniformemente continua, ma non e a varia-zione limitata su alcun intervallo non vuoto contenente l’origine.

236

Page 237: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

21 Teorema fondamentale del calcolo

In questa Sezione e nella prossima studiamo alcune proprieta della funzionex 7→

∫ x

a f dL1 con f : [a, b] → R funzione L1–sommabile. Cominciamo con il

vedere che la funzione x 7→∫ x

af dL1 e derivabile e che la sua derivata coincide

con f (in quasi ogni punto).

Teorema 21.1. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione L1–sommabilesu [a, b]. Allora valgono i seguenti fatti

(i) F (x) =∫ x

af dL1 esiste in R per ogni x ∈ [a, b];

(ii) la derivata F ′(x) esiste ed e uguale a f(x) per L1–q.o. x ∈ [a, b].

Dimostrazione. (a) Supponiamo f ≥ 0. Allora, per ogni a ≤ x ≤ y ≤ b si ha

F (y) = F (x) +

∫ y

x

f dL1 ≥ F (x) .

Quindi F e ben definita ed e crescente e dunque, per il Teorema 20.1, e diffe-renziabile quasi ovunque in [a, b]. Inoltre, per il Lemma 20.4, esiste l’integraledi F ′ e si ha per ogni x ∈ [a, b]

∫ x

a

F ′ dL1 ≤ F (x)− F (a) = F (x) .

(b) Se ora f e limitata, ossia 0 ≤ f ≤M , si ha che M − f ≥ 0 e L1–sommabilesu [a, b]. Allora applicando (a) alle funzioni M − f e

G(x) =

∫ x

a

(M − f) dL1 =M(x− a)− F (x) ,

si ha ∫ x

a

G′ dL1 ≤ G(x) ,

per ogni x ∈ [a, b]. Essendo G′ =M − F ′, questo significa che

M(x− a)−∫ x

a

F ′ dL1 ≤M(x− a)− F (x) ,

ossia ∫ x

a

F ′ dL1 ≥ F (x) ,

per ogni x ∈ [a, b]. Quindi

∫ x

a

F ′ dL1 = F (x) =

∫ x

a

f dL1 .

Ricordando la Proposizione 8.30, ne segue F ′ = f per L1–q.o. x ∈ [a, b].

(c) Nel caso in cui f sia ancora positiva, ma non limitata, prendiamo unasuccessione crescente (gn) di funzioni Σ–semplici che converga ad f . Essendo

237

Page 238: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

ciascuna gn una funzione limitata, ponendo Gn =∫ x

agn dL1, per ogni a ≤ x ≤

y ≤ b avremo

F (y)− F (x) =

∫ y

x

f dL1 ≥∫ y

x

gn dL1 = Gn(y)−Gn(x) .

Da questo segue F ′ ≥ G′n = gn nei punti di ]a, b[ in cui entrambe le derivate

sono definite e, quindi, F ′ ≥ gn per L1–q.o. x ∈ [a, b]. Passando al limite pern → ∞, si ottiene che F ′ ≥ f , che implica

∫ x

aF ′ dL1 ≥

∫ x

af dL1, per L1–q.o.

x ∈ [a, b]. Avendo gia mostrato l’altra disuguaglianza in (a), i due integrali sonouguali e dunque, ricordando la Proposizione 8.30, ne segue F ′ = f per L1–q.o.x ∈ [a, b].

(d) Sia ora f generica. Allora f = f+ − f− con f+ e f− L1–sommabilli epositive. Indicando con Fi(x) =

∫ x

afi dL1, si ottiene F = F1 − F2 da cui

F ′ =L1 F ′1 − F ′

2 =L1 f1 − f2 ,

dove ‘=L1 ’ significa uguaglianza L1–q.o. in [a, b]. Ne segue che F ′ = f perL1–q.o. x ∈ [a, b], ossia la tesi. ⋄

Corollario 21.2. Siano E un insieme L1–misurabile, f : E → R una funzioneL1–sommabile su E e F (x) =

∫E∩[−∞,x] f dL1. Allora F (x) e ben definita ed e

a valori in R per ogni x ∈ R, inoltre la derivata F ′(x) esiste ed e uguale a f(x)per L1–q.o. x ∈ E ed e uguale a 0 per L1–q.o. x ∈ R \ E.

Dimostrazione. (a) Consideriamo prima il caso E = R. Ovviamente F e bendefinita e assume valori reali visto che

|F (x)| ≤∫

|f | dL1 < +∞ .

Poniamo poi, per ogni n ∈ N e per ogni x ∈ [−n, n],

Fn(x) =

∫ x

−n

f dL1 .

Allora applicando il Teorema 21.1 si ha F ′n(x) = f(x) per L1–q.o. x ∈ [−n, n].

Essendo F (x) = F (−n) + Fn(x) per ogni x ∈ [−n, n], ne segue che F ′(x) =F ′n(x) = f(x) in ogni x ∈] − n, n[ in cui F ′

n e definita, ossia per L1–q.o. x ∈]−n, n[. Per arbitrarieta di n, possiamo concludere che F ′(x) = f(x) per L1–q.o.x ∈ R.

(b) Nel caso di E generico insieme L1–misurabile, la funzione f che coincidecon f su E e vale 0 al di fuori e L1–sommabile su R. Quindi applicandovi ilpunto (a), si ottiene che la funzione

FE(x) =

∫ x

−∞

f dL1 =

E∩[−∞,x]

f dL1 = F (x) ,

e ben definita, differenziabile L1–q.o. con F ′E = f . In particolare, F ′(x) = f(x)

L1–q.o. x ∈ E e F ′(x) = 0 L1–q.o. x ∈ R \ E. ⋄In aggiunta alla derivabilita quasi ovunque, la funzione e anche derivabile

in tutti i punti in cui e continua (ossia vale per l’integrale di Lebesgue unrisultato analogo al classico Teorema fondamentale del calcolo per l’integrale diRiemann).

238

Page 239: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Proposizione 21.3. Siano a ≤ b in R, f : [a, b] → R una funzione L1–sommabile su [a, b] e F (x) =

∫ x

a f dL1. Allora F ′(x) esiste ed e uguale a f(x)in ogni x ∈ [a, b] in cui f e continua.

Dimostrazione. Poniamo c = f(x). Per ogni ε > 0 sia δ > 0 tale che |t−x| < δimplichi |f(x)− c| < ε. Non e restrittivo supporre δ < minb−x, x− a. Allorase x ≤ y ≤ x+ δ si ha∣∣∣∣F (y)− F (x)

y − x− c

∣∣∣∣ =1

y − x

∣∣∣∣∫ y

x

(f − c) dL1

∣∣∣∣ ≤1

y − x

∫ y

x

|f − c| dL1 < ε ,

e se x− δ ≤ y ≤ x si ha∣∣∣∣F (y)− F (x)

y − x− c

∣∣∣∣ =1

x− y

∣∣∣∣∫ x

y

(f − c) dL1

∣∣∣∣ ≤1

x− y

∫ x

y

|f − c| dL1 < ε .

Per l’arbitrarieta di ε si puo concludere che

F ′(x) = limy→x

F (y)− F (x)

y − x= c ,

come richiesto. ⋄Concludiamo con un ultimo risultato che generalizza la Proposizione 21.3.

Proposizione 21.4. Siano a ≤ b in R, f : [a, b] → R una funzione L1–sommabile su [a, b] e F (x) =

∫ x

af dL1. Allora F ′(x) esiste in ogni punto di

Lebesgue x ∈ ]a, b[ per f e si ha

F ′(x) = limr→0+

1

Ld(B(x, r))

[a,b]∩B(x,r)

f dLd .

Dimostrazione. Se x ∈ ]a, b[ e un punto di Lebesgue per f , poniamo

f(x) = limr→0+

1

Ld(B(x, r))

[a,b]∩B(x,r)

f dLd = limr→0+

1

2r

]x−r,x+r[

f dLd .

Fissato r > 0 tale che ]x− r, x+ r[⊆ ]a, b[, si ha∣∣∣∣F (x+ r) − F (x)

r− f(x)

∣∣∣∣ =∣∣∣∣1

r

∫ x+r

x

f(t) dL1(t)− f(x)

∣∣∣∣

=1

r

∣∣∣∣∫ x+r

x

(f(t)− f(x)) dL1(t)

∣∣∣∣

≤ 1

r

∫ x+r

x

∣∣∣f(t)− f(x)∣∣∣ dL1(t)

≤ 21

2r

∫ x+r

x−r

∣∣∣f(t)− f(x)∣∣∣ dL1(t) .

Pertanto

limr→0+

F (x+ r)− F (x)

r= f(x) .

In modo analogo si prova che anche

limr→0+

F (x− r)− F (x)

r= f(x) ,

e quindi F ′(x) esiste e F ′(x) = f(x). ⋄

239

Page 240: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

22 Funzioni assolutamente continue

In questa Sezione continuiamo lo studio delle proprieta della funzione x 7→∫ x

a f dL1 con f : [a, b] → R funzione L1–sommabile, analizzando quale sia la suaregolarita. Introduciamo quindi la definizione astratta di funzione assolutamentecontinua e mostriamo poi (nel Teorema 22.5) che le funzioni assolutamentecontinue sono esattamente quelle che si possono scrivere come integrale di unafunzione L1–sommabile.

Definizione 22.1. Siano I ⊆ R un intervallo chiuso e f : I → R una funzione.Diremo che f e assolutamente continua se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che

k∑

j=1

|f(yh)− f(xh)| < ε ,

per ogni famiglia finita di punti xh, yh ∈ I tale che x1 ≤ y1 ≤ . . . ≤ xk ≤ yk e

k∑

j=1

|yh − xh| < δ .

Esempio 22.2. Ogni funzione lipschitziana f e assolutamente continua. Infatti,per ogni ε > 0, scelto δ = ε/L con L la costante di Lipschitz di f e presa unaqualunque famiglia finita di punti in I con le proprieta richieste, si ha

k∑

j=1

|f(yh)− f(xh)| ≤ L

k∑

j=1

|yh − xh| < Lδ = ε .

Proposizione 22.3. Siano I ⊆ R intervallo chiuso, f : I → R e g : J → R duefunzioni, c ∈ R. Allora valgono i seguenti fatti

(i) se f e assolutamente continua, allora e uniformemente continua;

(ii) se f e assolutamente continua, allora e a variazione limitata e, dunque, edifferenziabile in L1–q.o. x ∈ I con derivata L1–sommabile;

(iii) se f, g sono assolutamente continue, allora f + g : I ∩ J → R e assoluta-mente continua;

(iv) se f e assolutamente continua, allora cf e assolutamente continua;

(v) se f, g sono assolutamente continue, allora fg : I ∩J → R e assolutamentecontinua;

(vi) se f, g sono assolutamente continue e g e crescente con g(J) ⊆ I, alloraf g e assolutamente continua.

Dimostrazione. (i) Fissato ε > 0, sia δ > 0 tale che

k∑

j=1

|f(yh)− f(xh)| < ε ,

240

Page 241: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

per ogni famiglia finita di punti xh, yh ∈ I tale che x1 ≤ y1 ≤ . . . ≤ xk ≤ yk e

k∑

j=1

|yh − xh| < δ .

Ma allora per ogni x, y ∈ I con |x − y| < δ, ponendo x1 = minx, y e y1 =maxx, y si ha

|f(x1)− f(y1)| = |f(x)− f(y)| < ε ,

ossia f uniformemente continua.

(ii) Supponiamo che I = [a, b]. Sia δ > 0 tale che

k∑

j=1

|f(yh)− f(xh)| < 1 ,

per ogni famiglia finita di punti xh, yh ∈ I tale che x1 ≤ y1 ≤ . . . ≤ xk ≤ yk e

k∑

j=1

|yh − xh| < δ .

Prendiamo n ∈ N tale che b−an < δ e siano ξo ≤ . . . ≤ ξk gli elementi di una

famiglia finita di punti in I. Indichiamo ηj = a + j b−an per 0 ≤ j ≤ n e con

ho ≤ . . . ≤ hn gli indici in 0, . . . , k tali che per ogni j ∈ 0, . . . , n− 1 si abbiaηj ≤ ξα ≤ ηj+1 per hj ≤ α ≤ hj+1. Allora, fissato m ∈ 0, . . . , n− 1 si ha

hm+1∑

j=hm+1

|ξj − ξj−1| ≤ |ηm+1 − ξhm+1 |+hm+1∑

j=hm+1

|ξj − ξj−1|+ |ξhm+1 − ηm|

= ηm+1 − ηm =b− a

n< δ ,

da cui seguehm+1∑

j=hm+1

|f(ξj)− f(ξj−1)| < 1 .

Ma allora

k∑

j=1

|f(ξj)− f(ξj−1)| =n−1∑

m=0

hm+1∑

j=hm+1

|f(ξj)− f(ξj−1)| < n ,

da cui segue, passando al sup sulle famiglie finite ξo ≤ . . . ≤ ξk,

Var(f) < n < +∞ .

(iii) Fissato ε > 0, siano δf , δg > 0 i valori corrispondenti all’assoluta continuitadi f, g rispettivamente. Detto δ = minδf , δg, si ha che

k∑

j=1

|(f + g)(yh)− (f + g)(xh)| ≤k∑

j=1

|f(yh)− f(xh)|+k∑

j=1

|g(yh)− g(xh)| < 2ε ,

241

Page 242: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

per ogni famiglia finita di punti xh, yh ∈ I ∩ J tale che x1 ≤ y1 ≤ . . . ≤ xk ≤ yke

k∑

j=1

|yh − xh| < δ ,

ossia f + g e assolutamente continua.

(iv) Fissato ε > 0, sia δ > 0 tale che

k∑

j=1

|f(yh)− f(xh)| <ε

1 + |c| ,

per ogni famiglia finita di punti xh, yh ∈ I tale che x1 ≤ y1 ≤ . . . ≤ xk ≤ yk e

k∑

j=1

|yh − xh| < δ .

Allora, si ha anche

k∑

j=1

|(cf)(yh)− (cf)(xh)| = |c|k∑

j=1

|f(yh)− f(xh)| <|c|

1 + |c| ε < ε ,

per ogni famiglia finita di punti xh, yh ∈ I tale che x1 ≤ y1 ≤ . . . ≤ xk ≤ yk e

k∑

j=1

|yh − xh| < δ ,

come richiesto.

(v) Per (i) o (ii), sappiamo che f, g sono limitate. Siano Mf ,Mg ∈ R tali cheMf = supI |f | e Mg = supJ |g|. Fissato ε > 0, siano δf , δg > 0 i valori corri-spondenti all’assoluta continuita di f, g rispettivamente. Detto δ = minδf , δg,si ha che

k∑

j=1

|(fg)(yh)− (fg)(xh)| =k∑

j=1

|(f(yh)− f(xh))g(yh) + f(xh)(g(yh)− g(xh))|

≤Mg

k∑

j=1

|f(yh)− f(xh)|+Mf

k∑

j=1

|g(yh)− g(xh)|

< (Mf +Mg)ε ,

per ogni famiglia finita di punti xh, yh ∈ I ∩ J tale che x1 ≤ y1 ≤ . . . ≤ xk ≤ yke

k∑

j=1

|yh − xh| < δ .

Per l’arbitrarieta di ε ne segue la tesi.

(vi) Fissato ε > 0, sia δ > 0 tale che

k∑

j=1

|f(yh)− f(xh)| < ε ,

242

Page 243: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

per ogni famiglia finita di punti xh, yh ∈ J tale che x1 ≤ y1 ≤ . . . ≤ xk ≤ yk e

k∑

j=1

|yh − xh| < δ .

In corrispondenza a questo δ, sia δ′ > 0 tale che

k∑

j=1

|g(yh)− g(xh)| < δ ,

per ogni famiglia finita di punti xh, yh ∈ I tale che x1 ≤ y1 ≤ . . . ≤ xk ≤ yk e

k∑

j=1

|yh − xh| < δ′ .

Allora mostriamo che questo δ′ permette di mostrare l’assoluta continuita dif g. Infatti, presa una famiglia finita di punti xh, yh ∈ J tale che x1 ≤ y1 ≤. . . ≤ xk ≤ yk e

k∑

j=1

|yh − xh| < δ′ ,

la monotonia di g assicura che g(x1) ≤ g(y1) ≤ . . . ≤ g(xk) ≤ g(yk) e unafamiglia finita di punti in I e la scelta di δ′ assicura

k∑

j=1

|g(yh)− g(xh)| < δ .

A questo punto la scelta di δ ci assicura che

k∑

j=1

|(f g)(yh)− (f g)(xh)| =k∑

j=1

|f(g(yh))− f(g(xh))| < ε ,

come richiesto. ⋄

Proposizione 22.4. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione assolu-tamente continua tale che esiste f ′(x) e vale f ′(x) = 0 per L1–q.o. x ∈ [a, b].Allora f e costante in [a, b].

Dimostrazione. (a) Siano x ∈ [a, b] e ε > 0. Sia δ > 0 tale che

k∑

j=1

|f(yh)− f(xh)| < ε ,

per ogni famiglia finita di punti xh, yh ∈ I tale che x1 ≤ y1 ≤ . . . ≤ xk ≤ yk e

k∑

j=1

|yh − xh| < δ .

243

Page 244: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Ponendo

A =

t ∈]a, x[ ; f ′(t) esiste e f ′(t) = 0

,

sappiamo per ipotesi che L1(A) = x − a. Indicando con I la famiglia degliintervalli chiusi non vuoti [c, d] ⊆ [a, x] tali che |f(d) − f(c)| < ε(d − c), si hache ogni elemento di A e contenuto in elementi arbitrariamente piccoli di I.39Per il Teorema 17.4, c’e una sottofamiglia numerabile e disgiunta Io in I taleche L1

(A \⋃J∈Io

J)= 0. Ossia tale che

x− a = L1

(⋃

J∈Io

J

)=∑

J∈Io

L1(J) .

Visto che quest’ultimo termine e una serie convergente, sia I1 una sottofamigliafinita in Io tale che

J∈I1

L1(J) = L1

(⋃

J∈I1

J

)≥ x− a− δ .

(b) A questo punto, se I1 = ∅ si ha x ≤ a+ δ e |f(x)− f(a)| ≤ ε. Altrimenti,supponendo Card(I1) = n + 1 e indicando I1 = [cj , dj ] ; 0 ≤ j ≤ n cona ≤ co < do < . . . < cn < dn ≤ x, si avra

co − a+

n∑

i=1

(ci − di−1) + x− dn = L1

([a, x] \

J∈I1

J

)≤ δ ,

e quindi

|f(co)− f(a)|+n∑

i=1

|f(ci)− f(di−1)|+ |f(x) − f(dn)| < ε .

Ma allo stesso tempo per la definizione di I si ha |f(di)− f(ci)| < ε(di− ci) perogni i e quindi

n∑

i=1

|f(di)− f(ci)| ≤ εn∑

i=1

(di − ci) ≤ ε(x− a) .

Quindi mettendo insieme le due disuguaglianze

|f(x)− f(a)| ≤ |f(co)− f(a)|+n∑

j=1

|f(cj)− f(dj−1)|

+ |f(x)− f(dn)|+n∑

j=0

|f(di)− f(ci)|

≤ ε+ ε(x− a) = ε(1 + x− a) .

Essendo ε arbitrario, f(x) = f(a). E quindi, per arbitrarieta di x ∈ [a, b], fdeve essere costante come richiesto. ⋄

39Questo segue dal fatto che la derivata esiste nei punti di A.

244

Page 245: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Teorema 22.5. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione. Allora sonofatti equivalenti:

(i) f e assolutamente continua;

(ii)∫ x

af ′ dL1 esiste per ogni x ∈ [a, b] e vale f(x)− f(a).

(iii) esiste una funzione ϕ : [a, b] → R L1–sommabile tale che f(x) = f(a) +∫ x

a ϕdL1 per ogni x ∈ [a, b]

Dimostrazione.(ii) =⇒ (iii) E evidente, visto che basta prendere ϕ = f ′.

(iii) =⇒ (i) Sia ε > 0. Allora, ricordando l’Osservazione 8.32, esiste δ > 0 taleche

∫F |ϕ| dL1 < ε quando L1(F ) < δ. Prendiamo ora una famiglia finita di

punti xh, yh ∈ [a, b] tale che x1 ≤ y1 ≤ . . . ≤ xk ≤ yk e

k∑

j=1

|yh − xh| < δ .

Ponendo F =⋃k

j=1[xj , yj[ si ha L1(F ) < δ e quindi

k∑

j=1

|f(yh)− f(xh)| =k∑

j=1

∣∣∣∣∣

[ai,bi[

ϕdL1

∣∣∣∣∣ ≤k∑

j=1

[ai,bi[

|ϕ| dL1 =

F

|ϕ| dL1 < ε .

E questo significa che f e assolutamente continua.

(i) =⇒ (ii) Se f e assolutamente continua, allora e a variazione limitata e quindidifferenziabile L1–q.o. con derivata L1–sommabile, per la Proposizione 22.3(ii).Poniamo g(x) =

∫ x

af ′ dL1 per x ∈ [a, b]. Allora, per il Teorema 21.1, g e ben

definita, e differenziabile L1–q.o. e si ha g′(x) = f ′(x) per L1–q.o. x ∈ ]a, b[.Inoltre, applicando l’implicazione (iii) =⇒ (i) che abbiamo gia provato, g eassolutamente continua essendo definita come l’integrale di una funzione L1–integrabile. Ne segue che ψ = f − g e una funzione assolutamente continua conderivata ψ′ = f ′ − g′ che si annulla L1–q.o. in [a, b]. Per la Proposizione 22.4se ne deduce che ψ e costante. Quindi f(x)− g(x) = f(a)− g(a) = f(a), da cuisegue che per ogni x ∈ [a, b]

f(x)− f(a) = g(x) =

∫ x

a

f ′ dL1 ,

e la dimostrazione e completa. ⋄

Corollario 22.6. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione L1–sommabilee g : [a, b] → R una funzione assolutamente continua. Allora, definendo F (x) =F (a) +

∫ x

a f dL1 per qualche valore F (a) ∈ R si ha

∫ b

a

fg dL1 = F (b)g(b)− F (a)g(a)−∫ b

a

Fg′ dL1 .

Dimostrazione. Sia h = Fg. Per il Teorema 22.5, F e assolutamente continua.Ma allora anche h lo e e quindi, applicando ancora il Teorema 22.5, ne segueche

h(b)− h(a) =

∫ b

a

h′ dL1 .

245

Page 246: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Ma h′ = F ′g + Fg′ in tutti i punti in cui F ′ e g′ sono definite, ossia L1–q.o. in[a, b], e si ha F ′ = f L1–q.o. quindi

∫ b

a

fg dL1 +

∫ b

a

Fg′ dL1 =

∫ b

a

h′ dL1 = h(b)− h(a) = F (b)g(b)− F (a)g(a) ,

come richiesto. ⋄

Proposizione 22.7. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione as-solutamente continua. Allora f(A ∩ [a, b]) e L1–negligible per ogni A ⊆ RL1–negligible.

Dimostrazione. (a) Fissato ε > 0, sia δ > 0 tale che

k∑

j=1

|f(yh)− f(xh)| < ε ,

per ogni famiglia finita di punti xh, yh ∈ I tale che x1 ≤ y1 ≤ . . . ≤ xk ≤ yk e

k∑

j=1

|yh − xh| < δ .

Ricordando la definizione della misura L1, se L1(A) = 0 ci sara una successionedi intervalli chiusi (Ik) che ricoprono A e tali che

∑∞k=0 L1(Ik) < δ.

(b) Ponendo, per ognim ∈ N, Fm = [a, b]∩⋃k≤m Ik, mostriamo che L1(f(Fm)) ≤ε. Infatti, gli insiemi Fm sono compatti e quindi lo sono anche gli insiemif(Fm). In particolare, ciascun f(Fm) e chiuso e quindi misurabile. Inoltre,Fm =

⋃i≤n[ci, di] per opportuni a ≤ co ≤ do ≤ . . . ≤ cn ≤ dn ≤ b. Essendo f

continua su ciascun intervallo [ci, di], esistono xi, yi ∈ [ci, di] tali che

f(xi) = min[ci,di]

f , f(yi) = max[ci,di]

f ,

e, ponendo ai = minxi, yi e bi = maxxi, yi, avremo

n∑

i=0

(bi − ai) ≤n∑

i=0

(di − ci) = L1(Fm) ≤ L1

(⋃

k∈N

Ik

)< δ .

A questo punto

L1(f(Fm)) = L1

i≤m

f([ci, di])

n∑

i=0

L1(f([ci, di]))

=

n∑

i=0

L1([f(xi), f(yi)]) =

n∑

i=0

|f(bi)− f(ai)| < ε .

(c) Ma a questo punto f(Fm) e una successione crescente di insiemi che rico-prono f(A) e quindi

θ1(f(A)) ≤ L1

(⋃

m∈N

f(Fm)

)= sup

m∈N

L1(f(Fm)) ≤ ε .

Per arbitrarieta di ε, ne segue che L1(f(A)) = 0 e la dimostrazione e conclusa. ⋄

246

Page 247: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esempio 22.8. Consideriamo la funzione di Cantor–Vitali f : [0, 1] → [0, 1]introdotta nell’Esercizio 36. Essendo monotona crescente, f e a variazione limi-tata con Var(f) = 1. Inoltre, essendo f continua su [0, 1] e anche uniformementecontinua. Tuttavia, l’insieme di Cantor C e un insieme L1–trascurabile che vie-ne mappato in un insieme non L1–trascurabile f(C) = [0, 1]. Quindi f none assolutamente continua40 e fornisce un esempio di funzione uniformementecontinua e a variazione limitata che non e assolutamente continua.

Menzioniamo ora un importante risultato che lega funzioni sommabili e fun-zioni semicontinue inferiormente. Dato che tale Teorema ci servira solo nelladimostrazione del Teorema 22.10, ma non nel resto delle note, omettiamo la suadimostrazione. I lettori interessati possono trovarla in [6] (225I).

Teorema 22.9. Sia f : D → R con D ⊆ Rd una funzione Ld–sommabile su D.Allora per ogni ε > 0 esiste una funzione semicontinua inferiormente g : Rd → Rtale che f(x) ≤ g(x) per ogni x ∈ D,

∫Dg dLd e definito e si ha

D

g dLd ≤∫

D

f dLd + ε .

Teorema 22.10. Siano I intervallo in R e f : I → R una funzione. Poniamo

F = x ∈ IntI ; f ′(x) e definito .

Allora f e assolutamente continua se e solo se f soddisfa le seguenti proprieta:

• f continua;

• f ′ e L1–sommabile in F ;

• f(I \ F ) e un insieme L1–negligible.

Dimostrazione. (a) Supponiamo che f sia assolutamente continua. Allorasappiamo gia che f e uniformemente continua e quindi continua, che I \F e L1–negligible e che f ′ e L1–sommabile (per la Proposizione 22.3(i)–(ii)). Inoltre,dalla Proposizione 22.7, segue anche che f(I \ F ) e L1–negligible, e quindiun’implicazione e dimostrata.

(b) Sia ora f tale che le tre condizioni sono soddisfatte. Poniamo

f∗(x) =

|f ′(x)| se x ∈ F

0 altrimenti

Osserviamo innanzi tutto che f∗ e boreliana, visto che f ′ e boreliana e F eboreliano (cfr. Teorema 7.24). Assumiamo anche che si abbia per ogni a ≤ b inI

|f(b)− f(a)| ≤∫ b

a

f∗ dL1 .

40Si poteva giungere alla stessa conclusione anche osservando che∫

1

0f ′ dL1 < f(1) − f(0)

o osservando che f non e costante anche se f ′ = 0 L1–q.o. in [0, 1].

247

Page 248: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Allora questo ci permette di concludere. Infatti, fissato ε > 0, per il Teore-ma 8.31 esiste δ > 0 tale che

∫E f

∗ dL1 < ε per ogni insieme misurabile Etale che L1(E) < δ. Presa ora una famiglia finita di punti xh, yh ∈ I tale chex1 ≤ y1 ≤ . . . ≤ xk ≤ yk e

k∑

j=1

|yh − xh| < δ ,

avremo che

k∑

j=1

|f(yj)− f(xj)| ≤k∑

j=1

∫ yj

xj

f∗ dL1 =

∫⋃

j≤k[xj,yj ]

f∗ dL1 ≤ ε .

Quindi f e assolutamente continua.

(c) Resta quindi da dimostrare che, fissati a, b ∈ I con a ≤ b, si ha

|f(b)− f(a)| ≤∫ b

a

f∗ dL1 .

Osserviamo che, essendo [a, b] \ F ⊆ I \ F , anche [a, b] \ F e L1–negligible.Fissiamo dunque ε > 0 e prendiamo G aperto tale che [a, b] \ F ⊆ G e L1(G) ≤ε. Per il Teorema 22.9, sia ora g : R → [0,+∞] una funzione semicontinuainferiormente tale che f∗ ≤ g su [a, b] e

∫ b

a

g dL1 ≤∫ b

a

f∗ dL1 + ε .

Poniamo

A =

x ∈ [a, b] ; L1([f(a), f(x)] \G) ≤ 2ε(x− a) +

∫ x

a

g dL1

,

intendendo che [f(a), f(x)] = ∅ se f(x) < f(a). Ovviamente, a ∈ A quindi∅ 6= A ⊆ [a, b] e c = supA ∈ [a, b]. Mostriamo ora che c = b.Innanzi tutto, la continuita di f implica la continuita della funzione x 7→L1([f(a), f(x)] \ G), ed anche la funzione x 7→ 2ε(x − a) +

∫ x

ag dL1 e conti-

nua. Quindi, c ∈ A.41

Inoltre, se per assurdo fosse c ∈ F , e quindi f∗(c) = |f ′(c)|, avremmo che esisteδ > 0 tale che

a ≤ c− δ < c+ δ ≤ b ,

e per ogni x tale che |x− c| ≤ δ si abbia

g(x) ≥ g(c)− ε ≥ |f ′(c)| − ε ,

∣∣∣∣f(x)− f(c)

x− c− f ′(c)

∣∣∣∣ ≤ ε .

41Si prenda ad esempio una successione ξn → c in A e si passi al limite nella disuguaglianzache caratterizza l’insieme A.

248

Page 249: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Consideriamo ora x = c+ δ. Allora

L1([f(a), f(x)] \G) ≤ L1([f(a), f(c)] \G) + |f(x) − f(c)|

≤ 2ε(c− a) +

∫ c

a

g dL1 + ε(x− c) + |f ′(c)|(x − c)

≤ 2ε(c− a) +

∫ c

a

g dL1 + ε(x− c) +

∫ x

c

(g + ε)

= 2ε(x− a) +

∫ x

a

g dL1 ,

ossia x ∈ A, che e una contraddizione visto che c = supA. Quindi, x ∈ [a, b]\F .Mostriamo finalmente che c = b. Supponiamo per assurdo che c < b. EssendoG aperto e f(x) ∈ G, deve esistere η > 0 tale che

]f(c)− η, f(c) + η[⊆ G ,

e deve esistere per la continuita di f un δ > 0 tale che

x ∈ [a, b]∩ ]c− δ, c+ δ[ =⇒ |f(x)− f(c)| < η .

Ponendo x = minc+ δ, b avremo ]f(c), f(x)[⊆ G e quindi

L1([f(a), f(x)] \G) = L1([f(a), f(c)] \G)

≤ 2ε(c− a) +

∫ c

a

g dL1 ≤ 2ε(x− a) +

∫ x

a

g dL1 ,

da cui di nuovo x ∈ A e quindi una contraddizione con c = supA. Quindi c = b.Ma a questo punto, da b ∈ A segue

f(b)− f(a) ≤ L1([f(a), f(b)]) ≤ L1([f(a), f(x)] \G) + L1(G)

≤ 2ε(b− a) +

∫ b

a

g dL1 + ε

≤ 2ε(b− a) +

∫ b

a

f∗ dL1 + 2ε ,

da cui, per arbitrarieta di ε si conclude f(b)− f(a) ≤∫ b

a f∗ dL1.

Applicando infine lo stesso ragionamento a −f , si ottiene f(a)−f(b) ≤∫ b

af∗ dL1

e la dimostrazione e completa. ⋄Chiudiamo questo Capitolo mostrando un’estensione del Teorema 19.18 per

il cambio di variabili in un integrale rispetto alla misura L1. Le proprieta dellefunzioni assolutamente permettono infatti di definire il cambio di variabili anchein presenza di funzioni non iniettive.

Teorema 22.11. Siano I ⊆ R un intervallo contenente piu di un punto,φ : I → R una funzione che sia assolutamente continua su ogni intervallo chiusoe limitato in I e g : φ(I) → R una funzione Lebesgue misurabile. Posti

u = inf I , u′ = sup I ,

in R, supponiamo che esistano in R i limiti

v = limx→u+

φ(x) , v′ = limx→u′−

φ(x) .

249

Page 250: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Allora si ha ∫ v′

v

g dL1 =

I

g(φ(x))φ′(x) dL1(x) ,

ogniqualvolta l’integrale a destra e definito in R, con l’usuale interpretazione di∫ v′

vg dL1 = −

∫ v

v′ g dL1 nel caso v′ < v.

Dimostrazione. (a) Prendiamo φ con le ipotesi richieste e fissiamo unafunzione g Lebesgue misurabile tale che

I

g(φ(x))φ′(x) dL1(x) < +∞ .

Le condizioni su φ assicurano che φ′ esiste L1–q.o. in I e che φ(A) e L1–negligibleogni volta che A e L1–negligible.42 Se indichiamo ora con

D = x ∈ I ; φ′(x) esiste , Do = x ∈ D ; φ′(x) = 0 ,

il Teorema 7.24 ci assicura che D e Do sono insiemi Boreliani. Inoltre, I \D eL1–negligible e quindi anche φ(I\D) lo e. Infine, applicando il Teorema 19.18(ii)a Do, si ottiene

L1(φ(Do)) ≤∫

Do

|φ′| dL1 = 0 ,

e quindi anche φ(Do) e L1–negligible. Possiamo quindi concludere che

I

g(φ(x))φ′(x) dL1(x) =

D\Do

g(φ(x))φ′(x) dL1(x) .

(b) Applicando ora il Teorema 19.12 con A = R\ 0 e ζ(α) = |α|/2 per α ∈ A,si trovano due successioni (En) e (αn) tali che gli insiemi (En) formano unapartizione di D \Do in insiemi misurabili, αn 6= 0 per ogni n ∈ N e

|φ(x) − φ(y) − αn(x− y)| ≤ 1

2|αn| |x− y| ,

per ogni x, y ∈ En. In particolare, questo implica che φ|Ene iniettiva. Inoltre,

tali successioni soddisfano anche

|φ′(x) − αn| ≤1

2|αn| ,

per ogni x ∈ En, che a sua volta assicura sgnφ′(x) = sgnαn per ogni x ∈ En.Poniamo εn = sgnαn.

(c) Osserviamo che, se B ⊆ R e L1–negligible, allora anche ciascun B∩φ(En) loe. Dunque, applicando il Teorema 19.18(iv) a ciascuna funzione iniettiva φ|En

,si ottiene

0 = L1(B ∩ φ(En)) =

φ−1(B)∩En

|φ′| dL1 ,

42In effetti, nel resto del capitolo abbiamo sempre considerato il caso di funzioni assoluta-mente continue definite su un intervallo chiuso e limitato. Tuttavia, ogni intervallo I ⊆ Rpuo essere scritto come l’unione di una successione di intervalli chiusi e limitati, quindi siala Proposizione 22.3(ii) che la Proposizione 22.7 possono essere applicate anche in questocontesto.

250

Page 251: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

ossia φ−1(B) ∩ En deve essere L1–negligible per ogni n ∈ N, e quindi ancheφ−1(B) \Do lo deve essere. In particolare,

φ−1(B)

g(φ(x))φ′(x) dL1(x) = 0 .

(d) A questo punto, il Teorema 19.18(v) applicato a |g| ed a ciascuna funzioneiniettiva φ|En

ci assicura che

∞∑

n=0

φ(En)

|g| dL1 =

∞∑

n=0

En

|g(φ(x))φ′(x)| dL1(x) .

Quindi, in particolare, ne segue

∫ ( ∞∑

n=0

|gχφ(En)|)dL1 =

D\Do

|g(φ(x))φ′(x)| dL1(x)

e quest’ultimo integrale e finito per le ipotesi su φ e g. Applicando la Propo-sizione 8.30(ii) troviamo che

∑∞n=0 |gχφ(En)| < +∞ L1–q.o. in φ(I). Dunque,

ponendo

Co =

y ∈ φ(I) \

(v, v′ ∪ φ(I \D) ∪ φ(Do)

);

∞∑

n=0

|g(y)χφ(En)(y)| <∞,

da (a) e (b) segue che φ(I) \ Co e L1–negligible. Inoltre, ponendo

C = y ∈ Co ; g(y) 6= 0 ,

si ha anche per ogni J ⊆ φ(I)

J∩C

g dL1 =

J

g dL1 .

(e) Mostriamo ora che per ogni y ∈ C si ha

∞∑

n=0

εn χφ(En)(y) =

1 se v < y < v′

−1 se v′ < y < v0 se y < v ≤ v′ o v′ ≤ v < y

Infatti, fissato y ∈ C si ha g(y) 6= 0 e∑∞

n=0 |g(y)χφ(En)(y)| < ∞. Questoimplica che l’insieme

n ∈ N ; y ∈ φ(En) ,ha cardinalita finita. Inoltre, da y ∈ C segue che y /∈ φ(I \D)∪φ(Do). EssendoD \Do =

⋃n∈NEn e ciascuna φ|En

iniettiva, questo implica che anche l’insieme

K = φ−1(y) = x ∈ D \Do ; φ(x) = y =⋃

n∈N

y∈φ(En)

x ∈ En ; φ(x) = y ,

ha cardinalita finita, visto che e un’unione finita di insiemi contenenti un soloelemento.

251

Page 252: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

A questo punto, per ogni x ∈ K, sia nx ∈ N tale che x ∈ Enx. Allora εnx

=sgnφ′(x) e

∞∑

n=0

εn χφ(En)(y) =∑

x∈K

εnxχφ(Enx)

(y) =∑

x∈K

εnx=∑

x∈K

sgnφ′(x) .

Prendiamo un intervallo J ⊆ R \ K. Essendo φ continua e φ(z) 6= y per ogniz ∈ J , per il Teorema del valore intermedio la funzione φ(z) − y deve esseresempre positiva o sempre negativa per ogni z ∈ J . In particolare, sgn (φ(z)− y)e costante su J .Ragionando per induzione sulla cardinalita dell’insieme K∩ ] − ∞, z[ e facileprovare che43

sgn (φ(z)− y) = sgn (v − y) + 2∑

x∈Kx<z

sgnφ′(x) .

Passando quindi al limite per z → u′−, si ottiene

x∈K

sgnφ′(x) =1

2

(sgn (v′ − y)− sgn (v − y)

),

che coincide con quanto volevamo provare per∑∞

n=0 εn χφ(En)(y).

(f) A questo punto, sfruttando (d) ed (e), possiamo ottenere che

∫ v′

v

g dL1 =

∫ v′

v

gχC dL1 =

C

g

∞∑

n=0

εnχφ(En) dL1

=

∞∑

n=0

εn

C

gχφ(En) dL1 =

∞∑

n=0

εn

φ(En)

gχC dL1 .

Osserviamo che, similmente a quanto accadeva in (b), il Teorema 19.18(v)applicato a gχC ed a ciascuna funzione iniettiva φ|En

ci assicura che

∞∑

n=0

εn

φ(En)

gχC dL1 =

∞∑

n=0

εn

En

(gχC) φ · |φ′| dL1

=

∞∑

n=0

εn

En∩φ−1(C)

g φ · |φ′| dL1 .

Inoltre, per (c), φ(I) \ Co L1–negligible implica che

φ−1(φ(I)\Co)

g φ|φ′| dL1 = 0 .

43Per aiutare l’intuizione, si osservi che per x ∈ K ciascun addendo sgnφ′(x) ci dice se φstia tagliando quota y crescendo o decrescendo e che y /∈ Do assicura che sgnφ′(x) 6= 0.

252

Page 253: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Quindi, da queste relazioni si ottiene che

∫ v′

v

g dL1 =∞∑

n=0

εn

φ(En)

gχC dL1 =∞∑

n=0

εn

En∩φ−1(C)

g φ · |φ′| dL1

=

∞∑

n=0

εn

En∩φ−1(C)

g φ · |φ′| dL1

+

∞∑

n=0

εn

En∩φ−1(φ(I)\Co)

g φ · |φ′| dL1

+

∞∑

n=0

εn

En∩φ−1(Co\C)

g φ · |φ′| dL1

=

∞∑

n=0

εn

En

g φ · |φ′| dL1 =

∞∑

n=0

En

g φ · φ′ dL1 .

Ricordando che gli En formavano una partizione di D \ Do, si puo quindiconcludere che

∫ v′

v

g dL1 =

∞∑

n=0

En

g(φ(x))φ′(x) dL1(x)

=

D\Do

g(φ(x))φ′(x) dL1(x) =

I

g(φ(x))φ′(x) dL1(x) .

come richiesto. ⋄

253

Page 254: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

23 Funzioni a variazione limitata, II

Proponiamo ora una Sezione che dovrebbe aiutare a comprendere meglio lastruttura delle funzioni a variazione limitata.

Osservazione 23.1. Nell’Esempio 2.5 ed in un paio di altre occasioni in questenote, abbiamo considerato il concetto di somma su un insieme di indici nonnumerabile. Riprendiamo questo concetto visto che ci serve nuovamente inquesta Sezione. Dato un insiemi di indici qualunque A, ed una famiglia dinumeri reali

ΞA = wα ; α ∈ A ,nel caso in cui wα ≤ 0 per ogni α ∈ A definiamo

α∈A

wα = sup

α∈B

wα ; B e finito,B ⊆ A.

Si puo vedere che tale definizione e consistente con le usuali definizioni di serie esomme su insiemi numerabili, nel senso che data una successione (wn) a terminipositivi si ha

∞∑

n=0

wn = limk

k∑

n=0

wn = sup

n∈B

wn ; B e finito,B ⊆ N

.

Estendere la definizione di somma su un insieme di indici A al caso di famiglieΞA con termini non necessariamente positivi non e semplice come ci si potrebbeaspettare. Cio che si puo fare e introdurre il concetto di famiglia sommabile:diremo che ΞA e una famiglia sommabile, se entrambe le famiglie a terminipositivi

Ξ+A = w+

α ; α ∈ A , Ξ−A = w−

α ; α ∈ A ,con w+ = maxv, 0 e w− = max−v, 0, soddisfano

α∈A

w+α < +∞ ,

α∈A

w−α < +∞ .

Per una famiglia sommabile definiamo la somma come

α∈A

wα =∑

α∈A

w+α −

α∈A

w−α .

Si noti che una famiglia e sommabile se e solo se e assolutamente sommabile(ossia se e sommabile la famiglia dei numeri reali |wα|). Questa puo sembrareuna richiesta molto forte, ma e necessaria dato che su un insieme di indici Aqualunque non esiste una struttura in grado di suggerirci in quale ordine sidebba effettuare la somma.

Osservazione 23.2. Ci sono alcuni casi in cui la definizione di somma per unaqualunque famiglia di indici si discosta da quella usuale di somma di una serie.Consideriamo, ad esempio, la successione

wn =(−1)n

n+ 1.

254

Page 255: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

E facile vedere che∞∑

n=0

wn = limk

k∑

n=0

wn = ln 2 ,

ma che la famiglia wn ; n ∈ N non e sommabile, visto che

∞∑

n=0

|wn| =∞∑

n=0

1

n+ 1.

Tuttavia, vale sempre che se la successione e una famiglia sommabile, allora lasomma della famiglia e la somma della serie, intesa come limite delle sommeparziali, coincidono.

Osservazione 23.3. Si noti la similitudine della definizione di famiglia som-mabile data nell’Osservazione 23.1 con quella di funzione sommabile data nellaDefinizione 8.14. Ricordando gli Esercizi 8.16 e 8.17, si nota che avevamo giaincontrato (senza menzionarla esplicitamente) la relazione tra i due concetti. Ineffetti, la relazione con la misura counting va oltre al caso di insiemi numerabi-li. Infatti, prendiamo un insieme qualunque X ed indichiamo con µ la misuracounting su X definita sulla σ–algebra P(X). Ad ogni famiglia di numeri reali

wi ; i ∈ I ⊆ X ,

corrisponde una funzione f : X → R (definita da f(i) = wi se i ∈ I e f(i) = 0altrimenti) e viceversa ad ogni funzione corrisponde una famiglia di numerireali. Siccome ogni I ⊆ X appartiene a P(X), ciascuna di queste funzionirisulta P(X)–misurabile.A questo punto, ogni funzione f : X → R tale che f(X) e un insieme finito euna funzione P(X)–semplice e

∫f dµ =

i∈I

f(i)

(con I l’insieme degli indici della famiglia corrispondente a f come sopra) vistoche, se consideriamo una rappresentazione standard f =

∑mj=1 ajχEj

con Ej ⊆X , per ogni j si ha

ajµ(Ej) =∑

i∈Ej

aj =∑

i∈Ej

f(i) .

Facciamo ora una piccolissima digressione. Nello spazio di misura (X,P(X), µ)valgono le seguenti proprieta:44 per ogni E ∈ P(X) e f : X → [0,+∞] si ha

µ(E) = sup µ(F ) ; F ∈ P(X), F ⊆ E, µ(F ) < +∞ ,∫f dµ = sup

F

f dµ ; F ∈ P(X), µ(F ) < +∞.

Si veda [6] (213A e 213B) per la dimostrazione.

44In effetti entrambe le proprieta si possono mostrare per tutti gli spazi di misura (X,Σ, µ)tali che per ogni E ∈ Σ con µ(E) = +∞ esiste F ⊆ E con F ∈ Σ e 0 < µ(F ) < +∞. Questotipo di spazi e detto semi–finito.

255

Page 256: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Grazie a questa proprieta, al fatto che un insieme F ⊆ X ha misura finita µ see solo se e finito e al fatto che ogni funzione P(X)–misurabile a cui corrispondeun insieme finito di indici I e P(X)–semplice, possiamo ora concludere chef : X → [0,+∞] e µ–sommabile se e solo se e P(X)–misurabile e

∫f dµ e finito,

ossia se e solo se e finito∫f dµ = sup

F

f dµ ; F ∈ P(X), µ(F ) < +∞

= sup

∫fχF dµ ; F ∈ P(X), F e finito

= sup

i∈I

f(i)χF (i) ; F ∈ P(X), F e finito

= sup

i∈F

f(i) ; F ⊆ I, F e finito

=∑

i∈I

f(i) .

In altre parole, f e µ–sommabile se e solo se la famiglia f(i) ; i ∈ I esommabile.Infine, una funzione generica f : X → R risulta µ–sommabile se e solo se∫|f | dµ < +∞, ossia se e solo se

i∈I

|f(i)| < +∞ ,

ed in questo caso

∫f dµ =

∫f+ dµ−

∫f− dµ =

i∈I

f+(i)−∑

i∈I

f−(i) =∑

i∈I

f(i) ,

mostrando lo stretto legame tra le proprieta degli integrali e quelli delle sommesu insiemi di indici qualunque.

Per concludere questa parte introduttiva, enunciamo la seguente Proposizio-ne. Rimandiamo a [6] (226Ad–226Af) per la dimostrazione.

Proposizione 23.4. Valgono i seguenti fatti:

(i) se wα ; α ∈ A e una famiglia sommabile di numeri reali, allora per ogniε > 0 esiste un insieme di indici finito K ⊆ A tale che

α∈(A\K)

|wα| < ε ;

(ii) dati wα ; α ∈ A una famiglia di numeri reali e s ∈ R, allora∑

α∈Awα =s se e solo se per ogni ε > 0 esiste un insieme finito K ⊆ A tale che

∣∣∣∣∣s−∑

α∈J

∣∣∣∣∣ < ε ,

per ogni insieme di indici finito J con K ⊆ J ⊆ A;

256

Page 257: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(iii) se wα ; α ∈ A e una famiglia sommabile di numeri reali, allora l’insieme

α ∈ A ; wα 6= 0 ,

e al piu numerabile e, viceversa, se esiste un insieme numerabile infinitodi indici J ⊆ A tale che

∑α∈J |wα| < +∞, allora la famiglia e sommabile

e ∑

α∈J

|wα| =∑

α∈A

|wα| ;

(iv) data wα,β ; α ∈ A, β ∈ B una famiglia di numeri reali positivi, allora

(α,β)∈A×B

wα,β =∑

α∈A

β∈B

wα,β

=

β∈B

(∑

α∈A

wα,β

).

Definiamo ora un particolare tipo di funzioni la cui variazione totale e, comevedremo, limitata e facile da calcolare.

Definizione 23.5. Siano a, b ∈ R con a < b e f : [a, b] → R una funzione.Diremo che f e una funzione salto se esistono due famiglie sommabili ut ; t ∈[a, b[ e vt ; t ∈ [a, b] tali che per ogni x ∈ [a, b] si ha

f(x) =∑

t∈[a,x[

ut +∑

t∈[a,x]

vt .

Definizione 23.6. Siano a, b ∈ R con a < b e f : [a, b] → R una funzione.Definiamo,

f(x+).= lim

ξ→x+, se x ∈ [a, b[ ed il limite esiste,

f(x−).= lim

ξ→x−, se x ∈]a, b] ed il limite esiste.

Osservazione 23.7. Se prendiamo a, b ∈ R con a < b e f : [a, b] → R unafunzione salto con ut ; t ∈ [a, b[ e vt ; t ∈ [a, b] le famiglie associate ad f ,allora avremo

(i) va = f(a);

(ii) per ogni x ∈]a, b], vx = f(x)− f(x−);

(iii) per ogni x ∈ [a, b[, ux = f(x+)− f(x).

Infatti, (i) e evidente45. Preso poi ogni ε > 0, per la Proposizione 23.4(i) esisteun insieme finito K ⊆ [a, b] tale che

t∈[a,x[ \K

|ut|+∑

t∈[a,x]\K

|vt| < ε .

45Ovviamente, si intende sempre che∑

i∈∅ wi = 0.

257

Page 258: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Fissato ora x ∈ [a, b], esistera δ > 0 tale che [x − δ, x + δ] ∩K ⊆ x (ossia ol’intersezione e vuota o contiene x e basta). Quindi, se y ∈ [a, b] appartiene a[x− δ, x[ si ha

∣∣∣∣f(y)− (f(x) − vx)

∣∣∣∣ =

∣∣∣∣∣∣

t∈[y,x[

ut +∑

t∈ ]y,x[

vt

∣∣∣∣∣∣

≤∑

t∈[a,x[ \K

|ut|+∑

t∈[a,x]\K

|vt| < ε ,

mentre se y ∈ [a, b] appartiene a ]x, x+ δ] si ha

∣∣∣∣f(y)− (f(x) + ux)

∣∣∣∣ =

∣∣∣∣∣∣

t∈ ]x,y[

ut +∑

t∈ ]x,y]

vt

∣∣∣∣∣∣

≤∑

t∈[a,x[ \K

|ut|+∑

t∈[a,x]\K

|vt| < ε .

Essendo ε arbitrario, ne segue che f(x−) = f(x)− vx (se x > a) e che f(x+) =f(x) + ux (se x < b).In particolare, ne segue che f e continua in x ∈ ]a, b[ se e solo se ux = vx = 0,che f e continua in a se e solo se ua = 0 e che f e continua in b se e solo sevb = 0. Ricordando la Proposizione 23.4(iii), si ha che l’insieme dei punti di[a, b] in cui una funzione salto f e discontinua e al piu numerabile.Osserviamo anche che se f, g sono funzioni salto e c ∈ R, allora f + g e cf sonoanch’esse funzioni salto.

Proposizione 23.8. Siano a, b ∈ R con a < b e f : [a, b] → R una funzionesalto con ut ; t ∈ [a, b[ e vt ; t ∈ [a, b] le famiglie associate ad f . Allora fe a variazione limitata,

Var(f) =∑

t∈[a,b[

|ut|+∑

t∈]a,b]

|vt| ,

e la derivata f ′ e nulla L1–q.o. in [a, b].

Dimostrazione. (a) Se a ≤ x < y ≤ b, allora

f(y)− f(x) = ux +∑

t∈ ]x,y[

(ut + vt) + vy ,

da cui segue

|f(y)− f(x)| ≤∑

t∈[x,y[

|ut|+∑

t∈ ]x,y]

|vt| .

Se ora a ≤ ao ≤ . . . ≤ an ≤ b e una qualunque suddivisione finita di [a, b], allorasi ha

n∑

i=1

|f(ai)− f(ai−1)| ≤n∑

i=1

t∈[ai−1,ai[

|ut|+∑

t∈ ]ai−1,ai]

|vt|

≤∑

t∈[a,b[

|ut|+∑

t∈ ]a,b]

|vt| .

258

Page 259: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Di conseguenza, passando al sup sulle suddivisioni,

Var[a,b](f) ≤∑

t∈[a,b[

|ut|+∑

t∈ ]a,b]

|vt| < +∞ ,

e abbiamo provato che f e a variazione limitata.

(b) Se a ≤ x < y ≤ b, allora Var[x,y](f) ≥ |ux|+ |vy|. Infatti, avevamo osservatoin 23.7 che ux = f(x+)− f(x) e che vy = f(y)− f(y−). Quindi per ogni ε > 0esistono s, t tali che x < s ≤ t < y e

|f(s)− f(x)| ≥ |ux| − ε , |f(y)− f(t)| ≥ |vy | − ε .

Se ne deduce che

Var[x,y](f) ≥ |f(s)− f(x)|+ |f(t)− f(s)|+ |f(y)− f(t)| ≥ |ux|+ |vy| − 2ε .

Essendo ε arbitrario, abbiamo provato che Var[x,y](f) ≥ |ux|+ |vy|.(c) Fissata una suddivisione finita a ≤ ao ≤ . . . ≤ an ≤ b di [a, b] e ricordandola Proposizione 20.9, da (b) segue che

Var[a,b](f) ≥n∑

i=1

Var[ai−1,ai](f) ≥n∑

i=1

(|uai−1 |+ |vai|) .

Per l’arbitrarieta della suddivisione, ne segue che

Var[a,b](f) ≥∑

t∈[a,b[

|ut|+∑

t∈ ]a,b]

|vt| ,

e quindi vale l’uguaglianza.

(d) Resta da dimostrare che f ′ = 0 L1–q.o. in [a, b]. Fissato ε > 0, per laProposizione 23.4(i) esiste un insieme finito K ⊆ [a, b] tale che

t∈[a,b[ \K

|ut|+∑

t∈ ]a,b]\K

|vt| < ε .

Poniamo

u′t =

ut se t ∈ [a, b[∩K

0 altrimentiv′t =

vt se t ∈ ]a, b] ∩K

0 altrimenti

u′′t = ut − u′t , v′′t = vt − v′t .

Indicando con g, h le funzioni salto corrispondenti alle famiglie sommabili (u′t), (v′t)

e (u′′t ), (v′′t ), rispettivamente, avremo f = g+h. Inoltre, essendo ]a, b[ \K forma-

to da un numero finito di intervalli aperti su cui g e costante, avremo g′(t) = 0per ogni t ∈ ]a, b[ \K, ossia per L1–q.o. t ∈ [a, b]. Ne segue che f ′(t) = h′(t) perL1–q.o. t ∈ [a, b].Allo stesso tempo, ricordando il Teorema 20.16,

∫ b

a

|h′| dL1 ≤ Var[a,b](h) =∑

t∈[a,b[ \K

|ut|+∑

t∈ ]a,b]\K

|vt| < ε ,

259

Page 260: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e dunque ∫ b

a

|f ′| dL1 =

∫ b

a

|h′| dL1 < ε .

Per arbitrarieta di ε deve essere∫ b

a|f ′| dL1 = 0, ossia f ′(t) = 0 per L1–q.o.

t ∈ [a, b]. ⋄

Esempio 23.9. Siano a, b ∈ R con a < b e to = a < t1 < . . . < tn = b unasuddivisione di [a, b]. Prendiamo una funzione f : [a, b] → R che sia costantesu ciascun intevallo ]ti, ti+1[ (chiamiamo step–function una funzione con questaproprieta). Allora f e una funzione salto. Infatti, le famiglie

ut =

0 se t ∈ ]ti, ti+1[

f(t+)− f(t) se t = ti

vt =

0 se t ∈ ]ti, ti+1[

f(t)− f(t−) se t = ti

hanno le proprieta richieste.In realta vale qualcosa di piu. Se f e una funzione salto, allora per ogni ε > 0 esi-stono una suddivisione to = a < t1 < . . . < tn = b di [a, b] e una step–functiong tale che Var[a,b](f − g) < ε. Infatti, se f e una funzione salto corrispon-dente alle famiglie sommabili (ut) e (vt), allora per ogni ε > 0 esiste per laProposizione 23.4(i) un insieme finito K = t1, . . . , tM in [a, b] tale che

t∈[a,x[ \K

|ut|+∑

t∈ ]a,x]\K

|vt| < ε .

Ma allora consideriamo la step–function definita da

g(x) =∑

t∈[a,x[

|u′t|+∑

t∈ ]a,x]

|v′t| ,

per ogni x ∈ [a, b], con

u′t =

ua se t = a

ut se t = ti

0 altrimenti

v′t =

vb se t = b

vt se t = ti

0 altrimenti

(g e una step function visto che g(x) ≡ ∑ij=0(utj + vtj ) per ogni x ∈ ]ti, ti+1[,

i = 0, . . . ,M con to = a e tM+1 = b). Allora, K ∪ a, b e una suddivisionefinita di [a, b] e g e tale che f − g e una funzione salto le cui famiglie sommabilisono date da

u′′t =

ut se t ∈ ]ti, ti+1[

0 se t = ti

v′′t =

vt se t ∈ ]ti, ti+1[

0 se t = ti

260

Page 261: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

sempre con to = a ≤ t1 < . . . < tM ≤ tM+1 = b. Ne segue che

Var(f − g) =∑

t∈[a,b[

|u′′t |+∑

t∈]a,b]

|v′′t |

=

t∈[a,x[ \K

|ut|+∑

t∈[a,x]\K

|vt|

+

t∈K

|u′′t |+∑

t∈K

|v′′t |

< ε+

M∑

i=1

(|u′′ti |+ |v′′ti |

)= ε .

Teorema 23.10. Siano a, b ∈ R con a < b e f : [a, b] → R una funzionecrescente. Allora esistono una funzione salto fs : [a, b] → R, una funzione asso-lutamente continua fac : [a, b] → R ed una funzione fc : [a, b] → R differenziabileL1–q.o. in ]a, b[ con derivata nulla tali che

f = fs + fac + fc .

Inoltre, prese altre tre funzioni (f ′s, f

′ac, f

′c) con le stesse proprieta, si ha che

fs − f ′s, fac − f ′

ac, fc − f ′c sono tutte costanti, ossia che la decomposizione e

unica a meno di costanti additive. In particolare, la decomposizione e unica se,ad esempio, si richiede fac(a) = f(a) e fs(a) = fc(a) = 0.

Dimostrazione. (a) Poniamo va = 0, vt = f(t) − f(t−) per t ∈ ]a, b] eut = f(t+) − f(t) per t ∈ [a, b[. Essendo f crescente, tutti i vt e ut sonopositivi. Inoltre, presa una qualunque famiglia finita a < to < . . . < tn < b, siha che

n∑

i=0

(uti + vti) =

n∑

i=0

(f(ti+)− f(ti−)) ≤ f(b)− f(a) ,

ossia che le somme su famiglie finite sono tutte finite e limitate da f(b)− f(a).Quindi

∑t∈[a,b[ ut e

∑t∈]a,b] vt sono famiglie sommabili.

Ponendo quindi

fs =∑

t∈[a,b[

ut +∑

t∈]a,b]

vt ,

otteniamo una funzione salto tale che per ogni x ∈ ]a, b] vale

fs(x) = f(a+)− f(a) +∑

t∈]a,x[

(f(t+)− f(t−)

)+ f(x)− f(x−) .

(b) Mostriamo ora che sia fs che F = f − fs sono funzioni crescenti. Infatti,presi x, y ∈ [a, b] con x < y, per ogni famiglia finita x = to < . . . < tn+1 = y siha

f(x+)− f(x) +

n∑

i=1

(f(ti+)− f(ti−)) + f(y)− f(y−)

= f(y)− f(x)−n+1∑

i=1

(f(ti−)− f(ti−1+)) ≤ f(y)− f(x) ,

261

Page 262: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Quindi, sfruttando (a), si ha

fs(y)− fs(x) = f(x+)− f(x) +∑

t∈]x,y[

(f(t+)− f(t−)

)+ f(y)− f(y−)

≤ f(y)− f(x) .

Ne segue f(y) − fs(y) ≥ f(x) − fs(x), ossia F crescente. Inoltre, essendo fcrescente, si ha ut, vt ≥ 0 per ogni t, e quindi anche fs e crescente.

(c) Da fs(a) = va = 0, fs(t) − fs(t−) = vt = f(t) − f(t−) per t ∈ ]a, b] efs(t+)− fs(t) = ut = f(t+)− f(t) per t ∈ [a, b[, segue che

F (a) = f(a) ,

F (t)− F (t−) = 0 per t ∈ ]a, b] ,

F (t+)− F (t) = 0 per t ∈ [a, b[ ,

ossia che F e continua in ]a, b[. Inoltre, si ha che la decomposizione f = F + fscon F continua e fs funzione salto e unica a meno di costanti additive. Seinfatti si fa anche f = F + fs, allora F − F = fs − fs e una funzione continuasu ]a, b[. Per l’Osservazione 23.7, indicando con (ut), (vt) le famiglie sommabilicorrispondenti a fs e con (ut), (vt) quelle corrispondenti a fs, si deve avereut = vt = ut = vt = 0 per ogni t ∈ ]a, b[. Ne segue che per ogni x ∈ [a, b]

fs(x)−fs(x) =∑

t∈[a,x[

ut+∑

t∈[a,x]

vt−

t∈[a,x[

ut +∑

t∈[a,x]

vt

= ua+ va−ua−va ,

ossia la differenza e costante. Ma allora anche la differenza tra F − F e costantee la rappresentazione e unica a meno di costanti additive.

(d) Essendo f crescente, per il Lemma 20.4 si ha che f ′ e una funzione L1–sommabile. Inoltre, per la Proposizione 23.8, sappiamo che f ′

s = 0 L1–q.o.,visto che fs e una funzione salto. Quindi, f ′ = F ′ + f ′

s =q.o. F′. Poniamo per

ogni x ∈ [a, b]

fac(x) = f(a) +

∫ x

a

f ′ dL1 .

Allora fac e crescente (ricordando l’Osservazione 20.2) e assolutamente continua(ricordando il Teorema 22.5).

(e) Poniamo infinefc = F − fac = f − fs − fac .

Per ogni x, y ∈ [a, b] con x ≤ y, sfruttando il Lemma 20.4, si ha

fac(y)− fac(x) =

∫ y

x

f ′ dL1 =

∫ y

x

F ′ dL1 ≤ F (y)− F (x) ,

da cui segue che F (x) − fac(x) ≤ F (y) − fac(y), ossia fc e crescente. Inoltre,ricordando Teorema 21.1, si ha f ′

ac = F ′ L1–q.o. in [a, b] da cui segue

f ′c = F ′ − f ′

ac = 0 ,

L1–q.o. in [a, b].

262

Page 263: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(f) Se ora mostriamo che anche la decomposizione F = fac + fc e unica ameno di costanti additive, allora la dimostrazione e completa, visto che l’unicitadella decomposizione complessiva seguirebbe mettendo insieme questo e la partefinale di (c). Supponiamo quindi che F = fac + fc. Allora fac − fac = fc − fce una funzione assolutamente continua con derivata quasi ovunque nulla. DallaProposizione 22.4 segue quindi che si deve trattare di una costante e l’unicitarichiesta e provata. ⋄

Osservazione 23.11. Dalla dimostrazione del Teorema 23.10 segue anche chele tre funzioni fs, fac e fc sono crescenti. Inoltre, dalla formula esplicita dataper le famiglie sommabili ut, vt corrispondenti a fs, segue che per ogni x ∈ [a, b]

fs(x) = vx +∑

t∈[a,x[

(ut + vt) = f(x)− f(x−) +∑

t∈[a,x[

(f(t+)− f(t−)) .

In particolare, per ogni x ∈]a, b[

fs(x+) =∑

t∈[a,x]

(f(t+)− f(t−)) , fs(x−) =∑

t∈[a,x[

(f(t+)− f(t−)) .

Si noti che il termine f(t+)− f(t−) e non nullo se e solo se f e discontinua int. Essendo f monotona, allora e continua in tutti i punti meno un insieme alpiu numerabile (cfr. l’Osservazione 20.5) e quindi f(t+)− f(t−) 6= 0 per al piuuna quantita numerabile di t.Inoltre, vale l’uguaglianza

fs(x+)− fs(x−) = f(x+)− f(x−) ∀x ∈ ]a, b[ ,

che ci dice che la funzione fs ha esattamente le stesse discontinuita della funzionef . Da tale uguaglianza segue anche che fc e continua in ]a, b[. Infatti, perl’assoluta continuita di fac, si ha fac(x+) = fac(x−) per ogni x ∈ ]a, b[ e quindi

fc(x+)− fc(x−) = f(x+)− f(x−)− fs(x+)− fs(x−) = 0 .

Esempio 23.12. Consideriamo la funzione di Cantor–Vitali introdotta nell’E-sercizio 36 e indichiamola con f . Essendo crescente, f puo essere decompostasecondo il Teorema 23.10. Inoltre essendo f continua, differenziabile L1–q.o. in[0, 1] con derivata nulla, ammettera come decomposizione fs = fac = 0 e fc = f(e questa e l’unica decomposizione a meno di costanti additive).

Esempio 23.13. Consideriamo la funzione g(x) = x+f(x)2 , ottenuta nell’E-

sempio 7.16 a partire dalla funzione di Cantor–Vitali f . Essendo crescente, gpuo essere decomposta secondo il Teorema 23.10 e in questo caso avremo, per

x ∈ [0, 1], fs(x) = 0, fac =x2 e fc =

f(x)2 .

Corollario 23.14. Siano a, b ∈ R con a < b e f : [a, b] → R una funzionea variazione limitata. Allora esistono una funzione salto fs : [a, b] → R, unafunzione assolutamente continua fac : [a, b] → R ed una funzione fc : [a, b] → Rdifferenziabile L1–q.o. in ]a, b[ con derivata nulla tali che

f = fs + fac + fc .

263

Page 264: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Inoltre, prese altre tre funzioni (f ′s, f

′ac, f

′c) con le stesse proprieta, si ha che

fs − f ′s, fac − f ′

ac, fc − f ′c sono tutte costanti, ossia che la decomposizione e

unica a meno di costanti additive. In particolare, la decomposizione e unica se,ad esempio, si richiede fac(a) = f(a) e fs(a) = fc(a) = 0.

Dimostrazione. (a) Per Teorema 20.11 esistono due funzioni crescenti limitateg, h : R → R tali che f = g−h su [a, b]. Applicando il Teorema 23.10 alle funzionig, h otteniamo che due decomposizioni

g = gs + gac + gc , h = hs + hac + hc .

A questo punto le funzioni

fs = gs − hs , fac = gac − hac , fc = gc − hc ,

forniscono la decomposizione richiesta. Inoltre, l’unicita a meno di costantiadditive segue da quella delle decomposizioni di g e h.46 ⋄

Definizione 23.15. Le funzioni che compaiono nella decomposizione di unafunzione crescente o a variazione limitata vengono dette rispettivamente:

• fs parte di salto di f ;

• fac parte assolutamente continua di f ;

• fc parte cantoriana di f .

Proposizione 23.16. Sia f : R → R una funzione crescente. Per ogni inter-vallo half–open [a, b[ definiamo λf ([a, b[ ) = 0 se [a, b[ = ∅ e

λf ([a, b[ ) = f(b−)− f(a−) ,

se a < b. Allora la funzione θf : P(R) → [0,+∞] definita per ogni A ⊆ R come

θf (A).= inf

∞∑

j=0

λf (Ij) ; (Ij)successione di intervalli half–open,A ⊆⋃

j∈N

Ij

e una misura esterna su R. Inoltre,

(i) i boreliani di R sono tutti θf–misurabili;

(ii) detta µf la misura ottenuta da θf con il metodo di Caratheodory e Σf ilsuo dominio (ossia la σ–algebra degli insiemi θf–misurabili), allora perogni a, b ∈ R con a < b si ha

µf ([a, b[ ) = λf ([a, b[ ) , µf ([a, b]) = f(b+)− f(a−) ,

µf ( ]a, b[ ) = f(b−)− f(a+) , µf ( ]a, b]) = f(b+)− f(a+) ;

46Data ad esempio un’altra fs, le funzioni fs + hs e fs + hs costituiscono con gac e gc duedecomposizioni di g, quindi devono differire di una costante. Sottraendo l’addendo comunehs si ottiene che anche fs e fs differiscono di una costante.

264

Page 265: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(iii) per ogni A ∈ Σf

µf (A) = inf

∞∑

j=0

µf (Ij) ; (Ij) succ. di intervalli aperti,A ⊆⋃

j∈N

Ij

= inf µf (U) ; U aperto,A ⊆ U= sup µf (K) ; K compatto,K ⊆ A ;

(iv) se g : R → R e un’altra funzione crescente e c ∈ R, allora si ha

µf+g(A) = µf (A) + µg(A) ,

per ogni A ∈ Σf ∩ Σg e

µcf (A) = cµf (A) ,

per ogni A ∈ Σf .

Dimostrazione. (a) Cominciamo a mostrare che θf e una misura esterna. SeA = ∅, e evidente che θf (A) = 0. Se A ⊆ B, e chiaro che ogni ricoprimento di Be anche un ricoprimento di A e quindi θf (A) ≤ θf (B). Resta da dimostrare laσ–subadditivita. Sia (An) una successione di insiemi in R e per ogni ε > 0 sia(In,j) una successione di intervalli half–open tali che si abbia An ⊆ ⋃

j∈N In,je∑∞

j=0 λf (In,j) < θf (An) + ε · 2−n−1 per ogni n ∈ N. Ora, siccome N × N enumerabile, esiste una bijezione ϕ : N → N×N che associa k → (nk, jk) e quindi

A ⊆⋃

n,j∈N

In,j =⋃

k∈N

Ink,jk .

Ne segue che

θf

(⋃

n∈N

An

)≤

∞∑

k=0

λf (Ink,jk) =

∞∑

n=0

∞∑

j=0

λf (In,j)

≤∞∑

n=0

(λf (An) +

ε

2n+1

)=

∞∑

n=0

λf (An) + ε .

Essendo ε arbitrario, ne segue θf (A) ≤∑∞

n=0 λf (An) e quindi θf e una misuraesterna.

(b) Passiamo a mostrare che gli intervalli half–open sono θf–misurabili. Siadunque [a, b[ un intervallo half–open e sia A ⊆ R tale che θf (A) < +∞. Alloraprendiamo per ogni ε > 0 una successione di intervalli half–open (Ij) tali cheA ⊆ ⋃j∈N Ij e

∑∞j=0 λf (Ij) < θf (A) + ε. Le successioni di intervalli (I ′j), (I

′′j )

e (I ′′′j ) definite da

I ′j = Ij ∩ [a, b[ , I ′′j = Ij ∩ [−∞, a[ , I ′′′j = Ij ∩ [b,+∞] ,

sono successioni di intervalli half–open tali che Ij = I ′j ∪ I ′′j ∪ I ′′′j , A ∩ [a, b[⊆⋃

j∈N I′j e A \ [a, b[⊆

(⋃j∈N I

′′j

)∪(⋃

j∈N I′′′j

). Visto che dati a < c < b si ha

λf ([a, b[) = λf ([a, c[) + λf ([c, b[) ,

265

Page 266: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

si ha anche

θf (A ∩ [a, b[) + θf (A \ [a, b[) ≤∞∑

j=0

λf (I′j) +

∞∑

j=0

λf (I′′j ) +

∞∑

j=0

λf (I′′j )

=

∞∑

j=0

λf (Ij) < θf (A) + ε .

Per arbitrarieta di ε ne segue che

θf (A ∩ [a, b[) + θf (A \ [a, b[) ≤ θf (A) ,

e dunque [a, b[ e θf–misurabile.

(c) Vogliamo ora mostrare che i boreliani di R sono θf–misurabili.Cominciamo con il mostrare che tutti gli intervalli lo sono. Sappiamo gia chegli intervalli half–open lo sono. Da questo segue che gli intervalli half–openillimitati sono θf–misurabili, in quanto unione di una successione di intervallihalf–open

[a,+∞[=⋃

n∈N

[a+ n, a+ n+ 1[ ,

e che i punti sono θf–misurabili, in quanto intersezione di una successione diintervalli half–open a =

⋂n∈N[a, a + 1/n[. Quindi anche tutti gli altri tipi

di intervalli sono θf–misurabili, visto che possono essere ottenuti passando alcomplementare o aggiungendo o togliendo un punto ad intervalli half–open eillimitati.Inoltre, preso un qualunque aperto di R, questo e unione al piu numerabiledi intervalli aperti e disgiunti. Quindi gli aperti sono θf–misurabili ed anchei boreliani lo sono, visto che gli aperti generano B(R). E questo completa ladimostrazione di (i).

(d) La proprieta µf ([a, b[ ) = λf ([a, b[ ) e immediata, visto che Io = [a, b[ esempre un ricoprimento tra quelli in cui bisogna prendere l’inf. Inoltre, da[a, b] =

⋂n∈N[a, b+ 1/n[ segue

µf ([a, b]) = limnµf

([a, b+

1

n

[)= lim

nλf

([a, b+

1

n

[)

=

(limnf

(b+

1

n−))

− f(a−) .

Essendo

f(b+) = infn∈N

f

(b+

1

n

), lim

nf

(b+

1

n−)= inf

n∈Nsupk∈N

f

(b+

1

n− 1

k

),

abbiamo, per la monotonia di f , f(b+1/n−1/k) < f(b+1/n) per ogni n, k ∈ Ne quindi

limnf

(b+

1

n−)

≤ supk∈N

f

(b+

1

n− 1

k

)≤ f

(b+

1

n

),

e, passando all’inf su n ∈ N, f(b+) ≥ limn f(b+ 1/n−). Allo stesso tempo, perogni ε > 0 esiste N ∈ N tale che

supk∈N

f

(b+

1

N− 1

k

)< lim

nf

(b+

1

n−)+ ε ,

266

Page 267: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

quindi scegliendo k′ = 1/2N si ha

infn∈N

f

(b+

1

n

)≤ f

(b+

1

2N

)= f

(b+

1

N− 1

k′

)

≤ supk∈N

f

(b+

1

N− 1

k

)< lim

nf

(b+

1

n−)+ ε .

Per arbitrarieta di ε ne segue che f(b+) ≤ limn f(b + 1/n−) e quindi cheµf ([a, b]) = f(b+) − f(a−). A questo punto le altre uguaglianze seguonofacilmente, visto che fissato un qualunque α > 0 si ha

µf ( ]a, b[ ) = µf ([a− α, b[ )− µf ([a− α, a])

= f(b−)− f(a− α−)− (f(a+)− f(a− α−)) = f(b−)− f(a+) ,

µf ( ]a, b]) = µf ([a− α, b])− µf ([a− α, a])

= f(b+)− f(a− α−)− (f(a+)− f(a− α−)) = f(b+)− f(a+) .

Questo completa la dimostrazione di (ii).

(e) Passiamo a (iii). Fissato A ∈ Σf , poniamo

Γ = inf

∞∑

j=0

µf (Ij) ; (Ij) successione di intervalli aperti,A ⊆⋃

j∈N

Ij

.

Allora, per ogni ε > 0 sia (Ij) = ([aj , bj [ ) una successione di intervalli half–openche ricopre A e tale che

∞∑

j=0

λf (Ij) < µf (A) + ε .

In corrispondenza a ε, per ogni j ∈ N sia δj > 0 tale che 0 < ξ < δj implichif(aj − ξ)− f(aj−) < ε2−j−1. Allora, in particolare

f(aj − δj+) = infn∈N

f(aj − δj + 1/n) < f(aj−) + ε2−j−1 .

Inoltre, A ⊆ ⋃j∈N]aj − δj , bj [ e

Γ ≤∞∑

j=0

µf ( ]aj − δj , bj [ ) =

∞∑

j=0

f(bj−)− f(aj − δj+)

≤∞∑

j=0

λf ([aj , bj [ ) + ε < µf (A) + 2ε ,

e quindi Γ ≤ µf (A).Viceversa, presi degli intervalli aperti ( ]aj , bj[ ) tali che A ⊆ ⋃j∈N]aj, bj [ e dettoℓj = bj − aj , per ogni j si ha

]aj , bj [ =⋃

k∈N

[aj +

ℓj2k+1

, aj +ℓj2k

[.

267

Page 268: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Quindi, ponendo Ij,k =[aj +

ℓj2k+1 , aj +

ℓj2k

[, si ha A ⊆ ⋃j,k∈N Ij,k e dunque

µf (A) ≤∞∑

j,k=0

λf (Ij,k) =

∞∑

j=0

∞∑

k=0

µf (Ij,k) =

∞∑

j=0

µf ( ]aj , bj[ ) ,

dove nell’ultima uguaglianza abbiamo sfruttato la σ–additivita di µf ed il fat-to che per ogni j fissato gli insiemi (Ij,k)k∈N sono una successione disgiunta.Passando all’inf tra i ricoprimenti con intervalli aperti, si ottiene

µf (A) ≤ Γ ,

e quindi vale l’uguaglianza.

(f) Mostriamo ora che

µf (A) = inf µf (U) ; A aperto,A ⊆ U .

Infatti, da A ⊆ U segue µf (A) ≤ µf (U). D’altra parte preso U aperto con A ⊆U , U e un’unione numerabile di intervalli aperti disgiunti, diciamo ( ]aj , bj[ ), esi ha µf (U) ≤ ∑∞

j=0 µf ( ]aj , bj [ ) e ( ]aj , bj [ ) e un ricoprimento di A. Quindi,passando all’inf sui ricoprimenti di A fatti con intervalli aperti e sfruttandol’uguaglianza mostrata in (e), ne segue µf (U) ≤ µf (A).

(g) Resta da vedere che

µf (A) = sup µf (K) ; K compatto,K ⊆ A .

Supponiamo dapprima A limitato. Se A chiuso, allora A e compatto e l’ugua-glianza e ovvia. Se invece A non e chiuso, A \ A 6= ∅ e possiamo prendere perogni ε > 0 un aperto U tale che A \A ⊆ U

µf (U) < µf (A \A) + ε .

Ponendo K = A \U , otteniamo un compatto tale che K ⊆ A, A \K = A ∩U equindi

µf (K) = µf (A)− µf (A ∩ U) = µf (A)− (µf (U)− µf (U \A))≥ µf (A)− µf (U) + µf (A \A) > µf (A)− ε .

Ne segueµf (A) = sup µf (K) ; K compatto,K ⊆ A .

Se invece A non e limitato, consideriamo Ah = A∩ ]h, h + 1] e vi applichiamola prima parte. Allora per ogni ε > 0 esiste un compatto Kh ⊆ Ah tale cheµf (Kh) ≥ µf (Ah)−ε2−h−1. Ponendo Hn =

⋃nj=−nKj , otteniamo un compatto

tale che Hn ⊆ A e

µf (Hn) =

n∑

j=−n

µf (Kj) ≥ µf

n⋃

j=−n

Aj

− ε .

Essendo limn µf

(⋃nj=−n Aj

)= µf (A), si ha che esiste N ∈ N tale che

∣∣∣∣∣∣µf (A) − µf

N⋃

j=−N

Aj

∣∣∣∣∣∣< ε ,

268

Page 269: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e quindiµf (HN ) ≥ µf (A)− 2ε .

Questo implica

µf (A) = sup µf (K) ; K compatto,K ⊆ A ,anche nel caso di A illimitato e (iii) e dimostrata.

(h) Infine consideriamo (iv). E evidente che λcf = cλf . Quindi segue immedia-tamente che anche µcf = cµf .Per concludere, siano quindi f, g : R → R funzioni crescenti. Vogliamo mostrareche si ha µf+g(E) = µf (E) + µg(E) per ogni E ∈ Σf ∩ Σg. Infatti, per ogniintervallo half–open [a, b[ vale

λf+g([a, b[ ) = (f + g)(b−)− (f + g)(a−)

= f(b−)− f(a−) + g(b−)− fg(a−)

= λf ([a, b[ ) + λg([a, b[ ) ,

e per (ii) questo e equivalente all’uguaglianza richiesta nel caso di E un intervallohalf–open. Inoltre, per ogni x ∈ R,

µf+g(x) =(f(x+) + g(x+)

)−(f(x−) + g(x−)

)= µf (x) + µg(x) ,

ossia l’uguaglianza richiesta nel caso di E un singoletto. Da questi due casiparticolari segue pure che per ogni intervallo aperto ]a, b[ si ha

µf+g( ]a, b[ ) = µf+g([a, b[ )− µf+g(a)= µf ([a, b[ ) + µg([a, b[ )− µf (a)− µg(a)= µf ( ]a, b[ ) + µg( ]a, b[ ) .

Quindi la proprieta vale anche per ogni E aperto, visto che in tal caso E puoessere scritto come unione numerabile di intervalli aperti disgiunti.A questo punto, fissiamo un qualunque insieme E ∈ Σf ∩ Σg. Ricordandol’uguaglianza mostrata in (f), per ogni ε > 0 esistono Uf , Ug aperti tali cheE ⊆ Uf , E ⊆ Ug, µf (Uf ) < µf (E) + ε/2 e µg(Ug) < µg(E) + ε/2. AlloraUf ∩ Ug e un aperto, E ⊆ Uf ∩ Ug e

µf+g(E) ≤ µf+g(Uf ∩ Ug) = µf (Uf ∩ Ug) + µg(Uf ∩ Ug)

≤ µf (Uf ) + µg(Ug) < µf (E) + µg(E) + ε.

Per arbitrarieta di ε, ne segue µf (E) + µg(E) ≥ µf+g(E).Viceversa, preso ε > 0 sia (Ij) una successione di intervalli half–open tali cheE ⊆ ⋃j∈N Ij e

∑∞j=0 λf+g(Ij) < µf+g(E) + ε. Allora

µf (E) + µg(E) ≤∞∑

j=0

λf (Ij) +

∞∑

j=0

λg(Ij)

=

∞∑

j=0

λf+g(Ij) < µf+g(E) + ε.

Per arbitrarieta di ε, ne segue µf (E) + µg(E) ≤ µf+g(E) e quindi vale l’ugua-glianza cercata. ⋄

269

Page 270: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Definizione 23.17. La misura µf definita nella Proposizione 23.16(ii) vienedetta misura di Lebesgue–Stieltjes associata a f .

Osservazione 23.18. La misura di Lebesgue–Stieltjes associata ad una funzio-ne crescente f ha una grande importanza nella teoria della probabilita. DallaProposizione 23.16(i)–(iii), ad esempio, segue che µf e una misura di Radonpositiva. E si puo provare che ogni misura di Radon positiva e la misura diLebesgue–Stieltjes di un’opportuna funzione f . Tuttavia in queste note siamopiu interessati al suo legame con le funzioni a variazione limitata, quindi nonapprofondiremo oltre questo aspetto.

Osservazione 23.19. E interessante osservare come la stessa misura di Lebesgue–Stieltjes possa corrispondere a molteplici funzioni differenti. Innanzi tutto, seµf e associata ad una funzione crescente f , allora e anche associata a f + c perogni costante reale c. Ma non e questa l’unica fonte di “molteplicita”: nelladefinizione di µf e nelle sue proprieta della Proposizione 23.16, vengono soloconsiderati i limiti destri e sinistri di f nei punti del suo dominio (che esistonoin ciascun punto, per monotonia) e non i valori che f assume. Ergo, potremmomodificare i valori assunti dalla funzione f in ciascun suo punto di discontinuita(che sono al piu numerabili) prendendo un qualunque valore compreso tra illimite sinistro ed il limite destro e avremmo ancora una funzione crescente f acui corrisponde la medesima misura µf .

Osservazione 23.20. Osserviamo anche che, scegliendo f(x) = x, la misura µf

coincide con L1. Infatti, µf e completa, invariante per traslazioni e µf ([0, 1]) =

1 = L1([0, 1]). Quindi, applicando l’Esercizio 31, si ha µf = L1 su tutti gli

insiemi L1–misurabili di R.

Teorema 23.21. Siano f : R → R una funzione crescente, µf la misura diLebesgue–Stieltjes associata e Σf il dominio di µf . Allora valgono i seguentifatti:

(i) la misura µf si puo decomporre in tre componenti

µf = µac + µj + µc ,

tali cheµac ≪ L1 , µj ⊥ L1 , µc ⊥ L1 ,

µc e zero sui singleton x ⊆ R e µj(E) =∑

x∈E µj(x) per ogni E ∈ Σf ;

(ii) se f : [a, b] → R e indichiamo con f = fs + fac+ fc l’unica decomposizionedi f con fac(a) = f(a) e fs(a) = fc(a) = 0, allora si ha sugli insiemiboreliani di R

µj = µfs , µac = µfac, µc = µfc ,

e inoltre per ogni E ∈ B(R) valgono le uguaglianze

µac(E) =

E

f ′ac dL1 ,

270

Page 271: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

µj(E) =∑

t∈E

(f(t+)− f(t−)) =∑

t∈E∩Df

(f(t+)− f(t−)) ,

dove (µj , µac, µc) sono le misure introdotte in (i), (µfs , µfac, µfc) sono le

misure ottenute dalla decomposizione di f , pensando le funzioni estese atutto R con f(x) = f(a) per x < a e f(x) = b per x > b (e lo stesso perfs, fac e fc), e Df e l’insieme dei punti di discontinuita di f , che e al piunumerabile.

Dimostrazione. (a) Mostriamo (i) nel caso in cui µf sia totalmente finita.Applichiamo il Teorema di decomposizione di Lebesgue a µf rispetto alla misuraL1. Allora, esistono µac e µs misure tali che

µac ≪ L1 , µs ⊥ L1 , µf = µac + µs .

Definiamo ora una funzione µj su Σf ponendo

µj(E) = sup µf (E ∩K) ; K ⊆ R, K e numerabile .

Vogliamo ora mostrare che µj e una misura e che µj ⊥ L1. Ovviamente µj(∅) =0. Sia ora (En) una successione disgiunta di insiemi in Σf e sia E =

⋃n∈NEn.

Allora per ogni insieme numerabile K ⊆ R, (En∩K) e una successione disgiuntae

µf (E ∩K) =

∞∑

n=0

µf (En ∩K) ≤∞∑

n=0

µj(En) .

Quindi passando al sup sugli insiemi numerabili K si ottiene

µj(E) ≤∞∑

n=0

µj(En) .

Viceversa, preso ε > 0, da∑∞

n=0 µf (En) = µf (E) < +∞ (perche assumiamoµf totalmente finita), segue che esiste N ∈ N tale che

∞∑

N+1

µf (En) < ε .

Per ciascun k ∈ 0, . . . , N sia Fk insieme numerabile di R tale che

µf (Ek ∩ Fk) ≥ µj(Ek)−ε

N + 1.

Allora, ponendo F =⋃N

k=0 Fk otteniamo un sottoinsieme numerabile di R taleche, essendo Ek ∩ Fk ⊆ E ∩ F insiemi disgiunti per 0 ≤ k ≤ N , si abbia

µj(E) ≥ µf (E ∩ F ) ≥N∑

k=0

µf (Ek ∩ Fk)

≥N∑

k=0

(µj(Ek)−

ε

N + 1

)=

N∑

k=0

µj(Ek)− ε

>

N∑

k=0

µj(Ek) +

∞∑

k=N+1

µj(Ek)− 2ε =

∞∑

k=0

µj(Ek)− 2ε .

271

Page 272: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Per arbitrarieta di ε, segue che

µj(E) ≥∞∑

k=0

µj(Ek) ,

quindi vale l’uguaglianza e µj e una misura. Osserviamo che per ogni E ⊆ R dicardinalita numerabile si ha µj(E) = µf (E), e che in realta l’ultimo termine eµs(E), visto che L1(E) = 0 e quindi anche µac(E) = 0.Resta da mostrare che µj ⊥ L1. Per definizione di µj(R), esiste una suc-cessione di insiemi numerabili (Kn) tale che limn µj(Kn) = µj(R). Ponendo

K =⋃

n∈NKn avremo che K e numerabile e soddisfa

µj(K) = limnµj(Kn) = µj(R) ,

ossia µj(R \ K) = 0. Essendo L1(K) = 0, ne segue µj ⊥ L1.

Osserviamo anche un’ulteriore proprieta dell’insieme K: per ogni x ∈ R \ K siha µf (x) = 0. Infatti, se esistesse un x con misura µf strettamente positiva,

allora K∪x sarebbe un insieme numerabile con misura strettamente maggiore

di K e quindi

µj(R) ≥ µf (K ∪ x) > µf (K) = µj(K) = µj(R) ,

ossia una contraddizione.Infine, poniamo µc = µs−µj . E una misura (visto che lo sono µs e µj), soddisfaanch’essa µc ⊥ L1 e assicura che µf = µac + µj + µc.

(b) Mostriamo che la decomposizione appena ottenuta ha le proprieta richieste.

Abbiamo visto in (a) che µj e concentrata sull’insieme numerabile K. Quindi,

per ogni insieme E ∈ Σf si ha µj(E) = µj(E∩K). Essendo E∩K =⋃

x∈K(E∩x) unione disgiunta, si ha

µj(E) =∑

x∈K

µj(E ∩ x) =∑

x∈E∩K

µj(x) =∑

x∈E

µj(x) ,

dove nell’ultima uguaglianza abbiamo sfruttato il fatto che µf (x) = µj(x) =0 per ogni x ∈ R \ K.Infine, µc e sicuramente una misura nulla sugli insiemi numerabili (visto che,come abbiamo osservato in (a), µf = µs = µj sugli insiemi numerabili) equindi a maggior ragione nulla sui singleton, e questo completa le proprietadella decomposizione di µf nel caso totalmente finito.

(c) Sia ora µf qualunque e sia (Xh) una successione disgiunta di insiemi in Σf

di misura finita che ricoprono R. Allora la misura µh = µf | Xh e totalmentefinita e vi possiamo applicare la proprieta (i) gia mostrata in (a) ed in (b).Siano dunque µh = µh

ac + µhj + µh

c le decomposizioni di ciascuna µh.

Visto che µf =∑∞

h=0 µh, essendo (Xh) una successione disgiunta, allora pos-siamo porre

µac =

∞∑

h=0

µhac , µj =

∞∑

h=0

µhj , µc =

∞∑

h=0

µhc ,

272

Page 273: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

ottenendo µf = µac + µj + µc. Mostriamo ora che le misure ottenute hannole proprieta richieste. Innanzi tutto, si puo procedere come nella dimostrazionedel Corollario 11.16 (precisamente nel passo (b)) per ottenere che λac ≪ L1,µj ⊥ L1 e µc ⊥ L1 dalle corrispondenti proprieta delle misure µh

ac, µhj , µ

hc .

Se poi Kh e l’insieme numerabile su cui e concentrata ciascuna µhj , allora K =⋃

h∈N Kh e un insieme numerabile tale che µj(X \ K) = 0. In particolare,

µj(x) = 0 per x ∈ X \ K e quindi, esattamente come in (b), si conclude cheper ogni E ∈ Σf si ha µj(E) =

∑x∈E µj(x).

Infine, preso un qualunque insieme numerabile E, anche gli insiemi E∩Xh sononumerabili e disgiunti e quindi si ha

µc(E) =

∞∑

h=0

µhc (E ∩Xh) = 0 ,

visto che le misure µhc sono nulle sugli insiemi numerabili. Dunque µc e nulla

sugli insiemi numerabili e, in particolare, sui singleton e questo completa ladimostrazione di (i).

(d) Passiamo finalmente a (ii). Osserviamo innanzi tutto che, se definiamo lamisura µh estendendo una qualunque funzione crescente h : [a, b] → R a tuttoR come suggerito in (ii) e poi applicando la Proposizione 23.16(ii), allora µh

e nulla sui boreliani di R \ [a, b]. Se ne deduce che le misure µf , µfac, µfs , µfc

coincidono (e sono nulle) sui boreliani di R \ [a, b]. Quindi bastera provare chele misure coincidono sui boreliani di [a, b] per poi dedurne che esse coincidonosu tutti i boreliani di R.

(e) Supponiamo che f = fac + fs + fc sia la decomposizione di f secondo ilTeorema 23.10. Applicando la Proposizione 23.16(iv), ne segue che per ogniboreliano E di [a, b] vale

µf (E) = µfac(E) + µfs(E) + µfc(E) .

Inoltre, essendo fac una funzione assolutamente continua, in particolare e con-tinua. Quindi per ogni x ∈ R si ha f(x+) = f(x−) = f(x) e questo implica cheper ogni α, β ∈ R con α < β si ha

∫ β

α

f ′ac dL1 = fac(β)− fac(α) = µfac

([α, β[ )

= µfac([α, β]) = µfac

( ]α, β[ ) = µfac( ]α, β]) ,

Dunque ogni boreliano E di R soddisfa

µfac(E) =

E

f ′ac dL1 ,

e quindi µfac≪ L1.

Poniamo oraDf = x ∈ R ; f non e continua in x .

273

Page 274: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Allora, Df e un insieme al piu numerabile e per ogni a < α < β < b si ha

µfs([α, β[ ) = fs(β−)− fs(α−)

=∑

t∈[a,α[

(f(t+)− f(t−))−∑

t∈[a,β[

(f(t+)− f(t−))

=∑

t∈[α,β[∩Df

(f(t+)− f(t−)) =∑

t∈[α,β[∩Df

µf (t) ,

per l’Osservazione 23.11 e le proprieta della Proposizione 23.16(ii). Ma l’insieme[α, β[∩Df e numerabile, quindi si ha

µfs([α, β[ ) =∑

t∈[α,β[∩Df

µf (t) = µf ([α, β[∩Df ) .

Usando ancora la Proposizione 23.16(ii) si possono mostrare identiche proprietaper gli intervalli ]α, β[ , [α, β], ]α, β] e quindi per ogni boreliano E di [a, b] si ha

µfs(E) =∑

t∈E∩Df

(f(t+)− f(t−)) = µf (E ∩Df) .

Essendo L1(Df ) = 0, si puo concludere µfs ⊥ L1.

(f) Vogliamo ora mostrare che anche µfc ⊥ L1. Decomponiamo con il Co-rollario 11.16 la misura µfc in λ + σ con λ ≪ L1, σ ⊥ L1 e mostriamo cheλ ≡ 0.Come fatto preliminare, osserviamo che data λ≪ L1 possiamo sempre definireuna funzione crescente g : R → R ponendo per ogni t ∈ [a, b]

g(t) = λ([a, t[ ) ,

g(t) = 0 per t < a e g(t) = g(b) per t > b. In particolare, risulta g continua,visto che

limkg

(t+

1

k

)= lim

([a, t+

1

k

[)= λ

(⋂

k∈N

[a, t+

1

k

[)= λ([a, t]) = g(t) ,

limkg

(t− 1

k

)= lim

([a, t− 1

k

[)= λ

(⋃

k∈N

[a, t− 1

k

[)= λ([a, t[ ) = g(t) .

Mostriamo che allora λ = µg sui boreliani di [a, b]. Infatti, per ogni a < α <β < b si ha

µg([α, β[ ) = g(β−)− g(α−) = g(β)− g(α) = λ([α, β[ ) ,

e lo stesso vale per gli intervalli ]α, β[ , [α, β], ]α, β]. Dunque λ(E) = µg(E) perogni boreliano E di [a, b]. Inoltre, da λ ≪ L1 segue che esiste una funzione ϕL1–sommabile tale che per ogni E boreliano si abbia λ(E) =

∫EϕdL1. Quindi

si ha per ogni x ∈ [a, b]

g(x)− g(a) = µg([a, x[ ) = λ([a, x[ ) =

∫ x

a

ϕdL1 ,

274

Page 275: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

ossia g e assolutamente continua. Ma allora la funzione crescente fc ammettedue rappresentazioni: 0 + fc e g + (fc − g) con g assolutamente continua. Perl’unicita della decomposizione nel Teorema 23.10, ne segue che g deve esserecostante, ossia

g(x) ≡ g(a) = fc(a) = 0 ,

e quindi λ = µg ≡ 0. Si conclude dunque che µfc = σ ⊥ L1.

(g) Avendo provato che µfac≪ L1 e µfs ⊥ L1 (in (e)) e µfc ⊥ L1 (in (f)), pos-

siamo applicare l’unicita della decomposizione del Corollario 11.16 per assicurareche

µac = µfac, µj + µc = µfs + µfc .

Osserviamo ora che per ogni x ∈ R µfc(x) = 0. Infatti, fc e continua (cfr.Osservazione 23.11) e quindi

µfc(x) = fc(x+)− fc(x−) = 0 .

Se ne deduce che µfc e nulla sugli insiemi numerabili.Ricordando le proprieta di µj e µc che abbiamo mostrato in (c), possiamofinalmente dedurre che nell’uguaglianza

µj − µfs = µfc − µc ,

la misura µj − µfs e concentrata sull’insieme numerabile K ∪ Df , mentre lamisura µfc − µc e nulla sugli insiemi numerabili. Quindi

µj − µfs ⊥ µfc − µc ,

e le due misure devono essere nulle.Sfruttando infine le espressioni trovate per µfac

e µfc in (e), si ottiene che perogni E boreliano

µac(E) = µfac(E) =

E

f ′ac dL1 ,

µj(E) = µfs(E) =∑

t∈E∩Df

(f(t+)− f(t−)) .

Questo completa finalmente la dimostrazione. ⋄

Osservazione 23.22. Consideriamo f a variazione limitata. Ricordando anco-ra che f = f1 − f2 con f1, f2 funzioni crescenti, per il Teorema 20.11, possiamodefinire una misura con segno associata ad f ponendo

µf = µf1 − µf2 ,

e osservando che tale misura e ben posta perche per ogni E ⊆ R si ha µfi(E) <fi(b)−fi(a) ∈ R e quindi la differenza e sempre definita (e finita). Decomponen-do le misure µfi come nel Teorema 23.21(i) e prendendo la differenza di ciascunacomponente avremo che anche la misura µf ammette una decomposizione deltipo

µf = µac + µj + µc ,

275

Page 276: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

in cui le misure soddisfano le proprieta del Teorema 23.21(i) e (ii). Esplicita-mente, se f = fac+ fs+ fc e la decomposizione di f secondo il Corollario 23.14,allora per ogni boreliano E di R

µac(E) =

E

fac dL1 ,

eµj(E) =

t∈E∩Df

f(t+)− f(t−) .

Osservazione 23.23. Ricordando l’Osservazione 23.19, possiamo osservare chela medesima misura con segno µf puo essere associata ad infinite funzioni: perogni costante c ∈ R, alla funzione f + c e ancora associata la misura µf ; e semodifichiamo i valori assunti dalla funzione f nei suoi punti di discontinuitaotteniamo una nuova funzione a cui corrisponde di nuovo µf . E si noti che que-sta volta possiamo assegnare ad f qualunque valore nei punti di discontinuitaηi, anche al di fuori dell’intervallo [f(ηi−), f(ηi+)] a patto di verificare che lavariazione totale della nuova funzione ottenuta sia finita. Non solo, in realtapotremmo anche introdurre nuovi punti di discontinuita (in quantita al piu nu-merabile) senza che la misura µf ne venga modificata, a patto di non violare lalimitatezza della variazione. E quest’ultima condizione non e superflua: se con-sideriamo la funzione nulla e la funzione χQ troviamo l’esempio di due funzioniche sono uguali ovunque tranne che in una quantita numerabile di punti ma dicui solo una delle due e a variazione limitata!

Definizione 23.24. Le misure che compaiono nella decomposizione della mi-sura µf , per f funzione crescente (risp. a variazione limitata), vengono detterispettivamente:

• µac parte assolutamente continua di µf ;

• µj parte di salto di µf ;

• µc parte cantoriana di µf .

La misura µf definita per funzioni a variazione limitata nell’Osservazio-ne 23.22 e molto importante.

Osservazione 23.25. Si noti che sia nel caso di f crescente che in quello di f avariazione limitata, la misura µf puo essere considerata una specie di derivatadebole della funzione f , nel senso che per ogni funzione φ in C∞

c ([a, b];R) vale∫f∂φ

∂xdL1 = −

∫φdµf .

Infatti, consideriamo f crescente e poniamo α(t) = µf ([a, t[ ) = f(t−) − f(a).Allora dal Teorema di Fubini segue che, per ogni funzione φ in C∞

c ([a, b];R), siha

∫ b

a

αφ′ dL1 =

∫ b

a

(∫

[a,t[

dµf (s)

)φ′(t) dL1(t)

=

[a,b]

(∫ b

s

φ′(t) dL1(t)

)dµf (s) = −

∫ b

a

φ(s) dµf (s) .

276

Page 277: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Ricordando che f monotona implica f continua in [a, b] a meno di un insiemenumerabile di punti, avremo ora f(t+) = f(t−) = f(t) per L1–q.o. t ∈ [a, b] equindi per ogni funzione φ in C∞

c ([a, b];R)

∫ b

a

fφ′ dL1 =

∫ b

a

f(t−)φ′(t) dL1(t) = −∫ b

a

φdµf + f(a)

∫ b

a

φ′ dL1

= −∫ b

a

φdµf + f(a)(φ(b)− φ(a)) = −∫ b

a

φdµf ,

ossia µf puo essere interpretata come una derivata debole di f .Se poi f e a variazione limitata e f1, f2 sono crescenti e limitate tali che f =f1 − f2, allora per ogni funzione φ in C∞

c ([a, b];R)

∫ b

a

fφ′ dL1 =

∫ b

a

f1φ′ dL1 −

∫ b

a

f2φ′ dL1

= −∫ b

a

φdµf1 +

∫ b

a

φdµf2 = −∫ b

a

φdµf ,

e quindi di nuovo µf puo essere interpretata come una derivata debole di f .

L’interesse dell’Osservazione 23.25 risiede nel fatto che una funzione u : Rd →R si dice a variazione limitata su Rd (d > 1) se u ∈ L1(Rd,Ld) e se la sua deriva-ta debole esiste ed e una misura (di Radon, vettoriale a valori in Rd): la nostraosservazione sottolinea la consistenza della richiesta su Du con il caso d = 1.Tuttavia gli argomenti per trattare le funzioni a variazione limitata su Rd sononotevolmente piu complessi e richiedono tutta una serie di concetti che vanno aldi la dello scopo di queste note47, per cui rimandiamo a [1] per una trattazioneesaustiva del caso d > 1. L’aspetto del caso d > 1 che voglio qui sottolineare eil fatto che, anche nel caso di funzioni u a variazione limitata su Rd, la derivatadebole Du ammette una decomposizione in parte assolutamente continua, partedi salto e parte cantoriana, come abbiamo visto per il caso d = 1 nell’Osservazio-ne 23.22. Tale decomposizione, tuttavia, non deve dipendere dal rappresentantescelto nella classe di equivalenza di u, e quindi le espressioni esplicite di Duac,Dus e Duc necessitano l’introduzione di nuovi concetti indipendenti dai valoriassunti da u su insiemi Ld–negligible (in particolare, i concetti di limite ap-prossimato, di continuita approssimata e di salto approssimato). Tali concetti,benche simili a quelli utilizzati in queste note e molto importanti in Teoria geo-metrica della misura, richiedono qualche sforzo in piu per essere esposti in modosoddisfacente e, quindi, li lasciamo all’approfondimento dei lettori interessati.

47Ad esempio, la richiesta u ∈ L1(Rd,Ld) implica che si considerano classi di equivalenzarispetto alla relazione di equivalenza “uguaglianza Ld–q.o.” e non piu singole funzioni. Diconseguenza una funzione u a variazione limitata in questo senso non cambia se anche sicambiano i suoi valori in un insieme di misura Ld nulla. Ne cambia la variazione totale |Du|al variare del rappresentante nella classe di equivalenza. Questo tipo di fenomeno, cui avevamofatto cenno nell’Osservazione 23.23, sta in un certo senso alla base della scelta di |Du| come“variazione” nel caso d > 1, al posto di una generalizzazione di Var(u): una quantita comeVar(u), che varia ogniqualvolta il valore della funzione viene modificato in un punto, non eadatto ad essere usato con le classi di equivalenza di L1. Si noti anche che, usando questadefinizione di funzione BV nel caso d = 1, si ottiene che la funzione χQ appartiene a BV,essendo uguale L1–q.o. alla funzione nulla, pur non essendo a variazione limitata nel sensousuale delle funzioni su R. Si puo comunque dimostrare che, data una funzione u ∈ BV(R),esiste sempre un rappresentante della classe di equivalenza di u che e a variazione limitata nelsenso della Definizione 20.7.

277

Page 278: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

24 Teoremi di rappresentazione di Riesz, II

Vogliamo ora introdurre un’ultima coppia di risultati di “rappresentazione” peroperatori lineari su spazi di funzioni continue. Prima di questo, tuttavia, ciserve un piccolo risultato di caratterizzazione dell’integrale di una funzione con-tinua rispetto alla misura di Lebesgue–Stieltjes µf associata ad una funzione avariazione limitata f .

Lemma 24.1. Sia f : [a, b] → R a variazione limitata su [a, b] e µf la misuracon segno ad essa associata. Allora ogni funzione ϕ : [a, b] → R continua eµf–sommabile e si ha

∫ b

a

ϕdµf = sup

n∑

i=1

ϕ(ξi)

(f(ai−)− f(ai−1−)

)+ ϕ(b)

(f(b+)− f(b−)

);

a = ao ≤ . . . ≤ an = b sudd. finita di [a, b],

ξi ∈ [ai−1, ai], ϕ(ξi) = min[ai−1,ai]

ϕ

= sup

ϕ(a)

(f(a+)− f(a−)

)+

n∑

i=1

ϕ(ξi)

(f(ai+)− f(ai−1+)

);

a = ao ≤ . . . ≤ an = b sudd. finita di [a, b],

ξi ∈ [ai−1, ai], ϕ(ξi) = min[ai−1,ai]

ϕ

.

Dimostrazione. (a) Essendo ϕ continua, ϕ e boreliana e quindi Σf–misurabile.Inoltre ∫ b

a

|ϕ| dµf ≤ max[a,b]

|ϕ|µf ([a, b]) < +∞ ,

quindi ϕ e µf–sommabile.

(b) Data una suddivisione finita di [a, b]

I = ao, . . . , an ; a = ao ≤ . . . ≤ an = b ,

diremo che un’altra suddivisione finita di [a, b]

J = a′o, . . . , a′m ; a = a′o ≤ . . . ≤ a′m = b ,

e un raffinamento di I se I ⊆ J , ossia se J contiene tutti i punti di I piu altri.Inoltre, fissata una qualunque suddivisione finita I, definiamo una funzione ΦI

su [a, b] a valori in R ponendo per ogni x ∈ [a, b]

ΦI(x) =

n∑

i=0

ϕ(ξj)χ[ai−1,ai[(x) + ϕ(b)χb(x) ,

con n la cardinalita di I, aj i punti della suddivisione I e ξj i punti in [aj−1, aj ]in cui viene realizzato il minimo di ϕ su quell’intervallo.

(c) Con le notazioni introdotte in (b), osserviamo che data una suddivisioneI e presa una successione crescente di suddivisioni finite (Jn) che siano tutte

278

Page 279: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

raffinamenti di I (ossia I ⊆ Jn per ogni n), allora la successione di funzioni(Φn)

.= (ΦJn

) e una successione crescente che soddisfa Φn ≤ ϕ per ogni n.Infatti, Φn(b) = ϕ(b) per ogni n e, fissato x ∈ [a, b[, Φn(x) = ϕ(ξkn

) per unopportuno indice kn. Ma per la scelta di ξkn

, il valore ϕ(ξkn) e il minimo di

ϕ su un intervallo [akn−1, akn] i cui estremi sono in Jn. Essendo (Jn) una

successione crescente, gli intervalli ([akn−1, akn]) possono solo diventare piu pic-

coli al crescere dell’indice n e quindi la successione dei ϕ(ξkn) risulta crescente

come richiesto. Inoltre, per la scelta dei punti ξkn, e immediato vedere che

Φn(x) ≤ ϕ(x) per ogni x ∈ [a, b[ e per ogni n ∈ N.

(d) A questo punto, poniamo

Γ = sup

n∑

i=1

ϕ(ξi)

(f(ai−)− f(ai−1−)

)+ ϕ(b)

(f(b+)− f(b−)

);

a = ao ≤ . . . ≤ an = b sudd. finita di [a, b],

ξi ∈ [ai−1, ai], ϕ(ξi) = min[ai−1,ai]

ϕ

.

Fissata una qualunque suddivisione finita I = ao, . . . , an e considerando unasuccessione crescente di suddivisioni finite (Jn) che siano tutte raffinamenti diI e le funzioni (Φn) = (ΦJn

), definite come in (c), si ha

∫ b

a

Φn dµf =

n∑

i=1

ϕ(ξi)µf ([ai−1, ai[) + ϕ(b)µf (b)

=n∑

i=1

ϕ(ξi)

(f(ai−)− f(ai−1−)

)+ ϕ(b)

(f(b+)− f(b−)

).

Quindi, applicando il teorema della convergenza monotona, ne segue

∫ b

a

ϕdµf ≥∫ b

a

(supn∈N

Φn

)dµf = sup

n∈N

∫ b

a

Φn dµf ≥∫ b

a

Φn dµf

=

n∑

i=1

ϕ(ξi)

(f(ai−)− f(ai−1−)

)+ ϕ(b)

(f(b+)− f(b−)

).

Passando al sup sulle suddivisioni finite, si ottiene

∫ b

a

ϕdµf ≥ Γ .

(e) Per mostrare la disuguaglianza opposta ci serve trovare una suddivisionefinita I ed una successione crescente (Jn) di suoi raffinamenti tale che, definitecome in (c) le funzioni Φn, si abbia

supn∈N

Φn = ϕ .

Infatti, poi per ogni n se Jn = bo, . . . , bm si ha

∫ b

a

Φn dµf =n∑

i=1

ϕ(ξi)

(f(bi−)− f(bi−1−)

)+ ϕ(b)

(f(b+)− f(b−)

)≤ Γ ,

279

Page 280: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e, passando al sup sui raffinamenti (Jn), si ottiene

∫ b

a

ϕdµf =

∫ b

a

(supn∈N

Φn

)dµf ≤ Γ .

Mostriamo quindi che e sempre possibile costruire la successione di raffinamenticercata. Sia I una suddivisione finita fissata e poniamo Jo = I. Dati poiJo, . . . ,Jn, definiamo ricorsivamente

Jn+1 = Jn ∪aj + aj−1

2; aj ∈ Jn, j = 1, . . . ,Card(Jn)

.

In questo modo otteniamo una successione crescente di raffinamenti di I taleche le corrispondenti funzioni Φn convergono puntualmente a ϕ in [a, b]. Infatti,in b vale l’uguaglianza per ogni n e, preso un qualunque x ∈ [a, b[, per ognin si ha Φn(x) = ϕ(ξkn

) per un opportuno indice kn e ξkn∈ [akn−1, akn

] cherealizza il minimo su quell’intervallo. Ma per costruzione la successione degliintervalli [akn−1, akn

] e una successione decrescente di compatti inscatolati ilcui diametro tende a zero. Quindi, la loro intersezione o e vuota o e costituitada un singolo punto. Essendo x ∈ [akn−1, akn

] per ogni n ∈ N, deve esserex =

⋂n∈N[akn−1, akn

] e quindi la successione ξknconverge a x.

Per continuita della ϕ, si puo quindi concludere che

limn

Φn(x) = limnϕ(ξkn

) = ϕ(x),

e quindi supn Φn = ϕ, il che completa la dimostrazione della prima ugaglianza.

(f) Per mostrare la seconda uguaglianza basta ripetere i passaggi da (c) a (e)con le funzioni

ΦI(x) = ϕ(a)χa(x) +

n∑

i=0

ϕ(ξj)χ]ai−1,ai](x) ,

per completare la dimostrazione. ⋄

Osservazione 24.2. Si osservi che, in particolare, dalla dimostrazione delLemma 24.1 segue che aggiungendo punti ad una suddivisione fissata, la quantita

n∑

i=1

ϕ(ξi)

(f(ai−)− f(ai−1−)

)+ ϕ(b)

(f(b+)− f(b−)

),

cresce verso∫ b

aϕdµf .

Teorema 24.3. Per ogni funzionale positivo e limitato T : C([a, b];R) → Resiste una funzione f : R → R crescente tale che per ogni ϕ ∈ C([a, b];R) siabbia

T (ϕ) =

∫ b

a

ϕdµf .

Inoltre, f e anche unica se si richiede che sia continua a sinistra e tale chef(a) = 0.

280

Page 281: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Dimostrazione. (a) Per ogni t ∈ ]a, b] e per ogni n ∈ N, definiamo unafunzione continua φt,n : [a, b] → R ponendo per ogni s ∈ [a, b]

φt,n(s) =

1 se a ≤ s ≤ t− 1n

n(t− x) se t− 1n ≤ s ≤ t

0 se t ≤ s ≤ b

E immediato verificare che, per ogni t ∈ ]a, b], la successione (φt,n) e crescente.Quindi, per la positivita di T , T (φt,n) e una successione crescente in R. Poniamo

f(t) = limnT (φt,n) .

Si noti che ||φt,n||∞ ≤ 1, e quindi |f(t)| ≤ ||T ||, ossia f(t) ∈ R, per ogni t ∈ ]a, b].Inoltre, per ogni n fissato, s < t implica φs,n < φt,n e quindi, passando al limiteper n → ∞, se ne deduce che f e una funzione crescente su ]a, b]. Ponendof(x) = 0 per x ≤ a e f(x) = ||T || per x > b, otteniamo anche che f e unafunzione crescente su tutto R.

(b) Mostriamo che f e continua a sinistra. Per t ≤ a e t > b la continuita seguedalla definizione. Sia quindi t ∈ ]a, b] e n ∈ N fissato. Se ora mostrassimo chevale

T (φt,n) ≤ f

(t− 1

n2

)+

||T ||n

,

saremmo a posto, perche poi, passando al limite per n→ ∞, ne seguirebbe

f(t) = limnT (φt,n) ≤ lim

n

(f

(t− 1

n2

)+

||T ||n

)= f(t−) ≤ f(t) ,

sfruttando la monotonia di f per l’ultima disuguaglianza. Quindi f(t) = f(t−),ossia la continuita da sinistra.Mostriamo dunque la disuguaglianza voluta. Innanzi tutto, definiamo unafunzione continua pt,n : [a, b] → R ponendo per ogni s ∈ [a, b]

pt,n(s) =

1 se a ≤ s ≤ t− 1

n+

1

n2

t− x− 1

n2

1

n− 2

n2

se t− 1

n+

1

n2≤ s ≤ t− 1

n2

0 se t− 1

n2≤ s ≤ b

Queste funzioni continue sono “simili” alle φt,n ma leggermente piu “inclinate”visto che decrescono linearmente da 1 a 0 nell’intervallo [t − 1

n + 1n2 , t − 1

n2 ]invece che nell’intervallo [t − 1

n , t]. Per definizione delle funzioni pt,n, per ogni(t, n) la funzione |φt,n − pt,n| assume il massimo nei punti t− 1

n + 1n2 e t− 1

n2

e tale massimo vale 1n . Quindi, ||n(φt,n − pt,n)||∞ ≤ 1 da cui segue

n|T (φt,n)− T (pt,n)| = |T (n(φt,n − pt,n))| ≤ ||T || ,

281

Page 282: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

che a sua volta implica

T (φt,n) ≤ T (pt,n) +||T ||n

.

Inoltre, per ogni m > n2

n−2 si ha φt− 1n2 ,m ≥ pt,n. Quindi, per positivita di T ,

se m > n2

n−2 si ha

T (pt,n) ≤ T (φt− 1n2 ,m) ≤ lim

mT (φt− 1

n2 ,m) = f

(t− 1

n2

),

da cui segue finalmente

T (φt,n) ≤ T (pt,n) +||T ||n

≤ f

(t− 1

n2

)+

||T ||n

.

(c) Osserviamo che la funzione 1 : [a, b] → R che vale costantemente 1, realizzaT (1) = ||T ||. Infatti, T (1) ≤ ||T || visto che ||1||∞ = 1. D’altra parte ognifunzione g ∈ C([a, b];R) con ||g||∞ ≤ 1 soddisfa −1 ≤ g(x) ≤ 1. Dunque, perlinearita e positivita di T , si deve avere

−T (1) ≤ T (g) ≤ T (1) ,

ossia |T (g)| ≤ T (1) e, passando al sup sulle funzioni g, ||T || ≤ T (1).

(d) Vogliamo ora mostrare che la funzione f introdotta in (a) “rappresenta” ilfunzionale T come integrale nella misura µf . Presa una funzione ϕ ∈ C([a, b];R),ϕ e uniformemente continua. Quindi fissato ε > 0 esistera δ > 0 tale che|x− y| < δ implichi |ϕ(x) − ϕ(y)| < ε.In corrispondenza di questo stesso ε fissato, prendiamo anche una suddivisionefinita a = ao ≤ . . . ≤ an = b di [a, b] tale che

n∑

i=1

ϕ(ξi)

(f(ai−)− f(ai−1−)

)+ ϕ(b)

(f(b+)− f(b−)

)>

∫ b

a

ϕdµf − ε .

In effetti, per la continuita a sinistra della funzione f , possiamo usare f(ai) ef(ai−1) nella formula precedente al posto dei limiti sinistri f(ai−) e f(ai−1−);e per definizione di f si ha f(b+)− f(b−) = ||T || − f(b). Si ha quindi

n∑

i=1

ϕ(ξi)

(f(ai)− f(ai−1)

)+ ϕ(b)

(||T || − f(b)

)>

∫ b

a

ϕdµf − ε .

Inoltre, per l’Osservazione 24.2, a meno di raffinare la suddivisione, non erestrittivo supporre che ai − ai−1 < δ/2 per ogni i = 1, . . . , n.In corrispondenza di tale suddivisione, definiamo una funzione ϕδ : [a, b] → Rponendo ϕδ(b) = ϕ(b) e per ogni x ∈ [a, b[

ϕδ(x) =

n∑

i=1

ϕ(ξi)χ[ai−1,ai[(x) + ϕ(b)χb(x) ,

con ξi ∈ [ai−1, ai] tale cheϕ(ξi) = min

[ai−1,ai]ϕ .

282

Page 283: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Allora ϕδ e una step–function (e quindi e in particolare limitata) e soddisfa

∫ b

a

ϕδ dµf =

n∑

i=1

ϕ(ξi)µf ([ai−1, ai[ ) + ϕ(b)µf (b)

=

n∑

i=1

ϕ(ξi)

(f(ai)− f(ai−1)

)+ ϕ(b)

(||T || − f(b)

).

Definiamo anche una successione di funzioni ψδm : [a, b] → R, con m ∈ N tale che

1m < min|ai − ai−1| ; i = 1, . . . , n < δ, ponendo

ψδm = ϕ(ξ1)φa1,m +

n∑

i=2

ϕ(ξi)(φai,m − φai−1,m) + ϕ(b)(1− φb,m) ,

con gli ξi come sopra. Allora (ψδm) e una successione di funzioni continue tali

che||ϕ− ψδ

m|| ≤ 2ε .

Infatti, ψδm(b) = ϕ(b) per ogni m. Inoltre, per ogni x ∈ [a, b[, esiste k ≥ 1 tale

che x ∈ [ak−1, ak[. Quindi, per i < k si ha x ≥ ai, che implica φai,m(x) = 0,mentre per i > k si ha |ai − x| > |ai − ak| > 1/m, che implica φai,m(x) = 1. Nesegue che se 1 ≤ k < n si ha

|ϕ(x) − ψδm(x)| = |ϕ(x) − ϕ(ξk)φak,m(x)− ϕ(ξk+1)(1 − φak,m(x))| .

Si possono ora avere due casi: se |x− ak| > 1/m, allora φak,m(x) = 1 e ne segue

|ϕ(x) − ψδm(x)| = |ϕ(x) − ϕ(ξk)| < ε ;

se invece |x− ak| < 1/m, allora

|ϕ(x) − ψδm(x)| = |ϕ(x) − ϕ(ξk)φak,m(x) − ϕ(ξk+1)(1− φak,m(x))|

≤ |ϕ(x) − ϕ(ξk+1)|+ |ϕ(ξk+1)− ϕ(ξk)| |φak,m(x)| < ε+ ε = 2ε .

Se k = n, si ha

|ϕ(x)− ψδm(x)| = |ϕ(x) − ϕ(ξn)φb,m(x) − ϕ(b)(1− φb,m(x))|

= |ϕ(x) − ϕ(b)|+ |ϕ(b)− ϕ(ξn)| |φb,m(x)| < ε+ ε = 2ε .

In ogni caso, passando al sup su x ∈ [a, b] si ottiene ||ϕ − ψδm||∞ ≤ 2ε, come

richiesto.

(e) Ora, dalla definizione della funzione f , segue che per ogni punto ai dellasuddivisione esiste un intero mi tale che

|f(ai)− T (φai,m)| < ε

n.

Posto M = maxmo, . . . ,mn e M ′ = min|ai − ai−1| ; i = 1, . . . , n, vogliamostimare gli addendi della seguente espressione:

∣∣∣∣∣T (ϕ)−∫ b

a

ϕdµf

∣∣∣∣∣ ≤∣∣T (ϕ)− T (ψδ

m(x))∣∣ +∣∣∣∣∣T (ψ

δm(x))−

∫ b

a

ϕδ dµf

∣∣∣∣∣

+

∣∣∣∣∣

∫ b

a

ϕδ dµf −∫ b

a

ϕdµf

∣∣∣∣∣ ,

283

Page 284: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

per interi m abbastanza grandi da soddisfare 1m ≤ min 1

M ,M ′. Il primotermine lo possiamo stimare sfruttando 1/m ≤M ′ e la continuita di T :

∣∣T (ϕ)− T (ψδm(x))

∣∣ ≤ ||T || ||ϕ− ψδm||∞ < 2ε ||T || .

Il secondo lo possiamo riscrivere come

∣∣∣∣∣T (ψδm(x)) −

∫ b

a

ϕδ dµf

∣∣∣∣∣ =∣∣∣∣∣ϕ(ξ1)T (φa1,m) + ϕ(b)T (1− φb,m)

+

n∑

i=2

ϕ(ξi)(T (φai,m)− T (φai−1,m))

−n∑

i=1

ϕ(ξi)

(f(ai)− f(ai−1)

)

− ϕ(b)

(||T || − f(b)

)∣∣∣∣∣

≤∣∣∣∣ϕ(ξ1)

(T (φa1,m)− f(a1)

)∣∣∣∣

+

n∑

i=2

∣∣∣∣ϕ(ξi)(T (φai,m)− f(ai)

)∣∣∣∣

+

n∑

i=2

∣∣∣∣ϕ(ξi)(T (φai−1,m)− f(ai−1)

)∣∣∣∣

+

∣∣∣∣ϕ(b)(T (φb,m)− f(b)

)∣∣∣∣

+

∣∣∣∣ϕ(b)(T (1)− ||T ||

)∣∣∣∣ .

Essendo l’ultimo termine nullo, visto che T (1) = ||T ||, ed essendo gli altritermini ciascuno minore di ε||ϕ||∞/n per la scelta di m ≥M , si ha

∣∣∣∣∣T (ψδm(x)) −

∫ b

a

ϕδ dµf

∣∣∣∣∣ ≤ 2nε

n||ϕ||∞ .

Infine, il terzo addendo e minore di ε per scelta della suddivisione. In conclusionesi ha ∣∣∣∣∣T (ϕ)−

∫ b

a

ϕdµf

∣∣∣∣∣ ≤ ε

(2||T ||+ 2||ϕ||∞ + 1

)

e per l’arbitrarieta di ε questo significa che T (ϕ) =∫ b

a ϕdµf . Questo completala dimostrazione dell’esistenza.

(f) Per mostrare l’unicita, supponiamo che esista anche un’altra misura diRadon λ su R tale che

∫ b

a

ϕdλ = T (ϕ) =

∫ b

a

ϕdµf ,

284

Page 285: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

per ogni ϕ ∈ C([a, b];R). Allora, per ogni α, β ∈ ]a, b[ con α < β, consideriamola successione di funzioni continue qn : [a, b] → R definite ponendo per ognis ∈ [a, b]

qn(s) =

0 se a ≤ s ≤ α− 1n

1− n(α− x) se α− 1n ≤ s ≤ α

1 se α ≤ s ≤ β − 1n

n(β − x) se β − 1n ≤ s ≤ β

0 se β ≤ s ≤ b

Allora qn = φβ,n − φα,n e una successione che converge puntualmente a χ[α,β[ etale che |qn| ≤ 1. Applicando il Teorema della convergenza dominata, si ottieneche

f(β)−f(α) = limn

(T (φβ,n)−T (φα,n)

)= lim

nT (qn) = lim

n

∫ b

a

qn dλ = λ([α, β[ ) ,

e quindi λ coincide con la misura di Lebesgue–Stieltjes generata da f , per l’arbi-trarieta dei punti α, β. Tuttavia, λ potrebbe essere determinata da una funzionedifferente.48 Si puo quindi usare la continuita a sinistra per scegliere il valoredella funzione nei punti di discontinuita e la condizione f(a) = 0 per selezionaref tra tutte le funzioni f + c, con c ∈ R, che potrebbero generarla. E con questoanche l’unicita e dimostrata. ⋄

Il prossimo Lemma ci permette di estendere il Teorema dai funzionali positivia tutti i funzionali limitati.

Lemma 24.4. Sia T : C([a, b];R) → R un funzionale lineare e limitato. Alloraesistono T+, T− : C([a, b];R) → R funzionali lineari limitati e positivi tali cheT = T+ − T−.

Dimostrazione. La dimostrazione e esattamente la stessa del Lemma 13.11,con C([a, b];R) al posto di Co(X ;R) (nella dimostrazione infatti si usa esclusi-vamente il fatto che lo spazio di funzioni considerato e chiuso rispetto a somma,differenza e minimo tra due elementi). ⋄

Teorema 24.5. Per ogni funzionale limitato T : C([a, b];R) → R esiste un’unicafunzione f : [a, b] → R a variazione limitata su [a, b] tale che per ogni ϕ ∈C([a, b];R) si abbia

T (ϕ) =

∫ b

a

ϕdµf .

Dimostrazione. Siano T+, T− i funzionali positivi in cui si decompone Tapplicando il Lemma 24.4. Applicando il Teorema 24.3 a T±, esistono duefunzioni crescenti f± : R → R tali che per ogni ϕ ∈ C([a, b];R) si abbia

T±(ϕ) =

∫ b

a

ϕdµf± .

48Si ricordi l’Osservazione 23.23.

285

Page 286: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

A questo punto, ricordando il Teorema 20.11, la funzione f = f+ − f− e avariazione limitata su [a, b] e soddisfa

∫ b

a

ϕdµf =

∫ b

a

ϕdµf+ −∫ b

a

ϕdµf− = T+(ϕ)− T−(ϕ) = T (ϕ) ,

e la dimostrazione e completa. ⋄

286

Page 287: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

25 Integrale di Riemann

Chiudiamo queste note con una breve carrellata sull’integrale di Riemann, che

denoteremo con R

∫, e sul suo legame con l’integrale rispetto alla misura L1. In

particolare, questa Sezione permette anche di giustificare rigorosamente i calcolifatti in alcuni Esempi ed Esercizi in cui il valore esplicito di integrali (secondoLebesgue) di funzioni f da R in R e stato calcolato tramite funzioni primitivedi f (e quindi sfruttando implicitamente il Teorema Fondamentale del Calcoloper l’integrale secondo Riemann).

Definizione 25.1. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione limitata. Perogni suddivisione D = ao, . . . , an di [a, b] tale che

a = ao < a1 < . . . < an−1 < an = b ,

definiamo somma superiore di Riemann di f relativa a D la quantita

Σ+(f,D).=

n∑

i=1

(ai − ai−1) sup]ai−1,ai[

f ,

e somma inferiore di Riemann di f relativa a D la quantita

Σ−(f,D).=

n∑

i=1

(ai − ai−1) inf]ai−1,ai[

f .

Proposizione 25.2. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione limitata.Siano S, T due suddivisioni di [a, b] tali che S ⊆ T . Allora

Σ−(f, S) ≤ Σ−(f, T ) ≤ Σ+(f, T ) ≤ Σ+(f, S) .

Dimostrazione. (i) Nel caso S = T non c’e nulla da provare. Quindisupponiamo S ⊂ T .

(ii) Cominciamo con il caso particolare in cui S = xo, . . . , xk e T = S ∪ ξ,per un qualche elemento ξ /∈ S. Sia j ∈ 1, . . . , k tale che ξ ∈ ]xj−1, xj [.Allora, la disuguaglianza Σ−(f, T ) ≤ Σ+(f, T ) segue immediatamente dallaDefinizione 25.1. Inoltre, si avra

Σ−(f, S) =

j−1∑

i=1

(xi − xi−1) inf]xi−1,xi[

f + (ξ − xj−1) inf]xj−1,xj[

f

+ (xj − ξ) inf]xj−1,xj [

f +k∑

i=j+1

(xi − xi−1) inf]xi−1,xi[

f

≤j−1∑

i=1

(xi − xi−1) inf]xi−1,xi[

f + (ξ − xj−1) inf]xj−1,ξ[

f

+ (xj − ξ) inf]ξ,xj[

f +k∑

i=j+1

(xi − xi−1) inf]xi−1,xi[

f = Σ(f, T ) .

287

Page 288: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

E similmente si prova che Σ+(f, S) ≥ Σ+(f, T ).

(iii) Nel caso generale e sufficiente ragionare per induzione sul numero di ele-menti di T \ S. ⋄

Definizione 25.3. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione limitata.Definiamo integrale superiore di Riemann di f la quantita

I+(f) .= inf Σ+(f,D) ; D suddivisione [a, b] ,

e integrale inferiore di Riemann di f la quantita

I−(f) .= sup Σ−(f,D) ; D suddivisione [a, b] .

Proposizione 25.4. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione limitata.Allora

(b − a) inf]a,b[

f ≤ I−(f) ≤ I+(f) ≤ (b − a) sup]a,b[

f .

In particolare, I−(f) e I+(f) sono quantita finite.

Dimostrazione. Considerando la suddivisione S = a, b, si ottiene immedia-tamente che

I−(f) ≥ Σ−(f, S) = (b − a) inf]a,b[

f ,

eI+(f) ≤ Σ+(f, S) = (b − a) sup

]a,b[

f .

Inoltre, prese due suddivisioni qualsiasi T e T ′ di [a, b], dalla Proposizione 25.2segue che

Σ−(T, f) ≤ Σ−(T ∪ T ′, f) ≤ Σ+(T ∪ T ′, f) ≤ Σ+(T′, f) .

Quindi, passando al sup rispetto alle suddivisioni T ed all’inf rispetto allesuddivisioni T ′, si ottiene anche

I−(f) ≤ I+(f) ,

e la dimostrazione e completa. ⋄

Definizione 25.5. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione limitata.Diciamo che f e Riemann integrabile su [a, b] se I+(f) = I−(f) ed in tal casoindichiamo questo comune valore con il simbolo

R

∫ b

a

f ,

e lo chiamiamo integrale di Riemann di f .

288

Page 289: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esempio 25.6. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione costante. Alloraf e Riemann integrabile e, se f ≡ c ∈ R allora

R

∫ b

a

f = c(b − a) .

Infatti, f e ovviamente limitata. Inoltre, per ogni suddivisione S = xo, . . . , xkdi [a, b] e per ogni j ∈ 1, . . . , k si ha

inf]xj−1,xj [

f = sup]xj−1,xj [

f = c ,

da cui segueΣ−(f, S) = Σ+(f, S) = c(b − a) .

Quindi, anche I+(f) = I−(f) = c(b− a).

Proposizione 25.7. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione limitata.Allora f e Riemann integrabile se e solo se per ogni ε > 0 esiste una suddivisioneS di [a, b] tale che

Σ+(f, S)− Σ−(f, S) < ε .

Dimostrazione. Supponiamo f Riemann integrabile. Fissato ε > 0 siano S, Tdue suddivisioni di [a, b] tali che

Σ−(f, S) > I−(f)−ε

2, Σ+(f, T ) < I+(f) +

ε

2.

Essendo per ipotesi I+(f) = I−(f), ne segue che

Σ+(f, S ∪ T )− Σ−(f, S ∪ T ) ≤ Σ+(f, T )− Σ−(f, S) < ε .

Viceversa, sia fissato ε > 0 e sia S una suddivisione di [a, b] tale che Σ+(f, S)−Σ−(f, S) < ε. Allora

I+(f) ≤ Σ+(f, S) < Σ−(f, S) + ε ≤ I−(f) + ε ,

che implica, per arbitrarieta di ε, I+(f) ≤ I−(f). Quindi I+(f) = I−(f) e f eRiemann integrabile. ⋄

Esempio 25.8. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione monotona. Alloraf e Riemann integrabile.

Infatti, supponiamo f crescente. Allora, innanzi tutto si ha per ogni x ∈ [a, b]

f(a) ≤ f(x) ≤ f(b) ,

e dunque f limitata. Inoltre, fissato ε > 0 esiste n ∈ N tale che (b − a)(f(b) −f(a)) < nε. Poniamo ora S = xo, . . . , xn, con xj = a + j

n (b − a) per j ∈0, . . . , n. Essendo f crescente, si ha

inf]xj−1,xj[

f = f(xj−1) , sup]xj−1,xj [

f = f(xj) ,

289

Page 290: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e dunque

Σ+(f, S)− Σ−(f, S) =

n∑

j=1

f(xj)b− a

n−

n∑

j=1

f(xj−1)b− a

n

=b− a

n

n∑

j=1

(f(xj)− f(xj−1)

)

=b− a

n

(f(b)− f(a)

)< ε .

Dalla Proposizione 25.7 segue quindi che f e Riemann integrabile. Similmentesi verifica che lo stesso succede se f e decrescente.

Esempio 25.9. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione continua. Alloraf e Riemann integrabile.

Infatti, per il Teorema di Weierstrass, f ammette massimo e minimo su [a, b]e dunque f limitata. Inoltre, fissato ε > 0 esiste δ > 0 tale che per ogniξ, ξ′ ∈ [a, b]

|ξ − ξ′| < δ =⇒ |f(ξ)− f(ξ′)| < ε

b − a.

Prendiamo ora n ∈ N tale che b − a < nδ e poniamo S = xo, . . . , xn, conxj = a+ j

n (b−a) per j ∈ 0, . . . , n. Nuovamente per il Teorema di Weierstrass,esistono ξj , ξ

′j in [xj−1, xj ] tali che

min[xj−1,xj]

f = f(ξj) , max[xj−1,xj]

f = f(ξ′j) .

Essendo |ξj − ξ′j | ≤ b−an < δ, avremo

|f(ξj)− f(ξ′j)| <ε

b− a,

e quindi

Σ+(f, S)− Σ−(f, S) =

n∑

j=1

f(ξ′j)b− a

n−

n∑

j=1

f(ξj)b− a

n

=b− a

n

n∑

j=1

(f(ξ′j)− f(ξj)

)

<b− a

nn

ε

b− a= ε .

Dalla Proposizione 25.7 segue quindi che f e Riemann integrabile.

Proposizione 25.10. Siano a ≤ b in R, f, g : [a, b] → R funzioni Riemannintegrabili e λ ∈ R. Allora valgono i seguenti fatti

(i) f + g e Riemann interabile e

R

∫ b

a

(f + g) = R

∫ b

a

f + R

∫ b

a

g ;

290

Page 291: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(ii) λf e Riemann interabile e

R

∫ b

a

λf = λ R

∫ b

a

f ;

(iii) se f ≤ g allora

R

∫ b

a

f ≤ R

∫ b

a

g ;

(iv) per ogni c ∈ ]a, b[ le funzioni f|[a,c]e f|[c,b] sono Riemann integrabili e

R

∫ b

a

f = R

∫ c

a

f + R

∫ b

c

f ;

(v) |f | e Riemann integrabile e

∣∣∣∣∣ R∫ b

a

f

∣∣∣∣∣ ≤ R

∫ b

a

|f | .

Dimostrazione. (i) Ovviamente, f, g limitate implicano f + g limitata. Co-minciamo con il dimostrare che

I−(f) + I−(g) ≤ I−(f + g) , I+(f) + I+(g) ≥ I+(f + g) .

Infatti, fissato ε > 0 esistono due suddivisioni S, T di [a, b] tali che

Σ−(f, S) > I−(f)− ε , Σ−(g, T ) > I−(g)− ε .

Quindi, considerando la suddivisione S ∪ T = xo, . . . , xk si ha, per ogni j ∈1, . . . , k

inf]xj−1,xj [

f + inf]xj−1,xj [

g ≤ inf]xj−1,xj [

(f + g) ,

e quindi

I−(f) + I−(g)− 2ε < Σ−(f, S) + Σ−(g, T ) ≤ Σ−(f, S ∪ T ) + Σ−(g, S ∪ T )≤ Σ−(f + g, S ∪ T ) ≤ I−(f + g) .

Per arbitrarieta di ε, ne segue la prima disuguaglianza. La seconda si dimostrain modo simile.Una volta che abbiamo queste due disuguaglianze su I−, I+, si conclude facil-mente che

I−(f) + I−(g) ≤ I−(f + g) ≤ I+(f + g) ≤ I+(f) + I+(g) ,

e quindi, essendo per ipotesi I−(f) + I−(g) = I+(f) + I+(g), si ha

I−(f + g) = I+(f + g) .

Quindi f + g e Riemann integrabile e

R

∫ b

a

(f + g) = I+(f + g) = I+(f) + I+(g) = R

∫ b

a

f + R

∫ b

a

g .

291

Page 292: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(ii) Ovviamente, f limitata e λ ∈ R implicano λf limitata. Se λ = 0, il risultatoe immediato ricordando l’Esempio 25.6.Supponiamo quindi λ > 0. Essendo, per ogni intervallo ]xj−1, xj [⊆ [a, b]

inf]xj−1,xj[

λf = λ inf]xj−1,xj[

f , sup]xj−1,xj[

λf = λ sup]xj−1,xj [

f ,

si ha per ogni suddivisione S di [a, b]

λΣ−(f, S) = Σ−(λf, S) ≤ I−(λf) , λI+(f) ≤ λΣ+(f, S) = Σ+(λf, S) .

Quindi, passando al sup e all’inf, segue

λI−(f) ≤ I−(λf) , λI+(f) ≤ I+(λf) .

Ragionando ora su λ−1 e λf , si deduce anche che

λ−1I−(λf) ≤ I−(f) , λ−1I+(λf) ≤ I+(f) ,

da cui seguono le disuguaglianze opposte, e quindi la tesi per λ > 0.Trattiamo, infine, nel caso λ < 0. Fissato ε > 0 sia S una suddivisione di [a, b]tale che

Σ+(f, S)− Σ−(f, S) <ε

|λ| .

Essendo per ogni intervallo ]xj−1, xj [⊆ [a, b]

inf]xj−1,xj[

λf = λ sup]xj−1,xj[

f , sup]xj−1,xj[

λf = λ inf]xj−1,xj [

f ,

ne segue

λΣ+(f, S) = Σ−(λf, S) , λΣ−(f, S) = Σ+(λf, S) .

Quindi

Σ+(λf, S)− Σ−(λf, S) = |λ|(Σ+(f, S)− Σ−(f, S)

)< ε ,

e λf risulta Riemann integrabile. Osservando che

0 = R

∫ b

a

(λf) + R

∫ b

a

(−λf) = R

∫ b

a

(λf)− λ R

∫ b

a

f ,

si ottiene la tesi.

(iii) Presa una qualunque suddivisione S di [a, b] si ha che

Σ−(f, S) ≤ Σ−(g, S) ≤ I−(g) , I+(f) ≤ Σ+(f, S) ≤ Σ+(g, S) ,

da cui passando al sup e all’inf segue

I−(f) ≤ I−(g) , I+(f) ≤ I+(g) .

In particolare, se le funzioni sono integrabili si ha

R

∫ b

a

f ≤ R

∫ b

a

g .

292

Page 293: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(iv) Innanzi tutto osserviamo che per ogni c ∈ ]a, b[ e per ogni suddivisione S di[a, b], se poniamo

T = S ∪ c , T1 = T ∩ [a, c] , T2 = T ∩ [c, b] ,

si ha

Σ−(f, S) ≤ Σ−(f, T ) = Σ−(f, T1) + Σ−(f, T2) ≤ I−(f|[a,c]) + I−(f|[c,b]) ,

da cui segueI−(f) ≤ I−(f|[a,c]

) + I−(f|[c,b]) .D’altra parte, per ogni ε > 0 esistono una suddivisione S1 di [a, c] ed unasuddivisione S2 di [c, b] tali che

Σ−(f|[a,c], S1) > I−(f|[a,c]

)− ε , Σ−(f|[c,b] , S2) > I−(f|[c,b])− ε .

Essendo S1 ∪ S2 una suddivisione di [a, b], ne segue che

I−(f|[a,c]) + I−(f|[c,b])− 2ε ≤ Σ−(f|[a,c]

, S1) + Σ−(f|[c,b] , S2)

= Σ−(f, S1) + Σ−(f, S2)

= Σ−(f, S1 ∪ S2) ≤ I−(f) .

Dall’arbitrarieta di ε > 0 segue che deve valere l’uguaglianza

I−(f) = I−(f|[a,c]) + I−(f|[c,b]) ,

e, similmente, si prova che

I+(f) = I+(f|[a,c]) + I+(f|[c,b]) .

A questo punto, ricordando che ogniqualvolta α, β, γ, δ sono numeri reali taliche α ≤ γ, β ≤ δ e α+ β = γ + δ si deve necessariamente avere α = γ e β = δ,dall’integrabilita secondo Riemann di f e da

I−(f) = I−(f|[a,c]) + I−(f|[c,b]) ≤ I+(f|[a,c]

) + I+(f|[c,b]) = I+(f) ,

segue che le restrizioni f|[a,c]e f|[c,b] sono anch’esse integrabili secondo Riemann

e che

R

∫ b

a

f = R

∫ c

a

f|[a,c]+ R

∫ b

c

f|[c,b] = R

∫ c

a

f + R

∫ b

c

f .

(v) Innanzi tutto la limitatezza di f implica sia la limitatezza delle funzioni f+

e f−. Mostriamo ora che tali funzioni sono Riemann integrabili. Fissato ε > 0sia S = ao, . . . , an una suddivisione di [a, b] tale che

Σ+(f, S)− Σ−(f, S) < ε .

Vogliamo ora mostrare che

Σ+(f+, S)− Σ−(f

+, S) ≤ Σ+(f, S)− Σ−(f, S) ,

293

Page 294: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e che quindi f+ e integrabile. Per provare tale disuguaglianza, riscriviamo

Σ+(f+, S)− Σ−(f

+, S) =n∑

i=1

(xi − xi−1)

(sup

]xi−1,xi[

f+ − inf]xi−1,xi[

f+

)

=∑

i∈P∪Q∪R

(xi − xi−1)

(sup

]xi−1,xi[

f+ − inf]xi−1,xi[

f+

)

dove poniamo

P =i ∈ 1, . . . , n ; f < 0 in ]xi−1, xi[

,

Q =i ∈ 1, . . . , n ; f > 0 in ]xi−1, xi[

,

R =i ∈ 1, . . . , n ; f changes sign in ]xi−1, xi[

.

Ma f+ ≡ 0 su ]xi−1, xi[ se i ∈ P , f = f+ su ]xi−1, xi[ se i ∈ Q e

inf]xi−1,xi[

f < 0 = inf]xi−1,xi[

f+ ≤ sup]xi−1,xi[

f+ = sup]xi−1,xi[

f

se i ∈ R. Quindi

Σ+(f+, S)− Σ−(f

+, S) =∑

i∈Q

(xi − xi−1)

(sup

]xi−1,xi[

f − inf]xi−1,xi[

f

)

+∑

i∈R

(xi − xi−1)

(sup

]xi−1,xi[

f+ − inf]xi−1,xi[

f+

)

≤∑

i∈Q

(xi − xi−1)

(sup

]xi−1,xi[

f − inf]xi−1,xi[

f

)

+∑

i∈R

(xi − xi−1)

(sup

]xi−1,xi[

f − inf]xi−1,xi[

f

)

≤ Σ+(f, S)− Σ−(f, S) ,

e f+ e Riemann integrabile. Similmente si prova l’integrabilita secondo Riemanndi f−.Ma allora anche |f | = f+ + f− e Riemann integrabile, per (i). Inoltre, da

−|f(x)| ≤ f(x) ≤ |f(x)| ,per ogni x ∈ [a, b], ricordando (iii) e (ii), segue che

− R

∫ b

a

|f | ≤ R

∫ b

a

f ≤ R

∫ b

a

|f | ,

e quindi la dimostrazione e completa. ⋄Sino ad ora abbiamo sempre considerato l’integrale secondo Riemann tra a

e b solo nel caso a < b. Per semplicita di utilizzo della notazione nel seguito,estendiamo il simbolo

R

∫ b

a

f

per qualunque scelta di numeri reali a, b.

294

Page 295: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Definizione 25.11. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione Riemannintegrabile. Per ogni α, β, γ ∈ [a, b] con α > β definiamo

R

∫ β

α

f.= − R

∫ α

β

f ,

R

∫ γ

γ

f = 0 .

Proposizione 25.12. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione Riemannintegrabile. Per ogni α, β, γ ∈ [a, b] si ha

R

∫ γ

α

f = R

∫ β

α

f + R

∫ γ

β

f

Dimostrazione. Se α < β < γ, la proprieta coincide con la Proposizio-ne 25.10(iv) e quindi e gia stata provata. Se α < γ < β, risulta

R

∫ β

α

f = R

∫ γ

α

f + R

∫ β

γ

f ,

da cui segue

R

∫ γ

α

f = R

∫ β

α

f − R

∫ β

γ

f = R

∫ β

α

f + R

∫ γ

β

f .

Se α < γ = β, risulta

R

∫ γ

α

f = R

∫ β

α

f = R

∫ β

α

f + 0 = R

∫ β

α

f + R

∫ γ

β

f .

I rimanenti casi possono essere svolti analogamente ai precedenti. ⋄

Teorema 25.13. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione Riemannintegrabile. Per ogni c ∈ [a, b], definiamo la funzione A : [a, b] → R ponendo

A(x) = R

∫ x

c

f .

Allora A e derivabile in ogni x ∈ [a, b] in cui f e continua ed in tali punti si haA′(x) = f(x).

Dimostrazione. Sia x ∈ [a, b] un punto in cui f e continua. Allora per ogniε > 0 esiste δ > 0 tale che

ξ ∈ ]x− δ, x+ δ[∩[a, b] =⇒ |f(ξ)− f(x)| < ε .

Osserviamo che, essendo x fissato, si avra per ogni ξ ∈ ]x − δ, x + δ[∩[a, b] conξ 6= x

f(x) =1

x− ξR

∫ ξ

x

f(x) .

295

Page 296: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Quindi∣∣∣∣A(x) −A(ξ)

x− ξ− f(x)

∣∣∣∣ =∣∣∣∣∣

1

x− ξ

(R

∫ x

c

f − R

∫ ξ

c

f

)− f(x)

∣∣∣∣∣

=

∣∣∣∣1

x− ξR

∫ x

ξ

f − f(x)

∣∣∣∣

=

∣∣∣∣1

x− ξ

(R

∫ x

ξ

f − R

∫ x

ξ

f(x)

)∣∣∣∣

≤ 1

|x− ξ| R

∫ maxξ,x

minξ,x

|f − f(x)|

< εminξ, x −maxξ, x

|x− ξ| = ε ,

da cui segue la tesi. ⋄

Teorema 25.14. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione continua.Allora esiste una funzione F : [a, b] → R tale che F e derivabile e F ′(x) = f(x)per ogni x ∈ [a, b] (una tale funzione F si dice primitiva di f). Inoltre, seF1, F2 : [a, b] → R sono due primitive di f , allora esiste c ∈ R tale che

F1 − F2 = c .

Infine, per ogni ξ, η ∈ [a, b], si ha

R

∫ η

ξ

f = G(η)−G(ξ) ,

dove G e una qualsiasi primitiva di f .

Dimostrazione. (i) Fissiamo t ∈ [a, b]. Allora la funzione A : [a, b] → Rdefinita da

A(x) = R

∫ x

t

f ,

e una primitiva di f per il Teorema 25.13.

(ii) Supponiamo ora che F1, F2 siano due primitive di f . Allora la funzioneF1 − F2 : [a, b] → R e derivabile in ogni x ∈ [a, b] e si ha

(F1 − F2)′(x) = f(x)− f(x) = 0 ,

per ogni x ∈ [a, b]. Dunque deve essere F1 − F2 costante, visto che [a, b] econnesso.

(iii) Sia infine G una qualunque altra primitiva di f e siano ξ, η ∈ [a, b].Indicando con A : [a, b] → R la primitiva di f definita da

A(x) = R

∫ x

ξ

f ,

per (ii) si deve avere A−G funzione costante in [a, b]. In particolare,

R

∫ η

ξ

= A(η) = A(η)− A(ξ) = G(η) −G(ξ) ,

e la dimostrazione e completa ⋄

296

Page 297: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Proposizione 25.15. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione Riemannintegrabile. Allora f e Lebesgue sommabile in [a, b] e

R

∫ b

a

f =

∫ b

a

f dL1 .

Dimostrazione. (i) Innanzi tutto, osserviamo che se f : [a, b] → R e unafunzione costante a tratti, allora f e sia Lebesgue che Riemann integrabile e i dueintegrali coincidono. Infatti, indicando con xo = a < x1 < . . . < xn−1 < xn = be con cj ∈ R, j ∈ 1, . . . , n, i numeri reali tali che

f(x) = cj ∀ x ∈ ]xj−1, xj ] ,

si ha che f e L1–integrabile essendo L1–semplice con

∫ b

a

f dL1 =

n∑

j=1

cjL1(]xj−1, xj ]) =

n∑

j=1

cj(xj − xj−1) .

Inoltre, f e limitata e la suddivisione S = xo, . . . , xn e tale che

inf]xj−1,xj[

f = sup]xj−1,xj[

f = cj ,

e quindi tale cheΣ+(f, S)− Σ−(f, S) = 0 < ε ,

per ogni ε > 0. Dunque f e Riemann integrabile per la Proposizione 25.7.Inoltre si ha

R

∫ b

a

f =

n∑

j=1

R

∫ xj

xj−1

f =

n∑

j=1

cj(xj − xj−1) .

(ii) Sia ora f una funzione Riemann integrabile. Osserviamo che, per ognisuddivisione S = xo, . . . , xn di [a, b], si ha

Σ+(f, S) = R

∫ b

a

ϕ , Σ−(f, S) = R

∫ b

a

ψ , (31)

dove ϕ, ψ : [a, b] → R sono le funzioni costanti a tratti definite da

ϕ(x) = inf]xj−1,xj[

f , ψ(x) = sup]xj−1,xj[

f , ∀ x ∈ ]xj−1, xj ] .

Ora, per l’ipotesi di integrabilita, per ogni n ∈ N fissato esiste una suddivisioneTn di [a, b] tale che

Σ+(f, Tn)− Σ−(f, Tn) <1

n.

Indichiamo con ϕn, ψn : [a, b] → R le funzioni costanti a tratti definite in corri-spondenza della suddivisione Tn. Si osservi che per ogni n ∈ N si ha

ϕn ≤ f ≤ ψn ,

e, ricordando (i) e (31),

∫ b

a

ψn dL1 −∫ b

a

ϕn dL1 = Σ+(f, Tn)− Σ−(f, Tn) <1

n.

297

Page 298: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Ponendo ora ϕn, ψn : [a, b] → R le funzioni definite da

ϕn(x) = maxk≤n

ϕn(x) ψn(x) = mink≤n

ψn(x) ,

otteniamo due successioni monotone (ϕn) e (ψn) che soddisfano

ϕn ≤ f ≤ ψn ,

∫ b

a

ψn dL1 −∫ b

a

ϕn dL1 <1

n.

Definiamo infineϕ = sup

nϕn , ψ = sup

nψn .

Le funzioni ϕ, ψ sono misurabili per la Proposizione 7.17 e si ha ϕ ≤ f ≤ ψ.Inoltre, per ogni n ∈ N

0 ≤ ψ − ϕ ≤ ψn − ϕn .

Quindi

0 ≤∫ b

a

(ψ − ϕ) dL1 ≤ 1

n,

e, per arbitrarieta di n, si dovra avere∫ b

a(ψ − ϕ) dL1 = 0. Ma questo implica

cheϕ = ψ = f

L1–q.o. in [a, b] e, di conseguenza, che f e L1–misurabile per la completezzadella misura di Lebesgue.

(iii) Per l’ipotesi di integrabilita, f e limitata, e quindi anche |f | lo e. Ne segueche ∫ b

a

|f | dL1 < +∞ ,

e quindi f e Lebesgue sommabile per la Proposizione 8.18(i).

(iv) Vogliamo ora mostrare che l’integrale secondo Lebesgue e quello secondoRiemann coincidono. Sia S una qualunque suddivisione di [a, b] e siano ϕ, ψ lefunzioni costanti a tratti corrispondenti a S come in (ii). Da ϕ ≤ f ≤ ψ e dalfatto che ϕ, ψ sono funzioni L1–semplici, segue che

∫ b

a

ϕdL1 ≤∫ b

a

f dL1 ≤∫ b

a

ψ dL1 ,

e quindi, ricordando (i) e (ii),

Σ−(f, S) ≤∫ b

a

f dL1 ≤ Σ+(f, S) .

Per arbitrarieta della suddivisione S, ne segue

R

∫ b

a

f = I−(f) ≤∫ b

a

f dL1 ≤ I+(f) = R

∫ b

a

f ,

ossia la tesi. ⋄

298

Page 299: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Osservazione 25.16. Il vicecersa della Proposizione 25.15 non vale, neppurese ci si limita alle funzioni Lebesgue sommabili che siano limitate. Si consideriinfatti la funzione L1–sommabile f = χQ definita su un qualsiasi intervallo[a, b] ⊆ R. Per ogni intervallo I = ]ai−1, ai[ di una suddivisione D di [a, b], Icontiene sia un numero razionale che un numero reale. Quindi

infIf = 0 , sup

If = 1 ,

su ciascun intervallo della suddivisione. Questo implica che per qualunquesuddivisione D si ha

Σ−(f,D) = 0 < (b − a) = Σ+(f,D) ,

e dunque f non puo essere Riemann integrabile.

Teorema 25.17. Siano a ≤ b in R e f : [a, b] → R una funzione limitata.Allora f e Riemann integrabile se e solo se f e continua L1–q.o. in [a, b].

Dimostrazione. (i) Supponiamo f Riemann integrabile. Definiamo le funzionig, h : [a, b] → R ponendo

g(x) = supδ>0

infy∈[a,b]|x−y|<δ

f(y) = lim infy→x

f(y) ,

h(x) = infδ>0

supy∈[a,b]|x−y|<δ

f(y) = lim supy→x

f(y) .

Tali funzioni sono ben definite, soddisfano g(x) ≤ f(x) ≤ h(x) e si ha che f econtinua in x se e solo se g(x) = h(x).Osserviamo che, fissata una qualunque suddivisione S di [a, b], si ha

Σ−(g, S) ≤ Σ−(f, S) ≤ Σ−(h, S) , Σ+(g, S) ≤ Σ+(f, S) ≤ Σ+(h, S) .

Ma in realta vale qualcosa di piu. Infatti, per ogni intervallo aperto ]c, d[⊆ [a, b],vale

inf]c,d[

g = inf]c,d[

f sup]c,d[

f = sup]c,d[

h ,

e quindi Σ−(g, S) = Σ−(f, S) e Σ+(f, S) = Σ+(h, S).Combinando le relazioni trovate con l’arbitrarieta della suddivisione S, si ottieneche

I−(f) = I−(g) ≤ I+(g) ≤ I+(f) ,I−(f) ≤ I−(h) ≤ I+(h) = I+(f) .

Dall’ipotesi I−(f) = I+(f) segue allora che sia g che h sono funzioni Riemannintegrabili e che

R

∫ b

a

g = R

∫ b

a

h = R

∫ b

a

f .

Applicando la Proposizione 25.15, segue quindi che g, h sono Lebesgue integra-bili e che ∫ b

a

g dL1 =

∫ b

a

h dL1 .

299

Page 300: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Essendo g ≤ h, si deve dunque avere g = h L1–q.o. in [a, b], ossia f deve esserecontinua L1–q.o. in [a, b].

(ii) Supponiamo f limitata e continua L1–q.o. in [a, b]. Per ogni n ∈ N, con-sideriamo la suddivisione Sn = xo, . . . , x2n, con xj = a + j

2n (b − a) perj ∈ 0, . . . , 2n, e definiamo due funzioni costanti a tratti ϕ, ψ : [a, b] → Rponendo

ϕ(x) = inf]xj−1,xj[

f , ψ(x) = sup]xj−1,xj[

f , ∀ x ∈ ]xj−1, xj ] .

Essendo Sn ⊂ Sn+1 per ogni n ∈ N, dalla Proposizione 25.2 segue che

inf[a,b]

f = ϕo ≤ ϕn ≤ ϕn+1 ≤ f ≤ ψn+1 ≤ ψn ≤ ψo = sup[a,b]

f .

Quindi, possiamo applicare il Teorema della convergenza dominata alle succes-sioni (ϕn), (ψn) ed ai loro limiti puntuali ϕ = supn ϕn e ψ = infn ψn ottenendoche

limn

∫ b

a

ϕn dL1 =

∫ b

a

ϕdL1 , limn

∫ b

a

ψn dL1 =

∫ b

a

ψ dL1 ,

da cui segue

limn

∫ b

a

(ψn − ϕn) dL1 =

∫ b

a

(ψ − ϕ) dL1 .

Osserviamo ora che, se f e continua in x allora si deve avere ϕ(x) = ψ(x).Infatti, fissato x, per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che

|ξ − ξ′| < δ =⇒ |f(ξ)− f(ξ′)| < ε .

E, per n ∈ N abbastanza grande, l’intervallo In di estremi in Sn cui x appartienesara tutto contenuto in ]x− δ, x+ δ[, assicurando che

ψn(x) − ϕn(x) = supIn

f − infInf =

(supIn

f − f(x))+(f(x)− inf

Inf)≤ 2ε .

Ne segue che0 ≤ ψ(x)− ϕ(x) ≤ 2ε ,

ossia ϕ(x) = ψ(x) per arbitrarieta di ε.Essendo ϕ ≤ f ≤ ψ in [a, b] e per ipotesi f continua L1–q.o. in [a, b], si concludeche deve essere

ϕ(x) = f(x) = ψ(x) , L1–q.o. x ∈ [a, b] .

e ∫ b

a

ϕdL1 =

∫ b

a

f dL1 =

∫ b

a

ψ dL1 .

In particolare, si ottiene anche che

limn

(Σ+(f, Sn)− Σ−(f, Sn)

)= lim

n

∫ b

a

(ψn − ϕn) dL1 = 0 ,

e quindi, per la Proposizione 25.7, f e Riemann integrabile. ⋄

300

Page 301: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Osservazione 25.18. Come promesso, questa sezione e solo una breve reviewdell’integrale di Riemann. In particolare ci siamo concentrati solo sull’integraledi funzioni limitate, definite su un intervallo limitato. Estensioni al caso difunzioni definite su intervalli illimitati o di funzioni illimitate possono essereintrodotti nel seguente modo:

• se f : [a,+∞[→ R e una funzione Riemann integrabile su [a, c] per ognic > a ed esiste il limite

limc→+∞

R

∫ c

a

f ∈ R ,

diremo che f e Riemann integrabile su [a,+∞[ e porremo

R

∫ +∞

a

f = limc→+∞

R

∫ c

a

f ;

• se f : ] −∞, b] → R e una funzione Riemann integrabile su [c, b] per ognic < b ed esiste il limite

limc→−∞

R

∫ b

c

f ∈ R ,

diremo che f e Riemann integrabile su ]−∞, b] e porremo

R

∫ b

−∞

f = limc→−∞

R

∫ a

c

f ;

• se f : ]a, b] → R e una funzione Riemann integrabile su [c, b] per ognia < c < b ed esiste il limite

limc→a+

R

∫ b

c

f ∈ R ,

diremo che f e Riemann integrabile su [a, b] e porremo

R

∫ b

a

f = limc→a+

R

∫ b

c

f ;

• se f : [a, b[→ R e una funzione Riemann integrabile su [a, c] per ogni a <c < b ed esiste il limite

limc→b−

R

∫ c

a

f ∈ R ,

diremo che f e Riemann integrabile su [a, b] e porremo

R

∫ b

a

f = limc→b−

R

∫ c

a

f .

In questi casi, si parla di integrale improprio di Riemann. Per l’integrale impro-prio di Riemann si possono provare risultati analoghi a quelli della Proposizio-ne 25.10.Infine, f si dice assolutamente Riemann integrabile se |f | e Riemann integrabile.Si puo provare che se f e assolutamente Riemann integrabile su [a, b] con a, b ∈R, allora f e L1–sommabile su [a, b] e

∫ b

a

f dL1 = R

∫ b

a

f .

301

Page 302: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Si noti che tale risultato si applica anche a funzioni che sono Riemann integrabiliin senso improprio.

Esempio 25.19. Consideriamo la funzione

f(x) =sinx

x.

Essendo

∫ ∞

0

|f | dL1 =

+∞∑

n=0

∫ (n+1)π

|f | dL1 ≥+∞∑

n=0

1

(n+ 1)π

∫ (n+1)π

| sinx| dL1(x)

=+∞∑

n=0

(−1)n

(n+ 1)π

∫ (n+1)π

sinx dL1(x)

=2

π

+∞∑

n=0

1

(n+ 1)= +∞ ,

f non e L1–sommabile. In realta vale anche di piu:

∫ ∞

0

f+ dL1 =+∞∑

n=0

∫ (2n+1)π

2nπ

f dL1 ≥+∞∑

n=0

1

(2n+ 1)π

∫ (2n+1)π

2nπ

sinx dL1(x)

=2

π

+∞∑

n=0

1

(2n+ 1)= +∞ ,

e similmente∫∞

0 f− dL1 = +∞, quindi f non e neppure L1–integrabile. Tut-tavia e Riemann integrabile in senso improprio, visto che si puo mostrare laseguente uguaglianza49

limc→+∞

R

∫ c

0

sinx

x=

π

2.

Ovviamente, il problema sta nel fatto che la funzione f non e assolutamenteRiemann integrabile.

Gli Esempi 25.16 e 25.19 mostrano che la scelta di utilizzare l’integrale diRiemann o quello di Lebesgue dovrebbe essere fatta caso per caso, a seconda deltipo di funzioni che si vogliono integrare. In particolare, l’integrale di Riemann(e le sue generalizzazioni, nella forma di integrali di gauge come l’integrale diHenstock o l’integrale di McShane) permette di dare un senso all’integrale difunzioni che sono integrabili pur non essendo assolutamente integrabili. D’altrocanto, se siamo invece interessati a funzioni che possono avere molte disconti-nuita, come le funzioni caratteristiche di insiemi “irregolari”, allora l’integraledi Riemann non e particolarmente significativo. Osserviamo anche che l’in-tegrale di Riemann non ha buone proprieta di passaggio al limite, nel sensoche in generale una successione di funzioni Riemann integrabili puo convergerepuntualmente ad una funzione Riemann integrabile senza che la corrispondente

49Il valore esatto di questo limite puo essere calcolato con l’analisi complessa, oppure ci sipuo accontentare di mostrare che esiste il limite e che quindi la funzione e Riemann integrabile.In ogni caso non svolgiamo qui i calcoli necessari.

302

Page 303: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

successione di integrali di Riemann converga all’integrale della funzione limi-te. Vale infatti soltanto il seguente risultato (ben piu debole dei Teoremi diconvergenza per l’integrale secondo Lebesgue).

Teorema 25.20. Siano a ≤ b in R, fn : [a, b] → R una successione di funzioniRiemann integrabili e f : [a, b] → R una funzione. Supponiamo che fn → funiformemente. Allora f e Riemann integrabile e

limn

R

∫ b

a

fn = R

∫ b

a

f .

Dimostrazione. (i) Cominciamo con il dimostrare che f e Riemann integrabi-le. Fissiamo ε > 0. Dall’ipotesi fn → f uniformemente, segue che esiste N ∈ Ntale che per ogni n ≥ N

||fn − f ||∞ = supx∈[a,b]

|fn(x)− f(x)| < ε .

Quindi, in particolare, per ogni x ∈ [a, b] si ha

fN (x)− ε < f(x) < fN (x) + ε , (32)

da cui segue che f e limitata visto che fN lo e, essendo Riemann integrabile.Applicando la Proposizione 25.7 alla funzione Riemann integrabile fN , sia S =xo, . . . , xk una suddivisione di [a, b] tale che

Σ+(fN , S)− Σ−(fN , S) < ε .

Per ogni j ∈ 1, . . . , k, da (32) segue che

inf]xj−1,xj[

fN − ε ≤ inf]xj−1,xj[

f ≤ sup]xj−1,xj[

f ≤ sup]xj−1,xj[

fN + ε ,

e quindi

Σ−(fN , S)− ε(b− a) ≤ Σ−(f, S) ≤ Σ+(f, S) ≤ Σ+(fN , S) + ε(b− a) .

A questo punto, si ha quindi

Σ+(f, S)− Σ−(f, S) ≤ Σ+(fN , S)− Σ−(fN , S) + 2ε(b− a)

< ε(1 + 2(b− a)

),

e f risulta Riemann integrabile per la Proposizione 25.7.

(ii) Mostriamo ora che l’integrale (secondo Riemann) di fn converge all’integrale(secondo Riemann) di f . Fissiamo ε > 0 e sia come prima, per la convergenzauniforme di fn a f , N ∈ N tale che per ogni n ≥ N e ogni x ∈ [a, b]

|fn(x) − f(x)| < ε .

Allora, applicando i vari punti della Proposizione 25.10, si ha che per ogni n ≥ N∣∣∣∣∣ R∫ b

a

fn − R

∫ b

a

f

∣∣∣∣∣ ≤ R

∫ b

a

|fn − f | ≤ ε(b− a) .

Ossia

limn

R

∫ b

a

fn = R

∫ b

a

f ,

e la dimostrazione e conclusa. ⋄

303

Page 304: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esempio 25.21. Se consideriamo la successione di funzioni su [0, 1]

fn(x) =

4n2x se 0 ≤ x ≤ 1/2n

4n− 4n2x se 1/2n ≤ x ≤ 1/n

0 se 1/n ≤ x ≤ 1

abbiamo una successione (fn) di funzioni continue e limitate che convergonopuntualmente alla funzione f ≡ 0. Tuttavia

R

∫ 1

0

fn ≡ 1 > 0 = R

∫ 1

0

f ,

e quindi il limite degli integrali (secondo Riemann) non e l’integrale (secondoRiemann) di f , se la convergenza uniforme e rimpiazzata solo da quella puntuale.

Esempio 25.22. Se consideriamo la successione di funzioni

fn = χAn, An = qo, . . . , qn

dove (qn) e una qualunque enumerazione di Q ∩ [0, 1], allora otteniamo unasuccessione di funzioni limitate che converge puntualmente alla funzione f = χQ

su [0, 1].Per ogni n ∈ N, la funzione fn e Riemann integrabile su [0, 1], visto che haun numero finito di discontinuita, mentre la funzione limite f non lo e (comeabbiamo visto nell’Osservazione 25.16). Questo significa che rimpiazzando laconvergenza uniforme con quella puntuale, non e neppure detto che il limitedella successione sia Riemann integrabile.

304

Page 305: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Bibliografia

[1] L. Ambrosio, N. Fusco & D. Pallara, Functions of bounded variationand free discontinuity problems. Oxford Mathematical Monographs OxfordScience Publications, Oxford, 2000.

[2] D. L. Cohn, Measure theory. Birkhauser Boston, Inc., Boston, MA, 1980.

[3] L. C. Evans & R. F. Gariepy, Measure theory and fine properties of func-tions. Studies in Advanced Mathematics CRC Press, Boca Raton, FL,1992.

[4] G. B. Folland, Real analysis. Modern techniques and their applications.Second edition. Pure and Applied Mathematics John Wiley & Sons, Inc.,New York, 1999.

[5] D. H. Fremlin, Measure theory. Vol. 1. The irreducible minimum. 2004Edition. Available at http://www.essex.ac.uk/maths/people/fremlin/mt1.2004/index.htm

[6] D. H. Fremlin, Measure theory. Vol. 2. Broad foundations. 2010 Edi-tion. Available at http://www.essex.ac.uk/maths/people/fremlin/

mt2.2010/index.htm

[7] D. P. Giesy, A finite-valued finitely additive unbounded measure. Amer.Math. Monthly, 77 (1970), 508–510.

[8] W. Rudin, Real and complex analysis. Third edition. McGraw-Hill BookCo., New York, 1987.

[9] R. M. Solovay, A model of set-theory in which every set of reals is Lebesguemeasurable. Ann. of Math. (2) 92 (1970), 1–56.

[10] D. W. Stroock, A concise introduction to the theory of integration. 2ndedition. Birkhauser Boston, Inc., Boston, MA, 1994.

305

Page 306: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Soluzioni agli esercizi

Esercizio 1. Ricordando che l’intervallo ]a, b[ e aperto in R per ogni a, b ∈ R,mostrare che ogni intervallo di R (limitato o illimitato, aperto o chiuso o apertosolo da un lato) e un insieme boreliano di R, i.e. appartiene a B(R).

Soluzione. E sufficiente combinare

]a, b] =⋂

n∈N

]a, b+ 1/n

[, [a, b] =

n∈N

]a+ 1/n, b

],

]a,+∞[ =⋃

n∈N

]a, n[, ]−∞, b[ =

n∈N

]− n, b

[,

con le proprieta delle σ–algebre per ottenere che ogni tipo di intervallo appar-tiene alla σ–algebra generata dagli aperti.

Esercizio 2. Siano X,Y insiemi e f : X → Y una funzione. Provare che

• se F ⊆ P(X) e una σ–algebra in P(X), allora

F ⊆ Y ; f−1(F ) ∈ F

,

e una σ–algebra in P(Y );

• se G ⊆ P(Y ) e una σ–algebra in P(Y ), allora

f−1(E) ; E ∈ G

,

e una σ–algebra in P(X).

Soluzione. Le verifiche sono facili osservando che f−1(∅) = ∅,

X \ f−1(A) = f−1(Y \A) , f−1

(⋃

h∈N

Ah

)=⋃

h∈N

f−1(Ah) ,

per ogni A, (Ah) ⊆ Y .

Esercizio 3. Siano X insieme, F ⊆ P(X) una σ–algebra di sottoinsiemi di Xe A ⊆ X. Mostrare che

FA.=E ∩ A ; E ∈ F

,

e una σ–algebra in P(A), detta traccia di F su A.

Soluzione. Le verifiche sono immediate per le proprieta di unione, intersezionee complementare di insiemi: ∅ ∩ A = ∅,

A \ (E ∩ A) = (X \ E) ∩ A ,⋃

h∈N

(Eh ∩ A) =(⋃

h∈N

Eh

)∩ A ,

per ogni E, (Eh) ∈ F .

306

Page 307: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 4. Siano X insieme, F ⊆ P(X) una σ–algebra di sottoinsiemi di Xe A ⊆ X. Mostrare che

Σ =(E ∩ A) ∪ (F \A) ; E,F ∈ F

,

e una σ–algebra in P(X) e che coincide con la σ–algebra generata da F ∪ A.Soluzione. (a) Proviamo innanzi tutto che si tratta di una σ–algebra. Pren-dendo E = F = ∅, si ha ∅ ∈ Σ. Inoltre, fissati E,F ∈ F , si ha

X \ ((E ∩ A) ∪ (F \A)) =(X \ (E ∩ A)

)∩(X \ (F \A)

)

=[(X \A) ∪

((X \ E) ∩A

)]∩[((X \ F ) \A

)∪ A

]

=[(X \ E) ∩ A

]∪[((X \ F ) \A

)∩ (X \A)

]

=[(X \ E) ∩ A

]∪[(X \ F ) \A

],

e dunque Σ e chiuso rispetto al complementare. Infine, prese (Eh), (Fh) succes-sioni in F , la chiusura di Σ rispetto ad unioni numerabili segue da

h∈N

((Eh ∩A) ∪ (Fh \A)

)=

[(⋃

h∈N

Eh

)∩A

]∪[(⋃

h∈N

Fh

)\A)

].

(b) Proviamo ora che Σ coincide con la σ–algebra generata da F ∪ A, cheindichiamo con Σ′. Naturalmente, per ogni E,F ∈ F

(E ∩ A) ∪ (F \A) ∈ Σ′ ,

quindi Σ ⊆ Σ′. D’altra parte,

A = (X ∩A) ∪ (∅ \A) ,

e per ogni E ∈ FE = (E ∩A) ∪ (E \A) ,

quindi (F ∪ A) ⊆ Σ e, per minimalita di Σ′, si conclude che Σ′ ⊆ Σ.

Esercizio 5. Mostrare che le funzioni introdotte negli Esempi 2.4, 2.5, 2.6, 2.7e 2.8 sono misure.

Soluzione. Ovviamente e sufficiente provarlo per le misure degli Esempi 2.4e 2.5, visto che le restanti sono ottenute dall’Esempio 2.5 per opportune sceltedella funzione h. Sia dunque µ la misura dell’Esempio 2.4. Se (Ei) e unasuccessione disgiunta in ∅, X, allora ci potra essere al massimo un k ∈ N taleche Ek = X e tutti gli altri elementi della succesione devono essere l’insiemevuoto. Quindi, se tale k non esiste si ha semplicemente

µ

(⋃

i∈N

Ei

)= µ(∅) = 0 =

∞∑

i=0

µ(∅) =∞∑

i=0

µ(Ei) ;

se invece tale k esiste, allora si ha

µ

(⋃

i∈N

Ei

)= µ(X) = +∞ = µ(X) +

i6=k

µ(Ei) .

307

Page 308: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

In entrambi i casi, la σ–additivita e dimostrata.Sia ora µh la misura definita nell’Esempio 2.5 e sia (Ei) una successione disgiuntain P(X). Preso un insieme finito J ⊆ ⋃

i∈NEi, gli insiemi Ji = J ∩ Ei sonoinsiemi finiti e disgiunti contenuti in Ei e quindi

x∈J

h(x) =

∞∑

i=0

x∈Ji

h(x) ≤∞∑

i=0

µh(Ei) .

Passando al sup su tutti gli insiemi finiti J , si ottiene

µh

(⋃

i∈N

Ei

)≤

∞∑

i=0

µ(Ei) .

Per mostrare la disuguaglianza opposta, per ogni i ∈ N sia Ji ⊆ Ei un insiemefinito e fissiamo M ∈ N. Allora gli insiemi Ji sono disgiunti, J =

⋃Mi=0 Ji e un

insieme finito contenuto in⋃

i∈N Ei e si ha

x∈Jo

h(x) + . . .+∑

x∈JM

h(x) =∑

x∈J

h(x) ≤ µh

(⋃

i∈N

Ei

).

Passando in ciascun termine al sup, ne segue

M∑

i=0

µh(Ei) = µh(E1) + . . .+ µh(EM ) ≤ µh

(⋃

i∈N

Ei

),

da cui, passando al limite per M → ∞, si conclude

∞∑

i=0

µh(Ei) ≤ µh

(⋃

i∈N

Ei

),

e dunque µh e una misura.

Esercizio 6. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, Y un insieme ed f : X → Yuna funzione. Mostrare che, indicando

F =F ⊆ Y ; f−1(F ) ∈ Σ

,

e con ν : F → [0,+∞] la funzione definita da ν(F ) = µ(f−1(F )

), (Y,F , ν) e

uno spazio di misura. In tal caso, ν e detta misura immagine e talvolta indicatacon µf−1.

Soluzione. Essendo f−1(∅) = ∅, bisogna solo mostrare la σ–additivita. Sia(Fh) una successione disgiunta in F , e poniamo Eh = f−1(Fh) per ogni h ∈ N.Allora (Eh) e una successione disgiunta in Σ e si ha

ν

(⋃

n∈N

Fn

)= µ

(f−1

(⋃

n∈N

Fn

))= µ

(⋃

n∈N

En

)

=

∞∑

n=0

µ(f−1(Fn)

)=

∞∑

n=0

ν(Fn) .

308

Page 309: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 7. Siano (Y,Σ, ν) uno spazio di misura, X un insieme ed f : X → Yuna funzione suriettiva. Mostrare che, indicando

F =f−1(E) ; E ∈ Σ

,

e con µ : F → [0, ν(Y )] la funzione definita da µ(f−1(E)) = ν(E), (X,F , µ) euno spazio di misura.

Soluzione. Innanzi tutto, F e una σ–algebra per l’Esercizio 2.Inoltre, f suriettiva implica che la misura e ben definita. Infatti, se F, F ′ ∈ Σsono tali che f−1(F ) = f−1(F ′) e se esistesse ζ ∈ F \ F ′, allora ζ = f(ξ) eξ ∈ f−1(F ) \ f−1(F ′). Quindi deve essere F = F ′.A questo punto, possiamo passare a verificare le proprieta di misura. Essendof−1(∅) = ∅, bisogna solo mostrare la σ–additivita.Sia (Eh) una successione disgiunta in F , ossia Eh = f−1(Fh) per opportuniFh ∈ Σ. L’ipotesi di f suriettiva implica che (Fh) e una successione disgiunta,infatti se ci fosse y ∈ Fi∩Fj per qualche i 6= j, allora esisterebbe z ∈ X tale chey = f(z) e z ∈ f−1(Fi) ∩ f−1(Fj) = Ei ∩ Ej che sarebbe una contraddizione.Inoltre implica anche che f(Eh) = Fh. Ma allora

µ

(⋃

n∈N

En

)= µ

(⋃

n∈N

f−1(Fn)

)= µ

(f−1

(⋃

n∈N

Fn

))

= ν

(⋃

n∈N

Fn

)=

∞∑

n=0

ν (Fn) =∞∑

n=0

µ(En) .

Esercizio 8. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura ed E,F ∈ Σ. Mostrare che

µ(E ∪ F ) + µ(E ∩ F ) = µ(E) + µ(F ) ,

µ(EF ) + µ(E) = µ(F ) + 2µ(E \ F ) .Dedurne che, se µ(E) < +∞, allora si ha anche

µ(E ∪ F ) = µ(E) + µ(F )− µ(E ∩ F ) ,

µ(EF ) = µ(F ) + 2µ(E \ F )− µ(E) .

Soluzione. Le prime proprieta sono praticamente immediate:

µ(E ∪ F ) + µ(E ∩ F ) = µ(E) + µ(F \E) + µ(E ∩ F ) = µ(E) + µ(F ) ,

µ(EF )+µ(E) = µ(E\F )+µ(F \E)+µ(E∩F )+µ(E\F ) = µ(F )+2µ(E\F ) .Se poi µ(E) < +∞, anche µ(E ∩ F ) < +∞ ed i termini si possono sottrarredalle espressioni qui sopra per ottenere quelle rimanenti e concludere l’esercizio.

Esercizio 9. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura ed (Eh) successione in Σ.Mostrare che

µ

k∈N

h≥k

Eh

≤ lim inf

hµ(Eh) .

309

Page 310: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Soluzione. La successioneFn =

h≥n

Eh

e crescente, e dunque

µ

(⋃

n∈N

Fn

)= sup

n∈N

µ(Fn) .

Allo stesso tempo, per ogni m ≥ n si ha⋂

h≥nEh ⊆ Em, e quindi

µ

h≥n

Eh

≤ µ(Em) ∀m ≥ n .

Passando all’inf per m ≥ n e sostituendo in µ(Fn) sopra, si trova

µ

n∈N

h≥n

Eh

= sup

n∈N

µ(Fn) ≤ supn∈N

infm≥n

µ(Em) = lim infh

µ(Eh) .

Esercizio 10. Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura.

1. Mostrare che

Σ.= E ⊆ X ; ∃E1, E2 ∈ Σ tali che E1 ⊆ E ⊆ E2 e µ(E2 \ E1) = 0 ,

e una σ–algebra in P(X) e che Σ ⊆ Σ.

2. Definita la funzione µ : Σ → [0,+∞] come

µ(E) = inf µ(G) ; E ⊆ G, G ∈ Σ ,

mostrare che µ(E) = µ(E) se E ∈ Σ e che ∀E ∈ Σ se E1, E2 sono come

nella definizione di Σ allora µ(E1) = µ(E) = µ(E2).

3. Mostare che (X, Σ, µ) e uno spazio di misura, che e completo e che µ

estende µ a Σ.

4. Mostrare che (X,Σ, µ) = (X, Σ, µ) se e solo se (X,Σ, µ) e completo.

5. Mostrare che se ν e un’altra misura definita su Σ che coincide con µ suΣ, allora ν = µ, ossia µ e l’unica estensione di µ a Σ.

6. Mostrare che A ⊆ X appartiene a Σ se e solo se A = EN con E ∈ Σ eN µ–negligible.

Soluzione. 1. Prendendo E1 = E2 = ∅, ∅ ∈ Σ. Dati E ∈ Σ e E1, E2 ∈ Σcorrispondenti a E, si ottiene

X \ E2 ⊆ X \ E ⊆ X \ E1 ,

eµ((X \ E1) \ (X \ E2)

)= µ(E2 \ E1) = 0 ,

310

Page 311: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

per cui X \ E ∈ Σ. Infine, data una successione (Eh) in Σ, per ogni h ∈ Nscegliamo E′

h, E′′h in Σ corrispondenti a Eh. Ponendo

E′ =⋃

h∈N

E′h , E′′ =

h∈N

E′′h ,

si ottiene naturalmente E′, E′′ ∈ Σ e E′ ⊆ ⋃h∈NEh ⊆ E′′. Resta da vedere cheµ(E′′ \ E′) = 0. Ma questo segue da E′′ \E′ ⊆ ⋃h∈N(E

′′h \ E′

h), in quanto

µ(E′′ \ E′) ≤ µ

(⋃

h∈N

E′′h \ E′

h

)≤

∞∑

h=0

µ(E′′h \ E′

h) = 0 .

Dunque Σ e una σ–algebra in P(X). Il fatto che Σ ⊆ Σ e immediato visto chebasta prendere E1 = E2 = E.

2. Se E ∈ Σ, e ovvio che µ(E) = µ(E). Ora, per ogni E ∈ Σ, poniamo

ΞE = G ∈ Σ ; E ⊆ G ,

in modo che µ(E) = infµ(G) ; G ∈ ΞE. Allora, fissato E ∈ Σ e dati E1, E2 ∈Σ corrispondenti a E, si ha E1 ⊆ G per ogni G ∈ ΞE . Dunque

µ(E1) ≤ µ(G) , ∀G ∈ ΞE ,

da cui, passando all’inf in ΞE e sfruttando E2 ∈ ΞE , si ha

µ(E1) ≤ µ(E) ≤ µ(E2) = µ(E1) + µ(E2 \ E1) = µ(E1) .

3. Chiaramente µ(∅) = µ(∅) = 0. Quindi, per mostrare che µ e una misura,

dobbiamo mostrare la σ–additivita. Sia (Eh) una successione disgiunta in Σ.Come prima, per ogni h ∈ N scegliamo E′

h, E′′h in Σ corrispondenti a Eh e

poniamo

E′ =⋃

h∈N

E′h , E′′ =

h∈N

E′′h .

Allora, ricordando che con queste scelte E′, E′′ ∈ Σ, E′ ⊆ ⋃h∈NEh ⊆ E′′ e

µ(E′′ \ E′) = 0, otteniamo che µ(⋃

h∈NEh) = µ(E′) = µ(E′′) (per quantodimostrato in 2). Osservando che (E′

h) e una successione disgiunta in Σ, si ha

µ

(⋃

h∈N

Eh

)= µ(E′) =

∞∑

h=0

µ(E′h) =

∞∑

h=0

µ(Eh) ,

dove abbiamo nuovamente usato 2 su ciascun insieme Eh.

Naturalmente µ e un’estensione di µ, visto che abbiamo gia provato che Σ ⊆ Σe che µ|Σ = µ.

Per mostrare che (X, Σ, µ) e completo, sia A ⊆ E con E ∈ Σ e µ(E) = 0. PresiE1, E2 ∈ Σ corrispondenti a E, si ha µ(E1) = µ(E2) = µ(E) = 0, e quindivalgono

∅ ⊆ A ⊆ E2 , µ(E2 \ ∅) = µ(E2) = 0 ,

e dunque A ∈ Σ.

311

Page 312: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

4. Se µ = µ e Σ = Σ, allora (X,Σ, µ) e ovviamente completo. Supponiamo

invece che (X,Σ, µ) sia completo. Allora preso E ∈ Σ e presi E1, E2 ∈ Σcorrispondenti a E, si ha

E \ E1 ⊆ E2 \ E1 , µ(E2 \ E1) = 0 .

e quindi E\E1 ∈ Σ per l’ipotesi di completezza. Ma allora E = (E\E1)∪E1 ∈ Σ

e quindi Σ = Σ. Visto che µ|Σ = µ, ne segue (X,Σ, µ) = (X, Σ, µ).

5. Se ν e un’altra estensione di µ a Σ, mostriamo che ν = µ. Sia E ∈ Σ eE1, E2 ∈ Σ corrispondenti a E. Allora, rispettivamente per la monotonia e per2, si ha

ν(E1) ≤ ν(E) ≤ ν(E2) , µ(E1) = µ(E) = µ(E2) .

Ma essendo ν = µ = µ su Σ, in realta ν(Ei) = µ(Ei) (i = 1, 2) e dunque ν = µ

su tutto Σ.

6. Sia A ∈ Σ e siano E1, E2 ∈ Σ corrispondenti a A. Allora, A \ E1 e µ–negligible, visto che e contenuto in E2 \ E1. Inoltre A = E1(A \ E1), quindiA puo essere rappresentato nella forma richiesta.Viceversa, sia A = EN con E ∈ Σ e N µ–negligible. Sia G ∈ Σ tale cheN ⊆ G e µ(G) = 0. Allora

E \G ⊆ A ⊆ E ∪G ,

eµ((E ∪G) \ (E \G)

)= µ(G) = 0 .

Quindi A ∈ Σ.

Esercizio 11. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura e f, g : X → R due funzioni.Mostrare che le relazioni

f ≤ g µ–q.o. , f ≥ g µ–q.o. ,

sono relazioni riflessive e transitive, che la relazione

f = g µ–q.o. ,

e una relazione di equivalenza e che f = g µ–q.o. se e solo se f ≥ g µ–q.o. ef ≤ g µ–q.o.

Soluzione. • Naturalmente x ∈ X ; f(x) > f(x) = ∅ e dunque f ≤ f µ–q.o.Inoltre, date f, g, h : X → R tali che f ≤ g e g ≤ h µ–q.o e detti M,N ∈ Σ taliche

x ∈ X ; f(x) > g(x) ⊆M , x ∈ X ; g(x) > h(x) ⊆ N ,

µ(M) = µ(N) = 0 ,

si ha

x ∈ X ; f(x) > h(x) ⊆M ∪N , µ(M ∪N) ≤ µ(M) + µ(N) = 0 ,

e quindi f ≤ h µ–q.o.

312

Page 313: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

• Le proprieta della relazione ≥ µ–q.o. si provano in modo del tutto analogo.

• Mostriamo che f = g µ–q.o. se e solo se si ha f ≤ g µ–q.o. e f ≥ g µ–q.o.Infatti,

x ∈ X ; f(x) 6= g(x) = x ∈ X ; f(x) > g(x) ∪ x ∈ X ; f(x) < g(x)

e dunque l’insieme a sinistra e µ–negligible se e solo se entrambi gli insiemi adestra sono µ–negligible.• Infine, la proprieta riflessiva e transitiva per la relazione = µ–q.o. seguono daquelle precedenti. La proprieta simmetrica e anch’essa immediata e dunque sitratta di una relazione di equivalenza.

Esercizio 12. Siano X un insieme, Σ1,Σ2 σ–algebre in P(X), µ1 : Σ1 →[0,+∞], µ2 : Σ2 → [0,+∞] misure su X e c ≥ 0. Mostrare che

(i) µ1 + µ2 : Σ1 ∩ Σ2 → [0,+∞] definita da (µ1 + µ2)(E) = µ1(E) + µ2(E) euna misura su X;

(ii) cµ1 : Σ1 → [0,+∞] definita da (cµ1)(E) = cµ1(E) e una misura su X.

Soluzione. Sia (Eh) successione disgiunta in Σ1 ∩ Σ2. Allora

(µ1 + µ2)

(⋃

h∈N

Eh

)= µ1

(⋃

h∈N

Eh

)+ µ2

(⋃

h∈N

Eh

)

=

∞∑

h=0

µ1(Eh) +

∞∑

h=0

µ2(Eh) =

∞∑

h=0

(µ1 + µ2)(Eh) .

Sia ora (Eh) successione disgiunta in Σ1. Allora

(cµ1)

(⋃

h∈N

Eh

)= cµ1

(⋃

h∈N

Eh

)= c

∞∑

h=0

µ1(Eh) =

∞∑

h=0

(cµ1)(Eh) .

Quindi sia µ1 + µ2 che cµ1 sono σ–additive e, quindi, misure.

Esercizio 13. Sia X un insieme piu che numerabile. Mostrare che

(i) la famiglia di insiemi

Σ.= E ⊆ X ; E e numerabile o X \ E e numerabile ,

e una σ–algebra in P(X) (detta σ–algebra countable–cocountable);

(ii) la funzione µ : Σ → 0, 1 definita da

µ(E) =

0 se E e numerabile1 se X \ E e numerabile

e una misura su X che rende completo lo spazio (X,Σ, µ).

313

Page 314: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Soluzione. (i) ∅ ∈ Σ e la chiusura rispetto al complementare sono immediate.Sia (Eh) una successione in Σ. Se tutti gli insiemi Eh sono numerabili, alloraanche

⋃h∈NEh e numerabile. Se invece esiste k ∈ N tale cheX\Ek e numerabile,

allora

X \(⋃

h∈N

Eh

)=⋂

h∈N

X \ Eh ⊆ X \ Ek ,

e dunque⋃

h∈NEh ha complementare numerabile. In entrambi i casi,⋃

h∈NEh ∈Σ.(ii) Sia (Eh) una successione disgiunta in Σ. Se tutti gli insiemi Eh sononumerabili, allora anche

⋃h∈NEh e numerabile e si ha

µ

(⋃

h∈N

Eh

)= 0 =

∞∑

h=0

µ(Eh) .

Supponiamo invece che esista k ∈ N tale che X \ Ek e numerabile. Essendo lasuccessione disgiunta, ne segue che, per ogni j 6= k, Ej ⊆ X \Ek, e quindi tuttigli Ej con j 6= k sono numerabili. Ne segue che

µ

(⋃

h∈N

Eh

)= 1 = µ(Ek) +

h 6=k

µ(Eh) ,

e dunque µ e una misura su X . Il fatto che lo spazio di misura e completosegue immediatamente dal fatto che sottoinsiemi di un insieme numerabile sonosempre numerabili.

Esercizio 14. Sia (X,Σ, µ) uno spazio di misura. Per ogni E ∈ Σ poniamo

µ(E) = sup µ(F ) ; F ⊆ E, F ∈ Σ, µ(F ) < +∞ .

(i) Mostrare che µ e una misura su X e che µ ≥ µ.

(ii) Mostrare che se µ e σ–finita, allora µ = µ.

(iii) Trovare un esempio di misura µ non σ–finita, tale che µ 6= µ.

Soluzione. (i) La disuguaglianza µ ≥ µ e immediata visto che per ogni F ⊆ Esi ha µ(F ) ≤ µ(E) e, passando al sup tra gli insiemi di misura finita, µ(E) ≤µ(E). Per mostrare che µ e una misura, basta mostrare la σ–additivita, essendochiaro che µ(∅) = 0. Sia dunque (Eh) una successione disgiunta in Σ.

• Dato F ∈ Σ tale che F ⊆ ⋃h∈NEh e µ(F ) < +∞, consideriamo la successionedi insiemi Gh = F ∩Eh ∈ Σ. (Gh) e una successione disgiunta con

⋃h∈NGh = F

e tale che per ogni h ∈ N si ha Gh ⊆ Eh e µ(Gh) < +∞. Quindi

µ(F ) = µ

(⋃

h∈N

Gh

)=

∞∑

h=0

µ(Gh) ≤∞∑

h=0

µ(Eh) .

Passando al sup tra gli F ∈ Σ con F ⊆ ⋃h∈NEh e µ(F ) < +∞, ne segue che

µ

(⋃

h∈N

Eh

)≤

∞∑

h=0

µ(Eh) .

314

Page 315: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

• Resta da mostrare la disuguaglianza opposta, ossia che

µ

(⋃

h∈N

Eh

)≥

∞∑

h=0

µ(Eh) .

Se µ(⋃

h∈NEh

)= +∞, la disuguaglianza e ovviamente vera. Sia dunque

µ(⋃

h∈NEh

)< +∞ e, fissato ε > 0, siano Ah ∈ Σ con Ah ⊆ Eh e µ(Ah) < +∞

tali che per ogni h ∈ Nµ(Ah) > µ(Eh)− ε .

Per ogni M ∈ N, ponendo AM =⋃M

h=0Ah ⊆ ⋃h∈NEh, si ha AM ∈ Σ e, poiche

gli Ah sono disgiunti, anche

µ(AM ) =

M∑

h=0

µ(Ah) <∞ .

Quindi

µ

(⋃

h∈N

Eh

)≥ µ(AM ) =

M∑

h=0

µ(Ah) >

M∑

h=0

µ(Eh)−Mε .

Per arbitrarieta di ε, ne segue che per ogni M ∈ N

µ

(⋃

h∈N

Eh

)≥

M∑

h=0

µ(Eh) ,

e passando al limite per M → ∞

µ

(⋃

h∈N

Eh

)≥

∞∑

h=0

µ(Eh) .

(ii) Sia ora (Xh) una successione in Σ per cui X =⋃

h∈NXh e µ(Xh) < ∞.Possiamo assumere che (Xh) sia una successione crescente. Fissato E ∈ Σ, lasuccessione Eh = E ∩Xh e crescente e tale che Eh ⊆ E e µ(Eh) ≤ µ(Xh) <∞.Allora per ogni h ∈ N si ha

µ(E) ≥ µ(Eh) ,

e quindi passando al limite per h→ ∞

µ(E) ≥ limhµ(Eh) = µ

(⋃

h∈N

E ∩Xh

)= µ(E) ,

e dunque µ = µ.

(iii) Consideriamo X = R, Σ = P(R) e

µ(E) =

+∞ se 0 ∈ E

0 altrimenti

µ e una misura perche presa una successione disgiunta (Eh), se 0 /∈ Eh per ognih ∈ N, allora

µ

(⋃

h∈N

Eh

)= 0 =

∞∑

h=0

µ(Eh) .

315

Page 316: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Se invece esiste k ∈ N tale che 0 ∈ Ek, allora 0 /∈ Ej per j 6= k e

µ

(⋃

h∈N

Eh

)= +∞ = µ(Ek) +

h 6=k

µ(Eh) .

Quindi µ e una misura, ma µ(E) = 0 per ogni E ∈ Σ perche gli unici sottoinsiemidi misura finita hanno misura nulla. Quindi µ 6= µ in questo caso.

Esercizio 15. Siano X un insieme, Σ una σ–algebra in P(X) e (µn) unasuccessione di misure su X definite su Σ. Definiamo per ogni E ∈ Σ

µ(E) = supn∈N

µn(E) .

Mostrare che µ e una misura su X.

Soluzione. Naturalmente basta mostrare la σ–additivita, essendo chiaro cheµ(∅) = 0. Sia dunque (Eh) una successione disgiunta in Σ. Per ogni ∈ Nsappiamo che

µn

(⋃

h∈N

Eh

)=

∞∑

h=0

µn(Eh) ≤∞∑

h=0

µ(Eh) ,

quindi passando al sup su n ∈ N

µ

(⋃

h∈N

Eh

)≤

∞∑

h=0

µ(Eh) .

D’altra parte, per ogni M ∈ N ed n ∈ N

M∑

h=0

µn(Eh) ≤∞∑

h=0

µn(Eh) = µn

(⋃

h∈N

Eh

)≤ µ

(⋃

h∈N

Eh

),

quindi passando al sup su n ∈ N

M∑

h=0

µ(Eh) ≤ µ

(⋃

h∈N

Eh

),

e, infine, passando al limite per M → ∞, si conclude

∞∑

h=0

µ(Eh) ≤ µ

(⋃

h∈N

Eh

).

Esercizio 16. Siano X un insieme, Σ una σ–algebra in P(X) e (µn) unasuccessione di misure su X definite su Σ tale che per ogni n ∈ N si abbiaµn ≤ µn+1. Definiamo per ogni E ∈ Σ

µ(E) = limnµn(E) .

Mostrare che µ e una misura su X.

316

Page 317: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Soluzione. Essendo la successione crescente, si ha per ogni E ∈ Σ

limnµn(E) = sup

n∈N

µn(E) .

Dunque basta applicare l’Esercizio precedente.

Esercizio 17. Siano (X,Σ, µ) uno spazio di misura, Y ⊆ X e µY la subspacemeasure su Y . Mostrare che valgono i seguenti fatti:

(i) per ogni H ⊆ Y , H e µY –negligible se e solo se H e µ–negligible, e quindise µ e completa, anche µY lo e;

(ii) se indichiamo con µ∗ la misura esterna indotta da µ su P(X) e con µ∗Y la

misura esterna indotta da µY su P(Y ), si ha µ∗Y = µ∗

|P(Y );

(iii) per ogni Z ⊆ Y si ha (µY )Z = µZ , dove (µY )Z e la subspace measureindotta da µY su Z, visto come sottoinsieme di Z, mentre µZ e la subspacemeasure indotta da µ su Z, visto come sottoinsieme di X.

Soluzione. (i) Sia H ⊆ Y un insieme µY –negligible. Allora esiste N ∈ ΣY

tale che µY (N) = 0 e H ⊆ N . Ma allora, indicando con µ∗ la misura esternaricavata da µ attraverso il Teorema 3.9, si ha µ∗(H) ≤ µ∗(N) = 0. Quindi,µ∗(H) = 0. Inoltre, sappiamo che esiste un insieme E ∈ Σ tale che H ⊆ E eµ(E) = µ∗(H) = 0, quindi H e anche µ–negligible.Viceversa, sia H ⊆ Y un insieme µ–negligible. Allora esiste E ∈ Σ tale cheµ(E) = 0 e H ⊆ E. Consideriamo quindi N = E ∩ Y : e un insieme di ΣY ed etale che µY (N) = µ∗(E ∩ Y ) ≤ µ(E) = 0. Essendo H ⊆ N , ne segue che H eµY –negligible.

(ii) Sia A ⊆ Y . Preso un qualunque E ∈ Σ tale che A ⊆ E, allora A ⊆ E ∩ Y ∈ΣY e quindi

µ∗Y (A) ≤ µY (E ∩ Y ) ≤ µ(E) .

Passando all’inf sugli insiemi E ∈ Σ, si conclude che

µ∗Y (A) ≤ µ∗(A) .

Prendiamo ora un qualunque F ∈ ΣY tale che A ⊆ F , e sia E ∈ Σ tale cheF ⊆ E e µY (F ) = µ∗(F ) = µ(E). Essendo anche A ⊆ E, ne segue

µ∗(A) ≤ µ(E) = µY (F ) .

Passando all’inf sugli insiemi F ∈ ΣY , si conclude che

µ∗(A) ≤ µ∗Y (A) .

Quindi µ∗Y coincide con la restrizione di µ a P(Y ).

(iii) Per la definizione di traccia di una σ–algebra su un sottoinsieme, e imme-diato che (ΣY )Z = ΣZ . Quindi le due misure hanno lo stesso dominio. Inoltre,ricordando (ii), si ha

(µY )Z = (µ∗Y )|ΣZ

= µ∗|ΣZ

= µZ ,

e la soluzione e completa.

317

Page 318: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 18. Mostrare che le due definizioni date di insieme µ–thick sonodavvero equivalenti. Ossia mostrare che se µ e una misura su X e µ∗ la misuraesterna ottenuta da µ applicando il Teorema 3.9, allora sono fatti equivalenti

(i) per ogni E ∈ Σ tale che E ⊆ X \A si ha µ(E) = 0;

(ii) per ogni E ∈ Σ si ha µ(E) = µ∗(E ∩A).

Soluzione. (ii) ⇒ (i) Questa implicazione e semplice: se E ∈ Σ tale cheE ⊆ X \A, allora per monotonia si ha

µ(E) = µ∗(E ∩ A) ≤ µ∗((X \A) ∩ A) = µ∗(∅) = 0 .

(i) ⇒ (ii) Questa implicazione e decisamente piu complessa. Prendiamo innanzitutto A ∈ Σ tale che A ⊆ A e µ∗(A) = µ(A).50

• Mostriamo come prima cosa che se µ∗(E∩A) = µ(E∩A), allora l’implicazionevale. Infatti, A ⊆ A implica E \ A ⊆ X \A e dunque per ipotesi µ(E \ A) = 0.Ne segue che

µ(E) = µ(E ∩ A) + µ(E \ A) = µ(E ∩ A) = µ∗(E ∩ A) .

• Dobbiamo quindi mostrare che µ∗(E ∩ A) = µ(E ∩ A). Ricordando che µ∗

e definita come un inf, prendiamo C ∈ Σ con E ∩ A ⊆ C. Innanzi tutto,osserviamo che per la scelta di C si ha

A ∩(E ∩ (A \ C)

)=((E ∩ A) ∩ (A \ C)

)= ∅ .

Quindi, ne segue,

A ⊆ A \(E ∩ (A \ C)

)⊆ A .

Inoltre, sappiamo per ipotesi che per ogni G ∈ Σ con A ⊆ G ⊆ A, si ha

A \G ⊆ X \ A e dunque µ(A \G) = 0. Scegliendo G = A \(E ∩ (A \ C)

), ne

segue che l’insieme

A \[A \

(E ∩ (A \ C)

)]= A ∩

(E ∩ (A \ C)

)= E ∩ (A \ C) ,

ha misura nulla. Finalmente, questo implica

µ(E ∩ A) = µ(E ∩ (A ∩ C)) + µ(E ∩ (A \ C)) = µ(E ∩ (A ∩ C)) ≤ µ(C) .

Passando ora all’inf sugli insiemi C ∈ Σ con E ∩ A ⊆ C, si conclude

µ(E ∩ A) ≤ µ∗(E ∩ A) ≤ µ∗(E ∩ A) = µ(E ∩ A) ,

da cui l’uguaglianza cercata.

Esercizio 19. Mostrare se µ e una misura totalmente finita e µ∗ e la misuraesterna che si ottiene applicando a µ il Teorema 3.9, allora A e µ–thick se esolo se µ∗(A) = µ(X).

50Buona parte della complessita di questa implicazione deriva dal fatto che, con µpossibilmente infinita e A non necessariamente µ∗–misurabile, non si puo dire nulla suµ∗(A \A).

318

Page 319: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Soluzione. Se A e µ–thick, allora per ogni E ∈ Σ si ha µ(E) = µ∗(E ∩ A).Scegliendo E = X , si ha µ(X) = µ∗(A). Viceversa, supponiamo che µ(X) =µ∗(A) e prendiamo un qualunque insieme E ∈ Σ con E ⊆ X \ A. AlloraA ⊆ X \ E e, per monotonia,

µ(X) = µ(E) + µ(X \ E) ≥ µ(E) + µ∗(A) = µ(E) + µ(X) .

Cancellando µ(X) < ∞, si ottiene µ(E) ≤ 0 e quindi µ(E) = 0. Ossia A eµ–thick.

Esercizio 20. Siano X un insieme, ϕ, ψ misure esterne su X e c ≥ 0. Mostrareche

(i) ϕ + ψ : P(X) → [0,+∞] definita da (ϕ + ψ)(E) = ϕ(E) + ψ(E) e unamisura esterna su X;

(ii) cϕ : P(X) → [0,+∞] definita da (cϕ)(E) = cϕ(E) e una misura esternasu X.

Soluzione. Il fatto che ∅ abbia misura nulla e la monotonia seguono diretta-mente dalle proprieta di ϕ e ψ. La σ–subadditivita e immediata conseguenzadelle proprieta delle serie.

Esercizio 21. Siano X un insieme e (ϕn) una successione di misure esternesu X. Definiamo per ogni A ∈ P(X)

ϕ(A) = supn∈N

ϕn(A) .

Mostrare che ϕ e una misura esterna su X.

Soluzione. E chiaro che ϕ(∅) = 0. Siano ora A,B ⊆ X con A ⊆ B. Per ognin ∈ N si ha

ϕn(A) ≤ ϕn(B) ≤ supn∈N

ϕn(B) = ϕ(B) ,

e quindi passando al sup su n ∈ N

ϕ(A) ≤ ϕ(B) .

Sia infine (Ai) una successione in P(X). Allora per ogni n ∈ N si ha

ϕn

(⋃

i∈N

Ai

)≤

∞∑

i=0

ϕn(Ai) ≤∞∑

i=0

ϕ(Ai) ,

e quindi passando al sup su n ∈ N

ϕ

(⋃

i∈N

Ai

)≤

∞∑

i=0

ϕ(Ai) .

319

Page 320: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 22. Siano X un insieme e (ϕn) una successione di misure esterne suX tale che per ogni n ∈ N si abbia ϕn ≤ ϕn+1. Definiamo per ogni A ∈ P(X)

ϕ(A) = limnϕn(A) .

Mostrare che ϕ e una misura esterna su X.

Soluzione. Essendo la successione crescente, si ha per ogni A ∈ P(X)

limnϕn(A) = sup

n∈N

ϕn(A) .

Dunque basta applicare l’Esercizio precedente.

Esercizio 23. Siano X un insieme, ϕ una misura esterna su X e Y ⊆ X.Mostrare che

(i) ϕY = ϕ|P(Y )e una misura esterna su Y ;

(ii) se E e ϕ–misurabile, allora E ∩ Y e ϕY –misurabile.

Soluzione. (i) Questa parte e ovvia, visto che P(Y ) ⊆ P(X) e ϕ e una misuraesterna.

(ii) Sia A ∈ P(Y ). Allora per la ϕ–misurabilita di E si ha

ϕ(A) = ϕ(A ∩E) + ϕ(A \ E) = ϕ(A ∩ (E ∩ Y )) + ϕ(A \ (E ∩ Y )) ,

e questo corrisponde esattamente alla ϕY –misurabilita di E ∩ Y .

Esercizio 24. Siano X un insieme, ϕ una misura esterna su X, Y un insiemeed f : X → Y una funzione. Mostrare che la funzione ψ : P(Y ) → [0,+∞]definita da ψ(A) = ϕ

(f−1(A)

)e una misura esterna su Y .

Soluzione. Innanzi tutto, da f−1(∅) = ∅ segue che ψ(∅) = 0. Siano poiA,B ⊆ Y con A ⊆ B. Allora f−1(A) ⊆ f−1(B) e dunque ψ(A) ≤ ψ(B). Siainfine (Ai) una successione in P(Y ). Allora per la σ–subadditivita di ϕ si ha

ψ

(⋃

i∈N

Ai

)= ϕ

(f−1

(⋃

i∈N

Ai

))= ϕ

(⋃

i∈N

f−1(Ai)

)

≤∞∑

i=0

ϕ(f−1(Ai)) =

∞∑

i=0

ψ(Ai) .

Esercizio 25. Siano Y un insieme, ϕ una misura esterna su Y , X un insiemeed f : X → Y una funzione. Mostrare che la funzione ψ : P(X) → [0,+∞]definita da ψ(A) = ϕ (f(A)) e una misura esterna su X.

Soluzione. Innanzi tutto, da f(∅) = ∅ segue che ψ(∅) = 0. Siano poi A,B ⊆ Xcon A ⊆ B. Allora f(A) ⊆ f(B) e dunque ψ(A) ≤ ψ(B). Sia infine (Ai) unasuccessione in P(X). Allora per la σ–subadditivita di ϕ si ha

ψ

(⋃

i∈N

Ai

)= ϕ

(f

(⋃

i∈N

Ai

))= ϕ

(⋃

i∈N

f(Ai)

)

≤∞∑

i=0

ϕ(f(Ai)) =∞∑

i=0

ψ(Ai) .

320

Page 321: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 26. Siano X un insieme e ϕ una misura esterna su X . Supponiamoche E ⊆ X sia ϕ–misurabile (il che equivale ad assumere che sia µ–misurabile,se µ e la misura su X ottenuta da ϕ con il metodo di Caratheodory). Mostrareche per ogni A ⊆ X (anche non ϕ–misurabile!) si ha

ϕ(E ∪ A) + ϕ(E ∩ A) = ϕ(A) + ϕ(E) .

Soluzione. Essendo E ϕ–misurabile, si ha

ϕ(A) = ϕ(A ∩E) + ϕ(A \ E) ,

ϕ(E ∪ A) = ϕ((E ∪A) ∩ E) + ϕ((E ∪ A) \ E) = ϕ(E) + ϕ(A \ E) ,

ϕ(E ∩ A) = ϕ((E ∩ A) ∩ E) + ϕ((E ∩ A) \ E) = ϕ(E ∩A) .Ossia l’uguaglianza richiesta.

Esercizio 27. Siano a, b ∈ R con a 6= b. Mostrare che ϕ = maxδa, δb e unamisura esterna e che a, b non sono ϕ–misurabili.

Soluzione. Prendiamo un qualunque insieme A contenente sia a che b. Allorasi ha

ϕ(A) = max1, 1 = 1 < 2 = max1, 0+max0, 1 = ϕ(A ∩ a) + ϕ(A \ a)

e quindi a non e ϕ–misurabile. Analogamente si prova che b non e ϕ–misurabile.

Esercizio 28. Mostrare che per ogni a,b ∈ Rd si ha

Ld([a,b[ ) = Ld([a,b]) = Ld( ]a,b]) = Ld( ]a,b[ ) = ℓd([a,b[ ) .

In particolare, per ogni x ∈ Rd si ha Ld(x) = 0 e quindi Ld(Y ) = 0 per ogniinsieme numerabile Y ⊆ Rd.

Soluzione. La successione di insiemi En = [a,b+ 1/n[, con

1/n = (1/n, . . . , 1/n) ∈ Rd ,

e una successione decrescente di insiemi Lebesgue misurabili di misura finita lacui intersezione e [a,b]. Dunque si ha

Ld([a,b]) = limn

Ld([a,b+ 1/n[ ) = limn

d∏

i=0

(bi − ai + 1/n) = ℓd([a,b[ ) ,

dove naturalmente abbiamo indicato a = (a1, . . . , ad) e b = (b1, . . . , bd).Le altre uguaglianze si provano in modo simile. Infine, per ogni x ∈ Rd,

Ld(x) = Ld([x − 1, x])− Ld([x− 1, x[ ) = 0 ,

e, se Y e numerabile e indichiamo con xi ; i ∈ N un qualunque ordinamentodei suoi elementi, allora si ha

Ld(Y ) = Ld

(⋃

i∈N

xi

)=

∞∑

i=0

Ld(xi) = 0 .

321

Page 322: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 29. Mostrare che, per ogni A,E ⊆ Rd e per ogni x ∈ Rd e λ ∈ R\0,

[A ∩ (E + x)]− x = (A− x) ∩ E , [A \ (E + x)] − x = (A− x) \ E ,

1

λ[A ∩ (λE)] =

(1

λA

)∩ E , 1

λ[A \ (λE)] =

(1

λA

)\ E .

Soluzione. Sia ξ ∈ [A ∩ (E + x)]− x. Allora ξ + x ∈ A e ξ + x ∈ E + x, ossiaξ ∈ (A−x)∩E. Viceversa, sia ξ ∈ (A−x)∩E, allora ξ+x ∈ A e ξ+x ∈ E+xe quindi ξ ∈ [A ∩ (E + x)]− x. Quindi [A ∩ (E + x)] − x = (A− x) ∩ E.

Sia ξ ∈ [A\ (E+x)]−x. Allora ξ+x ∈ A e ξ+x /∈ E+x, ossia ξ ∈ (A−x)\E.Viceversa, sia ξ ∈ (A − x) \ E, allora ξ + x ∈ A e ξ + x /∈ E + x e quindiξ ∈ [A \ (E + x)]− x. Quindi [A \ (E + x)]− x = (A− x) \ E.

In modo simile si provano le altre due uguaglianze.

Esercizio 30. Siano A ⊆ [−1, 1] insieme L1–misurabile e fA : [−1, 1] → [0, 2]la funzione definita da

fA(x) = L1(A ∩ [−1, x]) .

Mostrare che fA e Lipschitziana, crescente e che, se esiste ε > 0 tale che(−ε, ε) ⊆ A, allora f e derivabile in 0 con f ′

A(0) = 1.

Soluzione. Se x, y ∈ [−1, 1] con x ≤ y, allora [−1, x] ⊆ [−1, y]. Per monotoniadi L1 dunque, fA(x) ≤ fA(y). Inoltre se x, y ∈ [−1, 1] con x ≤ y, essendoA ∩ [−1, y] = (A ∩ [−1, x]) ∪ A∩]x, y], si ha

|fA(y)− fA(x)| = L1(A∩ ]x, y]) ≤ L1([x, y]) = |y − x| .

La stessa disuguaglianza si prova per x, y ∈ [−1, 1] con x ≥ y, e quindi fA eLipschitziana di costante 1. Infine, preso h ∈]0, ε], si ha

L1(A ∩ [−1, h])− L1(A ∩ [−1, 0]

h=

L1(A∩ ]0, h])

h=

L1( ]0, h])

h= 1 .

e un’analoga uguaglianza si ottiene prendendo h ∈ [−ε, 0[. Quindi, passando allimite per h→ 0, si ottiene che f ′

A(0) = 1 come richiesto.

Esercizio 31. Mostrare che se µ e una qualunque misura boreliana su Rd taleche

(a) µ([0,1[ ) > 0;

(b) µ e invariante per traslazioni;

allora µ(B) = cLd(B) per ogni B ∈ B(Rd), con c = µ([0,1[ ). Inoltre se µ ecompleta, allora µ = cLd su tutto Md.

Soluzione. Mostriamo il caso d = 1. Il caso generale d > 1 puo essere fatto inmaniera analoga, facendo attenzione a quanti multi–intervalli [0, 1/n[ (n ∈ Nd)servono per coprire i multi–intervalli [0, 1[ e [0, k/n[ (n, k ∈ Nd).

(a) Se mostriamo che µ = cL1 sugli intervalli del tipo [s, t[ con s, t ∈ R possia-mo poi usare il criterio di coincidenza di misure perche gli intervalli di questo

322

Page 323: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

tipo sono una famiglia chiusa per intersezioni finite che genera B(R). Quindiavremmo che µ(B) = cLd(B) per ogni B ∈ B(Rd), come richiesto. L’estensionea tutto Md segue poi dall’unicita del completamento di Ld.

(b) Cominciamo a mostrare che per ogni t > 0 si ha µ([0, t[ ) = cL1([0, t)[= ct.Essendo entrambe le funzioni

t 7→ g(t).= µ([0, t[ ) , t 7→ ct ,

continue e crescenti, e sufficiente mostare che coincidono sui t ∈ Q con t > 0.Sia dunque n ∈ N. Siccome [0, 1[=

⋃n−1i=0

[in ,

i+1n

[, si ha

g(1) = µ([0, 1[ ) =n−1∑

i=0

µ

([0,

1

n

[+

i

n

)=

n−1∑

i=0

µ

([0,

1

n

[)

= nµ

([0,

1

n

[)= ng

(1

n

),

e dunque g(1/n) = µ([0, 1[ ) · 1/n.Siano ora n, k ∈ N. Siccome

[0, k

n

[=⋃k−1

i=0

[in ,

i+1n

[, si ha

g

(k

n

)= µ

([0,k

n

[)=

k−1∑

i=0

µ

([0,

1

n

[+

i

n

)=

k−1∑

i=0

µ

([0,

1

n

[)

= k g

(1

n

)= µ([0, 1[ )

k

n.

E quindi µ([0, t[ ) = ct = cL1([0, t)[ per ogni t > 0 con c = µ([0, 1[ ).

(c) Passiamo ora ai generici intervalli. Presi s, t ∈ R con s < t, si ha

µ([s, t[ ) = µ([0, t− s[+s) = µ([0, t− s[ ) = cL1([0, t− s)[= cL1([s, t)[ ,

e quindi l’esercizio e concluso.

Esercizio 32. Sia R ∈ SO(d), ossia sia R ∈ Matd×d(R) una matrice tale cheR−1 = RT . Per ogni E ⊆ Rd Ld–misurabile, sfruttando l’Esercizio precedentee assumendo che RE sia Ld–misurabile, mostrare che si ha Ld(RE) = Ld(E).In particolare, Ld e invariante per rotazioni.

Soluzione. Poiche stiamo assumendo che RE sia Ld–misurabile ogni voltache E e Ld–misurabile, e ben definita la misura µR : Md → [0,+∞] tale cheµR(E) = Ld(RE). Mostriamo che µR e invariante per traslazioni: per ognix ∈ Rd

µR(E + x) = Ld(R(E + x)) = Ld(RE +Rx) = Ld(RE) = µR(E) ,

dove abbiamo usato l’invarianza per traslazioni di Ld per Ld(RE + Rx) =Ld(RE). Ma allora per l’Esercizio precedente si deve avere µR = cLd su tuttoB(Rd). Essendo B = B(0, 1) un boreliano invariante per rotazioni si

cLd(B) = µR(B) = Ld(RB) = Ld(B) ,

da cui c = 1. Quindi per ogni R ∈ SO(d) e per ogni H ∈ B(Rd) si ha Ld(RH) =Ld(H). Mostriamo infine che µR e completa per avere la tesi. Preso A ⊆ Rd e

323

Page 324: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

E ∈ Md tale che A ⊆ E e µ(E) = 0, mostriamo che A ∈ Md. In realta bastamostrare che Ld(E) = 0 e poi usare la completezza di Ld per concludere.Sappiamo che µ(E) = Ld(RE) = 0. Sia H ∈ B(Rd) tale che RE ⊆ H eLd(RE) = Ld(H). Allora, E ⊆ R−1H e, poiche R−1 ∈ SO(d), si ha

0 ≤ Ld(E) ≤ Ld(R−1H) = Ld(H) = 0 ,

e quindi la tesi.

Esercizio 33. Siano A,B ⊆ [0, 1] insiemi L1–misurabili e tali che

L1(A) >1

2, L1(B) >

1

2.

Mostrare che esistono x ∈ A e y ∈ B tali che x+ y = 1.

Soluzione. Se per assurdo x+ y 6= 1 per ogni x ∈ A e y ∈ B, in particolare siavrebbe che 1−x /∈ B per ogni x ∈ A. Ma allora si ha B∩ (1−A) = ∅ e dunque

L1(B) = L1(B\(1−A)) ≤ L1([0, 1]\(1−A)) = 1−L1(1−A) = 1−L1(A) <1

2,

che e una contraddizione. Quindi devono esistere x ∈ A e y ∈ B tali chex+ y = 1.

Esercizio 34. Si consideri la successione di insiemi definita da

Co = [0, 1]

C1 =

[0,

1

3

]∪[2

3, 1

]

C2 =

[0,

1

9

]∪[2

9,1

3

]∪[2

3,7

9

]∪[8

9, 1

]

ecc... Dato Cn definito come l’unione di 2n intervalli chiusi disgiunti Ij dilunghezza 3−n, si divida ciascun intervallo Ij in tre parti uguali Ij,1, Ij,2, Ij,3e si costruisca Cn+1 come l’unione delle chiusure degli intervalli Ij,1, Ij,3, chesono 2n+1 intervalli chiusi disgiunti di lunghezza 3−n−1. Definito l’ insieme diCantor come l’insieme

C =⋂

n∈N

Cn ,

mostrare che C e L1–misurabile e che L1(C) = 0.

Soluzione. Per ogni n ∈ N Cn e un boreliano perche unione finita di chiusi,quindi anche C e boreliano in quanto intersezione numerabile di boreliani. Inparticolare, C e L1–misurabile.Inoltre, per ogni n ∈ N si ha

L1(Cn) =

2n∑

i=1

L1(Ij) = 2n · 3−n =

(2

3

)n

<∞ .

Essendo (Cn) una successione decrescente di insiemi, si puo concludere che

L1(C) = limn

L1(Cn) = limn

(2

3

)n

= 0 .

324

Page 325: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 35. Siano C l’insieme di Cantor introdotto nell’Esercizio 34 e I ⊆ Run intervallo. Mostrare che se I ⊆ C, allora I contiene al piu un punto.

Soluzione. Supponiamo che I 6= ∅. Allora, essendo C chiuso, si avra ancheI ⊆ C, ossia

[min I,max I] ⊆ C ,

e quindi[min I,max I] ⊆ Cm ∀ m ∈ N .

Se ora fosse min I 6= max I, e quindi max I −min I > 0, prendendo m ∈ N taleche 3−m < max I −min I otterremo una contraddizione perche Cm sarebbe co-stituito da intervalli chiusi e disgiunti di diametro 3−m e quindi non si potrebbesoddisfare I ⊆ Cm.Quindi, deve essere min I = max I, ossia I costituito da un solo punto.

Esercizio 36. Indicando con Cn gli insiemi definiti nell’Esercizio 34, si consi-deri per ogni n ∈ N la funzione fn : [0, 1] → [0, 1] definita da

fn(x) =

(3

2

)n

L1(Cn ∩ [0, x]) .

Mostrare che

(i) per ogni n ∈ N, si ha fn(0) = 0 e fn(1) = 1;

(ii) per ogni n ∈ N, fn e costante sui 2n − 1 intervalli che costituiscono [0, 1] \Cn;

(iii) per ogni n ∈ N, fn cresce linearmente con pendenza (3/2)nsugli intervalli

che costituiscono Cn;

(iv) la successione (fn) converge uniformemente ad una funzione f : [0, 1] →[0, 1], che chiameremo funzione di Cantor–Vitali;

(v) la funzione limite f trovata al punto precedente e continua, crescente,suriettiva e tale che per L1–q.o. x ∈ [0, 1] esiste f ′(x) = 0.

Soluzione. (i) e immediato dalla definizione di fn. Per mostrare (ii) e (iii),indichiamo con Ij gli intervalli che costituiscono Cn e sia ξ ∈ ] sup Ik−1, inf Ik[per qualche k ∈ 2, 3, . . . , 2n. Allora

L1(Cn ∩ [0, ξ]) = L1(Cn ∩ [0, sup Ik−1]) ,

e quindi fn e costante in ciascun intervallo ] sup Ik−1, inf Ik[ non in Cn, ossiavale (ii). Preso invece ξ ∈] inf Ik, sup Ik[ per qualche k ∈ 1, 2, . . . , 2n, si hache per ogni altro η ∈] inf Ik, sup Ik[ vale

|fn(ξ)− fn(η)| =(3

2

)n ∣∣L1(Cn ∩ [0, ξ])− L1(Cn ∩ [0, η])∣∣

=

(3

2

)n ∣∣L1( ] inf Ik, ξ])− L1( ] inf Ik, η])∣∣ =

(3

2

)n

|ξ − η| ,

325

Page 326: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

da cui|fn(ξ)− fn(η)|

|ξ − η| =

(3

2

)n

,

ossia fn e lineare su Ik con pendenza (3/2)n. Inoltre, essendo x→ L1(Cn∩[0, x])una funzione crescente, anche fn lo e ed in particolare e strettamente crescentesu Ik.

(iv) Assumiamo ora di avere dimostrato (lo faremo in (vi)) che

(E1) scelto n ∈ N, fn+m = fn su [0, 1] \ Cn per ogni m ≥ 1;

(E2) per ogni n ∈ N e x ∈ [0, 1] si ha

|fn(x) − fn+1(x)| ≤2−n

6.

E mostriamo che questo ci permette di concludere l’esercizio. Infatti, se vale(E2), per induzione su m possiamo mostrare che per ogni m ≥ 1 e per ognix ∈ [0, 1] si ha

|fn(x)− fn+m(x)| ≤ 2−n

6

(m−1∑

k=0

2−k

).

Infatti per m = 1 si tratta proprio di (E2) e, se supponiamo la proprieta veraper m > 1, si ha

|fn(x)− fn+m+1(x)| ≤ |fn(x)− fn+m(x)|+ |fn+m(x) − fn+m+1(x)|

≤ 2−n

6

(m−1∑

k=0

2−k

)+

2−n−m

6=

2−n

6

(m∑

k=0

2−k

).

A questo punto, passando al sup su [0, 1] si ha

||fn − fn+m||∞ ≤ 2−n

6

(m−1∑

k=0

2−k

)≤ 2−n

6

(∞∑

k=0

2−k

)=

2−n

3,

e quindi si mostra facilmente che (fn) e una successione di Cauchy inC([0, 1];R),lo spazio delle funzioni continue su [0, 1]. Essendo questo uno spazio completocon la norma || · ||∞, ne segue che la successione (fn) converge uniformementead una funzione f ∈ C([0, 1];R).

(v) Abbiamo gia visto che f e continua. Essendo le fn crescenti, vale

fn(x) ≤ fn(y) ∀x ≤ y ,

e dunque passando al limite per n→ ∞ si ottiene

f(x) ≤ f(y) ∀x ≤ y ,

ossia f crescente. Essendo f(0) = 0 e f(1) = 1, visto che basta passare al limitein (i), ed essendo f continua, ne segue che f e suriettiva, ossia che per ognivalore t di [0, 1] esiste ξ ∈ [0, 1] con f(ξ) = t. Infine, per ogni x ∈ [0, 1] \ C, cisara un n tale che x ∈ [0, 1] \Cn. Indichiamo con J l’intervallo di [0, 1] \Cn cuix appartiene. Siccome fn e costante su J (per (ii)), e fm = fn su J per ogni

326

Page 327: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

m ≥ n (per (E1)), allora passando al limite per m → ∞ si ha f = fn su J equindi costante. In particolare, esiste f ′(ξ) = 0 per ogni ξ nell’intervallo apertoJ , e quindi f ′(x) = 0. Essendo L1(C) = 0 ne segue che f ′ = 0 per L1–q.o. in[0, 1].

(vi) Resta quindi da dimostrare che, provate (i), (ii) e (iii), le funzioni fnsoddisfano:(E1) fissato n ∈ N, fn+m = fn su [0, 1] \ Cn per ogni m ≥ 1;(E2) per ogni n ∈ N e x ∈ [0, 1] si ha

|fn(x) − fn+1(x)| ≤2−n

6.

(a) Fissiamo n ∈ N. Sappiamo che Cn consiste di 2n intervalli chiusi di ampiezza3−n, che indichiamo con In,j = [an,j , bn,j] per j = 1, . . . , 2n. Allora, dalladefinizione di fn segue che, per ogni j ≥ 1, si ha

fn(an,j) = 2−n(j − 1) , fn(bn,j) = 2−nj . (33)

Inoltre, an,j = an+1,2j−1 e bn,j = bn+1,2j e quindi

fn+1(an+1,2j−1) = 2−n−1(2j − 2) = fn(an,j) ,

fn+1(bn+1,2j) = 2−n−12j = fn(bn,j) .

Per induzione quindi, per ogni m ≥ 1, si ha fn+m = fn negli estremi di In,j perciascun j. Siccome abbiamo mostrato che fk e costante su [0, 1] \ Ck, per ognik ∈ N, e [0, 1] \ Cn ⊆ [0, 1] \ Ck, per ogni k ≥ n, se ne deduce che entrambele funzioni fn, fn+m sono costanti in ciascun intervallo di [0, 1] \ Cn e hanno lostesso valore negli estremi di ciascun intervallo (visto che sono ancora gli estremian,j e bn,j). Quindi si deve avere fn = fn+m su ciascun intervallo di [0, 1] \Cn,per ogni m ≥ 1, e abbiamo provato (E1).

(b) Ricordando (33), e quindi che fn(bn,j) − fn(an,j) = 2−n, e il fatto che fncresce linearmente su ciascun intervallo di Cn, e semplice mostrare che

fn(bn+1,2j−1) = fn(an,j) +

(3

2

)n

(bn+1,2j−1 − an,j)

=2

3fn(an,j) +

1

3fn(bn,j) ,

fn+1(bn+1,2j−1) = fn+1(an,j) +

(3

2

)n+1

(bn+1,2j−1 − an,j)

=1

2fn(an,j) +

1

2fn(bn,j) .

Poiche si vede facilmente che la massima distanza tra fn e fn+1 si realizzaproprio nei nuovi estremi che si aggiungono in Cn+1 rispetto agli estremi di Cn,ne segue che per ogni x ∈ Cn

|fn+1(x) − fn(x)| ≤ |fn+1(bn+1,2j−1)− fn(bn+1,2j−1)|

=1

6|fn(bn,j)− fn(an,j)| =

2−n

6.

Siccome abbiamo mostrato nella prima parte dell’esercizio che fn = fn+1 in[0, 1] \Cn, la disuguaglianza vale su tutto [0, 1] e l’esercizio e concluso.

327

Page 328: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 37. Sia (qn) una successione che contiene tutti gli elementi di Q.Per ogni n ∈ N, definiamo

In =]qn − 2−n, qn + 2−n

[,

Gn =⋃

k≥n

Ik , Fn = R \Gn .

Mostrare che Fn e una successione di chiusi tali che la misura del complementaree piccola a piacere, ma nessun intervallo (non vuoto) e contenuto in Fn.

Soluzione. Per ogni n, Gn e aperto essendo unione di aperti. Quindi Gn eL1–misurabile e

L1(Gn) ≤∞∑

k=n

2 · 2−k = 2−n+1∞∑

k=0

2−k = 2−n+2 .

Inoltre Gn contiene tutti gli elementi di Q tranne al piu un numero finito diessi, quindi ogni intervallo non vuoto I ⊆ R interseca Gn.

Ora ciascun Fn e chiuso e ha per complementare un insieme tale che

L1(R \ Fn) = L1(Gn) ≤ 4 · 2−n ,

ossia ha un complementare la cui misura puo essere resa piccola a piacere sce-gliendo n abbastanza grande. Allo stesso tempo, nessun intervallo I ⊆ R risultacontenuto in Fn, perche I \ Fn = I ∩Gn 6= ∅.

Esercizio 38. Mostrare che

C − C = x− y ; x, y ∈ C = [−1, 1] ,

C + C = x+ y ; x, y ∈ C = [0, 2] .

Soluzione. (a) Supponiamo vera la prima uguaglianza, ossia C − C = [−1, 1]e mostriamo che questo implica la seconda. Se ξ ∈ [0, 2], allora ξ − 1 ∈ [−1, 1] equindi ξ − 1 = c− d per qualche c, d ∈ C. Ma allora

ξ = c+ (1 − d) ,

e 1− d ∈ C per le proprieta di C.

(b) Dunque basta dimostrare che C − C = [−1, 1]. Osserviamo che, in realtabasta mostrare che per ogni ξ ∈ [0, 1] esistono c, d ∈ C tali che

ξ = c− d .

Infatti poi, se η ∈ [−1, 0] si prendono c, d ∈ C tali che −η = c− d e si concludeche η = d− c.

(c) Dobbiamo quindi mostrare che ogni ξ ∈ [0, 1] si puo scrivere come differenzadi due elementi di C. La dimostrazione sfrutta la possibilita di espandere ξ =∑∞

j=1 ξj3−j con ξj ∈ 0, 1, 2 e la caratterizzazione di C come quei numeri di

[0, 1] tali che ξj 6= 1 per ogni j. Cominciamo a mostrare che se ξ ha un’espansionefinita, allora si scrive come differenza di due elementi di C.

328

Page 329: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Sia dunque L ≥ 1 il numero di cifre dell’espansione di ξ, ossia assumiamo

ξ =

L∑

j=1

ξj3−j = 0, ξ1ξ2ξ3 . . .

Per induzione su L mostriamo che ξ si puo sempre scrivere come differenza didue elementi in C. Per L = 1, basta notare che

0, 0 = 0, 0− 0, 0 , 0, 1 = 0, 2− 0, 02 , 0, 2 = 0, 2− 0, 0 .

Si osservi che la scelta di c, d ∈ C con ξ = c− d e tale che c ha un’espansione di“lunghezza” al piu 1 e d puo avere o “lunghezza” al piu 1 o “lunghezza” infinita,nel qual caso si ha esplicitamente che d e composto da L cifre 0, 2 seguite dainfiniti 2.A scopo illustrativo, consideriamo anche il caso L = 2 separatamente. Abbiamovisto che i numeri con espansione di lunghezza L = 1 si possono scrivere comedifferenza di numeri che hanno solo 0 e 2 nella loro espansione. Per ogni

ξ =

2∑

j=1

ξj3−j = 0, ξ1ξ2

indichiamo con ξ = ξ13−1 = 0, ξ1. Allora ξ ha lunghezza L = 1 e, quindi,

esistono c, d ∈ C tali che ξ = c − d, c ha un’espansione di lunghezza al piu1 e d puo avere o lunghezza al piu 1 o lunghezza infinita (nel qual caso d e

composto da L cifre 0, 2 seguite da infiniti 2). Poiche ξ = ξ + ξ2 · 3−2, dalla

rappresentazione di ξ si ricava ora la rappresentazione di ξ:

• se ξ2 = 0, allora ξ = c− d;

• se ξ2 = 2, allora ξ = (c+ 2 · 3−2)− d ha le proprieta richieste;

• se ξ2 = 1, allora si tratta di uno dei seguenti casi

0, 01 = 0, 02− 0, 002 ,

0, 11 = 0, 21− 0, 02 = 0, 2− 0, 02 ,

0, 21 = 0, 22− 0, 002 ,

dove i valori per ξ possono essere ricavati da quelli di ξ in uno dei seguentimodi: se d ha lunghezza finita, si usa (c+2 · 3−2)− (d+

∑∞j=3 2 · 3−j); se

d ha lunghezza infinita, si usa c− (d−∑∞j=3 2 · 3−j).

Si osservi che anche in questo caso tutte le espressioni ξ = c− d sono ottenutescegliendo c con un’espansione di lunghezza al piu 2 e d o con lunghezza al piu2 o con lunghezza infinita, nel qual caso si ha esplicitamente che d e compostoda L cifre 0, 2 seguite da infiniti 2.Supponiamo ora la tesi vera per numeri con espansione di lunghezza L ≥ 2e proviamo che e vera anche per i numeri con espansione di lunghezza L + 1.Infatti, per ogni

ξ =

L+1∑

j=1

ξj3−j = 0, ξ1ξ2 . . . ξLξL+1

329

Page 330: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

possiamo porre ξ =∑L

j=1 ξj3−j e trovare per l’ipotesi induttiva c, d ∈ C tali che

ξ = c− d, c ha un’espansione di lunghezza al piu L e d puo avere o lunghezza alpiu L o lunghezza infinita (nel qual caso d e composto da L cifre 0, 2 seguite

da infiniti 2). Poiche ξ = ξ + ξL+1 · 3−L−1, dalla rappresentazione di ξ si ricavaora la rappresentazione di ξ:

• se ξL+1 = 0, allora ξ = c− d;

• se ξL+1 = 2, allora ξ = (c+ 2 · 3−L−1)− d ha le proprieta richieste;

• se ξL+1 = 1, allora si tratta di uno dei seguenti casi: se d ha lunghezzafinita al piu L, avremo ξ = (c+2 · 3−L−1)− (d+

∑∞j=L+2 2 · 3−j); se d ha

lunghezza infinita, avremo ξ = c− (d−∑∞j=L+2 2 · 3−j).

Quindi otteniamo ξ = c− d scegliendo c con un’espansione di lunghezza al piuL+ 1 e d o con lunghezza al piu L+ 1 o con lunghezza infinita, nel qual caso siha esplicitamente che d e composto da L+ 1 cifre 0, 2 seguite da infiniti 2.

(d) Preso ora un qualunque elemento ξ ∈ [0, 1], avremo

ξ =∞∑

j=1

ξj3−j = lim

kξk ,

ponendo ξk =∑k

j=1 ξj3−j. In particolare, ciascun ξk ha uno sviluppo di lun-

ghezza finita e quindi esistono ck, dk ∈ C tali che ξk = ck − dk. Essendo Ccompatto, le successioni (ck) e (dk) ammettono sottosuccessioni convergenti equindi esistono c, d ∈ C tali che

limh

(ckh− dkh

) = c− d .

Pero la successione (ξk) era convergente a ξ, quindi si deve avere anche

ξ = limhξkh

= limh

(ckh− dkh

) = c− d ,

ossia la tesi.

Esercizio 39. Mostrare che le funzioni degli Esempi 7.6, 7.8, 7.9, 7.10, 7.11 e7.12 sono effettivamente misurabili e/o boreliane come affermato.

Soluzione. (a) Partiamo dall’Esempio 7.6: se f ≡ xo per qualche costantexo ∈ X , allora per ogni boreliano A ⊆ Y si avra f−1(A) = ∅ se xo /∈ A of−1(A) = X se xo ∈ A ed in entrambi i casi f−1(A) ∈ Σ.

(b) Se f : X → R e semicontinua inferiormente, allora f−1( ]α,+∞]) e apertoper ogni α ∈ R, e quindi appartiene a B(X). Similmente, se f e semicontinuasuperiormente, allora f−1([−∞, α[ ) e aperto per ogni α ∈ R, e quindi appartienea B(X). In entrambi i casi, ricordando la Proposizione 7.5, f e boreliana eabbiamo concluso con l’Esempio 7.8.

(c) Se f e continua come nell’Esempio 7.9, allora la preimmagine di ogni apertoe un aperto. Quindi, ricordando la Proposizione 7.4, f e boreliana.

(d) Se f e boreliana, allora la preimmagine di ogni boreliano in B(Y ) e unboreliano di B(Rd). Ora essendo ogni boreliano un insieme Ld–misurabile, siconclude che f e Lebesgue misurabile e abbiamo concluso con l’Esempio 7.10.

330

Page 331: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(e) L’Esempio 7.11 e immediato ricordando che ogni elemento di Σ e µ∗–misurabile.

(f) Infine, sia f crescente. Allora per ogni intervallo I ⊆ R, la preimmaginef−1(I) e anch’esso un intervallo (eventualmente vuoto). In particolare, prenden-do intervalli come quelli della Proposizione 7.5, si avra che le preimmagini sonoboreliani di R e quindi f e boreliana. Nel caso f decrescente basta applicare ilragionamento a −f crescente e abbiamo concluso con l’Esempio 7.12.

Esercizio 40. Definita g come in 7.16, mostrare che g(C) e chiuso e tale cheL1(g(C)) = 1/2.

Soluzione. La funzione g e bijettiva e strettamente crescente, dunque si avrache g([0, 1] \C) = [0, 1] \ g(C) e che, fissato n ∈ N, ciascuno dei 2n − 1 intervalliaperti che costituiscono [0, 1] \ Cn viene mandato da g in un intervallo aperto.Piu precisamente, se indichiamo con [an,j , bn,j], j = 1, . . . , 2n, gli intervalli chiusiche formano Cn, avremo che

[0, 1] \ Cn =2n−1⋃

j=1

]bn,j, an,j+1[ ,

che g(]bn,j , an,j+1[ ) = ]g(bn,j), g(an,j+1)[ per ogni j e che ciascuno di questiintervalli aperti e disgiunto dagli altri. In particolare,

g([0, 1] \ Cn) =

2n−1⋃

j=1

]g(bn,j), g(an,j+1)[ ,

e quindi g([0, 1] \Cn) aperto in quanto unione di aperti. Inoltre, ricordando chef era costante su ciascun intervallo ]bn,j, an,j+1[, si ha anche

g(an,j+1)− g(bn,j) =an,j+1 − bn,j

2+f(an,j+1)− f(bn,j)

2=

an,j+1 − nn,j

2.

Quindi

L1(g([0, 1] \ Cn)) =2n−1∑

j=1

g(an,j+1)− g(bn,j) =2n−1∑

j=1

an,j+1 − nn,j

2

=1

2L1([0, 1] \ Cn) =

1

2

(1−

(2

3

)n).

Siccome ([0, 1] \ Cn) e una successione crescente che ha per unione [0, 1] \ C, siha che g([0, 1] \ Cn) e una successione crescente che ha per unione g([0, 1] \ C).Dunque si puo finalmente concludere

L1(g([0, 1] \ C)) = limn

L1(g([0, 1] \ Cn)) =1

2.

A questo punto, g(C) = [0, 1]\g([0, 1]\Cn) e chiuso e L1(g(C)) = 1−L1(g([0, 1]\C)) = 1/2.

331

Page 332: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 41. Sia f : X → R Σ–misurabile. Mostrare che per ogni α ∈ R, siha

f−1(α) ∈ Σ .

Mostrare anche, tramite un controesempio, che non vale il viceversa: ossia chef−1(α) ∈ Σ per ogni α ∈ R non basta per assicurare che f sia Σ–misurabile.

Soluzione. Sia f una funzione Σ–misurabile e α ∈ R. Allora

f−1(α) = f−1([α,+∞[) \ f−1( ]α,+∞[) ∈ Σ .

Per mostrare che il viceversa non vale, scegliamo il caso X = [0, 1], µ = L1[0,1]

e consideriamo l’insieme di Vitali V introdotto nel Teorema 5.1. Se definiamouna funzione φ : [0, 1] → [0, 2] ponendo

φ(x) =

x se x ∈ V

x+ 1 altrimenti

allora la funzione φ e iniettiva e quindi φ−1(α) e o vuoto o un singoletto,e quindi in ogni caso L1–misurabile essendo L1–negligible. Tuttavia φ non eLebesgue misurabile visto che

φ−1([−∞, 1[ ) = V /∈ M1 .

Esercizio 42. Sia f : R → R una funzione derivabile. Allora f ′ e boreliana.

Soluzione. Innanzi tutto, f e continua e quindi boreliana. Presa una succes-sione di numeri razionali (qn) tale che qn → 0 per n→ ∞, ciascuna funzione

fn(x) =f(x+ qn)− f(x)

qn,

e anch’essa boreliana. Quindi anche f ′ = limn fn e boreliana.

Esercizio 43. Siano X un insieme ed E,F ⊆ X. Mostrare che:

(i) χX\E = 1− χE;

(ii) χE∩F = χEχF ;

(iii) χE∪F = χE + χF − χEχF = χE + χF − χE∩F ;

(iv) se E ∩ F = ∅, allora χE∪F = χE + χF ;

Soluzione. (i) e ovvia. Poiche se x /∈ E ∩ F si ha χ(E) = 0 oppure χ(F ) = 0e se x ∈ E ∩ F si ha χ(E) = χ(F ) = 1, anche (ii) e immediata. Per mostrare(iii) si noti che se x /∈ E ∪ F , allora χ(E) = χ(F ) = 0. Inoltre χE + χF = 2 suE ∩ F e χE + χF = 1 su EF . Quindi vale l’uguaglianza. Infine (iv) segue da(iii).

332

Page 333: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 44. Siano f : X → [0,+∞] una funzione Σ–misurabile e E ∈ Σ taleche µ(E) = 0. Mostrare che ∫

E

f dµ = 0 .

Soluzione. (a) Consideriamo dapprima il caso di f funzione Σ–semplice.

Sia f =∑k

i=0 tiχFila rappresentazione standard di f . Allora, ricordando

l’Esercizio 43, si ha

E

f dµ =

∫fχE dµ =

k∑

i=0

ti

∫χFi

χE dµ =

k∑

i=0

tiµ(Fi ∩ E) = 0 ,

visto che Fi ∩ E ⊆ E per ogni i.

(b) Sia ora f Σ–misurabile e sia ϕ una funzione Σ–semplice tale che 0 ≤ ϕ ≤fχE . Allora, si deve avere ϕ = ϕχE e dunque per (a)

∫ϕdµ =

∫ϕχE dµ =

E

ϕdµ = 0 .

Passando al sup si ottiene∫

E

f dµ =

∫fχE dµ = 0 ,

e l’esercizio e concluso.

Esercizio 45. Siano f, g : X → [0,+∞] funzioni Σ–misurabili. Allora, se f ≤ gµ–q.o. in X si ha ∫

f dµ ≤∫g dµ .

Soluzione. (a) Poniamo

M = x ∈ X ; f(x) ≤ g(x) .Per ipotesi,M e µ–conegligible, quindi esiste N tale che N ⊆M e µ(X \N) = 0.In particolare f(x)χN (x) ≤ g(x)χN (x) per ogni x ∈ X . Ma allora, ricordandol’Esercizio 44,

∫f dµ =

N

f dµ+

X\N

f dµ =

N

f dµ

≤∫

N

g dµ =

N

g dµ+

X\N

g dµ =

∫g dµ .

Esercizio 46. Sia (fh) : X → [0,+∞] una successione di funzioni Σ–misurabili.Definiamo f : X → [0,+∞] come la funzione tale che

f(x) =∞∑

h=0

fh(x) , ∀x ∈ X .

Allora, f e Σ–misurabile e

∫f dµ =

∞∑

h=0

∫fh dµ .

333

Page 334: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Soluzione. La funzione f e il limite puntuale della successione crescente difunzioni sk =

∑kh=0 fh. Ma allora, ricordando la Proposizione 8.13 e applicando

il Teorema 8.10, si ha f Σ–misurabile e

∫f dµ = lim

k

∫sk dµ = lim

k

k∑

h=0

∫fh dµ =

∞∑

h=0

∫fh dµ .

Esercizio 47. Mostrare le proprieta della Proposizione 8.18.

Soluzione. (i) Se f e µ–sommabile, allora e Σ–misurabile e, essendo |f | =f+ + f−, si ha ∫

|f | dµ =

∫f+ dµ+

∫f− dµ < +∞ .

Viceversa, sia f Σ–misurabile con∫|f | dµ < +∞. Allora 0 ≤ f+ ≤ |f | e

0 ≤ f− ≤ |f |, e quindi si ha

∫f+ dµ ≤

∫|f | dµ < +∞ ,

∫f− dµ ≤

∫|f | dµ < +∞ ,

da cui la tesi.

(ii) Da (f + g)+ ≤ f+ + g+ e (f + g)− ≤ f− + g−, segue

∫(f + g)+ dµ ≤

∫f+ dµ+

∫g+ dµ ,

∫(f + g)− dµ ≤

∫f− dµ+

∫g− dµ .

Questo a sua volta implica che f + g e µ–integrabile. Inoltre, essendo

(f + g)+ − (f + g)− = f + g = (f+ − f−) + (g+ − g−) ,

ne segue che(f + g)+ + f− + g− = (f + g)− + f+ + g+ ,

con le funzioni ad entrambi i membri positive. Allora, possiamo applicarvi laProposizione 8.13 ottenendo

∫(f + g) dµ =

∫(f + g)+ dµ−

∫(f + g)− dµ

=

(∫f+ dµ−

∫f− dµ

)+

(∫g+ dµ−

∫g− dµ

)

=

∫f dµ+

∫g dµ .

(iii) E una conseguenza immediata di (ii).

334

Page 335: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(iv) Se λ ≥ 0 si ha (λf)+ = λf+ e (λf)− = λf−. Ne segue che λf e µ–integrabilee

∫λf dµ =

∫(λf)+ dµ−

∫(λf)− dµ

= λ

(∫f+ dµ−

∫f− dµ

)= λ

∫f dµ .

Se invece λ ≤ 0 si ha (λf)+ = (−λ)f− e (λf)− = (−λ)f+. Quindi λf eµ–integrabile e

∫λf dµ =

∫(λf)+ dµ−

∫(λf)− dµ

= −λ(∫

f− dµ−∫f+ dµ

)= λ

∫f dµ .

(v) E una conseguenza immediata di (iv).

(vi) L’ipotesi f ≤ g implica f+ ≤ g+ e f− ≥ g−, quindi∫f dµ =

∫f+ dµ−

∫f− dµ ≤

∫g+ dµ−

∫g− dµ =

∫g dµ .

(vii) E evidente che(minf, g)+ ≤ minf+, g+ .

Quindi, se si ha∫f+ dµ < +∞ o

∫f− dµ < +∞ allora anche

∫(minf, g)+ dµ < +∞ .

Se invece∫f+ dµ =

∫g+ dµ = +∞, allora si deve avere

∫f− dµ < +∞ e∫

g− dµ < +∞. Essendo

(minf, g)− ≤ f− + g− ,

ne segue ∫(minf, g)− dµ ≤

∫f− dµ+

∫g− dµ < +∞ .

In entrambi i casi minf, g risulta µ–integrabile. In modo simile si prova laµ–integrabilita di maxf, g.(viii) E una conseguenza immediata di (vii).

(ix) Per ipotesi f e Σ–misurabile, f assume solo valori finiti e si ha∫

|f | dµ ≤∫g dµ < +∞ .

Ma allora per (i) si ha f µ–sommabile.

(x) E evidente che−|f | ≤ f ≤ |f | ,

quindi

−∫

|f | dµ ≤∫f dµ ≤

∫|f | dµ ,

da cui la tesi.

335

Page 336: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 48. Sia (fh) : X → R una successione di funzioni Σ–misurabili taliche

∞∑

h=0

∫|fh| dµ <∞ .

Mostrare che∑∞

h=0 fh e µ–sommabile e che

∫ ∞∑

h=0

fh dµ =

∞∑

h=0

∫fh dµ .

Soluzione. Consideriamo la funzione positiva

g =

∞∑

h=0

|fh| .

Per l’Esercizio 46, si ha che

∫g dµ =

∞∑

h=0

∫|fh| dµ ,

e quindi per ipotesi g e µ–sommabile. Inoltre, ponendo

sk =

k∑

h=0

fh ,

e evidente che (sk) e una successione di funzioni Σ–misurabili, che sk →∑∞h=0 fh

puntualmente e che |sk| ≤ g per ogni k ∈ N. Quindi possiamo applicare il Teo-rema della convergenza dominata a sk ottenendo che

∑∞h=0 fh e µ–sommabile e

che

∫ ∞∑

h=0

fh dµ = limk

∫sk dµ = lim

k

(k∑

h=0

∫fh dµ

)=

∞∑

h=0

∫fh dµ .

Esercizio 49. Siano f, g : X → R funzioni µ–integrabili e E ∈ Σ. Mostrare che

µ(E) = 0 =⇒∫

E

f dµ = 0 ,

e che

f ≤ g µ–q.o. in X =⇒∫f dµ ≤

∫g dµ .

Soluzione. Se f, g sono funzioni positive, allora sappiamo che le proprietavalgono, per gli Esercizi 44 e 45. Nel caso generale, si ha

E

f dµ =

E

f+ dµ−∫

E

f− dµ = 0 ,

avendo applicato l’Esercizio 44 alle funzioni positive f+, f−.

L’ipotesi f ≤ g µ–q.o. in X implica f+ ≤ g+ e f− ≥ g− µ–q.o. in X , quindi∫f dµ =

∫f+ dµ−

∫f− dµ ≤

∫g+ dµ−

∫g− dµ =

∫g dµ .

336

Page 337: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 50. Sia f : X → [0,+∞[ una funzione µ–integrabile. Mostrare chela funzione λ : Σ → [0,+∞] definita da

λ(A).=

A

f dµ ,

e una misura su X. Inoltre, se f e µ–sommabile, allora λ e totalmente finita.

Soluzione. (a)Mostriamo innanzi tutto che, se (An) una successione disgiuntain Σ e A =

⋃n∈NAn, allora

∫fχA dµ =

∞∑

n=0

∫fχAn

dµ .

Infatti, la successione di funzioni∑k

j=0 χAje crescente e converge puntualmente

a χA. Di conseguenza, anche la successione di funzioni σk =∑k

j=0 fχAje

crescente e converge puntualmente a fχA. Ma allora, applicando il Teoremadella convergenza monotona si ha

∫fχA dµ = lim

k

∫σk dµ = lim

k

k∑

j=0

∫fχAj

=

∞∑

n=0

∫fχAn

dµ .

(b) Passiamo ora all’Esercizio vero e proprio. Evidentemente λ(∅) = 0. Sia poi(An) una successione disgiunta in Σ e sia A =

⋃n∈NAn. Ricordando (a), si

avra

λ

(⋃

n∈N

An

)=

∫fχA dµ =

∞∑

n=0

∫fχAn

dµ =

∞∑

n=0

λ(An) .

Quindi λ e una misura su X .

Esercizio 51. Sia f : X →]0,+∞[ una funzione µ–integrabile e positiva eλ : Σ → [0,+∞] la misura definita da

λ(A).=

A

f dµ .

Mostrare che se µ e una misura completa, anche λ lo e.

Soluzione. Sia A un insieme λ–negligible. Allora esiste E ∈ Σ tale che A ⊆ Ee λ(E) = 0. Ma allora

∫fχE dµ =

E

f dµ = 0 ,

ossia fχE = 0 µ–q.o. in X . A questo punto, essendo f > 0, deve essere χE = 0µ–q.o. in X e dunque µ(E) = 0. Essendo µ una misura completa, avremodunque che A ∈ Σ e µ(A) = 0 = λ(A), e quindi λ e completa.

Esercizio 52. Sia f : X → [0,+∞[ una funzione µ–sommabile. Mostrare che

limt→∞

x∈X ; f(x)>t

f dµ = 0 .

337

Page 338: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Soluzione. Per ogni ε > 0, sia δ > 0 come nel Teorema 8.31. In corrispondenzaa questo δ, sia M ∈ R tale che per ogni t > M si abbia

1

t

∫f dµ < δ .

Per la Proposizione 8.30(i), si ha

µ (x ∈ X ; f(x) > t) ≤ 1

t

∫f dµ < δ ,

e quindi, per il Teorema 8.31,

x∈X ; f(x)>t

f dµ < ε .

Quindi

limt→∞

x∈X ; f(x)>t

f dµ = 0 .

Esercizio 53. Siano f, g : X → F funzioni µ–sommabili con F = C o F = Rd.Allora i seguenti fatti sono equivalenti:

(i) per ogni E ∈ Σ,∫E f dµ =

∫E g dµ;

(ii) f(x) = g(x) per µ–q.o. x ∈ X.

In particolare, se∫Ef dµ = 0 per ogni E ∈ Σ si ha f(x) = 0 per µ–q.o. x ∈ X.

Soluzione. (i) =⇒ (ii) Nel caso F = C, da

E

Re(f) dµ+ i

E

Im(f) dµ =

E

Re(g) dµ+ i

E

Im(g) dµ ,

segue che si deve avere

E

Re(f) dµ =

E

Re(g) dµ ,

E

Im(f) dµ =

E

Im(g) dµ .

Quindi applicando la Proposizione 8.33, si ottiene che Re(f) = Re(g) e Im(f) =Im(g) µ–q.o. in X da cui f = g µ–q.o. in X .Nel caso F = Rd, indicata con e1, . . . , ed la base canonica di Rd, da

d∑

j=1

(∫

E

f (j) dµ

)ej =

d∑

j=1

(∫

E

g(j) dµ

)ej ,

segue che si deve avere per ciascun j

E

f (j) dµ =

E

f (j) dµ .

Quindi applicando la Proposizione 8.33, si ottiene che f (j) = g(j) per ogni jµ–q.o. in X da cui f = g µ–q.o. in X .

338

Page 339: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(ii) =⇒ (i) Questa implicazione e immediata, visto che se prendiamo N ∈ Σcon µ(N) = 0 e

x ∈ X ; f(x) 6= g(x) ⊆ N ,

abbiamo che per ogni E ∈ Σ∫

E∩N

f dµ =

E∩N

g dµ = 0 ,

e dunque ∫

E

f dµ =

E\N

f dµ =

E\N

g dµ =

E

g dµ .

Esercizio 54. Siano f : R → R una funzione L1–misurabile e c ∈ R. Mostrareche ∫

f(x+ c) dL1(x) =

∫f(x) dL1(x) .

Soluzione. (a) Sia dapprima f una funzione Σ–semplice e sia f =∑k

i=0 tiχEi

la sua rappresentazione standard. Allora, essendo

χEi(x+ c) = χEi+c(x) ,

dall’invarianza di L1 rispetto alle traslazioni, segue immediatamente la tesi.

(b) Sia ora f una funzione Σ–misurabile positiva. E immediato vedere cheanche l’applicazione fc : x 7→ f(x+ c) e Σ–misurabile, visto che per ogni α ∈ R

f−1c ([−∞, α[ ) = f−1([−∞, α[ )− c .

Ma allora, presa (fk) una successione crescente di funzioni Σ–semplici checonverge puntualmente a f , per ogni x ∈ X si ha fk(x + c) → f(x + c) efk(x) → f(x). Allora, per il passo precedente, si ha

∫fk(x+ c) dL1(x) =

∫fk(x) dL1(x) ,

per ogni k ∈ N. Applicando il Teorema della convergenza monotona allesuccessioni fk(x+ c) → f(x+ c) e fk(x) → f(x), si ottiene

∫f(x+ c) dL1(x) = lim

k

∫fk(x + c) dL1(x)

= limk

∫fk(x) dL1(x) =

∫f(x) dL1(x) .

(c) Consideriamo infine il caso generale di f non necessariamente positiva.Allora∫f(x+ c) dL1(x) =

∫f+(x+ c) dL1(x)−

∫f−(x+ c) dL1(x)

=

∫f+(x) dL1(x) −

∫f−(x) dL1(x) =

∫f(x) dL1(x) ,

applicando (b) alle funzioni positive f+, f−.

339

Page 340: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 55. (i) Sia f : [0, 1] → R una funzione L1–sommabile. Mostrare che

limn

∫xnf(x) dL1(x) = 0 ,

(ii) Siano µ la counting measure (introdotta nell’Esempio 2.6) e f : [0, 1] → Runa funzione µ–sommabile. Mostrare che

limn

∫xnf(x) dµ(x) = f(1) .

Soluzione. (i) Poniamo hn(x) = xnf(x). Allora hn(x) converge puntualmentealla funzione h = χ1f e si ha |hn| ≤ f per ogni n. Quindi possiamo applicareil Teorema della convergenza dominata a hn, ottenendo

limn

∫xnf(x) dL1(x) = lim

n

∫hn dL1 =

∫h dL1 = f(1)L1(1) = 0 .

(ii) Con le stesse notazioni di (i), possiamo nuovamente applicare il Teoremadella convergenza dominata a (hn), ma stavolta si ha

limn

∫xnf(x) dµ(x) = lim

n

∫hn dµ =

∫h dµ = f(1)µ(1) = f(1) .

Esercizio 56. Sia h : R → R boreliana. Mostrare che h induce due funzioni

h : M(X) → M(X) , h : M(X,µ) →M(X,µ) ,

definite rispettivamente da h(f) = hf e h([f ]) = [hf ], dove [f ] indica la classedi equivalenza cui appartiene la funzione f (ossia mostrare che effettivamente

si ha h(f) ∈ M(x) e h(f) ∈ M(X,µ)). In particolare, dedurne che per ognip ∈ [1,+∞[ e per ogni f ∈M(X,µ) si ha |f |p ∈M(X,µ).

Soluzione. (a) Il fatto che h(f) ∈ M(x) segue dal Teorema 7.13. Quindi poie immediato vedere che si ha anche h(f) ∈M(X,µ) e che h e ben definita vistoche se f = g µ–q.o. in X , allora h f = h g µ–q.o. in X .

(b) Essendo la funzione t 7→ |t|p continua per ogni p ∈ [1,+∞[, e anche borelianae vi si puo applicare la parte (a) della soluzione.

Esercizio 57. Sia 1 ≤ r < +∞ e sia f ∈ Lr(X,µ). Mostrare che

limp→∞

||f ||p = ||f ||∞ .

Soluzione. (a) Sia 0 ≤ t < ||f ||∞. Per definizione della norma ||·||∞, l’insieme

A = x ∈ X ; |f(x)| ≥ t ,

ha misura non nulla µ(A) > 0. Inoltre vale per ogni p

||f ||pp ≥∫

A

|f |p dµ ≥ tpµ(A) ,

340

Page 341: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

da cui ||f ||p ≥ t(µ(A))1p . Se ora µ(A) <∞, (µ(A))

1p → 1 per p→ ∞; se invece

µ(A) = ∞, allora anche (µ(A))1p = +∞. In entrambi i casi si ha

lim infp→∞

||f ||p ≥ t ,

da cui segue per arbitrarieta di t che

lim infp→∞

||f ||p ≥ ||f ||∞ .

(b) Osserviamo che per r < p <∞ si ha

||f ||p ≤ ||f ||rpr ||f ||

1− rp

∞ .

Essendo ||f ||r <∞, si ha ||f ||rpr → 1 per p→ ∞, e quindi

lim supp→∞

||f ||p ≤ ||f ||∞ .

(c) Mettendo insieme (a) e (b) si ha finalmente

||f ||∞ ≤ lim infp→∞

||f ||p ≤ lim supp→∞

||f ||p ≤ ||f ||∞ ,

e quindi il limite esiste e vale

limp→∞

||f ||p = ||f ||∞ .

Esercizio 58. Siano X insieme, Σ,Σ′ due algebre in P(X), ν : Σ → R eν′ : Σ′ → R due misure con segno e λ ∈ R. Mostrare che ν + ν′ : Σ ∩ Σ′ → Re λν : Σ → R definiti da (ν + ν′)(E) = ν(E) + ν′(E) e (λν)(E) = λν(E),rispettivamente, sono misure con segno.

Soluzione. Sia (En) una successione disgiunta in Σ∩Σ′ tale cheE =⋃

n∈NEn ∈Σ ∩ Σ′. Siccome ν e ν′ sono misure con segno, allora si ha

∞∑

n=0

(ν + ν′)(En) =∞∑

n=0

ν(En) +∞∑

n=0

ν′(En) < +∞ ,

e

(ν + ν′)(E) = ν(E) + ν′(E) =

∞∑

n=0

ν(En) +

∞∑

n=0

ν′(En) =

∞∑

n=0

(ν + ν′)(En) ,

quindi (ν+ ν′) e una misura con segno. Similmente, presa (En) una successionedisgiunta in Σ tale che E =

⋃n∈NEn ∈ Σ e preso λ ∈ R, essendo ν una misura

con segno si ha∞∑

n=0

(λν)(En) = λ

∞∑

n=0

ν(En) < +∞ ,

e

(λν)(E) = λν(E) = λ

∞∑

n=0

ν(En) =

∞∑

n=0

(λν)(En) ,

quindi (λν) e una misura con segno.

341

Page 342: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Esercizio 59. Mostrare che per ogni misura con segno ν : Σ → R e per ogniE ∈ Σ si ha

ν+(E) = sup ν(F ) ; F ∈ Σ, F ⊆ E ,ν−(E) = sup −ν(F ) ; F ∈ Σ, F ⊆ E ,

|ν|(E) = sup

∞∑

j=0

|ν(E ∩Hj)| ; (Hj) partizione di E in Σ

,

|ν(E)| ≤ |ν|(E) .

Inoltre, mostrare che se ν, ν′ : Σ → R sono due misure con segno e λ ∈ R, allora

|ν + ν′| ≤ |ν|+ |ν′| |λν| = |λ||ν| .

In particolare, la mappa µ 7→ |µ|(X) dallo spazio vettoriale delle misure consegno a valori in R e una norma.

Soluzione. (a) Poniamo

c+ = sup ν(F ) ; F ∈ Σ, F ⊆ E ,

c− = sup −ν(F ) ; F ∈ Σ, F ⊆ E ,e sia K ∈ Σ tale che X = K ∪ (X \ K) e una decomposizione di Hahn di Xrispetto a ν.A questo punto E∩K e E\K sono elementi di Σ tali che E∩K ⊆ E e E\K ⊆ E.Quindi

ν+(E) = ν(E ∩K) ≤ c+ , ν−(E) = −ν(E \K) ≤ c− .

Viceversa, per ogni E,F ∈ Σ tali che F ⊆ E

ν(F ) = ν(F ∩K) + ν(F \K) ≤ ν(F ∩K)

≤ ν(F ∩K) + ν((E \ F ) ∩K) = ν+(E) ,

−ν(F ) = −ν(F ∩K)− ν(F \K) ≤ −ν(F \K)

≤ −ν(F \K)− ν((E \ F ) \K) = ν−(E) .

Passando al sup sugli F ∈ Σ con F ⊆ E, si ottengono

c+ ≤ ν+(E) , c− ≤ ν−(E) ,

da cui seguono le uguaglianze richieste.

(b) Passiamo alle proprieta della variazione totale |ν| e poniamo

Γ = sup

∞∑

j=0

|ν(E ∩Hj)| ; (Hj) partizione di E in Σ

.

Siccome tra le partizioni di E c’e sempre E = (E ∩K) ∪ (E \K), si ha

|ν|(E) = ν+(E) + ν−(E) = |ν(E ∩K)|+ |ν(E \K)| ≤ Γ .

342

Page 343: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Viceversa, per ogni partizione (Hj) in Σ di E si ha

∞∑

j=0

|ν(E ∩Hj)| =∞∑

j=0

|ν+(E ∩Hj)− ν−(E ∩Hj)|

≤∞∑

j=0

|ν+(E ∩Hj)|+∞∑

j=0

|ν−(E ∩Hj)|

= ν+(E) + ν−(E) = |ν|(E) .

da cui, passando al sup sulle partizioni di E in Σ, si puo concludere Γ ≤ |ν|(E).

(c) A questo punto, siccome tra le partizioni di E c’e sempre quella costituitadal solo insieme E, si ha

|ν|(E) ≥ |ν(E)| .Inoltre, per ogni partizione (Hj) in Σ di E

∞∑

j=0

|ν(Hj) + ν′(Hj)| ≤∞∑

j=0

|ν(Hj)|+∞∑

j=0

|ν′(Hj)| ≤ |ν|(E) + |ν′|(E) ,

∞∑

j=0

|(λν)(Hj)| = |λ|∞∑

j=0

|ν(Hj)| ≤ |λ||ν|(E) ,

da cui, passando al sup sulle partizioni, |ν + ν′| ≤ |ν|+ |ν′| e |λν| ≤ |λ||ν|. Orase λ 6= 0, si ha anche

|ν| =∣∣∣∣1

λλν

∣∣∣∣ ≤∣∣∣∣1

λ

∣∣∣∣ |λν| ,

da cui |λν| ≥ |λ||ν|, e quindi l’uguaglianza cercata. Valendo l’uguaglianza ancheper λ = 0, l’Esercizio e concluso.

Esercizio 60. Siano X un insieme e Σ un’algebra in P(X). Un funzionaleν : Σ → C si dice σ–additivo (o misura complessa) se per ogni (Eh) successionedisgiunta in Σ tale che

⋃h∈NEh ∈ Σ si ha che esiste in C il limite

limk

k∑

h=0

ν(Eh) =

∞∑

h=0

ν(Eh) ,

e tale limite e uguale a ν(⋃

h∈NEh

). Mostrare che

Re(ν) :

Σ → R

E 7→ Re(ν)(E).= Re(ν(E))

Im(ν) :

Σ → R

E 7→ Im(ν)(E).= Im(ν(E))

sono misure con segno tali che ν = Re(ν) + iIm(ν). Assumendo che Σ sia unaσ–algebra e definendo

|ν|(E) = sup

∞∑

j=0

|ν(E ∩Hj)| ; (Hj) partizione di E in Σ

,

343

Page 344: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

mostrare che |ν| e una misura totalmente finita e che

|ν(E)| ≤ |ν|(E) , ∀E ∈ Σ .

Infine, mostrare che se ν, ν′ : Σ → C sono due misure complesse e λ ∈ C, alloraν + ν′ e λν sono anch’esse misure complesse e si ha

|ν + ν′| ≤ |ν|+ |ν′| |λν| = |λ||ν| .

In particolare, la mappa µ 7→ |µ|(X) dallo spazio vettoriale delle misure com-plesse a valori in R e una norma.

Soluzione. (a) Se (En) e una successione disgiunta in Σ tale che E =⋃n∈NEn ∈ Σ, la convergenza delle serie

∑∞j=0 Re(ν)(Ej) e

∑∞j=0 Im(ν)(Ej)

segue da quella di∑∞

j=0 ν(Ej) e la σ–additivita di Re(ν), Im(ν) segue da quelladi ν. Questo ci assicura che Re(ν) e Im(ν) sono misure con segno.

(b) Mostriamo che |ν| e una misura. Applicando la σ–additivita alla successioneEn ≡ ∅ si ha |ν(∅)| = 0 e quindi anche |ν|(∅) = 0. Consideriamo ora unasuccessione disgiunta (En) in Σ. Per ogni partizione (Hj) di E =

⋃n∈NEn in

Σ, la famiglia (Hj ∩En) e una partizione di En in Σ. Quindi

∞∑

j=0

|ν(Hj)| ≤∞∑

j=0

∞∑

n=0

|ν(Hj ∩ En)| =∞∑

n=0

∞∑

j=0

|ν(Hj ∩ En)| ≤∞∑

n=0

|ν|(En) ,

da cui, passando al sup sulle partizioni di E, si ha |ν|(E) ≤∑∞n=0 |ν|(En).

Per provare la disuguaglianza opposta, fissiamo ε > 0 e sia (Hj,n) una partizionedi En tale che

∞∑

j=0

|ν(Hj,n)| > |ν|(En)− ε2−n−1 .

Essendo (En) una successione disgiunta, la famiglia Hn,j ; n, j ∈ N costituisceuna partizione di E =

⋃n∈NEn in Σ, e quindi

|ν|(E) ≥∞∑

n=0

∞∑

j=0

|ν(Hj,n)| >∞∑

n=0

(|ν|(En)− ε2−n−1

)=

∞∑

n=0

|ν|(En)− ε .

Per arbitrarieta di ε si conclude che |ν|(E) ≥∑∞n=0 |ν|(En), e quindi |ν| e una

misura.Inoltre per ogni partizione (Hj) di X in Σ, avremo

∞∑

j=0

|ν(X ∩Hj)| ≤∞∑

j=0

|Re(ν)(X ∩Hj)|+∞∑

j=0

|Im(ν)(X ∩Hj)|

≤ |Re(ν)|(X) + |Im(ν)|(X) .

Passando al sup sulle partizioni di X , si ottiene quindi

|ν|(X) ≤ |Re(ν)|(X) + |Im(ν)|(X) < +∞ ,

visto che la variazione di una misura con segno e una misura positiva totalmentefinita, e dunque |ν| e totalmente finita.

344

Page 345: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

(c) Infine, il fatto che |ν(E)| ≤ |ν|(E) per ogni E ∈ Σ, che ν + ν′ e λν sianomisure complesse e che valgano

|ν + ν′| ≤ |ν|+ |ν′| |λν| = |λ||ν| ,

si mostrano esattamente come negli Esercizi 58 e 59 a partire dalle definizioni edalle proprieta precedenti.

Esercizio 61. Siano X un insieme e Σ un’algebra in P(X). Un funzionaleν : Σ → Rd si dice σ–additivo (o misura vettoriale) se per ogni (Eh) successionedisgiunta in Σ tale che

⋃h∈NEh ∈ Σ si abbia che la serie

∞∑

h=0

ν(Eh) ,

e assolutamente convergente (rispetto alla norma euclidea di Rd) e si abbia

ν

(⋃

h∈N

Eh

)=

∞∑

h=0

ν(Eh) .

Mostrare che le componenti ν(i) : Σ → R sono misure con segno. Assumendoche Σ sia una σ–algebra e definendo

|ν|(E) = sup

∞∑

j=0

|ν(E ∩Hj)| ; (Hj) partizione di E in Σ

,

mostrare che |ν| e una misura totalmente finita e che

|ν(E)| ≤ |ν|(E) , ∀E ∈ Σ .

Infine, mostrare che se ν, ν′ : Σ → Rd sono due misure vettoriali e λ ∈ R, alloraν + ν′ e λν sono anch’esse misure vettoriali e si ha

|ν + ν′| ≤ |ν|+ |ν′| |λν| = |λ||ν| .

In particolare, la mappa µ 7→ |µ|(X) dallo spazio vettoriale delle misure vetto-riali a valori in R e una norma.

Soluzione. (a) Se (En) e una successione disgiunta in Σ tale che E =⋃n∈NEn ∈ Σ, per ogni j ∈ N la convergenza delle serie

∑∞n=0 ν

(j)(En) se-

gue da quella di∑∞

n=0 ν(En) e la σ–additivita di ν(j) segue da quella di ν.Questo ci assicura che ciascuna componente ν(j) e una misura con segno.

(b) Mostriamo che |ν| e una misura. Applicando la σ–additivita alla successioneEn ≡ ∅ si ha |ν(∅)| = 0 e quindi anche |ν|(∅) = 0. Consideriamo ora unasuccessione disgiunta (En) in Σ. Per ogni partizione (Hj) di E =

⋃n∈NEn in

Σ, la famiglia (Hj ∩En) e una partizione di En in Σ. Quindi

∞∑

j=0

|ν(Hj)| ≤∞∑

j=0

∞∑

n=0

|ν(Hj ∩ En)| =∞∑

n=0

∞∑

j=0

|ν(Hj ∩ En)| ≤∞∑

n=0

|ν|(En) ,

345

Page 346: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

da cui, passando al sup sulle partizioni di E, si ha |ν|(E) ≤∑∞n=0 |ν|(En).

Per provare la disuguaglianza opposta, fissiamo ε > 0 e sia (Hj,n) una partizionedi En tale che

∞∑

j=0

|ν(Hj,n)| > |ν|(En)− ε2−n−1 .

Essendo (En) una successione disgiunta, la famiglia Hn,j ; n, j ∈ N costituisceuna partizione di E =

⋃n∈NEn in Σ, e quindi

|ν|(E) ≥∞∑

n=0

∞∑

j=0

|ν(Hj,n)| >∞∑

n=0

(|ν|(En)− ε2−n−1

)=

∞∑

n=0

|ν|(En)− ε .

Per arbitrarieta di ε si conclude che |ν|(E) ≥∑∞n=0 |ν|(En), e quindi |ν| e una

misura.Inoltre per ogni partizione (Hn) di X in Σ, avremo

∞∑

n=0

|ν(X ∩Hn)| ≤∞∑

n=0

d∑

j=1

|ν(j)(X ∩Hn)|

=

d∑

j=1

(∞∑

n=0

|ν(j)(X ∩Hn)|)

≤d∑

j=1

|ν(j)|(X) .

Passando al sup sulle partizioni, si ottiene quindi

|ν|(X) ≤d∑

j=1

|ν(j)|(X) < +∞ ,

visto che la variazione di una misura con segno e una misura positiva totalmentefinita, e dunque |ν| e totalmente finita.

(c) Infine, il fatto che ν + ν′ e λν siano misure vettoriali e valgano

|ν + ν′| ≤ |ν|+ |ν′| |λν| = |λ||ν| ,

si mostrano esattamente come negli Esercizi 58 e 59 a partire dalle definizioni edalle proprieta precedenti.

Esercizio 62. Siano X = N e

Σ = A ⊆ N ; A e finito o N \A e finito .

Mostrare che Σ e un’algebra in P(N), che chiameremo algebra finita–cofinita.Definito poi ν : Σ → Z ponendo

ν(E) =

Card(E) se E e finito−Card(X \ E) se X \ E e finito

per ogni E ∈ Σ, mostrare che ν e un funzionale additivo ma che e illimitato.

346

Page 347: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Soluzione. (a) E immediato verificare che ∅ ∈ Σ e che il complementare di uninsieme in Σ appartiene a Σ. Inoltre, presi E,F ∈ Σ, se entrambi sono insiemifiniti, anche la loro unione e finita; altrimenti se uno dei due, diciamo E, ecofinito si avra X \ (E ∪ F ) ⊆ X \ E finito. Quindi Σ e un’algebra in P(X).

(b) Siano E,F ∈ Σ con E ∩ F = ∅. Se entrambi gli insiemi sono finiti, alloral’unione e anch’essa finita ed ha cardinalita pari alla somma degli elementi di Eed F . Se invece E e cofinito, allora anche E∪F e cofinito e, essendo F ⊆ X \E,F e finito e si ha

ν(E ∪ F ) = −Card(X \ (E ∪ F )) = −(Card(X \ E)− Card(F ))

= −Card(X \ E) + Card(F ) = ν(E) + ν(F ) .

Essendo il caso di F cofinito del tutto analogo, si conclude che ν e un funzionaleadditivo. Tuttavia, per ogni N , l’insieme IN = j ∈ N ; 1 ≤ j ≤ N haν(IN ) = N e quindi ν non e limitata.

Esercizio 63. Siano X un insieme, Σ un’algebra in P(X), ν una misura su X(con segno, complessa o vettoriale). Mostrare che per ogni E ∈ Σ

|ν|(E) = sup

N∑

j=0

|ν(E ∩Hj)| ; N ∈ N, (Hj) partizione finita di E in Σ

.

Soluzione. Posto

Ω = sup

N∑

j=0

|ν(E ∩Hj)| ; N ∈ N, (Hj) partizione finita di E in Σ

,

e evidente che Ω ≤ |ν|(E). Preso ora ε > 0 sia (Ak) una partizione numerabiledi E in Σ tale che

∞∑

k=0

|ν(Ak)| > |ν|(E) − ε

2.

Visto che la serie dei |ν(Ak)| e convergente e positiva, esiste M ∈ N tale che

M∑

k=0

|ν(Ak)| >∞∑

k=0

|ν(Ak)| −ε

2

Ma allora Ao, . . . , AM , A∞, con A∞ =⋃∞

j=M+1 Aj , e una partizione finita di E.Dunque si avra

Ω ≥M∑

k=0

|ν(Ak)|+ |ν(A∞)| >M∑

k=0

|ν(Ak)| >∞∑

k=0

|ν(Ak)| −ε

2> |ν|(E) − ε .

Per l’arbitrarieta di ε ne segue che Ω ≥ |ν|(E) e quindi l’Esercizio e completato.

Esercizio 64. Mostrare le proprieta elencate nella Proposizione 11.4.

347

Page 348: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Soluzione. (i) Preso E ∈ Σ con E ⊆ X \ A, consideriamo una partizione(Ej) di E. Essendo per ipotesi λ concentrata su A, avremo λ(Ej) = 0 per ognij e quindi

∑j∈N λ(Ej) = 0. Passando al sup sulle partizioni di E si ottiene

|λ|(E) = 0 da cui, per arbitrarieta di E, |λ| concentrata su A.

(ii) Segue immediatamente da (i).

(iii) Presi A1, B1 ∈ Σ disgiunti tali che λ1 e concentrata su A1 e µ e concen-trata su B1 e presi A2, B2 ∈ Σ disgiunti tali che λ2 e concentrata su A2 e µ econcentrata su B2, allora si ha anche che λ1 + αλ2 e concentrata su A1 ∪ A2 eche µ e concentrata su B1 ∩B2. Essendo A1 ∪A2 e B1 ∩B2 disgiunti, abbiamoprovato la proprieta.

(iv) E immediato dalla definizione.

(v) Sia E ∈ Σ tale che µ(E) = 0 e sia (Ej) una partizione di E. Allora µ(Ej) = 0e si ha, per ipotesi, λ(Ej) = 0 per ogni j e quindi

∑j∈N λ(Ej) = 0. Passando

al sup sulle partizioni di E si ottiene |λ|(E) = 0 da cui, per arbitrarieta di E,|λ| ≪ µ.

(vi) Siano A,B ∈ Σ disgiunti tali che λ1 e concentrata su A e µ e concentratasu B. In particolare, µ(A) = 0 e quindi λ2(E) = 0 per ogni E ⊆ A, percheλ2 ≪ µ. Quindi λ2 e concentrata su X \A e questo implica λ1 ⊥ λ2.

(vii) Infine, applicando (vi) con λ1 = λ2 = λ, otteniamo λ ⊥ λ che implicanecessariamente λ = 0.

Esercizio 65. Siano Σ una σ–algebra in P(X), µ una misura positiva, f : X →R una funzione µ–sommabile e ν la misura con segno definita nell’Esempio 10.4.Mostrare anche che per ogni funzione ν–sommabile ψ : X → R si ha

∫ψ dν =

∫ψf dµ . (34)

In virtu di questo risultato, scriveremo talvolta che dν = f dµ per intendere chevale (34).

Soluzione. Cominciamo dal caso in cui ν ≥ 0. Se ψ e una funzione carat-teristica, allora (34) e equivalente al Teorema di Radon–Nikodym. Se ψ e una

funzione Σ–semplice, allora presa la sua rappresentazione standard∑k

j=0 akχEk

si ha ∫ψ dν =

k∑

j=0

akν(Ek) =k∑

j=0

ak

Ek

f dµ =

∫ψf dµ .

Se ψ e Σ–misurabile positiva, allora consideriamo una successione crescente(ψk) di funzioni Σ–semplici tale che ψk → ψ. Applicando il Teorema dellaconvergenza monotona, si ha che

∫ψ dν = lim

k

∫ψk dν = lim

k

∫ψkf dµ =

∫ψf dµ .

Infine, presa una ψ ν–sommabile, si puo concludere

∫ψ dν =

∫ψ+ dν −

∫ψ− dν =

∫ψ+f dµ−

∫ψ−f dµ =

∫ψf dµ .

348

Page 349: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

A questo punto, se ν e una misura con segno qualunque, dall’analisi precedentesi ha che

∫ψ dν =

∫ψ dν+ −

∫ψ dν− =

∫ψf+ dµ−

∫ψf− dµ =

∫ψf dµ .

Esercizio 66. Siano Σ una σ–algebra in P(X), µ una misura positiva, F = Co F = Rd, f : X → F una funzione µ–sommabile e ν la funzione definita perogni E ∈ Σ come

ν(E) =

E

f dµ .

Mostrare che ν e una misura (complessa o vettoriale a seconda della scelta diF). Mostrare anche che per ogni funzione ν–sommabile ψ : X → R si ha

∫ψ dν =

∫ψf dµ , (35)

ossia che dν = f dµ.

Soluzione. (a) Nel caso F = C, dall’Esempio 10.4 segue che sono misure consegno le mappe

E 7→∫

E

Re(f) dµ , E 7→∫

E

Im(f) dµ ,

e da questo segue facilmente che ν e una misura complessa.Nel caso F = Rd, dall’Esempio 10.4 segue che sono misure con segno le mappe

E 7→∫

E

f (j) dµ ,

e da questo segue facilmente che ν e una misura vettoriale.

(b) A questo punto, la dimostrazione di (35) segue facilmente dall’Esercizio 65.Se ν e una misura complessa, si ha che

∫ψ dν =

∫ψ dRe(ν) + i

∫ψ dIm(ν)

=

∫ψRe(f) dµ+ i

∫ψIm(f) dµ =

∫ψf dµ .

Se invece ν e una misura vettoriale, si ha che per ciascuna componente

∫ψ dν(j) =

∫ψf (j) dµ ,

e quindi∫ψ dν =

∫ψf dµ come vettori di Rd.

Esercizio 67. Siano Σ una σ–algebra in P(X), µ una misura positiva σ–finitasu X e ν una misura (con segno, complessa o vettoriale) tale che ν ≪ µ. Allora|ν| ≪ µ e se dν = f dµ con f µ–sommabile, si ha d|ν| = |f | dµ.

349

Page 350: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Soluzione. (a) Il fatto che |ν| ≪ µ segue dalla Proposizione 11.4. Nel ca-so di ν misura con segno, l’uguaglianza d|ν| = |f | dµ e gia stata mostratadall’Esempio 10.12.

(b) Sia ora ν una misura complessa o vettoriale. Allora, per ogni E ∈ Σ e perogni partizione (Hj) di E in Σ si ha

∞∑

j=0

|ν(Hj)| =∞∑

j=0

∣∣∣∣∣

Hj

f dµ

∣∣∣∣∣ ≤∞∑

j=0

Hj

|f | dµ =

E

|f | dµ ,

da cui passando al sup sulle partizioni di E si ottiene |ν|(E) ≤∫E |f | dµ.

(c) Mostriamo ora la disuguaglianza opposta nel caso di ν misura vettoriale.Sia D = zh ; h ∈ N un sottoinsieme numerabile denso di B(0, 1). Allora, perogni 0 < ε < 1 e per ogni x ∈ X mostriamo che l’insieme

Ξ = zh ∈ D ; f(x) · zh ≥ (1 − ε)|f(x)|

e non vuoto. Infatti, se f(x) = 0, l’insieme e tutto D. Altrimenti, considerandoξ = f(x)/|f(x)| ∈ B(0, 1) e l’insieme B = B(ξ, ε), si ha B ∩D 6= ∅ per densitadi D. Allora preso zk nell’intersezione, avremo 1− ε ≤ |zk| < 1, e quindi

ξ · zk ≥ |ξ|2 + |zk|2 − ε2

2≥ 1 + (1 − ε)2 − ε2

2= 1− ε ,

Ne segue f(x) · zk ≥ (1 − ε)|f(x)|, ossia zk ∈ Ξ.Poniamo quindi ρ(x) = minh ∈ N ; zh ∈ Ξ e mostriamo che ρ e una funzioneΣ–misurabile. Infatti per ogni α ≤ 0 si ha ρ−1( ]α,+∞]) = X ; e ponendo perogni k ∈ N

Fk =

x ∈ X ;

f(x) · zk|f(x)| ≥ (1− ε)

,

si ha X =⋃

k∈N Fk e per ogni α > 0 si puo scrivere

ρ−1( ]α,+∞]) =

k≥M

Fk

\

(⋃

k<M

Fk

)= X \

(⋃

k<M

Fk

),

dove M e il piu piccolo intero strettamente maggiore di α. Quindi la Σ–misurabilita di ρ segue immediatamente se mostriamo che ciascun Fk e uninsieme in Σ. Osservando che per ogni k ∈ N si ha Fk = Ψ−1

k ([1 − ε,+∞])con

Ψk : x 7→(f (1)(x)

|f(x)| , . . . ,f (d)(x)

|f(x)|

)· zk ,

e sufficiente mostrare la Σ–misurabilita di ciascuna funzione Ψk. Ma la Σ–misurabilita di Ψk segue dalla Σ–misurabilita di f e dalla continuita della funzio-ne ξ 7→ ξ·zk, applicando il Teorema 7.13, il Corollario 7.18 e la Proposizione 7.20,e quindi ρ e Σ–misurabile.A questo punto, per ogni E ∈ Σ poniamo Hj = ρ−1(j)∩E, ossia gli insiemi dilivello di ρ. Gli (Hj) formano una partizione di E e si puo mostrare che Hj ∈ Σ

350

Page 351: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

per ogni j ∈ N. Quindi si ha

(1− ε)

E

|f | dµ = (1 − ε)

∞∑

j=0

Hj

|f | dµ

≤∞∑

j=0

Hj

f · zj dµ ≤∞∑

j=0

(∫

Hj

f dµ

)· zj

≤∞∑

j=0

∣∣∣∣∣

Hj

f dµ

∣∣∣∣∣ =∞∑

j=0

|ν(Hj)| ≤ |ν|(E) .

Passando al limite per ε→ 0, si ottiene∫E |f | dµ ≤ |ν|(E).

(d) La disuguaglianza opposta nel caso di ν misura complessa puo essere mo-strata in modo analogo a quanto fatto in (c).

(e) Quindi per ogni E ∈ Σ

|ν|(E) ≤∫

E

|f | dµ ,

ossia d|ν| = |f | dµ.

Esercizio 68. Siano Σ una σ–algebra in P(X), µ misura positiva σ–finita suX, λ1, λ2 misure (positive, con segno, complesse o vettoriali) tali che λ1 ≪ µ eλ2 ≪ µ e α ∈ R (o C nel caso di misure complesse). Allora (λ1 + αλ2) ≪ µ esi ha µ–q.o.

d(λ1 + αλ2)

dµ=

dλ1dµ

+ αdλ2dµ

.

Soluzione. Il fatto che (λ1+αλ2) ≪ µ segue dalla Proposizione 11.4. Indichia-mo con f1, f2 le funzioni µ–sommabili che si ottengono applicando il Teoremadi Radon–Nikodym alle coppie di misure λ1 ≪ µ e λ2 ≪ µ. Esplicitamente siha, per ogni E ∈ Σ

λ1(E) =

E

f1 dµ , λ2(E) =

E

f2 dµ .

Ma allora, per ogni E

(λ1 + αλ2)(E) =

E

(f1 + αf2) dµ ,

e quindi per unicita si deve avere µ–q.o.

d(λ1 + αλ2)

dµ= f1 + αf2 =

dλ1dµ

+ αdλ2dµ

.

Esercizio 69. Siano Σ una σ–algebra in P(X), µ, ν misure positive σ–finite suX e λ una misura (positiva, con segno, complessa o vettoriale) tale che ν ≪ µe λ≪ ν. Allora λ≪ µ e si ha µ–q.o.

dµ=

dµ.

351

Page 352: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Soluzione. Il fatto che λ ≪ µ segue dalla Proposizione 11.4. Indichiamo confν la funzione µ–sommabile che si ottiene applicando il Teorema di Radon–Nikodym alla coppia di misure ν ≪ µ. Esplicitamente si ha, per ogni E ∈Σ

ν(E) =

E

fν dµ .

Ma allora, applicando l’Esercizio 65, si ottiene che per ogni ψ funzione ν–sommabile vale ∫

ψ dν =

∫ψfν dµ .

Applicando ora il Teorema di Radon–Nikodym alla coppia di misure λ≪ ν, siafλ la funzione ν–sommabile tale che per ogni E ∈ Σ

λ(E) =

E

fλ dν .

Scegliendo ora ψ = χEfλ, si ottiene

λ(E) =

E

fλ dν =

∫χEfλfν dµ =

E

fλfν dµ .

Per l’unicita nel Teorema di Radon–Nikodym applicato alla coppia di misureλ≪ µ, si deve avere µ–q.o.

dµ= fλfν =

dµ.

Esercizio 70. Mostrare che:

• se ν e una misura con segno sono fatti equivalenti:

(i) ν e una misura di Radon;

(ii) ν+, ν− sono misure di Radon.

• se ν e una misura complessa sono fatti equivalenti:

(i) ν e una misura di Radon;

(ii) Re(ν), Im(ν) sono misure di Radon.

• se ν e una misura vettoriale sono fatti equivalenti:

(i) ν e una misura di Radon;

(ii) le componenti ν(j) sono misure di Radon.

Soluzione. Osserviamo innanzi tutto che le misure considerate sono tutteboreliane e finite sui compatti, visto che sono totalmente finite. Bisogna quindimostrare la regolarita.

(a) Sia ν una misura di Radon con segno e sia ν = ν+−ν− la sua decompo-sizione di Jordan. Sapendo che |ν| = ν+ + ν− e una misura di Radon positiva,dobbiamo mostrare che i misurabili sono esternamente regolari per ν± e che gliaperti sono internamente regolari per ν±.

352

Page 353: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

Siano A ∈ Σ e ε > 0. Allora esiste un aperto U tale che A ⊆ U e |ν|(U) <|ν|(A) + ε. Ma allora ν±(U \A) ≤ |ν|(U \A) < ε e, quindi,

ν±(U) = ν±(A) + ν±(U \A) < ν±(A) + ε ,

ossia gli insiemi misurabili sono esternamente regolari per ν+, ν−. Similmente,se U e un aperto e ε > 0, sia K un compatto tale che K ⊆ U e |ν|(K) >|ν|(U)− ε. Ma allora come prima ν±(U \K) ≤ |ν|(U \K) < ε e, quindi,

ν±(U) = ν±(K) + ν±(U \K) < ν±(K) + ε ,

ossia gli insiemi aperti sono internamente regolari per ν+, ν−.

(b) Supponiamo ora che ν+, ν− siano misure di Radon positive e mostriamo cheanche |ν| lo e. La dimostrazione e simile a quella della precedente implicazione.Essendo |ν| ≤ ν+ + ν−,51 la finitezza sui compatti segue dalla finitezza diν±. Inoltre, presi A ∈ Σ e ε > 0, esiste un aperto U tale che A ⊆ U eν±(U) < ν±(A) + ε/2. Ma allora |ν|(U \ A) ≤ ν+(U \ A) + ν−(U \ A) < ε e,quindi,

|ν|(U) = |ν|(A) + |ν|(U \A) < |ν|(A) + ε ,

ossia gli insiemi misurabili sono esternamente regolari per |ν|. Similmente, se Ue un aperto e ε > 0, sia K un compatto tale che K ⊆ U e ν±(K) > ν±(U)−ε/2.Ma allora come prima |ν|(U \K) ≤ ν+(U \K) + ν−(U \K) < ε e, quindi,

|ν|(U) = |ν|(K) + |ν|(U \K) < |ν|(K) + ε ,

ossia gli insiemi aperti sono internamente regolari per |ν|.(c) Proviamo che se ν e una misura complessa, allora |Re(ν)| ≪ |ν| e |Im(ν)| ≪|ν| e che se ν e una misura vettoriale, allora |ν(i)| ≪ |ν| per 1 ≤ i ≤ d.Infatti, se ν e complessa e evidente che Re(ν) ≪ ν e Im(ν) ≪ ν. Inoltresappiamo gia che ν ≪ |ν|. Quindi Re(ν) ≪ |ν|, Im(ν) ≪ |ν| e, applicando laProposizione 11.4, concludiamo che |Re(ν)| ≪ |ν| e |Im(ν)| ≪ |ν|.Ora, se ν e vettoriale e evidente che ν(i) ≪ ν. Inoltre sappiamo gia che ν ≪ |ν|.Quindi ν(i) ≪ |ν| e, applicando la Proposizione 11.4, concludiamo che |ν(i)| ≪|ν|.(d) Mostriamo ora che se ν e una misura di Radon complessa anche la sua partereale e immaginaria sono misure di Radon. Siano A ∈ Σ e ε > 0. In virtu di (c)possiamo applicare il Teorema 11.5 a |Re(ν)| e |Im(ν)|, e quindi esiste un δ > 0tale che |Re(ν)|(F ) < ε e |Im(ν)|(F ) < ε ogni volta che |ν|(F ) < δ. Essendo |ν|una misura di Radon, esiste un aperto U tale che A ⊆ U e |ν|(U) < |ν|(A) + δ.Ma allora |ν|(U \A) < δ e, quindi,

|Re(ν)|(U) = |Re(ν)|(A) + |Re(ν)|(U \A) < |Re(ν)|(A) + ε ,

e la stessa disuguaglianza vale anche per |Im(ν)|. Abbiamo cosı mostrato chegli insiemi misurabili sono esternamente regolari per |Re(ν)| e |Im(ν)|.Similmente, se U e un aperto e ε > 0, siano δ > 0 dal Teorema 11.5 come sopra,eK un compatto tale cheK ⊆ U e |ν|(K) > |ν|(U)−δ. Ma allora |ν|(U \K) < δe, quindi,

|Re(ν)|(U) = |Re(ν)|(K) + |Re(ν)|(U \K) < |Re(ν)|(K) + ε ,

51In realta vale l’uguaglianza, ma usando la disuguaglianza possiamo riutilizzare ladimostrazione nei passi successivi.

353

Page 354: Un’Introduzione alla Teoria della Misurapriuli/misura_v2.pdf · 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano Xinsieme e F ⊆ P(X).Diciamo che F `e un’algebra in P(X) (o un’algebra

e la stessa disuguaglianza vale anche per |Im(ν)|. Abbiamo cosı mostrato chegli aperti sono internamente regolari per |Re(ν)| e |Im(ν)|.Per provare che se ν e una misura di Radon vettoriale anche le sue componentisono misure di Radon, basta ripetere il ragionamento con le componenti ν(j) alposto della parte reale e immaginaria di ν.

(e) Infine, dalle proprieta della variazione totale di una misura, segue che |ν| ≤|Re(ν)| + |Im(ν)| se ν e complessa e che |ν| ≤∑d

j=1 |ν(j)|. Quindi procedendoesattamente come in (b), si mostra che data una misura ν, se la sua parte realee immaginaria (risp. le sue componenti) sono misure di Radon allora anche ν euna misura di Radon complessa (risp. vettoriale).

354