una notte, all’oasi · 3 Uomini d’affari ricchi, anzi ricchissimi, chiasso, scommesse...

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una notte, all’oasi... racconto anna bossi

Transcript of una notte, all’oasi · 3 Uomini d’affari ricchi, anzi ricchissimi, chiasso, scommesse...

una notte, all’oasi...racconto

anna bossi

dedicato agli animali amici dei bambini

racconto anna bossi

illustrazioni liliana caronefabio facchinetti anna linzalone

musiche originalialberto bruzzese

redazione graficagrazia cormio

computer graficapino losito gianni maragno

traduzionispagnololourdes carrasco colomfrancesechristelle agullo

una notte, all’oasi...

una notte, all’oasi...

illustratrice anna linzalone

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Uomini d’affari ricchi, anzi ricchissimi, chiasso, scommesse clandestine, lunghe file di cammelli. All’oasi c’era un gran fermento e un ammasso di piccoli bambini, ma proprio piccoli, di pochi anni, tutti radunati in una baracca di lamiera: piangevano e strillavano, spaventati. Gli uomini continuavano le contrattazioni per le scommesse e la preparazione della gara e nessuno di loro faceva caso alla disperazione di quei bambini.Corsa di cammelli. Cammelli come cavalli. E avete presente come corrono i cammelli? La loro andatura? Li chiamano le “navi del deserto”, perciò immaginateli lanciati in una corsa sfrenata!E questi corrono forte e tanto più forte quanto più vengono stimolati dalle urla.E chi urla con maggior efficacia di un bambino disperato?Nella baracca infuocata dal sole sono ammassati i bambini che uomini spietati hanno rapito per ordine di altri uomini scellerati.Servono bimbi piccolissimi e leggerissimi e più son piccoli più strillano …Nella baracca c’era anche Youssef di otto anni: ormai vecchio per correre sui cammelli, ora era troppo pesante, ma lo tenevano come aiutante perché non era molesto né rumoroso.Youssef non parlava più.Era stato fortissimo il trauma di essere messo su un cammello e lanciato a folle velocità, di aver vomitato e urlato per il terrore sino allo sfinimento e questo più e più volte…

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Ogni tanto Youssef ricordava le sue corse …Erano spaventose.Sole. Sole accecante.I bambini stipati nella baracca arroventata, attendevano d’essere issati sulle bestie. Piangevano. Vomitavano. Non volevano.Nelle stalle i cammelli percepivano l’eccitazione per la corsa imminente. Scalpicciavano gli zoccoli sulla sabbia sollevandola. La polvere tutto intorno si appiccicava alla pelle e agli abiti bagnati di sudore.Prima di ogni partenza, Youssef si sentiva svenire. Lui, come gli altri piccoli fantini, aveva paura di essere spinto su queste immense bestie che con la loro andatura sinuosa e molleggiata si sarebbero lanciate in una corsa sfrenata, incuranti della sorte dei loro giovanissimi fantini! Ricordava il vuoto allo stomaco, la pancia che gli doleva, il ronzio nella testa, il cuore che accelerava i battiti e il sangue che gli pulsava alle tempie.Durante la corsa sentiva lo stomaco salirgli alla bocca, urlava di terrore. Ma nessuno gli era accanto. Era solo, in un incubo che si ripeteva continuamente. Vedeva solamente omacci in tunica bianca, urlanti che incitavano i cammelli … e si sentiva travolto in un terribile vortice.Aveva paura. Di più. Aveva terrore, terrore di morire.Aveva visto molti bambini perdere il controllo delle redini e finire a terra, tra la sabbia della pista, un po’ schivati e un po’ calpestati dagli altri cammelli in corsa!

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Venivano tolti dalla pista solo per non intralciare la corsa, ma nessuno li avrebbe curati e nella baracca di lamiera arroventata dal sole del deserto sarebbero stati picchiati per non essere riusciti a condurre il cammello al traguardo.Chi non resisteva agli allenamenti durissimi e rischiosi, veniva picchiato, anche se aveva solo due o tre anni.Chi moriva, era sepolto velocemente sotto qualche duna intorno all’accampamento e nessuno avrebbe pianto, nessuno avrebbe pregato per lui.Molte attenzioni, invece, venivano rivolte ai cammelli…Youssef ricordava spesso la sua prima vittoria…Dopo la gara era sceso dal cammello barcollando: le gambe gli tremavano, la testa gli girava e la nausea lo stava invadendo. Non aveva ritirato nessun premio perchè per il fantino non erano previsti premi! E silenziosamente si era ritirato nella baracca, barcollando sfinito.Il cammello di Youssef vinceva sempre, spinto a correre dalle urla di terrore del suo fantino che era sempre più angosciato e terrorizzato…Poi, a un certo punto, un giorno, di colpo, Youssef tacque. Non parlò più nè rivolse più la parola a nessuno. Venne scartato dalle corse e messo ad accudire i cammelli e i bambini arrivati per ultimi.Youssef si fingeva muto perché aveva capito che era l’unico modo per non essere usato nelle corse.Ora se ne stava lì nella baracca e osservava i nuovi arrivati, le nuove vittime.Il suo sguardo si soffermò su Azim: come assomigliava al suo fratellino!

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Lì nella baracca era finito Azim, tre anni appena compiuti, rapito nel suo villaggio mentre giocava a rincorrere un pollo: una manona sulla bocca e poi sbattuto in un furgoncino e via, a tutta velocità.Nel furgoncino altri bambini, tutti stipati come merce.Ora erano tutti nella baracca, magri e male alimentati per non fare aumentare il loro peso: dovevano restare leggeri, leggerissimi come piume! E piangevano e urlavano, ma questo era bene: così avrebbero dovuto fare anche una volta issati sui cammelli! Youssef ripensò al suo villaggio e a come viveva felice con la sua famiglia…Di colpo la nostalgia prese il posto della tristezza. Di colpo pensò che era giunto il momento di mettere in atto il suo piano di fuga e che non avrebbe dovuto salvarsi da solo.Youssef poteva muoversi con una certa libertà nell’oasi poiché tutti lo credevano sordomuto ed era mansueto ed innocuo.Youssef si avvicinò ad Azim: lo guardò con dolcezza, lo accarezzò e col dito sulla bocca gli fece capire di stare in silenzio. Azim si tranquillizzò e glisi accucciò al fianco.Youssef, senza muovere le labbra gli sibilò all’orecchio: “Quando tornerò, seguimi.” Scivolò fuori dalla baracca e raggiunse Karzai, il solo cammello simpatico: era velocissimo e vinceva anche senza bambini urlanti in groppa. Rapidamente lo fece abbeverare e lo preparò …Poi, sempre guardingo e silenzioso tornò nella baracca per distribuire the e piccole focacce ai bambini. “Quando spegnerò il lume per farvi dormire, tu seguimi fuori

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dalla baracca” disse ad Azim.Fuori.Buio.Ma il buio era una buona cosa.Gli uomini stavano in una grande tenda a bere, mangiare e parlare di corse. I servitori erano occupati ad eseguire i loro ordini. Youssef era libero di muoversi.“Stai nell’ombra e seguimi.”Arrivarono dal cammello Karzai.Youssef prese con una mano Azim e con l’altra strinse le redini del cammello e in un baleno giunsero all’uscita dell’oasi.“Non temere: Karzai è bravissimo e ci porterà via da qui” e Youssef accarezzò il piccolo Azim che guardava con venerazione e riconoscenza il suo salvatore.Chi era quel ragazzo? Glielo aveva mandato la sua mamma? Doveva essere così.Anche il cammello Karzai aveva intuito che stava portando a termine una grande missione... nella notte buia stava portando Youssef e Azim verso la libertà.Quando all’oasi si accorsero della fuga dei due bambini, si arrabbiarono tantissimo, ma loro, ormai, erano già lontani, molto lontani, lontanissimi, mentre pian piano il cielo si andava rischiarando.Sullo sfondo rosato si stagliavano le dune e un bel cammello dall’andatura sciolta che portava sulle gobbe due piccole sagome con un immenso bagaglio di speranza.

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ilustrador fabio facchinetti

una noche, en el oasis....

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Hombres de negocios ricos, riquísimos, ruido, apuestas clandestinas, largas filas de camellos. En el oasis había una gran agitación y multitud de niños pequeños, muy pequeños, de poquitos años, todos juntos en una barraca de chapa: lloraban y chillaban, asustados.Los hombres continuaban las negociaciones de las apuestas y la preparación de la carrera y ninguno se daba cuenta de la desesperación de aquellos niños.Carrera de camellos. Camellos como caballos. ¿Y sabeis cómo corren los camellos? ¿Su paso veloz?Los llaman las “barcas del desierto”, por eso ¡imagináoslas lanzadas en una carrera desenfrenada!Corren mucho, y más corren cuanto más son estimulados por los gritos.¿Y quién grita con mayor eficacia que un niño desesperado?En la ardiente barraca están amontonados niños que hombres despiadados raptaron por órdenes de otros hombres malvados.Se necesitan niños muy pequeños y ligeros, cuanto más pequeños son, más gritan...En la barraca estaba también Youssef, de ocho años: ya mayor para correr con los camellos, ahora era demasiado pesado, pero lo tenían como ayudante porque no molestaba ni hacía ruido.Youssef ya no hablaba.Había sido fortísimo el trauma de haber sido puesto sobre un camello y lanzado a toda velocidad, de haber vomitado y gritado del terror hasta más no poder, y esto, una y otra vez...

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De vez en cuando Youssef recordaba sus carreras...Eran aterradoras.Sol. Sol cegador.Los niños apelotonados en la barraca abrasadora, esperaban para ser subidos a los animales .En los establos los camellos percibían la excitación por la inminente carrera.Los camellos golpeaban las pezuñas contra la arena levantandola. El polvo por todas partes se pegaba a la piel y a las ropas empapadas en sudor.Antes de cada salida, Youssef sentía que se desmayaba. Él, como los otros pequeños jinetes, tenía miedo de ser empujado por esas bestias que con su caminar ligero y sinuoso se lanzarían en una carrera desenfrenada, despreocupados de la suerte de los jovencísimos jinetes! Recordaba el vacío en el estómago, la barriga que le dolía, el zumbido en la cabeza, los latidos del corazón que se aceleraban y la sangre palpitando en la sien.Durante la carrera sentía como el estómago se le salía por la boca, gritaba de terror. Pero nadie estaba a su lado. Estaba solo, en una pesadilla que se repetía continuamente. Veía solamente hombretones con túnica blanca, gritando, incitando a los camellos... y se sentía arrastrado por una vorágine.Tenía miedo. Más que eso. Terror, terror de morir.Había visto muchos niños perder el control de las riendas y acabar en el suelo, entre la arena de la pista, ¡medio esquivados medio pisados por los otros camellos de la carrera!

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Se les retiraba de la pista sólo para no estorbar la carrera, pero nadie se cuidaba de ellos y en la barraca de chapa abrasadora bajo el sol del desierto, les habrían pegado por no haber podido llevar al camello hasta la meta.El que no resistía a los peligrosos y durísimos entrenamientos, era golpeado, aunque tuviera sólo dos o tres años.Quien moría, era enterrado rápidamente bajo alguna duna alrededor del campamento y nadie lloraría, nadie rezaría por él...En cambio muchas atenciones se dirigían a los camellos...Youssef recordaba a menudo su primera victoria... Después de la carrera bajó del camello tambaleándose: le temblaban las piernas, la cabeza le daba vueltas y lo estaban invadiendo las náuseas. No recogió ningún premio porque para el jinete ¡no había premio! Y silenciosamente se retiró a la barraca, tambaleándose exausto.El camello de Youssef ganaba siempre, empujado a correr por los gritos de terror de su jinete que estaba cada vez más angustiado y aterrorizado... Luego, a un cierto punto, un día, de golpe, Youssef enmudeció. No habló más ni le dirigió la palabra a nadie.Se le descartó de las carreras y puesto a cuidar a los camellos y a los niños recién llegados.Youssef fingía estar mudo porque había entendido que era la única manera de no ser usado en las carreras.Ahora estaba en la barraca y observaba a los recién llegados, las nuevas víctimas.Su mirada se detuvo en Azim: ¡cuánto se parecía a su hermanito!

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Apena cumplidos los tres años, raptado en su aldea mientras jugaba a perseguir un pollo: una manaza sobre la boca, lo tiraron en una furgoneta y se marcharon, a toda velocidad.En la furgoneta había otros niños, todos amontonados como mercadería.Ahora estaban todos en la barraca, delgados y mal alimentados para que no aumentaran de peso: debían seguir siendo ligeros, ¡ligerísimos como plumas! Y lloraban y gritaban, pero esto era bueno: ¡eso debían hacer también una vez subidos en los camellos!Youssef pensó de nuevo en su pueblo y como vivía feliz con su familia...De golpe

la nostalgia tomó el lugar de la tristeza. De golpe pensó que había llegado el momento de poner en práctica su plan de fuga y que no debía salvarse solo.Youssef podía moverse con cierta libertad en el oasis ya que todos lo consideraban sordomudo y era dócil e inofensivo.Youssef se acercó a Azim: lo miró con dulzura, le hizo una caricia y con el dedo sobre la boca le dio a entender que debía estar en silencio. Azim se

tranquilizó y se acurrucó a su lado.Youssef sin mover los labios le susurró al oído: “Cuando vuelva, sígueme”.Se deslizó fuera de la barraca y llegó hasta Karzai, el unico camello simpático: era rapidísimo y ganaba incluso sin niños gritando sobre su lomo. Rápidamente le dio de beber y lo preparó...Luego, siempre atento y silencioso volvió a la barraca para repartir té y panecillos a los niños. “Cuando apague la luz para dejaros dormir, tu sígueme fuera de la barraca”

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le dijo a Azim.Fuera.Oscuridad.Pero la oscuridad era una buena cosa.Los hombres estaban en una gran tienda bebiendo, comiendo y hablando de carreras.Los sirvientes estaban ocupados acatando órdenes.Youssef se podía mover libremente.“Quédate en la sombra y sígueme”.Llegaron al camello Karzai.Youssef agarró con una mano a Azim y con la otra las riendas del camello y en un santiamén alcanzaron la salida del oasis.“No temas: Karzai es buenísimo y nos llevara lejos de aqui” y Youssef acarició al pequeño Azim que miraba con veneración y gratitud a su salvador.¿Quién era ese chico? Se lo había mandado su mamá? Tenía que ser así.Incluso el camello Karzai había intuido que estaba llevando a cabo una importante misión...en la noche oscura llevaba a Youssef y Azim viajando hacia la libertad.Cuando en el oasis se dieron cuenta de la fuga de los dos niños, se enfurecieron muchísimo, pero ellos ya estaban lejos, muy lejos, mientras poco a poco el cielo se iba aclarando.Sobre el fondo rosado se distinguían las dunas y un bonito camello de paso ágil que llevaba sobre las jorobas dos pequeñas siluetas con un inmenso bagaje de esperanza.

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illustratrice liliana carone

une nuit, à l’oasis….

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Des hommes d’affaires riches, et même richissimes, du tapage, des paris clandestins, des longues files de chameaux. Dans l’oasis, il y avait une grande effervescence et un amas d’enfants tous petits, très jeunes, tous regroupés dans une baraque en tôle: ils pleuraient et ils criaient, apeurés.Les hommes continuaient les négociations pour les paris et les préparations de la course et aucun d’entre eux ne faisait attention à la disparition des enfants.Course de chameaux. Des chameaux comme des chevaux. Vous vous rendez compte comment courent les chameaux? De leur allure?Ils sont appelés les “bateaux du désert”, imaginez-les lancés dans une course folle! Et ils courent vite, et plus vite encore lorsqu’ils sont stimulés par les hurlements.Et qui hurle plus fort qu’un enfant désespéré?Dans le taudis ardent, les enfants que des hommes impitoyables ont enlevés sur ordre d’autres hommes malveillants, sont entassés.Ce sont les enfants tout petits et très légers les plus utiles, et plus ils sont petits, plus ils hurlent...Dans ce taudis, il y avait aussi Youssef, huit ans: déjà trop vieux et trop lourd pour courir sur les chameaux, mais ils le gardaient pour aider car il n’était ni gênant, ni bruyant.Youssef ne parlait plus. Le traumatisme subit à dos de chameau lancé à toute allure avait été si fort. Il avait vomi et hurlé de terreur jusqu’à épuisement et ceci maintes et maintes fois...

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De temps en temps, Youssef se rappelait de ces courses....Elles étaient effrayantes.Soleil. Soleil aveuglant.Les enfants entassés dans le taudis brûlant, attendaient d’être hissés sur les bêtes. Ils pleuraient. Ils vomissaient. Ils ne voulaient pas.Dans les étables, les chameaux percevaient l’excitation engendrée par la course imminente. Ils piétinaient le sable avec leurs sabots. La poussière soulevée tout autour collait à la peau et aux habits trempés de sueur. Avant chaque départ, Youssef se sentait tomber dans les pommes. Lui, comme les autres petits jockeys, avaient peur d’être poussés sur ces immenses bêtes qui avec leur démarche ondulante et souple, se lançaient dans une course effrénée, indifférentes alors des jeunes jockey! Il se rappelait le vide dans l’estomac, le ventre qui lui faisait mal, le bourdonnement dans la tête, les battements de cœur qui s’accéléraient et le sang qui tapait sur les tempes.Pendant la course, il sentait l’estomac lui monter jusqu’à la bouche, il hurlait de terreur. Mais personne n’était à côté de lui. Il était seul, dans un cauchemar continuel. Il voyait uniquement des gredins dans une tunique blanche, des hurlements qui stimulaient les chameaux....et il se sentait emporté dans un terrible tourbillon.Il avait peur. Plus encore, il était terrorisé, terrorisé à l’idée de mourir.Il avait vu beaucoup d’enfants perdre le contrôle des rênes et finir à terre, sur

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la piste de sable, piétinés par les autres chameaux en course!On les enlevait de la piste, mais seulement pour ne pas entraver la course. Personne ne les soignait et dans la baraque rendue brûlante par le soleil du désert, ils étaient battus pour ne pas avoir réussi à conduire le chameau jusqu’à l’arrivée.Celui qui ne résistait pas aux entraînements extrêmement durs et risqués, était frappé, même s’il avait seulement deux ou trois ans.Celui qui mourait était enterré en vitesse sous une quelconque dune autour du campement et personne ne pleurait ou ne priait pour lui.En revanche, toute l’attention était portée sur les chameaux...Youssef se rappelait souvent de sa première victoire...Après la compétition, il était descendu du chameau chancelant: ses jambes tremblaient, sa tête tournait et il était pris de nausée. Il ne gagnait aucun prix car ce n’était pas prévu pour le jockey! Et silencieusement, il regagnait le taudis, éreinté.Le chameau de Youssef gagnait constamment, poussé à courir par les hurlements de terreur de son jockey qui était toujours plus angoissé et terrorisé...Puis, un jour, d’un seul coup, Youssef se tut. Il ne parla plus et n’adressa plus la parole à personne. Il fut écarté des courses et préposé à soigner les chameaux et les derniers enfants arrivés.En fait, il faisait semblant d’être muet car il avait compris que c’était l’unique façon de ne pas être utilisé pour les courses.Maintenant il restait là dans le taudis et observait les nouveaux arrivants, les nouvelles victimes.

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Son regard s’arrêta sur Azim: comme il ressemblait à son petit frère!Azim était fini, trois ans à peine accomplis, enlevé dans son village alors qu’il s’amusait à poursuivre une poule: une grosse main sur la bouche et ensuite jeté dans une fourgonnette et via, à toute vitesse.Dans la fourgonnette, d’autres enfants, tous entassés comme de la marchandise.Maintenant ils étaient tous dans ce taudis, maigres et mal alimentés exprès pour ne pas qu’ils grossissent: ils devaient rester légers, aussi légers qu’une plume! Et ils pleuraient et ils hurlaient, mais cela était bien: c’est ainsi qu’ils devraient faire encore une fois hissés sur les chameaux!Youssef repensa à son village, comme il vivait heureux avec sa famille... D’un coup, la tristesse fit place à la nostalgie. D’un coup, il pensa qu’était arrivé le moment de mettre en oeuvre son projet de fugue et qu’il ne devrait pas se sauver seul. Youssef pouvait se déplacer avec une certaine liberté dans l’oasis puisque tout le monde le croyait sourd et muet et qu’il était doux et inoffensif.Youssef s’approcha d’ Azim: il le regarda avec douceur, il lui fit une caresse et avec le doigt sur la bouche lui fit comprendre de garder le silence. Azim se tranquillisa et se blottit à côté.Youssef, sans bouger les lèvres lui siffla à l’oreille:”Quand je reviens, suis moi.” Il glissa à l’extérieur du taudis et rejoignit Karzai, le seul chameau sympathique: il était très rapide et il gagnait même sans enfant hurlant sur son dos.Rapidement il le fit boire et il le prépara...

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Ensuite, toujours circonspect et silencieux, il revint au taudis pour distribuer du thé et des petites “focacce” aux enfants. “Quand j’éteindrai la lampe pour vous faire dormir, toi, suis moi à l’extérieur” dit Azim.Dehors.Obscurité.Mais l’obscurité était une bonne chose.Les hommes se trouvaient dans une grande tente, ils buvaient, mangeaient et parlaient de courses. Des serviteurs étaient occupés à exécuter leurs ordres.Youssef était libre de bouger.“Reste dans l’ombre et suis moi.”Ils arrivèrent aux pieds du chameau Karzai.Youssef pris d’une main Azim et de l’autre il serra les rênes du chameau et en un éclair, il parvint jusqu’à la sortie de l’oasis.“N’aie pas peur: Karzai est très gentil et il nous emmènera loin d’ici” et Youssef caressa le petit Azim qui regardait avec vénération et reconnaissance son sauveur. Qui était ce garçon? C’est sa maman qui le lui avait envoyé? Ca devait être ça. Même le chameau Karzai avait compris par intuition qu’il conduisait une grande mission...dans la nuit noire, il transportait Youssef et Azim vers la liberté.Quand, dans l’oasis, ils s’aperçurent de la fugue des deux enfants, ils se fâchèrent très fort. Mais eux, déjà, étaient loin, très loin, très très loin, alors que le ciel petit à petit s’éclaircissait.Sur fond rosé, se dessinaient les dunes et un beau chameau à l’allure souple qui portait sur ses bosses deux petites silhouettes avec un immense bagage d’espoir.

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anna bossi pensa che Avventurarsi Nonostante Non Abbia Buon Orientamento Sia Sicuramente Insensato ma affidandosi ai sogni, all’immaginazione e ai desideri, crede che si possa arrivare ovunque e questo insegna ai suoi alunni di Galliate, e per questo trasforma i propri pensieri e le proprie emozioni in storie per ragazzi e anche un po’ per adulti. Questo racconto lo vuole dedicare al deserto sconfinato, ai flemmatici cammelli che sfoggiano le loro gobbe con grande disinvoltura, ma soprattutto ai bambini cui è stata tragicamente negata l’infanzia.

anna linzalone ffingendosi un'insegnante esperta di girandole, arcobaleni,mostriciattoli neri, principesse piccole e animaletti strani, da qualche anno si nasconde tra i banchi di una scuola mimetizzandosi tra bislacchi artisti dodicenni. La colpa del suo attuale stato confusionale è naturalmente da attribuirsi ai suoi familiari e agli amici che l'hanno sempre assecondata e, in modo particolare, ad una Stella, quadrupede rossiccia, pelosa, casalinga spantofolante, che, silenziosa come una ballerina in punta, le ha definitivamente e irreversibilmente cambiato la percezione delle cose... Ha rinunciato diversi anni fa a diventare membro delcircolo dei Grandi Adulti Seri per invecchiare con le trecce bianche e le mani sporche di colori.

alberto bruzzese astronauta menestrelloToc! Toc!Chi è?Sono Al berrrrrr to to Bruuu Bru zze zze sese Perché balbetti, hai freddo?Nooo non balbetto… canto!Canti?! Ma che canzone è mai questa?La mia canzone, quella che canto da quando sono nato… vuoi sentirla?Sii!! Daaaiii!!!Bum Bum trachi Bum Bum tachi Bum Bum la la la la la laZum Zum crichi Zum Zum cichi Zum Zum na na na na na naTom Tom ratata Tom Tom tata Tom Tom ta ta ta ta ta taBum Bum… Continua nel CD…

anna linzalone ffingendosi un'insegnante esperta di girandole, arcobaleni,mostriciattoli neri, principesse piccole e animaletti strani, da qualche anno si nasconde tra i banchi di una scuola mimetizzandosi tra bislacchi artisti dodicenni. La colpa del suo attuale stato confusionale è naturalmente da attribuirsi ai suoi familiari e agli amici che l'hanno sempre assecondata e, in modo particolare, ad una Stella, quadrupede rossiccia, pelosa, casalinga spantofolante, che, silenziosa come una ballerina in punta, le ha definitivamente e irreversibilmente cambiato la percezione delle cose... Ha rinunciato diversi anni fa a diventare membro delcircolo dei Grandi Adulti Seri per invecchiare con le trecce bianche e le mani sporche di colori.

liliana carone è nata e vive a bari; le è sempre piaciuto disegnare e quando era piccola ed era a corto di fogli, disegnava sui muri di casa, con grande disperazione della sua mamma; diventata piu' grande, ha continuato ad esercitare l'immaginazione studiando al liceo artistico e poi all'accademia di belle arti; le piace stare con i bambini, inventare storie e disegnare con loro; da grande vorrebbe fare l'illustratrice

fabio facchinettiSon qui ● mi presentoson Fabio pittore son nato piccinoero solo un puntino. Dormivo dormivoin una bolla d’amore, dormivo al battito fortedi un cuore.Una linea - poi son diventatoda quel semino colorato lilla di viola rosso d’aurora grigio di penna verde di gemma.Una linea cangiante come un pesce guizzanteuna linea velocecome il fiume alla foce che s’avvolge a spirale dentro i pensieri che dà la forma ai miei desideri.

“Cristiana Casagrande” è un’associazione senza scopo di lucro e rivolge le proprie attività ai fini della solidarietà sociale; vive nella proposta e nella ricerca consapevole e quotidiana del vero, attiva percorsi e progetti in movimento. Si propone di dedicare attenzione e sostegno ai più giovani, al fragile, al disagio, al diverso, a ciò che viene messo in pericolo dalla velocità, dalla disattenzione, dal malessere. E’ un contenitore aperto ad ogni forma espressiva. L’associazione ha come centro vitale lo svelamento delle possibilità creative ed espressive di tutti coloro che accettano la sfida della riflessione, della ricerca del vero e quindi dell’arte. Il punto di partenza e di accompagnamento in questo viaggio, è la scoperta della propria poetica personale, la presa di coscienza e la consapevolezza della possibilità creativa. Oltre alle attività di sostegno operativo e concreto, l’associazione affronta le tematiche sociali attraverso un percorso di ricerca che rappresenta l’essenza stessa dell’arte e di tutte le forme espressive, utilizzando percorsi artistici e culturali come incontri, corsi, convegni, mostre, rassegne, spettacoli teatrali e musicali, momenti di aggregazione e confronto per i giovani e adulti su temi sociali e di solidarietà. E’ impegnata in una filiera solidale che dimostri la possibilità di dire “no allo sfruttamento” e creare un’economia diversa, più giusta, capace di sostenere mercati locali e le comunità che li vivono, generando uno sviluppo compatibile con le esigenze ambientali e sociali, attraverso un’alleanza tra produttori e consumatori.

corso cavallotti, 14b 28100 Novara tel +39 0321 1921090 [email protected]

L’età dell’oro progetti per l’infanziaL’età dell’oro è quell’età in cui ancora riusciamo a mostrare noi stessi, a mettere la nostra verità davanti alla realtà “adulta” che inconsapevole, frammentata e ostile, ostenta sicurezza ma vive nella fragilità dell’essere. Per noi l’arte non è portatrice di alcun messaggio intrinseco, piuttosto è un mezzo, un linguaggio, la possibilità di riappropriarci di quell’approccio alla vita più istintivo e vero, di cui ne ha il privilegio l’infanzia. Per questo la nostra motivazione principale è quella di difendere il diritto e rivendicare il bisogno di questo privilegio, sia nel bambino che nell’adulto, cercando di renderci il più possibile consapevoli, vivendo a occhi aperti, volutamente guardando l’orrore e l’amore; l’associazione certa di voler vivere in questi valori, inizia il suo percorso affrontando il tema dell’infanzia. L’età dell’oro. Il progetto vuole porre una maggiore attenzione e riflessione sul tema dell’infanzia e creare percorsi concreti di sostegno alle situazioni di sofferenza e disagio dell’infanzia, ma anche favorire momenti di riflessione e confronto per il genitore e l’adulto. Il progetto l’età dell’oro comprende:“Il Gioco del teatro”, un percorso teatrale rivolto ai bambini in ospedale che prevede due appuntamenti settimanali nei quali si sviluppano piccoli laboratori teatrali e di musica creativa all’interno del reparto di oncologia infantile a sostegno della degenza ospedaliera“Per ogni bambino sedato ci sarà un adulto malato”, laboratori guidati permanenti dedicati ai bimbi più vivaci uniti ad incontri e conferenze per gli adulti che affrontano in modo consapevole il tema dell’uso degli psicofarmaci per i bambini“Gian Burrasca”, percorso di laboratori di espressione libera e creativa.

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la biblioteca di tolbà sostiene con libri multi lingue i progetti dell'associazione tolbà nata alla fine del 1992 per promuovere i diritti dei migranti con azioni di solidarietà e progetti di cooperazione e di sviluppo all'estero. Dal 1994 si realizzano libri di scrittori stranieri e italiani, di favole sul tema dell'identità culturale, di storie di solidarietà e di migrazioni che, tradotti in tante lingue, servono a diffondere le culture altre e a raccogliere fondi. Il lavoro di coloro che partecipano alla realizzazione di queste pubblicazioni è gratuito e il ricavato della vendita dei libri è interamente destinata ai progetti che si prefiggono di sostenere. In questo modo si sostengono molti progetti in Italia e all’estero e si offrono strumenti didattici utili agli insegnanti per promuovere e facilitare la multi cultura

La tratta dei bambini per usarli come fantini di cammelli è vietata dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e dalle Convenzioni

n° 29 sul lavoro forzato,

n° 138 sull'età minima e

n° 182 sulle forme peggiori di lavoro minorile

stabilite dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) e tutte ratificate dagli Emirati Arabi Uniti. Alla ratifica della Convenzione n° 138, gli Emirati hanno stabilito che l'età minima per essere assunti a lavorare fosse di 15 anni. L'impiego dei minori al di sotto dei 15 anni è vietato anche dall'articolo 20 del Codice Federale del lavoro n° 8 (1980). L'impiego di un minore come fantino di cammelli rappresenta, per l'articolo 3 della Convenzione n° 138 dell'OIL, un lavoro pericoloso, in quanto puó mettere a repentaglio la salute e la sicurezza del giovane.

a sostegno dei progetti per l’infanzia dell’associazione “cristiana casagrande”

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