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L’isola di Tavolara raccontata dai ragazzi della scuola media: la storia, la natura, le curiosità. Una montagna in mezzo al mare

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L’isola di Tavolara raccontata dai ragazzi della scuola media:la storia, la natura, le curiosità.

Una montagnain mezzo al mare

Per la realizzazione della mostra “Tavolara,la nave dei Feaci”La Provincia di Sassari;il Comune di Olbia, in particolarel'Assessorato alla Pubblica Istruzione el'A.S.P.O.- servizio scuolabus;l'Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri“A. Deffenu” di Olbia per l'uso di attrezzatureaudio-video.

Per la consulenza sugli aspetti naturalisticie la guida durante le escursioni:dott.ssa Maria Laura Careddu, docente di lette-re all'Istituto Comprensivo di Olbia;dott. Salvatore Soro, responsabile dell'istitutoI.P.A.A. di Olbia, agronomo e conoscitore dipiante endemiche di Tavolara.

Per il materiale fotografico e audiovisivo:Davide Caglio, fotografo;lo studio fotografico di Mario Firinaiu;Mauro Orrù, regista;Furio Nebbia, operatore di ripresa.

Per la documentazione sulla Grotta del Papa:dott. Rubens D'Oriano, ispettore dellaSoprintendenza Archeologica per le province diSassari e Nuoro, sezione di Olbia.

Per la testimonianza sulla vita a Tavolaranegli anni '50: Sig. Michele Chinelli.

Per la testimonianza sui forni di calce e“Sa saurra”: Sig. Tore Sini.

Per la gentile ospitalità: Sig. Gianni Fraschetti

Per l'allestimento della mostra fotografica:Paola Rossini, docente di sostegno;Gabriella Degortes, docente di educazionefisica; tutti i collaboratori scolastici.Un particolare ringraziamento va ai dirigentiscolastici, prof. Dino Satta e prof. GiuseppePinna; al direttore amministrativo, Sig.raMaria Giovanna Zaru e a tutto il personaledella segreteria della Scuola Media Statale“E. Pais”: Caterina Cuccureddu, assistente;Paoletta Bua, assistente; Angela Sotgia,assistente; Maria Lucia Meloni, assistente;Graziella Ruiu, assistente.

Per la realizzazione del libro“Una montagna in mezzo al mare”:il direttore dell'Area Marina Protetta TavolaraPunta Coda Cavallo, dott. Augusto Navone.

Volume realizzato a cura dell’Editrice Taphros.Olbia - via Antonelli 13 - Tel. 0789 [email protected] - www.taphros.itConsulenza editoriale: Piero MuraConsulenza grafica e impaginazione:Giovannella Monaco, cooperativa GEA

Ringraziamenti

Da sinistraa destra i

docenti:dott.ssa

Maria LauraCareddu,

dott. PietroDegortes

e dott.ssaRossellaNaldoni

“Il coinvolgimento dellascuola in studi di tipoambientale può contri-

buire a ridimensionare il problemadella dispersione scolastica?”.

È stato questo l'interrogativoche ha fatto scattare il ProgettoIsole. Una scommessa voluta dallascuola media E. Pais, dalla RegioneSardegna, dal la Provincia diSassari e dal Comune di Olbia e cheha visto coinvolti i ragazzi dellaterza A, terza C, terza E e i docen-ti dott. Pietro Degortes, dott.ssaRossella Naldoni e dott. GiovanniMaria Mutzu.

Il progetto, partito nel 2001con queste classi, ha poi visto lapartecipazione, nel 2005, dellaseconda C che, coordinata dagliesperti del settore della cooperati-va GEA, ha elaborato tutto il mate-riale per produrre questo libro.

Senza dubbio il tipo di lavorosperimentale, attuato in gruppo eal di fuori dell'ambiente-scuola, hareso più piacevoli le ore di lezionee allo stesso tempo ha consentitol'acquisizione di abilità che po-tranno, un domani, essere utili airagazzi. Il nostro territorio infattiè per vocazione orientato verso ilturismo e la presenza di oasi natu-ralistiche di recente istituzioneoffrirà in futuro opportunità dilavoro per le nuove generazioni.

Il Progetto Isole è frutto diun'ipotesi di lavoro pluridisciplina-re che riguarda appunto lo studiodelle isole minori della Gallura.

Partito dall'isola di Tavolara,dovrebbe, negli anni successivi,interessare quella di Molara, perpoi estendersi alle isole dell'arci-pelago della Maddalena.

Si è sviluppato in due fasi. Nella prima si è operato affinché

i ragazzi potessero acquisire tutte lepossibili conoscenze del territoriotramite una serie di visite guidate-mirate. Sono stati privilegiati gliaspetti naturalistici (flora e fauna),senza però tralasciare il profilo geo-grafico, la presenza di insediamentiumani e le tracce del passato.

Le esperienze sono state docu-mentate con diapositive, foto ecronache che i ragazzi hanno ela-borato in un secondo tempo, sottola guida dei propri insegnanti.

Una seconda fase più avanzatadel lavoro ha impegnato espertidel settore dell'immagine per laproduzione di un filmato docu-mentario.

Dalle diapositive, opportuna-mente selezionate, sono statestampate 50 foto di formato 20x30che sono state incorniciate e com-mentate dai ragazzi e che hannocostituito l'ossatura della mostradel 2001 e quella del libro del 2005.

Progetto Isole

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D all'istituzione del Consorzionel 2004, l'Area MarinaProtetta di Tavolara è

diventata in breve tempo una real-tà importante per tutto il territoriodella Gallura. Nel perseguire leproprie finalità di tutela, grandeattenzione viene data alla popola-zione locale, il cui coinvolgimentoè fondamentale per il futurodell'Area Marina.

Questo grazie anche ad unacampagna di comunicazione edinformazione costante e mirata,accolta con favore da cittadinisempre più attenti al contesto nelquale vivono. In tal senso, la col-

laborazione con le scuole sta por-tando i nostri studenti, sin dabambini, a conoscere ed apprezza-re questo tesoro naturalistico chel'AMP custodisce.

In un territorio a forte vocazio-ne turistica come quello dellaGallura, la consapevolezza di unparco marino di tale portata diven-ta motore per un turismo sosteni-bile e duraturo nel tempo.

Dott. Settimo NizziPresidente del Consorzio

di Tutela dell’Area MarinaProtetta di Tavolara Punta

Coda Cavallo e Sindaco di Olbia

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Con questo libro, ideato e scrittodagli studenti dell'Ettore Paisdopo mesi di studi e ricerche sul

campo, si assiste ad un ritorno allatradizione ed al sapere condiviso.

In un periodo in cui i giovanidella città di Olbia appaiono dis-orientati e privi di una solida iden-tità territoriale, la pubblicazione -patrocinata dal Consorzio diGestione dell'Area Marina Protetta- diventa simbolo di una sinergiatra l'Ente Gestore ed il mondo dellaScuola. L'obbiettivo è quello di raf-forzare il rapporto dei ragazzi conl'immenso e prezioso patrimonionaturale nel quale vivono.

Il rispetto per il proprio territo-rio passa prima dalla conoscenza e

dall'informazione, ed è per questoche l'Area Marina ha deciso diinvestire sui giovani, instaurandouna collaborazione diretta contutte le scuole locali.

L'approccio pragmatico dellibro, frutto di esperienze deiragazzi sul campo con docentimotivati ed esperti, di intervistee testimonianze che raccolgonoantichi saperi, offre una visioneaffascinante di Tavolara, l'isoladrago che, immensa ma quieta,veglia da millenni sul golfo dellacittà.

Dott. Augusto NavoneDirettore del Consorzio di

Tutela dell’Area Marina Protettadi Tavolara Punta Coda Cavallo.

L’isola di Tavolara è lungacirca 6 km e larga circa 1km; ha un altezza di 565

metri con la cima più alta deno-minata Punta Cannone. È postafra 40° 53’ 20” e 40° 55’ 40” dilatitudine Nord e tra 2° 42’ 40” e2° 46’ 50” di longitudine Ovest diM.te Mario.

Costituzione geologicaÈ presente un basamento

granitico (pegmatite rossa granu-lare) su cui poggia un blocco do-lomitico calcareo, risalente all’EraMesozoica, più precisamente alperiodo Giurese. La dolomia sidistingue dal calcare perché hacolorazione più grigiastra ed ècollocata sotto di esso.

Durante l’Era Cenozoica, diver-se dislocazioni tettoniche hannomodellato l’isola. Le variazioniclimatiche del Quaternario (gla-ciazioni) hanno determinato oscil-lazioni del livello del mare. I foridei litodomi presenti nella falesiae i diversi livelli del solco di bat-tente sono la prova di questifenomeni.

Giurese(da 195 a 136 milioni di anni)

La piattaforma costiera sosti-tuisce l’ambiente lagunare del pe-riodo precedente. L’ingressionemarina procede da occidente ver-so oriente, attraverso la pianuradel Campidano, arriva alla Bar-bagia, all’Ogliastra e alla Baroniae dà luogo a tre diverse aree disedimentazione.

L’isola, la geologiae i fossili

litodomi:molluschibivalvi chesecernonosostanzeacide capacidi “bucare”siai componentiinorganicidelle rocceche le partiinorganichedegli animaliche costituisconoil biomamarino.

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dise

gno

di

Gian

luca

Ant

olin

i

La prima, nel bacino occiden-tale e con acque poco profonde,occupa l’attuale territorio dellaNurra ed è costituita da calcari,dolomie, marne e arenarie. La se-conda, nel bacino orientale, occu-pa l’area del Golfo di Orosei,l’Ogliastra, Capo Figari e Tavolaradove in seguito, nelle formazionicalcaree, numerosi fenomeni carsi-ci danno origine a grotte e a cuni-coli con intensa circolazione d’acqua nel sottosuolo.

Successivamente imponenti frat-ture determinano alte pareti calca-ree a strapiombo sul mare (falesie).La terza occupa il territorio dellaBarbagia e del Campidano e dàorigine a piccoli altopiani calcareiisolati (i tacchi o toneri).

Le terre emerse sono ricche dilagune, paludi, stagni e laghi; inun clima presumibilmente tempe-rato, con piogge piuttosto abbon-danti, si sviluppa una ricca vege-tazione di equiseti e felci. Tra legimnosperme, oltre alle conifere,crescono cordaitine (piante daltronco slanciato,

ramificato e fornito di fogliemolto simili alle attuali conifere),cicadee (tuttora esistenti, dal-l’aspetto molto simile alle palme),bennetitee (oggi estinte, contronco cilindrico non ramificatocon ciuffo di foglie pennate ter-minale). In mare ci sono belemni-ti (animali paragonabili ai cala-mari, con conchiglia interna mol-to sviluppata e appuntita che èl’unica parte che si conserva),lamellibranchi (Pinna, Lima), bra-

chiopodi (Terebratula, Rhin-chonella), echinodermi

(crinoidi, Pygaster),g a s t e r o p o d i(Nerinea), coral-

li e alghe.

Sul pianeta sono presenti ip r o ge n i t o r i d e g l i u c c e l l i(Archaeopteryx).

Pleistocene(da 1.800.000 a 10.000 milioni dianni).

È il periodo delle glaciazioni piùimportanti durante le quali ighiacciai raggiungono la loromassima estensione e, poiché illivello del mare si abbassamediamente di 50-100 metri, laSardegna si unisce temporanea-mente alla Corsica.

I numerosi depositi di origineeolica, lacustre o alluvionale e icalcari formatisi in ambientelagunare costituiscono le roccedel periodo.

Uno dei sedimenti più rappre-sentativi è la “panchina” formata

principalmente da conglomerati,arenarie e calcari organogenidepositatisi lungo i litorali. Altrisedimenti accumulati per l’azionedei venti dominanti hanno datoorigine alle dune fossili costiere,visibili in particolare lungo lacosta rocciosa della Sardegna.

Fig. 1La Sardegnanel GiureseFig. 2La Sardegnanel Pleistocene

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Fig.1 Fig.2

Depositi più importanti edestesi sono di origine alluvionale;si sono formati sulle terre emersee sono costituiti da ciottolame divaria natura che le piogge e altriagenti erosivi e di trasportohanno depositato nelle aree piùdepresse colmandole o creandonuove aree pianeggianti.

In questo periodo si verificanoanche le ultime attività vul-caniche del settore nord- occiden-tale del l ’ i sola (Saccargia eCodrongianus).

La morfologia dell’Isola è simi-le all’attuale, con estese paludi ecorsi d’acqua a carattere torren-tizio che allagano periodicamentele pianure circostanti.

Periodi caldi con temperatureelevate si alternano a periodifreddi con temperature prossimeallo zero.

I l mare è popolato dadiverse specie, alcune dellequali tuttora presenti: gas-teropodi (Strombus bubonius,Patella ferruginea, Conus testu-dinarius, Cerithium, Natica,

Scheletro delProlagus sardus

trovato nellabreccia

ossifera delQuaternarioall’interno

della Grottadel Papa

l’Italiadurante la

fase di massimoritiro delleacque nelNeozoico

Ricostruzionedi Prolagus

sardus

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Dise

gno

di A

less

ia S

ias

Patella borni), lamellibranchi(Spondylus, Cardium, Meretrix,Arctica islandica).

A terra sono presenti numerosimammiferi: elefanti nani, cervidi,scimmie, cani e animali simili allelontre. In tutta l’Isola è presenteil prolago, lagomorfo simile a unacavia.

Recenti studi hanno indivi-duato la presenza dell’uomo,probabilmente proveniente dallaToscana, attraverso l’Elba e laCorsica.

Fossili, presenti susfaticcio calcareo,risalentiall’EraNeozoica(Quaternaria)cioè l’Eraattuale. Nelle foto si possononotare molluschibivalvi egasteropodi.Nell’ultimafoto, fori dilitodomi

Nella foto èben evidentel’antico solcodi battente

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Sembra ancora di vederli, i vecchipescatori che, pensosi, scrutavanoTavolara per decidere se avventu-rarsi in mare o rimanere in porto…

Infatti, da sempre, Tavolara è unottimo punto di riferimento perchi naviga e ha l'opportunità discrutare l'isola, in poche parole perle popolazioni che si affacciano sulgolfo di Olbia.Ciò è dovuto al fatto che essa sierge, con la sua notevole mole, astrapiombo sul mare aperto deter-

minando un fenomeno puramentefisico di condensazione dell'ac-qua. L'aria carica di umidità cheincontra questo ostacolo risalesulla cresta e, raffreddandosi allealte quote, forma le famose nuvo-

lette.Se la direzione è da sud-est,

con venti di scirocco, siforma una nube che

sembra poi quasi sva-nire quando oltrepas-sa la cresta dell'iso-la, poiché in questocaso avv iene i lfenomeno inverso aquello già descrit-to: le gocce si ritra-sformano in vaporeacqueo, incontrando

aria più calda che sta-z iona ne l ve r sante

nord.Lo stesso accade se il

vento spira da nord-est (gre-cale): la nube che si forma in

questo caso resta imprigionata nelversante nord, ma a quote basse.Quando nuvolette a forma di pal-loncino scorrono velocementesulla cima dell'Isola significa chesoffiano venti dai quadranti occi-dentali…In conclusione, dall'aspetto che lenubi assumono si potrà stabilirequale sarà il vento predominantedurante l'arco della giornata!14

Tavolara come indicatore meteo

ponente

scirocco

grecale

maestrale

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disegno

di G

ianluc

a An

tolin

i

Particolare della nubedi condensazione dello scirocco

che copre il versante nord.Essa è responsabile della presenza

di una fitta e rigogliosavegetazione

tipo macchia-foresta

ATavolara, un tempo salda-mente legata alla vicinaterra, sono state individuate

prove di insediamenti umani chesecondo alcuni risalgono a circa4000 anni a. C., attestati da resti dicibo e di animali tra i quali ilProlagus sardus. I resti venneroindividuati dal Maxia nel 1958 pres-so la grotta della Mandria, inglobatiin un blocco stalagmitico.

In un’altra grotta, quella delPapa, così denominata per il mono-lito di roccia raffigurante tale per-sonaggio, sono stati ritrovati, sem-pre dal Maxia dei fittili nuragici,risalenti all’età del bronzo e allaprima metà del ferro, alcune selci,una fibula di arco miceneo o etru-sco, oltre a un’anfora romana che inparte emerge dalla stalattite chel’ha inglobata.

Sempre nella grotta del Papa,agli inizi degli anni ’90, sono statirinvenuti “frammenti ceramici divarie culture (probabile BonuIghinu, reperti fenici, punici, ecc.),ma il loro recupero non conforme aicanoni scientifici, esclude per orauna loro discussione approfondita”.

Ma ciò che valorizza la grottasono le “pitture rupestri”. Le pit-ture, viste per la prima volta daA. Amucano, descritte da R.D’Oriano (1994), rappresentanofigure antropomorfe schematiche,

con posizione eretta, arti rivoltiverso il basso, assetto movimen-tato del tipo danzante, pitturec he a p p a r t e ngo no a u na“Corrente artistico concettuale”conforme ad altre manifestazionid’arte del Mediterraneo centrale,presenti in Sardegna nelle Domusde Janas del periodo della cul-tura di Ozieri e in altre grottecome quella del Bue Marino aDorgali.

Vicende e insediamenti umani

Ingressodella grottadellaMandria

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Dati storici ci portano poi alperiodo dei Cartaginesi: attorno al259 a. C., nelle acque dell’isola, ilconsole romano Cornelio dà bat-taglia alla flotta cartaginese.

Nello Spalmatore di Terra sonostati r i t rovati nel l ’ 800, dalTamponi, scheletri di statura note-vole. Sette una prima volta, dis-posti l’uno accanto all’altro, con ilcorpo rivolto verso oriente, verso ilmare; due la seconda volta, con intesta evidenti segni di fratture, conil capo poggiato su una pietra ret-tangolare e i corpi disposti adangolo retto.

Furono proprio i romani chechiamarono l’isola Hermea insulacome confermano le carte deltempo, in onore a “Ermete”, anticonome di Mercurio, protettore deimercanti e dei navigatori. Ed èdurante la dominazione romana,con tutta la probabilità, che l’isoladivenne sede di una stazionesemaforica.

Nel 100 D. C. Atte, una concubi-na di Nerone, si stabilì a Olbia e,sebbene non vi siano tracce di inse-

diamenti duraturi nell’Isola, è certoche le navi vi attraccavano per farerifornimenti di acqua e cibo e pertrovarvi rifugio durante le tem-peste.

Nello Spalmatore, negli anni1980-81, alcuni archeologi dallasovrintendenza di Sassari e Nuoro,non lontano dal ristorante diMaddalena Bertoleoni, hanno ripor-tato alla luce una grossa quantitàdi cocci e di anfore romane.

Agli inizi degli anni ’90 sonostati ritrovati numerosi frammentidi dolia, uno dei quali bollato, chesembrano costituire la sola mercetrasportata nella relativa imbar-cazione.

Per molti anni l’isola è stata di-sabitata, se si escludono sporadichepresenze di pescatori.

Fig. b

Fig. a

Fig. c20

Disegn

o di

Gian

luca

Antolin

iDisegn

i di A

lessia

Sias

Disegn

o di

Alessi

a Sia

s

Fig. c: Golfodi Olbia: la

freccia indicala posizionedella Grotta

del PapaFig. d:

planimetriae sezione

longitudinaledella grotta

Fig. a:prospetto

della parete istoriata

Fig. b: figureantropomorfe

dipinte

Ma alcuni portolani testimonia-no che cambiò nome in Teraio oToraio in seguito in Taolara,Taulara, fino al nome attuale.

Nel 1807, sotto la dominazionepiemontese, il corso GiuseppeBertoleoni con parte della suafamiglia (alcuni rimasero nelle isoledi Soffi e di S. Maria nell’arcipelagodella Maddalena), approdò nelloSpalmatore di Terra.

L’isola con il bosco e il mareprometteva caccia e pesca.

Costruì una casa con il forno e,con pochi attrezzi agricoli e alcunesementi, si insediò definitiva-mente.

Nel 1815 nella notte tra il 28 eil 29 settembre, a causa di un vio-lento temporale, vi sbarcò peralcune ore Gioacchino Murat.

Nel 1820 venne istituito l’edittodelle chiudende che ne garantì ilpossesso alla famiglia Bertoleoni.

Nel 1836 Carlo Alberto, Principedi Carignano venne a Olbia e vollefare una battuta di caccia a

Tavolara. Lì conobbe il figlio diGiuseppe, Paolo, gli fece alcunidoni e riconobbe il diritto di pro-prietà, attestata, in un secondotempo, da una pergamena inviatadalla Prefettura di Sassari. IlBertoleoni fece poi dipingere sullafacciata della propria casa lo stem-ma di famiglia, dando inizio così al“più piccolo Regno del mondo”.

Il vecchiofarodenominatoanche “Il castellodella magaCirce”

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Fig. d

Disegn

o di

Gian

luca

Antolin

i

Numerosi furono i visitatori e trale personalità dell’epoca vi sbarcòanche Giuseppe Garibaldi che tennea battesimo una nipote dellafamiglia Bertoleoni.

Nel 1861 la marina costruì nelloSpalmatore di Fuori un faro di seg-nalazione a due piani, atto adospitare cinque famiglie, per lamaggior parte provenienti dallaMaddalena, attrezzato di ampi cor-tili, canali e cisterne per la raccoltadelle acque piovane.

Nello stesso versante dell’isola siinsediò una Bertoleoni sposataMolinas che costruì un’abitazionedel tutto simile a quella delloSpalmatore di Terra.

Nel 1920 venne costruito unnuovo faro nella Punta Timone. Datale posizione il faro era visibile

anche nei giorni di foschia per cuivenne abbandonato il vecchio faro.Furono assunti, nella Zona Fari, idue discendenti dei Molinas-Bartoleoni.

Nel 1930 i nuclei insediati nel-l’isola erano quattro: due nelloSpalmatore di Terra e altrettanti inquello di Fuori, nel complesso ventipersone.

Le donne erano dedite alle atti-vità domestiche, gli uomini allapastorizia, alla pesca, ma anchealla preparazione della calce.

I forni erano e sono tuttora dis-seminati intorno all’isola, alcunisono però decisamente più antichi,forse di epoca romana.

Altri forni vennero poi costruitidagli olbiesi sulla terraferma.

Si estraeva calce per oltre due-cento quintali a forno e la legnaardeva di continuo per oltre unasettimana.

Il disboscamento indiscriminatoalterò l’equilibrio ecologico e il pre-lievo della pietra sotto costa per-mise al mare di esercitare maggior-mente la sua forza erosiva.

POPOLAZIONE

Tot. Residenti di fatto maschi femmine24 14 10

Con dimora abituale17 11 6

Con dimora temporanea7 4 3

Residente legale19 12 7

Dal censimento del 1936:

Ingressodella grottadel Papa.

Con il marecalmo le

imbarcazioniaccedono

al vestibolodella grotta,da qui si può raggiungere

a piedi una prima vasta sala.

All’interno sitrovano altre

due sale con sorgentid’acqua dolce

Nel periodo che va da settembrea giugno la popolazione di Tavolaraaumentava in maniera considere-vole, non solo grazie all’attivitàestrattiva, ma anche alla pesca.Alcuni Ponzesi chiesero e otten-nero, dai proprietari dell’Isola, dipoter usare alcune abitazioniesistenti, utilizzate in precedenzada persone assunte da un’impresariotoscano per far funzionare i forni.

Nel 1952 si registrò una popo-lazione residente di 61 abitanti,tanto che il Provveditore agli studidi Sassari istituì una scuola aTavolara, ma durò solo pochi annipoiché le attività lavorative nonconsentivano una regolare frequen-za. Risale invece al 1957 l’arrivo deiprimi turisti, che aumentarononegli anni seguenti.

Nel censimento del 1961 lapopolazione si ridusse a 46 abitan-ti: più nuclei si erano trasferiti sullaterra ferma. La NATO si insediònello Spalmatore di Fuori. Venneroallontanate le famiglie di fanalistiMolinas-Chinelli, il pastore e gliarmenti. Si impedirono l’approdo ela pesca nella parte di costa inte-ressata dalla servitù militare.

Nel 1968 l’ultimo avvistamentodella foca monaca.

Nel 1972 la popolazione siridusse a 7 unità di cui 2 uomini e5 donne.

Dal 1991 fino al 1997 il CentroCoordinamento Spettacolo in col-laborazione con Aguaplano e neglianni 2000-2005 con gli Argonauti,hanno organizzato il FestivalCinematografico “Una notte inItalia”. In tutti questi anni è passa-ta per l’isola tutta la generazione

del cinema italiano: GabrieleSalvatores, Nanni Moretti, CarloVerdone, Diego Abatantuono,Daniele Lucchetti, Francesca Neri,Silvio Orlando, Valeria Golino, LeoGullotta, Maria Grazia Cucinotta etanti altri.

Oggi i numerosi divieti rendonol’isola per lunghi tratti, impenetra-bile. L’accesso non dovrebbe essereproibito, ma regolato a vantaggiodi chi vuol conoscere o ritrovareun’ambiente naturale sardo.

La presenza dell’Area MarinaProtetta di Tavolara-Punta CodaCavallo, istituita il 12 dicembre1997, ne garantirà senz’altro lagiusta fruizione. 23

La casettadegli attrezzicon il graffitoormai simbolodi “Una nottein Italia”.Accanto adessa vienemontato loschermogigante dovesi proiettanoi film delleultime treserate delfestival

Intervista al Sig. Michele Chinelli

“Negli anni cinquanta, a Olbia ea Tavolara, la vita era molto diver-sa rispetto ad oggi. La guerra eraappena finita e nessuno potevapermettersi lussi o sprechi.

Le abitazioni erano molto piccole.Le famiglie, generalmente moltonumerose con otto, dieci figli oanche più, vivevano in una sola stan-za che aveva diverse funzioni nellediverse ore della giornata: era utiliz-zata come sala da pranzo o comesalotto quando c’era luce e di nottesi trasformava in camera da letto pertutta la famiglia. A Tavolara leabitazioni erano ancora più piccole econ minori confort. Non esistevano iservizi igenici e per le proprie neces-sità si doveva andare all’esterno,spesso sulla riva del mare.

Nelle famiglie il rispetto formaletra le persone era molto più forte dioggi. I figli si rivolgevano al padre,alla madre o ai nonni dando del“VOI” e non c’era rapporto di confi-denza tra genitori e figli. Lepunizioni erano corporali e spessomolto severe (cinghia, pompa, ba-stone, ecc.).

A Tavolara non esistevano scuolee molti ragazzi passavano la sta-gione invernale a Olbia per poterfrequentare le lezioni. Per questaragione molti finivano gli studi inprima o in seconda elementare osaltavano degli anni e riprendevanoin quello successivo. D’altra parte lasituazione non era molto diversaper gli olbiesi: quasi tutti i ragazzichiudevano la carriera scolastica inquinta elementare. I disagi eranoinfatti enormi: si andava a scuola apiedi percorrendo anche dieci Kmmuniti di una cartella di cartone,un libro e due quaderni, uno a righee uno a quadretti e un astuccio inlegno che conteneva una penna con

Vecchie abitazioni e molo

d’attracco

Spalmatore di Terra

visto dall’alto.Si notano:a sinistra l’isoletta

dei Porri;a destra

quelladei Topi

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Gli anni ‘50

i pennini , una matita e unagomma.

I mezzi di trasporto privati piùveloci e più utilizzati erano le bici-clette, anche se esistevano i mezzipubblici (treno, “postale”, navi,ecc.). Quasi nessuno possedevaun’automobile ed erano invecemolto utilizzati i carri a buoi e icarretti per il trasporto delle merci ei calessi e le carrozze per le per-sone. Da Tavolara, per arrivare aOlbia, bisognava prendere la barcaper Porto S. Paolo e qualche volta sicontinuava a piedi il resto del per-corso.

Sull’isola c’erano molti sentieri eil carbone, la legna, il calcare e glialtri materiali venivano trasportaticon il carro. I buoi qualche voltascappavano e si nascondevano nellaboscaglia.

Già allora esistevano alcunimezzi di comunicazione: tele-grafo, poste, telefono, televisori eradio. Il mezzo più utilizzato erala corrispondenza, dato il basso

costo che il suo utilizzo compor-tava. Per le urgenze si utilizzavail telegrafo che però non esistevaa Tavolara, per cui si dovevaandare sulla terraferma. I mezzidi comunicazione (telefono, tele-visore, radio) si sono diffusi conmolta lentezza e più tardi rispet-to alle altre parti.

I lavori erano tutti manuali perla mancanza di macchine ed eranomolto pesanti e pericolosi. La mag-gior parte degl i abitant i d iTavolara lavorava alla produzionedella calce o pescava. C’erano peròdei pastori per le famose capre dai“denti d’oro” e la famiglia deiChinelli che lavorava al faro. Lasituazione non era quindi moltodiversa da Olbia dove i mestieriprincipali erano il muratore, l’agri-coltore, il carrettiere, il pescatore,ecc. Si guadagnava molto poco e,anche se il valore dei soldi erasuperiore a quello attuale, non cisi poteva permettere altro che lasopravvivenza.

Spalmatoredi Terra e,sullo sfondo,Capo Ceraso.

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“Re di Tavolara: Un titolo chenon viene riconosciuto, ma la con-ferma viene da una pergamena fir-mata nel 1840 da Carlo Alberto, Redi Sardegna. Pergamena che neglianni ‘50 il conte milanese LuigiCominetto, appassionato di storiadel risorgimento, chiese e non resti-tuì alla famiglia Bertoleoni ”. Cosìdichiara Tonino Bertoleoni, al gior-nalista Giangavino Sulas del setti-manale “Oggi”, nel mese di agostodell’anno 2000.

Al la f ine del l ’Ottocento laRegina Vittoria di Inghilterra inviòa Tavolara l’incrociatore “Vulcan”.Gli ufficiali incontrano re Carlo efecero alcune fotografie a tutta lafamiglia. Una di questa è tuttoraesposta a Buckingham Palace,mentre l’altra fu inviata a re Carlocon i ringraziamenti della regina.

La foto originale è conservatagelosamente da Tonino Bertoleoninoto come “IL RE DI TAVOLARA”.

“Nel 1767 il conte Bogino, chestrappò l’arcipelago della Maddale-na ai Corsi, parlò di un Bertoleoni“RE DELLE ISOLE” e nel 1768, unluogotente di artiglieria, Theseo,dichiarava testualmente “Tavolaraè vicina a Terranova e Molara.Queste due isole sono quelle dove iTurchi vanno a fare acqua e sono dipertinenza di tal Bertoleoni che neè il capo”.

Nel 1836 Carlo Alberto incontròa Terranova-Pausania GiuseppeBertoleoni che lo invitò a Tavolaraper una battuta di caccia allefamose capre selvatiche “dai dentid’oro” (denti gialli dovuti ad untipo di erba che le capre bruca-vano). Fu in quell’occasione cheCarlo Alberto disse a GiuseppeBertoleoni: “Sei tu il re di Tavolara”.

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Il regno più piccolo del mondo

La FamigliaBertoleoninel 1897.

Al centro inalto Carlo,terzo re di

Tavolara. Ai suoi lati,

i cognatiEfisio eAugusto.

Sotto,Maria,Ninna,

Laura eNinna Murru.

In basso,Alessandra

e Pasqualina

A Giuseppe Bertoleoni successeil figlio Paolo e qualche anno dopoil regno Sardo-Piemontese riven-dicò la proprietà dell’isola per ildemanio.

Fu in quella occasione chePaolo Bertoleoni rivendicò la pro-prietà dell’isola, che gli vennericonosciuta da Carlo Alberto conuna pergamena nella quale erascritto testualmente: “Non siriconosce nessun altro proprietariodell’isola di Tavolara che PaoloBertoleoni re”. “È la pergamenache il conte Cominetto non ha mairestituito”, prosegue Tonino.“Paolo fece disegnare la nostracorona, ancora v is ib i le nelc i m i t e r o d e l l ’ i s o l a a C a p oSpalmatore, e lo stemma: unoscudo rosso in campo bianco euna stella nel mezzo sormonta-ta da una corona”.

“Quest’isola” aggiunge “haavuto quattro re che hanno regnatoe altri due senza regno, Giuseppe Icontemporaneo di Carlo Alberto,

Paolo I di Vittorio Emanuele II,Carlo I di Umberto I e infine PaoloII che ha regnato a cavallo traVittorio Emanuele III e laRepubblica. Poi il titolo è passato amio fratello Carlo che morì nel1995, senza figli. Per questo io hoereditato il titolo e ho promossouna causa per rivendicare il titolo diRe di Tavolara”.

“Vittorio Emanuele III chieseai Bertoleoni una parte dell’isolaper usi militari. Ne ottenne laconcessione con diritto di pre-lazione per i Bertoleoni in caso divendita. Invece nel 1927 l’isola fusmilitarizzata e le proprietà messeall’asta all’insaputa della famigliaBertoleoni e così le acquistarono iconti Marzano. Ai Bertoleoni sonorimasti poco più di cinquantaettari”. Da allora l’isola è statadivisa prima in due e poi neglianni sessanta in tre parti, unadelle quali è sede di una stazioneradio militare inaccessibile aituristi. 27

Il piccolo esuggestivocimitero situato nellalingua diterra chiamata “LoSpalmatore”,doveriposanotutti i Re diTavolara.

Tomba del primo Re di Tavolara, Paolo I

I ruderi diun vecchioforno

I forni di calce di TavolaraIn base alla testimonianza del Sig. Tore Sini

L’isola è composta per la quasitotalità da roccia calcarea efino al 1970 ha dato lavoro a

centinaia di persone la cui occu-pazione era quella dello zavorra-tore.

Questo lavoro consisteva nell’es-trarre e trasportare calcare, cheveniva poi cotto e mischiato adacqua e sabbia, per creare la calce,una specie di malta che fungeva dacemento per unire i blocchi di roc-cia a scopo di costruzione.

La fabbricazione della maltaavveniva in questo modo: i blocchistaccati dalle cave tramite pale epicconi venivano fatti rotolare finoai forni nei quali venivano posti astrati alterni con legna, quindivenivano bruciati.

In seguito a questa combus-tione la roccia calcarea diventavacalce, quindi blocchi di roccia piùfragile e di conseguenza facil-mente sbriciolabili.

Questi venivano portati con car-riole e carrette alle barche che ave-vano il compito di trasportare ilprezioso materiale da costruzionefino a Olbia, dove veniva miscelatoad acqua e sabbia per poter essereusato come cemento e comeintonaco.

Questo lavoro era durissimo ecomportava dei gravi rischi e peri-

coli per la salute dei lavoratori per-ché i blocchi rocciosi erano pesan-tissimi e spesso erano portati amano. La polvere che la rocciaemanava quando veniva colpita eradannosa e si depositava sugli alve-oli dei polmoni. La calce e l’acquacon una reazione chimica produce-vano una sostanza corrosiva.Attualmente l’estrazione e la lavo-razione del calcare a Tavolara sonovietate.

Una delle attività legate aTavolara era la saurra , i l tra-sporto della calce o del calcarecon i barconi. Si trattava di unmestiere molto faticoso e spessopericoloso. I barconi dovevanoavvicinarsi alla riva dell’isola perormeggiare. Una volta bloccatal’imbarcazione, questa veniva col-

legata con un’asse di legno allaspiaggia.

L’asse serviva da passerella pergli operai che dovevano traspor-tare sulle spalle le ceste piene dicalce già cotta o del calcare cheveniva poi lavorato nei fornicostruiti a Olbia sulla riva delmare (ancora negli anni sessantane funzionava uno nella zonadella Sacra Famiglia).

Un vecchioforno adibitoad abitazione

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Sa Saurra (la zavorra)

Il lavoro cominciava quando ilmateriale si raffreddava e il fornoveniva svuotato.

Gli operai, per queste ope-razioni, utilizzavano la sola forzamuscolare. Quando la barca eracarica si partiva per la terraferma.In un passato non molto lontanola barca veniva spinta con i remie quindi con la sola forza dellebraccia. Arrivati a destinazioneveniva attuata l’operazione inver-sa per scaricare il materiale.

A Tavolara, nel tempo, sonostati costruiti molti forni per“cuocere” il calcare (la calce eral ’unica malta esistente perl’edilizia, in tutte le case del pas-sato le pietre erano legate fra loroda un impasto di calce e sabbia).

Alcuni forni erano piccoli eproducevano qualche centinaio diquintali di materia prima. Eranoquelli situati nei punti più di-sagiati e pericolosi dell’isola, lon-tani dalla spiaggia di Coda diTerra. Di alcuni di questi nonrimane che qualche piccolo resto,altri sono quasi intatti.

Vicino al molo della marinaerano invece situati forni piùgrandi, che potevano cuocere finoa mille quintali di calcare. Due diessi sono praticamente intatti eduno è stato restaurato ed è oggiun’abitazione.

In passato i barconi eranomolto numerosi e, come già detto,prima venivano spinti con i remi aforza di braccia o con la vela e inseguito con dei motori a nafta.Uno di questi barconi esiste anco-ra. Si tratta della “MARIA”, un

gozzo che ha oltre cento anni eche era proprietà di FrancescoSini, noto come “S’ALGHERESU”,perché originario di Alghero. LaMARIA viene oggi utilizzata comebarca da diporto.

Oggi per fortuna questo me-stiere così pesante è scomparso ele malte per l’edilizia vengonoprodotte in cementifici industri-ali. La fine della produzione dicalce ha avuto come conseguenzal’abbandono dell’Isola di quasitutti i suoi abitanti che negli anniCinquanta superavano le sessantaunità.

I resti di unforno per lacalce nelsentiero cheporta allagrotta dellaMandria

31

TEGGHJA LISCIASostantivo femminile: roccia

viva, liscia. Deriva dal corso“tegghja”.

I pescatori raccontano chequesta roccia bianca, esposta adest, è un ottimo punto di avvista-mento, poiché riflette la luce delsole e della luna molto meglio deifari.

Ci si orienta perciò in direzioneest con molta sicurezza anche dinotte.

LA MANDRIA Ricovero per animali, general-

mente ovini, caprini o anchearmenti vari.

È probabile che nei pressi dellagrotta della Mandria fosse pre-sente, appunto, una tale struttura.

LI CANTONACCICantòni sm: pezzo squadrato di

granito; spigolo esterno di unacostruzione. Deriva dallo spagnolo

“canto” che vuol dire pietrasquadrata.

Accezione rimasta solo neldialetto gallurese, è scomparsanella lingua italiana, dove si citaun esempio del Boccaccio:

“Ognor che su si dava … grandi

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In alto, laGrotta della

Mandria.

Sopra, laroccia a suddi Tavolaradenominata

TegghjaLiscia.

A destra, Li Cantonacci

Toponimi

cantoni giù ne faceva (dalmuro) rovinare al piano…”

A Tavolara, a lato della “spiag-gia di tramontana”, si trovanoalcuni blocchi di calcare franatidalla montagna, da qui il nomedella località.

LA MADONNINAÈ la piccola “edicola” dedicata

alla Madonna, costruita da unpescatore scampato a un naufra-gio, che dà il nome alla località.

È il saluto alla Madonna chetutti i pescatori danno prima diraggiungere il mare aperto.

ORECCHIO DI ULISSE, OCCHIO DI DIO,GROTTA DELLA GHIGLIOTTINA

Tutte queste formazioni parti-colari della roccia sono caratteris- tiche del calcare, roccia porosa,

ove l’acqua si insinua facilmente escava gallerie lunghe e profondeanche chilometri.

Orecchio diUlisse oCattedrale

In basso asinistra l’edicoladellaMadonnina

Occhio diDio: iltriangolovisibile nellafoto si èformato acausa delfenomenocarsico.

34Grotta della Mandria

La Madonnina

Il molo a Spalmatore

La spiaggia dei due mari o o “il passetto”

Il cimitero

Li cantonacci

La Grotta dellaGhigliottina

mappa dei toponimi

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Occhio di Dio

Tegghja Liscia

Orecchio di Ulisse

Punta Timone

L’Arco di Ulisse

Il vecchio faro

Punta Papa

Grotta detta “della Ghigliottina”.Il nome deriva dalla particolare conformazione della roccia che

sovrasta l’ingresso

Tavolara la nave dei Feacidal libro del prof. M. Pittau ”Ulisse e Nausica in Sardegna”

“C’èinnanzitutto dapremettere e pre-cisare che i due

poemi Omerici, non citano laSardegna. È ben vero che un rife-rimento implicito è nella famosalocuzione “riso sardanio o sardo-nio”, cioè ”riso amaro o forzato”col quale Ulisse avrebbe rispostoalla provocazione di uno dei Proci,… numerosi sono però gli inter-preti antichi che hanno di fattoriferito che la Sardegna è la terrain cui esiste la velenosa”erba sar-dania o sardonia” che provoche-rebbe la morte di un uomo,costringendolo prima a fare un riso

doloroso, oppure come la terra incui c’era l’usanza di uccidere i vec-chi settantenni ed essi affronta-vano la morte ridendo in manieraartefatta, per dimostrare coraggionel predisporsi alla loro tragicafine...

Nonostante questo silenzio…nell’Odissea si può affermareche la nostra isola risulti pre-sente in forma implicita, sianella sua realtà geografica, sianella sua realtà culturale… ilpoeta caratterizza il quadromaritt imo e geograf ico nelMediterraneo dove si svolgono iviaggi di Ulisse… dicendo che

era il luogo dove ”i sen-tieri della notte e delgiorno sono vicini…siamo dunque nel-l’area del mar Medi-terraneo occiden-tale, della quale laSardegna costituivaun punto centrale eperfino essenziale.

Dunque in termi-ni st rettamentegeografici è deltu t to l eg i t t imoritenere che, nonos-tante la Sardegnanon sia mai citata

dall’Odissea in ma-niera esplicita, l’isola

risultava essere una delleterre presso le quali si svol-

gevano i viaggi di Ulisse e deglialtri naviganti che l’avevano prece-duto o seguito… una secondaconsiderazione di carattere crono-logico e storico … reperti miceneirivenuti nell’isola (17 talenti dirame a forma di pelle bovina diste-sa, del tutto simili di quelliritrovati appunto a Creta e a Cipro)provano che sul piano cronologicorisulta certo che i Greci cono-scessero la Sardegna e la suaciviltà nuragica almeno dal XIIIsecolo avanti Cristo…

Il fatto che l’Odissea non citamai la Sardegna… può pertantoessere superato ritenendo e dicen-do che il poeta dell’Odissea citaeffettivamente la Sardegna,ma nonchiamandola con la sua denomi-nazione… Il poeta dell’Odisseacita la Sardegna e la sua civiltà

quando parla della “Scheria o isoladei Feaci”...ebbene, questa impor-tanza del ruolo dell’isola dei Feaci,della sua popolazione e della suaciviltà risulta del tutto congruentecon l’importanza che la Sardegnacon la sua “civiltà Nuragica” avevanel Mediterraneo centrale nei se-coli XIII-VIII a. C...

A ciò va aggiunto che ha dicerto un enorme significato storicola denominazione di mare Tirrenodel bacino centrale del Mediter-raneo, la quale appunto deriva dal-l’etnico Tyrrhenòi, Tyrsenòi, chepropriamente significa “costruttoridi torri” e questi inizialmenteerano i sardi Nuragici (più di 6000sono tuttora le “torri nuragiche”della Sardegna).

Nella descrizione dell’isola e delpopolo dei Feaci, come risultafatta dal poeta nel racconto dellacorte di Alcinoo, si denotano moltielementi realistici:

- l’abbondanza dei metallipreziosi... (i nuragici si sonodimostrati ottimi lavoratori dimetalli; l’isola era uno dei mag-giori centri di produzione di tuttoil Mediterraneo);

- la conoscenza dei giochi gin-nici e militari (lo dimostrano inumerosi bronzetti ritrovati, dailottatori, ai pugili, agli arcieri) lagrande passione per la danza (iSardi hanno dimostrato edimostrano tuttora vivissimo inter-esse e gusto per i loro ballitradizionali), un sistema di gover-no retto da dodici re, Alcinoo era iltredicesimo (ebbene, anche per iSardi nuragici si è parlato di un38

Un’anticaillustrazioneche ritrae il“Ranunculussceleratus”.Sarebbe questo ilresponsabiledel “risosardonico”

Bronzettinuragici raffigurantidue lottatori

sistema di forma cantonale e cioè“federativa” delle varie popo-lazioni);

- la stima e il grande prestigiodi cui godeva Arete, la moglie delre Alcinoo, verso il marito e i suoisudditi... sia Nausica sia Atenaconsigliano a Ulisse di rivolgersi,per la richiesta di aiuto, ad Aretee non ad Alcinoo (anche per laSardegna si è parlato del ricordo diun antichissimo matriarcato).

Secondo il racconto dell’Odisseala nave dei Feaci fu pietrificata daPoseidone nel suo viaggio diritorno ed inoltre quando tutti gliabitanti della città la vedevano.

Su questo argomento l’attentis-simo Dionigi Panedda ha scritto:”se, tenendo presente la configu-razione orizzontale di Tavolara odel timone, si scorrono le illus-trazioni che di navi dell’antichita edel Medioevo riportano enciclope-die e pubblicazioni specializzate,non potranno non saltare agliocchi le due somiglianze che cor-rono tra le dette navi e la grandeisola Olbiese. L’una, la somiglianzatra lo strumento di direzione diquelle antiche navi (il gobernacu-lum dei Romani) e la configu-razione sia orizzontale che verti-cale del promontorio del timone.L’a lt ra la somigl inza tra laposiz ione del l ’antico t imonedirezionale, rispetto alle navi acui veniva appl icato, e laposizione del detto promontoriorispetto all’isola di Tavolara.

L’aver identificato la miticanave pietrificata dei Feaci dell’e-popea Odisseica con la reale isola

di Tavolara ci consente di identifi-care la capitale dei Feaci, la cittàdi Re Alcinoo, della regina Arete edella principessa Nausicaa con lacittà che in seguito, per effetto diuno stanziamento Greco molto piùtardo, finì col chiamarsi Olbia.

Effettivamente Tavolara potevae può dare l’impressione e l’im-magine di una grande nave che siastata pietrificata nella sua grandecorsa sul mare assieme al suoapparato di grandi vele spiegate alvento. La sua lunga e alta cresta dimontagna si presenta frastagliatae mossa e soprattutto bianca, percui l’immaginazione dello spetta-tore può essere spinta ad intraved-ervi i l susseguirs i e i l var iomuoversi delle bianche vele. Mache l’isola di Tavolara si presenti inquesto modo ai naviganti èdimostrato in maniera sorpren-dente soprattutto da una precisa echiara circostanza: la sua appen-dice nord-orientale ha il nome dipunta “Su timone”, il timone, evi-dentemente, di una nave! 39

Punta Timone vista dal versante nord

Complessivamente l’isola èricoperta da una vegetazionetipo macchia mediterranea.*

Anticamente era fittamenteboscosa tanto che, secondo alcunitesti, “ci si perdeva”, cioè adden-trandosi nella macchia-foresta, erafacile perdere l’orientamento.

I primi disboscamenti furonoeffettuati dagli industriali del car-bone venuti a Tavolara dallaToscana, all’inizio del secolo scorso.

In seguito l’industria dellacalce, per la presenza dei forni,(Tavolara e Capo Figari sono leuniche zone calcaree dellaGallura), ha contribuito a depau-perare quanto rimasto.

È interessante anche la vege-tazione delle rupi, delle falesie edegli strapiombi.

A Tavolara sono presenti 463specie diverse divise in 71 famiglie.In queste 463 specie sono presentisoprattutto (50.3%) terofite.

Le terofite sono specie erbaceeannuali delle quali, durante la sta-gione avversa, persistono solo isemi.

La loro vita è limitata a pochimesi dell’anno e la loro massicciapresenza è indice di elevata ariditàestiva.

Tuttavia a Tavolara è presenteun microcl ima part icolare:

durante le mareggiate di scirocco(vento di direzione sud-est) siformano, molto velocemente,delle nuvole di condensazione,provocate dall’umidità marina cherisale velocemente i costoni roc-ciosi. Le nuvole, poiché il ventodi scirocco domina sugli altriventi, stazionano per molti giornisulla cresta dell’isola durante l’ar-co dell’anno, consentendo amolte specie vegetali di soprav-vivere, nonostante l’aridità delterreno.

Flora e fauna

Gariga delversante sud-ovest

*da“maquis”,parola corsacon la qualeviene indicata lagrande, fittae spessoimpenetrabileboscagliadella Corsica

La fitta erigogliosa

vegetazionedel versante

nord

Nelle 463 specie vegetali sonocompresi 34 endemismi, specieche si trovano solo in un sito, valleo regione, di ampiezza limitata.

Tra i 34 endemismi 7 sono par-ticolarmente importanti, poichéTavolara è il loro locus classicus,cioè l’isola è la località da doveproviene la pianta che è statadescritta dall’autore che l’ha sco-perta.

Conservata in un erbario, diven-ta un typus.

Durante le nostre escursioni apiedi abbiamo individuato tre per-corsi che presentano caratteris-tiche differenti:

- da Spalmatore di Terra alla

Spiaggia di tramontana.Qui il substrato è prevalente-

mente granitico con una vege-tazione ridotta a gariga, sia percause intrinseche, come l’espo-sizione assolata, sia per l’azioneantropica passata e recente (turis-mo estivo incontrollato, incen-di…);

- dal bar a Punta la Mandria:zona caratterizzata dalla presenzadei forni di calce, anche quiprevale la gariga;

- dal bar alla galleria: versantenord-ovest. In questo percorsotroviamo un substrato prevalente-mente calcareo, e una vegetazionetipo macchia mediterranea fitta erigogliosa.

Gariga: formazione

derivante daun degradodella mac-chia, conarbusti e suffrutici

bassi per lopiù inferioriai 1,50 m.

1- Urginea maritima (L.) Bak.Scilla marittima

La scilla marittima è una liliaceaperenne erbacea con bulbo dotatodi squame carnose velenose. Questevengono infatti utilizzate in farma-cologia per la preparazione di far-maci cardiotonici.

Vive nei pascoli, sui suoli roc-ciosi, nelle garighe e nelle spiaggesabbiose.

Le sue foglie, che si seccano inestate, sono lunghe e lanceolate.Fiorisce da agosto a ottobre, conun racemo di oltre 50 fiori inseritisu peduncoli lunghi da 1 a 3centrimetri. È alta da 0,6 a 1,5 m.

2- Acer monspessulanum L.*Acero minore

Nome sardo: osti, kostighe,kosti, ‘osti, aciaru, còciu.

È un albero alto sino a 6 m. confoglie decidue, coriacee, divise ametà in tre lobi, il cui colore variadal verde, al giallo, al rosso.

I fiori sono giallognoli, dispostiin corimbi eretti e poi penduli. Ifrutti sono disamare con ali paral-lele e glabrescenti. Fiorisce daaprile a maggio.

È considerato un “relitto fito-

geografico” poiché vegeta, aTavolara, in una zona altitudi-nale** inferiore a quella chenormalmente dovrebbe occupare,dimostrando ulteriormente che,un tempo, l’isola era fittamenteboscosa. Conferma altresì la pre-senza del particolare “microcli-ma” dovuto allo stazionamentosulla cresta di Tavolara dellanube di condensazione delloscirocco.

Due primipiani dell’acerominore e, qui a fianco,il boschetto visibile nellacresta delversante sud

*Il nomederiva dallatino “acer”, riferito allaconsistenzadel suolegno, duro elevigabile, dimedia elasticità

**Per zonaalt i tudinaleottimale siintende il livello altimetricopiù consonoalla vita deidiversi vegetali. Neesistono settedifferenti

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Schede floristiche

1

2

2

2

Carruba:Dai suoi

semi, datala loro

uniformità,deriva l’usodel carato(dal grecokeratiòn),unità di

peso usatain gioielleria

(1/24 dell’oncia)

La magaCirce, nel-l’isola di

Eea, pressoil Circeo,

usava l’euforbia

arborescenteper preparare

i suoi malefici filtri.

3- Matthiola sinuata (L.) R.B.Violaciocca sinuata

La violacciocca sinuata è unabrassicacea biennale che crescesulla spiagge e fiorisce da aprile aluglio.

È alta da 20 a 60 centimetri edha un aspetto fittamente bianco-feltrato-lanoso. I fiori, violettopallido, hanno 4 petali disposti acroce. I frutti sono silique lungheda 5 a 15 centimetri.

4- Ceratonia siliqua L. Carrubo

È un arbusto dioico, cioè pre-senta fiori femminili e fiorimaschili in individui diversi.

Può essere alto da 4 a 10 metrie fiorisce da settembre a dicembre.

Nelle piante coltivate il suofrutto, la carruba, è un legumericco di una polpa zuccherina. Inquelle selvatiche, come questapresente a Tavolara, il frutto è piùsottile, con poca polpa.

Vegeta spontaneamente inSardegna, Corsica, in Sicilia e nelleisole minori.

5- Euphorbia dendroides L.Euforbia arborescente

Gall. Titìmbaru

È una pianta priva di peli cheforma grossi cespugli tondeg-gianti, alti da 0,5 a 2 metri.Poiché è ricchissima di fiori, e per-ciò di frutti, che si alternanodurante l’anno, la sua presenzadetermina un cambiamento di co-lore nel paesaggio di Tavolara.

In inverno è presente la fioritu-44

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ra gialla con foglie verdi. Lestesse, in seguito, diventano rossee, con l’arrivo dell’estate, cadono.Rimangono solo i rami rossastri.

Vive in tutto il bacino delMediterraneo, sulle rocce inprossimità delle coste. Questapianta è velenosa, produce un lat-ice ricco di sostanze che possonocausare azioni tossiche, purgativeed emetiche. In Sardegna il latticeviene usato per umettare porri everruche, stimolandone la scom-parsa.

6- Calicotome villosa (Poiret.) Link.Sparzio villoso

Gall. Prunu cilvunu.

È un arbusto alto da 1 a 3metri. Produce legumi peloso-seri-cei* che conferiscono al frutto unaspetto luccicante. I suoi rami pre-sentano deboli spine. Fiorisce dagennaio a maggio. I fiori, giallo-oro, sono riuniti in ciuffi o race-mi. È presente in quasi tutte lecoste italiane, Sardegna, Sicilia,Corsica e isole minori.

7- Rosmarinus officinalis L.Rosmarino

È un arbusto aromatico alto da0,40 a 3 metri. Viene adoperato incucina e si può usare per produrreun olio essenziale usato per atti-vare la circolazione del sangue conmassaggi e bagni. I fiori hanno lacorolla azzurra e compaiono damarzo a ottobre.

* Coperto dipeli lisci elucenti, sdraiati epettinati, conaspetto diseta

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8- Limonium sinuatum (L.) Mill.Statice sinuata

Chiamata anche semprevivo e uti-lizzata per le composizioni di fiorisecchi, è una pianta molto diffusa ela sua sopravvivenza non è a rischio.

A Tavolara, tuttavia, sarebbeopportuno proteggerla dai turistiche la calpestano e la raccolgonoin modo indiscriminato, nonsapendo che potrebbero acquistar-la dai fiorai per pochi euro.

9- Lavandula stoechas L.Lavanda selvatica

La Sardegna è ricchissima dilavanda. Cresce ovunque. Neicampi, sul ciglio delle strade,anche a Tavolara.

“Ex Oriente lux”, si usa dire:dall’Oriente viene la luce. Ma ugual-mente bene, parafrasando questaespressione latina, potremmo affer-mare che dall’Oriente ci vengono iprofumi e i cosmetici. Ancora oggile ragazze greche addette al rac-colto della lavanda si fanno stordiredal profumo delle piante i cui fiori,già duemila anni fa, venivano dis-tillati.

Gli ellenici furono, dopo gli ori-entali, incontrastati maestri inquesto campo, non solo poichéconoscevano il modo di produrreessenze dalla lavanda, ma altresìdall’alloro, dal limone, dalla menta,dal mirto, dalla melissa, dalla rosa,dalla viola…

Il famoso archeologo Shliemannrinvenne, nel corso dei suoi scavi aTroia, preziosissimi contenitori disostanze aromatiche. Quando l’e-sercito Acheo assediava la città,mentre Agamennone, Achille e glialtri condottieri greci correvano lesue piane, assetati di sangue, lebelle principesse d’Ilio avevanoancora il tempo e la voglia di pro-fumarsi e truccarsi.

Da “Il libro delle piantemagiche” di Caterina Kolosimo Ed.Oscar Mondadori.

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10- Stáchys glutinósa L.Betonica o stregona di Corsica

Pianta alta da 10 a 50 cm.Produce molti fiori, general-

mente bianchi, raramente violacei.È definita “glandolosa” proprioperché, toccandola, si ha unastrana sensazione, dovuta a parti-colari secrezioni prodotte dallapianta stessa.

Altre labiate sono il rosmarino,la menta, la salvia…, erbe aro-matiche poiché dotate anch’esse diolii essenziali.

È un endemismo sardo-corso edell’isola di Capraia, ama i luoghifreschi ed è indifferente al sub-strato in cui vive, cioè vegeta siasu calcare sia su granito.

In Sardegna la si trova anchesull’isola della Maddalena.

11- Erodium corsicum LémanBecco di grù corso

È una pianta perenne, piccola,che produce molti fiori (sufruti-cosa). I suoi fusticini,molto gra-cili, hanno un andamento ascen-dente e sono tormentosi, cioè fit-tamente pelosi.

La fioritura va da aprile a giug-no e i fiorellini hanno un colorerosa-chiaro, venato di viola.

È un endemismo sardo-corso.In Sardegna è esclusiva delle

rupi costiere della zona settentrio-nale.

12- Seseli bocconii Guss. ssp. praecoxGamisans Finocchiella di boccone

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Endemismi

Endemismi:specie che sitrovano soloin un sito,valle oregione, diampiezzalimitata.

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Endemismo sardo-corso. InSardegna è molto più largamentedistribuito rispetto alla Corsica.

In Sardegna è diffusa soprattut-to nel settore centro-orientale.Fiorisce da ottobre a novembre,con ombrelle a 8-15 raggi glabri,cioè privi di peli.

A Tavolara è stata fotografatavicino all’entrata della galleria.

Fiorisce da agosto a ottobre. Lasi ritrova sia sulle coste che all’in-terno.

13- Helichrysum italicum (Roth.) Guss. ssp. microphyllum(Willd.) RouyElicriso

È un endemismo sardo-corso eforse delle isole Baleari.

Si differenzia dall’elicriso itali-co, meglio conosciuto come erbadi san Giovanni, per la fogliolina,molto più piccola. L’infiorescenzaè un capolino giallo-paglierino.Fiorisce da maggio ad agosto evive nelle garighe o su piani roc-ciosi. Ha un areale molto vasto,che interessa l ’Europa meri-dionale, l’Africa nord-orientale e

l’Asia minore.Sin dall’antichità sono state

attribuite all’elicriso alcune propri-età magiche. Tuttora durante lanotte di San Giovanni, il 24 giug-no, s i accendono dei fuochipropiziatori, alimentati dall’eli-criso. Saltando insieme, si diventa“compari”. A Olbia la festa sisvolge tutti gli anni nel lungomaredi via Redipuglia.

14- Scrophularia trifoliata L. Scrofularia di Sardegna

È un endemismo tirrenico, dif-fuso in Sardegna, Corsica e isola diGorgona.

Fiorisce da aprile sino a giugnoe fruttifica in maggio-giugno. Vivein luoghi umidi e ombrosi. Non èuna pianta molto appariscente.Alta da 0,30 a 1,50 cm, intera-mente glabra, anche nell’in-fiorescenza.

I fiorellini, di colore porporino-scuro, sono posti su pedicellilunghi 2-3 volte il calice.

La pianta vive normalmentenella zona altitudinale 2-4, inambienti ruderali ricchi di humus,48

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oppure sulle pareti rocciose e neimuri. A Tavolara è stata fotografa-ta nella strada che conduce allagalleria.

15- Centaurea horrida BadaròFiordaliso spinoso

Si tratta di un pulvino (cespu-glio a forma di cuscinetto) roton-deggiante e spinoso, endemicodella Sardegna, e proprio dei luo-ghi sassosi marittimi. Vive esclusi-vamente in alcune località costie-re della Sardegna settentrionale(Capo Caccia, Stintino, isoledell’Asinara e di Tavolara). ATavolara si ritrova su calcare e gra-nito, nelle altre località indicateanche su scisto.

Si distribuisce, di preferenza,nelle zone aride con poco suolo,

esposte maggiormente ai ventisalmastri di ovest e nord-ovest,con temperature elevate e forteinsolazione estiva, ambiente tipicodelle specie xerofile.

Nella costa occidentale laspecie raggiunge anche grandidimensioni, spingendosi ancheverso l’interno, su un substratopianeggiante e con un maggiorstrato di suolo.

Fiorisce in maggio-giugno efruttifica in giugno-luglio.

16- Campanula Forsythii (Arcangeli)PodlechCampanula di Forsyth

È una piccola pianta erbacea,perenne, alta da 5 a 30 cm.

Fiorisce da maggio a giugno, ifiorellini solitari azzurro-violettisono molto appariscenti.

È esclusiva della Sardegna evegeta solo su substrato calcareo.

Specie xerofile:piante adattea vivere insuoli secchi,aridi

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Locus classicus:la localitàdove lapianta èstata descrittacome nuovaper la scienza dall’autoreche l’hascoperta.

Loci Classici

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17- Limonium hermaeum (Pignatti)Pignatti

Statice a foglie acute

Endemica della Sardegna, se-gnalata per la prima volta aTavolara e successivamente trovataa Figarolo, Molara, Mortorio e nelGolfo di Orosei.

A volte è difficile da classifi-care, solo a Tavolara esistonodiverse specie di statice difficil-mente distinguibili ad occhio nudoe con certezza solo attraversol’analisi del DNA.

Sempreverde, fiorisce da giugnoad agosto con fiorellini azzurro-violetti, in spighette composte dadue fiori.

18- Cephalaria squamiformis (Sieber)Greuter ssp. mediterranea (Viv.) PignattiVedovino sardo-corsa

È una pianta endemica sardo-corsa. È stata fotografata durantela terza escursione, sulle rupi cal-caree. Può vegetare dal livello delmare fino a 1200 metri di altezza.Oltre che su Tavolara la si puòtrovare su substrati calcarei nellaSardegna centrale (Dorgal i ,Galtellì, Oliena).

Ha un’infiorescenza a capolinocon fiorellini bianchi. Fiorisce dagiugno a settembre.

19- Centaurea filiformis Viv. ssp. fili-formisFiordaliso di Oliena

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È una composita endemica dellezone calcaree della Sardegna orien-tale, da Capo Figari a Tavolara sinoa M. Arbu di Seui.

Tavolara è l’unico sito in cuil’areale di questa specie viene acontatto con quel lo de l laCentaurea horrida, altro endemis-mo sardo localizzato esclusiva-mente nella Nurra (Sardegna nord-occidentale) e nel la iso ledell’Asinara e Tavolara.

È specie rupestre, amante diesposizioni non troppo assolate ecapace di sopportare un’ampiavariazione altitudinale: il suoareale va dal livello del mare finoa 1200 metri circa.

20- Aristolochia tyrrena Nardi & ArrigoniAristolochia

È una pianta geofita, cioèsopravvive nella stagione avversa,in questo caso l’inverno, grazieagli organi sotterranei. Vive inluoghi umidi aperti o chiusi, sugraniti, scisti e basalti, dal livellodel mare fino a 1000 mt circa. Èstata scoperta a Tavolara 10 annifa da Nardi e Arrigoni ed è esclusi-

va della Sardegna e della Corsica.In Sardegna vive su substrati

silicei nella parte centro-settentri-onale dell’isola.

È poco appariscente, striscian-te, con fusti lunghi anche 1 metro.Fiorisce da aprile ad agosto e frut-tifica in maggio-agosto.

I fiori sono violacei e il frutto,qui fotografato, è una capsula ton-deggiante. A maturità si apre e la-scia volare i semi.

21- Buphtalmum inuloides MorisAsteroide di Sardegna

Bella composita gialla esclusivadella Sardegna. È una pianta moltoantica e ben differenziata dallealtre asteracee dello stesso genere.Moris nell’Ottocento la scoprì perprimo nelle fessure rupicole diTavolara.

Successivamente fu segnalata aBudelli (Arcipelago della Maddale-na), a Capo Testa (Santa Teresa diGallura), nelle isole di Mortorio e aMolara.

Vive sia sul calcare sia sul gra-nito, nelle rupi e nei prati vicino almare. 51

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La posidoniaViene erroneamente chiamata

alga. In realtà è una pianta superio-re dotata di radice, fusto, foglia,fiore e frutto.

Fa parte delle Fanerogame, vegeta-li molto specializzati, originati dapiante terrestri che, circa 100 milio-ni di anni fa, si sono evolute percolonizzare gli ambienti marini.

Si presenta come un cespuglio difoglie nastriformi lunghe anche piùdi un metro, fissate al substratoattraverso il rizoma, il fusto, e leradici striscianti.

I frutti sono simili a olive verda-stre e si trovano spesso spiaggiati,dopo le mareggiate, sulla battigiadelle spiaggie.

La sua presenza è indice di marepulito, poco inquinato.

Dalla superficie le praterie diposidonia formano delle chiazzenere. È un ottimo ambiente per pro-teggere il bioma marino e far sì cheesso sopravviva.

Infatti, fra i cespugli sommersitrovano rifugio i piccoli pesci, altri-menti predati dai carnivori.

Tra le foglie vengono deposteuova di ogni tipo: come una grandenursery esse proteggono i nuovi nati,non solo pesci, ma anche crostacei emolluschi.

Tra i rizomi trovano riparo moltespecie che prediligono una luce atte-nuata: alghe rosse, tunicati, spugnee briozoi.

La posidonia, compiendo in modomassiccio la fotosintesi clorofilliana,ossigena l’acqua del mare permet-tendo agli organismi eterotrofi (ani-mali) di respirare.

Le foglie, spiaggiate e continua-mente sottoposte a un movimento“oscillatorio”, formano delle straneformazioni globose che altro nonsono che i vasi legnosi compattati.Queste formazioni, chiamate egagro-pili, si trovano in gran numero sullespiagge.

È facile trovarla anche spezzetta-ta in grandi mucchi che, seccandosi,formano soffici tappeti sulla batti-gia. Questi, denominati banquette,non sono segno di sporcizia o inqui-namento, al contrario proteggono la

spiaggia dall’erosione del mare e nonandrebbero spazzate via con le mac-chine pulitrici per rendere la spiag-gia più “bella”.

La prateria di posidonia contri-buisce a tal punto a proteggere lespiagge dall’erosione, che la perdi-ta di un solo metro del fronte puòcausare l’erosione di circa 15 metridi litorale.

È necessario proteggerla, evitan-do di gettare l’ancora dalle barche sudi essa in maniera poco civile: unavolta riportata l’ancora in superficiequesta ne strappa le radici distrug-gendola.

Anche la pesca “a strascico”causa la distruzione di intere pra-terie.

Nell’isola di Tavolara sono statiritrovati nel tempo reperti fossilidi grande importanza: resti delProlagus sardus, estinto intorno al1700, di una scimmia affine allabertuccia, il Macacus majori, evarie specie di insetti e roditori.

Alcuni animali sono scomparsidall’isola in tempi recenti, comead esempio la foca monaca, ilgatto selvatico, l’asino dal mantel-lo chiarissimo e la capra dalle lun-ghe corna.

Il piccione torraiolo, per annioggetto di caccia, è ancora pre-sente sulle falesie sudorientali.

Al momento attuale non esisto-no studi aggiornati sulla faunadell’isola, che è regno incontrasta-

to di varie specie di volatili, comead esempio il Passer hispaniolensisarrigonii (differente da quello delbacino del Mediterraneo occiden-tale), diverse specie di falchi, ilgabbiano reale e quello corso, ilmarangone dal ciuffo, la pernicesarda, la berta maggiore e quellaminore ed una coppia di aquilereali nidificanti.

Il mare è molto ricco di faunastanziale, costituita da cernie,murene, gronghi, crostacei, e dipasso, calamari, dentici.

Durante le escursioni sono statiavvistati vari tipi di uccelli, comeil verdone, il piccione torraiolo, ilgabbiano reale e quello corso e ilmarangone dal ciuffo.

Quest’ultimo è facilmente avvi-stabile sugli scogli o sulle rocce

La fauna

Marangoniripresi in un

momento di riposo.

Nella paginaa fiancosono ben

visibiligli abbon-

danti escrementi

che, ricoprendole rocce,

testimonianocome

l’affioramentocalcareo siaun abituale

punto diritrovo

con le ali aperte esposte al sole:è questo il suo modo per farleasciugare dopo le immersioni dicaccia, infatti non possiede laghiandola secernente grasso allabase del groppone (uropigio) checonsente agli altri uccelli marinidi rendere idrorepellente il pro-prio piumaggio.

Il 6 giugno 2005, durante un’e-scursione

nel sentiero che conduce alla grot-ta della Mandria, è stata trovatauna grande tartaruga terrestre,Testudo marginata, e, negli anfrat-ti delle rocce, numerose lucertoledella specie Podarcis tiliguerta.

...vedere due verdoni nonè di per séun fattoeccezionale,ma il lororichiamo

trillato, cheha attrattola nostraattenzione,ci ha offerto unulteriorescorcio spettacolare dell’isola diTavolara...

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Phalacrocorax aristotelisMarangone dal ciuffo

È lungo 76 cm e pesa da1750 a 2250 g.

Diffuso lungo lecoste marine roc-

ciose. In inverno,quando avviene la ripro-

duzione, il suo piumaggio èverde-scuro-cangiante e hauna piccola cresta sul capo.È silenzioso in mare, sibilaquando ci si avvicina, emet-tendo un sonoro grugnito.Nidifica in colonie su paretiaride rocciose, il nido è fattodi alghe e rametti. Fa una

nidiata all'anno e cova per30-31 giorni. Vive dai 4 ai16 anni e si nutre di pesci.È capace di rimanere sot-t'acqua per lunghi periodi

per procurarsi il cibo.

Chloris chlorisVerdone

È lungo 14,5 cm. Il maschioadulto è di un colore giallo-verdebrillante, la femmina ha colorimeno brillanti e tendenti al grigia-stro. La corporatura è robusta, latesta grossa e il becco spesso. Ilvolo veloce. Nidifica soprattutto inzone aperte. Da fermo emette unallarme rauco, tipo canarino, involo, invece, un potente canto tril-lato, un musicale “ci-ci-ci”

Columba liviaPiccione torraiolo

Lungo 33cm. le coste rocciose sono ilsuo ambiente elettivo.

Nidifica più volte all'anno, nellesporgenze delle grotte, utilizzandostecchi e alghe. Lo caratterizza ilgroppone bianco e la punta delleali grigia. La voce è un “cuu-ruu-cuu”. Si nutre di semi e foglie.56

Schede faunistichedi

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Larus audouniiGabbiano corso

Lungo 50 cm. È uno deipiù rari uccelli del Mediterraneo.Assomiglia a un piccolo gab-biano reale. Il colore è grigiosul dorso, le zampe grigioverdied il becco rosso con una bandanera e la punta gialla. Emettegrida brevi e rauche. Costruisceun nido in piccole buche nel ter-reno e lo imbottisce di alghe. Siciba solo in mare, soprattuttodi pesci.

Larus cachinnansGabbiano reale

Lungo 60 cm. Nidifica in colo-nie, sulle coste o sui laghi interni.Nella stagione invernale ama vive-re in gruppo. Da adulto assumeuna grossa taglia. Lezampe sono gialle e ilbecco giallo conuna macchiarossa.

I l d o r s ogrigio chiaro èacquisito nelsecondo autunno.

Lo si trova spessoin stal lo sopra leonde. Segue i battellida pesca. Si nutre dipesci e di scarti, oltreche di pulcini e di uova diuccelli. Nidifica una voltaall'anno e costruisce il nidoin piccole buche nel terreno osu fa lesia, imbottito conalghe.

Le uova, al massimo 3, sonoverdognole-chiare o bruno-chia-re, macchiettate di marronescuro.

I richiami più comuni sono il“ki-au” e altri, come un “cah-

cah-cah”.

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Gabbiano RealeLarus cachinnans

Il gabbiano reale è diffuso inEuropa e Africa del nord.

È uno degli uccelli che ha avutopiù successo, dal punto di vista evo-lutivo, essendosi adattato a viverein posti molto diversi fra loro.

A Tavolara, come in tutta laSardegna, è stanziale, nidifica amarzo-maggio in colonie che posso-no contare anche centinaia di cop-pie. Sull’isola si notano vari nidi sututti gli isolotti e nell’ultimo lembodi terra dopo la spiaggia dei duemari, a Spalmatore di terra

Nidif ica una volta al l ’anno,costruendo una coppa di erba sulterreno, o sulle cengie delle scoglie-re. Depone 2 o 3 uova, la schiusaavviene dopo 26-28 giorni Se lacovata va perduta, la femmina depo-ne di nuovo.

Il pulcino immaturo è nettamentediverso dall’adulto: il becco è nera-stro e il piumaggio di un colorebruno-rugginoso. Da adulto mostraun netto contrasto fra il nero dellepunte e il resto della parte ventraledelle ali.

Si ciba di invertebrati, molluschi,pesci e scarti dall’acqua o dal terreno,ma non disdegna i rifiuti e gli avanziattorno ai porti e alle città. Spessofrequenta le discariche urbane.

In molte località era di recenteprotetto, ma vi si è moltiplicato atal punto da costituire un autenticoflagello per i nidi di altri uccelli.

Non è improbabile che la suapresenza a Tavolara metta in peri-colo la colonia di Gabbiano corsoche, più piccolo e meno aggressi-vo, si limita a nidificare nell’isoladi Molara.

Con l’avvento dell’Area MarinaProtetta il suo sito dovrebbe risul-tare più protetto, almeno dalleincursioni dei visitatori “umani”,dato che è proibito l’avvicinamen-to alla parte di costa ove nidifica.

In alto lo scoglio di Spalmatoredi terra dove si trovano abbon-danti nidi di gabbiano reale

Sopra un esemplare isolato che

scruta l’orizzonte.

Nell’altra pagina, in basso, ilnido con le uova; è ben evidente l’aspetto mimetico

Qui a sinistra,impronte sulla sabbia.

Testudo marginata (Schoepff - 1792)Testuggine

La testuggine marginata pre-senta una robusta armatura atta adifenderla dai predatori e da qual-siasi altra insidia dell’ambiente.La corazza è formata da una partesuperiore, il carapace, e da unainferiore, il piastrone, che si sal-dano lateralmente, lasciando duesole aperture, una sul davanti perla testa e gli arti anteriori e unasul retro per la coda e le zampeposteriori. La testa, gli arti e lacoda possono essere ritratti sottola corazza ogni qualvolta se nepresenti la necessità. Il carapacee il piastrone sono entrambi for-mati da placche ossee unite fraloro da suture.

Le testuggini sono molto sensi-bili agli stimoli esterni malgradola presenza della corazza. La pelle,

nonostante la presenza dellelamine, non subisce una mutacompleta in determinati periodidell’anno, ma perde in continua-zione piccole scaglie, le uneindipendentemente dalla altre e intempi diversi nelle diverse partidel corpo. Lo scheletro del troncoè completamente rigido mentre ilcollo è molto mobile, potendo ri-piegarsi in senso verticale edassumere la forma di una esse.

La lingua si presenta larga,carnosa e poco mobile ed è utileesclusivamente per l’assunzionedel cibo. La struttura degli arti,con le dita inglobate nella strut-tura delle zampe, consente solo undeterminato tipo di locomozione,chiamato reptazione, nel quale ilbaricentro del corpo viene man-tenuto all’interno di un triangoloformato dai tre arti che stannosempre appoggiati al suolo.

Questi sono infatti mossi se-condo una sequenza fissa: adesempio, prima l’arto anterioresinistro, quindi quello posterioredestro, poi l’anteriore destro e suc-cessivamente il posteriore sinistro.Sono animali prevalentementevegetariani e il cibo ingerito vienetagliato a pezzi col becco corneodi cui è munita la bocca.

Fra gli organi di senso l’orec-chio è poco sviluppato, mentreassumono maggior importanzaquelli destinati alla sensibilitàchimica con i quali viene ricercatoil cibo.

Gli occhi, piccoli e provvisti diuna membrana nittitante, sonodotati di una buona capacità visi-60

va e sono in grado di distinguereanche i colori.

Possiedono buone capacitàmnemoniche, d’orientamento eanche di apprendimento.

Il dimorfismo sessuale è pocosvi luppato, e i l maschio s iriconosce per avere la coda piùlunga e più grossa; il piastrone èinoltre concavo per adattarsi alcorpo della compagna durante l’ac-coppiamento.

Podarcis Tiliguerta tiliguerta (Gmelin -1789)Lucertola comune

La lucertola tiliguerta fa partedell’ordine degli Squamati, del sot-tordine dei Sauri e della famigliadei Lacertidi; il suo nome scien-

tifico è Podarcis tiliguerta. La sualunghezza è di 18-25 cm, i neonatimisurano in media 5-6 cm.

In Sardegna viene confusa conquella campestre, ma è, rispettoa questa, più snella e presentadelle strie sopracciliari chiare.Generalmente, il dorso è verde maanche bruno, bruno-giallastro, obruno-verdastro con tante mac-chiette nere.

Certi adulti hanno la stria dor-sale bruna e il colore delle partisuperiori verde.

I giovani, invece, sono bruni,bruni-giallastri, o bruni-rossicci,sui fianchi si possono notare da 2a 7 macchie blu. La lucertola tir-renica è un endemismo sardo-corso.

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Nel corso della sua evoluzioneha dato origine numerose sot-tospecie insulari (a Molarotto èpresente una sottospecie, Podarcistiliguerta ranzii, Lanza 1966).

Vive in zone rocciose con ve-getazione arbustiva o arboreanelle radure e nei margini deiboschi.

Nei campi coltivati e nei litoralisabbiosi, convive con la lucertolacampestre, è agile e rapida neimovimenti e trascorre la giornatariscaldandosi al sole e cacciando ipiccoli invertebrati di cui si nutre.

In febbraio-marzo, finisce illetargo invernale e in marzo-aprile-maggio iniziano gli accoppia-menti.

Nel periodo degli amori il mas-chio è territoriale e minaccia gliavversari che tentano di penetrarenei suoi domini, se il maschioinvasore non retrocede si ingag-giano duelli.

In genere da queste dispute diconfine sono vinte dal proprietariodel territorio, a meno che non siainferiore all’avversario.

Non è raro il caso in cui i duerivali si separano di colpo e tor-nano velocemente nei loro domini,accorgendosi di essere feritidurante la lotta. Questo comporta-mento territoriale è, nelle suelinee generali, praticamente iden-tico in tutte le lucertole, comed’altronde lo è il cerimoniale cheprecede l’accoppiamento.

Durante il rituale amoroso ilmaschio afferra con le mascelle lafemmina ai fianchi: spesso le fem-mine fecondate sono facilmentericonoscibili dai segni dei denti delmaschio.

La femmina depone da 4 a 12uova ovali e biancastre e, dopo 2-3 mesi, a seconda della temperatu-ra ambientale, nascono i piccoliche misurano circa 5-6 cm.

L’ultimoesemplare difoca monacacatturato aTavolara nel

1953

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La lucertola tiliguerta è moltocomune e non corre alcun pericolod’estinzione, fatta eccezione per lasottospecie dell’isola del Toro, cheviene spesso bersagliata dalleesercitazioni militari.

Monachus monachus (Hermann 1779)Foca monaca

La foca monaca, specie gre-garia, viveva in branchi numerosinello Spalmatore di Fuori, dove lapresenza delle numerose grotte,accessibili solo dal mare, rendeval'ambiente favorevole al suo inse-diamento. Gli abitanti di Tavolararaccontano che non temeva l'uo-mo, spesso dormiva sulla spiaggiavicino alle barche o giocava con ipescatori durante le battute dipesca.

Dopo la seconda guerra mondia-le è stata sterminata sia per ilsemplice gusto di uccidere, sia daipescatori che sostenevano chearrecasse danni alle reti, in cercadi cibo. Fonti diverse sostengonoche attorno al 1960 è stato uccisol'ultimo esemplare nelle acque diTavolara. È, tra i mammiferi, laspecie più minacciata del mondo evive attualmente sotto regime diprotezione.

Nel Mediterraneo è presentecon 200-300 esemplar i . InSardegna le segnalazioni della suapresenza sono rare e si limitano aqualche esemplare erratico.

La capra selvaticaDurante l’ultima escursione è

stato possibile fotografare unesemplare di capra rinselvatichita,

così chiamata perché è una discen-dente delle capre abbandonate daitavolaresi quando lasciarono l’inse-diamento di Punta Timone.

Spesso viene confusa con lamitica “capra dai denti d’oro”,famosa per le sue lunghe corna e ladentatura ricoperta di una patinadorata. Alcuni ritenevano che ladentatura dorata fosse dovuto allaparticolare erba di cui si cibava,altri che fosse un carattere innato,a ogni modo essa non è più pre-sente nell’isola.

È tutt’oggi ancora molto facileosservare le capre che si arrampi-cano con disinvoltura sui versantiscoscesi; d’estate, sfinite dallasete, si spingono fino al mare,all’altezza della roccia chiamata“Tegghja Liscia”, per bere l’acquadelle pozze. È l’unico grande mam-mifero presente a Tavolara.

Una capra diTavolarafotografatamentre siarrampicanel versantesud

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Un bel primo piano di PuntaTimone, l’estremità ad est diTavolara.

Racconti fantastici

Un momen-to di svagodurantel’ultima escursione aTavolara conil gruppoclasse che haimpaginatoil libro

Aquesto punto, visto chetutto il lavoro è stato fattoda ragazzi della scuola

media, e, visto l’entusiasmo con ilquale hanno partecipato alla rac-colta dei dati, alle interviste, allacatalogazione delle foto e allacreazione di disegni originali, ci èsembrato giusto dare loro unospazio più personale facendo cor-rere la fantasia.

Entrambi i gruppi, quello del2001 e quello del 2005, hanno crea-to con il loro impegno e costanza,un libro su Tavolara che, pur nellasua scolasticità, è già completo edesaustivo.

Un’opera come questa, compos-ta e redatta da tredicenni ha ungiusto epilogo in un capitolo de-

dicato alla fantasia e al gioco. Ed è molto difficile, a dire tutta

la verità, rimanere indifferenti allamagia di Tavolara; che si abbianotredici, trenta o cento anni non sipuò non notare l’imponente mon-tagna che sovrasta tutto il nostrogolfo.

Pieni di questa magia, i ragazzihanno inventato, scritto e illustra-to alcuni racconti fantastici suquest’Isola, che tanto del lorotempo ha assorbito durante unintero anno scolastico.

Abbiamo selezionato quattro diquesti racconti e li abbiamo ripor-tati in questo capitolo insieme alleillustrazioni; cosa c’era di meglioper concludere questa fantasticaavventura?

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di Alberto Piccinnu 2°C

Circa 200 anni fa, uno scienzia-to che viveva nell’isola di Tavolaracercava di far mutare il DNA deglianimali ma i suoi tentativi eranovani. In seguito provò con la spe-rimentazione umana, ma tutte lesue cavie morivano.

La popolazione dell’isola dopoessersi accorta dell’accaduto,bandì lo scienziato dall’isola ebuttò tutte le formule chimiche e

le provette in mare non sapendoche fossero altamente tossiche. Ilgiorno successivo le acque attornoa Tavolara erano diventate torbidee scure come una palude, tutta lapopolazione temeva che gli deiavessero lanciato una maledizionecontro l’isola, ma un bambinoincosciente di dieci anni, nonsapendo dell’accaduto, si buttò inmare e in quel momento cominciòa mutare e a cambiare forma easpetto: era diventato di coloreverde scuro, aveva le squame, lebranchie e gli occhi fosforescenti.

Il mostro venne condanna-to a vivere sulla riva

opposta dell’isola.

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Il mostro dell’isola

Dopo qualche anno cominciò adesplorare l’altra sponda e vollevendicarsi distruggendo i villaggisparsi sull’isola. Il mostro sispostava attraverso gallerie situatesotto le foreste. Negli anni succes-sivi decise di vendicarsi saziandosidi cinque fanciulle a settimana, ese non veniva saziato distruggevaun villaggio situato nell’isola oavvelenava il raccolto che servivaalla popolazione per vivere.

In seguito il mostro s’innamoròdi una ragazza bellissima, daicapelli dorati, gli occhi lucenti e lavoce incantevole. Ella era amica ditutti gli animali che abitavanol’isola, come l’aquila dalle pennedorate, il delfino dalla pinna d’ar-gento e la capra dai denti d’oro. Laragazza era di media statura, avevagli occhi azzurri e i capelli biondi.La ragazza provava gli stessi senti-menti per il mostro, che una voltaera stato ragazzo, ma non aveva ilcoraggio di esprimersi, infatti se loavesse fatto sarebbe stata impic-cata. Qualche sera il mostro e laragazza si incontravano di nascos-to nella foresta per stare un po’insieme. Tutto ciò avvenne perqualche tempo finchè il padre dellaragazza non si accorse di ciò e leproibì di tornarci. Nonostantetutte le occasioni, il mostro nonera riuscito a sapere il nome dellaragazza, ma un giorno che ebbe lafortuna di rivederla lo scoprì. Ilsuo nome era Maria. Un giornoMaria si fece coraggio ed espose alcapo-tribù i sentimenti che prova-va per il mostro. Ma egli non rius-civa a capire come una bella fan-

ciulla come lei si potesseinnamorare di un mostro. Tese unatrappola al mostro, usò la ragazzacome esca per tendergli un’im-boscata. Egli abboccò e gli arcierilo uccisero. La ragazza presa dalladisperazione si suicidò buttandosidalla scogliera.

di Giuseppe Luzzi 2°C

Erano ormai passati giorni e giornida quando Giuseppe Luzzi eranaufragato, durante un viaggio inbarca, su un'isola forse abbando-nata.

Il cibo ere scarso e leprobabilità dis a l v e z z aben poche.

U n amat t inaGiuseppesi svegliòe decise diesplorare l'isolaalla ricerca diviveri.

Il ragazzosi alzò e sig u a r d òintorno, vicino a luic'era un cane maiv i s to p r ima , unaspecie nuova, forse.Aveva il pelo dorato egli occhi di un blu chesembrava un incro-cio tra un huskye un San Bernardo. 67

L’isola degli squali

Giuseppe, lasciandoperdere il cane, prese acamminare. Camminò,camminò e camminòfino a quando non siritrovò sulla cima del-l'isola.

Scorse altre isoleabbastanza vicine che,volendo, si potevanoraggiungere a nuoto,ma attorno all'isolac'erano miriadi disquali e quindi nonci si poteva andare.

“Spaesato, eh!... sì… anch'io laprima volta!...” Giuseppe si girò emeravigliato disse: “Chi… chi è?È… è… è assolutamente impossi-bile che esista un cane che parla,forse sto sognando… o è la ve-rità?”.

Effettivamente lo strano caneera dietro Giuseppe e si era messoa parlare.

“Non devi aver paura, anzi, sevuoi, posso portarti via da qui,basta che tu mi porti il cristallo diquarzo che si trova in una grottachiamata Grotta del Papa”.

“E dov'è questa grotta?” disseGiuseppe.

“Tuffati in mare e troverai l'in-gresso di fronte”.

“Ma il mare è pieno di squali,come faccio a non farmi mangia-re?”.

“Semplice! Con questo fucilecrepa-squali!”.

“Ok! Andrò!”.Giuseppe si tuffò e appena

entrò in acqua vide cinque o seisquali venirgli addosso. Allora

prese a sparare e li ammazzò tutti.Vide una grotta e vi entrò: era

buio e si faceva fatica a vedere.Ad un certo punto Giuseppe si

trovò davanti ad una porta, la aprìe si ritrovò in una grande saladove, al centro, c'era un immensocristallo. Il ragazzo lo prese e feceper uscire quando…

“E tu dove vorresti andare?”disse uno squalo gigante.

Giuseppe cadde a terra dallospavento.

“Pr ima di portare via quelcristallo te la devi vedere con me!”disse lo squalo.

“Ok, ma vincerò, stanne certo!”.I due presero a lottare, ci fu un

corpo a corpo tremendo e losqualo ebbe la meglio su

Giuseppe, ma egli preseil fucile crepa-squali elanciò cinque o seifrecce tra gli occhidel pesce.

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Lo squalo era distrutto, i lragazzo uscì dalla grotta, uccisealtri squali con le frecce rimanen-ti nel fuci le e cominciò adarrampicarsi nella falesia.

Nella scalata vide molte cose ,come una grotta con l'entrata aforma di ghigliottina, una roccia aforma di orecchio, una a forma diarco ed in lontananza scorseanche un castello diroccato.

“Sei arr ivato, eh…bravo!”disse il cane dorato quandoGiuseppe salì in cima all'isola.

“Ecco qui il tuo cristallo…orami puoi riportare a casa mia?”.

“Certamente!”.Dopo una manciata di secondi

Giuseppe si ritrovò nel suo letto,si alzò, prese la cartina geografi-ca e vide che l'isola su cui erana u f r a g a t o e r a l ' i s o l a d iTavolara…

di Simona Varrucciu 2°C

C’era una volta, in un’isolamolto lontana chiamata Tavolara,un bellissimo principe che vivevanel suo castello insieme a tantiservitori e ancelle. La reginamadre aveva una dama di com-pagnia di nome Smeralda, propriocome il colore del mare che cir-conda la bellissima isola.

Smeralda era molto graziosa egentile, il principe Frodo eramolto innamorato di lei eSmeralda lo ricambiava.

Ma dopo alcuni anni arrivò lapeste e morirono tutti e due senzaneanche dirsi quanto si amavano,con solo il ricordo di quell’isolacosì meravigliosa. I due fantasmi,quando c’era la luna piena, a mez-zanotte si incontravano senzaessere disturbati da nessuno. Ungiorno decisero di sposarsi maavevano bisogno di qualcuno checelebrasse il matrimonio, allora sirecarono in una grotta dove vive-va il fantasma del Papa, vicinoalla cosidetta “Punta del Papa”.Durante il tragitto il principe rac-colse molti fiori come i gigli sel-vatici e narcisi con i quali ornò latesta della sposa per formare unbellissimo bouquet.

Quando arrivarono a desti-nazione il Papa li unì in matrimo-nio e su Tavolara apparve unanuvola simbolo del loro amore.

Da quel giornoquando c’è ventodi sciroccoa p p a r esull ’ isolala nuvola inricordo del-l’amore traSmeralda eFrodo. 69

Smeralda e Frodo

di Giulia Caglio 3° C

11-09-03 anno dell’impero(2293 anni terrestri) 6:00 a.m.

Siamo sulla nave che da Cittàdel Messico ci porterà in una loca-lità denominata 39220ter, chiama-ta dagli isolani “Tavolara”.

La spedizione di studiosi deveessere sul posto in 5 ore, per stu-diare la base militare abbandonatadove si pensa siano stati condottiesperimenti scientifici. La spedi-zione mira a risolvere questo mis-tero, ma in realtà io ho accettatoquesto incarico perché, vogliotornare su quella che noi definiva-mo la montagna sul mare.

Quando avevo 13 anni (2001)con la mia classe e altre due abbia-mo partecipato al “progetto isole”,che riguardava lo studio diTavolara (sono ancora viva grazieall’ibernazione, anche se ho più di200 anni ne ho vissuti solo 26).Per questo sono stata chiamata,dall’università Terrestre FredericOumbert (il primo che riuscì aricreare la fusione fredda e permet-tere i viaggi interstellari): sonocolei che conosce meglio l’isola.Rivederla mi ricorderà il passato,quando era vero ciò che toccavo enon una semplice copia in plasticacome adesso. Mi è stato detto chel’isola non è stata più toccatadopo il terremoto che sconvolsel’Europa nel 2165.

Tavolara era sopravvissuta maritenuta troppo poco sicura per la

popolazione, quindi doveva esserechiusa al pubblico o a qualunquevisitatore. È stata abbandonata daimilitari, che si è scoperto avesseronella base molto più di quantodicessero. In fondo se qualcunocercava un’arma distruttiva ingrado di radere al suolo l’India nonl’avrebbe cercata proprio in unapiccola isola dimenticata.

11-09-2293 (scrivere come untempo non mi aiuterà a ricordare)

10:52 a.m.Stiamo arrivando, ormai vedo la

sagoma tanto conosciuta, perniente cambiata dal terremoto, èproprio vero che gli ologrammi nonrendono l’idea, è più grandiosa diquello che la fanno sembrare.

Volevano attraccare alla basemilitare ma sono riuscita a convin-cerli ad attraccare al vecchio molo.Non mi sembra possibile: tuttociò che avevo lasciato c’è ancora,non più nelle condizioni di primama c’è. Dobbiamo scendere, fauno strano effetto rivedere il vec-chio moletto trasformato in unmostro di ferro, completamentemeccanizzato, e pensare che sem-brava dovesse rimanere com’eraper sempre!

10:54 p. m.Abbiamo fatto delle rilevazioni

di questa zona, sono nel vecchioristorante che un tempo era del redi Tavolara, mi hanno detto che ilre ora vive nella colonia bisverga,non so se sia vero ma non mi inter-essa. 70

Diario - ritorno all’isola

Ho ripercorso il cosiddetto sen-tiero per la galleria e mi sono fer-mata ad ogni angolo perché miricordava qualcosa. Ho rivisto quelche resta dell’acero minore, untempo un bellissimo albero ma oraun ramo rinsecchito. La galleria ècrollata ma abbiamo notato chenon è stato un crollo naturale mabensì mine; pensiamo che fosse unmodo per bloccare l’accesso.

La presenza massiccia dei tu-risti nei pochi anni prima del ter-remoto ha distrutto gran partedella vegetazione, che è statarimpiazzata ma non è la stessacosa, gli alberi sono troppo ordi-nati per essere nati naturalmente.

Sono tornata alla spiaggia diTramontana dove avevamo fatto lebarchette di polistirolo. Mi ricordotutto, è strano che il giorno doponon ti ricordi niente e dopo anni tiriviene in mente tutto.

Sono stata al cimitero dovedentro le bare sono state ritrovatedelle bombe: la disputa tra Terra ePlutone aveva cambiato tutti e duei pianeti. Fortunatamente gliambasciatori riuscirono a fermaretutto prima che fosse troppo tardi,anche se i danni si erano già veri-ficati.

Spalmatore era una piastra dimetallo dove un tempo la nostraprofessoressa aveva trovato leuova dei gabbiani, ora c’è unabase radio con ripetitori gigan-teschi.

Ho ripercorso anche le stradeper la Centaurea horrida, piantarara, ma non l ’ho trovata,sebbene dietro di me mi sia por-tata i migliori botanici dell’uni-vers ità: sembra s ia r imastasoltanto un esemplare in unaboccetta di cristallo nella basemilitare. Strano, cosa se ne face-vano? Ci devo pensare!

12-09-2293 12:16 p.m.Con la nave siamo arrivati

a l la base mil i tare. È stataabbandonata in tutta fretta,sono stati lasciati marchingegnimolto costosi, come la piat-taforma per il teletrasporto. Dafuori sembrava un vecchio ru-dere informe, ma dentro eramolto all’avanguardia.

Abbiamo trovato delle celle diibernazione funzionanti ma non èpossibile vedere l’interno e poiabbiamo scoperto che si stavanosvolgendo esperimenti scientificisu animali e piante. 71

La cosa più interessante è statala scoperta di un fiore viola, chenon avevo mai visto. Il collega chel’ha toccato si è subito ammalato,ora dovrebbero darci il risultatodelle analisi. Ci siamo insospettitie abbiamo controllato la pianta. Lacosa veramente interessante è chequesta pianta ha un codice geneti-co umano, oltre ad essere radioat-tiva. La sto studiando.

23:43 p.m.Le scoperte che ho fatto sulla

pianta non sono affatto rassicuran-ti. La sua radioattività è data daun oggetto al suo interno, chesono riuscita a scorgere con i raggix, ma averla sottoposta a questiultimi non è stata una buona idea,il suo DNA ha cominciato a mutare,diventando prima come quello deiprimi uomini e poi man mano evol-vendosi, come il genere umano,sempre più sino ad arrivare a…,col computer ho cercato dei data-base dell’università per vedere achi apparteneva il DNA, e ho sco-perto che era del mio collega chesi era ammalato, quando l’ho sco-perto sono subito corsa nella salamedica e ho fatto su di lui unesame del DNA…. Aspetto i risul-tati.

13-09-2293 21:32 p.m.Questa scoperta è una delle più

sensazionali degli ultimi decenni,il sogno e l’incubo dell’uomo. Dadue secoli l’uomo aveva cercato diricreare l’evoluzione visto che,sebbene Darwin fosse sulla stradagiusta, non aveva l’elemento più

importante. Ebbene è stato trova-to, anzi è lui che ha trovato noi.

Oggi ho controllato gli esamidel DNA e ho scoperto che stasubendo la stessa trasformazionedella pianta, non era quindi unamalattia, ma bensì una regres-sione. Non delirava ma bensì nonsapeva più esprimersi. Ora si starievolvendo e, secondo i miei cal-coli dovrebbe superare il mio sta-dio domani alle 2.20 a.m. Devostudiarlo. Il fiore sta diventandosempre più complesso e nonriesco a prevedere le suemutazioni.

Le celle di ibernazione sonostate controllate ed abbiamotrovato un’intera equipe di scien-ziati che deve aver avuto contatticon il fiore. Il loro DNA sta mutan-do e per paura che fosse unamalattia i loro colleghi li hannoibernati e sono andati via. Quandosi saranno svegliati dovrò chieder-gli molte cose.

14-09-2293 3:00 a. m.La mutazione dovrebbe essere

completa ma non ho più infor-mazioni perché il corpo sembraessere scomparso! Ho studiatoperò il codice genetico del fiore eho scoperto che sta mutando percausa di una diversa composizionedel DNA ; infatti quello normale èformato dalle 4 basi azotate (timi-na, citosina, guanina, adenina)che si combinano, ma il DNA delfiore ne ha una in più, a cui anco-ra non ho dato un nome.

È la chiave dell’evoluzione, inun futuro lontano il nostro DNA72

muterà e diventerà come quello delnostro fiore.

9:00 a.m.Abbiamo trovato lo scienziato

scomparso che sembra essersirimesso completamente. Gli ho fattomolte analisi dalle quali è risultatoche è sanissimo, più sano di prima.Prima aveva bisogno degli occhialima ora la sua vista è fenomenale,meglio della mia che sono anche piùgiovane. Il fiore è scomparso ma alsuo posto ho trovato l’elementoradioattivo, una scheggia di unminerale alieno, molto bella.

Ora il mio dovere sta nello stu-diare il minerale e gli scienziaticolpiti dal suo effetto, e ho giàscoperto che ci è stato inviato per-ché riuscissimo a fermare delleepidemie ormai estese, come eradue secoli fa per AIDS e cancro,che ormai sono curabili.

La pietra ha la particolarità diriuscire a ripristinare ogni tipo didanno a livello genetico, come selo riscrivesse, correggendolo.

Stiamo tornando all’università,penso che avrò molto da fare inquesti anni, ma so di avere inmano la soluzione della vita.

73

Album

... La mia classe, la secondaC della scuola Ettore Pais diOlbia, ha partecipato a unprogetto riguardante l’isola diTavolara... abbiamo studiatoa fondo l’isola, la sua storia,la fauna e la flora e tantenotizie che altri ragazziprima di noi hanno raccol-to... a ottobre abbiamo effet-tuato la prima visita all’isolae trascorso una bellissimagiornata...

... siamo ritornati a Tavolara per visitare altre zone. Arrivatifino alla grotta della Mandria abbiamo trovato una piantinamolto rara: il Fiordaliso di Oliena. La naturalista GiovannaSpano ha tenuto una breve spiegazione sulle origini dellagrotta e sugli animali che ci vivono, come ad esempio lacapretta selvatica...

... l’ultima tappa è stata alla spiaggia diTramontana, ricca di sassi e con un marespendido. Davanti alla spiaggia abbiamoammirato gli enormi massi caduti dalla collina sovrastante, “i Cantonacci”. La spiag-gia, purtroppo, era molto sporca, c’eranomolti rifiuti portati dal mare

... dopo la circumnavigazione, siamo sbarcati neipressi dei ristoranti...

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Bibliografia

Società botanica italiana sez.SardaBiotopi di SardegnaEd. Carlo delfino, 1998

Ida Comaschi CariaAnimali e piante fossili dellaSardegnaEd. Della torre, 1986

A. Papurello CiabattiniIl profilo geografico diTavolaraEd. Sarda Fossataro

I.e.p. SchonflderImpariamo a riconoscere laflora mediterraneaIstituto geografico de Agostini

C. PerrinsUccelli d'italia e d'EuropaIstituto geografico de Agostini1987

R. BrotzuAlberi, piante e arbusti dellaSardegnaEd. Il maestrale, 1998

P. ZangheriFlora italicaCedam, 1976

M. ManciniNavigare lungocosta-5Corsica e SardegnaEd.Nistri-Lischi. Pisa

Centro di cultura ambientale“A.Spano”Olbia Le età di un'isolaEd. Gallizzi Sassari, 1989

Alberto della MarmoraViaggio in SardegnaEd. archivio fotografico sardoNuoro, 2004

Ninni MarrasFlora sarda - pianteendemiche Ed. Progetto sardegna

Francesco MezzatestaGuida al riconoscimento degliuccelli d'EuropaEd. Giorgio Mondadori, 1989

Bertel Bruun- Arthur SingerUccelli d'europaEd. Mondadori, 1975

Blamey c. Grey WilsonMediterranea wild flowersEd. Collins

Flora sardoa seuHistoria plantarum in Sardiniaet adjacentibus insulisJosepho Hyacintuo MorisEd. Biblioteca botanicaCollana diretta dal prof. P. Zangheri Bo

Massimo PittauUlisse e Nausicaa in SardegnaInsula edizioni, Nuoro 1994

Quaderni del museo Sanna n°21

Bollettini di archeologiaconcessi dall'archeologoRubens d'Oriano

P.acrosso C. D'alesioMondo mitologicoSoc. Editrice Dante Alighieri,2004

Dizionario di mitologia greco-romana ad uso delle scuolesuperioriSoc. Editrice Dante Aighieri

F. Puddu-M. Viarengo-C. ErminioAnimali di SardegnaGli anfibi e i rettiliEd. Della torre

Salvatore CareddaGli animali della SardegnaAnfibi, rettili e mammiferiEd. Il Maestrale, 2005

Egidio TrainitoAtlante di flora e fauna delMediterraneoEd. Il Castello, 2005

Peppino CongiaDizionario botanico sardoZonza editori, 1989

Antonia PesseiLe piante officinali dellaSardegnaed. Il maestrale, 2000 79

Bibliografia

Indice

Ringraziamenti pag. 2

Progetto isole pag. 3

Presentazione del presidente del consorzio di gestione dell’AMP Tavolara Punta Coda Cavallo pag. 5

Presentazione del direttore del consorzio di gestione dell’AMP Tavolara Punta Coda Cavallo pag. 7

L’isola, la geologia, i fossili pag. 9

Vicende ed insediamenti umani pag. 19

I forni di calce di Tavolara pag. 29

Tavolara la nave dei Feaci pag. 37

Flora e fauna pag. 41

Racconti fantastici pag. 65

Album pag. 75

Bibliografia pag. 79