UNA BELLA ABITUDINE - IIS A. Venturi Modena fiabe Portali... · caratteristiche, con la sua storia....

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Questa raccolta di favole è stata realizzata grazie agli alunni delle classi terze e quarte delle scuole primarie di Modena e provincia (A/S 2012/13), e illustrata da allievi dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.

Copertina, illustrazione di: Antonella BattilaniFrontespizio, illustrazione di: Irene Delvai

Progetto promosso dal Centro Commerciale i Portali

grazie al sostegno di Eurocommercial Properties Italia e Coop Estense

con il contributo di CIR food

in collaborazione con Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena

e con il patrocinio del Comune di Modena - Provincia di Modena e Regione Emilia Romagna

Progetto grafico di Proxima S.p.A. - Modena

La presente pubblicazione è distribuita in omaggio a fronte di una donazioneche verrà devoluta alle scuole che hanno partecipato alla realizzazione di questa raccolta.

UNA BELLA ABITUDINE

Le favoletra Secchia e

Panaro

Il territorio modenese visto con gli occhi dei bambini.

3ª edizione

Le favoletra Secchia e

Panaro

Erio BaraldiDirettore del Centro Commerciale

i Portali

L’iniziativa del Centro Commerciale i Portali denominata “Le Favole tra Secchia e Panaro” è già alla terza edizione.Decine di bambini, con l’aiuto delle loro insegnati, hanno attivato la lorofantasia, elaborando in qualche caso antichi racconti della tradizione locale.Infatti il sottotitolo “Il territorio modenese visto con gli occhi dei bambini” è il segreto dal quale scaturisce l’originalità del progetto.

Il progetto coinvolge spesso anche l’ambito familiare all’interno del quale sono custodite antiche parabole del contesto rurale - tipico del territorio modenese - il cui “tramando generazionale” risulta a volte impossibile se non stimolato da iniziative simili a questa… andrebbero così perduti momenti di tradizione e cultura locale.

… e poco importa se non sempre questi racconti fantastici sono accompagnati da una “morale”… per me il valore sta nel non disperdere le tradizioni e riconoscere l’importanza del territorio in cui si vive, facendone risaltare i particolari spesso nascosti nella fantasia del bambini…

Bravi bambini… e complimenti alle insegnanti che hanno colto questo messaggio e lavorato per questo progetto.

La creatività ci rende consapevoli che, ogni cosa fatta, è la testimonianza tangibile del nostro sentirci “vivi”, dell’essere noi stessi. Si tratta di un bisogno legittimo, universalmente condiviso che, particolarmente nei momenti difficili, diviene esperienza necessaria.

La terza edizione de “Le favole tra Secchia e Panaro” ha ereditato un’importante missione dalle precedenti: confermare che il cuore dei bambini emiliani pulsa ancora di fantasia e creatività. Nonostante tutto. Soprattutto ora. Sfogliando i volumi abbiamo potuto appurare la naturale capacità che i più piccoli hanno di comprendere il mondo psicologico delle persone, sia narrando eventi quotidiani sia immaginando storie colorate di mondi lontani.

Nei racconti si azzerano i confini e le distanze che spesso gli adulti impongono, e si intrecciano sogni e vita, paure e speranze, delusioni e desideri. Utilizzando la fantasia i bambini imparano a conoscere e a confrontarsi con il reale, se ne difendono, manifestano la volontà e l’ottimismo di cambiarlo.

Tutto questo continuerà a concretizzarsi sino a quando genitori, insegnanti, educatori considereranno la cultura come prioritaria nei processi di crescita e apprendimento. Per questo motivo, anche quest’anno, a tutti loro va il nostro sincero grazie.

Massimo MezzettiAssessore Cultura, SportRegione Emilia-Romagna

Quando si va a scuola solitamente si crede che sia finito il tempo delle fiabe.Così fortunatamente non è, perché significherebbe comprimere la fantasia e l’espressività non solo del bambino.Questa importante iniziativa editoriale, oltre all’importante coinvolgimento delle scuole, ottiene di passare per il tramite della descrizione fantastica ad attivare percorsi di educazione ambientale, di conoscenza della propria storia, dei luoghi e valori storici ed artistici, dei prodotti tipici, di valori etici e di relazione, ed arrivare attraverso i bambini anche alle famiglie.

La fiaba quindi come veicolo di trasmissione di contenuti che vengono assimilati senza la barriera della ufficialità, attraverso il valore simbolico dei miti e delle ritualità collegate, attivando momenti di lavoro di gruppo, animazioni, riflessioni guidate con l’obiettivo di stimolare momenti di vita e collaborazione collettiva dalla semplice composizione di una fiaba alla più complessa relazione sociale.

Un ulteriore apprezzamento dunque, per questa terza edizione, a tutti i promotori di questo progetto che sa cogliere nel bambino l’occhio attento della semplicità e che attraverso la fantasia ci descrive la sua visione delle cose ma sa soddisfare anche il nostro bisogno di immaginazione e di avventura.

Le fiabe non sono infatti evasione ma una diversa interpretazione delle possibili vie di uscita, ci offrono la possibilità di leggere, all’interno di ogni racconto, dei diversi percorsi di vita che celano importanti tracce di quello che è stato il cammino dell’umanità, della nostra realtà locale, dei problemi, delle difficoltà e delle ingiustizie in cui si è imbattuta e del modo in cui le persone (i personaggi), coinvolte hanno affrontato e, spesso, superato le loro fasi più difficili.

Le fiabe sono preziose perle di saggezza che possono aiutare bambini, ed anche noi, a crescere in maniera equilibrata, trovando il significato e le giuste motivazioni del “quotidiano” vivere e soddisfare il nostro bisogno di immaginazione e di avventura.Oggi, particolarmente, ne abbiamo tutti, tanto bisogno.

Mario Galli Vicepresidente della Provincia

di Modena

Le iniziative che promuovono la scrittura e la narrazione creativa, coinvolgendo direttamente i bambini e i loro insegnanti, meritano un convinto apprezzamento.Specie in tempi in cui, complici i media, gli strumenti informatici ed elettronici e le loro innumerevoli e irresistibili attrazioni fatte di immagini, giochi, comunicazioni in forma audiovisiva riversate a getto continuo verso i giovani fruitori, la lettura e l’elaborazione di testi sono diventati una vera e propria conquista di spazio mentale e creativo.

Va quindi dato merito agli ideatori del Concorso “Le favole tra Secchia e Panaro”, che stimola una delle forme più antiche e amate di racconto fantastico, promuove il lavoro collettivo delle classi che si cimentano nell’invenzione di una fiaba, valorizza il legame con il territorio, con le sue principali caratteristiche, con la sua storia.

Anche la storia recente, come quella dolorosa di un anno fa che ha costretto tanti bambini a conoscere il terremoto. Raccontare e inventare è però uno dei tanti modi per elaborare e lasciare alle spalle i brutti ricordi. Oltre a questo, che ha grande valore per tutti, le classi premiate possono andare fiere di avere aiutato la propria scuola, grazie alle finalità solidali del concorso che prevede di devolvere a favore delle scuole i proventi della distribuzione del libro delle favole.

Ci sono dunque molte buone ragioni per complimentarsi con i promotori e con i protagonisti di questa bella iniziativa.

Giorgio PighiSindaco di Modena

La collaborazione fra l’Istituto Superiore d’Arte Venturi di Modena e Proxima è giunta al secondo anno consecutivo e i risultati ci confortano e ci stimolano a proseguire. I due volumi di fiabe, i cui disegni sono realizzati da studenti della scuola d’arte appartenenti a varie classi, sono una fresca e vivace testimonianza della qualità realizzativa, della sensibilità espressiva e della capacità di interpretare - con elaborazioni ricche, originali e personali - le parole dei racconti scritti dai bambini delle scuole primarie, guidati dalle loro infaticabili maestre.

La scuola dimostra una volta di più di essere il luogo dove si possono catalizzare positivamente le energie di quei ragazzi che spesso nei media e nell’opinione pubblica generale vengono percepiti chiusi nei loro mondi virtuali. In questo caso gli studenti lavorano nel periodo estivo, in piena autonomia, poiché le favole vengono consegnate alla chiusura dell’anno scolastico: noi docenti di materie artistiche e progettuali non facciamo altro che identificare gli studenti più adatti a sviluppare un percorso di illustrazione e affidiamo loro le parole dei bambini.

È una sfida e una scommessa sulle loro abilità e sulle loro responsabilità rispetto all’assunzione di un impegno, ma soprattutto una “prova di volo” in autonomia rispetto alla guida dell’insegnante. Quest’anno abbiamo scelto anche studenti giovanissimi, delle prime e seconde classi, insieme ad altri dotati di maggiore esperienza e, come lo scorso anno, tutti ci hanno sorpreso con soluzioni inedite e divertenti.

Riteniamo che la possibilità offerta da Proxima alla scuola sia una occasione irrinunciabile perché i ragazzi possano esercitare il proprio talento sul campo, provando “dal vero”, realizzando il sogno di condividere il proprio lavoro con gli altri, facendo uscire dai propri “cassetti” interiori le proprie idee e la propria personalità. Gli insegnanti del Venturi che hanno collaborato sono Margherita Mantovani, Antonella Molinari e Marilena Ballotta.

Antonella BattilaniDocente coordinatrice

Istituto Superiore d’Arte Venturi di Modena

Illustrazione di: Valeria Morgana Volpi

Illustrazione di: Giada Lanzotti

Castelfranchi, una storia, un giardino pag. 16

Clarissa e le tre prove di Cittanova pag. 22

Il maialino di pietra pag. 28

Il Ponte del Diavolo pag. 34

La faccia della luna (l’unione fa la forza) pag. 38

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ce Scritta da: classe 4ª D (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Elvira Castelfranchi” - Finale Emilia (MO)Illustrazioni di: Giulia Silingardi

Scritta da: classe 4ª (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Lanfranco” III° Circolo - Cittanova (MO)Illustrazioni di: Anita Accorsi

Scritta da: classe 4ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Don Milani” - Castelnuovo Rangone (MO)Illustrazioni di: Marco Rubbera

Scritta da: classe 3ª U (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “A. Corsini” - Verica - Pavullo nel Frignano (MO)Illustrazioni di: Rebecca Tremazzi

Scritta da: classe 3ª B (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “C. A. Dalla Chiesa” - Massa Finalese (MO)Illustrazioni di: Gabriele Melegari

L’aceto magico pag. 48

Polinacus e storie d’altri tempi pag. 54

La leggenda del Panaro pag. 60

Martina e il suo confidente Tepping pag. 64

Le vasche di Carpi pag. 70

Scritta da: classe 3ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Carlo Collodi” - XI Circolo - ModenaIllustrazioni di: Giada Brini

Scritta da: classe 4ª (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “P. Perini” - Polinago (MO)Illustrazioni di: Marco Tancredi Bonini

Scritta da: classe 3ª D/E (A/S 2012/13) - Istituto Comprensivo “G. Marconi” - Castelfranco Emilia (MO)Illustrazioni di: Enrica Martinelli

Scritta da: classi 3ª C (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Primo Levi” - Castelvetro (MO)Illustrazioni di: Costanza Maccaferri

Scritta da: classe 3ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria Paritaria “Sacro Cuore” - Carpi (Mo)Illustrazioni di: Tsehay Casarini

Castelfranchi, una storia,

un giardino era una volta un lombrico, un lombrico sfaticato. Che non voleva lavorare,ma starsene sdraiato. Non voleva pulire i rifiuti speciali, e tutti gli altri lombrichi fecero uguali. La Dea della terra si arrabbiò!!E il lombrico trasformò, in un essere affamato, stanco ed assetato. Nella terra si rifugiò,una talpa incontròe alla fine la sposò. La festa iniziò con un botto che stordìtutti gli animali che erano lì!!

Passarono due millenni e dodici anni, e nella vallata attraversata dal fiume Panaro, c’era un paese con una scuola immensa e un giardino meraviglioso con fiori dai mille colori. In questo luogo, di giorno i bambini scrivevano, leggevano, imparavano, chiacchieravano e nelle belle giornate giocavano con gli amici in giardino.

Scritta da: classe 4ª D (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Elvira Castelfranchi” - Finale Emilia (MO)Illustrazioni di: Giulia Silingardi

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C’

Di notte, invece, era abitato da tanti animaletti che durante il giorno, però, si nascondevano per paura di essere calpestati o intrappolati da quegli esseri dinamici, giganteschi, chiamati scolari. Alcuni erano rispettosi della natura, altri si arrampicavano sugli alberi, catturavano gli insetti, gettavano gli involucri delle merende per terra. Insomma, sembrava un vero e proprio terremoto! Un passero, appollaiato sopra un ramo, osservava, ascoltava e pensava a quello che sarebbe potuto accadere se la famiglia Lombritalpa si fosse svegliata! Erano anni, secoli che si era addormentata! Nel giardino della scuola, accadevano cose meravigliose che solo pochi riuscivano a percepire!

Un giorno, dei bambini notarono un piccolo albero che non riusciva a crescere. Decisero di prendersene cura e di difenderlo dagli attacchi furiosi di altri bambini.

Un venerdì mattina, i bambini che proteggevano l’albero notarono alcuni bambini che strappavano le poche foglie rimaste. Subito accorsero in suo aiuto: “Fermatevi! Non vi hanno mai detto che le piante sono esseri viventi e bisogna rispettarli?”“Essi sono indispensabili per la nostra esistenza, se li maltrattate la Natura si arrabbierà!”

I bambini indispettiti li guardarono, risero a crepapelle e scapparono via. Rattristati, dopo aver salutato l’albero amico ritornarono in classe, la ricreazione era finita. Un bruco che nel frattempo stava costruendo la sua casa, osservò e ascoltò tutto e pensò che doveva attuarsi una metamorfosi per cambiare il modo di vedere le cose. Dopo un po’ s’infilò nel suo bozzolo e si addormentò.

Giunse la festa della scuola che, come tutti gli anni, veniva 18

organizzata nel giardino. Il 19 maggio, quasi tutti i bambini si incontrarono nel giardino della scuola per festeggiare e per divertirsi. Gli adulti accesero la musica, si iniziò a giocare, a bere e a mangiare. La festa dopo un po’ divenne un luogo poco vivibile, c’era tanta confusione, bambini che urlavano e non capivano neanche quello che si dicevano, gli involucri di carta e di plastica venivano lasciati di qua e di là. I bambini si arrampicavano sugli alberi. Un vero e proprio delirio!

Gli animali dall’alto delle chiome osservavano esterefatti!Sottoterra, però qualcosa si stava svegliando! Forse la troppa confusione stava disturbando qualcuno?Finita la festa, se così si può definire, si ritornò a casa. Durante la notte un forte boato svegliò tutti. La famiglia Lombritalpa, purtroppo, si era svegliata. Cos’era successo?

Prima e durante la festa i bambini e gli adulti non si erano accorti di come avevano maltrattato la natura intorno a loro. Il risveglio dei Lombritalpa provocò dei danni interni alla scuola e ai monumenti del paese. Soprattutto la torre del tempo si fermò!Tutto era in movimento tranne i cuori che parevano essersi fermati dalla profonda paura. I bambini non poterono più ritornare a scuola e con il passare del tempo la situazione divenne ancora più triste.

Il Bruco che si era addormentato si svegliò, trasformato in una stupenda farfalla. La metamorfosi era compiuta. La farfalla dopo qualche giretto di perlustrazione, si accorse che la scuola era deserta, e che nessuno curava il piccolo albero.

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Volò, volò tanto, fino a quando vide una nuova scuola dove tutti i bambini giocavano. Erano tranquilli ma nello stesso tempo un po’ giù d’umore, perché non c’erano i loro amici alberi, animali e insetti vari che strapazzavano. Si resero conto della loro importanza.

Decisero, così, di portare ognuno una piantina e di piantarla nel nuovo giardino con la promessa di prendersene cura. Avendo visto quello di cui erano capaci di fare i bambini, la farfalla si allontanò speranzosa nei vasti campi della vallata. Anche se i Lombritalpa ancora si fanno sentire, siamo sicuri che si staranno riaddormentando per altri duemila e dodici anni. Promettiamo solennemente di rispettare e prenderci cura della natura, perché se la rispetti lei ti premia.

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Clarissa e le tre prove di Cittanova

Scritta da: classe 4ª (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Lanfranco” III° Circolo - Cittanova (MO)Illustrazioni di: Anita Accorsi

anto tempo fa Secchia e Panaro strariparono; le acque raggiunsero Mutina, perciò gli abitanti presero alcune provviste e qualche vestito e in fretta e furia fuggirono. Clarissa con la mamma e altri raggiunsero un isolotto a otto chilometri dalla città che si trovava vicino alla via Emilia. Lei si emozionò: quella era la grande via costruita dai Romani nel 187 a.C. e serviva per poter commerciare coi paesi del Nord. Sull’isolotto in poco tempo sorse una nuova città chiamata Cittanova.

Clarissa era di famiglia povera e mentre andava in cerca di verdure trovò alcuni reperti romani: dentro di sé desiderava sposare un cavaliere longobardo, ma anche aprire un piccolo museo dove raccogliere vasi, ciotole e fibbie dei regnanti.

Un giorno mentre stava tornando da Marzaglia sul Secchia incontrò una maga: aveva un abito scuro ma il suo viso esprimeva bontà. Ella le disse: “Prendi questo anello di bronzo, appartiene ad un cavaliere.

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Se tu lo terrai sempre con te potrai superare tre prove: per prima cosa dovrai ritrovare l’epigrafe di Liutprando, Re dei Longobardi, che è stata smarrita, poi dovrai recarti al santuario di San Geminiano e fare un pellegrinaggio a piedi, infine dovrai attraversare il Secchia da Marzaglia a Rubiera”.

Clarissa cominciò a camminare alla ricerca dell’epigrafe, quando vide alcuni schiavi scavare le fondamenta della chiesa di San Pietro. Decise di aiutarli ma poco dopo, all’improvviso, vide su una pietra una scritta latina. Era l’epigrafe! Toccò l’anello e di lì a poco apparve un bellissimo cavaliere e lei se ne innamorò. Edoardo, questo era il nome, ci teneva alla salvezza della ragazza e le disse: “Per arrivare al santuario dovrai affrontare dei mostri e una voragine che non vedrai perché sarà buio e notte”.

Arrivò la sera. Clarissa partì e si accorse che si mise a piovere. Quando era quasi a mezza strada inciampò su qualcosa e decise che era ora di tirare fuori l’anello di bronzo. Lo toccò, si accese, poi vide una luce provenire proprio da lì. In seguito si chinò e vide l’ombra di un piede gigante: intuì che era inciampata su quel piede. Sfiorò l’anello e un ramo robusto cadde sul gigante intrappolandolo. Si accese una luce; vide il santuario e si mise a pregare.

Edoardo comparve di nuovo e le indicò la strada per il Secchia. Clarissa arrivò velocemente al fiume e si mise a nuotare: dopo un’ora e mezza vide la sponda, ma era lontana.

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All’improvviso trovò dei pesci che non erano mai esistiti. Era un miraggio: li toccò e si accorse che erano vivi! Furono proprio loro a farle raggiungere Rubiera. Mentre saliva sull’argine del Secchia le apparve di nuovo la maga buona che le disse: “Clarissa, hai avuto coraggio e con tenacia hai saputo superare le tre prove! Meriti di vedere esauditi i tuoi desideri”.Così vide ricomparire il suo bel cavaliere e si confessarono il loro amore.

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Una settimana dopo si sposarono ed Edoardo fece in modo che Clarissa ritornasse con lui a Mutina, nella sua bella città. Lì dove oggi c’è il Museo Estense, lei aprì una piccola bottega ove mise in mostra ciotole, lucerne, pezzi di anfore romane ritrovati in quel pezzetto di provincia tanto sconosciuto, ma anche tanto ricco di storia che si chiama Cittanova.

era una volta a Castelnuovo Rangone un castello che apparteneva ad una famiglia nobile che da anni dominava il territorio che andava da Modena a Spilamberto. In quei giorni vivevano lì dei Marchesi con la loro unica figlia Smeraldina: aveva lunghi capelli biondi e lisci come seta, gli occhi erano verdi come l’erba… era una fanciulla a cui piaceva tanto andare a cavallo nei territori appartenenti alla sua famiglia.

Un bel giorno la marchesina volle andare, con la sua dama, in campagna. Mentre galoppava il cavallo si azzoppò; Smeraldina chiese aiuto ad un anziano contadino che la portò nella sua fattoria a Cavidole: “Potrebbe guarire il mio cavallo che si è azzoppato?”, gli chiese. Il vecchio le rispose: “Io non ti posso aiutare, ma mio figlio ti darà una mano, appena tornerà dal raccolto”. Il contadino offrì alla bellissima fanciulla pane e salame e una bella marmellata di ciliegie che Smeraldina apprezzò molto.

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Scritta da: classe 4ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Don Milani” - Castelnuovo Rangone (MO)Illustrazioni di: Marco Rubbera

Il maialinodi pietra

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Il figlio ritornò dai campi e chiese alla ragazza: “Come ti posso aiutare?”“Per favore, guarisci il mio cavallo che si è azzoppato”. Celestino, questo era il suo nome, le disse: “Un cavallo non si può curare in quattro e quattr’otto… ci vuole almeno una settimana, ti darò il mio cavallo per ritornare a casa, ci vediamo fra sette giorni…”Smeraldina lo ringraziò e se ne tornò a casa, innamorata persa del bel contadino…I genitori scoprirono il segreto di Smeraldina grazie alle parole riferite da Olimpia, la dama: in realtà, in passato, Celestino era stato un suo amore non corrisposto.

Le notti seguenti la marchesina non chiuse occhio pensando al giovane contadino e anche Celestino non riusciva a dormire per l’amore provato verso Smeraldina. Passata la settimana, Smeraldina andò a riprendersi il suo cavallo e dopo averlo ricevuto diede un bacio a Celestino. La dama, che aveva seguito la fanciulla a sua insaputa, vide il bacio e rossa dalla gelosia riferì di nuovo tutto ai Marchesi. I genitori proibirono a Smeraldina di incontrarsi con Celestino. Ma il giovane contadino, non sapendo nulla dell’accaduto, una bella sera di maggio, tra profumi di glicine e rose…fece una serenata sotto le finestre della ragazza; i marchesi sentendo la musica ne trovarono l’autore e lo fecero imprigionare nelle prigioni più segrete del castello.

Il vecchio padre, disperato, per liberare il figlio portò ai marchesi tutti i suoi averi: vino, prosciutti, salami, formaggio grana e tanta frutta, mele, pere, ciliegie…I signori vedendo e apprezzando tutte quelle leccornie si commossero e… decisero di liberare Celestino permettendo anche le nozze.

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Ma la dama Olimpia, che era anche una maga, trasformò il povero ragazzo in un maialino. Smeraldina pianse tutte le sue lacrime ed una di queste cadde sulla fronte del piccolo animale e per magia… il maialino riprese le forme del bel giovane. Così i due giovani poterono finalmente sposarsi ed in ricordo dell’antico sortilegio, fecero costruire una statua a forma di maiale.

La maga Olimpia, non del tutto sconfitta, pronunciò ancora un incantesimo: la statua sarebbe ritornata un maialino qualora il torrione fosse caduto… ma questo non è ancora accaduto… dopo tanti anni… e il maialino è ancora lì, in piazza a Castelnuovo Rangone.

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Scritta da: classe 3ª U (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “A. Corsini” - Verica - Pavullo nel Frignano (MO)Illustrazioni di: Rebecca Tremazzi

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Il Ponte del Diavolo

era una volta un contadino, messer Polo, che per andare a lavorare nel suo podere tra il territorio di Pavullo nel Frignano e quello di Lama Mocogno, doveva attraversare un torrente. Tutte le volte che veniva a piovere, il ruscello s’ingrossava e lui rischiava la vita per guadarlo, perciò imprecava a voce alta.

Satana, il diavolo, avendo sentito le imprecazioni di messer Polo, gli apparve e gli promise un ponte in cambio della sua anima.

Lui, stanco di tutte le difficoltà che doveva affrontare nei periodi delle piogge, acconsentì. Il diavolo, allora, andò subito a costruire un magnifico ponte di pietra, se lo caricò sulle spalle e si avviò per portarlo sul torrente.

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A notte fonda, arrivato in mezzo ad un castagneto, vide delle streghe che ballavano. Avevano la pelle giallognola, lunghi capelli grigi e spettinati, abiti e cappelli neri a cono e unghie tanto lunghe che sembravano artigli. Si muovevano intorno ad un grande falò, con buffe piroette ed il diavolo si incantò a guardarle. Intanto il tempo passava e giunse il mattino.

Quando il gallo cantò, Satana, che odiava la luce, iniziò a correre per tornare all’inferno e dovette lasciar cadere nel bosco il ponte.

E così ancora oggi il “Ponte del Diavolo” può essere ammirato in mezzo ad un castagneto fra Pavullo e Lama Mocogno e tutti coloro che passano in cerca di funghi o castagne, si chiedono come mai sia stato costruito un ponte tanto bello e maestoso in un luogo dove non ci sono corsi d’acqua.

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Scritta da: classe 3ª B (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “C. A. Dalla Chiesa” - Massa Finalese (MO)Illustrazioni di: Gabriele Melegari

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La faccia della luna

(l’unione fa la forza)

uando i nonni dei nostri nonni erano bambini, vicino al canale Vallicella, tra Medolla, San Felice e Camposanto, c’era un grande bosco chiamato “Bosco della Saliceta”. Nel bosco c’erano tante piante: il pioppo, l’olmo, il salice, il noce, l’ontano, siepi di biancospino con tutti i frutti rossi chiamati “cagapui” e anche querce secolari. C’erano anche molti animali: fagiani, daini, cinghiali, lepri, scoiattoli, volpi, bisce, talpe, gufi e non mancava il re degli uccelli, il falco pellegrino che si poteva ammirare all’alba e al tramonto mentre scendeva in picchiata, veloce come un fulmine.

In una casetta al margine del bosco, dalle parti di San Felice, abitavano due gemellini con la loro nonna e i genitori. La bambina si chiamava Fragolina la rossa perché era golosissima di fragole selvatiche e aveva capelli lunghi e rossi che le cadevano sulle spalle. Suo fratello si chiamava Pietro, ma era magro come uno stecchino e tutti lo chiamavano Pirìn.

La nonna Cucca conosceva fantastiche storie in dialetto e, nelle sere d’inverno, le raccontava ai due fratellini.

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Dopo cena chiamava i nipotini così: “A let a let a voi andar, tut i sant a voi ciamar, tri da co e tri da piatut i sant e i mì fradia”

I gemelli s’infilavano subito sotto le coperte perché sapevano che la nonna avrebbe cantato loro una ninna nanna: “Nanin cuchettache la mamma l’è andada a mesache al papà l’è andà al marcàal putìn s’è indurminsà!”

Pirìn preferiva la filastrocca del cavallo. “Nonna! Nonna! Raccontami quella del cavallino!”, diceva, con la testa appoggiata sul cuscino. E la nonna con voce dolce cominciava: “Trututela cavalìncal dasgniva dal mulin,cal dasgniva da la val,trututela al mì caval”

Cucca non aveva ancora finito che i bambini erano già addormentati!

E il dolce risveglio era questo: “Din don campanon, la campana fa din dona ghira sota du putìnch’i sc’iamava cagnulìn.Cagnulìn bau bauE la gata miao miao;al galtìn chicchirichì,salta su putìn clè dì”

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I bambini si svegliavano, preparavano la loro cartella di cartone e infilavano i piedini negli zoccoli di legno per andare a scuola a Dogaro. Durante le vacanze andavano a giocare nel bosco con l’altalena (“la plinga”) che aveva costruito il loro papà, oppure a nascondino e quando avevano finito la conta dicevano: “Chi è dentar è dentar, chi è fora è fora!”

Pirìn amava soprattutto giocare con la fionda.D’inverno, quando la neve ricopriva il bosco come una coperta bianca, i bambini giocavano alla “sblisga” scivolando sul ghiaccio. La vita nel bosco era bellissima per i due fratelli e la loro famiglia. Ma… vicino a un luogo chiamato “Regina del bosco” c’era una raduna circondata da un intreccio fitto fitto di rami e foglie, un “muro” quasi invalicabile formato soprattutto da cespugli di fragole. Al centro della radura, protetta dalla vegetazione, abitava una strega di nome Notturna Pistapia.

Si chiamava Notturna perché odiava tutti i colori e in particolare il rosso, usciva solo di notte quando non c’era la luna e il buio e la fumana circondavano il bosco. La strega non sopportava il colore rosso perché quando era piccola le piacevano tanto, tanto, tanto le fragole e un giorno ne fece una tale scorpacciata che le venne un terribile mal di pancia: dovette restare venticinque giorni sul water! Tutti la prendevano in giro.

Da quel giorno la sua vita cambiò: si vestiva di nero e di grigio, cominciò ad odiare le fragole e i colori, ma anche la gioia, i sorrisi, la felicità. E quando si arrabbiava… pestava i piedi come i bambini piccoli: per questo si chiamava Pistapia.

Naturalmente i genitori avevano raccomandato a Pirìn e Fragolina di non andare nel centro del bosco… anche perché si diceva che

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la strega, quando trovava dei bambini soli, recitasse una formula magica: “Lumaga lumaghìntira fora tri curnìn,un par mì,un par tì,un par la vecia ad San Martìn”e… zàcchete! I bambini si trasformavano in lumache.A quel punto Notturna le raccoglieva, confezionava succulenti spiedini e se li gustava.

Un giorno Fragolina e Pirìn, mentre giocavano nel bosco, sentirono un invitante odore di fragole e, golosi com’erano, disubbidirono ai genitori, entrarono nel bosco e arrivarono vicino alla radura dove abitava la strega.Dietro una siepe di biancospino, videro un grande cespuglio di fragole, ne raccolsero un bel po’, ne mangiarono tante e si addormentarono vicino ad una quercia.Si fece buio.

Era una notte senza luna e la fumana abbracciava tutto il bosco, la notte ideale per Notturna Pistapia… era domenica, verso le quattro… la strega si svegliò presto, come al solito, spalancò la finestra, respirò la fumana e disse: “Che bella notte! Uscirò per fare una passeggiata”

Cammina cammina, notò tra i rami un cestino dove appena appena si intravedeva il rosso delle fragole. Il suo viso diventò blu.Voltò leggermente la testa e vide i capelli lunghi e rossi di Fragolina. La sua bocca si aprì in una smorfia e urlò: “Rrooosssssso!!”Strinse i pugni, digrignò i denti e… pestò, pestò, pestò i piedi così forte che provocò un terribile terremoto. Fu una catastrofe: le tane delle talpe e degli scoiattoli furono distrutte e anche i nidi degli uccelli sembravano scaraventati a terra da una mano invisibile. Il bosco rimase a lungo in silenzio, impietrito dalla sorpresa e dalla paura.

Fragolina si fece coraggio, prese il fratellino per mano e come un fulmine tornò a casa, correndo a perdifiato. I genitori erano fuori nel cortile, la mamma piangeva piano e il papà con le labbra tremanti li abbracciò e disse: “N-oon preocc-u-patee-vii!”. Fragolina guardò la sua casa e le si strinse il cuore: sul muro c’era una crepa enorme come uno scarabocchio.

A Massa Finalese, vicino al castello Carrobbio, abitava la gemella di Notturna, la fata Diurna.Si chiamava così perché amava i colori, la luce, la gioia, il sorriso e voleva bene alle persone. Era soprannominata Cioca-il-màn perché, per realizzare le sue magie, batteva le mani. Diurna aveva sentito il terremoto e si preoccupò per sua sorella Notturna, anche se non andava d’accordo con lei.

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Allora attraversò Rivara, San Felice e arrivò al Bosco. Vicino al ponte del canale Vallicella incontrò la famiglia di Fragolina e vide il disastro.

Il suo cuore era gonfio di tristezza, ci pensò su e disse con voce melodiosa: “Aprirò il mio librone, troverò la soluzione!”Allora cercò, cercò, cercò e trovò la parola terremoto. Vicino, tra parentesi, c’era scritto: “Se stringo una mano mi sento sicura, non ho paura della paura!”“Ecco”, esclamò la fata, “ho trovato! Tutti insieme ce la faremo! Dobbiamo collaborare!”Allora battè le mani e, come se avesse usato un fischietto ad ultrasuoni, tutti gli animali del bosco corsero intorno a lei. “Via, al lavoro”, ordinò la fata, “Rimbocchiamoci le maniche!”

Tutti si misero all’opera e la forza della collaborazione li animava. Le formiche avanzavano come tanti soldatini e le api, con la loro cera, ripararono le gallerie delle talpe; il loro ronzio sembrava una dolce musica. Persino il gufo rinunciò al suo sonno giornaliero, aprì un occhio, si alzò in volo e aiutò la cinciallegra a ricostruire il nido sulla quercia secolare. Anche il papà di Fragolina riparò l’enorme scarabocchio sul muro della casa e in poco tempo tutto ritornò come prima. Tutto bene, dunque? E vissero felici e contenti?No, perché nel bosco c’era ancora lei… la strega Notturna Pistapia!Che fare?

Diurna aprì il suo librone, trovò la parola Notturna e la formula magica: “Il Bene sul Male vincerà se la strega riderà!”“Io, lo so”, disse Pirìn, “facciamole il solletico, ma… tutti insieme!”Allora Diurna battè le mani e tutti gli animali del bosco si radunarono intorno a lei.

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Andarono subito alla casa della strega, le lucciole illuminavano il cammino. Appena arrivati, le talpe scavarono sotto la porta, entrarono e aprirono a tutti gli altri. La strega dormiva russando come un trattore.

Le prime a muoversi furono le formiche che s’infilarono tra le dita dei piedi di Notturna, camminando su e giù, su e giù… la strega arricciò il naso e continuò a dormire.Poi si mossero i coniglietti che le strofinarono i codini sotto le ascelle. “Ihh! Ihh!”, fece Notturna e si voltò dall’altra parte scoprendo la schiena. A quel punto Diurna lanciò il grido di guerra: “Aaall’attaccooo!”Le coccinelle si infilarono nelle orecchie, le lumache strisciarono sulla fronte e la falene cominciarono a sbattere le ali sotto il mento. Notturna strabuzzò gli occhi e scoppiò in una fragorosa risata che si sentì fino a Medolla, poi si sedette di scatto sul letto e spiccò il volo sfrecciando come un missile sopra gli alberi, in direzione di Camposanto.

All’improvviso il cielo si illuminò di mille e mille stelle e i fuochi d’artificio, come d’incanto, illuminarono la radura.Cento e cento fiori spuntarono dall’erba del prato e un arcobaleno, come un ponte multicolore, unì la chiesetta della Regina del Bosco con quella dell’Entrà.Tutti si tenevano per mano, felici, tranquilli, e guardavano il cielo.

E Notturna Pistapia?Nessuno ne seppe più niente. Ma… ancora oggi, nelle notti d’estate, se osservate bene la luna che risplende nel cielo sereno, gialla e tonda come un’enorme frittata, vi sembrerà di vedere una specie di faccia: due occhi, un naso, una bocca. È lei, è Notturna… che ci guarda e ancora ride!

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era una volta, appena fuori Modena (dove ora c’è il quartiere Crocetta) una bellissima villa chiamata Pentetorri.Questa era la residenza estiva del duca di Modena, famosa per il favoloso bosco che la circondava dove spesso venivano organizzate dalle battute di caccia.Il duca, in occasione del suo ventunesimo compleanno, pensò di organizzare una splendida festa da ballo proprio nella villa di campagna. Per l’occasione invitò tre principesse dei regni lontani, due duchesse dei regni vicini e altre venticinque ragazze nobili. Nella sua testa aveva immaginato di trovare tra queste ragazze una moglie adeguata.

Poiché lui era appassionato di cavalli, la futura sposa oltre che bella, doveva essere anche un’abile amazzone. Organizzò quindi una battuta di caccia per mettere le ragazze alla prova. Il giorno definito per la festa tutte le giovani arrivarono al palazzo ducale sulle loro meravigliose carrozze e si stupirono un po’ quando furono invitate a partecipare ad una battuta di caccia nella villa estiva: villa Pentetorri. Per non deludere il duca, tutte si prepararono, anche se molte di loro non amavano dover galoppare su un cavallo perché temevano di spettinarsi.

Scritta da: classe 3ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Carlo Collodi” - XI Circolo - ModenaIllustrazioni di: Giada Brini

C’

L’aceto magico

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Fra queste ragazze c’era anche Angeline, che in realtà era una brutta strega che anni fa aveva rubato la bellezza e la gioventù ad una principessa. Ora era una stupenda ragazza che sperava di farsi sposare dal duca solo per potersi appropriare dei suoi soldi.Angeline approfittò subito della battuta di caccia per mettersi in mostra e, volendo dimostrare di essere coraggiosa, si mise al galoppo proprio di fianco al duca. Al suono della tromba tutti partirono e si addentrarono nel bosco, ma subito il duca, richiamato dal verso di un animale, si allontanò un po’ da loro.

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La strega approfittando del fatto che era rimasta sola con le altre ragazze fece un maleficio e le trasformò in volpi, cinghiali e anatre. Alla scena però assistette la vecchia cuoca del duca che era capitata lì per caso per raccogliere i frutti di bosco necessari per guarnire il dolce. Capì subito di essere di fronte alla stessa strega che anni fa l’aveva trasformata in una grassa vecchia cuoca rubandole la bellezza e la gioventù. Pensò che finalmente era arrivato il momento di vendicarsi e cominciò a ragionare sul come fare per smascherarla. Quando il duca si accorse che le donne erano rimaste indietro tornò a cercarle ma sorpresa… vide solo la bellissima ragazza che aveva notato al suo fianco al momento della partenza dalla villa.

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Le chiese allora dove fossero andate tutte le altre e lei, con fare innocente, gli rispose che avevano mangiato delle bacche che avevano provocato loro dolori fortissimi alla pancia costringendole così a tornare subito alla villa. Il duca rimase un po’ perplesso e decise di andare a vedere come stavano.

La strega allora fece immediatamente un ulteriore incantesimo: offrì al duca una lucentissima, tonda e profumata ciliegia, imbevuta di una pozione. Chi l’avesse mangiata si sarebbe innamorato di lei.Il duca non potè resistere e appena mise in bocca l’invitante frutto rimase così stordito che dimenticò le altre fanciulle e continuò la battuta di caccia con la bellissima ragazza della quale sentiva di essersi ormai perdutamente innamorato.

Nel frattempo la cuoca, rientrata in villa, andò a cercare la carrozza della strega nella quale trovò nascosti alcuni libri di magia dai quali copiò una pozione.

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Quando, al tramonto, il duca e Angeline rientrarono in villa, trovarono ad accoglierli tutta la servitù che li accompagnò all’interno dove era stato preparato un suntuoso banchetto. I due innamorati si sedettero e la cuoca cominciò a fare servire le varie portate. Si iniziò con un antipasto di gnocco fritto e formaggio grana. Poi ci furono i primi: tortellini, lasagne e rosette. Quando poi si arrivò al secondo il duca chiese che venisse portato il famoso Aceto Balsamico prodotto proprio da lui e del quale andava fiero. Non vedeva l’ora di farlo assaggiare alla sua innamorata.

La cuoca portò di persona la preziosa ampolla nella quale, insieme all’aceto, aveva messo la pozione che aveva preparato seguendo la ricetta rubata proprio alla strega. Appena la ragazza assaggiò il liquido violaceo… PUF… si trasformò in una vecchia e racchia strega liberando così la bellezza e la gioventù che tornarono alla cuoca. Contemporaneamente anche le ragazze trasformate in animali furono liberate dall’incantesimo e corsero alla villa.

Figuratevi la faccia stupita del duca che rimase a bocca aperta non capendo cosa stava succedendo. Appena si riprese dallo shock vide com’era diventata bella la sua cuoca e si innamorò di lei. Volle sposarla di lì a tre giorni. Fu organizzata una festa bellissima. Da quel giorno il duca continuò a produrre il suo aceto che era sempre più buono e “magico” tanto che divenne famoso in tutto il mondo, oltre che per il suo delizioso sapore, anche perché si credeva avesse la capacità di fare innamorare.

Dimenticavamo: la strega fu punita facendole lavare tutti i piatti sporcati durante il matrimonio e le furono tolti tutti i poteri magici. Poi fu relegata a pulire per tutta la vita le scuderie ducali e fu triste e invidiosa della felicità degli sposi che, come in tutte le fiabe, vissero felici e contenti.

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era una volta un paesino piccolo, ancora immerso nella preistoria con dei bambini e degli abitanti allegri e vivaci. Era un luogo un po’ misterioso perché di notte si sentivano dei rumori sconosciuti echeggiare tra i monti e si vedevano delle ombre di animali feroci che facevano paura.Vi era anche una scuola primitiva composta da una sola classe: la quarta Polinacus. C’erano undici bambini vivaci dai nomi strani: Bagungam, Cincunga, Nacunga, Monga, Mingo, Enchinga, Kin, Prongan, Pronganchi, Frinca e Frong.

In quella scuola non si scriveva perché non era ancora stata inventata la scrittura, ma i bambini stavano insieme ogni giorno a chiacchierare e imparavano a trovare soluzioni ai problemi parlando tra loro allegramente. Inoltre apprendevano l’arte del disegnare sulle pareti e sulle tavolette.

C’

Scritta da: classe 4ª (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “P. Perini” - Polinago (MO)Illustrazioni di: Tancredi Marco Bonini

Polinacus e storie d’altri tempi

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Nel paese si teneva ogni anno il concilio delle streghe di Ibis, di Atena e di Prescila. I bambini erano incantati dai poteri di queste ultime e si facevano narrare le loro incantevoli avventure, ogni sera prima di dormire. Un bel giorno, mentre Sole Giallo si stava alzando nel cielo, i bambini andarono alla loro amata e divertente scuola, ma… quando aprirono la porta, videro le loro tavolette d’argilla, usate per disegnare, distrutte e gli stilo spezzati a metà. Allora i bambini se ne tornarono tristemente alle loro capanne e il loro re Lugal fu avvisato. Egli ordinò ai suoi guerrieri di sorvegliare giorno e notte la scuola, ospitata nel tempio.

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Accadde qualcosa di molto strano: quando i guerrieri si misero in cammino verso la scuola videro il fantasma di T-Rex andarsene a spasso mangiando i prodotti coltivati dai contadini del villaggio. Le guardie, a quel punto, corsero nel tempio più vicino di Brandola dove il re stava riposando. Lo informarono dell’accaduto e dei loro falliti tentativi nel catturare lo sgradito ospite. A quel punto il re capì che vi era un grosso problema da risolvere e che tutti dovevano aiutare. Così chiese agli abitanti e ai bambini del paese di dare la caccia a quel terribile fantasma.

Tutti si riunirono, raccolsero le lance, le fionde e le restanti armi e si avviarono verso la scuola con una ritmica marcetta propiziatoria. Arrivati, videro il fantasma di T-Rex che saltellava, faceva delle pernacchie scappando alle loro spalle e distruggendo ogni cosa da esso sorvolata. Il re e gli abitanti tornarono dalla scuola, si fermarono in un altro tempio: quello chiamato Montecuccoli e si misero a dormire perché erano esausti.

Il giorno seguente, ai bambini venne in mente un’idea che al re Lugal non sarebbe piaciuta perché egli stesso avrebbe dovuto chiedere aiuto al Concilio delle Streghe, sue acerrime nemiche. Il re inizialmente disse di no, poi ci ripensò e accettò.

Lugal andò al Concilio ed umilmente chiese aiuto alle streghe.Queste capirono che si trattava di un’emergenza e, impietosite, acconsentirono. Era ormai l’ora del Sole Rosso e si diressero insieme verso la scuola tanto amata dai bambini.

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Le streghe, protette dalle lance dei guerrieri, si unirono disponendosi in cerchio, invocarono l’aiuto di Sole Amico, pronunciarono poche parole magiche e fecero un incantesimo tale che il fantasma di T-Rex si dissolse e sparì per sempre dalla vista degli abitanti di Polinacus.

Lugal ringraziò i bambini per la loro idea e le streghe per il prodigioso incantesimo. Le streghe, dopo aver fatto il loro dovere, se ne stavano per andare, quando i bambini chiesero con occhi dolci a loro e a Lugal di tornare amici come una volta.

I piccoli fanciulli, per meglio convincerli, iniziarono poi a raccontare delle fantastiche e trascorse avventure, ormai dimenticate, di cui avevano sentito parlare nel villaggio. Così il sovrano e le streghe ci pensarono un po’ su, poi si ricordarono dei vecchi tempi e accettarono la proposta.

Re, streghe, bambini e abitanti rimasero per sempre uniti. Dopo due anni l’affascinante Ibis e il re Lugal si sposarono nel tempio di Polinacus e vissero per sempre felici e contenti.

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Scritta da: classe 3ª D/E (A/S 2012/13) - Istituto Comprensivo “G. Marconi” - Castelfranco Emilia (MO)Illustrazioni di: Enrica Martinelli

T anto tempo fa in una bella giornata di primavera, la giovane Scoltenna era intenta a intrecciare collane di fiori profumati, insieme alle ninfe sue amiche, presso le rocce del Monte Giovo.Improvvisamente dal Monte tuonò una voce possente che diceva: “Chi osa rubare i fiori dalla mia vegetazione?”. Le giovani amiche di Scoltenna non sapevano cosa rispondere, ma lei arrabbiata iniziò una lite furiosa con il Monte.In un attimo il Monte la rapì…

Le ninfe sue amiche cominciarono a piangere e, non sapendo che fine avesse fatto andarono via turbate. Il giorno dopo tornarono sul Monte e videro Scoltenna diventare una sorgente sotto i loro occhi… si riuscivano a vedere a malapena i tratti del suo bellissimo volto.

La leggenda del Panaro

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Scoltenna era innamorata di Leo, un valoroso guerriero che, tornando vittorioso da una battaglia, corse ad abbracciare la sua amata, ma il suo ritorno non fu come aveva sognato. Ad attenderlo infatti c’erano le piccole ninfe amiche di Scoltenna che gli raccontarono la triste vicenda. Leo rimase senza parole e si recò immediatamente sulle pendici del Monte.

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Arrivato, vide la sua amata scorrere nel suo piccolo letto, come un torrentello. Leo cominciò a piangere disperato e promise a se stesso e a Scoltenna che avrebbe fatto di tutto per liberarla da quell’incantesimo.

Scese in paese e radunò tutti i guerrieri che con lui risalirono il Monte. Muniti di spade, archi e frecce cominciarono una lunga battaglia contro il Monte. Ma niente sembrava scalfirlo.Con un solo fulmine sgominò i guerrieri, che feriti ritornarono al paese e scaraventò Leo dall’altra parte… sul Monte Corno alle Scale.

Leo rimase afflitto e sconsolato in ginocchio sotto il monte. Non sapendo più che fare, invocò con tutto il suo cuore gli dèi, perché esaudissero il suo desiderio.

Gli dèi commossi da tanto amore,

trasformarono anche lui in un torrente

e come per magia si incontrarono… e da quel momento cominciarono

a scorrere insieme. Dalla loro unione nacque il “Panaro”

che ancora oggi scorre e nasconde nelle sue acque

la tormentata storia d’amore di Leo e Scoltenna,

finita però col trionfo dell’amore.

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Scritta da: classe 3ª C (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Primo Levi” - Castelvetro (MO)Illustrazioni di: Costanza Maccaferri

I n un piccolo paesino di nome Castelnuovo Rangone, tanto tempo fa, nacque una bambina di nome Martina. Martina aveva la pelle rosea e vellutata come un candido fiore, i capelli come fili d’oro e gli occhi cristallini come l’acqua. Era gentile e sensibile con tutte le creature della Terra, amava scrivere poesie e canzoncine che parlavano d’amore. Purtroppo ella restò orfana quando era solo una bambina e così fu costretta a lavorare presso una fattoria, per potersi sfamare.

Martina e il suo confidente

Tepping

Al mattino si svegliava all’alba e di corsa correva nella stalla per salutare i suoi amici animali, i suoi preferiti erano i maialini perché quando la vedevano arrivare, dalla gioia schizzavano il fango da tutte le parti e lei si divertiva moltissimo. Ogni giorno confidava i suoi desideri al piccolo maialino Tepping che la ricambiava con tante leccate sul viso. Martina, infatti, desiderava trovare il suo principe azzurro e vivere come una principessa.

Un giorno, lo stregone Serpenera decise di rapire Martina e di portarla nel suo castello, che si trovava sul Monte Cimone. La povera Martina fu costretta a servire Serpenera in tutti i lavori domestici.

Da molto tempo, lo stregone cercava moglie, ma a causa della sua malvagità, nessuna fanciulla si volle mai avvicinare a lui. Serpenera aveva gli occhi gialli e serpentelli tra i capelli. Indossava un mantello di pelle di serpente nero e il suo cibo preferito era: scorpioni alla brace.

Martina era costretta a lavorare tutto il giorno, ma la sera, prima di andare a dormire, di nascosto, fuggiva dal castello e dalla cima del Monte cantava, cantava e cantava fino all’alba.Dai paesi vicini gli abitanti sentivano, ogni notte, una voce meravigliosa e si chiedevano da dove provenisse.Tepping, l’amico maialino di Martina, riconobbe quella voce e una notte spiccò il volo e si recò dal principe di Castelnuovo Rangone, Angelo.

Quando il principe si accorse che il maialino poteva volare si avvicinò incuriosito e gli chiese da dove arrivasse. Tepping spiegò al principe Angelo che conosceva la voce che tutti udivano ogni notte e gli chiese di seguirlo con il suo cavallo. Tepping volava verso la voce, il principe Angelo lo seguiva e quando giunsero sul Monte, videro la fanciulla che come sempre cantava una dolce melodia.

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Il principe si inchinò dinanzi a tanta meraviglia e Martina rivedendo il suo amico maialino si commosse dalla gioia. Insieme decisero di liberarsi di Serpenera, così escogitarono un piano: mentre lo stregone andava a caccia vide il maialino e decise di catturarlo, Tepping però volò e Serpenera cadde nel burrone e morì.

Martina fu libera, il principe Angelo le chiese di sposarlo e i due andarono a vivere nel castello di Castelnuovo Rangone. Il principe Angelo e la principessa Martina decisero di mettere sulla piazza del paesino la statua del maialino Tepping, in onore delle sue prodezze.Tepping, invece, rimase con la principessa come suo confidente e tutti insieme vissero lunghi anni di felicità.

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Scritta da: classe 3ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria Paritaria “Sacro Cuore” - Carpi (Mo)Illustrazioni di: Tsehay Casarini

anto, tanto tempo fa la Pianura Padana, tra i fiumi Secchia e Panaro, era abitata solo da re Panzarotto e dalla regina Elisabetta, che in questo luogo costruirono un maestoso castello. Ben presto i sovrani ebbero due splendidi bambini, due gemellini, Pirlotto e Carolina che dalla nascita mostrarono una stranezza: i loro bambini correvano in continuazione, senza fermarsi mai e senza conoscere la stanchezza. Consultati i migliori dottori ed esperti di tutto il mondo, che non trovarono alcuna soluzione, i sovrani si adattarono alla situazione come poterono, ma non era semplice gestire questi due bimbetti “corridori”.

Talvolta i sovrani erano affranti: i gemellini scorazzavano per il castello giorno e notte, correndo dappertutto, intrufolandosi in ogni salone, stanza segreta, cortile, mettendo a dura prova anche tutta la servitù che era impegnata a inseguirli perché non si perdessero o non si facessero male.

Un giorno Carolina e Pirlotto proseguirono la loro corsa fuori dal castello e per giorni e notti le guardie reali li cercarono per tutta la Pianura Padana!

T

Le vasche di Carpi

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Quando li trovarono il re e la regina pensarono a lungo al da farsi: non potevano continuare a vivere nella paura che i loro bimbi si perdessero chissà dove o che si facessero male… così, a malincuore,decisero che bisognava rinchiudere i gemelli nelle segrete del castello: da lì non sarebbero usciti e non si sarebbero messi in pericolo.

Carolina e Pirlotto però trovarono il modo di uscire anche da lì: in un solo giorno i loro bambini veloci, correndo contro il pavimento, scavarono un tunnel che li portò fuori dal castello a correre più veloci di una Ferrari di Maranello!E fu così che per giorni e giorni e ancora giorni, le guardie reali rincorrevano a cavallo i gemellini, avanti e indietro per tutta la Pianura!

Un dì i gemellini, arrivati a Budrione, si nascosero dietro un bidone, poi ripresero la corsa arrivando a Migliarina ma le guardie ci arrivarono un’altra mattina! Quando furono a Fossoli, i cavalli avevano consumato gli zoccoli e, giunti a Novi, i poveretti riposarono tra i rovi… ma i gemellini erano già a Rovereto, tra le viti che regalano il buon aceto. Un dì la loro corsa a San Marino finì perché le guardie li catturarono proprio lì!

Riportati in fretta al castello, i sovrani li attendevano col matterello! Carolina e Pirlotto, nel vedere i genitori infuriati implorarono perdono: erano seriamente dispiaciuti, ma come potevano rinunciare alla loro voglia ed esigenza di correre sempre? Era una cosa incontrollabile per loro… allora ai sovrani venne un’idea: avrebbero costruito la più grande e lunga piazza adiacente al castello che si fosse mai vista! A patto però che i gemellini promettessero sul loro onore che mai avrebbero disobbedito, che avrebbero corso solo e solamente avanti e indietro lungo quella grande e lunga piazza.

La più maestosa piazza fu costruita in fretta. I gemellini trascorrevano così le loro giornate: dall’alba al tramonto e ancora all’alba, Carolina e Pirlotto correvano e correvano, avanti e indietro per la lunghezza della piazza; i sovrani ogni tanto si affacciavano dall’uccelliera del castello e trascorrevano un po’ di tempo ad osservare quei bimbi prodigiosi che amavano correre e correre solamente, avanti e indietro per quella grande e lunga piazza.

Ben presto si sparse la voce, oltre i territori della Pianura Padana, che da qualche parte nella Pianura esistevano due principini che passavano il tempo a correre, a correre avanti e indietro lungo una maestosa piazza, senza fermarsi mai. La gente, incuriosita, veniva da ogni parte a vedere questi gemellini “fenomeni” e, trovando questo luogo assai bello, cominciò a domandare ai sovrani il permesso di stabilirsi sulle loro terre, di abitare vicino a quel bel castello con quella grande e lunga piazza dove Carolina e Pirlotto la facevano da protagonisti.

In breve tempo una graziosa cittadina sorse tutt’intorno alla piazza col castello: gli abitanti avevano l’abitudine ogni giorno di trascorrere il tempo libero sotto i portici della piazza, prima ad ammirare le corse avanti e indietro dei due ragazzini, poi cominciarono a partecipare alle corse, a sfidare la resistenza dei gemelli, ad accompagnarli avanti e indietro lungo la grande e lunga piazza, divertendosi. Proprio in loro onore, siccome quella graziosa cittadina non aveva un nome, fu chiamata Carpi, dall’unione dei loro nomi.

È passato tanto, tanto e ancora tanto tempo da allora, da quelle corse avanti e indietro, ma c’è ancora qualche giovane che nei momenti liberi passeggia avanti e indietro per quella lunga piazza e che vedendo un amico gli domanderà se ha voglia di fare qualche vasca avanti e indietro con lui, per quella lunga e grande piazza.

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Gli autori delle favole in ordine alfabetico

Abbottoni SofiaBelluti MatteoCavallaro ChiaraCorcione DavideDe Rosa LucaEfimenco Francesco PaoloFan Yi Jie AliceFerri LorenzoGarutti MatteoGhoufiri AsmaaGoumri MalakMalagoli ManuelMalapena AlfonsoMeroni MatteoSajeva AlexSuperbi ElisabettaTangerini ThomasTonini AlessandroVazzana ChiaraVecchio Andrea Gulom

“Castelfranchi, una storia, un giardino” Scritta da: classe 4ª D (A/S 2012/13)Scuola Primaria “Elvira Castelfranchi” - Finale Emilia (MO)Insegnante: Giannantonio Maria

“Il maialino di pietra”Scritta da: classe 4ª A (A/S 2012/13) Scuola Primaria “Don Milani”Castelnuovo Rangone (MO)Insegnante: Barozzi Maria Luisa

Ampollini AuroraBergonzini Nicolò Bozzulini Luca Cavedoni SofiaCompagnino MattiaFarina NicolasFalcone NicoleFranchini Giulia

Ghedini Edoardo Levoni LambertoLevoni LetiziaPareschi ChiaraRiccò SofiaSalardi CloeStorti SofiaVandelli Chiara

“Clarissa e le tre prove di Cittanova”Scritta da: classe 4ª (A/S 2012/13)Scuola Primaria “Lanfranco” III° Circolo - Cittanova (MO)Insegnanti: Cavedoni AgneseMagnanini Loretta

Barbieri ElenaBarbolini ChiaraBardozzo MicaelaBellori ChiaraBiagini NicoleBruni AndreaCaselli MassimoClemente MatteoDiana Vincenzo AlfonsoDi Donato GretaFazioli Filippo

Ferrari SaraGabrielli AlessandroGallo Alberto CiroGolinelli Daniele

Lazzaretti IreneNtumba Tshiabola ChristellePaglia GiacomoPasquini Maria Vittoria

Rodolfi NicoleRomeo MarcoScarpato Jacopo

Amalfitano DesireeBergamini FrancescaBorghi GiadaBouanani MohamedCattabriga AnitaDi Santo Luigi PioFilali Madarhri ImanGuerzoni FedericoMaconi DavideMaiello Marco

Mantovani AlessiaMarchetti BeatriceMolinari MartinaPalmentieri AlessiaPerna AlessiaRiccò ElisaSangiorgi NicolòVeronesi MartinaVivarelli Tommaso

“La faccia della luna (l’unione fa la forza)”Scritta da: classe 3ª B (A/S 2012/13)Scuola Primaria “C. A. Dalla Chiesa”Massa Finalese (MO)Insegnanti: Bignardi Corrado, Casarini Barbara

“Il Ponte del Diavolo”Scritta da: classe 3ª U (A/S 2012/13) Scuola Primaria “A. Corsini”Verica - Pavullo nel Frignano (MO)Insegnanti: Landi Maria AlfonsinaPrati Ivonne

Badiali AlessandroBalocchi MatteoBonati MatteoBoni SilviaBonini RiccardoBoschetti ElenaBruzzi AndreiCavallieri GuidoGandolfi GiorgiaGhibellini Simone

Lafdali Fatima ZahraLorenzi AndreaMarescotti GaiaMartorana MelaniaMhaini OumaimaMelotti MonicaMontecchi SaraRoati MicheleRomani MartinaZecchini Giada

“L’aceto magico” Scritta da: classe 3ª A (A/S 2012/13)Scuola Primaria “Carlo Collodi” XI Circolo - ModenaInsegnanti: Valenti DonatellaGreco MariaAppiah DorcasCandela NikolasCappa AliceCleto Omar AlessioColombrino VincenzoEsposito NicoleGallucci PatriziaGaruti AlessandroGibellini ChristianGrieco Matteo Hu Xin YaoIshtiaq EmanJaquad ImadKontoh A. Baisey

Maviglia Nicolas Mormile FrancescoNgonye David LhechiluruNicolai Giovanni

Nika ClaudiaSarfo DevinTamborrini EvelynTabi Clarice

Techie AbigailPrempeh Boadi FaithlordTlidjane Nada

Classe 4ª DAnno scolastico 2013/14Antra AbdoBellicose SaraBoudlal RedaDi Paolo Syria

Ferrari AndreaGhidi MatteoGolfieri FedericoGuechati ShadiHati MarwaMennillo Thomas

Minolfi LucreziaOlivetta IlariaOpallo SerenaPelaggi LetiziaSancesario MartinaSanti Federico

Saoud SalmaSchieri LucaTahori MohammedUswatta SamanthaVaccari AndreaVignoli Matteo

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*Alunni non presenti nella fotografia.

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Classe 4ª EAnno scolastico 2013/14Ambla GaiaBakhouti OmarBanzi BeatriceCorradini MarcoDi Dato ManuelDi Dio EsterDi Dio StefanoFatima Syeda MuskanFerri ChiaraGarofalo GiusiGhelfi LucaGjoka MelissaHamoudi YasserKaur JaspreetOzlen BarisNolo RosannaSciacca ManuelaSimeone LucaVanzini VladimiroVenturoli Elena

“La leggenda del Panaro” Scritta da: classe 3ª D/E (A/S 2012/13) - Istituto Comprensivo “G. Marconi” - Castelfranco Emilia (MO)Insegnanti: Ruberto Maria Angela, Bartolacelli Paola, Basta Marinella, Buccio Carmen

Classe 4ªBenedetti CamillaBonacci SimoneBraglia NicholasCipollina MarikaComastri DanieleFerrarini Elia

Ferrarini GioeleFiusco ThomasKaur JashandeepMattioli LeonardoRinaldi Bogdan

Classe 5ªBonvicini MatteoBruni SabrinaFadhel ZainebFognani ChristianGhilardi EvelinGualmini Daniel

Marchi AsiaMattioli CaterinaPozzi MartinaSeveri GiuliaSmorag AlanTorri Mattia

“Polinacus e storie d’altri tempi” Scritta da: classe 4ª (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “P. Perini” - Polinago (MO)Insegnanti: Bertulli Donatella, Bompani Maurizia

“La leggenda del Panaro” Scritta da: classe 3ª D/E (A/S 2012/13) - Istituto Comprensivo “G. Marconi” - Castelfranco Emilia (MO)Insegnanti: Ruberto Maria Angela, Bartolacelli Paola, Basta Marinella, Buccio Carmen

Bellei FrancescoCasazza FrancescaCitarella ArseniyFerrari AlessandroMagnani GiorgiaMagnani Lorenzo

Mamei SaraMazzuoccolo RiccardoMescoli FilippoMontalbano GinevraMorelli FrancescoPedrini Arianna

Pucillo PaolaRighi TommasoTorricelli GiuliaValerio Carlotta

“Le vasche di Carpi” Scritta da: classe 3ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria Paritaria “Sacro Cuore”Carpi (Mo)Insegnante: Carretti Elisa

“Martina e il suo confidente Tepping”Scritta da: classe 3ª C (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Primo Levi”Castelvetro (MO)Insegnanti: Frascaroli PaolaManfrè MariaOrlandi LorellaAdarlo Gian MaverickAddamo MichelleBarbieri ErikaCinnella FrancescoCostanza AlessandraCuka GliqeriaCumani MattiaDepietri FilippoEssadaoui SaberFerrari EleonoraGiovini EmmaImaoui Iman Laisa Nicole Lusoli Sara Victoria Novac PaulaQani OussamaRossi JacopoSarnelli RaffaeleVascoli Valentina

Illustrazione di: Annalisa Paltrinieri

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Illustrazione di: Federica Zanardi

Nato a Modena nel 1998, sta frequentando il 2° anno dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena. La sua passione è il disegno, fin da piccolo amava copiare i suoi cartoni preferiti.Nel 2012 partecipa come illustratore al concorso “Racconti fuori classe” a cura dell’Associazione Editori Modenesi.Il suo sogno, a parte quello di andare a vivere da solo, è quello di poter lavorare nel campo del disegno e dell’illustrazione.

Gli illustratori della scuola...

Ha 16 anni e frequenta il terzo anno dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi. Nell’aprile dello scorso anno, tramite la scuola, ha partecipato al progetto di “Rock No War” per la nuova scuola d’infanzia di Medolla, inaugurata post-terremoto,come Murales Designer insieme alla sua classe, affiancati da un noto artista. Alcuni suoi disegni realizzati per il progetto, sono stati riportati in seguito nel Concorso di poesia promosso dal Comune di Modena “Gemme Preziose”. Dopo questa esperienza, è stata contattata da privati per effettuare dipinti su pareti. Per il futuro ha avuto contatti, per alcuni disegni, dalla ditta Converse per un progetto di scarpe da collezione non vendibili al pubblico. Il suo obbiettivo è completare gli studi e conseguire la maturità, con sbocco all’università inerente al settore artistico. Il suo sogno nel cassetto sarebbe diventare restauratrice di opere d’arte.

Nata nel 1998, frequenta il secondo anno dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.

Come il padre e il fratello ha una vera passione per il disegno e fin da piccola ricopiava sempre i loro disegni.

Ama disegnare i ritratti e i particolari, il suo sogno è di diventare illustratrice.

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Nata a Correggio nel 1997, risiede a Modena. Frequenta la terza classe dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo

Venturi, con l’indirizzo di Design dell’arredamento. Concluso il biennio con voti soddisfacenti, ha scelto l’indirizzo di Design perché le sembrava più consono alla sua personalità.

Affascinata dall’idea di progettare, le piace lavorare con diversi materiali utilizzando varie tecniche.

Le piacerebbe continuare lo studio di tutte le materie artistiche svolte nel biennio per acquisire sempre maggiori

competenze che le permetteranno di decidere che cosa fare da grande in campo artistico.

Nato a Carpi nel 1996 dove tuttora risiede, frequenta l’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.Cresciuto a pane e libri, racconti, leggende, fumetti, boschi e soprattutto fantasia, fin da quando è riuscito a prendere in mano una matita ha cominciato a disegnare... e non si è più fermato! Infatti occupa il suo tempo leggendo, disegnando e arrampicandosi sugli alberi... tra le esperienze formative, la più significativa è stata sicuramente quando combattè al fianco di Capitan Uncino contro quell’odioso marmocchio volante!

Nata a Modena nel 1998, frequenta il terzo anno dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi nella sezione di arti figurative.

Ama scarabocchiare sul diario, leggere e cantare in inglese. Quando ha un po’ di tempo libero si mette a strimpellare

con il flauto e a fare foto. Ama viaggiare e andare sui pattini, anche se dopo l’ultima

caduta passerà un po’ di tempo prima che possa riutilizzarli.

Nato a Sassuolo nel 1994, ha frequentato i primi 3 anni di superiore tecnico capendo che la sua vera stradaera in realtà quella artistica, trasferendosi all’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena, indirizzo comunicazione visiva.Ora è un appassionato di illustrazione pittorica e digitale, molto interessato anche nel campo della grafica.Spera in futuro di diventare un Art Director.

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Nata a Carpi nel 1997, sta frequentando la classe 2° dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena. Ama la natura e i suoi colori, i sentieri di montagna, i fiori, i pesci sul fondo del mare e da piccola disegnava con i gessi colorati sulle pietre del cortile.Da grande vorrebbe continuare a disegnare e fare la restauratrice.

Nata a Correggio, ha vissuto gran parte della sua adolescenza in campagna per poi trasferirsi a Modena in prima superiore

dova ha iniziato a frequentare l’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi. Le sue passioni sono da sempre

la musica, l’arte in ogni sua forma e tutto ciò che riguarda la sfera estetica. Si interessa di tematiche sociali e culturali che la circondano e per questo spera di poter viaggiare per

ampliare le sue conoscenze.

Nasce nel 1994 a Correggio. Nel 2003 si trasferisce a Bosa, un piccolo paese della Sardegna, dove vive per 5 anni.

Nel 2008 decide di tornare a vivere a Modena per studiare. Si iscrive al liceo classico Muratori, ma l’anno successivo decide

di assecondare la sua vena creativa e trasferirsi all’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi dove frequenta il quinto anno.

Nel 2013 ha l’opportunità di lavorare nello studio Paolo Bazzani (Milano) come stagista, esperienza che si rivela intensa

e formativa. Grazie ai progetti scolastici e alla sua grande curiosità accresce la sua passione per l’arte nelle sue varie

forme ed è intenzionata a proseguire gli studi in campo artistico.

Nasce in Etiopia (Dessie) nel 1995.Nel 2003 viene adottata da una famiglia di Budrione di Carpi.Ama scrivere poesie, lettere, disegnare, piuttosto che parlare.Al momento frequenta l’ultimo anno dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena. Dalla seconda superiore partecipa al laboratorio di teatro “Venturi”.Ha fatto parte di una compagnia teatrale esterna alla scuola.Vorrebbe proseguire con gli studi, disegni e scrittura.

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Nata nel 1997 a Pavullo nel Frignano, frequenta l’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena nel corso di arti

figurative. Le sue passioni sono il disegno, la fotografia e la musica. Partecipa a diverse iniziative scolastiche, nel 2011,

per la realizzazione della mascotte nella manifestazione sportiva “Corri Serra Corri” organizzata nel paese dove vive.Nel 2013 partecipa e vince per l’illustrazione della copertina

del libro “Racconti fuori classe” a cura dell’Associazione Editori Modenesi.

Finito il liceo artistico vorrebbe continuare a dedicarsi all’arte perché è la cosa che ama di più al mondo.

Nata a Correggio nel 1997, frequenta il corso di arti figurative all’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.

Nel 2013 ha partecipato come illustratrice di copertina al concorso di “Racconti fuori classe” a cura dell’Associazione

Editori Modenesi. Le sue passioni sono cantare, fare fotografie e disegnare.

Le piacerebbe viaggiare molto e conoscere persone di etnie diverse.

Nasce e vive a Modena, sta frequentando il 2° anno dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.Nel 2012 partecipa come illustratore al concorso “Racconti fuori classe” a cura dell’ Associazione Editori Modenesi.Le sue passioni sono la danza Hip Hop e il disegno, l’unico modo in cui riesce veramente ad esprimersi, sogna di viaggiare e vivere all’estero, continuando nel campo della danza e dell’arte.

Nata nel 1995, frequenta l’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.Interessata ad illustrare storie adatte ai bambini con uno stile fiabesco, semplice e colorato, vorrebbe in futuro lavorare in questo ambito.Ha praticato uno stage presso uno studio fotografico grazie al quale ha potuto approfondire la sua passione per la fotografia.

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Questa pubblicazione raccoglie solo 10 delle tante fiabe giunte alla Direzione

del Centro Commerciale i Portali.

Cogliamo questa occasione per porgere un ringraziamento speciale a tutte le classi delle scuole primarie di Modena e provincia

che hanno preso parte all'iniziativa.

Solo grazie a lorola 3ª edizione di

"Le favole tra Secchia e Panaro" ha preso vita con entusiasmo, fantasia

e grande creatività.