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1 Un viaggio nelle dimensioni della qualità di vita L’esperienza lavorativa in un contesto protetto come mezzo per migliorarla Studente/essa Stephanie Cardone Corso di laurea Opzione Lavoro sociale Educatrice Tesi di Bachelor Luogo e data di consegna Manno, settembre 2016

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Un viaggio nelle dimensioni della qualità di vita

L’esperienza lavorativa in un contesto protetto come mezzo per migliorarla

Studente/essa

Stephanie Cardone Corso di laurea Opzione

Lavoro sociale Educatrice

Tesi di Bachelor

Luogo e data di consegna

Manno, settembre 2016

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 Ringraziamenti A tutti i professori che mi hanno accompagnata in questi anni accademici ed in modo particolare ai professori Nuzzo Angelo e Avilés Gregorio, per la loro disponibilità, la loro pazienza e il loro preziosissimo aiuto nella stesura della tesi. Ai miei genitori, Evi e Gino, che mi hanno sostenuta nella scelta, che hanno permesso i miei studi, hanno creduto in me e mi hanno sempre incoraggiata. A mia sorella Nathalie e a Edoardo, per la vicinanza, soprattutto nei momenti di difficoltà, dandomi dei consigli. A mia zia Eleonora per il suo preziosissimo sostegno e incoraggiamento. A tutta la mia famiglia e ai miei amici per avere sempre creduto in me e per l’incoraggiamento. A tutte le persone che non ho citato, che mi vogliono bene e che mi sono state vicine in tutti questi anni.

                    “L’autrice è l’unica responsabile di quanto contenuto nel lavoro.”

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Abstract

La scelta del tema del mio lavoro di tesi è da ricondurre all’aspetto che maggiormente ha caratterizzato la pratica professionale che ho svolto presso la Fondazione la Fonte, più precisamente a Fonte 4, all’azienda agricola protetta situata a Vaglio, nel comprensorio del Comune di Capriasca. In quel contesto, il lavoro e l’attività produttiva sono gli strumenti principali su cui ruota la proposta educativa e risultano fondamentali sia per la struttura sia per gli utenti che vi lavorano. Lo scopo del mio lavoro di tesi è volto a capire se l’esperienza del lavoro in un contesto protetto possa apportare dei benefici alla persona con disabilità e quindi influire positivamente sulla sua qualità di vita, ricercando i possibili sostegni da parte del contesto e degli operatori per favorire il raggiungimento di un benessere soddisfacente per gli utenti. I punti cardine del lavoro di tesi sono quindi i concetti di qualità di vita, di benessere (psicologico e sociale) e i sostegni che l’operatore sociale e il contesto possono offrire per raggiungere dei livelli soddisfacenti di qualità di vita. All’interno del lavoro sono proposti dei collegamenti tra i concetti di qualità di vita, sostegni e esperienza lavorativa e si è visto come questi concetti sono correlati, influenzati e influenzabili tra loro. È da sottolineare, inoltre, come questi concetti si riferiscano o si colleghino a numerosi altri aspetti, tra cui: lo sviluppo di competenze personali e sociali, l’autonomia, la realizzazione di sé, l’autostima, l’identità, la responsabilità, il ruolo sociale, la tessitura di relazioni e scambi sociali, l’integrazione e l’inclusione sociale. In merito ai concetti teorici di riferimento, sono proposte definizioni, dimensioni e indicatori per definire la qualità di vita di una persona. Per costruire le interviste e per analizzare i dati è risultato opportuno fare una selezione tra modelli di riferimento optando per l’utilizzo del modello a otto dimensioni (o domini) della qualità di vita proposto da Schalock e Verdugo Alonso. Si è scelto questo modello di riferimento in quanto include tutti gli aspetti teorici esposti e risulta essere coerente con gli scopi della ricerca. Per quanto riguarda la metodologia, il lavoro di tesi è di tipo qualitativo, caratterizzato da un’integrazione di aspetti teorici con i dati emersi sul campo, i quali sono stati raccolti tramite i diari di bordo e le interviste semi-strutturate. Inizialmente, prendendo spunto principalmente dagli indicatori della qualità di vita, si sono scelte le domande da sottoporre agli utenti. In seguito, sulla base delle risposte di questi ultimi, si sono costruite le domande da effettuate agli operatori, famigliari e clienti, alfine di avere una visione più ampia, “distaccata” e oggettiva.

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Indice 1. Introduzione 1 2. Descrizione del contesto lavorativo 2 2.1 La Fondazione La Fonte 2 2.2 Contesto specifico: Fonte 4, azienda agricola protetta 3 2.3 L’utenza 4 2.4 Pertinenza e interesse del tema rispetto al contesto di stage 4 3. Presentazione della problematica affrontata 5 3.1 Descrizione della problematica, interrogativi/obiettivi del lavoro 5 3.2 Metodologia e strumenti adottati 5 3.3 Concetti, teorie specifiche e autori di riferimento 6 4. Dissertazione 7 4.1 Qualità di Vita (QdV) 8 4.2 Benessere 9

4.2.1 Benessere psicologico 9 4.2.2 Benessere sociale 10 4.3 Interazioni, partecipazione e ruolo sociale 11 4.4 Relazioni tra i concetti 12

4.4.1 Relazioni tra QdV, benessere, interazioni, partecipazione e ruolo sociale 12

4.4.2 Relazioni tra QdV e sostegni 14 4.4.3 Collegamenti tra concetti precedenti e l’esperienza lavorativa 17 4.5 Analisi dei dati 19 4.5.1 L’esperienza lavorativa presso Fonte 4 e QdV degli utenti 19 4.5.1.1 Benessere materiale 19 4.5.1.2 Sviluppo personale 21 4.5.1.3 Auto-determinazione 22 4.5.1.4 Relazioni interpersonali 23 4.5.1.5 Inclusione sociale 25 4.5.1.6 Benessere emotivo 26 4.5.1.7 Diritti 27 4.5.1.8 Benessere fisico 28 5. Conclusione 29

5.1 Sintesi dei dati raccolti e risposta alle domande 29 5.2 Sviluppi possibili/proposte di miglioramento indirizzate alla struttura 31 5.3 Limiti del seguente lavoro di tesi 33

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5.4 Collegamenti di quanto trattato con il ruolo professionale quale operatore sociale 33 5.5 Considerazioni personali finali 34

Bibliografia 35 Allegati

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1. Introduzione Da gennaio 2016 è iniziato il mio percorso di cinque mesi in veste di stagiaire presso la Fondazione La Fonte e più precisamente a Fonte 4, all’azienda agricola protetta situata a Vaglio, nel comprensorio del Comune di Capriasca. La scelta del tema è da ricondurre all’aspetto centrale emerso fin dai primi giorni di pratica professionale, cioè l’attività produttiva e quindi il lavoro in sé, risultante fondamentale sia per la struttura sia per gli ospiti che vi lavorano. Fin dai primi giorni mi sono sorte numerose domande che ruotavano attorno a questo aspetto e ai benefici che potessero esserci per gli utenti a lavorare in un contesto protetto, dove gli stessi hanno varie occasioni di collaborare e confrontarsi con clienti esterni. Traspare molto bene quindi come, anche i concetti di integrazione e inclusione sociale, siano collegati all’attività produttiva. Discutendo con i colleghi e con gli utenti, è emerso parecchie volte, quanto il lavoro per gli utenti abbia un ruolo fondamentale nella loro vita e che grazie a ciò hanno potuto sviluppare delle competenze e migliorare la loro qualità di vita. Lo scopo del seguente lavoro di tesi è per l’appunto volto a capire se l’esperienza lavorativa in un contesto protetto possa generare benessere ed influire sulla QdV. Inoltre, mi sono chiesta quale fosse il ruolo professionale degli operatori sociali in questa tipologia di contesti protetti e come potessero contribuire anche loro al benessere e alla qualità di vita degli utenti. Il lavoro svolto mi ha permesso di far emergere anche alcune riflessioni in merito ai sostegni, da parte del contesto e degli operatori, che permettono agli utenti di accedere ad una vita di qualità, o al suo miglioramento. Ritengo che quest’argomento mi abbia dato l’occasione di poter riflettere e capire maggiormente, grazie anche alle letture fatte, in che misura il lavoro possa creare dei benefici e influire sulla qualità di vita; infatti, nonostante quanto emerso sia collegato al contesto specifico di stage, ritengo che si potrebbe ampliare il discorso anche a livello più generale, prendendo in considerazione altri contesti. Tutte queste tematiche hanno da sempre suscitato il mio interesse, in quanto penso che siano degli aspetti fondamentali per il singolo individuo e per tutta la comunità. Siccome la dovuta attenzione verso il benessere e la qualità di vita degli utenti è di primaria importanza in qualsiasi operato del lavoro sociale, credo che per noi operatori sociali sia doveroso tenerli sempre in considerazione, cercando di sostenere e migliorare questi aspetti. I punti cardine del seguente lavoro sono: il concetto di Qualità di Vita (da qui in poi QdV), il concetto di benessere e sostegni che l’operatore sociale può offrire per raggiungere dei livelli soddisfacenti di QdV. Considerato che la problematica affrontata è nata in un contesto lavorativo protetto, a capo di questi aspetti vi è il fatto di possedere un’occupazione, tenendo in considerazione che l’utenza specifica presenta condizioni di disabilità mentale o psichica. Si cercherà quindi di fare dei collegamenti tra QdV, benessere, sostegni e esperienza lavorativa; si vedrà come questi concetti sono correlati e come sono quindi influenzati e influenzabili tra loro.

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È da sottolineare inoltre come questi concetti si riferiscano o si colleghino a numerosi altri aspetti, tra cui: lo sviluppo di competenze personali e sociali, l’autonomia, la realizzazione di sé, l’autostima, l’identità, la responsabilità, il ruolo sociale, la tessitura di relazioni e scambi sociali, l’integrazione e l’inclusione sociale. Prima di addentrarmi nella descrizione di quanto verrà trattato nei vari capitoli, è importante sottolineare che il seguente lavoro di tesi è di tipo qualitativo, caratterizzato da un’integrazione di aspetti teorici con i dati emersi sul campo, i quali sono stati raccolti tramite i diari di bordo e le interviste1 semi-strutturate. Per queste ultime, nonostante la centralità di questo lavoro di tesi sia la QdV degli utenti, è stato opportuno tenere in considerazione i diversi punti di vista delle persone significative coinvolte: operatori, famigliari e clienti, per avere così anche una visione più ampia, “distaccata” e oggettiva. In questo lavoro di tesi inizierò con un capitolo dedicato alla descrizione del contesto nel quale ho svolto lo stage per cinque mesi, la Fondazione La Fonte. Comincerò con una breve descrizione generale della Fondazione, per poi addentrarmi nella descrizione specifica della struttura Fonte 4, azienda agricola protetta. In questo capitolo sosterrò anche alcune riflessioni in merito alla pertinenza del tema rispetto al contesto di stage. Nel capitolo successivo affronterò la descrizione della problematica emersa, con i vari interrogativi e obiettivi che vi ruotano attorno. Successivamente, porrò l’accento sulla metodologia e gli strumenti adottati per poi accennare i concetti, le teorie specifiche e gli autori di riferimento. Il quarto capitolo sarà la parte centrale del mio lavoro di ricerca, in quanto svilupperò i concetti attorno ai quali ruota il lavoro di tesi. In seguito a questa parte teorica, vi sarà una parte dedicata all’analisi e ai collegamenti tra i dati emersi durante il periodo di stage e i riferimenti teorici, per poi passare, nell’ultimo capitolo, alla conclusione e alle riflessioni in merito al ruolo professionale quale operatore sociale. 2. Descrizione del contesto lavorativo2 2.1 La Fondazione La Fonte “La Fondazione La Fonte, è un ente di diritto privato fondato nel novembre del 1980 […] voluta e promossa da parte di alcuni genitori di figli disabili […] ”3, composta da spazi sia abitativi sia lavorativi prevalentemente nel Luganese. Per quel che concerne le realtà residenziali, le strutture sono le seguenti: foyer Fonte 3, appartamenti protetti Fonte 5, foyer Fonte 6 e foyer Fonte 8. Tutte queste strutture devono permettere l’integrazione degli utenti nella società rispondendo ai loro bisogni, ma al tempo stesso anche alle singole necessità.4 Mentre le strutture lavorative sono: Centro diurno Fonte 1, Laboratorio protetto Fonte 2, Azienda agricola protetta Fonte 4 e panetteria-pasticceria-snack bar Fonte 7. Per queste strutture: “le attività di stampo lavorativo proposte nei laboratori

                                                                                                               1 Cfr. Diari di bordo e interviste in allegato. 2 Cardone Stephanie, a.a.2015/2016, Modulo Laboratorio di pratica professionale dell’opzione educatore sociale, Progetto auto-formativo, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana pp. 50. 3 Sito della Fondazione la Fonte, http://www.lafonte.ch/I/chi-siamo.html, ultima consultazione 18 agosto 2016. 4 Cambrosio Rossano, 2012, LINEE DIRETTIVE, Fondazione La Fonte, p.2.

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devono, in linea di principio, sia essere adatte allo sviluppo delle potenzialità e capacità degli utenti, sia fornire un servizio ed un prodotto concretamente utili e di interesse pubblico.”5 Inoltre, le attività sono di tipo industriale, agricolo, artigianale e occupazionale.6 Nonostante tutte le strutture sottostanno a delle linee generali, ogni sede sopracitata è caratterizzata da una certa autonomia, una sua peculiarità e una sua metodologia d’intervento.7 2.2 Contesto specifico: Fonte 4, azienda agricola protetta L’azienda agricola Fonte 4 è stata costruita nel 1986 ed è di “proprietà della Fondazione Lions Club Lugano.”8 Questa struttura è situata nel comprensorio del Comune di Capriasca, più precisamente a Vaglio. Quest’azienda, denominata “Casa Görlich”, occupa “30000 mq di terreno e infrastrutture lavorative”9, dove si propongono attività artigianali e del settore dell’agricoltura. “L’obiettivo finale dell’azienda agricola è da un lato quello del reinserimento della persona invalida nel mercato del lavoro di settore, dall’altro quello di creare condizioni lavorative tali da essere equiparabili alla normale realtà professionale.”10 Le attività vengono svolte dalle 8.30 alle 17.00 e si suddividono principalmente nei seguenti settori: - Orto-floricoltura: “Coltivazione di prodotti orto floricoli; attività di manutenzione serre e campi; attività di manutenzione del verde dell’azienda; servizio di vendita diretta di prodotti; attività di manutenzione delle macchine agricole.”11 - Allevamento: “allevamento animali (galline da uova, conigli d’ingrasso, polli, maiali ecc.; processo relativo alla produzione di uova (raccolta, lavaggio, calibratura ecc.); processo successivo la macellazione (smaltimento carcami- maturazione e conservazione carni); pulizia generale della stalla; fienagione.”12 - Laboratorio di trasformazione e produzione (LTeP): “Attività di trasformazione e preparazione dei prodotti primi; confezionamento prodotti; gestione della bottega.”13 - Atelier del legno (falegnameria): “Produzione di oggetti e lavoro per conto terzi; restauro e riparazioni; partecipazione a mercati e manifestazioni.”14 - Spazio cucina: “uno o più utenti, preposti a tale attività, collaborano ed aiutano la cuoca nello svolgimento delle mansioni quotidiane, durante la preparazione dei pasti e nelle attività domestiche pomeridiane.”15 Quindi, la struttura di Vaglio offre la possibilità agli utenti e all’équipe di pranzare sul posto. Oltre ai vari settori di attività, la struttura dispone di spazi per il “Servizio vendita al pubblico” presso: la “Bottega” all’interno dell’azienda agricola e “Il Negozietto” di Sala                                                                                                                5 Ibidem. 6 Sito della Fondazione la Fonte, http://www.lafonte.ch/I/strutture.html, ultima consultazione 18 agosto 2016. 7 Cambrosio Rossano, op.cit., p. 2. 8 Bocchi Mauro e Scherler Mirko, 2013, PROGETTO FONTE 4, Fondazione La Fonte, p.1. 9 Ibidem, p.1. 10 Cambrosio Rossano, 2013, PRESA A CARICO E PROMOZIONE, Fondazione La Fonte, p.3. 11Ibidem, p.4. 12Ibidem. 13Ibidem. 14Ibidem, p.5. 15Ibidem, p.2.  

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Capriasca. Inoltre, il martedì e il venerdì a Tesserete, e il giovedì a Ponte Capriasca, è presente una bancarella. Per quel che riguarda le persone che lavorano presso questa struttura vi sono: un capostruttura che svolge anche la funzione di educatore, un operatore di falegnameria, un operatore di floricoltura, un allevatore; queste mansioni vengono svolte a tempo pieno, inoltre c’è un’operatrice che lavora come cuoca a metà tempo e come trasformatrice di prodotti al 30%, alcuni stagiaire, volontari e ventisei utenti. Nei vari settori e per il servizio vendita gli utenti sono accompagnati e sostenuti dagli operatori nelle attività quotidiane e negli scambi sociali. La struttura non si occupa del trasporto degli utenti da/verso il luogo di domicilio, in quanto questi sono autonomi nell’usufruire dei propri mezzi di trasporto o di quelli pubblici o in alcuni casi vengono accompagnati da terzi in sede. 2.3 L’utenza La tipologia d’utenza presente in questo contesto è molto varia. Si tratta sia di persone con disabilità intellettiva sia di persone con patologie di natura psichiatrica riconducibili a diversi sintomi. Gli utenti menzionati sono tutti maggiorenni e beneficiari di una rendita AI (Assicurazione Invalidità). Il profilo dell’utente che meglio s’inserisce nell’azienda è caratterizzato da doti manuali o artigianali, con una buona autonomia e resistenza fisica.16 Oltre ai ventisei fruitori presenti, l’azienda offre la possibilità di inserire, per periodi limitati, altri utenti con lo scopo di valutare se il contesto è idoneo e se rispecchia le aspettative dello stesso utente. La percentuale di lavoro varia dall’80% al 100%. Per quel che riguarda invece il salario, questo è stabilito in base ad alcuni parametri definiti dall’Ufficio Federale delle Assicurazioni Sociali17 e dalla Fondazione La Fonte. Inoltre, lo stipendio dipende dalle capacità lavorative del singolo, infatti, gli utenti maggiormente competenti ed autonomi percepiscono 2.30 franchi all’ora, mentre gli altri 1.80 franchi; coloro che lavorano presso il negozietto guadagnano 5.00 franchi all’ora. Per quel che concerne coloro che svolgono il periodo di prova la paga è leggermente inferiore.18 2.4 Pertinenza e interesse del tema rispetto al contesto di stage Fin dai primi giorni di stage ho potuto notare come in questo contesto l’aspetto produttivo ed il lavoro in sé sia un elemento centrale, sia per il funzionamento dell’azienda agricola, sia per quanto riguarda gli utenti stessi. Discutendo con l’équipe multidisciplinare e con gli utenti, è emerso parecchie volte come il lavoro sia stato un fattore determinante per i cambiamenti personali e famigliari delle persone in questione, per cui, è sembrato pertinente e doveroso soffermarsi su questo tema, partendo innanzitutto dai concetti di QdV, benessere e sostegni che fanno da sfondo alla tematica scelta, per poi fare dei collegamenti tra questi. Con la sottostante citazione posso confermare quanto la tematica                                                                                                                16 Ibidem. 17Per ulteriori informazioni consultare il sito dell’Uffico Federale delle Assicurazioni Sociali (UFAS), http://www.bsv.admin.ch/?lang=it, ultima consultazione il 9 settembre 2016. 18 Per ulteriori dettagli consultare i documenti interni della Fondazione La Fonte.

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scelta per il lavoro di tesi sia pertinente, oltre che rispetto al contesto lavorativo, anche con la filosofia della Fondazione la Fonte, infatti: “il benessere psicofisico dell’utente, unitamente ad un suo elevato grado di integrazione nel tessuto sociale, sono al centro di ogni attenzione.”19 Da questa affermazione, emerge di conseguenza l’importanza e l’interrogativo su come il lavoro presso Fonte 4 possa essere fonte di benessere ed influire sulla QdV dell’utente. 3. Presentazione della problematica affrontata 3.1 Descrizione della problematica, interrogativi/obiettivi del lavoro Partendo da quanto esplicitato nei capitoli precedenti, si cercherà ora di contestualizzare meglio la problematica del lavoro di tesi, a partire dalle domande di ricerca:

• l’esperienza del lavoro in un contesto protetto, può apportare dei benefici alla persona con disabilità e quindi influire sulla sua QdV?

• quali potrebbero essere i sostegni da parte del contesto e degli operatori per favorire il raggiungimento di una QdV soddisfacente per gli utenti?

3.2 Metodologia e strumenti adottati Questo lavoro di tesi è caratterizzato da un “approccio qualitativo: meno interessato alla misurazione dei dati e alla loro generalizzazione, più interessato a cogliere e comprendere i fenomeni sociali e le loro rappresentazioni.”20 Grazie all’inquadramento generale del tema, alle letture svolte e ai testi consigliati dalla commissione di riferimento, si sono estrapolati alcuni concetti teorici ed indicatori. In base alla teoria di riferimento è iniziata ad emergere un’ipotesi di domanda di ricerca. In seguito, in base agli elementi di riferimento si è svolta l’osservazione specifica e si sono scelti gli strumenti d’indagine e le domande maggiormente idonee per raccogliere i dati. Grazie all’osservazione sul campo e alle interviste effettuate, quest’ipotesi è stata analizzata e valutata.21 In merito agli strumenti si è scelto di utilizzare principalmente quello delle interviste, semi-strutturate, ovvero “la combinazione tra domande predefinite e parti non pianificate, che permettono all’intervistatore una certa autonomia nell’identificare nuove domande in conseguenza delle risposte date dal partecipante.”22 Ciò che caratterizza questo tipo di interviste sono le domande prevalentemente aperte23, presenti in un canovaccio prestabilito, ma con la possibilità, grazie alle domande aggiuntive, di approfondire certe tematiche emergenti durante la discussione. Ciò ha offerto la possibilità di interloquire con l’intervistato con una certa flessibilità e al tempo stesso di spiegare meglio le domande nel caso sorgessero dei dubbi. In merito a questi ultimi di

                                                                                                               19 Cambrosio Rossano, op.cit., p.1. 20 Cavadini Pasqualina, a.a. 2014/2015, Slide del modulo Indagine di campo e lavoro scientifico, Strumenti per la raccolta dati, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, p. 4. 21 Malcolm Carey, 2013, La mia tesi in servizio sociale, come preparare un elaborato finale basato su piccole ricerche qualitative, Trento: Centro Studi Erickson, p. 58. 22 Ibidem, p.137. 23 Cavadini Pasqualina, op. cit., pp. 7-8.

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fondamentale importanza è stata l’impostazione delle interviste, in quanto la relazione “vis à vis” ha permesso di cogliere dei feedback diretti ed evitare incomprensioni.   Inoltre, la funzione di questo tipo di domande è quella di non incanalare o predefinire le risposte in un’unica direzione. Inizialmente, prendendo spunto principalmente dagli indicatori, si sono scelte le domande da sottoporre agli utenti ed in seguito, sulla base delle risposte di questi ultimi, si sono costruite le domande effettuate agli operatori, famigliari e clienti. È da sottolineare la scelta di non intervistare unicamente gli utenti, ma anche gli operatori, i famigliari e i clienti, per avere così, oltre al punto di vista del singolo (soggettivo), una visione più ampia, “distaccata” e più oggettiva. Per questioni di tempistica è stato necessario selezionare gli intervistati. Tra i ventisei utenti di Fonte 4, sono stati scelti: per l’azienda agricola, coloro che presentano un maggior grado di espressione e comprensione verbale, mentre per il negozietto di Sala Capriasca sono stati intervistati tutti gli utenti che vi lavorano; tra gli operatori è stata data la priorità a chi vi lavora da più tempo, tra i famigliari sono stati selezionati i parenti degli utenti presenti da più tempo in azienda oppure quelli maggiormente intravisti sul luogo di lavoro, infine tra i clienti sono stati selezionati quelli più frequenti. In totale sono state intervistate dodici persone: cinque utenti, tre operatori, due famigliari e due clienti. Fattore fondamentale è stato specificare che le risposte sarebbero state anonime, per rispettare la loro privacy. In alcuni casi, dove ve ne è stata occasione, è stato necessario pianificare le interviste e scegliere dei luoghi idonei, ad esempio l’ufficio degli operatori, per poter prevenire fonti di disturbo esterne e far sentire a proprio agio l’intervistato. I dati sono stati integrati sia con i diari di bordo elaborati sul campo tramite l’osservazione, la riflessione e la discussione con i colleghi e/o utenti, sia con le informazioni estrapolate dai dossier della Fondazione Fonte e della struttura Fonte 4. Dopo aver ricercato e approfondito gli aspetti teorici ed aver effettuato le interviste, si è passati all’analisi dei dati, facendo dei collegamenti con i concetti chiave di riferimento. 3.3 Concetti, teorie specifiche e autori di riferimento Il lavoro di dottorato, “Valutazione dell’impatto del mercato secondario sulla qualità di vita individuale”, di Avilés Gregorio24 mi ha permesso di approfondire i numerosi concetti specifici sulla QdV e il benessere, che rimandano anche al tema della salute. Da questo testo, si sono estrapolate, oltre alle varie interpretazioni e definizioni, alcuni modelli sulle dimensioni e gli indicatori della QdV, in particolar modo quello di Schalock Robert e Miguel Angel Verdugo Alonso25, che è stato rilevante per l’analisi dei dati. Grazie a questo testo ho potuto far emergere inoltre, dei collegamenti esistenti tra i concetti esposti in precedenza e l’occupazione professionale. Riguardo a questa tematica, è emerso come il                                                                                                                24 Avilés Gregorio, Docente e ricercatore presso la Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI), Dipartimento economia aziendale, sanità e socialità (DEASS). 25 Schalock Robert: Professore dell’Hastings Collage in Nebraska (Stati Uniti); Miguel Angel Verdugo Alonso: docente presso l’Università di Salamanca (Spagna), facoltà di psicologia.

 

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lavoro apporti dei benefici materiali ma anche non materiali, come ad esempio quelli psicologici e sociali; al riguardo gli autori di riferimento sono stati Jahoda Marie, Fryer Davide e Giddens Anthony26, che affrontano le teorie sui benefici manifesti e non manifesti del lavoro. Altro autore estrapolato dal testo di Avilés, è McKee-Ryan Frances27; fondamentale per quanto concerne gli effetti negativi derivanti dal non avere un lavoro. Per quel che concerne il benessere, psicologico e sociale, sono stati di fondamentale importanza i testi “Un’applicazione del Mental Health Continuum di Keyes al contesto italiano: benessere e malessere in giovani, adulti e anziani in Psicologia della salute n.2” di Caso Daniela, Capone Vincenza e Petrillo Giovanna28; e “Dimensioni del benessere sociale: applicazione di uno strumento di misurazione, Dimensions of social well being: a measurement instrument in Psicologia della salute n. 1” di Albanesi Cinzia, Berti Pietro e Cicognani Elvira.29 In questi testi si sono estrapolate le teorie sul benessere psicologico di Keyes Corey Lee e Ryff Carol30, e quelle sul benessere sociale di Keyes Corey31. Da qui sono nate le riflessioni attorno ai concetti dell’interazione, partecipazione e ruolo sociale, bisogni di sostegno e sostegno, scegliendo di fare riferimento al testo “Partecipazione, interazioni e ruolo sociale delle Persone con Disabilità Intellettiva: che cosa abbiamo imparato dal Modello dei Sostegni” di Croce Luigi e Di Cosimo Federica32 e a quelli elaborati da ANFFAS, associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale. In tutta questa letteratura è emerso inoltre, come i riferimenti di tutte le definizioni analizzate, fossero le indicazioni trasmesse dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Ciò che ha suscitato particolarmente il mio interesse, rispetto al tema scelto, sono stati i vari collegamenti che possono derivare da questi aspetti, apparentemente distanti, e la trasferibilità di questi in numerosi contesti. 4. Dissertazione In questo capitolo sono approfonditi i concetti teorici anticipati in precedenza. Questi risultano essenziali per poter comprendere maggiormente la problematica affrontata e per analizzare i dati emersi dai diari di bordo e dalle interviste effettuate sul campo e procedere quindi a dei collegamenti tra teoria e pratica. Elementi centrali di questo lavoro di tesi sono gli aspetti collegati a QdV, benessere e lavoro, quest’ultimo inteso come occupazione professionale. Dato che ho svolto lo stage in un’azienda agricola protetta, risulta opportuno soffermarsi e fare dei collegamenti anche

                                                                                                               26Jahoda Marie: Psicologa sociale a Vienna; Fryer Davide: Professore Onorario presso l’Università di Queensland (Australia); Giddens Anthony: Sociologo e Politologo britannico. 27 McKee-Ryan Frances: Professoressa in comportamento organizzativo e metodi di ricerca presso l’Arizona State University (Stati Uniti). 28 Presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II: Caso Daniela è ricercatrice di Psicologia sociale, Capone Vincenza è assegnista di ricerca e Petrillo Giovanna è professore di Psicologia sociale. 29 Presso l’Università degli studi di Bologna: Albanesi Cinzia è Professoressa nel Dipartimento di Psicologia, Berti Pietro è Professore di Psicologia e Scienze della Formazione, Cicognani Elvira è laureata in Pedagogia. 30Keyes Corey Lee: Professore in Psicologia sociale e membro dell’Emory University Atlanta in Giorgia (Stati Uniti); Ryff Carol: Professoressa presso l’University of Wisconsin-Madison (Stati Uniti) nel Dipartimento di Psicologia. 31 Blunden Jo : Professoressa di economia presso l ‘Università di Surrey (Gran Bretagna). 32 Croce Luigi: medico Psichiatra e Psicoterapeuta presso l’Università Cattolica di Brescia e dal 15.01.2016 è Presidente del comitato scientifico di ANFFAS; Di Cosimo Federica: Professoressa presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) di Brescia.  

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con il complesso mondo della disabilità e con i sostegni necessari per permettere, alle persone che presentano delle difficoltà, di poter migliorare la loro QdV. 4.1 Qualità di Vita (QdV) Intorno agli anni ’60, grazie alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, si è iniziato a focalizzare sempre di più il concetto di QdV come campo di studio. È da sottolineare come sia difficile includere il concetto della QdV in un’unica definizione esaustiva, in quanto questo termine racchiude una moltitudine di aspetti e vi sono numerosi punti di vista al riguardo. Inoltre, a dipendenza della disciplina e dell’area sulla quale si focalizza la tematica, anche il concetto di QdV preso in esame varia.33 Inoltre, “la qualità di vita è profondamente multidisciplinare e include un ampio ventaglio d’interpretazioni del benessere”34, per cui anche per quanto riguarda quest’ultimo termine non risulta evidente selezionare e riportare i concetti chiave, in quanto vi sono una moltitudine di teorie di riferimento in letteratura.35 Si procederà dunque con una selezione di alcune delle definizioni e degli indicatori maggiormente pertinenti alla tematica trattata in questo lavoro di tesi. Nel 1995 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito il concetto di QdV come “la percezione dell’individuo della propria posizione nella vita nel contesto dei sistemi culturali e dei valori di riferimento nei quali è inserito e in relazione ai propri obiettivi, aspettative, standard e interessi.”36 Secondo un’altra definizione, invece, la QdV è “una valutazione (un giudizio valutativo) su aspetti maggiori, o sulla globalità, di una vita o di una società.”37 Oltre alle precedenti definizioni, possono essere integrate anche le seguenti, che secondo Schalock sono fra le più esaustive. La prima è di Goode38, che la descrive in questo modo: “la qualità della vita si realizza quando le necessità individuali di una persona sono soddisfatte e la stessa ha la possibilità di perseguire e raggiungere i propri obiettivi; la seconda è quella di Felce e Perry39 che la vedono come concetto multidimensionale che racchiude una serie di dimensioni centrali strettamente legate al benessere individuale.”  40 In aggiunta a ciò Schalock “la descrive come l’insieme delle condizioni di vita, salute e benessere desiderate da una persona.”41 Lo stesso Schalock considera indicatori della QdV “[…] le percezioni (soggettive), i comportamenti o le condizioni (oggettive) specifiche a una sfera della vita, che offrono un’indicazione sul benessere di una persona.”42 Nonostante esistano numerose definizioni

                                                                                                               33 Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale (ANFFAS), 2015, Progettare qualità di vita, Report conclusivo e risultati progetto di ricerca “Strumenti verso l’inclusione sociale matrici ecologiche e progetto individuale di vita per adulti con disabilità intellettive e/o evolutive, Roma: Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, pp.13-14. 34 Avilés Gregorio, 2015, Valutazione dell’impatto del mercato secondario sulla qualità di vita individuale, Lavoro di tesi, Università di Ginevra, pp. 34-35. 35 Ibidem. 36 Definizione proposta dall’OMS, citata in ANFFAS, op.cit., p.15. 37 Definizione proposta da Gasper, citato in Avilés Gregorio, op. cit., p.34. 38 Goode Erick: Professore Emerito in Sociologia presso la Stony Brook University di New York (Stati Uniti). 39 Felce David e Perry Jonathan: Professori presso il Welsh Centre for Learning Disabilities Applied Research Unit, Cardiff (Gran Bretagna). 40 ANFFAS, op. cit., p.15. 41 Ibidem. 42 Avilés Gregorio, op. cit., p.34.

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in merito al concetto di QdV, si concorda nel ritenere che questo riprenda numerosi aspetti e possa essere valutato sia quantitativamente sia qualitativamente grazie ad “indicatori di tipo sia generale che soggettivo.”43 Per contestualizzare maggiormente la QdV, risulta quindi fondamentale soffermarsi sul termine benessere. 4.2 Benessere Il benessere richiama il concetto di salute, infatti, secondo l’OMS, quest’ultima è “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità.”44 Inoltre, l’OMS definisce lo stato psichico, indipendentemente dalla patologia, come “uno stato di benessere in cui l’individuo realizza le proprie abilità, riesce a far fronte alle normali difficoltà della vita, sa lavorare in modo produttivo e fruttuoso, ed è in grado di dare un contributo alla comunità in cui vive.”45 Inoltre, per integrare le definizioni esplicitate, per una maggiore comprensione del termine e per contestualizzare meglio ciò che verrà trattato nei capitoli successivi, risulta fondamentale anche la seguente definizione in cui si pone l’accento sulla salute come lo “stato di completo benessere emozionale, psicologico e sociale.”46 Si cercherà ora di capire maggiormente le varie tipologie di benessere citate in precedenza, iniziando da quello psicologico, per poi passare a quello sociale. 4.2.1 Benessere psicologico Il benessere psicologico comprende il benessere emotivo e una dimensione maggiormente cognitiva, cioè la soddisfazione per la vita e/o per specifiche dimensioni di essa. Inoltre, il benessere psicologico si distingue in approcci edonici ed eudemonici.47 Secondo Keyes il benessere psicologico può essere suddiviso in: benessere edonico e eudemonico. Per quel che concerne il primo si fa riferimento alla soddisfazione olistica, ovvero agli aspetti globali della vita, ma anche a quella “rispetto ai singoli ambiti di vita.”48 Nello specifico s’intendono “i sentimenti di felicità, soddisfazione e interesse per la vita.”49 Per quel che riguarda invece il benessere eudemonico, vi è la focalizzazione sulla “realizzazione delle proprie potenzialità.”50 Questo concetto è quindi “definito come la capacità umana di perseguire obiettivi significativi per il singolo e la società, di mobilitare

                                                                                                               43 Definizione proposta da Lyons, citato in ANFFAS, op.cit., p.15. 44 Definizione proposta dall’OMS, citata in Avilés Gregorio, op.cit. ,p. 45. 45 Definizione proposta dall’OMS, citata in Albanesi Cinzia, Berti Pietro e Cicognani Elvira, 2001, Dimensioni del benessere sociale: applicazione di uno strumento di misurazione, Dimensions of social well being: a measurement instrument in Psicologia della salute n. 1, Bologna: Università, Dipartimento di Scienze dell’Educazione, p.159. 46 Caso Daniela et al., 2014, Un’applicazione del Mental Health Continuum di Keyes al contesto italiano: benessere e malessere in giovani, adulti e anziani in Psicologia della salute n.2, Napoli: Università degli studi, Dipartimento di Studi Umanistici, p.159. 47 edonismo: “s. m. [der. del gr. ἡδονή «piacere»]. – Concezione filosofica che riconosce come fine dell’azione umana il piacere”; eudemonismo: “s. m. [dal gr. εὐδαιµονισµός; v. eudemonia]. – La dottrina che considera naturale per l’uomo la felicità e assegna alla vita umana il compito di raggiungerla (va distinta dall’edonismo, che pone tale compito nel conseguimento del piacere immediato)”, definizioni tratte da http://www.treccani.it, ultima consultazione 9 settembre 2016. 48 Caso Daniela et al., op.cit, p.159. 49 Ibidem. 50 Ibidem.

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risorse, di incrementare l’abilità e l’autonomia individuale, le competenze sociali e le relazioni interpersonali.”51 Risulta interessante riportare la teoria di Ryff sul benessere eudemonico, che è scomponibile in sei dimensioni: “Accettazione di sé, propositi di vita, autonomia, relazioni sociali positive, padronanza ambientale e crescita personale.”52 Per accettazione di sé s’intende “un atteggiamento positivo e di accettazione verso aspetti di sé passati e presenti.”53 “Gli obiettivi e le credenze che danno una direzione e un senso alla propria vita”54 sono racchiusi nel concetto di propositi di vita. Per quanto concerne la dimensione di autonomia, si riferisce a “l’autodeterminazione e l’indipendenza che rendono la persona capace di resistere alle pressioni sociali e di regolare il proprio comportamento sulla base di norme e/o valori personali.”55 Per il concetto di relazioni sociali positive si fa riferimento alla “soddisfazione personale derivante da relazioni improntate all’empatia e all’intimità.”56 “La capacità di gestire l’ambiente complesso in base alle proprie esigenze”57 è definita come padronanza ambientale. La crescita personale è intesa invece come “comprensione del proprio potenziale per il proprio sviluppo.”58 Da tutte queste definizioni emerge la relazione con i concetti di autostima e autoefficacia.59 Tra la teoria di Keyes e quella di Ryff vi sono delle analogie. Entrambi gli autori descrivono il benessere eudemonico come un insieme di aspetti concernenti la realizzazione di sé nella società. Componenti essenziali di queste teorie sono l’accettarsi, il ritenersi capaci di compiere e gestire determinati compiti e situazioni, l’avere un determinato scopo nella vita, l’essere autonomi, capaci di instaurare e gestire delle relazioni interpersonali. Inoltre, entrambe le teorie fanno riferimento all’interazione degli individui con la società, di fondamentale importanza per lo sviluppo e la realizzazione di qualunque individuo. 4.2.2 Benessere sociale Secondo Keyes, è necessario soffermarsi sul concetto di benessere sociale, in quanto ciascun individuo nasce ed evolve nella società. Questa dimensione risulta quindi fondamentale “per poter comprendere il loro funzionamento ottimale e il loro livello di salute globale percepito.”60 Secondo questo autore vi sono cinque dimensioni che concorrono a definire il benessere sociale: coerenza sociale, accettazione sociale, attualizzazione sociale, contributo sociale e integrazione sociale. Per coerenza sociale l’autore intende il fatto che la persona è in grado di decodificare ciò che sta avvenendo intorno a lui e nell’ambiente circostante per riuscire a dare un significato. L’accettazione

                                                                                                               51 Definizione proposta da Delle Fave e Basse, citati in Caso Daniela et al., op. cit., p.160. 52 Caso Daniela et al., op. cit., p.160. 53 Ibidem. 54 Ibidem. 55 Ibidem. 56 Ibidem. 57 Ibidem. 58 Ibidem. 59 Definizioni proposte da Harter, Bandura, Keyes, Ryff, citati in Caso Daniela et al., 2014, op. cit., p.160.: ”autostima, intesa come un giudizio globale positivo su sé stessi e come il grado di valorizzazione e di accettazione delle proprie caratteristiche (Harter, 1993), è risultata positivamente correlata al benessere psicologico (in particolare alla dimensione di accettazione di sé) ….” “Anche l’autoefficacia percepita (Bandura, 1997) è risultata positivamente correlata al benessere psicologico (Keyes et al., 2008): il sentirsi efficaci e competenti riconduce, infatti, ad alcune dimensioni del benessere psicologico proposte da Ryff (1989), quali l’autodeterminazione (elemento dell’autonomia) e la comprensione del proprio potenziale (ossia la crescita personale)”. 60 Caso Daniela et al., op. cit., p.161.

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sociale è invece “un atteggiamento positivo verso gli altri pur riconoscendo le loro difficoltà. […] la convinzione che la comunità ha potenziale e può evolvere positivamente”  61 è invece definita come attualizzazione sociale. Per quanto riguarda il contributo sociale, quest’ultimo è definito come “la sensazione che le proprie attività possono contribuire allo sviluppo della società.”62 “Il sentirsi accettati e parte della propria comunità”63 è racchiuso dal concetto di integrazione sociale. Da queste definizioni emerge come il benessere sociale si possa collegare anche ad altri aspetti, e tra questi vi sono: la “partecipazione sociale e il senso di comunità.”64 Risulta quindi fondamentale soffermarsi sui concetti di interazioni, partecipazione e ruolo sociale che traspaiono dalle precedenti nozioni, in quanto, accettare e rispettare gli altri, credere nelle loro capacità, nelle potenzialità della società, e il sapere che il proprio contributo può apportare dei benefici a tutta la comunità, sono tutti aspetti che favoriscono le interazioni, la partecipazione sociale e la percezione del proprio ruolo sociale. 4.3 Interazioni, partecipazione e ruolo sociale65 Per interazioni s’intendono tutti quei processi in cui gli individui s’influenzano reciprocamente in contesti sociali specifici come ad esempio all’interno della famiglia, nell’ambiente di lavoro o di studio, in cui ognuno partecipa e viene coinvolto nelle varie attività. I ruoli sociali si riferiscono allo status che i singoli individui ricoprono nella società, in base ai loro compiti e alle attività svolte. “La mancanza di partecipazione e di interazioni limita frequentemente il raggiungimento di ruoli sociali riconosciuti come di valore.”66 Dalle definizioni precedenti emerge l’aspetto d’interdipendenza dei concetti. Oltre alla relazione tra questi tre concetti e il benessere sociale, si possono fare dei collegamenti con il benessere psicologico esposto in precedenza. Innanzitutto, quest’ultimo è correlato al ruolo sociale che un individuo ricopre: se un individuo si sente realizzato nelle sue potenzialità, autonomo, capace di relazionarsi con altre persone, gestire alcune situazioni e l’ambiente, e di perseguire degli obiettivi, ciò avrà influenza anche sulla percezione del proprio ruolo sociale e ciò può influire anche sulle interazioni e sulla partecipazione sociale. Viceversa, l’influenza reciproca tra gli individui determina la partecipazione sociale e permette l’acquisizione di un ruolo sociale.67

                                                                                                               61 Ibidem. 62 Ibidem. 63 Ibidem. 64 Definizioni proposte da Cicognani, Lamers, Albanesi e Chiesse, citati in Caso Daniela et al., 2014, op. cit., p.162:“[…] partecipazione sociale, intesa come la partecipazione degli individui alle attività sociali della comunità, attività che riguardano le istituzioni, la cultura, i valori e le norme […] e il senso di comunità, in particolare con le sottoscale integrazione sociale, realizzazione sociale e accettazione sociale, ad indicare che le persone con maggior senso di comunità si sentono più integrate nella società e hanno più fiducia negli altri e nella società.“ 65 Croce Luigi e Di Cosimo Federica, 2009, Partecipazione, interazioni e ruolo sociale delle Persone con Disabilità Intellettiva: che cosa abbiamo imparato dal Modello dei Sostegni, relazione tenuta al convegno internazionale promosso da Mediterraneo Senza Handicap a Nizza, p.3. 66 Ibidem. 67 Ibidem.

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Inoltre, “Le interazioni, la partecipazione ed i ruoli sociali sono significativamente influenzati dalle opportunità che la società mette a disposizione delle persone nei micro-meso-macro68 sistemi.”  69 4.4 Relazioni tra i concetti 4.4.1 Relazioni tra QdV, benessere, interazioni, partecipazione e ruolo sociale Da quello che emerge da quanto sin qui esposto, la QdV può essere collegata a numerosi aspetti e dimensioni che contribuiscono a definirla.70 Qui di seguito sono riportate “le dimensioni più frequentemente considerate nel costrutto di QdV”:71

a. il benessere psicologico e soddisfazione personale b. le relazioni sociali c. lo studio e l’occupazione d. il benessere fisico e materiale e. l’autodeterminazione, l’autonomia e la possibilità di scelta f. la possibilità di prendere decisioni g. la competenza personale, l’adattamento comunitario e la possibilità di vivere in

modo indipendente h. l’integrazione e l’inclusione nella comunità i. l’accettazione sociale, il ruolo e lo status sociale j. l’adattamento k. l’identità e l’appartenenza l. lo sviluppo personale e la realizzazione di sé m. la qualità dell’ambiente residenziale, di apprendimento e di vita n. le opportunità di apprendimento lungo tutto il corso della vita o. il tempo libero p. la normalizzazione e l’accessibilità q. alcuni aspetti demografici, sociali r. alcune caratteristiche personali” s. la responsabilità t. il sostegno ricevuto dai servizi”72

Da questo elenco, risulta evidente constatare la complessità di questo modello di QdV, in quanto considera molti aspetti. Ripensando al percorso formativo universitario, si riesce a trovare un aiuto nei moduli svolti, per trovare una chiave di lettura di questo modello. Ad esempio, si riprende la teoria della reciprocità dell’influenza tra individuo e società trattata nel modulo “Società degli individui”; in altre parole, ciascun individuo è influenzato dalla società e quest’ultima è influenzata dai singoli individui.73 Inoltre, riprendendo la teoria trattata nel modulo “Processi comunicativi e relazionali”, si può definire questo modello come un modello ecologico o sistemico: “Ogni cambiamento

                                                                                                               68 Cfr. Schema 1 in allegato nr. 1, Il modello ecologico dello sviluppo umano dello Psicologo Urie Bronfenbrenner. 69 Croce Luigi e Di Cosimo Federica, op. cit., p.3. 70 Albanesi Cinzia et al., 2001, Dimensioni del benessere sociale: applicazione di uno strumento di misurazione, Dimensions of social well being: a measurement instrument in Psicologia della salute n. 1, Bologna: Università, Dipartimento di Scienze dell’Educazione, p.106. 71 Secondo Hughes et al., 1995, citati in Schalock e Verdugo Alonso, 2002, informazione tratta da op. cit.: ANFFAS, 2015, p.16.  72 ANFFAS, op. cit., p.16. 73  Cavadini Pasqualina, Fara Pascal, Loriga Sabina, Solcà Paola, a.a.2013/2014, modulo Società degli individui, La società nella sociologia classica, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, p.13.  

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di una singola parte interessa tutte le altre, le influenza e influenza l’intero sistema”74; se si dovesse migliorare una di queste dimensioni elencate, si potrebbe avere una ricaduta positiva su tutte le dimensioni e sulla QdV. Contemporaneamente, se non si dovessero soddisfare una o due di queste dimensioni, si potrebbe avere una ricaduta negativa su tutte le dimensioni e sulla QdV. Da questo elenco risulta inoltre che i concetti di: benessere (psicologico e sociale), interazioni, partecipazione, ruolo sociale, si possono includere nel concetto di QdV. Ad esempio, i punti: a, b, e, g, riprendono il concetto del benessere psicologico di Keyes e Ryff; mentre h, i, k si possono riferire al benessere sociale. Oltre al modello precedentemente elencato, risulta interessante riportare un pensiero che integra e sintetizza tutti gli aspetti precedenti. Si tratta della visione del concetto di QdV da parte di Schalock e Verdugo Alonso secondo i quali è possibile definire 8 domini o dimensioni che presiedono il concetto di QdV: “benessere emotivo, relazioni interpersonali, benessere materiale, sviluppo personale, benessere fisico, autodeterminazione, inclusione sociale e diritti”. 75Secondo questi studiosi, per ciascuno di questi domini vi sono tre indicatori, più frequentemente usati per valutare la QdV, così come riportati nella tabella seguente:

Tabella 1: Dimensioni della QdV e Indicatori.76

                                                                                                               74 Nuzzo Angelo e Pirozzi Francesco, a.a. 2013/2014, Slide del modulo Processi comunicativi e relazionali, L’approccio sistemico, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, p. 16. 75 Ibidem, p.17. 76 Tabella proposta da Schalock, citata in Avilés Gregorio, op. cit., p. 37; e testo di riferimento, ANFFAS, 2015, op.cit., pp.17-18.

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Per la dimensione “benessere emotivo” s’intende il grado di soddisfazione sia di se stessi sia in relazione con la società. La dimensione “relazioni interpersonali” fa riferimento allo stabilire dei contatti e degli scambi sociali. La dimensione “benessere materiale” fa riferimento all’occupazione, alla situazione finanziaria e all’alloggio. Nella dimensione “sviluppo personale” rientrano la formazione, le competenze, le performance; che permettono la realizzazione della propria autonomia. Per la dimensione “benessere fisico” ci si riferisce a ciò che influisce sulla stato di salute fisica (alimentazione, cure, livello di stress, ecc.) Tra gli indicatori di questa dimensione c’è la salute, e come si è visto in precedenza, quest’ultima è composta dal benessere emozionale, psicologico e sociale, si percepisce quindi che il costrutto di QdV è un livello di astrazione superiore rispetto alla salute. Per la dimensione ”autodeterminazione” ci si riferisce alla capacità che ha l'individuo di esprimere le proprie idee e compiere delle scelte in base al proprio grado di soddisfazione. La dimensione “inclusione sociale” fa riferimento a ciò che consente al singolo individuo di sentirsi parte integrante di una comunità. La dimensione “diritti”, fa riferimento alle leggi e alle norme che permettono la tutela e la protezione dell’individuo. Il benessere psicologico esposto in precedenza è ripreso in modo particolare nelle dimensioni di: benessere emotivo (appagamento, concetto di sé, prevedibilità e controllo), relazioni interpersonali, sviluppo personale, auto-determinazione (autonomia, controllo personale, obiettivi e valori personali), diritti (rispetto, dignità, uguaglianza e accettazione di sé). Il benessere sociale è invece ripreso nella dimensione dell’inclusione sociale (integrazione) e nei diritti (accettazione verso gli altri, rispettandone le diversità/difficoltà. Emerge come il concetto delle interazioni è uno degli indicatori della dimensione relazioni interpersonali, mentre i concetti di partecipazione e ruolo sociale, sono due degli indicatori della dimensione di inclusione sociale. Anche in questo caso si può definire questo modello ecologico, infatti, vi è l’interazione costante tra tutte le dimensioni e l’influenza di ogni dominio su tutti gli altri. Tutte queste dimensioni possono influenzare la QdV. Risulta ora opportuno approfondire il concetto di sostegno in quanto il modello di Schalock e Verdugo Alonso riporta gli indicatori relativi a questo in due dimensioni della QdV (relazioni interpersonali e inclusione sociale). 4.4.2 Relazioni tra QdV e sostegni Negli anni ’80 si inizia ad avere interesse ed a interrogarsi sulla QdV per l’aspirazione ad una vita di benessere per le persone con disabilità e al tempo stesso per mettere a punto sostegni e servizi per le loro famiglie. Dagli anni ’90 in poi, si è maggiormente sviluppato

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l’interesse per il miglioramento della QdV nelle persone con disabilità77 e per adempiere a tale scopo, secondo Schalock et al., si fa ricorso a:78 - sostegni individuali; - “comunità come contesto per una vita di qualità”; - organizzazioni sociali “che operano come “ponti” verso la vita nella comunità”79; - programmi mirati al singolo; - co-costruzione di progetti condivisi.80 Tutti questi sostegni sono un “sistema di risorse e strategie orientate a promuovere lo sviluppo, l’educazione, gli interessi ed il benessere personale di una persona e che migliorano il funzionamento umano allineato ed orientato al miglioramento della qualità di vita.”81 Dal testo di Di Cosimo Federica e Croce Luigi citato in precedenza, emerge quanto questo concetto sia complesso e correlato a numerosi aspetti. Infatti, esiste un’”interazione tra sostegni, risorse, obiettivi e qualità di vita”82 e ciò è evidenziato molto bene dallo schema riportato qui di seguito, dove al centro del triangolo si trovano i sostegni (con “PEI: piano educativo individualizzato e PET: piano personale di trattamento”)83 e ai vertici: obiettivi, risorse, azioni.

Schema 1- Tratto da: Croce Luigi e Di Cosimo Federica, opera citata, p.6.

Per quanto riguarda il primo elemento dei vertici si fa riferimento agli: “obiettivi individuati da miglioramenti del livello di qualità della vita così come sono stati definiti all’interno dei differenti domini.”84

                                                                                                               77 Ibidem, pp.13-14. 78 Ibidem, p.19. 79 Ibidem. 80 Maida Serenella, a.a. 2013/2014, Slide del modulo Teorie e metodologie dell’intervento sociale, Progettualità e intervento sociale, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, p.19. 81 Croce Luigi e Di Cosimo Federica, op. cit., p.6. 82 Ibidem. 83 Ibidem. 84 Croce Luigi e Di Cosimo Federica, op. cit., p.6.

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Per le risorse s’intendono quelle: “reperite in famiglia, amici, operatori professionali e loro competenze, risorse economiche eccetera.”85 Per quanto concerne le azioni s‘intendono le opere “espresse attraverso pratiche strutturate o informali nell’area dell’educazione, addestramento, trattamento, abilitazione e riabilitazione eccetera.”86 Risulta fondamentale partire dalla considerazione dei punti di vista delle persone coinvolte nei PEI o PET e quindi dai loro bisogni di sostegno; punti di partenza per poter definire gli obiettivi adeguati o auspicabili da raggiungere, e poi ricercare le risorse disponibili e adatte per mettere in atto il sostegno opportuno. Per capire maggiormente il concetto di bisogno di sostegno, si fa riferimento alla teoria della congruenza tra gli aspetti personali e ambientali, infatti, il funzionamento di qualunque individuo implica la correlazione e l’influenza tra le richieste personali e quelle che pone la società. Emerge una differenza sostanziale tra le persone che presentano disabilità mentale/psichica e quelle senza. Nelle persone con disabilità vi è solitamente una discrepanza tra ciò che l’ambiente richiede e le proprie competenze, e per colmare questa “lacuna”, di fondamentale importanza vi sono gli opportuni sostegni messi in atto.87 Secondo questa teoria, il bisogno di sostegno è così definito come “un costrutto psicologico che identifica modalità e intensità del sostegno necessario ad una persona per partecipare alle attività correlate con il funzionamento umano considerato tipico.”88 Secondo invece il modello “Scala dell’Intensità dei Sostegni”89, questo concetto è il “bisogno normativo di sostegno o bisogno oggettivo, nei termini di ciò che un operatore professionale esperto individua come bisogno in una data situazione, tenendo conto che la situazione attuale in oggetto debba essere confrontata con uno standard desiderabile. Lo standard desiderato è afferente al costrutto di qualità di vita e misurato ed identificato da indicatori e descrittori oggettivamente e standardizzati.” 90 Per permettere quindi, agli operatori e alle persone significative coinvolte, di pianificare i sostegni maggiormente idonei e di migliorare la QdV, fattore centrale è il cercare di capire i bisogni del singolo, e a tale scopo, risulta necessario, oltre ad integrare il punto di vista del singolo, che questi vengano valutati. La valutazione dei bisogni di sostegno risulta quindi fondamentale per poter individuare gli obiettivi, coerenti alle sfere dei domini di QdV su cui si intende pianificare il progetto educativo del singolo (PEI) e per migliorare quindi la QdV.91 Per adempiere a ciò, si può partire dalle domande: “di che cosa hanno bisogno, che cosa chiedono, che cosa si aspettano le persone?” 92 Queste domande possono riprendere numerosi aspetti, quali il bisogno di sostegno emotivo, fisico, finanziario, sociale e quello relativo ai feedback. Per colmare questi

                                                                                                               85 Ibidem. 86 Ibidem. 87 Ibidem, p.5. 88 Ibidem. 89 Ibidem, p.1. 90 Ibidem, p.5. 91 Ibidem, p. 7 92 Ibidem, p.5.  

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bisogni, riprendendo il modello di Schalock e Verdugo Alonso, vengono messi in atto i sostegni adeguati, attraverso gli operatori sociali e le persone significative coinvolte, tra queste: medici, curatori, famigliari, amici, ecc. Questi sostegni influiscono e permettono inoltre alla persona con disabilità di acquisire un ruolo sociale, aumentando le interazioni e la partecipazione sociale, e contemporaneamente, grazie ai sostegni vi è una maggiore interazione e partecipazione sociale che permette la valorizzazione del ruolo sociale. 4.4.3 Collegamenti tra concetti precedenti e l’esperienza lavorativa Siccome, la problematica affrontata in questo lavoro di tesi è stata ideata in un contesto dove prevale l’aspetto produttivo, e quindi dove la centralità del lavoro è fondamentale per gli utenti della struttura, nel seguente capitolo si cercherà di collegare i concetti esposti in precedenza con l’occupazione professionale. Riprendendo il modello delle 8 dimensioni di Schalock e Verdugo Alonso, emerge come l’occupazione professionale sia uno degli aspetti, o più precisamente uno degli indicatori, del concetto della QdV, e seguendo il pensiero ecologico/sistemico esposto in precedenza, il lavoro è uno degli aspetti che può apportare una serie di benefici, pratici e non, all’individuo e alla società. Tenendo in considerazione una prima “triangolazione”, benessere e QdV possono influenzare il lavoro, in tutti i suoi aspetti, e viceversa, secondo il concetto della reciprocità, possono esserne influenzati.93 L’occupazione professionale comporta quindi dei benefici (materiali e immateriali) e influenzerebbe in maniera positiva anche la QdV,94 così come può influire sul benessere e, siccome la salute è “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità”95, anche la salute (uno degli indicatori della dimensione “benessere fisico” del modello di Schalock e Verdugo Alonso) può essere influenzata dal lavoro. Alcune ricerche hanno studiato gli effetti che vi possono essere sulla salute, nel caso in cui si è confrontati con l’inserimento nel mondo del lavoro, o al contrario con la disoccupazione.96 Secondo McKee-Ryan e colleghi vi possono essere degli effetti negativi derivanti dal non avere un lavoro97 e, secondo quanto emerso dalle loro ricerche, “il reinserimento nel mondo del lavoro produce miglioramenti significativi sulla salute mentale, sulla soddisfazione della vita e sulla salute fisica soggettiva.”98 In questo senso, il benessere psicologico esposto in precedenza è influenzato anche dall’occupazione lavorativa. Prendendo ora in considerazione le teorie psicosociali di Jahoda e di Fryer, sugli effetti psicologici che possono conseguire dal possedere o meno un lavoro, secondo Jahoda emerge che “il lavoro garantisce 5 benefici non manifesti – altrimenti denominati benefici latenti - che normalmente generano benessere psicologico: (a) una strutturazione della                                                                                                                93 Avilés Gregorio, op. cit., p.39. 94 Ibidem. 95 Definizione proposta dall’OMS, citata in Avilés Gregorio, op. cit., p. 45. 96 Avilés Gregorio, op. cit., pp.71-80. 97 Ibidem, p.71 98 ibidem.

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giornata;(b) contatti sociali ed esperienze condivise con persone al di fuori della famiglia nucleare; (c) un senso di finalità collettiva; (d) uno status sociale valorizzato; (e) un’attività regolare.”99 Considerando che questi aspetti risultano influenti sul benessere psicosociale, traspare come lo siano anche sulla salute dell’individuo e quindi anche sulla QdV. Per cui, non possedere un’occupazione potrebbe creare delle conseguenze critiche a livello psicosociale, sulla salute e sulla QdV. Considerando l’indicatore “situazione finanziaria” della dimensione “benessere materiale” di Schalock e Verdugo Alonso, secondo Fryer, che parla della privazione dell’agency, si “enfatizza il bisogno d’autodeterminazione dell’individuo e il beneficio manifesto e materiale del lavoro, cioè il reddito.”100 In altre parole, questa teoria si riferisce alla diminuzione della percezione di auto-determinazione e controllo sulla propria vita, derivata da una limitazione del reddito disponibile, o da un reddito insufficiente. Possedere un reddito, secondo Fryer, diventa quindi l’elemento di riscatto che permette all’individuo di essere responsabile della propria vita. Anche questa teoria, insieme alle altre viste in precedenza, conferma ulteriormente che possedere un lavoro apporta dei benefici a livello psicosociale. In questo caso emerge particolarmente l’influenza su una delle 8 dimensioni di Schalock e Verdugo Alonso esposta in precedenza: l’autodeterminazione. Da un’attenta osservazione si può notare però come anche le altre 7 dimensioni siano strettamente collegate al costrutto esposto. Anche altri autori si sono focalizzati sul tema degli aspetti manifesti e latenti che ruotano attorno al lavoro, e tra i primi vi è la teoria proposta da Giddens. Quest’ultimo considera sei aspetti manifesti e latenti: “il denaro, il livello di attività, la varietà, la struttura temporale, i contatti sociali, l’identità.”101 Da quanto è emerso, nelle pagine precedenti, vi sono numerose definizioni, dimensioni e svariati indicatori che possono permettere di definire la QdV di una persona. Per costruire le interviste e per analizzare i dati è risultato però opportuno fare una selezione dei modelli di riferimento utilizzati, con le relative dimensioni e i rispettivi indicatori. In questo senso, si è scelto di fare riferimento in modo particolare al modello delle 8 dimensioni della QdV, con i relativi indicatori, proposto da Schalock e Verdugo Alonso, in quanto oltre ad essere un modello che include tutti gli aspetti teorici esposti in precedenza, risulta essere esaustivo, adatto, utile e coerente con gli scopi della ricerca. Siccome la problematica affrontata in questo lavoro di tesi è focalizzata sull’esperienza lavorativa, nell’analisi dei dati la dimensione di partenza sarà quella relativa al benessere materiale ed in modo particolare si inizierà dall’indicatore dell’occupazione; successivamente, seguendo la logica del modello ecologico sistemico, si faranno dei collegamenti con/tra le altre 7 dimensioni.

                                                                                                               99 Ibidem, p.39. 100 Ibidem. 101 Avilés Gregorio, op. cit., p. 78-79.

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4.5 Analisi dei dati In questo capitolo si analizzeranno i dati emersi dal lavoro di ricerca, rileggendoli alla luce dei concetti teorici presentati, così da far emergere gli aspetti più rilevanti in relazione al rapporto tra lavoro, benessere e QdV, permettendo di comprendere se l’esperienza del lavoro in un contesto protetto, può apportare dei benefici alla persona con disabilità e quindi influire sulla sua QdV. Inoltre, si cercherà di rilevare quali sono le potenzialità e le criticità presenti, per poter identificare quali potrebbero essere i sostegni offerti dal contesto e dagli operatori, per favorire il raggiungimento di una QdV soddisfacente per gli utenti. 4.5.1 L’esperienza lavorativa presso Fonte 4 e QdV degli utenti 4.5.1.1 Benessere materiale Per iniziare, si prenderà in considerazione l’indicatore “occupazione” (ambiente di lavoro e allo status lavorativo), e i rispettivi benefici non manifesti che apporta il lavoro secondo Jahoda, che propone di garantire “una strutturazione della giornata… un senso di finalità collettiva, uno status sociale valorizzato, un’attività regolare.”102 Per quanto concerne l’attività regolare, un utente sostiene: “I lavori sono già di routine...”103 ”con il lavoro ho un ritmo, mi sveglio, vado a lavorare…”104 Per quanto riguarda la strutturazione della giornata, un utente esplicita: “Preferisco avere orari fissi, almeno riesco ad organizzarmi meglio la giornata e la settimana…Ogni martedì pomeriggio finiamo due ore prima e ciò mi permette di andare a trovare i miei nipoti, parenti e amici, o di fare le cose burocratiche…”105 e un famigliare esplicita: “Per lui è importante avere la giornata strutturata, deve sapere cosa fare il tal giorno, ciò gli dà sicurezza e gli permette di essere più tranquillo.”106 Per quel che concerne il senso di finalità collettiva e per lo status sociale valorizzato un operatore riporta l’importanza della visione degli utenti e le sue considerazioni: “sono le nostre marmellate, le abbiamo fatte noi quelle che vendiamo … Siamo noi che abbiamo piantato tutto questo…gli utenti si sentono utili, importanti e anche apprezzati...si sentono soddisfatti e riconosciuti a lavorare qui”107; “…dà un senso alla vita…di appartenenza ad un posto di lavoro…ad un gruppo e uno scopo di vita”108; un’utente esplicita: “sono gratificata in quello che faccio, perché mi fanno sempre i complimenti, sia i colleghi, sia i clienti, dicono che sono brava, meglio di così…”109 Emerge l’importanza di avere la giornata e la settimana strutturata, cioè di avere degli orari fissi, che permettono così un ritmo quotidiano e una programmazione delle attività lavorative. Oltre a ciò, emerge che questo li facilita nella vita privata o nel partecipare ad attività sportive e comunitarie, per cui, la strutturazione della giornata e della settimana

                                                                                                               102 Cfr. Nota nr. 101. 103 Cfr. Allegato intervista utente B. 104 Cfr. Allegato intervista utente A.  105 Cfr. Allegato intervista utente B. 106 Cfr. Allegato intervista famigliare L. 107 Cfr. Allegato intervista operatore G. 108 Cfr. Allegato intervista operatore F. 109 Cfr. Allegato intervista utente C.

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lavorativa, risulta importante anche per instaurare delle relazioni sociali ed integrarsi nella società. Ciò influenzerebbe anche il benessere psicologico, in modo particolare le dimensioni proposte da Ryff relative all’autonomia, alla padronanza ambientale. Infatti, l’individuo grazie agli orari fissi, è in grado di gestire delle situazioni ambientali autonomamente. L’altra dimensione emersa proposta dall’autore è il proposito di vita, che in ambito lavorativo si riferisce al senso di finalità del gruppo di lavoro, e quindi un mezzo per identificarsi nel gruppo di lavoro. Per quel che concerne l’“ambiente di lavoro”, alcuni utenti sostengono: ”…è bello lavorare qui, si sono instaurate delle amicizie con gli altri ragazzi, gli operatori ed alcuni clienti.”110”si scherza, …si può parlare di tutto,…ognuno esprime la propria opinione.”111 Si nota come il contesto di lavoro è caratterizzato da: un clima positivo (allegro, scherzoso, sapendo che puoi contare sugli altri), e ciò influenza il benessere psicologico (relazioni sociali positive, soddisfazione personale) e la motivazione. Riguardo all’indicatore “situazione finanziaria”, alcuni utenti affermano: “lo stipendio è un po’ basso”112, “mi piacerebbe avere qualcosa in più, arrivo alla fine del mese molto tirata…lo stipendio…è un po’ poco rispetto alle mie competenze e alla mia formazione. Certi s’impegnano tanto e lo stipendio è quello che è.”113, “dovrebbe cambiare il formato, nel senso guardare quello che si produce...pagare in base a quanto produci…” e secondo un operatore: “gli utenti guadagnano pochissimo,…sarebbe forse meglio dare loro una gratificazione maggiore,…sarebbe più motivante.”114 Risulta evidente la teoria di Fryer che afferma che un deficit economico provocherebbe una diminuzione della percezione di auto-determinazione e controllo sulla propria vita. Come dato opposto, due utenti sostengono: ”Non guardo tanto lo stipendio…guardo la somma dello stipendio, dell’AI e della complementare, che ricevo, da questa somma raggiungo una cifra che è soddisfacente…”115 “I soldi che guadagno li uso per pagare le bollette, cassa malati, …sono autonomo, poi il resto lo metto via per andare in vacanza…”116; ciò confermerebbe la teoria dello stesso Fryer, quando afferma che l’avere un reddito diventa l’elemento di riscatto che permette all’individuo di essere responsabile della sua vita. Legato al benessere psicologico, l’avere un reddito permette agli utenti di essere autonomi, soddisfatti della propria vita e avere una padronanza ambientale. Come dato opposto, risulta che per alcuni utenti la paga ricevuta non corrisponda esattamente alle loro competenze, formazioni, performance, e auspicherebbero ad una valutazione proporzionata, permettendo una maggiore valorizzazione. Nonostante questa percezione di carenza pecuniaria, alcuni utenti affermano che anche se non guadagnassero nulla si recherebbero lo stesso al lavoro, proprio per il fatto che quest’ultimo dona loro benessere

                                                                                                               110 Cfr. Allegato intervista utente A. 111 Cfr. Allegato intervista utente B. 112 Crf. Allegato intervista utente D.  113 Cfr. Allegato intervista utente B. 114 Cfr. Allegato intervista operatore G. 115 Cfr. Allegato intervista utente A. 116 Cfr. Allegato intervista utente B.

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psicologico (autonomia, propositi di vita, ecc.) e benessere sociale, sentendosi utili per la società. Per l’indicatore dell’alloggio, dalle domande relative alla presentazione degli utenti risulta che alcuni di loro vivono soli, altri in foyer o in famiglia. Degli operatori esplicitano:“…un utente che lavora nel settore della cucina, abita da solo nel proprio appartamento, cucina, stira, ecc.; tutte competenze che ha imparato in questa struttura.”117e “una ragazza ha proprio sviluppato una passione di fare le pulizie”; un utente sostiene: “Non ho mai pensato al mio futuro, oltre all’andare a vivere da sola…”118 e un famigliare dice: “…sarà impossibile che un giorno si gestisca una casa da solo…”119. In alcuni casi, emerge come il possedere un lavoro abbia permesso agli utenti lo sviluppo di alcune competenze, quali il cucinare, lo stirare, il pulire e di essere autonomi nella gestione della propria casa. Inoltre, traspare come l’avere un lavoro possa aprire la prospettiva di andare a vivere da soli. Come dato opposto, si nota come il lavoro non abbia avuto una certa influenza sull’andare a vivere da soli, infatti alcuni degli utenti ancor prima di lavorare presso l’azienda agricola abitavano in modo autonomo. Inoltre, in alcuni casi gli utenti vivono nei foyer o in famiglia, dove hanno a disposizione il sostegno educativo, gestionale o finanziario; non sempre l’esperienza lavorativa favorirebbe la prospettiva nel gestire un alloggio autonomamente. 4.5.1.2 Sviluppo personale Risulta una delle sei dimensioni del benessere psicologico proposte da Ryff. Per l’indicatore sulla competenza personale (cognitiva, sociale, pratica) un operatore afferma che: “una persona in poco tempo ha imparato a fare il nodo delle scarpe grazie all’aiuto dei compagni, …qualcun altro ha imparato a leggere l’ora…i compagni e gli operatori hanno aiutato alcuni utenti nel sapersi organizzare. Grazie a questi aiuti qualche utente è migliorato nell’autonomia nel prendere i trasporti pubblici, per recarsi al lavoro e per andare a casa. Il lavoro ha permesso agli utenti di migliorare alcune capacità personali che riportano anche nella vita quotidiana... Se prendo l’esempio di un utente che lavora nel settore della cucina, abita da solo… cucina, stira, ecc.; tutte competenze che ha imparato in questa struttura.“120 e un utente sostiene: “prima con la gente mi chiudevo sempre...invece qui sono sempre più aperto, chiacchiero…”121. Dai diari di bordo emerge: “…quest’utente aveva acquisito una certa autonomia nel fare i calcoli e nella fiducia delle sue potenzialità, aumentando così la sua autostima.”122 Come dato opposto due operatori sostengono: “vediamo molto l’effetto dell’invecchiamento”123 “…abbiamo dei casi che a livello cognitivo regrediscono, e subentra in questo caso una questione di mantenimento delle capacità.”124 Emerge come l’esperienza lavorativa abbia permesso (grazie ai

                                                                                                               117 Cfr. Allegato intervista operatore F. 118 Cfr. Allegato intervista utente B. 119 Cfr. Allegato intervista famigliare I. 120 Cfr. Allegato intervista operatore F. 121 Cfr. Allegato intervista utente A. 122 Cfr. Allegato diario di bordo nr. 5. 123 Cfr. Allegato intervista operatore H. 124 Cfr. Allegato intervista operatore G.

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sostegni di: operatori, utenti e clientela esterna) uno sviluppo personale e determinate competenze (cognitive, comunicative, relazionali, sociali e pratiche), trasferibili nella vita al di fuori dal contesto lavorativo. Nonostante ci siano questi aspetti positivi, si evidenziano delle criticità, ad esempio l’invecchiamento, che ha una certa influenza sullo sviluppo personale dei singoli. Con l’avanzare dell’età, infatti, vi è la tendenza ad avere qualche problema fisico maggiore e un peggioramento cognitivo (es. memoria), sociale e pratico; in questi casi, il lavoro risulta fondamentale per poter mantenere le capacità acquisite. In merito agli indicatori “formazione” e “performance”, un utente sostiene: “Grazie a questa struttura ho potuto iniziare e portare a termine l’apprendistato, in ciò gli operatori mi hanno sostenuta e motivata… ho visto che posso pretendere di più da me, prima non era così…non avevo fiducia in me stessa.”125; un operatore dice: “Grazie a questa formazione ha potuto imparare molte competenze, e mettendole in pratica sul luogo di lavoro ha aumentato la performance”126; e un’altra utente afferma: “quando torno a casa sono stanca ma soddisfatta…del compito che mi è stato dato e che ho potuto mettere in pratica le mie capacità.”127 Risulta il collegamento con il benessere psicologico, cioè con la realizzazione delle proprie potenzialità e il sentimento di soddisfazione che ne consegue. Gli operatori del contesto lavorativo esplicitano l’importanza del sostegno educativo, per permettere agli utenti di: sentirsi motivati ed eventualmente portare a termine una formazione, sviluppare alcune competenze e la performance (successo, realizzazioni, produttività); ciò influisce sulla dimensione relativa al benessere emotivo, sentendosi valorizzati e soddisfatti. 4.5.1.3 Auto-determinazione Questa dimensione riprende alcuni aspetti del benessere psicologico (autonomia, controllo personale, obiettivi e valori personali). Alcuni utenti sostengono: “…si può parlare di tutto…ognuno esprimere la propria opinione…”128; “…è stata una mia idea e lui l’ha accettata, mi sono sentito valorizzato…mi piacerebbe essere valorizzato un po’ di più…costruire molte più cose…”129; un famigliare dice:“…Da quando è qui si vuole misurare con altri ragazzi e con sé stesso… gli obiettivi annuali che ha sono… molto motivanti.”130 Questa dimensione è influenzata in modo particolare dallo sviluppo personale (dimensione del benessere psicologico); l’incremento di alcune competenze favorisce l’autonomia e il controllo personale (altre dimensioni del benessere psicologico). Grazie all’esperienza lavorativa è emerso come gli utenti abbiano acquisito una certa autonomia anche al di fuori del contesto lavorativo. Alcuni infatti, hanno sviluppato delle competenze personali che permettono loro di essere autonomi sul lavoro, a casa, nello spostamento, ecc. Si possono fare dei collegamenti anche con le dimensioni del                                                                                                                125 Cfr. Allegato intervista utente B. 126 Cfr. Allegato intervista operatore H. 127 Cfr. Allegato intervista utente C. 128 Cfr. Allegato intervista utente B. 129 Cfr. Allegato intervista utente E. 130 Cfr. Allegato intervista famigliare I.

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benessere emotivo: maggiore sarà l’autonomia, maggiore saranno l’appagamento e il concetto di sé. Emerge come il benessere psicologico influisce sul raggiungimento degli obiettivi e sulle scelte (opportunità, opzioni, preferenze) ad esempio alcuni utenti si sentono appagati affermando di poter esprimere quotidianamente la loro opinione e prendere iniziative lavorative. Si può notare quindi come i punti di vista del singolo siano presi in considerazione, fattore fondamentale per i sostegni educativi, così da poter pianificare poi le attività e assegnare i compiti. Come dato opposto, risulta, in alcuni casi, il desiderio di voler essere ascoltati maggiormente, ad esempio per quel che riguarda la situazione finanziaria o di voler svolgere determinati compiti. Emerge come non tutti gli utenti possono svolgere tutte le mansioni desiderate, a causa delle diverse tipologie di disabilità (alcuni macchinari sono molto pericolosi). Sia per la dimensione di sviluppo personale sia per quella dell’auto-determinazione, si riprendono i concetti di benessere psicologico: sentimenti di felicità e soddisfazione a livello olistico e specifico, accettazione e realizzazione di sé, sviluppo di competenze personali e sociali. 4.5.1.4 Relazioni interpersonali Per quanto riguarda l’indicatore “relazioni” e ”interazioni”, alcuni utenti dicono: “…da quando lavoro qui…ho ripreso i rapporti con mia moglie e ci siamo rimessi assieme. Quindi il lavoro qui mi ha aiutato anche a stare bene mentalmente e con gli altri... con gli altri ragazzi a volte ci vediamo anche fuori, facciamo delle cene… non mi vedo diverso dagli altri utenti… siamo tutti uguali… nel paese saluto tutti, ho degli amici che mi invitano a cena…”131; “sono gratificata…mi fanno sempre i complimenti, sia i colleghi, sia i clienti…meglio di così…con gli altri ragazzi c’è aiuto reciproco…”132; due clienti esplicitano: “…vedo che gli utenti sono soddisfatti di interagire con la clientela esterna…sono sempre disponibili e contenti “133 e “..s’instaura un rapporto confidenziale, famigliare… uno scambio importante”134; un famigliare dice:“…meno contatti sociali nel tempo libero…”135 Emerge come il lavoro sia uno dei luoghi in cui si possono creare delle interazioni (processi in cui gli individui s’influenzano reciprocamente) e quindi delle relazioni e degli scambi sociali. In primo luogo è emerso come il lavoro abbia dato occasione agli utenti di conoscere dei loro pari ed instaurare con loro delle amicizie. In secondo luogo, grazie soprattutto alle attività dedicate al servizio di vendita, vi è stata occasione di relazionarsi con il territorio e conoscere così molte persone anche al di fuori del contesto lavorativo. Il relazionarsi positivamente (dimensione del benessere psicologico) influenza la dimensione del benessere emotivo: gli utenti si sentono soddisfatti e valorizzati. Un utente sostiene che il benessere psicologico, che ne consegue

                                                                                                               131 Cfr. Allegato intervista utente A. 132 Cfr. Allegato intervista utente C. 133 Cfr. Allegato intervista cliente M. 134 Cfr. Allegato intervista cliente N. 135 Cfr. Allegato intervista famigliare I.

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dall’avere un lavoro, influenzi il riavvicinamento con i famigliari. Come dato opposto, però, si vede come le relazioni sociali nel tempo libero, in alcuni casi, siano diminuite, ciò è da collegare ad una certa stanchezza fisica che può derivare dal lavoro e quindi di conseguenza, non si ha più la “forza” per uscire alla fine della giornata lavorativa. Per quel che riguarda l’indicatore dei “sostegni” emergono parecchi elementi. Secondo un utente: “È importante lavorare con gli operatori… la mia responsabile… è il nostro punto di riferimento per me lei ha fatto da mediatore tra me e la società... Gli operatori ci sostengono, ci motivano, sia in ambito lavorativo, sia personale.”136; “L’operatore crede nelle tue capacità, ti aiuta ad avere più fiducia di te stesso e più autostima…”137 Dall’osservazione sul campo emerge: ”la rete che ti salva nei momenti di crisi,…di sconforto, di litigio…qui c’è qualcuno che ti aiuta, che ascolta, che capisce…”138; “…importante per gli utenti, il sostegno educativo, soprattutto nei momenti in cui la produzione e la clientela sono maggiori. …In queste situazioni, in cui la richiesta ambientale discordante con le competenze del singolo, risultano fondamentali i sostegni educativi, che ascoltano, sostengono e motivano l’utenza… fulcro risulta l’attenzione ai singoli bisogni.”139 ;“…si è visto come alcuni utenti abbiano bisogno di sostegno. Ad esempio, mi è capitato alcune volte, di consigliare agli utenti di andare a lavare le mani prima di pranzo”140; due utenti dicono:”… sono gratificata in quello che faccio, perché mi fanno sempre i complimenti, sia i colleghi, sia i clienti…”141;”grazie alla fiducia delle persone che mi davano i compiti e facendoli bene ho visto che posso pretendere di più da me…”142; secondo un operatore: “…era un privilegio lavorare uno a uno (operatore-utente), io adesso sono con due o più utenti e a volte c’è il rischio di non poter dare la dovuta attenzione al singolo.”143 Da quanto si è visto nella parte teorica, si definisce sostegno “il sistema di risorse e strategie orientate a promuovere lo sviluppo, l’educazione, gli interessi ed il benessere personale di una persona e che migliorano il funzionamento umano allineato ed orientato al miglioramento della qualità di vita.”144 Nel nostro caso si fa riferimento alle seguenti persone: utenti, operatori e clientela esterna, con le loro risorse, strategie e competenze. Innanzitutto, il lavorare con i pari (utenti) crea delle relazioni di aiuto reciproco. Per quanto riguarda la figura degli operatori, questi risultano fondamentali per la buona riuscita del lavoro e per il mantenimento di un buon clima. Infatti, in molti casi è emerso come il loro supporto, emotivo e fisico, sia determinante per motivare l’utente e per mediare nei momenti di conflitto tra pari. Inoltre, l’operatore ha influenza sull’autostima e la soddisfazione personale (benessere psicologico) dell’utente, infatti se l’altro percepisce la stima nei suoi confronti, anche

                                                                                                               136 Cfr. Allegato intervista utente C. 137 Cfr. Allegato intervista utente A. 138 Cfr. Allegato diario di bordo nr.1 139 Cfr. Allegato diario di bordo nr. 3. 140 Cfr. Allegato diario di bordo nr. 4. 141 Cfr. Allegato intervista utente C. 142 Cfr. Allegato intervista utente B. 143 Cfr. Allegato intervista operatore G. 144 Cfr. Nota nr. 81.

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l’autostima della persona in questione aumenta (ciò anche se i feedback sono da parte di altri, ad esempio clienti o altri utenti). Perciò sono importanti i feedback che gli operatori e i clienti rimandano agli utenti ed ogni tanto il fare i complimenti sul lavoro svolto può fare la differenza. Tutto ciò influisce sull’acquisizione di un ruolo sociale valorizzato. Inoltre, risulta fondamentale per l’operatore assegnare dei compiti e delle responsabilità in base alle capacità dell’utente, tenendo sempre in considerazione i bisogni e il punto di vista di quest’ultimo. Emerge l’importanza dei sostegni nelle situazioni di stress e quando le richieste lavorative non corrispondono alle competenze personali; se dovesse capitare una situazione in cui vi è una discrepanza tra l’ambiente (molta clientela e produttività) e la persona, il ruolo dell’operatore risulta quello di colmare questa “lacuna” apportando il sostegno idoneo, permettendo il mantenimento dei livelli di autostima e una rappresentazione positiva di sé. Altra criticità del contesto risulta il rapporto tra operatori-utenti, infatti ogni tanto, risulterebbe opportuno avere un rapporto uno-uno, per poter sostenere l’utenza al meglio. Per quel che concerne il “sostegno finanziario”: un utente afferma: “guardo la somma dello stipendio, dell’AI…lavorando qui...guadagno di più che stare a casa…raggiungo una cifra soddisfacente…da quando sono qui ho una curatrice...sono più tranquillo…sono più controllato, è una curatela amministrativa…”145. Si nota come alcuni utenti affermano di essere fortunati, in quanto oltre al salario di lavoro mensile, possono usufruire dell’aiuto di terzi ( ad esempio assistenti sociali) per la gestione del loro guadagno. Anche grazie a quanto percepiscono dall’AI possono vivere dignitosamente; risulta anche in questo caso il collegamento con il benessere psicologico, cioè alla soddisfazione della vita. 4.5.1.5 Inclusione sociale Oltre alle citazioni relative alla dimensione “relazioni interpersonali”, gli utenti esplicitano: ”faccio parte del negozio e faccio parte del paese…sono in giro…mi fermo a chiacchierare con la gente che conosco grazie alla bottega, loro mi chiedono dei consigli di ricette, sono felice di questo rapporto e mi sento meglio..…da quando lavoro qui ho voluto una curatrice…”146; ”… da quando lavoravo qui durante …faccio camminate, escursioni, sport, cose che prima non facevo. Tutte queste attività le ho conosciute anche grazie al lavoro”147;“…se non era per la mia responsabile, non sarei potuta andare in vacanza…”148 Si è visto come grazie al lavoro si sono create delle interazioni, delle relazioni e scambi sociali; ciò ha influito sull’inclusione sociale. Infatti, in alcuni casi è emerso che grazie al lavoro si sono create nuove opportunità, come ad esempio partecipare alle attività organizzate dai clienti o dal paese ed ha permesso la conoscenza di alcune attività sociali (sportive, ecc.). Inoltre, le relazioni e i sostegni hanno influito sull’acquisizione di un ruolo sociale valorizzato nella società. Ciò confermerebbe la teoria esposta in precedenza, cioè                                                                                                                145 Cfr. Allegato intervista utente A. 146 Cfr. Allegato intervista utente A. 147 Cfr. Allegato intervista utente E. 148 Cfr. Allegato intervista utente C.

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che: “La mancanza di partecipazione e di interazioni limita frequentemente il raggiungimento di ruoli sociali riconosciuti come di valore”;149 e la teoria dei benefici non manifesti di Jahoda, che propone che il lavoro apporta: “contatti sociali ed esperienze condivise con persone al di fuori della famiglia nucleare…uno status sociale valorizzato”.150Come dato opposto, è emerso come la stanchezza che deriva dal lavoro non sia un fattore favorevole per accedere ai potenziali contesti inclusivi: alcuni utenti sostengono che alcune volte dopo il lavoro sono talmente stanchi che non hanno più voglia e forza di uscire e partecipare alle attività sociali. Per quanto riguarda i sostegni sociali emerge come il lavoro permetterebbe di instaurare delle relazioni con i sostegni sociali, quali curatori, medici, assistenti sociali, ecc., punti di riferimento nella vita quotidiana. Questa dimensione inoltre, riprende il benessere sociale, infatti, grazie all’esperienza e all’“integrazione” lavorativa vi è “il sentirsi parte della propria comunità”151. 4.5.1.6 Benessere emotivo In questa dimensione si riprendono i concetti di benessere psicologico relativi a: sentimenti di felicità e soddisfazione a livello olistico e specifico, accettazione di sé e realizzazione di sé (cioè sviluppo di competenze personali e sociali), autonomia ecc. Per non ripetere le citazioni, si prenderanno in considerazione quelle riportate nelle dimensioni precedenti aggiungendo quanto è esplicita un operatore: “lavorava in quel settore da molti anni, non voleva più restare lì a fare le stesse attività che faceva da anni, era diventata indifferente all’ambiente e ai colleghi, non era felice, così abbiamo provato a spostarla in un altro settore; in questo modo ha ritrovato il piacere di lavorare e stare con gli altri…”152 e quanto emerge dall’osservazione: “alcuni utenti, prediligono la routine e il sapere con anticipo i lavori da svolgere, in quanto ciò permetterebbe loro di essere più sereni e tranquilli. Dal fatto di sapere anticipatamente ciò che spetta loro, o di sapere che svolgeranno dei compiti già eseguiti molte volte, ne consegue una sensazione di prevedibilità e di essere in grado di gestire la situazione che si presenterà.”153Per l’indicatore “concetto di sé” emerge come il lavoro influenzi il benessere sociale, cioè il sentirsi parte della comunità e quindi l’identificazione in un gruppo, aumentando il valore di sé e l’autostima. Per questi aspetti risultano fondamentali i sostegni degli operatori e del contesto. Infatti, maggiore risulta la stima da parte di terzi, più l’autostima e valore di sé sono elevati. Per quel che concerne l’indicatore dell’appagamento è emerso come sia importante svolgere un lavoro variato e che piace, in quanto ciò influenza l’umore, la soddisfazione e la relazione con gli altri. Inoltre, il concetto di sé e l’appagamento influenzano lo sviluppo di molte competenze (sociali, pratiche, organizzative), trasferibili anche nella vita quotidiana. Come dato opposto, in alcuni casi, si vede come lavorare in

                                                                                                               149 Ibidem. 150 Cfr. Nota 99. 151 Cfr. Nota nr. 63. 152 Cfr. Allegato intervista operatore H. 153 Cfr. Allegato Diario di bordo nr. 2.

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un determinato settore per parecchi anni crei delle percezioni di monotonia, alterando la motivazione, l’umore e la soddisfazione, d’altra parte, in situazioni legate a specifiche patologie, è da sottolineare l’importanza della routine e dello svolgere sempre gli stessi compiti. Infatti per alcuni utenti dal fatto di sapere anticipatamente ciò che spetta loro, o dal sapere che svolgeranno dei compiti già eseguiti molte volte, ne consegue una sensazione di prevedibilità e di essere in grado di gestire la situazione che si presenterà. Emerge inoltre, come i fenomeni di stress, presenti nel contesto lavorativo in alcune situazioni e in periodi particolari, producano degli effetti sullo stato psicologico ed emotivo. Nelle situazioni in cui, a causa dell’aumento della clientela, sono richieste incrementi di performance e di produttività, si vede come aumenta lo stress ed emerge una variabile legata alla prevedibilità e al controllo. Ad esempio, emerge come l’avere troppa gente da servire crei delle situazioni di agitazione e sentimenti di perdita del controllo della situazione; emerge inoltre l’importanza per gli utenti di sapere che cosa si farà durante la giornata grazie alla sua strutturazione, risulta essenziale per permettere loro di essere più tranquilli ed avere un certo controllo di sé e della situazione. La presenza del sostegno educativo, per poter permettere all’utente di essere sostenuto e motivato risulta in questi casi fondamentale. Se questo sostegno risultasse carente, ci sarebbe una conseguenza negativa sullo stato emotivo, aumentando l’agitazione e la frustrazione. 4.5.1.7 Diritti Alcuni utenti dicono: “…c’è molta gente che conosco, che nonostante abbia delle disabilità più gravi delle mie, sa molte cose”154;“ogni persona devi trattarla in modo diverso…ti puoi anche rendere conto che ci sono persone che hanno più difficoltà di te”155. Dagli operatori risulta: “penso soprattutto a quelli che vengono da noi in prova, che si sentono discriminati per il fatto che devono lavorare in un contesto così e perché non accettano i propri limiti. …non vorrebbero farsi vedere pubblicamente che sono arrivati qui…per alcuni di loro arrivare ad uno status di utente potrebbe essere umiliante…ad un certo punto arriva il momento che purtroppo devono riconoscere la realtà dei fatti.”156; “…in un contesto protetto…attenzione ai singoli bisogni”157; un cliente afferma: “Mi piace l’idea di poter sostenere le strutture protette, è una forma di rispetto per il lavoro svolto con tanta passione e per chi lo fa con più difficoltà.”158 È emerso come, nonostante gli utenti presentino delle disabilità, il lavoro sia un luogo in cui prevalgono i diritti umani che vengono percepiti sotto forma di rispetto, dignità e uguaglianza. Ciascun individuo presenta delle caratteristiche diverse, che sono accettate e rispettate, sia dai colleghi (utenti e operatori), sia dalla clientela esterna. Nonostante gli utenti presentino delle disabilità, emerge il riconoscimento nelle loro potenzialità, da parte della società e dai

                                                                                                               154 Cfr. Allegato utente A. 155 Cfr. Allegato utente B. 156 Cfr. Allegato operatore G. 157 Cfr. Allegato diario di bordo nr. 3. 158 Cfr. Allegato intervista cliente N.  

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colleghi; e presentano pari opportunità di apprendimento e di sviluppo. Appare il rispetto verso i compiti che svolgono e le diversità del singolo, accettandone i limiti. Ciò risulta rilevante per gli operatori (sostegni), che devono ideare e sviluppare dei progetti individuali tenendo in considerazione le singolarità e i bisogni. Da questi dati emergono inoltre le relazioni con il benessere psicologico (rispetto, dignità, uguaglianza, accettazione di sé, relazioni sociali positive); per poter essere soddisfatti della propria vita risulta fondamentale la consapevolezza e l’accettazione dei limiti, e con il benessere sociale (accettazione verso la società, rispettandone le diversità/difficoltà, attualizzazione sociale, integrazione sociale: sentirsi accettati e parte della comunità). 4.5.1.8 Benessere fisico Per l’indicatore “salute”, alcuni utenti sostengono: “…da quando lavoro per la Fonte...non vado più in clinica, quindi i benefici si vedono, da 36 pastiglie…sono sceso a 9 e mezzo”159; “…riesco a tenermi occupato con la mente, evito di pensare ai pensieri che mi tormentano, quando lavoro riesco a tenere a bada questi pensieri”160; “…pesavo 140 kg e mangiavo un casino…adesso ne peso 100, ho perso 40 kg.”161; “quando ho finito di lavorare qua vado a casa diretta perché sono stanca…”162; “Arrivo a casa e sono molto più felice…ho voglia di uscire…anche se sono stanca.”163; un operatore esplicita “…subentra l’età, la stanchezza e il rendimento resta lì…a livello cognitivo regrediscono…” e un famigliare dice ”…la sera è più stanco rispetto a prima…”164 e un famigliare: “Da quando è a Vaglio non ha diminuito i medicamenti…”165. In alcuni casi emerge la concomitanza dell’avere un’occupazione con la diminuzione dei medicinali assunti a causa di un disturbo psichico o di umore, il miglioramento della forma fisica e del funzionamento generale del corpo. Ciò confermerebbe la teoria di McKee-Ryan e colleghi che sostiene che “il reinserimento nel mondo del lavoro produce miglioramenti significativi sulla salute mentale, …sulla salute fisica…”166. Come dato opposto, traspare che questa affermazione non è sempre valida; si nota come in alcune situazioni subentra il problema della stanchezza, dell’invecchiamento e della regressione delle capacità cognitive e fisiche degli utenti e ciò influirebbe la partecipazione sociale, l’integrazione e l’inclusione sociale del singolo al di fuori dal contesto lavorativo. Nonostante la stanchezza, alcuni utenti affermano di essere soddisfatti e felici della giornata lavorativa; ciò influenzerebbe la partecipazione, l’integrazione e l’inclusione sociale. Si riprende quindi il benessere edonico relativo alla soddisfazione dei singoli ambiti della vita, che si ripercuote in questo caso, sulla soddisfazione olistica della vita. Legato all’indicatore “attività quotidiane”, dall’osservazione sul campo emerge che :“…molti utenti…autonomi, sia in ambito

                                                                                                               159 Cfr. Allegato intervista utente A. 160 Cfr. Allegato intervista utente D. 161 Cfr. Allegato intervista utente E. 162 Cfr. Allegato intervista utente C. 163 Cfr. Allegato intervista utente B.  164 Cfr. Allegato intervista famigliare I. 165 Cfr. Allegato intervista famigliare L. 166 Avilés Gregorio, op. cit., pp.71-80.

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lavorativo sia al di fuori…si spostano autonomamente…si recano al posto di lavoro a piedi, con i propri mezzi, o con l’auto-postale…Nonostante ciò alcuni necessitano di un supporto per l’accompagnamento sul luogo di lavoro…per quel che concerne l’autonomia della cura di sé, si è visto come alcuni utenti abbiamo bisogno di un sostegno. Ad esempio, mi è capitato, …di consigliare… di andare a lavarsi le mani prima di pranzo.”167; e un operatore dice: “una persona … ha imparato a fare il nodo alle scarpe…è migliorato nel prendere i trasporti pubblici…”168 Il possedere un lavoro influenzerebbe le attività quotidiane. Infatti, grazie alla routine gli utenti hanno sviluppato, migliorato e mantenuto delle attività quotidiane legate alla cura di sé e alla mobilità. In alcuni momenti però, si può notare il bisogno di un supporto esterno per l’accompagnamento sul luogo di lavoro e per la cura di sé. Per l’indicatore “tempo libero”, alcuni utenti esplicitano: ”… da quando lavoravo qui durante il tempo libero faccio camminate, escursioni, sport, cose che prima non facevo. Tutte queste attività le ho conosciute anche grazie al lavoro.”169;”…viaggio un po’ di più da quando lavoro qui…”170; “quando ho finito di lavorare qua vado diretta a casa perché sono stanca.”171 e un famigliare sostiene:”…da quando mio figlio è qui ha meno contatti sociali nel tempo libero, quando torna a casa alla sera molte volte è stanco e non ha più voglia di uscire.“172 Emerge quindi come l’occupazione influenzerebbe gli svaghi, gli hobbies, la partecipazione sociale, l’integrazione e l’inclusione, ma dall’altra parte potrebbe subentrare la diminuzione dei contatti sociali e dei processi integrativi ed inclusivi a causa della stanchezza fisica che ne deriva dal lavorare. 5. Conclusioni 5.1 Sintesi dei dati raccolti e risposta alle domande

• L’esperienza del lavoro in un contesto protetto, può apportare dei benefici alla persona con disabilità e quindi influire sulla sua QdV?

Dai dati dell’analisi, emerge come per la persona con disabilità, il lavoro sia fondamentale e sia considerato uno dei mezzi che permette di: crescere, sviluppare delle competenze (personali, cognitive, pratiche, organizzative, sociali, comunicative, relazionali), sentirsi utili ed orgogliosi, costruire una propria identità e personalità. Il lavoro rappresenta una fonte di grandi vantaggi; da un lato permette di sentirsi parte di un gruppo all’interno di un’azienda o un’organizzazione, evitando la nascita di un sentimento di isolamento, dall’altro permette la crescita del concetto di sé (identificazione, valore di sé e autostima), permettendo il rafforzamento della propria identità. Quest’ultimo aspetto permette di far fronte ad un’acquisizione o a un rafforzamento delle proprie capacità non solo per se stessi, ma anche nella relazione con gli altri, riuscendo sempre più ad inserirsi in una realtà sociale.                                                                                                                167 Cfr. Allegato diario di bordo nr. 4. 168 Cfr. Allegato intervista operatore F. 169 Cfr. Allegato intervista utente E. 170 Cfr. Allegato intervista utente D. 171 Cfr. Alllegato intervista utente C. 172 Cfr. Allegato intervista famigliare I.  

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Grazie all’esperienza lavorativa si possono instaurare o incrementare delle relazioni interpersonali, favorendo la partecipazione sociale e l’acquisizione di un ruolo sociale valorizzato. Ciò emerge soprattutto in contesti lavorativi protetti, in cui le persone con disabilità, nel gruppo di lavoro in cui sono inseriti, possono esprimere le proprie idee nella realtà che vivono quotidianamente. Per tali persone avere un lavoro vuol dire sentirsi autonomi, più responsabili e sicuri di sé.   Lavorare in un contesto protetto, offre dei sostegni (educativi, fisici, emotivi, finanziari, sociali) mirati ed individuali per le persone con disabilità, caratterizzati dalla considerazione delle singole necessità. Inoltre, grazie ai sostegni e alle relazioni interpersonali, possono emergere dei feedback, che permettono alla persona con disabilità di sentirsi stimata, valorizzata, riconosciuta e di conseguenza ciò influisce sull’autostima e il valore di sé. Il lavoro permette inoltre di avere un reddito, elemento di riscatto che permette all’individuo di essere responsabile della sua vita. Nel contesto protetto preso in considerazione, emerge che quando le dimensioni della QdV sono soddisfatte, la persona riesce a trarre benefici dall’esperienza lavorativa, e ciò è molto probabile che si rifletta sul resto della sua vita. Grazie all’esperienza lavorativa, gli utenti acquisiscono alcune competenze e capacità che sono riportate anche nella vita quotidiana. Risulta quindi evidente come l’esperienza del lavoro in un contesto protetto, può apportare dei benefici alla persona con disabilità e quindi influire sulla QdV; e seguendo la logica del modello ecologico/sistemico, si può affermare che vi possono essere dei benefici e un’influenza positiva sulla QdV anche al di fuori dall’ambiente lavorativo, cioè in vari aspetti della vita quotidiana.

• Quali potrebbero essere i sostegni da parte del contesto e degli operatori per favorire il raggiungimento di una QdV soddisfacente per gli utenti?

Da quanto emerge dall’analisi dei dati, per poter favorire il raggiungimento di una QdV soddisfacente per gli utenti, risultano fondamentali i sostegni educativi, emotivi, fisici, finanziari e quelli relativi ai feedback. In modo particolare, questi sostegni permetterebbero agli utenti di essere maggiormente motivati, valorizzati, sostenuti nei momenti di sconforto e litigio con i pari, e ciò influenzerebbe il benessere psicologico (ad esempio: soddisfazione, appagamento, concetto di sé, sviluppo personale) e sociale (ad esempio: contributo e integrazione sociale) degli stessi. Tutto ciò influenzerebbe inoltre, il benessere e la QdV degli utenti anche al di fuori dal contesto lavorativo. Per rispondere a questa domanda risulta inoltre fondamentale prendere in considerazione il Profilo di competenze173 del laureato in lavoro sociale. Per migliorare la QdV e mettere in atto una progettualità, risulta fondamentale come punto di partenza, il saper integrare “nell’analisi del caso/della situazione il punto di vista dell’utenza e degli altri attori coinvolti

                                                                                                               173 SUPSI, 2008, Profilo di competenza del laureato in Lavoro sociale SUPSI, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, pp. 6.

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(contesto sociale, altre organizzazioni)”,174 infatti, grazie a ciò, si può dar voce agli utenti, ascoltare i loro desideri, le loro aspettative ed i loro bisogni, per mettere in atto una progettualità co-costruita maggiormente mirata ed idonea. Quindi in questo caso, si riprendono anche le seguenti: “progetta e realizza, sulla base di una definizione della domanda/bisogno e di obiettivi concordati, processi di sostegno adeguati, in collaborazione con l’utenza e altri attori coinvolti” e “struttura l’intervento operativo in modo da utilizzare al meglio le risorse dell’utenza e mantenere o rafforzare la sua capacità d’agire”175. Per quest’ultimo aspetto, risulta opportuno integrare il concetto di empowerment, ovvero la valorizzazione delle potenzialità del singolo. Come si è visto in precedenza, grazie alle interviste svolte sono emersi alcuni dei bisogni del singolo: fattore rilevante per fare emergere questi aspetti, risulta il sostegno educativo dell’operatore sociale; per permettere ciò, è necessario però costruire “con l’utenza relazioni professionali basate sulla fiducia”.176 Questi aspetti risultano quindi rilevanti per permettere un miglioramento della QdV dei singoli utenti. Nonostante il lavoro apporti dei benefici, potrebbero esserci dei rischi e delle criticità. È emerso come la non soddisfazione completa di una o più dimensioni, potrebbe far nascere dei sentimenti di frustrazione o insoddisfazione negli utenti, e quindi di conseguenza influire negativamente sulla QdV. Queste criticità, risultano il punto di partenza per poter ipotizzare delle modifiche indirizzate alla struttura, permettendo così di ridurre queste criticità e poter migliorare la QdV degli utenti; e per adempiere a tale scopo, risultano fondamentali i sostegni da parte degli operatori e del contesto. 5.2 Sviluppi possibili/proposte di miglioramento indirizzate alla struttura Partendo dalle criticità emerse dall’analisi dei dati e tenendo in considerazione le domanda di ricerca, si può riflettere sui possibili sviluppi o sulle proposte di miglioramento indirizzate alla struttura. È emerso come, in alcuni periodi particolarmente produttivi, lo stress sia una delle criticità del contesto. In questi momenti, per poter ridurre il fattore stress, si potrebbe ipotizzare un maggiore sostegno numerico di operatori e di utenti, oppure se fosse possibile, ridurre leggermente la produttività o diluirla su un tempo maggiore. In alcuni casi e soprattutto in queste situazioni di stress, è emersa una discrepanza tra le richieste ambientali e le competenze personali di alcuni utenti. In questo caso, il ruolo dell’operatore risulta quello di colmare questa “lacuna”, apportando il sostegno idoneo. L’operatore sociale dovrebbe quindi trovare delle strategie per diminuire queste differenze, e tra queste si potrebbero ipotizzare quelle espresse in precedenza in merito alle situazioni di stress. Inoltre, in alcuni casi, si è visto come lavorare in un determinato settore per parecchi anni possa creare delle percezioni di monotonia, alterando la motivazione, l’umore e la                                                                                                                174 SUPSI, 2008, Profilo di competenza del laureato in Lavoro sociale SUPSI, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, p. 6. 175 Ibidem. 176 Ibidem, p.3

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soddisfazione degli utenti, per cui, in queste situazioni si potrebbero ipotizzare dei sostegni educativi per ideare delle innovazioni nello stesso settore lavorativo oppure relative alle mansioni dell’utente in questione. In aggiunta, si potrebbe valutare anche l’inserimento dell’utente in un settore diverso. Altra criticità emersa risulta la situazione finanziaria ridotta degli utenti; da una parte sarebbe auspicabile riuscire a migliorare l’aspetto economico, ma dall’altra si è vincolati dalle direttive cantonali e della Fondazione La Fonte. Si potrebbero comunque ipotizzare dei “premi” simbolici aggiuntivi da parte degli operatori sociali, non esclusivamente economici, per permettere una motivazione e gratificazione maggiore. Un’altra criticità emersa dal contesto risulta l’avanzare dell’età degli utenti, e di conseguenza la tendenza ad avere qualche problema fisico maggiore e una regressione della memoria. In questi casi quindi, il lavoro risulta fondamentale per poter mantenere le capacità acquisite. Il ruolo dell’operatore in questi casi potrebbe essere quello di cercare di ideare dei progetti per contrastare maggiormente queste regressioni, come ad esempio, mettendo in atto delle attività di lettura e di calcolo o proporre attività culturali nella comunità. Altro aspetto critico emergente risulta il desiderio da parte degli utenti di voler essere ascoltati maggiormente, ad esempio per quel che riguarda la situazione finanziaria. Inoltre, alcuni esprimono di aspirare ad apprendere più competenze e di conseguenza ciò permetterebbe loro di avere una maggiore autonomia lavorativa. Per adempiere a tale scopo, si potrebbero ipotizzare delle attività proposte dagli operatori sociali, per aumentare queste aspettative, ma dall’altra parte, si deve tenere in considerazione, oltre che al tipo di disabilità, anche la sicurezza sul lavoro, infatti alcune macchine sono molto pericolose per alcuni utenti. Ad ogni modo, per poter permettere una maggiore soddisfazione, si potrebbe ipotizzare di incrementare ancor di più questi momenti in cui l’utente possa esprimere la sua opinione o ideare delle attività graduali, grazie alle quali con il tempo l’utente potrà usare i macchinari e acquisire le competenze desiderate. In alcuni casi, si è visto come le relazioni sociali degli utenti nel tempo libero siano diminuite, ciò è da collegare ad una certa stanchezza fisica che può derivare dal lavoro e quindi di conseguenza, non si ha più la “forza” per uscire dopo il lavoro e ciò influenzerebbe l’inclusione sociale. Per cui, in questo caso, risulta opportuno riflettere su come migliorare questi aspetti. Innanzitutto, si potrebbe ipotizzare di organizzare delle attività di gruppo dopo il lavoro per permettere di aumentare le relazioni tra di loro e allo stesso tempo permettere una maggiore inclusione sociale. Per quel che concerne invece la stanchezza fisica, si potrebbe ipotizzare di aggiungere una pausa oppure diluire il lavoro su un tempo più lungo. Altra ipotesi, si potrebbe proporre un’integrazione di questi aspetti, ovvero dare la possibilità agli utenti di lavorare una-due ore in meno e permettere loro di scegliere se dedicare questo tempo al riposo oppure alle attività proposte.

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5.3 Limiti del seguente lavoro di tesi Per quel che concerne i limiti di questo lavoro di tesi e siccome il seguente lavoro di ricerca è di tipo qualitativo, è da sottolineare innanzitutto, la selezione degli intervistati presi in considerazione. Sarebbe stato interessante poter effettuare le interviste prendendo in considerazione un campione più numeroso ed eventualmente intervistare anche i membri di direzione della Fondazione, per avere in questo modo una visione più ampia. Inoltre, si sarebbero potuti prendere in considerazione altri strumenti, quali ad esempio i questionari, permettendo in questo modo agli intervistati di non essere influenzati dalla presenza dell’intervistatore nella loro risposta e sentendosi maggiormente a loro agio. Altre criticità, emergenti da questo lavoro di tesi, sono da ricondurre ai quesiti irrisolti, cioè a quei temi che non si ha avuto l’occasione di analizzare e approfondire nello specifico, ma che meriterebbero di essere oggetto di analisi future. Tra questi si sarebbero potuti approfondire ad esempio i concetti d’integrazione e inclusione sociale, lo sviluppo personale, la salute, i diritti. Inoltre, si sarebbero potuti approfondire e far emergere alcuni collegamenti tra le dimensioni e gli indicatori non trattati, quali ad esempio i collegamenti tra: l’inclusione sociale e l’occupazione, la situazione finanziaria ed i sostegni, il reddito e l’alloggio. 5.4 Collegamenti di quanto trattato con il ruolo professionale quale operatore sociale Vorrei ora proporre delle riflessioni su come si possano collegare gli aspetti trattati nel seguente lavoro con il ruolo professionale dell’operatore sociale. Penso possa risultare interessante riprendere alcune finalità del ruolo dell’operatore sociale approfondite nel modulo “Teorie e metodologie dell’intervento sociale”, in particolare quelle relative a promuovere:

• qualità di vita e salute, intese come benessere psichico, fisico, sociale e spirituale; • l’empowerment e l’autonomia, l’autodeterminazione, l’autoefficacia, l’autostima e la

creatività; • processi di integrazione, inclusione e partecipazione sociale; • sviluppo della giustizia sociale, del rispetto dell’ambiente e dei contesti di vita.”177

In questo lavoro di tesi, emerge costantemente la presenza di queste finalità e quindi la coerenza tra quanto teorizzato e quanto osservabile nella pratica quotidiana del lavoro sociale, ribadendo così la necessità di porre continuamente attenzione a creare le condizioni necessarie a promuovere la qualità di vita. Siccome la dovuta attenzione verso il benessere e la QdV degli utenti è di primaria importanza in qualsiasi operato del lavoro sociale, credo che per noi operatori sociali sia doveroso tenerli sempre in considerazione, cercando di sostenere e migliorare questi aspetti e processi. Inoltre, questo lavoro di ricerca ha dato l’occasione di applicare alcune delle competenze                                                                                                                177 Maida Serenella, a.a. 2013/2014, Slide del modulo Teorie e metodologie dell’intervento sociale, Introduzione lavoro sociale PARTE 1, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, p. 10.

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del laureato in lavoro sociale e tra queste vi sono, ad esempio: il saper integrare “nell’analisi del caso/della situazione il punto di vista dell’utenza e degli altri attori coinvolti (contesto sociale, altre organizzazioni)”178 e “riconosce possibilità e limiti dell’intervento professionale nelle specifiche organizzazioni/istituzioni/servizi.”179 5.5 Considerazioni personali finali Vorrei sottolineare come tutte le tematiche affrontate in questo lavoro di tesi hanno da sempre suscitato il mio interesse, in quanto penso che siano degli aspetti fondamentali per il singolo individuo e per tutta la comunità. Nonostante quanto trattato si riferisca ad un contesto specifico, ciò non preclude il riferimento ad una visione più ampia, e quindi alla trasferibilità a qualsiasi altro contesto lavorativo, protetto e non. L’attenzione verso le dimensioni della QdV, oltre ad essere fulcro di qualsiasi operato del lavoro sociale, dovrebbe esserlo anche per qualsiasi altro individuo. Siccome l’esperienza lavorativa si interconnette con “aspetti sociali, economici, psicologici, affettivi, …”180 ed è considerata uno dei mezzi per apportare dei benefici e migliorare la QdV181, indipendentemente dalla disabilità e dal contesto di lavoro, è da sempre ritenuta essenziale per l’uomo182. In conclusione, vorrei affermare che questi anni accademici e questo lavoro di tesi mi hanno permesso di crescere sia personalmente sia professionalmente. Da questi anni, traggo preziosi e numerosi consigli ed insegnamenti, che porterò sempre nel mio bagaglio personale e professionale.                                                                                                                178 SUPSI, 2008, Profilo di competenza del laureato in Lavoro sociale SUPSI, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, p. 6. 179 Ibidem, p.4.  180 Ibidem, p. 11. 181Gruppo Abele, 2000, Animazione sociale, XXX-nr.144, Torino: Bollati Boringhieri, p.64. 182 Ibidem.

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Bibliografia Dispense tratte dai moduli della formazione in Lavoro sociale: Cardone Stephanie, a.a.2015/2016, Modulo Laboratorio di pratica professionale dell’opzione educatore sociale, Progetto auto-formativo, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana pp. 50; Cavadini Pasqualina, a.a. 2014/2015, Slide del modulo Indagine di campo e lavoro scientifico, Strumenti per la raccolta dati, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, pp. 12; Cavadini Pasqualina, Fara Pascal, Loriga Sabina, Solcà Paola, a.a.2013/2014, Slide del modulo Società degli individui, La società nella sociologia classica, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, p.15. Fara Pascal e Panzera-Biaggi Alice, a.a. 2015/2016, Slide del modulo Famiglia e partenariato educativo, Forme e metodologie di lavoro con le famiglie, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, pp. 19; Maida Serenella, a.a. 2013/2014, Slide del modulo Teorie e metodologie dell’intervento sociale, Introduzione lavoro sociale PARTE 1, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, pp. 19; Maida Serenella, a.a. 2013/2014, Slide del modulo Teorie e metodologie dell’intervento sociale, Progettualità e intervento sociale, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, pp. 24; Nuzzo Angelo e Pirozzi Francesco, a.a. 2013/2014, Slide del modulo Processi comunicativi e relazionali, L’approccio sistemico, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, p. 21; SUPSI, 2008, Profilo di competenza del laureato in Lavoro sociale SUPSI, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, pp. 6.

Documenti della Fondazione La Fonte e La Fonte 4 : Bocchi Mauro e Mirko Scherler, 2013, PROGETTO FONTE 4, Fondazione La Fonte, pp. 9; Cambrosio Rossano, 2013, PRESA A CARICO E PROMOZIONE, Fondazione La Fonte, pp. 5;

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Cambrosio Rossano, 2012, LINEE DIRETTIVE; Fondazione La Fonte, pp.3. Testi scientifici: Albanesi Cinzia, Berti Pietro e Cicognani Elvira, 2001, Dimensioni del benessere sociale: applicazione di uno strumento di misurazione, Dimensions of social well being: a measurement instrument in Psicologia della salute n. 1, Bologna: Università, Dipartimento di Scienze dell’Educazione, pp.105-122; Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale (ANFFAS), 2015, Progettare qualità di vita, Report conclusivo e risultati progetto di ricerca “Strumenti verso l’inclusione sociale matrici ecologiche e progetto individuale di vita per adulti con disabilità intellettive e/o evolutive, Roma: Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, pp.159; Avilés Gregorio, 2015, Valutazione dell’impatto del mercato secondario sulla qualità di vita individuale, Lavoro di tesi, Università di Ginevra, pp. 258; Caso Daniela, Capone Vincenza e Petrillo Giovanna, 2014, Un’applicazione del Mental Health Continuum di Keyes al contesto italiano: benessere e malessere in giovani, adulti e anziani in Psicologia della salute n.2, Napoli: università degli studi, dipartimento di Studi Umanistici, pp. 159-181; Croce Luigi e Di Cosimo Federica, 2009, Partecipazione, interazioni e ruolo sociale delle Persone con Disabilità Intellettiva: che cosa abbiamo imparato dal Modello dei Sostegni, relazione tenuta al convegno internazionale promosso da Mediterraneo Senza Handicap a Nizza, pp.1-10; Gruppo Abele, 2000, Animazione sociale, XXX-nr.144, Torino: Bollati Boringhieri, pp.96; Malcolm Carey, 2013, La mia tesi in servizio sociale, come preparare un elaborato finale basato su piccole ricerche qualitative, Trento: Centro Studi Erickson, pp. 233. Sitografia: Sito del dizionario online Treccani: http://www.treccani.it/vocabolario/edonismo/, ultima consultazione il 9 settembre 2016; Sito del dizionario online Treccani: http://www.treccani.it/vocabolario/eudemonismo/, ultima consultazione il 9 settembre 2016;

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Sito della Fondazione La Fonte: http://www.lafonte.ch, ultima consultazione il 18 agosto 2016; Sito dell’Ufficio Federale delle Assicurazioni Sociali (UFAS): http://www.bsv.admin.ch/?lang=it, ultima consultazione il 9 settembre 2016.

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Allegati

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Schemi

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Allegato nr. 1:

Schema 1-tratto da: Fara Pascal e Alice Panzera-Biaggi, a.a. 2015/2016, Slide del modulo Famiglia e Partenariato educativo, Forme e metodologie di lavoro con le famiglie, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, p. 10.

Tre aspetti centrali dello sviluppo umano: “• L’individuo in via di sviluppo non è considerato una tabula rasa che l’ambiente plasma, ma è visto come entità dinamica che cresce e si muove progressivamente all’interno dell’ambiente in cui risiede e lo struttura

• L’interazione tra individuo e ambiente è considerata bidimensionale, è cioè caratterizzata dalla reciprocità

• L’ambiente che si considera rilevante per i processi evolutivi non è limitato ad un’unica situazione ambientale immediata, ma viene esteso nel senso di includere interconnessioni tra più situazioni ambientali; nonché le influenze esterne che derivano da condizioni ambientali di carattere generale.” 183

Microsistema: "Un microsistema è uno schema di attività, ruoli e relazioni interpersonali di cui l'individuo in via di sviluppo ha esperienza in un determinato contesto, e che hanno                                                                                                                183 Fara Pascal e Alice Panzera-Biaggi, a.a. 2015/2016, Slide del modulo Famiglia e Partenariato educativo, Forme e metodologie di lavoro con le famiglie, Manno: DEASS, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, p.8.

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particolari caratteristiche fisiche e concrete." 184

Mesosistema: “Un mesosistema comprende le interrelazioni tra due o più situazioni ambientali alle quali l'individuo in via di sviluppo partecipi attivamente (per un bambino ad esempio le relazioni tra casa, scuola e gruppi di coetanei che abitano nelle vicinanze di casa sua; per un adulto quelle tra famiglia, lavoro e vita sociale)."185

Esosistema: “Un esosistema è costituito da una o più situazioni ambientali di cui l'individuo in via di sviluppo non è un partecipante attivo, ma in cui si verificano degli eventi che determinano, o sono determinati da ciò che accade nella situazione ambientale che comprende l'individuo stesso.”186

Macrosistema: “Il macrosistema consiste nelle congruenze di forma e di contenuto dei sistemi di livello più basso (micro- meso- ed esosistema) che si danno, o si potrebbero dare, a livello di subcultura o di cultura considerate come un tutto, nonché di ogni sistema di credenze o di ideologie che sottostanno a tali congruenze."187

Transizione ecologica: “Si verifica una transizione ecologica ogniqualvolta la posizione di un individuo nell’ambiente ecologico si modifica in seguito ad un cambiamento di ruolo, situazione ambientale o di entrambi.”188

                                                                                                               184 Ibidem, p.11.  185 Ibidem, p.12. 186 Ibidem, p.13. 187 Ibidem, p.14 188 Ibidem, p.15.  

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Diari di bordo

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Diario di bordo nr. 1- Stephanie Cardone Contesto Data: 22.03.2016 Ora: 13.00 Luogo: Vaglio, azienda agricola protetta, Fondazione La Fonte 4. Persone presenti: Stephanie (stagiaire) e operatore. Descrizione dettagliata di un’esperienza significativa: Durante la pausa pranzo ho posto la seguente domanda ad un operatore: secondo te che differenza c’è a lavorare qui, quindi in un contesto protetto, rispetto a un contesto esterno? L’operatore mi ha dato la seguente risposta: C’è una differenza sostanziale, soprattutto per quel che concerne la protezione. Al di fuori di un contesto protetto non c’è la rete che ti salva nei momenti di crisi, nei momenti di sconforto, di litigio, ecc., qui c’è qualcuno che aiuta, che ascolta, che capisce. In un contesto protetto, come qui a Vaglio, si ha a che fare con persone beneficiarie di una rendita AI, dunque che presentano qualche problema, qualche limite, e vengono aiutate ed ascoltate dagli operatori, dagli stagiare, da chi c’è insomma. Inoltre, lavorare in un contesto protetto permette agli utenti di essere tutelati e protetti anche nel loro agire quotidiano. Inoltre, gli utenti qui lavoreranno un attimino di meno, ma nel frattempo possono riprendere il controllo di sé e riprendere a stare bene. Non tutti i datori di lavoro sarebbero disponibili ad assumere la persona anche con dei limiti di tipo lavorativo, ad esempio di manualità, o problemi di comportamento o di ritardo, mentre qui, questi limiti sono accettati nella specificità dei bisogni del singolo e della struttura. Non sempre tutti possono venire qui a lavorare, gli utenti devono avere un certo grado di autonomia e fattore fondamentale è la reattività, ovvero il fatto di essere in grado, attraverso gli operatori, di riprendere e di stabilizzarsi.

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Diario di bordo nr. 2- Stephanie Cardone Contesto Data: 18.04.2016 Ora: 10.00 Luogo: Vaglio, azienda agricola protetta, Fondazione La Fonte 4. Persone presenti: Stephanie e utenti del settore falegnameria. Descrizione dettagliata di un’esperienza significativa: Mi trovavo nel settore della falegnameria e ho notato che due utenti stavano facendo lo stesso lavoro per ore. Mi è sorta una riflessione: non è un po’ monotono per loro fare sempre lo stesso compito? Non è frustrante? A questo punto, ho voluto chiedere il parere agli interessati. Questi ultimi mi hanno risposto che a loro piace fare questo tipo di lavoro. Dopo alcuni minuti ho provato a chiedere loro se avessero voluto aiutarmi a pitturare un oggetto di legno; inizialmente mi risposero di no, per cui ho detto loro che se avessero cambiato idea potevano raggiungermi. Dopo alcuni minuti, un utente è venuto da me dicendomi che avrebbe voluto provare. Ha eseguito il compito con molto entusiasmo ed i giorni seguenti ha espresso il piacere di pitturare nuovamente. L’altro utente però, ha continuato a svolgere lo stesso lavoro. La maggior parte degli utenti, invece, svolge quotidianamente numerosi e variati compiti e ciò, secondo loro, permette di sviluppare nuove competenze che possono riportare anche nella vita quotidiana. Riflessioni personali: Ho potuto quindi riflettere su come a volte, soprattutto in contesti in cui gli operatori vi lavorano da parecchi anni, sia fondamentale apportare delle idee, ma dall’altra parte, alcuni utenti, prediligono la routine e il sapere con anticipo i lavori da svolgere, in quanto ciò permetterebbe loro di essere più sereni e tranquilli. Dal fatto di sapere anticipatamente ciò che spetta loro, o di sapere che svolgeranno dei compiti già eseguiti molte volte, ne consegue una sensazione di prevedibilità e di essere in grado di gestire la situazione che si presenterà. Prendendo in considerazione gli utenti che svolgono un lavoro più variato, emerge, dai loro racconti, l’importanza di questo aspetto. Infatti, ciò influenzerebbe sulla loro motivazione e soddisfazione personale.

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Diario di bordo nr. 3- Stephanie Cardone Contesto Data: 4.04.2016 Ora: 11.00 Luogo: Vaglio, azienda agricola protetta, Fondazione La Fonte 4. Persone presenti: Stephanie e M. Descrizione dettagliata di un’esperienza significativa: Io e L. ci trovavamo al mercato e ad un certo punto la clientela è aumentata e ci siamo ritrovati davanti numerosi clienti da servire. In questo momento di stress ho percepito in M. un cambiamento dell’umore e del comportamento. Infatti, vedevo che era agitato e non rispondeva alle domande dei clienti. A quel punto chiesi a M. come stava e mi rispose che non stava bene e che si voleva fermare un attimo per riprendersi. Ho lasciato a M. il tempo per tranquillizzarsi e nel frattempo ho continuato a servire i clienti. Dopo alcuni minuti, quando la clientela non era più così numerosa, ho notato che M. stava meglio e che aveva ripreso il controllo di sé e della situazione. Riflessioni: Da questa situazione è emerso quanto sia importante, per gli utenti, il sostegno educativo, soprattutto nei momenti in cui la produzione e la clientela sono maggiori. Infatti, in questo caso subentra lo stress, fattore che può essere determinato dalle richieste ambientali. In queste situazioni, in cui vi è la richiesta ambientale discordante con le competenze del singolo, risultano fondamentali i sostegni educativi, che ascoltano, sostengono e motivano l’utenza. Per cui, ciò mi ha fatto anche riflettere sull’importanza, per questi utenti, di avere l’occasione di lavorare in un contesto protetto, in cui il fulcro risulta l’attenzione ai singoli bisogni.

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Diario di bordo nr. 4- Stephanie Cardone Contesto Periodo: Durante tutto lo stage. Luogo: Vaglio, azienda agricola protetta, Fondazione La Fonte 4. Persone presenti: Tutti gli utenti e operatori, e alcuni famigliari. Descrizione dettagliata di un’esperienza significativa: Durante il mio stage ho potuto notare come molti degli utenti che lavorano presso l’azienda agricola siano autonomi, sia in ambito lavorativo sia al di fuori. Per quel che concerne l’autonomia al di fuori del contesto lavorativo, si è notato come molti di loro vivono soli e si spostano autonomamente. Infatti, questi si recano al posto di lavoro a piedi, con i propri mezzi, o con l’auto-postale (stessa cosa per il recarsi a casa). Nonostante ciò, si è notato come, ogni tanto, alcuni di loro necessitano di un supporto per l’accompagnamento sul luogo di lavoro. Inoltre, per quel che concerne l’autonomia della cura si sé, si è visto come alcuni utenti abbiano bisogno di un sostegno. Ad esempio, mi è capitato, alcune volte, di consigliare agli utenti di andare a lavarsi le mani prima di pranzo.

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Diario di bordo nr. 5- Stephanie Cardone Contesto Data: 19.04.2016 Ora: 10.00 Luogo: Vaglio, azienda agricola protetta, Fondazione La Fonte 4. Persone presenti: Stephanie e due utenti nel settore dell’agricoltura. Descrizione dettagliata di un’esperienza significativa: Mi trovavo nel settore dell’agricoltura con due utenti, D. e F., ad un certo punto, mentre F. stava contando le uova, D. ha espresso il desiderio di voler migliorare le sue capacità di calcolo per poter svolgere, anche lui, questo compito. A questo punto, mi è sorta l’idea di pianificare un progetto per adempiere tale scopo. Confrontandomi con l’équipe, si è pensato a sviluppare degli schemi che facilitassero il conteggio. Dopo alcune bozze, e chiedendo a D. il suo parere, si è scelto di provare con uno di questi. Durante l’attività, fattore fondamentale, soprattutto all’inizio, era il sostegno educativo da parte di uno degli operatori. Per i primi mesi mi sono occupata io di questo progetto; D. si è dimostrato molto motivato e volenteroso nell’apprendimento. Periodicamente, all’incirca ogni due settimane, chiedevo a D. un suo feedback, ciò avrebbe potuto apportare qualche modica nell’attività. Il progetto però, è andato avanti senza apportare modifiche, in quanto D. era soddisfatto del compito e dei progressi personali che stava avendo. Dopo alcuni mesi, si è potuto notare che quest’utente aveva acquisito una certa autonomia nel fare i calcoli e nella fiducia delle sue potenzialità, aumentando così la sua autostima. Riflessioni: Molte volte in questo contesto ho notato che il parere dell’utente è preso in considerazione con la dovuta attenzione, inoltre ciò permette loro di prendere delle iniziative, di sentirsi valorizzati ed aumentare la fiducia in sé stessi.

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Interviste

                 

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Canovaccio di domande sottoposte

N.B.: Le domande da sottoporre agli utenti e agli operatori sono state strutturate utilizzando il linguaggio informale, in quanto durante lo stage l’utilizzo del “tu” era fondamentale. Per quel che concerne invece le domande da rivolgere ai famigliari e alla clientela esterna, ho utilizzato le domande formali. Inoltre, per questioni di privacy, i nomi delle persone intervistate sono fittizi, mentre per quel che concerne le strutture lavorative o di cura si è mantenuto l’anonimato.  Domande per gli utenti: Domande relative alla presentazione dell’utente: Come ti chiami? Quanti anni hai? Che lavoro svolgi? Dove abiti? Da quanto tempo abiti qui? Abiti da solo? O con chi? Prima dove abitavi? Prima con chi abitavi? Con quali mezzi arrivi fino a Vaglio? Prima di lavorare presso Fonte 4 cosa facevi? Da quanti anni lavori presso Fonte 4? In che percentuale lavori? In che settore lavori? Perché? Con chi lavori? Di cosa ti occupi? Quali compiti svolgi? Domande più specifiche: Come mai sei venuto a lavorare a Fonte 4? Hai delle responsabilità? Quali sono? Ti senti soddisfatto delle tue responsabilità e dei tuoi compiti? Perché? Ti senti valorizzato? Da chi e perché? Ti senti soddisfatto a lavorare qui? Perché? Hai un certo grado di autonomia nel lavoro? Da quando lavori qui hai visto dei progressi nell’autonomia (relativa ad aspetti personali e della vita quotidiana)? Se sì, quali e secondo te come mai? Hai la possibilità di esprimere la tua opinione su come svolgere il lavoro? Hai la possibilità di prendere delle iniziative? Pensi che il lavorare presso Fonte 4 ti abbia creato dei benefici? Sapresti farmi degli esempi? Cosa ne pensi del contratto di lavoro stipulato?

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Se non avessi questo tipo di contratto, cambierebbe la tua visione/motivazione/ il tuo interesse del lavorare qui? Perché? Cosa ne pensi del tuo stipendio? I soldi che guadagni lavorando, solitamente come li utilizzi? Se non guadagnassi, lavoreresti comunque qui? Perché? Cosa ne pensi del contatto con la clientela esterna? Pensi che sia importante lavorare con clienti esterni? Perché? Ti senti soddisfatto del contatto che hai con i clienti? Cosa ne pensi del lavorare con gli altri ragazzi? Quando l’orario di lavoro finisce, hai ancora contatti con gli altri ragazzi? Se sì, in che momenti e in che ambiti? Cosa ne pensi del lavorare con gli operatori (maestri socio-professionali, educatori, stagiaire)? Il clima di lavoro è positivo? Perché? Vi sono degli aspetti positivi del lavorare qui? Quali? Vi sono aspetti negativi o critici del lavorare qui? Quali? Da quando lavori qui hai visto dei progressi nell’integrazione sociale? Se sì, quali e secondo te come mai? Come vedi il tuo futuro o come ti piacerebbe immaginare il tuo futuro (lavorativo e non)? Domande per gli operatori: Da quanti anni lavori qui? Quale è la tua formazione? Come mai hai deciso di venire a lavorare in questo contesto? Hai visto dei cambiamenti negli utenti che sono qui da molti anni? Ad esempio? Hai notato degli sviluppi nelle loro capacità organizzative? Se sì, sapresti farmi un esempio? Hai notato degli sviluppi nelle loro capacità relazionali? Se sì, sapresti farmi un esempio? Hai notato degli sviluppi nelle loro capacità comunicative? Se sì, sapresti farmi un esempio? Secondo te, il lavoro, presso Fonte 4, porta dei benefici agli utenti? Se sì, sapresti farmi degli esempi? Secondo te, lavorare in questo contesto protetto presenta delle criticità o dei limiti per l’utenza? Se sì, quali? Domande per i famigliari: Come si chiama? Da quanto tempo suo/a figlia/fratello/sorella/compagno/a* lavora presso l’azienda agricola? Cosa faceva * prima di recarsi qui? Come mai * ha iniziato a lavorare qui? Ha visto dei cambiamenti in * da quando lavora qui? Quali? Ha visto dei cambiamenti all’interno della famiglia da quando * lavora qui?

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Secondo lei * è autonomo/a? In che modo? Come percepisce l’integrazione lavorativa di *? E quella sociale? Come vede la prospettiva lavorativa futura di *? E la prospettiva sull’autonomia di *? Domande per i clienti: Come si chiama? Dove abita? Da quanto tempo viene a comprare prodotti qui? Per quali motivi viene a comprare prodotti qui? Quali sono gli aspetti positivi del contatto con l’utenza? Ci sono aspetti negativi o critici del contatto con l’utenza? Vi sono aspetti positivi del comprare i prodotti qui? Quali? Vi sono aspetti critici o negativi del comprare prodotti qui? Quali? Secondo lei l’utenza è soddisfatta del contatto con la clientela esterna? Secondo lei l’utenza è sodisfatta a lavorare in un contesto protetto? Secondo lei ci sono aspetti critici per l’utenza nel lavorare in un contesto protetto? Secondo lei ci sono aspetti positivi/benefici per l’utenza nel lavorare in un contesto protetto?

                         

                   

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Utente  A:   Domande relative alla presentazione dell’utente: Come ti chiami? Stefano. Quanti anni hai? Ho 49 anni. Che lavoro svolgi? Faccio l’utente in un negozio alimentari, sono un venditore. Dove abiti? A Sala Capriasca. Da quanto tempo abiti qui? Da 2 anni e mezzo. Abiti da solo? O con chi? Abito da solo. Prima dove abitavi? Prima con chi abitavi? Ad Agno, con mia moglie. Con quali mezzi arrivi fino a Vaglio? A piedi. Prima di lavorare presso Fonte 4 cosa facevi?Ho lavorato in un contesto non protetto in uno studio d’architettura e poi in un laboratorio protetto, nel reparto restaurazione mobili e servizio vendita. Da quanti anni lavori presso Fonte 4? Da 3 anni. In che percentuale lavori? Al 100%. In che settore lavori? Perché?nel servizo vendita, perché mi piaceva anche prima. Con chi lavori?con la responsabile e un altro utente. Di cosa ti occupi? Quali compiti svolgi?Vari lavori, pulisco i banconi, taglio formaggi e gli affettati, servo i clienti, ecc., è un lavoro vario che mi piace. Domande più specifiche: Come mai sei venuto a lavorare a Fonte 4? Prima avevo lavorato in un laboratorio protetto per 14 anni. I primi 11 anni sono andati bene, poi però hanno cambiato capo e sono cambiate un po’ di cose, non mi trovavo più bene e mi sono licenziato. Ho provato anche in un contesto non protetto come aiutante, ma anche li ho dato le dimissioni. Mia moglie lavorava in un’altra struttura della Fonte e ho spiegato la mia situazione ad uno dei responsabili, dicendogli di chiamarmi in caso avessero bisogno. Così mi hanno chiamato, abbiamo fatto un colloquio e hanno deciso di prendermi, ho lavorato 2 mesi in azienda agricola, e poi sono venuto qui in bottega. Hai delle responsabilità? Quali sono? Vedi sotto. Ti senti soddisfatto delle tue responsabilità e dei tuoi compiti? Perché? Ho delle responsabilità e sono soddisfatto di queste. Molte volte la responsabile arriva al pomeriggio alle 4 per mezz’ora io sono qui solo con l’altra ragazza (utente). Mi sento un po’ responsabile anche del negozio, anche la mattina rimango solo per mezz’ora, e mi occupo in questo caso della chiusura e devo controllare un po’ tutto: se il bancone è chiuso, se i frigoriferi sono chiusi, se è spenta la bilancia, se è spenta la radio, se sono chiuse le finestre, se è spenta l’aria condizionata, quindi ho delle responsabilità e sono soddisfatto di queste.

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Mi definisco autonomo nel lavoro perché faccio sia la cassa, aiuto a contare la cassa, faccio gli affettati, taglio il formaggio, faccio tutto, faccio anche le comande: delle sigarette, del formaggio, del fornaio, mi sento autonomo. Rispetto al contesto lavorativo non protetto di prima è cambiato l’atteggiamento del capo e prima mi criticavano, ma non mi spiegavano il motivo, qui invece se c’è qualcosa che non funziona me la spiegano, dandomi una risposta costruttiva. Qui la responsabile anche se sbaglio qualcosa non mi sgrida, ma mi dice come sarebbe meglio fare e mi spiega il motivo, non sono proprio critiche, ma consigli. Si può sempre migliorare ed imparare, tutti lo possono fare. Mi sento più responsabile qui rispetto a dove ero prima, mi sento più a mio agio perché c’è contatto con la gente, prima ero in un magazzino da solo e quindi non avevo molto contatto con la gente. Ti senti valorizzato? Da chi e perché? Sì, dalla mia responsabile perché ha fiducia in me, crede nelle mie capacità e valorizza le mie competenze, ad esempio chiedendomi pareri. Mi sento valorizzato anche dalla clientela, perché percepisco che i clienti sono affezionati a me, quando sono assente dal lavoro chiedono di me o vengono anche a casa a trovarmi, a portarmi i biscotti, mi chiamano chiedendomi come mai sono a casa? Inoltre, con alcuni di questi clienti si è instaurata un’amicizia e quando mi vedono mi abbracciano. Ti senti soddisfatto a lavorare qui? Perché? Sì decisamente sì perché faccio parte del negozio, e faccio parte del paese, cioè la gente che io vedo qua in giro è la gente che viene in negozio, quindi magari io sono in giro, mi fermo a chiacchierare con la gente che conosco grazie alla bottega, loro mi chiedono consigli di ricette, sono felice e mi sento meglio proprio per quello. Prima con la gente mi chiudevo sempre, mi sentivo solo, invece qui sono sempre più aperto, chiacchiero, sono in giro con il cane mi fermano tutti perché lavoro qui e conosco la gente del posto. Hai un certo grado di autonomia nel lavoro? Sì. Da quando lavori qui hai visto dei progressi nell’autonomia (relativa ad aspetti personali e della vita quotidiana)? Se sì, quali e secondo te come mai? Sì, rispetto all’inizio all’autonomia nel lavorare, ad esempio, prima ero lento perché non avevo mai affettato, non avevo mai fatto la cassa, o venduto il formaggio, molti dicevano che ero lento. Poi col tempo, grazie anche al sostegno della responsabile, è logico che tutto si velocizza e diventa tutto più naturale; anche la cassa all’inizio continuava a suonare perché sbagliavo a schiacciare i tasti e chiamavo spesso la responsabile, adesso invece se suona so che ho sbagliato qualcosa guardo e correggo, quindi si sono migliorato parecchio. Si può sempre migliorare e nessuno è perfetto. Al di fuori del lavoro devo dire che ho fatto dei progressi. Quando avevo divorziato non avevo più sentito mia moglie, ma da quando lavoro qui ho, quindi da 3 anni, ho ripreso i rapporti con mia moglie e ci siamo anche rimessi insieme. Quindi il lavoro qui mi ha aiutato anche a stare bene mentalmente e con gli altri. Prima ogni 2 mesi facevo avanti e indietro dalla clinica. Hai la possibilità di esprimere la tua opinione su come svolgere il lavoro?

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Sì sì, posso esprimere la mia opinione, la responsabile ad esempio mi chiede pareri sull’ordinazione dei prodotti, mi chiede dei pareri ad esempio sui tipi di biscotti che secondo me sono migliori. Hai la possibilità di prendere delle iniziative? Sì. La mia responsabile mi lascia abbastanza libero nel fare alcune ordinazioni di prodotti da solo, ad esempio delle sigarette. So che i clienti preferiscono determinate sigarette e comando in base a queste preferenze. Pensi che il lavorare presso Fonte 4 ti abbia creato dei benefici? Sapresti farmi degli esempi? Sì, da quando lavoro per la Fonte è 3 anni che non vado più in clinica, quindi i benefici si vedono, da 36 pastiglie che prendevo in 3 anni sono sceso a 9 e mezzo. Il mio psichiatra e anche la mia responsabile sono contentissimi di me e di come sta procedendo. Cosa ne pensi del contratto di lavoro stipulato? L’ho trovato giusto, c’è un contratto quindi sono tranquillo. Se non avessi questo tipo di contratto, cambierebbe la tua visione/motivazione/ il tuo interesse del lavorare qui? Perché? L’interesse di lavorare c’è, forse la sicurezza del firmare un contratto cambierebbe la visione, la firma mi da sicurezza di far parte della Fonte, quindi di essere sicuro di avere un lavoro per il futuro. Senza firma è un po’ insicuro, senza firma non c’è nessun contratto, quindi è un po’ incerto il lavoro, con la firma è sicuro che lavori. Penso però che lavorerei lo stesso. Cosa ne pensi del tuo stipendio? Non guardo tanto lo stipendio che prendo qui, guardo la somma dello stipendio, dell’AI e della complementare, che ricevo; da questa somma raggiungo una cifra che è soddisfacente, e lavorando qui è logico che guadagno di più che stare a casa, perché è vero che ti tolgono una percentuale dall’AI, ma comunque guadagni un attimino di più, poi vabbè, non è proprio lo stipendio che a me interessa, ma è proprio il ritmo del lavoro, perché se io stessi a casa tutti i giorni, in questo momento sarei ancora in clinica per curarmi, invece con un lavoro ho un ritmo mi sveglio, alla mattina vado a lavorare, porto fuori il cane, ritorno a lavorare, ecc. Se io stessi a casa con la mia depressione sarebbe un disastro, sì. I soldi che guadagni lavorando, solitamente come li utilizzi? I soldi che guadagno li spendo per cose che mi servono veramente e non per tutte le stupidate, più che altro per mangiare o per quando vado via nei weekend. Prima di lavorare qui era diverso, avevo la sindrome da shopping compulsivo, ad esempio, comperavo tanti “pile” e ho cambiato non so quante macchine, adesso non sento proprio questa necessità. Ora, prima di comprare qualcosa mi chiedo se mi serve e poi chiamo la curatrice chiedendole se posso comprarlo. Da 3 anni, quindi da quando sono qui, ho voluto una curatrice. Quindi con la curatrice invece lei mi da un tot alla settimana quindi io so che posso spendere solo quello, non mi arrivano fatture a casa, quindi non vado in tilt e spendo quello che posso spendere, senza fare i passi più grandi della gamba, perché ho fatto fuori un patrimonio di soldi. Non m’interessa avere di più, non fa niente, perché va bene così, sto bene così, però con la

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curatrice devo dire che sono tranquillo, perché con la curatrice sono controllato, è una curatela amministrativa quindi non vale la mia firma. Se non guadagnassi, lavoreresti comunque qui? Perché? Penso di sì, perché ho bisogno di fare qualcosa durante il giorno, lo farei lo stesso perché stare a casa per me è peggio. Cosa ne pensi del contatto con la clientela esterna? Pensi che sia importante lavorare con clienti esterni? Perché? Ti senti soddisfatto del contatto che hai con i clienti? I clienti esterni sono tutti molto gentili con me, io mi pongo come le altre persone si pongono a me, sono tutti gentili, mi chiedono sempre come sto e se sono assente mi chiedono sempre dove sono. Si è instaurato un rapporto di fiducia e di amicizia con alcuni di loro, do del “tu” a quasi tutti, c’è gente che mi porta una fetta di torta, un pezzo di polenta che magari ha fatto, ecc. Quando sono stato a casa perché non stavo bene, alcuni sono venuti a portarmi i biscotti a casa. Devo dire che quando ero un po’ più giovane ero timidissimo e da quando lavoro con la gente sono molto più aperto, ma questo è dovuto anche a una cura che ho fatto in clinica con alcuni psicologi. Sono soddisfatto del contatto con la clientela, c’è fiducia da parte dei clienti nei miei confronti e sono contento, ad esempio mi chiedono di preparare l’affettato per loro e di fare la cassa anche se sono solo in quel momento. Cosa ne pensi del lavorare con gli altri ragazzi ( utenti)? Ma io quando ho saputo di lavorare con l’altra ragazza, che ho conosciuto in azienda agricola, ero felice. Vado d’accordo con tutti non ho problemi, non mi faccio nessun problema, non mi faccio gli affari degli altri c’ho già i miei, però devo dire che io mi trovo bene con tutti, anzi quando ho saputo che arrivava questa ragazza, le ho mandato un messaggio dicendole che ero contento perché avevo già lavorato con lei in fattoria. Con lei c’è un contatto di lavoro, ma è anche amichevole, scherziamo specialmente io perché sono fatto così, scherzo molto però è per tenere un bell’ambiente. Anche su in fattoria ho lavorato con altri ragazzi e mi sono sempre trovato bene con tutti, perché appunto non li vedo diversi, ovvero non mi vedo diverso dagli altri utenti. All’inizio sì, ero io che mi facevo problemi, invece no, siamo tutti uguali. C’è molta gente che conosco, che nonostante abbia delle disabilità più gravi delle mie, sa molte cose; una persona che è in fattoria e che ho visto in clinica ha sviluppato la capacità di fare i calcoli a memoria, sa tutto a memoria, siamo andati al mercato lui sapeva tutti i tipi d’insalata, di verdure, tutti i prezzi, in clinica l’avevo visto veramente “male”, ma quando sono venuto qui ho visto i grandi cambiamenti e miglioramento che ha sviluppato. Quindi per me, lavorare con queste persone non crea nessun problema, anzi, sono persone che hanno degli handicap un po’ più gravi dei miei, però si fanno in quattro per lavorare, sono da ammirare. Alcuni di loro hanno delle difficoltà motorie oppure altri tipi, però s’impegnano a fare una cosa, e trovo che questo sia bello, hanno un senso nella vita, non sono in giro a fare niente, sono li, fanno il loro lavoro degnamente.

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Quando l’orario di lavoro finisce, hai ancora contatti con gli altri utenti? Se sì, in che momenti e in che ambiti? Con gli altri ragazzi a volte ci vediamo anche fuori, facciamo delle cene, andiamo a mangiare la pizza. Cosa ne pensi del lavorare con gli operatori (maestri socio-professionali, educatori, stagiaire)? Io mi trovo bene con tutti gli operatori. Sai io mi trovo bene con tutti, devo dire che mi trovo bene anche con i superiori, so che sono i superiori quindi li rispetto però scherziamo. Alla Fonte per adesso è tutto positivo. L’operatore crede nelle tue capacità, ti aiuta ad avere più fiducia di te stesso e più autostima. Quando ero a lavorare in ufficio da mio padre, come architetto, non ero mai sicuro di quello che facevo e ciò mi creava problemi. Ad esempio, dove lavoravo negli anni passati, prima di vendere dei mobili facevo sempre venire il capo perché non ero sicuro per la sicurezza ecc. Ora è diverso, ho maggiore sicurezza nelle mie capacità, ad esempio, solitamente riesco a gestire la cassa senza chiedere conferma. Tutto ciò grazie al sostegno degli operatori. Il clima di lavoro è positivo? Perché? Sì, è bello lavorare qui, si sono instaurate delle amicizie con gli altri ragazzi, gli operatori ed alcuni clienti. Sono tutti molto simpatici. Vi sono degli aspetti positivi del lavorare qui? Quali? Esco di qui, è vero prendo l’AI, la complementare, però sono soddisfatto, non sono a casa a far niente come una larva, lavoro la mattina e il pomeriggio e quindi mi merito quello che prendo, e se invece stessi a casa mi farei problemi, sono a casa non faccio niente, prendo l’AI e la complementare, così invece mi sento utile, perché lavorando uno si sente utile, invece trovo che stare a casa sia la cosa peggiore, per me il lavorare non mi fa andare in depressione, invece stando a casa mi fa pensare sempre. Vi sono aspetti negativi o critici del lavorare qui? Quali? Per ora non ci sono, sono felice, anche il mio psichiatra dice che sono cambiato tantissimo, già passando da 36 pastiglie a 9 pastiglie e mezzo è un segno del cambiamento…poi le 36 pastiglie che prendevo prima mi hanno rotto delle vertebre per l’osteoporosi e quindi mi hanno creato anche danni…forse, se avessi già iniziato a lavorare direttamente alla Fonte, non avrei creato questi danni, però non fa niente…sono stato a casa anche per malattia 4 settimane, una volta sarei andato in clinica psichiatrica, mentre adesso riesco a stare a casa da solo, prima dicevo sono solo, ora dico voglio stare solo, perché magari dopo il lavoro sono stanco e ho voglia di stare solo, invece prima per me era una cosa negativa stare solo, invece non è vero, ero io che mi chiudevo. Da quando lavori qui hai visto dei progressi nell’integrazione sociale? Se sì, quali e secondo te come mai? Qui nel paese saluto tutti, ho degli amici che m’invitano a cena, mi portano le torte a casa, ecc., mi viziano, con alcuni amici di paese vado con loro al parchetto dei cani di Tesserete faccio giocare il mio. Mi sento ben integrato nel paese, lavorando alla bottega del paese conosco tutti. Come vedi il tuo futuro o come ti piacerebbe immaginare il tuo futuro (lavorativo e non)?

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Non guardo tanto al futuro, vivo un po’ alla giornata, anche il rapporto con mia moglie è così, per adesso sono felice, faccio il mio lavoro, guadagno il giusto, a me non interessa prendere la villa, le macchine, ecc., a me interessa stare bene, mi accontento di poco, che per me è molto. Chi lavora nel sociale penso che abbia una dote in più, che capisce di più la persona, la patologia e quindi si comporta in modo da non creare problemi nella persona che ha difficoltà. In AI e complementare trovare un lavoro fuori sarebbe difficile. Non era il mio sogno lavorare qui, però lo è diventato, sono felice.

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Utente B:

Domande relative alla presentazione dell’utente: Come ti chiami? Sabrina. Quanti anni hai? 24. Che lavoro svolgi? Faccio la floricoltrice. Dove abiti? Abito a Magliaso. Da quanto tempo abiti qui? Da 11 anni. Abiti da sola? O con chi? Abito con mio padre. Prima dove abitavi? Prima con chi abitavi? Fino a quando avevo 13 anni lavoravo con mia madre nell’alto Malcantone, poi mi sono trasferita. Con quali mezzi arrivi fino a Vaglio? Con il trenino e l’auto postale. Prima di lavorare presso Fonte 4 cosa facevi? Ho fatto la scuola speciale quarto ciclo, giù a Trevano, dove ti fanno fare gli stage e prima di quello ho fatto il terzo ciclo a Breganzona, che è solo scuola. Dopo il quarto ciclo mi hanno mandata direttamente qua a Vaglio. Ho iniziato qui come utente per vedere quale lavoro fare. Ho fatto un anno dove lavoravo in cucina e in laboratorio ed ero aiuto cuoca , però successivamente sarei dovuta andare in un’altra sede della Fondazione perché qui non c’erano posti nell’ambito della cucina, dove a me non piaceva molto, allora ho cambiato direzione e sono andata sulla floricoltrice, perché mi piaceva molto come lavoro. In seguito a questa decisione, ho fatto la scuola per diventare floricoltrice, facendo quindi l’apprendistato di tre anni qui a Vaglio. Facevo un giorno alla settimana e ogni due settimane andavo due giorni a scuola, tutti gli altri al lavoro. Grazie a questa struttura ho potuto iniziare e portare a termine l’apprendistato, in ciò gli operatori mi hanno sostenuta e motivata. Da quanti anni lavori presso Fonte 4? Da sette anni. In che percentuale lavori? Al 100%. In che settore lavori? Perché? Nel settore della floricoltura e orticoltura, perché mi piaceva molto lavorare nell’orto e in serra. Con chi lavori? Lavoro con gli altri utenti e con il mio capo, anche quest’ultimo non è sempre lì con me, ha altre cose da fare. Di solito lavoro con qualcuno, ma anche da sola. Di cosa ti occupi? Non ho un lavoro proprio fisso, cambia un po’, dipende dalla giornata, ma i lavori quotidiani sono andare a strappare l’erba, o devo andare a piantare, andare a bagnare, controllare le verdure da raccogliere, occuparsi della vendita delle piantine e della verdura, invasare o rinvasare delle cose. Quali compiti svolgi?

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Faccio un po’ di tutto dipende anche dove manca personale, se manca una persona vado ad aiutare anche in un altro settore. Ma di solito sto dentro nelle serre a bagnare e a controllare che sia tutto apposto, e poi dipende anche dal periodo, se è inverno sono anche fuori a spalare la neve, in autunno si spostano le piante, in primavera ed estate c’è molta vendita e c’è da bagnare tutto l’interno della serra in vetro, o si devono rinvasare le cose per l’autunno. Domande più specifiche: Come mai sei venuto a lavorare a Fonte 4? Il mio professore delle scuole speciali ha notato che facevo gli stages sempre o in cucina o come fiorista e mi ha cercato un posto in questi ambiti, siccome mi piaceva. E si è aperta una possibilità qui a Vaglio. Hai delle responsabilità? Quali sono? Ho la responsabilità della serra, di controllare che sia tutto bagnato, che sia in ordine, che non ci siano troppe cose in giro da sistemare, devo controllare le temperature della serra, degli altri tunnel, devo controllare che non ci sia qualcosa che non funziona, ad esempio il riscaldamento. Ti senti soddisfatto delle tue responsabilità e dei tuoi compiti? Perché? Sì, perché faccio vedere che m’impegno e me lo fanno anche notare, quando m’impegno e faccio una cosa abbastanza veloce. Risolvo tanti problemi degli altri e se sono veloce funziona, la catena funziona meglio. Me lo fanno notare perché si finisce prima il lavoro, alla fine sono tutti contenti che si finisce prima, si ricevono complimenti da parte degli altri ragazzi, sono soddisfatta, ma anche loro, soprattutto quando risolviamo un problema assieme. È una soddisfazione anche quando non si deve rifare il lavoro. C’è una certa responsabilità nel fare i lavori, se hai finito un compito, puoi cominciare a farne un altro, che hai già in programma. Ti senti valorizzato? Da chi e perché? Abbastanza, da tutti i colleghi, utenti e non. Ti senti soddisfatto a lavorare qui? Perché? Sì, mi piace il posto, mi piace stare all’aperto, poi i colleghi sono tutti gentili. Funziona, anche se ci sono i “battibecchi” cerchiamo di risolverli, mi piace il mio lavoro che svolgo. Qui mi sento soddisfatta perché ho delle responsabilità e dei compiti. Hai un certo grado di autonomia nel lavoro? Nella media, né troppo, né troppo poco, abbastanza, certe cose riesco a farle e altri non possono farle. Da quando lavori qui hai visto dei progressi nell’autonomia (relativa ad aspetti personali e della vita quotidiana)? Se sì, quali e secondo te come mai? Sì, da quando sono qui devo chiedere meno ai miei genitori varie fatture, riesco ad arrangiarmi da sola e in questo mi ha dato una mano il lavoro, dandomi i compiti devo farli da sola. Sono riuscita a fare questi progressi grazie alla fiducia delle persone che mi davano i compiti e facendoli bene ho visto che posso pretendere di più da me e prima non era così, a scuola ad esempio non avevo fiducia in me stessa.

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Hai la possibilità di esprimere la tua opinione su come svolgere il lavoro? Sì, su certi lavori ne parliamo, ne discutiamo tra di noi (utenti e operatori) e troviamo una soluzione migliore. Hai la possibilità di prendere delle iniziative? Non tanto perché i lavori sono già di routine, sono cose di tutti i giorni, però per i piccoli compiti sì, posso prendere l’iniziativa, e se una cosa non funziona prendi l’iniziativa di cambiare questa cosa. Anche se non è sempre così, perché alla fine a tante cose ci pensa poi il mio capo. Di solito quando vedo che non funziona una cosa, cerco di sistemarla da sola senza chiedere aiuto, poi se non ci riesco vado a chiamare qualcuno, magari questo ha un’idea migliore della mia. Pensi che il lavorare presso Fonte 4 ti abbia creato dei benefici? Sapresti farmi degli esempi? Sì, da quando lavoro qui sono di nuovo felice e contenta, sto bene anche con i miei familiari, prima con loro erano più litigi che altro, e adesso funziona meglio. Arrivo a casa e sono molto più felice, non mi chiudo più in camera, ho anche voglia di uscire, di andare a divertirmi con gli amici, anche se sono stanca. Anche se dipende dalla giornata, può essere una giornata che è andata storta al lavoro e vado a casa volentieri, però sono comunque contenta del lavoro che ho fatto. Cosa ne pensi del contratto di lavoro stipulato? All’inizio ero incerta perché lo stipendio era veramente molto basso. Il contratto andava bene. Nel contratto erano presenti anche gli orari di lavoro. Abbiamo degli orari abbastanza fissi e vanno bene, anche in altri posti hanno orari fissi. A me non dispiace, anche se però con questi orari ho un po’ di difficoltà per andare a trovare i miei nipoti e i miei parenti. Riesco ad organizzarmi con quello che posso. Ogni martedì pomeriggio finiamo due ore prima e ciò mi permette di andare a trovare i miei nipoti, parenti e amici, o di fare le cose burocratiche, che negli altri giorni della settimana mi è un po’ complicato, perché arrivo a casa alle sei e mezza. Altre volte, cerco di prendere libero per fare le cose che non riesco a fare in settimana, o se certi uffici sono ancora aperti, le faccio al sabato, però cerco di trovare una soluzione. Preferisco avere orari fissi, almeno riesco ad organizzarmi meglio la giornata e la settimana. Se non avessi questo tipo di contratto, cambierebbe la tua visione/motivazione/ il tuo interesse del lavorare qui? Perché? A dipendenza del contratto probabilmente sì, o magari no perché alla fine mi piace il posto. In questo momento la paga con il lavoro che faccio è veramente bassa per me, però alla fine so anch’io che non sono un lavoratore fisso e non ho un ritmo come una persona di un certo livello di lavoro, di velocità, non sono così veloce. È logico che se vado in un altro posto di lavoro hanno un altro ritmo e per me sarebbe anche troppo, mentalmente e fisicamente, poi forse mi adeguerei, ma all’inizio sarebbe molto stancante. Cosa ne pensi del tuo stipendio? Mi piacerebbe avere qualcosa in più, arrivo alla fine del mese molto tirata perché pago tutto io e una parte devo darlo anche a mio padre per dargli una mano. I soldi che guadagni lavorando, solitamente come li utilizzi?

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I soldi che guadagno li uso per pagare bollette, cassa malati, dentista, medico, telefono, ecc., sono autonoma, poi il resto lo metto via per andare in vacanza, anche se mi è difficile perché tante volte magari devo dare una mano a mio padre, io di sfizi cerco di evitarli però ogni tanto vado a comprarmi qualcosa, tanto me lo merito quindi me lo compro. Se non guadagnassi, lavoreresti comunque qui? Perché? Penso di no, preferisco lavorare per mio padre allora, perché non arriverei alla fine del mese a pagarmi le cose, io un guadagno vorrei comunque averlo. Mi piace tanto il posto di lavoro e se non guadagnassi penso che lo farei come hobby, se proprio proprio, ma non tutto il giorno, sarei meno autonoma più che altro, per pagarmi le mie cose, però lo farei come hobby, verrei una o due ore a lavorare. Lo farei anche senza stipendio, perché mi piace lavorare qui e sono felice. Cosa ne pensi del contatto con la clientela esterna? Sono tutti molto gentili, la maggior parte della gente che viene qua capisce che siamo persone con delle difficoltà, non pretendono di essere serviti velocemente e subito. Pensi che sia importante lavorare con clienti esterni? Perché? È giusto ed importante lavorare con clienti esterni, perché alla fine ogni persona anche se ha delle difficoltà deve interagire con altre persone e non sentirsi particolare ma sentirsi uguale a tutte le altre persone, anche se ha delle difficoltà. Ti senti soddisfatto del contatto che hai con i clienti? Io sì. Cosa ne pensi del lavorare con gli altri ragazzi? Funziona, ci sono varie persone che sono un po’ più complicate da gestire, ma in sé funziona, ogni persona devi trattarla in un modo diverso però è positivo, non sei da solo e almeno ti puoi anche rendere conto che ci sono persone che hanno più difficoltà di te. Così non ti abbatti e dici però lui sta peggio, gli dai una mano così lui sta meglio. Qui c’è sempre uno scambio reciproco. Quando l’orario di lavoro finisce, hai ancora contatti con gli altri ragazzi? Se sì, in che momenti e in che ambiti? Non tutti i giorni, ma capita che andiamo a bere qualcosa assieme, andiamo a mangiare il gelato assieme, con alcuni ho più contatto all’esterno e con altri meno, perché questi ultimi vanno subito a casa o hanno impegni come il nuoto, il basket, ecc.. Cosa ne pensi del lavorare con gli operatori (maestri socio-professionali, educatori, stagiaire)? Io mi trovo bene perché ho trovato un’équipe molto brava con me e perciò sono molto contenta, non ho mai avuto problemi con nessuno e se ci sono problemi posso sempre andare da qualcuno di loro a chiedere, mi danno una mano e funziona, è importante lavorare con loro perché ognuno collabora, alla fine hai sempre una persona di riferimento ed è giusto. Nei momenti di difficoltà mi motivano, scherzo con loro, ecc. Il clima di lavoro è positivo? Perché? La maggior parte sì, ci sono delle volte che è una giornata no per tutti e lo senti, in quei momenti cerco di rimanere “sulle mie”, senza mettere il “dito nella piaga”. Si scherza, si parla, si può parlare di tutto, puoi parlare di tante cose, ognuno esprime la propria opinione.

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Vi sono degli aspetti positivi del lavorare qui? Quali? C’è da dire che non ho mai lavorato in un altro posto, ma aspetti positivi di questa struttura sono lo stare all’aria aperta, l’avere un clima positivo con gli altri utenti e gli operatori, mi trovo bene con loro e sono gentili, questi ultimi ti vengono incontro, non è che ti mettono da parte. Vi sono aspetti negativi o critici del lavorare qui? Quali? Non saprei in questo momento, ce ne sono ma sono piccolezze, non sono così tanto importanti, perché tante cose le hanno migliorate. Da quando lavori qui hai visto dei progressi nell’integrazione sociale? Se sì, quali e secondo te come mai? Sì, ho visto tante persone che magari prima erano sempre chiusi in casa, poi grazie al relazionarsi e all’instaurarsi di amicizie sul posto di lavoro, hanno iniziato ad uscire volentieri. Anche con gli stagiaire puoi trovarne di quelli simpatici e può capitare che li rivedi fuori e ti fermi a bere qualcosa. Da quando sono qui, io non ho più così voglia di stare in casa, esco volentieri. Prima non avevo amici. Da quando, grazie al sostegno degli operatori di Fonte 4, ho iniziato la scuola e l’apprendistato, ho conosciuto molte persone. A scuola soprattutto ho creato delle amicizie con cui esco molto volentieri. Come vedi il tuo futuro o come ti piacerebbe immaginare il tuo futuro (lavorativo e non)? Non ho mai pensato al mio futuro, oltre all’andare a vivere da sola, è un futuro prossimo. Vivo sempre alla giornata. Per il futuro lavoro spero di trovare un posto fisso e che mi paghino in base a quello che ho studiato. A livello lavorativo viene calcolato, riconoscono le mie capacità, ma per lo stipendio no, è un po’ poco rispetto alle mie competenze e alla mia formazione. Certi s’impegnano tanto e lo stipendio è quello che è.

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Utente C:

Domande relative alla presentazione dell’utente: Come ti chiami? Anna. Quanti anni hai? 53 anni. Che lavoro svolgi? Venditrice. Dove abiti? A Vaglio. Da quanto tempo abiti qui? Da 5 anni Abiti da solo? O con chi? Abito da sola. Prima dove abitavi? Prima con chi abitavi? Prima a Tesserete con mia madre. Con quali mezzi arrivi fino a Vaglio? A piedi. Prima di lavorare presso Fonte 4 cosa facevi? Prima di lavorare in azienda agricola ho lavorato per 30 anni in un centro commerciale non protetto. Poi sono entrata in disoccupazione e successivamente, grazie al programma occupazionale ho lavorato sei mesi in azienda agricola come aiuto cuoca. Da questi sei mesi c’è stato un prolungamento del tempo lavorativo e ho lavorato là fino a febbraio. Da quest’ultimo mese mi hanno inserito qui presso la bottega “il negozietto” di Sala Capriasca, che fa sempre parte della Fondazione la Fonte 4. Da quanti anni lavori presso Fonte 4? Ho iniziato nel 2013, quindi sono 3 anni. In che percentuale lavori? Al 50%. In che settore lavori? Perché? Servizio vendita, perché è il lavoro che piace a me. Con chi lavori? Con due operatrici e un altro ragazzo (utente). Di cosa ti occupi? Quali compiti svolgi? Servire i clienti e fare la cassa, il lavoro da venditrice. Domande più specifiche: Come mai sei venuto a lavorare a Fonte 4? Perché me l’aveva proposto l’assistente sociale del comune, quando ho passato il periodo della disoccupazione, dovevo trovare un posto per fare il programma occupazionale e mi ha proposto la fattoria a Vaglio. Hai delle responsabilità? Quali sono? Sì, quella di incassare bene e servire bene i clienti. Ti senti soddisfatto delle tue responsabilità e dei tuoi compiti? Perché? Sì, quando torno a casa sono stanca ma soddisfatta di come è andata la giornata, che ho fatto quello che dovevo fare, del compito che mi è stato dato e che ho potuto mettere in pratica le mie capacità. Ti senti valorizzato? Da chi e perché? Sì. Sono gratificata in quello che faccio, perché mi fanno sempre i complimenti, sia i colleghi, sia i clienti, dicono che sono brava, meglio di così. Ti senti soddisfatto a lavorare qui? Perché? Lavorare qui mi fa sentire rispettata e valorizzata come persona. Nell’altro negozio, in un contesto non protetto, era frustrante, negli ultimi tempi non andava bene quello che

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facevo, ci mettevo troppo tempo per esporre fuori la merce, non ero abbastanza veloce, non mi venivano incontro, qui invece sì e sono valorizzata, per dire, anche se prendo l’iniziativa di spostare un portacenere è già un valore aggiunto. Hai un certo grado di autonomia nel lavoro? A livello lavorativo prima non ero capace ad usare le macchine di lavoro presenti qui, adesso piano piano sto acquisendo una certa autonomia e confidenza nel tagliare ad esempio i salumi, quindi nelle cose lavorative sto acquisendo una certa autonomia. Da quando lavori qui hai visto dei progressi nell’autonomia (relativa ad aspetti personali e della vita quotidiana)? Se sì, quali e secondo te come mai? Per quanto riguarda la vita personale ed organizzativa sono da sempre abbastanza autonoma, in quanto vivo sola, ma per gli aspetti finanziari mi aiuta un’assistente sociale. Hai la possibilità di esprimere la tua opinione su come svolgere il lavoro? Qui posso esprimere la mia opinione, eccome. Hai la possibilità di prendere delle iniziative? Sì, ho la possibilità di dire la mia, esprimere pareri e prendere iniziative. Pensi che il lavorare presso Fonte 4 ti abbia creato dei benefici? Sapresti farmi degli esempi? Da quando lavoro qui sono più serena. Se in un ambiente di lavoro sei serena, contenta soddisfatta, se ti piace anche solo l’idea di andare a lavorare, cosa si può volere di più. Stare bene qui, ti fa stare bene anche nella vita privata. Lavorare qui mi ha portato dei benefici sul morale, grazie al lavoro esco e non sto a casa a rimuginare ecc. Cosa ne pensi del contratto di lavoro stipulato? Mi sta bene, è buono. Se non avessi questo tipo di contratto, cambierebbe la tua visione/motivazione/ il tuo interesse del lavorare qui? Perché? Lavorare senza contratto secondo me non sta in piedi, bhe sarebbe stato un po’ problematico, perché mi piace l’ambiente di lavoro, però un contratto ci vuole, anche per la motivazione. Cosa ne pensi del tuo stipendio? Lo stipendio effettivo che io vedo è un po’ comico, dipende anche dalle ore che faccio. Nel mio vecchio lavoro prendevo 3100 fr. e adesso 160 fr., però io comunque riesco a vivere con gli aiuti, mi faccio aiutare dall’assistente sociale del comune; lei mi aiuta nel gestire i soldi e abbiamo stabilito che ho un conto privato e un contro extra, e con quello che c’è nel mio contro privato riesco a vivere. I soldi che guadagni lavorando, solitamente come li utilizzi? I soldi che guadagno li uso per vivere, mangiare, spostarmi, comprare vestiti, andare in vacanza. Se non guadagnassi, lavoreresti comunque qui? Perché? Ehm…lavorare a gratis…potrei fare volontariato, perché io prendendo l’assistenza, ho fatto il volontariato in fattoria per alcuni mesi e avevo l’assistenza…anche se non guadagnavo, andavo lì per il bell’ambiente. Cosa ne pensi del contatto con la clientela esterna?

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Io lo trovo buono, perché sto avendo dei bei contatti, ogni tanto capita qualche screzio, ma se no è buono. Pensi che sia importante lavorare con clienti esterni? Perché? Il contatto con la clientela esterna è bello, è quello il bello di questo lavoro, se ciò non c’è manca la motivazione. Ti senti soddisfatto del contatto che hai con i clienti? Sì, mi sento soddisfatta del contatto con i clienti, con alcuni sto facendo amicizia. Ad esempio, c’è un ragazzo che viene qui in negozio e una volta ci ha invitati tutti a mangiare la pizza, un cliente che ti porta a mangiare la pizza io non l’ho mai visto, lavorando qui si creano contatti esterni. Cosa ne pensi del lavorare con gli altri ragazzi?(utenti) Sono piuttosto positiva. Penso che sia positivo lavorare con altri ragazzi. Il contatto di amicizia con i colleghi lo speravo già ai tempi, ma un contatto così amichevole come lo sto avendo qui, soprattutto con uno dei ragazzi, non l’ho mai avuto e spero che duri. Con gli altri ragazzi c’è aiuto reciproco, e ad esempio, ogni tanto quando ho bisogno un passaggio qualcuno di loro me lo offre. Quando l’orario di lavoro finisce, hai ancora contatti con gli altri ragazzi? Se sì, in che momenti e in che ambiti? Quando ho finito di lavorare qua vado a casa diretta perché sono stanca. Tranne nella pausa pranzo, che vengo a mangiare in fattoria, li socializzo con gli altri ragazzi. Cosa ne pensi del lavorare con gli operatori (maestri socio-professionali, educatori, stagiaire)? È importante lavorare con gli operatori, con la mia responsabile mi trovo bene. È il nostro punto di riferimento. Per me lei ha fatto un po’ da mediatore tra me e la società e tra me e mio cugino. Volevo andare in vacanza, avevo già organizzato le vacanze, poi per alcune questioni famigliari di quest’ultimo, sono rimasta a piedi e ci sono rimasta abbastanza male. La mia responsabile mi ha vista disperata e che stavo male e non sapeva come fare per potermi fare andare in vacanza. Lei mi è stata vicina, se non era per lei non sarei potuta andare in vacanza. Infatti, grazie alla disponibilità della mia responsabile nel cambiarmi le vacanze, ho potuto trovare un’alternativa di partenza con un’associazione. Quindi, gli operatori ci sostengono, ci motivano, sia in ambito lavorativo, sia personale. Il clima di lavoro è positivo? Perché? Sì, positivo, perché anche se non ce lo diciamo chiaramente c’è amicizia. Vi sono degli aspetti positivi del lavorare qui? Quali? Qui sono più attenti ai dettagli, ai bisogni della persona e invece dove ero prima ero più stressata, c’era la pressione della produttività, dovevo produrre e basta, se non facevo le cose che volevano si arrabbiavano. Vi sono aspetti negativi o critici del lavorare qui? Quali? Lavoro in bottega da febbraio, ma aspetti negativi non ne ho ancora trovati. Da quando lavori qui hai visto dei progressi nell’integrazione sociale? Se sì, quali e secondo te come mai? Sì. Io che abito in Capriasca, non volevo lavorare in un negozio della Capriasca e adesso ci lavoro. Avevo vergogna di conoscere le persone che abitano qua, sono piuttosto timida.

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Se l’altro mi accoglie, io sono ben felice e qua sono stata accolta, sia da tutti i miei colleghi sia dai clienti esterni. Come vedi il tuo futuro o come ti piacerebbe immaginare il tuo futuro (lavorativo e non)? Il mio futuro personale lo vedo lontano da qua, dal Ticino, per me questo è un momento di passaggio. Vorrei andare in Svizzera tedesca perché ci sono i miei cugini. Se andassi là a lavorare con il tedesco non sono molto brava, dovrei fare un corso accelerato. Anche se non dovesse andare bene l’idea di trasferirmi in Svizzera tedesca, per il mio futuro resterei qui in bottega, perché almeno qui mi trovo bene.

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Utente D: Domande relative alla presentazione dell’utente: Come ti chiami? Mario. Quanti anni hai? Ho 34 anni. Che lavoro svolgi? Attualmente mi occupo di mercati, della piccola bottega interna di Fonte 4, e lavoro anche nel reparto dell’orto-floricoltura. Dove abiti? A Lugano, in un foyer. Da quanto tempo abiti qui? Da quasi 15 anni. Abiti da solo? O con chi? Con due coinquilini. Prima dove abitavi? Prima con chi abitavi? Prima, fino ai 18 anni, abitavo con mia mamma e i miei fratelli, Con quali mezzi arrivi fino a Vaglio? Con l’auto-postale. Prima di lavorare presso Fonte 4 cosa facevi? Uscito dalla clinica sono stato in un laboratorio protetto dove instauravo mobili, poi in un altro contesto protetto dove lavoravo nel settore del giardino, poi ho lavorato in un laboratorio protetto di assemblaggio. Da quanti anni lavori presso Fonte 4? Dal luglio del 2009, da 7 anni. In che percentuale lavori?80%. In che settore lavori? Perché? Ho provato un paio di settori e poi mi piaceva di più questo. Con chi lavori? Dipende, lavoro con altri ragazzi. Di cosa ti occupi? Quali compiti svolgi? Oltre al mercato e la bottega faccio dei lavori nei campi, strappo erba, raccolgo frutta e verdura. Domande più specifiche: Come mai sei venuto a lavorare a Fonte 4? Ero abbastanza stufo del lavoro che facevo nel laboratorio dell’assemblaggio, cercavo qualcosa di diverso ed ho provato. Hai delle responsabilità? Quali sono? Penso di sì, per esempio ho responsabilità al mercato, vado sempre io, mi occupo di contare la cassa dopo il mercato e di servire i clienti.

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Ti senti soddisfatto delle tue responsabilità e dei tuoi compiti? Perché? Sono molto soddisfatto delle mie responsabilità e vedo i clienti soddisfatti. Il lavoro mi piace e sono contento. Ti senti valorizzato? Da chi e perché? Sì, dai clienti e dagli operatori. Ti senti soddisfatto a lavorare qui? Perché? Sì, molto. Perché riesco a tenermi occupato con la mente, evito di pensare ai pensieri che mi tormentano, quando lavoro riesco a tenere a bada questi pensieri. Hai un certo grado di autonomia nel lavoro?Penso abbastanza. Da quando lavori qui hai visto dei progressi nell’autonomia (relativa ad aspetti personali e della vita quotidiana)? Se sì, quali e secondo te come mai? Sì, questo sicuramente, perché il primo periodo che stavo qui era una cosa tragica, avevo spesso sonno, mi addormentavo spesso al lavoro. Adesso queste cose sono migliorate. Ho fatto dei progressi a livello personale e a livello lavorativo. All’inizio ero sempre un po’ agitato e adesso un po’ meno. Da quando lavoro qui ho fatto dei progressi importanti a livello personale nell’autonomia anche al di fuori da qui, per esempio io soffro di paure, ecc., fino a pochi anni fa prendevo pastiglie per fare la galleria del San Gottardo, poi sempre meno milligrammi e adesso non prendo più niente per fare la galleria. Penso che il fatto di affrontare delle situazioni qui al lavoro mi abbia aiutato anche a gestire delle situazioni fuori, qui ho più fiducia in me stesso, e questo anche al di fuori dall’ambiente lavorativo. Hai la possibilità di esprimere la tua opinione su come svolgere il lavoro? In un certo senso sì, al mercato ad esempio esprimo spesso la mia opinione su come mettere certi prodotti e consiglio i clienti. Hai la possibilità di prendere delle iniziative? Sì, a volte sì. Pensi che il lavorare presso Fonte 4 ti abbia creato dei benefici? Sapresti farmi degli esempi? Sicuramente sì. Non saprei fare altri esempi. Rispetto a 6 anni fa mi sento più sicuro delle mie capacità, ho più autostima. Cosa ne pensi del contratto di lavoro stipulato? Va bene. Se non avessi questo tipo di contratto, cambierebbe la tua visione/motivazione/ il tuo interesse del lavorare qui? Perché? Non so rispondere a questa domanda. Cosa ne pensi del tuo stipendio? Lo stipendio è un po’ basso, ma mi considero fortunato, perché ho tutto quello che è necessario; al foyer ho tre pasti compresi e non pago la cassa malati, il dentista ecc. I soldi che guadagni lavorando, solitamente come li utilizzi? I soldi che guadagno qui li spendo per comprare cibo e fumetti, per i miei hobbies. Se non guadagnassi, lavoreresti comunque qui? Perché? Domanda un po’ difficile, se avessi comunque soldi, se potessi permettermelo, magari lavorerei comunque qui, ma a tempo parziale, stando a casa ci si annoia.

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Cosa ne pensi del contatto con la clientela esterna? La maggior parte è molto educata e molto simpatica. Pensi che sia importante lavorare con clienti esterni? Perché? Sì, è positivo il contatto con loro. Ti senti soddisfatto del contatto che hai con i clienti? Sì. Cosa ne pensi del lavorare con gli altri ragazzi? Con alcuni vado d’accordo, con altri meno, però va bene, è importante lavorare con altri ragazzi. Quando l’orario di lavoro finisce, hai ancora contatti con gli altri ragazzi? Se sì, in che momenti e in che ambiti? Quando finisco il lavoro di solito non ho contatti con gli altri ragazzi. Cosa ne pensi del lavorare con gli operatori (maestri socio-professionali, educatori, stagiaire)? Mi trovo bene a lavorare con gli operatori ed è importante. Loro ti guidano in un certo senso, sono una guida, nel senso che sono punti di riferimento, sostengono e motivano. Il clima di lavoro è positivo? Perché? Di solito sì, perché bisogna lavorare, ma non siamo troppo stressati, ci sono i ritmi giusti. Vi sono degli aspetti positivi del lavorare qui? Quali? Sicuramente, il fatto di essere impegnati mentalmente, e questo è molto importante, soprattutto per le persone come me che hanno un po’ di problemi. Vi sono aspetti negativi o critici del lavorare qui? Quali? Ogni tanto sì, ogni tanto in inverno fa freddissimo e in estate fa caldissimo, a volte lavorare con il caldo è dura. A volte c’è un po’ di tensione tra i colleghi, ma questo è inevitabile, è impossibile andare d’accordo con tutti. Nelle situazioni di conflitti l’operatore può fare un po’ di ordine e cerca di mediare il litigio. Da quando lavori qui hai visto dei progressi nell’integrazione sociale? Se sì, quali e secondo te come mai? Sì. Ho avuto dei miglioramenti, viaggio un po’ di più da quando lavoro qui, sono andato un paio di volte a Lucerna con mia madre. Come vedi il tuo futuro o come ti piacerebbe immaginare il tuo futuro (lavorativo e non)?Lavorativo di migliorare ancora e mi piacerebbe restare qui. Quello personale cercare di migliorare sempre, a livello di capacità.  

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Utente E:

Domande relative alla presentazione dell’utente: Come ti chiami? Giacomo. Quanti anni hai? Ho 39 anni. Che lavoro svolgi? Aiuto falegname. Dove abiti? A Cagiallo. Da quanto tempo abiti qui? Da 4 anni. Prima dove abitavi? A Bidogno. Abiti da solo? No O con chi? Con mia zia e il suo compagno. Prima con chi abitavi? Con mio padre che è deceduto due anni fa. Con quali mezzi arrivi fino a Vaglio? A piedi possibilmente. Prima di lavorare presso Fonte 4 cosa facevi? Andavo a scuola in un istituto che ospita ragazzi con problemi psicofisici. Poi ho fatto degli stages per vedere in quale ambito mi piaceva lavorare, ne ho fatti diversi: come giardiniere, magazziniere, ecc. . Ho fatto diversi lavori, ho lavorato in una libreria non protetta, nel magazzino e mi occupavo della spedizione di libri, giornali, Avevo fatto anche la scuola di aiuto ufficio ma non era per me, in ufficio non mi sarei mai trovato sinceramente, sei troppo all’interno senza aria, stavo male tutti i giorni. Poi sono venuto qui. Da quanti anni lavori presso Fonte 4? Da 17 anni dal 1999. In che percentuale lavori? Al 100%. In che settore lavori? Perché? In falegnameria, perché praticamente sono arrivato qua, era il settore dove lavoravo già in istituto. Qui c’era un periodo di prova di tre mesi, dove ti fanno provare in tutti i settori, ma io sono entrato in falegnameria e non sono più uscito. Con chi lavori? Con un operatore e gli altri utenti. Di cosa ti occupi?

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Faccio qualsiasi lavoro, non so, a dipendenza di quello che c’è da fare. Quali compiti svolgi? Faccio di più lavori di precisione e di memoria, poi ogni tanto mi invento qualcosa, anche se non dovrei, un paio di anni fa me li inventavo e li facevo, adesso bisogna avere il permesso dal capo per farli. Domande più specifiche: Come mai sei venuto a lavorare a Fonte 4? Perché non sono riuscito ad avere un posto di lavoro esterno. Dopo la scuola generica, ovvero dalla scuola media ho avuto dei problemi e sono andato alla scuola speciale in istituto, lì sono stato per tre anni e ho lavorato in falegnameria. Prima di arrivare qui sono andato a lavorare in una libreria non protetta, nel magazzino, ma non ha funzionato. Hai delle responsabilità? Quali sono? Sì, ho delle responsabilità. Mi danno dei compiti, degli obiettivi da raggiungere che dicono durante i bilanci, per esempio l’obiettivo di quest’anno era costruire le cassette degli uccelli che piano piano sto facendo. Alcuni esempi: quando capita che l’operatore responsabile va via un attimo dovrei prendere in mano io il lavoro. Però ogni tanto non mi sento di averla questa responsabilità, a causa dell’autonomia, non mi sento di essere autonomo a tutti gli effetti al lavoro. Mi sento soddisfatto di queste responsabilità, ma probabilmente non riuscirei a prendere il suo posto, perché certi macchinari non li so usare e non sarei in grado di andare a comperare il materiale esterno, perché non ho la patente e potrei magari anche “perdermi via”, ho la memoria un po’ che vaga e non mi ricorderei cosa prendere. Quello che è importante però è che il responsabile crede in me, mi dice che sono in grado di farlo. Ti senti soddisfatto delle tue responsabilità e dei tuoi compiti? Perché? Sì, mi piacerebbe fare anche altro, ad esempio costruire un mobile, però non c’è mai l’occasione, sembrerebbe, perché nessuno viene a chiedere di costruire un mobile, ma ogni tanto andiamo a montarli in qualche casa. Ti senti valorizzato? Da chi e perché? Ma sì, perché ogni tanto creo delle cose, ad esempio una volta ho creato delle astronavi. E dopo che il mio responsabile le ha viste ha detto che sarebbe mica male se potevo farne altre da vendere. E una qualcuna è poi stata venduta a dei bambini, anche se però non so se sono resistite, perché un’astronave del genere se un bambino la prende ci gioca ma appena va in terra la spacca. Invece se un altro la compera per appoggiarla su un mobile e la lascia li è diverso. Se un giorno dovessi andare in una casa e trovo quello che ho creato, dico sai l’ho fatta io questa. Ti senti soddisfatto a lavorare qui? Perché? Mi piacerebbe essere valorizzato un po’ di più, ma ormai c’è altra gente in falegnameria, mi sento valorizzato anche dai miei amici, sono soddisfatto, ogni tanto sì e ogni tanto un po’ meno, dipende tanto da come arrivo al mattino. Mi piacerebbe fare molte cose, però ormai siamo limitati, non possiamo, se fosse una falegnameria più grande con certi attrezzi e macchinari in più, sarebbe diverso. Sono contento di lavorare qua perché c’è un

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bell’ambiente, anche se ogni tanto ci sono dei litigi. C’è un bell’ambiente tra di noi e anche lavorativo, non è male sinceramente. Penso che se io dovessi andare a lavorare in una falegnameria esterna durerei poco, probabile perché c’ho dei ritmi miei, ogni tanto esco, me ne vado a fare un giretto. In una falegnameria esterna sei dentro, sei controllato e se esci, esci con il capo, vai a prendere materiale, almeno penso che sia così. Dove lavoravo, in un contesto non protetto, non potevo uscire cioè ero dentro, qua non è tanto pesante poi appunto ogni tanto lavoro anche all’esterno, quando c’è da fare il fieno mi rendo disponibile anche per altri settori, infatti mi piacerebbe lavorare all’esterno, l’ho sempre detto, mi piacerebbe uscire, lavorare in serra. Hai un certo grado di autonomia nel lavoro? Ma a livello lavorativo direi di sì, anche l’anno scorso avevo qualche problema in più rispetto ad ora, sono migliorato tanto nella misurazione, con il metro, c’ho memoria, prima dovevo essere seguito di più, avevo già delle tecniche, ma ci sono stati dei progressi documentati nel bilancio, ma non ho qua il foglio, durante gli anni sono migliorato tanto. Sono migliorato tantissimo, anni fa per esempio uscivo tanto dalla falegnameria, mi richiamavano spesso, adesso sono sempre dentro, esco solo ogni tanto perché mi gira la testa e vado a prendere un po’ di aria. Faccio anche i lavori da solo, appunto adesso sto facendo la cassetta degli uccelli e l’ho costruita da solo, cioè prima mi ha l’operatore mi ha spiegato le cose, le basi e poi mi ha detto di costruirlo da solo. Da quando lavori qui hai visto dei progressi nell’autonomia (relativa ad aspetti personali e della vita quotidiana)? Se sì, quali e secondo te come mai? Sì, prima finivo di lavorare, andavo a casa e poi non uscivo più, invece adesso ho più autonomia nel spostarmi ed esco più spesso. Hai la possibilità di esprimere la tua opinione su come svolgere il lavoro? Cioè nel senso di dare delle opinioni, sì, ad esempio è successo l’altro giorno, mentre stavo facendo i porta bottiglie ho detto al mio responsabile che si potrebbe magari attaccarli insieme, e lui mi ha lasciato, mi ha detto di fare una misura, attaccarli insieme, ecc. E alla fine la mia idea andava bene, abbiamo messo due bottiglie e stavano lo stesso “in piedi”. È stata una mia idea e lui l’ha accettata, mi sono sentito valorizzato. Ogni tanto dico qualcosa anche alla mia collega e mi sento valorizzato. Hai la possibilità di prendere delle iniziative? Sì. Pensi che il lavorare presso Fonte 4 ti abbia creato dei benefici? Sapresti farmi degli esempi? Benefici lavorativi sì, quando faccio dei lavori di falegnameria ogni tanto riesco a farli anche all’esterno, fuori da casa, o in altri contesti. Qui c’è una certa disciplina, perché le regole bisogna rispettarle. A me piacerebbe fare delle cose, ma il contratto non lo permette, per esempio ascoltare la musica durante il lavoro quello non si può, anche se ogni tanto lo facevo lo stesso. L’avere un tempo di lavoro strutturato mi permette di organizzare meglio il mio lavoro e il tempo libero, prima ad esempio di sport non ne facevo, pesavo 140 kg e mangiavo un casino di roba. Adesso ne peso fai 100, ho perso 40 kg. Da quando lavoravo qui durante

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il tempo libero faccio camminate, escursioni, sport, cose che prima non facevo. Tutte queste attività le ho conosciute anche grazie al lavoro. Cosa ne pensi del contratto di lavoro stipulato? In linea di massima va bene, ma se si potesse cambiare qualcosa sarebbe meglio, come ad esempio il poter adoperare le cuffiette al lavoro. Anche per le regole da rispettare va bene. Se non dovesse andare bene il contratto dovrei andare via. Se non avessi questo tipo di contratto, cambierebbe la tua visione/motivazione/ il tuo interesse del lavorare qui? Perché? Se non l’avessi firmato non sarei neanche qua penso, perché se non firmi il contratto vai via, danno il posto ad un altro perché c’è sempre gente all’esterno che cerca di venire qua, senza contratto non penso che sarei motivato a venire qui. Cosa ne pensi del tuo stipendio? Sinceramente secondo me dovrebbero cambiare il formato, nel senso guardare quello che si produce e di conseguenza pagare in base a quanto produci, sarebbe bello cosi. Lo stipendio è minimo, ce l’hanno ridotto già da un paio d’anni, prima prendevamo 3.30 fr. all’ora adesso circa 2.30 fr. all’ora. Alcuni prendono però 1.80 fr., a dipendenza un po’, sarebbe meglio che tutti l’avessero uguale, però dopo c’è anche il ritmo di lavoro da considerare. I soldi che guadagni lavorando, solitamente come li utilizzi? Dovrei cercare di tenerli via, ma non riesco, ho fatto anche il discorso anche con i miei, anni fa mi arrivava la paga poi andavo in banca e magari li prelevavo tutti, non riuscivo a tenerli per un mese, spendevo tutto e dopo due settimane non avevo già più niente, ora ho cambiato la formula, adesso mia zia mi da 100 fr. alla settimana, però anche quelli sono stretti, anche loro si chiedono come faccio a spendere 100 fr. a settimana che neanche loro li spendono. I soldi che guadagno qua li uso per le uscite serali, per comprare delle cose che non mi servono sinceramente, per i miei sfizi personali. Se non guadagnassi, lavoreresti comunque qui? Perché? Non penso proprio, se lavori a gratis non guadagni niente, quindi non lavorerei più, neanche se andassi da un’altra parte. Cosa ne pensi del contatto con la clientela esterna? Cioè con la gente fuori? Con quelli che si conoscono il contatto c’è, è bello perché ogni tanto incontri gente che magari non vedi da tanto, così ricordi le vecchie cose, è bello. Ci sono dei clienti abituali, ad esempio quando vengono a comprare le piantine c’è molta gente che conosco e quando li vedo vado a salutarli volentieri, è un contatto bellissimo, anche loro lo dicono, ti chiedono come stai e si interessano a noi ecc. Pensi che sia importante lavorare con clienti esterni? Perché? Penso di sì, almeno quando loro vengono ci fanno progredire, ci fanno anche guadagnare, per me penso che sia solo un modo per guadagnare, però c’è anche un buon rapporto, restano soddisfatti anche loro della merce che diamo, dei lavori che facciamo. Ti senti soddisfatto del contatto che hai con i clienti? Sì, sì.

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Cosa ne pensi del lavorare con gli altri ragazzi? Ma ogni tanto è bello. Quando qualcuno litiga, io dovrei fare di testa mia, ma sinceramente non riesco proprio, ci metto sempre dentro il becco. Però c’è un bell’ambiente, si ride e si scherza, ogni tanto anche troppo. Quando l’orario di lavoro finisce, hai ancora contatti con gli altri ragazzi? Se sì, in che momenti e in che ambiti? Ma si, li accompagno sempre fino alla fermata e ogni tanto li vedo anche in giro per Lugano, c’è una relazione amichevole. Cosa ne pensi del lavorare con gli operatori (maestri socio-professionali, educatori, stagiaire)? Dipende dalla simpatia, ogni tanto si è piacevole, però ogni tanto non andiamo d’accordo. È molto bravo il mio responsabile, ci divertiamo molto, ogni tanto s’arrabbia ma quello è normale, quando fai un errore stupido che potresti anche evitare e mi arrabbio anche io, perché so che potevo evitare di fare quell’errore. Da quando sono qui diciamo che il mio comportamento è migliorato, se prima appunto andavo in giro e mi comportavo male, mi arrabbiavo spesso, ecc., ora è anche grazie all’operatore che sono cambiato e ho più disciplina. A livello di capacità professionali ho imparato diverse mansioni grazie a lui. Il clima di lavoro è positivo? Perché? Ogni tanto ne farei anche a meno di venire, non so il perché, ma dipende anche da quello che succede al di fuori di qui, se è una giornata no, mi passa la voglia di venire qui, però cerco di venire perché poi magari mi cercano a destra e a sinistra e poi si arrabbiano; quando sono qui poi però sono felice. Poi so che se non vengo al lavoro ciò si ripercuote sullo stipendio. Conviene lavorare. Vi sono degli aspetti positivi del lavorare qui? Quali? Sì, l’ambiente è bello, con i compagni di lavoro io mi trovo bene, però ogni tanto ci sono dei litigi. Il contatto con la clientela è positivo, con i clienti esterni se li conosci è molto meglio, è più facile la relazione. Quando invece vado con il responsabile da clienti o in negozi, con loro ridi e scherzi ed è bello. Grazie al lavoro ho conosciuto molte persone e con alcuni di loro ho contatti anche fuori dal lavoro. Vi sono aspetti negativi o critici del lavorare qui? Quali? Ma no non so, non trovo il negativo. Da quando lavori qui hai visto dei progressi nell’integrazione sociale? Se sì, quali e secondo te come mai? Da quando abito a Cagiallo da 4-5 anni vedo la differenza, è 5 minuti da qui, sopra Tesserete. Quì conosco più gente del posto, anche prima ne conoscevo, ma non cosi tante. Inoltre, rispetto a prima queste persone le vedo di più e parlo con loro. Come vedi il tuo futuro o come ti piacerebbe immaginare il tuo futuro (lavorativo e non)? Qui mi vedo il mio futuro lavorativo, qui, fino a 65 anni penso di rimanere qui, a meno che non dovesse succedere qualcosa di imprevisto, ad esempio un incidente che non ti permette di lavorare. Qui sono felice qui, infatti vorrei che andasse avanti il più possibile e magari anche oltre, probabilmente non si potrà se si raggiungerà la pensione.

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Mi piacerebbe però usare i macchinari, imparare a usarli tutti, anche quelli pericolosi. E mi piacerebbe costruire più cose, come i mobili, solo che siamo limitati coi macchinari. Al di fuori dall’ambito lavorativo potrebbe migliorare molto di più. L’idea di andare a vivere da solo c’è, ma penso di non possedere la forza necessaria di andare a vivere da solo, penso di non riuscirci. Ad esempio, questa settimana mia zia e il suo compagno sono in vacanza, quindi sono a casa da solo, e praticamente non riesco a gestire il cibo, infatti mangio tantissimo.

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Operatore F: Da quanti anni lavori qui? Sono qui da sedici anni. Quale è la tua formazione? La mia formazione è di maestro socio-professionale SCOS, Scuola Cantonale Operatori Sociali. Come mai hai deciso di venire a lavorare in questo contesto? Cercavo un posto di lavoro conforme alle mie formazioni professionali in ambito agricolo e mi è stato offerto il posto di lavoro e sono arrivato qui. Hai visto dei cambiamenti negli utenti che sono qui da molti anni? Ad esempio? Sì, ho visto dei cambiamenti negli utenti, in particolare in quelli che sono qui da tanti anni. Questi hanno migliorato molto le loro prestazioni professionali. Poi ho visto un miglioramento netto nella qualità di vita dell’utente anche fuori dal lavoro, lavorare fa bene a tutti gli effetti, aiuta anche mentalmente e lo stare con gli altri, il relazionarsi con gli altri, aiuta molto anche nella vita quotidiana al di fuori del lavoro, dunque grazie al lavoro c’è un netto miglioramento della qualità di vita della persona. Hai notato degli sviluppi nelle loro capacità organizzative? Se sì, sapresti farmi un esempio? Sì, ho notato molti miglioramenti nella capacità di organizzazione, sia a livello lavorativo sia a livello personale. È difficile fare degli esempi concreti, però potrei dire che una persona in poco tempo ha imparato a fare il nodo delle scarpe grazie all’aiuto dei compagni, oppure qualcun altro ha imparato a leggere l’ora, oppure i compagni e gli operatori hanno aiutato alcuni utenti nel sapersi organizzare. Grazie a questi aiuti qualche utente è migliorato nell’autonomia nel prendere i trasporti pubblici, per recarsi al lavoro e per andare a casa. Il lavoro ha permesso agli utenti di migliorare alcune capacità personali che riportano anche nella vita quotidiana, ad esempio il sapersi organizzare a livello proprio. Se prendo l’esempio di un utente che lavora nel settore della cucina, abita da solo nel proprio appartamento, cucina, stira, ecc.; tutte competenze che ha imparato in questa struttura. Posso dire inoltre, che c’è un netto miglioramento a livello psichico-mentale rispetto alle capacità organizzative; il fare alcune attività qui stimola le capacità lavorative e organizzative della persona. Tutto ciò si può dire osservando gli utenti empiricamente quotidianamente, ma lo si può anche constatare attraverso i bilanci che vengono svolti annualmente. In questi bilanci emerge chiaramente che la capacità organizzativa, lavorativa e non, della persona migliora nettamente attraverso il lavoro. Hai notato degli sviluppi nelle loro capacità relazionali? Se sì, sapresti farmi un esempio? Certamente, lo stare con gli altri in modo interattivo ed il lavorare con gli altri tutti i giorni, per oltre dieci ore, ha influito sulle loro capacità relazionali. Si sono notati dei miglioramenti praticamente in tutti gli utenti, nelle capacità di stare con gli altri e nel relazionarsi in modo ottimale e armonico con le altre persone. Tutti questi miglioramenti si sono avuti grazie al lavoro, al lavorare assieme ad altri, ma soprattutto grazie alle relazioni e alla

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socializzazione che si creano nei momenti meno lavorativi che la struttura offre, come ad esempio durante le pause o nei momenti in cui si mangia. Hai notato degli sviluppi nelle loro capacità comunicative? Se sì, sapresti farmi un esempio? Allora, ci sono stati degli sviluppi però è poi tutto legato alla persona, al tipo di handicap insomma, alla persona com’è. Non tutti beneficiano della capacità di comunicare, a volte questa rimane limitata proprio per una questione di natura individuale, però là dove c’era potenziale di miglioramento, sicuramente lo stare con gli altri, il relazionare, il lavorare con, il vivere le giornate assieme agli altri, ha influito sullo sviluppo o sul miglioramento delle capacità comunicative. Secondo te, il lavoro, presso Fonte 4, porta dei benefici agli utenti? Se sì, sapresti farmi degli esempi? Diciamo che negli anni si sono visti dei benefici assolutamente con una visione positiva, praticamente quasi tutte le persone che sono qui e che sono passate di qua. I benefici che si possono notare rispetto alle persone che lavorano presso Fonte 4, sono piuttosto relativi a: miglioramento dell’umore, grazie anche alla motivazione del lavorare qui; miglioramento del piacere di vivere, l’alzarsi al mattino, andare a lavorare, anche pure se ci sono dei conflitti interni (spesso comunque da superare con l’aiuto degli operatori); il tutto questo praticamente dà un senso alla vita e quindi migliora la qualità di vita della persona. Nonostante ciò, si possono avere ”degli alti e bassi”, non è che l’umore non cambia più, ciò è influito anche dalla patologia, ma ad ogni modo, in generale, c’è un beneficio rispetto alla qualità della vita, c’è un senso di appartenenza ad un posto di lavoro, senso di appartenere ad un gruppo (si creano anche delle amicizie), c’è uno scambio di conoscenze, ecc. Il lavoro aiuta anche a non pensare ad alcuni problemi e dà uno scopo alla vita. Lo stare con i compagni migliora nettamente la qualità di vita e l’umore, in questo senso si notano moltissimi benefici. Secondo te, lavorare in questo contesto protetto presenta delle criticità o dei limiti per l’utenza? Se sì, quali? Se vi è il bisogno di lavorare in un ambito protetto certo, possono esserci delle criticità o dei limiti, legati probabilmente anche al carattere o ai limiti della persona; cioè se le richieste sono troppo elevate a livello lavorativo o anche di tipo relazionale, la persona mostrerà i suoi limiti e non starà volentieri a lavorare in fattoria. Se c’è la volontà e il piacere da parte della persona, questi limiti possono essere “spostati” (patologia permettendo, in alcuni casi infatti, a causa di un certo tipo di disabilità mentale, ci sono dei limiti nelle prospettive di miglioramento). Inoltre, a dipendenza di com’è la persona, se non è disposta a superare i suoi limiti, come si dice: “questi nodi arrivano al pettine” e la persona evidentemente non vorrà più, non potrà più stare qui. Le criticità che possono esserci: l’indisponibilità o il non piacere e il non accettare di essere in un contesto protetto. Inoltre, potrebbero essere altre criticità: il fatto che ci sono delle regole da rispettare, c’è un contratto e lo stipendio è quello che è. Come in tutti i tipi di lavoro qui è richiesta un certo grado di autonomia.

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Anche se si tratta di un contesto protetto, lavorare qui, in alcuni periodi dell’anno, caratterizzati da una forte richiesta produttiva da parte della clientela esterna, potrebbe riportare delle criticità. Infatti, in questi periodi potrebbe subentrare una certa dose di stress per gli utenti, e chi non è in grado di sopportare questo stress probabilmente con gli anni arriva a toccare il limite. Fonte 4 non è un laboratorio occupazionale, è un lavoro di laboratorio produttivo e dunque non è proprio normalizzato, è comunque un lavoro che richiede parecchio impegno, non solo a livello fisico, dunque non tutti sono indicati per fare questo tipo di lavoro.

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Operatore G: Da quanti anni lavori qui? Lavoro qui da 22 anni. Quale è la tua formazione? Sono venuta qui come cuoca, perché questa era la mia mansione, non ho una formazione specifica nel ramo dell’educazione. Come mai hai deciso di venire a lavorare in questo contesto? Un po’ per caso, perché mi finiva la disoccupazione e dovevo cercare un 50 % in zona e sono venuta qui come supplente e poi dopo due settimane si è liberato un posto. Hai visto dei cambiamenti negli utenti che sono qui da molti anni? Ad esempio? Ho visto dei cambiamenti nei nostri utenti, nel senso che chi era giovane adesso non lo è più, vedo che c’è una stanchezza maggiore a fare le cose, quando uno ha imparato bene a fare dei lavori, perché sono comunque soggetti in grado di apprendere, poi subentra l’età, la stanchezza e il rendimento resta lì. Poi abbiamo anche dei casi che a livello cognitivo regrediscono, e subentra in questo caso una questione di mantenimento delle capacità. Hai notato degli sviluppi nelle loro capacità organizzative? Se sì, sapresti farmi un esempio? Certamente, se penso ad esempio ad una mia utente giovane, è proprio in grado di apprendere, dopo quasi 4 anni che è qui a lavorare, ha iniziative e capacità di organizzarsi nei suoi lavori, vede cosa c’è da fare, prende delle iniziative sue, ecc., c’è voluto un po’ di tempo, ma adesso funziona. Un altro ragazzo è molto bravo nell’organizzare, nell’anticipare cosa ci vuole per preparare gli ingredienti una volta che vede i menù, ad esempio prende la frutta, oppure comincia a sistemare la cucina e gli utensili utili per preparare il menù. Hai notato degli sviluppi nelle loro capacità relazionali? Se sì, sapresti farmi un esempio? Sì, io sono arrivata in un gruppo molto unito. Entri in relazione con tutti, ma poi c’è un po’ più di fiducia soprattutto con quelli con cui collabori strettamente. Conosci i limiti, si confidano anche per dei problemi loro, delle sofferenze, per dei problemi famigliari, per delle mancanze; in questo senso era un privilegio lavorare uno a uno (operatore-utente), io adesso sono con due o più utenti e a volte c’è il rischio di non poter dare la dovuta attenzione al singolo. Gli sviluppi relazionali tra tutti gli utenti di solito sono buoni, ogni settore ha le sue dinamiche, quando manca qualcuno le dinamiche cambiano. Quando qualcuno arriva nuovo, all’inizio sono un po’ più sull’ “attenti”, poi piano piano si relazionano maggiormente a questo. Con le ragazze sono soprattutto i ragazzi che iniziano ad approcciarsi, potrebbero svilupparsi delle relazioni amorose, come è capitato tra alcuni di loro. Per alcuni la parte relazionale è cresciuta negli anni e si è sviluppata, per altri è diventata un po’ meno, (forse dovuta al tipo di deficit o disabilità mentale, oppure alla regressione delle capacità comunicative/relazionali/ ecc. legate all’avanzamento dell’età?), è difficile

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definire la relazione, comunque vanno d’accordo, chi più chi meno. Il fatto di lavorare qui, ha sicuramente aiutato ad instaurare delle amicizie. Se penso ad una ragazza che lavora qui, per lei era molto difficile aprirsi e confidarsi, poi piano piano, grazie alle relazioni instauratesi, con gli altri ragazzi e con gli utenti, è riuscita ad aprirsi e questo l’ha aiutata molto, ha più fiducia negli altri e in sé stessa. Questa ragazza inoltre, è come se qui avesse un altro mondo, a casa vive piuttosto un mondo di sofferenza, perché ha avuto un grave lutto in famiglia e non è stata a casa un giorno, per lei qui è stata la salvezza, è come se avesse un mondo di sofferenza a casa, ha anche dei famigliari che soffrono per questo lutto, qui lei riesce come a cambiare mondo, c’è un mondo di responsabilità, di amici, di giochi, e lei è come se riuscisse a spegnare un interruttore grazie al lavoro, riesce in questo modo a non avere una sofferenza così acuta e costante. Sempre prendendo da esempio questa ragazza, è molto volenterosa, apprende anche se presenta dei limiti. Secondo me la sua personalità si sta anche formando perché è qui, perché ha un grande gruppo, perché si deve far valere, fa un po’ la “mammina” con certi, secondo me è molto prezioso il lavoro. Come questa ragazza, ci sono altre situazioni in cui si può dire che il relazionarsi con gli altri e il lavoro in sé è stato assolutamente terapeutico ed ha apportato dei benefici. Hai notato degli sviluppi nelle loro capacità comunicative? Se sì, sapresti farmi un esempio? Ti prendo ancora questa ragazza come esempio, a causa della buona educazione che ha ricevuto, per lei certe cose non si dovevano dire direttamente, si pensano ma non si dicono, perché magari una critica fa un po’ male. In questi 4 anni che lei è qui, ha imparato invece a dire delle cose che pensa, anche se le costa molto, mi dice: “ma ti posso chiedere qualcosa? Ma posso dirti qualcosa?”. Racconta, ammette qualcosa, dice se è successo qualcosa. Quindi, lavorare qui per lei, ma anche per altri ragazzi, ha influito sull‘apertura verso l’altro e una non paura di verbalizzare anche certe cose. Secondo te, il lavoro, presso Fonte 4, porta dei benefici agli utenti? Se sì, sapresti farmi degli esempi? Secondo me sì, molti. Dà un ritmo di lavoro, dà una struttura, dà una gratificazione, nel senso “io vado a lavorare, sono i miei gli animali, sono le nostre le marmellate, le abbiamo fatte noi quelle che vediamo alla Migros, siamo noi che abbiamo piantato tutto questo. Si crea quindi una personalità, gli utenti si sentono utili, importanti e anche apprezzati. Se pensiamo un po’ a come è strutturata una persona, se una persona non è voluta bene, né apprezzata, secondo me la vita non vale la pena di essere vissuta, invece se ti senti apprezzata e sai che hai fatto qualcosa, magari sì sei stanca alla sera, ma sai perché e molti di loro lo sanno. Altro esempio, un utente che lavora qui da 30 anni durante la festa dei 30 anni della di attività della struttura, continuava a dire “ho fatto io…”, con la sua semplicità. Secondo me, il fatto che gli utenti lavorino qui è per loro un grande beneficio, ma anche per le loro famiglie. La natura, lavorare la terra è ancora qualcosa di più che assemblare oggetti, giova l’animo e la persona.

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Secondo me il contesto lavorativo per l’integrazione di un handicap è fondamentale, è una sorta di accoglienza della società. Secondo me, gli utenti si sentono soddisfatti e riconosciuti a lavorare qui. Loro possono mettersi in gioco, aumentano le loro competenze, e capacità, anche se sta un po’ a noi cogliere chi riesce a fare cosa e valorizzarli nelle loro potenzialità. Se noi riusciamo a cogliere quello che uno fa volentieri e lo fa anche bene, riuscendo a metterlo all’utilità del nostro bisogno, sarebbe ottimale. Ad esempio una ragazza ha proprio sviluppato una passione di fare le pulizie. Anche se è un contesto lavorativo, dopo tanti anni diventa famiglia, diventa appiglio, una parte importante, perché passi più della metà della tua vita lavorando. È fondamentale che ci siano delle strutture che accolgono dei membri un po’ deboli della società. Secondo te, lavorare in questo contesto protetto presenta delle criticità o dei limiti per l’utenza? Se sì, quali? Ci sono alcuni utenti, penso soprattutto a quelli che vengono da noi in prova, che si sentono discriminati per il fatto che devono lavorare in un contesto così e perché non accettano i propri limiti. Inoltre, perché non vorrebbero farsi vedere pubblicamente che sono arrivati qui, oppure presi per “malati”. Per alcuni di loro arrivare ad uno status di utente potrebbe essere umiliante, però dopo diverse ricerche e tentativi nel mondo del lavoro ed essere dovuti arrivare a cozzare, perché i propri limiti ci sono, e sono grandi, e fuori devi essere veramente prestante, quindi ad un certo punto arriva il momento che purtroppo devono riconoscere la realtà dei fatti. Altra criticità: l’economia. È una criticità nel senso della motivazione dell’utente, gli utenti guadagnano pochissimo, anche se è vero che hanno un’AI e una complementare, però sarebbe forse meglio dare loro una gratificazione maggiore, a chi se la merita chiaro, poi va valutata, ma poter dare loro una valutazione pecuniaria, sarebbe più motivante.

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Operatore H: Da quanti anni lavori qui? Lavoro qui da nove anni. Quale è la tua formazione? La mia formazione è quella di florovivaista-giardiniere. Come mai hai deciso di venire a lavorare in questo contesto? Ho deciso di venire a lavorare in questo contesto perché mi si era aperta una possibilità. Avendo visto un bando di concorso, dove cercavano qualcuno con le mie competenze ho inviato la candidatura e sono stato scelto per questa avventura. La cosa mi attirava anche dal punto di vista sociale, quindi mi sono lanciato in questa sfida. Hai visto dei cambiamenti negli utenti che sono qui da molti anni? Ad esempio? Sì, senz’altro, ci sono stati dei cambiamenti, miglioramenti, ma anche peggioramenti. Un ragazzo per esempio, che va al mercato, ha avuto sicuramente dei notevoli miglioramenti. Da quando è arrivato, sebbene fatichi comunque durante la giornata per questa sonnolenza che ha, da quando è arrivato è migliorato, perché al suo arrivo era un continuo addormentarsi, anche in piedi, adesso ha un po’ più di partecipazione. Sebbene si fatichi a fargli fare lavori manuali, almeno con la clientela ha fatto dei progressi e ha costruito dei buoni rapporti, infatti alcuni clienti lo cercano. Anche per quel che riguarda certe paure che aveva, da quando è arrivato qualcosa ha vinto, non in abbondanza, ma qualcosa è riuscito a superare. Per i progressi nelle sue capacità lavorative invece, quando sono arrivato era in grado di fare delle pulizie nel piazzale e non faceva molto altro, ora invece sa tagliare la legna, raccoglie verdure, ecc. Ti porto l’esempio di un’altra ragazza, che lavora qui da parecchi anni. Da quando è arrivata aveva un carattere abbastanza difficile, era facile al litigio, era abbastanza complicata e devo dire che è migliorata tantissimo. Ha fatto un anno in cucina mi sembra, poi è passata con me, è migliorata tantissimo, ha acquistato fiducia in se stessa, ha acquistato sicurezza e anche caratterialmente è migliorata. Adesso è in grado di gestire le sue emozioni, anche di fronte a qualche discussione di fronte ai colleghi riesce a trattenersi, non è più aggressiva come una volta. Inoltre, grazie al lavoro qui ha potuto iniziare la scuola per fare l’apprendistato, che ha superato molto bene. Grazie a questa formazione ha potuto imparare molte competenze, e mettendole in pratica sul luogo di lavoro ha aumentato la performance. Lei sarebbe in grado sicuramente di lavorare all’esterno. Riporto ancora un altro esempio, di una ragazza che lavora qui da molti anni. Lei è nel settore della floricoltura da pochi anni. La ragazza prima era in stalla, lavorava in quel settore da molti anni, non voleva più restare lì a fare le stesse attività che faceva da anni, era diventata indifferente all’ambiente e ai colleghi, non era felice, così abbiamo provato a spostarla in un altro settore; in questo modo ha ritrovato il piacere di lavorare e stare con gli altri. Devo dire che ha imparato molto, quando è arrivata non aveva conoscenze in questo ambito e adesso sa tante cosette e le sa fare, ad esempio: sa preparare le verdure per il mercato abbastanza bene. È ancora un po’ insicura, ma ha imparato veramente

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diversi lavori. Il suo problema più grosso è quello caratteriale purtroppo, difficilmente va d’accordo con i colleghi, più o meno con tutti riesce ad avere discussioni, anche con gli operatori basta poco, questo è dovuto un po’ chi lo sa ai suoi problemi, soffre molto il timore di critica altrui. Inizialmente per lei ci sono stati molti miglioramenti, però forse ora c’è come un “ritorno”, comincia ad essere quasi un po’ sofferente del lavorare anche in questo settore. E in questi periodi si vede che sta male, perché, come è capitato anche anni fa, quando non voleva più stare in stalla, diventa aggressiva e sospetta che tutti l’abbiano con lei, che tutti parlano male di lei. Per lei, a quanto pare, a lungo andare emerge sempre questa situazione. Forse è dovuto al fatto che lavora nello stesso posto, con le stesse persone e fa spesso le medesime attività. Dall’altra parte però, ci sono utenti che con il passare degli anni vanno sempre indietro. Negli anni abbiamo visto alcuni utenti peggiorare a livello fisico, a livello di memoria e un utente ci ha lasciato proprio perché non era più in grado, non era più autosufficiente. Naturalmente vediamo molto l’effetto dell’invecchiamento, insomma nei nostri utenti che sono qui da più anni si vede avanzare l’età. I ragazzi nuovi sembrano più interessati e motivati rispetto a quelli che sono qui da parecchi anni. Hai notato degli sviluppi nelle loro capacità organizzative? Se sì, sapresti farmi un esempio? A livello di capacità organizzative secondo me non vi sono degli enormi sviluppi. Hai notato degli sviluppi nelle loro capacità relazionali? Se sì, sapresti farmi un esempio? A livello relazionale senz’altro sì. Grazie alle attività di vendita al pubblico hanno contatto con persone esterne e questo li aiuta a sviluppare capacità relazionali. Hai notato degli sviluppi nelle loro capacità comunicative? Se sì, sapresti farmi un esempio? A livello comunicativo dipende, perché alcuni restano sempre un po’ “limitati”, non riesco a farti un esempio. Secondo te, il lavoro, presso Fonte 4, porta dei benefici agli utenti? Se sì, sapresti farmi degli esempi? Il lavoro presso Fonte 4 porta dei benefici agli utenti perché intanto li tiene impegnati, dà l’opportunità di sentirsi utili e offre l’occasione d’imparare, si vede che nel tempo il lavoro qui per loro è un beneficio. Tanti che sembravano non potessero lavorare qui, hanno invece imparato a fare diversi lavori di una certa importanza, di una certa capacità, abbiamo avuto qualche caso, anche se non molti, che è riuscito ad uscire e ad avere lavori nella società. Secondo te, lavorare in questo contesto protetto presenta delle criticità o dei limiti per l’utenza? Se sì, quali? Lavorare in questo contesto protetto dà probabilmente all’utente una certa sicurezza e non vedo ponga dei limiti particolari, almeno non a livello di contatti con l’esterno, perché comunque partecipano, hanno una buona partecipazione anche con la clientela. Qualcuno di loro sarebbe in grado di lavorare all’esterno, con i suoi limiti naturalmente, però ce la farebbe benissimo.

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Famigliare I: Come si chiama? Marco, padre di Antonio (A.) *. Da quanto tempo suo/a figlia/fratello/sorella/ compagno/compagna * lavora presso l’azienda agricola? Da 6 anni, da settembre 2010. Cosa faceva * prima di recarsi qui? Antonio prima era presso un istituto per ragazzi con disturbi mentali e psichici, questa è una struttura con la possibilità di internato (stai in istituto da lunedì a venerdì) ed esternato (ogni sera vai a casa). Per lui si trattava di internato, rientrava a casa il venerdì. Le attività in quella struttura erano variate, per esempio un giorno poteva stare nell’orto e fare i lavori, un po’ come qui, a Fonte 4. Ma quella struttura era più contenuta rispetto a qui, era più piccola, non è come qui che c’è un livello più produttivo. Là se producevano non era per vendere ma per consumare nella loro mensa. Anche li c’erano degli atelier, ad esempio la falegnameria, oppure c’era un settore dove si occupavano dei mezzi di lavoro e di trasporto (pulmini). Anche qui c’è questa possibilità e lui si occupa di questo. Gli è sempre piaciuto fare questi lavori. Nell’altra struttura c’era un po’ più svago, ogni tanto andavano a spasso in bicicletta, guardavano le partite di calcio (andavano anche fino a San Siro per vederle), andavano a mangiare la pizza, ecc. Qui invece è proprio lavorativo. Nell’altra struttura andava a scuola, perché era nell’età scolastica, e ogni tanto c’erano anche delle mezze giornate dove faceva dei corsi di mantenimento delle capacità. Finita l’età scolastica lui non voleva più stare li, ha voluto venire a casa dicendomi: “voglio fare come chi lavora normalmente” e abbiamo cercato una struttura adatta a lui. inizialmente abbiamo guardato in un'altra struttura, ma era un contesto più diversivo. Poi abbiamo valutato l’inserimento qui a Fonte 4 e ci è sembrato un po’ più a portata d’uomo. Siccome non avevano più posti a disposizione, ci è voluto un po’ di tempo perché potesse essere inserito all’azienda agricola. Come mai * ha iniziato a lavorare qui? Perché lui di là non voleva più stare tutta la settimana e voleva avere un lavoro “normale”, voleva fare come le altre persone, andare a lavorare il mattino e ritornare a casa alla sera. Ha visto dei cambiamenti in * da quando lavora qui? Quali? Sì che ci sono stati dei cambiamenti. Prima di tutto da quando mio figlio è qui ha meno contatti sociali nel tempo libero, quando torna a casa alla sera molte volte è stanco e non ha più voglia di uscire. Là invece aveva più occasioni di relazionarsi siccome era sovente in giro, soprattutto con i monitori. Là era comunque una struttura protetta. Quello che gli è piaciuto tanto qui, è stato di avere uno scambio anche con le ragazze. Lui vorrebbe una ragazza e qui ha avuto l’occasione di conoscerle. Là le uniche donne erano le monitrici. Quando era nell’altra struttura partecipava al gruppo sport. Poi da quando ha iniziato a lavorare qui, la sera è più stanco rispetto a prima, e da qui, con il traffico che c’è, è impossibile arrivare in tempo per l’allenamento.

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Ci sono stati anche cambiamenti positivi, lavorando qui è diventato più responsabile, l’ha fatto crescere. Anche se nell’altra struttura aveva più contatti nel tempo libero, qui ha più contatti con la clientela. *a casa si annoia, ha bisogno di essere in movimento e ha sempre bisogno di avere quella certezza su cosa fare, ad esempio, quando arriva a casa chiede subito dopo dove andiamo, cosa facciamo, ecc. Lui è soddisfatto di lavorare qui, è contento, anche delle sue valutazioni da parte degli operatori. Da quando è qui non ha mai espresso problemi, anche se brontola per alzarsi il mattino. Ha visto dei cambiamenti all’interno della famiglia da quando * lavora qui? E sì, certo che ci sono stati cambiamenti, prima io e mia moglie avevamo più tempo libero. Prima, quando era nell’altra struttura, siccome in settimana era in istituto e il weekend stava a casa, ogni domenica sera A. cominciava già a caricarsi di tensione perché doveva rientrare il giorno dopo. Invece da quando è qui, A., e anche noi, siamo più rilassati perché ti puoi godere ancora tutta la domenica più tranquillamente. Secondo lei * è autonomo/a? In che modo? Il suo grosso problema è il non sapere leggere né scrivere ed ha anche problemi nel contare, ad esempio i soldi. Lui prende il filobus per arrivare fino a qui, e lo fa molto probabilmente per memoria visiva, avrà sviluppato questa capacità. A livello lavorativo da quando è qua prende più iniziative. Come percepisce l’integrazione lavorativa di *? E beh è comunque sempre in una struttura protetta, dunque lui si adegua a lavorare qui, anche se con qualche difficoltà: ha una grande fantasia e se gli dici di fare una cosa dopo un po’ si mette a divagare su qualcosa d’altro. Lavorare in un contesto al di fuori per lui la vedo dura, lui ha bisogno comunque sempre di qualcuno che gli dia un occhio, però è migliorato molto. Da quando è qui si vuole misurare con gli altri ragazzi e con sé stesso, in questo senso gli obiettivi annuali che ha sono per lui molto motivanti. E invece l’integrazione sociale da quando lavora qua è cambiata? L’integrazione sociale da quando è qui è diminuita, come ho detto prima. Sono sempre io che devo proporre di andare a spasso. L’integrazione sociale dipende dall’autonomia che hai per poterti muovere, e lui ha sempre voluto fare sport, andava a nuoto, giocava a basket ecc., ma da quando è qui non è più possibile, perché è stanco. Lui desidererebbe una ragazza e una maggiore integrazione sociale potrebbe influire su questo desiderio, perché avrebbe l’occasione di conoscere più gente. Come vede la prospettiva lavorativa futura di *? Guardando ultimamente cosa scrivono sui giornali io non lo vedo che potrebbe andare in un’azienda indipendente, non protetta. Lui avrà sempre bisogno di un sostegno e non dimentichiamo che se un giorno non ha più i suoi genitori non ha più nessuno dietro e dunque è meglio stare in una struttura di questo tipo. Qua sono più attenti ai problemi del singolo, anche se lavori in un ambiente produttivo. E la prospettiva sull’autonomia di *? Sull’autonomia al di fuori del contesto lavorativo sarà impossibile che un giorno si gestisca una casa da solo, o si metta a fare da mangiare. A. ha bisogno di essere in un gruppo.

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Famigliare L: Come si chiama? Anna, madre di Tiziano. Da quanto tempo suo/a figlia/fratello/sorella/ compagno/compagna * lavora presso l’azienda agricola? Lavora all’azienda agricola da sette anni. Cosa faceva * prima di recarsi qui? Prima di recarsi all’azienda agricola, ha lavorato in un laboratorio protetto dove facevano dei restauri mobili e consegnavano la legna, facevano trasporti di legna, e poi in un altro un laboratorio protetto a Mendrisio, dove faceva attività di giardinaggio. Ha lavorato anche in un piccolo laboratorio dove facevano dei lavori di assemblaggio o aggiustavano delle tute per degli sportivi, oppure imbustavano dei materiali per le votazioni; faceva lavori ripetitivi e a lui da una parte piaceva, perché faceva un lavoro dove non bisognava pensare molto a quello che stava facendo, però d’altra parte era un po’ limitato. Stare in un locale tutta la giornata non è il massimo. Da quando è andato all’azienda a Vaglio si è trovato subito molto bene, è un posto molto bello, è in mezzo alla natura e alla tranquillità. È importante per mio figlio e gli altri utenti, avere la giornata strutturata ed un ritmo; se hai un lavoro, devi alzarti alla mattina, devi fare colazione, devi mangiare a mezzogiorno, la giornata ha un’ordine. Se invece non lavori, non hai un ritmo, magari ti alzi alla una o alle due del pomeriggio, qualche volta va anche bene, perché si ha anche bisogno, lo possono fare tutti, però non sempre. Come mai * ha iniziato a lavorare qui? Si cercava un lavoro dove lui potesse avere più scambi relazionali, forse anche perché lui ha problemi di sonnolenza a causa delle medicine, e in un locale dove si ripetono le attività si è più inclini ad avere sonno. Qui a Vaglio ha ancora questi momenti in cui gli viene l’abbiocco, però meno rispetto a prima. Ha visto dei cambiamenti in * da quando lavora qui? Quali? Questo contatto con le persone l’ha aiutato tanto, sia per un suo bisogno personale di instaurare più relazioni sia a livello di soddisfazione. Mi racconta delle persone con le quali fa dei dialoghi ed ha instaurato dei rapporti di amicizia, ad esempio quando va al mercato c’è chi compera sempre da loro, c’è una signora che puntualmente porta il caffè, ecc. Secondo me questi contatti sono preziosi. Inoltre lui con me ha sempre avuto un contatto molto forte, dunque il fatto che deve avere a che fare anche con altre persone, è un aspetto molto importante. Deve sforzarsi di avere a che fare con altre persone, magari anche di confidarsi, di esplicitare le sue difficoltà a qualcuno d’altro. E poi altri cambiamenti positivi sono legati a tutti gli aspetti pratici, il fatto di doversi alzare, andare in centro, prendere la posta, curare un po’ gli aspetti collegati all’autonomia, ecc. Forse quello che manca a * è di avere più, fiducia nelle sue capacità perché lui può fare determinate cose, ma tante volte delega, perché deve essere più veloce, allora tende a dire lo fai tu.

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Da quando è a Vaglio non ha diminuito i medicamenti, c’è stato un periodo che aveva questi pensieri un po’ insistenti e allora il medico aveva aumentato un pochino il neurolettico, * ha comunque dei pensieri che sono piuttosto insistenti e sicuramente i medicamenti ci vogliono, anche se recano stanchezza. Ha visto dei cambiamenti all’interno della famiglia da quando * lavora qui? Da 15 anni abita in foyer, non rientra in famiglia, a livello familiare c’è una certa tranquillità, è bello sapere che lui debba lavorare in un laboratorio protetto dove gli piace lavorare e dove c’è un bell’ambiente, penso che questo tranquillizzi un po’ i genitori, per noi famigliari penso che sia un sollievo quello di trovare un ambiente dove vedi che tuo figlio si trova bene e che lavora con delle persone che lo capiscono e offrono sostegni. Ad esempio, ogni due o tre anni è organizzata una riunione con i genitori, gli operatori, il medico, ecc. e trovo che sia una cosa molto bella, tutti possono intervenire e si ha modo di discutere un di quello che durante l’anno è stato fatto, se si sono raggiunti alcuni degli obiettivi, se invece altri non sono raggiunti, anche gli aspetti della cura della persona, che sono comunque importanti, visto che c’è anche un contatto con altre persone. Io sono contenta della struttura e penso che ha portato beneficio e tranquillità alla famiglia. Secondo lei * è autonomo/a ? In che modo? È autonomo, entro certi limiti; si alza, si prepara poi va a prendere l’auto postale per andare al lavoro, alla sera rientra e si ferma al negozio di fumetti che tanto gli piacciono (questo è uno dei suoi hobby, infatti ne ha tanti). Quando ha molti pensieri necessita l’aiuto di un operatore sociale, infatti, questi pensieri lo bloccano nel svolgere attività quotidiane, nel preparare gli abiti per il giorno, nell’occuparsi della cura di sé (lavarsi la faccia, ecc.), anche per la cura del suo ambiente( es. ordinare camera suo, fare il letto, ecc.)ogni tanto bisogna dargli una mano. Per lui è importante avere la giornata strutturata, deve sapere cosa fare il tal giorno, ciò gli dà sicurezza e gli permette di essere più tranquillo. Come percepisce l’integrazione lavorativa di *? Secondo me * avrebbe potuto fare qualcosa di più se fosse stato seguito dall’inizio, a scuola aveva tante capacità, era un ragazzo molto intelligente, la fregatura è stata questa malattia, con questi pensieri che lo tormentano ancora oggi. Un lavoro in un contesto protetto lo vedo difficile, sarebbe molto stressante per lui e influirebbe sui suoi pensieri e sull’ansia. Con*si sarebbe potuto provare in un contesto non protetto, ad esempio nell’ ambito della contabilità (i calcoli sono sempre stati il suo pallino), però per le reali possibilità qui in Ticino non vedo una struttura dove lui potrebbe fare questo. Anche se la famiglia può sempre dire la sua, c’è anche questo aspetto che tu vedi tuo figlio anche con i tuoi occhi e invece gli operatori lo vedono con i propri, c’è un punto in comune, però allo stesso tempo io parlo come mamma, come genitore, e loro hanno la visione da operatori, quei limiti, quelle risorse entro certi limiti possiamo vederli uguali, ma poi c’è qualcosa di diverso, perché io lo conosco da sempre, da quando era bambino, da quando è cresciuto, da quando andava a scuola, da quando ha passato gran parte della sua adolescenza “normale”, poi nella sua malattia; spero sempre che gli altri si accorgano che dietro ad una persona che non sta bene c’è anche una persona che ha delle qualità, delle risorse; e tante volte non so se è cosi scontato, conoscere una persona con tutte le sue difficoltà,

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immaginare che una volta era comunque una persona diversa. In fin dei conti bisogna vedere al di là delle nostre aspettative come genitori, è importante che i nostri figli siano contenti. Loro hanno bisogno la loro tranquillità, sono così sensibili che vogliono vedere che i genitori siano anche loro stessi tranquilli, perché se loro percepiscono di dare dispiacere alla famiglia penso che sia un peso in più, io cerco sempre di incoraggiarlo, di chiedergli com’è andata la giornata, appunto mi racconta tante cose di com’è andata la sua giornata. Mostrare interesse per quello che fa penso che gli faccia bene. Ogni esperienza di vita comunque è un’esperienza importante. La sua giornata lui la vive tra le sue difficoltà i suoi momenti di fiducia e nelle sue prospettive di migliorare, va a lavorare regolarmente e questo è anche da apprezzare. E quella sociale? Per l’integrazione sociale c’è invece un pochino da fare; nel senso che lui, prendendo dei medicamenti, una volta finita la sua giornata e la sua settimana lavorativa, non ha un granché di energia, si sente stanco, non ha voglia di uscire la sera, e ciò lo limita nell’integrazione sociale. La domenica viene a mangiare con noi o con la nonna, però sembra già uno sforzo. Per l’integrazione sociale se non è il foyer che spinge nel proporre attività (andare da qualche parte e fare una grigliata, ecc.) è un po’ limitata a causa della stanchezza. Secondo me ciò che influisce sull’integrazione è anche l’aspetto del confronto, il pensiero che la sua vita è diversa rispetto ai suoi coetanei, ai compagni che aveva a scuola. Con questa consapevolezza c’è il rischio che uno si chiude in sé e rimane lì isolato. Anche se ognuno ha la sua esperienza personale, non è detto che uno che va fuori tutte le sere sia più soddisfatto di uno che non esce mai, ognuno deve fare quello che vuole fare non è che tutti devono fare la stessa cosa però voglio dire lui sta veramente bene a casa. Per l’integrazione sociale bisognerebbe fare un po’ più di feste, ritrovi per loro, magari si fanno già nell’ambito del foyer, serate di divertimento ecc., però facendo delle cose solo per loro si rischia di “ghettizzare” un po’ troppo. Grazie ai mercati c’è comunque integrazione sociale, ha gli scambi sociali, c’è un arricchimento. Anche il parlare con i diversi operatori lo arricchisce. Come vede la prospettiva lavorativa futura di *? Per la sua prospettiva lavorativa spero che abbia sempre la possibilità di lavorare a Fonte 4, perché non vedo un altro ambiente più consone alle sue possibilità al momento, calcolando che gli anni vanno avanti anche per lui, spero che acquisti maggior sicurezza nel fare determinate cose, che consolidi ancora meglio quello che ha imparato e sta facendo. E la prospettiva sull’autonomia di *? È abbastanza autonomo, ma in alcuni momenti ha bisogno di sostegno e di una certa conferma. Quando ha i pensieri e l’ansia, questi lo bloccano nell’essere autonomo, spero che ciò migliori, in quanto permetterebbe a *di avere più autonomia.

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Cliente M: Come si chiama? Anna. Dove abita? A Ponte Capriasca. Da quanto tempo collabora con l’azienda agricola protetta? O viene a comprare prodotti qui? Da più di un anno. Per quali motivi ha iniziato la collaborazione? O per quali motivi viene a comprare prodotti qui? Mi piace perché vendono cose fresche e mi piace aiutare queste persone che hanno bisogno. Sono anche molto simpatici. Quali sono gli aspetti positivi del contatto con l’utenza? Comprando i loro prodotti possiamo aiutarli finanziariamente. C’è aiuto reciproco. Noi aiutiamo loro, comprando i loro prodotti, ma anche loro ci aiutano, ad esempio nel portare a casa le cose. Ci sono aspetti negativi? O critici? Rispetto ai ragazzi non ce ne sono, sono simpaticissimi, ci aiutano anche a portare le cose a casa ogni tanto. Vi sono aspetti positivi del comprare i prodotti qui? Quali? Che grazie al loro lavoro si possono comprare dei prodotti del posto. Vi sono aspetti critici o negativi del comprare prodotti qui? Quali? Non ce ne sono. Secondo lei l’utenza è soddisfatta del contatto con la clientela esterna? Secondo me sì, vedo che gli utenti sono soddisfatti di interagire con la clientela esterna e di lavorare qui, gli utenti sono sempre disponibili e contenti, hanno sempre il sorriso sempre in faccia. Secondo lei l’utenza è sodisfatta a lavorare in un contesto protetto? Penso di sì, perché lavorando in un contesto protetto sono seguiti e possono contare sull’aiuto degli operatori. Inoltre qui vi è maggiore attenzione ai bisogni del singolo. Grazie alle attività di vendita hanno anche la possibilità di conoscere persone. Secondo lei ci sono aspetti critici per l’utenza nel lavorare in un contesto protetto? Secondo me non ci sono aspetti critici di lavorare in un contesto protetto. Secondo lei ci sono aspetti positivi/benefici per l’utenza nel lavorare in un contesto protetto? Secondo me l’aspetto positivo e benefico per loro è il contatto con la gente e qui possono mettere in pratica le loro capacità.

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Cliente N: Come si chiama? Maria. Dove abita? A Tesserete. Da quanto tempo viene a comprare prodotti qui? Da un anno circa. Per quali motivi viene a comprare prodotti qui? Mi piace l’idea di poter sostenere le strutture protette, è una forma di rispetto per il lavoro svolto con tanta passione e per chi lo fa con più difficoltà. Quali sono gli aspetti positivi del lavorare con l’utenza? Con il passare del tempo s’instaura un rapporto confidenziale, famigliare, ci si conosce un po’ di più, è uno scambio importante con l’esterno al di fuori della struttura stessa. Ci sono aspetti negativi? O critici? Non ne vedo sinceramente. Vi sono aspetti positivi del comprare i prodotti qui? Quali? Ci sono sicuramente degli aspetti positivi, la qualità dei prodotti è molto buona, genuina, si va volentieri al mercato e alla bottega, è qualcosa di speciale che piace. Vi sono aspetti critici o negativi del comprare prodotti qui? Quali? Secondo il mio parere non ce ne sono. Secondo lei l’utenza è soddisfatta del contatto con la clientela esterna? Secondo me, sì è soddisfatta, è una possibilità in più per sentirsi utili e uguali agli altri. Secondo lei l’utenza è soddisfatta a lavorare in un contesto protetto? Penso di sì, si sentono più sicuri, seguiti e per la loro crescita è molto importante. Secondo lei ci sono aspetti critici per l’utenza nel lavorare in un contesto protetto? Forse ci si sente un po’ diversi dagli altri, nel senso che il ritmo del lavoro è un po’ diverso rispetto ad altri ambienti lavorativi, sicuramente l’utente è consapevole che al di fuori della struttura avrebbe determinati problemi perché c’è molto stress, si deve produrre di più generalmente e in tempi ristretti e forse lui non sarebbe in grado di sopportare questi ritmi, aumenterebbero solo le sue paure e ansie. Secondo lei ci sono aspetti positivi/benefici per l’utenza nel lavorare in un contesto protetto? Secondo me sì ci sono aspetti positivi in quanto l’utente è seguito dagli specialisti, dai genitori, dagli operatori che collaborano per il suo benessere, l’utente si sente accompagnato, seguito, incoraggiato e questo è molto importante per lui e per dargli fiducia nelle sue capacità. Senza la struttura protetta sarebbe più difficile anche per la famiglia che si sentirebbe probabilmente sola per affrontare le varie difficoltà. Secondo me è un beneficio per tutti.