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UN TOUR IN GIALLO
UN TOUR IN GIALLO
INCIPIT SPORT
- “La maglia gialla questa mattina non ha preso il via” annunciò la televisione,appena il nonno l'accese. Così. Dieci parole che mi si piantarono nel cuore comecoltelli, una dopo l'altra, e che non mi tirerò mai via. La maglia gialla era mio fratelloUccio. “Valerio, perché Uccio non è partito?” mi chiese Tobia, il mio miglior amico.Anche Bianca mi puntò addosso due occhi a forma di punto interrogativo, ma io piùche alzare le spalle non sapevo fare. Perché non era partito? Se mio fratello avesserespinto gli attacchi in quella tappa terribile, piena di salite, avrebbe portato lamaglia gialla del primato fino a Parigi, avrebbe vinto il Tour a soli 21 anni e noi tuttilo avremmo raggiunto sui Campi Elisi per festeggiare. Una favola! E invece latelevisione mostrò le immagini di Uccio che saliva su un’auto della polizia francesee spiegava che era stato sospeso dalla corsa dopo un controllo anti-doping. In unattimo, la vita della mia famiglia slittò come un tubolare sull'asfalto bagnato e sicapovolse: dalla favola all’incubo. Sapevo che i giornali avrebbero trasformatoUccio, il fratello che adoravo, in un mostro. E poi papà, che non aveva mai amato ilciclismo, dopo questa storia, sicuramente mi avrebbe impedito di fare ancora legare. Neppure nonno Tino, che ha corso un giro d'Italia, avrebbe potuto aiutarmi.
RACCONTO
La stanza si fece piccola piccola, sembrava che le pareti si avvicinassero e il soffitto
si abbassasse sempre di più fino quasi a schiacciarmi. Non ci potevo
credere…com’era possibile che il mio fantastico e bravissimo fratello maggiore
avesse compiuto tale reato, lui che era sempre stato così leale in tutto? No, sono
sicuro non può essere stato Uccio, devo scoprire la verità a tutti i costi!
All’improvviso comparvero i miei genitori con il nonno Tino.
Papà era furibondo. “Lo aggiusto io Uccio appena torna a casa, figurarsi se doveva
essere indagato per doping! Se dal processo risulterà colpevole, nessuno in questa
casa saprà più che cos’è il ciclismo!”
“Caro stai calmo, questo è un momento molto delicato per tutti noi, non è il caso di
prendere decisioni affrettate, magari si è trattato solo di un malinteso.” Era stata la
mamma a parlare, aveva sempre appoggiato sia me che Uccio nelle nostre scelte
sportive, cosa che invece papà non ha mai fatto, lui disprezza tutto il mondo che
riguarda lo sport, preferisce la musica e si era rivelato molto deluso quando
nessuno di noi due aveva voluto cominciare a suonare uno strumento.
“Papà io non penso che Uccio si sia dopato veramente, lui non lo farebbe mai!”
“Tu Valerio devi stare zitto, queste sono cose da grandi, tu non devi fare niente, ce
la sbrigheremo io e tua madre”.
Arrabbiato, me ne andai dal salotto, entrai in camera mia e sbattei la porta, ero
furioso. Come poteva papà pensare certe cose di me? Insomma non ero più un
bambino, avevo undici anni!
Quella notte non riuscii a dormire, ero tormentato da tanti pensieri e tante domande
a cui non trovavo risposta.
Non ci potevo credere...come era possibile che il mio fantastico fratello avessecompiuto tale reato?
Il giorno seguente invitai Tobia e Bianca a casa mia per cercare di risollevarmi
l’umore e mentre ascoltavamo il servizio di un telegiornale sulle indagini che
riguardavano mio fratello, notai uno strano dettaglio: Maurice Leblanc, l’acerrimo
rivale di Uccio aveva appena svelato che la visita medica a sorpresa per Uccio era
alle 8.30 e che il commissario Cortesì responsabile delle indagini imbarazzato aveva
cercato di coprirlo dicendo: “Ehm…si infatti signor Leblanc è proprio questo che
aveva ehm…detto stamattina il medico”.
Capii subito che c’era qualcosa che non andava: infatti nessuno avrebbe dovuto
sapere l'orario dei controlli a sorpresa e lo feci notare ai miei amici.
“Ma no, l’avrà sicuramente detto il medico” dissero Bianca e Tobia: ”Sì infatti non
credo che si possano fare certe cose passando inosservati in un tour così
importante”.
“Questa faccenda non mi è chiara” ribattei “se entro dopodomani non si risolve
niente, vado io a Parigi a investigare”, e così feci.
Presi il primo aereo per Parigi insieme al nonno che come sempre mi appoggiava e
a Bianca e Tobia. Mentre eravamo in volo però fui assalito dai dubbi e mi ritrovai a
chiedermi: “Ma cosa sto facendo? Non riuscirò mai ad aiutare Uccio anzi magari lo
metterò nei guai.”
Fui così immerso in questi pensieri che non mi accorsi di essere atterrato e già in
hotel. Avvertii subito mio fratello della mia presenza e, dopo averlo informato sulle
mie supposizioni, lui si offrì di aiutarmi in qualsiasi cosa avessi bisogno.
La mattina dopo mi recai nell’albergo che ospitava tutti i ciclisti del Tour de France.
Ovviamente fui subito fermato dalla receptionist, ma con la scusa di essere il
fratello di Uccio riuscii a svignarmela nei corridoi.
Avevamo fatto un accordo: io scambiavo le vostre provette e tu in cambio mi avrestidato il 50% della vincita
Anche Bianca e Tobia furono di grande aiuto perché mentre uno distraeva la
signorina della reception, l’altro prendeva nota degli occupanti delle varie camere.
Iniziammo dal primo piano che con grande dispiacere trovammo deserto. “Forse si
stanno allenando per l’ultima tappa” pensai. Proseguimmo con il secondo e il terzo
piano in cui trovammo l’allenatore di un certo Mark Lebon ma purtroppo l’uomo non
sapeva niente di più di quello che già sapevamo.
Stavamo tornando a casa delusi, quando dietro l’angolo sentimmo delle urla, ci
affacciammo e vedemmo il commissario Cortesì furibondo che sbraitava contro
Leblanc: “Avevamo fatto un accordo: io scambiavo le vostre provette e tu in
cambio, in caso di vittoria, mi avresti dato il 50% della vincita. Ora non puoi venire
fuori dicendo che non riesci a darmi questa cifra. Non pensi che se qualcuno lo
scoprisse io sarei finito?” E Leblanc madido di sudore rispose: “Su si calmi e
abbassi la voce perché se qualcuno ci sentisse sarebbero guai e le ripeto che mi
dispiace,ma non posso darle quella cifra perché…” “Basta con tutte queste scuse!
E’ un ultimatum: o tu mi dai i soldi che avevamo concordato o io “casualmente”
arresterò anche te per doping. Sono stato chiaro?” e con questo se ne andò
lasciando basiti i ragazzi.
“Hai sentito Valerio?” mi sussurrò Bianca
“Vedete ragazzi che avevo ragione io? Ora però andiamocene altrimenti ci
scoprono.”
Arrivati a casa, raccontammo le nostre scoperte al nonno ma l’entusiasmo fu
smorzato perché ci disse: “E ora cosa avete intenzione di fare? Non vorrete andare
a minacciare il commissario, perché è ovvio che nessuno crederebbe a voi” ed io
risposi: “Sta tranquillo per adesso non faremo niente, però bisogna assolutamente
smascherare Leblanc e il commissario prima di martedì”.
Quindi ci recammo in un bar a festeggiare
Visto che non c’era tempo da perdere, nel pomeriggio andammo nel laboratorio in
cui era stato prelevato il sangue di ogni ciclista presente alla gara pur sapendo che
stavolta sarebbe stato molto più difficile entrare. Infatti aspettammo un bel po’ di
tempo prima di avere un colpo di fortuna: un’infermiera aveva lasciato un carrello
pieno di lenzuoli gettati alla rinfusa lì dentro. “Forza, cosa aspettiamo?” urlai e
inseguito dagli altri, mi tuffai dentro il carrello. Sgattaiolammo fuori non appena
l’infermiera andò a rifare i letti e con l’abilità di un ninja entrammo nel laboratorio.
Scrutammo in giro, controllammo in ogni angolo, ma della provetta di Uccio e di
Leblanc nemmeno l’ombra; mentre uscivamo però Bianca trovò nella scrivania due
fogli accartocciati, Tobia li prese, li guardò attentamente e mi disse: “Guarda Valerio
c’è scritto UCCIO ROSSI-NEGATIVO e MAURICE LEBLANC-POSITIVO.”
“Bingo!” urlai “Ora abbiamo tutte le prove dell’imbroglio, perché… uno di voi due
ha registrato tutta la conversazione che abbiamo spiato vero?” Tobia scattò: “Certo
cosa credi, non sono mica un incapace!” “Benissimo allora visto che abbiamo
terminato le indagini in anticipo, forse avremo il tempo di goderci Parigi per due
giorni”.
Informammo per primo Uccio che non smetteva di saltare dalla gioia e di
abbracciarci, poi il nonno che si disse molto fiero del suo nipotino. Quindi ci
recammo in un bar a festeggiare , terminammo la nostra merenda e andammo ad
assistere agli allenamenti di Uccio con la consapevolezza che né Leblanc né il
commissario l’avrebbero fatta franca perché avevamo in mano la prova che li
avrebbe incastrati.
L’allenamento durò un paio d’ore e quando tornammo a casa crollammo all’istante
ognuno nella propria camera.
La fatidica mattinata arrivò ed io ero un fascio di nervi perché da me dipendeva la
carriera di mio fratello ma in qualche modo anche la mia. Ci preparammo con calma,
arrivammo con largo anticipo per prendere posto nelle gradinate più vicine alla
pista e aspettammo. Subito arrivò verso di noi il commissario Cortesì con fare
minaccioso: “Chi ti credi di essere ragazzino? Non è un film questo e tu non sei
Sherlock Holmes! Ti credi un eroe per essere riuscito a entrare in un laboratorio
scientifico, farti un giro e passarla liscia?” continuò imperterrito “Lo sai che
esistono le telecamere di sorveglianza quindi se non vuoi finire nei guai, sarà
meglio che quello che hai scoperto, lo tieni per te.”
Se ne andò furioso e intanto iniziò la manifestazione. Mentre il presentatore
ringraziava gli sponsor e i vari tecnici, io insieme a Bianca e Tobia corremmo verso
di lui e gli rubai il microfono. Affannosamente urlai: “Il commissario Cortesì e il
signor Maurice Leblanc sono degli impostori, hanno fatto un accordo per eliminare
dalla gara mio fratello cioè Uccio Rossi in modo che Leblanc potesse vincere e
dividere i soldi con lui. Ho le prove, ecco ascoltate”. Così feci partire il video fatto
da Tobia che mai come in quel momento si era sentito utile. Il pubblico rimase
scioccato e proprio in quel momento fecero la loro comparsa i due uomini coinvolti
in questa faccenda che sbraitarono: “Sono solo tre ragazzini ficcanaso e poi
chiunque potrebbe fare questo con delle applicazioni. E’ ovvio che non ci sono
prove a sufficienza”; ma ecco che la mia risposta non si fece aspettare: “Ah si? Non
abbiamo prove? E questi fogli cosa sono? Li abbiamo trovati nel laboratorio, cosa
che le telecamere dimostreranno”. A quel punto il presentatore che fino ad allora
era rimasto in disparte disse: “Telecamere, inquadrate i fogli del ragazzo” poi dopo
un’attenta analisi annunciò: “In effetti questa sembra una prova schiacciante”
aggiunse rivolto ai medici presenti “ovviamente sospendiamo il commissario e
portate il signor Rossi e il signor Leblanc in laboratorio per le analisi.”
Ero troppo felice! Ero riuscito a scoprire la verità e questo mi rese molto orgoglioso
di me stesso. Sia io che Uccio avremmo continuato a gareggiare, papà era molto
fiero e questa era un’ulteriore vittoria. Nel pomeriggio scoprimmo che sia il
commissario, sia Leblanc erano stati arrestati, così molto allegramente prendemmo
l’aereo per tornare a casa.
Qui venimmo accolti come degli eroi sia a scuola che in paese.
Insomma, per tutti ci fu il lieto fine tranne che per Maurice Leblanc che avrebbe
dovuto sopportare le urla del commissario ancora per molto tempo.