Un passante irrompe - di Andrea Sesta

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  • 7/28/2019 Un passante irrompe - di Andrea Sesta

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    QUELLO CHE RESTAANTOLOGIA DI RACCONTI

    PREFAZIONE DI ANTONIO SCURATI

    ARCIPELAGO EDIZIONI

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    Quello che restaAntologiA di rAcconti

    a cura di

    MIChele DANesI

    e

    ANDReA sesTA

    Introduzione di

    ANTONIO sCuRATI

    Postfazione di

    PAOlO GIOVANNeTTI

    Milano

    2010

    GIOVANI SCRITTORI Iulm

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    Per la presente edizione 2010 Arcipelago edizioni

    Via Carlo DAdda 2120143 Milano

    [email protected]

    Prima edizione febbraio 2010

    ISBN 978-88-7695-422-1

    Ha colloaborato alla cura editoriale Diego Dotari

    Ristampe:

    7 6 5 4 3 2 1 02015 2014 2013 2012 2011 2010

    vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa lafotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

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    Quello che resta

    Prefazione di Antonio ScurAti . . . . . . . . . . . . . 7

    AndreA SeStA

    Un passante irrompe con il clamore dellistante

    nei pensieri di uno sconosciuto . . . . . . . . . . . . . 13

    Michele dAneSi

    Due grandi linee curve . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

    MdS

    Il monte opaco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

    SAlinoch

    Cos'hanno da guardare . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

    MAttiAconti

    Palme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89

    MonicA FerrAzzi

    Potevamo correre il rischio di essere felici . . . . . 107

    dAnilo PotenzA

    Genio Proibito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111

    chiArAdAFFini

    Chi ha paura di Arlecchino? . . . . . . . . . . . . . . . 139

    diego dotAri

    Segnato sulla pelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161

    VAlentinAneri

    Bitterness . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175

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    lindAAVolio

    Galeotto fu il pigiama

    e chi lo espose in vetrina . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185

    giulio tellArini

    scar|(la chimera) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195

    dAnielcriStiAn tegA

    Ceneri innocenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217

    giuSePPe MArAzzottA

    Clessidramente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 241

    MArco roMAni

    Sole grigio niente peggio . . . . . . . . . . . . . . . . . 261

    Postfazione di PAolo gioVAnnetti . . . . . . . . . . 267

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    Prefazione

    Questi scrivono come se fossero gli ultimi uomini adoverlo fare.

    A quanto pare, cos Goethe avrebbe commentatolapparizione delle prime opere di quei giovani che in

    seguito avremmo appreso a definire romantici. Alnetto di un po di sgomento, e anche di una buona dosedi dispetto o, forse, proprio grazie a quella sua scon-certata irritazione anche in questo caso il genio diGoethe aveva colto nel segno: al principio del XIX seco-lo, i giovani romantici esordivano nella letteratura conlirruenza degli ultimi. La loro scrittura, metodicamente

    sempre prossima al punto di fusione, stava alla tradizio-ne della letteratura come la fine del mondo sta al mondo.Non la ignorava, questo no. Al contrario, se la caricavatutta sulle spalle per saltare con quel pesante fardellonellabisso. La usava come un combustibile fossile peralimentare la lingua di fiamma della deflagrazione fina-le.

    Da Hegel in avanti, il soggetto moderno postodinanzi al compito di comprendere il proprio tempo conil concetto. Benissimo. Ma lemergere della coscienzastorica avrebbe dovuto significare la possibilit, e anchela condanna, a doversi appropriare criticamente del pre-sente, e dunque a poter attingere la propria norma da sestessi, senza obbligo di confidare n di soggiacere

    allautorit della tradizione. Testa alta e sguardo apertoal futuro. Salvo che, una volta uscita dallamnio avvol-gente della tradizione, lumanit incontra il proprio futu-ro su di un versante abissale. Oltranza. Questa mi sem-

    bra la parola pi giusta per battezzare la mossa inaudita

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    con cui i romantici aprirono la fase contemporanea dellascrittura letteraria moderna, la mossa di chi, bruciata

    lintera flotta alle spalle, avanza alla cieca nel fitto dellaboscaglia, aprendosi la via con furibondi colpi dimachete e attendendosi sempre, con il fiato grosso, daun momento allaltro, di sentirsi mancare la terra sotto i

    piedi, inghiottita dal crepaccio.A cominciare da quel momento, almeno otto genera-

    zioni hanno esordito nella letteratura come se dovessero

    essere le ultime a farlo. Per due secoli circa, si fatto let-teratura in questo modo ultraraffinato e selvaggio: siscriveva come se ci si stesse sporgendo su di un abisso.E, purtroppo, nel corso del XX secolo, a pi duna diquelle generazioni labisso ha poi restituito lo sguardo.

    In seguito, verso la fine del 900, qualcosa cambia-to. Molto, a dire il vero, cambiato. Londa di piena rifluita. Si cominciato a scrivere come se il crepaccionon lo si avesse pi dinanzi ma didietro, non pi di fron-te ma alle spalle. La nuova generazione di scrittori cheha mosso i suoi primi passi al giro del secolo e del mil-lennio, ha avanzato con lincedere del camminatore daaltopiano: il paesaggio arido, il mare lontano, laria rarefatta, c ancora un sacco di strada da fare e, soprat-tutto, alle spalle la frattura che taglia per chilometrinella roccia una forra profonda. Tutto il passato sepol-to in quel canyon.

    Ancora quando cominciai a scrivere io, ventanni faa scrivere intendo, non a pubblicare, perch allora i duemomenti erano ancora statutariamente disgiunti avevoaddosso la febbre di chi sente di non poter mettere pennain carta prima di aver letto tutti i libri del mondo. E non

    per umilt. Semmai per arroganza, per tracotanza. Peroltranza. S, questa la parola giusta. Oltranza. Io, ven-tenne tardo romantico, dovevo aver letto tutti i libri delmondo prima di poter scrivere il mio, perch il miosarebbe stato lultimo di essi. Il mio sarebbe stato la loro

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    tomba. Mi accingevo alla scrittura letteraria con lasolennit di una sepoltura.

    I miei romanzi hanno poi, per, visto la luce a cosefatte, quando ogni rito funebre era gi stato officiato,ogni passione apocalittica spenta. La palingenesi venuta con tutta naturalezza, senza far rumore e, a voleressere onesti, anche un po sottotono. Una mattina ci si svegliati, si bevuto un caff doppio e si ricomincia-to. Come se nulla fosse. Loltranza sfumata in unardi-

    mentosa ignoranza. E sia detto senza la bench minimadeprecazione. Personalmente, auguro ogni bene a questanuova audacia.

    Oggi, quando si scrive da giovani, lo si fa a valle diuna indubbia interruzione nella tradizione. Il crepaccio,lo si gi detto, da qualche parte dietro di noi. Ognidialettica stata dismessa tra tradizione e innovazio-ne, tra sperimentazione e conservazione, tra alto e basso,tra scuola e strada , si ricomincia perci ogni voltadalla prima infanzia. La giovinezza, somma invenzioneromantica, ha del resto cessato di essere una categoriadello spirito per diventare una strategia di marketing.Perfino in Italia, al principio del nuovo millennio, lin-dustria culturale ha trovato nei giovani la propria stella

    polare. Non nei giovani lettori, si badi bene, bens neigiovani scrittori. Siamo di fronte a un panorama tuttofatto di esordienti rivolti a una platea di coetanei che

    per non leggono. unaltra faccia di quella loquacit dimassa che impera sui blog di internet come sulle ribaltedei talk show televisivi.

    Insomma, oggi molti dei nuovi aspiranti scrittori nonscrivono pi come se fossero gli ultimi uomini a dover-lo fare ma come se fossero i primi.

    Se ne avranno parecchie testimonianze in questa stes-sa antologia. Nessun disprezzo lecito da parte dei pivecchi ammesso che si voglia rimanere al passo con itempi, quandanche fosse la loro una marcia recessiva.

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    Soprattutto, per, nessun disprezzo lecito se si vuolerimanere al passo con la propria giovanile oltranza.

    S, vero, c indubbiamente un marcato tratto neo-barbarico in tutto questo. Ma c anche linfa. Vitalitcruda e verde. Sangue ben ossigenato. Forza biologica.E facciamo allora i nostri migliori auguri. Con ci cheverosimilmente li attende, ne avranno bisogno questiragazzi qui agli esordi. Dei nostri auguri e, soprattutto,di quella loro forza.

    Antonio Scurati

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    Quello che resta

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    Andrea Sesta

    Un passante irrompe

    con il clamore dellistantenei pensieri di uno sconosciuto

    Certe volte, di notte, mentre la maggior parte dellepersone dorme, quelli che sono svegli hanno uninfinitdi storie da raccontare, e infinite storie pendono sulle loroteste, come altrettante sentenze.

    Imprevedibili pieghe del caso scontrano fanatici ed

    eretici, e mentre un sognatore scorge in lontananza unapiccola serenit, c chi gode di tutto quello che suc-cesso. Gode di quello che non pi. Di quello che resta.

    Ho appena finito il turno notturno, il letto era como-dissimo e pronto ad aspettarmi. Cos timbro, mi vesto e,acceso lo scooter, mi dirigo verso casa. Gi era tutto

    pronto, chiaro, prestabilito. Nulla poteva andare storto,non sono Ulisse, i miei viaggi durano il tempo della per-correnza.

    Ma questa tranquillit che alla lunga diventata mal-sana. C qualcosa di lugubre nella monotonia assordanteche martella le strade ubriache che mi portano a casa.

    Nessuno e niente di niente, mai. La notte non era tran-quilla, era l l per essere sepolta. Morta.

    Quelle rare volte che vedevo qualcuno passeggiare dauna parte allaltra, mi sembrava sempre una pedina, o me-glio unequazione, prevista e prevedibile come tutto ilresto. Ma le cose cambiano.

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    Adesso sono seduto sul mio scooter, e sto tornando acasa. Inizio a vedere del buio, anche se non so se pro-

    prio questo il termine giusto. I lampioni che non funzio-nano, in quella strada, n le insegne luminose. C solo lastrada, coperta dalla notte.

    Non ho ben presente cosa prescriva il codice dellastrada per queste situazioni, per mi venuto istintivo ac-cendere gli abbaglianti, cos da vedere il pi lontano pos-sibile. Nessuno, nel buio.

    Cos ci passo dentro e, voltata una curva, inizio a ve-dere che da l in poi lilluminazione funziona. Che bruttoche stato passare dentro quella zona, penso. Il quartiereera un posto tranquillo, e ci passavo, per quella strada,

    praticamente tutti i giorni. Ma mi ha messo a disagio.Finalmente fuori, ma non sono pi solo: c un ra-

    gazzo, che cammina in direzione opposta alla mia. Cam-mina con le mani in tasca, nel silenzio profondo di chista ascoltando il proprio respiro, con il passo spedito dichi ha fretta di arrivare dove sta andando.

    Un sorriso dolce e generoso gli appare lieto sul viso,alza la testa, forse perch ha sentito il rumore del mioscooter, e, per una strana coincidenza, ci siamo guardatinegli occhi.

    Fatto.

    Ora tutto evidente, cristallino, immacolato. E non sa-prei dirvi se se n accorto, ma a me sembra di conoscerlomeglio di me stesso, quel ragazzo, Fabio.

    Questo quello che gli passava per la testa

    Qualche ora prima era il compleanno di Massimo, unsuo amico, che ha una bella casa sulle colline fuori citt,dalla quale si vede tutta la citt, quando non c foschia.Massimo aveva deciso di festeggiare oggi, offrendo da

    bere, e ognuno avrebbe portato qualcosa da mangiare. Il

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    QUELLO CHE RESTA

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    gioco era semplice, bastava un minimo di coordinazione,in modo tale che non si portassero salsicce e basta. Fabio

    aveva portato delle cosce di pollo da arrostire alla grigliae che non richiedono tante attenzioni.Fabio non conosceva molti degli invitati alla festa di

    Massimo, anzi a dirla tutta non conosceva nessuno, ma ilbel posto, siccome era grande, permetteva di allargarelinvito ad amici meno amici, e ad amici di amici. Giusto

    per far numero, diciamo. Massimo e Fabio si erano co-

    nosciuti lestate prima, visto che entrambi hanno lavo-rato nello stesso pub in centro.Fra le ragazze presenti alla festa, ce nera una che ha

    colpito in modo particolare lattenzione di Fabio. Avevaaddosso uno di quei vestitini estivi che di solito usano leturiste inglesi, fresco, leggero, sembrava seta, di coloreazzurro. Portava un reggiseno bianco, spuntavano le spal-line. Aveva i capelli spettinati, mossi quasi ricci, biondi,con alcune ciocche che sembrava volessero scappare via.La pelle era chiara, come se per lei lestate non fosse an-cora cominciata, il rossetto era un velo. Si sono presen-tati giusto il tempo per dimenticarsi luno i nomidellaltra.

    Ok, la festa andava avanti, cera da bere e da man-giare. Poi il sole ha iniziato a tramontare. La grigliata erala sera, questo non lho detto prima.

    Capita, alle volte, di ritrovarsi in un posto senza che siabbia realmente chiaro il motivo per il quale ci si ritroval. cos per le feste, cos per il resto. Fabio stava pen-sando qualcosa di simile. Gli altri amici di Massimo, deiquali ora non si ricorda che un nome, parlavano fra diloro, del pi e del meno. Ma c modo e modo di parlaredel pi e del meno.

    Non proprio regole regole, ovvio, ma un certo un-derstatement che se il gruppo ben oliato riesce a saliredi livello, altrimenti si finisce in un gioco di ruoli. Il sim-

    patico, lo scemo, la ragazza intelligente, il buddista,

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    ANDREA SESTA UN PASSANTE IRROMPE

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    quello che ha provato lo yoga, uno che ha dei seri dubbisu tutto, uno che la sa pi lunga degli altri in fatto di re-

    ligione, di politica, di corse dei cavalli, di macchine; cchi potrebbe parlarti per unora di come ha imparato acucinare dopo mille tentativi, chi continua da ore a fin-gere di bere dalla stessa bottiglia, chi pensa che in fondoBush non aveva tutti i torti, chi, stando ad una versionetutta sua del senso comune, riconosce lutilit della Lega

    Nord, chi contrario allassistenzialismo, chi cita Brecht,

    chi cita Che Guevara, chi cita Moretti, quelli che non vo-tano e quelli che alla fin fine non hanno capito di cosa sistava parlando, allora dicono qualcosa a sproposito, ma-gari si ride, si perde il filo e si ri-inizia un altro discorso.

    Fabio aveva davanti una situazione simile.Voci: Alla mattina mi faccio una doccia fredda. Mi

    sveglia completamente e mi asciugo. S, anchio, poi leggo una rivista o qualcosa del ge-

    nere. E sono pronto per la giornata. Ma dove lo trovi il tempo per leggere, non sei di corsa? Preferisco svegliarmi cinque minuti prima. la penso come te, io faccio una doccia fredda ma

    non mi asciugo. Mi lascio asciugare le goccioline ad-dosso

    Qualche volta mi faccio un bagno bollente, cos bol-lente che ci devo entrare un poco alla volta in vasca.

    Poi Luca si alz e gli fece vedere come entrava nellavasca.

    Mi sono anche comprato uno di quei termometri permisurare la temperatura dellacqua, non si sa mai.

    Fabio non sapeva se ridere o schiacciare il tasto stop.Discorsi vuoti, al limite del tragico, vuoti come la Gaz-zetta dello sport a luglio, e di gran lunga meno interes-santi. Parlavano di comerano andati a fare la spesa ilgiorno prima, ma sembrava avessero dovuto scalare unamontagna.

    E per poco non mi tirano sotto.

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    QUELLO CHE RESTA

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    Oh, non per dire, ma se non stai sempre con gliocchi aperti

    S, un attimo. Annuivano.La ragazza che stava per essere investita il giornoprima, Erika, butta l un argomento: Ho fatto una torta,per ci sono delle uova, non che c qualche vegetariano?

    Ammesso che proprio non ci siano quelli l fa uno. ...i vegani finisce Fabio, provando a inserirsi, per

    non essere uno spettatore che non pu cambiare canale.

    Non mangiano nulla che faccia ombra. In pochi ri-conoscono la citazione, ma ridono. Le uova non fanno ombra, in realt. Beh, un po la fanno. Non le userei al posto del-

    lombrellone, ma la fanno, dai. Che poi hanno una filosofia che non riesco bene a

    capire. Non mangiano carne, pesce, uova, latte e laglio!Sgomento fra i commensali: Laglio? urla un tipo

    dalla sala da pranzo. S, laglio! E qualcosaltro. Mi sa che hai conosciuto un vampiro fuori dal co-

    mune. Risate generali. Che poi la verdura, non che meno viva degli ani-

    mali. che non scappa. No, spiega Erica: la mela, se non la cogli cade Ah, s, quel ragionamento l. Linsalata invece, la tagli Per chi non avesse ca-

    pito lantifona.Un altro: anche con gli animali. Cio se vedo un

    cavallo, dico che bello! non che buono!, non vedodelle bistecche, dico che bello.

    C gente che quando vede la mucca la vede gi intavola. S.

    Se invece fossi in un altro posto, io mangerei gli in-setti, ma perch li odio. Capisci? dice Fabio.

    S, anchio li odio. Oh bene ha pensato. Parla laloro lingua, insomma.

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    ANDREA SESTA UN PASSANTE IRROMPE

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    Api, cavallette, scarafaggi, zanzare S, tutto, tutto.

    A parte le mosche. No, no, anche le mosche.Si continua parlando delle propriet nutritive degli in-

    setti, pieni di carboidrati, secondo alcuni, o di proteinesecondo altri.

    E poi quando schiaccio una cosa, deve uscire delrosso. Non del giallo o del verde.

    Ah, ah, ah.Intanto aveva tirato fuori la torta, un semifreddo. Buo-nissimo. Peccato che fosse stato infilato nel congelatore,quindi serviva un po dattesa, il caldo doveva fare la sua

    parte nella commedia. Pazienza, era molto buona. Eranotutti daccordo.

    Non mi ricordo neanche lultima volta che non eroa dieta.

    Oh, io dico che lo sono e poi faccio delle eccezioni. Prendila cos: dire sono in dieta, come dire sono

    in cucina, poi esci, vai in sala e dici ora sono in sala,e non pi in cucina, ma ci puoi rientrare subito, vogliodire.

    Che sono quelli che ti fregano, i fuoripastoe gettialle ortiche i sacrifici di una settimana. Le ragazze eranotutte daccordo.

    E la letteratura. Tutti si sentivano in dovere di citarefrasi a caso di libri letti sotto lombrellone, o sfogliati in

    biblioteca, o su Wikipedia. Io amo David Foster Wallace! fa un tipo che asso-

    miglia a Michael J. Fox. S, per me insuperabile. Avete presente cosa signi-

    fichi scrivereInfinite Jest? Tra laltro sapete da dove de-riva il titolo?

    SA quel punto stanno tutti un po in silenzio, quasi

    aspettando che qualcuno commettesse un errore, prontis-

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    QUELLO CHE RESTA

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    simi a correggerlo. Per fortuna la situazione si risolve conun icastico Comunque insuperabile!

    Fabio si permette di ribattere: Se morto, sicura-mente superabile. Un po cinico, se ne rendeva contoanche lui, ma o diceva quello o sbadigliava rumorosa-mente.

    Oh, anche Dante morto Joe Dante? E tutti gi a ridere. Ma dai, stai scherzando? Come fa a non piacerti?

    Mi dispiace darti questa notizia, ma ci sono un saccodi cose che non mi piacciono. Ma se ti pu consolare, mipiace la boxe.

    Mi sembra tanto uno sport crudele. E dicendo que-sto, quel tizio rivelava tutta la sua natura da animale daconversazione.

    Tutto crudele, quando si perde risponde Fabio,che forse ha colpito nel segno.

    Ad ogni modo, quello era il trend. La conversazione sispost sul cinema e sulle serie televisive. Tutti adoravanoil cinema e le serie televisive.

    Quando Fabio si alz dal tavolo, gli altri continuaronoa parlare per almeno due ore, non stop. E tra una cosa elaltra era gi mezzanotte.

    Vado a prendere un po daria, a dopo.Salut Fabio. Continuarono a parlare dei loro blabl.

    Ma in fondo Fabio notava della poesia anche in quello.Fabio non ha la mania di voler sempre cavare qualcheragno da qualche buco, e quelle chiacchiere senza capon coda potevano essere considerate come una jam ses-sion, in un certo senso. Alla lunga per lavevano stufato.

    Laria iniziava a rinfrescarsi, un venticello provviden-ziale cacciava il caldo. Fuori, vicino a degli scalini che

    portavano alla terrazza, cera Irene. Seduta. Ciao Non ti ricordi come mi chiamo, eh? S Ilaria, no?

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    ANDREA SESTA UN PASSANTE IRROMPE

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    Irene. Irene, giusto. E io?

    Tu non sei mica Paolo? FabioRifatte le presentazioni, Fabio invit Irene a salire

    sopra, sulla terrazza, cos per guardare il panorama in-sieme, niente secondi intenti, davvero. O meglio, non cheFabio non ci avesse pensato, Irene una bella ragazza,ma sapeva che lui non ci avrebbe provato. Ha riflettuto su

    questo mentre saliva il primo scalino.Si ritrovano l davanti alla citt. Le luci della citt sistavano spegnendo un po alla volta, come tanti occhi chesi chiudono. Domani li attendeva unaltra dura giornata disudore, peccati e preghiere.

    Sono tuoi amici quelli qua sotto? No. Cio, li conosco, sono venuti altre volte, sono

    amici di Massimo, mentre io sono sua cugina.I due iniziano a parlare di quello che fanno nella vita,

    lei studia fisioterapia, lui lingue straniere, ma intanto la-vora in una piccola casa editrice, dove aveva fatto unostage lanno prima. Hanno anche scoperto di avere unamico in comune, oltre a Massimo.

    Piccolo il mondo. Non se hai intenzione di iniziare a pagare un

    mutuo. Grazie Woody Allen disse fra s e s Fabio. Studiare fisioterapia strano dice Fabio perch

    alla fine come riconoscere che il corpo, da solo, non cela fa a guarire.

    Non devi vederla cos. E come, allora? Diciamo che diamo una mano al corpo a guarire nel

    modo corretto. Da solo non ce la fa, forse hai ragione.Vedila come un aiuto esterno, sai, lesperienza e tuttequelle cose l.

    Come se lesperienza insegnasse qualcosa di pi pro-fondo del ritrarre una mano davanti al fuoco, ma sono

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    QUELLO CHE RESTA

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    solo pensieri di Fabio. Pensa che siamo fatti cos, e cpoco da fare, che facciamo errori in continuazione, e con

    le proprie forze non si arriva da nessuna parte. In fondo ifisioterapisti dimostrano proprio questo. Da soli non siguarisce, serve qualcuno che ti guidi. cos per il corpo, cos per lo spirito, secondo Fabio. Cos un sorriso, do-vuto a questa piccola lucciola che ha catturato dentro lalanterna della mente, appare sulla sua faccia un postanca.

    Hai uno sguardo strano. Come se questo momento tistesse mettendo allegria. Provo ad avere lo sguardo compiaciuto di chi, con la

    pancia piena, guarda il piatto vuoto, capisci?Questa frase Fabio laveva scritta come stato di Face-

    book qualche settimana prima, e non vedeva lora di uti-lizzarla in un discorso a quattrocchi.

    Prova a spiegarti meglio! E aveva ragione Irene achiedergli spiegazioni, dato che quella frase poteva ancherisparmiarsela. Ma se ne tira sempre fuori, da questi gio-chi di parole, Fabio.

    Non so se li hai sentiti quelli l, si siedono attorno adun tavolo, fumano sigarette fatte a mano, guardano unlibro, e si chiedono, insieme a Bret Easton Ellis, se ChuckPalahniuk si possa considerare il DeLillo della nostra ge-nerazione. Poi parlano dei film di Lynch, amano parlaredi quanto amino Corman, di come fosse un vero artista.Vedi, a me piacciono i film con Steven Seagal, e lultimolibro che ho letto di Bukowski. Loro sanno tutto, di tuttodi tutti. Poi, girano langolo, e se gli si ferma la macchina,non sanno pi tornare a casa. Io non sono certo un mec-canico, ma se la moto mi lascia l per strada, ehi!, quat-tro passi non mi uccideranno.

    Capisco cosa intendi.Pericolo scampato, Fabio aveva fatto bella figura.

    Tu, invece, sei pensosa come chi sta per raccontarmiqualcosa di personale.

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    ANDREA SESTA UN PASSANTE IRROMPE

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    A quel punto un sorrisetto imbarazzato appare, grazieal movimento delle labbra e degli occhi di Irene.

    Cosa vuoi che ti dica? Almeno un nome Giovanni, ma tutti lo chiamiamo Giovin. Come mai? Hai lettoA pranzo con le Amazzoni di Nick Kuster? Chi? Allora non capiresti.

    Vabb lasciamo stare. Andiamo avanti.C poco da fare, pensa Fabio, dovrebbe leggere dipi.

    E cos Irene e Fabio passano almeno unora tentandodi trovare un capo di quel filo che probabilmente avrebbetratto fuori Irene dal labirinto in cui si era persa da qual-che settimana. Peccato che un filo non ci fosse, e Fabiolo sapeva. Ma ci si deve sbattere la testa, alle volte.

    che troppo spesso mi chiedo dove sia finita la pas-sione.

    Hai controllato nei calzini sporchi? Quando perdoqualcosa la trovo l.

    Un altro sorriso: sereno come chi si addormenta tran-quillo.

    Parlano ancora un po. Ti mai capitato di guardare fuori dalla finestra e

    non vedere niente? impossibile non vedere niente. Vabb. Niente che valga la pena di stare l e

    direok, aspetta. Il panorama, ok, bello, siamo qui e civa di guardarlo, emozioni e tutto il resto

    arriva al punto, Fabio. Sto provando a dirti che alla fine quello che conta non

    solo il momento che stai vivendo. Ma anche come ti sen-tirai e quello che hai provato. Cosa ti ricordi dei momentiche chiami felici? Cosa stavi facendo di preciso? Non tanto quello che vivi, forse, ma quello che resta, no?

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    QUELLO CHE RESTA

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    Rimase ancora in silenzio. E come la cambio sta situazione, scusa? chiese

    Irene, quasi arrabbiata. Fa qualcosa. Il punto che se non ti viene in menteniente, allora quel niente gi qualcosa. Sta a te, capi-sci? Ti fanno innervosire le sue scenate? Diglielo. Conti-nua? Caccialo via, non rispondergli. Lascialo.

    E poi? E poi da capo, con qualcun altro, con quello giusto,

    sta volta.Silenzio. Il panorama li sovrastava. Ma cosa centrava quello che mi hai detto con la sto-

    ria del guardare fuori dalla finestra. Stavo prendendo il discorso da lontano, lascia stare.Sentirono delle risate al piano di sotto. Ma Fabio non

    le invidiava affatto quelle risate. Forse aveva dato un con-siglio giusto a una ragazza conosciuta qualche ora prima.Guardarono ancora un po il panorama. Forse qualcunaltro avrebbe approfittato delloccasione, forse anchioavrei approfittato delloccasione. Fabio, che pure ha pen-sato alleventualit, stato impassibile, sotto quel puntodi vista. In silenzio si godevano quello che vedevano:lora di cena era passata e per un mucchio di famigliequesto significava essere davanti ai televisori, altri eranogi a letto.

    Erano ancora in silenzio quando arriv Giovanni. Cosa ci fai qua? Quattro chiacchiere con Fabio.Rivolta verso Fabio e muovendo la testa verso Gio-

    vanni: Fabio, Giovin. Giovin, Fabio.In coro: Piacere.

    Non era un piacere per nessuno, peccato! Si fatto tardi, domani lavoro. dice Giovanni.Proprio un tipo affettuoso pens Fabio.Era Irene che guidava, visto che Giovin non aveva in-

    tenzione di stare a preoccuparsi per i limiti sempre pi

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    ANDREA SESTA UN PASSANTE IRROMPE

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    severi, n dei punti della patente. A lui la macchina gliserve per andare a lavoro.

    Ok, dai, il tempo di salutare gli altri. Cinque minuti. Guarda che ti cronometriamo! dice Fabio scher-

    zando. Giovin non capisce. Giovin, secondo Fabio, era iltipo di persona che sembrava non capire molte cose. Maavr avuto anche delle qualit, probabilmente.

    Cos un fugace saluto sotto lo sguardo di Giovanni ter-minava una conversazione che avrebbe dovuto prose-guire, secondo me. Anche quei silenzi erano utili. Ma eraun altro il vero motivo per il quale Fabio stava sorri-dendo, mentre ci siamo visti negli occhi, mentre passavoin scooter.

    Andata via Irene, Fabio tornato a parlare con gli altri,che nel frattempo avevano iniziato a giocare a carte. Hafatto una partita, giusto per essere di compagnia, ma siera fatto tardi anche per lui. Visto che lui, il giorno dopo,doveva andare al lavoro. Erano le tre di notte quando hainiziato a salutare tutti. Ringrazia Massimo per lospita-lit, gli chiede se pu fare qualcosa:

    Ci dobbiamo sentire, magari una sera ci facciamouna birretta insieme, ok?

    Oh, s!Ai convenevoli si aggiungevano altri convenevoli.Allora Fabio salito sulla sua moto, una Honda Tran-

    salp del 99, ma ancora in buone condizioni. Era un affa-rone, per quello che lha pagata. Ma ad un certo punto si fermata per strada, mentre tornava a casa.

    Non poteva essere la benzina, aveva il serbatoiomezzo pieno. Subito ripensa a quello che prima diceva aIrene Cose che capitano, lascia la moto al lato dellastrada, vicino ad un condominio, si segna la via e il nu-mero civico sul cellulare.

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    QUELLO CHE RESTA

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    La mente corre verso Irene, e si mette a fantasticaresu quello che sta facendo. Forse non successo niente,

    forse no, invece. Giovanni pu essere che si sia innervo-sito, a vederci insieme, pensa Fabio. Non riuscito a ta-cere, doveva dirglielo:

    Irene, avr detto ci sei andata a letto, con Fabio,no?

    Cosa diavolo dici? Se eravamo fuori Prima, alla festa, da sola. Sarete stati due ore a parlare.

    Non ho voglia di stare a sentire vaccate del genere! Beh vero, te lo sei fatto. Non ci casco, sai! Senti, se non la pianti ti sbatto fuori dalla macchina. Te lo sei fatto, eh?!? Sei imbarazzata quando fai cos.

    Menti, si vede!Irene accosta la macchina al lato della strada, vicino ad

    un albero. Gli fa segno di aprire la portiera. Scendi!La macchina si allontana dagli occhi di Giovanni, che

    incomincia ad incamminarsi verso dove crede che do-vrebbe andare. Allora continua a camminare per parec-chio tempo, poi una macchina, la Seat Toledo di Irene,gli si ferma di fianco. Irene apre la portiera.

    Sali, scemo.Sale. Poi continua: Mi raccomando: non una parola.In quel momento, sulla faccia di Giovin, un sorriso pa-

    cifico gli allargava le guance e sembrava risolvere tutta lasituazione. Poi Giovin smette di sorridere, la guarda:

    Te lo sei fatto, te lo si legge in faccia. Oh! rendendo lunghissima e acuta quella o.Irene accosta ancora la macchina a bordo della strada:

    Scendi! Conosco la strada, grazie. Quel sorriso dolce e ge-

    neroso era diventato un ghigno sarcastico. Si guard at-torno, ed era in un posto che conosceva. Da l, mezzoraa piedi e sarebbe riuscito a tornare a casa.

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    ANDREA SESTA UN PASSANTE IRROMPE

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    Questo spiega perch Fabio sta sorridendo mentre miguarda negli occhi. Io non lo so, ma non credo che Fabio

    sia uno di quelli che cerca la morale alla fine della storia.Le storie vanno come devono andare, pensa.Alcuni diranno che era una smorfia, per i miei abba-

    glianti. Ma Fabio e io sappiamo che in realt tutto quelloche lo rende cos sereno una tranquilla idea di perfe-zione che sfugge a chi sta a preoccuparsi del percorso,del buio, di tutto il resto.

    C gente come Fabio, in giro. Che sorride mentre staper entrare nel buio, che intuisce delle piccole rivelazionisulle trame segrete che generano, con movimenti imper-cettibili, la realt. C veramente qualcosa di sopranna-turale nella sua serafica allegria, i suoi occhi hanno

    parlato agilmente, erano scaltri come un bambino che hacapito dove i genitori nascondono i regali di Natale. Per-ch lui il suo regalo se lo sta gi godendo, e ce lavremmoanche noi quel sorriso, se ci godessimo la vita come lui,

    penso.

    Questo quello che successo a Fabio. Questo eraquello che stava pensando Fabio, mentre lho visto pas-sare. Mentre stava per entrare in quella zona non illumi-nata. Ma era tranquillo, suppongo. E andr a lettotranquillo anchio sapendo che in giro c gente comeFabio. Che ha consigli da dare a degli sconosciuti. Ed

    per questo che il buio non lo impaurisce.

    Credete quello che vi pare, io far lo stesso. Eccotutto.

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    Postfazione

    di Paolo Giovannetti

    Come a ttti noto, teoizzae si giovani molto fa-cile. Tanto pi qando si tatta di scittoi, di giovani chesi accontano con la letteata e che magai estitisconodi s nimmagine non assicante. E se il ventesimo stato il secolo dei giovani in qantopromessa di fto,altimenti detta topia, veosimile cedee che il vent-

    nesimo magai n ventnesimo lngo cominciato natentina danni fa costitisca il peiodo in ci lesseegiovani sopatttto n brand, contaddistinge n po-dotto, ne costitisce la pi sica connotazione o isotopiache sia, popiziandone le vit commeciali.

    A qesto agionamento lo scivente stato indottoanche dalla letta del ecentissimo (a stampa nel no-

    vembe 2009)Emmaus di Alessando Baicco. Ennesimasa opea alla maniea di (se veo che la tadizioneitaliana, da Tommaseo in poi, abbonda di voci cattolicheeotomani), mette a foco il nesso santit-peccato pesson gppo di sedici- diciottenni eligiosissimi, destinati aessee iimediabilmente segnati da qella dannazioneche la vita. E che cosa meglio compendia la vita se non

    lespeienza destabilizzante del sesso? Qi, il desideio in modo non molto geniale emblematizzato da nafiga difille fatalepevedibilmente maledetta. Che Ba-icco abbia volto scivee n acconto geneazionale delgenee - e poco impota che, tecnicamente, ci sia iscito

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    benissimo - lascia peplessi. Nondimeno, lopeazioneappae confome al bisogno di giffae il podotto con

    na ceta fisionomia di giovane, indagato, analizzato,sociologizzato nelle se caatteistiche pbbliche e pi-vate. Daltonde (ma n discoso davveo toppo lngo

    pe essee affontato nel modo gisto, oa), locchio chegada dice molto anche e sopatttto di se stesso: ed fin toppo chiao che tanto accontae i giovani sopat-ttto natobiogafia del soggetto adlto, na diagnosi

    peteintenzionale delle se incetezze, delle se paeveso laltro.Ecco. Il lettoe della teza antologia di Giovani scit-

    toi Ilm (coodinata da chi scive e ealizzata insiemecon i bavissimi Michele Danesi e Andea Sesta) povimagai a fa tesoo di qesta pemessa: e si sfozi di noncostie, di non genealizzae nimmagine di giovane.La lasci sllo sfondo, anzi se la dimentichi del ttto, al-meno pe n attimo. E se popio na qalche sintesicomplessiva vol definie, gli popoei sommessamentedi confontasi con unimmagine di letteratura, di tadi-zione, di codici e modelli, temi e contenti vivi, passionied emozioni vaiamente negate e vaiamente affemate.Da pa so, del esto, Antonio Scati popio s tale tema intevento nella sa bella pefazione: lanalisi genea-zionale da li svolta descive sopatttto n appoto conla scitta, pima che n appoto con la vita.

    In gioco, daltonde, c qalcosa di decisivo s ci ilsenso comne detiene molte (toppe) idee, ma che ceta-mente potebbe essee visto in modo non banale. In-somma: pech giovani che non hanno letto abbastanzaclassici scivono cos tanto? ha senso egesi a scittoisenza essee stati, pima, lettoi foti, senza essesi dedi-cati a no stdio letteaio convenzionale? gisto asse-condae n desideio di ceativit che talvolta pappaie velleitaio?

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    QUELLO CHE RESTA

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    Il sottoscitto isponde a qeste domande sopattttocon na convinzione di tipo didattico, fondata ta lalto s

    alcne pagine di n vecchio libo di tal Siegfied Johan-nes Schmidt (La comunicazione letteraria, Il saggiatoe,1983). Vale a die che qanto pomposamente chiamiamostdio del sistema o campo letteaio oggi implica neces-saiamente patiche come qelle della scitta, fino a

    pochi decenni fa (pima, dico, che le noste case fosseoinvase da PC e da connessioni con Intenet) isevate solo

    a minoanze di pivilegiati. Ad atoi, cio, vaiamentelaeati. Oggi, si p e si deve imparare la letteraturamentre la si fa. Ci si avvicina tanto meglio al pade Danteqanto pi si capaci di accontasi in n blog, attaveson accontino atobiogafico, n abbozzo di giallo, oanche bttando gi vesi infomi intono ai popi amoi.Qella cosa che etichettiamo LETTErATurA nel 2010 im-

    plica n appoto assai confso e instabile ta destinatoee destinataio, e il lettore-autore di massa che si sta im-

    ponendo dovebbe costingee i docenti a pendee attodel cambiamento e a modlae divesamente i contentidella loo mateia. Insomma, insegnae a leggee i testi si-gnifica sempe pi, anche, insegnae a sciveli. Pesino,diei: significa scivee assieme alle pesone ci si inse-gna, accettando n imescolamento di oli e fnzioni che

    p appaie spaesante.Il pnto che chi fa il mio mestiee in qesto modo

    ceca di indiizzae s stade pi stttate na sota ditendenza epocale che igada tutti qanti si tovino a gio-cheellae con la letteata nel mondo chiamato Intenet.E, visto qanto sccede in ceti blog e in cete iviste online, i pi bisognosi di consigli sembano essee non i gio-vani entsiasti e sfontati (ponti a passae dalla scittaad alte patiche ceative, mlti- o intemediali), ma i ma-linconici e incaogniti cinqantenni imbanatissimi coni new media - convinti di essee atisti incompesi.

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    PAOLO GIOVANNETTI POSTFAZIONE

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    riassmendo, il pofessoe ci capitato di dae nsemplice la ai acconti bicati sotto la voce Quello che

    resta chiede al lettoe: 1. di badae pi alla letteata, al-lespeienza letteaia, che non agli atoi; 2. di sentisipate di n sistema di valoi molto, molto imescolato, invit del qale n esempio fa i molti lecito mon-tae n discoso inteioe pensando pi alle tansizioni din telefilm come Scrubs che non ai flssi di coscienza diJoyce o Viginia Woolf. (Ta paentesi, fa le tante cose

    che dovemmo sapee e che ci fa comodo invece igno-ae c anche la constatazione che tanta bona televi-sione, oggi, patica inteessanti e spesso coaggiosi modidi accontae).

    Insieme, qel pof voebbe povae a dae qalchebevissima indicazione pe la letta. La pima, abba-stanza pevedibile, che le scritture di genere non solosono attavesate con scioltezza, ma finiscono pe tat-teggiae scenai staodinaiamente delocalizzati. Bastivedee il nmeo significativo di acconti latamente noiambientati in no spazio geogafico finto-ameicano, difattoglobal, pivo di na vea identit stoica che non siaqella dicevamo della televisione. Ceti intecci spin-gono insomma alla costzione di mondi assoltamentenon veosimili fose, ma paadossalmente realistici, pela loo capacit di die conflitti elazionali che ci appa-tengono. A patie dal contasto ta il singolo e il gppodi pai, ta il ischio della solitdine e qello di na so-cializzazione alienante (e, pe favoe, non dite che qesto n tema solo giovanile!).

    In secondo logo, c poco ienismo in qesti acconti.Se appnto veo che il genre ben pesente, altet-tanto ceto che non pelde a molti happy endings. Siamodi fonte a acconti in ci gli inteni e la notte tendono afala da padone, e la piena lce solae costitisce pitto-sto il miraggio di noigine o di ntopia. In patico-lae, il discoee dellamoe semba potae con s, in

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    maniea anche distbante, n veo e popio cupio dis-solvi: elsa ogni popensione splatte o maledetta, sca-

    pigliata o cannibale (ceto, qando in gioco la doga,il discoso cambia n po), pevale la posaica, qasi pa-cata constatazione che le plsioni di mote pevalgonosempe s qelle di vita, e che nessn legame esente daambivalenze (ato)distttive.

    In tezo logo, al clmine fose di qesto scavo neinon detti di tutti, ecco il poblema dellidentit. Non mi

    ifeisco tanto al fatto che nellItalia del 2010 nantolo-gia di acconti p pesentae n paio di stoie di giovaniitaliani appatenenti a nalta etnia (e chiss cosa si-gnifica qesta paola?). Ceto, la cicostanza ha na sanon tascabile sintomaticit. N voglio disctee la no-tevole feqenza con ci vengono declinati i temi delvolto, della maschea, del doppio. Mi ifeisco sopattttoal fatto che in molti acconti n baco ode la sttta fon-dativa dellio naante, mettendo in cisi il soggetto stessodellennciazione. Chi listanza finzionale che palain qesti acconti? Come si colloca nel mondo, pesinonel momento in ci declina fome di scitta assic-anti? S qesto piano, a ben vedee, il poblema gene-azionale e qello letteaio si incontano. Il soggetto chetilizza tecniche alte (cinema, televisione, noi scitt-ale, atobiogafismo bkowskiano ecc.), non sempe

    ben metabolizzate, denncia n disagio ispetto al mondo non solo letteaio. La sa scitta na lotta conto econ i vincoli del medium, a volte vinta a volte no. E qal-che sconfitta pi gloiosa delle vittoie, qando espessa in modo consapevole.

    A ben vedee, anche solo qestltima ossevazioneende peziosi i Giovani scittoi Ilm alla loo tezascita. Il copo a copo di n soggetto fittizio con le con-venzioni delleedit letteaia , di pe s, n plot dei piinteessanti. Al lettoe il compito (anche il piacee, sispea) di cimentasi in qesta avventa: come sempe,

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    PAOLO GIOVANNETTI POSTFAZIONE

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    lui, chi legge, deve essee il potagonista. Il gidice, dico,ponto magai a fae ttti gli eoi da ci sono patito.

    Ma qando si enta in n testo, ogni eoe, ogni gidizio lecito, pebacco! E i pofessoi, loo, tacciano.

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    QUELLO CHE RESTA

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    Collana

    Giovani scrittori IULM

    Glenda Manzi, Michele Macon, Hlda Fedeica O, Danilo Potenza,

    Paola Tonetti, Dimiti Sqaccio, Macello ubetone, Gisepppe Caiei

    Linafferrabile

    a ca di Giseppe Caiei e Michele MaconPostfazione di Paolo Giovannetti

    Michele Macon, Hlda Fedeica O, Linda Avolio, Massimo Pignat,

    Ldovica Isidoi, Danilo Potenza, Anna Como, Nicholas Di Valeio/Sali-

    noch, rachele Casato, riccado Fantoni, Glenda Manzi, Stefano Plebani,Gilio Tellaini, Fancesco Duva

    Perso in tempo

    a ca di Michele Macon e Gilio Tellaini

    Pefazione di Andea G. Pinketts

    Postfazione di Paolo Giovannetti