Un biglietto per Piano Orizzontale dei Giovi

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UN BIGLIETTO PER PIANO ORIZZONTALE DEI GIOVI Un piccolo biglietto ferroviario in cartoncino, risalente al 1905: è questo l’anno di nascita, dopo un dibattito politico, economico e giuridico durato trent’anni, delle Ferrovie dello Stato Italiane. Un biglietto da Busalla a Piano Orizzontale dei Giovi, acquistato un giorno d’autunno, da un ignoto viaggiatore di 2ª classe. Una tratta breve, di pochi chilometri, ma quanto significativa! Un reperto storico, un tipo di biglietto di cui si è ormai persa la memoria, almeno dagli anni ‘80 del ‘900. Veniva bucato a bordo dal capotreno, con l’apposito strumento... ricordarlo oggi, che il biglietto di viaggio si acquista on-line o con lo smartphone! Un biglietto per Piano Orizzontale dei Giovi: spunto, viatico, filo conduttore ideale per questa mostra, un viaggio nel tempo e nella memoria, raccontando di una minuscola e pittoresca stazioncina ottocentesca di campagna, stile architettonico montano, dal nome curioso e così insolitamente “lungo” , posta a mezza via del tratto di valico Pontedecimo-Busalla di una ferrovia unica, da primato: la Linea Storica dei Giovi, inaugurata nel 1854 dal Capo del Governo Sabaudo, Camillo Benso Conte di Cavour. La Storia, una tragedia, un disastro ferroviario epocale di 120 anni or sono, l’11 agosto del 1898. Le piccole storie, le testimonianze di vita e di lavoro in ferrovia, del viaggiare in treno, la genesi, la funzione originaria, le stagioni diverse di una stazione, di un posto telegrafico, di una semplice fermata: Piano Orizzontale dei Giovi, a cavallo e al servizio di due Comuni, Mignanego e Serra Riccò, il cui confine naturale è costituito dal torrente omonimo. Per arrivarci in treno dovrete prendere un biglietto, per Piano Orizzontale dei Giovi! Il piccolo racconto a più voci e dimensioni di una stazione e di un luogo, non solo ferroviario. Più di quanto non si possa immaginare, avendo frequentato Piano O. (tout court, per l’odierna cartellonistica) distrattamente per anni, giorno dopo giorno, annoiati studenti, stanchi pendolari di primo mattino, la testa già al compito in classe, all'esame, al lavoro che incombe, a mezz'ora di viaggio in treno, tra chiacchiere, letture, incontri, frenetici ripassi dell'ultimo minuto... nella quotidiana, ansiosa attesa del treno locale, del regionale per Genova Brignole o magari essendovi transitati veloci, ignari viaggiatori occasionali, a bordo di un treno a lunga percorrenza, magari "internazionale" per qualche motivo "deviato dalla Succursale alla Lenta". Buon viag gio! Un biglietto per Piano Orizzontale dei Giovi BIGLIETTO DEL 1905 collezione M.Casano © 2018 Mastodonte dei Giovi

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Un piccolo biglietto ferroviario in cartoncino, risalente al 1905: è questo l’anno di nascita, dopo un dibattito politico, economico e giuridico durato trent’anni, delle Ferrovie dello Stato Italiane.

Un biglietto da Busalla a Piano Orizzontale dei Giovi, acquistato un giorno d’autunno, da un ignoto viaggiatore di 2ª classe. Una tratta breve, di pochi chilometri, ma quanto significativa!

Un reperto storico, un tipo di biglietto di cui si è ormai persa la memoria, almeno dagli anni ‘80 del ‘900. Veniva bucato a bordo dal capotreno, con l’apposito strumento... ricordarlo oggi, che il biglietto di viaggio si acquista on-line o con lo smartphone!

Un biglietto per Piano Orizzontale dei Giovi: spunto, viatico, filo conduttore ideale per questa mostra, un viaggio nel tempo e nella memoria, raccontando di una minuscola e pittoresca stazioncina ottocentesca di campagna, stile architettonico montano, dal nome curioso e così insolitamente “lungo”, posta a mezza via del tratto di valico Pontedecimo-Busalla di una ferrovia unica, da primato: la Linea Storica dei Giovi, inaugurata nel 1854 dal Capo del Governo Sabaudo, Camillo Benso Conte di Cavour.

La Storia, una tragedia, un disastro ferroviario epocale di 120 anni or sono, l’11 agosto del 1898.

Le piccole storie, le testimonianze di vita e di lavoro in ferrovia, del viaggiare in treno, la genesi, la funzione originaria,

le stagioni diverse di una stazione, di un posto telegrafico, di una semplice fermata: Piano Orizzontale dei Giovi, a cavallo e al servizio di due Comuni, Mignanego e Serra Riccò, il cui confine naturale è costituito dal torrente omonimo. Per arrivarci in treno dovrete prendere un biglietto, per Piano Orizzontale dei Giovi!Il piccolo racconto a più voci e dimensioni di una stazione e di un luogo, non solo ferroviario.

Più di quanto non si possa immaginare, avendo frequentato Piano O. (tout court, per l’odierna cartellonistica) distrattamente per anni, giorno dopo giorno, annoiati studenti, stanchi pendolari di primo mattino, la testa già al compito in classe, all'esame, al lavoro che incombe, a mezz'ora di viaggio in treno, tra chiacchiere, letture, incontri, frenetici ripassi dell'ultimo minuto... nella quotidiana, ansiosa attesa del treno locale, del regionale per Genova Brignole o magari essendovi transitati veloci, ignari viaggiatori occasionali, a bordo di un treno a lunga percorrenza, magari "internazionale" per qualche motivo "deviato dalla Succursale alla Lenta".

Buon viaggio!

Un biglietto perPiano Orizzontale dei Giovi

BIGLIETTO DEL 1905collezione M.Casano

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Le necessarie, anzi, imprescindibili "infor-mazioni di viaggio", da fornirsi ogni volta a quanti (compagni di scuola o amici), sia pur genovesi, ignorassero la stessa esistenza della nostra stazioncina, o meglio, fermata... e dovessero venirci a trovare in treno, in man-canza di altri mezzi di trasporto.

Piano Orizzontale dei Giovi fu presenziata e dotata di servizio di biglietteria fino all'ini-zio degli anni '80 del '900.

Chi scrive, all'epoca ragazzino di 12-13 anni, ricorda perso-nalmente l'ultimo capostazione titolare, che alloggiava con la famiglia nello stesso fabbricato viaggiatori di Piano Orizzontale dei Giovi, al piano superiore dello stesso. Capostazione che nella stagione invernale governava altresì la stufa a legna collocata in mezzo alla piccola saletta d'attesa al pia-no terra, sulla quale affacciava, entrando a sinistra, lo sportello della biglietteria... che emetteva i caratteristici, piccoli biglietti in cartoncino (foto pannello pre-cedente) sui quali era apposta la stampigliatura con la data, e che il capotreno avrebbe poi invariabilmente controllato, ed obliterato a bordo.

«Ma scusa, tu non abiti a Mignanego?»«Si, ma per arrivarci devi prendere il biglietto per

Piano Orizzontale dei Giovi, via Busalla-Isola, non per Mignanego!Quella è la linea diretta, i treni lì non fermano,

solo un paio al giorno, la mattina presto e la sera...»«Ah ok! ma "Piano"... che?»

«Si, Piano Orizzontale dei Giovi!Ti aspetterò sul marciapiede all'arrivo del treno,

così non rischi di uscire dal lato sbagliato»«Perchè?»

«La stazione ha due uscite, una sulla SS35 dei Giovi, ed unanel Comune di Serra Riccò, ma è una strada di campagna»

«Non pensavo fosse così complicato venirti a trovare in treno!»

ABBONAMENTO DEL 1982DI FERROVIE DELLO STATOcollezione M.Casano

Il servizio di biglietteria a Piano Orizzontale doveva essere senz'altro e da tempo stato soppresso nel 1982, anno di emissione presso la stazione di Mignanego, il 18 ottobre, dell'abbonamento mensile ridotto studenti del quale chi scrive ha conservato il talloncino qui riprodotto ed ingrandito:l'abbonamento fatto in quella stazione con-sentiva, tra l'altro, di prendere la mattina a Mignanego il diretto, poco dopo le 7, per es-sere sicuri di non far tardi il giorno del compito

in classe, o dell'interrogazio-ne... e magari, con l'occasione, incontrando persone diverse dai soliti compagni di viaggio di Piano Orizzontale.

Interessante notare il prezzo di questo abbonamento men-sile ridotto studenti del 1982: 5.600 Lire!A distanza di trentasei anni, ed al nuovo conio, il confronto con l'attuale costo della vita e gli odierni prezzi in Euro degli abbonamenti di Trenitalia Spa (per la quale siamo oggi tutti e solo "gentili clienti") è impieto-so!

Piano Orizzontale - Mignanego - Serra Riccò Istruzioni di viaggio

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MURAGLIONE CHE SOSTIENELA FERROVIA A PIANO ORIZZONTALE

SULLO SFONDO VIADOTTO DI MIGNANEGO

Piano Orizzontale: i cinque sensi di un locus amoenus

Il treno per Genova, al binario 1, che ar-riva dopo aver affrontato in discesa il 36 per mille, l'immancabile, solido e rassicu-rante locomotore E636 al traino di cin-que o sei carrozze grigio ardesia, magari anche con un bagagliaio postale a due assi, con i ceppi in ghisa dei freni fuman-ti, spesso letteralmente incandescenti, rosso fuoco, dopo la lunga, ininterrotta frenata da Busalla!

Il capotreno che scende lesto ed autore-vole, e che, occhio attento, con l'apposito martello, assesta ai ceppi qualche sapien-te colpetto, quanto basta, dove serve... le pesanti porte delle carrozze Centoporte, Corbellini, tipo 1921, tipo 1946/1959 (rare ed ambite le ben più confortevoli carrozze Tipo X), le porte che si aprono e si chiu-dono, quell'arrampicarsi sulle pedane in legno, superando dislivelli altimetrici oggi impensabili.

L'odore acre della frenatura, la polvere metallica nell'aria che si deposita sui bina-ri, conferendo al binario in discesa verso sud un colore bruno scuro, nettamente diverso dall'altro. Odore di discesa, di frenata, che si mescola con quello carat-teristico ed inconfondibile delle traversine in rovere, impregnate di creosoto.

È l'odore della ferrovia, di quella ferrovia, la sua madeleine, tale da suscitarne in chi l'ha vissuta il ricordo, vivido, sponta-neo, improvviso... associandovi pensieri, sensazioni, persone, stagioni della vita, volendo scomodare Marcel Proust.

Colpo di fischietto, e via libera! Il convoglio che lentamente riparte, qualche ritardata-rio poteva ancora provare a non perdere il treno, il blocco porte automatico era di là da venire!

“Non prendere mai il treno al volo, hai capito? Mai! Piuttosto prendi quello dopo e ti faccio la giustificazione a scuola!” ammonivano sempre i preoccu-pati genitori degli studenti pendolari.

Immagini, frammenti e memorie di un luogo, e di una ferrovia che è stata (ancora fino all'inizio degli anni '80). Dettagli sparsi, impressioni indelebili, storie minime.

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2BINARIO

Il treno da Genova, al binario 2, del quale sentivi già a un certo punto distintamente il rumore, quel caratteristico sfrigolio di rotaie e bordini, quei motori elettrici sotto sforzo, sulla rampa, sulla salita del 25-30 per mille immediatamente prima di Piano Orizzontale.

L'orecchio esperto dell'appassionato già poteva distinguere il muggito pacio-so dell'E636, dall'imperioso ruggito dei motori doppi delle ben più potenti E646 o E656, o infine dal discreto, leggero ronzio delle agili e leggere elettromotrici ALE 840-901 cosiddette "Fanta".

Ma il treno ancora non si vede! Dov'è? È ancora nascosto dietro l'aspra rampa in curva... eccolo arrivare, sbucando all'improvviso dalla vegetazione a lato della linea, così fitta in estate, e fermarsi, con buona parte del convoglio ancora... in discesa! Fischio, e ripartenza verso Busalla, non senza aver prima sparso sulle rotaie un po' di sabbia, per miglio-rare il grip!

Il sapore asprigno delle amarene degli alberi vicino al monumento ai ferrovieri caduti nel disastro del1898, in mezzo ai prati di Serra Riccò, quella manciata di amarene rubate, una volta scesi dal treno del ritorno, magari ormai quasi alle due del pomeriggio, una gran fame, la scuola che stava per finire... il sapore della liber-tà prossima ventura, e di una innocente, piccola trasgressione.

L'abbraccio ed il profumo tanto atteso di una ragazza appena scesa dal treno, che benchè avesse ignorato da sempre la stessa esistenza di questo "locus amoe-nus" ha capito tutte le spiegazioni fornite, ed ha... comprato il biglietto giusto.

L'incontro casuale, ma quanto gradito, di una ragazza che quel giorno non ave-va preso il solito diretto via Mignanego.

REGIONALE IN ARRIVOAL BINARIO 2

Foto Luca Mazzucco, agosto 2018

E636 IN PARTENZADA PIANO

ORIZZONTALEVERSO BUSALLACON UN LOCALE

NEL 1986Foto A.Casano

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FIANCATA PRINCIPALE DI LINEAValidità da maggio 1982 a maggio 1983

SIMBOLO DI FERMATA IMPRESENZIATA

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STAZIONE DI MIGNANEGO ANNI '30Cartolina storica coll.M.Casano

Le Linee Ferroviariedei Giovi

ANDAMENTO ALTIMETRICO SUCCURSALE DEI GIOVI

La Linea Storica dei Giovi fu aperta al traf-fico il 18 dicembre 1853 anche per l’ultimo, e più critico, tratto di valico, tra i più acclivi d’Europa ad aderenza naturale, a scarta-mento ordinario ed a doppio binario.

La linea presenta una pendenza del 36 per mille effettivo in alcuni punti della tratta, a monte di Piano Orizzontale e fino alla galle-ria di Busalla (35 per mille essendo il limite nominale per l’utilizzo di sistemi ausiliari di trazione come la cremagliera).

Essa costituisce a tutt’oggi (in attesa del completamento del Terzo Valico dei Giovi – AV/AC), e ad onta dei suoi oltre 160 anni di vita, una infrastruttura trasportistica di fon-damentale importanza per il collegamento tra Genova ed il suo porto, la Valle del Po e l’Europa.

La Grande Galleria dei Giovi (come in al-lora detta) tra Busalla e la valletta del Riccò, poco più a monte di Piano Orizzontale dei Giovi, della lunghezza di 3.262 metri, sca-vata interamente a piccone e polvere da mina, è stata il primo traforo ferroviario

realizzato nella penisola italica preunitaria, e richiese sei anni circa di lavoro, con una spesa pari ad undici milioni di lire dell’epoca.

In galleria, il tracciato ferroviario presenta la notevolissima pendenza del 27 per mille, partendo da una quota di 264 metri, e sa-lendo in larga parte in curva, fino a sboccare nella stazione di Busalla a quota 359 metri sul livello del mare.

La successiva Linea Succursale dei Giovi, risalente al 1889, venne progettata e rea-lizzata (con ben più favorevole andamento planoaltimetrico: pendenza massima del 16 per mille e raggi di curvatura più ampi) quale linea complementare della Linea Storica, per alleviarne l’ormai insostenibile carico di traffico e a seguito della prolun-gata interruzione di quest’ultima, dovuta ad un crollo franoso verificatosi all’interno della galleria di valico di Busalla nel 1873, con conseguente danno per i traffici portuali genovesi, che in quegli anni erano andati aumentando in modo esponenziale.

Linea storica al 35 per mille

Linea succursale (o "diretta")

Direzione SUD

SS35 dei Giovi

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ANDAMENTO ALTIMETRICO LINEA STORICA DEI GIOVI

Si pensi che tra il 1888 ed i primi mesi del 1889 sulla Linea Storica, nel tratto di valico Pontedecimo-Busalla, fu possibile inoltrare tra i 1000 ed i 1100 carri al giorno, e 1196 con esercizio ferroviario continuativo ed ininterrotto sulle 24 h, a scapito ovviamen-te delle condizioni di lavoro e di sicurezza del personale ferroviario, sottoposto a turni massacranti (Capello-Giachino, 1896, cit. da Pedemonte, “La lunga galleria ferrovia-ria di Ronco”, Novinostra, 1, 2000).

Si tratta quindi di due linee ferroviarie nel loro complesso, ancora oggi, complementa-ri, dalle caratteristiche progettuali e costrut-tive per molti versi uniche e rivoluzionarie, con viadotti, gallerie di valico ed opere d'arte

di rilievo assoluto, avuto riguardo all'epoca in cui videro la luce, e che restano notevoli a tutt'oggi, opere d'arte uniche, e non ri-producibili.

Tali caratteristiche, e la loro veneranda età, ne fanno due infrastrutture estrema-mente delicate e bisognose di continue e sistematiche, oltre che costose, cure ma-nutentive, considerate anche le pessime caratteristiche geomeccaniche del territorio attraversato e perforato in sotterraneo dalle ardite gallerie di valico, scavate in massima parte nei ben noti argilloscisti affioranti tra Val Polcevera e Valle Scrivia (Pedemonte, op. cit.).

INTERCITY NOTTE IN SALITAA PIANO ORIZZONTALEFoto Massimiliano Tripodi

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Una linea davvero Storica! Viaggiatori eccellenti e stupefatti

Alessandro Manzoni

Le Linee ferroviarie dei Giovi hanno davvero fatto la Storia d'Italia.

La Linea Storica dei Giovi destò stupore e meraviglia, per la sua maestosa ed ardi-ta modernità, in un viaggiatore eccellente come Alessandro Manzoni (1785-1873).

In un viaggio del 1852 verso la Liguria, l'Autore de “I Promessi Sposi” aveva modo di ammirare i lavori in corso, all'epoca pressocchè ultimati, del « [...] tronco della strada di ferro che si stava costruendo da Arquata a Genova... Ponti giganteschi, via-dotti lunghissimi e altissimi, per una serie di grandi arcate, e di pilastri che paiono massi di montagne e precipizi; ... archi grandiosi,

giacchè la maggior parte di questa ma-gnifica strada è o sotto terra o in aria... A ognuno de' pezzi fatti, la prima impressio-ne è quella del grandioso, del magnifico, dell'ardito, la seconda, dell'elegante... sono ammirati anche dagli stranieri intendenti e non intendenti... finora non c'è in Europa nessun pezzo di strada che, per i pregi so-pradetti, e per le difficoltà felicemente vinte, superi questa».

PONTE DI MERETAfrazione di Isola del Cantone

foto F. Bertuccio

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Degna di essere ricordata qui è anche la testimonianza di un illustre viaggiatore straniero, ossia del poeta romantico spa-gnolo Pedro Antonio de Alarcòn (1833-1891) il quale nella sua opera “De Madrid a Napòles” (1861), ampio memoriale del suo soggiorno in Italia, si sofferma a nar-rare dell'esperienza di viaggio compiuta da Torino a Genova, transitando dalla Linea Storica dei Giovi:

«[...] quando arrivammo ad Arquata, eravamo già circondati dai monti, le cui cime più alte ci sovrastavano, impeden-doci apparentemente il passaggio. Circa sette miglia, non di più, ci separavano da Genova; ma esse rappresentavano una barriera granitica, attraverso la quale la locomotiva avrebbe dovuto crearsi la propria strada! I lavori intrapresi per ab-battere questo enorme ostacolo naturale sono veramente stupefacenti.

La linea ferroviaria è costituita da tutta una serie di lunghe gallerie, giganteschi terrapieni, arditi ponti, ciclopici viadotti, costruzioni ed opere d'arte titaniche!E come sono ancora più sorprendente-mente belle, tutte queste opere d'arte,

Una linea davvero Storica! Viaggiatori eccellentie stupefatti

PedroAntoniode Alarcòn

immerse in una natura intatta, tra spuntoni di roccia ed alberi, sotto la neve perenne, circondate da cascate cristalline, e da gole ed anfratti insondabili, misteriosi!

Si potrebbe credere che l'uomo abbia potuto giovarsi della forza naturale di un terremoto, al fine di poter avere ragione di simili immani ostacoli naturali... para vencer tales resistencias!».

Nato da una nobile famiglia della provin-cia di Granada, studi in seminario e poi in giurisprudenza, Alarcòn era intellettua-le, scrittore, poeta e letterato animato da ideali riformisti, anticlericali e antimo-narchici, di tendenze più conservatrici e tradizionaliste in età avanzata.

È significativo che nell'ambito di un'opera memorialistica dedicata al suo viaggio e soggiorno italiano egli – poeta e lettera-to, grande lettore di Edgar Allan Poe, da cui fu in parte influenzato – abbia voluto inserire una così enfatica e suggestiva descrizione della (in allora nuovissima) Linea dei Giovi, evidentemente subendo-ne anch'egli il fascino.

FRECCIAROSSA 1000 VENEZIA-GENOVA IN TRANSITO A ISOLA DEL CANTONE

Foto Carmelo Mulè, agosto 2018

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Non solo Poeti e Letterati: sulla Linea Storica dei Giovi transitarono nel 1860 cospicui con-tingenti dei Mille provenienti dal Nord Italia e che si sarebbero imbarcati a Genova Quarto, agli ordini di Giuseppe Garibaldi: ed essi passarono naturalmente anche da questa nostra stazioncina; Piano Orizzontale dei Giovi, e da questa Linea Storica, testimone, così, della stessa Unità nazionale in fieri.

I poderosi muraglioni in pietra che sostengo-no in “rilevato” la Linea Storica dei Giovi, in prossimità di Piano Orizzontale, seguendo in massima parte il corso e la sponda del Torrente Riccò, le gallerie, i maestosi muri d'ala, gli arditi ponti e viadotti, i ponticelli, le canalizzazioni di rii, tutte le altre opere d'arte anche di minor rilievo, che costituiscono nel loro insieme la sede ferroviaria, poi “armata” (ossia dotata di binari, questi agevolmente sostituibili, ed evolutisi quanto a caratteristi-che, nel corso tempo) sono ancora – al netto di qualche inevitabile intervento manutenti-vo/ricostruttivo – in massima parte quelli ori-ginari, costruiti con mirabile perizia e rigore a metà dell'800.

Siamo di fronte ad un monumento vivente, prezioso lascito della lungimiranza sabauda, degno di tutela ai sensi della vigente normati-va in materia di beni ambientali, architettonici e culturali, non solo ad un'opera ingegneri-stica e ferroviaria, ovvero ad una mera infra-struttura ferroviaria.Un'opera che è stata muta testimone di oltre 160 anni di Storia italiana, dall'Italia preunita-ria sabauda, a questo tormentato 2018.Un monumento ferroviario, dunque, la Linea Storica dei Giovi, che nel corso del suo secolo e mezzo ed oltre di vita, ha visto implementate le proprie potenzialità tra-sportistiche, prima con l'uso di locomotive a vapore sempre più potenti e prestanti, ri-spetto agli originari e per l'epoca straordinari

Mastodonti del 1853; per poi compiere un primo, decisivo salto di qualità con l'elettrifi-cazione in corrente elettrica trifase, nel 1911 (anche sull'onda del tragico disastro di cui ricorrono quest'anno i 120 anni); e poi con la conversione in corrente continua (1962), con nuovi sistemi di segnalamento e controllo del traffico (ACEI, blocco automatico, banalizza-zione del traffico, DCO di Rivarolo del 1983, SCC Sistema Comando e Controllo di Teglia) e poi con l'utilizzo di locomotori di concezio-ne sempre più avanzata, di tipo elettronico, con incremento esponenziale della potenza, delle prestazioni.

Siamo arrivati oggi al non plus ultra della sua implementazione tecnologica: ne restano in-fatti fermi i limiti intrinseci ed insuperabili, legati alla sua eccezionale acclività, peraltro concentrata solo nel cruciale tratto di valico Pontedecimo > Piano Orizzontale dei Giovi > Busalla.

A meno di non voler raccontare un'altra storia, che parla di recupero ed implemen-tazione della Linea Storica dei Giovi e delle sue potenzialità trasportistiche, attraverso un nuovo tunnel di base e di variante integrale al proibitivo tracciato di valico, una storia possi-bile, un'alternativa allo stesso Terzo Valico dei Giovi, della quale si sarebbe potuto, a suo tempo, discutere di più.

I Mille verso Genovaed una linea ferroviaria ottocentesca versoil 2000 (ed oltre)

REDUCI DEI MILLE A BERGAMO NEL 1910Fonte foto: Wikipedia

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Si tratta dello studio ed analisi proget-tuale di Paolo Rigamonti, Architetto ed Urbanista, studioso in materia traspor-tistica, già Dirigente presso la Regione Liguria, scomparso nel 2015.

Un progetto che avrebbe meritato ben altra attenzione, ed invece rimasto ai margini del pur acceso e lungo dibat-

Una variante ed un nuovo tunnel di baseper la Linea Storica dei Giovi

Alternativa possibileal Terzo Valico?

tito sulla necessità di una terza linea di valico dei Giovi, un progetto ad oggi sconosciuto ai più, vittima – anche – dei forti interessi politicoeconomici ormai polarizzatisi attorno alla soluzione pro-gettuale di Terzo Valico dei Giovi AV/AC da tempo prescelta, ed oggi in corso di avanzata realizzazione.

FRECCIABIANCA 35666 ROMA-TORINO IN TRANSITO A PIANO ORIZZONTALESULLO SFONDO UN VIADOTTO DELLA LINEA "DIRETTA"foto Luca Mazzucco, agosto 2018

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Genova e i valichi ferroviari - Analisi e proposte

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4 IL MODELLO SVIZZERO E IL PRIMO VALICO

Gli svizzeri stanno applicando la filosofia dei trafori di base alle linee transalpine storiche, delle quali abbassano la quota di valico per riportarle a pendenze contenute.

Questa logica trova una straordinaria opportunità di applicazione in una delle linee di valico appenniniche, la Linea Vecchia dei Giovi.

4.1 I l primo val ico e i l t raforo d i base dei Giovi

Questa linea, aperta nel 1852, risale la Valpolcevera con una pendenza inferiore al 10‰ da Sampierdarena a Pontedecimo. Qui affronta la terribile ascesa appenninica fino a Busalla, con pendenze che arrivano al 35‰, per poi scendere con pendenze più dolci fino a Rigoroso, ma con un tracciato molto tortuoso e lento. (Cfr. anche all. I)

Il percorso del tratto di montagna Pontedecimo - Rigoroso è di 35 km, a fronte di una distanza in linea d’aria di soli 18,5 km. Il dislivello tra i due punti estremi è di 170 m, dai 260 di Rigoroso ai 90 di Pontedecimo:

distanza 18,5 km dislivello 170 m pendenza 9,2‰

si tratta del valico appenninico più breve in assoluto, con una pendenza inferiore a quella del Terzo Valico (9,2‰ contro 12,5‰).

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Questa linea, oggi fortemente sottoutilizzata per le sue limitazioni di pendenza e tortuosità può diventare una linea di ottima qualità con un traforo pari a circa un terzo delle gallerie previste dal progetto del Terzo Valico. Per questa ragione è stato necessario affermare categoricamente e strumentalmente che è “imprescindibile” dedicarla esclusivamente al traffico locale, come visto sopra.

Questa opzione è particolarmente coerente con la strategia di potenziamento del porto di Sampierdarena prevista dalla Autorità Portuale e anche con l’eventuale BRUCO.

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estratto del documento "Genova e i valichi ferroviari - analisi e proposte" di Paolo Rigamonti, Luglio 2012

Genova e i valichi ferroviari - Analisi e proposte

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4.2 Cri t ic i tà del Pr imo Val ico

Non si devono tuttavia ignorare alcuni problemi:

Non serve direttamente il VTE. È vero. Ma serve molto meglio del TV il porto di Sampierdarena. Inoltre è fortemente complementare al Bruco, che invece sottrarrebbe quasi tutto il traffico merci al TV.

La linea vecchia si radica a Sampierdarena, non a Principe. È vero, anche se c’è un raccordo a binario unico che si immette a raso nella galleria di Granarolo. È un nodo che andrebbe risolto.

Il traforo intersecherebbe la linea vecchia in ingresso a Pontedecimo. È vero, ma c’è poco traffico e comunque ci sarebbe lo spazio per un eventuale salto di montone, che il Terzo Valico non trova a Fegino.

4.3 Lo scalo di Pontedecimo

Lo scalo di Pontedecimo deve assolutamente essere mantenuto nell’uso ferroviario, in quanto:

possibile attestamento dei treni del servizio metropolitano unica possibile area di cantiere per l’eventuale futuro traforo di base dei Giovi.

Si deve modificare in questo senso il PUC, che prevede commercio ecc.

Anche in questa prospettiva si deve assolutamente impedire l’alienazione dello scalo di Pontedecimo, unica possibile area di cantiere per quell’opera. Purtroppo l’alienazione dello scalo è già decisa.

Lo scalo di Pontedecimo

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Paolo Rigamonti Rev. 13 luglio 2012 29

Tutte le opzioni di valico

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Genova e i valichi ferroviari - Analisi e proposte

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4.4 La Succursale

La Succursale è una linea nettamente migliore della Vecchia, ma nettamente perdente rispetto al Terzo Valico, quindi condannata a un ruolo residuale con l’entrata in funzione di quest’ultimo. Vi transiterebbero i Regionali Veloci al servizio di Ronco, Arquata e Serravalle, e quella parte dei merci che possono affrontare la pendenza del 17‰ senza bisogno della doppia trazione e senza incorrere nelle limitazioni di sagoma.

In presenza del Primo Valico, potrebbe essere ristrutturata fuori esercizio per migliorarne l’efficienza come linea prevalentemente destinata ai passeggeri.

4.5 Conclus ioni

L’utilità del TV è elevata per le merci, molto limitata per i passeggeri.

Ci sono problemi gravi e non affrontati per quanto riguarda l’accesso da/per Genova Principe e il porto di Sampierdarena.

Tuttavia il progetto è stato pensato come linea veloce, e ciò ha contribuito (oltre al meccanismo di assegnazione al general contractor e di finanziamento) a determinarne il costo elevato.

Si deve ritenere che il maggior generatore di traffico merci, il porto, non sia in grado di trarre pienamente vantaggio dalle elevate caratteristiche progettuali del TV.

Si prospetta un futuro di forte sottoutilizzazione delle linee di valico esistenti.

Complessivamente, si configura uno spreco di risorse incompatibile con quella filosofia della sostenibilità alla quale ci si richiama per giustificare le grandi opere ferroviarie.

L’opzione “primo valico” sembra avere un rapporto benefici/costi decisamente più favorevole.

(Cfr. anche all. A)

Il documento integrale è reperibile gratuitamente online

REGIONALE IN DISCESA VERSO GENOVA A PIANO ORIZZONTALE CON ALE 840-901Queste elettromotrici sono state per oltre 40 anni una presenza fissa sulla linea storica dei Giovi,effettuando treni locali e regionali. Foto Massimiliano Tripodi

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La proibitiva pendenza della Linea Storica dei Giovi tra Pontedecimo e Busalla, del 27 per mille nella galleria di valico ed addirittura del 35/36 per mille all'esterno, pose subito il problema dei mezzi di tra-zione utilizzabili: all'epoca, tutti i più auto-revoli Tecnici erano concordi nel ritenere che nessuna locomotiva ad aderenza naturale fosse in grado di superare tali pendenze.

Addirittura in tal senso si epresse lo stesso Robert Stephenson, ingegnere ferroviario e figlio di George, artefice della celeberrima Rocket, tra le prime locomotive a vapore costruite al mondo, appositamente interpellato quale mas-sima autorità, vero luminare in materia ferroviaria.

Fin dall'inizio i progettisti della linea, gli ingegneri Maus, Brunel ed altri, ipotiz-zarono quindi soluzioni alternative e/o non convenzionali, quali il tiro a fune dei convogli nella tratta più acclive,

tra Piano Orizzontale (188 slm) e Busalla (360 slm).Ed ecco allora spiegata la genesi, e la funzione originaria, della protagonista della nostra mostra: il perché della sta-zione di Piano Orizzontale dei Giovi, e del suo nome. Questa la assoluta peculiarità, il quid di questa nostra piccola stazione!

Concepita in funzione di una esigenza tecnico-funzionale ed ingegneristico ferroviaria ben precisa, al di là delle mere esigenze trasportistiche e del traf-fico viaggiatori: creare una adeguata, sia pur breve (60 metri circa) interruzione orizzontale, un "piano orizzontale", nel piano inclinato ferroviario, in continua ascesa da Pontedecimo verso Busalla.

È a questo punto che la storia della 1ª Linea Ferroviaria dei Giovi si interse-ca con quella dell'Acquedotto Nicolay, realizzato all'epoca in cui erano in corso i lavori di scavo della galleria di valico tra Busalla e Piano Orizzontale dei Giovi.

Ma perchè"Piano Orizzontale dei Giovi"?Genesi e funzione specifica di una “stazione”... ferrovia ed acquedotto

VISIBILE PENDENZA DELLA LINEA A PIANO ORIZZONTALEFoto Carmelo Mulè

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Nelle intenzioni dell'accorto imprenditore Nicolay, che ne aveva intuito la redditività, l'impianto acquedottistico di che trattasi avrebbe dovuto assicurare la necessaria forza motrice idrica, ovvero idropneumatica, agli impianti fissi destinati al trazionamento in salita dei treni sul micidiale tratto di valico al 35 per mille.

Detti impianti di trazionamento sarebbero stati da «...collocare nello spazio dell'attua-le stazione di Piano Orizzontale dei Giovi, all'imbocco meridionale della galleria e al culmine altimetrico del tracciato. Il progetto di Maus riproponeva, con maggiore poten-za, l'impianto già realizzato dal progettista per i piani inclinati della stazione di Liegi...»

tratto da “La rivoluzione stradale dell'Ottocento: l'apertura delle vie ferrate”, di Mauro Pedemonte, 1992

si fece il contratto (n.d.r.: con l'Acquedotto Nicolay) non si parlava ancora del siste-ma idropneumatico; questo era ancora un segreto; il contratto non venne quindi fatto in vista di esso. La forza motrice volevasi utilizzarla a metà del piano inclinato, non a Pontedecimo, e si pensava al sistema Armstrong. Non era dunque il contratto fondato sopra una vana speranza, ma sulla certezza che alle insufficienti locomotive si doveva sostituire il sistema delle macchine fisse. [...] Ma dopo questo, la forza motrice bisognava applicarla a Pontedecimo, ed i tubi volevano essere aumentati di diame-tro, il quale deve essere in proporzione alla massa d'acqua ed alla lunghezza del condotto. Esso infatti fu portato da 30 a 45 centimetri. A Pontedecimo poi la pressione non era più sufficiente per spingere nelle

TRENO MERCI IN TRANSITO A PIANO ORIZZONTALEE550 in doppia trazione simmetrica (il famoso "Mulo dei Giovi"), nei primi tempi di esercizio in trifase della linea (1911-12): si noti il fabbricato viaggiatori nella sua originaria conformazione, privo del corpo aggiunto laterale; i luoghi sono quasi irriconoscibili, ben poco urbanizzati; ancora assente anche la strada di collegamento verso Serra Riccò; si noti la presenza del tronchino di sicurezza sul binario in ascesa, munito a sud di un robusto terminale paracarri

Piano Orizzontale e Cavour

È addirittura il Cavour ad interessarsi in prima persona, ed anche sul piano squisitamente tec-nico, della problematica in esame, connessa in modo diretto anche con l'approvigionamento idi-rico della città di Genova, riferendone con piena cognizione di causa al Parlamento Sabaudo, nel 1854: «[...] quando

CAMILLO BENSOCONTE DI CAVOUR

parti alte di Genova, dal Castelletto alla Lanterna, che sono quelle che ne mancano di più, ed era per esse necessario fare una derivazione prima di Pontedecimo [...]»

tratto dalla Gazzetta di Genova, 1854; cit. da G. Temporelli e N. Cassinelli, “Gli acquedotti ge-novesi”, ed. F. Angeli, Genova, 2007

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Ed infatti, «[...] il piano orizzontale prevede-va la realizzazione di un impianto funicola-re fisso azionato da un sistema di caldaie a vapore alimentate dall'energia idraulica. I treni nel tratto più ripido sarebbero stati aiutati mediante traino a mezzo di funi, pro-getto perfezionato dal Maus che, tuttavia, non ebbe seguito. Per svariati motivi, siano essi stati di natura economica piuttosto che tecnica, nessuno dei progetti presentati venne mai realizzato; la trazione dei treni fu realizzata con l'avvento delle locomo-tive denominate “Mastodonti dei Giovi”, ed il breve tratto orizzontale fu utilizzato come fermata dei treni, ancora oggi in uso nell'ambito del servizio locale [...]»

tratto da G. Temporelli e N. Cassinelli, op. cit.

La peculiare genesi funzionale, e la posi-zione baricentrica e davvero strategica, della nostra amata stazioncina non è stata trascurata neppure dalla più autorevole e rigorosa trattatistica specializzata straniera.

«[...] i progetti elaborati contemplavano per la rampa sud della linea, nella valle del Polcevera, una pendenza massima di quasi il 35 per mille, che all'epoca non si riteneva superabile mediante mezzi di tra-

zione convenzionali ad aderenza naturale. L'ingegnere belga Maus propose allora un impianto funicolare con due segmenti di cavo di trazione in acciaio sulla tratta da Genova Pontedecimo a Busalla (all'imboc-co nord del tunnel di valico, nella Valle dello Scrivia). A metà strada di questo progettato impianto di tiro a fune d'acciaio la rampa ferroviaria in ascesa sarebbe stata inter-rotta, attraverso un idoneo tratto intermedio pianeggiante (ancora oggi la stazione ferroviaria ivi realizzata si chiama: Piano orizzontale dei Giovi!), in modo tale che si potessero ottenere due distinti segmenti di impianto funicolare di trazione [...]»

tratto da Ascanio Schneider, “Gebirgsbahnen Europas” (Linee ferroviarie di montagna d'Europa), Orell Fussli Verlag, Zurigo, 1967

(traduzione dal tedesco di M.Casano)

Il fabbricato viaggiatori nella suaoriginaria conformazione ancora privo delcorpo aggiunto laterale ospitante la sala d'aspettoAnno 1914 circa, archivio Mastodonte

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VIestratto pagina 123 dal libro "Gebirgsbahnen Europas" di Ascanio Schneider

PIANO ORIZZONTALE CON ALIMENTAZIONE TRIFASE E TRONCHINO DI SICUREZZA VISIBILE SULLA SINISTRA

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Pertanto, proprio a Piano Orizzontale dei Giovi avrebbe dovuto essere installata una parte significativa di detti impianti di trazio-namento a fune, con ogni altra connessa opera, e volume edilizio accessorio e ne-cessario alla bisogna, conchè lo stato dei luoghi sarebbe senz'altro risultato alquanto diverso, e più complesso di come invece poi risultato, a seguito dell'abbandono di tali ipotesi progettuali... ed è immaginabile che l'installazione dei detti impianti avrebbe comportato altresì ben diverso e maggiore impiego di personale addetto, con ricadute occupazionali sul territorio.

Una volta tramontata definitivamente (gra-zie alla progettazione e costruzione dei celebri Mastodonti dei Giovi) la necessità di utilizzo a fini ferroviari dell'acquedotto Nicolay, lo stesso venne destinato in toto al soddisfacimento delle odinarie esigenze di approvigionamento idrico della città di Genova e delle nascenti industrie cittadine.

La sua cruciale collocazione a mezza via della tratta di valico Pontedecimo-Busalla ha comunque fatto sì che Piano Orizzontale conservasse comunque lo status di stazione (tale potendosi definire solo l'im-pianto ferroviario che permetta il passaggio dei treni da un binario all'altro), e quindi una funzione importante ai fini della circolazio-ne ferroviaria, durante tutta l'epoca della trazione a vapore, ed anche per alcuni decenni dopo l'avvento della trazione elettrica trifase.

Come è possibile apprezzare dalle plani-metrie e dalle fotografie esposte, l'originario piano dei binari vantava infatti, sul binario ascendente verso nord, un apposito tron-

chino di sicurezza (o binario morto), servito all'estremità nord da uno scambio, e munito alla sua estremità sud di un robusto termi-nale paracarri, con la funzione di ricoverare (in gergo, scartare) locomotive in avaria o fuori servizio, come anche se del caso in via d'emergenza un intero convoglio che avesse dovuto retrocedere, per qualsiasi motivo, dopo aver impegnato la rampa in ascesa verso Busalla, senza intralcio alla circolazione sul binario di corsa, ed impe-dendone la rovinosa ulteriore discesa verso Pontedecimo.

Detto tronchino di sicurezza si sviluppava per una lunghezza di circa 200 metri, con andamento planimetrico orizzontale, sfrut-tando nella sua parte inferiore a sud, laddo-ve il binario di corsa degrada di quota verso Pontedecimo con pendenza prossima al 30 per mille, un apposito terrapieno ad anda-mento costante, ancora oggi ben visibile nella sua struttura essenziale, transitando in treno dalla nostra stazioncina.

Fin dall'origine, Piano Orizzontale fu munita altresì di impianto e stazione telegrafica, tanto da essere definita spesso e su docu-menti ufficiali come "Stazione telegrafica al Piano Orizzontale dei Giovi", ovvero "Stazione Telegrafica dei Giovi".

Va ricordato che nel 1852 – l'anno del viag-gio lungo la Linea Storica di Alessandro Manzoni – il definitivo arrivo a Genova del treno era stato preceduto "da un primo collegamento con Torino mediante un «telegrafo elettrico»" (cfr. "Genova, Guida di Architettura", a cura di Comune e Provincia di Genova e Facoltà di Architettura di Genova, Allemandi, 1992)

STRALCIO PLANIMETRIA TECNICA OTTOCENTESCA LINEA STORICA DEI GIOVIarchivio Eredi Ing. Carlo Navone; collezione M. Casano

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Le mitiche locomotive a vapore a due assi motori, tra di loro accoppiate, conosciute ad oggi come "Mastodonti dei Giovi" ebbero una genesi progettuale, una sto-ria, uno sviluppo ed una vita operativa, alquanto travagliati e complessi, oltre che molto lunga, passando attraverso diverse trasformazioni.

Vennero in origine ordinate a partire dal 1853 dalle Strade Ferrate dello Stato Piemontese, ed il complesso binato prese subito il nome di “Mastodonte dei Giovi”, dovuto alla dimensione (sostan-zialmente doppia rispetto alle locomotive dell’epoca), all’insolito aspetto, alle straor-dinarie ed inedite (per l'epoca) prestazioni in termini di potenza, e probabilmente an-che in omaggio al fossile di un grosso animale preistorico, rinvenuto durante gli scavi per la realizzazione della Linea Storica, segnatamente all'interno della Grande Galleria di Busalla.Le coppie di macchine del primo lotto del 1853, sei costruite dalle Officine Stephenson e sei costruite dalla Cockerill, vennero numerate dalla 39 alla 50.Un secondo lotto di otto macchine Stephenson (quattro coppie) costruito nel 1855 venne numerato dalla 76 alla 79 e dalla 90 alla 93.

Nel 1865 tali macchine entrarono a far parte del parco SFAI ed assunsero la numerazione dalla 1051 alla 1070 e nuo-vamente rinumerate dalla SFAI (Società Ferrovie Alta Italia) nel 1869 dalla 1401 alla 1420.

Una curiosa caratteristica di tali mac-chine (restituita dalla scarna iconografia disponibile, compresi gli ex voto religiosi) fu il primordiale sistema di frenatura a pattino strisciante sulle rotaie, che venne ben presto sostituito nel 1865 con un più comune sistema di frena-tura a ceppi agenti sulle ruote.

Il progetto dei Mastodonti fu un succes-so, tanto che ben presto la disponibilità di queste macchine risultò insufficiente. Vennero così ordinate nel 1861, quindi sei anni dopo il temine delle consegne delle “prima serie”, altre 10 macchine ac-coppiate di costruzione Stephenson.Queste nuove macchine, denominate “Nuovi Mastodonti dei Giovi“, differivano dalle macchine originali per la trazione su tre assi per unità, e per la caldaia al-lungata, il che consentì lo sviluppo di una maggiore potenza.

i MastodontiTesto a cura di Jacopo Borelli

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Con numerazione SFAI 1106-1115, queste macchine si rivelarono però alla prova dei fatti, non del tutto soddisfacenti: le notizie al riguardo sono peraltro scarsissime.Già negli anni '60 dell'800, queste mac-chine accoppiate (o "gemellate") vennero separate, e trasformate in normali mac-chine a vapore singole, dotate di tender indipendenti. Furono quindi suddivise fra la Rete Adriatica e la Rete Mediterranea: alla RA ne pervennero tre coppie, che vennero classificate nel gruppo 201 con numeri da 2011 a 2016; alla RM perven-nero invece due coppie, che furono nu-merate da 5301 a 5304.

Arriviamo così al fatidico 1905: all'atto della statalizzazione delle ferrovie, esi-stevano ancora 3 macchine della RA e 3 della RM; le prime furono classificate nel gruppo 882, con numeri da 8821 a 8823; le seconde nel gruppo 881, con numeri da 8811 a 8813.

Nel 1907 (quelli che erano stati) i "Mastodonti dei Giovi" furono tutti rag-gruppati nel nuovo gruppo 899, con numeri si servizio da 8991 a 8996, per essere però radiati poco dopo, avendo già superato i cinquant'anni di esercizio!

Tra il 1870 ed il 1871, a seguito dell'inno-vazione costituita dai "Nuovi Mastodonti" a tre assi motori, le Officine Nuove di Torino ricostruirono radicalmente le mac-

chine numero 1067, 1068, 1069 e 1060 (ex 76-79 SFSP), trasformandoli in loco-motive-tender, mediante la sostituzione della caldaia, l'aggiunta di un terzo asse accoppiato (con spaziatura tra gli assi dif-ferente da quella dei "nuovi mastodonti"), l'aggiunta di gancio e dei respingenti lato pedana.La capacità fu incrementata per scorte di carbone e acqua (rispettivamente 700 Kg e 3m³ contro i 600 e 2,5 di origine) e la potenza fu accresciuta a 245 Cv invece che 191.La numerazione di queste macchine tra-sformate divenne dalla 1408 alla 1411, e presumibilmente anche le macchine rimaste allo stato d'origine mutarono la loro numerazione in questo arco di tempo compreso tra il 1869 ed il 1871 ormai in prossimità della loro alienazione.Pare che per queste macchine modificate fosse inizialmente previsto il ri-accoppia-mento lato pedana, ma non è chiaro se abbiano circolato per un breve periodo di tempo accoppiate o se vennero utilizzate sin da subito come macchine indipen-denti.È certo che l'utilizzo di queste quattro macchine fu prevalentemente per il ser-vizio di manovra.Nel 1885, la Rete Mediterranea acquisì le unità trasformate numerandole dalla 5201 alla 5204, mentre quasi tutte le uni-tà rimaste allo stato d'origine erano state demolite tra il 1872 ed il 1875.

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In foto è raffigurata la macchina RM 5201 "Lago di Como", la quale nel 1905 ver-rà numerata 8231, ed infine rinumerata 8151 nel 1907.

La demolizione di tale macchina avvenne nei primi anni dieci, presumibilmente tra il 1911 ed il 1912.Alla demolizione del 1872-1875 però scamparono anche quattro macchine an-cora allo stato originale, due Stephenson e due Cockerill: le 1053 (ex 47), 1057 (ex 90), 1061 (ex 39) e 1066 (ex 44) che venne-ro private del grosso serbatoio dell'acqua sulla caldaia e vennero abbinate ad un gigantesco tender a tre assi proveniente da macchine SFAI nel frattempo demolite probabilmente delle serie SFAI 168-169 e 701-702.

Queste goffe locomotive vennero nume-rate dalla SFAI 1404-1407, e rinumerate dalla Rete Mediterranea dalla 5102 alla 5105 essendo il numero 5101 occupato dalla locomotiva ricevuta dalla Compagnia del Frejus nel 1871.

Si ritiene che l'assegnazione di questi esemplari trasformati fosse il servizio di manovra pesante, anche se lascia per-plessi la presenza di un tender di così grosse dimensioni per una macchina a due soli assi accoppiati.

Una di queste macchine era ancora esi-stente all'atto del riscatto delle FS della Rete Mediterranea, nel 1905, e venne numerata 8002: la vediamo in azione nel-la prima foto col suo gigantesco tender e la marcatura RM 5103 barrata quindi collocata temporalmente nei primi mesi della gestione FS.

La 8002 fu l'unica macchina pervenuta alle FS sostanzialmente allo stato d'origi-ne, ancora a due assi accoppiati; e con lei si chiude, probabilmente nel 1912 (quindi poco dopo la prima elettrificazio-ne in trifase del tratto di valico della Linea Storica), la "vicenda terrena" dei nostri amati, mitici Mastodonti dei Giovi.

Locomotive che, sole ed uniche per il loro tempo, riuscirono ad avere ragione della inusitata asprezza della Linea Storica dei Giovi, tra Piano Orizzontale e Busalla, segnando un'epoca. Locomotive che hanno concorso a connotare spirito e carattere del luogo cui questa Mostra è dedicata, divenendone così, a loro modo, se vogliamo, genius loci.

Quel "MOSTRO DI FERRO, TANTE VOLTE DOMATO", come recita l'iscrizio-ne incisa sul cippo commemorativo del disastro di cui ricorrono nel 2018 i 120 anni.

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DIDASCALIA FOTOAGOSTO 2014

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La vicenda, la dinamica del disastro ferroviario del quale si commemo-ra quest'anno il Centoventesimo Anniversario, sono piuttosto note.

Il treno viaggiatori numero 120, partito da Genova alle 18:05 e diretto a Ronco Scrivia, fermo presso alla stazione di Piano Orizzontale dei Giovi, venne investito verso le 20 circa da un pesante treno merci, il numero 3182, in doppia trazione simme-trica, ossia con due locomotive, una in testa ed una in coda, in spinta, che percorreva la tratta di valico Genova Pontedecimo-Busalla, precedendo in linea il treno viaggiatori.

Ai comandi della locomotiva di testa del treno merci in ascesa n. 3182 (chiamata “Gerione“ secondo l'onomastica delle va-poriere allora in voga) si trovava il macchinista Bruschelli.

Imboccata la Galleria dei Giovi, il convoglio proce-deva alla velocità massi-ma consentita dal 35 per mille, ovvero a circa 12 km/h.

Una volta all'interno però, complici anche le rotaie rese scivolose dal rista-gno di fumi, di vapore e dall'umidità naturale, la velocità del treno diminu-iva drasticamente, tanto

Il disastro ferroviario dell'11 agosto 1898: cronaca di una tragedia annunciata

CIPPO COMMEMORATIVOIN STAZIONE A PIANO ORIZZONTALE

da indurre il macchinista della macchi-na di spinta a far partire il regolamen-tare fischio di segnalazione anomalia.

Il treno finì presto coll'arrestarsi, re-stando fermo circa un quarto d'ora, all'incirca alla metà del tunnel, nel di-sperato tentativo di “fare vapore”...

i macchinisti riuscirono poi in effetti a farlo ripartire, ma il treno era

– secondo il gergo ferroviario – "duro", stentava a guadagnare abbrivio e velocità.

Giunto con incredibile difficoltà a soli 250 metri circa dallo sboc-co nord presso la stazione di Busalla, il fuochista in servizio sulla locomotiva di testa perse i sensi, vinto dai velenosi fumi inspirati così a lungo, dal feroce calore, dall'immane sforzo.

Il macchinista, senza potersene curare, si prodigò per fare espri-mere alla locomotiva la massi-

ma potenza-vapore, alimen-tando egli stesso il forno; ma il treno continuava ad avanzare lentamente, troppo lentamente, ben-chè il Bruschelli fosse ri-uscito nell'intento di fare uscire dalla galleria la locomotiva ed i primi due vagoni del convoglio.

CONTINUA...

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La salvezza non era però ancora raggiunta, ed il treno continuava a rallentare: infatti, la micidiale rampa in ascesa (prossima in quel punto al 30 per mille) non finiva (e non finisce neppure oggi!) all'uscita del tunnel di valico, ma prosegue tal quale ancora per qualche centinaio di metri, prima di approdare nel “por-to sicuro” della stazione di Busalla.

A quel punto, il macchinista Bruschelli diede il convenzionale fischio di comando ai frenato-ri, che però non risposero, esausti, e svenuti anch'essi.

Il convoglio, quindi, prima si fermò; e poi, dopo pochi istanti, cominciò per naturale ed ineluttabile inerzia e gravità a retrocedere sul piano inclinato, senza che i frenatori potessero in alcun modo contrastare il libero gioco delle leggi fisiche.

Bruschelli azionò anche, ma inutilmente, il freno a mano di emergenza a servizio del tender della locomotiva (ossia il carro portante le scorte di combustibile ed acqua), azionò anche un'infinità di volte il fischio di segnala-zione di emergenza, sperando che i frenatori e colleghi alla fine lo sentissero, si scuotessero dal micidiale torpore, ed intervenissero per fare quanto in loro potere... ma nulla.

Anche il macchinista Cardellino, sulla loco-motiva di coda (la “Titano”), era da tempo svenuto, sicchè la macchina era ormai abban-donata a se stessa e senza controllo alcuno, contribuendo con la propria massa ad incre-mentare la velocità della rovinosa discesa del convoglio.

Bruschelli era ormai ben consapevole dell'im-mane, ed ineluttabile disastro al quale stava andando incontro la sua locomotiva, il suo pesante treno merci, sul 35 per mille verso Piano Orizzontale dei Giovi, man mano che il treno prendeva velocità, senza freni, senza governo umano, mostro d'acciaio ormai fuori controllo, indomabile, verso uno schianto tanto certo quanto orrendo!

“Buttati, buttati giù dalla locomotiva, che gli altri sono stesi sulla macchina!” gli urlavano i ferrovieri e casellanti in servizio lunga la linea.

Consapevole del suo appuntamento con la morte, ma non rassegnato, Bruschelli decise di non abbandonare i comandi, continuando a manovrare il regolatore della

contropressione della sua locomotiva, e con-tinuando disperatamente a fischiare, nella – forse ingenua – speranza di attutire, in qualche modo, gli effetti dello schianto, di an-nunciarne a tutti l'imminenza, di permettere a qualcuno, nei limiti dell'umanamente possibile, di mettersi al sicuro, di scamparvi.

Si contarono circa 100 feriti (in gran parte ferrovieri) e 12 morti.

I nomi dei ferrovieri caduti, riportati sulla colonna del cippo commemorativo di Piano Orizzontale:• MAESTRI Ferdinando (capo conduttore)• CARDELLINO Tomaso (macchinista)• ALBERTO Giacomo (fuochista)• BARLASSINA Luca (fuochista)• BONA Bernardino (frenatore)• PANFIETTI Enrico (frenatore)• FASANO Ferdinando (frenatore)• BIGA Luigi (frenatore)

Secondo Il Secolo XIX, risultano inoltre deceduti nella sciagura:• ALBERTI (fuochista)• BARTOLI Albertina coniugata ASTENGO

con il figlio undicenne LUIGINO• BARABINO Giacomo (commerciante)

morto il 12 agosto 1898 a seguito delle gravi ferite riportate

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Sempre efficace e toccante risulta la lettura della ben nota testimonianza del signor Villavecchia di Genova, presente sul treno 120 assieme ai suoi tre figli, inserita in un articolo pubblicato all'epoca sul quotidiano genovese Il Secolo XIX:

Testimonianza del signor Villavecchia tratta da Il Secolo XIX

«Mi trovavo io pure assieme ai miei tre figli, per recarmi in campagna sul treno partito da Genova alle 6 e 5 minuti.Quando raggiungemmo il cosiddetto piano orizzontale il nostro treno si fermò per lasciare la linea libera ad un treno merci proveniente da Lodi.Quando questo treno ebbe imboccata la galleria e per-corso un tratto che non saprei precisare, ma breve, av-venne un caso tremendo, come ho potuto sapere dopo.

Per il maledetto carbone usato da tempo a questa parte dalla società ferroviaria, tutto il personale della macchina del treno merci, fu colto all'improvviso da asfissia; chi cadde riverso là dove si trovava; chi precipitò a terra, e poi fu sfracellato da tutto il peso delle ruote che passa-rono sul suo corpo.

Il treno stesso, senza più governo di freno che lo dirigesse, senza più forza intelligente che potesse, in quel supremo momento, avere ragione della forza brutale e cieca della macchina, cominciò a rinculare spaventosamente, verti-ginosamente, nella sua orribile corsa all'indietro venne a

cozzare contro le prime vetture del nostro treno...Ma quale urto, mio Dio! tremendo, indescrivibile.Io ne avrò per lungo tempo l'infernale rumore nella testa. Intuì, come in un lampo, quello che accadeva.Alzatomi come spinto da una scossa elettrica, afferrai le mie tre creature, e le lanciai fuori dal carrozzone, preci-pitandomi dietro ad esse; poi vidi, come in una visione terrificante quello che era seguito.Cinque o sei carrozzoni, i primi che subirono l'urto del treno merci rinculante, volarono in pezzi, ma che dico! In ischegge minute, come disfatti da una forza gigantesca annientati.

Da ogni parte mi ferivano l'orecchio gemiti di feriti, urla di dolore e di rabbia dei dilaniati, mezzo sfracellati, trascinatesi per terra e lasciando dietro a loro brandelli di carne e frantumi di ossa; udii imprecazioni contro la ferrovia chiamata in colpa di tanto disastro; poi chiazze di sangue, e qua e là visi incadaveriti dall'asfissia...Sottrassi me ed i miei figli da quel disumano spettacolo, perché era da perderne la ragione»

Già le cronache giornalistiche del tempo (Il Secolo XIX) si incaricarono, all'indomani dei fatti, di riferire e denunciare – senza particolari remore, pur venendo chiamato in causa un industriale potente ed impegnato in politica – il motivo primo ed immediato della immane tragedia: «[...] per il maledetto carbone usato da qualche tempo a questa parte dalla società ferroviaria, tutto il personale di macchina del treno merci è stato colto da asfissia assieme al frenatore che, cadendo dalla sua cabina soffocato dal fumo, ha lasciato il treno abbandonato a se stesso».

Si trattava delle famigerate mattonelle di carbone, composte da un micidiale impasto di pece, catrame e carbone polverizzato, economico surrogato del ben più costoso carbone di importazione (inglese o tedesco), prodotte e fornite in regime di semi-monopolio alle imprese ferroviarie private (sempre più tese ad un contenimento dei costi di esercizio,

in barba a qualsiasi principio e di sicurezza e tutela dei lavoratori) dall'azienda Raggio di Novi Ligure.

Le venefiche esalazioni prodotte dalla combustione di siffatte mattonelle costringono i malcapitati ferrovieri, durante l'attraversamento delle lunghe gallerie, quale quella di Busalla, a proteggersi la bocca e le narici con spessi panni di stoffa ben impregnati d'acqua pura.

Il transito nella galleria dei Giovi, della durata di circa nove minuti in salita ed undici minuti in discesa, era esperienza a dir poco massacrante per i macchinisti... e ben modesto, se non ipocrita palliativo rispetto ad un servizio tanto usurante , nocivo e pericoloso appare il bicchiere di latte loro offerto "per servizio", all'uscita del tunnel di valico, una volta giunti alle stazioni di Busalla in ascesa o Pontedecimo in discesa.

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VI In Parlamento, nell'ambito di un ben più vasto e risalente dibattito politico, econo-mico e giuridico sul modello di gestione privata delle ferrovie disegnato dalla legge del 1865 e fino a quel momento in vigore (la c.d. “Questione ferroviaria”), Giuseppe Saracco denunciò in modo specifico e puntuale l'uso a fini di risparmio e maggior lucro delle società private di gestione fer-roviaria, del "velenoso miscuglio" costituito dalle tristemente note mattonelle di car-bone prodotte dall'on. Edilio Raggio nella sua azienda Carbonifera di Novi Ligure, e fornite in regime di monopolio alle aziende ferroviarie.

La tragedia di Piano Orizzontale dei Giovi (come sempre è accaduto ed accade anco-ra oggi) contribuì ad aprire uno squarcio sulla realtà del lavoro in ferrovia, e sulle condizioni dei macchinisti e dei ferrovieri, privi di tutele e sottoposti a massacranti turni di servizio, complice in larga parte l'allora vigente organizzazione dettata dal sistema delle concessioni ferroviarie.

Ed essa può a ragion veduta definirsi epo-cale sotto diversi profili:

• perchè incise in modo significativo, per la sua gravità, sul dibattito politico, economico ed amministrativo all'epoca in corso circa l'opportunità di superare il vecchio sistema di concessione del servizio ferroviario all'industria privata, sfociato nella L. Giolitti del 1905, istitu-tiva delle FF.SS. (come meglio vedremo infra);

• perchè, anche a seguito della istituzio-ne di una commissione parlamentare d'inchiesta sulle scadenti e pericolose forniture di “mattonelle” effettuate dall'a-zienda Raggio, la sciagura del 1898,

diede l'avvio a misure minime di welfare per il personale ferroviario, coronando di successo le battaglie in tal senso con-dotte dal ferroviere e proto-sindacalista Cesare Pozzo (alla cui figura storica la Associazione Mastodonte dei Giovi ha dedicato una mostra monografica nel 2014 e 2015, della quale vengono nuo-vamente esposti alcuni pannelli);

• perchè segnò la fine definitiva della trazione a vapore sulla Linea Storica dei Giovi aperta al traffico nel 1853/54 (con prescrizioni interdittive in vigore ancora oggi), linea che nel giro di pochi anni venne infatti elettrificata in corrente alternata trifase, dapprima nella tratta di valico Pontedecimo-Busalla, con enorme beneficio in termini di sicurezza e di incremento delle sue potenzialità trasportistiche; mentre solo diversi anni dopo venne intrapresa l'elettrificazione della più moderna Linea Succursale (ultimata nel 1889), in virtù del suo più favorevole andamento altimetrico.

Le conseguenze politiche, economiche e tecniche del disastro ferroviario dell'11 agosto 1898

CESARE POZZO

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GIOVANNI GIOLITTI1842 - 1928

La tragedia del 1898 cade dunque nel pieno del pluridecennale dibattito politico-economico sulla cosiddetta Questione Ferroviaria, inziato in Italia già dagli anni '70 dell'800.

Il sistema ferroviario italiano era all'epoca regolato essenzialmente dalla normativa "di unificazione", introdotta nel 1865, che aveva concesso buona parte dell'eserci-zio (e della costruzione) della rete ferro-viaria italiana a società private.

Nel 1885 l'esercizio della rete ferroviaria era stato riaffidato, sulla base di rinno-vati atti concessori, a tre distinte società private: la Rete Mediterranea, la Rete Adriatica e la Rete Sicula. A distanza di oltre un trentennio, ed alla luce dell'esperienza concreta matura-ta sul campo, tale modello di gestione concessoria-privatistica aveva fatto nel complesso registrare notevoli ritardi nelle costruzioni delle linee, omissioni negli investimenti infrastrutturali e sulla sicu-rezza, intollerabili perdite economiche, e conseguenti, continue onerose sovven-zioni "straordinarie" e sussidi statali varii, a ripianamento dei crescenti deficit di esercizio.

Tale modello organizzativo mostrava così tutti i propri limiti intrinseci, legati innan-zitutto alla sostanziale antieconomicità, e scarsa remuneratività, per l'imprendi-tore ferroviario privato, di una gestione che richiedeva onerosissimi e continui interventi manutentivi sulla rete e sugli impianti ferroviari fissi.

L'industria privata aveva tanto più lesina-to sui necessari, a volte imprescindibili investimenti, previsti dalla stipulate con-venzioni, quanto più esse si avvicinavano ormai a naturale scadenza, nell'intento di lucrare quanto più possibile nel residuo periodo di gestione, per poi restituire alla mano pubblica infrastrutture ferroviarie in pessime condizioni manutentive.

È in un tale complessivo contesto econo-mico-imprenditoriale che deve collocarsi, anche, la fornitura delle famigerate, sca-denti mattonelle surrogato del carbone causative del disastro del 1898.

L'approdo del dibattito sulla "questione ferroviaria" è innanzitutto di tipo culturale e giuridico: si afferma infatti finalmente in Parlamento, su impulso del Governo di Giovanni Giolitti (1842-1928), la conce-zione del servizio ferroviario come servi-zio pubblico nazionale, con instaurazione dell'esercizio ferroviario di Stato sull'inte-ra rete, previo riscatto delle concessioni ferroviarie all'industria privata ancora in essere.

La "Questione Ferroviaria": politica, economia, e dirittoLa nascita del (concetto di) servizio pubblico

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SILVIO SPAVENTA1822-1893 - statuta eretta a Bergamo

Protagonista illustre e decisivo del dibat-tito in corso è da anni un esponente della Destra Storica, Deputato del collegio di Bergamo, giurista insigne e Consigliere di Stato: Silvio Spaventa (1822-1893), che negli stessi anni risulta altresì determinante per l'affermarsi, in Italia, di un sistema di giustizia amministrativa a tutela del citta-dino contro gli atti illegittimi della Pubblica Amministrazione, istituendo a tal fine la IVª Sezione Giurisdizionale del Consiglio di Stato.

Autore già nel 1876 del celebre "LO STATO E LE FERROVIE. Scritti e discorsi sulle ferrovie come pubblico servizio", egli così replicava all'obiezione degli esponenti poli-tici liberisti contro i pericoli dello "Stato indu-striale: in molti rami di pubblica amministrazione lo Stato è obbligato a giovarsi di mezzi industriali senza che per questo l'amministrazione diven-ti un opificio... infatti, ciò che costituisce il vero concetto economico della produzione industriale non sono già i mezzi industriali d' quali bisogna pur sempre valersi, in qualunque un pò vasta operazione, sibbene il lucro e la speculazione negli intendimenti del produttore. Ora se lo Stato intraprende l'esercizio delle ferrovie solamente

logica, nitore concettuale e giuridico l'arti-colo 1 della Legge 137 sancisce che "Dal 1° luglio 1905 lo Stato assume l'esercizio: a) delle ferrovie di proprietà dello Stato comprese nelle attuali reti Mediterranea, Adriatica e Sicula".

Va altresì ricordato come la Legge del 1905 avesse avuto un significativo prodromo nella Legge 103 del 29 marzo 1903, con la quale era stata per la prima volta disciplinata la "assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni": la cosiddetta "mu-nicipalizzazione".

Da essa infatti il Legislatore del 1905 dove-va mutuare l'impianto giuridico-concettuale, l'impostazione politico-economica, e la stessa terminologia: assunzione diretta, da parte della pubblica amministrazione, di quei servizi aventi una rilevanza pubblica, e che proprio per questo non era opportuno, ovvero non era (più) possibile, lasciare al libero gioco del mercato, in quanto non re-munerativi in ottica imprenditoriale, servizi che risultavano nondimeno fondamentali ed imprescindibili per lo sviluppo civile ed economico, nonchè per il soddisfacimento di bisogni primari della comunità: una pri-ma, concreta forma di welfare dei servizi al cittadino.

L'elenco dei servizi pubblici locali di cui alla legge 103 del 1903 riflette, ma solo in parte, la realtà della vita e dei bisogni quotidiani di oltre cent'anni or sono e molto significativa-

per meglio soddisfare ad un servizio pubblico, preve-nendo le difficoltà ed i danni che si hanno nel lasciarlo a mani di Società, potrà valersi di mezzi industriali come ap-punto se ne vale in moltissimi rami d'amministrazione, ma non eserciterà mai e poi mai un'industria".

Concetti e parole che a distanza di oltre 140 anni restano di lucidità esem-

plare, e quanto mai attuali, in tempi di im-perante neoliberismo, apertura al mercato, privatizzazione dei servizi pubblici.

L'esercizio di Stato delle Ferrovie Italiane è sancito definitivamente con la Legge 137 del 22 aprile 1905, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n°95 di sabato 22 aprile, ed intitolata "Provvedimenti per l'esercizio di Stato delle ferrovie non concesse ad imprese private".

La Legge costituisce, nel 1905 il corona-mento di un iter lungo e tormentato.Con mirabile semplicità, chiarezza termino-

mente contempla già i servizi di tra-sporto pubblico: tramvie e auto-bus, la mobilità come servizio e come diritto dei cittadini.

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Forse non tutti sanno che... qualcuno ha pensato di ambientare a Piano Orizzontale dei Giovi addirittura un romanzo horror/fantasy, degno di Stephen King, o di Edgar Allan Poe; Poe, autore prediletto di quel letterato spagnolo di fine ottocento, quel Pedro Antonio de Alarcon che abbiamo visto viaggiatore ammirato, entusiasta della ardita modernità della Linea Storica dei Giovi, durante il suo viaggio in Italia nel 1860/1861.

La dimensione fantastica, metafisica,orrorifica di una stazione e di un luogo non solo ferroviario, ma dello spirito (o degli spiriti)

Incipit del bizzarro ed intrigante romanzo di cui stiamo parlando:

«L'ultracentenaria stazione di montagna appare morente e trascurata. Le mura esterne, dipinte tanto tempo fa con una sgargiante vernice violacea, mar-ciscono per umidità e per incuria. Erbacce e ruggine si contendono i pochi centimenti quadrati di superfici e di strutture ancora salubri. Sporcizia, lattine vuote e cartacce impregnano gli sconnessi pavimenti del minuscolo androne.

Eppure Piano Orizzontale non è una stazione di-smessa. Non è un ramo secco, secondo la definizio-ne infelicemente azzeccata di un politico degli anni Ottanta, ma soltanto un piccolissimo scalo abbando-nato e senza manutenzione. Un luogo impressionan-te e minaccioso anche nelle più solari luci del giorno. Tuttavia una stazione tuttora operativa perchè l'unico altoparlante distribuisce messaggi sui convogli in transito e due volte alla giornata, verso le nove del mattino e le cinque del pomeriggio, un treno locale si ferma per non più di un minuto, il tempo esatto perchè i fortuiti passeggeri possano, di corsa, salire o scendere. In gran fretta, per lasciarsi alle spalle quell'incombenza sepolcrale.

Quando fu costruita, ben oltre un secola fa, la stazio-ne avrebbe dovuto servire un villaggio virtuale che

non vide mai la luce. Con il tempo ci si accorse che i suoi punti di riferimento, allora e sempre, sarebbe-ro stati pochi e occasionali viaggiatori provenienti dalle disperse e nascoste casupole fra le montagne. Un'umanità risicata e quasi ignota al resto del mon-do.

Poi, nel 1898, una sciagura terribile segnò per l'e-ternità quella zona, che tutti già facevano a gara per ignorare. Era la mattina dell'undici agosto, quando un treno passeggeri diretto a Ronco venne fermato all'altezza della stazione di Piano Orizzontale per lasciar transitare un altro convoglio che viaggiava alla volta di Lodi. Pochi attimi dopo l'ingresso di quest'ultimo nella poco distante galleria si consu-mò il dramma. I fumi fuoriuscenti dal locomotore a carbone, quel "maledetto carbone usato a tempo a questa parte dalla società ferroviaria", come riportò un cronista de Il Secolo XIX, testimone dell'accaduto, causarono un'intossicazione con immediata asfissia a tutto il personale viaggiante e a parecchi passeg-geri del convoglio entrato in galleria.Alcune persone caddero in un attimo sul pavimento del locomotore con le mani alla gola, rappresentan-do coi gesti un disperato quanto inutile tentativo di salvezza»

Un romanzo che muove dalla tragedia e dal disastro fer-roviario di Piano Orizzontale, dell'agosto 1898... e non potrebbe essere altrimenti.

L'Autore è Danilo Arona, nato ad Alessandria il 28 maggio 1950, scrittore e saggista, nonchè chitarrista rock negli anni '70, presumibilmente aduso ai viaggi in treno sulle linee dei Giovi, e buon conoscitore di Piano Orizzontale e della sua Storia.

Il libro è "La stazione del dio del suono", edizioni Larcher, 2004, 248 pagine, € 16.

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Si tratta del sequel de "Un brivido sulla Schiena del Drago", sempre dello stesso Arona, stimato cultore del genere fantasti-co/orrorifico, con all’attivo una lunghissima serie di saggi e opere narrative, che esplo-rano sotto svariati aspetti tutte le 'dark si-des' della cinematografia.

Arona ci parla in questa "Stazione del dio del suono" di quei luoghi gravidi ed intrisi di forze malefiche ed oscure, generati dalla arcana ed insondabile intersezione delle linee vettoriali di energia che percorrono ed attraversano tutta la Terra.

Si tratta di teoria ben nota ai "cultori della materia", secondo cui queste linee di ener-gia renderebbero i luoghi costruiti sulla su-perficie terrestre, sopra al loro passaggio, catalizzatori di forze oscure e potenti, per lo più malvagie.

In questo romanzo, la teoria di che trattasi è il leit motiv che attraversa tutta una serie di racconti (quelli narrati a turno dai vari membri del Circolo, in quelle lunghe notti trascorse a Piano Orizzontale); racconti che di primo acchito appaiono a se stanti, autonomi, ma che invece via via, allorché la notte diventa sempre più profonda, ed il racconto complessivamente si dipana, fanno intravedere sempre più chiaramente una trama comune, un filo rosso, un fat-tore comune. Un pericolo incombente ed ineluttabile, sempre più concreto, sempre più vicino, i tasselli che uniti insieme pa-leseranno il disegno oscuro concepito dal dio del suono, molta suspence, e molta originalità.

Piano Orizzontale dei Giovi è dunque uno di questi luoghi magici e misteriosi, ben oltre ed al di là della sua mera dimensione "ferroviaria".

Ed è proprio a Piano Orizzontale che un gruppo di arzilli, demonia-ci vegliardi è solito radunarsi, an-cora una volta per celebrare una "veglia"... la notte li vedrà prota-gonisti, uno ad uno, improvvisan-

do a turno un racconto. Storie macabre, del terrore: quale luogo, quale dimensione dello spirito più adatta di Piano Orizzontale dei Giovi agli incontri dei bizzarri membri del Circolo del Venerdì? Uomini di mezza età che, novelli Poe, emuli di King, amano raccontare e raccontarsi storie del terrore, a turno, per tutta una lunga notte.

L'orrenda narrazione immaginata in quei racconti, complice l’oscura energia che da quel luogo promana, si trasformerà però presto in terribile realtà.

Piano Orizzontale è raffigurata come una stazione ferroviaria semi-abbandonata, infestata dalle erbacce, con ruggine ovun-que.

Nel racconto, si dice di essa che quando fu costruita, avrebbe dovuto rappresenta-re uno snodo vitale per le ferrovie del nord Italia, addirittura essa avrebbe dovuto ser-vire una dinamica e vitale new town.Viene in mente la trama di qualche famoso film western, troppo onore, pura fantasia !

Il racconto parla dunque della sciagura del 1898 e dei suoi numerosi morti e feriti: da allora, la fama sinistra di questa stazione e di questo luogo, il cui aspetto divenne spettrale.

Non possono mancare allora i fantasmi delle vittime di quella lontana sciagura ferroviaria, gli spiriti che di notte si dice infestino la galleria di valico verso Busalla, poco lontana.

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Storie di lavoro e di vita in ferrovia... dalle parti di Piano OrizzontaleStralci di interviste contenute nel libro "Quelle grandi ruote rosse – Storie di vita e di lavoro in Valle Scrivia", a cura di Francesco Bertuccio e Maria Giovanna Mello. Editore Sagep, Genova, 2013

«Ne abbiamo soccorsi parecchi di treni, che di solito rimanevano di fronte alla stazione di Mignanego, alla galleria Calzolai. Quello è un punto un pò critico, perchè a Piano Orizzontale c'è la fermata per i treni viaggiatori locali, per i pendolari; quando il treno ripartiva, se i binari erano bagnati, dopo neanche duecento metri, ci rimaneva... se non riusciva a prendere un pò di velocità mentre andava in piano, rischiava di rimanere fermo, a causa della pendenza, perchè sul bagnato le ruote slittano.

Allora chiamavano il soccorso e interveniva-mo noi. Anche questo era un lavoro importan-te qui a Busalla»

Antonio Traverso, Manovratorenato a Ronco Scrivia il 26 maggio 1948

«Una notte arrivo a Busalla con un treno merci molto pesante; ricordo che era com-posto da 28 carri pianali, carichi ognuno con un piastrone molto grande di acciaio. Dopo una breve sosta ripartiamo.

Durante la discesa verso Pontedecimo ho avuto grosse difficoltà di frenatura e a stento sono riuscito a fermarmi al Piano Orizzontale. Il treno era composto da carri francesi muniti del dispositivo di frenatura del tipo "Piano-Montagna".

Il capotreno a Busalla si era dimenticato di disporlo sul "Montagna", lo ha fatto a Piano Orizzontale e, dopo aver fatto la pro-va freno, siamo ripartiti normalmente verso Sampierdarena. Per fortuna tutto è finito bene.

Quando era necessario ci mandavano a Busalla con la macchina isolata (n.d.r.: lo-comotori a ruote basse dei gruppi E 550, 551 o E 554) per fare scendere a Genova i treni che erano arrivati da Milano o Torino con locomotori a ruote alte, erano i 431 e 432 Trifase; le ruote alte, utilizzate dai locomotori veloci per le corse in pianura, non erano adatte al tratto dei Giovi perchè in discesa frenano troppo poco.

Così andavamo in testa al treno e lo face-vamo scendere da Busalla a Pontedecimo; poi ci tagliavano e il treno proseguiva con la composizione normale e noi venivamo utilizzati per fare rinforzi in coda o altre di-scese analoghe»

Dino Carpi, Macchinistanato a Mignanego il 16 maggio 1924

COPERTINA DEL LIBRO

Una linea difficilissima, che ha sempre messo a dura prova macchine e mac-chinisti, una fermata a volte... "saltata"!

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«Percorrere la linea dei Giovi, nel tratto Pontedecimo-Busalla, è stato sempre com-plicato, sia in salita che in discesa, per la forte pendenza. Però, tutto sommato, secon-do me è più complicato andare in su, in giù rotola tutto!

C'erano problemi di aderenza con i nuovi sistema di frenatura in continuo hanno supe-rato, mentre una volta la macchina scivolava, magari c'erano carri che non frenavano, e la galleria dopo Busalla va giù talmente ripida che, se sei su un locomotore, ti sembra di non passarci.La prima volta che sono sceso a Busalla – da Alessandria non c'ero mai venuto – prendo un pò di corsa perchè dico "Vai giù...", ma mi son trovato che mi sembrava di andare nel vuoto, perchè la galleria la vedi giù, molto più bassa rispetto alle altre. Bisogna provare per avere l'occhio... da sopra alla macchina dici "Belin! Non ci passo! Picchio sopra!", perchè vedi solo mezza galleria, poi vedi i binari che vanno giù così... è la galleria più ripida!

Quando vieni giù da Bussoleno, Modane, da San Giuseppe di Cairo verso Savona, anchè lì arrivi sul 25‰, ma questa qui è il 35‰! Poi quando esci dalla galleria, per arrivare a Piano Orizzontale, ti sembra di arrivare alla strada, è proprio il punto più ripido.

Comunque, andare giù verso Genova, se hai dei buoni freni, non è difficile, ma è a ve-nire su che a volte hai dei grossi problemi, perchè senti il treno che non va su.

Una volta siamo a venuti a prendere una navetta, l'ultima della notte, siamo venuti su con due macchine, abbiamo molato quasi 500 metri di binari per venire su! C'erano scintille dappertutto, con le ruote che slitta-vano, non riuscivi a prendere velocità! Belin! Era d'estate ed era venuto un temporale, c'era quell'umidità che si forma sui binari; il locomotore della navetta aveva beccato un fulmine ed era lì, bloccato, col treno com-pleto.

Siamo venuti con due macchine, ma c'era un bel da fare a tirar su il treno, partendo da fermi, in salita, e con quella pendenza!»

Franco Ameri, Macchinista e Fermodellistanato a Serravalle Scrivia il 18 agosto 1950

«...per un anno e mezzo ho percorso quel tratto otto o dieci volte al giorno, fra salita e discesa, ed ho visto parecchi treni viaggiato-ri, che pure avevano la frenatura pneumatica, saltare la stazione di Piano Orizzontale, con grande disappunto dei passeggeri, o pas-sare di molto il segnale rosso di entrata a Pontedecimo».

«Anche la salita era un problema, certe vol-te i treni diretti a Busalla, dopo la fermata al Piano Orizzontale, dove c'è il tratto di mas-sima pendenza, non riuscivano più a prose-guire, se c'erano i binari bagnati, per la poca aderenza delle ruote alla rotaia e, dopo un pò di tentativi, bisognava chiamare una macchi-na di soccorso da Pontedecimo per aiutarli a salire; ho anche visto, sempre in quel tratto, col treno a minima velocità, l'aiuto macchini-sta scendere e mettere sui binari molti sassi anche se le macchine avevano le sabbiere in funzione.»

Lorenzo Percivale, Capo manovranato a Ronco Scrivia il 10 marzo 1915

«Per un macchinista un momento difficile è scendere dai Giovi. La nostra è una linea difficile, la più ripida d'Italia: da Busalla a Pontedecimo, con il 36 per mille di pendenza, non è una cosa semplice; il pezzo più difficile è l'inizio della galleria.

Infatti, se capitava, per qualche strano motivo, che arrivasse un treno da Torino o da Milano con un macchinista che qua non era mai pas-sato, mandavano un macchinista a scortarlo per la discesa da Busalla a Ponte Decimo. Io ci sono andato più volte!Quando c'era la corrente alternata, si agiva diversamente: oltre che il freno c'era il recu-pero di energia... con la corrente continua frenare il treno è diventato molto più facile... Una volta c'erano i frenatori, ma nei tempi andati!»

Adriano Traverso, Macchinistanato a Borgo Fornari il 19 novembre 1922

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Con ogni probabilità, la stragrande maggio-ranza dei circa 400 viaggiatori (tra cui molti stranieri) a bordo dell'Eurocity 159 Thello Milano Centrale – Nice Ville – Marseille, quel 10 dicembre 2017 deviato sulla “Linea Lenta” a causa della chiusura per gelicidio della “Succursale”, nemmeno avevano mai sentito nominare la nostra stazioncina, la sua Storia, il disastro dell'11 agosto 1898 e neppure le macabre storie di fantasmi del libro di Danilo Arona (meglio così, verrebbe da dire).

Verso le ore 17, al buio di una gelida gior-nata d'inverno, il convoglio composto da 7 carrozze (le due di 1ª classe come sempre in coda), al traino del consueto potente locomotore E402B, si arrestò proprio alla fermata di Piano Orizzontale dei Giovi, in corrispondenza del segnale di blocco al binario 1.

E vi sarebbe rimasto la bellezza di tre ore, per di più con alcune carrozze rimaste prive di riscaldamento, a causa della mancata alimentazione elettrica (il cosiddetto REC Riscaldamento Elettrico Convoglio): la linea aerea era stata infatti resa inservibile da una calotta di ghiaccio formatasi sui fili di contatto a seguito delle copiose preci-pitazioni gelate (quel famigerato gelicidio, peraltro previsto in anticipo dal meteo, ne-ologismo poi rilanciato ossessivamente dai media). Precipitazioni che avevano flagellato

nelle ore precedenti la nostra regione, ed in particolare l'Appennino Ligure, impedendo così ai pantografi dei locomotori di cap-tare la corrente elettrica.

«Il gelo sui binari e sulla linea elettrica avevano bloccato il treno Thello tra Milano e Nizza sui Giovi alla stazione in disuso, tra Busalla e Pontedecimo, dell'Appennino ligure.»

Piano Orizzontale dei Giovi, degradata dunque a stazione senza nome, abbando-nata, priva di vita ed inospitale, sperduto e dimenticato minuscolo pianeta ai margini estremi del sistema solare ferroviario.Piano Orizzontale identificata dall'impietosa e spicciola cronaca giornalistica come mero ed imprecisato luogo del disagio ferroviario, e della – sacrosanta – protesta di centi-naia di viaggiatori bloccati lì, tra Busalla e Pontedecimo, nell'Appennino Ligure... un luogo destinato però probabilmente a rima-nere impresso nella (o da rimuovere dalla) memoria di quei viaggiatori, dopo quell'e-sperienza!

L'episodio – per il quale si mobilitò la Protezione Civile – ebbe un certo rilievo mediatico, a livello di cronaca locale e non solo, anche a causa della presenza bordo del treno di alcuni politici liguri, e di molti tu-risti internazionali, per le prossime festività di fine anno.

Eurocity bloccato dal gelicidioovvero, della “cattiva stampa” di Piano Orizzontale...

THELLO IN TRANSITO A PIANO ORIZZONTALEFoto APRILE 2018

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da larepubblica.it edizizione genovese del 10 dic. 2017

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Su denuncia anche del Codacons, ne sca-turì un'inchiesta della Magistratura geno-vese, che ipotizzò i reati di interruzione di pubblico servizio, blocco ferroviario e ina-dempimento di contratti di pubbliche fornitu-re, avuto riguardo – nell'ipotesi accusatoria – alle inadeguate modalità e tempistiche di intervento di RFI, tenuto conto delle previ-sioni meteo diffuse nei giorni precedenti.

Esso deve farci riflettere, ancora una volta, almeno sul carattere tuttora complementare ed irrinunciabile della Linea Storica... un vero e proprio monumento vivente, vecchio di oltre un secolo e mezzo, nondi-meno infrastruttura ferroviaria ancora oggi essenziale, ogni qualvolta si verifichino inconvenienti o limitazioni alla circolazione sulla Linea Succursale, anche per interventi manutentivi, come ormai abituale da anni, specie nel periodo estivo, almeno fino al completamento del Terzo Valico AV/AC.

Accade, allora, che i treni della Succursale debbano essere deviati sulla Lenta: i Deviati dei Giovi, per la gioia dei sempre più numerosi appassionati e fermodellisti; convogli di rango, anche internazionali (come oggi il Thello ed il Mosca-Nizza), ed anche treni ad Alta Velocità (Frecciarossa Genova-Venezia), immortalati mentre – forti di potenze esuberanti – affrontano le aspre rampe, le tortuose curve, le affasci-nanti sinuosità del tracciato ottocentesco della Linea Lenta: l'antica ferrovia, adesso percorsa da treni modernissimi ed all'avan-guardia, con un effetto (non solo visivo) di straniante contrasto; lo spettacolo dei treni in transito da Piano Orizzontale e non solo, in suggestive riprese video digitali, ad opera di Sergio Vadora, selezionate appo-sitamente dall'Autore per questa Mostra e qui visionabili.

10 DICEMBRE 2017IL THELLO FERMO PIANO ORIZZONTALE TRENO MOSCA-NIZZA

Con questo episodio (sul quale l'Autorità Giudiziaria deve ancora pronunciarsi) – per dovere di cronaca – chiudiamo questo nostro viaggio a Piano Orizzontale dei Giovi.

Alla fine di questo nostro viaggio, come alla fine di ogni viaggio, restano alcune ingenue domande: dove sarà quel vec-chio (ed ultimo) Capostazione di Piano Orizzontale? Dove sarà quella antica stufa, scoppiettante di ciocchi di legna, nella piccola sala d'attesa, conforto nelle gelide mattinate d'inverno? Che ricordo avrebbero serbato, di Piano Orizzontale dei Giovi, i viaggiatori casuali, infreddoliti ed inferociti dell'EC 159 Thello, in un'altra dimensione ferroviaria, in un altro tempo, in cui le stazioni disabilitate, impresen-ziate, abbandonate, prive di vita... non esistevano?

Grazie per aver visitato la mostra...e di aver viaggiato con noi

IL MURAGLIONE DI SOSTEGNO DELLA LINEA STORICA A SUD DI PIANO ORIZZONTALE, RIPRESO DALLAPIAZZA MATTEOTTI, ANTISTANTEIL PALAZZO COMUNALE DI MIGNANEGOMaggio 1973, archivio fam. Casano

© 2018 Mastodonte dei Giovi

Page 38: Un biglietto per Piano Orizzontale dei Giovi

un biglietto perPIANO ORIZZONTALE DEI GIOVI

1898 - 2018

COMUNEMIGNANEGO

COMUNESERRÀ RICCÒ

COMUNERONCO SCRIVIA

CON IL PATROCINIO

DI

MOSTRA ORGANIZZATA

DALL'ASSOCIAZIONEONLUS

IN COLLABORAZIONE CON

PARROCCHIASAN MARTINO

VESCOVORONCO SCRIVIA

Ideazione originale e testiMichele Casano

Layout grafico e organizzazione digitale dei pannelliLuca Mazzucco

Fotografie ferroviarie esterneCarmelo Mulè, Massimiliano Tripodi

Fotografie d'epoca, reperti e materiali d'archivio: collezione Mastodonte dei Giovi

salvo diversa indicazione/didascalia

Mostra realizzata da un'idea condivisa con Eliana Piccardi.

Stralci del "Progetto Rigamonti" riprodotti su espressa autorizzazione degli Eredi e Colleghi del Defunto.

Il libro "La stazione dei dio del suono", ed. Larcher 2004, è riprodotto e commentatoper gentile concessione dell'Autore, Danilo Arona.

Si ringrazia il Socio Sig. Giorgio Barile per l'apparecchio telegrafico esposto.

CREDITS E NOTE LEGALI

© Riproduzione riservata - ottobre 2018L'idea originale, i testi, i contenuti originali di questa Mostra e il suo layout grafico appartengono a Mastodonte dei Giovi Onlus, Ronco Scrivia.

Testi, opere letterarie, scientifiche, pubblicazioni, fotografie, documenti etc. sono comunque citati e/o riprodotti a fini puramente divulgativi e culturali, senza alcuno scopo di lucro, ai sensi e nel rispetto dell'art. 70 della LEGGE 22 aprile 1941, n.633 ("Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio") e ss.mm.ii..

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