Tursitani - Notizie Tursi - LA CAPPELLA DE GEORGIIS ...dal medico di Tursi Antonio Nigro3, recita...

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A Tursi nel più antico quartiere della città, detto Rabatana, sorge la Chiesa Collegiata intitolata a Santa Maria Maggiore. Al piano inferiore della costru- zione, in corrispondenza dell’a- rea presbiteriale, esistono alcu- ni ambienti in parte rivestiti da pitture murali. È proprio su queste ultime che si concentra la nostra attenzione. L’osservazione attenta e diretta, supportata dall’ausilio delle ri- produzioni fotografiche scatta- te in vani angusti e poco alti, permette di trarre alcune infor- mazioni inedite che giovano non solo alla formulazione di una datazione precisa, resa pe- raltro già possibile da alcuni dati certi che più avanti citere- mo, ma ad una possibile attri- buzione, attraverso la ricostru- zione delle vicende che diedero origine alle opere in questione. Innanzitutto occorre descrivere le caratteristiche degli ambienti a cui attualmente si accede me- diante un’unica gradinata che immette in un lungo corridoio dove prospettano tre archi: il primo conduce ad una sala sot- tostante ora adibita a deposito, con ingresso sul piano stradale, il secondo introduce in un am- biente dalla volta a botte che presenta all’interno un altro ar- co di collegamento tra due pic- coli vani. Nel primo di questi troviamo a destra un altare e di fronte un sarcofago in pietra; il sot- tarco d’ingresso al primo e al secondo vano, la volta, le pa- reti e il paliotto dell’altare so- no rivestiti da affreschi. Nel secondo vano dalla volta a botte è collocato un Presepe in pietra; questo ambiente pro- spetta mediante il terzo arco 177 BASILICATA REGIONE Notizie di LA CAPPELLA DE GEORGIIS NELLA CHIESA DELLA RABATANA A TURSI Antonella Miraglia Giuseppe Settembrino

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ATursi nel più anticoquartiere della città,detto Rabatana, sorge

la Chiesa Collegiata intitolata aSanta Maria Maggiore.Al piano inferiore della costru-zione, in corrispondenza dell’a-rea presbiteriale, esistono alcu-ni ambienti in parte rivestiti dapitture murali. È proprio suqueste ultime che si concentrala nostra attenzione.L’osservazione attenta e diretta,supportata dall’ausilio delle ri-produzioni fotografiche scatta-te in vani angusti e poco alti,permette di trarre alcune infor-mazioni inedite che giovanonon solo alla formulazione diuna datazione precisa, resa pe-raltro già possibile da alcunidati certi che più avanti citere-mo, ma ad una possibile attri-buzione, attraverso la ricostru-zione delle vicende che diederoorigine alle opere in questione.Innanzitutto occorre descriverele caratteristiche degli ambientia cui attualmente si accede me-diante un’unica gradinata cheimmette in un lungo corridoiodove prospettano tre archi: ilprimo conduce ad una sala sot-tostante ora adibita a deposito,con ingresso sul piano stradale,il secondo introduce in un am-biente dalla volta a botte chepresenta all’interno un altro ar-co di collegamento tra due pic-coli vani.Nel primo di questi troviamoa destra un altare e di fronteun sarcofago in pietra; il sot-tarco d’ingresso al primo e alsecondo vano, la volta, le pa-reti e il paliotto dell’altare so-no rivestiti da affreschi.Nel secondo vano dalla volta abotte è collocato un Presepe inpietra; questo ambiente pro-spetta mediante il terzo arco

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BASILICATA REGIONE Notizie

di

LA CAPPELLA DE GEORGIISNELLA CHIESA DELLARABATANA A TURSI

Antonella MiragliaGiuseppe Settembrino

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sul corridoio, che è illuminatoda una finestra.Sul lato di fondo del corridoiosi inerpicano alcuni gradini, in-terrotti da una parete murata.Sembrerebbero essere parte diuna scala corrispondente, inparallelo, a quella di accesso alsotterraneo, chiusa duranteuno degli interventi edificatoriche nel tempo hanno interessa-to questa chiesa. La notizia ora-le riguardante il ritrovamentodi resti di corpi umani inumatiin posizione eretta nella parte

terminale del corridoio confer-merebbe, unitamente al loroaspetto originario, la destina-zione a cripta sepolcrale di taliambienti.La cripta avrebbe allogato la se-poltura dei religiosi del Capito-lo della chiesa medesima: dallaprima sala che si apre sul corri-doio si accede ad un angustocunicolo che ospiterebbe diver-se sepolture antiche.Questi ambienti sono attual-mente, genericamente, deno-minati “catacombe” dagli abi-

tanti del posto. Si dice altresìdell’originaria destinazione ci-miteriale dell’area immediata-mente adiacente al retro dellacostruzione sacra e, del resto,ancora oggi riporta la definizio-ne di “Cimiterio”1 anche l’atrioantistante la facciata principaledella chiesa. Ma nella cripta i due ambientiprospicienti il corridoio aveva-no destinazione d’uso privato: atutta prova sembrano essere dipertinenza di una sola famiglia,quella dei De Georgiis, comeattestato da ben due epigrafiesistenti sul posto. Questa speciale utenza è spiega-bile con la posizione di rilievooccupata nel tempo da questafamiglia che fu forse di notabililocali, come testimoniano lecronache più antiche in nostropossesso sulla città di Tursi, chegià nell’Ottocento la dicevanoestinta2. Un’altra ragione potrebbe spie-gare la presenza di una tombafamiliare in un luogo così sacroed è legata ad una deduzioneimportante che emerge, comeaccennavamo, dalla lettura del-le iscrizioni in latino sulle pare-ti. Esse, in numero di due di-stinte, compaiono l’una sullaparete sinistra rispetto all’in-gresso e l’altra sulla volta imme-diatamente al di sopra.La prima, integrata dalla tra-scrizione pubblicata nel 1851dal medico di Tursi AntonioNigro3, recita così:“[IOHANNI]S (A)NTON(I)TENEBRIS CONDVNTVRIN ISTIS// OSSA. ANIMVMCLARVM, CLARVS OLYM-PVS HABET.//REDDIDITHIC TERRAM TERRAE CA-ELESTIA CAELO// DIVI-TIAS MVNDO: FAMA RE-TENTA SIBI.// LAETA DO-

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Tursi (MT), Chiesa S. Maria Maggiore. Cappella De Georgiis, S. Giovanni Battista, particolare.

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MVS QVONDAM, FELIXGEORGIA NATIS.// HVNCGENVIT BACVLVM PRAE-SIDIVMQ(VE) PRI(V)S.//INGENIVM TRIBVIT NA-TVRA, INDVSTRIA FECIT//ACRIVS INGENIVM, SORS-QVE SECVNDA FVIT.//NAMQVE PATER PVERVMSTVDIIS ORNAVIT HONE-STIS/ VT PATRIAE, VTQVESVIS: VTILIS INDE FO-RET.// GRA(M)MATICAHIC VALVIT: CANTV FIDI-BVSQVE CANORIS,// CON-DIDIT ET DOCTIS CARMI-NA GRATA VIRIS.// TRAC-TANDIS ARMIS AGILIS, PE-DIBVSQVE MOVENDIS//HIC ERAT, IN GYROSFLECTERE DOCTVS EQ-VOS.// HIS CONIVX GENE-RE, ET FORMA VITAQVEMODESTA// EGREGIA AC-CEDIT, VT TACEANTVROPES.// TREIS ET VIGINTIVIX HIC EXEGERAT AN-NOS CVM DVRAE PARCAEMOLLIA FILA SVANT.// OSPES FALLACES HO-MINVM CVRASQVE FL-VENTES// CVM LVX DE-LECTAT, NOX TEGIT ATRACAPVT.// NOMINIS HEVRAPTA EST POSTREMAPROPAGO GEORGIA[E]//QVAE SPES LONGAEVAEPOSTERITATIS ERAT.//SED TAMEN HIC ACTVRAFRVITVR, QVID VTRIQVEPARENTES?// PER TENE-BRAS SENIVM, PER LACRI-MASQVE TRAHVNT.// PO-STVMA NVNC SVPEREST,QVOQVE NEPOTIS, ANI-CVLA SOLVM.// HIS AVIAEPECTVS, HIS LACERAN-TVR AVI.// INVIDEAS IGIT-VR NATO MISERERE PA-RENTVM.// LECTOR HICEST FELIX, HI SINE FINE

DOLENT.// MIGRAVITHINC ANNO 1547// PO-STRIDIE IDVS QVINTILISSVB DILVCVLVM = Le ossadi [Giovanni] Antonio sono cu-stodite in queste tenebre. Il cie-lo luminoso (ne) possiede l’ani-mo insigne. Questi restituì laterra alla terra, le cose celesti alcielo, le ricchezze al mondo,dopo aver serbato la fama persé. La famiglia De Georgiis untempo lieta e felice per i figli ge-nerò costui quale primo basto-ne e difesa. La natura gli con-cesse l’ingegno, l’operosità (ne)rese più acuto il talento e la sor-te gli fu propizia. Infatti il pa-dre ornò il fanciullo di studi di-gnitosi affinché poi fosse utilealla patria come ai suoi. Questiprimeggiava nella grammatica,nel canto e nel suono della liraarmoniosa. Scrisse anche versigraditi ai dotti. Egli era abilenel maneggiare le armi e nelladanza ed esperto nel piegare icavalli alle giostre. A tutti questipregi s’aggiunse una moglie no-bile per casato e per modestiadi vita, per non parlare delle(sue) sostanze. Questi avevacompiuto appena ventitré anniquando le dure Parche (ne) re-cisero gli esili fili della vita. Osperanze fallaci degli uomini ecorrenti affanni, mentre la luceallieta, la notte buia ci copre ilcapo. Ahimè, l’ultima discen-denza della famiglia De Geor-giis è stata strappata alla vita,mentre essa era la speranza d’u-na lunga posterità. Ma tuttaviacostui gode della vita eterna,che cosa (resta a) entrambi i ge-nitori? Trascinano la vecchiaianelle tenebre e in lacrime. Orasopravvive superstite, anche alnipote, soltanto una vecchietta.Per loro (i due) si scuote il pet-to della zia, per loro si tormen-

tano i nonni. Invidia pure il fi-glio che piange i genitori mor-ti. Colui che qui legge è felice,costoro si dolgono senza fine.Se ne andò da qui nell’anno1547 il 14 luglio verso l’alba”.La seconda invece: “MA(GI)S(TE)RIAM SPEMPATRIAE, PARENTVM, ETPROPINQVORVM, PAR-VVS// CLAVDIT HIC TV-MVLVS: PETRVM ANTO-NIVM A GEORGIIS,// VI-TAE MODESTIA COM-MENDABILEM, ET GRAE-CIS LATI//NISQVE LI(T)-TERIS OPTIME EXCVL-TVM. VIX ADOLESCEN-TIAM// ATTIGERAT, CVMEVM IMMATVRA MORSRAPVIT SVIS// NVNC FE-LIX GAVDIIS FRVITVRAETHEREIS: INFELICESPA//RENTES CHARO LV-MINE ORBATI, IN GE-MITV ET LACHRY//MISACERBAM TRAHVNT VI-TAM. VIXIT ANNIS XVMENSI//BVS V, DIEBVSXXI: QVARTO NONAS SEX-TILIS SPIRITVM// CAELO,CORPVS TERRAE REDDI-DIT. POSTRIDIE PVBLI-CO// HYMATVS LVCTV,QVOS ANNOSIS PAREN-TIBVS SVPE(R)//STES DE-BEBAT NOVISSIMOS HO-NORES EOS AB ILLIS// IN-VITIS (SIC PLACITVM ESTSVPERIS) PRAEPOSTE//RONATVRA ORDINE ACCE-PIT: LABENTE ANNO A RE-DEMPTO//RIS ORTV, MIL-LESIMO QVINGENTESI-MO QVADRAGESIMO VII°.= Questo piccolo sepolcro rac-chiude la sovrana speranza dellapatria, dei genitori e dei paren-ti: Pietro Antonio De Georgiis,degno di lode per la modestiadella vita e ottimamente edotto

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nelle lettere greche e latine.Aveva appena sfiorato l’adole-scenza quando un’immaturamorte lo rapì ai suoi; ora egligode felice delle gioie celesti: gliinfelici genitori privati della ca-ra luce, trascinano in gemito ein lacrime un’amara vita. Visse15 anni, 5 mesi e 21 giorni: il 2agosto ha reso l’anima al cielo eil corpo alla terra. Il giorno do-po, sepolto con pubblico lutto,ricevette quegli ultimi onoriche, sopravvivendo, avrebbedovuto rendere agli anziani ge-nitori; da quelli contro la lorovolontà (così come Dio volle)anzitempo e in un ordine inver-so rispetto a quello di natura:correndo l’anno 1547 dalla na-scita del Redentore”.Che cosa si deduce da questeepigrafi?Innanzitutto che esse fanno ri-ferimento a due diversi perso-naggi e, dunque, a due defuntiche sarebbero quindi sepolti inquesto luogo e ai quali la cap-pella funeraria -perché di que-sto si tratta- sarebbe dedicata.Da esse si evince un tragicofatto familiare, un lutto dop-pio e ravvicinato: la scomparsadi due congiunti di giovaneetà, due fratelli forse, nellostesso anno, a distanza di po-chi giorni.Questi accadimenti motivereb-bero l’elezione del luogo qualepertinente alla famiglia, forseanche per precedente possesso.Si può aggiungere ancora che laCollegiata fu probabilmente laparrocchia della famiglia DeGeorgiis, il cui palazzo sorgeva(ed è tuttora) nelle immediatevicinanze della Chiesa, nel me-desimo rione della Rabatana.Nessun documento antico cene dà spiegazione e si potrebbe,altresì, presumere una speciale

concessione da parte dei titolaridella Collegiata alla data deiluttuosi eventi che risalgono,come già detto, al 1547, mentregli affreschi sono datati 1550dall’anonimo esecutore.Tre anni di tempo sono suffi-cienti per attuare una simileconcessione di allogazione delletombe, o della loro collocazionein una cappella appositamenteallestita, in locali preesistenti,successivamente alla morte deigiovani De Georgiis ed ancheper ordire una committenza eun programma decorativo or-ganico quale esso era e appareanche oggi.I committenti si saranno inogni caso rivolti al prevosto del-la Collegiata della Rabatana perottenere l’assenso per la sepol-tura o anche, nel caso in cui latomba della famiglia non esi-stesse già in precedenza in loco,per la trasformazione di unaparte dell’ipogeo in una cripta ocappella De Georgiis, quale ri-sulta essere alla data del 1550.Altre iscrizioni successive atte-stanti una definizione d’uso piùgenerale di cripta dell’interoambiente non esistono, così co-me non si reperiscono attesta-zioni di sepoltura di altri mem-bri della famiglia in loco.Ciò confermerebbe l’idea diuna destinazione esclusiva especiale da connettersi con latriste straordinarietà dell’eventononché con eventuali rapportidei De Georgiis, quali maggio-renti e quindi sostenitori delCapitolo, con il prevosto maanche con il vescovo dell’epoca.Costui era Berardino Elvino,nato ad Alvino in Terra di La-voro, abbreviatore delle lettereapostoliche e tesoriere di SantaRomana Chiesa. Fu nominatovescovo di Anglona il 21 di-

cembre 1542 da papa Paolo IIIFarnese, il quale traslò la catte-dra di Anglona in quella di Tur-si, concedendo a quel centro ladignità di città4.Con la Bolla del 26 marzo1546 Paolo III riconobbe allaChiesa della Rabatana intitola-ta a Santa Maria Maggiore, ladignità di Collegiata5, forse an-che in riparazione alla privazio-ne del titolo di cattedrale, chepassava alla Chiesa della SS.Annunziata, collocata nella par-te bassa della città6.È in questo contesto che vannoinquadrate le opere per la rea-lizzazione del ciclo di affreschidella cappella funeraria DeGeorgiis: il prevosto, forte delsuo recente mandato e deciso adare impulso al rinnovamentoauspicato dal vescovo nella“nuova” diocesi, non potè cheaccettare e promuovere un’ini-ziativa di carattere privato, tesaa realizzare la decorazione diambienti sacri di pertinenza diuna chiesa che, da allora in poi,si fregiava del titolo di Collegia-ta con temi connessi alla titola-zione della Chiesa quali sono lescene della vita di Maria.Infatti nella stessa occasionestorica la Chiesa mutò anche ilnome: da S. Maria dell’Icona aS. Maria Maggiore7.L’elevazione a Collegiata lecomportò anche l’attribuzionedi un suo clero. I De Georgiis posero quindi leloro sostanze a servizio di unaprobabile esigenza della neona-ta Collegiata per realizzare il fi-ne che stava loro a cuore: unadegna sepoltura per i due ram-polli della stirpe che, forse, conloro si estinse.Che valore dare, infatti, ai ter-mini latini di “parentum” chetrascinano la vecchiaia attraverso

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le tenebre e in lacrime? E a quel“anicula” che soltanto sopravvi-ve? Erano questi i genitori e ad-dirittura una zia e gli anzianinonni dei giovani, in particolareuna nonna (la “vecchietta”) chevedono scomparire con il nipotela speranza di una posterità dellafamiglia De Georgiis. A questoalluderebbe l’espressione: “l’ulti-ma discendenza della famigliaDe Georgiis che è stata strappa-ta alla vita, mentre essa era lasperanza di una lunga poste-rità” che compare nella primaepigrafe. E ancora, nella secon-da epigrafe gli “annosis parenti-bus” sono i genitori ai quali,una volta anziani, il giovanettoavrebbe dovuto rendere onorese non fosse morto anzitempo“in un ordine inverso rispetto aquello di natura”.In assenza di documenti checonfortino l’ipotesi, ci attenia-

mo ai dati sulla famiglia di cuisiamo a conoscenza.Un Pietro De Georgiis risultaessere notaio a Tursi nel 14458,cioè circa cento anni prima deifatti esaminati. Nella famigliadunque ricorre il nome Pietro,perché si chiama Pietro An-tonio il più giovane dei sepoltinella cripta. Tra i De Georgiisc’era un notaio, e ciò fornisceulteriori informazioni sullo“status” della famiglia9.L’altro defunto come si chiama-va? Nell’iscrizione è leggibilesoltanto una lettera “S” per fi-nale di parola seguita da un’al-tra parola mutila di cui si legge“-NTON”. Antonio è il secon-do nome che accomuna i duedefunti e questo elemento cispinge a interrogarci sul lororapporto di parentela: eranofratelli o, forse, cugini. In ognicaso, i due rampolli della stirpe.

Sulle pareti della cripta, in pros-simità dell’arco che introduceall’auletta che ospita l’altare, so-no rappresentati da un lato S.Antonio abate e dall’altro SanGiovanni Battista.L’immagine di San Giovanni ècollocata in stretta vicinanza conl’epigrafe, su un’insegna dipintaa mo’ di pergamena sorretta daangeli, recante l’iscrizione inparte mutila. Questa figura po-trebbe far riferimento al perso-naggio in essa citato, così comeSant’Antonio abate al secondonome Antonio di entrambi igiovani e allora quella “S” finalesarebbe ciò che resta del nome“Ioannis” o “Johanni”.Quest’ultimo personaggio è ri-conducibile, in qualità di Pre-cursore del Messia, al generaletema mariano della decorazionedella cappella con episodi dellavita della Vergine.

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Tursi (MT), Chiesa S. Maria Maggiore. Cappella De Georgiis, S. Ambrogio e S. Agostino. Epitaffio riferito a Pietro Antonio De Georgiis. Affreschi del 1550.(Foto: O. Chiaradia)

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La presenza di S. Antonio abatepotrebbe indicare, se non unaparticolare devozione cui il no-me di battesimo dei ragazzi sa-rebbe legato, un riferimento al-l’ipotetica causa della loro mor-te quasi contemporanea in gio-vane età, spiegabile forse conuna malattia contagiosa. Il san-to, taumaturgo per eccellenza, èinvocato infatti contro la pestee ogni sorta di epidemie.Se è vero che i santi suddettierano eponimi di questi perso-naggi, uguale collegamento de-ve esserci stato per i santi Nico-la e Barbara affrescati in piccoliriquadri del sottarco interno dicollegamento con l’altra aulasepolcrale, quella del Presepe.La loro presenza un po’ defilataattesta forse i nomi dei commit-tenti dell’impresa decorativa, inun ruolo marginale rispetto aquello degli effettivi dedicatari,i cui santi eponimi sono ritrattiin figure intere e sulle pareti del-lo stesso arco, nella stessa auladove quelli sono sepolti.Che Nicola e Barbara fossero inonni o i genitori degli sventu-

rati ragazzi De Georgiis non èdato ancora sapere.A proposito delle epigrafi pre-senti sotto forma di iscrizionisulle pareti dell’ambiente inquestione, esse sono in numerodi due e ben distinte.La trascrizione ottocentescadella prima epigrafe riporta in-vece il nome “Petri Antoni”10

per essa e “Petrum Antonium”per l’altra e questo errore haforse indotto coloro che più re-centemente si sono occupati diquesto ciclo di affreschi al finedi ricercarne la paternità a par-lare di un’unica tomba per unsolo personaggio.Una attenta lettura dei testi epi-grafici e delle loro date, nonchéil confronto con quello che silegge oggi del primo e quelloche potè leggere il Nigro intor-no alla metà dell’Ottocento,porta alla nuova conclusioneche si tratta di due sepolture didue distinti personaggi, scom-parsi quasi simultaneamente.Stabilito che i sepolti fosserodue, quali e dove sono le lorosepolture nella cappella?

In essa è custodito un solo sar-cofago in pietra, incassato tra laparete frontale e quella dell’ar-co interno, sul cui fronte èscolpito uno stemma gentilizioraffigurante un cavaliere chetrafigge il drago. Si tratta pro-prio di S. Giorgio, un evidenteriferimento alla famiglia inte-stataria della cappella e quindipiù direttamente a chi è sepol-to nel sarcofago. Sul paliotto dell’altare posto adestra del primo arco di ingres-so all’aula sepolcrale è un di-pinto a fresco con una scenettainteressante: la Croce con il te-schio alla base è affiancata dallafiguretta di un giovane uomo inabiti cinquecenteschi, di foggiapiuttosto elegante, che brandi-sce un’alabarda e sembra indi-care o porgere la scritta di uncartiglio srotolato che dice:“HORRIDA MORS HOCEGIT = L’orrida morte fececiò”, mentre vicino al teschio eattorno alla Croce si dipana l’e-spressione: “MORS MEAMORTEM VESTRAM VI-CIT. ENIM LAET(ITIA)

SPONTE DEDI MEVT VO(BI)S RED-DEREM VI (TAM) =La mia morte vinse lavostra. Infatti diedi mestesso spontaneamentecon letizia per restitui-re a voi la vita”.La figuretta maschile èrappresentata non inposa statica, ma, con-notandosi come sveltae agile, sembra suggeri-re un movimento. Ècertamente l’immaginedi un giovane dalla cor-ta barbetta, secondo ilcostume del tempo. Barbetta, spada al fian-co, alabarda, prestanza

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Tursi (MT), Chiesa S. Maria Maggiore. Cappella De Georgiis, paliotto d’altare.(Foto: O. Chiaradia)

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fisica, sono caratteristiche e attri-buti di un giovane uomo, quel-l’anonimo “S” “-NTON” DeGeorgiis, ventitreenne speranzadella sua famiglia, ricco di doti, acui la morte orribile impose unsimile destino. A questa umana edel tutto terrena constatazione fada contrappunto l’espressionepiù teologica del cartiglio allu-dente al sacrificio di Cristo me-diante il quale la morte è vinta ela vita dell’uomo redenta. Unmessaggio che è un monito e altempo stesso una consolazione ela promessa della vita eternaespresso attraverso una sorta didialogo tra un uomo e il teschiodi Adamo. Infatti entrambe le fi-gurette hanno la bocca aperta co-me in atto di parlare.Era questo, già a metà del Cin-quecento e secondo la volontàdei committenti, un altare, attomagari a celebrare messe in suf-fragio delle anime dei defuntisepolti nella cappella?Questo sembrerebbe conferma-re la presenza della Croce e ilmessaggio salvifico cristologico,connesso al sacrificio che sicompie durante la celebrazioneeucaristica. Oggi, infatti, rivestefunzione di altare, dotato disuppellettili e disponeva di undipinto su tavola raffigurantel’Assunzione e l’Incoronazionedella Vergine11.La presenza della figuretta del-l’uomo, considerando sia l’in-terpretazione di essa quale por-tatrice di un messaggio sullamorte, e accettando anche quel-la del ritratto del giovane nobi-luomo tumulato nella cappella,insieme all’aspetto e alla dimen-sione, porta anche ad una suaeventuale identificazione cometomba. L’altro De Georgiis, ilpiù giovane, sarebbe stato sepol-to nel sarcofago lapideo.

L’estensore del programma ico-nografico degli ambienti, com-missionato e finanziato dai DeGeorgiis, andrà forse ricercatonella figura del presule che fecepresto ritorno a Roma (1547),per essere sostituito dal ferrare-se Giulio De Grandis, vescovodi Anglona e Tursi dal 1548 al1560? Potè essere egli il media-tore per i contratti e l’allogazio-ne dei lavori della cappella adun artista di provenienza ester-na al territorio? O magari talefigura potrebbe coincidere conquella del prevosto della Colle-giata, purtroppo anonimo? Prima di affrontare le comples-se questioni attributive degli af-freschi e del Presepe, osservia-mone le composizioni e l’attua-le aspetto.

L’AULA DEGLI AFFRESCHI

La piccola aula sepolcrale in cuisono sepolti i giovani De Geor-giis è definita da una volta abotte ribassata che accoglie unciclo di affreschi, distribuiti an-che sugli archi, nei sottarchi esulle pareti, interamente incen-trato sulla figura di Maria.L’apparato decorativo della vol-ta racchiude, contorna ed uni-sce entro un serto floreale gi-gliato, undici oculi.Al centro, in un riquadro, è l’o-culo dell’Eterno benedicente,che regge il globo terracqueo.Ai lati, in simmetria, sono affre-scati due Sibille, tre Evangelisti(prima erano quattro) e quattrosanti Dottori della Chiesa, tuttia mezza figura.Tre profeti (originariamentequattro) sono negli spazi resi-dui di raccordo tra gli oculi e gliarchi della volta. Per simulazio-ne pittorica quest’ultima pog-gia su finti capitelli che separa-

no le pitture della volta da quel-le affrescate sulla lunetta e sullepareti dell’aula, dove prospetta-no scene di vita della VergineMaria e due santi, evidente-mente venerati dalla famigliaDe Georgiis. Negli spicchi simmetrici che siaprono fra gli oculi è raffigura-to un ricco repertorio decorati-vo a grottesche, mentre striscedi pergamena si srotolano dallemani dei personaggi ritratti, lifiancheggiano o si avvinghianotra i serti floreali, rinviando aversetti dell’Antico e Nuovo Te-stamento, ma anche a passi si-billini.La figura dell’Eterno reca, suun lato, i seguenti versetti:“VENI SPONSA MEA, VENIDILECTA MIHI = Vieni, miapromessa sposa, vieni, diletta ame”, che rinviano al dialogo de-gli innamorati del Cantico deiCantici ovvero, nell’interpreta-zione religiosa, “all’amore su-premo fra Dio e la sua creatura(…) tra JHWH e Israele, traCristo e la Chiesa, e anche traDio e l’anima o tra Cristo eMaria, come si legge nei com-menti rabbinici e patristici”12.Richiamano, dunque, il miste-ro e il dogma di fede dell’In-carnazione del Verbo nel senodella Vergine Maria.Anche nella tradizione umani-stica -sembrano suggerire e ri-badire i brani sibillini- è docu-mentata l’attesa di un eventodestinato a segnare una nuovaalleanza fra Dio e gli uomini.Così quelli della Sibilla Europa:“ECCE VENIET ILLE QVIEGREDIETVR DE VTEROVIRGINIS = Ecco viene coluiche sarà generato dal seno dellaVergine”, mentre leggibile è inparte il brano richiamato daun’altra non identificata Sibilla:

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“(EC)CE VENIET DIVES:ET A […] PAVPERCVLA: ETBESTIATE [...]”.Persa ormai la figura dell’evan-gelista Luca, è riconoscibile, in-vece, quella di Giovanni per ilsimbolo dell’aquila che lo carat-terizza, residuando nelle striscedi pergamena solo parte dellelettere iniziali e finali: “MANE[…] MES”.Degli altri due evangelisti risul-tano integre ancora la figura diSan Marco, che srotola l’avviodel versetto evangelico 3, 32“ECCE MATER TVA ETFRATRES TVI = Ecco tua ma-dre ed i tuoi fratelli” e riportaquanto detto dalla folla aGesù13 rinviando alla rispostadel Messia: “Chiunque fa la vo-lontà di Dio, egli è mio fratel-lo, mia madre e mia sorella”(Marco 3, 35), e la figura diSan Matteo che propone laparte iniziale del versetto evan-gelico 1, 23: “ECCE VIRGOIN VTERO HABEBIT: ETPARIET FILIVM = Ecco laVergine concepirà e partoriràun figlio”14.Nei due medaglioni racchiusi econtornati dal serto floreale gi-gliato prospettano, sul versantedella parete dove è l’altare con ilpaliotto affrescato, i santi dot-tori della chiesa, Gregorio Ma-gno e Girolamo, ritratti a mez-zo busto nei rispettivi studioli. L’immagine di Gregorio I, inparte integra, si riconosce per latiara che ne ricopre il capo e gliabiti pontifici, per la colombache irradia raggi divini e per lareliquia della dalmatica di S.Giovanni evangelista da cui ilsanto pontefice, raccolto in pre-ghiera, fece sgorgare un fiottodi sangue per testimoniarne ilprezioso valore ai principi in-creduli ai quali l’aveva do-

nata15. Poggiano sullo scrittoio,infatti, i pezzi di stoffa della re-liquia accanto ad una forbice ead uno stilo.L’iscrizione “S. IERONIMVSDOCTOR” (che spicca sul ser-to fiorato) identifica l’altra figu-ra del santo dottore della Chie-sa ritratta nel contiguo oculo.È presentato, secondo l’icono-grafia rinascimentale di culturaumanistica16, in vesti cardinali-zie, in compagnia del leone do-mato, attributo che lo caratteriz-za, allo scrittoio dove è un picco-lo Crocifisso con Gesù sulla cro-ce. Ha tra le mani una pennad’oca ed un calamaio e sembraindicare quanto da poco vergatosul libro aperto: “NON EX-CLVDITVR: MVLIEBRISSEXVS A SA […] DE(?) [...]ARIAM VIRGINI”.Altre frammentarie espressionisu cartiglio ne fiancheggiano lafigura: “CVM P(H)INEQVAD MEI [...]M[...]TTE-RAT ANGELO[...]M ETPRAECE ESTI NVN[...]TVN[...] INGE(N)ERI PO-TVIT QVI HABETVR INLOC[...]”.Nel tratto di volta sovrastantel’arco interno che introduce al-l’aula in cui è il Presepe in pie-tra, sono raffigurati i santi dot-tori della Chiesa, Ambrogio eAgostino. Al di sopra degli ocu-li che li contengono è dipintal’iscrizione epigrafica riferita aPietro Antonio De Georgiis.Del santo vescovo di Milano17,che ebbe come discepolo S.Agostino, risulta trascritto, allato dell’effigie, il brano di unodei suoi scritti sull’esaltazionedella verginità, che tanto con-tribuirono al diffondersi delculto mariano in Italia. Così,infatti, si legge: “DISCE VIR-GINEM MORIBVSQV(E)

LA[...] INPENETRALIBVSQVAM NEMO VIRORVMVIDERET SOLVS ANGELVSREPERIRET”.Il vescovo di Milano addita,con l’indice della mano, il pro-prio nome e l’anno di esecuzio-ne degli affreschi che compaio-no a fianco del suo ritratto: “S.AMBROSIVS/ DOCTOR/AD: 1550”.L’altra grande figura dei Padridella Chiesa, Agostino18, guar-da ancora verso S. Ambrogio,poiché egli ritornò alla fede peropera del vescovo milanese.Anche del vescovo della diocesidi Ippona, genio teologico del-l’Occidente cristiano e dottoredella Chiesa, risulta trascritto,al lato del ritratto, il brano diuna sua opera: “IPSE IN TVOEST CORDE: IN TVO FIT:VTERQ(VE?) ADIMPLETMENTEM = Egli stesso è neltuo cuore. Lo sia nel tuo. Ispirila mente di entrambi”, mentreall’interno dell’oculo scorre l’i-scrizione “S. AVGVSTIN/VSDOCTOR”.Negli spazi laterali residui del-la volta che prospettano sullaparete dove è l’altare con il pa-liotto affrescato, campeggia lafigura del re Davide che suonala viola. È contornata da striscedi pergamena riportanti il bra-no del Salmo 44 (45), 10-11,che srotola anche tra il sertofloreale gigliato. I versetti cele-brano le nozze del re “figlio diDio”, interpretati nella tradi-zione cristiana come riferiti aGesù Cristo, il quale è vera-mente “Dio” e il cui regno du-ra “per sempre”19.Così l’iscrizione: “ASTITITREGINA A DEXTRIS TVISIN VESTITV DE AVRATO.AVDI FILIA ET VIDE ET IN-CLINA AVREM TVAM = Alla

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tua destra è la regina in ori diOfir. Ascolta figlia e guarda eporgi l’orecchio”, accreditata a“DAVID PROPHETA”. Risulta ormai persa, sull’altroversante della volta, la figura diun altro profeta, purtroppo perla scomparsa della superficieoriginariamente affrescata a se-guito di interventi di ristruttu-razione che a più riprese hannointeressato, nel tempo, l’aulasepolcrale.A noi preme segnalare, per in-ciso, come l’apertura di unapiccola finestra sulla parete acui è addossato il sarcofago inpietra, continui a causare pro-blemi di perdita del colore ori-ginario e delle figure affrescateper le variazioni di temperaturaa cui la piccola aula è in tal mo-do sottoposta.Sul lato della volta che prospet-ta sulla parete in cui è l’arcoche dà accesso all’aula del Pre-sepe sono dipinti, nei residuispazi laterali, i profeti Isaia edEzechiele.Alla figura del profeta Isaia(ESAIA PROPHETA) fa dasfondo il versetto 7, 14 che siriferisce al segno dato dal Si-gnore per testimoniare la vici-nanza divina al suo popolo.Così l’annuncio riportato:“ECCE: VIRGO CONCI-PIET: ET PARIET FILIVM:ET VOCABIT(VR) NOMENEIVS EMMANVEL = Ecco, lagiovane donna concepirà e par-torirà un figlio, che chiameràEmmanuele”20.Sotto l’oculo in cui è raffigura-to San Giovanni evangelistacompare il profeta Ezechiele. L’incipit del versetto 44, 2 scor-re sul lato e tra il serto florealegigliato, riportando la disposi-zione per il culto data al profetaEzechiele dall’Angelo del Signo-

re: “PORTA HAEC CLAVSAERIT: NON APERIETVR ETVIR NON TRANSIBIT PEREAM = Questa porta resteràchiusa; non deve restare aperta enessun uomo vi dovrà passare”,mentre l’iscrizione sul serto flo-reale individua “EZECHIELPROPHETA”.È evidente come l’immaginedella porta si riferisca alla vergi-nità di Maria, secondo i dogmidel culto mariano21.Sul lato della parete dove è col-

locato l’altare con il paliotto ri-sulta affrescato l’episodio del-l’incontro di Anna con Gioac-chino, ritornato dal deserto do-ve si era ritirato dopo la caccia-ta dal Tempio.Sullo sfondo della scena affre-scata è l’annuncio dell’Angelo aGioacchino che pascola il greg-ge nel deserto mentre, in primopiano, Anna e lo sposo si ab-bracciano nei pressi della portadella città di Gerusalemme, at-torniati da ancelle e servienti, i

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Tursi (MT), Chiesa S. Maria Maggiore. Cappella De Georgiis, l’Eterno.(Foto: O. Chiaradia)

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quali recano sulle spalle e tra lebraccia offerte sacrificali perrendere grazie al Signore.La scena rinvia ad episodi nar-rati nel Protovangelo di Gia-como, nel Vangelo dello Pseu-do Matteo e nel Libro della Na-tività di Maria22, filtrati nellaLeggenda aurea del beato do-menicano Jacopo da Varagine,ampiamente divulgata nella se-conda metà del XV secolo. In-troduce al tema della Natività edella figliolanza quale graziaconcessa da Dio nel suo imper-scrutabile disegno. Infatti lascena è adiacente, mediante fin-te lesene e un mensolone a can-delabre che tenta di mascherarel’irregolare suddivisione deglispazi con una finta impostad’arco, all’episodio raffigurantela Natività di Maria.Questo è affrescato nella pareteinterna dell’arco che si stagliacentrale nell’aula, sotto la voltatirata ad arazzo. Come dichiarato nell’iscrizio-ne raffigura la “NATIVITASMARIAE VIRGINIS HISTO-RIA SECVNDA = La Nativitàdi Maria secondo tradizionepopolare”.Su un lato Sant’Anna, ancoraaffranta dal parto, giace su unletto in legno. Le sono a fiancoquattro fanciulle: una le porgedel cibo, forse colombi, in unpiatto e del vino rosato in unbicchiere; un’altra aiuta unacompagna che, di spalle e ri-curva, sta per scaricare una ce-sta dal suo capo; un’altra anco-ra è ai piedi di Anna sul lasponda del letto. Altre tre an-celle, di cui una di colore, so-no disposte sull’altro versantedella scena: una srotola unastoffa rosso porpora, quella dicolore solleva un telo di lino,l’altra stringe sul petto la pic-

cola Maria completamente av-volta nelle fasce, mentre con lamano rimasta libera, versa del-l’acqua in un bacile di creta, acui fa da riscontro scenografi-co un recipiente metallico la-vorato a tortiglione colmo dibraci fumanti.Sullo sfondo di questa scenadomestica, che si svolge in unacasa definita da un muro e daun soffitto ribassato, si delinea-no le mura merlate di altre casee poi montagne frastagliate,colline e il mare in lontananza.In primo piano sono sul pavi-mento della stanza, in un ango-lo, il gatto che inarca la schienaalla vista di un topo, un fusoattorno al quale si arrotola delfilo bianco e una conocchia;nell’angolo opposto sono leforbici grandi abbandonate perterra, dettagli casalinghi checonferiscono alla scena il sapi-do e verace tocco della quoti-dianità popolare.Nell’intradosso dell’arco d’in-gresso all’aula sepolcrale, in unpiccolo riquadro, è la Presen-tazione di Maria al Tempio. Glianziani genitori, Gioacchino eAnna, seguiti da due ancelle,sono raffigurati su un lato deigradini sui quali la piccola Ma-ria sale, girandosi di scatto a sa-lutare, prima di accedere al“TEMPLVM” dove il Gran Sa-cerdote l’attende sulla porta.Sul sottarco affrontato è affre-scato lo Sposalizio di Giuseppee Maria. L’episodio riecheggia icontenuti del Libro della Na-tività di Maria23.Su un lato della parete che in-clude l’arco di accesso all’auladel Presepe, è un affresco fram-mentario raffigurante l’Annun-ciazione. All’interno di unastanza definita da una colonna,dal pavimento e da un paesag-

gio aperto, l’Arcangelo Gabrie-le reca l’annuncio della nascitadi Gesù alla “piena di grazia”,in preghiera innanzi a un librodelle Sacre Scritture posato sul-l’inginocchiatoio. Alla pronun-cia del sì di Maria si aprono icieli e l’Eterno s’invola tra lenubi recando il globo e la Cro-ce, mentre lo Spirito Santo,sotto forma di colomba, aleg-gia presso il volto di Maria (or-mai invisibile) irradiando i suoiraggi divini. Sulla parete che prospetta difronte, quella dell’altare con ilpaliotto affrescato, è invecel’ampio frammento raffiguran-te la Visita di Maria ad Elisa-betta24. Su un lato si riconosco-no le figure di Zaccaria e di dueancelle. L’anziano sposo di Eli-sabetta veste sontuosi abiti ri-nascimentali e ha gli occhi bas-si in segno di contrizione; èmuto per aver dubitato dellanascita di S. Giovanni Battistaall’annunzio dell’Arcangelo(Luca, 1, 5-23). Si succedonoin primo piano altre tre mae-stose figure femminili tra cuisono riconoscibili, per il lorosaluto affettuoso, Maria ed Eli-sabetta nel cui grembo sussultail Precursore. “S. IOANNES BAPTISTA”appare affrescato sul piedrittointerno dell’arco d’ingresso. Hacapelli biondi, in parte intrec-ciati e annodati, barba bionda efluente, che sembra bruciata dairiverberi del sole nel deserto co-sì come la pelle di cammelloche ne riveste il corpo.La sua figura si staglia statua-ria, parzialmente ricoperta daun mantello rosso; con unamano regge sul grembo il salte-rio su cui poggia mite l’Agnelloe la Croce a cui si attorciglial’incipit del versetto 1, 29 del

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Vangelo di Giovanni: “ECCEAGNVS DEI = Ecco l’Agnellodi Dio” che continua così: “chetoglie il peccato del mondo”25,avendo il Battista testimoniatola divinità del Verbo e la mis-sione di Gesù.Sull’altro piedritto interno del-l’arco d’ingresso all’aula sepol-crale sembra fuoriesca di paretee giganteggi la figura di S. An-tonio abate26.Il patriarca del monachesimoha tra le mani una gruccia aforma di T, insegna dell’Or-dine ospedaliero degli Anto-niani in Occidente, una cam-panella ed una fiamma, simbo-li tradizionali che lo identifica-no e ne designano i poteri tau-maturgici.La sua figura è avvolta da unmantello nero su tunica bianca,come fu per la prima volta rap-presentato negli affreschi databi-li fra i secoli XII e XIII della chie-sa del Santo Sepolcro a Barletta.La presenza della sua effigie, al-l’interno degli affreschi dell’au-la sepolcrale della famiglia DeGiorgiis, potrebbe riferirsi ainomi dei due giovani rampollicolà sepolti, alla malattia chepotrebbe averli condotti en-trambi alla tomba nel brevevolgere di pochi giorni “laben-te anno 1547”, oppure all’ap-partenenza di membri della fa-miglia De Georgiis all’Ordinedegli Antoniani che pure anno-vera una storia secolare in Ita-lia, nel Mezzogiorno e anche inBasilicata27.Nell’imbotte dell’arco internoche dà accesso all’aula del Pre-sepe sono stati affrescati in pic-coli riquadri su un lato “S.BARBARA” con la torre a trefinestre, da lei volute in onoredella SS. Trinità28, sul lato pro-spiciente la piccola effigie di

“S. NICOLAVS”, il vescovo diMira29, le cui ossa vennero tra-slate a Bari.Per concludere la descrizione diquanto è nella piccola aula se-polcrale occorre precisare cheessa ospita attualmente, sottol’angusta parete dove è una pic-cola finestra, addossato ad unospazio incavato, un sarcofagocoperto da lastre di chiusura inpietra modanata a doppia go-letta e dentino, poggiante suquattro basi con intaglio tipica-

mente rinascimentale.Il prospetto del sarcofago è sud-diviso in tre parti. Le due estre-mità in pietra liscia, maldestra-mente bocciardata, fiancheg-giano una formella occupantela parte centrale della lastra. Viè incisa un’arma nobiliare con-tornata da un serto vegetale.Il santo guerriero della Cappa-docia, che additò ai regnantidella città di Silene la stradadella conversione, dopo avernesalvato la principessa30, risulta

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Tursi (MT), Chiesa S. Maria Maggiore. Cappella De Georgiis, il Profeta Isaia.(Foto: O. Chiaradia)

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raffigurato al centro dello stem-ma mentre sopraggiunge sul ca-vallo, trafiggendo con l’asta ildrago sottostante.Evidentemente lo stemma desi-gna il sepolcro come ap-partenente alla famiglia DeGeorgiis alludendo, tramiteun’iconografia immediatamentericonoscibile, al nome della stes-sa, della quale non conosciamol’entità del lignaggio se non at-traverso il “De” che lo precede.

L’arma di famiglia potrebbe se-gnalare anche ulteriori elementiper una più puntuale indivi-duazione del ruolo dei DeGeorgiis, i cui membri avreb-bero potuto appartenere ad unOrdine religioso militare di SanGiorgio31 per potersi fregiaredel suo stemma. È possibile supporre, dunque,che il loro lignaggio sia da in-quadrare all’interno di un Ordi-ne riconosciuto dalla Chiesa per

la difesa del proprio territoriodalle ricorrenti invasioni turcheo nella gestione di beni ecclesia-stici affidati in commenda, conil beneplacito dei vescovi di An-glona e Tursi32.I riferimenti epigrafici all’atti-vità di domatore di cavalli cir-ca il giovane defunto GiovanniAntonio De Georgiis, avvalo-rano d’altra parte tale supposi-zione, così come alcune espres-sioni di compianto riferite al-l’adolescente Pietro AntonioDe Georgiis, la cui vita spezza-ta era “sovrana speranza [...]della patria”.Quanto allo spazio in cui il sar-cofago è stato collocato, ci pre-me far notare come esso risultitalmente addossato alla partedella parete dell’arco interno daaver reso impossibile l’esecuzio-ne degli affreschi del 1550, sefosse stato già lì. Da ciò la no-stra convinzione che il sarcofa-go vi abbia trovato posto sol-tanto successivamente, rovi-nando, tra l’altro, gli affreschieseguiti sul versante di quellaparete e su quella retrostante.Tuttavia la presenza di rilievisolo sulla faccia anteriore delsarcofago fa dedurre una collo-cazione originaria in cui era co-munque addossato alle pareti efosse visibile solo la parte citata.

L’AULA DEL PRESEPE

Il Presepe è un’altra opera pocoindagata e tuttavia merita la no-stra attenzione sia per la suaspecificità che per la sua appar-tenenza al ciclo decorativo piùvasto che investe gli ambientidella cripta di S. Maria Mag-giore a Tursi.Infatti esso si configura comeun’ideale e logica conclusionedelle Storie di Maria scandite

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Tursi (MT), Chiesa S. Maria Maggiore. Cappella De Georgiis, il re David.(Foto: O. Chiaradia)

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sotto forma di affreschi sullepareti: la nascita del Figlio, delSalvatore, non poteva mancarenel racconto degli accadimentisacri della vita di Maria.La Natività viene, anzi, sottoli-neata e assume la sua precipuadignità essendo presente sottole spoglie di opera scultorea eperciò differente dal resto, benevidenziata rispetto alle altreStorie, dipinte sui muri, e com-pleta il ciclo delle vicende ma-riane insieme alla scena dell’As-sunzione e Incoronazione dellaVergine, rappresentate sulla ta-vola che sovrasta l’altare dellacappella De Georgiis.Il Presepe è un complesso rea-lizzato in pietra. Include trenta-cinque figurette rese in poseplastiche disparate e la scenaappare puntualmente desuntada una commistione di elemen-ti e notizie tratti dai Vangeli ca-nonici e dalla tradizione piùpopolare degli apocrifi. È collocato nell’aula attigua aquella degli affreschi, anch’essadefinita da una volta a botte, eaddossato a mezza altezza dellaparete frontale.Sul limitare di una sorta di chi-na muraria a due livelli, una ca-vità contornata da un arco dallepietre sporgenti definisce, se-condo antica tradizione, lagrotta di Betlemme.Altri due archi, posti ai latidella grotta, apprestano ulte-riori strutture architettoniche.Ormai scomparso quanto eraall’interno dell’arco posto nellascena a destra, solo una piccolalucertola è rimasta scolpita neipressi, sulla parete del burrone.L’ambiente racchiuso nell’arcodi sinistra individua invece unedificio articolato in tre regi-stri mediante due cordoli interracotta. Nell’inferiore è il

basamento a scarpa, in cui è unarco a tutto sesto in pietra,chiuso come a simulare unaporticina. Al di sopra è un’altraapertura, strombata, dalla cor-nice in pietra come l’altra piùpiccola e a tutto sesto che lasovrasta. Più in ombra è unapiccola finestrella e la paretemuraria termina con un tettodi cui è visibile solo una parte.Questa struttura architettonicaha tutte le sembianze di unatorre campanaria e, suggestiva-mente, potrebbe rappresentareil campanile della chiesa al cuiinterno è il Presepe. In tal casosi tratterebbe di un interessan-te tentativo di contestualizza-zione della tradizionale ScenaSacra nel paesaggio tursitano.Nella parte centrale sovrastantela grotta, un rialzo in pietra fada base al castello di Erode, de-finito da quattro torri laterali,tutte merlate, e da mura alte epossenti. Sul piano inclinato asinistra si abbarbica quanto ri-masto di una lunga cinta mura-ria sorretta da dodici archi.Sull’estremità di quel piano sierge un manufatto che ha lesembianze di un grande arcotrionfale definito da una tra-beazione, con fornice d’ingres-so, sul cui ordine superiore siaprono due finestrelle infra-mezzate da uno stemma, dueferitoie laterali, archetti sovra-stanti e cornicione merlato. Trai merli si intravede la figurina diuna testina a rilievo che sembraguardare la scena sottostante. Sullo scenario che sovrasta lagrotta della Natività compaio-no a piccoli gruppi le sculture,tra cui un cagnolino nero con ilcollare protettivo. Ringhia ver-so il gregge che procede in ordi-ne sparso, composto da quattroarieti e da due pecore, di cui

una allatta un agnellino, men-tre un lupo ne stringe tra le fau-ci un altro. Il pastore ne salva,invece, un terzo recandolo sullespalle, mentre un altro pastoreporta una bisaccia. Al gregge siaffianca un maialino forse sfug-gito a quel giovane seduto suun ceppo d’albero intento a to-gliersi una spina dal piede,mentre un pastore dalla calza-maglia lacera sulle ginocchia in-crocia le gambe seduto per terraa suonare la zampogna al centrodella scena, arricchita da duepani a forma di ciambella postilungo il percorso dei pastori.Ancora sull’estrema sinistra delpiano rialzato, la statuina diuna donna intenta a lavare ipanni in una tinozza sembra in-trodurre alla scena dell’arrivodei Magi. Un loro servienteprocede a piedi davanti a uncammello carico di doni, men-tre i Re Magi sono su destrieriscalpitanti, ancora in viaggiolungo un paesaggio roccioso. All’interno della grotta di Be-tlemme sono su un rialzo il bueche scodinzola, l’asinello chedrizza le orecchie e la mangia-toia posta su un blocco lapideo.Sul piano avanzato della grotta,a destra, Maria è in ginocchio ea mani giunte, velo bianco sulcapo, tunica ricoperta da unampio manto trattenuto sulpetto da una spilla.Giuseppe è a sinistra, voltoscarno dagli zigomi sporgenti,capigl iatura leggermentestempiata e brizzolata, barbafitta e ben curata. Ha le maniincrociate sul petto e flette ilginocchio sinistro, lo sguardoassorto. Entrambi sono in preghiera e inadorazione ai lati della culla delBambino Gesù, la cui sculturaoriginaria, involatasi nel corso

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del Seicento, venne sostituitanel 170033.Particolare interesse simbolicoriveste la pietra su cui anche og-gi viene adagiato il BambinoGesù nella ricorrenza del Natale.Il giaciglio del Bambino è costi-tuito da due pezzi lapidei: uno èsagomato in forma di cuscinocon quattro nappine agli angolie si sovrappone all’altra pietrabombata incisa a forma di man-dorla da cui irradiano i raggidella luce solare che avvolse lagrotta34, visitata e allietata dallamoltitudine celeste degli angeli.Questa mandorla raggiata po-trebbe essere interpretata, altre-sì, come riferimento all’appari-zione della stella cometa sullagrotta che, peraltro, accoglieCristo, luce del mondo.I sei angeli musici, scolpiti nelPresepe di Tursi, ne testimo-niano la gioiosa presenza,

mentre uno dei tre cherubiniin legno dorato, che ancora co-ronano l’arco della grotta, in-vita ad intonare il “GLORIAIN EXCELSIS DEO”35 checompare sul cartiglio comenell’avvio del versetto evange-lico di Luca (2, 14).Nell’ordine compaiono alla si-nistra di Giuseppe, un angeloche suona il tamburello a sona-gli, un altro dotato di un salte-rio a trapezio e mutilo di unbraccio. Alla destra del santo,un terzo angelo è privo delbraccio e dello strumento chesorreggeva mentre l’altra manoè rimasta in atto di suonare.Ai lati di Maria, ci sono due fi-gure angeliche: una pizzica lecorde di una viola da mano maha perduto l’altro braccio euna parte dello strumento mu-sicale; l’altra è intenta a suona-re il “tambourin de Gascogne”

con la destra ma appare mutiladella sinistra e guasta nel voltoin corrispondenza delle labbra.Il terzo angelo al fianco di Ma-ria appare del tutto privo distrumenti perché mutilo dellebraccia.Accostando il nostro Presepe al-l’altro più celebre materano,notiamo che le figure degli an-geli musici sono le stesse pernumero e attributi: infatti lad-dove mancano, nel nostro caso,gli strumenti è a causa dellemutilazioni subite dalle statueche si presentano in numerouguale alle materane. Pertantosi desume che gli angeli depri-vati suonavano uno il “tambou-rin de Gascogne” insieme alflauto, gli altri la viola da brac-cio e la gironda, ottenendo intal modo la ricostruzione dell’a-spetto originario del concertoangelico.

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Tursi (MT), Chiesa S. Maria Maggiore. Cappella De Georgiis, Presepe.(Foto: O. Chiaradia)

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Riguardo alla paternità del Pre-sepe si può osservare che non sitratta di un’opera originale deltutto, infatti esso mostra chiara-mente la sua derivazione dallamatrice materana del Presepedel Duomo di Altobello Persio eSannazzaro d’Alessano. Identi-che caratteristiche formali pre-sentano le statuine, esemplatenei loro dettagli sulle materane.A queste corrispondono nellevesti e nelle acconciature dellaMadonna e degli angeli, nei vol-ti di Maria e Giuseppe e nellepose delle figure ma con alcunevarianti più caratterizzanti, qua-li possono essere la figuretta delpastorello intento ad osservarsiil piede, una citazione, in lin-guaggio popolaresco, dello“Spinario” della tradizione scul-torea ellenistica mediata dallacultura rinascimentale. Oppurela lavandaia, tutta intenta al suomestiere, che gli fa da contrap-punto dall’altro lato, dove siapre la sfilata dei Magi, uno deiquali è un giovane e aitante reimberbe. I particolari del panecampagnolo a ciambella, nutri-mento dei pastori, degli animalidel gregge, anche in questo casoresi dettagliatamente nell’aspet-to esteriore che li contraddistin-gue, sono notazioni di un quo-tidiano visto e vissuto. A questisi aggiungono i cammelli, uno,al seguito dei Magi, in forma distatuina recante un forziere, l’al-tro, dettaglio minuzioso, dipin-to sullo sfondo del vano che ac-coglie il Presepe.Si possono operare confronti ecercarne i rapporti di somi-glianze con altri presepi di chie-se del territorio pugliese risalen-ti allo stesso volgere di anni delXVI secolo.Come gli altri è realizzato inpietra, materiale più resistente

della terracotta, dello stucco edel legno utilizzati in manufat-ti di altre aree, per cui risultapesante ed inamovibile. In-sieme a pochi altri esemplaritestimonia l’esistenza di un nu-mero maggiore di presepi sif-fatti della stessa epoca. Si trat-tava di opere complesse e arti-colate che richiedevano l’inter-vento di più mani. Il legame più evidente si stabili-sce con il Presepe della catte-drale materana di cui il nostroappare una filiazione diretta. E,considerate le date, 1534 (annoriportato dall’atto notarile con-cernente il primo) e l’attivitàimmediatamente successiva,degli ultimi anni trenta e poidei quaranta del secolo di Alto-bello Persio a Matera e altrove,la ricorrente collaborazione conil più misterioso Sannazzaro diAlessano, cofirmatario dellostesso atto, e l’esistenza di unapratica ricorrente del soggettoartistico in questione da partedei Persio, si può tranquilla-mente inserire in questo ambitoartistico l’autore del Presepetursitano36. Esso non apparepoi tanto modesto per qualità efattura, pur essendo una sortadi replica del più noto modello,anzi è vistosamente caratteriz-zato con particolari interpreta-bili come riferimenti alla sededi destinazione e accoglienzaper la quale fu concepito: lastruttura architettonica nellagrotta di destra può non essereanonima ma un’allusione alluogo dove si trova il Presepestesso, la chiesa della Rabatana,con la muratura a scarpa, la tor-re campanaria sovrastante el’arco della cripta dove è situatala cappella De Georgiis.Così come il castello di Erode èstato interpretato come una

rappresentazione, nel Presepematerano, del castello Tramon-tano37, nel nostro caso potreb-be assumere l’aspetto del ma-niero di Tursi, oggi scomparso.Può essere un elemento rile-vante ai fini di tale lettura lapresenza, nell’impresa antica diTursi, di una alta torre merlataa tre piani con cordolo e basa-mento a scarpa nel cui registroinferiore si apre una porta conarco a tutto sesto. Inoltre il ca-stello del Presepe sovrasta lagrotta e la scena tutta da un’al-tura apparentemente in rozzocemento. Sappiamo però che ilcastello di Tursi sorgeva nelcentro storico che era costruitosu un forte pendio intorno adun’enorme roccia tufacea, la“Timpa”38, che forse l’arteficecercò di riprodurre in tal mo-do. La Collegiata di Santa Ma-ria Maggiore era prossima alcastello oggi diruto, così comeal palazzo dei De Georgiis. Idue Presepi vanno consideratiquali opere affini tra loro, macertamente non seriali, perchéentrambe in qualche modocontestualizzate.Pertanto, piuttosto che asse-gnarne la paternità ad un artefi-ce locale o ad un epigono menovalente dei maestri, si può ipo-tizzare un rapporto diretto congli esecutori dell’opera matera-na, da quel che sappiamo piut-tosto attivi e perciò itineranti, eugualmente immaginare cheesistesse un collegamento deglistessi con gli autori della deco-razione a fresco delle pareti.Infatti un altro elemento co-mune alle due opere presepiali èla loro appartenenza ad ambien-ti affrescati con rappresentazio-ni di tematiche identiche, se-condo concezioni affini: anchela volta della cappella nel tran-

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setto sinistro della Cattedrale diMatera accoglie busti di Profetie Sibille con cartigli entro clipeiinseriti in una decorazione distampo rinascimentale a grotte-sche, in cui prevalgono i coloridell’oro, il nero e il rosso. Qui èassente il serto floreale e vegeta-le di contorno agli stessi perso-naggi nella cappella tursitanadove comunque compare un ve-ro apparato di grottesche sufondo oro. La cappella De Georgiis inoltre èuna cappella funeraria; sarebbepertanto insolita la presenza deltema della Natività di Cristo, marisulta spiegabile con la sua ap-partenenza alle Storie di Maria.Il Presepe compare in separatasede rispetto al contesto degliaffreschi suddetti e al sito, perlo meno attuale, delle tombe,ma comunque negli stessi am-bienti. Forse ne è il corona-mento né si può credere cheebbe all’inizio una diversa de-stinazione e collocazione, ma-gari al piano superiore dellachiesa, come gli altri presepi acui si apparenta, considerato ilsuo peso e la relazione tematicacon le iconografie dei citatiambienti dipinti.Quindi un contratto di alloga-zione delle opere potè forsecomprendere lo stesso Presepe,che è da intendere come partedel ciclo decorativo voluto dal-la famiglia De Georgiis, accet-tato da questa chiesa a Tursi,diocesi suffraganea di Acerenzae Matera, e concepito, il Prese-pe medesimo, “a simiglianza”del materano, così come quellolo era del perduto Presepe diCerignola39.Quanto all’autore, confrontiformali e di datazioni ci porta-no ad Altobello, a Sannazzaro,ed alla loro cerchia, più che ad

un modesto imitatore locale(cos’altro costui avrebbe poifatto?). Una sibillina scritta alvertice dell’opera, sulla rupe delcastello, che dice “D.v T. SA-VE./ P.”, potrebbe costituire unulteriore indizio.Altro elemento intrigante è il rap-porto esistente tra artefici diversi,pittori e scultori, che accettanocommittenze e operano insiemee in immediata successione neglistessi luoghi: è innegabile il rap-porto esistente tra le decorazionimurali e il Presepe e quindi tra iloro autori.Gli affreschi della volta del latosinistro del transetto della catte-drale di Matera sono stati recen-temente attribuiti a GiovanniTodisco40 e lo stesso si può fareper quelli della Cappella DeGeorgiis a Tursi. Infatti, i tonidella decorazione sentitamenteannotati e tradotti nel linguag-gio popolare, le citazioni dellacultura figurativa umbra e so-prattutto la vicinanza ai modellistilistici di Simone da Firenze aSenise - vedi i Profeti con i filat-teri svolazzanti - evocano la suapersonalità artistica.Affinità stilistiche si riscontra-no tra i cicli pittorici di Materae di Tursi nella resa delle brac-cia, esageratamente lunghe ri-spetto al corpo come le manitalvolta veramente poco aggra-ziate quando suonano uno stru-mento, indicano, reggono co-lombe, ammoniscono.Il dato storico di riferimento,inoppugnabile, è la presenza delpittore, quantomeno nel 1545,quando ne data gli affreschi, nelmonastero di S. Maria d’Orso-leo, che è poco distante da Tur-si, le cui pitture portano la data1550, legata alla morte dei dedi-catari nel 1547. Questa è solo laconferma ad una ridda di ele-

menti stilistici indiziari: la fisio-gnomica dei Profeti e degliEvangelisti della volta, gli occhi,i cui sguardi accompagnano leleggere inclinazioni delle teste,la resa delle barbe e dei capelli inciocche e riccioli sfuggenti, lemani, quelle mani lunghe dallemovenze contorte che accentua-no la sproporzione degli arti,delle gambe ma soprattutto del-le braccia, sproporzione che siripercuote sulla figura tutta chesta come compressa nel clipeodove sembra dover restare perforza, frutto della insicurezzadel pittore nell’uso della pro-spettiva che troviamo in altreopere a lui attribuite, prima fratutte le “Storie della Verginecon i Profeti” nel Santuario diMonteforte ad Abriola41.La ricchezza decorativa dell’ap-parato composito che ricopre lasuperficie della volta, includen-do fitti elementi floreali, geo-metrici, candelabre, finte moda-nature degli oculi, cartigli fintroppo articolati e figure al limi-te degli spazi che le contengono,sembra riflettere una sorta di“horror vacui” dell’autore, ca-ratteristica che lo spinge a riem-pire anche le scene della Vita diMaria con numerosi e minuzio-si dettagli, che sono gli orna-menti dei personaggi e gli uten-sili, estranei all’iconografia cor-rente delle scene rappresentate.Concorrono all’identificazionecome responsabile degli affre-schi tursitani la sua feconda ve-na narrativa che si esprime ap-punto attraverso l’affollamentodelle scene e degli spazi disponi-bili con personaggi protagonistie comprimari, comparse e det-tagli di ogni genere e una ten-denza all’eccesso decorativisti-co, che qui fa sì che venga rico-perto ogni centimetro della vol-

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ta con un serto floreale foltissi-mo e variopinto, lo svolazzare dicartigli completamente inscrittie la citazione puntuale di ognidettaglio e attributo che identi-fichi precisamente il personag-gio raffigurato, Santo, Dottore,Evangelista, Profeta o Sibillache sia. Capitelli, paraste, piedi-stalli, trabeazione delle finte ar-chitetture dipinte nella cappellacostituiscono prestiti figuratividella cultura rinascimentale “al-ta”, così come le candelabre.L’artista, pur aderendo a questacultura corrente nell’uso conte-stuale di elementi classici, eser-cita la sua creatività mediante larappresentazione della ghirlan-da fiorita che assume la funzio-ne di armatura della volta e de-nuncia anche la sua lontanamatrice tardo gotica. Allo stessomodo, sbriglia la fantasia e lasua vena popolaresca quandoinfittisce lo spazio disponibile

di decorazioni rinunciando aicaratteri più classici dell’ordinee dell’armonia.L’uso del repertorio decorativorinascimentale negli elementidelle candelabre sulla volta edelle cornici a bugne, che quicompaiono sotto i busti di S.Barbara e S. Nicola, sono un’al-tra nota distintiva del Todisco,che adopera queste ultime an-che ad Anzi, nella chiesa di San-ta Maria, sotto le Storie dellaVergine e di Cristo (1559).Poi la grande passione per larappresentazione della vitaquotidiana, campestre e pasto-rale ma anche domestica, nellesapide scene della Nascita diMaria che racconta per dettagliil parto in casa alla presenza dicomari e levatrici, con l’offertadel vino e del piccione che “fan-no latte” alla puerpera attempa-ta, sotto il cui letto giacciono,appunto, fuso e conocchia, ac-

canto al gatto e al topo. Nellastessa scena, il pittore rende unpo’ goffamente, ma quanto rea-listicamente, il passo incertodella donna col cesto -e il cerci-ne- sul capo, subito aiutata daun’altra a scaricare il peso. Unapiù sicura figura di levatriceprepara il bagnetto alla piccolaMaria, una serva fa asciugareun telo davanti al braciere fu-mante e un’altra arrotola le fa-sce. A terra le forbici appenautilizzate. Gli abiti di tutti ipersonaggi sono i ricchi costu-mi dell’epoca, dedotti dallestampe ma anche attagliati al-l’usanza locale, con un’attenzio-ne speciale, altro tratto distinti-vo del pittore, ai particolari de-gli orli, dei bottoni, dei pizzi,dei gioielli, così come dei ric-cioli e delle rughe e rughetteche sottolineano la gravità ca-ratteriale dei vecchi Profeti, deiDottori e di Antonio abate.

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Tursi (MT), Chiesa S. Maria Maggiore. Cappella De Georgiis, Natività di Maria (particolari).(Foto: O. Chiaradia)

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Riccioli e pieghe sono resi apunta di pennello e con ampiouso di lumeggiature, le linee so-no spesso contorte e spezzate, asuggerire una certa tensioneespressionistica e ad evocare laprimigenia cultura tardogoticadell’artista. Questa si ritrova neivolti dei vivi ed anche dei mor-ti di Giovanni Todisco: si guar-dino i teschi del “Trionfo dellaMorte” a S. Maria d’Orsoleo.Quanto simili a quello effigiatosul paliotto d’altare della cap-pella di Tursi in atto di dialoga-re, mediante cartiglio, con l’uo-mo che gli è accanto!Anche il tema del dialogo tramorti e vivi non è una novità,dunque, per il pittore.In straordinaria unità di intenticon l’autore del presepe tursita-no si mostra ad Orsoleo Gio-vanni quando rappresenta l’A-dorazione dei Magi, firmandosie datandola 1545: i personaggivestono gli abiti dell’epoca e so-no così sinceramente popolari.Si allontana dall’iconografiapiù solennizzante e aggiungeancora altri dettagli del quoti-diano nel Presepe in S. Mariaad Anzi, del 155942, con lagrotta divenuta capanna di pa-stori, con botticelle e cacioca-valli appesi, mentre sullo sfon-do pascolano le greggi e si af-frontano capri e montoni, inun affollamento di animali cherimanda ai Presepi di Matera eTursi che, a quella data appun-to, aveva già visto negli stessiluoghi dove aveva lavorato.Questi ultimi particolari assu-mono la valenza di dettagli si-gnificativi, quasi di indizi nel-l’indagine attributiva: infatti lasilhouette scura dei due capriche si affrontano ricorre nei di-pinti murali di Anzi e di Orso-leo, come nello sfondo dipinto

sul vano murario che accoglie ilPresepe di Tursi, dove, come inogni presepe tradizionale, èproseguita la simulazione delpaesaggio in continuità conquella scultorea dei manufatti.La merlatura delle mura prose-gue infatti dipinta sulle pareti ecosì altri elementi naturalistici edel Presepe, quali i monti, la ve-getazione, il deserto, il cammel-lo, ad inferire l’esistenza dellacollaborazione tra le due mae-stranze responsabili della partescolpita e di quella dipinta, chesi integrano agevolmente.Sarà stata una prassi abitualedei due artefici accettare com-missioni e lavorare insieme nel-lo stesso luogo, a realizzare ununico progetto? L’antecedente acui rimanda il Presepe di Tursi èquello della Cattedrale di Ma-tera: lì Altobello Persio conSannazzaro di Alessano sono re-sponsabili del Presepe lapideo,sovrastato da una volta affresca-ta da un anonimo pittore, comesi è detto precedentemente,identificato in Giovanni Todi-sco43. Mancano purtroppo al-cuni elementi del Presepe, ilquale è addossato ad una pareteche ha perduto la decorazioneoriginaria, quasi certamentepittorica, che avrebbe ulterior-mente suffragato il rapporto disomiglianza tra le due opere masoprattutto la conoscenza delmodo di operare degli artisti edei loro eventuali rapporti. PerAltobello Persio è stato dettoche era, proprio negli anni ‘40del Cinquecento, impresario diuna fiorente bottega che mono-polizzava il mercato accettandocommissioni in vari siti dellaPuglia44 e segnando fortementeil territorio materano. Il Prese-pe di Tursi, già collocato nel-l’ambito della sua produzione

di bottega45, ne conferma il da-to realistico e popolare ma è va-lido elemento di indagine suigià citati rapporti con i pittoriattivi nello stesso luogo. Infattinon solo lo sfondo dell’archi-tettura presepiale è dipinto, mareca tracce superstiti dell’origi-naria dipintura anche la voltadella stessa, presumibilmenteceleste, notturna e stellata, co-me vuole la tradizione.I viciniori di Altobello sono sta-ti indagati soprattutto nelle fi-gure di Sannazzaro di Alessano,suo sodale nel contratto per larealizzazione del Presepe mate-rano, e di suo fratello AurelioPersio. Sannazzaro, salentino,accoglie e introduce Aurelio aCastellana, dove è documenta-to dal 1571 al 1579, reduce dal-la formazione a Palermo conGagini e forse da un periodoromano. Aurelio era il fratellominore di Altobello Persio, suoantico socio, ora forse troppoimpegnato per accettare altri la-vori in Puglia. Gli anni oscuridell’attività di Aurelio vannodal 1544 al 155046. Altri ele-menti documentari più pro-banti non sussistono per attri-buire il Presepe tursitano aduna mano certa. Quello chesorprende e conforta è lo strettonesso di somiglianze esteriori,in opere similari, realizzate nel-lo stesso giro di anni e nellostesso territorio in cui questipersonaggi erano tutti attivi:Altobello scultore, GiovanniTodisco pittore.Un plausibile elemento di coe-sione tra le due équipes, oltre alprecedente di aver già potutolavorare insieme, potè esserestato il riferimento non alla di-retta committenza delle operetursitane, che fu, per quel chene sappiamo, nel caso degli ad-

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dolorati De Georgiis, unica, maad un collettore privilegiatodell’attività artistica dell’epocanel territorio pugliese e lucano:i Francescani.Essi, assai più che le personalitàdi alti prelati di passaggio, era-no presenti a Tursi con il con-vento dei Minori Osservanti,ben radicati in tutta la regione epertanto consapevoli del tessu-to sociale in generale e dellarealtà artistica in particolare chequi era attestata nell’esistenza dialcune ben note botteghe. Eproprio i Francescani erano icommittenti di Giovanni Todi-sco per tutte le sue opere certe eper quelle che gli vengono viavia attribuite, tutte eseguite ecustodite nelle loro sedi sul ter-ritorio. Laddove, come adAbriola, non è così, esiste co-munque sul posto un conventodegli Osservanti. Se la Collegia-ta di Tursi, comprendente laCappella De Georgiis, non ap-parteneva ai Frati, questi eranoin loco, ma soprattutto faceva-no lavorare il pittore nel pocodistante convento di Orsoleo, aSant’Arcangelo, nel 1545, conun ciclo di argomento cristolo-gico e Storie della vita di Fran-cesco, oltre ai Trionfi dellaMorte e della Fede, e forse an-cora nel 1548 nella chiesa diSan Francesco a Senise. E anco-ra per tutti gli anni Cinquantain Sant’Antonio a Cancellara,ad Anzi di nuovo con Scenedella vita di Maria ispirate aiVangeli apocrifi, per non parla-re dei dipinti di Oppido e diPotenza, tutti eseguiti per iFrancescani.La responsabilità dei Frati circai programmi iconografici delleopere, considerato il contesto ei fini educativi e propagandisti-ci delle stesse, è indiscutibile:

probabilmente si devono a loroanche i dettami per l’impiantocompositivo degli affreschi diTursi, così ricchi di citazioni erimandi biblici, a meno che unpittore consapevole e informatonon agisca sulla falsariga di altrimodelli controllati e approvatida religiosi. Ma la sede e la de-stinazione d’uso delle opere so-no troppo importanti per affer-mare una piena autonomia del-l’artista. Il Presepe così come la sua ico-nografia è peculiarità francesca-

na: a partire dall’origine storicaa Greccio ad opera del Fonda-tore dell’Ordine fino alla rap-presentazione dell’Annuncio aiPastori e della Cavalcata deiMagi in un unico contesto. Sifa risalire all’ambito, appunto,francescano abruzzese la parti-colarità della compresenza dellascena della Natività con il cor-teo dei Magi, forse sulla grotta,ripresa da Stefano da Putignanonei Presepi di Polignano a Mareintorno al 1520 e poi di Grotta-glie nel 1530. Da questi esem-

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Tursi (MT), Chiesa S. Maria Maggiore. Cappella De Georgiis, Incontro di Gioacchino ed Anna e S.Antonio abate. (Foto: O. Chiaradia)

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plari deriverebbe il Presepe del-la Cattedrale materana, del1534, in cui Altobello Persioguarda a Stefano da Putignanonell’impaginazione delle sceneper piani orizzontali47. Inoltre,quasi tutti i presepi esistenti odi cui è attestata l’esistenza so-no o erano custoditi in sedidell’Ordine Francescano. Per riprendere le fila del discor-so attributivo, è accettabile dun-que l’ipotesi di una sorta di so-dalizio anche a breve termine eper occasioni scelte tra gli im-

prenditori di due botteghe mol-to attive per alcuni decenni delXVI secolo, che dovendo ri-spondere a diversi incarichi per iquali erano le più qualificate sulterritorio, si spalleggiavanochiamandosi a vicenda. La com-missione lavorativa diventavaoccasione d’incontro e di arric-chimento per gli artefici appar-tenenti alle équipes. Dall’espe-rienza materana di un cantierein cui lavoravano pittori e scul-tori potè derivare quella di Tursie il trait-d’union potè essere pro-

prio Giovanni Todisco, forte deisuoi collaudati rapporti con iFrati Minori e in contatto conl’altrettanto vivace e prodigo Al-tobello Persio.Si può pensare che, a distanzadi alcuni anni, gli stessi perso-naggi replichino, adattandole alcaso, le opere della Cattedralematerana a Tursi, col benestaredel prevosto e con i finanzia-menti dei De Georgiis.

Note1 R. BRUNO,La Rabatana. Anticoborgo di Tursi,Grafidea, Policoro, 2001,p. 7. Le comunicazioni orali sono dovu-te alla cortesia del geom. Rocco Campe-se di Tursi.2 A. NIGRO, Memoria topograficaistorica della città di Tursi e sull’anticaPandosia di Eraclea oggi Anglona,Ti-pografia di Raffaele Miranda, Napoli1851, p. 26.3 Ivi, pp. 16-18.4 Ivi, pp. 19, 28, 66, 70, 148-149. Cfr.,inoltre, G. STIGLIANO,La diocesi diAnglona e Tursi attraverso le Relationesad Limina Apostolorum,Amministra-zione Provinciale - Matera. Quadernidella Biblioteca Provinciale di Matera,n. 5, Bmg, Matera 1989, pp. 21-31.5 R. BRUNO,Storia di Tursi,RomeoPorfidio editore, Moliterno 1989, p. 55.6 R. BRUNO,La Rabatana…,cit., p.34 e nota 31.7 R. BRUNO,La Cattedrale della SS.Annunziata. Note storiche e artistiche,Grafidea, Policoro 2000, p. 12.8 R. BRUNO,Storia di Tursi,cit., p.308.9 G. GATTINI, Note storiche sulla cittàdi Matera,Napoli 1882. Ristampa ana-statica BMG, Matera 1977, p. 280. Ilconte materano nello stilare una memo-ria sulla nobile famiglia Brancato cita,tra i capitoli matrimoniali riguardanti ilnobiluomo Mario Giovanni Brancati diMatera e la nobildonna Gerolima di Do-nato Gattini, quelli del Not. Tom. DeGeorgiis di Taranto, a partire dal 1516.Un Niccolò di Giorgi, letterato e musico,faceva parte dell’Accademia istituita in-torno alla seconda metà del Cinquecentonel castello di Mola dal III Marchese diPolignano, don Gasparre della famigliaToralda (S. AMMIRATO,Delle famiglienobili napoletane,Forni editore, ristam-

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Tursi (MT), Chiesa S. Maria Maggiore. Cappella De Georgiis, S. Matteo evangelista.(Foto: O. Chiaradia)

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pa, Bologna 1973. Vol. II, pp. 68-73).10 Per la verifica delle epigrafi e dellatraduzione ci siamo avvalsi della corte-sia del preside del ginnasio-liceo classi-co “Q.O. Flacco” di Potenza, RaffaelloAntonio Mecca, che ringraziamo. Dalraffronto tra l’iscrizione latina riportatanell’insegna sorretta da due angeli e latrascrizione pubblicata dal Nigro nel1851 emerge che l’iscrizione dipinta sul-la parete in distici elegiaci rende possibi-le la lettura soltanto dei primi 23 righidell’elegia, il cui prosieguo (vv. 14-30)va letto nella pubblicazione del medicotursitano. L’elegia latina dipinta presen-ta qualche lacuna o sillabe e parole di-verse da quelle pubblicate dal Nigro.Nell’incipit del 1° verso mentre Nigrolesse “Petri hic Antoni muris condentur”noi leggiamo “[JOANNI]S (A)NTON(I)TENEBRIS CONDVNTVR”. Alla finedel 6° verso Nigro riporta “Praesidium-que patris” noi troviamo “PRAESI-DIVMQVE PRI(V)S”. Al verso 8° Ni-gro riporta “secunda fecit” mentre si leg-ge “SECVNDA FVIT”. Al verso 11° Ni-gro pubblicò “fidibusque canonis”, noileggiamo “FIDIBVSQVE CANORIS”.Al verso 12° Nigro pubblicò “grata vi-sis” noi trascriviamo “GRATA VIRIS”.Al verso 16° Nigro trascrisse “tacentur”,noi leggiamo “TACEANTUR”. Al verso17° Nigro lesse “treis de”, noi leggiamo“TREIS ET”. Negli incipit dei versi 18°e 21° Nigro pubblicò “Quum”, noi tro-viamo “CVM”. La trascrizione epigrafi-ca dell’elegia dipinta sulla parete, con-frontata e integrata con quella pubblica-ta dal Nigro nel 1851, introduce le corre-zioni essenziali a quell’edizione defi-nendo così il nuovo testo epigrafico. Laseconda epigrafe riferita a Pietro Anto-nio De Georgiis (n. nel 1532, m. il 2 ago-sto 1547) risulta integra e ben leggibilenei suoi caratteri latini dipinti disposti su15 versi. La nostra trascrizione emendaalcune imprecisioni, perdonabilissime,contenute nel testo pubblicato dal Nigro,sottoponendosi alla puntuale verifica te-stuale dell’epitaffio dipinto nella cappel-la De Georgiis.11 Nella parte centrale del dipinto attor-no al sepolcro vuoto e ricolmo di fiori,otto apostoli scrutano, commentano e di-scutono tra di loro l’avvenimento, men-tre in cielo tra le nubi la Vergine è inco-ronata dall’Eterno e da Gesù tra angelimusici e cherubini (questi ultimi un’ag-giunta posteriore).Il dipinto a tempera su tavola è stato da-tato dalla Soprintendenza di Matera al1550 e attribuito ad un ignoto e più “me-diocre autore rispetto a quello che haeseguito il ciclo degli affreschi nella

cappella De Georgiis (ARCHIVIOSBAS di Matera, Scheda n. 17/00039995 riferita alla cappella inferioredella Chiesa di S. Maria Maggiore diTursi). 12 LA BIBBIA PER LA FAMIGLIA, acura di Gianfranco Ravasi,Cantico deicantici,editore Periodici San Paolo, Mi-lano 1996, vol. 6, pp. 105-121.13 LA BIBBIA PER LA FAMIGLIA.NUOVO TESTAMENTO, a cura diGianfranco Ravasi,Marco, editore Pe-riodici San Paolo, Milano 1998, vol. 1,p. 135.14 Ivi, Matteo,cit., vol. 1, p. 9. 15 JACOPO DA VARAGINE,Leggendaaurea,Libreria Editrice Fiorentina, Voll.I-II, Firenze 1990. Vol. I, pp. 200-218.Cfr., inoltre, V. MENECHINO, P. CAN-NATA, Gregorio I, detto Magno, papa,Dottore della Chiesa, santo, in “Bi-bliotheca Sanctorum”, Città Nuova edi-trice, Roma 1983 (ristampa), vol. VII,pp. 222-287.16 A. PENNA, M. L. CASANOVA,Gi-rolamo,Dottore della Chiesa, santo, in“Bibliotheca Sanctorum”, cit., vol. VI,pp. 1109-1137.17 M. SIMONETTI, B. PARODI d’A-RENZANO, R. APRILE,Ambrogio,ve-scovo di Milano, Dottore della Chiesa,santo, in “Bibliotheca Sanctorum”, cit.,vol. 1, pp. 946-990.18 A. TRAPÉ, E. CROCE,Agostino Au-relio, vescovo di Ippona, Padre e Dotto-re della Chiesa, santo, in “BibliothecaSanctorum”, cit., vol. I, pp. 428-600.19 LA BIBBIA PER LA FAMIGLIA, acura di Gianfranco Ravasi,Salmi,edito-re Periodici San Paolo, Milano 1996.Vol. 5, p. 165.20 Ivi, Isaia,cit., 1997, vol. 7, p. 14. Ori-ginariamente l’iscrizione del cartiglioscorreva intorno alla figura intrecciando-si al serto floreale e in margine al riqua-dro dove identificava il personaggio raf-figurato. Un successivo restauro malde-stro ha invece deviato il nastro sulla figu-ra del profeta che risulta, unica rispettoalle altre dell’insieme, tagliata dallo stes-so mentre si leggono ancora le scritte ori-ginarie a margine, che segnano il percor-so ideato dall’artista.21 Ivi, Ezechiele,cit., 1997, vol. 8, p.114.22 Protovangelo di Giacomo, Vangelodello Pseudo Matteo, Libro della Nati-vità di Maria, in I vangeli apocrifi,a cu-ra di Marcello Craveri, ed. Einaudi, Tori-no 1990, rispettivamente alle pp. 5-28;65-111; 216-224.23 Ivi, pp. 216-224.

24 LA BIBBIA PER LA FAMIGLIA.NUOVO TESTAMENTO,Luca, cit.,1998, vol. 1, pp. 194-195.25 Ivi, Giovanni,cit., p. 296.26 F. CARAFFA, A. RIGOLI, M. CIR-MENI BOSI, Antonio,Abate, santo, in“Bibliotheca Sanctorum”, cit., vol. II,pp. 106-136.27 Per la Basilicata cfr., A. GIGANTI,La chiesa di Sant’Antuono di OppidoLucano,ed. Ermes, stampa RCE edizio-ni, Brienza 2000.28 G. D. GORDINI, R. APRILE,Bar-bara, santa, martire, in “BibliothecaSanctorum”, cit., vol. II, pp. 759-768.29 N. DEL RE, M. C. COLLETTI,Ni-cola, (Niccolò) vescovo di Mira, santo,in “Bibliotheca Sanctorum”, vol. IX, pp.923-948.30 D. BALBONI, M. C. CELLETTI,Giorgio, santo, martire, in “BibliothecaSanctorum”, cit., vol. VI, pp. 512-532;C. COLELLA, G. SETTEMBRINO,Lachiesa di S. Caterina d’Alessandria inCancellara,Anspi-Oratorio San Cle-mente Cancellara, Alfagrafica Volonni-no, Lavello 2001.31 Per le notizie sull’Ordine di S. Gior-gio in Italia cfr., A. PECCHIOLI,La ca-valleria e gli ordini cavallereschi,Edita-lia, s.d. né l., rispettivamente alla p. 198per l’Ordine Costantiniano di San Gior-gio e alla p. 200 per l’Ordine di S. Gior-gio di Ravenna, stabilito nel 1534 dal pa-pa Paolo III per combattere i pirati mu-sulmani che infestavano le coste dellaRomagna e soppresso dal pontefice Gre-gorio XIII (1572-1585), dopo la vittoriadei Cristiani sui Turchi a Lepanto (1571).32 Per le notizie sui vescovi di Anglona-Tursi, Berardino Elvino, sotto il cui ve-scovato (1542-1547) avvenne il trasferi-mento a Tursi della diocesi di Anglona(1545-1546) e per quelle riferite al ve-scovo Giulio De Grandis (dal 1548 al1560) cfr., A. NIGRO,Memoria topo-grafica istorica sulla città di Tursi…,cit., pp. 148-149.33 La data e la firma dell’autore dellascultura: 1700, Antonio Grima, è emersanel corso del restauro (cfr., A. BASILE,P. SCHETTINO,Presepe, Bottega di Al-tobello Persio. Pietra scolpita e dipinta.Tursi (MT), Chiesa di S. Maria Maggio-re, in MINISTERO PER I BENI CUL-TURALI E AMBIENTALI, SOPRIN-TENDENZA PER I BENI ARTISTICIE STORICI DELLA BASILICATA, Re-stauri in Basilicata. 1993-1997.XIIIsettimana per i beni culturali e ambienta-li. Catalogo, La Tipografica,Matera 1998, pp. 22-27).

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34 Stando alla narrazione del Vangelodello Pseudo Matteo: “(…) all’ingressodi Maria in quell’antro buio tutta la grot-ta cominciò ad avere splendore e a riful-gere tutta di luce, come se vi fosse il so-le. La luce divina illuminava la grottacome se li fosse l’ora sesta del giorno, elà questa luce divina non venne mai me-no, né di giorno né di notte, finché Mariarimase là”. E più avanti: “Inoltre dallasera alla mattina splendeva sopra la grot-ta un’enorme stella la cui grandezza nonsi era mai vista dall’origine del mondo”.In quello stesso vangelo non canonico siafferma che “il terzo giorno dopo la na-scita del Signore Maria uscì dalla grottaed entrò in una stalla: mise il bambinonella mangiatoia e il bue e l’asino loadorarono”, conciliando in tal modo latradizione orientale della “grotta” conquella occidentale della “stalla” (cfr.,IVangeli apocrifi,cit. pp. 80-82).35 LA BIBBIA PER LA FAMIGLIA.NUOVO TESTAMENTO,Luca, cit.,1997, vol. 1, p. 198. 36 Clara Gelao, che a più riprese ha af-frontato l’argomento dei Presepi cinque-centeschi del territorio pugliese, occu-pandosi anche dell’attività artistica diAltobello Persio, suo fratello Aurelio edi Sannazzaro di Alessano, ha ritenutol’esemplare di Tursi derivante, con quel-lo di Altamura, dal Presepe del Duomodi Matera, ma non di mano di Altobello(C. GELAO,Presepi cinquecenteschipugliesi fra Adriatico e Tirreno,in “Na-poli Nobilissima”, vol. XXVIII, fasc. I-VI, gen.- dic. 1989, p. 120) in cui lo de-finisce “assai rozzo e popolare”. Succes-sivamente lo annovera tra i prodotti dibottega della fiorente attività imprendi-

toriale di Altobello Persio (C. GELAO,Tra Lucania Puglia e Sicilia: Aureliusde Basilicata e Altobello Persio di Mon-tescaglioso,in “Storia dell’Arte”, n. 89,1997, pp. 66, nota 121). Nello stesso stu-dio giudica lo stile di Altobello “alquan-to grossier,anche se sapido, che in veritàpoco si eleva, specie in alcune figure dicontorno, al di sopra di un rude livelloartigianale”. Tale si manifesterebbe nel-la fattura delle figure del Presepe dellaCattedrale di Matera, precedentementevalorizzato rispetto a quello di Tursi eperaltro eseguito in collaborazione conSannazzaro Panza di Alessano (Ivi, p.50). Di costui ricostruisce l’identità me-diante documenti e pubblica, nello stu-dio, il testo del contratto per l’opera ma-terana (Ivi, pp. 40-49).37 M. S. CALO’ MARIANI, G. GU-GLIELMI FALDI, C. STRINATI, LaCattedrale di Matera,ed. Carical, Cini-sello Balsamo (MI) 1978, pp. 63-68.38 R. BRUNO,Storia di Tursi,cit., p.288. La descrizione dell’antica Tursiparla sia del forte declivio del terrenoche determinava l’esistenza di un disli-vello tra l’area della Rabatana, dove sor-gevano il nucleo più antico dell’abitato eil castello, e la città bassa, che della co-struzione di una scalinata, la “petrizza”,costruita dai Doria agli inizi del Seicen-to (R. BRUNO,La Rabatana...,cit., p.22) per collegare le due parti. Più inte-ressante ancora è la notizia dell’esisten-za di un collegamento tra Castello e “Ci-miterio”, quest’ultimo compreso nellaCollegiata. 39 C. GELAO, Presepi cinquecente-schi...,cit., p. 119 e nota 40.40 C. GELAO, P. BELLI D’ELIA, La

Cattedrale di Acerenza. Mille anni distoria, edizioni Osanna, Venosa 1999,pp. 238-240.41 A. GRELLE IUSCO,Arte in Basi-licata,ed. Comitato regionale per il Giu-bileo 2000-Regione Basilicata, De Lucaed., Roma 2001, p. 272, fig. 478.42 R. VILLANI, La pittura murale inBasilicata. Dal Tardoantico al Rina-scimento,Consiglio Regionale della Ba-silicata, Rubbettino Arti Grafiche, Sove-ria Mannelli (CZ) 2000, p. 190; C. CO-LELLA, G. SETTEMBRINO,SantaMaria sul monte Siri ad Anzi,ParrocchiaS. Donato, vescovo e martire - OratorioCentro giovanile salesiano, Anzi (Pz),Alfagrafica Volonnino, Lavello (PZ)2002, p. 47. 43 Cfr. note 39 e 40. 44 C. GELAO,Tra Lucania Puglia e Si-cilia..., cit., p. 47.45 Ivi, p. 66 e nota 121.46 Ivi, p. 40.47 C. GELAO, Presepi cinquecente-schi..., cit., passim.

* Ringraziamo la dott.ssa Agata Altavilladella Soprintendenza P.S.A. D. per gliutili suggerimenti.

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Tursi (MT), Chiesa S. Maria Maggiore. Cappella De Georgiis, particolare del Presepe in pietra.(Foto: O. Chiaradia)

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GLI EVENTI DELLA V SETTIMANA DELLA CULTURA IN BASILICATA

INAUGURAZIONE MUSEI

MATERA, Palazzo Lanfranchi.Inaugurazione del Museo Nazionale di Arte Medioevale e Moderna della Basilicata.

VENOSA, Abbazia della Santissima Trinità.Inaugurazione del Museo del Territorio di Venosa.

CONVEGNI, SEMINARI, TAVOLE ROTONDE

POTENZA, Università della Basilicata, polo di Macchia RomanaIl ponte e la città. Sergio Musmeci a Potenza.

POTENZA, Museo Provinciale.Il paesaggio. Tutela e restauro.

POTENZA, Archivio di Stato.Archivio e scrittura creativa. Per una didattica dell’immaginario storico.

POTENZA. Biblioteca Nazionale.Storie mute e storie sussurrate. Il Cavallo Verde.Seminario di Studi sulle fiabe lucane.

POTENZA, Biblioteca Nazionale.Riconsegna delle pergamene dell’Archivio Storico della Parrocchia Santuario di S. Maria del Monte di Viggiano aS.E. Mons. Agostino Superbo, Arcivescovo di Potenza, Muro Lucano e Marsico Nuovo.

MATERA, Palazzo Lanfranchi.Presentazione dei restauri realizzati sul territorio della Basilicata dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico,Artistico e Demoetnoantropologico della Basilicata.

MATERA, Palazzo Lanfranchi.Attività servizi educativi: presentazione del CD-Rom realizzato dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico,Artistico e Demoetnoantropologico della Basilicata.

MATERA, Palazzo Lanfranchi.Presentazione dei restauri realizzati nei laboratori della Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico eDemoetnoantropologico della Basilicata.

MATERA, Palazzo dell’Annunziata.Memorie da riscoprire.

MATERA, Archivio di Stato.Cinquanta anni di attività della Federazione Provinciale di Matera dell’Opera NazionaleMaternità ed Infanzia e Trenta anni di attività dell’Ufficio Provinciale Aiuti Internazionali di Matera.

BARAGIANO, Centro sociale.Presentazione del video multimedialeLa Basilicata nord - occidentale tra mito e archeologia.

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MOSTRE

POTENZA, Università della Basilicata, polo di Macchia Romana.Il ponte e la città. Sergio Musmeci a Potenza.

POTENZA, Museo Provinciale. Piano del Conte: un ambiente da restaurare.

POTENZA. Museo Archeologico Provinciale.Immagine e mito nella Basilicata antica.

POTENZA, Archivio di Stato.Archiviocrea. Archivio e scrittura creativa. Per una didattica dell’immaginario storico.

POTENZA, Biblioteca Nazionale.Storie mute e storie sussurrate. Le pergamene dell’Archivio Storico della Parrocchia Santuario di S. Maria del Montedi Viggiano.

MATERA, Museo Nazionale D. Ridola. Disegni dall’archivio storico del Museo Ridola.

MATERA. Museo Nazionale D. Ridola.Il cibo degli dei.

MATERA. Museo Nazionale D. Ridola.Il Patrimonio ritrovato.

MATERA, Archivio di Stato.Il presepe dei bambini.

GRUMENTO Museo Nazionale della Val d’Agri.Gli anfiteatri in Basilicata.

LAVELLO, Antiquarium Comunale. Culti di fertilità nel secondo millennio a. C. L’ipogeo 1036 di Lavello.

MARATEA, Chiesa di S. Antonio nel complesso dei Cappuccini.La storia della Chiesa e del Convento dei Cappuccini e le prime presenze cristiane a Maratea.

MELFI, Museo Nazionale del Melfese.Dalla natura all’arte. Storie di pietre, animali e piante nella valle del Nilo.

METAPONTO. Museo Archeologico Nazionale.Archeologia e petrolio. Dalla colonia greca di Metaponto alla città romana di Grumento.

METAPONTO, Museo Archeologico Nazionale. Recenti scoperte archeologiche a Metaponto.

MURO LUCANO, Museo Nazionale.Il territorio del Marmo - Platano in età romana.

POLICORO, Museo Nazionale della Siritide.Sport e giochi nella Basilicata antica.

VENOSA, Castello Pirro del Balzo.Venosa tra età repubblicana ed imperiale.

VENOSA, Castello Pirro del Balzo.Il Castello ducale di Venosa, storia restauro riuso.

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RAPPRESENTAZIONI TEATRALI

MATERA, Museo Nazionale D. Ridola.Medea di Euripide.

Durante la Settimana della Cultura:Visite guidate in tutti i Musei Nazionali della regione, su prenotazione presso le Soprintendenze competenti.Visite guidate presso i laboratori di restauro della Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico eDemoetnoantropologico, su prenotazione.

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