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TU PRIMUS CIRCUMDEDISTIME DIVINO AUXILIO

FRANCIS DRAKE - IL CORSARO DELLA REGINA

RAFFAELE GARGIULO

RIVISTA MARITTIMA

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Raffaele GARGIULO

TU PRIMUS CIRCUMDEDISTI ME, DIVINO AUXILIO!FRANCIS DRAKE – IL CORSARO DELLA REGINA

Rivista Marittima

«Solo pochi uomini possono dare del Tu al mare. Quei pochi non glielo danno».Antico proverbio marinaro

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INDICE

PREMESSA pag. 3

INTRODUZIONE pag. 8

L’AVVENTO INGLESE pag. 13

LA NASCITA DI UN CORSARO pag. 22

L’INVINCIBILE ARMATA pag.72

IL TRAMONTO pag. 76

BIBLIOGRAFIA pag. 78

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PREMESSA

I l 28 novembre 1520 Ferdinando Magel-lano raggiunse il passaggio che oggi è

noto come Stretto di Magellano e raggiun-se l’Oceano Pacifico. La spedizione, intra-presa tra il 10 agosto 1519 e il 6 settembre1522 da una flotta di 5 navi capitanate dalportoghese Ferdinando Magellano al servi-zio della corona spagnola, fu la prima a in-traprendere la circumnavigazione del glo-bo. Il viaggio si concluse con gravi perdite;ritornò solo una nave, la Victoria nel 1522,al comando di Juan Sebastian Elcano (1),uno dei sopravvissuti della spedizione. Dei234 tra soldati e marinai che formavanol’equipaggio iniziale, infatti, soltanto 18 sisalvarono. La storia del viaggio è nota gra-zie agli appunti dell’uomo di fiducia e cro-nista di Magellano, il vicentino Antonio Pi-gafetta. Quale fu dunque l’importanza dellascoperta di Magellano?

Magellano voleva assicurare alla Spagnale Isole delle Spezie e le altre conquiste, conla posta della sua vita; ma quello che aveva iniziato come un’impresa eroica finisce inun miserando baratto: l’imperatore Carlo V rivende le Molucche al Portogallo per tre-centocinquantamila ducati che continuarono a essere sfruttate dai portoghesi. La via diponente scoperta da Magellano non viene quasi più percorsa, l’itinerario da lui segnatonon porta né guadagni né oro e né alcun beneficio alla Spagna. La sua grande scopertageografica, lo stretto, aveva ben poco valore pratico, dal momento che era lontano epericoloso e non valeva la pena di rischiare quando al di là non c’era null’altro se nonla distesa deserta del Pacifico. Anche dopo la sua morte la sventura continua a perse-guitare chiunque fidasse in Magellano; quasi tutte le flotte spagnole che vollero ripete-

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Ferdinando Magellano.

(1) In realtà, una nave la San Antonio, disertò e ritornò in Spagna prima della scoperta dello Stretto diMagellano e la Trinidad fu catturata dai portoghesi a Ternate essendo rimasta nelle acque dell’arcipelagodelle Filippine per riparazioni a seguito di un incaglio in bassi fondali, mentre la Victoria, rientrava inSpagna. L’equipaggio della Tinidad fu imprigionato dai portoghesi e dopo alcuni anni, nel 1526, ritorna-rono in patria solo 5 superstiti.

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re la sua spedizione perirono nello stretto che porta il suo nome; ben presto i navigatoriimparano paurosi a evitarlo. Gli Spagnoli preferirono concentrarsi nello sfruttamentodei tesori del Messico e del Perù e trasportare le merci in lunghe carovane oltre l’istmodi Panama, piuttosto che sfidare i cupi fiordi della Patagonia. La strada di Magellano,la cui scoperta era stata salutata con giubilo da tutto il mondo, viene così completa-mente messa al bando a causa dei pericoli che presenta, tanto che nel corso di una solagenerazione finisce per cadere del tutto nell’oblio, per trasformarsi di nuovo in un mi-

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Carta dello Stretto di Magellano di Jocodus Hondius del 1633.

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to. Tanto leggendaria diventa, che l’audace pirata Francis Drake per cinquantotto annil’adopera come rifugio da dove balzare di sorpresa come un falco sugli ignari colonispagnoli della costa occidentale, saccheggiandone i carichi d’argento. Allora soltantogli spagnoli se ne rammentano e costruiscono frettolosamente una fortezza per impe-dirvi l’entrata ad altri filibustieri. Ma la sventura perseguita chiunque segue Magella-no. La flotta condotta da Sarmiento, per ordine del re di Spagna, nello stretto, si sfra-cella sugli scogli, la fortezza ivi eretta va in rovina e il nome di Porto Hambre, Portodella Fame, serba l’orrendo ricordo della morte per inedia dei suoi colonizzatori (2).

Pochi pescatori di balene, di tanto in tanto un veliero temerario, solcano quello strettodi cui Magellano sognava fare la via maestra del commercio fra l’Europa e l’Oriente.

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(2) Pedro Sarmiento de Gamboa è stato uno dei grandi navigatori del XVI secolo e le sue vicende gli per-misero di mettere in evidenza delle doti non comuni di perizia marinaresca e di forza morale. Tuttavia lamaggiore impresa legata al suo nome, il tentativo, da parte della Spagna, di colonizzare e fortificare loStretto di Magellano, per impedire il ripetersi di incursioni piratesche come quella di Francis Drake, èpassato alla storia come uno dei più clamorosi fallimenti. La sfortuna sembra essersi particolarmente ac-canita contro la pur indomita volontà di questo insigne uomo di mare, distruggendo i suoi progetti che pu-re egli aveva preparato con cura e senso dell’organizzazione. È probabile che, se anche le due città da luifondate nello Stretto — quella del Nome di Gesù e quella del Re Filippo — non fossero state cancellatedal freddo e dalla fame, la loro funzione strategica sarebbe stata comunque vanificata dalla scoperta daparte di Schouten e Le Maire, compiuta nel 1616, della rotta del Capo Horn, che permise ancora una voltaai nemici della Spagna — gli Olandesi, questa volta, e tanti altri dopo di loro — di violare il passaggiodall’Atlantico al Pacifico, penetrando nelle immensità del «lago spagnolo» e minacciando i traffici ibericie le indifese città della costa occidentale del Nuovo Mondo. Tuttavia la storia non si può fare con i se econ i ma, e il tragico destino delle due città magellaniche fondate da Sarmiento è rimasto come un tetroavvertimento che i disegni umani nulla possono contro la forza del destino, quando non sono accompa-gnati dal sorriso benevolo dell’incostante Dea bendata.

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INTRODUZIONE

Gli Spagnoli non riuscirono a dimenticare del tutto l’oceano che Magellano avevadato loro. Anche dopo che Carlo V aveva rinunciato alle Molucche, gli Spagnoli

inviarono alcune spedizioni nel Pacifico. Nel 1537 dal Messico Cortès mandò due na-vi, al comando di Pedro de Alvarado (3) ed Hernando Grijalva, in perlustrazione lungola linea dell’equatore alla ricerca di due isole che si diceva fossero ricche d’oro. Sco-prirono un certo numero di isole, tra cui le Gilberts, ma non trovarono l’oro. A seguitodi una tempesta le due navi si separarono e l’equipaggio della nave di Grijalva allorasi ammutinò, trucidò il comandante e poco dopo fece naufragio al largo della NuovaGuinea. Sette superstiti raggiunsero le Molucche e furono presi prigionieri dai porto-ghesi. Nel 1542 la Spagna si ricordò finalmente delle «Isole di San Lazzaro», per cuiMagellano aveva perso la vita. Ci fu una nuova spedizione, partita anch’essa dal Mes-sico (4), guidata da Ruy Lòpez de Villalobos (5) al quale si deve il merito di aver datoil nome all’arcipelago delle Filippine, in onore del figlio di Carlo V, e ne prese formal-mente possesso in nome della Spagna. Anche se fu necessario conquistare Mindanaocon la forza, ben presto gli Spagnoli poterono commerciare liberamente con gli abitan-ti di molte isole. Questo suscitò le ire dei portoghesi, che dalle Molucche fecero sapereche tutte le isole del Pacifico appartenevano al Portogallo; ma Villalobos contestò le

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(3) Pedro de Alvarado y Contreras, (Badajoz, incerto 1485-1495 circa – Guadalajara, 4 luglio 1541) conosciu-to come Don Pedro de Alvarado e Tonatiuh dai nativi messicani, è stato un condottiero spagnolo e governato-re del Guatemala. Il soprannome Tonatiuh (letteralmente «figlio del sole») era dovuto ai suoi capelli biondi eal suo carattere esuberante e spaccone. Durante i combattimenti diventava però diffidente e crudele oltre mi-sura, e fu spesso rimproverato dallo stesso Cortés per eccessiva ferocia. Nel 1519 fece parte della terza spedi-zione di Hernán Cortés nel Messico. Partecipò alla conquista dell’Impero degli Aztechi e fu uno dei cinquespagnoli che insieme con Cortés fecero prigioniero l’imperatore Montezuma nella sua reggia. Alvarado eral’uomo di fiducia di Hernan Cortès, il quale, costretto ad allontanarsi dal Messico per affrontare le truppe in-viate dal governatore di Cuba contro di lui, gli affidò il comando degli uomini. Egli non si dimostrò all’altezzadel suo astuto e calcolatore comandante, massacrò infatti un gruppo di Aztechi durante una cerimonia religio-sa nel Templo Mayor di Tenochtitlán, facendo scoppiare una rivolta che causò la morte di molti soldati iberici.Cortés al suo ritorno redarguì aspramente Alvarado, non riuscendo più a ristabilire la pace con gli offesi azte-chi. Fu anzi costretto a fuggire da Tenochtitlán con gravi perdite, in una notte (30 giugno - 1º luglio 1520) ri-cordata dai Conquistadores come La Noche Triste, la triste notte della sconfitta. Durante gli scontri notturnitra conquistadores e indigeni, Alvarado sistematosi con pochi uomini a guardia degli argini che portavano daTenochtitlán alla terraferma, tenne a bada per ore migliaia di guerrieri aztechi e venne perciò soprannominatodai nemici stessi «Tonatiuh», figlio del Sole. Durante la conquista della capitale divenne famoso con el saltode Alvarado. Circondato dai nemici e con alle spalle un canale, puntò la sua lancia nell’acqua e, a mò di pri-mitivo salto con l’asta, raggiunse con un balzo la sponda di fronte, lasciando sbalorditi gli avversari. Nel 1523Alvarado intraprese la campagna di occupazione del Guatemala. Fu uno degli artefici della conquista dellaparte settentrionale dell’America centrale (attuali Stati di Guatemala, di El Salvador e dell’Honduras), insiemead Hernán Cortés, suo diretto superiore, a Diego de Rojas e al proprio fratello Gonzalo de Alvarado. Nel 1527si recò in Spagna richiamato da Carlo V, che, in virtù dei servigi resi alla Corona, lo nominò governatore e ca-pitano generale del Guatemala. Morì cadendo in un precipizio, mentre combatteva per sedare una ribellione diIndios messicani. Dai cronisti dell’epoca viene descritto come un uomo energico e crudele.

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loro pretese sostenendo che soltanto le Molucche erano portoghesi mentre le restantiisole erano in territorio castigliano. Dopo aver trascorso un anno nelle Filippine, si im-barcò in un maldestro viaggio di esplorazione che alla fine lo portò a Timore, dove silasciò invischiare in una serie di negoziati, complessi e sleali, con i portoghesi e con isovrani indigeni. In questo periodo mandò uno dei suoi comandanti, Ynigo de Retez,in Messico. Retez percorse 230 leghe lungo la costa settentrionale della grande isoladella Nuova Guinea, a cui diede il nome, ma non riuscì ad attraversare il Pacifico e

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(4) A quel tempo nessuno usava lo Stretto di Magellano.(5) Ruy López de Villalobos (1500 - Isola Amboina, 4 aprile 1544) è stato un esploratore spagnolo chesalpò dal Pacifico messicano per individuare una rotta affidabile e definitiva per consentire il traffico alle na-vi spagnole nelle Indie Orientali, vicino alla linea di demarcazione tra Spagna e Portogallo istituita col Trat-tato di Saragozza del 1529. A López de Villalobos fu chiesto nel 1541 dal viceré della Nuova Spagna, Anto-nio de Mendoza, primo amministratore del Nuovo Mondo, di guidare una spedizione sulle «Islas del Ponen-te» (Isole dell’Ovest, oggi note col nome di Filippine). La sua flotta era composta da sei galeoni, Santiago,Jorge, San Antonio, San Cristóbal, San Martín e San Juan, e partì da Barra de Navidad (Jalisco) il 1º novem-bre 1542 con circa 400 uomini. Il 25 dicembre la flotta giunse alle Isole Revillagigedo, al largo delle costemessicane. Qui avvistarono il galeone di Alavaro de Saavedra, il Los Reyes. Il giorno seguente scoprironoun gruppo di isole a 9° o 10° Nord che chiamarono Corrales. Il 6 gennaio 1543 videro molte piccole isole al-la stessa latitudine che chiamarono Los Jardines (I Giardini). Si trattava di Enewetak e Ulithi. Tra il 6 ed il23 gennaio 1543 il galeone San Cristóbal, guidato da Gines de Mafra, che era stato membro della ciurmadella spedizione Magellano del 1519-1522, si separò dal resto della flotta nel corso di una forte tempesta altermine della quale si ritrovò nei pressi dell’isola di Mazaua, luogo in cui Magellano si era ancorato nel1521. Questa fu la seconda visita di de Mafra nelle Filippine, in quella che oggi è identificata come Lima-sawa, nella parte meridionale dell’isola di Leyte. La storia di Limasawa fu scritta nel 1667 da un frate gesui-ta, Francisco Combés e tradotta da molti storici. Il resto della flotta, il 28 febbraio 1543, entrò nella baia diBaganga, che chiamarono Malaga, sulla costa orientale di Mindanao. López de Villalobos chiamò MindanaoCaesaria Karoli, in onore dell’Imperatore del Sacro Romano Impero, Carlo V. La flotta vi rimase per 32giorni e l’equipaggio soffrì una dura fame. Il 31 marzo 1543 la flotta ripartì per Mazaua alla ricerca di cibo alento moto a causa degli scarsi venti. Dopo molti giorni di penosa sofferenza raggiunsero Sarangani. Il ga-leone San Cristóbal, che aveva raggiunto Limasawa due mesi prima, apparve inaspettatamente e provviden-zialmente con un carico di riso e altri generi alimentari. Il 4 agosto 1543 la San Juan e la San Cristóbal furo-no rimandate a Leyte e Samar per prendere altro cibo; la San Juan avrebbe dovuto caricare il necessario perla traversata del Pacifico, e ripartire per il Messico. Un contingente portoghese arrivò il 7 agosto con una let-tera di Jorge de Castro, governatore portoghese delle Molucche, che chiedeva una spiegazione per la presen-za della flotta in territorio portoghese. López de Villalobos rispose con una lettere datata 9 agosto, dicendo dinon aver oltrepassato il confine, e di essere in territorio della corona di Castiglia. La San Juan partì per ilMessico il 27 agosto 1543, con Bernardo de la Torre come capitano. Un’altra lettera di Castro giunse la pri-ma settimana di settembre con la stessa protesta, e López de Villalobos scrisse la risposta il 12 settembre conlo stesso messaggio. Partì per Leyte, con le restanti navi, senza la San Juan e la San Cristóbal. La flotta nonpoteva proseguire a causa dei deboli venti. Nell’aprile 1544 partì per l’isola Ambonia. Lui e il suo equipag-gio fecero poi rotta verso le isole di Samar e Leyte, che chiamarono Las Islas Filipinas in onore del principedi Spagna, Filippo II. Cacciato dai nativi ostili, affamato e sofferente, López de Villalobos fu obbligato adabbandonare i suoi insediamenti sull’isola e la spedizione. Con i suoi uomini cercò rifugio nelle Molucche,dove si scontrarono con i Portoghesi che li catturarono. López de Villalobos morì di febbre tropicale (o, co-me la chiamavano i portoghesi, di «crepacuore») il 4 aprile 1544 nella sua cella sull’isola di Ambonia. So-pravvissero circa 117 membri dell’equipaggio, tra cui de Mafra e Guido de Lavezaris. Salparono verso Ma-lacca, dove i Portoghesi li imbarcarono per Lisbona. De Mafra che redasse un manoscritto sull’intera vicen-da che rimase nascosto per molti secoli, fino agli inizi del XX secolo quando fu scoperto in un archivio epubblicato nel 1920.

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tornò alle Molucche. Alla fine i Porto-ghesi portarono Villalobos in India in-sieme ai suoi uomini, ma durante ilviaggio, nel 1547, egli morì sull’isoladi Amboina. Questo tentativo di pren-dere definitivamente possesso delleFilippine non portò dunque a nulla;tuttavia Filippo II era fermamente in-tenzionato a crearsi un impero anchenel Pacifico e ordinò al vicerè delMessico di intraprendere la conquistae la colonizzazione delle Filippine.L’impresa fu organizzata da Andrèsde Urdaneta (6), che nel 1525 avevapartecipato anche all’infelice spedi-zione, comandata da Sebastian Elcanoe Garcìa Jofre de Loiasa (7), che mi-rava a prendere possesso delle Moluc-che per conto della Spagna. Nel frat-tempo Urdaneta si era fatto monaco esi occupava prevalentemente di geo-grafia, ma poiché il suo superiore gli

aveva proibito di ricoprire una caricasecolare, il comando della spedizione

andò a Miguel Lòpez de Legaspi. Con Urdaneta come pilota, nel novembre del 1564Legaspi lasciò il Messico con una flotta di quattro navi, passò velocemente per le La-drones e raggiunse le Filippine,con molto tatto e notevole abilità diplomatica, si con-quistò la lealtà dei capi di molte isole e fondò un insediamento permanente a Cebu. Apartire da quel momento le Filippine sarebbero rimaste per quattro secoli sotto la Spa-

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Andres de Urdaneta.

(6) Andrés de Urdaneta (Ordizia, 30 novembre 1498 - Città del Messico, 3 giugno 1568) è stato unesploratore, navigatore e frate dell’Ordine di Sant’Agostino spagnolo. Partecipò alle spedizioni di GarcíaJofre de Loaísa e Miguel López de Legazpi e tracciò la principale rotta marina tra Filippine e Acapulcoconosciuta come «Rotta di Urdaneta». Urdaneta prese parte alla sfortunata spedizione di García Jofre deLoaísa ordinata da Carlo V per tentare di colonizzare le Isole Molucche su cui i Portoghesi cercavano diimporvi il loro controllo. La spedizione, composta da 7 navi, salpò da La Coruña il 24 luglio 1525. Dopovari contrattempi avvenuti nello Stretto di Magellano e dopo la perdita di 6 navi, nell’ottobre del 1526l’equipaggio, sotto il comando di Carquizano, riuscì ad arrivare a Mindanao a bordo della Santa Mariade la Victoria. Da qui il viaggio proseguì verso le Isole Molucche dove gli Spagnoli fondarono il forte diTidore. Re Carlo V il 22 aprile del 1529 firmò il Trattato di Saragozza con il quale vendette i diritti sulleIsole Mollucche al Portogallo in cambio di un risarcimento monetario. Urdaneta rimase nelle isole percirca nove anni durante i quali studiò le stelle, le correnti marine e i venti annotando le proprie conclu-sioni in diari e mappe. Lasciò le isole il 15 febbraio del 1535 e attraccò a Lisbona il 26 giugno del 1536.Al suo arrivo i portoghesi requisirono tutti i suoi appunti e studi poiché gli spagnoli avrebbero potuto uti-lizzarli a proprio vantaggio in eventuali future spedizioni (da considerare che in quell’epoca di spietataconcorrenza la documentazione relativa alle scoperte di nuove terre era ritenuta segretissima). (continua)

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gna, fino a quando gli Stati Uniti le conquistarono durante la guerra ispano-americanadel 1898. Il risultato geografico di Urdaneta fu ancora più importante di quello politicodi Legaspi. Si offrì, infatti, di portare in Messico la notizia dei successi di Legaspi se-guendo una rotta orientale: evitando i venti e le correnti che avevano ostacolato gli al-tri piloti, Urdaneta attraversò il Pacifico compiendo un ampio arco che lo portò oltre i40° nord. Qui trovò dei venti che soffiavano da ovest e raggiunse il Messico. La sco-perta di quello che divenne noto come il «passaggio di Urdaneta» trasformò completa-mente il commercio del Pacifico, poiché a quel punto non era più necessario che ogniviaggio verso ovest diventasse una circumnavigazione del globo e, trovata ormai unarotta per il ritorno, la Spagna era finalmente in grado di sfruttare il grande oceano. Ilproibitivo Stretto di Magellano continuava a essere evitato; era più comodo trasportareuomini e merci via terra attraverso l’Istmo di Panama piuttosto che arrischiarsi in queldesolato passaggio meridionale. Numerosi porti spuntarono lungo le coste dell’Ameri-ca Centrale, di quella Meridionale e del Messico, ed ebbero inizio regolari scambicommerciali tra quei porti spagnoli e le Filippine. Il mezzo più affidabile era il galeonedi Acapulco, che lasciava Manila, la nuova capitale delle Filippine, ogni giugno conun carico di spezie e sete pregiate e arrivava ad Acapulco, in Messico, in dicembre at-traverso il passaggio di Urdaneta. Il galeone di Acapulco continuò ad andare avanti eindietro lungo quella rotta per più di due secoli.

Questa rotta trans-pacifica era tuttavia obbligata, dal momento che tutti i piloti se-guivano le rotte già note e consolidate: la rotta nord-occidentale di Magellano che arri-vava alle isole Ladrones e alle Filippine per l’andata, e il passaggio di Urdaneta, attra-verso un tratto di mare ancora più privo di isole, per il ritorno. Le relativamente isolateHawaii non furono scoperte, anche se si trovavano praticamente alla latitudine di Aca-pulco, e non si sapeva quasi nulla neanche dei numerosi arcipelaghi che si trovano a

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(segue Nota 6) Riuscì comunque a scappare dal Portogallo e a fare ritorno in Spagna. Nel 1538 si diressein Messico dove si occupò nello studio e nella stesura di articoli circa vari argomenti come la navigazionenei Caraibi, la formazione delle tempeste tropicali e la riproduzione delle tartarughe marine. Nel 1553 di-venne frate dell’Ordine di Sant’Agostino. Il 24 settembre del 1559 Filippo II ordinò al viceré Luis de Ve-lazco di preparare una spedizione di conquista e colonizzazione delle Filippine; il re fece richiesta a Urda-neta di fare da comandante, ma egli rifiutò, accettando invece l’incarico di consigliere nautico e si occupòdi disegnare mappe per la navigazione. Miguel López de Legazpi fu nominato comandante. La spedizionesalpò da La Navidad (nella costa ovest del Messico) il 21 novembre del 1564 e arrivò nelle Filippine il 13febbraio. Legazpi rimase nelle isole ma fece richiesta a Urdaneta di fare ritorno in Nuova Spagna per di-segnare una nuova rotta per il ritorno e per richiedere aiuti per la colonizzazione. Urdaneta partì da SanMiguel, nell’isola di Cebu, il 1 giugno 1565 e grazie alla corrente Kuroshivo arrivò ad Acapulco l’8 otto-bre. Questo viaggio si rivelò di grossa importanza poiché, grazie ai precisi calcoli di Urdaneta, stabilì unanuova affidabile e veloce rotta per le Filippine che verrà utilizzata dai navigatori sino al XVII secolo. Fe-ce ritorno in Castiglia per rendere rapporto al re Filippo II e scrisse le sue memorie sul viaggio. Ritornòancora una volta in Messico dove morì il 3 giugno del 1568.(7) Il 24 agosto 1525 Juan Sebastiàn Elcano salpò di nuovo da la Coruña sempre diretto verso le Moluc-che, partecipando con 4 sue navi alla spedizione di Garcia Jofre de Loiasa. Al comando della Sancti Spiri-tus, Elcano fece naufragio nello Stretto di Magellano; trasbordato sulla nave ammiraglia della spedizione,la San Lesmes, entrava con questa nell’Oceano Pacifico. Morto Loiasa, Elcano assunse il comando dellaspedizione, ma senza dare alcun ordine, poiché era già stremato dalle fatiche e dallo scorbuto, ai qualisoccombette.

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sud della rotta di Magellano.Tuttavia anche i «conquistadores» spagnoli del Perù dovevano aver sentito parlare

di queste isole del Pacifico del Sud e i geografi pensavano che potessero essere gliavamposti del grande e sconosciuto continente meridionale (8). Le uniche spedizioniche erano riuscite ad attraversare lo Stretto di Magellano — quella di Loiasa e Elcano,e quella dello stesso Magellano — avevano ignorato il problema puntando a nord su-bito dopo aver raggiunto l’Oceano Pacifico. Affamati di nuove terre, gli Spagnoli simisero in testa che il continente sconosciuto raggiungesse i 15° sud e arrivasse a 600leghe dal Perù nel Pacifico meridionale. Nel 1567 andarono a cercarlo.

Il viaggio fu ispirato da Pedro Sarmiento de Gamboa, una personalità forte e insoli-ta, esperto in matematica e astronomia, che aveva studiato a fondo le tradizioni degliIncas e si era occupato di magia nera al punto di attirare l’attenzione dell’inquisizione.Sarmiento riuscì a suscitare l’interesse del vicerè del Perù, che era suo amico, per la ri-cerca della Terra Australis e il vicerè autorizzò l’uso di due piccole navi — la LosReyes (nave ammiraglia) da 200 tonnellate e la Todos Santos da 140 — equipaggiateottimisticamente per un viaggio di sole 600 leghe. Il giovane nipote del vicerè, Alvarode Mendaña de Neira (9), ebbe il comando nominale della spedizione e l’ordine di«convertire tutti gli infedeli al cristianesimo». Il 20 novembre del 1567 le due navi —con a bordo circa 150 persone tra navigatori, soldati, sacerdoti e schiavi — partironodal porto di Callao, sul Pacifico, passarono tra le Isole Marchesi e le Tuamoto senzaavvistare terra e, dopo aver scoperto le Isole Ellice ed esservisi fermati, all’ottantesimogiorno di viaggio arrivarono a una costa accidentata che pensarono fosse la costa dellaTerra Australis. Esplorandola si accorsero che si trattava di un’isola, parte di un arci-pelago che battezzarono Isole Salomone, dal momento che erano convinti che le favo-lose miniere di re Salomone si trovassero nel Pacifico meridionale. Dopo un soggiornodi sei mesi, in cui ebbero non pochi problemi con gli indigeni, tornarono indietro eraggiunsero Callao nell’agosto del 1568, dopo una attraversamento, burrascoso e tor-mentato dalla fame, del Passaggio di Urdaneta.

Mendaña tornò infiammato dal desiderio di altre scoperte, ma fino al 1595 (10) nonebbe un’altra opportunità di cercare la Terra Australis. Nei 27 anni che separarono idue viaggi di Mendaña, infatti, gli spagnoli del Nuovo Mondo avevano ben altre e piùpressanti preoccupazioni, dal momento che il loro monopolio della navigazione nel

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(8) Che la Terra Australis esistesse continuavano a essere tutti convinti; si riteneva infatti che iniziasseproprio a sud dello Stretto di Magellano e che si estendesse per miglia di miglia in direzione ovest fino araggiungere l’estremità meridionale del mondo, mentre località come la Nuova Guinea, note soltanto va-gamente, avrebbero costituito la costa settentrionale dell’ipotetico continente.(9) Sarmiento de Gamboa fu leggermente amareggiato di non essere stato nominato capitano-generaledella spedizione ma imbarcato con il ruolo di cosmografo della spedizione. Negli scritti di Sarmiento eglisi autodichiara capitano della nave ammiraglia, e almeno allo stesso livello del pilota e navigatore Her-nando Gallego. Mentre l’obbiettivo di Sarmiento erano le ricchezze che si potevano conquistare, la prio-rità di Mendaña era la conversione dei pagani al cristianesimo. All’interno dei posti di comando si crearo-no profonde spaccature, perfino prima della partenza.

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Pacifico fu infranto, e con costi notevoli, dalla comparsa degli spregiudicati corsaridella regina Elisabetta.

L’avvento inglese

L’Inghilterra aveva impiegato molto tempo a diventare una nazione marinara. Pur

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Il passaggio di Urdaneta.

(10) Una spedizione più grande e costosa fu pianificata all’inizio del 1590, dopo che Mendaña aveva pas-sato anni a chiedere l’appoggio di Madrid e Lima. Quattro navi e 378 uomini, donne e bambini avrebberodovuto stabilire una colonia sulle isole Salomone. Di nuovo, i comandanti del viaggio avevano «persona-lità estremamente divergenti». Mendaña era ancora uno di loro, accompagnato dalla moglie Doña IsabelBarreto, dalla sorella e dai tre fratelli di lei. Il capo pilota era un giovane navigatore portoghese di nomePedro Fernández de Quirós. Un rissoso vecchio soldato, Pedro Merino Manrique, fu scelto come maestrodi campo. Manrique provocò liti ancora prima della partenza della flotta. Le quattro navi, la San Geroni-mo (la Capitana), la San Isabel (la Almiranta), la piccola fregata Santa Catalina e il galeone San Felipelasciarono Callao il 9 aprile 1595. Il morale fu alto il primo mese, e furono celebrati quindici matrimoni.Mendaña fece preparare a Quirós carte che raffiguravano solo il Perù e le isole Salomone. Il 21 luglio1595 le navi raggiunsero le isole Marchesi, (che presero il nome dalla moglie del viceré del Perù, GarcíaHurtado de Mendoza, marchese di Cañete) accolti da 400 indigeni in canoa. Nonostante (continua)

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essendo isolani, gli Inglesi non avevano alcuna dimestichezza con il mare aperto; laloro fonte più importante di scambi con l’estero era l’esportazione di lana, e in seguitodi tessuti di lana, e per il trasporto delle loro merci di solito si servivano di spedizio-nieri stranieri. Mentre i mercanti italiani arrivavano in Cina e i marinai portoghesidoppiavano il Capo di Buona Speranza, gli Inglesi se ne rimanevano a casa, impegnatidapprima nella guerra con la Francia, che sembrava senza fine, e poi in quel conflittocivile durato un’intera generazione, noto come la guerra delle Due Rose. I viaggi ge-neralmente non andavano oltre le Fiandre, il Portogallo o la Francia, forse perché imari gelidi che bagnavano le loro coste non incoraggiavano certo la navigazione.

Cominciarono a guardarsi attorno soltanto dopo che Enrico VII era salito al trono eaveva sostituito la dinastia Tudor ai due contendenti Lancaster e York, ma lo fecerocon notevole gradualità. Alcuni pescatori di Brisbane arrivarono in Islanda; nel 1497 ifratelli Caboto toccarono Terranova; all’inizio del sedicesimo secolo qualche geografoinglese diffuse la notizia delle scoperte di Colombo e Vasco da Gama, cosicché gli in-glesi si resero conto di quanto grande fosse la posta in gioco e di quali fossero le prete-se di Spagna e Portogallo. Ci fu qualche incerto tentativo di portare avanti le scopertedi Caboto, ma se ne ricavò ben poco.

Verso il 1530 il geografo Roger Barlow e il mercante Robert Throne, che aveva abi-tato a Siviglia, scrissero la loro «Dichiarazione delle Indie», il primo clamoroso mani-festo dell’espansione marittima inglese.

Questo documento, che fu sottoposto a Enrico VIII nel 1540, raccomandava di ri-cercare una rotta inglese verso le Isole delle Spezie lungo l’unica via che non avrebbe

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(segue nota 10) gli Spagnoli ne ammirassero la «graziosa forma» e la carnagione «quasi bianca», le rela-zioni divennero subito violente. Quando la spedizione ripartì due settimane dopo, Quirós stimò che 200isolani erano stati uccisi. Nonostante le assicurazioni di Mendaña che le Salomone erano vicine, non furo-no raggiunte prima dell’8 settembre, e questa volta si trattò dell’isola di Nendo, che essi chiamarono«Santa Cruz». La San Isabel era però scomparsa, e nonostante le ricerche dei due vascelli più piccoli nonfu possibile ritrovarla. Sul luogo dell’odierna Graciosa Bay fu fondato un insediamento. Le relazioni congli isolani e il loro capo Malope iniziarono bene, con la fornitura di cibo e aiuto nella costruzione degliedifici. Il morale spagnolo era però basso, e una malattia (quasi certamente malaria) colpì il gruppo. I rap-porti peggiorarono velocemente fino a portare ai soliti episodi di violenza. Scossi da divisioni interne e dauna mortalità sempre crescente, le lotte intestine aumentarono e l’insediamento iniziò a cadere a pezzi. Lostesso Mendaña morì il 18 ottobre 1595, lasciando la moglie come erede e il governatore, il fratello Lo-renzo, come capitano-generale. Il 30 ottobre si decise di abbandonare l’insediamento. Dopo la partenzadel 18 novembre 1595, 47 persone morirono nel giro di un mese. Solitamente si assegna a Pedro Fernán-dez de Quirós il merito di aver condotto la San Geronimo nelle Filippine senza l’aiuto di carte, giungendoa Manila l’11 febbraio 1596. Oltre 50 persone morirono nelle dodici settimane di viaggio da Santa Cruz,in parte a causa del rifiuto di Doña Isabel di condividere con gli altri la propria riserva personale di ciboed acqua. La fregata (che trasportava il corpo di Mendaña) scomparve durante il viaggio a causa di unatempesta, mentre il galeone San Felipe arrancò fino all’estremità meridionale di Mindanao, molti giornidopo. Dei 378 uomini che salparono dal Perù, circa in 100 sopravvissero, ma dieci di loro morirono pocodopo l’arrivo a Manila. A Doña Isabel Barreto furono resi gli onori e Quirós fu lodato per il suo servizio eassolto da ogni responsabilità per le uccisioni di Santa Cruz. Tre mesi dopo Doña Isabel sposò il cuginodel governatore. Continuò a essere agitata per un possibile ritorno alle isole Salomone. Morì nel 1612.Tornato in Perù nel giugno del 1597, Quirós iniziò la campagna di ritorno alle isole Salomone, guidandogli spagnoli verso la nuova avventura nel 1605. La spedizione fu fallimentare e le isole rimasero inviolatefino al 1767, quando Philip Carteret avvistò Santa Cruz e Malaita.

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interferito con le pretese della Spagna e del Portogallo: oltre il polo Nord, poi a occi-dente lungo l’ipotetico Stretto di Anian (11) e attraverso l’America settentrionale finnell’Oceano Pacifico. Ma c’era davvero una rotta settentrionale? La «Dichiarazionedelle Indie» rispondeva con un’affermazione che avrebbe potuto benissimo costituire

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I viaggi di Mendaña nell’Oceano Pacifico.

(11) Tra la fine del XV e il XX secolo, gli Europei hanno cercato di stabilire una rotta commerciale mari-na che passasse a nord e a ovest del continente europeo. Gli Inglesi chiamarono la rotta passaggio a nord-ovest, mentre gli spagnoli la battezzarono stretto di Anián. Il desiderio di trovare questa rotta motivò granparte dell’esplorazione europea di entrambe le coste del Nord America. Nel 1539 Hernán Cortés incaricòFrancisco de Ulloa di navigare lungo l’odierna Baja California alla ricerca dello Stretto di Anián. L’8agosto 1585, l’esploratore inglese John Davis entrò nello Stretto di Cumberland presso la costa dell’isoladi Baffin. Nel 1609, Henry Hudson navigò lungo il fiume che oggi porta il suo nome (fiume Hudson) allaricerca del passaggio. Hudson in seguito esplorò l’artico canadese e scoprì la baia che da lui prese il no-me. Nel 1845 una ben equipaggiata spedizione di due navi, guidata da Sir John Franklin, tentò di forzareil passaggio attraverso i ghiacci artici dalla Baia di Baffin al Mare di Beaufort. Quando la spedizione nonrientrò, diverse spedizioni di soccorso e squadre di ricerca esplorarono l’artico canadese tra i due corpid’acqua aperta, producendo alla fine la carta nautica di un possibile passaggio. Della spedizione sono sta-te ritrovate poche tracce, ma alcuni indizi indicano che le navi vennero bloccate dalla morsa di ghiaccionel 1845 vicino all’Isola di Re William, a circa metà strada del passaggio, e non furono in grado di disin-cagliarsi nell’estate successiva. Lo stesso Franklin, apparentemente, morì nel 1847. Non è chiaro il moti-vo per cui tutti i 134 membri della spedizione, pur ben equipaggiata e ben rifornita, perirono. L’ipotesipiù recente ritiene che la morte sia stata causata dal piombo rilasciato dai contenitori metallici contenentile scorte alimentari della spedizione. Per la fornitura di cibo si era fatta una gara d’appalto al ribasso.Questa ipotesi è confortata dall’autopsia del primo morto della spedizione, ritrovato pochi anni fa e che ilghiaccio ha conservato in buone condizioni. Così, mentre percorrevano le vie di terra per raggiungere unforte o un villaggio, gli uomini della spedizione si nutrivano con cibo intossicato dal piombo. Il passaggioa Nord-Ovest venne infine conquistato nel 1906, quando l’esploratore norvegese Roald Amundsen, cheera salpato giusto in tempo per sfuggire ai creditori che cercavano di fermare la spedizione, (continua)

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lo slogan dell’intero sedicesimo secolo: «non esiste terra non abitabile, né mare nonnavigabile». Quello che gli Inglesi dovevano fare era attraversare il polo Nord, che ighiacci non potevano rendere impraticabile più di quanto il caldo torrido avesse resoinattraversabile l’equatore; dopo di che, dicevano gli autori della Dichiarazione, le na-vi avrebbero navigato verso sud-ovest lungo «la parte posteriore della terra appenascoperta… e poi puntato verso le terre e le isole situate tra i Tropici e sotto l’equatoreceleste», dove senza dubbio «avrebbero trovato le terre e le isole più ricche del mon-do, dove abbondano oro, pietre preziose, unguenti, spezie…, e poi sarebbero tornateper la stessa strada».

Negli anni Cinquanta del XVI secolo, l’Inghilterra compiva sistematicamente viag-gi lungo la rotta settentrionale — ma attraverso il Passaggio a nord-est, non a nord-ovest. Sebastiano Caboto (12), servitore di molti re, aveva sostenuto di aver raggiunto

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(segue nota 11) completò un viaggio di tre anni su di un peschereccio per la pesca delle aringhe adattatoallo scopo, di 47 tonnellate di stazza. Alla fine di questo viaggio, entrò nella città di Circle, in Alaska, einviò un telegramma che annunciava il suo successo. La sua rotta, tuttavia, non era pratica dal punto di vi-sta commerciale: in aggiunta al tempo che occorreva, alcune delle sue acque erano estremamente pocoprofonde. Il primo passaggio in una sola stagione venne effettuato solo nel 1944, quando la St. Roch, unoschooner della Reale Polizia a cavallo canadese, riuscì nell’impresa.(12) Sebastiano Caboto (Venezia, 1484-Londra, 1557) è stato un celebre navigatore. Conosciuto anche comeSebastian Cabot, era figlio del navigatore Giovanni Caboto e di Mattea Caboto. Sebastiano raccontò a Ri-chard Eden di essere nato a Bristol e di essere andato a vivere a Venezia quando aveva quattro anni. (continua)

La linea di demarcazione del trattato di Tordesillas (immaginea pagina 41 del supplemento Il Portogallo e l’epopea delle grandi scoperte geografiche –Suppl. RM settembre 2009).

Le zone di influenza scaturite daltrattato di Tordesillas (immagine

a pagina 45 del supplemento IlPortogallo e l’epopea delle grandi

scoperte geografiche – Suppl. RM settembre 2009).

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l’Asia navigando a est lungo il Circolo Polare Artico. Nel 1533 partirono tre navi neltentativo di raggiungere la Russia. L’Inghilterra organizzò la Muscovy Company e perun’intera generazione si impegnò stabilmente in un commercio proficuo con la Russiasenza alcun serio tentativo di arrivare in Oriente. Tuttavia il Passaggio a nord-ovest di-venne oggetto di un rinnovato interesse dopo il 1576, quando Martin Frobisher andòalla ricerca dello Stretto di Anian, primo di tutta una serie di viaggiatori inglesi che inepoche diverse avrebbe tentato quell’impresa.

Il successo dell’avventura russa spinse l’Inghilterra a sviluppare la propria flottamercantile; la Russia era un ottimo mercato per i tessuti inglesi ed era ragionevole cer-

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(segue nota 12) In un’altra versione, disse a Gasparo Contarini, l’ambasciatore veneziano alla corte di Car-lo V di essere nato a Venezia, ma di essere stato educato in Inghilterra. Cominciò a navigare assieme al pa-dre Giovanni Caboto, un marinaio italiano (il cui luogo di nascita è conteso fra le città di Venezia, Genova,e di Gaeta), al servizio dell’Inghilterra, nel maggio 1497. Giovanni Caboto, partì da Bristol, con la naveMatthew per raggiungere Terranova in Canada, anche se è controverso il luogo in cui egli approdò; infattié incerto se fosse la Nuova Scozia o Terranova. Quando Caboto approdò in Canada la scambiò per la Cina,questo perché non riuscì a trovare il passaggio a nord-ovest che si era prefisso di oltrepassare per arrivarvi.Nel 1512 Sebastiano venne assunto da Enrico VIII d’Inghilterra come cartografo in quel di Greenwich.Nello stesso anno venne nominato capitano da Ferdinando II di Aragona. Alla morte di Ferdinando II,tornò in Inghilterra, nel 1517, dove cercò di vincere l’opposizione del Vice-Ammiraglio Perte per una nuo-va spedizione. Nel 1522, tornò in Spagna, ove ebbe un nuovo incarico e assunse il grado di piloto mayornella Casa del Contratacion di Siviglia; di fatto divenne il cosmografo più importante del regno, (continua)

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care altri sbocchi (13). Per espandere i propri traffici, gli Inglesi guardavano verso leIndie Occidentali, dove i tessuti erano molto richiesti e gli Spagnoli che controllavanola regione non erano in grado di fornirli. Gli Inglesi, inoltre, si offrirono di portareun’altra merce agli spagnoli che dominavano i Carabi: schiavi africani. Gli indigenidelle Indie Occidentali non erano adatti alle miniere e alle piantagioni delle Indie Spa-gnole; alcuni, come i Caribi, erano feroci e intrattabili, mentre quelli docili morivanorapidamente a causa delle malattie importate dagli europei. Gli Spagnoli avevano biso-gno di robusti africani, ma non riuscivano a procurarseli facilmente perché il Portogal-lo controllava la costa occidentale dell’Africa. Gli Inglesi, che non riconoscevanol’autorità del Papa e non si preoccupavano minimamente della linea di demarcazione

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(segue nota 12) responsabile del Padron real, la carta del mondo più accurata del tempo, aggiornata con lenotizie riportate da ogni spedizione che tornava dalle Indie Occidentali . In quel periodo offrì segretamen-te i suoi servigi anche a Venezia. Voleva trovare il Passaggio a nord-ovest per la Cina. Il 4 marzo 1525 ri-cevette il grado di Capitano Generale della Spagna. Siccome voleva scoprire un nuovo itinerario per leMolucche, riuscì a ottenere il comando della spedizione che era composta di tre navi con 150 uomini d’e-quipaggio partendo da Cadice il 5 aprile 1526. Arrivò, però, solo fino al Río de la Plata, pensando di potergiungere nel favoloso regno di Birù (Perù), che ancora non era stato conquistato. Nella zona dell’attualecittà argentina di Santa Fe fondò un villaggio fortificato, detto di «Santo Spirito». Rimase nella zona pervari anni, esplorando alcuni fiumi delle vicinanze e facendo osservazioni di carattere naturalistico. I suoiluogotenenti Francisco Cesar, Francisco de Rojas, Martin Mendes e Miguel de Rodas si inoltrarono all’in-terno alla ricerca del favoloso regno del Perù, ma arrivarono, forse, solo nella zona dell’attuale Bolivia.Nell’agosto 1530 il villaggio che aveva fatto costruire venne distrutto dai nativi, così decise di rientrare inSpagna. Giunto lì, chiese a Carlo V altre navi per un’altra spedizione, ma le sue richieste non furono ac-colte, anche perché in quel periodo il re Carlo V aveva concesso a Francisco Pizarro l’autorizzazione allaconquista del Perù. Venne, quindi, incarcerato nelle prigioni spagnole del Nord-Africa con l’accusa diaver abbandonato i suoi luogotenenti. Era il 1 febbraio 1532. Morì a Londra nel 1557 mentre stava orga-nizzando un’impresa esplorativa per conto della «Company Merchant Adventurers», organizzazione il cuiscopo era trovare il mitico passaggio a nord-ovest. Tradizione vuole che sul letto di morte, assistito da Ri-chard Eden, delirasse di un metodo infallibile per il calcolo della longitudine in mare che aveva tenuto se-greto per anni. Non si hanno notizie sul luogo della sua sepoltura.(13) Al contrario, la Spagna e il Portogallo avevano ben poco da esportare, e la Spagna, in particolare,fondò il proprio impero d’oltremare sullo sfruttamento, non sul commercio.(14) Il papa Alessandro VI (nato Rodrigo Llançol Borgia, (Xàtiva, 1º gennaio 1431 - Roma, 18 agosto1503), fu il 214º papa della Chiesa cattolica dal 1492 alla morte) valendosi della sua autorità di rappresen-tante di Cristo in terra, con la bolla del 4 maggio 1493 divise la sfera terrestre in due emisferi (bolla Intercaetera); la linea di sezione (raya) passava a circa cento leghe dalle Isole del Capo Verde. Tutto ciò che daquel giorno sarà scoperto sulla sfera terrestre (le popolazioni, le terre, le isole e i mari) a ponente di quellalinea apparterrà alla Spagna, ciò che rimane a oriente sarà del Portogallo. In un primo tempo ambedue gliStati si dichiararono soddisfatti e riconoscenti del bel dono. Ma ben presto il Portogallo manifestò la pro-pria insoddisfazione circa la suddivisione e richiese che la linea di confine venisse spostata un po’ più aovest. Ciò si verificò col trattato di Tordesillas, stipulato il 7 giugno 1494, fra i Re Cattolici, Isabella di Ca-stiglia e Ferdinando d’Aragona, e il re del Portogallo, Giovanni II di Avis, che stabiliva la linea di demarca-zione fra i rispettivi ambiti di conquista e di evangelizzazione che trasportava il confine di duecentosettantaleghe (leguas) a ponente delle isole di Capo Verde (quindi non più 550 chilometri bensì 2.000 chilometri aovest di Capo Verde), in virtù del quale al Portogallo toccherà il Brasile, al tempo non ancora scoperto (unalega equivaleva a poco meno di sei chilometri). In conseguenza degli obblighi assunti con il papato i sovra-ni, in cambio di una serie di diritti e di privilegi, s’impegnarono a promuovere l’apostolato nelle terre sco-perte, a costruire e a mantenere chiese e monasteri, a provvedere a un numero sufficiente di sacerdoti per ilservizio divino e per il ministero delle anime. Con la firma del trattato di Tordesillas, confermato dal papaGiulio II nel 1506 con la bolla Ea Quae, la divisione del modo fu confermata e fu accantonata (continua)

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(14), non si sentivano affatto in dovere di man-tenersi fuori dalle acque portoghesi ed erano li-beri di fornire schiavi all’America spagnola(15). Questo tipo di commercio ebbe inizio inmodo decisamente poco ufficiale verso il 1530quando William Hawkins di Plymouth si inserìcome intermediario tra i Portoghesi della Guineae i Portoghesi del Brasile. Fece tre viaggi, nelcorso dei quali caricò degli schiavi in Africa Oc-cidentale — sottraendoli ai portoghesi che cer-cavano di monopolizzare il commercio deglischiavi — e li vendette ai coloni che stavanocercando di fondare insediamenti in Brasile perconto del Portogallo. Questi viaggi attraversol’Atlantico continuarono per molti anni, anchese ben presto gli Inglesi abbandonarono il Brasi-le in favore degli insediamenti spagnoli a Hispa-niola e in altre isole dei Carabi. La famiglia

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(segue nota 14) la minaccia di una guerra tra Spagna e Portogallo. Per quanto a prima vista possa appariregrottesca una generosità che regala quasi mezzo mondo, con un tratto di penna, a due sole nazioni, senzacurarsi delle altre, bisogna però ammirare questa soluzione pacifica come uno dei pochi atti ragionevolidella storia, uno dei pochi casi in cui un conflitto sia stato risolto per accordo pacifico invece che con laviolenza. Per anni e per decenni il trattato di Tordesillas ha, in effetti, evitato ogni guerra coloniale tra laSpagna e il Portogallo, pur essendo, sino dal primo giorno, una soluzione provvisoria. Se, infatti, si tagliauna mela con un coltello, la linea di sezione dovrebbe apparire anche sulla superficie opposta e invisibile.Ovviamente sia la Spagna che il Portogallo pensarono come violare il trattato di Tordesillas e le bollepontificie: il Portogallo oltrepassò le 370 leghe conquistando tutto l’attuale Brasile; la Spagna superò la li-nea del Pacifico arrivando alle Molucche.

In realtà la decisione di papa Alessandro VI non era tanto un regalo a Spagna e Portogallo, quanto unaspudorata spoliazione dei privilegi che il Portogallo aveva già ottenuto e il grande evento atlantico dellescoperte trovò il quindi il papa come grande interprete in quanto spagnolo (era un Borgia) e pertanto lega-to ai sovrani cattolici di Spagna. L’ambizione pontificia di distribuire territori ancora sconosciuti, era an-che legata alla convinzione del tempo che il papa, vicario di Pietro e rappresentante del Cristo sulla terra,era Signore di ogni cosa. I pagani, coloro che erano fuori dalla Grazia della vera fede, non avevano dirittoa nulla finchè non riconoscevano la sovranità del Cristo e della sua Chiesa. In conseguenza degli obblighiassunti con il patronato i sovrani, in cambio di una serie di diritti e di privilegi, s’impegnano a promuove-re l’apostolato nelle terre scoperte, a costruire e a mantenere chiese e monasteri, a provvedere a un nume-ro sufficiente di sacerdoti per il servizio divino e il ministero delle anime. Sul piano politico i documentiemanati da Alessandro VI esaltarono l’universalità del vicario di Cristo in terra, a dispetto di tutte quellecorrenti interne alla cattolicità che volevano in qualche modo ridurre i privilegi del pontefice (prima fratutte la corrente dei conciliaristi, ancora attiva, anche se in maniera inconsistente) e sanzionarono giuridi-camente la nascita del colonialismo occidentale nel Nuovo Mondo.(15) Il trattato di Tordesillas era considerato dagli altri stati un atto di concessione; in particolare dall’In-ghilterra, che tre anni dopo la pubblicazione delle bolle alessandrine avrebbe respinto del tutto l’autoritàpapale e successivamente anche l’Olanda e la Francia renderanno inutile ogni mediazione pontificia. En-rico VII, re d’Inghilterra, violò i confini tracciati dal pontefice, non riconoscendo il trattato di Tordesillase cogliendo a pretesto che il pontefice aveva citato l’est e l’ovest, pensò bene di conquistare nord.

John Hawkins.

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Hawkins rimase il centro del triangolo Inghilterra-Guinea-Hispaniola specializzato nelcommercio degli schiavi; e il piu audace esponente di questa grande stirpe di navigato-ri fu il figlio di William, Jonh Hawkins (16), che Elisabetta nominò cavaliere per lasua abilità come mercante di schiavi.

Nell’ottobre del 1562 John Hawkins, fece il suo primo viaggio per conto proprio.Con tre navi e cento uomini si recò in Sierra Leone nella Guinea Portoghese, catturò300 africani e li portò a Hispaniola. Anche se Inghilterra e Spagna avevano idee moltodiverse in campo religioso, tuttavia non c’era ancora la forte ostilità che sarebbe scop-piata in seguito, e Hawkins, che era il benvenuto nelle Indie Spagnole, nell’attraversa-mento dell’Atlantico si servì addirittura di un pilota spagnolo. Sorvolando disinvolta-mente sul fatto che stavano acquistando merci sottratte nel Portogallo, gli Spagnoli era-no lieti di avere gli schiavi negri di Hawkins ed erano disposti a pagarli bene con pelli,zenzero, perle e altro. Una parte di tutto, questo Hawkins la spedì direttamente in In-ghilterra, il resto, stranamente, lo caricò su due navi prese a noleggio per venderlo in

Spagna. Le autorità spagnole di Cadice non potero-no tollerare l’affronto; a loro non importava granchèche Hawkins avesse ottenuto il carico vendendoschiavi rubati, ma c’erano regolamenti ben precisiche vietavano il commercio nelle Indie Occidentalialle navi non spagnole. Le mercanzie furono confi-scate, ma nonostante questo Hawkins quadagnò pa-recchio (17). Hawkins era comunque deciso a com-merciare con le Indie spagnole nonostante le restri-zioni imposte dalla Spagna e, nel 1564, condusseuna seconda spedizione con cinque navi compresa laJesus of Lubeck, un vascello di 700 tonnellate dellamarina inglese prestatogli da Elisabetta. Dopo avercaricato ancora una volta schiavi in Guinea, nono-stante una difficile traversata dell’Atlantico riuscì a

portare il suo carico umano nei porti del Mar delle Antille, come veniva chiamata la co-sta caraibica dell’America del Sud. Gli schiavi erano così richiesti che le autorità por-tuali ignorarono i regolamenti che proibivano agli stranieri di commerciare nel NuovoMondo e, grazie a complicità e raggiri, Hawkins riuscì di nuovo ad avere un notevoleguadagno. Tuttavia il governo spagnolo protestò con la regina Elisabetta che, nonostan-te in privato fosse uno dei finanziatori dell’impresa di Hawkins, lo sconfessò ipocrita-mente in pubblico diffidandolo dall’effettuare qualsiasi ulteriore viaggio nelle Indie ed

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(16) Sir John Hawkins (Plymouth, 1532 - Porto Rico, 12 novembre 1595) discendente da una famiglia diarmatori del Devonshire, inizialmente si occupò del traffico di schiavi nel Nuovo Mondo. Compì diversiviaggi: il primo tra il 1562 e il 1563 e il secondo nel 1564. Questi viaggi gli procurarono una certa stima esi creò anche un proprio stemma: rappresentava uno schiavo di colore in catene.(17) Tra i suoi finanziatori c’era anche la regina Elisabetta, anche se come azionista segreta.

Francis Drake.

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evitando così un’indesiderata crisi con la Spagna. Ciò nondimeno nel 1566 Hawkinsriuscì a far compiere a uno dei suoi comandanti, John Lovell, un altro viaggio con uncarico di schiavi — una spedizione importante dal momento che si trattò della primaesperienza sul mare del più illustre navigatore e corsaro (18) inglese, Francis Drake.

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(18) Una nave corsara era quella che navigava agli ordini di un re e compiva «azioni di guerra» contro gliinteressi di un paese nemico (normalmente si trattava di indebolire il suo potere commerciale e coloniale).I corsari avevano un documento che autorizzava la nave a portare avanti queste azioni. I detti documentiavevano il nome di «Lettera di corsa», o «Lettera di marca» o «Patente di corsa» (letter of marque). Essaera una garanzia (o commissione) emessa da un governo nazionale che autorizzava l’agente designato acercare, catturare o distruggere, beni o personale appartenenti a una parte che aveva commesso una qual-che offesa alle leggi o ai beni o ai cittadini della nazione che rilasciava la patente. Questa veniva di normausata per autorizzare dei gruppi di privati ad assalire e catturare bastimenti mercantili di una nazione ne-mica. Una nave privata, armata e dotata di capitano ed equipaggio, che operasse con una lettera di corsa(talvolta intestata all’armatore, che restava a terra), era chiamata una nave corsara. Circa gli uomini coin-volti, alcuni studiosi li hanno espressivamente definiti «mercenari di marina». Il contenuto formale dellagaranzia era in realtà un’autorizzazione rilasciata all’agente a oltrepassare i confini nazionali («marca»,sta per frontiera) perché una volta oltre confine potesse legittimamente cercare, catturare o distruggere be-ni o personale della fazione ostile («rappresaglia»), non necessariamente una nazione, in modo e conun’entità che fosse proporzionata all’offesa originale, obiettivo da raggiungersi, originariamente, in unasola «corsa». La guerra di corsa come pirateria regolamentata veniva considerata una misura di vendetta,una ritorsione ai limiti della dichiarazione di guerra, e il mantenimento di una almeno approssimativa pro-porzionalità era inteso a giustificare l’azione davanti alle altre nazioni, che avrebbero altrimenti potutoconsiderarla come un vero e proprio atto di guerra o di pirateria. Va detto, però, che stante la concreta in-dizione di vere e proprie campagne belliche, molti studiosi chiamano le operazioni così autorizzate con lalocuzione guerra di corsa. La distinzione non è solo formale, in quanto la pirateria era diretta contro tutti echiunque (venendo sanzionata con la pena di morte da infliggere sul posto della cattura del pirata), mentrela guerra di corsa era effettuata contro nemici ben individuati, politici o di fede. Di conseguenza le attivitàbelliche e depredatorie dei corsari barbareschi o delle consimili organizzazioni cristiane, quale quella deiCavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta non possono essere considerate piratesche,bensì corsare, dal momento che non colpivano mai i propri confratelli di fede. Come per le garanzie inter-ne (giudiziarie e di polizia) di ricerca, arresto, cattura o morte, la lettera di corsa doveva infatti godere diun certo grado di specificità per essere considerata legittima, onde assicurarsi che l’agente non abusassedella sua autorità e non superasse gli intenti di mandato dell’autorità emittente. La differenza, invero, traun «corsaro» e un «pirata» era nei fatti sottile, spesso impercettibile, ma concretamente si tradusse spessoin una sorta di «licenza di predazione a fini istituzionali». Ultimi a usare navi corsare furono, nella secon-da guerra mondiale, i Tedeschi che armarono mercantili registrandoli come incrociatori ausiliari, tra cuil’Atlantis, il Penguin e altre. Anche gli Inglesi risposero, subito dopo Dunquerque, armando come incro-ciatore ausiliario il Rhone, una nave francese che, come le omologhe tedesche, usava mascherarsi percambiare il proprio aspetto e sembrare una nave di paese neutrale, in modo da poter attaccare il navigliomercantile diretto ai porti nemici. Secondo buona parte degli storici, la maggioranza delle imprese corsareaveva il solo reale scopo di compiere azioni di pirateria o di predoneria per conto del proprio governo,poiché i bottini ottenibili erano cospicui, talvolta rilevanti sul bilancio della nazione. I corsari avevano piùpossibilità di fare buoni bottini dei pirati: le loro navi partivano, legalmente, da un porto, quindi potevanoessere preparate già in cantiere e progettate appositamente come navi da guerra leggere, quando cattura-vano una preda essa era legittima, quindi potevano prendere prigioniero l’equipaggio, vendere il legnocatturato all’asta, depredare tutto il carico con comodo (e non limitarsi ad arraffare i preziosi e scapparecon il bottino come i pirati), inoltre il bottino poteva essere venduto all’asta con calma, in piena legalità,cercando di spuntare il prezzo migliore per l’armatore. A differenza che nella pirateria però i profitti anda-vano in preferenza all’armatore-investitore e ai suoi ufficiali in comando, mentre tra i pirati le quote delbottino erano ripartite più democraticamente. Le guerre di corsa, del resto, rappresentano una quasi logicaevoluzione della conclusione della stagione delle grandi scoperte (dopo che l’America e l’Oceano Indianoerano stati ormai ben individuati e colonizzati), quando per l’esaurimento di nuove terre ricche da scopriree colonizzare non restò che aggredire le terre già colonizzate, spostando su questi mari il naviglio prece-dentemente impiegato in esplorazioni (anch’esso composto di navi armate - in senso militare). (continua)

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La nascita del corsaro

La storia dei primi anni di Drake è incerta e confusa quanto quella dei primi anni diMagellano: abbiamo pochi fatti e molte congetture, abbondantemente colme di aneddotiapocrifi. Nacque a Tavistock, nel Devonshire, tra il 1539 e il 1545 — il 1541 sembra ladata più probabile — ed era, a quanto sembra, uno dei dodici figli del Reverendo Ed-mund Drake, un marinaio diventato predicatore. Edmud Drake apparteneva alla classedei gentlemen, si trattava cioè di una persona non nobile che aveva però il diritto di por-tare le armi; viveva sulle proprietà di Lord Francis Russel, figlio del primo Conte diBedford, che fece da padrino al figlio del suo affittuario al quale per questo fu imposto ilsuo nome, Francis. Drake padre seguì Enrico VIII quando questi si separò dalla Chiesadi Roma e divenne un fiero oppositore del cattolicesimo, caratteristica questa ereditatada Francis. L’estremismo protestante causò a Edmund grossi problemi quando Maria, lafiglia cattolica del protestante Enrico, salì al trono nel 1553: avendo rifiutato di abban-donare la vecchia fede, al contrario di quanto avevano fatto i suoi vicini, subì pesantipersecuzioni. Questo è tutto quello che si conosce dell’infanzia di Francis Drake: chenacque in una famiglia modesta, ma rispettabile e rispettata, e che nei suoi primi anniebbe buoni motivi per odiare i cattolici (e anche gli spagnoli, dato che il marito della re-gina Maria era Filippo II di Spagna e sua madre Caterina d’Aragona). Evidentemente,durante il regno di Maria la coerenza religiosa costò a Edmund il posto e ridusse la fa-miglia in povertà. Era dunque naturale che i figli di Drake cercassero lavoro come mari-nai, dato che non soltanto avevano trascorso l’adolescenza in una città di mare (il padresi era trasferito sulla Manica, nel porto di Gillingham, nel Kent, per evitare le persecu-zioni religiose), ma erano in qualche modo imparentati con la famosa famiglia Hawkins.È possibile che il vecchio William Hawkins di Plymouth fosse lo zio di Francis Drake,dal momento che i figli di William, John e William, chiamavano Drake cugino. Comeapprendista Francis lavorò su di una nave per piccolo cabotaggio, che il padrone gli la-sciò in eredità quando aveva soltanto diciotto anni, ma che fu costretto a vendere quan-do sulla Manica i commerci diminuirono. A quel punto però aveva già una certa espe-rienza in fatto di navigazione e nel 1564 si fece assumere dagli Hawkins (19). A queltempo sembra che la sua personalità fosse ormai ben definita. Era energico, audace, am-bizioso, volitivo; aveva buon cuore, era allegro e generoso, intelligente, coraggioso, in-traprendente, paziente e affabile. Vale a dire che era il tipo adatto per diventare un eroeda leggenda. Per di più, come tutti i grandi uomini, aveva una serie di idee fisse: era un

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(segue nota 18) L’emissione di lettere di corsa a privati venne vietata dapprima con il trattato di Utrecht(1713) e fu poi definitivamente bandita per i firmatari della Dichiarazione di Parigi del 1856. Gli StatiUniti non furono tra i firmatari e a tuttora ancora non sono vincolati da quella dichiarazione, tant’è cheancora oggi la Costituzione degli Stati Uniti (Art. 1, sez. 8) affida al Congresso il potere di concedere lelettere di corsa. Gli Stati Uniti emisero in seguito delle dichiarazioni, durante la guerra di secessione ame-ricana (1861-65) e durante la guerra contro la Spagna (1898), con le quali s’impegnarono a attenersi aiprincipi della Dichiarazione di Parigi per tutta la durata delle ostilità. Durante la guerra di secessione co-munque, gli Stati Confederati d’America emisero delle lettere di corsa.(19 ) È all’età di 13 anni che il piccolo Francis mise per la prima volta piede su una nave facendosi le ossanavigando nelle acque del Mare del Nord e all’età di 23 anni fece il suo primo viaggio nel Nuovo Mondo.

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protestante convinto, il che era permesso ora che la protestante Elisabetta aveva sostitui-to la cattolica Maria, e detestava spagnoli e cattolici con tutto il cuore. Questi pregiudizifurono rafforzati dal suo primo viaggio con il giovane Hawkins, durante il quale si recòa San Sebastian, nel Golfo di Guascogna, per salvare alcuni marinai di Plymouth cheerano finiti nelle grinfie dell’Inquisizione spagnola. Nel 1566, quando si imbarcò alledipendenze del comandante John Lovell per un viaggio in cui si trasportavano schiavi,acquisì un ulteriore buon motivo di odio nei confronti degli Spagnoli: Lovell, un mer-cante non certo ricco, fu truffato nel porto di Rio Hacha, nel Mar delle Antille, dagliSpagnoli che non gli pagarono il carico di schiavi e per questo Drake tornò a casa senzaaver guadagnato nulla. Sulla nave di Lovell era stato soltanto un commissario di bordo,ma quasi subito ottenne un posto più importante in un’altra spedizione che stava per la-sciare l’Inghilterra. John Hawkins, che per ordine di Elisabetta era inattivo dal 1565,aveva persuaso la regina a lasciarlo partire per un terzo viaggio in Africa e in America.Ancora una volta Elisabetta investiva privatamente nell’impresa mentre in pubblicoostentava di non saperne nulla. Il progetto era rischioso, poiché Filippo II era sempre piùadirato per il modo in cui nei Caraibi i suoi stessi ufficiali facevano affari con gli Ingle-si; pertanto ne aveva condannati alcuni e aveva dato ordini severissimi per prevenirequalsiasi ingerenza inglese nelle Indie. Hawkins era ancora convinto di poter commer-ciare con gli spagnoli delle Indie ansiosi di comprare i suoi schiavi, tuttavia prese la pre-cauzione di armare pesantemente le sue navi. Il giovane Francis Drake, allora poco piùche ventenne, fu assunto come pilota, o ufficiale in seconda, ma ben presto ebbe il co-mando della Judith, vascello di 50 tonnellate (20). La flotta di Hawkins lasciò l’Inghil-

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(20) Quando Drake cominciò ad andare per mare la navigazione internazionale su piccola scala aveva fat-to pochi progressi rispetto ai vecchi requisiti della navigazione sotto costa; e le regole del mestiere nonerano state trasmesse da teorici e da trattati, bensì da padre in figlio o da padrone ad apprendista. La navenon aveva solo la funzione di entrare in porti ben tracciati, con essa si scandagliavano insenature ed estua-ri soggetti alle maree, o addirittura si compivano le operazioni di carico e scarico dopo che la nave erastata deliberatamente insabbiata su una riva aperta che vi si prestasse. Negli stretti bracci di mare il capi-tano doveva avvertire quasi per istinto fattori che il suo omologo su una grande nave commerciale transa-tlantica poteva tralasciare per lunghi periodi: banchi di sabbia mobili; correnti locali; tempo e maree mu-tevoli; ancoraggi buoni e cattivi; direzione del vento al mattino ma anche quella che sarebbe potuta essereal pomeriggio. Se si disponeva di carte esse erano imprecise e avare. La precoce padronanza della naviga-zione sotto costa fu per Drake una preparazione ideale al tempo in cui si sarebbe dovuto muovere fra inse-nature, estuari e isole nel Mare delle Antille. Nelle acque insufficientemente indicate nelle carte nautiche(e tali erano la maggior parte delle acque costiere) lo scandaglio era uno strumento essenziale; era costi-tuito da una sagola graduata a braccia (65 cm circa), munita all’estremità di un peso di piombo. Un mari-naio esperto lanciava lo scandaglio un poco più avanti della nave e leggeva la profondità nel momento incui il peso toccava in fondo in verticale. Era possibile farsi un’idea della natura del fondo dalla sabbia odai sassolini appiccicati al sego contenuto nell’incavo del piombo. L’uso dello scandaglio fu una dellespecializzazioni di base e più essenziali che il suo primo capitano insegnò a Drake nella navigazione dellaManica; e sarà una delle esperienze più fruttuose quando dovrà muoversi nel Mare delle Antille dove ilcabotaggio con piccole imbarcazioni risulterà fondamentale per i suoi successi. Ma la padronanza di que-sta arte non lo indusse a tralasciare il materiale stampato che gli si offriva; il libro francese di navigazioneche si porterà dietro intorno al mondo era probabilmente una delle prime edizioni francesi del famoso Ar-te de navegar di Medina. Il proprietario-capitano del brigantino sul quale Drake imparò il mestiere, JohnLovell, era un vecchio senza eredi. Sotto di lui Drake divenne un abile uomo di mare e continuò a servireutilmente il padrone. Quando il vecchio morì, Drake ereditò la piccola imbarcazione.

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terra nell’ottobre del 1567 e come al solito caricò schiavi in Guinea, saccheggiando nelfrattempo parecchie navi portoghesi. Poi gli Inglesi portarono il loro carico nel Mar del-le Antille, dove 1’accoglienza fu glaciale. Per paura del re Filippo, le autorità portualiimpedirono a Hawkins qualsiasi tipo di commercio, anche se i proprietari delle pianta-gioni erano desiderosi come sempre di acquistare i suoi schiavi. Gli Inglesi vendetteroalcuni negri a Santa Marta, sulla costa dell’attuale Colombia, ma a Rio Hacha dovetteroattaccare la città per ottenere il permesso di commerciare. Hawkins, con l’aiuto diDrake, cacciò le autorità portuali e le tenne lontano mentre cercava acquirenti per glischiavi. Anche a Cartagena incontrarono ostilità e dovettero bombardare il porto per co-stringere gli Spagnoli a lasciarli commerciare. Ma alla fine ebbero ciò che volevano eHawkins, carico d’oro e di perle, iniziò il viaggio di ritorno.

Durante l’attraversamento del braccio di mare che separa lo Yucatàn da Cuba fortiburrasche colpirono le navi che ne uscirono molto danneggiate, e Hawkins fu costrettoa puntare alla svelta verso San Juan de Ulùa, un porto sulla costa messicana vicino aVera Cruz. Per lui era imbarazzante, dal momento che ufficialmente non doveva tro-varsi affatto in quelle acque e non gli restava che chiedere garbatamente il permesso di

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Rada di Cartagena.

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attraccare in un porto in cui le navi inglesi non potevano entrare. Ma era altrettantoimbarazzante per le autorità locali, dato che San Juan de Ulùa era il porto in cui venivaimbarcato l’argento diretto in Spagna, e in quel momento c’erano dodici navi carichedi lingotti, per un valore di milioni di dollari, pronte a salpare. Da parte loro ben sape-vano che Hawkins era a conoscenza dell’argento, e sapevano anche che, se avesse de-ciso di prenderlo, probabilmente non sarebbero stati in grado di impedirglielo. Ma difronte a un tale atto di vera e propria pirateria Hawkins esitava e così finì con il met-tersi d’accordo con le autorità di San Juan de Ulùa: avrebbe potuto riparare le sue na-vi, ma non avrebbe cercato di prendere l’argento.

Sfortunatamente, un’altra flotta di tredici navi arrivò proprio il giorno seguente, conparecchie settimane di anticipo rispetto alla data prevista, con a bordo il nuovo vicerédel Messico, Don Martin Enriquez. Il viceré rimase sbalordito nel trovare in porto bencinque navi inglesi — che, per di più, occupavano una posizione strategica che per-metteva loro di controllare il porto.

Hawkins permise ai nuovi venuti di entrare nel porto, anche perché impedirlo sareb-be stato un atto di guerra, ed Enriquez seppe dell’accordo dalle imbarazzatissime auto-rità portuali. Gli ufficiali locali potevano anche ignorare gli ordini di re Filippo, ma ilviceré non poteva proprio, anche perché era stato mandato dalla Spagna appositamenteper far rispettare tali ordini e tenere lontane dal Messico le navi inglesi. Tuttavia eraconsapevole della superiorità di Hawkins e così fece sapere al comandante inglese chel’accordo sarebbe stato rispettato. Per parecchi giorni le cinque navi inglesi rimaserotranquillamente ancorate nel porto mentre venivano compiute le necessarie riparazionie gli equipaggi facevano amicizia con gli spagnoli. Poi, a un segnale stabilito, gli Spa-gnoli attaccarono a tradimento la flotta inglese parzialmente in disarmo. La Jesus ofLubeck, la nave più grande, fu catturata insieme ad altre due e gli Inglesi che si trova-vano a riva furono massacrati, ma Hawkins e Drake riuscirono a uscire dal porto,Hawkins sulla Minion, Drake sulla sua Judith. Le due navi erano terribilmente sovrac-cariche avendo preso a bordo i superstiti delle altre navi e il viaggio di ritorno fustraordinariamente penoso. La Minion aveva talmente tanti uomini a bordo che riusci-va a stento a rimanere a galla e cento volontari furono sbarcati sulla costa del Golfodel Messico, dove furono catturati dagli Spagnoli e sottoposti ai più atroci tormenti daparte dell’Inquisizione.

Nel gennaio del 1569 la Minion e la Judith arrivarono separatamente nel porto diPlymouth e subito il racconto dell’infamia spagnola scatenò la collera di tutta l’Inghil-terra con un effetto simile a quello provocato dall’attacco giapponese a Pearl Harbor:una nazione infuriata voleva la guerra. Francis Drake, che aveva visto con i suoi occhiil tradimento di San Juan de Ulùa, era il meno disposto a perdonare. Giurò di vendi-carsi e di farla pagare agli Spagnoli, e non una volta soltanto. La regina Elisabetta, po-liticamente esposta su troppi fronti, rifiutò di dichiarare guerra alla Spagna, tuttavia fe-ce ampiamente capire che avrebbe approvato eventuali azioni di rappresaglia. Gli annidell’amicizia anglo-spagnola erano finiti; l’irregolare ma lucroso commercio di schia-vi lungo la costa del Mar delle Antille non era più possibile; le due nazioni si erano av-viate su una strada che le avrebbe portate allo scontro del 1588, quello dell’Invencible

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Armada. La perfidia di Don Martin Enriquez scatenò contro la Spagna un demone nel-la persona di Francis Drake — «il Drago», lo chiamavano gli Spagnoli con un amarogioco di parole basato sulla deformazione del suo cognome. Ormai si aggirava per imari spinto da un implacabile desiderio di vendetta, combattendo la sua guerra privatacontro la Spagna. Le sue rappresaglie erano spietate, e le sue imprese diventaronosempre più spettacolari fino a quando, dieci anni dopo San Juan de Ulùa, la sua sete divendetta lo portò attorno al mondo sulle orme di Magellano e lo inserì nel novero deigrandi circumnavigatori.

Nell’estate del 1569 Drake prese moglie, Mary Newman, e subito dopo iniziò i suoiattacchi contro la Spagna. Nel 1571 compì viaggi segreti nelle Indie Occidentali con laDragon e con la Swan per azioni di rappresaglia e nel 1571 soltanto con la Swan. Diqueste spedizioni si sa ben poco: catturò alcune navi nel Mare delle Antille e si impos-sessò del carico, ma sembra che lo scopo principale fosse la ricognizione territoriale.Dedicò infatti un’attenzione particolare all’Istmo di Panamà, poiché tutti i tesori sot-tratti al Perù dovevano attraversare questa sottile striscia di terra prima di essere spedi-ti in Spagna, dal momento che la rotta che passava attraverso lo Stretto di Magellanocontinuava a non essere usata. Drake prese contatto con i Cimarrones, o Maroons, ungruppo di schiavi negri fuggitivi e di donne indiane che vivevano nelle foreste dell’ist-mo e che gli Spagnoli non uscivano a riportare sotto il loro controllo. Costoro odiava-no gli Spagnoli tanto quanto Drake e si misero d’accordo con lui per cercare di inter-cettare la carovana di muli che trasportava il carico di oro e di argento dal Pacifico al-l’Atlantico. Partendo da una base operativa segreta che si chiamava Port Plenty, nelGolfo di Darien, Drake bersagliava con molto successo gli Spagnoli e ben presto pro-gettò un attacco a sorpresa contro il porto di Nombre de Dios, da cui partivano le navicariche di tesori.

Nel 1572 Drake era di nuovo in Inghilterra e nel maggio di quello stesso anno partìcon due navi, la Pasha e la Swan, per compiere un temerario attacco contro Nombre deDios. Due suoi fratelli, John e Joseph, si unirono a lui. A Port Plenty assemblarono al-cune scialuppe, o piccole barche armate a schooner, che avevano portato smontate dal-l’Inghilterra. Silenziosamente avanzarono lungo la costa verso Nombre de Dios, eDrake continuò imperterrito anche quando seppe che la città si aspettava un attacco daparte dei Maroons e che la guarnigione era stata appena rafforzata. Con soli 73 uominipenetrò a Nombre de Dios durante la notte, mise in fuga i difensori e si impadronì deltesoro reale. Ma un acquazzone tropicale bagnò la polvere da sparo inglese e lo stessoDrake fu ferito e cadde; intrappolati nella tesoreria in mezzo all’oro e all’argento, isuoi uomini abbandonarono i pesanti lingotti e fuggirono con il loro comandante gra-vemente ferito. Durante la convalescenza a Port Plenty, Drake capì che non sarebbemai riuscito a ripetere l’attacco contro Nombre de Dios e ripiegò sul progetto alternati-vo che prevedeva di prendere il carico di lingotti d’oro e d’argento durante l’attraver-samento, via terra, dell’Istmo.

Era la stagione delle piogge e per parecchi mesi non ci sarebbe stato nessun caricodi lingotti.

Drake trascorse la maggior parte del tempo facendo scorrerie nel Mare delle Antille;

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entrava e usciva dal porto di Carta-gena a suo piacimento, catturandole grosse navi spagnole e ostaco-lando il commercio lungo l’interacosta; disorientava gli Spagnolicon attacchi imprevedibili; e buo-na parte del tesoro del Perù andò afinire in Inghilterra invece che inSpagna. In questo periodo Drakefece affondare la Swan, perché nonaveva più abbastanza uomini permanovrarla. Tornato a Port Plentyseppe che suo fratello John era sta-to ucciso in un attacco audace, masconsiderato, contro gli Spagnoli einoltre le febbri tropicali comincia-rono a diffondersi nel campo, cau-sando molte morti, tra cui quella diJoseph Drake. Quando i Maroonsgli fecero sapere che un carico dilingotti era arrivato alla città di Pa-namà, il porto sulla costa del Paci-fico, Drake si mise in marcia attra-verso l’istmo per impadronirsene enel corso di questo viaggio videper la prima volta il Pacifico. Lanegligenza di un marinaio inglese ubriaco impedì, proprio all’ultimo momento, di im-padronirsi dell’oro spagnolo e Drake ritornò sulla costa atlantica dell’istmo a manivuote. Qui si alleò con un pirata francese e catturò un secondo convoglio spagnoloquasi nel porto di Nombre de Dios. Saccheggiò poi parecchie altre città lungo la costa,conquistandosi una reputazione di corsaro imprevedibile e invincibile, ma cavallere-sco, che rispettava le dame e rilasciava garbatamente i prigionieri senza far loro alcunmale. Per questo motivo gli Spagnoli non riuscirono mai a nutrire un vero e proprioodio verso di lui; lo temevano, ma nello stesso tempo lo guardavano con malcelato ri-spetto e riluttante ammirazione.

Nell’agosto del 1573 arrivò a Plymouth, al comando di una nave spagnola caricadel bottino di quindici mesi di attacchi corsari. Durante il viaggio molte volte rischiòdi perdere il prezioso carico, ma la sua intraprendenza, la sua energia e la sua notevolefortuna gli consentirono di superare tutte le difficoltà. In effetti, il suo successo era sta-to tale che finì col mettere in imbarazzo la regina Elisabetta, che stava ancora cercandodi evitare la guerra con la Spagna. Nonostante in privato fosse fiera dei fulminei attac-chi di Drake, dei suoi incredibili successi, della sua rapidità nell’agire, del suo cavalle-resco e incurante eroismo, in pubblico ostentava la propria disapprovazione nei con-

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La copertina dell’opera «The World Encompassed» di Fran-cis Fletcher.

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fronti dei suoi atti di pirateria, e per parecchi anni Drake fu costretto a rimanere nel-l’ombra e a frenare il suo patriottico desiderio di far guerra alla Spagna.

Così toccò a un altro inglese 1’onore di essere il primo a navigare nel grande MareMeridionale che Drake aveva sperato di raggiungere: John Oxenham di Plymouth.Oxenham, che era stato ufficiale a bordo della Pasha nel corso della spedizione diDrake del 1572, intraprese per conto proprio una spedizione corsara nelle Indie Occi-dentali nel 1575 con una nave da 120 tonnellate e 70 uomini.

Dopo essere sbarcato a Port Plenty, nascose la sua nave e si avviò attraverso l’istmoin compagnia dei Maroons. In un fiume dell’interno costruì una scialuppa di circaquattordici metri e discese il fiume fino al Pacifico, diventando così il primo inglese aentrare in quell’oceano dopo un certo John Chilton, che nel 1572 aveva navigato comepasseggero a bordo di una nave spagnola. Oxenham saccheggiò le Isole delle Perle, asud di Panamà, e catturò due navi che provenivano dal Perù con un prezioso carico dioro e argento; ma non appena gli Spagnoli seppero che un pirata inglese scorrazzavaliberamente in un oceano che la Spagna considerava un lago di sua proprietà, fu datoimmediatamente l’allarme generale e Oxenham fu costretto a scendere a terra, fu in-trappolato nell’istmo e catturato con tutti i suoi uomini. Portato a Lima per essere in-terrogato, Oxenham ammise di essersi dato alla pirateria senza alcuna autorizzazione ea proprio rischio e pericolo, e fu impiccato. Gli Spagnoli avevano tutto il diritto dicondannare a morte Oxenham, ma nel 1576 la Spagna fece numerosi atti di aggressio-ne in mare aperto contro navi britanniche e l’opinione pubblica inglese fu di nuovo in-cline alla guerra, e Drake era il più bellicoso di tutti. All’inizio del 1577 ottenne l’ap-provazione della regina per un’azione incisiva: un’intrusione inglese nel Pacifico nonlimitata, ma a tutto campo. Drake sapeva del viaggio di Oxenham, ma non del suo tra-gico destino, e pertanto aveva intenzione di unire le proprie forze alle sue nel Pacifico.Ma mentre il viaggio oceanico di Oxenham non era stato null’altro che un attacco oc-casionale, una rapida incursione piratesca lungo la costa occidentale dell’istmo, Drakepianificò un lungo viaggio che unisse l’esplorazione geografica a lucrosi attacchi con-tro i porti spagnoli del Pacifico. Il progetto iniziale prevedeva un viaggio di 13 mesi incui avrebbe navigato nel Pacifico attraverso lo Stretto di Magellano, avrebbe attaccatole navi spagnole lungo la costa del Cile e del Perù e sarebbe tornato in Inghilterra riat-traversando lo stretto. Da un punto di vista geografico lo scopo principale dell’impresaera la scoperta della Terra Australis Incognita, che, secondo le teorie del tempo, dalloStretto di Magellano si sarebbe estesa verso nord-ovest fino a una latitudine di 30°sud. Drake avrebbe dovuto trascorrere cinque mesi nel continente meridionale, fareamicizia con gli indigeni, organizzare l’esportazione dei tessuti inglesi e scoprire sec’era abbondanza di oro, argento e spezie. Ma Drake non voleva puntare tutto sull’ipo-tetica esistenza del continente meridionale e sui profitti che ne potevano eventualmen-te derivare; pertanto, dopo aver esplorato la Terra Australis, o nell’eventualità che lasuddetta terra non esistesse, avrebbe attraversato il Pacifico fino alle Molucche, e poiavrebbe puntato verso nord, prendendo possesso di tutte le isole, che sembrassero pro-mettenti, non ancora controllate dalla Spagna o dal Portogallo. Avrebbe visitato il Ca-tai e Cipango — la Cina e il Giappone — e avviato il commercio con quei paesi. Poi,

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una volta raggiunta l’estremità nord-occidentale del Pacifico, avrebbe cercato lo Stret-to di Anian e, dopo averlo attraversato in direzione est, sarebbe tornato nell’Atlantico.Non aveva comunque alcuna intenzione di proseguire verso ovest oltre le Molucche edi tornare in Inghilterra attraverso l’Oceano Indiano e il Capo di Buona Speranza.

Questo piano grandioso suscitò grandi controversie in Inghilterra, dal momento chela lobby dei pacifisti si opponeva a qualsiasi violazione dei diritti spagnoli nel Pacifi-co. Il Lord Tesoriere di Inghilterra, Lord Burghley, era il principale oppositore diDrake; Sir Christopher Hatton, vice-ciambellano di Elisabetta e membro del suo Con-siglio Privato, era al contrario il suo più acceso sostenitore davanti alla regina. Elisa-betta si lasciò convincere da Hatton: non solo approvò il progetto, ma ancora una voltavi investì personalmente del denaro e per far in modo che il potente Lord Burghleynon creasse problemi, ordinò che non gli fosse detto nulla fino a dopo la partenza diDrake. Tuttavia, il segretario personale di Hatton, un cortigiano brillante, ma infido, dinome Thomas Doughty, informò Burghley. Non riuscendo à bloccare la spedizione,Burghley fece in modo che Doughty vi partecipasse con una carica importante e con ilcompito di cercare di rovesciare Drake e di impedirgli di attaccare i porti spagnoli. Co-sì anche Drake, come Magellano, era al centro di una congiura prima ancora di salpa-re; e Drake, come Magellano, avrebbe avuto a che fare con un comandante che prepa-rava 1’ammutinamento non appena fossero stati in alto mare. La regina diede a Draketutto il suo appoggio. Secondo un resoconto pressoché contemporaneo del viaggio,prima della partenza gli aveva donato una spada dichiarando: «Noi dichiariamo chechi colpisce voi, Drake, colpisce noi». Finanziamenti, navi e uomini per la spedizionefurono messi a disposizione in abbondanza. Per motivi di sicurezza Drake fingeva chela meta della spedizione fosse Alessandria d’Egitto; ma se questo poteva confondere etrarre in inganno gli spagnoli, in Inghilterra tutti sapevano che stava per partire per unviaggio molto ambizioso e uomini delle migliori famiglie facevano a gara per procu-rarsi un posto a bordo delle sue navi. Così, un buon numero di «avventurieri gentiluo-mini» entrarono a far parte dell’equipaggio di Drake, alcuni affidabili e utili quantoqualsiasi marinaio di professione, altri — come l’infido Thomas Doughty — destinatia creare problemi: testardi, inaffidabili e insubordinati.

Le navi erano cinque. L’ammiraglia di Drake era la Pelican, una nave da 100 ton-nellate armata con 18 cannoni. La Elizabeth, da 80 tonnellate e con 16 cannoni, era lavice-ammiraglia ed era comandata da John Winter, ritenuto il nipote di Sir WilliamWinter, Grand’ammiraglio di Elisabetta. Un avventuriero gentiluomo, John Thomas,fu nominato comandante del brigantino da 30 tonnellate Marigold, con 16 cannoni. Unaltro di questi avventurieri di buona famiglia, John Chester, fu posto al comando diuna nave da carico, da 50 tonnellate e con 5 cannoni, poco più di un «magazzino» gal-leggiante progettato per il trasporto di grossi carichi; era stata chiamata Swan, in ricor-do della piccola nave che Drake aveva dovuto affondare nei Caraibi nel 1573. ThomasMoore, il carpentiere che aveva avuto l’incarico di affondare la Swan, era il coman-dante della quinta nave della flotta di Drake, da 15 tonnellate, chiamata Christopher.Thomas Doughty era stato nominato Capitano delle Truppe di terra e insieme al suofratellastro, John Doughty, erano degli «avventurieri gentiluomini». L’intero equipag-

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gio delle cinque navi era composto da 150 uomini e 14 ragazzi; Drake aveva con sé ilfratello minore, Thomas, un giovane cugino, John Drake, e due «avventurieri gentiluo-mini», William e John Hawkins, che probabilmente erano i nipoti del famoso Sir JohnHawkins al cui servizio Drake si era imbarcato per la prima volta.

Le navi erano equipaggiate lussuosamente. Il racconto ufficiale del viaggio, pubbli-cato nel 1628 e basato sul diario del cappellano di Drake, Francis Fletcher, intitolatoThe World Encompassed by Sir Francis Drake (La circumnavigazione del mondo aopera di Sir Francis Drake) dice che le navi erano equipaggiate «con una grande ab-bondanza di tutto ciò che un viaggio tanto lungo e pericoloso poteva richiedere; e inol-tre con alcune scialuppe facili da montare, ma trasportate a bordo smontate, che sareb-bero state assemblate quando fosse stato necessario. E Drake non aveva neppure tra-scurato tutto ciò che poteva rallegrare la vista e l’udito, dal momento che aveva volutomusici esperti, mobili lussuosi (tutte le stoviglie destinate alla sua tavola, e addiritturamolte di quelle di cucina, erano di argento puro) e un assortimento di articoli di squisi-ta fattura, affinché la civiltà e la magnificenza del suo paese natale potessero essereapprezzate appieno da tutte le nazioni che avesse visitato». Il 15 novembre del 1577questa grande flotta partì da Plymouth. Così ebbe inizio quella che The World Encom-passed chiamò «quella audace impresa, di notevole successo, compiuta da quel raro edegnissimo comandante, Francis Drake, che per primo circumnavigò il mondo» (21).

Stando a quanto racconta un pilota portoghese, che si chiamava Nuño da Silva, cat-turato da Drake agli inizi del viaggio e costretto ad accompagnarlo quasi per l’interopercorso, Drake tenne un diario illustrato della spedizione. Silva, che racconta anchecome uno dei tre libri che Drake portò con sé fosse il diario di Pigafetta, dice che«Francis Drake teneva un diario in cui annotava i particolari della navigazione e de-scriveva uccelli, alberi e leoni marini. Dipingeva molto bene e aveva con sé un ragaz-zo, un parente di suo cugino, che è un grande pittore. Quando si chiudevano insiemenella sua cabina non facevano che dipingere». Una lettera, custodita al British Mu-seum, inviata dall’ambasciatore spagnolo in Inghilterra a re Filippo II di Spagna in da-ta 16 ottobre 1580 riferisce che «Drake ha consegnato alla regina un diario in cui è de-scritto tutto ciò che gli è accaduto nei tre anni in cui è stato in viaggio». Questo prezio-sissimo documento deve essere sparito quasi subito, dal momento che non è stato inse-rito nella prima edizione della raccolta di racconti di viaggi inglesi di Richard Hakluyt,apparsa nel 1589, e neppure nella seconda edizione, notevolmente ampliata, del 1598-1600. Tuttavia, anche senza la descrizione fatta personalmente da Drake, non mancanocerto le narrazioni di prima mano. La prima a essere pubblicata fu una narrazione ano-nima, ritenuta opera di un marinaio di nome Francis Pretty, che Hakluyt inserì nellasua raccolta e che fu eliminata dall’edizione del 1589 su richiesta di alcuni amici diDrake che, sostenendo di essere impegnati nella stesura di un loro racconto, non vole-vano anticipazioni. Tuttavia essa fu inserita in alcune copie di quel testo e, quando fuchiaro che l’altro racconto non sarebbe apparso, fu pubblicata nella seconda edizionedi Hakluyt. Questa seconda edizione comprende anche una traduzione della deposizio-ne di Nuño da Silva di fronte alle autorità spagnole in Messico e una relazione delviaggio del primo ufficiale di Drake, John Winter, con la Elizabeth, scritta da un mari-

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naio di nome Edward Cliffe.Inoltre, almeno altri due membridella spedizione tenevano undiario: un marinaio di nome JohnCooke e il cappellano FrancisFletcher. Questi diari non furonopubblicati fino al diciannovesi-mo secolo, ma servirono da baseper The World Encompassed bySir Francis Drake, apparso nel1628, compilato dal nipote eomonimo del circumnavigatore,Sir Francis Drake, baronetto, fi-glio di suo fratello Thomas. TheWorld Encompassed è essenzial-mente il racconto, ampiamenterivisto e abbellito, di FrancisFletcher, con l’aggiunta di detta-gli presi da Cooke e da altri: nonper nulla Fletcher può essereconsiderato il Pigafetta di Drake.È evidente che Fletcher se nerendeva conto, anche perché co-nosceva l’opera di Pigafetta e visi ispirò. Il viaggio ebbe un ini-zio difficile. Venti contrari co-strinsero la flotta a rifugiarsi nelporto di Falmouth fin dal secon-do giorno e le burrasche del diciassettesimo e diciottesimo giorno danneggiarono a talpunto le navi che furono costrette a tornare a Plymouth per riparazioni e non poteronoripartire fino al 13 dicembre. Mentre le navi venivano rimesse in sesto, Thomas Dou-ghty cominciò a sobillare l’equipaggio; a quanto sembra Drake non riuscì a capire chifosse il vero colpevole e individuò uno egli scagnozzi di Doughty, James Syday, a cuiimpedì di proseguire il viaggio anche se erano vecchi amici e avevano combattuto in-sieme. Quando la spedizione riuscì finalmente a partire Drake non finse più di recarsiad Alessandria d’Egitto, come aveva sostenuto fino a quel momento, e mantenendo lapropria rotta nell’Atlantico comunicò che, qualora le navi si fossero separate, il primopunto di incontro sarebbe stata l’isola (in realtà si trattava di un promontorio) di Mo-gador, lungo la costa nord-occidentale dell’Africa. Il 27 dicembre la flotta era all’an-cora nel porto di Mogador. Nei quattro giorni di soggiorno su questo promontorio de-sertico i navigatori raccolsero legna da ardere, montarono una delle quattro scialuppeprefabbricate che avevano portato con sé e ricevettero la visita di alcuni indigeni ma-rocchini arrivati a dorso di cammello. Drake li accolse amichevolmente li intrattenne

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Una raffigurazione dell’epoca dei giganti della Patagonia.

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con un banchetto e donò loro tessuti, scarpe e un giavellotto; i marocchini promiserodi tornare il giorno seguente per uno scambio di merci e quando li vide arrivare Drakemandò loro incontro alcuni dei suoi uomini. Tuttavia, davanti agli occhi sbalorditi de-gli Inglesi, il primo uomo che mise piede a riva, un tale di nome John Fry, fu catturatoe portato via dai marocchini prima che i suoi compagni potessero intervenire.

Furioso per questa violazione delle leggi dell’ospitalità, Drake condusse una pattu-glia nell’interno, ma non trovò Fry e neppure un indigeno da prendere in ostaggio. Laflotta aveva ormai completato gli approvvigionamenti ed era pronta a partire, ma diFry non si avevano notizie, e il 31 dicembre le navi partirono senza di lui. Nel frattem-po Fry era stato condotto davanti al sovrano locale, il quale aveva dichiarato che il suopaese non intendeva sottomettersi al Portogallo e temeva che le navi ancorate a Moga-dor fossero navi da guerra portoghesi. Quando seppe che erano inglesi e che la sua in-dipendenza non era affatto minacciata, il sovrano fece le proprie scuse a Fry, gli offrìdei doni e lo fece riaccompagnare alle navi con un messaggio conciliante per Drake.Ma quando Fry arrivò a Mogador, la flotta era ormai partita e per lui il viaggio finì lì;rimase ospite del sovrano marocchino per qualche tempo e infine tornò a casa a bordodi una nave inglese che si era fermata a Mogador.

La flotta continuò la navigazione lungo la costa marocchina. A questo punto Drakeammise francamente quello che i suoi uomini sospettavano ormai da tempo: erano di-retti al Pacifico attraverso lo Stretto di Magellano, che da 30 anni nessuna nave avevaattraversato e che, secondo alcune voci, nel frattempo si «era chiuso». Il 7 gennaio, acausa del maltempo, si fermarono di nuovo sulla costa marocchina a Capo Ghir. Fupoi la volta di Capo Barbas e infine di Capo Blanco. A Capo Blanco gli inglesi feceroscorta di pesce fresco ed effettuarono qualche piccola riparazione alle navi. Drake ave-va anche sperato di fare rifornimento di acqua fresca, ma non ne trovò; anzi, gli si pre-sentò una delegazione di indigeni che voleva acquistare acqua da lui. Gli offrirono co-me schiavi una donna, ossuta e sfinita, e il suo bambino che sembrava sul punto dimorire di fame, ma, racconta Fletcher, Drake non aveva alcuna intenzione di commer-ciare quel genere di merce. «Avevano però anche ambra grigia e alcune resine piutto-sto pregiate, che ci offrirono in cambio di acqua (di cui avevano grande necessità)...».

A Capo Blanco, Thomas Doughty fece sbarcare i suoi soldati per un’esercitazione, esfruttò l’occasione per fare propaganda contro Drake, il quale nonostante lo venne asapere, tuttavia non se ne preoccupò. Dopo sei giorni la flotta partì per le Isole di CapoVerde, controllate dai Portoghesi. Qui era assolutamente necessario procurarsi acquadolce dal momento che Drake, con la sua solita audacia, pensava di «intraprendere latraversata eventualmente fino alla costa del Brasile senza toccare terra», piuttosto chedirigersi verso ovest soltanto dopo aver seguito la consueta rotta attorno alla protube-ranza dell’Africa, rotta che riduceva notevolmente la navigazione in mare aperto. Pas-sando attraverso le Isole di Capo Verde, evitarono Boavista, che non sembrava pro-mettente, e si fermarono a Maio, una piccola isola a ovest di São Tiago, l’isola piùgrande dell’arcipelago. Maio si rivelò un posto squallido e desolato, i cui abitanti, chevivevano nel terrore dei pirati, non appena videro arrivare gli Inglesi gettarono sale neipozzi e si rifugiarono nell’interno. Drake mandò alcuni uomini a esplorare l’isola: tro-

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varono ampie coltivazioni di noci di cocco, platani, fichi e viti, ma le uniche sorgentidi acqua dolce erano talmente lontane dal porto da non essere utilizzabili. Perciò il 31gennaio puntarono a ovest, verso la città São Tiago, che era ben difesa e Drake nonvolle rischiare un’incursione. Mentre le sue navi passavano allargo senza entrare inporto, le batterie costiere spararono un colpo a salve, in onore di Drake, apparente-mente, ma anche per consigliargli di non avvicinarsi. Al largo della costa sud-occiden-tale dell’isola gli Inglesi catturarono una preda preziosa: la Santa Maria, una nave por-toghese diretta in Brasile con un carico di vino e tessuti. Nei confronti del PortogalloDrake non era assetato di vendetta come nei confronti della Spagna, ma considerava lenavi portoghesi una buona preda e le attaccava indiscriminatamente proprio comequelle spagnole, soprattutto perché disprezzava allo stesso modo tutti i cattolici e pen-sava che i Portoghesi fossero in qualche modo imparentati con gli Spagnoli. Dopoaver imprigionato gli uomini della Santa Maria, mandò a bordo della nave catturata unequipaggio di 28 uomini, con Thomas Doughty come comandante, e ribattezzò la naveMary. Sempre alla ricerca d’acqua, Drake superò l’isola che i Portoghesi chiamavanoFoga, «fuoco», a causa dei suoi vulcani attivi, e si fermò nella vicina Brava «l’isolapiù bella e piacevole del mondo», dove «in molti punti giungevano fino al mare ru-scelli argentei di acqua dolce e pura». Brava era abitata soltanto da un’eremita, che al-l’arrivo degli Inglesi si nascose «lasciando dietro di sé le tracce del suo falso culto; va-le a dire una croce con un crocifisso, un altare con la sua pietra consacrata e altri idolidi legno di rozza fattura». Qui il 1° febbraio caricarono una piccola scorta d’acqua, mala mancanza di un ancoraggio, che impedì alle navi di avvicinarsi a riva, rese il compi-to difficile. Anche se alcuni dei suoi uomini non ne furono affatto contenti, nei con-fronti dei portoghesi della Santa Maria Drake si comportò con la consueta generosità,lasciandoli liberi e dando loro, in cambio della loro nave, la scialuppa che era stata as-semblata a Mogador. Prima di lasciarli andare li rifornì anche di cibo, vino e indumen-ti. Drake trattenne soltanto un pilota portoghese, Nuño da Silva, che gli Inglesi chia-marono Sylvester. Silva conosceva la costa brasiliana e, insiste Fletcher, «quando sep-pe che eravamo diretti verso il Mare del Zur, cioè verso il Mare Meridionale, si dimo-strò desideroso di prestare il proprio aiuto». Quanto fosse effettivamente volontariol’arruolamento di Silva è tutto da vedere, dal momento che nel suo racconto Silva af-ferma di essere stato un prigioniero; tuttavia si comportò lealmente e a bordo delle na-vi inglesi fu sempre trattato bene. A Brava, Drake ebbe il primo scontro aperto conThomas Doughty. Diventato comandante della nave catturata, Doughty si era messo aesercitare la sua autorità con spavalderia, accusando il fratello di Drake, Thomas, diaver sottratto parte del carico della Mary. L’inchiesta che ne seguì scagionò completa-mente Thomas Drake e dimostrò chiaramente che Doughty stava complottando controil Comandante generale, per cui Drake gli tolse il comando della Mary e lo mandò abordo dell’ammiraglia, la Pelican. Drake stesso assunse il comando della Mary, e Tho-mas Hord, che era il primo ufficiale della Pelican, ne divenne il comandante. Ben pre-sto Doughty cominciò a pretendere per sé il comando dell’ammiraglia, e intanto spa-ventava i marinai con i suoi esperimenti di magia nera, tanto che Drake fu costretto amandarlo per punizione sulla piccola nave da carico, la Swan. Anche lì Doughty conti-

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nuò a complottare contro Drake. Il 2 febbraio la flotta, che ora era formata di sei navi,cominciò la traversata dell’Atlantico e per 63 giorni navigò in mare aperto senza vede-re terra. The World Encompassed dice che sarebbe stato bello poter raccontare che du-rante «la lunga traversata del vasto golfo, dove non si vedeva che mare e cielo» Dioaveva dato loro «un’ininterrotta dimostrazione della sua paterna sollecitudine», ma aessere sinceri «spesso incontrammo venti contrari, burrasche indesiderate e (in quel-l’occasione) bonacce ancora più indesiderate...». Tuttavia, la pioggia quasi quotidianagarantì loro un buon rifornimento di acqua dolce e furono rallegrati dalla vista di ar-gentei e luccicanti pesci volanti e di altre meraviglie del mare, «l’opera più bella del-l’eterno Dio». La flotta rimase unita durante l’attraversamento dell’oceano, anche seper un’intera giornata, tra il 28 e il 29 marzo, la Mary fu persa di vista. Il 5 aprile rag-giunsero la costa del Sud America verso i 31° 30’ sud e sulla riva videro i grandi fuo-chi degli indigeni; ma non c’era alcun porto e dovettero seguire la costa verso sud. Poiper circa due settimane le tempeste di vento tennero la flotta nei pressi dell’estuariodel Rio de la Plata. Drake ritornò sulla Pelican e nominò suo fratello Thomas coman-dante della Mary. I marinai uccisero moltissime foche che, diceva Fletcher, «non sol-tanto fornivano una buona carne... ma dal loro grasso si ricavava anche una grandequantità di olio». Per ucciderle era necessario «colpirle sul naso con un bastone, datoche altrove non si fa loro alcun male». Fletcher era molto ansioso di vedere i gigantidella Patagonia di cui aveva parlato Pigafetta e sperava di trovarne qualcuno qui, an-che se la Patagonia era molto più a sud. Tutto quello che riuscì a vedere, tuttavia, fuun’impronta gigantesca sulla sabbia «che non poteva che essere l’impronta del piededi un gigante». Da questo dedusse che, quanto meno dal Rio de la Plata fino allo Stret-to di Magellano, il continente sudamericano doveva essere interamente abitato da gi-ganti. La flotta ripartì il 27 aprile e quasi subito la nave da carico Swan fu separatadalle altre. Drake cominciò a rendersi conto di avere troppe navi e decise di ridurre laflotta non appena avesse raggiunto un buon porto; ma nel frattempo la Swan non com-pariva e l’8 maggio anche la Mary sparì. Il 12 maggio le altre quattro navi gettarono leancore a 47° sud, presso un promontorio che Drake chiamò Cape Hope e il giorno se-guente si recò con una barca aperta a esplorare la baia all’interno del capo. Quando fuvicino a riva, narra The World Encompassed, «comparve uno degli indigeni, dall’a-spetto gradevole, che cantava e ballava al suono di un sonaglio che agitava con la ma-no, aspettando che Drake scendesse a terra. Ma improvvisamente il tempo cambiò,scese una nebbia fitta e scura accompagnata da una tempesta tanto violenta che il no-stro Comandante generale, che si trovava ormai a tre leghe dalla sua nave, pensò fossemeglio tornare indietro, piuttosto che sbarcare o attendere oltre». Tuttavia la nebbia di-venne così fitta che Drake si perse e fu salvato soltanto dal coraggio del comandanteThomas della Marigold, che nonostante l’uragano entrò nella baia per prenderlo a bor-do della sua nave. Dopo un’assenza di sei giorni la Mary era rientrata proprio primadella tempesta, ma sparì di nuovo nel forte vento e non fu rivista per un bel pò. Il tem-po burrascoso della Patagonia sballottava le piccole navi come se fossero state dei gio-cattoli; fino a quel momento nessuna era andata perduta, ma a ogni scomparsa Drakesi preoccupava terribilmente e non riusciva ad avere pace fino a quando la nave non

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tornava. Quando il tempo migliorò Drake scese a terra, sperando di avere qualche con-tatto con gli indigeni: era possibile vederli da lontano — ed era comunque evidenteche erano di statura normale — ma fuggivano non appena comparivano gli Inglesi.Nel corso di una di queste puntate scoprì un magazzino che conteneva 50 «struzzi» es-siccati — si trattava di nandù dell’America del Sud, imparentati con i più grandi struz-zi africani — in procinto di essere preparati per essere mangiati.

Il porto di Cape Hope non sembrava abbastanza sicuro e inoltre cibo, legname e ac-qua dolce non erano facilmente reperibili, così il 15 maggio la flotta partì e si spostò inuna baia «bella, sicura e vantaggiosa» a 47° 30’ sud. Le navi vi gettarono le ancore il18 maggio e vi rimasero 15 giorni; Drake chiamò il posto Seal Bay, anche se successi-vamente divenne famoso come Port Desire. Il suo primo pensiero fu per le navi perdu-te e non appena furono arrivati a Seal Bay si mise alla ricerca della Swan e dellaMary: mandò John Winter a sud con la Elizabeth, mentre da parte sua andò a nord conla Pelican. Drake trovò la Swan non lontano da Seal Bay e la condusse in porto; la na-ve era in cattive condizioni e Drake mise in pratica la decisione di ridurre il numerodelle navi, demolendo la Swan e recuperando il ferro, mentre le parti in legno venneroutilizzate come legna da ardere. Thomas Doughty e il suo fratellastro John, che si tro-vavano in una specie di detenzione a bordo della Swan, furono trasferiti sulla Pelican,ma ripresero i loro consueti tentativi di far ammutinare gli uomini. Drake continuò adimostrare molta tolleranza nei confronti di quei due sobillatori, che qualsiasi altro co-mandante avrebbe gettato in mare molto tempo prima; si limitò invece a rimproverarlie, per liberarsene, li trasferì a bordo della Christopher, il cui comandante, il vecchio edenergico ex-carpentiere Thomas Moone, li avrebbe tenuti sotto controllo. A Seal Bay, inavigatori ricevettero la visita di alcuni indigeni della Patagonia che, stando al raccon-to di Edward Cliffe, si avvicinarono a meno di cento passi dagli Inglesi e «si disposeromolto ordinatamente, formando una specie di anello, mentre ogni uomo aveva arco efrecce... Poi gli indigeni... si avvicinarono ancora ai nostri uomini, dimostrandosi mol-to gradevoli tanto che il Signor Winter danzò con loro. Trovarono molto piacevole ilsuono delle trombe e delle viole... Sono molto portati all’allegria e all’ilarità, ma sonoanche molto astuti e pronti a rubare qualsiasi cosa abbiano a portata di mano: infattiuno di loro tolse il berretto dalla testa del nostro Comandante generale (nel momentoin cui si era chinato». Cliffe fa notare che gli indigeni «erano di statura media», mentreFletcher ne parla come se fossero stati dei giganti e li descrive in un modo talmente si-mile a quello di Pigafetta che sembra quasi che lo stia parafrasando. Un gigante, diceFletcher, trovandosi un mattino vicino ad alcuni inglesi che stavano bevendo i consuetibicchieri di vino «volle fare come loro» e preso il bicchiere in mano non fece in tempoa portarlo alle labbra che lo aspirò con il naso e (trattandosi di un forte vino delle Ca-narie) gli diede improvvisamene alla testa fino a farlo sentire ubriaco o guanto menosopraffatto dall’alcool a tal punto che finì disteso a terra non riuscendo più a mante-nersi in piedi. Gli altri indiani si spaventarono credendo che fosse stato ferito, ma l’uo-mo si mise a sedere sempre stringendo in mano il bicchiere pieno di vino, e poi lo an-nusò con cautela per vedere «se da seduto aveva più fortuna che stando in piedi. Loannusò a lungo e cominciò a sorseggiarlo a poco a poco fino a quando lo ebbe bevuto

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tutto, e gli piacque tanto che, avendo imparato come si chiamava quella bevanda, ognimattina scendeva di corsa dalle montagne gridando con voce tonante, “Vino, vino, vi-no”, fino a quando arrivava alle nostre tende e ogni volta trangugiava da solo più vinodi venti uomini...». Sia gli uomini che le donne andavano in giro nudi fatta eccezioneper mantelli di pelliccia che talvolta portavano sulle spalle o attorno ai fianchi o nonportavano affatto, a seconda del capriccio, sostiene Fletcher. Gli uomini si lasciavanocrescere i capelli, mentre le donne se li rasavano con rasoi di pietra. «Gli uomini han-no una statura e una corporatura tanto straordinaria che non sono paragonabili a nes-sun altro essere umano», racconta, e «le donne hanno un fisico adeguato a quello degliuomini». Il loro cibo preferito era la carne di struzzo e quella di foca. Dal momentoche gli altri resoconti del viaggio non dicono affatto che gli indiani di Seal Bay fosserodei giganti, l’autore di The World Encompassed non affronta l’argomento ed evitaqualsiasi riferimento alle loro dimensioni. In cambio, nel descrivere l’abitudine di que-gli indigeni di pitturarsi il corpo, avanza un’ipotesi interessante: «Alcuni si lavano ilviso con zolfo o con una sostanza analoga; altri si dipingono tutto il corpo di nero, la-sciando scoperto soltanto il collo sia davanti che dietro, un pò come le nostre dameche portano scollature molto ampie. Alcuni si dipingono una spalla nera e l’altra bian-ca; e lo stesso fanno con i fianchi e le gambe, che dipingono con gli stessi colori, main modo che uno sia l’opposto dell’altro. Sulle parti nere sono disegnate delle lunebianche, e su quelle bianche dei soli neri... Deve esserci un qualche vantaggio nel di-pingersi il corpo, dato che l’usanza è così diffusa, e io suppongo che serva a difendersidal freddo pungente. Infatti, i colori che sono spalmati direttamente sulla pelle pene-trano nella carne, e finiscono con l’otturare i pori cosicché il freddo o l’aria gelida nonpossono penetrarvi e farli rabbrividire». Il 3 giugno Drake era pronto a lasciare SealBay, anche se la Mary non era ancora riapparsa. Avevano fatto un’abbondante provvi-sta di carne fresca — le foche erano talmente numerose che ne furono uccise 200 inuna sola ora — ed erano pronti ad affrontare l’inverno. Per ridurre ulteriormente il nu-mero delle proprie navi, il 12 giugno Drake decise di abbandonare la Christopher, enella ridistribuzione degli uomini i fratelli Doughty furono affidati al comandanteWinter della Elizabeth, Cinque giorni dopo la flotta gettava l’ancora in una baia a 50°20’ sud, probabilmente l’estuario del Santa Cruz che Juan Serrano aveva scoperto nel1520. Dall’analisi delle carte, che si basavano sul viaggio di Magellano, Drake dedus-se che si trovavano a meno di 200 miglia dallo stretto; tuttavia non se la sentiva di en-trarvi senza aver prima fatto un ultimo tentativo di trovare la nave catturata ai porto-ghesi, la Mary. Pertanto il 18 giugno salpò di nuovo con le altre tre navi, pronto, se ne-cessario, a risalire interamente la costa prima di abbandonare la ricerca. Ma il giornodopo la nave, che da tanto tempo mancava all’appello, fu avvistata a breve distanza,però «era malandata e faceva acqua a causa delle durissime condizioni meteorologicheche aveva dovuto affrontare». Vedendo quali erano le condizioni della nave, Drake de-cise di condurre la flotta nel porto più vicino, una baia la cui latitudine era, seconde isuoi calcoli, 49° 30’ sud. E così, il 20 giugno, i navigatori inglesi entrarono a PortoSan Julian, laddove 58 anni prima aveva avuto luogo l’ammutinamento contro Magel-lano e alcuni comandanti spagnoli erano stati messi a morte. Se possiamo credere al

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racconto del pilota portoghese Nuño da Silva, a Porto San Juliàn il ricordo di Magella-no era ancora vivo. Il 22 giugno, dopo aver ancorato le navi, Drake guidò un gruppo diuomini a riva per fare rifornimento di acqua dolce, prendendo con sé suo fratello Tho-mas, il comandante John Thomas della Marigold, un gentiluomo di nome Robert Win-ter e altri tre, tra cui il signor Oliver, il capo dei cannonieri dell’ammiraglia. Silva diceche «quattro indiani arrivarono con le loro barche e gli Inglesi diedero loro pane e vi-no; e quando gli Indiani ebbero mangiato e bevuto, se ne andarono subito e, fermatisinon molto lontano, uno degli indiani gridò: Magallañes, Esta he minha Terra, vale adire: «Magellano, questa è la mia terra». È assai dubbio che gli Indigeni della Patago-nia fossero in grado si pronunciare anche una sola frase in portoghese ed è altrettantoimprobabile che fossero giganteschi come sosteneva Francis Fletcher. Il diario di Flet-cher li definisce «zoticoni vecchi e sgradevoli, segnati dalle intemperie» di dimensioniimponenti, ma ancora una volta The World Encompassed rifiuta tale testimonianza,dal momento che il racconto di Edward Cliffe la nega nel modo più esplicito. Cliffe di-ce così: «Questi uomini non sono affatto di statura gigantesca, come hanno detto gliSpagnoli, ma sono alti come gli Inglesi: infatti in Inghilterra ha visto uomini anche piùalti di loro. Ma senza alcun dubbio gli Spagnoli non immaginavano che qualche ingle-se sarebbe arrivato qui poco tempo dopo di loro e avrebbe smascherato tutte le lorobugie, ed erano convinti di poter tranquillamente ingannare il mondo». L’autore di TheWorld Encompassed segue Cliffe e abbellisce il suo racconto per deridere. ancora dipiù gli Spagnoli attribuendo a Magellano una fantasiosa, e immaginaria, etimologiadel nome «Patagones», che deriverebbe dalla statura dei giganti che gli Spagnoli so-stenevano di aver visto: «Tutto sommato Magellano non mentì interamente nel chia-marli giganti, poiché in linea di massima sono diversi dagli altri uomini, sia per statu-ra, che per corporatura, robustezza e forza, e anche per la sgradevolezza della loro vo-ce; tuttavia non sono affatto giganteschi né mostruosi come è stato detto, dal momentoche esistono uomini inglesi alti quanto il più alto di costoro, ma certamente gli Spa-gnoli non pensavano che qualche inglese sarebbe venuto qui e li avrebbe sconfessati, eper questo mentirono ancora più sfacciatamente; e il nome «Pentagones» — cinquecubiti — cioè due metri e trenta, indica la statura del più alto di tutti». Il nome dato daMagellano si riferiva invece ai grossi piedi dei giganti. Tuttavia tutte le narrazioni con-cordano nel descrivere quanto avvenne tra gli indigeni e il gruppo di inglesi che eraandato a riva. Drake offrì loro dei regali, che accolsero con soddisfazione, poi Oliver,il cannoniere, diede loro una dimostrazione della gittata e della potenza di un arco in-glese. Gli indigeni cercarono di ottenere lo stesso risultato con i loro archi, ma non viriuscirono e rimasero colpiti e intimoriti. Arrivò quindi un altro indigeno, «di carattereben peggiore» dice The World Encompassed, «poiché non gradì l’atteggiamento ami-chevole degli altri indigeni, sembrò molto adirato con loro e... cercò di farli diventarenostri nemici; senza che il nostro comandante generale e i suoi uomini ne avessero al-cun sospetto». Robert Winter prese l’arco di Oliver per dare anche al nuovo venutouna dimostrazione di tiro con l’arco, ma la corda si spezzò e gli indigeni, non com-prendendo che le spade e i fucili degli Inglesi erano armi, pensarono che, senza l’arco,gli stranieri fossero ormai indifesi. Mentre Winter tendeva nuovamente l’arco, fu ferito

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dagli indigeni alla spalla e poi nei polmoni, ma non cadde. Oliver afferrò il suo fucile,ma fece cilecca e fu trucidato dalle frecce degli Indiani. A questo punto soltanto l’a-stuzia e l’abilità di Drake salvarono la situazione, egli infatti riuscì a fare in modo chegli indigeni esaurissero le loro frecce senza riuscire a colpire gli Inglesi e quando nonebbero più frecce prese personalmente il fucile di Oliver e fece fuoco contro l’uomoche aveva trucidato il cannoniere. Udendo lo straziante grido del morente, gli indigenisi rifugiarono nei boschi in preda al panico, permettendo agli Inglesi di fuggire e dimettere in salvo il ferito Robert Winter.

Egli morì due giorni dopo e quando Drake andò a riva per ricuperare il corpo di Oli-ver, lo trovò che giaceva nel punto in cui era caduto, ma spogliato degli abiti e con unafreccia inglese conficcata nell’occhio destro. Durante i due mesi a Porto San Juliàn,durante i quali gli uomini furono impegnati a raccogliere legna e a fare provvista d’ac-qua, non ci furono più incidenti con gli indigeni. Tuttavia, in questo periodo, il com-portamento di Thomas Doughty divenne intollerabile, e Drake, ben consapevole diquanto era accaduto a Magellano proprio nello stesso luogo, decise che era venuto ilmomento di agire e i1 30 giugno lo fece giudicare da un’improvvisata giuria di circa40 uomini. Il racconto di Edward Cliffe è estremamente conciso: «Alla fine di giugnoThomas Doughty fu sottoposto a giudizio, accusato e giudicato colpevole di alcunireati; e condannato da Drake. Fu decapitato il 2 luglio 1578». Questo fu l’avvenimentopiù controverso dell’intero viaggio; Doughty infatti, come il suo predecessore Juan deCartagena, abbandonato proprio nel medesimo luogo, aveva amici potenti in patria,amici che non cessarono di considerare la sua morte un assassinio legale perpetrato daun comandante arrogante e dittatoriale. Del processo di Doughty esistono pertanto ver-sioni pro-Drake e anti-Drake. Il diario di Francis Fletcher parla favorevolmente diDoughty, a quanto sembra poiché verso la fine del viaggio il cappellano litigò conDrake e finì per provare antipatia nei suoi confronti. Fletcher sostiene che Doughtynegò di aver commesso qualsiasi colpa e di lui dice che «era timorato di Dio, amava lasua parola ed era sempre desideroso di edificare gli altri e rafforzare la propria fede inCristo». Molto più ostile a Drake è il racconto di John Cooke, che fu agli ordini delComandante John Winter a bordo della Elizabeth. Come vedremo, Winter e gli uominidella Elizabeth avevano i loro buoni motivi per dipingere Drake con i colori il più pos-sibile foschi e il diario di Cooke, conservato al British Museum, dimostra segni evi-denti di manipolazioni a opera di qualche letterato desideroso di enfatizzare la posizio-ne anti Drake. Il diario dice che a Porto San Julian Drake «sputò tutto il suo velenocontro Doughty», che Drake afferrò Doughty, lo fece legare e lo accusò non soltantodi ammutinamento, ma di una serie di crimini commessi prima del viaggio. Doughtyreplicò: «Lasciatemi vivere affinché possa raggiungere il mio paese e lì sarò giudicatodalle leggi di Sua Maestà». Al che Drake rispose: «No, Thomas Doughty, istituirò unagiuria che valuti le mie accuse contro di te». Fu istituita una giuria, con a capo il co-mandante John Winter; Drake elencò le colpe attribuite a Doughty, tra cui anche l’averrivelato il progetto del viaggio a Lord Burghley e l’aver tentato di far ammutinare l’e-quipaggio. La giuria, evidentemente intimidita dai modi decisi di Drake, emise veloce-mente un verdetto di colpevolezza e Drake chiese una sentenza di morte. Per paura di

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Drake la giuria si dichiarò d’accordo, anche se Cooke sostiene che in privato molti tro-varono la sentenza troppo dura; e così Doughty fu giustiziato, vittima del rancore edell’insicurezza di Drake. È probabile che la versione di Cooke possa essere liquidatacome un documento confezionato appositamente per difendere i propri interessi. D’al-tro lato, sembra che gli avvenimenti narrati in The World Encompassed abbiano subitouna distorsione esattamente opposta, con il nipote di Drake che, mezzo secolo dopo,cercava di manipolarli in modo da giustificare l’esecuzione di Doughty. Infatti, mentreil diario di Fletcher sostiene che Doughty fino all’ultimo si proclamò innocente, TheWorld Encompassed, anche se liberamente basato sulle affermazioni di Fletcher, so-stiene che Doughty, dopo aver sentito le accuse mosse contro di lui, fu «colpito da ri-morso per il proprio comportamento sconsiderato e scortese e riconobbe di meritare lamorte, anzi molte morti; dal momento che aveva cospirato, non solo per impedire ilviaggio, ma per rovesciarne il comandante...». Prosegue poi nella descrizione del pro-cesso, celebrato su di un’isola in una baia di Porto San Juliàn: quando la giuria ebbeesaminato le prove a carico di Doughty, decretò all’unanimità che «aveva meritato lamorte». All’isola fu dato il nome di True Justice and Judgement (Isola della giustizia edi un giusto processo) in memoria di questo verdetto, anche se il diario di Fletcher di-ce: «Chiamammo l’isola Island of Blood (Isola di sangue) in ricordo di quanto era ac-caduto a noi e a Magellano». Quindi Drake comunicò la sentenza a Doughty e gli offrìla possibilità di scegliere: essere giustiziato su quell’isola, essere abbandonato sullaterraferma come Juan de Cartagena, o tornare in Inghilterra ed essere giudicato dall’al-ta corte della regina Elisabetta. Doughty «ringraziò umilmente il Comandante generaleper la sua clemenza» e il giorno seguente diede la propria risposta. Da buon cristiano,disse, non voleva mettere a repentaglio il proprio corpo tra selvaggi pagani, dove nonci sarebbe stato nessuno che celebrasse per lui un funerale e una sepoltura cristiana.Quanto al ritorno in Inghilterra, dubitava che ci fosse qualcuno disposto ad accompa-gnarlo in un simile viaggio, e inoltre «la vergogna stessa del ritorno sarebbe stata co-me la morte, o se possibile ancora più penosa». Preferiva dunque essere messo a mortesull’isola, chiedeva soltanto di poter fare la comunione insieme a Drake e di «potermorire della morte di un gentiluomo». Il giorno seguente Francis Fletcher somministròla comunione a Drake e a Doughty, e dopo aver ricevuto questo cibo santo, pranzaronoalla stessa tavola. Alla fine del pranzo arrivò il boia — non Drake, come sostennero inseguito voci di provenienza spagnola — e Doughty offrì con mansuetudine il collo alboia. L’autore di The World Encompassed esprime il proprio stupore di fronte allacoincidenza: sia la prima che la seconda circumnavigazione videro l’esecuzione degliammutinati a Porto San Juliàn, «una nuova coppia di vite parallele da aggiungere aquelle di Plutarco; in quello stesso posto, più o meno nello stesso periodo dell’anno, cifu l’esecuzione di due gentiluomini, condannati per lo stesso motivo, impegnati en-trambi nello stesso ruolo, dotati entrambi di eccellenti qualità, a 58 anni di distanzal’uno dall’altro». Francis Fletcher che, come abbiamo già visto, apprezzava talmente ilracconto di Pigafetta da prendersi la briga di trovare i giganti della Patagonia laddovenessun altro dei suoi compagni li vide, arrivando fino a inserire nel suo diario i dettaglipiù importanti della descrizione dello stesso Pigafetta. A questo punto introduce un

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tocco macabro sostenendo che a Porto San Juliàn trovarono la forca sulla quale Ma-gellano aveva fatto issare i corpi squartati degli ammutinati e addirittura le loro ossa— probabilmente quelle di Quesada e Mendoza. Questo racconto fu inserito in TheWorld Encompassed, dove, tuttavia, troviamo scritto, erroneamente, che le ossa eranoquelle di «Juan Cartagena, cugino del vescovo di Burgos». L’intera storia potrebbe es-sere dubbia quanto l’incontro di Fletcher con i giganti, se non fosse che il ritrovamen-to della forca e delle ossa è descritto anche nei diari di John Cooke e di un anonimomarinaio della raccolta di Hakluyt. In tutta la faccenda dell’esecuzione di ThomasDoughty il punto in discussione era se Drake avesse o meno il diritto di metterlo amorte. Nessuno metteva in dubbio che avesse il potere di far giustiziare un marinaioinsubordinato, ma Doughty era un gentiluomo, e i suoi sostenitori facevano notare conforza come, in un caso simile, la procedura corretta sarebbe stata farlo processare inInghilterra. Per questo motivo, dopo il ritorno in patria Drake fu duramente attaccato.Che Drake fosse convinto di agire correttamente traspare dall’unico racconto di primamano di un osservatore imparziale: Nuño da Silva, il pilota portoghese. Nel suo diariodi bordo, in data 30 giugno, Silva annota semplicemente: «La sentenza fu che dovessemorire», e in data 2 luglio: «Gli fu tagliata la testa». Tuttavia Silva fu interrogato dagliSpagnoli il maggio seguente, dopo che Drake lo aveva sbarcato in uno porto messica-no, e in quell’occasione dichiarò che quando Drake condannò alla decapitazione ilsuddetto gentiluomo inglese, il capitano Doughty, quest’ultimo lo sfidò chiedendoglidi mostrare con quale autorità poteva farlo decapitare, e il suddetto Francis Drake ra-dunò tutti i suoi uomini, senza dimenticarne neppure uno. Dopo essersi sistemato piùin alto rispetto agli altri, estrasse alcuni documenti, li baciò, li pose sulla testa di Dou-ghty, e li lesse ad alta voce. Dopo averli letti li mostrò a tutti e tutti li esaminarono.Eseguita la decapitazione prese in mano la testa, la mostrò a tutti e la gettò via escla-mando «Lunga vita alla regina d’Inghilterra». Tutti i presenti dissero che quei docu-menti gli erano stati consegnati dalla regina e che era grazie all’autorità da lei ricevutache aveva giustiziato Doughty e intrapreso il viaggio. Il racconto di John Cooke indi-ca, invece, la posizione dei nemici di Drake già nella frase iniziale: «Il 15 novembredell’anno 1577 Francis Drake, John Winter e Thomas Doughty, come compagni di pa-ri grado e gentiluomini legati da amicizia, partirono da Plyrnouth con una flotta di cin-que navi e 164 uomini, nobili e marinai». Se Drake, Winter e Doughty erano in realtà«compagni di pari grado e gentiluomini legati da amicizia», allora Drake come prir-mus inter pares non aveva l’autorità di condannare a morte Doughty. La questione de-ve essere stata discussa a lungo nelle settimane che seguirono l’esecuzione, dal mo-mento che Drake ritenne opportuno fare una plateale affermazione della propria auto-rità suprema, e definire una volta per tutte il problema delle rispettive posizioni di ma-rinai e gentiluomini a bordo delle sue navi. Il suo discorso è riportato nel diario diCooke ed è uno dei classici della letteratura marinara inglese del sedicesimo secolo.Secondo Cooke, Drake radunò tutti i suoi a Porto San Juliàn domenica 15 agosto,«poiché aveva qualcosa di importante da comunicare loro». Gli uomini si riunirono eFrancis Fletcher si offrì di fare un sermone. «No, prego, cappellano Fletcher» — ri-spose Drake — «oggi il sermone devo farlo io, anche se non predico molto bene». Do-

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po aver ordinato agli equipaggi di ogni nave di rimanere uniti, Drake disse: «Signori,sono un pessimo oratore, poiché la mia educazione non è stata quella di un letterato,ma ora devo parlare, e tutti ascoltino bene quello che sto per dire e ne prendano notase lo desiderano, perché non dirò nulla di cui non sarò disposto a rendere conto in In-ghilterra, davanti a Sua Maestà. Orbene, signori, siamo molto lontano dal nostro paesee dai nostri amici, siamo circondati da ogni lato dai nostri nemici, per cui non possia-mo tenere in poco conto anche un solo uomo, dal momento che non potremmo procu-rarci un uomo anche se fossimo disposti a pagarlo diecimila sterline. Pertanto dobbia-mo mettere fine a questi ammutinamenti e a queste controversie, poiché in nome diDio il solo pensarci mi fa uscire di senno. Qui c’è un tale disaccordo e una tale con-trapposizione tra marinai e gentiluomini, e viceversa, che il solo sentirne parlare mi faimpazzire. Ma, signori, devo lasciar perdere; dal momento che ho bisogno che i genti-luomini operino con i marinai, e i marinai con i gentiluomini. Suvvia, dimostriamo diessere uniti e non diamo occasione al nemico di rallegrarsi della nostra sconfitta. Inol-tre, se qui c’è qualcuno che vuole tornare a casa, me lo faccia sapere; ecco la Mari-gold, una nave di cui posso benissimo fare a meno, io la equipaggerò per un immedia-to ritorno. Ma stiano ben attenti ad andare diritto in patria, poiché se li troverò sullamia strada li affonderò certamente; avete tempo fino a domani per pensarci». Nessunoparlò di tornare a casa; una volta debellata la cospirazione di Doughty, il viaggio potécontinuare secondo i piani prestabiliti attraverso lo Stretto di Magellano, e lungo la co-sta occidentale del Sud America le navi spagnole sarebbero state attaccate nonostante itentativi di impedirlo da parte della fazione che in Inghilterra era contraria alla guerra.Drake chiese quindi ai suoi uomini se erano contenti di seguirlo ed essi risposero di sì;poi si rivolse agli ufficiali delle tre navi rimaste. (Pochi giorni prima aveva fatto scari-care e affondare la Mary, la malandata nave catturata ai portoghesi). Drake disse: «Ca-pitano Winter, vi sollevo dal comando della Elisabeth, e voi, John Thomas, da quellodella Marigold, e voi, Thomas Hood, dal ruolo di capitano della Pelican, e voi, Wil-liam Markham, da quello di capitano della Elizabeth, e Nicholas Antony da capitanodella Marigold; insomma, per farla breve, da questo momento sollevo tutti gli ufficialidai loro incarichi». Dopo un attimo di incredulo e sbalordito silenzio, John Winter eJohn Thomas chiesero quale fosse il motivo della loro destituzione. C’era forse qual-che motivo, replicò Drake, per il quale non li avrebbe dovuti destituire? Mentre i due,confusi e mortificati, non osavano rispondere, chiamò alcuni uomini, li rimproverò peraver contestato la sua autorità e accettò il loro giuramento di ubbidienza. Poi rifece lastoria del viaggio, prendendo in esame e contestando l’opinione di coloro che ritene-vano si trattasse di un’impresa privata di «compagni di pari grado» per un profitto per-sonale. Era stata la regina in persona, dichiarò, che aveva voluto quella spedizione eche lo aveva scelto come comandante generale, infatti, fattolo chiamare in udienza pri-vata, gli aveva detto: «Drake, sarei lieta di vendicarmi di alcune offese ricevute dal redi Spagna». E mostrò la ricevuta di un investimento di mille corone da parte della re-gina, dichiarando però che la sovrana gli aveva giurato che, se qualcuno avesse fattosapere al re di Spagna del suo coinvolgimento nella spedizione, gli avrebbe fatto ta-gliare la testa. Drake proseguì: «E ora consideriamo che cosa abbiamo fatto finora,

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Abbiamo seminato zizzania tra tre potenti principi, Sua maestà il re, il re di Spagna equello del Portogallo, e se questo viaggio non avesse successo, non solo saremmo di-sprezzati personalmente... ma sarebbe anche una brutta macchia per il nostro Paese... eche trionfo per la Spagna e il Portogallo...». Dopodichè reintegrò gli ufficiali nei ri-spettivi ranghi, mettendo bene in chiaro che sarebbero stati servitori della regina agliordini del comandante da lei scelto, Francis Drake, e promettendo che sarebbero statipagati bene anche se avesse dovuto vendersi la camicia. «Infatti» — continuò — «hobuone ragioni per promettere e per mantenere la mia promessa, poiché ho delle pro-prietà in Inghilterra... e qualora io non dovessi far ritorno sarà Sua Maestà a pagare aognuno il suo salario, poiché, tutti noi, voi e io, siamo qui per servirli». Nel rivelare aisuoi uomini la complicità della regina, Drake aveva corso un rischio enorme, dal mo-mento che alla fine la regina lo avrebbe saputo e si sarebbe potuta adirare ed Elisabettanon ci pensava due volte a far tagliare la testa ai cortigiani che l’avevano scontentata.Ma in questo modo aveva ottenuto la lealtà dei suoi uomini e dei suoi ufficiali: ora ve-devano lo scopo del viaggio sotto una nuova luce e smisero di mettere in dubbio l’au-torità di Drake. Il 17 agosto, due giorni dopo, le tre navi lasciavano Porto San Juliàn,anche se l’inverno non era ancora finito. A differenza di Magellano, che era partito dilì il 24 agosto del 1520 soltanto per trascorrere i due mesi seguenti accampato, senza

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La GOLDEN HIND.

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saperlo, poco a nord dello stretto non ancora scoperto, Drake puntò direttamente versoil braccio di mare e in quattro giorni arrivò al promontorio che Magellano aveva chia-mato Capo delle Undicimila Vergini, oggi noto semplicemente come Capo Virgines.Poco oltre si innalzavano le scogliere, grigie e ripide, che segnano l’ingresso delloStretto di Magellano.

A Capo Virgines Drake cambiò formalmente il nome della nave ammiraglia da Peli-can a Golden Hind (Cerva dorata), in onore del suo amico e finanziatore Sir Chri-stopher Hatton, il cui stemma recava un cervo scintillante.

Poi penetrò audacemente nello stretto e il 24 agosto raggiunse tre isole che si trova-no al suo interno. Era il giorno di San Bartolomeo e Drake chiamò un’isola SaintBartholomew, un’altra Saint George e alla terza diede il nome della regina. Qui i viag-giatori incontrarono, racconta The World Encompassed, «una grande quantità di straniuccelli, che non sanno volare». La descrizione di Edward Cliffe non lascia adito ad al-cun dubbio circa la natura di questi uccelli incapaci di volare: «Non hanno ali, ma cor-te penne di cui si servono per nuotare. Il loro colore è prevalentemente nero, con qual-che macchia bianca sotto la pancia e attorno al collo. Camminano stando in posizioneeretta, tanto che da lontano li si potrebbe prendere per bambini piccoli». E FrancisFletcher diede loro il nome con cui li indichiamo ancora oggi: «I volatili che i Gallesichiamano Pinguini e Magellano ha definito oche». Non ci sono pinguini a nord dell’e-quatore; ma gli uccelli marini del nord, le grandi alche, non volano, sono bianche e ne-re, camminano goffamente in posizione eretta e nuotano velocemente. La grande alcaera nota con il nome di «pinguino» molto tempo prima del viaggio di Magellano: qual-cuno sostiene che i pescatori della Britannia le diedero un nome celtico, pen-gwyn,«testa bianca», altri invece ritengono che il nome derivi dal latino pinguis, che signifi-ca «grasso». In ogni caso non è più possibile confondere i pinguini del nord con quellidel sud, dal momento che la grande alca, cacciata senza pietà per la carne, le uova e ilgrasso, è estinta fin dal 1844, Anche gli uomini di Drake fecero buona caccia di pin-guini; infatti in un solo giorno ne uccisero 3.000. Nel passare attraverso lo stretto, siresero conto dell’esatta geografia del luogo, a differenza di quanto era accaduto a Ma-gellano. Gli Spagnoli, ancora imbevuti di concetti medievali, erano convinti che la co-sta settentrionale della Terra del Fuoco fosse la costa della Terra Australis; ma FrancisFletcher dichiara: «Durante l’attraversamento scoprimmo che la Terra Australis, rite-nuta terra incognita prima che vi arrivassimo noi, non era un continente... ma isole».Naturalmente per il momento rimaneva pur sempre la possibilità che a sud delle isoleci fosse un continente sconosciuto. Lo stretto, di per sé, era un posto tetro che incutevatimore. The World Encompassed parla di «montagne che si innalzano con guglie e cu-spidi di altezza tale che potrebbero essere annoverate tra le meraviglie del mondo», edEdward Cliffe dice che «la costa è molto alta da entrambi i lati ma, specialmente versoil Mare Meridionale, si innalzano colline terribilmente alte e rocce scoscese, le cuisommità sono bianche di neve in agosto, settembre e ottobre. Ciò nonostante le partibasse delle colline sono ricoperte di bellissimi boschi folti e impenetrabili, ricchi; dialberi strani e sconosciuti, che fioriscono per tutto l’anno». Avvicinandosi all’estremitàche dà sul Pacifico, videro un numero tale di bracci di mare che si aprivano verso sud

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che non furono più sicuri della rotta da seguire, e la descrizione di Magellano non eraloro d’aiuto. Stavano infatti passando lungo la costa settentrionale dell’Isola di SantaInés, frastagliata e interrotta da molte insenature che traevano facilmente in inganno.Più volte Drake dovette ancorare le navi e mandare una barca in ricognizione. A uncerto punto le pattuglie in avanscoperta incontrarono una canoa piena di indigeni dellaPatagonia, che, dice The World Encompassed, erano «di statura normale, ma ben fat-ti». Neppure Fletcher ha il coraggio di chiamarli giganti, tuttavia descrive con cura iloro attrezzi (accette e coltelli, lunghi quasi trenta centimetri, fatti di conchiglie affila-te), le loro usanze nomadi e il loro modo di dipingersi il corpo. Il 6 settembre 1578,scrive Fletcher, «Dio ebbe finalmente pietà di noi, ci fece uscire da quel labirinto edentrare nel Mare Meridionale». Ad attraversare lo stretto Drake impiegò soltanto 17giorni, a Magellano era stato necessario un mese. Drake aveva deciso di costruire unmonumento alla regina Elisabetta a Capo Deseado, proprio di fronte al Pacifico; tutta-via non trovò alcun ancoraggio e forti venti lo spinsero al largo impedendogli la pro-gettata cerimonia. A quel punto il piano di viaggio prevedeva di perlustrare il Pacificofino a 30° sud alla ricerca della Terra Australis; ma per fare questo avrebbero dovutopuntare diritto verso ovest, il che significava dover affrontare ancora le rigide tempera-ture di quelle latitudini. Pertanto Drake, una volta entrato nel Pacifico, lasciò perderela ricerca del continente meridionale e decise di seguire la rotta di Magellano, lungo lacosta del Sud America e poi a nord-ovest attraverso il grande oceano. Si era reso contoche il freddo pungente aveva debilitato alcuni dei suoi uomini e aveva intenzione diraggiungere il più velocemente possibile l’equatore. Tuttavia, all’inizio quel pianoandò in fumo; Edward Cliffe racconta che «dopo aver percorso circa 70 leghe versonord-ovest, il vento cominciò a soffiare proprio contro di noi, con grande violenza,mentre pioggia, grandine, neve e fitta nebbia continuarono per più di tre settimane, im-pedendoci di navigare». Gli dei della tempesta scatenarono violente burrasche e maregrosso. Era raro vedere il sole, una notte ci fu l’eclisse di luna e la flotta si disperse. Lenavi furono riportate verso lo stretto, ma in quella tempesta senza fine non riuscirono atrovare un ancoraggio. Furono sballottate senza sosta fino alla fine di settembre, sem-pre in vista della terra, ma senza riuscire a raggiungere la riva. Il 30 settembre, duranteun uragano particolarmente furioso, la Marigold fu trascinata via e affondò con tutto1’equipaggio. Il 7 ottobre la Golden Hind e la Elizabeth riuscirono a entrare in unabaia vicina all’estremità occidentale dello stretto, sperando di trovarvi riparo. Gettaro-no le ancore, ma dopo poche ore la Golden Hind ruppe gli ormeggi e fu spinta in mareaperto in piena notte. La Elizabeth, la nave di John Winter, rimase all’ancora per tuttala notte. «Il giorno dopo» — scrive Edward Cliffe — «evitando a stento il rischio di fi-nire sugli scogli, rientrammo nello stretto, gettammo le ancore in una baia aperta e virestammo per due giorni, dopo aver fatto un grande fuoco sulla riva in modo che, seDrake fosse penetrato nello stretto, potesse trovarci. [Poi] raggiungemmo una laguna,dove rimanemmo per tre settimane, e la chiamammo Porto della Salute, poiché lamaggior parte dei nostri uomini, gravemente debilitati dai lunghi turni di guardia, dalfreddo, dall’umidità e da una dieta misera, in poco tempo (Dio sia lodato) si ristabili-rono. In quella laguna trovammo mitili incredibilmente grandi (alcuni lunghi quasi

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mezzo metro) dalla carne molto gradevole. Lasciammo quel porto ai primi di novem-bre, rinunciando alla prosecuzione del viaggio per volontà del comandante Winter (no-nostante il dispiacere dei marinai) e riattraversammo nuovamente lo stretto».

La diserzione di Winter — perché era una vera e propria diserzione, avendo abban-donato il proprio Comandante generale — costituisce un secondo curioso parallelismocon il viaggio di Magellano. Ancora una volta un comandante aveva tradito il propriogiuramento e nello Stretto di Magellano aveva abbandonato una grande impresa perfar ritorno in Europa. Le circostanze erano tuttavia piuttosto diverse, dal momento checoloro che avevano preso il controllo della San Antonio, nel 1520, erano nemici giura-ti di Magellano, mentre John Winter si era sempre comportato lealmente. È possibileche la vigliaccheria di Winter sia stata semplicemente il frutto della stanchezza: il pas-saggio dello stretto e le successive settimane di tempesta erano state tali che Winter neaveva ormai abbastanza e non se la sentiva più di affrontare la prospettiva di altri mesidi navigazione nel Pacifico. Gli sembrava che andare avanti fosse inutile, poiché iventi dell’ovest e quelli del nord convergevano sull’estremità occidentale dello stretto,come se volessero impedirne il superamento. E forse era addirittura convinto cheDrake fosse morto, avendo atteso invano il suo ritorno per quasi un mese. Così, senzafar alcun tentativo di trovare la Golden Hind, Winter tornò indietro. A gennaio la Eli-zabeth arrivò in Brasile, dove acquistò frutta e carne dagli Indiani e fu accolta male daicoloni portoghesi. In marzo iniziò la traversata dell’Atlantico, che fu molto lenta, vistoche ai primi di maggio era ancora a sud del Tropico del Cancro, in quello che Cliffechiama «il mare di erbe» — il Mar dei Sargassi — e il 2 giugno arrivò in Inghilterra.Winter si sentì in dovere di raccontare le vicende occorse durante il viaggio con Drakee i parallelismi con il viaggio di Magellano sono ancora più evidenti. Troviamo, infat-ti, alcuni uomini di Drake, arrivati in patria molto prima di lui, che raccontano bugiesul Comandante generale proprio come avevano fatto gli uomini della San Antonio.Winter parlò dell’esecuzione di Thomas Doughty, citandola come esempio della tiran-nia di Drake, nell’evidente tentativo di giustificare la propria defezione. Venne messoin circolazione il manoscritto di John Cooke, in cui Drake era descritto come un co-mandante infame e dispotico, sotto il cui comando era impossibile prestare servizio. Eci furono anche altre calunnie, al punto che Elisabetta cominciò a chiedersi a che razzad’uomo avesse affidato il comando di quella difficile impresa. Nel frattempo Drake,ignaro dell’affondamento della Marigold e della diserzione della Elizabeth, sperava diincontrare le navi disperse nel luogo fissato per l’appuntamento, allargo della costa delPerù. Ma quando, il 7 ottobre, fu spinto al largo, lontano dall’ancoraggio che avevachiamato «Baia della separazione dagli amici», i venti trascinarono la Golden Hindverso sud-est, sotto lo stretto e lontano dal Perù; la nave era come «un pellicano ab-bandonato in una landa desolata». Quando i venti si placarono, si trovò a circa 55°sud, in un gruppo di isole al largo della punta del continente. Qui gettarono le ancore esi riposarono per due giorni; ma i venti «tornarono a soffiare con violenza e non fupossibile restarvi più a lungo». Volente o nolente la Golden Hind fu spinta ancora piùa sud, cosicché i marinai pensarono che sarebbero stati trascinati fino al gelido polosud. In un momento di tregua, Drake ordinò a otto uomini dell’equipaggio di prendere

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una scialuppa e di recarsi in una vicina isola per fare provviste. Tra di loro c’era untrombettiere olandese, molti servi di John Hawkins e un marinaio della Cornovaglia,Peter Carder, che scrisse un resoconto delle loro strane e spaventose avventure. Nellascialuppa c’erano soltanto provviste per un giorno, ma né carte né bussola, dal mo-mento che non era previsto che stessero via a lungo. Tuttavia, dice Carder, «durante lanotte il tempo peggiorò improvvisamente tanto da farci perdere di vista la nostra nave,e nonostante gli altri ci cercassero e noi cercassimo loro, per circa due settimane nonriuscimmo più a ritrovarci. Nondimeno due giorni dopo averli persi di vista, raggiun-gemmo la riva e ci cibammo di mitili, ostriche, granchi e di radici che trovammo neiboschi, e due settimane dopo aver perso i nostri compagni tornammo nello Stretto diMagellano e scendemmo a terra in due punti del continente. Qui trovammo ostriche,mitili e granchi, come in precedenza, e riempimmo i barilotti di acqua dolce, e unavolta incontrammo anche dei selvaggi, ma fuggirono quando ci videro arrivare». Ebbequindi inizio una delle vicissitudini più difficili e penose di quell’età di audaci esplora-zioni. Otto uomini in una piccola scialuppa navigarono lungo una costa ostile, ferman-dosi nello stretto per uccidere, salare ed essiccare alcuni pinguini, poi a Porto San Ju-lian per pescare abramidi e sgombri, e infine vicino all’estuario del Rio de la Plata percacciare e arrostire foche. Mentre erano a caccia nei boschi dal lato uruguayano delfiume, furono attaccati dagli Indiani, che li ferirono tutti e ne catturarono quattro. I so-pravvissuti si misero in salvo sulla scialuppa e si diressero verso un’isola a circa tre le-ghe dalla riva. Due dei feriti morirono durante il viaggio e la scialuppa naufragò sullacosta rocciosa dell’isola. Carder e un certo William Pitcher di Londra, gli unici so-pravvissuti, passarono due mesi sull’isola mangiando granchi, anguille e frutta. Sull’i-sola, però, non c’era acqua dolce e furono costretti a bere le loro urine. Dopo aver co-struito una zattera di fortuna con legname trasportato dalle correnti, la caricarono di ci-bo e si diressero verso il continente, usando due pali al posto dei remi. La traversata ri-chiese due giorni e tre notti. «Non appena sbarcati, trovammo un ruscello di gradevo-lissima acqua dolce» — scrive Carder — «che William Pitcher, il mio unico compa-gno e conforto, tormentato da una sete terribile, bevve in quantità eccessiva (nonostan-te io cercassi di dissuaderlo) e mezz’ora dopo, con mio grande dolore e sconforto,morì davanti ai miei occhi. Lo seppellii nella sabbia come meglio potei». Ormai solo,Carder incontrò degli Indiani amichevoli che lo portarono al loro villaggio e gli diede-ro da mangiare carne di armadillo e altre leccornie. Rimase con loro alcuni mesi, im-parando il loro linguaggio e insegnando loro a costruirsi degli scudi che si rivelaronomolto utili in una guerra contro una tribù vicina. Quegli Indiani erano cannibali che ar-rostivano e mangiavano i nemici, e tra coloro che furono mangiati c’erano due porto-ghesi e alcuni uomini di colore che, avendo sentito che c’era un inglese che viveva conloro, erano venuti per catturarlo. Quando fu stanco di vivere in mezzo a quei selvaggi,Carder si diresse verso la costa sperando di trovare una nave inglese o francese che loriportasse in patria. Invece finì nelle mani di alcuni portoghesi, ma uno di loro, cheaveva simpatia per gli Inglesi, lo protesse e lo aiutò. Le autorità decisero di scrivere aLisbona per avere istruzioni sul da farsi, e intanto il suo amico portoghese lo assunsecome sovrintendente in una piantagione di canna da zucchero. Due anni dopo Lisbona

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comunicò che Carder doveva essere mandato in Portogallo come prigioniero; ma, aiu-tato dal suo amico, evitò la cattura e alla fine trovò un passaggio a bordo di una navemercantile portoghese diretta in Europa. La nave fu catturata nei pressi delle Azzorreda due navi da guerra inglesi e, alla fine di novembre del 1586, Carder tornò finalmen-te in patria, — 9 anni e 14 giorni dopo la separazione dalla flotta di Drake. Stranamen-te, dopo tutto quel tempo la regina stava ancora cercando informazioni sul processo aThomas Doughty. Carder fu condotto alla sua presenza e, racconta, «ebbe la compia-cenza di parlare con me per un’ora delle mie peripezie e della mia incredibile fuga, eanche dell’esecuzione di Doughty; poi mi consegnò 22 pezzi d’oro». Dopo aver persodi vista la scialuppa di Carder e compagni, la Golden Hind continuò a essere spinta a

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Il passaggio di Drake.

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sud dalle tempeste finché, il 28 ottobre 1578, secondo The World Encompassed, «rag-giungemmo l’estremità meridionale del continente». In effetti, Drake era arrivato allapunta estrema dell’America Meridionale, che successivamente sarebbe stata chiamataCapo Horn. Alcuni dubitano che Drake abbia effettivamente scoperto Capo Horn e ri-tengono che il punto più meridionale da lui raggiunto sia Henderson Island, circa 50miglia a nord-ovest del capo. Soltanto Felix Reisenberg, nel suo libro Cape Horn del1941, sostiene che Drake avrebbe trovato un’isola poi scomparsa. Comunque, qualun-que sia il punto in cui era effettivamente finito, Drake fu in grado di guardare versosud e non vide altro che la distesa d’acqua che oggi viene chiamata Passaggio diDrake. In questo modo condivide con Bartolomeo Dias (22) l’onore di aver tagliatovia un lembo della Terra Australis Incognita, dato che la sua involontaria scopertaprovò che il Sud America a un certo punto ha fine e che al di là dello Stretto di Magel-lano non è collegato ad alcun continente meridionale. Giunto a riva, si gettò a terra sudi un promontorio erboso e allargò le braccia quanto più potè, come se cercasse diprendere possesso della «estremità meridionale del continente» in nome della reginaElisabetta. Francis Fletcher racconta che «con il mio ragazzo raggiunsi la parte piùmeridionale dell’isola fino al mare. Trovai che quell’isola si trova tre parti di grado piùa sud delle altre isole. E dopo aver eretto un masso di una certa grandezza, con gliutensili che sempre appositamente porto con me quando vado a riva, incisi il nome diSua Maestà, quello del suo regno, il giorno, il mese e l’anno». La tempesta che duravasenza sosta da 51 giorni finalmente finì e i navigatori lasciarono la «regione più meri-dionale» dopo averle cambiato nome, dice Fletcher, «da Terra incognita a terra nuncbene cognita» — terra ora ben conosciuta. Non c’era più alcun motivo per cercare losconosciuto continente nel sud del Pacifico e, trovati finalmente venti favorevoli,Drake si diresse a nord-ovest e poi a nord, senza allontanarsi dalla costa del Cile deso-lata e rocciosa, dando inizio alla prima esplorazione inglese del Pacifico.

Non videro né porti né insediamenti fino a quando raggiunsero i 37° sud e arrivaro-no all’isola di Mocha. Vi gettarono le ancore e Drake scese a terra in perlustrazionecon una decina di uomini (23). L’isola era abitata da indiani che vi si erano rifugiatiper sottrarsi alle crudeltà dei conquistatori spagnoli e nella raccolta di Hakluyt leggia-mo che «Gli indigeni si avvicinarono a noi dimostrando molta cortesia, portandoci pa-tate, radici e due pecore molto grasse, che il Comandante generale accettò e per le qua-li diede in cambio alcuni oggetti». Drake fece loro comprendere che avevano bisognod’acqua, e il giorno seguente gli Indiani li condussero a una sorgente. Mentre vi si re-cavano, tuttavia, uno degli uomini di Drake usò la parola spagnola agua, pensando chegli Indiani la capissero più facilmente. Non soltanto la capirono benissimo, ma conclu-sero che i nuovi arrivati fossero spagnoli e si pentirono immediatamente della loroospitalità. Il mattino seguente Drake mandò due uomini a riva a riempire d’acqua i ba-rili. Gli Indiani li accompagnarono per un buon tratto, poi piombarono su di loro e litrucidarono. Drake, che li stava aspettando nella sua barca con i barili ancora vuoti, vi-de l’attacco e si precipitò a riva con nove uomini nel tentativo di salvarli. Centinaia diindiani, nascosti dietro le rocce, si precipitarono su di loro e nell’imboscata tutti gli In-glesi furono feriti. «Il Comandante generale fu ferito al viso, sotto l’occhio destro, vi-

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cino al naso, la freccia infatti lo colpì sotto la basis cerebri, con qualche rischio per lavita; e inoltre fu ferito seriamente alla testa. Gli altri, i nove uomini che erano nellabarca, furono feriti mortalmente in diverse parti del corpo». In qualche modo Drake e isuoi uomini riuscirono a mettersi in salvo sulla barca e le loro ferite si dimostraronomeno gravi di quanto inizialmente erano sembrate; infatti, quel pomeriggio stessoDrake era al comando mentre la Golden Hind lasciava in tutta fretta l’isola. Non volletentare alcuna azione punitiva, dicendo che preferiva non mettere a rischio la vita diuno solo dei suoi uomini piuttosto che distruggere un centinaio di nemici, e inoltre, sa-pendo che gli indiani li avevano presi per spagnoli, sotto sotto approvava la loro fero-cia anche se ne era stato l’innocente vittima. Quattro giorni dopo, il 30 novembre, era-no ancorati in una baia a circa 32° sud, quando un indiano amichevole si avvicinò conuna canoa; gli diedero un pò di stoffa, un coltello da macellaio e qualche altra cosa. Nefu così felice che si recò subito al villaggio e mostrò i doni ai suoi amici, i quali porta-rono galline, uova, un grasso cinghiale e altre provviste da donare a Drake. Un altroindiano, evidentemente il capo della tribù, parlava spagnolo e, non sapendo che Drakeera nemico della Spagna, disse a Drake (che parlava benissimo spagnolo) che il portodi Valparaiso non era lontano e che all’ancora c’era una nave spagnola carica i tesori.Nascondendo la propria soddisfazione, Drake fece in modo che l’indiano facesse loroda pilota e il 5 dicembre arrivarono a Valparaiso, che a quel tempo era un piccolo vil-laggio di circa nove famiglie. Il cronista di Hakluyt dichiara: «Quando vi arrivammo,trovammo la nave all’ancora con a bordo otto spagnoli e tre uomini di colore, i quali,credendo che fossimo spagnoli, ci diedero il benvenuto con i tamburi e prepararonouna bottiglia (brocca) di vino del Cile da bere con noi: ma non appena fummo saliti abordo, uno dei nostri cominciò a menare colpi e abbatté uno degli spagnoli dicendoAbaxo Perro (Muori, cane). Per farla breve, catturammo tutti gli spagnoli tranne unoche riuscì a gettarsi in mare e a raggiungere a nuoto la città per dare l’allarme». L’arri-vo di una nave inglese in un porto cileno ebbe l’impatto di un terremoto. Tranne labreve e sfortunata incursione di Oxenham nei pressi di Panamà, nessun inglese era maipenetrato nel Pacifico e Oxenham era arrivato via terra, attraversando l’istmo. Questavolta Drake arrivava dall’altra parte dell’istmo, attraverso il quasi dimenticato Strettodi Magellano, facendo irruzione in un territorio che, dai tempi della conquista di Pizar-ro e Valdivia, quasi mezzo secolo prima, era stato esclusivo dominio della Spagna. Eracome se una possente tromba avesse suonato la fine del monopolio spagnolo nel Paci-fico. La gente di Valparaiso, che era stata avvisata, abbandonò la città senza aspettaredi sperimentare la generosità di Drake. Con tutta calma, gli uomini di Drake perlustra-rono i magazzini del porto e trovarono una gran quantità di vino cileno e alcune assi dilegno di cedro. Caricarono tutto il vino sulla Golden Hind e anche parte delle assi, perfarne legna da ardere. Saccheggiarono e sconsacrarono anche la chiesa, portando viaun calice d’argento, due ampolle e una tovaglia da altare che Drake diede a FrancisFletcher. Ricompensarono quindi il loro pilota indiano, lo fecero sbarcare e liberaronoanche l’equipaggio della nave spagnola, trattenendo soltanto un certo Juan Griego,perché facesse loro da pilota mentre procedevano lungo la costa. L’8 dicembre partiro-no portando con sè la nave catturata. Una volta ripreso il mare, Drake esaminò la nave

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spagnola e il suo carico, composto prevalentemente di vino, ma che comprendeva an-che oro per un valore di 37.000 ducati e «una grande croce d’oro, ornata di smeraldi,su cui era inchiodato un Cristo dello stesso metallo». Sebbene l’Inghilterra non fosseancora in guerra con la Spagna, Drake ritenne giusto impossessarsi di quel carico aparziale riparazione delle perdite subite a causa del tradimento di San Juan de UIùa. Incerca di un posto in cui riparare la nave e assemblare un’altra scialuppa, il 19 dicem-bre Drake si diresse, verso l’estuario del Coquimbo, a circa 29° 30’ sud. Qui mandò ariva 14 uomini a far rifornimento d’acqua e a esplorare la zona, non sapendo che pro-prio a nord del fiume c’era una grande guarnigione spagnola e che gli spagnoli avver-titi da spie indiane ne avevano mandato un contingente di cavalleria ad attaccarli.Drake però aveva sistemato delle sentinelle che videro avanzare la cavalleria spagnolae consentirono agli Inglesi di ritirarsi in tempo. Era chiaro, comunque, che non si trat-tava di un posto adatto e Drake si diresse verso un porto più favorevole a 27° 55’ sud.Il 19 gennaio del 1579 continuò la navigazione in direzione nord. In una località chia-mata Tarapacà, mentre erano alla ricerca d’acqua, trovarono uno spagnolo addormen-tato con a fianco 13 lingotti d’argento. Senza svegliarlo, «lo liberammo del suo caricoche altrimenti gli avrebbe potuto causare delle preoccupazioni. Mentre continuavamoad andare alla ricerca dell’acqua, scendemmo a terra non lontano e incontrammo unospagnolo con un ragazzo indiano che aveva con se otto agnelli di pecora peruviana [la-ma]: ogni pecora portava due bisacce di cuoio e in ciascuna c’erano 50 libbre di argen-to puro, in tutto 800 libbre; non potevamo certo permettere che un gentiluomo spagno-lo si trasformasse in mandriano, e senza farci pregare offrimmo loro i nostri servizi ediventammo noi stessi mandriani». Un poco più a nord, a 22° 30’ sud, raggiunsero lagrande città indiana di Mormorena, in mano spagnola e governata da due amministra-tori spagnoli. Drake non volle saccheggiare una città indiana, ma preferì commerciaree i due spagnoli non fecero obiezioni: Scambiando coltelli e specchietti con carne epesce, gli Inglesi ottennero anche alcuni lama, che Francis Fletcher descrisse con cura:«La loro altezza e lunghezza è pari a quella di una mucca. Hanno il collo simile aquello dei cammelli, mentre la testa ricorda quella delle pecore. Gli Spagnoli se ne ser-vono con notevoli vantaggi. La loro lana è straordinariamente bella la loro carne moltogradevole e, inoltre, sono in grado di trasportare su percorsi di montagna carichi note-voli per 300 leghe filate, laddove non è possibile nessun altro tipo di trasporto». Drakecercò di impossessarsi di tutta la ricchezza possibile: arrivato il 7 febbraio nel porto diArica a 20° sud e trovate due navi spagnole che l’equipaggio terrorizzato aveva abban-donato, scoprì «più di quaranta barre d’argento (delle dimensioni dei mattoni usati co-me proiettili) delle quali ci facemmo carico per alleviare il loro peso». Nel porto suc-cessivo trovò una terza nave che aveva trasportato 800 barre d’argento, ma la notiziadel suo arrivo lo aveva preceduto e la nave era stata scaricata in tempo. Ora la sua de-stinazione era Callao, il porto di Lima, capitale del Perù spagnolo, a 12° 30’ S. Quan-do Drake vi arrivò, il 15 febbraio, 15 o 20 navi spagnole erano in porto, ma per lo piùsi trovavano agli ormeggi e senza vele, come se si ritenesse del tutto impossibile cheun nemico potesse entrare in porto. Proprio al largo di Callao, Drake catturò una pic-cola nave spagnola e obbligò il pilota, Gaspar Martén, a condurlo in porto nel buio

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della notte. Drake interrogò Martén per avere notizie della Marigold e della Elizabeth,ma lo spagnolo non ne sapeva nulla. Gli diede invece alcune utili informazioni sui mo-vimenti della flotta spagnola che trasportava preziosi: una nave, la Nuestra Señora delValle, che apparteneva a un ben noto comandante di nome Miguel Angel, si trovava aCallao per caricare 1.500 lingotti d’argento, insieme a sete, tessuti e monete d’argento;un’altra nave, la Cacafuego, era passata da Callao due settimane prima, dove aveva ca-ricato una grande quantità di oro e argento da trasportare a Panamà. Drake seppe an-che che il suo amico Oxenham era in prigione a Panarnà con altri due inglesi ed ebbele ultime notizie sulla situazione politica mondiale, venendo a conoscenza della mortedi re Sebastiano del Portogallo nel corso di una guerra contro il Marocco e di quelle,quasi contemporanee, di re Enrico III di Francia e di papa Gregorio XIII (24). Con no-tevole sangue freddo gettò le ancore in porto, proprio in mezzo alle navi spagnole, ediede rapidamente inizio all’attacco abbordando la nave di Miguel Angel, ma scoprìche il suo carico di tesori non era ancora arrivato. Poi abbordò la San Cristobal, cheera appena arrivata da Panamà ed era carica di merce varia. Nell’attacco un inglese fuucciso, ma in generale gli Spagnoli, che consideravano Drake una specie di demoneche si era scatenato in mezzo a loro, opposero poca resistenza. Dopo aver saccheggia-to tutte le navi del porto senza aver trovato merce preziosa, Drake prese il carico dellaSan Cristobal, tagliò i cavi delle ancore di tutte le navi spagnole, rese inutilizzabili ledue più grandi tagliando via gli alberi maestri e le lasciò andare alla deriva in una granconfusione. Poi il 16 febbraio partì alla ricerca della Cacafuego e del suo prezioso ca-rico. La notizia di quanto stava avvenendo raggiunse a mezzanotte il palazzo di Limain cui risiedeva Don Francisco de Toledo, viceré del Perù, Quest’uomo, energico e abi-le, che si conquistò una discutibile notorietà per aver ordinato 1’esecuzione di TupacAmaru, l’ultimo degli Incas, decise di farla finita una volta per tutte con quel bucanie-re e inviò due navi a dargli la caccia. «Anche se partirono lo stesso giorno e si miseroalla caccia dei corsari» — dichiara un documento ufficiale spagnolo del 18 febbraio —«non riuscirono a raggiungerli e non ottennero alcun successo, poiché mentre prepara-vano le loro navi, il nemico si era allontanato. E non poterono neppure inseguirlo mol-to a lungo, dato che, a causa della fretta con cui le navi erano state equipaggiate, nonavevano abbastanza provviste. Pertanto fecero ritorno in quello stesso porto per rifor-nirsi di quanto era necessario». Per rallentare i suoi inseguitori Drake lasciò libera lanave da carico San Cristobal, che aveva preso come bottino ma lasciò a bordo il pilotagreco, di nome Juan Griego, e da lui gli spagnoli appresero il nome del loro demonia-co avversario: «Il Comandante Francisco Andreque». Il viceré Toledo decretò che, aspese del re, fossero inviate navi a mettere in guardia tutti i porti della costa contro gliattacchi di «Andreque». Il 20 febbraio Drake raggiunse il porto di Paita e ci entrò spe-rando di trovarvi la Cacafuego. Non c’era, ma mentre saccheggiava alcune imbarca-zioni all’ancora, Drake seppe che la nave aveva fatto tappa a Paita soltanto due giorniprima. Affrettandosi verso nord, gli Inglesi scrutavano 1’orizzonte in cerca della Caca-fuego, nella speranza, per dirla con The World Encompassed, di poter fare «una corte-sia al suo capitano liberandolo dalla preoccupazione di prendersi cura di quanto tra-sportava la nave». Nella raccolta di Hakluyt troviamo che «Il nostro Comandante ge-

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nerale promise che chi avesse avvistato per primo la nave avrebbe avuto la sua catenad’oro in cambio della buona notizia. Accadde che mentre John Drake saliva di vedetta,verso le tre [del primo marzo 1579] la vide e verso le sei la raggiungemmo e la abbor-dammo». Nuño da Silva aggiunse un curioso dettaglio: a quel punto, racconta, la Gol-den Hind era talmente carica di tesori spagnoli che si trovava sbilanciata e navigavamale; per ovviare a questo inconveniente, una volta avvistata la Cacafuego Drake feceriempire d’acqua alcune giare che avevano contenuto vino cileno e le fece appendere apoppa, dopo di che la nave fu più bilanciata. Ma Julian Corbett, la cui biografia diDrake del 1898 è tuttora considerata un’opera fondamentale, ritiene che Silva, o il suotraduttore cinquecentesco, si sia sbagliato e che Drake abbia semplicemente usato untrucco, molto comune tra i pirati dell’epoca, per ingannare la preda. Secondo Corbett,infatti, Drake avrebbe appeso le giare piene d’acqua per continuare a mantenere alzatele vele senza avanzare molto, in modo da non superare la Cacafuego prima del tra-monto ed essere pronto a manovrare velocemente, se necessario. Il comandante dellaCacafuego era San Juan de Anton, un biscaglino che, secondo Nuño da Silva, era statoallevato in Inghilterra. La sua nave era insolitamente grande e carica di tesori; i reso-conti spagnoli la indicano semplicemente come la Nao Rica, «la nave ricca», anche seil vero nome sembra che fosse Nuestra Señora de la Concepcion. Cacafuego era in ve-rità un soprannome, il cui significato è anche troppo chiaro. Poche settimane dopo ilsuo incontro con Drake, San Juan de Anton si presentò davanti alla corte reale di Pa-namà per raccontare la sua storia e la raccontò anche a Pedro Sarmiento de Gamboa,lo scopritore delle Isole Salomone, che la pubblicò. Sarmiento racconta che: «A mez-zogiorno di domenica 1° marzo, San Juan de Anton, che si trovava in mare a bordodella sua nave vide, vicino a riva, una nave che andava nella sua stessa direzione, ver-so Panarnà. Pensò che fosse un brigantino proveniente da Guayaquil e si diresse aquella volta. Verso le nove di sera, l’imbarcazione inglese tagliò la strada alla nave diSan Juan e immediatamente le si accostò. San Juan salutò, ma la nave corsara non ri-cambiò il saluto. Pensando che fosse una nave proveniente dal Cile, dove in quel pe-riodo era in atto una ribellione, San Juan si accostò alla murata. Ma gli Inglesi stavanogià abbordando la sua nave gridando: “Inglesi! Ammainate le vele!” Qualcuno disse:“Ammainate le vele, comandante San Juan; altrimenti, state in guardia, o rischiate diessere affondati”. San Juan rispose: “Che razza di inglese è mai chi mi ordina di am-mainare le vele? Se le ammaini lui!” Poi gli Inglesi attaccarono e la nave spagnola fucostretta alla resa. Chiesero quindi chi fosse il pilota — continua Sarmiento — e dovefosse il comandante proprio allo stesso San Juan che si trovava da solo sul ponte. Ri-fiutò di rispondere. Non vedendo nessun altro sul ponte, lo presero e lo portarono sullanave inglese, dove vide il corsara Francis Drake che si stava togliendo l’elmo e la cot-ta di maglia di ferro. Francis Drake abbracciò San Juan e Anton dicendo: “Abbi pa-zienza, perché in guerra si fa così” e diede subito ordine che fosse rinchiuso nella cabi-na di poppa, con dodici uomini di guardia». Il mattino seguente, alle nove, Drake salìa bordo della Cacafuego per fare colazione, dopo aver dato ordine di apparecchiare lasua tavola per San Juan de Anton, come se avesse dovuto far colazione lui stesso. Finoa mezzogiorno Drake esaminò il tesoro di cui si era impadronito, poi diede ordine di

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partire e le due navi si mossero insieme verso nord-ovest. Nei tre giorni seguenti lascialuppa trasportò il tesoro dalla Cacafuego sulla Golden Hind. Il bottino era immen-so, dice The World Encompassed: «Una discreta quantità di gioielli e pietre preziose,13 ceste di monete d’argento, ottanta libbre [circa 40 kg] di oro, 26 tonnellate di ar-gento non coniato, due bellissime coppe di argento dorato e altri oggetti del genere,per un valore di circa 360.000 pesos». Un ragazzo che faceva parte dell’equipaggiodella nave spagnola commentò: «La nostra nave non dovrebbe essere chiamata Caca-fuego (fuoco) ma Cacaplata (argento)», il che divertì molto Drake e i suoi uomini. Iltrattamento riservato da Drake ai prigionieri spagnoli fu esemplare. Sarmiento raccon-ta che «l’inglese fece molti regali a coloro che aveva derubato. A tutti diede 30 o 40pesos in denaro, mentre ad alcuni donò oggetti di provenienza portoghese... A SanJuan de Anton regalò un fucile a pietra focaia, dicendogli che gli era stato mandatodalla Germania e che gli era molto caro... A un mercante di nome Cuevas donò alcuniventagli ornati di specchietti, dicendo gli che erano per la sua signora. E infine conse-gnò a San Juan de Anton una coppa d’argento dorato che recava al centro la scrittaFranciscus Draqus». Conversando con San Juan de Anton, Drake parlò del tradimentodi San Juan de Ulua, lamentandosi per la slealtà del viceré Martin Enriquez e facendonotare come ben 300 inglesi fossero morti a causa del suo tradimento, mentre Drakeaveva perso personalmente 7.000 pesos. Pregò, infine, il comandante spagnolo di in-tercedere presso il viceré del Perù in favore di John Oxenbam e degli altri Inglesi pri-gionieri a Lima. San Juan gli assicurò, a torto, che Oxenham non sarebbe stato giusti-ziato e «Francis se ne rallegrò molto e la sua collera si calmò, dal momento che ognivolta che parlava di simili cose si arrabbiava molto». Con l’altro comandante Drake simise persino a discutere della rotta, sottolineando che c’erano quattro rotte possibilidal Pacifico all’Atlantico: «Una attraverso il Capo di Buona Speranza e l’India; un’al-tra attraverso la Norvegia, e un’altra ancora per lo Stretto di Magellano. Non volle in-dicare qual era la quarta». Sarmiento pensa che si trattasse dello stretto di Anian, chedalle coste della Cina portava oltre il Polo Nord. Drake disse a San Juan che pensavadi arrivare in Inghilterra in sei mesi; ma l’altro gli rispose che avrebbe impiegato nonmeno di un anno. Il 7 marzo, Drake lasciò libero San Juan de Anton e gli riconsegnò lasua nave, ormai priva del carico. Era ancora convinto che la Marigold e la Elizabeth lostessero seguendo e, per evitare che la Cacafuego fosse nuovamente catturata, e depre-data, dalle altre due navi inglesi, consegnò a San Juan un salvacondotto in inglese.L’originale di questo interessante documento è andato perduto, ma il testo è giunto fi-no a noi in modo tortuoso; finì nelle mani dell’Inquisizione di Lima, dove Oxenham ei suoi uomini erano interrogati, e un prigioniero inglese, John Butler, lo tradusse in ot-timo spagnolo a beneficio dei suoi carcerieri. La traduzione spagnola è finita successi-vamente negli archivi dell’Inquisizione e il cui testo recita:

La cattura della Cacafuego aveva calmato la cupidigia di Drake che cominciava apensare che fosse ora di lasciare la costa del Sud America per intraprendere la fase se-guente del suo viaggio. Tuttavia era incerto se andare nelle Molucche e in Cina o risa-lire semplicemente la costa occidentale dell’America fìno a raggiungere lo Stretto diAnian che lo avrebbe fatto arrivare direttamente in patria. Mentre meditava sulla deci-

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saccheggiare le navi spagnole. Raggiunto il punto più occidentale del Sud America,non seguì ulteriormente la costa, ma si diresse verso nord-ovest e il Nicaragua. Stradafacendo, catturò una nave che trasportava una preziosa raccolta di carte del Pacifico,copiate da quelle di Urdaneta. Pochi giorni dopo, il 16 marzo, la Golden Hind raggiun-se l’isola di Cafio, al largo delle coste del Nicaragua; qui Drake rimase per otto giorni,riparando la nave, facendo rifornimenti e assemblando un’altra scialuppa. Dopo unforte terremoto, che per fortuna non gli causò alcun danno, i1 24 marzo partì per ilMessico che era ancora governato dal suo vecchio nemico, Don Martin Enriquez. Il 4aprile, circa un’ora prima dell’alba, sempre al largo delle coste del Nicaragua, Drake siimbattè in una nave spagnola. A bordo c’era Don Francisco Zarate, un gentiluomo dinobili natali il cui resoconto della propria cattura getta nuova luce sulla personalità diDrake. «Al chiaro di luna vedemmo una nave molto vicina. Il nostro timoniere le gridòdi allontanarsi, ma nessuno rispose, come se fossero stati addormentati. Il timoniereallora gridò più forte e chiese loro da dove venivano. Risposero “dal Perù” e che la na-ve era “di Miguel Angel”, un comandante molto noto da quelle parti». Drake avevaobbligato uno spagnolo, catturato di recente su di un’altra nave, a dare quella risposta.Poi, improvvisamente — scriveva Zarate — «passò alla nostra poppa ordinandoci diammainare le vele e sparandoci sette o otto colpi di archibugio. In un primo momentopensammo che si trattasse di uno scherzo, ma non era così. Da parte nostra non ci funessuna resistenza, anche perché a bordo non c’erano più di sei uomini svegli, cosi sa-lirono sulla nostra nave con ben poco rischio da parte loro, come se fossero stati nostriamici. Non fecero male a nessuno, ma si limitarono a prendere le spade e le chiavi deipasseggeri». Questo ci fa capire perché le sue imprese piratesche avevano tanto suc-cesso, anche contro navi più grandi e meglio armate: attaccava di sorpresa, con un’au-dacia tale che spesso coglieva i nemici del tutto impreparati. Mai cedette alla tentazio-ne di un attacco imprudente contro un nemico ben preparato ma, colpendo velocemen-te e imprevedibilmente, demoralizzava e disorientava completamente gli spagnoli alpunto che soltanto di rado i suoi attacchi causavano morti, sia da una parte che dall’ara(25). Zarate dice che Drake è «un nipote di John Hawkins ed è colui che, circa cinque

sione da prendere, continuava ad andare a nord e continuava, quasi per abitudine, a

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«Signor Winter, se piace a Dio che per buona sorte la Signoria Vostra incontriSan Juan de Anton, vi prego di trattarlo bene, secondo quanto Io gli ho promesso ela Signoria Vostra avesse necessità di qualsiasi cosa trasportata dalla nave di SanJuan de Anton, gli paghi il doppio del valore delle merci che sono a bordo. Date or-dine che nessuno dei vostri soldati lo ferisca o gli faccia alcun male... Io, il vostrocomandante il cui cuore è molto preoccupato per la vostra sorte,

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(25) Sembra che non abbia ucciso neppure un solo spagnolo e, a quanto si sa, ebbe una sola perdita: unuomo trucidato a Callao.(26) L’esagerazione è di almeno quattro volte.

anni fa, prese il porto di Nombre de Dios. Si chiama Francisco Drac, ha circa 35 anni,è di bassa statura, con una bella barba ed è uno dei più grandi marinai che abbiano sol-cato i mari, sia come navigatore che come comandante. La sua nave è un galeone dicirca 400 tonnellate (26) e naviga benissimo. L’equipaggio è di un centinaio di uomini,tutti della marina e in età da combattere, e sono tutti esperti come ci si può aspettare dasoldati che hanno combattuto in Italia. Ognuno di loro mette una cura particolare neltenere pulito il proprio archibugio. Drake tratta i suoi uomini con affetto ed essi lo ri-spettano. Si fa servire con piatti d’argento con bordi dorati e con ghirlande dorate, cherecano il suo stemma. A bordo ha tutte le leccornie possibili e acque profumate….Pranza e cena al suono delle viole». Drake fu gentile con Zarate, che pure non avevaoro da offrirgli. Chiese allo spagnolo se conosceva Don Martin Enriquez: «Si rispose.C’è qualche suo parente o qualche cosa che gli appartenga a bordo di questa nave?»No, signore. «Bene, trovarmi di fronte a lui mi procurerebbe più gioia che trovare tuttol’oro e l’argento delle Indie. Vedreste come i gentiluomini dovrebbero mantenere lapropria parola». Quando lasciò liberi gli Spagnoli, dopo aver regalato a ogni uomo unamanciata di monete d’argento, pregò vivamente Zarate «di dire ad alcuni inglesi che sitrovavano a Lima che lo aveva incontrato e che stava bene. Da questo si deduce che haspie in tutto questo regno e in Perù». Zarate non sapeva che le «spie» erano Oxenhame i suoi uomini, in attesa di essere giustiziati. Verso il 15 aprile Drake arrivò alla cittàdi Guatulco, o Aquatulco, a 15° 40’ nord: la saccheggiò, si impadronì di alcuni tesori eprofanò una chiesa cattolica. Qui, inoltre, rilasciò tutti i prigionieri, tra cui Nuño daSilva, che aveva catturato più di 14 mesi prima nelle Isole di Capo Verde. Silva andò aCittà del Messico dove, incautamente, ammise davanti a Don Martin Enriquez di averfatto parecchie volte la comunione, a bordo della Golden Hind, secondo il rito prote-stante. Anche se insistette di averlo fatto perché costretto, fu chiamato davanti all’In-quisizione e accusato di essersi volontariamente macchiato di eresia. Cosa che negòanche sotto tortura; tuttavia gli inquisitori, memori del trattamento cortese riservato daDrake agli altri prigionieri, rifiutarono di credere che il pilota portoghese fosse statocostretto ad abbracciare il protestantesimo contro la sua volontà; fu pertanto dannato aconfessare pubblicamente il proprio peccato e a essere esiliato per sempre dalle Indie.Sembra che Silva si sia poi trasferito definitivamente in Inghilterra e nel 1593 preseparte a una spedizione di bucanieri lungo la costa brasiliana. A Guatulco, Drake deciseche era ora di abbandonare la pirateria e pensare finalmente alla prossima destinazio-ne. Prese seriamente in considerazione l’idea di lasciar perdere le Molucche e tornarein Inghilterra con il bottino; ma lungo quale rotta? Andare a sud, ripassando per loStretto di Magellano, voleva dire rischiare di finire nelle grinfie delle flottiglie spagno-le che incrociavano lungo le coste del Sud America nella speranza di intercettarlo, einoltre non aveva nessuna voglia di sperimentare di nuovo la violenza delle tempestedell’Antartico. Puntare a nord, verso l’ipotetico Stretto di Anian, voleva dire andare al-

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la ricerca dell’ignoto, ed esitava a farlo. Non restavano che le Molucche, ma quando,alla latitudine del Nicaragua, tentò di accostare verso ovest, Drake si trovò in una bo-naccia e non gli rimase altra scelta che continuare ad andare a nord, lungo quello chegli elisabettiani chiamavano «la parte posteriore dell’America». Tenendosi molto allargo, seguì la costa del Messico e risalì la Baja California, sempre senza trovare unvento favorevole che lo spingesse verso ovest; ma a quel punto era ormai tanto a nordche decise di cercare lo Stretto di Anian. Nel frattempo anche gli spagnoli cercavanodi scoprire quale potesse essere la rotta di Drake, e i documenti ufficiali, che nei primimesi del 1579 andavano avanti e indietro, riflettono la loro preoccupazione e la loroperplessità. In febbraio, a Callao, Drake aveva detto che pensava di tornare in Inghil-terra «passando per la Cina e la rotta portoghese», vale a dire passando per il Capo diBuona Speranza. Ma un documento redatto in aprile e indirizzato al re Filippo II indi-ca che gli spagnoli erano convinti che avesse cercato deliberatamente di ingannarli. Ilsuddetto documento considera le varie possibilità, scartando lo Stretto di Anian (27)«poiché nessuno vi è mai passato e non si sa neppure se esista davvero». E non eraneppure possibile che Drake pensasse di tornare navigando in acque portoghesi, poi-ché «la navigazione è lunga e pericolosa, e dovrebbe circumnavigare tutto il mondoprima di arrivare in patria... non potrebbe trasportare su una sola nave tutte le provvi-ste necessarie per 80 uomini, anche se a bordo non avesse altro carico che i viveri....dovrebbe toccare i porti portoghesi, o quanto meno passarvi non lontano: con il rischiodi essere catturato... Nel raggiungere l’Asia rischierebbe anche di incontrare i turchima soprattutto, avendo dichiarato di voler tornare in patria passando dalla Cina, dob-biamo credere il contrario». E inoltre, se Drake voleva seguire quella rotta, perché maiaveva rilasciato un pilota esperto come Silva? La cosa più probabile, concludeva il do-cumento, era che «tornasse attraverso lo Stretto di Magellano» dal quale era arrivato.Avendo stabilito, a proprio uso e consumo, che Drake sarebbe stato presto di ritornolungo le coste del Sud America, gli Spagnoli si prepararono a intercettarlo. La GoldenHind lasciò Guatulco 1’11 aprile 1579 e navigò verso nord-ovest senza vedere terra fi-no al 3 giugno, quando raggiunse i 42° nord al largo delle coste dell’Oregon. Qui tro-varono un clima estremamente rigido per parecchi giorni, con effetti pesanti su uominiche avevano trascorso molti mesi ai tropici. Il 15 giugno venti contrari costrinsero lanave a dirigersi verso la costa, che era spuntata del tutto inaspettatamente, dal momen-to che nessuno pensava che l’America del nord arrivasse tanto a ovest. Gettarono leancore in una baia aperta e poco riparata, a una latitudine di circa 48° nord, pressappo-co quella dell’isola di Vancouver. Le tempeste di vento che li avevano tormentati ces-sarono, ma furono sostituite dalla «nebbia più fitta e maleodorante». Il freddo non di-minuiva e, peggio ancora, il vento che continuava a soffiare da nord sembrava impedi-re qualsiasi ulteriore ricerca dello Stretto di Anian e del Passaggio a nord-ovest. Torna-rono dunque indietro, navigando lungo una costa dove, in giugno, le colline erano

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(27) Qui chiamato lo stretto de los bacallaos, dei «baccalà».(28) Alcuni geografi sostengono che, a causa della nebbia, Drake approdò un po’ più a nord, in un puntonoto oggi come «la baia di Drake».

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bianche di neve e il 17 di quello stesso mese trovarono un buon porto, a 38° 30’ nord.Qui scesero a terra per un soggiorno di più di un mese. Erano arrivati alla Baia di SanFrancisco (28). Non era la prima volta che degli Europei arrivavano in California. Èpossibile che già nel 1520 una spedizione portoghese avesse attraversato il Pacificopartendo dalle Molucche e avesse scoperto la costa del Nord America, anche se è un’i-potesi poco attendibile. Tuttavia non c’è alcun dubbio sul fatto che un gruppo di spa-gnoli, comandanti da Juan Rodriguez Cabrillo, abbia esplorato meticolosamente l’inte-ra costa, nel 1542-1543, arrivando fino a 44° nord. Sembra che Drake non sapesse diCabrillo, dal momento che si considerò lo scopritore di quel territorio. Gli Inglesi tro-varono 1’estate di San Francisco terribilmente rigida; faceva così freddo che sarebberostati costretti a indossare abiti invernali. Se «pesanti esercizi fisici e la necessità dicompiere lavori manuali» non li avessero riscaldati. E ciò non era interamente dovutoalle difficoltà di adeguarsi al clima temperato dopo un lungo soggiorno ai tropici, poi-ché dopo breve tempo incontrarono alcuni indiani che «non erano mai stati ai tropici, eche erano abituati a quel paese e a quel clima... e ciò nonostante arrivavano tremandoavvolti nelle loro pesanti pellicce, tenendosi stretti gli uni agli altri, come per scaldarsireciprocamente». Alcuni dei marinai di Drake avevano prestato servizio nelle spedi-zioni che erano andate alla ricerca del passaggio a nord-ovest e sostenevano che face-va più freddo qui, in giugno, che a 72° nord, al largo della costa settentrionale dellaNorvegia. Questo misterioso freddo, così insolito rispetto alla consueta mitezza di quelclima, ha stupito i geografi; tuttavia coloro che conoscono la nebbia di San Franciscosaranno perfettamente d’accordo con la seguente affermazione di Francis Fletcher:«Nei quattordici giorni di permanenza mai, in nessuna ora del giorno o della notte, l’a-ria fu abbastanza limpida da consentirei di calcolare l’altezza del sole o delle stelle».All’indomani del loro arrivo, un certo numero di indigeni apparve sulla riva e un uo-mo si diresse verso la loro nave con una canoa. Quando era ancora molto lontano co-minciò a parlare a coloro che erano a bordo e quando fu vicino si fermò e cominciò«un lungo e noioso discorso», con molti gesti, segni e atti di riverenza, dopo di chetornò a riva. Poco dopo ne arrivò un altro allo stesso modo, e poi un terzo, che portavain dono alcune penne nere legate a una corda e un piccolo cestino di giunchi intrecciatiche conteneva un erba chiamata tobàh (29). Legò quei doni a un corto bastone e ligettò nella barca della nave. Drake avrebbe voluto regalargli a sua volta qualcosa, mal’indiano ignorò alcuni oggetti che gli vennero inviati su di un asse e prese soltanto uncappello che dalla nave gli fu gettato in acqua, poi ritornò a riva. Gli Inglesi ebberol’impressione di essere stati scambiati per dei. Sulla Golden Hind si era aperta una fal-la; per alleggerire la nave in modo da poterla riparare, Drake 1’aveva fatta ancorare vi-cino a riva e aveva fatto scaricare buona parte delle vettovaglie e del carico. Un grup-po di uomini rizzò delle tende e cominciò a costruire un fortino e, mentre lavoravano,arrivarono moltissimi indiani che si misero a guardare pieni di stupore e di timore re-

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(29) Nella raccolta di Hakluyt quest’erba è erroneamente chiamata tabacco; ma il tabacco era noto in In-ghilterra fin dal 1565 mentre il tobàh era chiaramente qualcosa di sconosciuto agli uomini di Drake.

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verenziale. Erano armati, tuttavia posarono archi e frecce a un cenno di Drake che sta-va ben all’erta nonostante l’innocenza fanciullesca, almeno all’apparenza, di quei ca-liforniani. Gli uomini erano nudi; le donne portavano soltanto indumenti di corda at-torno alla vita e mantelli di pelle di daino sulle spalle. Nella speranza di mantenere iltono amichevole dell’incontro, Drake diede loro camicie e pezzi di stoffa, «sistemandogenerosamente su di loro quanto serviva a coprire la loro nudità» — cita The WorldEncompassed — «cercando nello stesso tempo di far loro capire che non eravamo deima uomini e avevamo bisogno anche noi di coprire le nostre vergogne; e inoltre man-giammo e bevemmo davanti a loro, affinché capissero che senza cibo non potevamovivere ed eravamo quindi uomini esattamente come loro». Ciò nondimeno gli indianicontinuarono a considerare gli Inglesi degli dei e poco tempo dopo i visitatori ebberomodo di osservare un aspetto meno fanciullesco di questi indigeni; infatti, non appenafurono tornati alle loro case, a circa tre quarti di miglio dal porto, cominciarono unastrana cerimonia, dando inizio «a una sorta di pianto lamentoso, le donne in particolarmodo alzavano la voce in urla stridule e piene di dolore».

Passarono due giorni senza che gli Indiani si facessero vedere poi arrivarono in grannumero, portando piume e sacchetti di tobàh come offerte per le nuove divinità. Saliro-no sulla collina ai cui piedi gli Inglesi avevano costruito il loro forte e un altro oratore sifece avanti pronunciando con voce tonante un discorso infuocato. Quando ebbe finitogli altri si inchinarono «in modo sognante» e gridarono ad alta voce come per approva-re quanto aveva detto; quindi gli uomini deposero i loro archi e scesero dalla collina perpresentare le loro offerte a Drake. «Nel frattempo le donne cominciarono a fare violen-za a se stesse come se fossero state disperate, piangendo e urlando con voce stridula elamentosa, strappandosi la carne dalle guance con le unghie in modo mostruoso, mentreil sangue colava sui loro seni... e gettandosi a terra con furia, senza preoccuparsi dellecondizioni del terreno, che fosse cioè pulito o morbido, ma sbattendo con violenza supietre, cumuli appuntiti, ceppi di legno, cespugli spinosi». Drake rimase allibito di fron-te a un rito tanto violento. Radunati i propri uomini, pregò Dio «di aprire i loro occhiaffinché potessero essere chiamati alla conoscenza del Dio vivente». Il canto dei salmie la lettura della Bibbia piacque a tal punto agli Indiani che negli incontri seguenti chie-sero agli Inglesi di cantare ancora. Alla fine della cerimonia Drake offrì doni agli India-ni, che educatamente li rifiutarono come se «pensassero che l’essersi potuti avvicinareliberamente a noi fosse un dono più che sufficiente». Tre giorni dopo, i1 26 giugno, gliIndiani arrivarono ancora più numerosi, come se fossero venuti da tutte le zone vicineper vedere gli Inglesi. Questa volta c’era anche il re, con una guardia del corpo di centoguerrieri. Era preceduto da due araldi che si avvicinarono al fortino inglese e annuncia-rono, sia a gesti che a parole, che il loro hiòh (30) voleva incontrare Drake e come pri-ma cosa desiderava inviargli alcuni doni in segno di pace e di amicizia. Drake accon-sentì e poco dopo apparve il corteo reale, guidato da «un uomo dal fisico imponente»che reggeva uno scettro di legno nero, al quale erano attaccate due corone di piume etre catene fatte con anelli d’osso e un sacchetto di tobàh. Accanto a questo dignitariocamminava lo hiòh, che portava una corona intrecciata e un mantello di pelli di coni-glio; anche le sue guardie del corpo erano in uniforme e i loro visi erano dipinti ciascu-

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no con un colore diverso. Seguivano gli uomini comuni, nudi ma con decorazioni dipiume tra i capelli, mentre l’ultima parte della processione era composta da un gruppodi donne e bambini che portavano cesti di tobàh, di radici chiamate petàh, di pesce arro-stito, semi e altro. Mentre lo hiòh si avvicinava, Drake, sempre all’erta, si tenne prontoa un eventuale attacco. Ma gli Indiani non avevano affatto intenzioni bellicose: coluiche reggeva lo scettro si lanciò in un discorso, lungo mezz’ora, ripetendo «con voceforte e virile» le parole che un altro dignitario gli sussurrava; il discorso fu seguito dadanze e canti solenni, anche se le donne, che avevano il seno graffiato e il corpo contu-so a causa delle lesioni che si erano autoflitte durante la marcia, danzavano senza unirsiai canti. Finite le danze, lo hiòh fece segno a Drake di sedersi.

Poi posò una corona di piume sulla testa di Drake, ornò il suo collo con molte colla-ne d’osso, gli offrì altri doni e lo salutò con il nome di hiòh. È possibile che il monarcaindigeno volesse semplicemente far comprendere che considerava Drake un uomo ilcui status era pari al suo e, quindi, degno di rispetto. Forse chiamandolo hiòh intendevasoltanto dare inizio a uno scambio cerimoniale di nomi e si aspettava che l’inglese, incambio chiamasse lui «Drake». Ma per gli esploratori, del tutto ignari delle sottigliezzedell’etnologia, le azioni dello hiòh non lasciavano adito a dubbi ed erano una «supplicaaffinché lui [Drake] assumesse il comando della provincia e del regno e diventasse illoro sovrano». Drake non poté certo rifiutare il generoso omaggio. Pertanto «preso loscettro, la corona e le insegne del suddetto paese nelle proprie mani; augurandosi nul-l’altro che di far cosa gradita alla regina». Mentre Drake e lo hiòh sedevano uno difianco all’altro iniziarono di nuovo le danze e gli Indiani si strinsero attorno agli Ingle-si, preferendo i più giovani e i più attraenti, e offrirono loro le erbe e i semi che aveva-no portato con sé. Nei giorni seguenti gli Indiani si recarono di frequente al fortino in-glese. Fu chiaro che si trattava di «gente docile, innocente e di buon carattere, priva diastuzia o di slealtà; usavano gli archi e le frecce (le loro uniche armi e in pratica la lorounica ricchezza) con molta abilità, ma quel tipo di armi non era certo in grado di nuo-cere molto, essendo poco robuste e più adatte a bambini che a uomini». Portarono indono pesci (che catturavano con molta abilità a mani nude) mitili e foche mostrandoferite e piaghe sperando che i loro ospiti le guarissero con la semplice imposizione del-le mani. Sempre nel tentativo di persuadere gli Indiani della propria natura mortale, gliInglesi non tentarono alcuna guarigione miracolosa ma si limitarono ad applicare lemedicine e gli unguenti che avevano con sé. Quando le navi furono quasi completa-mente riparate, Drake fece un’escursione nell’entroterra con alcuni dei suoi uomini.Visitarono così il villaggio indiano, le cui abitazioni erano scavate nel terreno e aveva-no il tetto fatto di legno e terriccio, e scoprirono che 1’entroterra, fertile e caldo, riccodi «cervi molto grassi e molto grossi» e di altri animali, era molto più gradevole dellagelida costa. A questo territorio, che gli Spagnoli avevano già battezzato California,Drake diede il nome di «Nuova Albione», e lo fece per due motivi: uno, a causa dellebianche scogliere che si innalzano di fronte al mare, 1’altro per una certa affinità con ilproprio paese — l’Inghilterra — che talvolta viene chiamato così. Quando fu quasi ilmomento della partenza, Drake eresse un monumento sulla riva — una piastra di otto-ne, inchiodata a un robusto palo, su cui era incisa una dichiarazione con la quale l’In-

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ghilterra rivendicava il proprio diritto al possesso della Nuova Albione. Per esporre ilritratto della regina e lo stemma regale, fece incastonare una moneta da sei penny alcentro della piastra (31). Il 23 luglio gli Inglesi erano pronti a partire — con una certariluttanza poiché si era trattato di un soggiorno gradevole — erano ora sul punto di la-sciare uno dei porti più tranquilli e sicuri che esistessero al mondo per le incertezze delPacifico. Anche gli Indiani erano dispiaciuti e piangendo amaramente e torcendosi lemani dimostravano la propria disperazione per la partenza dei loro dei. Fecero un falòe bruciarono una catena e un mazzo di piume e si prepararono per un’altra delle lorobarbare cerimonie. Dalla cima delle colline guardarono la Golden Hind mentre naviga-va nella baia e i loro fuochi sacrificali erano ancora visibili anche quando la nave eraormai in alto mare. Il giorno seguente i viaggiatori superarono le Farallon Islands, fa-mose per le loro foche, proprio al largo della costa di San Francisco. La temperaturaera ancora rigida e il vento continuava a soffiare da nord-ovest, cosa che fece abbando-nare tutte le speranze di trovare un passaggio che portasse in Europa attraverso unostretto settentrionale e così, con il consenso di tutti , Drake «si diresse verso le Isoledelle Molucche». Per 68 giorni avrebbero seguito la rotta di Magellano attraverso ilmare aperto, fino a quando, i1 30 settembre, raggiunsero la Island of Thieves (32).

Mentre Drake stava completando la traversata del Pacifico — durata un mese inmeno rispetto a quella di Magellano e infinitamente meno penosa — gli Spagnoli delPerù erano angosciati dalla prospettiva di un suo ritorno sulle loro coste. «È cosa cheterrorizza chiunque, questo viaggio e l’audacia di quest’uomo di bassa estrazione so-ciale, figlio di genitori spregevoli (si dice, infatti, che suo padre fosse un ciabattino)»— scriveva il generale Miguel de Eraso a re Filippo II il l0 maggio 1579. Nei mesi se-guenti gli Spagnoli rimasero in guardia aspettandosi il ritorno di Drake. Pedro Sar-miento de Gamboa, che aveva sostenuto l’opportunità di seguire Drake attraverso ilGolfo di Panamà e di catturarli al largo del Nicaragua, ma che non era stato ascoltato,era convinto che Drake sarebbe tornato in Inghilterra attraverso lo Stretto di Anian: «Aun uomo che ha avuto l’audacia di fare ciò che ha fatto non mancherà certo il coraggiodi tentare questa impresa, soprattutto in questo periodo in cui può trarre vantaggio dal-l’estate artica». Tuttavia, anche se Sarmiento pensava che la rotta meno probabile fos-se quella attraverso lo Stretto di Magellano, gli fu assegnato il compito di pattugliare

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(31) Per molto tempo si pensò che questo monumento fosse andato perduto, fino a quando la piastra d’otto-ne fu scoperta per caso nel 1937 da Beryle Shinn, il segretario ventiseienne di un grande magazzino alla cuiautomobile era scoppiato un pneumatico mentre percorreva una strada sulla collina che si affaccia su Ri-chardson Bay, nella Marin County. Cambiata la ruota, mentre si riposava seduto su di un mucchio di pietre,sentì qualcosa che lo pungeva e trovò un pezzo di ottone nascosto tra i sassi. Pensò che potesse essergli utilee lo prese con sé. Più tardi, stava per farlo a pezzi quando vide una scritta a mala pena leggibile. Il pezzod’ottone fu portato dall’illustre storico Herbert E. Bolton, dell’Università della California, che pieno di stu-pore lesse: «Sia noto a tutti che oggi 17 giugno 1579, per grazia di Dio e in nome di sua maestà la regina Eli-sabetta di Inghilterra e dei suoi successori io prendo possesso per sempre di questo regno, il cui re e il cuipopolo liberamente ha consegnato nelle mani di Sua Maestà il proprio titolo e il proprio diritto su tutto il ter-ritorio da me chiamato Nuova Albione e che come tale dovrà essere noto a tutte le genti. Francis Drake».(32) Isola dei Ladroni.

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la costa e quando, alla fine di settembre, Drake non era ancora comparso, si convinseche fosse sfuggito al pattugliamento e stesse dirigendosi verso lo stretto. Sarmientoebbe l’incarico di inseguirlo e di catturarlo. L’11 ottobre 1579 partì da Callao con duenavi e 108 uomini, con il compito di dare la caccia a Drake, esplorare lo stretto (chenessuna nave spagnola aveva attraversato da più di 50 anni) ai fini della navigazione evedere dove fosse possibile fortificarlo per evitare altre intrusioni da parte degli Ingle-si. Nonostante le burrasche, Sarmiento si diresse verso sud, senza trovare traccia diDrake, ma compiendo la prima esplorazione dettagliata della frastagliata costa meri-dionale del Cile e prendendo possesso in nome di re Filippo II, il 22 novembre, del-l’arcipelago che si trova al largo di quella costa (33). Sentendo dagli indiani che duegrandi navi, con a bordo uomini barbuti, avevano gettato le ancore non lontano, pensòche facessero parte della flotta di Drake e si affrettò verso lo stretto. Le navi non c’era-no — in effetti si trattava di navi inesistenti, poiché in quell’anno nei pressi della Pata-gonia c’erano soltanto le navi di Sarmiento — tuttavia egli esplorò con cura lo strettoe la regione circostante anche se incontrò notevole difficoltà nell’individuare l’imboc-catura occidentale del passaggio in mezzo agli innumerevoli canali. Per Magellanotrovare l’imboccatura orientale, più ampia e meno complessa, era stato molto menodifficile. Nello stretto le navi di Sarmiento furono separate e, come era ormai consue-tudine durante quel tipo di viaggi, l’altro comandante abbandonò l’impresa dopo pochigiorni, lasciando lo stretto dal lato del Pacifico e tornando velocemente in Perù. Conti-nuando ormai da solo, Sarmiento incontrò molti indigeni della Patagonia che, secondolo storico della spedizione (poco affidabile), erano alti più di due metri e mezzo; dieciuomini dell’equipaggio circondarono un gigante con un occhio solo, dalla mole impo-nente, che catturarono per portarlo in Spagna. Alla fine del 1580 Sarmiento raggiunsefinalmente il lato atlantico dello stretto e, in segno di gratitudine per essere uscito daquel labirinto di canali, scrisse nel suo diario: «Sia noto a tutti che per compiere questoviaggio e questa esplorazione abbiamo scelto come avvocata e patrona la Nostra Mise-ricordiosa Signora, la Santa Vergine Maria. Per questo motivo, e per tutti i prodigi dalei compiuti in nostro favore, il nome di STRETTO DELLA MADRE DE DIOS è da-to allo stretto che finora è stato chiamato de Magallanes (34). Questo pio tentativo dicambiare il nome dello stretto valse a Sarmiento il disprezzo di scrittori posteriori, co-me John Callander, che nel XVIII secolo compilò una raccolta di racconti di viaggio, ilquale lo definì «un uomo vanaglorioso», mentre è evidente che non intendeva affattodisprezzare Magellano; comunque il nuovo nome fu ignorato da tutti. Dopo aver la-sciato lo stretto, Sarmiento si diresse in Europa, che raggiunse passando dalle Isole diCapo Verde, i cui residenti portoghesi non volevano credere che avesse attraversato ilMare Meridionale passando per lo stretto. Raggiunse la Spagna verso la metà di ago-sto del 1580 e strada facendo venne a sapere che Drake era arrivato in Inghilterra in

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(33) Vedi nota 2.(34) Quando Magellano scoprì il passaggio, il 28 novembre 1520, lo chiamò «Stretto di tutti i Santi» ma iposteri gli diedero il nome di Stretto di Magellano, in onore dello scopritore.

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primavera. In realtà Drake era an-cora per mare e, una settimana do-po l’arrivo di Sarmiento in Spagna,si stava avvicinando alle Azzorre,che Sarmiento aveva toccato circaun mese prima. Ma Drake era arri-vato seguendo una rotta completa-mente diversa, non attraverso lostretto, ma navigando verso ovestattorno al mondo. Dopo aver navi-gato per più di due mesi attraversol’oceano a ovest di San Francisco,il 30 settembre 1579 gli uomini diDrake avvistarono terra a circa 8°nord. Da un gruppo di isole, diceHakluyt, «arrivò un gran numerodi canoe, alcune con quattro, altrecon sei, altre addirittura con quat-tordici uomini, che portavano nocidi cocco e altra frutta. Le loro ca-noe erano scavate all’interno ederano state costruite con grandeabilità e destrezza, dal momentoche erano molto lisce sia dentroche fuori. Su ciascun lato era statolegato un tronco di legno lungo cir-ca un metro e mezzo, più o meno, a dimensioni della barca». Gli isolani avevano «illobo dell’orecchio perforato in modo da formare un cerchio, che scendeva molto al disotto delle guance, a cui appendevano oggetti di un certo peso». Il 6 ottobre Drake eranelle Filippine e cinque giorni dopo gettava le ancore a Mindanao, per fare provvistadi acqua. A differenza di Magellano che aveva indugiato su quelle isole, e l’indugio gliera stato fatale, Drake tirò dritto evitando di molestare gli insediamenti spagnoli diManila e Luzon e puntò direttamente sulle Molucche dove arrivo il 3 novembre. Daquando nel 1529 Carlo V aveva vanificato tutta 1’opera di Magellano vendendo i suoidiritti al Portogallo, la storia delle Isole delle Spezie era stata assai tormentata. I Porto-ghesi non erano mai i riusciti a insediarvisi saldamente, al contrario di quanto avevanofatto nel XVI secolo a Malacca e lungo la costa del Malabar, dove si erano costruiti unimpero. Per un certo periodo si erano creati una solida base a Ternate, ma dipendevanopur sempre dalla benevolenza del sultano, benevolenza che cercavano di mantenereaiutandolo nella sua eterna lotta con la rivale Tidore.

Quando alcuni naufraghi spagnoli si stabilirono a Tidore verso la fine del 1520, iPortoghesi furono in grado di assediarli e alla fine di conquistarli. Ma intanto le Mo-lucche avevano perso il monopolio sul commercio dei chiodi di garofano, il che com-

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Isola di Ternate.

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plicava la posizione dei portoghesi. Il massiccio acquisto portoghese di queste speziene aveva fatto aumentare il prezzo e ciò aveva incoraggiato lo sviluppo di nuove pian-tagioni sulle isole di Banda e di Amboina, le quali vendevano i loro prodotti soprattut-to ai mercanti di Giava, che li spedivano in Cina e in India tramite la città islamica diBrunei, sulla costa settentrionale del Borneo. Brunei divenne la rivale di Ternate, men-tre proprio di fronte a Malacca, sull’isole di Sumatra, un sultanato di nome Atjeh eraentrato in competizione con Malacca per il commercio del pepe. Atjeh non soltanto ta-gliò fuori i portoghesi da buona parte dei traffici che in condizioni normali sarebberotransitati per Malacca, ma attaccò la stessa Malacca nel 1537, nel 1547 e nel 1551, ar-rivando quasi a cacciare i Portoghesi dalla loro fortezza costruita in un punto strategi-co. Il Portogallo cercò di risolvere questi problemi stabilendo dei centri commercialisulle altre isole delle Indie Orientali e convertendo gli indigeni per renderli più coope-rativi. Nel 1546 il missionario San Francesco Saverio predicò ad Amboina e nelle Mo-lucche e ne derivarono alcune conversioni, anche se superficiali, soprattutto ad Amboi-na; dalle altre parti l’Islam manteneva saldamente le proprie posizioni. Ma mentre iPortoghesi si occupavano di Amboina, Ternate decise di liberarsi una volta per tuttedel loro dominio. Il sultano Hairun di Ternate, che era salito al trono nel 1545, non riu-scì nel tentativo di catturare il forte portoghese sull’isola, ma l’assassinio di Hairun, aopera dei portoghesi, fece precipitare una situazione già critica e il figlio e successoreBaabullah prese il forte nel 1574. I Portoghesi di Goa, troppo esposti nel loro tentativodi controllare migliaia di miglia di Indie, non furono in grado di dare alcun aiuto. Nel-le Indie Orientali l’influenza portoghese si ridusse dapprima ad Amboina e, dopo i11578, a un avamposto su Tidore, un’isola che in precedenza era stata legata alla Spa-gna. Quando, verso la fine del 1579, Drake arrivò alle Molucche trovò i portoghesi indifficoltà, quasi in procinto di essere espulsi dall’intera regione. In effetti, soltantol’annessione del Portogallo da parte della Spagna, avvenuta pochi anni dopo, li avreb-be salvati dalla cacciata definitiva dalle Isole delle Spezie, grazie all’appoggio fornitodalle truppe spagnole di stanza a Manila. Drake si sarebbe voluto recare immediata-mente a Tidore, dal momento che non sapeva della sconfitta portoghese a Ternate:pensava, infatti, che Tidore fosse sotto il controllo di un sovrano locale e che Ternatefosse un focolaio cattolico. Tuttavia, il 4 novembre, mentre si trovava al largo dell’iso-la di Motir, che dipendeva da Ternate, Drake vide arrivare delle canoe che trasportava-no alcuni dignitari di Ternate. Costoro lo implorarono di andare nella loro isola, non aTidore sostenendo che al momento i Portoghesi si trovavano su quest’ultima isola.Drake rimase allibito e sulle prime non volle credere a un tale cambiamento dell’equi-librio politico, ma alla fine si lasciò convincere e accettò la tesi che il sultano Baabul-lah era nemico giurato del Portogallo. Mandò dunque un mantello di velluto al sultanoe un messaggio con il quale gli comunicava che il suo unico scopo era un pacificocommercio. Secondo Hakluyt, il sultano «era mosso da molta simpatia verso di noi einviò al nostro Comandante generale un messaggio speciale con il quale gli comunica-va la propria amicizia e inoltre affermava che consegnava se stesso e la propria isolaall’autorità del monarca famoso di cui eravamo sudditi». Sembra assai improbabileche Baabullah volesse diventare vassallo della regina Elisabetta dopo aver trascorso

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tanti anni nel tentativo di cacciare i Portoghesi e con tutta probabilità si trattò di unmalinteso analogo a quello che si era già verificato in California. Ad ogni modo sullabase di questo «trattato verbale», la British East India Company avrebbe rivendicato, adire la verità senza molto successo, la sovranità sulle Molucche. Da Ternate arrivaronotre grandi prau (35) per salutare la Golden Hind. Ciascuna aveva 80 rematori, che re-mavano al suono di cimbali d’ottone. Lungo i fianchi di queste imbarcazioni eranoschierati soldati armati di spade, pugnali e scudi; su ciascuna c’era un piccolo pezzo diartiglieria lungo circa un metro. I personaggi più importanti dell’isola, elegantementevestiti in abiti bianchi di Calicut, sedevano all’ombra di stuoie sottili e raffinate, in or-dine di importanza. A mano a mano che le canoe si avvicinavano alla nave, i rematoriassumevano un ritmo solenne, e i dignitari, a partire da quello più importante, comin-ciarono a fare profondi inchini. Poi apparve il prau del sultano che, dice Hakluyt, «eraaccompagnato da sei persone anziane, gravi e solenni, le quali si inchinavano con me-ravigliosa umiltà. Il re era di alta statura e sembrava apprezzare molto la nostra musi-ca». Per un pò rimase ad ascoltare le trombe e gli altri strumenti, poi offrì banane, can-na da zucchero, galline, noci di cocco, cibi a base di sagù e altre provviste, e dichiaròche il giorno seguente sarebbe salIto a bordo della nave di Drake. Il sultano non tornòil giorno seguente, mandò invece il fratello, che porse le sue scuse e invitò Drake adandare a riva, offrendo se stesso in ostaggio a garanzia di un sicuro ritorno. Memoredei tradimenti di altri sultani ai danni di Magellano, Drake esitò e i suoi ufficiali lopregarono vivamente di non correre rischi. Alla fine però cedette alle suppliche del fra-tello del sultano consentendo ad alcuni gentiluomini di recarsi a palazzo. Furono rice-vuti da un altro fratello del sultano e da circa un migliaio di isolani. Il palazzo reale,che si trovava vicino al vecchio forte portoghese, era magnificamente ornato di drappie favolose sete. Mentre aspettavano l’arrivo del sultano, gli Inglesi incontrarono la no-biltà di Ternate e anche quattro «romani», come venivano chiamati — custodi dei librimastri, responsabili cioè della contabilità del commercio dei chiodi di garofano — dueturchi, un italiano e uno spagnolo. Finalmente apparve il sultano Baabullah, vestitocon un abito d’oro, con in testa un copricapo di lamine d’oro simile a una corona, unapesante catena d’oro al collo e le mani ornate di enormi diamanti, smeraldi e rubini.Un paggio reggeva un ventaglio decorato con otto zaffiri. L’incontro fu soddisfacente:il sultano concesse agli Inglesi il permesso di acquistare chiodi di garofano e li inca-ricò di portare a Drake i suoi ossequi, ma non andò a bordo della Golden Hind e Drakenon mise piede a Ternate. Concluso l’accordo commerciale, Drake diede ordine di par-tire poiché era sempre più impaziente di rivedere l’Inghilterra e trovava, assai poco in-teressanti le questioni commerciali; ai suoi occhi il carico di tesori sottratti agli Spa-gnoli era molto più importante che non portare a bordo qualche barile di profumatichiodi di garofano. Tuttavia, prima che gli Inglesi lasciassero Ternate, accadde un fattostrano anche se è possibile che The World Encompassed ne abbia dato una versioneassai distorta. Tra i molti curiosi che si erano recati a bordo della Golden Hind c’era un

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(35) Veloce imbarcazione a vela, lunga e stretta, attrezzata con una o due vele di prua e di poppa ampia-mente usata in acque malesi e un tempo popolare tra i pirati malesi.

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tale non originario delle Molucche «un distinto gentiluomo» accompagnato da un in-terprete. Disse di essere cinese imparentato con la famiglia dell’imperatore regnante,di essere stato ingiustamente accusato di un delitto che meritava la pena di morte e chela sentenza era stata commutata nell’esilio con la conseguente impossibilità di metterepiù piede in Cina a meno di portare con sé «qualche informazione che sua maestà nonavesse mai udito». Interrogò a lungo Drake sulla rotta che lo aveva portato attorno almondo, pensando che una narrazione così interessante potesse valergli il perdono im-periale e con grande venerazione ringraziò Dio per avergli fatto conoscere, in modocosì inaspettato, cose tanto meravigliose. Poi cominciò a pregare caldamente Drake direcarsi in Cina, cercando di tentarlo con il racconto delle meraviglie di quel paese, par-landogli, per esempio, di cannoni di ottone, vecchi di duemila anni, «costruiti in modotanto perfetto da essere in grado di colpire una moneta da uno scellino» e di altre cu-riosità analoghe. Ma Drake non si lasciò convincere. Il 9 novembre 1579 lasciò Terna-te per riprendere il viaggio di ritorno. Non potendo seguire la consueta rotta portoghe-se che immetteva nell’Oceano Indiano attraverso lo Stretto di Malacca poichè loavrebbe portato pericolosamente a tiro dei cannoni della guarnigione che presidiava lostretto, fu costretto a trovare una rotta che lo portasse a sud attraverso 1’arcipelago in-donesiano. Non aveva però alcuna carta e sarebbe stato costretto a navigare per tentati-vi. Dopo cinque giorni raggiunsero una piccola isola disabitata a sud delle Molucche enon lontana dall’equatore. Qui trascorsero quasi un mese, per riposarsi e riparare la na-ve. L’isola era ricca di ogni ben di Dio e di animali delle specie più rare; abbondavanoinoltre i «granchi di terra», di «dimensioni tali che uno era sufficiente a saziare quattrouomini affamati». L’isola fu chiamata Crab Island (Isola dei Granchi). Il 12 dicembreripresero il mare, seguendo una rotta in direzione ovest che li portò in un vicolo cieco:il Golfo di Tomini, tra i due bracci settentrionali dell’Isola di Celebes, in cui navigaro-no per tre giorni prima di rendersi conto del loro errore. Modificata la rotta, puntaronoverso sud, «rimanendo intrappolati tra molte isole» e trovandosi di fronte a una navi-gazione difficile: la barriera corallina, la cui complessità e pericolosità era al temposconosciuta agli Inglesi. Essa si celava sotto acque in apparenza innocue, i canali era-no stretti e fino all’8 gennaio non riuscirono a uscire dall’arcipelago e a trovare unpassaggio verso ovest. Finalmente furono spiegate le vele e la Golden Hind avanzavavelocemente spinta da un frizzante vento di nord-est quando, del tutto inaspettatamen-te, «la nostra nave si incagliò in una secca»: la nave era finita sugli affilati spuntonidella barriera corallina. Drake pregò con fervore Dio e ordinò ai suoi uomini di metter-si alle pompe. Rimasero incagliati per tutta la notte, in balia delle onde che minaccia-vano di spezzare la nave e di scagliarla con violenza ancora peggiore contro la barrie-ra. La costa più vicina era a sei leghe di distanza, e il pericolo era grande; la scialuppadella nave non avrebbe potuto portare più di 20 uomini, mentre a bordo ve ne eranopiù di 60. Ma riuscirono a salvarsi. Alleggerirono la nave scaricando otto cannoni pe-santi e la maggior parte del carico di chiodi di garofano; poi il vento cambiò consen-tendo alla nave di raddrizzarsi e quando salì la marea riuscirono a liberare la chigliache da circa venti ore era intrappolata sulla barriera. Rimaneva il problema di uscire daCelebes, poiché sapevano di essere ancora nei pressi dei due lunghi bracci dell’isola.

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Per quasi un mese Drake vagò per l’Indonesia, finché 1’8 febbraio raggiunse un Isolache The World Encompassed chiama Barativa, a 7° 30’ sud (36). I suoi abitanti si rive-larono ospitali e dopo la difficile navigazione in quel mare reso pericoloso dalla barrie-ra corallina, fu piacevole godere della loro ospitalità. Giava era suddivisa in un certonumero di principati indigeni, uniti prevalentemente dall’ostilità nei confronti dei por-toghesi. Lungo la costa settentrionale poterono commerciare soltanto nel porto di Ban-tam, mentre ebbero un’accoglienza ostile in città portuali come Giacarta e Surabaya.Drake si fermò a Giacarta, che riteneva fosse la capitale dell’intera isola. Dopo avermandato a terra un gruppo di uomini con doni per il sovrano, andò a riva lui stesso il13 marzo, «con molti gentiluomi e al re (dal quale fu ricevuto calorosamente) feceascoltare la musica inglese e diede una dimostrazione del modo in cui usiamo le ar-mi». Il rajah Donan, sovrano di Giacarta, l’indomani si recò a bordo della nave e lostesso fecero tre principi minori. Apprezzarono moltissimo la bravura dei musici diDrake e il giorno seguente ricambiarono la cortesia con un concerto di musica giava-nese, a quanto sembra suonata da un’orchestra gamelan, che i navigatori trovaronomolto strana, ma gradevole. Mentre i carpentieri di bordo ripulirono, con grande diffi-coltà, la chiglia della nave dai balani di cui era ricoperta, l’equipaggio inglese si ap-provvigionò di capre, noci di cocco, banane e galline. Ci furono molte feste e molta al-legria, anche se, ricorda Hakluyt, «qui tutti sono affetti dal mal francese». Per curarlo,aggiunge, bisogna «sedersi nudi al sole, per far uscire gli umori velenosi». Il 26 marzo

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La circumnavigazione di Drake.

(36) Probabilmente si trattava di Timor.

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lasciarono Giava. La rotta puntava ora verso 1’Oceano Indiano e la navigazione futranquilla e rapida; navigarono in mare aperto fino al 21 maggio quando avvistarono ilcontinente africano. Tre settimane dopo doppiarono il Capo di Buona Speranza. Ormaiavevano raggiunto l’Atlantico, e non si avvicinarono alla costa fino al 15 luglio, quan-do si trovarono al largo della Guinea. Una settimana dopo si fermarono in Sierra Leo-ne e passarono due giorni a far rifornimento di acqua dolce e a osservare «un gran nu-mero di elefanti» e «ostriche che vivevano sugli alberi, moltiplicandosi e crescendo adismisura, tanto da non permettere a nessun germoglio di svilupparsi». In agosto laGolden Hind superò le Canarie e le Azzorre e «il 26 settembre (lunedì per coloro cheerano rimasti a casa, mentre per noi era domenica, il giorno del Signore) con l’animopieno di gioia, ringraziando Dio con tutto il cuore arrivammo sani e salvi a Plymouth,il porto dal quale eravamo partiti, dopo due anni, dieci mesi e qualche giorno».

La prima domanda di Drake, quando ancora non aveva gettato le ancore fu «se Eli-sabetta era ancora viva e in buona salute». Lo era, ma non sapeva esattamente che faredel successo del suo audace e cavalleresco bucaniere, anzi, in un primo momento sem-brò addirittura che avrebbe sconfessato le sue azioni piratesche. A corte c’era moltaesitazione e Drake lo venne a sapere, tanto che si chiese se per il suo viaggio sarebbestato ricompensato o imprigionato. L’atteggiamento dell’inglese medio era meno equi-voco. Per lui Drake aveva compiuto il viaggio più importante di tutti i tempi, eclissan-do Magellano, poiché si trattava della prima circumnavigazione portata a termine consuccesso dal comandante che 1’aveva iniziata. Il fatto che Drake fosse tornato a casacon le stive ricolme di tesori sottratti agli Spagnoli, rendeva il tutto ancora più eccitan-te. Certo, molti marinai erano morti — soltanto 58 dei 164 che erano partiti avevanocompletato la circumnavigazione, anche se altri erano tornati a casa sani e salvi a bor-do della Elizabeth che aveva disertato — ma i rischi della navigazione erano noti a tut-ti. Il viaggio era senza ombra di dubbio un trionfo. La regina certamente ammiraval’impresa di Drake tanto quanto i suoi sudditi, ma doveva fare i conti con la politica.Gli amici di Thomas Doughty avevano duramente contestato l’esecuzione di Porto SanJulian; il comandante John Winter, subito dopo il suo ritorno, aveva definito Drake untiranno. La Spagna aveva reagito con sdegno alle razzie subite in Sud America, facen-do temere la possibilità di confiscare per rappresaglia le proprietà inglesi in Spagna;Filippo II si era annesso il Portogallo e di conseguenza anche il Brasile e le IndieOrientali, e ora la potenza della Spagna era assai temibile. Ed Elisabetta prestava orec-chio alle proteste dell’ambasciatore spagnolo in Inghilterra, Don Bernardino de Men-doza. Ma una settimana dopo il proprio arrivo Drake si presentò a corte con il bottinoed Elisabetta si rese conto di non poterlo rimproverare. Lo ricevette calorosamente erabbonì Mendoza decretando che i torti subiti sarebbero stati risarciti. Una buona partedel tesoro fu depositata a garanzia delle rivendicazioni spagnole e di questa una certaquantità andò effettivamente nelle casse della Spagna; ma venne utilizzata per pagare isoldati spagnoli che in quel momento stavano soffocando la ribellione nei Paesi Bassi,invece di essere consegnata a coloro che legittimamente ne avevano diritto e pertantonon ci furono più restituzioni di sorta. Il resto del bottino fu diviso tra Drake, i suoiuomini e i suoi finanziatori, Elisabetta compresa. Lo storico William Camden, presso-

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ché contemporaneo, scriveva che «alcuni dei cortigiani più importanti rifiutarono diaccettare l’oro di Drake perché frutto di pirateria. Ciò nondimeno, il popolo lo ammi-rava e lo lodava molto, ritenendo 1’esaltazione del nome e della gloria inglese impor-tante quanto l’ampliamento dei confini». Il viaggio di Drake conseguì anche importan-ti risultati geografici: la sua puntata accidentale oltre Capo Horn, accidentale perchéDrake era stato spinto così a sud dalla violenza dei venti, aveva dimostrato che 1’A-tlantico e il Pacifico non erano affatto separati da una Terra Incognita che si estendevaoltre il Sud America. E il non aver trovato lo Stretto di Anian dimostrava che, ammes-so che il suddetto stretto esistesse, doveva trovarsi decisamente più a nord del previ-sto. Il viaggio di Magellano, essendo stato il primo, era stato molto più proficuo. Forseil risultato più significativo della circumnavigazione di Drake non era tangibile madiede l’impulso psicologico all’espansione marinara inglese. Ora che la bandiera in-glese aveva fatto il giro del mondo, che cosa poteva impedire ricchezza e potenza? Iparallelismi tra i due viaggi erano interessanti: entrambi erano iniziati con cinque navied erano finiti con una sola, sia l’uno che l’altro comandante avevano dovuto soffoca-re un ammutinamento nello stesso punto della costa della Patagonia, tutti e due aveva-no perso una nave a causa di una diserzione nello Stretto di Magellano, tutti e due ave-

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Nomina di Drake a baronetto.

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vano attraversato il Pacifico più o menonello stesso punto e tutti e due erano stati inmare circa tre anni. Ma Juan Sebastian El-cano era arrivato arrancando con un equi-paggio di uomini più morti che vivi, Drakeaveva raggiunto Plymouth in forma e di ot-timo umore, portando con sé un immensotesoro. Elisabetta non poté mantenere a lun-go la sua freddezza nei confronti di un talecomandante e i1 4 aprile del 1581, sei mesidopo il suo ritorno, gli diede la sua formalebenedizione salendo a bordo della GoldenHind ormeggiata a Deptford, un sobborgodi Londra sul Tamigi. Una grande folla as-sisteva alla visita al punto da far crollare ilponte che era stato gettato tra la riva e lanave, e 200 persone caddero nel Tamigi,anche se nessuno annegò e non ci furonoferiti. Dopo i festeggiamenti, e terminato il banchetto, la regina nominò Drake cavalie-re (37) e decretò che la sua nave fosse conservata a Dentford come monumento nazio-nale. Con il tempo, quando cominciò a marcire, la Golden Hind fu smantellata e con ilsuo legname fu fatto un seggio che venne donato all’Università di Oxtord. Come nuo-vo motto Drake scelse quello che era stato già concesso a Sebastian Elcano: Tu PrimusCircumdedisti me: «Tu fosti il primo a circumnavigarmi» posto sopra il globo ma viaggiunse il suo vecchio motto: Divino Auxilio: Con l’aiuto di Dio.

Sir Francis Drake, come ormai veniva chiamato, non aveva ancora quarant’anni enon era meno ansioso di prima di attaccare le navi spagnole e di proclamare la gloriadella regina Elisabetta sui mari del pianeta, perciò, subito dopo la cerimonia diDeptford, partecipò a un nuovo progetto: un viaggio nelle Azzorre previsto per il lu-glio 1581. Lo scopo ufficiale era quello di aiutare Dom Antonio, il pretendente al tro-no del Portogallo, a far valere i suoi diritti; ma in realtà Drake progettava, come sem-pre, di colpire Filippo II intercettando le navi spagnole cariche dei tesori del NuovoMondo. Questo era da sempre il fine della politica estera di Drake: accrescere la po-tenza dell’Inghilterra e diminuire quella della Spagna trasferendo le ricchezze delleAmeriche nei forzieri della regina Elisabetta. Il progetto andò a monte quando, a corte,si intromise la fazione pro-spagnola. Il risultato fu che la compagnia che aveva iniziatoil viaggio subì gravi perdite e nel tentativo di rifarsi, nel maggio del 1582, organizzòuna nuova spedizione. Drake non vi prese parte, ma era uno dei finanziatori: EdwardFenton, un esperto marinaio che aveva navigato nell’Artico con Martin Frobisher, con-dusse quattro vascelli verso le Molucche attraverso il Capo di Buona Speranza, con

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Lo stemma di Drake su ceralacca.

(37) Nel 1582 Sir Francis Drake divenne sindaco di Plymouth e, anche se non ufficialmente, consiglieredel governo per gli affari navali.

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l’intenzione di attaccare,strada facendo, le navi spa-gnole e portoghesi. Ma l’e-quipaggio preferiva di granlunga la pirateria alle Mo-lucche, sentendosi molto piùattratto dall’oro che dallespezie, e quando fu al largodelle coste africane costrinseFenton a dirigersi a ovest in-vece che a est, per ripetere ilviaggio di Magellano. Tutta-via, dopo un fortunata incur-sione in Brasile, la spedizio-ne fallì; Fenton, infatti, li-tigò con il suo primo ufficia-le, il giovane WilliamHawkins, non raggiunse maiil Pacifico, poiché in predaallo sgomente preferì tornareindietro con Hawkins in ca-tene, mentre una delle altrenavi, comandata dal cuginodi Drake, John, tentò di raggiungere lo Stretto di Magellano, ma fu catturata dagli spa-gnoli vicino al Rio de la Plata. La triste fine del viaggio di Fenton scoraggiò per parec-chi anni qualsiasi tentativo inglese di avventurarsi nel Pacifico. Lo stesso Drake erastato momentaneamente messo in disparte, vittima, delle macchinazioni del fratello diThomas Doughty, John, e degli intrighi degli Spagnoli alla corte di Elisabetta. Ma latensione tra Spagna e Inghilterra aumentò e Drake tornò alla ribalta come capo delpartito favorevole alla guerra. Era chiaro ormai che re Filippo aveva intenzione di in-vadere l’Inghilterra e Drake, l’eroe nazionale, fu chiamato a difendere la patria. Secon-do lui, per difendersi bisognava attaccare. E nel 1585 cominciò ad allestire la più gran-de flotta corsara che mai si fosse vista, ma ostacolato da numerosi ritardi di tipo buro-cratico, riuscì a salpare soltanto nel giugno dell’anno seguente. Saccheggiò Sào Tiagonell’arcipelago di Capo Verde, che durante la circumnavigazione aveva prudentementeevitato e attraversò l’Atlantico per attaccare la base spagnola di Santo Domingo, a Hi-spaniola. Poi, dando prova di un’eccezionale abilità militare, saccheggiò Cartagena sulMar delle Antille e Saint Augustine, in Florida, e nel viaggio di ritorno si fermò perraccogliere i sopravvissuti della sfortunata colonia insediata da Sir Walter Raleigh inVirginia. La devastante campagna sconvolse tutto l’impero spagnolo d’oltremare espinse Filippo a rimandare la progettata invasione; ma, ancora una volta, Elisabetta,privilegiando una politica prudente, sconfessò Drake ed evitò la guerra. Successiva-mente, nel 1586, una flotta spagnola cominciò a radunarsi nel porto di Cadice. Drake

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Lo stemma di Drake.

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persuase Elisabetta a nominarlo Ammiraglio supremo e nell’aprile del 1587 prese ilmare per la sua impresa più temeraria: un attacco sulle coste della Spagna. Egli auda-cemente entrò nel porto di Cadice, incendiò 32 navi spagnole e ne portò via altre quat-tro. Poi si diresse a Lisbona, ove distrusse altre 24 navi di re Filippo. In giugno era diritorno a Plymouth, dopo aver distrutto, da solo, il nerbo della flotta spagnola in un’a-zione che chiamò «bruciacchiare la barba al re di Spagna». Quando tornò in patria, tut-tavia, trovò Elisabetta di pessimo umore per problemi di politica interna e l’unica suaricompensa fu una reprimenda. Da parte sua, Filippo iniziò tristemente a ricostruirsiuna nuova flotta, mentre inviava negoziatori in Inghilterra fingendo di volere la pace.Drake avrebbe voluto ripetere 1’attacco contro Cadice, ma Elisabetta lo trattenne no-nostante egli le facesse notare come, non attaccando la Spagna nelle sue acque territo-riali, l’Inghilterra perdesse il proprio vantaggio. Per tutta la primavera del 1588 Elisa-betta lo tenne a freno, mentre dalla Spagna giungevano notizie dell’imminente parten-za della flotta di invasione, che salpò verso la metà di maggio, soltanto per essere ri-spedita indietro da una tempesta. A questo punto Drake ottenne il permesso di attacca-

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L’Invincibile Armada.

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re la Spagna, per sfruttare quello che definiva «il vantaggio del luogo e del momento».Il 30 maggio e ancora il 24 giugno tentò di salpare, ma fu costretto a tornare indietroda una tempesta. E il 12 luglio del 1588 la flotta spagnola — la Invencible Armada,come veniva chiamata — salpò nuovamente, aprendosi a fatica un varco in mare no-nostante le continue tempeste e, una settimana dopo, apparve improvvisamente nellaManica. In tutta fretta gli ammiragli inglesi corsero a difendere la patria (38).

L’invincibile Armata

Il progetto originario del re Filippo II di Spagna per l’invasione dell’Inghilterra(che fondeva i piani proposti dal Duca di Parma e dal Marchese di Santa Cruz) era diraccogliere almeno 500 navi a Lisbona e quindi farle navigare in formazione fino alcanale della Manica. Una volta arrivate avrebbero dovuto imbarcare nelle Fiandre l’e-sercito della coalizione che si era creata contro l’odiata Elisabetta I (39) e trasportarloin Inghilterra dove, sbarcato nelle spiagge del Kent, avrebbe spazzato via senza diffi-coltà le truppe inglesi per poi marciare su Londra. A comandare queste truppe vi erauno dei Principi e nobili che avevano aderito all’impresa, il Duca di Parma. Però lefrequenti incursioni di Sir Francis Drake in Spagna, nei Caraibi e nell’Oceano Atlanti-co, viste in precedenza, ostacolarono la realizzazione del piano e fu possibile mettereinsieme solo 138 navi (galeoni, caracche, pinacce, galee e galeazze). Filippo II potevarivendicare a sé il trono inglese sia per motivi di origine dinastica (per quanto risibili),sia perché era stato principe consorte della regina Maria I.

L’inizio della «Grande Impresa», nel 1587, venne rinviato per l’improvvisa mortedel Marchese di Santa Cruz comandante dell’Armada. Il secondo tentativo avvennenel maggio del 1588 ma la flotta venne sorpresa da una bufera e dovette rifugiarsi nelporto di la Coruña per riparare i danni subiti.

Finalmente al terzo tentativo il 28 maggio del 1588 la flotta riuscì a salpare e il 29luglio l’Armada, comandata dal Duca di Medina-Sidonia (40) (uno dei più grandi no-bili spagnoli, era nato nel 1550 ed era relativamente giovane e inesperto per quel co-mando), fece il suo ingresso nella Manica. La flotta si muoveva lentamente ed eraschierata con una tattica da esercito terrestre: la prima fila era composta dai vascellida battaglia più potenti, seguita da 4 file di navi da trasporto e dal resto della flotta di-

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(38) Celebre è l’aneddoto che narra come Drake al momento di aver appreso la notizia dell’avvistamentodelle navi spagnole nella Manica non si scompose più di tanto e, anzi, sembra abbia continuato con serafi-ca calma la partita a bocce a cui stava partecipando. Solo al termine della quale si diresse a bordo dellasua nave.(39) Elisabetta I era odiata da tutta l’Europa cattolica, per le sue persecuzioni ai danni dei cattolici, cosic-ché si era formata contro di lei una coalizione guidata da Filippo II che aveva come obbiettivo la conqui-sta e la conversione di tutta l’Inghilterra. Di questa alleanza facevano parte anche Giovanni de’ Medici,Alessandro Farnese, Amedeo di Savoia, Vespasiano Gonzaga Duca di Mantova e il Duca di Parma. L’as-sassinio di Maria Stuarda, una regina consacrata da Dio, aveva oltraggiato le monarchie europee, ma eraanche la politica di sostegno ai ribelli delle Fiandre spagnole, oltre che la pirateria incoraggiata dallo statoe l’imperialismo nel Nuovo Mondo, che determinarono l’ostilità di molti nei suoi confronti.

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sposta a scaglioni.Il primo attacco inglese contro l’Invincibile Armata avvenne il 30 luglio mentre le

navi spagnole passavano davanti a Devon. Infatti la flotta inglese, forte di 200 vascelli,ormeggiata a Plymouth (41) contava fra le proprie forze almeno tre navi che oltre adavere comandanti di grande valore e perizia potevano considerarsi delle vere e propriemacchine da guerra dell’epoca: l’ammiraglia, la Ark Royal da 38 cannoni, comandatada Charles Howard Conte di Effingham, la Revenge da 36 cannoni comandata da SirFrancis Drake e infine la Victory da 44 cannoni comandata da Sir John Hawkins (checome Drake aveva messo le sue attività corsare al servizio della corona).

Gli Spagnoli nelle battaglie navali usavano ancora il «vecchio sistema» di abborda-re le navi per conquistarle utilizzando i cannoni solo per indebolire il nemico (comenella battaglia di Lepanto del 1571), infatti i loro equipaggi erano molto preparati neicombattimenti corpo a corpo. In questo caso, però, di fronte allo schieramento inglesegli Spagnoli dovettero serrarsi in formazione difensiva. Gli Inglesi infatti (che aveva-no navi più piccole e leggere), mentre bombardavano il nemico non gli permisero maidi avvicinarsi abbastanza per lanciare i suoi grappini ed effettuare l’abbordaggio. Lenavi inglesi non erano superiori tecnologicamente a quelle spagnole eccetto che perun particolare: l’affusto navale dei cannoni inglesi, che permetteva un fuoco più velo-ce, preciso, sicuro e disciplinato di quello (di derivazione terrestre) dei cannoni spa-gnoli. Per molti cannoni spagnoli le operazioni di ricarica dovevano essere eseguiteuscendo — in parte — dall’opera morta ed esponendo un servente al fuoco nemico.Inoltre, nelle navi spagnole erano ancora molto diffusi i piccoli cannoni (falconi, fal-conetti, mignon) con funzione anti-uomo, mentre la marina britannica disponeva so-prattutto di cannoni pesanti, con proiettili tra le 18 e le 42 libbre (e forse anche 60). Ilvolume di fuoco della flotta inglese fu comunque mai inferiore ad una bordata ogni 4minuti circa, con rare eccezioni di fuoco più veloce. Gli spagnoli, invece, tiravanomolto lentamente e di solito dopo una salva a segno cercavano di manovrare per anda-re all’abbordaggio.

Benché continuassero a cannoneggiare il nemico, gli inglesi non riuscirono a faremolti danni nelle file della flotta del Duca di Medina-Sidonia (le cui navi si trovavanosopravento), che in questa prima battaglia perse solo due galeoni, uno catturato daDrake e l’altro esploso per un incidente.

Le schermaglie fra le due flotte continuarono fino al 2 agosto giorno in cui l’Arma-da cercò di distruggere con un contrattacco improvviso l’avanguardia inglese coman-data da Martin Frobisher, che grazie alla marea e ai venti a lui favorevoli riuscì a sal-varsi. Finalmente il 6 agosto l’Armada gettò l’ancora al largo di Calais per imbarcare

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(40) Alonso Perez de Guzman, Duca di Medina Sidonia, dopo la morte di Vera Cruz, cercò di schivarel’incarico di comandare l’Armada (ma non vi riuscì). Egli era malaticcio, non era un marinaio e soffrivaaddirittura il mal di mare!(41) Per l’occasione tutta la popolazione maschile delle città sulla Manica (compresi i cattolici che nonvolevano essere conquistati da un Re straniero) venne militarizzata e preparata ad affrontare eventualioperazioni di sbarco del nemico.

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l’esercito (le truppe di Alessandro Farnese non erano riuscite ad arrivare al puntod’incontro). La notte del 7 agosto però 8 navi incendiarie inglesi vennero lanciatecontro le navi spagnole che, prese alla sprovvista, dovettero disperdersi lasciando iltempo agli Inglesi di attaccarle.

La battaglia che ne seguì (nota come battaglia delle Gravelines) si combatté a di-stanza ravvicinata e fu disastrosa per gli Spagnoli che persero tre galeoni e furono co-stretti a ritirarsi nella Manica.

L’Armada spagnola non era stata realmente battuta sul mare, pur avendo subitodanni pesanti e perdite dolorose, aveva però perso la speranza di sbarcare sul suolobritannico e sconfiggere gli Inglesi; manovrava ormai a fatica e avrebbe dovuto aprir-si un varco in mare, combattendo, per raggiungere le coste dei Paesi Bassi. MedinaSidonia decise, quindi, di desistere dall’impresa e cercò faticosamente di riorganizzar-si. Ormai il tentativo di imbarcare le truppe con la conseguente invasione era fallitocosì i galeoni spagnoli cercarono di ritornare in patria ma a causa dei venti contraridecisero di puntare verso nord circumnavigando l’Inghilterra.

Gli Inglesi, che fino ad allora avevano seguito i nemici, li lasciarono andare tran-quillamente, anche se coscienti che sarebbero ritornati. Il 10 agosto la flotta inglese si

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La battaglia di Graveline.

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avvicinò per cercare di attaccare le navi spagnole rimaste attardate, ma Medina Sido-nia riuscì a ricompattare le sue navi e si preparò a dar nuovamente battaglia, cosa chegli inglesi vollero evitare e, quindi, dopo un fiacco scambio di cannonate, le due flottesi separarono definitivamente.

Ma un’incredibile serie di tre violentissime tempeste si abbatté sugli spagnoli. Laprima li sorprese il 12 agosto, al largo delle Isole Orcadi e sulle Isole Shetland; la se-conda il 12 settembre al largo delle coste irlandesi seguita dopo pochi giorni da unaterza al largo delle coste del Connacht (sempre in Irlanda). L’Armada fece ritorno inpatria disordinatamente alla fine di settembre. Delle 138 navi con 24.000 uomini cheerano salpate a Lisbona, 45 imbarcazioni e 10.000 uomini andarono perduti (42). Lagrande impresa di Filippo II sfumò e lo stesso re cattolico pensò che Dio proteggeva iprotestanti e puniva coloro che credevano in lui (43).

Grazie a questo importantissimo successo, l’Inghilterra della regina Elisabetta I(44) affermò il proprio predominio sui mari e inflisse una battuta d’arresto al tentativospagnolo di egemonia sullo scacchiere europeo. La Spagna continuò però la sua guer-ra navale contro l’Inghilterra con altre flotte spagnole che operarono nella Manica neidecenni seguenti, riuscendo anche a ottenere alcuni importanti successi (come nellecampagne delle isole Azzorre).

E mentre il conflitto tra Spagna e Inghilterra sfociava in una delle più famose batta-glie navali della storia, si concludeva un terzo viaggio di circumnavigazione — anchequesto inglese, dal momento che Thomas Cavendish (45) stava tornando a casa dopoaver ripetuto l’impresa di Magellano e Drake.

Il tramonto

Dopo aver incisivamente contribuito a salvare il suo paese dall’invasione spagnola,la stella di Sir Francis Drake cominciò la sua fase calante. In compagnia di Sir John

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(42) Gli Inglesi persero una sola nave e 60 uomini.(43) Famosa è la frase di Filippo II «Ho mandato le mie navi a combattere contro gli uomini, non controle tempeste!».(44) Con l’Invincibile Armata in fuga, la regina si recò a Tilbury, sull’estuario del Tamigi dove è concentra-to il grosso delle truppe inglesi che non sono state impiegate poiché di sbarco e di invasione non si è vistonemmeno l’ombra. Lei con la corazza dorata e l’elmo sul suo stallone bianco, apparendo come una reginadelle amazzoni, passa in rassegna i soldati rivolgendosi loro con tono familiare e parole di gratitudine, an-che se non avevano fatto proprio nulla. Anzi avanzano la paga che non gli era stata data da maggio. Howarde Drake erano rimasti pure loro in difficoltà, e per non rischiare l’ammutinamento di taluni equipaggi aveva-no anticipato di tasca propria viveri e medicinali. Ma al dunque – nonostante la vittoria – Elisabetta, noto-riamente avara, spilluzzicò sui conti sicchè i due comandanti ci rimisero anche quelli.(45) Sir Thomas Cavendish (Trimley St. Martin, 19 settembre 1560 - Oceano Atlantico, maggio 1592) è sta-to un navigatore, esploratore e corsaro inglese noto con il soprannome di the Navigator. Fu il primo uomo atentare volontariamente di circumnavigare il globo terrestre, in quanto le precedenti spedizioni di Magella-no, Loaisa, Drake e Loyola non erano state organizzate con quell’intento. Dopo la prima circumnavigazio-ne, che lo rese ricco grazie all’oro sottratto agli spagnoli, ne tentò una seconda ma non fu fortunato e morìin mare ancora giovane a soli 32 anni.

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Hawkins riprese le scorrerie nei Carabi, mala fortuna ormai gli aveva voltato le spalle.Nel 1595 attaccò senza successo San Juandi Puerto Rico. I cannoni dal castello ElMorro spararono una palla di cannone nellacabina della nave ammiraglia di Drake, maegli sopravvisse. Gli insuccessi si sussegui-rono e, nella loro ultima spedizione, nel1596, trovarono la morte. Hawkins morì aPuerto Rico mente Drake morì di dissente-ria di fronte a Puerto Bello nel 1596 dopoaver attaccato ancora San Juan, dove ave-vano cercato riparo alcune navi tesorierespagnole. Entrambi furono sepolti in marein una bara di piombo. Qui termina l’av-ventura di uno dei più famosi uomini dimare di tutti i tempi! Un corsaro, ma ancheun grande esploratore e un accorto uomopolitico e militare.

La stampa patriottica inglese, negli annie nei decenni successivi, spesso farà ricorsoalla sua figura di salvatore della Patria. Chilo emulerà? (46)

Una leggenda narra che ogni volta che l’Inghilterra sarà in pericolo, se si suona iltamburo (47) di Sir Francis Drake — il corsaro della Regina — egli tornerà per salva-re il Paese! «Con Ausilio Divino!».

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Filippo di Spagna.

(46) Sembra che i famosi Lloyd’s siano intenzionati ad assoldare una loro flotta armata «I Corsari dellaRegina» per fermare i pirati somali. Così recita l’articolo di Fabio Cavalera sul Corriere della Sera del 19febbraio 2011, a pagina 23: «Il progetto è dei Lloyd’s. E non poteva essere così, visto che qui, nel mercatolondinese delle assicurazioni, si negoziano i grandi rischi che il commercio internazionale incontra lungole sue rotte. Nasce da una semplice domanda: i pirati della Somalia non sonmo per caso un pericolo e unostacolo alla navigazione e alle transazioni globali? Ecco allora la soluzione. L’hanno dovuta studiare perbene, perché non è una cosetta da niente: per pattugliare i mari più pericolosi, per difendersi dalle scorre-rie dei banditi, pera attaccare i filibustieri e ridurli al silenzio, non bastano le forze militari che già opera-no nel Golfo di Aden. No, occorre un deterrente più efficace. Ovvero, i corsari, si proprio loro. Quasid’obbligo: l’Inghilterra non è la patria di Francis Drake, uomo d’avventura, navigatore e politico, insigni-to del titolo di cavaliere da Elisabetta I ma pur sempre famoso e temuto corsaro? Pirati contro corsari ocorsari contro pirati, questo è lo scenario bellico che nelle acque più turbolente del pianeta potremo prestoosservare se dovesse diventare operativa (e pare che lo sarà presto) l’idea degli assicuratori londinesi. Vo-gliono formare una flotta di 18 navi da impiegare come protezione per i carichi in transito. Navi mercanti-li, a prima vista, dotate però del migliore armamento in modo da respingere gli assalti. (continua)

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(segue Nota 46) Ha già un nome questa Mondialpol privata del mare: Convoy Escort Programme, Pro-gramma di Scorta ai Convogli. Ne hanno discusso i Lloyd’s e gli assicuratori fra di loro, poi con alcunigoverni e con le maggiori compagnie di spedizione marittima, infine hanno fatto lobbying a Washington(così riferisce il Times di ieri) per convincere gli Americani. Insomma, un passetto alla volta e, adesso,sono vicini alla meta. Le rotte commerciali saranno protette. Con una certa distinzione si può equivocare:corsaro non è sinonimo di pirata. – Puntualizza l’autore dell’articolo –. Quella del corsaro è una figurache l’Inghilterra conosce dal XIII secolo, da quando Enrico III, con la Letter of Marque and Reprisal (lalettera di corsa e rappresaglia), affidò a uomini di sua fiducia la licenza di scatenare la loro furia addossoalle forxe ostili che, nei mari, minacciavano la monarchia. I corsari, sentinelle autorizzate dal potere pub-blico, caricavano i pirati, i banditi senza legge che issavano la Jolly Roger, la bandiera nera con il teschioe le tibie incrociate. E in cambio trattenevano una parte del bottino recuperato. Sir Francis Drake, capacedi sconfiggere l’Armada spagnola, divenne il corsaro mito fra la metà e la fine del millecinquecento. Chilo emulerà? Il progetto degli assicuratori della City lo conosceremo presto ma qualche dettaglio è giàuscito: sulle 18 navi di scorta, oltre al personale civile, ci saranno otto individui armati, autorizzati adaprire il fuoco antipirati. Avranno a disposizione dei cannoncini, in postazione fissa, e i gommoni per gliinseguimenti. Qualcuno azzarda anche l’ipotesi che vi possa essere l’appoggio di un Nimrod, un aereo dapattugliamento. Chissà. Uno degli architetti del Programma di Scorta, il broker Sean Woolerson ha am-messo al Times che è tutto vero e che la strategia per combattere i banditi degli oceani è ormai piuttostoavanti. Siamo al 70% del nostro cammino. Il che significa che entro l’anno i corsari torneranno nei maridel sud. Sotto quale vessillo?». Qualcuno ha suonato il tamburo di Drake!(47) Il tamburo di Drake si trova ancora oggi a Plymouth e secondo alcuni testimoni si sarebbe messo arullare da solo quando l’Ammiraglio Nelson fu nominato cittadino di Plymouth, quando Napoleone fuportato nella città come prigioniero. Un’altra volta si è sentito rullare, nel 1914, poco prima dello scoppiodella Prima Guerra Mondiale e ancora durante la Seconda Guerra Mondiale, quando le truppe alleate fu-rono evacuate dalla spiaggia di Dunquerque. Un’altra leggenda narra che se il tamburo verrà spostato dal-la città (Plymouth) essa cadrà. Le imprese di Drake furono celebrate dal poeta patriottico vittoriano HenryNewbolt nel poema Il tamburo di Drake. Un poema intitolato allo stesso modo fu anche scritto dalla poe-tessa tardo vittoriana Norah M. Holland.

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